Progetto “Performance Management” I due casi

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Progetto “Performance Management” I due casi
Progetto “Performance Management”
I due casi aziendali
INDICE
Premessa teorico metodologica
La cornice teorica in cui si iscrive il progetto Performance Mangement il
counseling organizzativo
IL CASO DELL’AZIENDA A
L’Analisi della domanda
Primo Incontro esplorativo: la richiesta di intervento e il mandato del
committente
La fase di diagnosi: la definizione del problema
La fase di diagnosi: il check up aziendale
L’Intervento
Pianificazione dell’intervento
Il clima aziendale e il modello di analisi
Gli strumenti
Il questionario: somministrazione, elaborazione e restituzione dei risultati
L’intervista: un approfondire di alcune aree critiche a seguito delle indicazioni
discusse con l’azienda
La restituzione ai titolari dei dati emersi dalle interviste finalizzati a
ipotizzare percorsi di intervento futuri
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CASO DELL’AZIENDA B
Analisi della domanda
Primo Incontro esplorativo: la richiesta di intervento e il mandato del
committente
La fase di diagnosi: la definizione del problema
La fase di diagnosi: il check up aziendale
L’Intervento
Pianificazione dell’intervento
Primo step: l’analisi dei processi di lavoro
Secondo step: le interviste ai titolari del ruolo di operatore
Terzo step: l’implementazione dello strumento di valutazione e la gestione del
processo di valutazione
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PREMESSA TEORICO METODOLOGICA
La
cornice
teorica
in
cui
si
inscrive
il
progetto
Performance
Management: il counseling organizzativo
I cambiamenti continui a cui sono chiamati le aziende per sopravvivere e
crescere sono affrontati e superati in modo positivo se il contesto riserva spazi
maggiori alle persone, che rappresentano la vera risorsa dell’impresa; se
queste sono demotivate, insoddisfatte, incapaci di esprimere le loro risorse o
affrontano dei momenti difficili, la prestazione ne risente e di conseguenza
anche tutto il sistema azienda nel suo complesso.
Un servizio di counseling agendo sulle problematiche che intrecciano la sfera
del lavoro con quella privata, contribuisce a valorizzare le persone, a far fronte
alle difficoltà che investono il piano relazionale e emotivo, a consentire ai
soggetti di accrescere il personale livello di consapevolezza, aiutandoli ad
individuare i punti di forza e gli aspetti da migliorare e ad orientarsi nel
pianificare la carriera lavorativa.
Il counseling organizzativo consiste in azioni di consulenza che hanno come
oggetto le problematiche che maturano sul lavoro e sono collegate con la vita
personale e con le relazioni sviluppate nel contesto aziendale. Si tratta di un
percorso definito da obiettivi e metodi specifici che riguarda diverse pratiche
organizzative quali lo sviluppo di carriera, la valutazione delle prestazioni, il
sostegno offerto dal capo al collaboratore, fino alla consulenza per il
cambiamento organizzativo.
Il processo di counseling implica una relazione di confronto e apprendimento
tra counselor e cliente, basata sul coinvolgimento e l’attività partecipazione di
tutti gli attori dell’azienda: il counselor prende quindi in carico l’organizzazione
nella sua interezza e diventa un possibile punto di riferimento per tutti i
dipendenti.
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La consulenza inizia con l’analisi della domanda che l’azienda ha avanzato e
spesso durante tale step si capisce che il disagio individuato è soltanto uno dei
tanti e complessi aspetti di un problema che risulta diverso se analizzato da un
punto di vista esterno.
Si
procede
quindi
raccogliendo
informazioni
su
come
funziona
l’organizzazione e insieme si costruisce un piano di intervento sulla base degli
obiettivi dell’azienda. Il consulente non deve fornire soluzioni pronte ma
stimolare
l’autovalutazione e l’autoorientamento in modo che terminato il
percorso il cliente sia autonomo nell’affrontare le criticità future.
Fondamentale però che i vertici aziendali e tutti i dipendenti siano disponibili a
condividere con il counselor informazioni relative al contesto aziendale, dal
momento che il cliente è colui che conosce a fondo il problema e con l’aiuto
del counselor sarà in grado di risolverlo.
Il progetto Performance Management, accogliendo la metodologia del
counseling organizzativo ha inteso fornire un modello di intervento alle
aziende finalizzato a migliorare la gestione della prestazione e a monitorare il
grado di soddisfazione nonché le eventuali situazioni conflittuali che rischiano
di avere delle ricadute negative sulla pretazione medesima. Il Performance
Management prevede le seguenti aree di azione:
• pianificazione della prestazione (contenuti del ruolo: compiti da svolgere,
risultati da conseguire – attese di prestazione: obiettivi da raggiungere,
comportamenti)
• coching della prestazione: monitoraggio e osservazione, feedback informali
• revisione della prestazione: controllo tra risultati e aspettative mediante
azioni di valutazione formali e programmate
• applicazioni nelle funzioni del personale (piani di sviluppo professionale,
formazione, carriera….)
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IL CASO DELL’AZIENDA A
L’ANALISI DELLA DOMANDA
E’ la fase finalizzata alla raccolta dei dati per definire i
possibili spazi di
collaborazione. Ha pertanto previsto una primo momento di inquadramento del
problema a cui è seguito un secondo momento finalizzato a conoscere il
contesto aziendale in cui si è originato il problema segnalato.
Primo incontro esplorativo: la richiesta di intervento e il mandato del
committente
La richiesta di intervento ci è giunta da un’azienda del settore elettrico
(forniture elettriche e illuminazione) di dimensioni medio – piccole, presente
sul mercato circa dagli anni ‘80; alla guida dell’azienda vi sono due fratelli,
imprenditori di seconda generazione, subentrati a seguito della scomparsa del
padre.
Il primo contatto avviene tramite un collega dell’API che, essendo a
conoscenza del momento critico che sta attraversando l’azienda, decide di
presentarci la situazione e di farci incontrare la Responsabile del Personale.
Si tratta della moglie di uno dei due titolari, entrata in azienda recentemente,
dopo avere lavorato per lungo tempo in un contesto di grandi dimensioni con
un ruolo nell’ambito della formazione; l’invito a cambiare viene da parte del
marito che ravvede l’importanza di formalizzare la figura del Responsabile del
personale, una funzione che intende affidare alla moglie, in accordo con il
fratello, l’altro titolare dell’azienda. La neo inserita nel primo periodo, in veste
del ruolo assunto ha cercato di incontrare la maggior parte dei dipendenti per
coglierne i bisogni, e registrare il livello di soddisfazione legato alla
permanenza in azienda.
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L’obiettivo dell’incontro è di approfondire il motivo che ha indotto l’azienda a
richiedere l’intervento per una prima valutazione insieme al committente circa
la fattibilità dell’intervento medesimo (contenuti, tempistiche, impegno, ruoli da
coinvolgere…). L’esigenza di aiuto nasceva dalla necessità di mettere meglio
a fuoco alcuni aspetti vissuti come problematici: dalle parole della nostra
referente emergeva in particolare una difficoltà legata agli aspetti gestionali e
manageriali che investiva la figura dei titolari oltre a quella dei responsabili, e
si coglieva altresì la preoccupazione per una situazione conflittuale che
riguardava soprattutto il magazzino, al momento guidato da un capo non
riconosciuto dai sottoposti perché non ritenuto adeguato e competente.
Sin dalle prime battute, è apparso evidente un atteggiamento di apertura nei
nostri confronti e di massima disponibilità a farci conoscere e a renderci parte
della realtà dell’impresa. La posizione, quasi da discente, assunta dalla stessa
nei nostri confronti rivelava un forte bisogno di essere supportata e con lei
l’azienda, a spiegare e ad uscire da una condizione di disordine e conflittualità
diffusa; con esso si percepiva anche un’evidente necessità di confrontarsi
sulla tematica della gestione del personale ed acquisire metodi e strumenti
adeguati per svolgere al meglio il suo ruolo.
Il nostro rapporto sarebbe stato in primis con la Responsabile del Personale la
quale, dietro nostra specifica richiesta avrebbe successivamente coinvolto i
titolari in possesso del potere decisionale necessario a consentire o meno lo
svolgimento dell’intervento.
A conclusione dell’incontro esplorativo si è verificato che era possibile iniziare
la collaborazione con l’azienda e che come primo passo si sarebbe proceduto
a delineare meglio il problema per capire il tipo di intervento necessario e
progettarlo insieme.
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La fase di diagnosi: la definizione del problema
Il secondo incontro è stato utile in primis a formalizzare il rapporto di lavoro e a
stabilire i ruoli dei diversi attori: come primo punto per una buona
collaborazione è stata esplicitata l’importanza di stabilire un “contratto”
relazionale che avrebbe significato poter contare su una fattiva partecipazione
dell’azienda e su una significativa cooperazione tra questa e i consulenti.
I due titolari sarebbero stati i nostri principali committenti mentre la
responsabile del personale avrebbe mantenuto il rapporto diretto con noi
facendo da filtro rispetto ai dipendenti e ai titolari.
L’incontro
intendeva
delineare
e
approfondire
meglio
la
situazione
problematica innanzitutto a partire dalle aree in cui si rilevavano le difficoltà e
da come queste stesse si manifestavano.
I punti che la nostra interlocutrice ha ritenuto importante sottolineare
riguardavano:
• un vuoto di leadership
• la mancanza di riferimenti organizzativi
• la mancanza di strumenti per monitorare le risorse umane
• la presenza di atteggiamenti polemici e a volte insubordinati da parte dei
dipendenti
• la sensazione che manchi la motivazione e che vi sia un debole senso di
appartenenza all’azienda
Gli aspetti rimarcati evidenziavano un chiaro problema di atmosfera sociale:
l’impresa stava sperimentando una situazione di tensione e di insoddisfazione
che si estrinsecava in momenti di scontro e di conflitto tra dipendenti e
direzione, quali il non sottostare a semplici richieste/ordini dell’azienda, cosa
che ha comportato l’intervento del sindacato oltre al verificarsi di episodi di
richiamo da parte dei titolari.
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Dalle parole della referente aziendale si percepiva un senso di impotenza per
non riuscire a incidere con peso significativo e con autorevolezza sulla
condizione attuale e il tutto accresceva la sensazione di perdere il controllo
degli eventi.
Un’esigenza pressante che poteva rappresentare il modo per contenere tale
sensazione era riuscire ad ottenere più informazioni sulle persone che
lavorano nell’azienda quindi di:
• mettere a fuoco il tipo di personalità
• dare spiegazione del verificarsi di determinati comportamenti
• rilevare l’immagine che hanno dell’azienda e dei titolari
In definitiva un ulteriore questione era di arrivare a comprendere se i
dipendenti, in particolare quelli che ricoprono ruoli di responsabilità, erano
validi o meno e se quindi le persone su cui stavano investendo erano
meritevoli della fiducia loro accordata; diversamente si trattava di stabilire in
quale direzione investire per fare in modo che le persone conseguissero
prestazioni migliori.
La fase di diagnosi: il check up aziendale
L’azienda commercializza e distribuisce materiale elettrico, elettromeccanico e
illuminotecnico prodotto dalle più importanti imprese del settore; si rivolge a un
pubblico composto in gran parte da aziende ma anche da privati.
Nasce nel 1982 e inizialmente si dedica ad attività di stoccaggio di materiale
elettrico civile; attività che è mantenuta fino al 1992. A partire da tale data
l’azienda ha una prima significativa svolta:
• dall’usato passa a trattare il nuovo
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• è ampliata la gamma di prodotti, non solo quelli per l’industria, ma anche
prodotti per la clientela composta dai privati
L’attività non cambia nel tempo, ma viene decentrata, aprendo nel 2002 una
filiale a Volpiano.
Oggi l’azienda gestisce numerosi prodotti che commercializza nel territorio di
riferimento che è quello di Torino e provincia. Il core business resta l’industria
poiché l’azienda non intende investire oltre nell’attività espositiva per i privati;
anche per quanto riguarda l’area territoriale non vi è l’intenzione di ampliare il
bacino di riferimento, piuttosto ritiene interessante pensare ad una maggiore
penetrazione, nelle aree fuori Torino, aprendo qualche nuova filiale.
Il fattore distintivo dell’azienda, che delinea il suo posizionamento sul mercato
è il servizio: l’orientamento al cliente e una politica di fidelizzazione fatta di
sconti rivolti ai clienti che si sono dimostrati affidabili nel tempo, oltre che
affezionati, ha indotto l’azienda a scegliere di tenere prezzi più alti rispetto agli
altri concorrenti.
La relazione con il cliente è caratterizzata da reciproca fiducia e, soprattutto
con i clienti di lunga data, da rapporti informali quasi di amicizia; a tal fine è
data indicazione al personale del banco di soddisfare sempre la richiesta del
cliente, con il rischio però di creare attrito e disguidi tra l’area degli acquisiti e
del commerciale, nel caso venga comunicata la presenza di un prodotto, in
realtà mancante.
L’azienda intende comunicare un’immagine di affidabilità e di vicinanza: la
preparazione tecnica delle risorse, atta a garantire un aggiornamento
costante, anche rispetto all’uscita di nuovi prodotti, e l’attenzione per la
relazione umana sono i due valori portanti, intorno cui si è sviluppato il
business dell’azienda.
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La principale urgenza che oggi l’azienda riconosce è di intervenire a livello
organizzativo per migliorare l’organizzazione interna e potenziare alcune aree.
Sottolinea i seguenti punti:
• definire meglio i processi e le procedure organizzative
• pianificare il fabbisogno di nuove risorse in modo da programmare i nuovi
ingressi in base agli investimenti futuri e alle effettive esigenze
organizzative (individuare le aree da potenziare, quelle in cui fare
spostamenti o sostituzioni anche in termini di personale…) definire meglio i
ruoli delle risorse già inserite quindi gli obiettivi, le attività che svolgono, e i
risultati da raggiungere
• diversificare il processo di vendita in base al tipo di clienti per gestire
meglio l’attività stessa e riuscire a non scontentare i clienti con lunghe
attese
• implementare un nuovo sistema informativo più funzionale alle esigenze di
crescita e di organizzazione dell’azienda
• conseguire la certificazione di qualità, sebbene non lo ritenga un passo al
momento prioritario
INTERVENTO
Pianificazione dell’intervento
Dall’analisi della domanda si andava sempre più chiarendo che l’azienda
esprimeva l’urgenza di mettere a fuoco le dinamiche organizzative che
stavano prendendo sempre più spazio e soprattutto se queste avevano origine
a livello strutturale o se erano piuttosto frutto della percezione degli individui e
di come loro “vivevano” l’azienda che si rifletteva nei comportamenti reali.
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Si trattava pertanto di indagare la fonte del malessere e dell’insoddisfazione
che si diffondeva in azienda e quindi di rilevare il clima che si era andato via
via consolidando nel tempo.
Nell’ottica dell’azienda la proposta di un’analisi di clima avanzata dai
consulenti avrebbe consentito di “svelare” cosa i dipendenti pensavano
dell’azienda (la loro percezione) e da ciò dedurre se erano soddisfatti o meno,
quanto stavano investendo e se in definitiva l’azienda poteva o meno fare
affidamento su di loro.
L’analisi si sarebbe avvalsa di due strumenti di indagine: un questionario
somministrato a tutti i dipendenti dell’azienda (circa 25), per avere una prima
rilevazione in grado di evidenziare le aree più critiche e successivamente un
approfondimento di queste mediante intervista individuale.
Il clima aziendale e il modello di analisi
Il clima è un concetto multiforme e può essere sintetizzato nella situazione
relazionale che connota i rapporti tra individuo, organizzazione e ambiente
esterno. Sebbene si tratti di un concetto complesso, difficile da identificare, è
possibile individuare le idee centrali in cui esso si articola.
In primo luogo il percorso storico tra gli anni ’60 e ’70 ha portato alla luce le
due polarità che il clima assume. La prima polarità è raffigurabile attraverso un
set di caratteristiche strutturali, proprie di un’organizzazione quali la
dimensione dei gruppi di lavoro, la struttura dell’autorità, la complessità del
sistema, la direzione delle mete e degli obiettivi, lo stile di leadership; la
seconda polarità invece esalta la dimensione psicologica del clima, inteso
come una realtà di natura soggettiva, composta da percezioni, vissuti,
sentimenti, stati d’animo, immagini degli individui.
Il secondo principio che si può dedurre dai contributi scritti sul clima sottolinea
la
necessità
di
considerarlo
un
fenomeno
molare,
complesso
e
multidimensionale. Tale principio vede concordi sia gli esponenti che
considerano il clima come realtà fenomenica strutturale, sia coloro che hanno
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approfondito il clima psicologico: Forehand e Gilmer parlano di realtà
fenomenica concreta, situata nel sistema organizzativo, al di là delle singole
percezioni e delle differenze dei membri; Litwin e Stringer lo definiscono un
aggregato di aspettative e di incentivi e un costrutto che consente l’analisi
delle determinanti dei comportamenti individuali; Tagiuri afferma che il clima
non è l’insieme delle variabili che lo costituiscono ma è una configurazione dei
valori attribuiti a tali variabili; Scheneider, nel tentativo di riorganizzare gli studi
sul clima, sostiene che le percezioni di clima sono descrizioni molari,
psicologicamente significative, che funzionano da schemi di riferimento, utili a
orientare la rappresentazione cognitiva e quindi l’azione. L’aspetto di
complessità su cui riflettere è il processo di reciproca influenza tra
l’organizzazione e gli individui per cui, come sottolinea Schneider, i
comportamenti individuali e organizzativi sono influenzati dalla percezione del
clima che ne diventa a sua volta espressione in un processo circolare causale.
Il risultato di tale processo è la cristallizzazione del clima in una caratteristica
duratura dell’ambiente di lavoro: questo nasce nella storia organizzativa e si
esplicita nell’incontro tra la cultura, universo conversazionale condiviso, e il
clima stesso, paragonabile al concetto, di rappresentazione sociale, dichiarata
nelle relazioni e nei corsi di azione/decisione organizzativa.
Il terzo principio in apparenza sembra contrapporsi con il precedente: sebbene
il clima sia un fenomeno molare, ciò non significa sostenere che sia un
concetto unitario, uguale per tutti e che ciascun membro dell’organizzazione
sia responsabile alla stessa maniera nella creazione del clima; si può pertanto
parlare di molteplicità di climi. Gli autori più significativi, che hanno posto le
basi per una teoria del clima, hanno evidenziato tale principio: Lewin ha
associato le differenti atmosfere sociali ai diversi stili di leadership, Tagiuri ha
portato l’attenzione sulle molteplici percezioni espresse dai singoli che
conducono a divergenti comportamenti organizzativi e individuali, Evan ha
sottolineato la diversità di percezione del clima che caratterizza i membri delle
varie subunità organizzative. Nel considerare le diverse tipologie climatiche un
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peso particolare ricopre la diversificazione tra clima organizzativo e clima
psicologico, analizzata da James e Jones: essa rappresenta un primo passo
verso il salto di paradigma che passa dal ritenere il clima l’insieme degli
attributi dell’organizzazione e dei loro principali effetti, al definirlo un costrutto
psicologico che si inserisce nella concezione sul soggetto di orientamento
cognitivista. I due teorici sostengono che il clima psicologico è la percezione
del clima organizzativo: se questo costituisce la “situazione” concreta, in
quanto condizione di base dell’ambiente organizzativo, il comportamento
effettivamente messo in atto è la risultante delle percezioni individuali della
situazione medesima. E’ interessante infine esaminare ancora due aspetti che
rafforzano l’idea di molteplicità di climi: l’uno concerne il rapporto tra clima
organizzativo e soddisfazione al lavoro, l’altro la dicotomia tra due categorie,
quella del management e quella dei lavoratori subordinati. Schneider
attraverso una ricerca svolta sul campo, giunge alla conclusione che mentre il
clima è un fatto essenzialmente percettivo, che si riflette in descrizioni sulle
caratteristiche organizzative, la soddisfazione si estrinseca in un atto valutativo
che concettualmente riguarda l’ambito valoriale e affettivo degli individui.
Gordon e Cummins formalizzano l’esistenza di un clima manageriale: i vertici
aziendali controllando la maggior parte delle premesse decisionali, hanno uno
spazio di influenza più ampio rispetto al resto dei livelli meno elevati e ciò
comporta più potere da parte della leadership organizzativa nel produrre le
rappresentazioni sociali, origine della cultura e del clima di una realtà.
L’ultimo principio che prendiamo in considerazione attiene ai risvolti
metodologici che il continuum tra la dimensione strutturale e quella
psicologica, al centro del dibattito sul clima, presenta; in specifico è opportuno
chiedersi quali variabili connotano il clima di un’organizzazione e con quali
strumenti possono essere misurate.
Il modello preso a riferimento per l’intervento da condurre con l’azienda e
quello elaborato da Litwin e Stringer, comprensivo di 9 dimensioni d’analisi,
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considerato valido per il corretto bilanciamento tra variabili di tipo individuale e
variabili di tipo organizzativo: la struttura, la responsabilità, i sistemi di
ricompensa e gli standard di prestazione sono elementi che appartengono
all’ambito strutturale del clima mentre l’accettazione dei rischi, il calore, il
sostegno, il conflitto e l’identità riguardano l’ambito psicologico e quello
relazionale. Il questionario, che misura ciascun fattore mediante la scala di
Likert di accordo/disaccordo, resta lo strumento più adottato.
Gli strumenti
1. il questionario: somministrazione, elaborazione e restituzione dei risultati
Per la costruzione del questionario in primo luogo era opportuno delineare con
l’azienda le dimensioni da analizzare in modo da circoscrivere meglio la
situazione descritta negli incontri precedenti. I fattori considerati nel modello di
Litwin e Stringer sono stati adattati al contesto aziendale, in relazione alle
informazioni raccolte nella fase di diagnosi. Esse avrebbero potuto essere:
• lo stile di leadership quindi il modo con cui è esplicitato il comando e
l’autorità
• la motivazione, ovvero l’attaccamento al lavoro e quali fattori accrescono, il
coinvolgimento e l’impegno
• il senso di appartenenza all’azienda, il riconoscersi nei suoi valori
• la
chiarezza
della
struttura
organizzativa
e
delle
componenti
dell’organizzazione
• la responsabilità del lavoratore rispetto al proprio lavoro, quindi l’autonomia
nella decisione e il proporre contributi personali
Il questionario è stato alla fine articolato in quattro sezioni e costruito in base al
criterio di confrontare il piano ideale, auspicato, che riflette come desideriamo
o come pensiamo debba essere una data realtà con il piano reale che per
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contro si riferisce alla situazione effettivamente sperimentata. Sono state
utilizzate come scale di valutazione la scala Likert a cinque livelli e in una
batteria di domande a scelta multipla.
Con l’azienda si è concordato di analizzare le seguenti quattro aree:
la struttura, in particolare la presenza di obiettivi chiari e condivisi, attività e
ruoli definiti e non sovrapposti, un sistema di trasmissione delle comunicazioni
che consente di conoscere lo stato si salute dell’organizzazione (controllo e
verifica dei risultati) e di possedere le informazioni necessarie a svolgere il
proprio lavoro (procedure codificate);
la leadership in termini di competenze gestionali, tecniche relazionali, e di stile
di direzione adottato
la motivazione intesa come individuazione dei fattori di contesto che la
accrescono o diminuiscono e come riconoscimento da parte dei dipendenti nei
due principali valori che sono alla base della cultura aziendale ( l’informalità e
la flessibilità)
la responsabilità intesa sia come tipo di approccio al lavoro favorito o meno dal
contesto sia come presenza/assenza di una caratteristica personale espressa
nel lavoro
Il questionario ha restituito un quadro che ha fornito elementi atti a motivare le
situazioni conflittuali e difficili da gestire che si sono create in azienda e ha
anche aggiunto informazioni interessanti per circoscrivere le aree più critiche
da cui partire per futuri interventi.
I dati che il questionario ha restituito riguardano:
• la scarsa definizione delle componenti organizzative (obiettivi, ruoli e
sistema di comunicazione) causa di poca chiarezza e quindi di
incomprensioni con evidenti ricadute sul piano lavorativo;
• la scarsa valorizzazione dei dipendenti e la mancanza di riconoscimento
per il lavoro svolto
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• la mancanza di un sistema di valutazione che incentivi l’operato delle
persone e che funga da stimolo per portare il proprio contributo
• una visione dei leader confusa e poco esplicitata che esclude però i due
poli estremi dello stile coercitivo e affiliativo
• la mancanza di una percezione condivisa sulla la funzione normativa delle
regole aziendali, in termini di valori, comportamenti da adottare…
I risultati del questionario sono stati restituiti ai dipendenti in un momento di
condivisione in gruppo
2. L’intervista: un approfondimento di alcune aree a seguito delle indicazioni
discusse con l’azienda
Lo scopo delle interviste è stato quello di riprendere quanto emerso dai
questionari e di approfondire alcuni aspetti che risultavano incongruenti
rispetto a quanto raccontato dall’azienda; quest’ultima aveva in particolare
interesse a rivedere in colloquio i punti relativi alla responsabilità individuale e
all’attaccamento all’azienda mentre solo con i ruoli dei responsabili mettere a
fuoco l’idea che hanno dell’autorità e il valore che attribuiscono ai titolari.
Nella costruzione dell’intervista si è pensato di lasciare spazio alle immagini
oltre che alle parole per cogliere la rappresentazione che i dipendenti hanno
dell’azienda e il significato che ad essa attribuiscono. Sono state pertanto
presentate le seguenti immagini: la famiglia, la squadra sportiva, l’arena
sociale e le diverse culture ed è stato chiesto a ciascuno degli intervistati di
scegliere quale delle metafore meglio esprimesse che cosa pensano
dell’azienda.
La richiesta era di individuare l’immagine più lontana e quella più vicina alla
loro percezione di azienda e di analizzarle rispetto alla dimensione affettiva
(identificazione, valori, coinvolgimento….), quella dell’autorità formale (le
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regole, i ruoli…), della responsabilità personale, del potere (leadership), e
quella informale.
L’intervista è stata completata da una serie di domande aperte che
indagavano più a fondo, tra gli altri aspetti, quali erano considerati i veri leader
in azienda a prescindere dall’organigramma, le aree di insoddisfazione e di
soddisfazione, le aree aziendali più critiche e come riorganizzarle.
La restituzione ai titolari dei dati emersi dalle interviste finalizzati a
ipotizzare percorsi di intervento futuri
Al temine delle interviste è stato presentato alla Direzione (titolari in veste di
committenti principali e responsabile del personale in qualità di referente per il
progetto) un report su quanto emerso con l’intento di sintetizzare non solo le
informazioni raccolte ma soprattutto di evidenziare i possibili interventi, logica
conseguenza per avanzare soluzioni ai problemi raccolti nelle interviste,
problemi che confermano il particolare momento contingente in cui si trova
l’azienda.
Per ogni area si è pertanto sottolineata l’urgenza di mettere in campo azioni
volte a migliorare aspetti che sino ad ora hanno generato scarsa efficienza ed
efficacia. In particolare sono stati presi in considerazione i seguenti punti:
• definire l’organigramma
• descrivere i ruoli dei responsabili e condividere con i vertici gli obiettivi da
raggiungere
• assegnare degli obiettivi di vendita e dare incentivi ad obiettivi raggiunti
• implementare un sistema di valutazione per i diversi ruoli che consenta di
procedere con interventi di sviluppo professionale, carriera, cambiamenti di
ruolo….
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• distinguere i livelli di responsabilità e i ruoli dei responsabili e dei titolari
• definire le attività che competono ai titolari e vedere su quali aree gli stessi
possono essere supportati
• usare lo strumento della delega ai responsabili
• usare lo strumento del feedback per ricevere valutazioni dai responsabili
• utilizzare le statistiche di vendita per pianificare le future strategie
• creare momenti di coordinamento tra area acquisti e vendite e tra
magazzino e addetti al banco
• diversificare la gestione dei clienti
• implementare un nuovo sistema informativo per la gestione delle merce
IL CASO DELL’AZIENDA B
ANALISI DELLA DOMANDA
Ha consentito di fare una diagnosi della richiesta di intervento, avanzata
dall’azienda, per individuare correttamente le necessità effettive del contesto;
si è svolta nell’arco di alcuni incontri tra i consulenti e il personale aziendale:
inizialmente con il Responsabile del personale, nostro principale interlocutore,
e in seguito con il Direttore di produzione.
Primo incontro esplorativo: la richiesta di intervento e il mandato del
committente
Il primo incontro è servito a valutare la fattibilità del progetto mettendo a
confronto l’impianto progettuale con il tipo di bisogno evidenziato, le
aspettative dell’azienda e la volontà/disponibilità a collaborare allo svolgimento
del progetto.
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In particolare si è voluto analizzare il motivo che ha indotto l’azienda a
richiedere un intervento relativo al ruolo organizzativo dell’operatore, tenuto
conto dei cambiamenti che stanno interessando il contesto aziendale.
L’azienda ha vinto un grande appalto che comporta l’espansione dell’attività
sui mercati dell’America Latina (Argentina e Brasile); tale acquisizione implica
un aumento del carico di lavoro che se da un lato “premia” l’azienda rispetto ai
concorrenti, dall’altro richiede un buon funzionamento dell’azienda stessa a
tutti i livelli, affinché sia in grado di affrontare in modo efficiente il maggior
volume di attività. Si tratta pertanto di un cambiamento organizzativo che ha
indotto il referente del personale a prendere in considerazione i ruoli aziendali
della produzione, soprattutto quello dell’operatore, ritenuto più critico degli altri,
in quanto posto a livello intermedio tra il responsabile di reparto e l’operaio.
E’ stato fondamentale soffermarsi sulla definizione dell’obiettivo per impostare
correttamente il processo di counseling, la definizione dei tempi e delle risorse
messe a disposizione dall’azienda per la gestione del progetto.
Da subito è apparsa chiara la disponibilità a collaborare manifestata
dall’azienda e a mettere a disposizione il personale con cui avremmo svolto
l’intervento: il responsabile di produzione, per fare un’analisi dei processi di
lavoro e in particolare dell’attività dell’operatore, gli operatori medesimi per
rilevare la percezione e la copertura del ruolo e infine i capi reparto con cui
impostare il piano di valutazione della figura dell’operatore.
La fase di diagnosi: la definizione del problema
La definizione del problema ha previsto una descrizione del ruolo degli
operatori e in particolare degli aspetti che lo rendono critico.
L’attenzione si è centrata innanzitutto sulla comprensione dei motivi che hanno
portato alla luce la debolezza di tale figura, in particolare a cosa possono
essere imputabili e se si sono prese delle iniziative per risolverli.
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Si analizzano gli eventuali segnali che rimandano a uno stato di
insoddisfazione quali ad esempio:
• scadenze non rispettate
• cattiva gestione degli operai
• attività scarsamente presidiate
• feedback negativi
• difficoltà di relazione con i caporeparto
• problemi evidenziati dagli operatori stessi
Gli aspetti che risultano essere più problematici riguardano la funzione di filtro
tra gli operai e i capi reparto, un elemento che evidenzia la difficoltà a trovare
la giusta collocazione tra i due livelli, oltre alla confusione tra la parte
gestionale e operativa del ruolo.
L’essersi aggiudicati l’appalto è vissuto dall’azienda come un momento di
rilancio e come un progetto di crescita a cui tutta l’azienda è chiamata a
partecipare. Pertanto un altro elemento che rende critica la posizione
dell’operatore è quella di sondare la reale motivazione e il coinvolgimento
rispetto al cambiamento organizzativo in atto.
La fase di diagnosi: il check up aziendale
L’azienda B è una azienda medio – grande ( 322 dipendenti) che si occupa di
logistica, in particolare del deposito, confezionamento e spedizione di pezzi,
materiali e prodotti finiti, con diverse lavorazioni, fino alla gestione completa
del percorso logistico, dalla produzione all’Azienda che effettuerà il montaggio
dei pezzi diversi. E’ ubicata in uno spazio molto grande, in continua
espansione e crescita, in funzione delle richieste sempre nuove che i clienti
pongono.
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L’azienda copre i 2/3 del mercato della logistica rivolta ad aziende italiane che
hanno stabilimenti all’estero. Il mercato di riferimento è composto dalle sedi
estere di clienti italiani, in particolare Fiat auto e Iveco in Polonia, Turchia,
Mercati asiatici (Cina, India, Pakistan) nord africani (Libia, Marocco, Egitto) e
sudamericani (Argentina, Brasile) ; altri clienti significativi sono la Merloni, la
Lavazza e la Suzuki.
L’azienda per il futuro intende consolidare ulteriormente il rapporto con i clienti
attuali
e
acquisirne
di
nuovi
attraverso
un
potenziamento
dell’area
commerciale e del marketing.
Rispetto alle altre aziende concorrenti l’azienda B attua una politica di
gestione interna del cliente che li rende più competitivi rispetto alle realtà
concorrenti: infatti, soprattutto per i clienti fidelizzati (Fiat e Iveco) predilige
gestire tutto il processo logistico con le risorse interne all’azienda senza
appaltare parti di esso all’esterno (ad esempio a cooperative). Questo, a
fronte di una forte attenzione alla qualità del lavoro può comportare un
aumento nei costi di produzione, che vanno a ricadere sul prezzo che il cliente
sostiene per avere il servizio complessivo. L’azienda è però convinta che il
cliente sia disposto a pagare per avere un servizio qualificato e globale che
prenda in carico tutto quanto è a monte e a valle del processo produttivo: il
tratto culturale distintivo dell’impresa consiste in un forte orientamento al
cliente, che prevede l’impiego di criteri flessibili e di modalità operative proprie
del cliente medesimo.
Le priorità future dell’Azienda sono costituite dal consolidamento dell’attuale
portafoglio clienti , continuando ad offrire il servizio di qualità per cui l’azienda
si contraddistingue; obiettivo a lungo termine è l’ampliamento della clientela,
tramite una migliore politica di marketing.
In termini di competenze chiave all’interno sono presenti delle capacità
operative e organizzative forti mentre sarà necessario potenziare la ricerca
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sul mercato di competenze avanzate nel
campo del marketing e del
commerciale.
La gestione della delega è sostanziale ma non formalizzata ai responsabili
delle varie aree per le decisioni relative alla attività mentre solo per quanto
riguarda la gestione del personale è stata effettuata una delega anche formale
al responsabile dell’area.
La formula contrattuale più utilizzata è il contratto da dipendente diretto; in
alcuni casi viene utilizzato l’outsourcing.
INTERVENTO
Pianificazione dell’Intervento
Per quanto riguarda l’intervento, è stato concordato di impostare un piano di
valutazione della figura dell’operatore a partire dall’analisi del ruolo ovvero dei
processi delle attività, e delle competenze che lo caratterizzano.
In dettaglio l’impianto progettuale prevedeva tre step finalizzati a costruire il
profilo di competenza dell’operatore in base a cui valutare i dipendenti
segnalati dall’azienda, definire un percorso di sviluppo professionale
(individuare le potenzialità e la direzione di crescita) e impostare il processo di
selezione delle nuove risorse. per quanto riguarda la figura dell’operatore;
tramite il progetto l’organizzazione valuterà soprattutto se cercare all’interno le
figure idonee a ricoprire il ruolo di operatore, reiterando la cultura aziendale
orientata al far compiere alle persone percorsi di carriera interni (gli attuali capi
reparto prima erano operatori e prima ancora operai), oppure a rivolgersi
all’esterno.
Dal momento che si trattava di coinvolgere attivamente il personale
dipendente è stata data particolare rilevanza all’impatto che l’intervento
avrebbe avuto sull’intera Azienda: tramite gli incontri con il responsabile del
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Personale la consulenza è stata inserita nel piano di sviluppo organizzativo
dell’azienda, ed è stata concordata la modalità di comunicazione più idonea. In
particolare si trattava di rendere consapevoli le persone, che in seguito
sarebbero state intervistate, del significato della valutazione non tanto come
processo giudicante e controllante ma come mezzo per acquisire coscienza i
sé e per pianificare il proprio sviluppo professionale. A tale proposito il
referente del personale, d’accordo con il responsabile di produzione
Di seguito sono descritte le diverse fasi dell’intervento.
Primo step: l’analisi dei processi di lavoro
E’ stato reso necessario prevedere alcuni incontri di lavoro con il responsabile
di produzione, una figure esperta dei processi di lavoro della produzione, oltre
che, trattandosi di un livello direttivo, dei cambiamenti organizzativi che hanno
avuto o avranno delle ricadute sul ruolo dell’operatore, e sulle competenze
valutate come centrali per la propria azienda. Con lui si è proceduto all’analisi
del ruolo organizzativo e in dettaglio si sono svolti i seguenti compiti:
• è stata effettuata l’analisi e la descrizione della posizione e cioè raccogliere
informazioni sul contenuto della mansione (rilevare i compiti, gli obiettivi, le
responsabilità, le tecnologie utilizzate)
• si sono individuati i requisiti della posizione necessari a svolgere con
successo il proprio lavoro (capacità, conoscenze, caratteristiche personali)
L’analisi del ruolo organizzativo ha preso avvio con la descrizione dei due
processi di lavoro che contraddistinguono l’attività logistica dell’azienda. Si
tratta di due processi che differiscono tra loro per le tempistiche di evasione e
per l’input in entrata e l’output in uscita.
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Il flusso teso o a disegno, deve essere evaso entro 48 ore e prevede che
l’input in entrata coincida con l’output in uscita ( entra A e esce A). Si delinea
nei seguenti passaggi:
• entrata della merce,
• registrazione tramite sistema informativo delle bolle, tradotte in Buoni di
Entrata (BE) e successivamente in Documenti di Accompagnamento dei
contenitori (DAC)
• raccolta
della
merce
nei
Mezzi
di
Trasporto
(MDR)
e
loro
posizionamento nei magazzini
• trasferimento della merce presso le postazioni di lavoro degli operai per
la loro preparazione, sulla base dei metodi, dei tempi di imballo e della
destinazione
• disimballo/imballo della merce a seconda del tipo di materiale e se il
Mezzo di raccolta è a rendere o no
• carico della merce collocata nei mezzi di raccolta nelle GAFER (gabbie
di ferro9), controllo che queste siano sature
• chiudere e predisporre le GAFER per la spedizione
Il flusso a lotti si distingue rispetto al primo per i tempi di evasione (la
scadenza è segnata sul programma settimanale) e per l’input in entrata e
l’output in uscita (entra A e esce B).
I primi passaggi sono gli stessi del flusso teso mentre la differenza si verifica
nel fatto che la merce disimballata deve essere reimballata e posizionata,
secondo dei programmi di composizione, ne MDR che devono essere riempiti
e chiusi entro la settimana.
I processi di lavoro sono stati analizzati tenendo conto del ruolo degli operatori
e delle attività che a questi competono nel corso del processo stesso: infatti
dal processo sono state circoscritte tali attività per tradurle successivamente in
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competenze, ovvero nelle capacità, nelle conoscenze e nelle qualità, i requisiti
necessari a svolgere il ruolo in questione.
L’aspetto che ha caratterizzato il primo step dell’implementazione di un
sistema di valutazione è lo studio teorico, dei processi di lavoro da cui dedurre
le attività e le competenze; la rilevazione è svolta con la collaborazione della
direzione che, così facendo ha espresso anche il ruolo atteso.
Secondo step: le interviste ai titolari del ruolo di operatore
Nel corso della seconda fase si è lavorato con il referente del personale e con
il Responsabile della produzione per individuare le persone da intervistare e
sulla tipologia/ contenuto dell’intervista medesima.
Per quanto riguarda le caratteristiche dei dipendenti da intervistare l’azienda
ha optato per incontrare operatori di diversa provenienza e con diversi gradi di
competenza. Gli operatori che sarebbero stati intervistati, intorno al numero di
12, sono così distribuiti:
• 5 nuovi operatori, scelti dal mercato del lavoro, quindi non formatisi
interno all’azienda
• 5 vecchi operatori, cresciuti internamente (buoni, medi e scarsi)
• 2 facente funzione di capo reparto, in attesa di passare formalmente a
tale ruolo
La tipologia di intervista concordata è quella sugli episodi comportamentali, un
particolare modello di intervista che attraverso il racconto di situazioni di lavoro
di successo e di insuccesso, consente di esplicitare comportamenti concreti
con cui si ottengono prestazioni superiori. Sebbene non previsto dall’intervista
comportamentale, l’azienda ha ritenuto opportuno dare indicazioni sui casi di
successo/insuccesso da suggerire a ciascun gruppo di operatori. Gli episodi
erano cosi suddivisi:
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nuovi operatori
• caso di successo: riuscire ad ottenere un posto di lavoro con
responsabilità
(pari/superiore/inferiore a quella assegnata nel lavoro
precedente) in un’azienda dove la prassi è di crescere internamente
• caso di insuccesso: non essere riusciti ad ottenere il risultato atteso (es:
ritardi, errori, incompletezza…) in quanto non sono state gestite bene le
persone
vecchi operatori
• caso di successo: essere parte del progetto che ha portato
all’acquisizione di nuove attività con il cliente FIAT
• caso di insuccesso: non essere riusciti ad avanzare di ruolo a seguito di:
normale iter di crescita interna, essere scelto tra un gruppo di operatori
per un piano di carriera, aver richiesto l’avanzamento
facenti funzione di capo reparto
• caso di successo: essere riusciti ad avanzare di ruolo a seguito di:
normale iter di crescita interna, essere scelto tra un gruppo di operatori
per un piano di carriera, aver richiesto l’avanzamento
• caso di insuccesso: una difficoltà incontrata nel ricoprire un ruolo che
richiede l’assunzione di nuove responsabilità (es: rendiconto ore,
rapporto diretto con responsabile operativo di produzione, rapporto con
operatori…)
Metodologicamente tale tipo di intervista prevede le seguenti azioni:
• individuare tra gli operatori che venivano intervistati quelli migliori e i
lavoratori medi
• sottoporre loro l’intervista sugli episodi comportamentali
• tradurre i comportamenti raccontati nelle interviste in competenze e
differenziare le competenze distintive, predittive di risultati soddisfacenti, da
quelle soglia, minime per ottenere una prestazione accettabile
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• evidenziare le competenze aggiuntive o diverse rispetto a quelle indicate
nell’analisi del ruolo organizzativa, effettuata nel primo step dai consulenti
con il Responsabile di produzione.
Dalle interviste sono emersi in particolare due aspetti così sintetizzabili:
• manca una collaborazione tra operatore e capo reparto e inoltre mentre
il capo reparto ha un grosso margine di libertà e di autonomia
l’operatore è poco valorizzato ed è molto sbilanciato sull’operativo
• il ruolo dell’operatore non essendo definito in termini di profilo di
competenze è facilmente interpretabile sulla base delle attitudini e delle
capacità individuali, risultando cos’ o più orientato alla parte operativa o
gestionale
Terzo step: l’implementazione dello strumento di valutazione e la
gestione del processo di valutazione
Nella terza fase tutte le informazioni raccolte nella prima e nella seconda fase
sono state analizzate per arrivare a una chiara comprensione e descrizione
delle competenze in base a cui effettuare la valutazione dei 12 operatori, di cui
7 anziani e 5 nuovi. I dati emersi dalle interviste sono stati verificati con i due
referenti aziendali (responsabile del personale e responsabile di produzione)
per giungere a validare il profilo di competenza delineato. Esso ha fatto
emergere, a completamento del contenuto operativo del ruolo la dimensione
gestionale propria dell’operatore, non sempre sostenuto in modo efficace da
tutti i titolari della posizione organizzativa.
Tale profilo è stato successivamente tradotto in scheda di valutazione
articolata in area delle conoscenze, delle capacità e delle qualità e declinata
secondo una scala di valutazione numerica su 8 punteggi, ripartiti tra livello
basso, medio e alto.
L’area delle capacità evidenziava il saper fare richiesto agli operatori:
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• la relazione
• la gestione del lavoro
• il controllo e la verifica
• la ricerca e gestione delle informazioni
• la pianificazione
• la definizione/soluzione del problema
• la gestione delle persone
• la leadership
L’area delle qualità proponeva il saper essere ricercato negli operatori:
• l’autonomia
• la realizzazione/determinazione
• la flessibilità
• l’equilibrio/affidabilità
Per consentire all’azienda di mettere in atto il processo di valutazione è stato
infine necessario lavorare in gruppo con i capi reparto, le figure che avrebbero
in primis gestito la valutazione degli operatori, sulla tematica della valutazione
e sul modo con cui avrebbe dovuto essere utilizzato lo strumento messo a
punto.
In specifico si è ritenuto opportuno trasferire alcuni concetti teorici che
connotano la valutazione (gli assiomi, la finalità di sviluppo organizzativo e
professionale gli oggetti, gli obiettivi e le competenze), soffermandosi
soprattutto sulla valutazione della prestazione, inteso come processo di
coaching
Sono inoltre stati presi in considerazione i seguenti aspetti per facilitare ai capi
reparto la gestione del processo di valutazione in modo da poterlo condurre
autonomamente e in modo consapevole:
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• come usare la scheda di valutazione
• come dare la restituzione ai dipendenti degli esiti della valutazione
• come gestire il colloquio di restituzione
• quali sono le difficoltà relazionali ed emotive che si possono incontrare
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