Sogno - liceo benedetti

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Sogno - liceo benedetti
Sogno
Se c’era una cosa che al Buon Vecchietto dava fastidio più d’ogni altra, quella era la Terra.
Quel minuscolo granello sparso ai margini della via Lattea, quel pianetucolo insignificante, in
cui aveva investito tanti sforzi, gl’era completamente sfuggito di mano. Aveva donato ai suoi
abitanti l’Intelligenza, ed ora non gli riusciva proprio più di capirli, d’indirizzarli, di
consigliarli. No, no. Non andava bene così. Poteva gestire buchi neri ed aver ragione di super
nove, ma la Terra era diventata incontrollabile. Doveva assolutamente fare qualcosa. Sì.
Cosa? Angeli, Arcangeli, Cherubini e schiere celesti erano in sciopero per il rinnovo del
contratto ed i pochi non sindacati o erano in ferie o erano impegnati in altre missioni. Non
restava che l’ultima, scomoda e spiacevole via per aiutare la Terra: gli spiriti minori. Di rado
ricorreva a questa genia bassa e vivace, così propensa a far di testa propria e con
atteggiamenti e sentimenti quasi umani. Purtroppo non restavano che loro.
Il comando “Morgana, a rapporto!” riecheggiò possente nell’universo e nelle dimensioni ed
un istante dopo, lei era lì. “Cosa c’è, Alfa?” domandò la spirita. “Morgana mia cara,”
cominciò il Vecchietto Buono, “ho bisogno che raduni i tuoi, dovete occuparvi della Terra: le
nuove generazioni non hanno più valori, gli mancano la base, la cultura, gl’ideali. Se vanno
avanti così si rovineranno da soli entro pochissimo tempo: ascoltano chi non dovrebbero, non
guardano quel che dovrebbero e si fanno riempire la testa di scemenze. A questo punto tanto
vale che il libero arbitrio glielo tolga direttamente Io, visto che se lo stanno già facendo
succhiar via dalle Scatole Parlanti e dai Capi di Stato”. “Noto che i tuoi angeli sono
indisponibili, ma per una buona volta, non puoi intervenire te? Perché dobbiamo sempre
essere noi a fare i lavoracci?” chiese la linguacciuta fata. “Morgana, spero tu ti renda conto, e
le tue parole lo confermano, che sei la mia ultimissima possibilità. Non montarti la testa,
tesoro. Io mi muoverò solo per l’Omega. Metterò le sedie sui tavoli, spegnerò la luce, darò
una doppia mandata alla porta dell’universo e me n’andrò. Per una buona volta, fai come ti
chiedo. Per favore. E stavolta non voglio maghi incantati o re addormentati, intesi?”.
“Obbedisco!” rispose garibaldinamente la maga. Ritornata nella sua loggia di more selvatiche
e querce, Morgana si chiese chi mai avrebbe potuto convocare degli spiriti rimasti. Puck,
senza dubbio. Malgrado fosse oltremodo ironico, sarcastico ed impudente, era colui il quale
aveva il maggior numero di conoscenze, sia fra gl’umani che fra gli spiriti. C’era poi quel
marinaio un po’ romantico, un po’ solitario ed anche un po’ pazzo, detto Corto di Malta, che
sarebbe tornato utile. Mana Cerace sarebbe risultato indispensabile: lui conosceva gl’incubi e
le paure di tutti, poiché una volta fu araldo di Phobos, la Paura. Oneiros, il Sogno, sarebbe
stato convocato assieme ad Oberon, Re di Faerie, ed al Professore, emissario spiritico presso
il Ministero dell’Istruzione.
Così, chi avesse avuto la ventura di passare per i Giardinetti Reali quando il campanile di San
Marco scoccò la mezzanotte, quella sera, avrebbe notato questi sette figuri seduti a proprio
agio sulle panchine del parco. “Ho perso la speranza” singhiozzava disperato Mana Cerace
“sono mesi ormai che non riesco a strappare un urlo a questi giovinastri qua! Come si fa a
spaventare una pianta grassa? Non hanno pensieri né emozioni, quindi nemmeno paure”. “È
vero,” gli fece eco Oneiros, “ è sempre più raro che uno di loro venga a trovarmi nel mio
regno”. “Non credono più in noi” attaccò irato Oberon “perché allora noi dovremmo credere
in loro? Che s’arrangino, se la sono cercata, dico io!”. “In sovrappiù, vanno male a scuola,
non s’applicano e non studiano” aggiunse, prevedibilmente, il Prof. Intanto Corto e Puck
erano andati a far gli scherzi alle ranocchie della fontana. “Avete tutti ragione, nobili Spiriti”
iniziò conciliante Morgana “però, prima di lasciare questi esseri senza magia ed abbandonarli
al loro destino, penso che dovremmo vedere se c’è ancora qualcuno di meritevole nel cui
nome agire per tutti gl’altri”. “Perdi il tuo tempo, Fata,” disse astioso il reggente di Faerie
“non esiste più nessuno così. L’ultimo vero fu quell’amico un po’ pazzo di Puck, quello
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scrittore di novelle, storie brevi e lezioni americane che è morto ormai da tempo”. “Non ne
sarei così sicuro, mio signore” disse Corto comparendo, fradicio, assieme a Puck da dietro
una siepe “sento che non lontano c’è un giovane che forse sta scrivendo, forse sta pensando o
forse sta dormendo, ma che in ogni caso sta sognando”. “E cosa starebbe mai sognando, di
grazia?” domandò sarcastico Oberon. “Sta facendo sogni di politica, d’amore e di poesia”
rispose Re Sogno. “Poveretto” sentenziò Puck.
“Orbene”, disse la fata “propongo allora di mandare Puck a chiamare gli Spiriti della Politica
dell’Amore e della Poesia per esaminare questo giovane e vedere se ne vale veramente la
pena”. Furono d’accordo, e Puck fu mandato.
Nella stanza del suddetto giovane, gli spiriti erano radunati attorno al suo letto.“Vediamo
questo cucciolo d’Uomo” disse con voce profonda la Politica, rivolta a Morgana, “vediamo i
suoi pensieri”. E cominciò a leggerglieli:
“Grande rabbia prende il nostro, per cause che solo lui sa. Non vogliamo chiederglielo, è un
tipo brusco, potrebbe rispondere male. Però è buono. Si sforza d’esser cattivo, ma in fondo ha
il cuore d’oro.” –così inizia la sua analisi Pol- “Lo si vede con la luce del pomeriggio che
gl’incornicia il viso mentre cammina per le straduzze della sua città con in mente un paio di
poderosi brani che sta rimuginando lentamente. Sta pensando ad un concorso cui deva
partecipare. È sulla scrittura creativa.” -continua minuziosamente l’analisi la Politica- “ma
cos’è un brano creativo?. È forse qualsiasi cosa scriva? Pernacchia sedano borraccia blu
mestolo acido desossiribonucleico vanno bene? Creativo! Non c’è richiesto altro, al giorno
d’oggi -pensa- se non riempire con le parole delle nostre vite il tratto che ci compete di
pagina bianca della Storia. Ecco –sogna ora-, adesso ho scritto qualcosa che potrebbe essere,
forse, definito interessante da qualcuno e già la pagina è meno vuota, la mano un po’ più
stanca e la penna…, ecco, la penna è la grande protagonista, in ombra, della storie e della
Storia. ‘La penna’. Svolgimento: Sin dai tempi antichi, la scrittura necessitò di strumenti per
essere incisa prima e diluita nell’inchiostro dopo. Retta da mani infime e/o illustri,
quest’arnese di circa centimetri quindici è ciò che rese grandi certi e gettò nella polvere
dell’infamia molti altri. Inutile, se non si sa come usarla. Può contenere inchiostro di qualsiasi
colore, ma si trova principalmente nelle varianti blu, nera e rossa. Parenti dell’ormai arcinota
a sfera sono la stilografica ed il pennino con calamaio. L’introduzione ed il diffondersi
dell’uso delle macchine da scrivere prima e dei computer poi hanno segnato
l’improcrastinabile declino di questo strumento di lavoro manuale, così come la zappa dalla
mototrebbiatrice, l’amanuense dalla stampa ed il vetro dal legno di baobab. Resterà
comunque per sempre nei nostri cuori con immutato affetto e devozione. Riposi in pace.” riferisce pari pari dai pensieri del giovane la Politica- “per la legge dei grandi numeri, più
cose scrivo, più c’è il rischio che scriva qualcosa di buono o di pessimo o, perlomeno,
d’accettabile. Almeno è qualcosa d’originale. Sarei curioso di sapere cos’altro è stato scritto
per questo concorso. Sono troppo diretto? Allora, riassumendo: ho scritto in prima e terza
persona, in quinta ed anche in retromarcia. Ma è l’Italia ad essere marcia!-“Adesso comincia”
dice la Politica rivolta a Morgana “stai a vedere bella fata dagl’occhi amaranti”:- “Maledetta
società dal ventre prolifico che partorisci incessantemente figli d’un lusso sfrenato ed
immeritato che mangiano sulle spalle del Terzo Mondo! TU! Nutrice di ragazzini spocchiosi
saccenti arroganti presuntuosi ignoranti elefanti, i quali siccome non hanno niente di meglio
da fare si drogano si schiantano su platani stuprano in branco rubano bestemmiano e si
prendono a coltellate per la gioia delle ASL e dei genitori che al massimo sono brava gente
infelice insoddisfatta sottopagata sfruttata ed ignorante. Italia mia, benché il parlar sia
indarno, tu sei involontaria mammana d’orrori giudiziari ed aborti edilizi, sei fertilizzante per
la malavita serpeggiante che è retta dalle stesse istituzioni che dovrebbero combatterla,
mentre al contrario la fanno diventare sempre più feconda e forte. Intanto la gente comincia a
morire e venire sopraffatta da orde di stranieri affamati poveri diavoli che son disposti a
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lavorare per un euro all’ora, giacché i nostri rampolli non han voglia d’alzare le chiappe dal
divano fronte tubo catodico ed intanto andiamo in rovina e nonmenefreganiente se quel che
dico causerà problemi o choc o sconcerto o noia od indifferenza perché nessuno può impedire
al prossimo d’esprimersi liberamente. Ricorda! Tieni a mente! Scolpiscilo nel granito! Dal
momento che arriverà sempre qualche basso figuro ad usurpare l’isola incontaminata della
democrazia e della libertà!”-“Eccezionale, Morgana, sono stupefatto” dice Pol. “C’è ancora
qualcosa, stai attenta” risponde la vigile strega-“Adesso lascio che lo stralcio di rabbia e
d’ispirazione si prendano a manina e se ne vadano a perdersi in lontananza ai margini del
boschetto di conifere ove v’è un’amena casetta con tanti fiori di lillà. Poi arrivano i fanti
gridando ‘Avanti!’, la maestra prese i bambini e li mandò a letto (tutti quanti). -anti!
Antisemitismo, antifascismo, antifurto antistress antibiotico antico Antioco Antigone (che
poi, alla fine, aveva ragione) antifumo antidroga antimafia antitetanica antidemocratico
antistupro anticoncezionale anticlericale maiale (?!!?). Ho finito.”. “Non ho parole” dice
stupefatta la Politica “una tale sincerità, una simile forza espressiva nel flusso di coscienza
sono encomiabili. Se lo fa lui, ci son buone speranze che lo facciano anche altri che noi non
sappiamo. Potrebbero essere tantissimi, ma nascosti. Da parte mia, ritengo che non si debba
abbandonarli.”. “Grazie Pol, il tuo appoggio e le tue affermazioni sono giuste e sagge,
concordo con te. Purtroppo dobbiamo convincere ancora Poesia, che sta attendendo
impaziente d’esaminare i sogni di questo giovane. Vieni avanti, o soave Poesia!”.
“Riferisco ciò che percepisco, nulla più, nulla meno: “Sono convinto, come Shakespeare, che
la poesia può più di mille secoli di silenzio.”- “Cominciamo bene!” dice la Poesia-“È vero.
Dacché creature pelose e rozze, uscendo dalla primordiale brodaglia, alzarono lo sguardo alle
fredde stelle e gridarono al cosmo infinito ‘Io sono l’Uomo!’, la massima loro forma
d’espressione fu la poesia. Teogonie, gesta d’eroi e principi morali furono cantati attorno al
fuoco padre di faville, fra le dune dei deserti e sotto le frasche ombrose delle foreste,
all’ombra delle ziggurat e nelle sale monumentali dei palazzi, fra i flutti marini e sulle vette
impervie delle montagne. La poesia è la storia d’una società, -continua a riferire Poesia- è
l’indicatrice del suo benessere e della sua sofisticatezza. È la memoria del popolo, la sua
scienza. Vico suddivide la storia in ere o stagioni, la prima delle quali vede l’uomo che, non
potendo spiegare i fenomeni naturali che insistevano sulle sue esperienze quotidiane, si crea
una metafisica detta poetica (dal greco ‘poiein’, creare, cioè una metafisica inventata, non
scientifica, bensì creata ad hoc per fornire spiegazioni). Da questo sprazzo di genialità
l’umanità poté evolversi dalla barbarie, in cui dominava la bruta forza, per assurgere ad una
maggior raffinatezza delle arti, delle scienze e, più generalmente, della conoscenza.” –“Mi
sembra bene, il fanciullo” dice la Poesia, rivolta ad una sorridente Morgana. “Sentiamo
cos’ha ancora da dire”- “Come in illo tempore Virgilio ci parla di cinque grandi ere, al
termine dell’ultima delle quali, la più corrotta ed infida, i pianeti si sarebbero allineati dando
inizio ad uno sconvolgimento globale che avrebbe riportato la mitica Età dell’Oro (durante la
quale la terra offrirà spontaneamente i suoi frutti e non vi sarà ingiustizia alcuna in tutto il
globo terracqueo), così Giambattista ci narra di corsi e ricorsi storici: i draghi dello Yin e
dello Yang che si mordono la coda, la fisica affermazione che nulla si crea e nulla si
distrugge (ma tutto si trasforma), in tal modo, dopo un periodo d’instabilità politica e/o
sociale, di guerre e carestie, di povertà e fanatismo, la situazione tornerà tranquilla e la
morale trionferà, tranne per poi ottenere il risultato che tanto benessere finisca col rammollire
gl’animi e l’integrità, facendo risprofondare tutto nell’originale caos (e così il ciclo si ripete,
sempre uguale a se stesso). –continua a riferire l’infaticabile Poesia- Ma ecco che una luce
illumina la nostra memoria, una corda viene pizzicata nel profondo del nostro animo: è la
poesia. È sconcertante come la situazione odierna si sia ripetuta mille altre volte nella Storia:
basta leggere le opere petrarchesche –continua a sognare il nostro- od ascoltare i lamenti
incisi sulle pietre calpestate dagli zoccoli insanguinati dei barbari dopo il sacco romano, per
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capire quali sono stati e sono tuttora i nostri errori. Basta leggere le poesie d’autori passati per
avere coscienza di ciò che la poesia è e vuole trasmetterci. Non è soltanto ‘il caotico trabocco
d’emozioni riordinate e ricomposte dalla quiete’ come diceva il romantico Coleridge, ma è
vera e propria testimonianza artistica. Dove non può l’orrore dei fatti e della verità, può
l’armonia della poesia, che con la sua dolcezza e la sua melodia spirituale smuove popoli,
genti e generazioni. Il suo linguaggio è, purtroppo, talvolta, elitario, ma i messaggi che cerca
di trasmettere ed infondere all’animo umano sono uguali in qualsivoglia lingua vengano
pronunciati. Per evitare le tragedie e le malefatte della nostra era (l’età della monocultura,
progenitrice d’ignoranza, madre di schiavitù) basta poco, pochissimo: pensare con la propria
testa e dare ascolto alle autorevoli voci dei giganti sulle cui spalle siamo immeritevolmente
arrampicati per non ripetere gl’errori del passato e costruire, insieme e liberi, una nuova Età
non dell’Oro, ma del Platino.
Gioia, gaudio e felicità vera
Ricopriranno la terra un giorno
Quando ritornerà la primavera
Ed il mondo, di Poesia adorno
Dalle tenebre sarà liberato.
Per il diverso mai più scorno
Ma per la sua ricchezza sarà premiato
Ché mai a nessuno fece danno
E dalle folle sarà acclamato.
Non lungi è questo felice anno
Che verrà a cadere quando
Le Muse e la Poesia trionferanno.
“Molto bene” dice allora la Poesia “benché sia un po’ prolisso, la sua poesia è discreta. Come
per la Politica, ritengo che ce ne potrebbero essere altri come lui. Che gioia sarebbe poterli
condurre un giorno sulle cime dell’Elicona! Sì. Penso proprio che, tutto sommato, ci possa
esser ancora qualcosa da fare, per me qui. Hai il mio appoggio, soave Morgana”. “Molto bene
Poesia. Son felice del tuo giudizio”dice compiaciuta la spiritessa.
“Amore tocca a te adesso, dimmi cosa sogna il ragazzo, senza omissioni né cambiamenti”.
“Lo farò con piacere, fata Morgana. Sono molto curioso” dice con voce vellutata lo splendido
Amore “Questo è quanto:”
“ ‘Dimmi cosa te ne pare’. ‘È molto bello, scrive bene, ha talento’. Più d’ogni altra cosa al
mondo, desiderava l’amore. L’amore che fa piangere, l’amore che fa ridere. L’amore
corrisposto, l’amore rifiutato. L’amore sincero, l’amore colorato, l’Amore. ‘Dimmi cosa te
ne pare’. ‘Fa schifo. Gli diremo che è bravo, che ha ottime possibilità, ma che abbiamo cose
più importanti al momento. Vedi, è troppo melenso, troppo scontato, troppo banale. Anche la
trovata di presupporre le conversazioni di noi spiriti e dei giurati non è credibile” –“Arguto e
scaltro, il marmocchio. E sincero, anche” inframmezza l’Amore. “Vai avanti” taglia corto
Morgana”- “Usa un registro troppo cupo. La gente ha bisogno di ridere, di divertirsi! Deve
cercare di dimenticare quello che sta vivendo. Invece lui è come se godesse della propria
sofferenza. Fa schifo’. Più d’ogni altra cosa al mondo, desiderava l’amore. Ora, sogna e,
sognando, scrive. Fuori piove, condizione ottimale nell’immaginario comune. Gl’elementi
che combaciano con lo stato d’animo dell’artista. Eccezionale. Le idee s’addensano nella sua
testa e scorrono attraverso la spalle, poi il braccio, la mano, le dita e vengono partorite ed
incastrate sul foglio dalla penna, serva del pensiero. Cosa mai potrà scrivere? Ma certo:
qualcosa che non sia mai stato scritto. Auguri! Per millenni l’uomo ha cercato l’amore,
invano. Alcuni l’hanno trovato, altri si son persi nella sua ricerca. –ripete fedele Amore- Si
ricorda, adesso, di quando la guardava, bella, nuda, coperta appena dal lenzuolo che le
scopriva, ad arte, le spalle. I suoi capelli corvini (che bella parola!) cadevano a raggiera sul
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cuscino, lasciando scoperta una frazione di sopracciglio, un nonnulla d’occhio chiuso,
un’idea di sorriso. Se la ricorda bene, ogni istante passato con lei. Si ricorda bene le sue
bugie, come lei lo trattò, come lo fece soffrire. Si ricorda tutto. Quando, in un simile giorno di
pioggia, si ruppe il sottile filo rosso che li teneva ancora uniti. Lui cercò l’amore in altre
persone, dopo, ma non gli riuscì di trovarlo. La sua storia e le sue angosce andava a
raccontarle a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo. Si ricorda di come un’amica l’ha deluso.
Ricorda. Sogna di scrivere. Potrebbe raccontarvi di come quella volta la sognò e lei era
bellissima, ai suoi occhi. Di come la veda in quel posto meraviglioso e sicuro, privato e caldo
che è la mente, dove gelosamente custodisce i ricordi migliori di lei, quel suo sorriso tutto
speciale. Provò molte cose per poterla dimenticare, ma nessuna di queste funzionò, poiché il
vero amore resta. Forse lui l’aveva trovato e non se n’è reso conto ed adesso l’ha perso, e lo
sa benissimo. Decide di scrivere, allora. Non una storia qualsiasi, però. Scrive la storia di
come avrebbe potuto scrivere una storia.” –“È strano, questo ragazzino” commenta
pensieroso Amore, intervallando così il flusso di pensieri che sta trasmettendo a Morgana
dalla mente del sognatore- “C’era una volta un grande re che aveva un regno immenso e due
figli i quali, alla morte del padre, si divisero il regno in due per evitare discordie, giacché
molto s’amavano. Un giorno, il minore fu preso da gran voglia di vedere suo fratello. Così, di
punto in bianco, sellò il suo cavallo dalla bianca criniera e partì. Non era ancora uscito
dall’ombra delle mura che s’accorse d’aver dimenticato il pugnale, dono di sua moglie la
regina, dal quale mai si separava. Accorgersi di ciò e voltare il destriero fu tutt’uno. Ahi mala
sorte! Infatti, entrato che fu nelle sue stanze, trovò sua moglie tra le braccia d’un servo. Fu
chiamato il boia e furono grida e lamenti ed il giorno dopo due teste svettavano sugli spalti e
la più alta era quella della regina. Così, con il cuore gonfio di dolore, si recò dal fratello che
subito s’accorse del velo di tristezza che gli copriva il volto. Rimase presso lui per lungo
tempo e per ingannare la solitudine prese a passeggiare nei giardini di palazzo ch’erano ampi
e meravigliosi. Un giorno però, addentrandosi in un boschetto d’ortensie che non aveva
ancora visitato, scorse in un gazebo la moglie del fratello stretta in un tenero abbraccio con
un notabile di corte. Provò così una sorta di sollievo alla sua pena, poiché c’era qualcuno
sfortunato come lui. La sera, al banchetto, il maggiore s’accorse che l’amarezza non era più
dipinta a tratti pesanti sul volto del fratello e gliene domandò il perché. Tanto fece e tanto
disse che alla fine gli fu riferito. Ahi mala sorte! Fu chiamato il boia e furono pianti e gemiti
ed all’alba due teste svettavano sul torrione del castello, la più alta essendo quella della
regina. Nel cuore del maggiore presero ad albergare allora il rancore e l’invidia verso tutti
coloro i quali godevano dell’amore sincero d’una donna. Così stabilì che ogni sera gli fosse
condotta una fanciulla che avrebbe giaciuto con lui e quando l’aurora dita rosate avesse
toccato i tetti, le sarebbero state tolte vita e sorriso. Così fu e le città furono svuotate dal canto
delle soavi e risuonarono solo del lamento degl’orfani e di quelle donne che l’età poneva al
sicuro. Poi, un giorno, arrivò Sharaz-de e tutto finì. Tutto questo per dire che il mendicante è
simile al re, nelle questioni del cuore. Poiché l’amore non va cercato, va trovato: non c’è ed il
momento dopo la vita ne è illuminata. Niente può descriverlo né raccontarlo. Si riconosce,
quando c’è. Lungi da me l’aver voluto annoiarvi, o miei cari onirici spettatori: questa storia
altro non pretende se non essere un breve intrattenimento”. “Mmm”. Rimugina pensieroso
Amore “certo è molto confuso, ma anche passionale e diretto. Ha la propensione a credere in
ciò che fa ed amarlo profondamente. Sì, penso proprio che il mio posto sia ancora qui, al
fianco dell’Uomo”. Inutile dire che Morgana era fuori di sé dalla gioia.
L’alba s’avvicinava e gli spiriti, riuniti a consiglio, erano pronti ad emettere il verdetto finale.
“Io, Morgana del Lago, per i poteri conferitemi dall’Altissimo, dal Purissimo e dal
Lievissimo, da Colui che può ciò che vuole e vuole ciò che può, decreto che noi spiriti,
insieme con tutte le altre Forze, maggiori e minori, non abbandoneremo questo luogo, poiché
c’è ancora la speranza che l’umanità migliori e si redima, come testimoniato dagli spiriti della
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Politica, della Poesia e dell’Amore. Chi è contrario parli ora o taccia per sempre”. A queste
parole non s’udì rumore alcuno. “Così è, se vi pare” concluse soddisfatta Morgana. Già la
luce si diffondeva ed i primi raggi di sole filtravano fra le fronde degl’alberi dei Giardinetti
Reali. Gli spiriti se n’andarono ognuno per la sua strada, dopo essersi salutati e ripromessi
d’incontrarsi da qualche altra parte, presto, per bere una cosa assieme e parlare dei tempi
andati. Restati soli, Puck e Morgana s’avviarono verso l’uscita che già la guardia stava
aprendo le porte. Mentre gli passavano accanto, questa li guardò in cagnesco a mormorò a
bassa voce qualcosa sulle coppiette sporcaccione che andavano a fare i loro porci comodi in
giro invece che a casa loro. “Sai Puck, a volte mi chiedo perché ci diamo tanto da fare per
questi qua” disse Morgana con un lieve sorriso, avendo sentito i borbottii dell’omuncolo.
“Ma cosa vai dicendo, bella fatalona? Noi non abbiamo fatto assolutamente niente, è stato un
ragazzino a fare tutto da solo! È lui che c’ha sognati e noi esistiamo solamente nella sua
fantasia. Quando si sveglierà, tutto questo cesserà d’esistere perché noi, come tutto il resto,
siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”. E s’avviarono insieme per le strade d’una nuova,
radiosa, giornata.
Tommaso Bianchi IVD
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