LE _NUOVE_ EMIGRAZIONI ITALIANE_ATTIVITA` INCA ALL`ESTERO

Transcript

LE _NUOVE_ EMIGRAZIONI ITALIANE_ATTIVITA` INCA ALL`ESTERO
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE
ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Ottobre 2009
1
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
INDICE
Introduzione
p.7
Capitolo 1 – Il caso della Francia
p.28
Parte Prima – Lo scenario: l’emigrazione italiana in Francia
p.28
1.1 Introduzione
p.28
1.2 L’emigrazione italiana in Francia. Cenni storici di un fenomeno di lunga durata
p.30
1.2.1 L’immigrazione libera
p.30
1.2.2 Il Primo dopoguerra
p.31
1.2.3 Il Secondo dopoguerra
p.32
1.2.4 La diversificazione del lavoro italiano in Francia
p.34
1.3 La recente emigrazione italiana in Francia
p.34
1.3.1 Le fonti utilizzate
p.34
1.3.2 Chi sono, dove sono e da dove vengono gli italiani in Francia. Analisi dei dati p.37
1.3.3 La dimensione lavorativa
p.48
1.3.4 Il fenomeno del Brain Drain italiano in Francia
p.55
Parte Seconda – Lo studio di caso francese
p.58
1.4 Premessa metodologica ai risultati dell’indagine di campo
p.58
1.5 Le interviste
p.59
1.5.1 La nascita dell’INCA Francia
p.59
1.5.2 Assetti organizzativi e funzionali dell’INCA Francia
p.61
1.5.3 Tipologia dei servizi offerti e caratteristiche dell’utenza.
p.65
1.5.4 La rete territoriale
p.67
1.5.5 Criticità
p.69
1.6 La survey sulla popolazione italiana in Francia
p.72
1.6.1 Dati socio-anagrafici
p.73
1.6.2 Il progetto migratorio
p.75
1.6.3 Situazione abitativa e professionale
p.80
1.6.4 L’INCA ed i servizi offerti
p.84
2
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.6.5 Il rapporto con il territorio e l’integrazione
p.86
1.6.6 L’accesso ai media
p.92
1.7 Conclusioni
p.94
Capitolo 2 – Il caso della Germania
p.100
Parte Prima
p.100
2.1
Le politiche migratorie tedesche
p.100
2.1.1
Dal modello prussiano di fine Ottocento al regime nazista.
p.101
2.1.2
Dall’accordo bilaterale Germania-Italia all’Auwerbenstop (1955- 1973) p.103
2.1.3
Dall’ Auwerbenstop alla legge sul rientro (1973-1983)
2.1.4
La svolta nelle politiche migratorie: la legge sugli stranieri (1990) sulla
cittadinanza (1999) e sull’immigrazione (2002)
p.107
2.2
Struttura e dinamiche dell’emigrazione italiana in Germania
2.2.1
2.3
p.106
p.109
Il reclutamento della manodopera italiana negli anni
Cinquanta e Sessanta
p.111
2.2.2
La lunga fase di transizione (1973-1989)
p.113
2.2.3
Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi
p.115
Caratteristiche degli emigrati italiani in Germania
p.120
2.3.1
Il modello italiano di migrazione
p.121
2.3.2
I problemi di inserimento dei giovani italiani
nel sistema scolastico tedesco
2.3.3
p.123
Le attuali caratteristiche degli emigrati italiani in Germania
\
p.125
Parte Seconda
p.128
2.4
Le attività dell'Inca in Germania
p.128
2.4.1
p.128
La nascita dell'Inca in Germania
3
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2.4.2 Il funzionamento e l'organizzazione delle strutture territoriali
p.130
2.4.3 La tipologia dei servizi offerti
p.131
2.4.4 Caratteristiche degli utenti
p.132
2.4.5 La rete territoriale
p.132
2.4.6 Criticità
p.133
I profili degli Italiani residenti in Germania
p.134
2.5.1 Caratteristiche socio-anagrafiche
p.134
2.5.2 Storia personale
p.135
2.5.3 Famiglia e istruzione abitativa e lavorativa
p.140
2.5.4 Il rapporto con le strutture Inca e i bisogni
p.144
2.5.5 I rapporti con il territorio
p.145
2.5.6 I Mass-media
p.150
Capitolo 3 – Il caso della Svizzera
p.153
Parte Prima – Introduzione
p.153
3.1 Il contesto economico
p.154
2.5
3.1.1 Le politiche migratorie della Svizzera
p.157
3.2 Struttura e dinamiche dell’emigrazione italiana in Svizzera
p.159
3.2.1 Struttura e dinamiche dell’emigrazione italiana in Svizzera dal 1950 al 2000 p.160
3.2.2 La situazione attuale (2000-2009)
p.163
3.3 Gli emigrati italiani nel mercato del lavoro svizzero
p.166
3.3.1 L’inserimento lavorativo durante la prima ondata migratoria
p.167
3.3.2 La mobilità sociale durante la seconda ondata migratoria
p.168
3.3.3 Le attuali condizioni lavorative
p.171
3.4 Caratteristiche dell’attuale emigrazione italiana in Svizzera
3.4.1 Vecchi e nuovi emigrati
p.173
p.173
4
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
3.4.2 Le seconde generazioni
p.175
3.4.3 I frontalieri italiani nel Canton Ticino
p.176
Parte Seconda
p.181
3.5 I risultati dell’indagine di campo
p.181
3.5.1 La nascita e la storia dell’Inca in Svizzera
p.182
3.5.2 L’attuale assetto organizzativo e funzionale dell’Inca Svizzera
p.184
3.5.3 L’organizzazione del lavoro e il personale Inca a
Bellinzona, Zurigo e Ginevra
p.185
3.5.4 Tipologia dei servizi offerti e caratteristiche dell’utenza:
tra continuità e cambiamento
p.186
3.5.6 La rete territoriale Inca in Svizzera
p.188
3.6 I profili degli Italiani residenti in Svizzera
p.191
3.6.1 Le caratteristiche socio-anagrafiche
p.191
3.6.2 I progetti migratori e la situazione familiare e abitativa in Svizzera
p.192
3.6.3 L’inserimento socio-lavorativo e la mobilità professionale in Svizzera
p.195
3.6.4 Associazionismo, sindacalizzazione e politicizzazione
p.197
3.6.5 Relazioni con l’Italia
p.199
3.7 Conclusioni
p.200
Allegati: Gli strumenti di rilevazione
p.207
5
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Il presente lavoro è frutto della collaborazione tra l’Osservatorio Immigrazione dell’Ires
(coordinamento e introduzione a cura di Maria Mora) e diversi ricercatori : Emanuele Toscano
(stesura capitolo 1), Ramona Collu (stesura paragrafi 2.2 e 2.3 del capitolo 2) e Maria Concetta
Ambra (stesura capitolo 3 e paragrafo 2.1 del capitolo 2).
6
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
INTRODUZIONE
1. L'emigrazione italiana: un breve excursus storico
L'emigrazione italiana all'estero può essere considerata uno dei più grandi esodi migratori della
storia moderna. Tra il 1870 e il 1970 circa ventisette milioni di italiani lasciarono la loro patria
per lavorare e vivere all'estero. Si calcola che oggi circa sessanta milioni di persone di origine
italiana vivono fuori dai confini europei1.
A partire dal 1861 sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze. Nell'arco di poco
più di un secolo un numero quasi equivalente all'ammontare della popolazione al momento
dell'Unità d'Italia aveva lasciato l'Italia per altri paesi. Si è trattato di un esodo che ha coinvolto
tutte le regioni italiane ed è stato caratterizzato prevalentemente da una emigrazione di tipo
lavorativo. L'emigrazione italiana all'estero ha inizio nella prima metà del XIX secolo, ma
raggiunge importanti dimensioni soltanto nella sua seconda metà. Non si può quindi pensare che
l'origine dell'emigrazione italiana verso l'estero sia iniziata come una semplice risposta alle crisi
economiche della fine dell'ottocento e dell'inizio del novecento. Allo steso modo, non si può
considerare questo esodo migratorio esclusivamente come il riflesso delle problematiche
condizioni che riguardano il mezzogiorno italiano. Infatti, la grande maggioranza degli emigrati
in Francia, Germania, Svizzera e Austria arrivarono dalle regioni settentrionali e centrali, le zone
del paese economicamente meno stagnanti. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, gli italiani
provenienti dalle zone meridionali costituirono tre quarti degli immigrati, mentre gli italiani
originari dall'Italia centrale e settentrionale costituirono una importante minoranza tra gli
immigrati in America Latina2.
Diversi studi3 sottolineano come
la maggior parte degli italiani sia arrivata nei paesi di
destinazione all'inizio come sojourners, soggiornanti con progetti migratori a breve e media
scadenza che avevano l'intenzione di ripartire, cosa che effettivamente molti fecero. Si stima
infatti che circa dodici o tredici milioni di italiani siano nel corso degli anni rientrati in Italia4.
1 Gianfausto Rosoli «Le popolazioni di origine italiana oltreoceano» in Altreitalie 2 novembre 1989, Edizioni della
Fondazione Giovanni Agnelli
2 Donna Rae Gabaccia, Per una storia italiana dell’emigrazione, Altreitalie, N.16 - luglio-dicembre 1997 Edizioni
della Fondazione Giovanni Agnelli
3 T. Stark, «Il ritorno degli emigranti, Stato attuale degli studi e proposte» in Studi Emigrazione, 4, 8, 1987, pp.
173-178
4 Donna Rae Gabaccia, per una storia..... op. cit.
7
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
In questa lunga storia dell'emigrazione italiana possiamo distinguere diverse fasi:
Una prima fase (1876-1900) caratterizzata da una dimensione discreta ma crescente dei flussi.
La mancanza di regolamentazione delle politiche migratorie, prive di vigilanza e tutela, rendeva i
movimenti totalmente spontanei quando non clandestini. In questo periodo partirono 5.300.000
persone: prevalentemente uomini, di età media bassa, di provenienza per lo più contadina. Le
principali mete europee erano all’inizio Francia e Germania; e quelle extraeuropee, in crescita a
fine secolo, Argentina, Brasile e Stati Uniti. La scelta di queste due aree di destinazione (Europa
e America) caratterizza anche altri gruppi migratori nella stessa epoca come russi, polacchi o i
cittadini dell'Impero Ottomano.
Per quanto riguarda la provenienza, due emigrati su tre erano originari del Nord Italia.
La seconda fase (1901-1915) detta della “grande emigrazione” coincide con l’industrializzazione
italiana; In questo periodo l’emigrazione per quasi il 50% è diretta in America, soprattutto per
quanto riguarda la componente meridionale, mentre nel caso dei settentrionali, aumenta la
tendenza all’espatrio in Europa. La media annuale di partenze è di 600.000, mentre per il totale
del periodo si calcola che circa 9 milioni di persone lasciarono l'Italia.
Durante la terza fase (tra le due guerre) si assiste a brusco calo delle partenze: in parte per le
restrizioni legislative adottate da alcuni Stati (in particolare gli USA, con l'introduzione delle
“quote” d'ingresso di immigrati annuali (1921/1924); in secondo luogo la politica fortemente
restrittiva attuata dal fascismo per motivi di prestigio (l’“immagine negativa” fornita dalle
massicce partenze) e di potenziamento bellico (trattenendo le giovani leve da impiegare per
scopi militari); in terzo luogo per il peso delle crisi economiche degli anni ’20 (specie quella del
’29). L’ emigrazione si diresse quindi soprattutto verso la Francia, destinazione anche dai
numerosi espatri degli oppositori politici del fascismo, e verso la Germania negli anni ’30.
Cresce in questo periodo la presenza femminile attraverso i ricongiungimenti familiari.
Un aspetto poco indagato dell'emigrazione italiana riguarda gli italiani che partirono per lavorare
e stabilirsi in Africa. A questo proposito è interessante sottolineare che, sebbene non in modo
continuativo, dal 1870 e per tutto il periodo fascista, gli ideologi italiani sostenevano
l'emigrazione dei propri connazionali una forma di espansione imperiale5.
5 Teobaldo Filesi, «Significato e Portata della presenza italiana in Africa dalla fine del XVIII secolo ai nostri
giorni.» pp. 387-425 in Franca Assante, Movimento migratorio italiano, vol. 2; Angelo Del Boca, Gli italiani in
Africa orientale, Bari, Laterza, 1985, 2 vol e Angelo Del Boca, Gli italiani in Libia, 2 vol., Milano, Mondadori,
8
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Nella quarta fase (1945-1970) dall’Italia si producono 7 milioni di espatri. Allo stesso tempo, i
cambiamenti politici ed economici del Paese stanno alimentato un parallelo flusso dalle
campagne verso le città e le regioni (settentrionali) più industrializzate. Tra le destinazioni fuori
dal continente europeo prevalgono America Latina (subito in calo per le continue crisi
economiche e politiche) e l'Australia; mentre per le Europa si mantengono Francia, Svizzera,
Germania. L'emigrazione verso il Belgio, destinata al lavoro in miniera, fu improvvisamente
abbandonata nel 1956, in seguito alla tragedia di Martinelle nella quale persero la vita anche 136
minatori italiani. Dagli anni ’50 in poi le mete transoceaniche calano ulteriormente.
Una quinta fase (1970-oggi) dove a partire dai primi anni ’70 l’Italia si trasforma abbastanza
velocemente in paese d’immigrazione. I flussi in uscita non si sono però mai interrotti del tutto.
Negli anni '80 la tendenza il calo dei flussi migratori si fa particolarmente evidente. Mentre le
migrazioni intercontinentali sono modeste, i paesi europei diventano la meta preponderante.
Circa ¾ degli espatri si dirigono verso paesi Europei, dove Germania e Svizzere continuano a
essere le due mete privilegiate. In questi anni i flussi provengono per oltre la metà del Sud e
delle Isole.
Durante gli anni 90 le partenze si mantengono sostanzialmente costanti, con una media di 50.000
espatri all'anno. Di questi, due terzi sono destinati a paesi europei mentre un 15% lo è verso il
continente americano.
Nei primi anni duemila sembra registrarsi una certa continuità con la decade precedente, sia per
numero di partenze che per la scelta delle destinazioni. All'interno del continente europeo la meta
privilegiata è divenuta la Gran Bretagna, mentre nel continente Americano sono sempre gli Stati
Uniti.
Per quanto riguarda la composizione di questi flussi, si può notare che attualmente ad alimentare
l'emigrazione sono persone con di titoli di studio medio-alti che, di fronte alle difficoltà a trovare
un'appropriata collocazione nel mercato de lavoro italiano si spingono verso altri paesi.
2. Una panoramica sulla recente emigrazione italiana in Germania, Francia e Svizzera: i
principali risultati dell'indagine IRES
La chiara tendenza che vede l’Italia essersi trasformata negli ultimi decenni da paese di
emigrazione, sia interna che verso l’estero, in paese di accoglienza non deve però sottovalutare la
presenza (in alcuni casi consistente) delle comunità italiane nel mondo, e il costante flusso – pur
se contenuto in termini statistici –di nostri connazionali in uscita verso destinazioni soprattutto
1993-94;
9
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
europee.
2.1 Presenza
Il numero degli Italiani nel mondo è calcolato oggi, tra italiani e discendenti di italiani, in circa
60 milioni di persone.
Dagli ultimi dati AIRE- Archivio Italiani Residenti all’Estero disponibili i cittadini italiani
residenti all'estero sono 3.734.428. Di questi, più del 50% si trova all'interno dei confini europei.
Bisogna però considerare che i dati forniti dall'AIRE non sono esaustivi della presenza di
cittadini italiani all'estero giacché l’iscrizione all’AIRE non è obbligatoria e, proprio per le
caratteristiche di grande mobilità della nuova emigrazione italiana, spesso non è considerata
essenziale dai nostri connazionali temporaneamente residenti all’estero.
In questo paragrafo l’attenzione viene posta in particolare alle caratteristiche del fenomeno nei
tre paesi analizzati.
Tab. 1-Cittadini italiani iscritti all'AIRE nei tre paesi di riferimento al 3 aprile 2008
PAESE
ITALIANI
% sugli italiani all'estero
Germania (1)
600.443
16,1
Svizzera (3)
507.943
13,6
Francia (4)
354.138
9,5
Totale
1.462.524
Fonte Migrantes su dati AIRE
39,2
Nei tre paesi presi in esame dalla nostra ricerca soggiornano circa il 40% degli italiani residenti
all'estero.
Tab. 2 -Cittadini italiani iscritti all'AIRE nei tre paesi di riferimento al 3 aprile 2008 per
genere
PAESE
ITALIANI
DI CUI DONNE
%
Germania
600.443
261.884
43,6
Svizzera
507.943
241.249
47,5
Francia
354.138
166.776
47,1
Totale italiani all'estero
3.734.428
1.774.677
Fonte Migrantes su dati AIRE
47,5
Per quanto riguarda le regioni italiane di origine, nel caso della Germania la maggior parte degli
italiani che vi risiedono proviene dalla Sicilia, la Puglia e la Campania.
10
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Nel caso della Francia, le regioni maggiormente rappresentate sono la Sicilia, la Calabria e la
Puglia. Infine, a fare la parte del leone per la Svizzera sono la Lombardia, la Campania e la
Sicilia.
In linea con la tendenza generale che si registra tra gli italiani all'estero, anche in questi tre paesi
la presenza delle donne è solo leggermente inferiore a quella degli uomini.
È importante sottolineare che tra i quasi quattro milioni di italiani residenti all'estero, più del
50% è composto da persone che hanno meno di 35 anni. Si tratta in grande misura di figli di
italiani nati in questi paesi ma che conservano la cittadinanza italiana. Tuttavia, sopratutto nella
fascia di età che va dai 25 ai 34 anni si trova sicuramente una parte di italiani che si è recato in
questi paesi alla ricerca di un primo inserimento lavorativo o per realizzare una formazione postlaurea. Infatti, questi tre paesi, insieme al Regno Unito e alla Spagna sono per quanto riguarda
l'Europa tra i paesi più ricercati tra i “nuovi emigranti” italiani, sopratutto quelli altamente
qualificati.
Tab. 3-Cittadini Italiani iscritti all'AIRE 0-34 anni per classi di età al 3 aprile 2008
0-17
18-24
25-34
Tot 0-34
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
%
v.a.
% su tot. emig.
Germania
137.999
35,1
159.554
40,5
96.071
24,4
393.624
65,6
Francia
46.476
30,1
66.826
43,2
41.306
26,7
154.608
43,7
Svizzera
105.540
36,7
111.634
38,8
70.330
Fonte Migrantes su dati AIRE
24,5
287.504
56,6
Come possiamo osservare nella tabella sottostante, il flusso di italiani verso i tre paesi analizzati,
sebbene non assuma le dimensioni numeriche del passato, continua a rappresentare un fenomeno
tutt'altro che marginale. Vediamo infatti, come il numero di italiani che sono emigrate in questi
paesi da meno di 10 anni è in tutti e tre i casi vicino alle 20 mila persone.
Tab. 4 -Italiani residenti in Francia, Germania e Svizzera per anni di permanenza e sesso
1 – 5 anni
5 – 10 anni
+ di 10 anni
uomini donne totale uomini donne totale uomini donne
Francia
5.402
Germania
...
Svizzera
8.234
5.237 10.639
...
...
5.814 14.048
totale
Scon.
totale
totale uomini donne
totale
6.207 141 762 143.930 285.692 101.009 196.577 206.970 403.547
3.423
2.784
16.230
6.540 22.770 199 720 117.180 316.900
4.661
3.315
7.976
94 923
...
215.950 123.720 339.670
66.134 161.057 64.858 135.565 112.374 247.939
Fonte: elaborazione Ires su dati OCSE 2009
Come abbiamo visto nel paragrafo 1 nel periodo tra il 1945 e il 1970 sette milioni di italiani
11
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
emigrarono oltre confine, allo stesso tempo però, altri nove milioni di italiani migrarono
spostandosi dal sud al nord del paese6. Questa sovrapposizione di migrazioni internazionali e
interne è presente ancora oggi nel quadro delle mobilità che riguardano l'Italia. Sempre secondo i
dati AIRE tra il 2007 e il 2008 si sono registrate 166 mila posizioni in più, mentre dall'ultimo
rapporto Svimez 2009 sarebbero circa 300 mila le persone che ogni anno emigrano attualmente
dal sud al nord dell'Italia.
Analizzando fonti diverse dall’AIRE possiamo avere un quadro più articolato della presenza
italiana in questi tre paesi.
Secondo gli ultimi dati disponibili, il numero di italiani presenti in Francia, desumibile
incrociando varie fonti tra cui quelle internazionali dell’Ocse ed Eurostat, fonti nazionali francesi
dell’Insee7 e fonti nazionali italiane dell’Istat e dell’Aire, si attesta intorno alle 191.000 persone,
titolari di permesso di soggiorno, che corrispondono a circa il 5,6% della popolazione straniera
presente Oltralpe, quantificabile intorno ai 3 milioni di persone. A questo numero devono, però,
necessariamente essere aggiunti quegli italiani emigrati da lunga data che nel corso del tempo
hanno ottenuto la cittadinanza francese. A questo proposito, i dati mostrano come, dal 1990 al
2006, si registri una diminuzione tendenziale dell’acquisizione della cittadinanza francese da
parte di italiani, che passa rispettivamente dal 2,9% allo 0,4%.
Per quanto riguarda la Germania, Alla fine del 2000, la comunità italiana con oltre seicentomila
persone (619.000), rappresenta l’8,5% degli stranieri ed è la più consistente fra quelle provenenti
da un paese della EU. E’ composta per il 59,5% da uomini (368.000) e per il restante 40,5% da
donne (251.000). La percentuale dei nati in Germania è pari al 28,2% (ossia 174.435)8.
Il numero degli italiani in Germania continua a diminuire, infatti secondo i dati del 2003 del
dell’Ufficio Federale di Statistica, provenienti dal registro centrale degli stranieri, gli italiani
residenti in Germania scendono a 601.310. Le informazioni statistiche disponibili fanno
riferimento ai cittadini italiani, escludendo quelli con la doppia cittadinanza, ovvero sia le
seconde generazioni di italiani, sia gli italiani che hanno acquisito la cittadinanza tedesca sulla
base della legge introdotta alla fine del 20029.
Nel caso della Svizzera l’attuale emigrazione italiana in questo paese non ha più la natura di
massa che aveva avuto durante gli anni Cinquanta e sessanta. Secondo i dati svizzeri dell’ufficio
6 Antonio Mastrodonato, Il capitale umano emigrato dal Mezzogiorno al centro-nord d'Italia nel trentennio 195281, Bari, Cacusei, 1984.
7
Institut National de la Statistique et des Etudes Economiques
8
Ministero Affari Esteri, 2003
9
Haug, S., Heins, F., Italian Migrants in Germany. A statistical overview and a research bibliographical note, Studi
Emigrazione, XLII, 158, 2005, pp. 227-244
12
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
federale della migrazione negli ultimi dieci anni la popolazione italiana presente in Svizzera è
andata diminuendo progressivamente, passando da un totale di 334.594 nel 1998 ad un totale di
289.589 alla fine del 2007. Secondo l’Eurostat invece gli italiani presenti in Svizzera alla fine
del 2007, sarebbero più numerosi ovvero 291 mila.
2.2 La dimensione lavorativa
Per quel che riguarda la dimensione lavorativa la presenza italiana in Francia oggi presenta
come è immaginabile delle caratteristiche molto diverse rispetto al passato. Innanzitutto è
importante rilevare come, benché diminuita - passando dal 6,4% del 1990 al 4,9% del 2006 l’incidenza italiana sulla popolazione attiva presente in Francia non sia comunque esaurita, a
dispetto delle molte interpretazioni del fenomeno migratorio italiano visto come esperienza
ormai finita. Nel caso francese gli italiani sono
maggiormente impiegati nei settori
dell'artigianato, del commercio, nella ristorazione o come operai specializzati. Mentre quelli in
possesso di titoli di studio superiore trovano lavoro in posizioni dirigenziali o nelle professioni
intellettuali o scientifiche.
Nel caso della Germania il settore industriale è quello dove sono occupati prevalentemente sia
gli uomini che le donne italiane. Altri settori lavorativi dove gli italiani sono presenti in modo
rilevante sono quello alberghiero e della ristorazione e l'edilizia per gli uomini, e il commercio e
il settore pubblico per le donne. É inoltre importante la percentuale di italiani che ha una attività
in proprio.
Negli ultimi anni, i processi di deindustrializzazione in Germania hanno colpito anche la
comunità italiana causando la perdita di molti posti di lavoro. Secondo i dati del Bundesanstalf
für Arbeit
il tasso di occupazione del lavoro dipendente si è continuamente ridotto. Nel
dicembre del 2000 gli italiani occupati sono 203 mila, di cui circa il 70% uomini. Quasi l’80%
degli italiani lavora come operaio (165.580 persone) e il restante 20% è occupato nel settore
impiegatizio.
Il tasso di disoccupazione degli italiani in Germania è superiore a quello della popolazione
tedesca, ma più basso rispetto a quello del totale degli stranieri in Germania. Alla fine di ottobre
2002 gli italiani senza lavoro sono 41.659 (di cui 28.876 uomini e 12.783 donne), con un tasso di
disoccupazione superiore al 17%, mentre il tasso di disoccupazione fra gli stranieri in generale è
del 20,6%.
Per quanto riguarda la Svizzera un’analisi dei censimenti della popolazione rende possibile un
approfondimento sulle posizioni professionali nelle quali i giovani italiani con una età che va dai
13
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
15 ai 29 anni riescono ad inserirsi. I dati del Censimento del 2000 mostrano una prevalenza di
italiani nelle posizioni impiegatizie (41%). Abbastanza alta è anche la percentuale di giovani
italiani che lavorano in Svizzera come operai non qualificati, ovvero il 19,5% (rispetto al 18,
7% degli svizzeri). Invece relativamente ai lavori da operai qualificati, la percentuale dei giovani
italiani, il 15,1% è equivalente a quella degli svizzeri (siano essi nativi o naturalizzati). Risulta
infine molto bassa la presenza degli italiani nelle professioni liberali (0,1%), nelle posizioni di
quadro superiore (2,5%) e di quadro intermedio (13%), anche se rispetto ai dati del censimento
del 1990, è evidente un miglioramento delle posizioni socio-professionale da parte dei giovani
italiani.
2.3 Formazione e titolo di studio
Dalla disamina dei tre rapporti nazionali emerge in questi tre paesi la presenza di una migrazione
italiana complessa, formata dalle vecchie comunità, le seconde e terze generazioni di discendenti
di immigrati italiani e i nuovi flussi, che sebbene numericamente molto più contenuti,
continuano ad essere particolarmente presenti in questi tre paesi. Questi “nuovi flussi” sono in
tutti i tre casi formati da persone con diversi profili formativi e lavorali, la differenza con il
passato risiede in che sebbene i “vecchi flussi” erano composti da persone con una formazione
che nella maggior parte dei casi si fermava alla scuola media inferiore, attualmente l'emigrazione
italiana in questi tre paesi è composta in modo non trascurabile anche da persone altamente
qualificate.
Nei tre rapporti nazionali emerge infatti come in media negli ultimi anni il titolo di studio degli
immigrati italiani sia più elevato rispetto al passato, arrivando nel caso della Svizzera a una
percentuale di laureati tra gli italiani del 25%.
La distribuzione nei diversi settori lavorativi ed il livello di formazione posseduto dagli italiani
sul mercato del lavoro francese è sicuramente cambiato negli ultimi anni. Non sono più, infatti,
le persone con un basso titolo di studio ad emigrare Oltralpe, bensì soprattutto quelle con una
formazione universitaria o post-universitaria. Per fare un esempio, nel caso specifico delle donne
trasferitesi in Francia negli ultimi cinque anni precedenti al 1999, quasi la metà ha una laurea o
un dottorato, mentre coloro che si trovano a vivere in Francia da oltre 10 anni (al 1999), hanno
per l’80% al massimo una licenza media inferiore. D’altra parte, in Francia sono presenti oltre
27.000 laureati italiani. Con il 9,3% dei laureati in uscita dal nostro paese, la Francia si attesta la
prima meta europea e la quarta a livello globale.
Anche nel caso degli italiani emigrati in Svizzera negli ultimi dieci anni si è registrato un
14
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
innalzamento del titolo di studio posseduto. Dagli anni Ottanta al 2000, gli spostamenti verso la
Svizzera vedono crescere sistematicamente la quota di persone in possesso di un diploma di
scuola media superiore e della laurea. I rispettivi valori passano da 251 unità nel 1980 per i
diplomati di entrambi i sessi a 2.156 nel 2000. I laureati salgono dalle 82 unità a 647 nel 200010.
Tale trend riguarda anche le donne. Dalle 117 diplomate nel 1980 si arriva alle 919 del 2000,
mentre per le laureate si passa da 19 a 25411.
Nel caso della Germania, che sebbene registra le stesse tendenze tra i neo-arrivati degli altri due
casi, è interessante sottolineare invece
le difficoltà delle seconde generazioni di italiani
nell’inserimento scolastico. Gli italiani sono quelli che ottengono i peggiori risultati scolastici
rispetto agli altri stranieri, specialmente nella scuola secondaria superiore. Sembra che facciano
eccezione soltanto i figli degli emigrati italiani che hanno avviato una attività autonoma, i quali,
grazie ai sacrifici dei genitori, hanno continuato a studiare diventando lavoratori specializzati,
ingegneri e laureati.
Se mettiamo in relazione lo status occupazionale con i titoli di studio, possiamo osservare come
un alto titolo di studio sia, in genere, una garanzia di occupazione anche per gli italiani residenti
in questi tre paesi.
Tab. 5- Italiani residenti in Francia per status occupazionale e titolo di studio
Occupati
Disoccupati
Inattivi
Titolo di studio
Uomini
Donne
Totale
Uomini
Donne
Totale
Uomini
Donne
Totale
29.388
21.472
50.860
4.144
4.624
8.768
97.105
133.976
231.081
30.075
15.512
45.587
3.036
2.787
5.823
18.396
15.660
34.056
Laurea e post-laurea
10.092
7.147
17.239
564
795
1.359
3.777
4.997
8.774
Totale
69.555
44.131
113.686
7.744
8.206
15.950
119.278
154.633
273911
Fino licenza media
Diploma media superiore
Fonte: elaborazione Ires su dati OCSE 2009
10
Fibbi R., Italiani in Svizzera: da Tschingg a persone frequentabili, Studi Emigrazione, XLII, 160, 2005, pp. 733761
11
Todisco E., Cristaldi F., Cariani C., Tattolo G., La skilled migration al femminile: il caso delle donne italiane in
Svizzera, Studi Emigrazione, XLI, 156, 2004, pp. 831-867.
15
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tab. 6- Italiani residenti in Svizzera per status occupazionale e titolo di studio
Uomini
Titolo di
studio
donne
totale
occupati disoccup inattivi occupati disoccup inattivi occupati disoccup inattivi
Fino licenza media
Diploma media-superiore
Laurea e post-laurea
sconosciuto
totale
38.351
1.683
15.457
22.256
1.629
31.817
60.607
3.312
47.274
28.922
893
6.610
12.335
682
8.603
41.257
1.575
15.213
11.702
292
2.120
4.070
293
1.809
15.772
585
3.929
11.879
711
7.395
7.696
747
12.850
19.575
1.458
20.245
3.579
31.582 46.357
3.351
55.079
Fonte: elaborazione Ires su dati OCSE 2009
137.211
6.930
86.661
90.854
Tab. 7 Italiani residenti in Germania per status occupazionale e titolo di studio
Titolo di
studio
Fino licenza media
Diploma mediasuperiore
Laurea e post-laurea
totale
Uomini
occupati disoccup
inattivi
donne
occupati disoccup
inattivi
occupati
totale
disoccup
inattivi
77.910
18.550
33.890
36.580
5.990
45.530
114.490
24.540
79.420
52.340
7.670
11.820
21.960
0
9.770
74.300
7.670
21.590
14.770
0
0
6.810
0
0
21.580
0
0
210.370
32.210
101.010
145.020
26.220
45.710
65.350
5.990
55.300
Fonte: elaborazione Ires su dati OCSE 2009
Questa tendenza appare ancora più evidente se osserviamo come la condizione di disoccupazione
sia prevalente tra chi ha un basso titolo di studio. Analizzando inoltre la popolazione inattiva si
nota come il possesso di bassi titoli di studio sia estremamente più diffuso anche per questa
categoria.
Approfondimento: la “fuga di cervelli” e le migrazioni intellettuali12
Il fenomeno della fuga dei cervelli (brain-drain), potrebbe sembrare, in prima istanza applicabile solo ai
lavoratori specializzati o iper-specializzati che abbandonano i paesi in via di sviluppo di cui sono
originari per mettere a disposizione le proprie competenze nei paesi più sviluppati13. Questo fenomeno
invece si può estendere anche ad altre situazioni, in cui a determinare gli spostamenti sono fattori quali il
costo del lavoro e il livello d’avanzamento nel settore tecnologico-scientifico.
È evidente che siano i paesi più all’avanguardia nei nuovi settori, che oggi caratterizzano la nostra
economia, a fungere da maggiori poli catalizzatori per questo tipo di migrazioni dette “di qualità”. Le
12 A cura di Maria Concetta Ambra
13
Più in generale, la categoria della “fuga di cervelli” comprende, al proprio interno, tutte le migrazioni “di qualità”
con cui si intendono non solo le migrazioni intellettuali ma anche quelli che riguardano, ad esempio, gli
spostamenti legati a particolari abilità nel campo dello sport o dell’arte.
16
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
correnti interpretative consolidatesi nel tempo per fornire adeguate spiegazioni a questo fenomeno sono di
due tipi.
La prima (detta “nazionalista”) insiste sull’ingente perdita di risorse umane sperimentata dai paesi
cosiddetti “esportatori di cervelli”.
La seconda (detta “cosmopolita”) vede, invece, questi flussi come il modo più razionale di allocare le
risorse sul mercato e, inoltre, attraverso l’invio delle rimesse al paese di origine la ricchezza prodotta
appare superiore a quella di cui lo stesso paese di origine si è privato impiegandola nei processi formativi
di cui si è fatto carico.
Qualunque sia la teoria prescelta, non si può non intendere le migrazioni di qualità come veicolo
privilegiato per diffondere conoscenze14.
Questo tipo di conoscenze si rivelano, poi, particolarmente importanti nella nostra epoca che tende
sempre più ad una globalizzazione delle economie senza passare per il necessario tramite della
globalizzazione delle culture e delle conoscenze.
Negli anni Sessanta, gli squilibri esistenti tra i vari Stati membri erano più che evidenti, ma soprattutto
negli anni Ottanta e Novanta, si è consolidata una tendenza alla “ristrutturazione” che ha visto sempre più
incrementarsi la domanda di lavoratori qualificati a discapito di quelli manuali15.
Accanto alla “fuga di cervelli” si colloca la più generale categoria delle migrazioni intellettuali che
raccoglie al suo interno anche coloro che si spostano in un altro paese per completare al meglio la propria
formazione. Quindi, non si tratta solo di “vendere” le proprie conoscenze già precedentemente acquisite,
come nel caso della “fuga di cervelli”, ma anche di spostarsi, di solito
temporaneamente, per “acquistare quelle stesse conoscenze che, in un secondo tempo, si deciderà se
“rivendere” all’estero o nel proprio paese.
Sono ipotesi di questo tipo che danno luogo non tanto a fenomeni di brain–drain, ma piuttosto di brain–
movement, di movimenti circolari in cui le conoscenze acquisite possono essere spendibili sia in patria
che nel paese in cui la formazione è stata costruita o perfezionata (Todisco, A., 2001). In ogni caso,
quindi, prevedono o il consolidarsi di un precedente spostamento o uno spostamento per rientrare nel
proprio paese di origine o, ancora, un nuovo spostamento in un altro paese (visto che chi si è trasferito
una volta si suppone più incline a compiere nuovi spostamenti per avere ormai acquisito determinate
caratteristiche di adattabilità e attitudine al cambiamento).
14
Todisco, E. Qualche considerazione economica e demografica sulle
migrazioni internazionali, SIS–GCD, Giornate di Studio sulla Popolazione, Milano Bicocca, 20–22 febbraio
2001.
15
Francovich, L., “Le migrazioni intellettuali in Europa e in Italia” in Agenzia romana per la preparazione del
Giubileo, vol. I, 2000; Guarneri A., La recente emigrazione italiana in Europa: Francia, Regno Unito e Svizzera a
confronto, W.P. 2/01, Dicembre 2001.
17
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Le migrazioni intellettuali in generale appaiono determinate da ben precisi fattori come i legami coloniali,
la prossimità geografica, l’affinità culturale e la condivisione della lingua (Francovich, L, 2000).
Chiaramente non tutti questi fattori sono riallocabili in una dimensione prettamente europea ma alcuni di
essi (ed in particolare il problema/vantaggio della lingua) ancora oggi si pongono alla base della
realizzazione di questo fenomeno.
3 . Struttura, logiche e finalità della ricerca16
L’obiettivo di questo studio è stato di tipo esplorativo, i risultati conseguiti potranno dunque
costituire la base per successivi approfondimenti da realizzare nei territori e da identificare in
collaborazione con l’INCA.
I paesi oggetto dell’indagine sull’emigrazione sono stati la Francia, la Germania e la Svizzera,
che come è noto hanno costituito mete di immigrazione per gli italiani e, come si vedrà nelle
pagine a seguire, soggiornano in questi tre paesi circa il 40% degli italiani residenti all’estero.
Sono stati scelti in quanto paesi dove il Patronato Inca è presente ed ha già avviato da tempo la
sua attività, e sono inoltre meta privilegiata delle recenti emigrazioni italiane, ma sono al
contempo contesti di inserimento molto diversi fra loro. Sono stati prodotti dunque tre rapporti di
ricerca, uno per ciascuno dei paesi selezionati.
In ciascun Paese sono stati due gli approfondimenti realizzati: un’analisi del fenomeno
migratorio, dedicando un’attenzione specifica alla nuova emigrazione italiana e un’indagine di
campo strutturata in due parti:
La prima, la cui finalità è stata quella di analizzare sotto il profilo organizzativo le diverse
sedi dell'INCA in questi paesi, è stata realizzata attraverso una metodologia qualitativa
che si è basata sulla realizzazione di interviste a Testimoni privilegiati (vedi allegato 1).
Si è cercato quindi di mettere a fuoco tipicità e aspetti comuni delle attività svolte da tali
strutture, indagando:
la nascita di queste strutture ed i relativi processi di trasformazione intercorsi sia per la
16
La ricerca si è basata prevalentemente su una metodologia quali-quantitativa, in cui le parti realizzate sul campo
(l’analisi organizzativa e la survey) hanno costituito il fulcro e la specificità dello studio stesso. Sotto il profilo
metodologico, la ricerca si è basata su un percorso di lavoro ampiamente condiviso tra i ricercatori dell’Ires ed i
referenti dell’INCA nazionale e ci si è avvalsi della collaborazione dei dirigenti e funzionari delle sedi estere nei tre
paesi. Nostro ringraziamento va dunque a: Angelica Sorrentino (responsabile Inca Svizzera), Pino Pappagallo
(responsabile Inca Germania), Mark Ousuf (responsabile Inca Francia).
18
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
spinta dei nuovi bisogni che per le indicazioni promosse in sede nazionale e/o locale;
le loro modalità di funzionamento a livello organizzativo e gestionale;
la tipologia di servizi forniti.
la tipologia degli utenti che si rivolgono a tali strutture, sul versante sia delle
caratteristiche socio-anagrafiche, che dei bisogni espressi;
la rete territoriale a cui partecipano a vario titolo le strutture dell’INCA, con
l’identificazione delle diverse funzioni e ruoli dei vari soggetti pubblici e non.
La seconda parte, di cui nei paragrafi che seguono si riportano i principali risultati, è stata
realizzata attraverso su una survey quantitativa sulle comunità italiane presenti in questi
tre paesi. La survey è stata realizzata attraverso la somministrazione di un questionario
strutturato a italiani residenti o domiciliate in questi tre paesi. La tecnica di
somministrazione è stata quella cosiddetta “a valanga”17, non essendo possibile né un
campionamento casuale né tanto meno uno di tipo stratificato, a causa dell’estrema
variabilità ed indeterminatezza dell’universo di riferimento. Si è comunque cercato di
mantenere - nella scelta delle persone a cui sottoporre il questionario - una
rappresentatività delle caratteristiche note della popolazione italiana residente
temporaneamente o permanentemente in Francia, Germania e Svizzera. Il questionario
(vedi allegato 2) si compone di 6 parti:
informazioni e dati socio-anagrafici;
famiglia e situazione abitativa e lavorativa;
il rapporto con le strutture INCA ed i bisogni;
i rapporti con il territorio;
Mass-Media.
In questo paragrafo vengono riportati principali risultati emersi dalla survey realizzata in
Francia, Germania e Svizzera.
3.1 Caratteristiche socio-anagrafiche e percorsi migratori
Per quanto riguarda i campioni francese e tedesco la presenza delle donne è leggermente
17
Il campionamento “a valanga” consiste nel selezionare casualmente un numero n di unità di partenza, a cui viene chiesto di indicare
altre n1 unità appartenenti alla stessa popolazione, e così via fino al raggiungimento del numero prefissato di casi. Il
campionamento si dice a valanga perchè ad ogni stadio il campione coinvolge nuove unità. La scelta casuale della prima (o prime)
unità, e le scelte casuali tra le successive unità indicate fanno di questo sistema di campionamento il più affidabile tra quelli “nonprobabilistici”.
19
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
superiore a quella degli uomini, queste sono il 54% per quanto riguarda la Francia e il 51% nel
caso de la Germania. Il gruppo di intervistati svizzero invece è composto per il 66% da uomini e
per il 34% da donne.
Nel caso della Francia circa l’82% degli intervistati ha meno di 45 anni, mentre in Germania il
gruppo è equamente diviso tra chi ha meno di 45 anni e chi ne han di più. Nel gruppo
intervistato in Svizzera invece la classe di età più numerosa (43%) è quella che va dai 40 ai 64
anni.
Figura 1 - La composizione dei campioni per motivo dell’emigrazione
100%
90%
80%
70%
altro
seguire la famiglia
studio
lavoro
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Francia
Germania
Svizzera
Fonte: indagine Ires 2009
Come in passato, il lavoro rimane ancora la ragione preponderante che spinge gli italiani ad
intraprendere un processo migratorio (48% in Francia e oltre il 70% in Germania e Svizzera).
È
comunque rilevante in tutti tre i casi il numero di persone che emigra per motivi di
ricongiungimento familiare (6% in Francia e Svizzera, e l’11% in Germania). È importante
sottolineare come nel caso francese sia significativa la quota di intervistati che è recata in questo
paese per motivo di studio.
La condizione abitativa delle persone che compongono i tre campioni è centrata essenzialmente
tra il vivere soli (31% per la Francia, 27% per la Germania e 22% per la Svizzera) e il vivere
con il coniuge/convivente, con o senza figli (53% per la Francia, 61% per la Germania e 62%
20
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
per la Svizzera). Inoltre, più della metà degli intervistati in Francia e Germania vive in una
casa in affitto, mentre questa percentuale raggiunge il più del 70% per quanto riguarda gli italiani
intervistati in Svizzera.
3.2 Il lavoro
Molto interessante per comprendere il fenomeno della recente emigrazione è analizzare nel
dettaglio la condizione lavorativa delle persone intervistate, sia quella che hanno lasciato in Italia
che quella che vivono attualmente in Francia, Germania e Svizzera.
Figura 2 - Confronto situazione lavorativa in Italia e in Francia (esclusi i pensionati) dati in
%
altro*
casalinga
studente
disoccupato
Francia
Italia
senza contratto
tempo determinato
tempo indeterminato
0
5
10
15
20
25
30
Fonte: indagine Ires 2009
21
35
40
45
50
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 3 - Confronto situazione lavorativa in Italia e in Germania (esclusi i pensionati) dati
in %
altro*
casalinga
studente
disoccupato
Germania
Italia
senza contratto
tempo determinato
tempo indeterminato
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Fonte: indagine Ires 2009
Figura 4 - Confronto situazione lavorativa in Italia e in Svizzera (esclusi i pensionati) dati
%
altro*
casalinga
studente
disoccupato
Italia
Svizzera
senza contratto
tempo determinato
tempo indeterminato
0
5
10
15
20
25
30
35
Fonte: indagine Ires 2009
22
40
45
50
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
In linea generale si desume che la quasi totalità degli intervistati ha migliorato attraverso
l'emigrazione la sua situazione lavorativa. Coloro i quali si trovavano già in una situazione
stabile, l’hanno mantenuta se si escludono dei casi sporadici.
Questa tendenza è particolarmente interessante nel caso delle donne residenti in Germania. Con
l’arrivo in questo paese é migliorata notevolmente la loro situazione lavorativa dal punto di vista
contrattuale, con una percentuale di contratti a tempo indeterminato che passa da un 8% in Italia
a un 50% in Germania. È importante sottolineare che il numero delle persone che in Italia
lavorava senza contratto diminuisce sostanzialmente tra coloro che oggi lavorano in Francia e
Svizzera, e sparisce completamente nel caso di coloro che lavorano in Germania.
Nel caso della Francia le professioni svolte sono in genere di medio-alto livello. L’8% del totale
è occupato come dirigente in settori sia pubblici che privati. La maggior parte del gruppo di
intervistati, il 41% ricopre il ruolo di impiegato sia nel pubblico che nel privato; l’11% degli
italiani interpellati è occupato come insegnante, mentre un 16% è impiegato come professore o
ricercatore universitario. Inoltre, il 16% ha una attività in proprio.
Per quanto riguarda la Germania il 19% svolge lavori altamente qualificati, l’11% svolge un
lavoro autonomo, il 10% lavora nella ristorazione. Da sottolineare un 32% di pensionati a
testimonianza di una emigrazione di più “vecchia data” che caratterizza il gruppo tedesco.
Tra gli intervistati in Svizzera invece, il 20% lavora come impiegato nel settore pubblico o
privato , il 9% è operaio
e l’11% svolge un’attività in proprio (di tipo imprenditoriale,
commerciale o legata alla ristorazione).
3.3 I rapporti con i contesti d’origine e di accoglienza
La lunga durata del fenomeno migratorio italiano ha sicuramente facilitato l’integrazione degli
italiani sia in Francia che in Germania e in Svizzera. I seguenti dati ci mostrano come la
comunità italiana all’interno della quale è stata condotta l’inchiesta non è chiusa in sé stessa, ma
frequenta sia altri italiani (34% per la Francia, 56% per la Germania e 45% per la Svizzera) sia
francesi, tedeschi e svizzeri (43% per la Francia, 29% per la Germania e 30% per la Svizzera)
che persone di altri paesi (22% per la Francia e 6% per la Germania).
Osserviamo tuttavia che la tendenza a frequentare persone originarie del paese ospite è più bassa
23
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
tra gli italiani residenti in Germania. Sollecitati su questo gli intervistati hanno adotto
motivazioni legate alla “profonda diversità culturale”, “degli stili di vita” e “del modo di
pensare” che dividono italiani e tedeschi.
Figura 5 - Quante volte l’anno torna in Italia
più di due
due volte
Francia
Germania
Svizzera
una volta
meno di una
mai
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Fonte: indagine Ires 2009
La grande mobilità della nuova emigrazione è confermata dai risultati della nostra survey
condotta. Per quanto riguarda la Francia la metà degli intervistati torna in Italia più di due volte
all’anno, e il 33% due volte l’anno. Nel caso della Germania il 23% torna più di due volte
l’anno, il 19% due volte l’anno e il 37% una volta l’anno. Per quanto riguarda gli intervistati in
Svizzera il 33% torna in Italia più di due volte l'anno e il 45% lo fa una o due volte l'anno.
Rispetto alla partecipazione al mondo associativo, questa è piuttosto attiva nel caso della
Francia dove la metà degli intervistati frequenta qualche associazione. In genere si tratta di
associazioni culturali (48%), sportive (24%) o di stampo politico (22%).
Per quanto riguarda gli italiani intervistati in Germania l’80% non frequenta nessuna
associazione. Il restante 20% frequenta associazioni di italiani all’estero (50%) o sportive (40%).
Tra gli italiani che attualmente vivono in Svizzera il 63% frequenta un’associazione. Tra le più
frequentate troviamo quelle degli italiani all’estero (50%) e quelle culturali (32%), e con
percentuali minori anche quelle politiche (18%) e quelle di quartiere (14%).
24
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 6 - Interesse verso la vita politica francese e italiana (dati in %)
si, in modo attivo
si, attraverso i media
non interessato
0
10
20
30
40
francese
50
60
70
80
90
italiana
Fonte: indagine Ires 2009
Per entrambe le comunità, la partecipazione alla vita politica tanto italiana come francese
avviene soprattutto attraverso i mezzi di informazione ed è solo una piccola percentuale quella
che si impegna in modo attivo.
Figura 7 - Interesse verso la vita politica tedesca e italiana (dati in %)
si, in modo attivo
si, attraverso i media
non interessato
0
10
20
30
tedesca
italiana
Fonte: indagine Ires 2009
25
40
50
60
70
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 8 - Interesse verso la vita politica svizzera e italiana (dati in %)
si, in modo attivo
si, attraverso i media
non interessato
0
10
20
svizzera
30
40
50
60
italiana
Fonte: indagine Ires 2009
È interessante notare come tra gli intervistati in Francia sia più seguita, anche se di poco, la
politica francese, mentre gli intervistati in Germania seguono in maniera significativa di più la
politica italiana. Nel caso della Svizzera invece, si registra un impegno attivo maggiore per
quanto riguarda la vita politica svizzera, mentre tra quelli che si interessano solo attraverso i
media l'attenzione è più spostata verso quella italiana.
Va inoltre detto che nei casi francese e tedesco solamente una percentuale molto bassa dei due
campioni è iscritta al sindacato, si tratta del 12% per quanto riguarda la Francia e del 8% nel
caso della Germania. Chi non è iscritto motiva la sua scelta con un generico “non ci ho mai
pensato” (42% per la Francia e 48% per la Germania), oppure “non si sente rappresentato”
(20% in Francia) o non vede l’utilità della sua iscrizione (20% in Germania).
Tra gli italiani intervistati in Svizzera invece il 40% afferma di essere iscritto al sindacato, e più
concretamente il 30% è attualmente iscritto all’Unia, il più forte sindacato Svizzero.
Infine, agli intervistati è stato chiesto di esprimere la propria opinione riguardo alla loro
percezione di come sono rappresentati più frequentemente gli italiani nella società francese e
tedesca rispettivamente, indagando vari aspetti relativi all’integrazione, la dedizione al lavoro, la
democraticità, l’onestà, l’affidabilità, il livello culturale.
Gli indicatori dove gli intervistati percepiscono una rappresentazione migliore degli italiani
26
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
riguardano nel caso della Francia l’integrazione, la bellezza e la cultura. Mentre un’immagine
più negativa si ha rispetto all’affidabilità, alla moderazione , alla democraticità e all’onestà. Per
quanto riguarda la Germania gli indicatori positivi riguardano bellezza, pulizia e democraticità,
mentre quelli dove si percepisce una maggiore criticità sono onestà, la moderazione e
l’affidabilità. La percezione degli intervistati che attualmente vivo in Svizzera sulla
rappresentazione degli emigrati italiani spazia da una visione positiva o molto positiva che gli
vede come integrati ( per il 70% molto e per il 18% abbastanza)e buoni lavoratori (per il 69%
molto e per il 16% abbastanza), mentre dal punto di vista negativo il 39% ritiene che gli italiani
vengano visti come fanatici, il 30% come ignoranti e il 27% come non democratici.
3.3.1 I rapporti con le strutture INCA
Anche per quanto riguarda la conoscenza del patronato abbiamo tre situazioni molto diverse. Nel
caso della Francia l’INCA è nota al 25% degli intervistati, nel caso della Germania il 66%
degli intervistati conosce questo patronato, mentre tra gli emigrati in Svizzera Il 79% dichiara di
conoscere l'INCA.
Tra gli intervistati in Francia che hanno risposto di conoscere l’INCA, il 19% si e poi
effettivamente rivolto alle sue strutture. Per quanto riguarda gli intervistati in Germania il 40%
hanno usufruito di un qualche servizio tra quelli offerti dal patronato. Nel caso della Svizzera
quasi il 60% degli italiani intervistati almeno una volta si è rivolto all’Inca.
Tra questi italiani, la maggioranza in tutti e tre i paesi ha conosciuto il patronato attraverso amici
e parenti (50% in Francia, oltre il 60% in Germania e il 49% in Svizzera); oppure attraverso la
CGIL (31% in Francia, poco più del 20% in Germania e il 18% in Svizzera).
27
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
CAPITOLO 1
IL CASO DELLA FRANCIA
Parte Prima – Lo scenario: l’emigrazione italiana in Francia
1.1 Introduzione
Il fenomeno migratorio italiano è distinto, secondo studiosi come Pugliese (2006) ed altri
(Bevilacqua et al. 2002) che si sono occupati di ricostruirlo in modo approfondito nella sua
complessità, in due diverse fasi: la “Grande Emigrazione”, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del
Novecento verso i paesi di oltreoceano, Sud America e Stati Uniti in particolare, e quella del
secondo dopoguerra verso i paesi europei, soprattutto Francia, Svizzera, Germania ed Inghilterra.
L’ampia letteratura disponibile sull’emigrazione italiana in Francia si concentra soprattutto
nell’analisi del periodo precedente la prima guerra mondiale e quello tra le due guerre, come i
lavori ormai classici di Pierre Milza Les Italiens en France de 1914 à 1940 (1986), ed il
successivo Voyage en Ritalie (1993), in cui lo storico francese di origini Rital18 affronta tre temi
principali: la presenza degli Italiani nella società e nel sistema economico e produttivo francese,
l’emigrazione politica tanto fascista quanto antifascista e la specificità dei diversi contesti
regionali francesi, soprattutto quelli della Lorena, del Sud-Est e dei grandi agglomerati urbani
come l’area dell’Ile de France. Sul versante delle pubblicazioni in lingua italiana su questo tema,
tra i saggi più significativi che affrontano la questione in termini generali è opportuno ricordare
L’emigrazione italiana in Francia prima del 1914 a cura di Rudoselle e Serra (1978), che
raccoglie atti di due convegni tenutisi nel Sud della Francia, e Gli italiani nella Francia del sud e
in Corsica (1860-1980) curato da Temime e Vertone (1988). Anche questo testo è frutto di un
convegno svolto presso l’EHESS di Marsiglia e in cui sono affrontati, nel quadro generale della
secolare emigrazione italiana verso la Francia, gli aspetti delle specificità regionali di
provenienza nel fenomeno migratorio, quelli legati all’emigrazione “politica”, e a quelli relativi
il ruolo svolto dalle missioni cattoliche e dalle centrali sindacali e politiche nel processo di
18 Con il termine Rital venivano indicati, spesso in termini dispregiativi, gli italiani o gli immigrati di origine
italiana in Francia.
28
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
integrazione. Argomento, quest’ultimo, articolato in modo interessante ed originale anche nel
contributo alla rivista Esprit da parte di Bonnet, Santini e Barthelemy (1966).
A questi testi si aggiungono le numerose pubblicazioni su riviste scientifiche specializzate in
questi temi, come AltreItalie (Avenas 1998, Corti 2003, Violle 2003) e soprattutto Studi
Emigrazione. Questa rivista, edita sin dal 1963 dal Centro Studi Emigrazione a Roma19, ha
pubblicato numerosi articoli sull’emigrazione italiana in Francia, rispetto alle sue caratteristiche
di mobilità (de Wenden 1985), all’influenza delle relazioni diplomatiche tra Italia e Francia nel
corso dell’Ottocento (Sori 1989), alle rappresentazioni degli italiani sulla stampa francese
(Palidda 2005), ed ha anche dedicato a questo tema un numero monografico, Gli Italiani in
Francia dopo il 1945, curato da Blanc-Chaléard e Bechelloni (2002). L’interesse per
l’emigrazione italiana nel periodo del dopoguerra è divenuto oggetto di riflessione e studio solo
nel corso degli ultimi due decenni, anche grazie al lavoro svolto dal CEDEI – Centre d’Etudes et
Documentation sur l’Emigration Italienne – nato nel 1983 a Parigi è da allora impegnato
nell’organizzazione di numerosi convegni20 sul tema dell’emigrazione italiana in Francia in
un’ottica di “lunga durata” (Blanc-Chaléard, Bechelloni 2002), considerando cioè le ondate
migratorie successive a quelle del periodo tra le due guerre dove tradizionalmente si
interrompeva l’interesse di studio. Convegni i cui contenuti avranno seguito nella pubblicazione
degli atti, come è il caso dei saggi L'intégration italienne en France curato da Bechelloni,
Dreyfus e Milza (1995), in cui si analizza la presenza degli italiani in Francia nell’arco degli
ultimi due secoli, e Les Italiens en France depuis 1945, curato da Blanc-Chaléard (2003) nel
quale viene invece data maggiore enfasi alle migrazioni italiane più recenti.
19 Il CSER è federato con altri Centri Studi per le Migrazioni come il CIEMI a Parigi, direttamente legati ai frati
scalabriniani, da sempre impegnati nella raccolta di documenti e testimonianze relativi ai movimenti migratori.
20 Oltre ai convegni ed i seminari, il CEDEI cura anche la pubblicazione di una rivista, La Trace, sul tema
dell’emigrazione e l’integrazione degli italiani in Francia
29
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.2 L’emigrazione italiana in Francia. Cenni storici di un fenomeno di lunga durata.
Gli italiani hanno costituito, fino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, il gruppo
nazionale più consistente presente sul territorio francese. L’emigrazione italiana verso la Francia
ha conosciuto varie fasi, ed ha raggiunto il suo apice nel periodo del secondo dopoguerra.
Successivamente, i fattori di attrazione (pull factor) – lo sviluppo industriale francese dei “Trenta
Gloriosi”21 e la conseguente richiesta di forza lavoro non qualificata – e quelli di spinta (push
factor) – la mancata industrializzazione del nostro paese, il sottosviluppo del Mezzogiorno – si
riducono per vari motivi, portando così ad un ridimensionamento dell’emigrazione italiana verso
la Francia ed i paesi europei nel loro insieme.
Prima di concentrarsi sulla più recente emigrazione italiana in Francia, quella degli ultimi venti
anni, è opportuno ricostruire da un punto di vista storico il fenomeno migratorio italiano verso
questo paese partendo dal momento in cui, con il censimento del 1851, i francesi cominciano a
rilevare gli stranieri presenti sul loro territorio (Corti 2003). Ciò non toglie che - come rileva
Milza (2003) - la presenza italiana in Francia abbia radici più antiche, e che già nel corso del XV
secolo artigiani ed artisti italiani popolavano le corti francesi, per poi cedere il passo nei secoli
successivi (XVII-XIX) a teatranti, giocolieri, musicisti e a tutto il variegato mondo dei mestieri
itineranti di strada che contribuiranno a determinare lo stereotipo dell’italiano “imbonitore”
caratteristico di quell’epoca22.
E’ possibile distinguere – basandosi sulla letteratura e le ricerche disponibili - 3 diverse fasi
dell’emigrazione italiana in Francia.
1.2.1
L’immigrazione libera
Così Blanc-Chaléard (2002) definisce il periodo di “assenza di politica” volta a regolamentare
l’emigrazione italiana di massa in Francia, che inizia con l’istituzione dello Stato moderno
(1870), dando continuità ad una già presente emigrazione di vicinato e transfrontaliera da parte
delle regioni del Nord Italia verso le zone della Savoia e della bassa Provenza (Corti 2003). A
queste migrazioni stagionali di agricoltori e taglialegna, di girovaghi e musicisti ambulanti, si
aggiungono quelle richiamate dalla “seconda rivoluzione industriale” e dalla conseguente
21 “Les Trentes Glourieus” sono gli anni in cui, dal 1946 alla crisi petrolifera del 1973, la Francia conosce un
periodo di ininterrotto sviluppo economico e industrializzazione fordista.
22
Stereotipo, quest’ultimo, non ancora carico dei tratti xenofobi e dispregiativi, che invece emergono dal
romanzo del 1907 ambientato a Marsiglia L’Invasion, di Louis Bertrand, in cui gli italiani sono definiti
“accoltellatori e “ubriaconi”.
30
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
necessità di manodopera (Sori 1989), che portano Italia e Francia a siglare nel 1901 un primo
accordo su questa questione. L’accordo era volto a garantire una parità di trattamento tra
lavoratori italiani e francesi, in seguito ai numerosi episodi – anche tragici23 – di razzismo nei
confronti degli italiani, perlopiù contadini, che si riversano sul mercato del lavoro soprattutto nei
settori delle costruzioni, dell’industria e dell’estrazione mineraria. Questo tipo di emigrazione è
però ancora spontanea e organizzata su catene migratorie di richiamo, spesso legate allo stesso
villaggio di origine. Pur con qualche lieve rallentamento, dovuto soprattutto alle altalenanti
relazioni diplomatiche tra i governi dei due paesi (Duroselle e Serra 1978), la presenza italiana
Oltralpe registra un costante aumento. Nel 1876 gli italiani in Francia sono 163.000, nel 1881
sono 240.000, nel 1901 superano i 330.000, per arrivare ad essere, a partire dal 1911 e fino al
1962, il primo gruppo di stranieri. La Tabella 1 mostra in modo chiaro l’andamento crescente
delle presenze italiane sul territorio francese a partire dall’inizio del secolo scorso, sicuramente il
più studiato dell’emigrazione italiana oltralpe (Corti 2003).
Tabella 1 – Italiani residenti in Francia 1901-1999
Anni
1901
Maschi
193.178
Femmine
137.287
Totale
330.465
Anni
1946
Maschi
247.247
Femmine
203.517
Totale
450.764
1906
214.052
163.586
377.638
1962
267.680
277.000
664.680
1911
237.020
182.214
419.234
1968
327.160
258.720
585.880
1921
256.193
194.767
450.960
1975
201.900
260.700
462.600
1926
437.032
323.084
760.116
1982
192.996
147.312
340.306
1931
485.958
322.080
808.038
1990
144.727
108.032
252.759
1936
405.159
315.767
720.926
1999
114.399
87.271
201.670
Fonte: Rapporto Migrantes, 2008.
1.2.2
Il Primo dopoguerra
Nel corso del ventennio successivo la Prima Guerra Mondiale il flusso migratorio italiano verso
la Francia tocca il suo apice, arrivando ad assorbire tre quarti del flusso totale di emigrazione dal
nostro paese. Come riportano Bechelloni e Blanc-Chaléard (2002), nel 1931 gli italiani emigrati
ufficialmente recensiti, esclusi quindi i naturalizzati francesi ed i clandestini, superavano le
800.000 unità.
La portata così rilevante di questo flusso è determinata da vari fattori. Fattori di natura politica,
come gli accordi bilaterali tra i due paesi nell’immediato dopoguerra per la regolamentazione
23 Il 17 Agosto 1893 ad Aigues-Mortes, nella zona della Camargue-Languedoc, nove lavoratori italiani furono
uccisi, linciati da una folla di operai francesi. La tragedia, alimentata dal sentimento xenofobo nei confronti degli
Italiani, fu il frutto della concorrenza conflittuale tra manodopera locale ed immigrata per la raccolta del sale
nelle rinomate saline della zona (Milza 1993).
31
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
dello scambio di manodopera (Bevilacqua et al 2002), attraverso contratti e permessi di lavoro
(Blanc-Chaléard 2002); di natura demografica, date le consistenti perdite francesi nello scontro
bellico (circa due milioni di uomini), in opposizione al saldo positivo dell’Italia che, pur se
colpita da gravi perdite, registrava un aumento demografico dovuto alla crescita naturale della
popolazione (Corti 2003); di natura economica, data la necessità, da parte della Francia, di far
ripartire un’economia devastata dal conflitto mondiale.
Oltretutto, l’emigrazione italiana tra le due guerre è determinata anche dalla componente
antifascista, che ha trovato in Francia un rifugio alle persecuzioni fasciste, nonostante il blocco
all’emigrazione imposto da Mussolini nel 1927 (Blanc-Chaléard 2002). Nel già citato studio
degli anni Sessanta sulla relazione tra appartenenza politica e orientamento religioso nella zona
siderurgica della Lorena, regione in cui la comunità immigrata proveniente dall’Italia è
storicamente stata la più consistente24, Bonnet, Santini e Barthelemy (1966) evidenziano in
modo chiaro l’aspetto dell’emigrazione politica25. Nonostante questa ultima sia stata una piccola
minoranza rispetto a quella economica, ha avuto una influenza importante nella comunità
operaia italiana e non nella zona della Lorena, tanto da creare in alcuni casi delle tensioni
all’interno del PCF (Partito Comunista Francese) tra militanti francesi ed italiani. Questi ultimi
erano infatti accusati di essere più preoccupati ad alimentare tra gli altri italiani la propaganda
antifascista all’interno delle fabbriche piuttosto che l’azione politica e sindacale di classe.
1.2.3
Il Secondo dopoguerra
La fine della Seconda Guerra Mondiale corrisponde ad una enorme necessità da parte della
Francia di forza lavoro per la ricostruzione del paese. Per fare questo, ed evitare un afflusso di
manodopera immigrata tale da creare problemi con quella locale, si istituisce l’ONI – Office
National d’Immigration – con il compito di organizzare e dirigere i flussi migratori sia su base
territoriale che rispetto alle competenze, indirizzandoli nelle zone e nei settori dove maggiore era
la domanda di manodopera. L’emigrato italiano, investito da stereotipi e discriminazioni nei
periodi precedenti, comincia a divenire “desiderabile” e assimilabile, soprattutto se proveniente
24 La circoscrizione di Briey, in Lorena, conta già da prima del 1914 più stranieri che francesi. Gli italiani sono
46.000 su 70.000 stranieri. Dopo la prima guerra mondiale, l’afflusso di immigrati italiani è ancora più
consistente. Nel 1930, su una popolazione totale di 166.000 persone, 72.000 sono stranieri. E di questi, 42.000
italiani, 18.000 polacchi e 4.500 belgi. Anche dopo la seconda guerra mondiale, quando la zona avrà una
disperata necessità di manodopera da impiegare nelle miniere e nella siderurgia, gli italiani saranno il gruppo
straniero più numeroso (Bonnet, Santini e Barthelemy 1966).
25 Tra il 1934 ed il 1937 il numero degli immigrati italiani sindacalizzati passa da 25.000 a oltre 200.000.
32
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
dalle zone del Nord Italia piuttosto che da quelle del Sud26, come mostrato da Alexis Spire nel
suo saggio Un régime dérogatoire pour une immigration convoitée, in Blanc-Chaléard e
Bechelloni (2002): le prime ricerche dell’INED – Institut National d’Etudes Démographiques sulla popolazione immigrata dimostrano come fosse data priorità all’entrata in territorio francese
dei parenti e degli amici di italiani già stabiliti in Francia e provenienti dalle regioni del Nord
Italia. La convergenza di fattori politici, economici, demografici e sociali porta l’Italia e la
Francia a siglare a Roma, nel marzo 1947, una convenzione bilaterale che instaura un regime
derogatorio, favorendo la manodopera italiana sul mercato del lavoro francese. Preferenza che
non è solo formale, ma sottolineata dalle richieste delle fabbriche e del settore industriale in
genere, preoccupate di dover ricorrere, nel caso di una carenza di manodopera, agli stigmatizzati
e poco desiderati lavoratori algerini. Da un punto di vista statistico, lo stesso Spire (2002) mostra
che questa preferenza si ritrova chiaramente nelle offerte lavorative per nazionalità presentate
all’ONI da aziende e fabbriche francesi e che, per quanto riguarda gli italiani, riguardano il 68%
nel 1947 ed il 75% nel 1952 del totale delle offerte. Anche l’emigrazione femminile e i
ricongiungimenti familiari sono incentivati, ma nonostante questo, il numero di italiani che si
spostano Oltralpe scende sistematicamente dopo il 1962 (cfr. Tab. 1), anno in cui gli italiani non
sono più il gruppo nazionale più numeroso, a favore di spagnoli e portoghesi. All’inizio degli
anni ’70, il numero di espatri è minore rispetto a quello dei rientri, sancendo la fine di un
processo migratorio secolare. Diversi fattori, come le naturalizzazioni, i rimpatri, la riduzione
degli arrivi, comportano una riduzione del numero degli italiani: nel 1999, data dell’ultimo
censimento disponibile27 la presenza italiana in Francia si attesta infatti intorno a poco più delle
200.000 unità.
1.2.4
La diversificazione del lavoro italiano in Francia
Blanc-Chaléard (2002) e Pugliese (2006) evidenziano come i fattori di attrazione del mercato del
lavoro e la sistematica necessità di forza lavoro dei paesi europei, la Francia come anche la
Svizzera e la Germania (altre due mete classiche dell’emigrazione italiana nel continente)
abbiano giocato un ruolo determinante nella definizione dei flussi migratori in partenza dal
26 Il tema dell’emigrazione dal Sud Italia – in particolare la Sicilia – verso la Francia è affrontato nel film di Pietro
Germi del 1950 Il cammino della speranza, tratto dal romanzo Cuori negli abissi di Nino Di Maria. Il film, che
avrebbe potuto essere il Paisà (masterpiece del neorealismo italiano girato nel 1946 da Rossellini) della
disoccupazione del dopoguerra nel Sud ma che invece assume tratti melodrammatici più che neorealisti, narra
del viaggio di un gruppo di siciliani licenziati dalle zolfatare che, attraverso appunto un cammino della speranza,
arrivano in Francia clandestinamente.
27 Il censimento del 2009 si sta realizzando proprio nel momento in cui si scrive.
33
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
nostro paese.
Per quanto riguarda la Francia, Blanc-Chaléard (2002) sottolinea la “grande obliquità del lavoro
italiano” (p160). Nell’agricoltura, nel periodo tra le due guerre numerose famiglie del Nord
Italia, soprattutto provenienti dal Friuli e dal Veneto, contribuiscono alla rinascita del settore
agricolo locale nelle zone del Sud Ovest e del Sud Est della Francia, spopolate a causa della
guerra. Nell’industria, gli uomini italiani trovano impiego, spesso non qualificato e mal pagato,
sia in quei settori che assorbono gran parte della manodopera immigrata, come le miniere nel
Nord, le fabbriche siderurgiche della Lorena e quelle chimiche della zona di Lione, sia nella
costruzione di opere pubbliche come strade e ferrovie, sia nell’artigianato urbano. Le donne,
invece, saranno impiegate soprattutto nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, nel
settore tessile e in quello dei lavori domiciliari.
E’ possibile ritrovare, tra i nostri emigrati in Francia, le stesse dinamiche che investono gran
parte degli stranieri presenti sul mercato del lavoro oggi nel nostro paese: richiesta di
manodopera poco qualificata e a basso costo, da utilizzare nelle mansioni più dure e pericolose.
D’altro canto però, così come accade tra gli immigrati attualmente presenti in Italia, si registra
una specializzazione in alcuni settori industriali da parte dei lavoratori italiani in Francia. Ciò
avviene ad esempio nel settore delle costruzioni, dove le piccole imprese italiane arrivano ad
essere circa il 20% nel corso degli anni 50. Non solo, le piccole attività condotte da italiani si
differenziano anche nei settori più diversi, dal già citato artigiano, alla ristorazione, alle piccole
attività commerciali, rendendosi molto importanti per il tessuto industriale francese, come nel
caso della ricostruzione in Normandia nel secondo dopoguerra (Blanc-Chaléard 2002). D’altra
parte, lo sviluppo di ethnic business (Wieviorka 2002), cioè di attività economiche connotate da
un punto di vista etnico, così come la partecipazione all’economia generale del paese ospitante
da parte di immigrati attraverso la mediazione delle comunità di riferimento, non è mai stato un
ostacolo all’integrazione, come peraltro dimostrato dagli studi classici della Sociologia,
soprattutto quelli riconducibili alla Scuola di Chicago ed in particolare la ricerca di Thomas e
Znaniecki sui contadini polacchi28.
1.3 La recente emigrazione italiana in Francia
1.3.1
Le fonti utilizzate
Come spesso accade, lo studio delle migrazioni presenta da un punto di vista statistico una
28 Cfr. Thomas, W.; Znaniecki, F., 1968, Il contadino polacco in Europa e in America, Edizioni Comunità: Milano.
34
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
complessità derivante dalla disomogeneità e dalla diversa provenienza delle fonti utilizzate.
Come sostenuto da Guarnieri (2001), le fonti principali a cui riferirsi per uno studio quantitativo
del fenomeno migratorio sono i registri di popolazione, quelli relativi ai permessi di soggiorno e
di residenza, i censimenti, le indagini sul mercato del lavoro.
In questo caso, sono state utilizzate soprattutto le seguenti fonti:
a) fonti internazionali: Eurostat; OCSE - Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico. Tanto nel caso dell’Eurostat che in quello dell’Ocse ci si è riferiti al Database
delle Migration and Population Statistics, entrambi attenti ad evidenziare aspetti sociodemografici legati all’età, al titolo di studio ed al genere, ma con sistemi di classificazione
differenti e riferimenti statistici non armonizzati.
b) fonti nazionali francesi: INSEE – Institut national de la Statistique et des Etudes
Economiques; Ministère de l’Intérieur. L’Insee è l’Istituto che si occupa delle rilevazioni
censuarie, e la Francia, non possedendo come l’Italia Registri di Popolazione, ha nel
censimento una delle uniche fonti di rilevazione delle migrazioni all’interno dei propri
confini nazionali.
c) fonti nazionali italiane: Istat; AIRE – Anagrafe Italiani Residenti all’Estero. L’Aire è gestita
dal Ministero dell’Interno italiano e contiene i dati di tutti i cittadini italiani che hanno
spostato la propria residenza in un paese straniero, di coloro che sono nati fuori dai confini
nazionali, e di quanti hanno acquisito la cittadinanza italiana pur rimanendo in un altro
paese. Essendo la registrazione su base volontaria da parte dei cittadini che si trasferiscono,
l’affidabilità dei dati dell’Aire riduce la sua portata in quanto spesso, soprattutto per
permanenze di breve periodo o in caso di una grande mobilità tra il paese di destinazione e
l’Italia, questa registrazione non viene effettuata.
A complicare, se possibile, ulteriormente le cose, si aggiunge la distinzione operata dalla Francia
tra stranieri ed immigrati (Insee 2005).
La popolazione straniera è definita in base al solo criterio di nazionalità: è straniero colui il
quale è su territorio francese ma non ha la nazionalità francese. Nel caso in cui decidesse di
acquisire la nazionalità francese, non sarebbe più considerato straniero. I figli nati in Francia da
genitori stranieri sono stranieri anch’essi, acquisendo automaticamente la nazionalità francese al
conseguimento della maggiore età, avendo però obbligatoriamente la residenza in Francia – a
meno che non declinino volontariamente e per dichiarazione questo privilegio.
La popolazione immigrata è invece definita – dall’Alto Consiglio per l’Integrazione nel 2001 - in
35
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
funzione del doppio criterio di nazionalità e luogo di nascita. E’ immigrato colui il quale risiede
in Francia, ed è nato straniero in un paese straniero. Quest’ultima, a differenza della nazionalità,
è una caratteristica invariabile, in quanto una persona continuerà ad essere immigrata anche nel
caso cambiasse la sua nazionalità.
Grafico 1 – Stranieri e immigrati in Francia nel 1999
Non tutti gli stranieri sono necessariamente immigrati: alcuni di essi, infatti, possono essere nati
in Francia. D’altra parte, non tutti gli immigrati sono necessariamente stranieri, in quanto
potrebbero aver acquisito nel corso della loro vita la nazionalità francese. Il grafico 1 e la tabella
2 possono aiutare a capire quanto detto finora.
Tabella 2 – Popolazione francese per nazionalità e luogo di nascita, 1999
Nazionalità
Totale
In Francia
All’estero
52.650
5.870
58.520
51.340
1.560
52.900
Francesi per acquisizione
800
1.560
2.360
Stranieri
510
2.750
3.260
Totale
di cui:
Luogo di nascita
Cifre in migliaia
Francesi di nascita
Immigrati 4.310
Fonte: INSEE, Les Immigrés en France, 2005. Elaborazione IRES.
Nel 1999, anno dell’ultimo censimento realizzato, in Francia vi erano 3,26 milioni di stranieri e
36
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
4,31 milioni di immigrati. Le persone sia straniere che immigrate erano 2,75 milioni. Gli
immigrati rappresentavano il 7,4 della popolazione francese totale e un terzo di questi, 1,56
milioni, erano di nazionalità francese.
1.3.2
Chi sono, dove sono e da dove vengono gli italiani in Francia. Analisi dei dati
Chiarite le fonti statistiche utilizzate nell’elaborazione del presente studio di caso e la loro
diffusa disomogeneità, peraltro riscontrata anche in studi precedenti a questo sullo stesso
argomento (Guarnieri 2001) è importante premettere che, come mostrato dal Ministero
dell’Interno francese (2002), la popolazione italiana in Francia è in netta diminuzione a partire
dal 1980, dopo aver comunque registrato una flessione a partire dalla seconda metà degli anni
Sessanta.
Ciò è dovuto, oltre che ad una riduzione dei flussi, anche al fatto che molti italiani presenti già da
tempo hanno ottenuto la nazionalità francese, e non sono più registrati come stranieri.
Tabella 3 - Evoluzione della popolazione italiana titolare di permesso di soggiorno.
Anni 1980-2003
% sul
% sul
Anni
Totale
Italiani
Anni
Totale
Italiani
totale
totale
1980
3.232.994
400.220
12,4
1992
3.501.074
268.047
7,7
1981
3.335.897
393.792
11,8
1993
3.284.326
235.484
7,2
1982
3.405.007
386.111
11,3
1994
3.185.032
224.800
7,1
1983
3.413.093
376.121
11,0
1995
3.192.872
230.357
7,0
1984
3.412.772
367.020
10,0
1996
3.231.891
226.377
7,0
1985
3.391.837
338.641
10,0
1997
3.202.834
224.189
7,0
1986
3.406.676
331.959
9,7
1998
3.200.674
214.703
6,7
1987
3.432.168
326.860
9,5
1999
3.209.103
209.209
6,5
1988
3.392.178
313.678
9,0
2000
3.242.367
204.160
6,3
1989
3.512.747
306.132
8,7
2001
3.269.612
198.344
6,1
1990
3.600.557
299.832
8,3
2002
3.349.908
194.546
5,8
1991
3.563.305
290.679
8,2
2003
3.423.663
191.765
5,6
Fonte: Ministere de l’Interieur, 2002. Elaborazione IRES.
La tabella 3 mostra come il numero di italiani titolari di un’autorizzazione di soggiorno29 sia, al
2003, di 191.765 persone, corrispondente al 5,6% del totale della popolazione straniera titolare
di un permesso di soggiorno in Francia, che si attesta in quell’anno intorno a poco meno di 3
milioni e mezzo di persone. Comparandola con gli anni precedenti, la presenza italiana è scesa
29
A partire da luglio 2003, un contratto d’accoglienza e di integrazione (CAI), firmato tra il prefetto ed il
beneficiario, concretizzazione della nuova politica pubblica in materia di accoglienza dei migranti, viene proposto
individualmente ai nuovi arrivati nella lingua che questi comprendono, nell’ottica di una loro permanenza duratura
nel paese. Il contratto non riguarda i cittadini comunitari, perciò gli italiani ne sono esenti.
37
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
del 52% rispetto al 1980 e del 18,6% dal 1993. Inoltre, la sua incidenza sulla popolazione
straniera totale è passata dal 12,4% del 1980, al 7,2% del 1993 fino all’attuale 5,6%.
Tabella 4 – Ripartizione per Regione e sesso, 2003
Regione
Donne
Uomini
Totale
Alsace
4.321
6.636
10.957
Aquitaine
1.511
2.039
3.550
Auvergne
511
880
1.391
Basse Normandie
221
425
646
1.950
2.727
4.677
216
501
717
Bourgogne
Bretagne
601
1.182
1.783
1.130
1.917
3.047
911
1.322
2.233
1.365
2.108
3.473
463
889
1.352
18.795
26.287
45.082
1.665
2.436
4.101
126
308
424
Lorraine
9.754
12.573
22.327
Midi-Pyrenees
2.628
3.228
5.856
Nord
4.135
6.643
10.778
291
569
860
1.431
2.140
Centre
Champagne-Ardenne
Corse
Franche Comte
Haute Normandie
Ile de France
Languedoc-Roussillon
Limousin
Pays de Loire
Picardie
709
Poitou-Charente
179
401
580
Provence-Alpes-Cote d’Azur
13.634
18.089
31.723
Rhone-Alpes
15.937
20.902
36.839
Totale 2002
81.053
113.493
194.546
Fonte: Minestere de l’Interieur, 2002. Elaborazione IRES .
Gli italiani, al 31 dicembre 2002, sono presenti soprattutto nelle regioni dell’Ile-de-France
(23,2%), del Rhone-Alpes (18,9%) e della Provence-Alpes-Cote d’Azur (16,3%) nel Sud e SudEst del paese, e nella Lorraine (11,5%) e Alsace (5,6%), tutte aree dove storicamente gli
insediamenti delle comunità italiane erano più numerosi (Tabella 4).
La distribuzione italiana sul territorio francese è desumibile anche a partire dai dati dell’Aire,
che raccolgono le iscrizioni alle varie anagrafi consolari italiane in Francia. Pur se non
omologabili con quelli forniti dal ministero dell’Interno francese, in quanto questi ultimi
registrano i titolari di permesso di soggiorno, i dati dell’Aire restituiscono la stessa distribuzione.
La tabella 5 evidenzia come siano soprattutto le anagrafi consolari di Parigi, nell’Ile-de-France,
di Lione, capoluogo della regione del Rhone-Alpes, e di Metz, capoluogo della Lorraine, a
38
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
registrare il maggior numero di iscritti, sia nel 2000, che nel 2007.
Tabella 5 – Iscritti alle anagrafi consolari italiane in Francia,
ottobre 2000 e dicembre 2007
2000
Circoscrizione
Consolare
Iscritti anagrafe
consolare
CG Lione
2007
% su totale
Iscritti anagrafe
consolare
Differenza
2000-2007
% su
totale
64.422
1,6
62.443
1,7
-1.979
CG Marsiglia
29.926
0,8
32.539
0,9
2.613
CG Metz
63.628
1,6
51.895
1,4
-11.733
CG Nizza
28.735
0,7
26.750
0,7
-1.985
CG Parigi
-219
95.848
2,4
95.629
2,6
CG Bastia30
6.424
0,2
--
--
--
C Chambery
22.749
0,6
21.528
0,6
-1.221
C Lilla
22.129
0,6
26.743
0,7
4.614
C Mulhouse
16.776
0,4
19.055
0,5
2.279
C Tolosa
16.150
0,4
13.014
0,4
-3.136
Totale Francia
377.777
9,6
349.596
9,6
-28.181
Europa
2.207.638
56,2
2.072.410
56,8
-135.228
Totale mondiale
3.930.499
100,0
3.649.377
100,0
-281.122
Fonte: Guarneri (2001) e AIRE (2009). Elaborazione IRES
I dati dell’Aire ci aiutano a capire anche qual è la portata del fenomeno emigratorio italiano in
generale, e quale è la percentuale dei nostri connazionali che si dirige in terra francese.
La tabella 6 ci mostra che al dicembre 2007, su un totale di oltre 3,6 milioni di italiani iscritti ad
anagrafi estere, la Francia assorbe circa 350 mila persone, pari al 9,6%.
Tabella 5 – Iscritti all’AIRE al dicembre 2007
Continente
Europa
% su
totale
Totale persone
Totale famiglie
% su
totale
2.066.877
56,6
1.112.140
54,3
348.722
9,6
187.290
9,1
Asia
31.953
0,9
18.640
0,9
Africa
48.652
1,3
28.680
1,4
360.955
9,9
219.268
10,7
1.018.031
27,9
601.842
29,4
122.902
3,4
66.836
3,3
7
0,0
4
0,0
3.649.377
100,0
2.047.410
100,0
di cui Francia
America del Nord
America del Sud
Australia e Oceania
Antartide
Totale
30 I dati del Consolato Generale di Bastia non sono disponibili per il 2007 perché questo è stato accorpato al
Consolato di Marsiglia dal Ministero degli Esteri proprio nello stesso anno.
39
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Fonte: AIRE (2009). Elaborazione IRES.
Sempre in merito ai dati provenienti da fonti italiane, differenti rispetto ai precedenti perché
raccolti dall’Istat, per valutare la portata della recente emigrazione italiana verso l’estero e in
particolare verso la Francia è possibile riferirsi alle cancellazioni dai Registri di Popolazione dal
1990 al 2005.
Si è ripreso, in questo caso, lo studio svolto da Guarnieri nel 2001 e lo si è aggiornato fino agli
anni in cui è possibile reperire gli ultimi dati disponibili (tabella 6). Riguardo alle cancellazioni
per l’estero in generale, si nota come a partire dal 1994 queste subiscano una drastica riduzione,
per poi altrettanto drasticamente risalire nel biennio 1999-2000 e riassestarsi di nuovo, con
l’inizio del nuovo millennio, su un trend altalenante rispetto al primo anno di riferimento.
Tabella 6 - Cittadini italiani cancellati per trasferimento di residenza dall’estero
anni 1990-2005
Totale
Anni
Cancellati italiani
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
48.916
51.478
50.226
54.980
59.402
34.886
39.017
38.984
37.952
56.283
47.425
32.580
34.056
39.866
39.155
41.991
Francia
n. indici
(1990=100)
100,0
105,2
102,7
112,4
121,4
71,3
79,8
79,7
77,6
115,1
97,0
66,6
69,6
81,5
80,0
85,8
Cancellati
italiani
3.979
4.184
3.879
3.976
4.785
3.371
3.448
2.466
2.408
3.534
2.914
2.980
2.033
1.790
3.100
3.268
% su totale
8,1
8,1
7,7
7,2
8,1
9,7
8,8
6,3
6,3
6,3
6,1
9,1
6,0
4,5
7,9
7,8
n. indici
(1990=100)
100,0
105,2
97,5
99,9
120,3
84,7
86,7
62,0
60,5
88,8
73,2
74,9
51,1
45,0
77,9
82,1
Fonte: ISTAT (vari anni) e Guarneri (2001)
L’emigrazione verso la Francia segue, più o meno, la stessa tendenza, con un aumento nel 1999,
un picco minimo nel 2003 ed un successivo incremento nel biennio successivo. Da un punto di
vista percentuale, l’emigrazione verso Oltralpe oscilla tra il 6% e l’8% sul totale delle
cancellazioni, con picchi che superano i 9 punti percentuali nel 1995 e nel 2001, dimostrando la
mancanza di linee tendenziali precise.
40
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 7 - Cittadini italiani iscritti per trasferimento di residenza dall’estero
anni 1990-2005
Totale
Anni
Francia
1990
70.035
n. indici
(1990=100)
100,0
3.177
4,5
n. indici
(1990=100)
100,0
1991
56.004
80,0
2.664
4,8
83,9
1992
54.849
78,3
2.272
4,1
71,5
1993
49.261
70,3
1.663
3,4
52,3
1994
46.761
66,8
2.177
4,7
68,5
1995
28.472
40,7
1.704
6,0
53,6
1996
28.816
41,1
1.728
6,0
54,4
1997
30.352
43,3
1.862
6,1
58,6
1998
29.771
42,5
1.851
6,2
58,3
1999
32.152
45,9
1.880
5,8
59,2
2000
34.411
49,1
2.073
6,0
65,3
2001
35.416
50,6
2.160
6,1
68,0
2002
44.476
63,5
2.633
5,9
82,9
2003
47.530
67,9
2.939
6,2
92,5
2004
41.794
59,7
1.881
4,5
59,2
2005
37.326
53,3
1.750
4,7
55,1
Iscritti italiani
Iscritti italiani
% su totale
Fonte: ISTAT (vari anni) e Guarneri (2001)
La tabella 7 mostra invece le iscrizioni ai registri italiani da parte di connazionali residenti
all’estero31, le cosiddette migrazioni di ritorno. Anche in questo caso, si assiste ad una riduzione
sistematica dei rientri, che per tutti gli anni Novanta si riducono, tranne che per il 1997, per poi
ricominciare a salire con l’inizio del nuovo millennio.
Ma se la tendenza generale è quella sopra illustrata, per quanto riguarda il caso francese è
possibile osservare con il passare degli anni un aumento delle iscrizioni delle persone
provenienti da questo paese, che tende a ridursi solo nell’ultimo biennio. I rientri dalla Francia
sono infatti il 4,5% del totale nel 1990, e toccano il picco massimo di 6,2% nel 1998 e nel 2003.
Si conferma quindi quanto già precedentemente sostenuto da Guarnieri nel suo studio
comparativo sulla recente emigrazione italiana in Francia, Svizzera e Regno Unito (2001), e cioè
che le migrazioni di ritorno da questi paesi, o gli spostamenti migratori di breve durata,
continuano ad essere pur se ridimensionati ancora consistenti.
31 Sia nel caso della tabella 6 che della tabella 7, il numero totale di italiani rispettivamente cancellati ed iscritti è
stato ottenuto dalla differenza tra il totale e l’ammontare dei cancellati (e degli iscritti) stranieri.
41
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Si riducono le cancellazioni, quindi, cioè le persone che partono verso l’estero, ma si riducono
anche i rientri e le iscrizioni. Confrontando i due dati disponibili, si nota come mostrato dalla
tabella 7 che, in generale, da un saldo positivo all’inizio degli anni Novanta si passa ad un saldo
negativo fino al 2000, per poi riprendere in positivo all’inizio del nuovo secolo. Ciò è dettato
dalle variazioni soprattutto dei rientri, che nel corso del decennio scorso si sono ridotte sempre di
più per poi riprendere negli ultimi anni.
Tabella 8 – Saldo tra iscrizioni e cancellazioni di cittadini italiani da e per trasferimento
di residenza per l’estero. Anni 1990-2005
Anni
1990
Totale
21.119
1991
Francia
-802
Anni
1998
Totale
-8.181
Francia
4.526
-1.520
1999
-24.131
-1.654
1992
4.623
-1.607
2000
-13.014
-841
1993
-5.719
-2.313
2001
2.836
-820
1994
-12.641
-2.608
2002
10.420
600
1995
-6.414
-1.667
2003
7.664
1.149
1996
-10.201
-1.720
2004
2.639
-1.219
1997
-8.632
-604
2005
-4.665
-1.518
-557
Fonte: ISTAT (vari anni) e Guarneri (2001)
Nello specifico del caso francese, il saldo tra cancellazioni e rientri tende ad essere negativo per
tutto il periodo considerato, a parte per il biennio 2002-2003.
Tabella 9 - Italiani residenti in Francia, per sesso al 1982, 1990, 1999
1982
1990
1999
Italiani residenti in Francia
340.308
252.759
201.670
di cui:
maschi
192.996
144.727
114.399
femmine
147.312
108.032
87.271
131
134
131
3.714.200
3.596.602
3.263.186
9,2
7.0
6,2
Maschi per 100 femmine
Popolazione straniera residente totale
% italiani sul totale
Fonte: Guarneri, 2001 e INSEE, 1999. Elaborazione IRES.
Per quel riguarda gli italiani residenti in Francia (e non necessariamente titolari di un permesso
di soggiorno) si fa riferimento ai dati dell’Insee, aggiornati però solamente al 1999, anno
dell’ultimo censimento. In generale, la popolazione straniera residente tende a diminuire, anche a
causa delle naturalizzazioni e delle acquisizioni di cittadinanza, e su questa la percentuale di
italiani incide sempre meno, passando dal 9,2%, al 7% e al 6,2% rispettivamente nel 1982, nel
1990 e nel 1999 (Tabella 9).
Tanto il numero degli uomini che quello delle donne diminuisce. Diminuzione che però avviene
42
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
in modo univoco, visto che i maschi, su 100 donne, oscillano sempre tra i 131 e i 134,
mantenendo quindi una quota di emigrazione sbilanciata a favore della componente maschile,
come peraltro già osservato da Guarnieri (2001).
Se si analizza invece la popolazione italiana residente in Francia in base al sesso ed all’età, come
mostrato dalla tabella 10, la concentrazione maggiore è presente nelle classi 35-54, 55-64 e da 65
in su, che incidono rispettivamente del 26,9%, del 19,1% e del 39,4% sul totale degli italiani. La
classe che raccoglie gli ultrasessantacinquenni ha inoltre un’incidenza del 22,1% sulla
popolazione straniera totale.
L’esperienza migratoria è, tendenzialmente, affrontata in età non troppo avanzata: sono i giovani
che in genere decidono di trasferirsi in un altro paese per migliorare la propria posizione
lavorativa, per studio, o per riunirsi al coniuge già emigrato. Tra l’altro, come vedremo in seguito
(par 3.3), la Francia è una delle mete di arrivo del brain drain – fenomeno più noto come “fuga
dei cervelli” - in uscita dall’Italia, che riguarda soprattutto la classe di età 25-34. La grande
incidenza degli over 65 testimonia quindi un fenomeno di lunga durata, e riguarda persone che
hanno poi deciso di dare stabilità al proprio progetto migratorio decidendo di rimanere in
Francia.
Tabella 10 - Italiani residenti in Francia per sesso ed età al 1999
Classi di
età
Totale
Italiani
% classe
su tot.
Maschi
Femmine
Maschi per
100
femmine
Pop. straniera
tot.
% it. su
pop. stran.
totale
0-14
7.218
3,6
3.736
3.482
107
444328
1,6
15-24
6.743
3,3
3.345
3.398
98
360078
1,9
25-34
15.316
7,6
8.861
6.455
137
558698
2,7
35-54
54.331
26,9
34.968
19.363
181
1143792
4,8
55-64
38.545
19,1
23.615
14.930
158
396414
9,7
65 +
79.517
39,4
39.874
39.643
101
359876
22,1
201.670
100,0
114.399
87.271
131
3.263.186
6,2
Totale
Fonte: INSEE, Censimento 1999. Elaborazione IRES.
La maggiore speranza di vita delle donne italiane emigrate rispecchia quella della popolazione
femminile del nostro paese e dei paesi europei in generale. Ciò è dimostrato dal fatto che negli
over 65 il bilanciamento tra uomini è donne è pressoché identico32, mentre nelle altre classi di
età, soprattutto quelle che si riferiscono alla popolazione attiva (25-64 anni) il numero degli
uomini è nettamente maggiore rispetto alle donne, presentando il picco massimo di 181 uomini
32 Secondo i dati relativi al censimento del 1990, questa tendenza è ancora più visibile, dato che negli over 65 il
numero di uomini su 100 donne era di 87, mentre nelle altre classi di età si manteneva sempre oltre la metà, i due
terzi e, nella classe 25-34, quasi il doppio (191 uomini per 100 donne). Per un’analisi più approfondita confronta
Guarnieri (2001).
43
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
per 100 donne (quindi più de 2/3) nella classe di età 35-54 anni.
Che l’emigrazione italiana sia un fenomeno di lunga durata, è ulteriormente dimostrato dal fatto
che se si analizzano i dati dell’Aire riferiti agli italiani in Francia in base all’anzianità di
iscrizione (Tabella 11), l’incidenza degli iscritti da oltre 15 anni supera il 52%, ed arriva ad
essere del 63,7% se si considera l’anzianità di iscrizione a partire da oltre i 10 anni.
Tabella 11 - Italiani residenti in Francia per anzianità di
iscrizione all’AIRE, 2008.
Anzianità d’iscrizione
Meno di 1 anno
Totale persone % su totale
10.081
2,8
1-3 anni
28.243
4-5 anni
25.817
7,3
6-10 anni
64.237
18,1
11-15 anni
8,0
40.766
11,5
Oltre 15 anni
184.994
52,2
Totale
354.138
100,0
Fonte: Rapporto italiani nel mondo, 2008
Anche i dati Aire, elaborati nell’edizione del “Rapporto Italiani del mondo 2008” nel capitolo
dedicato alle migrazioni verso la Francia (Miranda 2008), restituiscono un’immagine della
comunità italiana divisa per classi di età. La tabella 12, pur se organizzata in classi di età
differenti, conferma quanto emerso dai dati del censimento francese, e cioè che l’emigrazione
italiana è un’emigrazione matura, in cui gli over 65 risultano essere il 24,2%, e le persone tra i
45 ed i 64 anni più del 27%. Testimonianza che il progetto migratorio si prolunga ben oltre la
fine dell’età lavorativa.
Tabella 12 - Italiani residenti in Francia per stato civile e classi di età, 2008.
0-17
46.476
13,1 Celibi/Nubili
Totale
persone
189.026
18-29
44.883
12,7 Coniugati/e
134.509
38,0
30-44
80.731
22,8 Vedovi/e
16.168
4,6
45-64
96.243
27,2 Divorziati/e
4.709
1,3
65 +
85.805
24,2 n.d.
9.726
2,7
354.138
100,0
Classi di età
Totale
Totale persone % su totale
354.138
100,0
Stato civile
Totale
% su
totale
53,4
Fonte: Rapporto italiani nel mondo, 2008
La stabilità di questo progetto trova ulteriori conferme nel consistente numero di coniugati e
vedovi (tanto gli uomini quanto le donne) tra gli italiani residenti in Francia, che sommati
arrivano ad essere oltre il 42%. A fronte, certo, di un 53,4% di persone non sposate, ma che
44
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
racchiude quelle forme di unione di fatto33, distinte dell’istituto matrimoniale, possibili in
Francia ma non nel nostro paese. D’altra parte, sempre secondo i dati dell’Aire elaborati dal
Rapporto Italiani nel Mondo (Tabella 13), le iscrizioni alle anagrafi consolari sono al 2008 per il
27,4% riferibili a nuove nascite.
Tabella 13 - Italiani residenti in Francia per motivo di
iscrizione, 2008.
Espatrio
239.521
% su
totale
67,6
Nascita
Motivo di iscrizione
Totale Persone
97.195
27,4
Trasferimento da altro comune
4.513
1,3
Reiscrizione da irreperibilità
9.085
2,6
Acquisizione cittadinanza
3.824
1,1
354.138
100,0
Totale
Fonte: Rapporto italiani nel mondo, 2008
Se si utilizzano i dati provenienti da fonti francesi quali il censimento (che però risale al 1999),
risulta che sono poco meno di 200 mila le coppie formate da almeno una persona nata in Italia,
come mostrato dalla tabella 14. Nel 71,4% dei casi, queste coppie sono costituite da una persona
nata in Italia ed una francese. Di queste, nello specifico, nel 45% è l’uomo ad essere italiano. Le
coppie in cui entrambi i coniugi sono italiani rappresentano il 25,3% del totale, mentre il restante
3,3% racchiude persone italiane coniugate in Francia con altri immigrati, e non con francesi.
Tabella 14 - Coppie comprendenti almeno un componente immigrato
Ripartizione in %
Paese di origine dei
coniugi immigrati
Numero totale
di coppie
Coppie
miste
di cui
l'uomo
immigrato
Uomini e donne
immigrati della
stessa origine
Uomini e
donne
immigrati di
origine
differente*
Totale
Spagna
163.929
68,5
35,6
28,6
2,9
100,0
Italia
199.828
71,4
45,1
25,3
3,3
100,0
Portogallo
287.045
41,8
24,6
56,2
2,0
100,0
Altri paesi dell'Europa a 15
172.600
74,6
30,0
20,9
4,5
100,0
Altri paesi d'Europa
125.716
66,9
29,5
28,9
4,2
100,0
Algeria
215.783
46,3
30,1
48,8
4,9
100,0
Marocco
186.924
36,1
22,6
59,4
4,5
100,0
86.545
45,5
32,4
47,4
7,1
100,0
132.078
47,8
23,9
47,4
4,8
100,0
65.726
18,7
13,3
78,6
2,7
100,0
Vietnam
24.957
47,6
20,8
44,0
8,4
100,0
Cambogia
19.723
26,9
14,3
60,6
12,6
100,0
Laos
14.227
30,6
15,4
60,2
9,1
100,0
Tunisia
Altri paesi Africani
Turchia
33 Nello specifico, i PACS - PActe Civil de Solidarité, istituiti in Francia nel 1999.
45
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Altri paesi Asiatici
78.964
46,6
21,7
46,4
7,1
100,0
48.765
72,0
25,9
21,5
6,5
100,0
1.822.810
52,9
28,7
42,9
4,3
100,0
Americhe, Oceania
Totale
* secondo il paese dell'uomo.
Fonte: INSEE, Censimento della popolazione, 1999. Elaborazione IRES.
Riguardo ai luoghi di provenienza, i dati forniti dall’Aire restituiscono un’immagine chiara dei
contributi che ogni Regione ha dato all’emigrazione italiana in Francia. Confermando un trend
già iniziato nel primo dopoguerra (Pugliese 2006), vi riscontra una maggiore presenza di persone
provenienti dal Sud Italia. Come riportato da Miranda (2008), dal Sud e le Isole provengono
rispettivamente il 32% e il 23,6% degli italiani residenti in Francia, a dispetto delle regioni del
Nord-Ovest, del Nord-Est e del Centro da cui provengono rispettivamente il 14, il 16,4 e il 13,8
per cento degli italiani.
Tabella 15 – Italiani residenti in Francia per
regione di origine all’aprile 2008
Sicilia
60.520
% su
totale
17,1
Calabria
34.886
9,9
Puglia
31.514
8,9
Lazio
24.220
6,8
Veneto
23.906
6,8
Altre
179.092
50,6
Totale
354.138
100,0
Regione
Totale Italiani
Fonte: Rapporto Migrantes, 2008.
La tabella 15 mostra che, all’aprile del 2008, è la Sicilia la Regione da cui partono il maggior
numero di italiani diretti in Francia, il 17,1% del totale, seguita da Calabria (9,9%) e Puglia
(8,9%).
Per concludere questa prima parte di analisi dei dati, la tabella 16 mostra il numero delle
acquisizioni di cittadinanza francese da parte di italiani.
46
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 16 - Acquisizione cittadinanza francese da
parte di italiani. Anni 1990-2006
Anni
1990
Totale
64.976
Italiani
1.869
% su totale
2,9
1991
72.213
1.475
2,0
1992
71.595
1.117
1,6
1993
73.164
936
1,3
1994
126.337
1.370
1,1
1995
92.410
1.022
1,1
1996
109.823
1.255
1,1
1997
116.194
1.353
1,2
1998
123 761
1949
1,5
1999
147 522
1.809
1,3
2000
150 026
1522
1,0
2001
127 548
1217
0,9
2002
128 092
996
0,7
2003
144 640
1.042
0,7
2004
168.826
798
0,5
2005
154.827
810
0,5
2006
147.868
612
0,4
Fonte: OCSE (vari anni) e Guarneri (2001)
L’incidenza sul totale delle acquisizioni dal 1990 al 2006 registra, a parte il biennio 1998-1999,
una diminuzione tendenziale, passando da 1869 (2,9%) a 612 (0,4%) a fronte, oltretutto, di un
aumento delle acquisizioni totali che passano da 64.976 a 147.868, confermando il percorso di
“assimilazione” dei cittadini comunitari nella fruizione di numerosi diritti e privilegi, come già
chiaramente riscontrato da Guarnirei (2001). E’ qui opportuno ricordare che la cittadinanza
(nationalité) francese34 è acquisibile in tre diversi modi (Insee 2005):
• per
decreto, ossia le naturalizzazioni, parte delle quali riguarda minori figli di stranieri che
acquisiscono la cittadinanza
• per
dichiarazione, essenzialmente a seguito di unioni miste con un cittadino od una
34 L’acquisizione è disciplinata dal Codice Civile, artt. 17 a 33-2; dalla legge n. 93-933 del 22 luglio 1993 e dai
suoi decreti applicativi, n. 93-1362 del 30 dicembre 1993 e n. 98-720 del 20 agosto 1998; infine dalla legge 98170 del 16 marzo 1998.
47
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
cittadina francese
• per
acquisizione non formalizzata, che riguarda per la maggioranza i minori nati da stranieri
in terra francese.
1.3.3
La dimensione lavorativa
Un’analisi accurata della dimensione legata al lavoro degli italiani residenti in Francia non può
che partire da una valutazione dell’incidenza della popolazione attiva italiana sul totale della
popolazione attiva straniera. In questo contesto, più che per la dimensione socio-demografica,
risulta importante una serialità storica dei dati a nostra disposizione. Si sono quindi utilizzati i
dati provenienti da fonti internazionali come l’Ocse, a loro volta riferiti alle indagini sulla forza
lavoro. La tabella 17 mostra come l’incidenza italiana sul totale della popolazione attiva straniera
sia andata decrescendo, passando dal 6,4% al 4,9%. Ciò dimostra, in controtendenza con molte
delle interpretazioni del fenomeno emigratorio italiano visto come esperienza finita, che parte
della popolazione straniera attiva, pur se ridimensionata rispetto al passato, continua ad essere
italiana.
Tabella 17 – Popolazione straniera attiva in Francia, 1993-2005
Anni
Popolazione attiva straniera
Maschi
Femmine
Popolazione attiva italiana
Totale
Maschi
Femmine
Totale
% su totale
1990
1.014.786
526.699
1.541.485
69.154
29.100
98.254
6,4
1991
1.033.467
560.413
1.593.880
62.293
27.959
90.252
5,7
1992
1.019.639
553.612
1.573.251
54.673
21.924
76.597
4,9
1993
1.023.657
81.017
1.104.674
53.103
21.302
74.405
6,7
1994
1.009.607
560.207
1.569.814
47.762
17.786
65.548
4,2
1995
999.297
587.355
1.586.652
51.370
21.519
72.889
4,6
1996
1.004.968
588.984
1.593.952
53.649
21.962
75.611
4,7
1997
988.658
588.980
1.577.638
49.883
23.925
73.808
4,7
1998
995.897
621.728
1.617.625
47.981
24.183
72.164
4,5
1999
1.002.918
620.868
1.623.786
45.647
25.506
71.153
4,4
2000
929.077
597.752
1.526.829
34.015
19.575
53.590
3,5
2001
939.744
601.308
1.541.052
38.449
19.200
57.649
3,7
2002
868.055
588.308
1.456.363
33.135
17.614
50.749
3,5
2003
1.014.786
526.699
1.541.485
69.154
29.100
98.254
6,4
2004
1.033.467
560.413
1.593.880
62.293
27.959
90.252
5,
2005
1.019.639
553.612
1.573.251
54.673
21.924
76.597
4,9
Fonte: Guarneri, 2001 e OECD, 2009.
Inoltre, sempre nella fascia riferibile alla popolazione attiva, il numero di uomini rispetto alle
48
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
donne mantiene sempre nel corso del tempo una proporzione praticamente doppia.
Sempre riferendoci ai dati provenienti da fonti internazionali quali l’Ocse, incrociando il tempo
di permanenza in Francia e il titolo di studio si delineano in modo più chiaro i contorni del
complesso quadro rappresentato dagli italiani residenti in Francia (tabella 18).
Tabella 18 – Italiani residenti in Francia per anni di permanenza e titolo di studio
Anni di permanenza
Livello di
istruzione35
Totale
Uomini
1-5
5-10
10+
1-5
10+
1-5
Isced 0/1/2
2.740
2.042
209.580
1.497
1.200
95.812
1.243
842
113.768
Isced 3/4
3.470
1.977
61.190
1.784
1.127
37.591
1.686
850
22.599
Isced 5/6
4.429
2.188
14.922
2.121
1.096
8.359
2.308
1.092
6.563
10.639
6.207
285.692
5.402
3.423
141.762
5.237
2.784
143.930
Totale
5-10
Donne
5-10
10+
Fonte: OECD 2009, Elaborazione IRES
E’ necessario in questo caso il supporto di grafici, per spiegare più chiaramente quanto espresso
dai dati. Inoltre, riferendosi alla permanenza, questi dati non considerano i cittadini italiani nati
in Francia.
35
L'ISCED (International Standard Classification of Education, classificazione internazionale standard
dell'educazione) è uno standard creato dall'UNESCO come sistema internazionale di classificazione standard per
l'istruzione. Per chiarezza, i livelli Isced possono essere così trasposti nel sistema italiano:
Isced 0Scuola maternaIsced 4Scuola di formazione professionaleIsced 1Scuola elementareIsced 5LaureaIsced 2Scuola media inferioreIsced
6Dottorato di RicercaIsced 3Scuola media Superiore
49
Grafico 2 – Totale residenti per anni di permanenza e titolo di studio
studio
Grafico 3 – Uomini residenti per anni di permanenza titolo di
Grafico 4 – Donne residenti per anni di permanenza titolo di studio
Considerando il primo grafico (Grafico 2),
sono espresse in valore percentuale le
distribuzioni per titolo di studio correlate con
gli anni di permanenza degli italiani residenti
sul territorio francese. Si nota come coloro
che si trovano in Francia da meno di 5 anni,
sono per il 42% possessori di un titolo di
studio superiore, e solo in minima parte
(26%) possessori invece di un basso livello di
istruzione. Distribuzione che tende invece ad
invertirsi in relazione all’aumento degli anni
di permanenza, arrivando ad essere, per chi è in Francia da oltre 10 anni, così suddivisa: il 73%
con titolo di studio basso o molto basso, e solo il 5% con una formazione superiore. Tendenza
che, come si vede nel grafico 3 e 4, è simile sia per gli uomini che per le donne, con una
maggiore accentuazione del fenomeno per queste ultime.
Questa distribuzione suggerisce essenzialmente due considerazioni:
a) la prima è che nel corso degli ultimi decenni l’emigrazione italiana in Francia è cambiata
in maniera sostanziale. Non sono più le persone con un basso livello di istruzione, bensì
quelle che hanno una formazione universitaria o post-universitaria, ad emigrare Oltralpe.
Nel caso specifico delle donne trasferitesi in Francia negli ultimi cinque anni precedenti
50
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
al 199936, quasi la metà ha una laurea od un dottorato, mentre coloro che si trovano a
vivere in Francia da oltre dieci anni (al 1999), hanno per l’80% al massimo la licenza
media inferiore.
b) la seconda considerazione è che probabilmente le persone con un livello di istruzione
superiore hanno una mobilità maggiore, e la loro esperienza migratoria ha una
dimensione temporale circoscritta, mentre le persone con un basso livello di istruzione
tendono a stabilizzare il proprio percorso di vita in Francia una volta trasferitesi.
Un’analisi del fenomeno del Brain Drain, a cui queste considerazioni fanno riferimento, sarà
svolta in maniera più approfondita nel paragrafo seguente.
La tabella 19 correla invece il titolo di studio con lo status occupazionale. Anche in questo caso
alcuni grafici possono aiutare a chiarire meglio questa correlazione.
Tabella 19 – Italiani residenti in Francia per status occupazionale e titolo di studio
Titolo di studio
Fino
licenza
media
Diploma media
superiore
Laurea e postlaurea
Totale
Occupati
Uomini
Donne
Disoccupati
Totale
Uomini
Donne
Inattivi
Totale
Uomini
Donne
Totale
29388
21.472
50.860
4.144
4.624
8.768
97.105
133.976
231.081
30.075
15.512
45.587
3.036
2.787
5.823
18.396
15.660
34.056
10.092
7.147
17.239
564
795
1.359
3.777
4.997
8.774
69.555
44.131
113.686
7.744
8.206
15.950
119.278
154.633
273.911
Fonte: OECD 2009, Elaborazione IRES.
36 I dati dell’Ocse da cui sono ricavati questi grafici (tabella 18) si riferiscono al censimento del 1999, come
specificato
nella
nota
metodologica
dell’Ocse
disponibile
all’indirizzo:
http://www.oecd.org/dataoecd/32/44/40136955.pdf.
51
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Come è intuibile, il titolo di studio è, in genere,
garanzia di occupazione, anche per gli italiani
residenti in Francia, i quali hanno in modo netto
più facilità ad essere in una condizione di
disoccupazione quanto minore è il loro titolo di
studio, come mostra il grafico qui accanto.
Analizzando invece il grafico che rappresenta la
popolazione inattiva (composta secondo la nota
metodologica dell’Ocse da pensionati, studenti e
casalinghe) si nota come il possesso di bassi titoli di studio sia estremamente più diffuso per
questa categoria.
Ciò conferma quanto detto fino ad ora: l’emigrazione italiana si caratterizza per una continuità e
stabilità che supera l’età lavorativa, e che in passato era composta per la maggior parte da
persone con un titolo di studio che si fermava alla licenza di scuola media inferiore. Attualmente
invece si registra una emigrazione di tipo diverso, composta da persone con un alto grado di
istruzione, che si riversano sul mercato occupazionale francese. Risulta così necessario capire in
che settori occupazionali sono impiegati gli italiani in Francia. La tabella 20 illustra la
correlazione tra occupazione e, ancora una volta, titolo di studio.
52
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 20 – Italiani residenti per occupazione, sesso e titolo di studio.
Uomini
Fino
licenza
media
Occupazioni
Legislatori, dirigenti,
imprenditori
Professioni
intellettuali,
scientifiche
Professioni tecniche
2.551
Professioni
qualificate
Forze Armate
Totale
3.379
Donne
Laurea,
postlaurea
2.205
Fino
licenza
media
1.354
Totale
Diploma
media
superiore
Laurea,
postlaurea
1.295
824
Fino
licenza
media
Diploma
media
superiore
Laurea,
postlaurea
3.905
4.674
3.029
593
1.435
4.477
164
500
2.520
757
1.935
6.997
1.526
4.272
1.790
970
2.645
2.399
2.496
6.917
4.189
804
1.209
285
2.175
4.611
712
2.979
5.820
997
1.693
1.906
240
6.778
3.555
471
8.471
5.461
711
1.001
455
65
600
92
20
1.601
547
85
12.802
11.810
552
968
589
36
13.770
12.399
588
6.217
4.147
247
2.440
771
35
8.657
4.918
282
2.086
1.210
178
6.022
1.450
118
8.108
2.660
296
Impiegati
Professioni qualificate
nel commercio e nei
servizi
Professioni agricole e
legate alla pesca
Artigiani
e
commercianti
Operai specializzati
Diploma
media
superiore
non
111
247
41
1
0
12
112
247
53
29.384
30.070
10.080
21.472
15.508
7.147
50.856
45.578
17.227
Fonte: OECD 2009, Elaborazione IRES
Come mostra chiaramente la tabella, in generale gli italiani con un titolo di studio basso sono
soprattutto impiegati nei settori dell’artigianato e del commercio, gestendo attività legate
soprattutto alla ristorazione tipica della cucina italiana (Sanchez 2005), come operai specializzati
e in settori dove non è richiesta una specifica qualifica. I diplomati, sono invece impiegati
essenzialmente nell’artigianato, nel commercio e nelle professioni in cui è richiesta una
competenza tecnica.
53
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Infine, coloro i quali posseggono un titolo di studio superiore ricoprono più comunemente
incarichi dirigenziali oppure svolgono professioni intellettuali e scientifiche. Un’analisi relativa
al genere mette in luce delle differenze chiare tra le occupazioni svolte dagli uomini e quelle
svolte dalle donne, a parità di titolo di studio. Partiamo dai livelli di istruzione più elevati. Per
quel che riguarda le professioni scientifiche ed intellettuali vi è, in proporzione, una certa
omogeneità di impiego, nel senso che pur se in misura minore per quanto riguarda le donne
questo settore occupazionale è quello che per entrambi i sessi assorbe maggiormente le persone
più qualificate.
La differenza emerge chiaramente per quel che riguarda gli incarichi dirigenziali ed
imprenditoriali, dove gli uomini con un livello di formazione più alto sono di più rispetto alle
donne, confermando come la dimensione imprenditoriale e dirigenziale sia ancora molto
caratterizzata da un punto di vista di genere, anche tra gli emigrati. La stessa connotazione di
genere si ritrova per il gruppo dei diplomati, dove tra gli uomini è maggioritario l’impiego nel
settore del commercio e dell’artigianato, mentre le donne italiane diplomate hanno
maggiormente occupazioni impiegatizie o legati ai servizi e al commercio. Infine, per coloro che
non hanno un titolo di studio elevato, si ritrovano ad essere maggiormente impiegate in
professioni non qualificate se donne, o come operai specializzati o artigiani se uomini.
54
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.3.4
Il fenomeno del Brain Drain italiano in Francia
Il paragrafo precedente ha messo in luce come l’idea di una emigrazione qualificata, di persone
cioè con un titolo di studio superiore, sia confermata dalle evidenze empiriche quantitative
provenienti da fonti internazionali autorevoli quali l’Ocse, oltre che da studi (Becker et al. 2001)
che basandosi sui dati AIRE hanno evidenziato come il capitale culturale degli emigrati sia
aumentato nel corso degli anni Novanta.
Il fenomeno del Brain Drain – Fuga dei Cervelli – è stato analizzato per lungo tempo attraverso
due principali teorie, come sostenuto da Beltrame (2007): la teoria del capitale umano (Becker
2008) e quella neo-marxista sui rapporti centro-periferia. Queste interpretazioni hanno dato
luogo a quella che, sempre Beltrame (2007) definisce standard view: il brain drain come
movimento unidirezionale da paesi in via di sviluppo verso paesi a capitalismo avanzato, dettato
da scelte individuali di soggetti che si spostano per ottenere un maggiore rendimento dalla loro
formazione, a scapito dell’investimento fatto dai paesi di partenza, che ne risulterebbero così
danneggiati. L’analisi della standard view è evidentemente insufficiente a capire la nuova
geopolitica della conoscenza (Meyer et al. 2001), caratterizzata da una circolarità dei flussi, da
una mobilità dettata non solo da scelte individuali, ma anche dal ruolo delle multinazionali, che
gestiscono una loro mobilità trans-nazionale.
Il dibattito intorno a questa questione non può, per evidenti motivi di sintesi e per la complessità
della trattazione, essere qui riportato. E’ però utile per i nostri fini analizzare il fenomeno nella
sua peculiarità italiana e nello specifico la sua portata in direzione della Francia.
55
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 21 – Italiani Laureati per destinazione
Paese di destinazione
Totale
Canada
37.280
Usa
Totale America
Totale Asia
Austria
Percentuale
su totale
12,6
94.420
32,0
131.700
44,6
10.893
3,7
3.472
1,2
Belgio
7.421
2,5
Francia
27.372
9,3
Germania
18.250
6,2
Regno Unito
23.547
8,0
7.686
2,6
Spagna
Svizzera
Totale Europa
20.286
6,9
118.812
40,3
Australia
40.220
13,6
Totale Oceania
40.487
13,7
294.767
100,0
Totale
Fonte: Beltrame 2007.
Ciò non è esente da difficoltà, a causa di una mancanza di dati e stime che indaghino il fenomeno
della fuga dei cervelli italiani.
La tabella 21 mostra come il numero di italiani laureati in Francia sia di oltre 27.000 unità, e che
la Francia assorba il 9,3% dei laureati in uscita dal nostro paese, attestandosi come prima mèta
europea e quarta a livello globale dopo USA, Canada ed Australia (Beltrame 2007).
Inoltre, secondo Brandi (2008) le università francesi sono al quinto posto (10,4%) tra quelle
scelte da studenti italiani che decidono di frequentare l’intero percorso di studi universitari in un
altro paese.
Fonti francesi su questo aspetto dimostrano come gli italiani siano, dopo i tedeschi, gli studenti
stranieri europei più numerosi nel sistema della formazione superiore francese. La tabella 22,
elaborata sulla base dei dati presenti nel rapporto annuale Immigration et présence étrangère en
France en 2005 a cura di Régnard (2006), illustra inoltre come gli studenti italiani, che nell’anno
accademico 2005/2006 erano un totale di 5.440, sono suddivisi nel sistema universitario
francese.
56
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 22 – Ripartizione in percentuale degli studenti stranieri per nazionalità e
indirizzo di studi A.A. 2005/2006
76,0
75,0
88,3
66,8
73,4
Totale
studenti
stranieri
76,0
2,0
2,0
1,1
5,1
2,6
2,5
4,2
5,2
1,6
1,8
1,7
2,4
0,3
0,4
0,5
4,0
0,7
1,1
5,4
4,1
1,0
9,1
5,8
4,4
6,2
4,4
1,0
4,8
5,4
4,2
1,6
2,6
0,2
0,3
3,8
1,9
8.112
5.440
24.021
34.452
20.700
263.074
3,1
2,1
9,1
13,1
7,9
--
Germania
Università
Istituto Universitario di
Tecnologia
Grandi Scuole
Classi Preparatorie alle
Grandi Scuole
Formazione d’ingegneri
Scuole del commercio,
gestione e contabilità
Scuole superiori artistiche
e culturali
Totale
% sul totale degli studenti
stranieri
Italia
Algeria
Marocco
China
Fonte: Ministero del Lavoro, della Coesione Sociale e dell’Alloggio 2006. Elaborazione IRES.
Gli italiani iscritti a cicli di formazione superiore sono il 2,1% della popolazione universitaria
straniera, e sono per tre quarti iscritti presso università francesi (il 75%), mentre il resto si
distribuisce soprattutto nelle “Grandi Scuole”37 (5,2%), nelle scuole di formazione per il
commercio (4,4%) e quelle per ingegneri (4,1%).
37 Le “Grandes Ecoles”, come il College de France, l’EHESS - Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, il
CNAM – College National des Art set Metiers – sono strutture pubbliche francesi di grande importanza nel
sistema educativo francese, a cui si accede in molti casi per concorso e che associano ad una formazione di terzo
ciclo (master e dottorato) una intensa attività di ricerca scientifica.
57
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Parte Seconda – Lo studio di caso francese
1.4 Premessa metodologica ai risultati dell’indagine di campo
L’indagine di campo è stata svolta nei mesi di Dicembre 2008 e Gennaio, Febbraio e Marzo
2009. Quest’ultima si compone di una survey quantitativa e di interviste qualitative semidirettive registrate, tutte svolte presso i locali dell’INCA a Parigi. In particolare, sono stati
intervistati Luciana Serra, responsabile nazionale INCA-Francia, il direttore della sezione
dell’INCA di Parigi Rosario Longo , e il direttore della sezione dell’INCA di Lione, Angelo
Campanella.
La survey quantitativa è stata realizzata tramite la somministrazione di un questionario
strutturato - sia di persona che attraverso la posta elettronica –a persone residenti o domiciliate
per la maggior parte nella regione parigina. La tecnica di somministrazione è stata quella
cosiddetta “a valanga”38, non essendo possibile né un campionamento casuale né tanto meno
uno di tipo stratificato, a causa dell’estrema variabilità ed indeterminatezza dell’universo di
riferimento. L’iscrizione all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, una delle possibili
popolazioni potenzialmente accessibili) non è infatti obbligatoria e, proprio per le caratteristiche
di grande mobilità della nuova emigrazione italiana sopra illustrate, spesso non è considerata
essenziale dai nostri connazionali temporaneamente residenti all’estero. Si è comunque cercato
di mantenere - nella scelta delle persone a cui sottoporre il questionario - una rappresentatività
delle
caratteristiche
note
della
popolazione
italiana
residente
temporaneamente
o
permanentemente in Francia.
Va inoltre sottolineato che né l’INCA Francia né l’INCA nazionale hanno dati specifici relativi
alla loro utenza, e che quindi non è stato possibile partire da quest’ultima per realizzare la survey
quantitativa.
38 Il campionamento “a valanga” consiste nel selezionare casualmente un numero n di unità di partenza, a cui
viene chiesto di indicare altre n1 unità appartenenti alla stessa popolazione, e così via fino al raggiungimento del
numero prefissato di casi. Il campionamento si dice a valanga perché ad ogni stadio il campione coinvolge nuove
unità. La scelta casuale della prima (o prime) unità, e le scelte casuali tra le successive unità indicate fanno di
questo sistema di campionamento il più affidabile tra quelli “non-probabilistici”.
58
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.5 Le interviste
1.5.1
La nascita dell’INCA Francia
L’INCA Francia nasce il 13 marzo 1958, dopo la sigla di un accordo tra la CGT – Confederation
Generale du Travail, il più grande sindacato francese, la CGIL e l’INCA italiano39, svolgendo le
sue attività senza interruzioni a partire da questa data. La sua creazione risiede nella necessità di
fornire assistenza e protezione sociale ai lavoratori italiani immigrati in Francia, e i suoi primi
cinque uffici sul territorio francese sono aperti nelle zone di Parigi, Lione, Marsiglia, Douai (nel
Nord) e Villerupt, in Lorena, dove maggiore era la presenza italiana.
In realtà, già negli anni precedenti, a partire dal 1951, è riscontrabile una presenza dell’INCA sul
territorio francese, prima con una piccola sezione all’interno della CGT, e successivamente con
varie sezioni in provincia, soprattutto nella Lorena, anche grazie all’impegno di alcuni militanti
nel sindacato francese come René Dematteis. Nel 1957 un ufficio permanente dell’INCA è
costituito all’interno della federazione dell’Agricoltura della CGT al fine di tutelare i lavoratori
impiegati nel settore agricolo (Dreyfus 1995). Lo stesso Dreyfus, nel suo articolo L’action de la
CGIL dans l’émigration italienne en France depuis 1945: l’Istituto Nazionale Confederale
d’Assistenza (INCA) ripercorre i passaggi salienti della costituzione dell’INCA in Francia,
sottolineando le difficoltà incorse dai militanti all’interno dell’INCA per la difesa dei lavoratori
italiani. I primi impiegati nell’attivazione delle attività dell’INCA erano sindacalisti della CGIL
trasferitisi in Francia che, a causa di problemi amministrativi e di natura politica, l’anno
successivo- il 1959 - alla costituzione formale dell’INCA sono espulsi dal governo francese. La
CGT si trova costretta a far fronte a questa situazione, dando la direzione dell’INCA Francia in
mano a francesi di origine italiana. Ciò permette all’INCA di espandersi ed arrivare ad aprire un
altro ufficio nella zona del Rhône-Alpes, nel 1961, e ad espandersi con varie sezioni locali nella
zona della Lorena. Nel 1963, è la regione del Provence-Côte-d’Azur ad avere il proprio ufficio
regionale INCA, così come quella del Nord-Pas-de-Calais nel 1965.
L’accordo siglato nel 1958 tra CGT, CGIL ed INCA volto a regolamentare le modalità di
intervento per l’assistenza e la protezione sociale dei lavoratori italiani in Francia verrà
regolarmente rinnovato nel 1964, 1968, 1973, 1976 e 1981.
Dreyfus (1995) rileva come il contesto all’interno del quale l’INCA in Francia nasce e si trova ad
39 L’Istituto Nazionale Confederale di Assistenza nasce in Italia l’11 febbraio 1945, pochi giorni dopo il 1°
Congresso della CGIL tenutosi a Napoli, nel corso del quale emerge la volontà da parte del sindacato di
costituire un organismo al suo interno volto ad erogare forme di assistenza e sicurezza sociale per tutti i
lavoratori sulla base dei principi di uguaglianza e solidarietà. L’INCA sarà poi ufficialmente riconosciuto dallo
Stato Italiano solamente due anni più tardi, il 29 dicembre 1947, con il d.l.c.p.s. n.804 (Bibolotti, Cappelli,
Gianfagna 2008).
59
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
operare nei primi anni dalla sua creazione sia stato estremamente complesso. Queste complessità
e difficoltà possono esser fatte risalire a due cause principali.
a. Così come nel resto d’Europa, anche in Francia la classe operaia si è distinta al suo
interno fin dal suo nascere dopo la Rivoluzione Industriale del XIX secolo in
organizzazioni sindacali ed organizzazioni mutualistiche.
L’intervento delle organizzazioni che si rifacevano al mondo del lavoro si articolava su
due terreni ben distinti: da un lato l’azione propria dei sindacati, caratterizzata dalla sua
dimensione rivendicativa (difesa del posto di lavoro, lotta per il miglioramento di
condizioni e salario), mentre dall’altro interventi di assistenza e tutela assicurativa operati
dalle società mutualistiche. Questa distinzione e la conseguente rivalità tra le diverse
organizzazioni è alla base dello scarso interesse da parte dei sindacati francesi per le
questioni legate all’assistenza e alla protezione sociale dei lavoratori, tradizionalmente
appannaggio delle società mutualistiche. Interesse che comincia a mostrarsi nel periodo
tra le due guerre, in concomitanza con la creazione nel 1936 del Fronte Popolare salvo
poi, dopo la seconda guerra mondiale, perdersi di nuovo.
Dreyfus (1995) rileva come questa divisione si ritrovi anche nell’azione dei sindacati
francesi in merito alla questione dell’emigrazione italiana: più che impegnata
sull’organizzazione dell’assistenza, la CGT concentra i suoi sforzi nella lotta alla
xenofobia nei confronti dei lavoratori immigrati dall’Italia e nella difesa delle loro
condizioni di lavoro. Nemmeno con l’istituzione, nel 1930, delle Assicurazioni Sociali, a
cui seguiranno quelle specifiche create da CGT e CFTC (Confédération Française des
Travailleurs Chrétiens), la situazione sembra migliorare verso un maggiore interesse per
la dimensione assistenziale e di protezione sociale.
D’altra parte, le società mutualistiche mostrano un approccio “apolitico” e dei deboli
legami con il movimento operaio ad eccezione, come evidenziato sempre da Dreyfus
(1995), delle Cooperative Italiane dei Lavori Pubblici, vicine all’aerea socialista
riformista e operanti in Francia già dagli anni 20. Per la più parte queste organizzazioni
sono di matrice cattolica, o addirittura emanazioni dirette del mondo ecclesiastico, come
nel caso dell’Opera Bonomelli (Milza 1986), a cui si aggiungono quelle di matrice
fascista, volute ed appoggiate da Mussolini.
La fine della seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo permettono ai sindacalisti
italiani di muoversi con maggiore autonomia e libertà, potendo così dedicarsi alla
creazione di istituzioni volte ad aiutare i lavoratori italiani immigrati in Francia. La
maggiore libertà di azione si affianca alla creazione in Francia nel 1945 della Sicurezza
60
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Sociale vista, sempre da Dreyfus (1995), come la rivalsa da parte dei sindacati francesi
nei confronti delle organizzazioni di soccorso mutualistico, che fino ad allora avevano
avuto il monopolio della gestione dell’assistenza e della protezione sociale dei lavoratori.
b. L’altra causa alla base delle difficoltà affrontate dall’INCA in Francia a partire dalla sua
costituzione è riconducibile alle complesse e non sempre congruenti relazioni tra CGT e
CGIL nel corso degli anni Sessanta e Settanta. Le tensioni tra le due confederazioni
risalgono alle divergenze in seno alla Federazione Sindacale Mondiale (FSM) a cui
entrambe aderiscono nel momento della sua creazione, nel 194540. A differenza di quella
della CGT, la linea della CGIL all’interno della FSM è caratterizzata da una maggiore
autonomia, che si accentua con la condanna dell’invasione dell’Ungheria da parte del
Patto di Varsavia nel 1956 e che porta il sindacato italiano nel 1973 a dichiararsi non più
associato, bensì affiliato all’organizzazione internazionale, per uscirne definitivamente
nel 1978 (Del Biondo 2007). A questo si aggiungono altri avvenimenti che alimentano la
difficile relazione tra CGT e CGIL, come il fallimento dell’esperimento del Comitato
Permanente tra le due confederazioni41, voluto dalla CGIL per rafforzare l’azione
sindacale in Europa, e l’adesione della CGIL alla Confederazione Internazionale dei
Sindacati Liberi (CISL, ICFTU nell’acronimo inglese) nel 1991, rifiutata invece alla
CGT (Dreyfus 1995).
1.5.2 Assetti organizzativi e funzionali dell’INCA Francia
Fino al 1987 L’INCA è stata parte integrante della maggiore confederazione sindacale francese la CGT – che, si è visto più sopra, ha fortemente voluto la presenza in Francia di un istituto volto
ad assistere i lavoratori immigrati italiani sul piano mutualistico e previdenziale, coinvolgendo i
suoi militanti nella costituzione dell’Istituto e offrendo i propri locali per lo svolgimento delle
sue attività.
Nel concreto, i dipendenti INCA erano perciò “assunti e stipendiati dal sindacato francese. Nel
1975, quando iniziai a lavorare per l’INCA, fui assunta dalla CGT”, ricorda l’attuale
coordinatrice nazionale dell’INCA-Francia.
A seguito del raffreddamento delle relazioni, la CGIL decise unilateralmente di interrompere
l’accordo siglato con la CGT, esautorandola dei compiti di assistenza e previdenza che forniva ai
40 Del Biondo (2007) ricostruisce nel suo “L’Europa Possibile. La CGT e la CGIL di fronte al processo di
integrazione Europea (1957-1973)” in modo estremamente accurato le relazioni tra i due sindacati, ed è a questo
testo che si rimanda per un eventuale approfondimento.
41 Cfr. Del Biondo (2007) pagg. 161-184.
61
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
lavoratori italiani in Francia attraverso l’INCA. Vi sono state diverse fasi transitorie, con la
creazione di diverse associazioni, che hanno portato alla situazione attuale, in cui l’INCA in
Francia non è più parte integrante del sindacato francese, ma è formalmente un’associazione
indipendente senza fini commerciali e di lucro. L’Associazione INCA-Francia è stata costituita
il 29 gennaio 2008 sulla base della legge del 1° luglio 1901.
La sede del coordinamento nazionale dell’INCA-Francia è a Parigi, 44, rue du Chateau d’Eau.
Le sei sedi territoriali sono situate in altrettante città francesi, in quelle regioni dove un tempo la
presenza italiana era più consistente.
Parigi (Ile-de-France): 44, rue du Chateau d’Eau
Douai (Nord-Pas-de-Calais): 124, rue du 11 Novembre
Villerupt (Lorraine): 68, rue Carnet
Mulhouse (Alsace): 36, avenue Clemenceau
Lione (Rhône-Alpes): 126, rue Mazenod
Marsiglia (Provence-Côte d'Azur): 17, rue Melchion
Come specificato nello Statuto costitutivo, l’INCA-Francia può aprire, qualora lo ritenesse
opportuno, altre sedi regionali sul territorio francese.
L’associazione, come chiaramente specificato nell’art.3 del suo Statuto costitutivo, ha lo scopo di
“fornire servizi di consulenza, di assistenza e di tutela ai cittadini italiani, o di origine italiana, e
alle loro famiglie, immigrati o ex-immigrati in Francia, sulla base delle legislazioni francese ed
italiana e dei regolamenti dell’Unione Europea, al fine di:
l’ottenimento di prestazioni di sicurezza sociale e relative a pensioni, pensioni
complementari, incidenti sul lavoro e malattie professionali,
l’ottenimento di prestazioni di aiuto sociale e assistenza sociale, comprese quelle legate
all’emigrazione e l’immigrazione,
l’ottenimento di pensioni complementari,
l’informazione sulle differenti forme di prevenzione contro i rischi del lavoro e la
protezione sociale,
le informazioni sulle regole concernenti le nuove forme di emigrazione e di lavoro nel
quadro dell’Unione Europea.”
Gli organi di direzione dell’INCA-Francia sono l’Assemblea Generale degli aderenti, il
62
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Consiglio di Amministrazione e la Commissione di Revisione dei Conti. All’interno del
Consiglio di Amministrazione, composto da Presidente, vice-Presidente e tredici membri (come
da Statuto, non più di questo numero) vi sono un rappresentante della CGT ed uno della CFDT
(Confédération française démocratique du travail), le sole due sigle sindacali confederali con cui
l’INCA-Francia ha degli accordi42, sulla base delle convenzioni stipulate con esse dalla CGIL.
L’INCA-Francia ha 15 dipendenti, tutti assunti a tempo indeterminato dall’associazione, di cui
14 a tempo pieno ed un part-time. Nello specifico, vi sono 4 persone impiegate a Parigi (1 nel
coordinamento nazionale, 2 nell’ufficio regionale43 ed 1 nella sede distaccata di Argenteuil,
nella banlieue parigina); 3 a Douai, 2 a Villerupt; 2 – di cui un part-time - a Mulhouse, 2 a Lione,
1 a Marsiglia ed 1 nella sede distaccata di Grenoble. Nessuna forma di lavoro volontario è
presente all’interno delle sedi INCA in Francia.
Non vi è una reale differenziazione delle attività lavorative di back office e di front office. Ciò è
dovuto alla carenza di personale, che costringe ogni operatore a svolgere sia il lavoro di
relazione con il pubblico sia quello di avanzamento e liquidazione delle pratiche. La portata dei
servizi e dell’utenza è comunque diminuita nel corso degli anni44, le visite si sono ridotte e
molto del lavoro è svolto via telefono e via posta.
Gli uffici di Parigi sono aperti tutti i giorni dal Lunedì al Venerdì dalle 9 alle 17, con orario
continuato. Le altre sedi limitano la loro attività a sei ore giornaliere, sempre dal Lunedì al
Venerdì.
Il lavoro di assistenza e previdenza dell’associazione INCA-Francia è svolto sulla base di una
convenzione siglata tra l’associazione e l’INCA-CGIL Italia. La convenzione, che ha durata
biennale45 e che salvo cambiamenti dello Statuto dell’associazione o formale disdetta di uno dei
due contraenti si rinnova tacitamente (art. 3), regolamenta la delega che l’INCA Francia ha da
parte dell’INCA-CGIL in Italia per svolgere le attività di patronato e assistenza sociale ai
cittadini italiani presenti sul territorio francese. Oltre a questo, stabilisce i termini dell’utilizzo da
parte dell’associazione dei locali di proprietà dell’INCA (art. 5.5), l’utilizzo del logo e
dell’espressione “Sede Inca”(art. 11), ed i riferimenti normativi all’interno dei quali
42
Le confederazioni sindacali in Francia sono otto: Confédération générale du travail (CGT), Force ouvrière
(FO), Confédération française démocratique du travail (CFDT), Confédération française des travailleurs chrétiens
(CFTC), Confédération française de l'encadrement - Confédération Générale des Cadres (CFE-CGC), Fédération
Syndicale Unitaire (FSU), Union Syndicale Solidaires (anche se la sigla SUD è maggiormente utilizzata), Union
Nationale des Syndicats Autonomes (UNSA).
43 Prima del trasferimento nell’attuale sede, dove i vari uffici sono stati raggruppati, era presente a Parigi anche un
ufficio interregionale, che si occupava delle province francesi dove non erano presenti sedi INCA.
44 Il responsabile dell’Ufficio di Parigi ricorda che in passato ricevevano anche 30/40 visite al giorno.
45 L’attuale convenzione è valida dal 1° Gennaio 2008 al 31 Dicembre 2009.
63
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
l’associazione svolge le sue attività che, nello specifico, sono a) la legge italiana vigente in
materia di istituti di patronato ed assistenza sociale b) la normativa francese (art. 4).
Infine, la convenzione definisce il sistema di finanziamento dell’associazione per svolgere le
attività delegate (art. 6) e il vincolo che lega la scelta delle nomine e delle cariche statutarie della
associazione INCA Francia al preventivo benestare dell’INCA-CGIL (art. 14.1), in quanto
quest’ultima è responsabile nei confronti del Ministero del Lavoro italiano del corretto svolgersi
delle attività da parte dell’associazione (art. 14).
Il finanziamento delle differenti sedi INCA è attualmente regolamentato dal Decreto n. 193 del
10 Ottobre 200846 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, sulla base
della Legge n. 152 del 30 Marzo 2001 concernente la nuova disciplina per gli istituti di patronato
ed assistenza sociale.
Il seguente grafico può esemplificare il campo organizzativo (Powell, DiMaggio 1983)
all’interno del quale opera l’INCA-Francia.
Come le altre sedi INCA, anche l’INCA Francia riceve un contributo finanziario annuale basato
su un punteggio derivante dal numero e dalla tipologia di pratiche svolte. Ogni pratica ha infatti
un punteggio stabilito per decreto (pensione 4 punti, Trattamento di Fine Rapporto 2 punti, ect.).
Dalle interviste effettuate non è chiara la reale portata del punteggio raggiunto annualmente
dall’INCA-Francia. Se infatti la coordinatrice nazionale dichiara 2000 punti corrispondenti a
circa 500 pratiche l’anno, il responsabile dell’Ufficio di Parigi dichiara invece un totale di 3000
punti, corrispondenti secondo lui a circa un migliaio di pratiche evase all’anno.
46 Pubblicato sulla G.U. n. 288 del 10 dicembre 2008
64
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.5.3
Tipologia dei servizi offerti e caratteristiche dell’utenza
L’associazione INCA Francia, delegata dall’INCA CGIL a svolgere sul territorio francese le
funzioni di patronato e di assistenza sociale, e le attività di consulenza, assistenza e tutela anche
in sede giudiziaria, oltre alle sue specifiche attività di supporto alle autorità diplomatiche e
consolari italiane in Francia, mette a disposizione della propria utenza i seguenti servizi:
a) Controllo contribuzione
b) Consulenza legale
c) Infortuni e malattie professionali
d) Riscatti e ricongiunzioni dei periodi lavorativi
e) Verifica posizione assicurativa
f) Pensioni in convenzione internazionale
g) Previdenza complementare
h) Prestazioni per maternità e malattia
i) Riconoscimento invalidità civile
j) Procedure per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno
e per i ricongiungimenti familiari
k) Revisioni di rendita attive e passive
l) Richiesta di prestazioni assistenziali
m) Verifica del diritto, calcolo e domanda di pensione
per lavoratori pubblici e privati
La fine dell’emigrazione italiana di massa ha inevitabilmente determinato un cambiamento della
tipologia e della portata dei servizi offerti. Come confermano i dati analizzati nella prima parte
del presente report e le interviste svolte agli operatori, le iniziali attività dell’INCA in Francia
erano rivolte ad un’immigrazione numericamente più consistente, composta da lavoratori per lo
più impiegati nei cantieri, nell’edilizia, nelle miniere e nelle grandi fabbriche metalmeccaniche
del settore automobilistico quali Renault, Peugeot e Citroen. La nuova emigrazione non ha
ancora influenzato il lavoro della sede INCA in Francia, a causa della sua scarsa rilevanza
numerica. Dalle interviste si evince come, negli ultimi 5 anni, siano solamente una cinquantina i
casi di “nuova emigrazione” che la sede INCA a Parigi si è trovata a fronteggiare.
L’invecchiamento dell’utenza ed il tendenziale mancato ricambio generazionale dovuto alla fine
dell’emigrazione di massa verso la Francia hanno perciò determinato una concentrazione dei
65
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
servizi offerti dall’INCA soprattutto verso la dimensione previdenziale, pensionistica e di
ricostruzione di carriera. Un cambiamento della domanda che determina un inevitabile
adeguamento delle attività dell’INCA su specifici servizi. Sulla base delle interviste svolte, è
possibile evidenziare i seguenti aspetti:
Servizi rivolti ad una immigrazione di lunga durata: L’attuale utenza è tendenzialmente piuttosto
anziana, arrivata qui nell’immediato dopoguerra o negli anni Sessanta e Settanta. Come visto
nella prima parte del presente report (Tabelle 10-11-12), molti cittadini italiani emigrati in
Francia hanno prolungato la loro permanenza al di là dell’età lavorativa, spesso caratterizzata da
differenti occupazioni, da carriere miste che necessitano di un lavoro di ricostruzione ai fini
pensionistici. Se in passato i servizi più richiesti erano quelli relativi agli assegni famigliari
(coppie con bambini piccoli) o alle malattie professionali. Servizi, questi ultimi, dovuti alle
tipologie occupazionali più esposte a rischi professionali che assorbivano un tempo la
manodopera italiana, come il settore edile e quello metalmeccanico. Attualmente sono invece
l’assistenza pensionistica e l’aggiornamento della posizione assicurativa i servizi che impegnano
la maggior parte delle attività degli operatori dell’INCA.
Un utenza anche al femminile. Il pubblico che si rivolge all’INCA ha una spiccata connotazione
di genere. Donne immigrate nei decenni passati che si rivolgono all’INCA soprattutto per le
pensioni di reversibilità, o per richiedere assistenza sui contributi versati nel corso della loro
attività lavorativa. Molte di loro sono state impiegate come dipendenti pubbliche, mentre ora si
tratta soprattutto di insegnanti. Per la maggior parte sono donne italiane o di origine italiana, ma
vi sono diversi casi di coniugi francesi o di altre cittadinanze, a testimonianza del fatto che
l’immigrazione italiana si è inserita e radicata in profondità nel tessuto sociale francese. Come
visto nella parte prima del presente report, ed in particolare la tabella 14 conferma da un punto di
vista statistico quanto qui sostenuto, il numero di coppie miste è molto elevato, circa il 71%, e di
queste, oltre il 3% è composto da un uomo italiano ed una donna straniera non francese.
Cambiamento del ruolo e delle competenze dell’INCA. L’emigrazione del dopoguerra e degli
anni Sessanta era in parte culturalmente molto arretrata, ed in molti casi aveva difficoltà ad
esprimersi anche in italiano, far capire quali fossero le sue necessità. Il ruolo dell’INCA era
quindi quello di mediazione con la società francese, di supporto, luogo di aggregazione e punto
di riferimento, ma anche – con la nascita dei figli e l’inserimento di questi nel nuovo tessuto
sociale – di continuità con l’Italia, una sorta di “cordone ombelicale” che veniva mantenuto per
66
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
non perdere i contatti con il paese di origine. La nuova emigrazione si caratterizza per una
maggiore mobilità, che impegna l’INCA nella ricostruzione delle carriere di italiani che hanno
svolto attività lavorative in diversi paesi prima di arrivare in Francia, o che si trovano in un altro
paese dopo essere stati impiegati Oltralpe ed aver versato contributi che devono essere recuperati
e calcolati ai fini pensionistici. Vi sono poi casi riscontrati dagli operatori INCA di
multinazionali francesi che assumono in Italia lavoratori per poi spostarli in altri paesi, per i
quali non è chiaro quale legislazione si applica in materia di contribuzione a fini pensionistici, e
per i qual casi non vi è una adeguata formazione. La mobilità lavorativa che caratterizza il
mercato del lavoro globalizzato costringe l’INCA a sviluppare nuove competenze e ad
aggiornarsi continuamente su queste tematiche.
Infine, il progetto migratorio dei nuovi arrivati è maggiormente delineato e definito, anche per le
persone con un basso titolo di studio, e il contatto con l’INCA è spesso funzionale alla sola
richiesta di informazioni su contratti di lavoro, assegni, sussidi di disoccupazione. Un contatto
che avviene in genere nel periodo immediatamente successivo all’espatrio, oppure al rientro in
Italia, per avere informazioni riguardo al recupero dei contributi.
L’Italia attuale paese d’immigrazione: non sono però solo i cittadini italiani o di origine italiana
che si rivolgono all’INCA. L’utenza, e di conseguenza la richiesta di servizi, è anche composta
da immigrati, soprattutto nordafricani ma anche europei, che prima di stabilirsi in Francia hanno
lavorato per un periodo nel nostro paese. Anche in questo caso, il servizio maggiormente
richiesto è quello del calcolo e recupero dei contributi versati.
1.5.4
La rete territoriale
L’INCA Francia ha legami strutturati con le altre sedi INCA negli altri paesi europei (Svizzera,
Germania e Belgio e più recentemente con l’Inghilterra), nei paesi del Sud America, negli gli
Stati Uniti e in Australia. Legami funzionali soprattutto alla necessità di far valere i diritti
pensionistici e di contribuzione accumulati dai cittadini italiani che prima o dopo essersi recati
altrove, hanno risieduto e lavorato in Francia.
Come visto più sopra, il legame con le strutture INCA in Italia è molto forte, regolamentato da
una convenzione. L’INCA nazionale si occupa, sulla carta, della formazione degli operatori e del
loro aggiornamento, nonostante quest’ultimo venga indicato spesso nel corso delle interviste
come carente e quindi percepito come una delle criticità più evidenti che gli operatori si trovano
a dover fronteggiare. La sede nazionale fornisce inoltre il software di gestione delle pratiche che
67
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
passerà a breve da quello attuale (il SINCA 3.0) ad un nuovo sistema di gestione completamente
on-line.
I rapporti con i sindacati locali sono vincolati alle decisioni prese dalla CGIL in Italia e sono
limitati alla GCT e la CFDT, che - come detto più sopra - hanno entrambe un loro rappresentante
all’interno del Consiglio di Amministrazione dell’associazione INCA Francia. Non vi sono
accordi con altri sindacati, i quali hanno legami con altri patronati italiani sul territorio47.
Patronati con cui peraltro l’INCA non ha più contatti, diversamente che in passato quando,
specialmente con le ACLI, una rete di contatti formale era presente. La simile attività sul
territorio ha infatti causato problemi di concorrenza politica – soprattutto tra i dirigenti delle
diverse strutture. Anche per recuperare un maggiore radicamento sul piano territoriale, si stanno
cercando di ricostruire terreni comuni di lavoro con le ACLI. Queste ultime svolgono diverse
attività di consulenza fiscale, ma anche di assistenza psicologica e di formazione, riuscendo ad
essere molto presenti sul territorio, anche attraverso un festival con le associazioni italiane a
Parigi che organizzano ogni anno in giugno, ed un giornale che stampano con cadenza più o
meno regolare.
La maggior parte dei contatti con associazioni locali e con strutture istituzionali italiane come
consolati, ambasciata e istituti di cultura non è formalizzata, e si basa su relazioni e rapporti
personali dei singoli operatori e funzionari.
Le difficoltà di visibilità sul territorio riscontrate dall’INCA si differenziano sulla base delle
regioni dove opera. Nei piccoli paesi di provincia, dove vi è una maggiore concentrazione
territoriale delle comunità italiane, è più facile raggiungere i cittadini immigrati ed informarli
sulle attività ed i servizi offerti dall’INCA. La regione parigina e quella lionese presentano
invece maggiori difficoltà di inserimento territoriale volto a raggiungere potenziali assistiti, in
quanto sono composte da numerosi comuni, all’interno dei quali la presenza italiana è distribuita.
Per cercare di allargare l’utenza è stato realizzato un volantino informativo inviato per posta ed
affisso nei consolati e nei comuni dove è presente una sede zonale dell’INCA, e sono state
utilizzate le pubblicazioni dei municipi locali, “Mensuel Municipal”, le quali offrono spazi
gratuiti alle associazioni per promuoversi. Si cerca di utilizzare anche il canale sindacale,
appoggiandosi alla CGT e la CFDT, ma il tasso di sindacalizzazione in Francia è piuttosto basso.
Il vettore più efficace è comunque l’utente italiano che ha già usufruito dei servizi che l’INCA
mette a disposizione e che può così raggiungere altri connazionali attraverso il passaparola.
47 I Patronati italiani presenti in Francia sono quattro. Oltre all’INCA, vi sono l’INAS – Associazione Nazionale di
Assistenza Sociale della CISL; l’ITAL-UIL e le ACLI – Associazioni Cattoliche Lavoratori Italiani.
68
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.5.5
Criticità
Le interviste svolte nel corso dell’indagine di campo hanno fornito, oltre alle informazioni
relative alla struttura organizzativa dell’INCA Francia, alle attività da essa svolte, ai servizi
offerti, alla composizione dell’utenza e alla strutturazione della rete territoriale, anche degli
spunti utili ad individuare alcune criticità che l’INCA Francia, ed in particolare gli operatori che
operano al suo interno, si trovano a dover affrontare nello svolgimento delle sue attività.
Queste criticità possono essere ricondotte a quelle forze che Powell e DiMaggio (1983)
concettualizzano come pressioni ambientali all’interno di un determinato campo organizzativo;
alla dimensione dell’identità organizzativa anche in relazione al fabbisogno formativo dell’INCA
Francia; ed infine alla gestione del tema del potere interpretato come gestione dei margini di
incertezza (Crozier 1977).
a) Il lavoro invisibile: le interviste evidenziano come a fronte di una certa quantità di lavoro
svolto dagli operatori su pratiche statisticabili (pensioni, assegni, ricostruzioni di carriera,
assicurazioni) e riconducibili a quelle definite dal decreto, ognuna delle quali ha un punteggio
funzionale al calcolo del lavoro oggettivamente svolto dall’INCA Francia, vi è tutta una serie di
attività svolte che non vengono conteggiate secondo questo sistema di punteggi. La complessità
dell’esperienza migratoria di una persona e della sua famiglia non si esaurisce nella risoluzione
della sua pratica pensionistica, o della ricostruzione della sua carriera a fini contributivi: porta
con sé una serie di problematiche che non trovano una “codifica” in termini di punteggio ma che
vengono comunque affrontate dagli operatori, generando un lavoro che non è retribuito. Dalle
interviste emerge che molti dei problemi che l’utenza sottopone frequentemente agli operatori,
come interventi per l’ottenimento del rinnovo del passaporto, pratiche di vendita di terreni
appartenuti al coniuge in Italia, o la risoluzione di un’ingiunzione di sfratto, non portano punti
utili all’ottenimento dei finanziamenti, ma sono comunque interventi necessari e rientrano in
un’ottica di assistenza e tutela dei cittadini italiani immigrati, delle loro famiglie o dei loro
discendenti. Gli operatori si trovano nella difficile situazione di non riuscire spesso a soddisfare
tutte le domande che gli vengono sottoposte, in quanto hanno la necessità di applicarsi
comunque nella ricerca e risoluzione di pratiche funzionali al sistema dei punteggi.
Le posizioni neoistituzionaliste nell’ambito degli studi organizzativi riferibili a Powell e
DiMaggio (1983) sono qui funzionali alla spiegazione delle pressioni ambientali a cui è soggetta
69
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
l’INCA Francia all’interno del campo organizzativo48 in cui è possibile iscriverla. Quest’ultimo
è composto dal rapporto verticale con l’INCA nazionale, a sua volta connessa alle direttive
ministeriali i cui finanziamenti sono definiti per decreto sulla base dei punteggi associati ad ogni
specifica tipologia di pratica. L’assenza di altre forme associative in grado di accogliere e
risolvere problematiche di varia natura relative ai cittadini italiani immigrati in Francia
determina una pressione sull’INCA Francia, che si trova comunque costretta a fronteggiare
queste problematiche. Un altro vettore di questa pressione proviene dall’alto, in quanto l’attività
dell’INCA Francia viene riconosciuta solo attraverso le pratiche statisticabili. Tutte le altre
numerose funzioni che pure l’INCA Francia si trova a dover gestire e risolvere rappresentano
una quota di lavoro invisibile e non soggetto a finanziamenti dell’attività di questa
organizzazione.
b) Identità e formazione: un’altra criticità emersa dalle interviste riguarda la carenza di
formazione fornita agli operatori, che non vengono adeguatamente aggiornati oltre a manifestare
delle carenze nella relazione con gli utenti. La mancanza di una adeguata preparazione degli
operatori è uno degli aspetti, a quanto emerso dalle interviste, che è alla base della diminuzione
dell’incisività e visibilità dell’INCA sul territorio. Come si evince dalle parole del responsabile
della sede di Parigi infatti “c’è una diminuzione della portata dei servizi [...] il problema è la
preparazione, molto dipende anche dall’operatore, e dal modo in cui si approccia all’utente”. La
mancanza di formazione, unita alla carenza di personale, sono le cause che portano l’INCA
Francia a non riuscire a soddisfare tutte le domande che gli utenti gli rivolgono.
Questa criticità è ulteriormente complicata dal mancato riconoscimento degli operatori del
costituire una parte vitale dell’organizzazione. Su questo punto è ancora il coordinatore della
sede parigina a sostenere che “spesso si pecca nella formazione e nell’identità degli operatori”.
La dimensione vocazionale propria dell’assistenza e della tutela dei diritti dei cittadini italiani
immigrati, delle loro famiglie e dei loro discendenti necessiterebbe di essere trasferita agli
operatori attraverso corsi di preparazione e formazione specifici. La cultura organizzativa
dell’INCA Francia, in cui è possibile riscontrare una crisi nell’identificazione di alcuni soggetti
con la struttura, rimanda dunque alla necessità di investire in una formazione atta a suscitare una
maggiore adesione dei soggetti ai valori fondamentali dell’organizzazione. Questo problema è
stato peraltro sollevato anche all’interno dell’ultima Conferenza di Organizzazione della CGIL
tenutasi a Roma il 28-31 maggio 2008. Nel documento finale in cui vengono esposte le scelte
48 Per campo organizzativo si intende, secondo Powell e DiMaggio: “un insieme di organizzazioni che, nel
complesso, costituiscono un area riconosciuta di vita istituzionale: fornitori chiave, produttori e consumatori di
risorse, ed altre organizzazioni che producono beni o servizi simili” (1983: 148).
70
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
assunte dalla Conferenza in merito alla questione della formazione nella parte relativa ai Servizi
- di cui l’INCA è parte integrante, si afferma che questi ultimi debbano “reggersi su tre elementi
imprescindibili: 1) una forte professionalità “verticale” (sapere); 2) una forte professionalità di
“sistema” (saper fare); 3) una forte capacità di “vivere” l’organizzazione” (saper essere)” (CGIL
2008 p.40). La necessità di integrare queste tre dimensioni e di articolarle in modo coerente tra
loro è una condizione necessaria per “soddisfare la domanda”(Ib. p.40) che si rivolge ai Servizi
della CGIL, anche attraverso una “semplificazione e un’ottimizzazione all’accesso dell’intero
sistema” (ib p.41), con il fine di “promuovere l’adesione al sindacato e alla militanza” (ib p.41).
Per fare questo si evidenzia come sia indispensabile l’aspetto della formazione, ed in particolare
“un progetto formativo, già sperimentato negli anni passati, e che quindi va riattualizzato, rivolto
a tutti gli operatori del sistema sulla “identità” (ib p. 41).
Come ben descrive la tradizione culturalista degli studi organizzativi, riconducibile, tra gli altri
autori, a Bonazzi (2008), Gagliardi (1995), Hatch (1999) e Schein (1984), quella della
formazione può rappresentare una leva efficace per il cambiamento e per l’identificazione del
soggetto nel gruppo di lavoro oltre che nell’organizzazione nel suo complesso. Lo strumento
della formazione può essere utilizzato consapevolmente a questo scopo e determinare un
miglioramento nella gestione delle conflittualità interne e nella capacità dell’organizzazione di
raggiungere i suoi obiettivi.
c) il trasferimento di informazioni: l’ultima criticità evidenziata dalle interviste è quella relativa
alla condivisione delle conoscenze e delle informazioni da parte degli operatori con l’utenza. La
difficoltà del trasferimento del sapere e delle informazioni risiede, secondo gli intervistati, “nella
mancata volontà di portare l’utente ad una situazione di benessere ed autonomia, cosa che
peraltro succedeva anche nei consolati”. La forza di questa affermazione può essere stemperata
se interpretata facendo riferimento a Crozier (1963), e alla sua concezione del potere inteso come
gestione dei margini di incertezza. Diversamente da Weber, che concepiva il potere come
l’esercizio di un’autorità formale, Crozier sottolinea come esso possa annidarsi piuttosto nella
capacità
discrezionale
posseduta
da
ogni
membro
dell’organizzazione,
e
questo
indipendentemente dal ruolo o dalla posizione occupata all’interno della gerarchia organizzativa.
Il detenere delle informazioni in modo discrezionale rispetto all’utenza, consentirebbe difatti
all’operatore di gestire il proprio lavoro con maggiore libertà o nascondere -qualora fosse
necessario- errori, carenze o disfunzioni sorte all’interno del processo organizzativo.
71
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.6 La survey sulla popolazione italiana in Francia
Come detto più sopra, la survey è stata realizzata con un campionamento a valanga nel corso dei
primi mesi del 2009. I questionari, 100 in tutto, sono stati sottoposti ad italiani ed italiane
residenti per la maggior parte nella regione parigina, attraverso somministrazione diretta e
attraverso la posta elettronica ed, elaborati attraverso il software statistico SPSS.
Il questionario si compone di 6 parti: Informazioni generali, con domande relative ai dati socioanagrafici, Storia personale, in cui si raccolgono informazioni riguardo il processo migratorio,
Famiglia e situazione abitativa e lavorativa, che si concentra sugli aspetti occupazionali e
familiari dell’esperienza dell’intervistato, Il rapporto con le strutture INCA ed i bisogni, in cui si
chiede all’intervistato riguardo l’eventuale conoscenza dell’INCA, dei servizi offerti e una loro
valutazione, I rapporti con il territorio, con domande relative alla rete amicale, l’iscrizione al
sindacato, la proiezione della propria identità culturale in un altro paese e la propria percezione
di come è vista in Francia l’emigrazione italiana, Mass-Media, infine, con domande relative
all’accesso ai mezzi di comunicazione.
Nel definire la composizione del gruppo di intervistati a cui sottoporre il questionario per la
survey quantitativa si è cercato di tener conto, oltre alle caratteristiche peculiari della nuova
emigrazione italiana in massa, anche quelle relative alla sua distribuzione territoriale. L’inchiesta
è stata condotta per la maggior parte nella regione parigina, ma si è cercato di rintracciare le
persone a cui sottoporre il questionario attraverso il maggior numero di “reti” possibili,
contattando associazioni di italiani presenti sul territorio49, scuole di lingua e licei italiani, reti di
studenti universitari. Si è inoltre insistito sulle attività commerciali gestite da italiani, sui circuiti
e le reti amicali italiane all’interno dei quali alcuni intervistati erano inseriti. La partecipazione
ad Expolangues, Forum sulle lingue straniere svoltosi a Parigi nel Gennaio 2009, ci ha permesso
di raggiungere anche alcuni italiani emigrati in Francia da molto tempo e persone discendenti da
genitori italiani, presenti tra gli organizzatori dello stand della lingua italiana all’Expò. Infine,
l’Istituto Italiano di Cultura è stato un altro luogo per l’incontro di italiani residenti a Parigi.
49
In particolare, sono state contattate le seguenti associazioni, che hanno permesso di raggiungere un numero
consistente di italiani presenti in Francia: Ancêtres Italiens, Cabinet Projets Culturels Paris, L’Italie à Paris,
Associazione Tarantola, Scuola Virgilio, Scuola di lingue Dante Alighieri, Association des professeurs d’italien de la
région parisienne, Associazione Marchigiani nel Mondo, Associazione S’isula Sarda, Comité Fédéral des Sociétés
d'Emigrés Valdôtains, la sezione del Partito Democratico a Parigi, Associazione BabelCafè. Per quanto riguarda gli
studenti universitari, un messaggio con il questionario allegato è stato fatto girare sulla mailing list dell’EHESS
(https://sympa.ehess.fr/sympa/info/etudiantsehess), dove sono presenti molti studenti italiani iscritti a dottorati o
titolari di assegni di ricerca post-dottorato.
72
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Si è volutamente ridotto il più possibile il numero di contatti ottenuti attraverso l’INCA stesso,
per evitare di falsare la survey nella sezione riguardante la conoscenza dell’INCA. Ciò perché se
la maggior parte dei contatti fossero venuti da lì, alcune delle domande presenti in questa parte
del questionario avrebbero perso senso.
1.6.1 Dati socio-anagrafici
Il gruppo di intervistati nella survey che, lo ricordiamo, è basato su 100 casi, è composto per il
54% da donne e per il restante 46% da uomini. Come si vede dalla tabella 1, il 42% degli
interviatati, la quota maggiore, è composto da nubili e celibi (uomini e donne equamente divisi),
il 23% è sposato ed il 29% è una situazione di convivenza (caso che si verifica per il 16% per le
donne e per il 13% per gli uomini). L’alto numero di convivenze è dovuto essenzialmente a due
motivi: il primo per l’età relativamente bassa tra gli inervistati (l’età media è infatti 36 anni) e il
secondo perché in Francia anche la situazione di convivenza è riconosciuta a livello giuridico
attraverso i Pacs (vedi nota 16) e quindi più facilmente percorribile come alternativa al
matrimonio.
Tabella 1 – Stato civile e sesso
Stato Civile
Femmina
Maschio
Totale
Nubile/Celibe
21,0%
21,0%
42,0%
Coniugato/a
12,0%
11,0%
23,0%
Convivente
16,0%
13,0%
29,0%
Separato/a
3,0%
1,0%
4,0%
Divorziato/a
2,0%
Totale
54,0%
2,0%
46,0%
100,0%
La suddivisione per età degli intervistati è mostrata nella tabella 2. L’81% delle persone che
hanno risposto al questionario ha un’età compresa tra 25 e 44 anni, con la classe 25-34 che
assorbe quasi la metà degli italiani intervistati, a testimonianza di una emigrazione italiana
piuttosto giovane. Il restante 19% si divide tra le altre classi, tutte superiori a 45 anni a parte un
caso nella prima classe, quella tra 18 e 24 anni.
73
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 2 - Età
Età
Frequenze
18-24
1
1,0
1,0
25-34
48
48,0
49,0
35-44
33
33,0
82,0
45-54
9
9,0
91,0
55-64
7
7,0
98,0
+65
2
2,0
100,0
100
100,0
Totale
%
% cumulata
La nazionalità dei soggetti intervistati è - come prevedibile - per la grande maggioranza italiana
(86%). Non va però sottovalutata la quota di francesi ed italiano francesi, rispettivamente il 5% e
l’8% del nostro gruppo di intervistati, che testimoniano una presenza di lunga durata e un livello
di elevata integrazione dei nostri connazionali nel tessuto sociale francese.
Grafico 1 - Nazionalità
Sul totale delle persone intervistate, sono soltanto in otto i discendenti di emigranti. Tra questi,
per la metà dei casi sono stati i genitori ad emigrare, mentre l’altra metà è addirittura presente in
74
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Francia da più di due generazioni, essendo stati i nonni, e in un caso il bisnonno, ad emigrare
Oltralpe. In ognuno di questi casi, comunque, è stato sempre per motivi lavorativi che queste
persone hanno deciso di emigrare.
1.6.2 Il progetto migratorio
Un discorso diverso riguarda il restante 92% di italiani che hanno affrontato in prima persona
l’esperienza migratoria. Per quel che riguarda l’anno di partenza dall’Italia, le persone
intervistate si concentrano in maggioranza nell’ultimo decennio, come mostra il grafico 2, con il
63% dei casi, con picchi massimi tra il 2000 e il 2003, e nel decennio precedente per il 22%.
Un’emigrazione molto recente quindi, composta da persone provenienti in modo piuttosto
omogeneo da tutte le parti d’Italia: 37% dal Nord, 35% dal Centro e 22% dal Sud e le Isole.
Grafico 2 – Anno di arrivo
I grandi centri urbani sono quelli da cui sono partiti il maggior numero degli intervistati. Sono
soprattutto Roma, Milano, Bologna, Napoli le città che hanno visto il maggior numero di
persone partire verso la Francia.
75
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grafico 3 – Motivo emigrazione per sesso
Rispetto al passato, anche i motivi che hanno dato avvio al processo migratorio sono più
articolati, così come le motivazioni legate alla scelta del paese. Se il lavoro rimane ancora la
ragione preponderante che spinge gli italiani ad intraprendere un processo migratorio (47,9%),
tanto per gli uomini che per le donne, anche lo studio ricopre una parte importante delle ragioni
alla base dell’emigrazione, in questo caso maggiormente per le donne (17%) che non per gli
uomini (12,8). A queste si aggiungono ragioni legate alla sfera affettiva (3,2%) ed in particolare
al ricongiungimento familiare, che è il 6,4% delle cause dell’emigrazione. Fenomeno
quest’ultimo che non è solamente relativo alle donne come comunemente si potrebbe credere,
ma riguarda anche il 2,1% degli uomini intervistati. La scelta della Francia è determinata,
secondo quanto illustrato dal grafico 4, per la maggior parte dei casi da scelte soggettive senza
una ragione specifica: il 23,9% dichiara infatti di essersi recato in Francia “perché gli piaceva”.
Quest’ultima motivazione, se analizzata incrociandola con il genere, risulta essere una scelta
maggiormente femminile (16,3%) che maschile (7,6%), a differenza della seconda più diffusa,
basata su una valutazione di matrice più strategica, come quella della migliore qualità della vita:
76
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
qui sono invece più gli uomini (14,1%) piuttosto che le donne (8,7%) a rispondere con più
frequenza.
Grafico 4 – Motivazione scelta della Francia
Anche qui emerge chiaramente la scelta della Francia come mèta privilegiata di un’emigrazione
dettata da motivi di studio: sono infatti il 7,6% delle persone intervistate che hanno dichiarato di
essersi recate Oltralpe per ragioni di studio, a cui si aggiunge un altro 16,3% che ha trovato un
più adeguato indirizzo di studio nelle università francesi rispetto a quelle italiane. Infine, un non
sottostimabile 9,8% si è recato in Francia convinto che il suo progetto migratorio lo avrebbe
portato a trovare più facilmente lavoro, mentre il 6,5% e il 5,4% degli intervistati è emigrato
rispettivamente per ricongiungimenti familiari e per motivi affettivi.
Che la nuova emigrazione sia caratterizzata da una forte mobilità, anche all’interno del nostro
gruppo di inetrvistati, è testimoniato dal fatto che quasi il quaranta per cento (38,3%) delle
persone intervistate è stato in un altro paese prima di arrivare in Francia. Paesi europei
soprattutto, come Inghilterra, Spagna, Belgio, Germania, ma anche Stati Uniti, Canada,
Australia. Inoltre, il 22,4% ha dichiarato che non ha intenzione di rimanere in Francia, a fronte di
un 71,4% che è invece intenzionato a stabilirsi nel lungo periodo, e una quota di indecisi pari al
6,1%.
77
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grafico 5 – Perché pensa di rimanere in Francia
Indagando riguardo alle motivazioni di coloro che hanno intenzione di rimanere in Francia
(grafico 5), il 60,5% dichiara di avere raggiunto una stabilità lavorativa ed affettiva, mentre il
31,5% considera la Francia un paese migliore rispetto all’Italia, per la qualità della vita, la
possibilità di realizzazione professionale, la maggiore attenzione da parte dello Stato al cittadino.
Le motivazioni che spingono invece la parte degli intervistati che ha risposto in maniera negativa
alla domanda riguardo la possibilità di stabilirsi in Francia sono soprattutto legate ad una
dimensione professionale (35%) o alla sfera affettiva (20%) proiettate altrove (grafico 6).
78
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grafico 6 – Perché pensa di non rimanere in Francia
Abbiamo visto, fino ad ora, che la nuova emigrazione italiana che emerge dalla nostra survey è
composta da persone piuttosto giovani, che hanno lasciato l’Italia per la maggior parte dei casi
negli ultimi dieci anni, che provengono tanto dal Nord che dal Centro che dal Sud e che si
caratterizzano per una discreta mobilità. La tabella 3 ci illustra i titoli di studio delle persone
intervistate. Il gruppo è fortemente sbilanciato verso un alto titolo di studio, confermando anche
quanto detto nella prima parte del report, e cioè che la nuova emigrazione si caratterizza per un
capitale culturale elevato o addirittura molto elevato. Sono rispettivamente il 44,9% e il 35,7% i
possessori di una laurea e di titolo di studio post-laurea, come Master o dottorato. Scomponendo
il dato per sesso, si nota come le donne abbiano tendenzialmente titoli di studio più alti degli
uomini, essendo per la quasi totalità laureate o con un titolo addirittura superiore, mentre gli
uomini, pur avendo comunque un alti titoli di studio (quelli con una formazione post-laurea sono
leggermente di più delle donne – 18,4% a fronte di un 17,3%) sono distribuiti in modo più
omogeneo, con un 7,1% con qualche esame di università, un 5,1% con il diploma e un 2% con la
licenza media.
79
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 3 – Titolo di studio per sesso
Femmina
Licenza Media
Maschio
Total
2,0%
2,0%
Licenza Superiore
1,0%
5,1%
6,1%
Licenza Superiore ma ho fatto
qualche esame all'Università
4,1%
7,1%
11,2%
Laurea
31,6%
13,3%
44,9%
Post Laurea
17,3%
18,4%
35,7%
Total
54,1%
45,9%
100,0%
Per quanto riguarda la conoscenza delle lingue, tutti gli intervistati hanno dichiarato di conoscere
l’italiano ed il francese, il 78,6% l’inglese, il 35,7% lo spagnolo e l’11,2% il tedesco.
1.6.3 Situazione abitativa e professionale
La condizione abitativa delle persone che compongono il gruppo degli intervistati è polarizzata
essenzialmente tra il vivere soli, per il 31,3% dei casi, e il vivere con il coniuge/convivente, con
o senza i figli (rispettivamente il 23% ed il 30,3% dei casi). Riguardo questi ultimi, il 32,3%
degli italiani intervistati ha dei figli, i quali per oltre il 90% si trovano in Francia. Ciò è dato dal
fatto che si tratta per lo più di coppie giovani, che vivono ancora con i figli in casa.
Il vivere soli in Francia, e soprattutto nelle grandi città, è una condizione molto diffusa dovuta al
grande numero di monolocali – i cosiddetti studio50 - e alla possibilità di accedere alla CAF –
Caisse d’Allocations Familiales – che fa parte del sistema di sicurezza sociale francese fornendo
dei sussidi all’affitto per persone con redditi bassi. Cassa a cui possono accedere ovviamente non
solo le persone che vivono sole, ma anche i conviventi, le persone sposate e quelle con figli.
50 Gli studio sono per la maggior parte ricavati dalle ex chambre de bonne, le stanze delle domestiche degli
appartamenti delle famiglie borghesi, quasi sempre poste agli ultimi piani dei palazzi.
80
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grafico 7 – Con chi vive
Oltre la metà degli intervistati vive in affitto (54,6%), in subaffitto (4,1%) od ospite presso amici
e parenti (5,2%), mentre il 36,1% risiede in case di sua proprietà, come mostra il seguente
grafico 8.
Grafico 8 – Dove vive
Molto interessante per comprendere il fenomeno della recente emigrazione è analizzare nel
dettaglio la condizione lavorativa delle persone intervistate, combinando in una tabella a doppia
entrata la situazione che vivevano in Italia e quella che vivono attualmente in Francia.
In linea generale si desume che la quasi totalità delle persone intervistate ha migliorato con il suo
arrivo in Francia la sua situazione lavorativa, e chi invece si trovava con già una situazione
stabile, l’ha mantenuta, a parte dei casi sporadici.
81
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 4 - Confronto situazione lavorativa in Italia e situazione lavorativa in Francia
Quale posizione lavorativa aveva in Italia?
A
In cerca di
Qual è la sua posizione Occupato Occupato a Senza
inserimento/
Diso
a tempo
tempo
progetto/
prima
Studen Casali
lavorativa in Francia?
contratt
formazione/
ccup
determina indetermina
collabor
occupazio
te
nga
o
stage
ato
to
to
azione
ne
Occupato con contratto
a tempo determinato
4,3%
1,1%
Occupato con contratto
a tempo indeterminato
4,3%
5,3%
Con
contratto
a
progetto/collaborazione
1,1%
2,1%
1,1%
2,1%
4,3% 1,1%
8,5%
4,3% 2,1% 20,2%
RMI (Reddito
d'Inserimento)
47,9%
5,3%
1,1%
1,1%
prima
1,1%
4,3%
2,1%
1,1%
1,1%
2,1%
1,1%
3,2%
7,4%
1,1%
Minimo
1,1%
1,1%
Studente
3,2%
Casalinga
1,1%
Libera Professione
1,1%
Pensionato
Totale
21,3%
1,1%
1,1%
Senza contratto scritto
In cerca di occupazione
1,1%
Libera
profes Totale
sione
4,3%
Con
contratto
di
inserimento/formazione/
stage
In cerca di
occupazione
6,4%
Altro
1,1%
11,7%
9,6% 10,6%
3,2%
2,1%
1,1%
1,1%
1,1%
3,2%
1,1%
100,0
2,1%
1,1%
1,1%
12,8%
9,6% 3,2% 36,2%
1,1%
3,2%
Nel dettaglio, leggendo la tabella per colonna, chi aveva in Italia un contratto a tempo
determinato, l’11,7% del totale, continua a trovarsi nella stessa situazione per il 4,3% dei casi,
mentre la stessa percentuale di casi ha invece migliorato la sua situazione con un contratto a
tempo indeterminato. Il 2,1% è invece, al momento della rilevazione, ancora in cerca di una
occupazione. Chi aveva invece un contratto a tempo indeterminato in Italia (9,6% del totale) si
trova a mantenere la stessa situazione lavorativa anche in Francia per il 5,3% dei casi, mentre è
senza contratto o in cerca di occupazione l’1,1%. E’ questo probamente il caso delle molte
persone che lavorano per le grandi multinazionali, le quali hanno al loro interno una mobilità
transnazionale dei loro lavoratori.
Chi invece in Italia lavorava nel sommerso, il 10,6% del totale, è riuscito con il suo arrivo in
Francia a stabilizzarsi a tempo indeterminato per il 2,1% dei casi, e ad ottenere un contratto di
collaborazione per il 4,3%. Il 3,2% è invece ancora alla ricerca di un lavoro.
Il 12,8% del totale lavorava in Italia con contratti precari, e stabilizza la sua situazione con un
contratto a tempo determinato (4,3%) e indeterminato (ben l’8,5%), così come succede a coloro i
quali in Italia erano in cerca di una prima occupazione (9,6% del totale). Anch’essi stabilizzano
la loro condizione lavorativa con occupazioni a tempo determinato (4,3%) e indeterminato
(4,3%). Tutti quelli che in Italia non lavoravano, il 3,2% del totale, sono ora stabilmente occupati
82
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
in Francia con contratti a tempo determinato o indeterminato. Infine, il caso di chi era studente in
Italia prima di emigrare, che rappresenta il 36,2% del totale degli intervistati. Rispettivamente il
6,4% e il 20,1% hanno ora un’occupazione con contratto a tempo determinato ed indeterminato,
ed il 3,2% è ancora nella condizione di studente. Come ultima notazione desumibile dalla tabella
è quella che chi svolgeva la libera professione in Italia, continua a farlo anche in Francia.
Tabella 5 – Occupazione per sesso
Sesso
Occupazione
Femmin
a
Maschio Totale
Dirigente settore pubblico o
privato
3,8%
3,8%
7,7%
Impiegato settore pubblico o
privato
24,4%
16,7%
41,0%
Insegnante
11,5%
Professore/Ricercatore
Universitario
6,4%
Operaio specializzato
Consulente nei servizi
1,3%
Altro
7,7%
Totale
55,1%
11,5%
10,3%
16,7%
1,3%
1,3%
3,8%
5,1%
9,0%
16,7%
44,9% 100,0%
Le professioni svolte sono in genere di medio-alto livello, come ci illustra la tabella 5. Il 7,7%
del totale è occupato come dirigente in settori sia pubblici che privati, equamente distribuiti tra
uomini e donne. La maggior parte degli intervistati, il 41%, è impiegata nel pubblico o nel
privato, con una maggior frequenza tra le donne rispetto agli uomini. La professione
dell’insegnante, anche in Francia, è femminilizzata: l’11,5% degli intervistati occupato come
insegnante è totalmente composto da donne. Donne che sono impiegate anche nella formazione e
nella ricerca universitaria, il 6,3%, anche se qui gli uomini sono di più, un 10,3%, a fronte di un
16,3% globale impiegato in questi settori.
83
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tabella 6 – Tipo di occupazione per sesso
Sesso
Femmina
Imprenditoriale
6,2%
Lavoratore Autonomo
Total
12,5%
18,8%
6,2%
6,2%
18,8%
18,8%
37,5%
Commerciale
Consulente Free-lance
Maschio
6,2%
6,2%
12,5%
Altro
18,8%
6,2%
25,0%
Total
50,0%
50,0%
100,0%
Solo il 16,8% degli intervistati ha un’attività in proprio, equamente distribuita tra uomini e
donne. Sono in genere le persone con un alto titolo di studio (per il 5,3% laureati e per il 7,4%
quelli con un titolo di studio superiore alla laurea) a svolgere attività professionali autonome.
Come mostra la tabella 6 i settori di attività libero professionale sono soprattutto quello
imprenditoriale (18,8%), dove la percentuale di uomini è doppia rispetto a quella delle donne
(12,5%), comunque presente con un 6,2%, quello commerciale, con un 6,2% totalmente
maschile, quello delle consulenze - che assorbe anche la maggioranza del gruppo intervistato con
il 37,5% - e del generico lavoro autonomo, con il 12,5%. In entrambi gli ultimi due casi, vi è un
equilibrio tra uomini e donne, con percentuali uguali. Donne che invece sono la maggioranza nei
casi di lavoro professionale autonomo non specificato, che coprono un quarto, il 25% del totale.
1.6.4 L’INCA ed i servizi offerti
L’INCA è nota al 25,3% degli intervistati (grafico 9). Questo risultato è determinato
essenzialmente da due fattori. Il primo di matrice metodologica, visto che si è – come detto –
cercato di raccogliere le persone a cui sottoporre il questionario il meno possibile attraverso
l’INCA così da non inficiare questa parte del questionario (se avessimo condotto le interviste
all’interno delle sedi INCA, sarebbero ovviamente state inutili questa e le altre domande
successive). Il secondo motivo è anch’esso in parte di ordine metodologico e legato alla città,
Parigi, dove la quasi totalità delle interviste è stata svolta. Come confermato anche dalle
interviste svolte agli operatori, differentemente dai piccoli paesini dove le comunità italiane sono
più coese, le grandi città e Parigi in particolare presentano una distribuzione territoriale molto
ampia degli emigrati italiani, il che rende difficile all’INCA farsi conoscere e rendersi visibile.
84
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grafico 9– Conoscenza dell’INCA
Quanto detto trova conferma in quanto è illustrato nel grafico 10. Tra quelli che sono a
conoscenza dell’esistenza dell’INCA e dei suoi servizi, la maggioranza lo ha fatto attraverso
amici e parenti italiani, il 50%; oppure attraverso la CGIL, 31,8%, presumibilmente quindi prima
della partenza per la Francia.
Grafico 10 – Come ha conosciuto l’INCA
Se il numero di persone che conoscono l’INCA tra quelle intervistate è piuttosto basso, ancor più
basso è il numero delle persone che si rivolgono o si sono in passato rivolte all’INCA per
usufruire dei servizi che offre. Solamente il 19,4% tra quelli che hanno affermato di conoscere
l’INCA si sono poi effettivamente rivolti alle sue strutture. I dati quantitativi (che, ricordiamo,
85
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
sono stati raccolti su un gruppo piuttosto giovane di persone di recente emigrazione nella regione
parigina) non si discostano quindi molto da quanto emerso dalle interviste, e cioè che vi è una
difficoltà da parte dell’INCA nel raggiungere ed intercettare i bisogni dei nuovi emigrati italiani.
1.6.5 Il rapporto con il territorio e l’integrazione
La lunga durata del fenomeno migratorio italiano ha sicuramente facilitato l’integrazione dei
nostri connazionali in Francia. Oltretutto il modello di integrazione francese si basa su l’idea di
assimilazionismo socio-culturale (Lapeyrronnie 1992) che verte su un rapporto diretto tra lo
Stato francese e cittadino immigrato attraverso - come abbiamo visto nella prima parte del report
- una relativa facilità nell’accesso alla “naturalizzazione”, ovverosia l’acquisizione della
cittadinanza francese51. Il grafico 11 ci mostra come la comunità italiana all’interno della quale
è stata condotta l’inchiesta non è chiusa in sé stessa, ma frequenta tanto italiani (34%) quanto
francesi (30%) e persone di altri paesi 22%.
Grafico 11 – Provenienza delle persone che frequenta maggiormente
L’alto livello di integrazione nel tessuto sociale francese da parte degli italiani non deve essere
però frainteso come un rottura dei legami con il paese di origine. La grande mobilità della nuova
51 Il dibattito intorno ai modelli di integrazione europei, in particolar modo quello francese e quello britannico, è
estremamente complesso e la sede non permette di affrontarlo come dovrebbe. Per un approfondimento critico
dei vari modelli di integrazione – ed in particolare su quello francese – è possibile riferirsi a Melotti, U., 2004,
Migrazioni Internazionali. Globalizzazione e culture politiche, Mondadori: Milano.
86
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
emigrazione è confermata dai risultati della survey quantitativa condotta: la metà, il 50%, torna
in Italia più di due volte l’anno, e il 32% due volte l’anno, come illustra il grafico 12.
Grafico 12 – Quanto spesso torna in Italia?
Inoltre, la quasi totalità degli intervistati ha dichiarato di aver mantenuto alcune specifiche
peculiarità del proprio paese, come per esempio la cucina (98%) e la produzione culturale, in
particolare la musica e la letteratura (84,7%). Per quel che riguarda le pratiche religiose e le feste
tradizionali, queste sono mantenute rispettivamente dal 16,3% e 45,4% degli intervistati, e la
loro percentuale più contenuta - ma pur sempre rilevante - è data dalla forte vicinanza culturale
tra Francia e Italia. Il capitale culturale della nuova emigrazione, che Bourdieu (1996) definisce
come l’insieme di risorse culturali che contribuiscono, insieme con quelle economiche, a
determinare la posizione sociale degli attori, è quindi elevato, e tende ad integrarsi con le risorse
culturali che il paese di accoglienza mette a disposizione. Gli italiani intervistati dichiarano
infatti di aver fatta propria la cucina francese per il 77,3%, la musica e la letteratura francesi
nell’85,6% dei casi, così come le feste tradizionali, nel 46,4%. Più contenuta (7,2%) è la
percentuale di chi dichiara di aver fatte proprie le pratiche religiose: ciò è in parte desumibile dal
fatto che la Francia è un paese laico, e la pratica religiosa è ricondotta alla sfera privata del
singolo cittadino52.
52 Per un approfondimento sulla questione relativa alla laicità dello Stato francese, ed in particolare riguardo il
divieto di esporre in luoghi pubblici simboli religiosi, si veda Renaut, A., Touraine, A., 2007, Un dibattito sulla
87
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Vi è inoltre una partecipazione attiva al mondo associativo, come illustra il grafico 13: la metà
del gruppo di italiani intervistato nella survey frequenta una qualche associazione. In genere si
tratta di associazioni culturali (circa la metà – il 48% - di quelli che hanno dichiarato di far parte
di un’associazione), di associazioni sportive (24%) o di stampo politico (22%).
Grafico 13 – Frequenta qualche associazione
La partecipazione alla vita politica e sociale tanto francese quanto italiana avviene soprattutto
attraverso i mezzi di informazione, ed è solamente una piccola percentuale quella che si implica
in modo attivo nella vita politica, come dimostra la tabella 7. Questa tabella illustra che sono
rispettivamente solo il 15,2% e il 18,2% gli intervistati che si implicano attivamente nella vita
politica francese ed italiana. Va inoltre detto che solamente una percentuale molto bassa degli
intervistati è iscritta al sindacato. Le poche persone sindacalizzate, come illustrato nel grafico 14,
sono per la quasi totalità le insegnanti, per la maggioranza iscritte allo SNES – Syndicat des
enseignements du second degré. Infine, solamente una persona su tutte quelle intervistate era
iscritta in Italia al sindacato.
Tabella 7 – Partecipa alla vita politica…
…francese
Frequenze
Valid
Missing
No
…italiana
% valida
Frequenze
% valida
4
4,0
4
4,0
Sì, solo attraverso i mezzi
d'informazione
80
80,8
77
77,8
Sì, in modo attivo
15
15,2
18
18,2
Totale
99
100,0
99
100,0
System
1
Totale
100
laicità, Roma: XL Edizioni.
88
1
100,0
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grafico 14 – E’ iscritto al sindacato?
Le motivazioni per cui le persone coinvolte nella survey sono iscritte o meno al sindacato sono
illustrate nei seguenti grafici 15 e 16. Classicamente, chi si iscrive al sindacato lo fa soprattutto
perchè ne condivide le battaglie (58,3%) e perché trova nel sindacato una forma di tutela dei
propri diritti (41,7%). Chi invece non è iscritto, motiva la sua scelta con un generico “non ci ho
mai pensato” nel 42,2% dei casi, mentre ben un quinto (il 20,5%) dichiara di non sentirsi
rappresentato dai sindacati. Un’altra parte infine, l’8,4% degli intervistati, dichiara di non vedere
l’utilità di un’eventuale iscrizione.
Grafico 15 – perché è iscritto al sindacato
Grafico 16 – perché non è iscritto al sindacato
Grafico 16 – perché non è iscritto al sindacato
89
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Infine, agli intervistati è stato chiesto di esprimere la propria opinione riguardo alla loro
percezione di come sono rappresentati più frequentemente gli italiani nella società francese,
indagando vari aspetti relativi all’integrazione, la dedizione al lavoro, la democraticità, l’onestà,
l’affidabilità, il livello culturale. I risultati delle varie scale di atteggiamento53 sono stati
raggruppati in un indice sintetico illustrato nella tabella 23. L’indice è stato creato sommando i
risultati delle 10 scale di atteggiamento (integrati - non integrati; buoni lavoratori – pigri; onesti
– disonesti; affidabili – inaffidabili; belli – brutti; puliti – sporchi; moderati – fanatici; pacifici –
violenti; democratici – non democratici; colti – ignoranti), così da poter definire 3 categorie –
entusiasti, critici, apocalittici – a cui sottendono tre differenti “idealtipi” che rilevano una
rappresentazione molto buona, discreta o pessima degli italiani in Francia.
Come illustrato dalla tabella 8, il 12,2% degli intervistati percepisce in Francia una
rappresentazione molto buona degli italiani, visti come molto integrati, buoni lavoratori, onesti e
affidabili. La grande maggioranza delle persone interpellate, l’83,3%, è però racchiusa nella
seconda categoria, cioè quella di chi percepisce una certa criticità nella rappresentazione degli
italiani in Francia, soprattutto relativamente alla poca democraticità, all’inaffidabilità, alla scarsa
moderatezza. Infine, il 4,4% ha una visione “apocalittica” e molto negativa di come gli italiani
sono percepiti in Francia.
Tabella 8 – Rappresentazione degli italiani
Frequenz
e
% valide
Valid
Entusiasti
11
12,2
Critici
75
83,3
4
4,4
90
100,0
Apocalittici
Totale
Missing System
10
Totale
100
Incrociando questa tabella con la variabile di genere, emerge che sono soprattutto le donne ad
essere critiche o molto critiche riguardo a come sono visti gli italiani in Francia, mentre gli
uomini tendono in percentuale maggiore a percepire in modo positivo (7,8% rispetto al 4,4%
53 Nella scala di atteggiamento somministrata, il valore 1 corrispondeva al massimo valore positivo (es.
1=estremamente democratico, estremamente onesto, ect.) mentre 5 corrispondeva al massimo valore negativo
(es. 5=totalmente non democratico, totalmente disonesto, ect.)
90
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
delle donne) la rappresentazione degli emigrati italiani Oltralpe (tabella 9).
Tabella 9 – Rappresentazione degli italiani per sesso
Rappresentazione degli italiani
Entusiasti
Critici
Apocalittici
Totale
Femmina
4,4%
45,6%
3,3%
53,3%
Maschio
7,8%
37,8%
1,1%
46,7%
Totale
12,2%
83,3%
4,4%
100,0%
Infine, se si incrociano i valori dell’indice con l’anno di arrivo in Francia, come illustrato dalla
tabella 10, si nota come l’aumentare degli anni di permanenza rende gli intervistati meno critici
rispetto a come gli italiani vengono percepiti in Francia.
Tabella 10 – Rappresentazione degli italiani per anno di permanenza
Rappresentazione degli italiani
Entusiasti
Critici
Apocalittici
Totale
Prima del 1980
1,1%
1,1%
1980-1989
2,3%
1,1%
1,1%
4,6%
1990-1999
5,7%
17,2%
1,1%
24,1%
2,3%
64,4%
2,3%
69,0%
11,5%
83,9%
4,6%
100,0%
2000-2009
Totale
2,3%
Ad un maggiore radicamento in Francia sembra quindi non corrispondere un aumento della
percezione negativa degli italiani, cosa che invece avviene in maniera tendenziale per le persone
arrivate di recente. La metà degli “apocalittici”, che percepiscono una rappresentazione
estremamente negativa degli italiani, sono arrivati in Francia nel corso degli ultimi dieci anni,
così come il 64,4% dei “critici”. Gli entusiasti invece, tendono ad essere distribuiti
maggiormente tra coloro i quali si trovano in Francia da almeno dieci anni ed oltre.
91
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.6.6 L’accesso ai media
L’ultima parte del questionario concerne l’accesso e l’utilizzo dei media da parte degli
intervistati nella survey. Come illustrano i grafici seguenti, gli intervistati accedono alle
informazioni leggendo giornali e riviste francesi ed italiane rispettivamente per il 97% e per il
77,8% dei casi, mentre meno della metà, il 44,4%, ha la TV satellitare. In realtà, per accedere ai
canali italiani non è necessaria la parabola, visto che la TV via cavo, da cui è possibile accedervi,
è molto diffusa in Francia e a prezzi molto contenuti. Tutte le persone (tranne una) intervistate
utilizzano Internet.
Grafico 17 – Legge giornali/riviste francesi
Grafico 18 – Legge giornali/riviste italiane
Grafico 18 – Legge giornali/riviste italiane
92
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grafico 19 – Ha la TV satellitare
E’ interessante rilevare l’alta correlazione che c’è tra chi si impegna in modo attivo nella vita
sociale e politica italiana ed il suo accesso alle informazioni tramite giornali e riviste del nostro
paese, come illustra la tabella 11. Tutti quelli che si interessano attivamente (18,2%) leggono
giornali italiani, mentre coerentemente al contrario tutti quelli che dichiarano di non essere
interessati alla vita socio-politica italiana non leggono giornali e riviste del nostro paese.
Tabella 11 – Interesse alla vita politica italiana per accesso all’informazione
Si interessa alla vita sociale /politica dell'Italia?
Sì, solo attraverso i
mezzi d'informazione
No
Legge giornali/riviste italiane? Sì
59,6%
No
4,0%
18,2%
Totale
4,0%
77,8%
93
Sì, in modo
attivo
18,2%
Totale
77,8%
22,2%
18,2%
100,0%
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1.7 Conclusioni
Lo studio di caso relativo alla nuova emigrazione italiana e al patronato INCA in Francia ha messo
in evidenza caratteristiche peculiari di questo fenomeno e criticità relative alla funzione
organizzativa e progettuale dell’INCA e delle sue future attività.
Secondo quanto emerso tanto dall’analisi della letteratura quanto dai dati raccolti da varie fonti
(italiane, francesi ed internazionali), il fenomeno migratorio italiano verso la Francia è connotato
dalla sua lunga durata, e nonostante la drastica battuta d’arresto subita nel corso degli ultimi
decenni, non si è mai del tutto esaurita rimanendo comunque un fenomeno significativo e di sicuro
interesse scientifico. Questi dati descrivono una tendenza dell’emigrazione italiana verso Oltralpe
mai del tutto esaurita, ma che nel corso del tempo ha assunto delle caratteristiche nuove, in alcuni
molto diverse da quelle che era possibile osservare nell’emigrazione fino al dopoguerra. Questa
tendenza è anche confermata dalla survey quantitativa condotta su un gruppo di 100 italiani
risedenti temporaneamente o permanentemente in Francia. Si tratta di un flusso migratorio
dinamico, composto in maggioranza da persone giovani e con un grado di istruzione superiore, che
decidono di lasciare il proprio paese nella convinzione che le possibilità offerte dalla Francia sia da
un punto di vista lavorativo, che di perfezionamento ulteriore del proprio percorso
formativo/professionale siano migliori. Inoltre un fattore attrattivo determinante esercitato dalla
Francia riguarda la percezione della migliore qualità di vita rispetto al nostro paese. Percezione
sostenuta dal fatto che anche gli appartenenti a flussi migratori anteriori (soprattutto quelli del
secondo dopoguerra) decidono di prolungare la propria permanenza nel paese di emigrazione al di
là della vita lavorativa.
Il fenomeno così descritto pone dunque delle nuove sfide a quelle strutture come l’INCA che da
lungo tempo operano nel settore dei servizi di assistenza individuale e collettiva ai lavoratori
emigrati presenti sul territorio francese, e che si sono trovate a dover affrontare il mutamento della
domanda assistenziale e dell’insorgenza di nuove problematiche. L’insufficienza di strutture, di
risorse e di personale adeguatamente formato presenti sul territorio sembrerebbe imporre un
ripensamento delle strutture organizzative, delle pratiche e dei meccanismi di attribuzione delle
risorse che sia maggiormente coerente rispetto a questa mutata domanda e della sua dinamicità. In
questo senso le criticità evidenziate troverebbero una risoluzione efficace.
94
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Bibliografia
Avenas, F., 1998, The role of ethnic identity in language maintenance and language change: the case
of the Italian community in France, in AltreItalie, n.18, Edizioni Fondazione Agnelli
Bechelloni, A., Dreyfus, M., Milza, P. (a cura di), 1995, L'integration italienne en France, Un siècle
de présence italienne dans trois régions françaises (1880-1980) Edizioni Complexe: Bruxelles.
Becker, G., 2008, Il capitale umano, Latenza Editore: Roma-Bari (ed or. 1964, The Human Capital,
Columbia University Press: New York).
Becker, S.O., Ichino, A., Peri, G., 2001, How large is the “Brain Drain” in Italy?, Mimeo,
University of California, www.iue.it/Personal/Ichino/braindrain_resubmission.pdf.
Beltrame, L., 2007, Realtà e retorica del Brain Drain in Italia. Stime statistiche, definizioni
pubbliche e interventi politici, quaderno n.35, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale,
Università degli studi di Trento.
Bevilacqua, P., De Clementi, A., Franzina, E. (a cura di), 2002, La storia dell’emigrazione italiana.
Volume primo: Partenze, Donzelli Editore: Roma.
Bevilacqua, P., De Clementi, A., Franzina, E. (a cura di), 2002a, La storia dell’emigrazione italiana.
Volume secondo: Arrivi, Donzelli Editore: Roma.
Bibolotti, V., Cappelli, S., Gianfagna, A. (a cura di), 2008, Tutele e diritti dei lavoratori. Giuseppe
Di Vittorio costruttore del Patronato INCA, Ediesse Edizioni: Roma.
Blanc-Chaléard, M.C, 2002, L’immigration des travailleurs italiens en France (1850-1970),
intervento al seminario “Immigration, marché du travail, integration”. Commissiat general du Plan.
Blanc-Chaléard, M.C. (a cura di), 2003, Les Italiens en France deupis 1945, Presse Universitaires
Rennes: Rennes.
Blanc-Chaléard, M.C.; Bechelloni, A. (a cura di), 2002, «Gli Italiani in Francia dopo il 1945»
numero monografico di Studi Emigrazione, XXXIX, 146.
Boëldieu, J., Borrel, C., 2000, La proportion d’immigrés est stable depuis 25 ans, n.748, INSEE:
Paris.
Bonazzi, G., (2008), Storia del pensiero organizzativo, Milano: Franco Angeli.
Bonnet, S., Santini, C., Barthelemy, H., 1966, «Des prolétaires catholiques aux notables
communistes» in Esprit, n. 348, pp.826-837,
Bordieu, P., 1996, La Distinction. Critique sociale du jugement, Paris: Edition de Minuit.
Borrel, C., 2006, Enquêtes annuelles de recensement 2004 et 2005, n. 1098, INSEE: Paris.
Brandi, M.C., 2008, «Emigrazioni di élite: neolaureati e ricercatori italiani all'estero» in Rapporto
95
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Italiani nel Mondo 2008, pp. 156-162, IDOS Edizioni: Roma.
Brandi, M.C., 2008a, «Le migrazioni per studio: il Progetto Erasmus e gli studenti italiani
all'estero» in Rapporto Italiani nel Mondo 2008, pp. 163-169, IDOS Edizioni: Roma.
Catani M. 1986, «Les scaldini de Paris» in Terrain n.7, http://terrain.revues.org/document2907.html
CGIL, 2008, Documenti finali Conferenza di Organizzazione Maggio 2008,
http://www.filcams.cgil.it/Info.nsf/0/ebc26f7b2d37131cc1257464003854a2!OpenDocument&Click
=
Corti P., 2003, «L’emigrazione italiana in Francia: un fenomeno di lunga durata» in AltreItalie, n.26,
pp. 4-25, Edizioni Fondazione Agnelli.
Crozier, M., (1963), Le phenomène burocratique, Paris: Seuil.
Del Biondo, I., 2007, L'Europa possibile. La CGT e la CGIL di fronte al processo di integrazione
europea (1957-1973), Ediesse Edizioni: Roma.
Dreyfus, M., 1995, L'action de la CGIL dans l'émigration italienne en France depuis 1945:
l'Istituto Nazionale Confederale di Assistenza (INCA), in Bechelloni, A., Dreyfus, M., Milza, P. (a
cura di), L'integration italienne en France, pp. 43-57, Edizioni Complexe: Bruxelles.
Duroselle, J. B., Serra, E. (a cura di), 1978, L’emigrazione italiana in Francia prima del 1914,
Milano: Franco Angeli.
Fondazione Migrantes, 2008, Rapporto Italiani nel Mondo 2008, IDOS Edizioni: Roma.
Gagliardi, P., (a cura di), 1995, Le Imprese come Culture, Torino: UTET.
Gibson, P., 1989, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, Torino: Einuadi.
Guarneri A., 2001, La recente emigrazione italiana in Europa: Francia, Regno Unito e Svizzera a
confronto, Working Paper IRP-CNR, n. 2/01, www.irpps.cnr.it/sito/download/wp2_01.pdf
Hatch, M.J., 1999, Teoria dell’organizzazione, Bologna: Il Mulino.
INSEE; 2005, Les Immigrés en France. Edition 2005, Parigi: Insee.
Lapeyronnie, D., 1992, Les immigres en Europe. Politiques locales d’Integration. La
Documentation Francaise: Parigi.
Lazzari, F., 1990 «Alcune riflessioni su cultura, lingua italiana e identità. Il caso dell’area
francofona» in Studi Emigrazione, XXVII, 99, pp. 411-36.
Meyer, J.B., Kaplan, D., Charum, J., 2001, Scientific Nomadism and the new Geopolitica of
Knowledge, in International Social Science Journal, 53, n.168 pp.309-321
Milza, P. (a cura di), 1986, Les Italiens en France de 1914 à 1940, École française de Rome: Roma.
96
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Milza, P., 1993, Voyage en Ritalie, Edition Payot: Paris.
Miranda, A., 2008, «Le migrazioni italiane in Francia tra trasmissione intergenazionale, oblio e
nuove mobilità» in Rapporto italiani nel Mondo 2008, pp. 316-328.
Palidda, S., 2005 «L’associazionismo italiano in Francia» in Studi Emigrazione, XLII, 160, pp. 919934.
Palidda, S., 1985 «L’exemple de groupes régionales italiens en France» in Studi Emigrazione,
XXII, 78, pp. 226-34.
Perrin-Haynes, J., 2008, L’activité des immigrés en 2007, n. 1212, INSEE: Paris.
Powell, W., DiMaggio, P., 1983, «The iron cage revisited: institutional isomorphism and collective
Rationality in Organisational Fields» in American Sociological Review Vol. 48, n. 2, pp. 147-160.
Pugliese, E., 2006, L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il Mulino: Bologna,
2° ed.
Regnard, C., 2006, Immigration er précence étrangère en France en 2005. Rapport Annuel. La
Documentation Française: Paris.
Sanchez, S., 2005, «L'adaptation du commerce de la pizza napolitaine en France ou l'histoire d'une
rencontre réussie» in Diasporas, n. 7, Framespa-Diasporas: Toulouse.
Schein, E.H., 1984, «Coming to a new awareness of organizational culture», in Sloan Management
Review, 25, pp.3-16.
Stella, G.A., 2003, L’Orda. Quando gli albanesi eravamo noi, BUR: Milano.
Sori, E., 1989 «Alcune determinanti dell’emigrazione italiana in Francia tra Otto e Novecento» in
Studi emigrazione, 93, pp. 2-21.
Tavan, C., 2005, Les immigrés en France: une situation qui évolue, n.1042, INSEE: Paris.
Tavan, C., 2006, «Migration et trajectoires professionnelles, une approche longitudinale, Economie
et Statistique, n. 393-394, pp. 81-99.
Temime, E., Vertone, T., 1988, Gli italiani nella Francia del sud e in Corsica (1860-1980), Franco
Angeli: Milano.
Thave, S., 2000, L’emploi des immigrés en 1999, n.717, INSEE: Paris.
Wieviorka, M., 2002, La differenza culturale. Una prospettiva sociologica, Laterza: Bari.
Wihtol de Wenden, C., 1979 «Les italiens en France: une vague migratoire ancienne ou la fin d’une
vague migratoire?» in Studi Emigrazione, XVI, 53, pp. 73-92.
97
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Wihtol de Wenden, C., 1985 «L’immigration italienne en France: la formation et la mobilité» in
Studi Emigrazione, XXII, 78, pp. 213-25.
Violle, N., 2003, «La représentation des Italiens dans Le Monde, 1944-1951» in AltreItalie, n.26,
Edizioni Fondazione Agnelli.
Sitografia
Agence Nazionale de l’Accueil des Etrangers et des Migrations
http://www.anaem.fr
Altreitalie – Rivista internazionale di studi sulle popolazioni di origine italiana nel mondo
http://www.altreitalie.it
Anagrafe Italiani Residenti all’Estero
http://infoaire.interno.it/
Cedei - Centre d'Etudes et de Documentation de l'Emigration Italienne
http://cedei.univ-paris1.fr/
Cestim – sito di documentazione sui fenomeni migratori
http://www.cestim.it/
CGIL – Confederazione Generale Italiana del Lavoro
www.cgil.it
Eurostat
http://epp.eurostat.ec.europa.eu
Haut Conseil pour l’Integration
www.hci.gouv.fr
INCA – Istituto Nazionale Confederale di Assistenza
www.inca.it
Ined – Institut National d’Etudes Démographiques
http://www.ined.fr/fr/
International Organisation for Migration
http://www.iom.int
Institut national de la Statistique et des Etudes Economiques
www.Insee.fr
Istat - Istituto nazionale di Statistica
www.istat.it
98
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Ministère de l’immigration, de l’intégration, de l’identité nationale et du développement solidaire
http://www.immigration.gouv.fr
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
http://www.oecd.org
Recensement 1999 – France http://www.recensement.insee.fr
99
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
CAPITOLO 2
IL CASO DELLA GERMANIA
Parte Prima
2.1. Le politiche migratorie tedesche
In questo capitolo esamineremo quali sono e come cambiano le politiche attuate dalla Germania nei
confronti degli immigrati a partire dalla fine dell’ottocento fino ai nostri giorni. Ci è sembrato
importante spiegare le caratteristiche del “modello prussiano” di inizio secolo perché esso contiene
in sé quegli elementi che incideranno sull’ulteriore corso dell’immigrazione in Germania.
Nel secondo paragrafo spiegheremo come, a partire dal 1955, anno in cui viene firmato l’accordo
bilaterale con l’Italia, abbia inizio una nuova fase delle politiche migratorie tedesche. Sono gli anni
della grande espansione economica della Germania e la manodopera straniera è più che mai
necessaria. L’accordo firmato con l’Italia, diventa il modello sulla base del quale vengono stipulati
successivi accordi bilaterali con altri paesi europei, come la Grecia, la Spagna, il Portogallo, la
Turchia e infine la Jugoslavia.
Nel terzo paragrafo illustreremo la fase di stop all’immigrazione, che ha inizio nel 1973, a seguito
della crisi petrolifera. Da questo momento in poi la Germania metterà in atto delle politiche
restrittive nei confronti dell’ingresso di ulteriori flussi di immigrati provenienti dai paesi extraeuropei, per poi emanare nel 1983 una legge che favorisca il rientro degli stranieri presenti in
Germania.
Nell’ultimo paragrafo infine tratteremo la fase di “svolta” delle politiche migratorie tedesche. Nel
1990, durante il Governo Kohl viene emanata una legge sugli stranieri che da una parte ostacola
l’ingresso di nuovi flussi e dall’altra cerca di integrare quelli già presenti. Nel 1999 con la legge
sulla cittadinanza verranno introdotti degli elementi dello ius soli e gli stranieri otterranno per la
prima volta la possibilità di richiedere la cittadinanza. Con la successiva legge sull’immigrazione
nel 2002, infine le autorità tedesche riconosceranno la Germania come un “paese di immigrazione”
e cercheranno di predisporre una legislazione che ne tenga conto.
100
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2.1.1 Dal modello prussiano di fine Ottocento al regime nazista
I flussi di immigrazione italiana verso la Germania risalgono già alla fine dell’Ottocento, nel
periodo che va dalla crisi agricola allo sviluppo industriale. Dal 1876 al 1900 circa 350 mila italiani
arrivano in Germania e il fenomeno diventa più rilevante negli anni che precedono la prima guerra
mondiale.
Il modello di politiche migratorie adottato è quello “prussiano”, che realizza il controllo
centralizzato dei lavoratori immigrati, attraverso la Preussische Feldarbeiterzentrale54, che a partire
dal 1907 si occupa del rilascio della legittimazione necessaria per l’ottenimento del permesso di
lavoro.
In questo modo il lavoratore straniero viene inserito in un “sistema chiuso di dipendenza”, in quanto
il permesso di soggiorno è legato, in un unico documento, al permesso di lavoro e al contratto di
lavoro. Tale misura amministrativa impedisce ai lavoratori scontenti di sciogliere il rapporto di
lavoro (Kammerer, 2003, p. 165).
Dal 1901 al 1915 sono circa 871 mila gli italiani che partono per la Germania, principalmente per
lavorare nell’agricoltura, nelle miniere e nell’industria pesante. Dopo la prima guerra mondiale i
flussi calano e infatti dal 1916 al 1937 gli italiani che partono per la Germania, per progetti di grossi
lavori pubblici, sono poco meno di 90 mila (Negrini, 2001, p. 46).
Nel 1924 il numero dei lavoratori immigrati raggiunge le 174 mila unità (ben poche rispetto alle
728 mila del 1911). La diffusa disoccupazione non risolve però il problema della mancanza di
manodopera nella Prussia orientale, dal momento che i tedeschi non sono disposti ad andare a
lavorare nelle campagne e pertanto si ricorre nuovamente all’importazione nella manodopera
polacca, senza la quale l’agricoltura tedesca non riuscirebbe a sopravvivere. Il governo
socialdemocratico tedesco decide di definire delle norme precise per l’immigrazione, riducendo al
minimo necessario l’impiego dei lavoratori stranieri in modo da garantire la priorità ai lavoratori
tedeschi. Viene stabilito inoltre il principio dell’uguale salario per uguale lavoro, per evitare una
concorrenza salariale selvaggia tra lavoratori stranieri e tedeschi. La riforma del 1927 concentra il
collocamento, la formazione e i provvedimenti a favore dei disoccupati in un'unica amministrazione
la Reichsanstalt fur Arbeitsvermittlung und Arbeitlosenversicherung, composta in modo paritetico
54
La Preussische Feldarbeiterzentrale è un’associazione composta da nazionalisti tedeschi e da grandi agrari. Mentre i
primi temendo un aumento della popolazione polacca avevano l’obiettivo di limitarne l’ingresso, gli agrari invece per
ragioni economiche erano favorevoli all’importazione di manodopera stagionale.
101
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
da imprenditori e rappresentanti sindacali, in modo da gestire il mercato del lavoro e anche
l’ingresso degli immigrati, secondo le esigenze dell’economia tedesca . Durante gli anni della
Repubblica di Weimer la presenza di immigrati resta comunque bassa (il massimo si raggiunge nel
1928 con 236 mila lavoratori immigrati) ma l’elemento nuovo è che “l’intervento dello stato nel
mercato del lavoro assume una organicità del tutto nuova”, realizzando “un inquadramento
giuridico e organizzativo mai sperimentato finora”. Durante il regime nazista ha inizio un capitolo
drammatico dell’emigrazione in Germania. A partire dal 1933, con la distruzione dei sindacati si
passa dalla regolamentazione sociale del mercato del lavoro alla militarizzazione del lavoro
(Kammerer, 2003).
Per sostenere l’espansione dell’industria bellica le autorità stimano di avere bisogno di un ulteriore
milione di lavoratori, che vengono reclutati forzatamente, attraverso le deportazioni e il ricorso a
prigionieri civili e di guerra (Mantelli, 2001, p.343). Sulla base degli accordi dell’Asse RomaBerlino, circa 410 mila italiani vengono inviati in
Germania dal 1938 al 1941 per lavori
temporanei. Prima della seconda guerra mondiale lavoravano in Germania circa mezzo milione di
stranieri, principalmente nel settore agricolo, ma anche nell’edilizia. Dal 1940 l’impiego della
manodopera straniera si sposta nell’industria pesante e nell’industria bellica. A causa della guerra e
della riduzione della forza lavoro tedesca, viene stabilito un piano di reclutamento della forza lavoro
straniera che si rivela molto efficiente: da un milione e 620 mila stranieri presenti nel 1941, si passa
nel giro di un anno a tre milioni e 160 mila lavoratori nel 1942. Nello stesso anno viene creato un
ufficio speciale per la manodopera, che include non solo gli stranieri ma anche i prigionieri di
guerra. I lavoratori vengono reclutati con la forza in tutta Europa, in particolare dalla Russia, dalla
Polonia ma anche dall’Italia (con circa 200 mila lavoratori forzati nel 1942, di cui il 10% donne).
(Negrini, 2001, p. 46).
“Dal maggio 1939 al settembre 1944 il numero dei lavoratori tedeschi scende da 39 a 28 milioni e
quello degli stranieri deportati aumenta fino a 7 milioni e mezzo. Si tratta della migrazione più
violenta e intensa della storia tedesca” (Kammerer, 1976, p.12).
Nel 1944 oltre ai 7 milioni e mezzo di immigrati, si contano 3 milioni di civili e un milione e mezzo
di prigionieri di guerra sovietici e francesi impiegati nell’industria e nell’agricoltura, in condizioni
di lavoro ai limiti della sopportabilità umana, anche se la loro situazione era di gran lunga
migliore dei detenuti nei campi di concentramento: vigeva infatti il principio che gli uomini
dovevano essere nutriti, alloggiati e trattati in maniera tale da poter essere sfruttati al massimo, a
costi minimi, dove il limite massimo di sfruttamento era definito dalla necessità di conservare il più
102
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
a lungo possibile la forza lavoro (Negrini, 2001, p.47).
Dal 1945 al 1947 i civili scampati dai campi di concentramento e dai lavori forzati durante il
periodo bellico e i prigionieri di guerra fuggono da una Germania distrutta dalla guerra. L’apparato
industriale che era stato riconvertito in industria di guerra viene smantellato dalle forze di
occupazione e la Germania viene divisa in Repubblica Federale Tedesca (RFT), sotto il controllo
britannico, francese e americano e Repubblica Democratica Tedesca (RDT), sotto il controllo
sovietico.
Nel primo periodo post-bellico la situazione già drammatica della Germania distrutta, viene
aggravata dal rientro di milioni di cittadini tedeschi55 che erano stati espulsi. Nel corso del 1946
sono più di 9 milioni e mezzo i rifugiati che ritornano in Germania, di cui circa 6 milioni nella parte
occidentale. Di questi oltre il 66% trova sistemazione nelle zone rurali meno provate dalla guerra,
ovvero in Baviera, Bassa Sassonia e Schleswig Holstein (Negrini, 2001, p.47).
L’arrivo degli espulsi e dei profughi si sostituisce in un primo momento ai lavoratori immigrati che
dopo la guerra avevano lasciato la Germania e alla componente maschile della forza lavoro tedesca,
che a causa del conflitto si era enormemente ridotta.
Il governo italiano contando sul fatto che la RFT avrebbe avuto presto bisogno di manodopera
straniera, aveva iniziato a trattare con il governo tedesco per
arrivare ad un accordo56 sul
reclutamento di manodopera italiana in Germania. L’obiettivo del governo italiano era quello di
aprire un'altra via all’emigrazione italiana e rispondere in tal modo al problema della
disoccupazione strutturale del sud Italia.
2.1.2 Dall’accordo bilaterale Germania-Italia all’Auwerbenstop (1955-1973)
Le trattative per un accordo tra l’Italia e Germania iniziano nel marzo del 1954 con la richiesta da
parte italiana di agevolare il turismo e l’occupazione di lavoratori italiani nella RFT, per alleggerire
la bilancia dei pagamenti. L’accordo d’emigrazione quindi sin dall’inizio si basa sul presupposto
che il reclutamento di manodopera possa essere un elemento di correzione della bilancia di
55
Il rientro in Germania dei cittadini tedeschi provenienti dai territori del terzo Reich - Polonia,Cecoslovacchia e
Ungheria - ha inizio a seguito dell’accordo di Postdam del 2 agosto del 1945. Negrini, 2001, p.47.
56
L’accordo tra l’Italia e la Germania, servirà da modello per firmare successivi accordi con la Spagna e la Grecia nel
1960, con la Turchia nel 1961, con il Portogallo nel 1964 e con la Jugoslavia nel 1968.
103
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
pagamenti e se la RFT non si fosse dimostrata d’accordo sull’assunzione di manodopera, l’Italia che
aveva liberalizzato il traffico merci si sarebbe vista costretta a tornare ad una politica commerciale
restrittiva. In un primo momento il Ministro dell’economia tedesco Erhard risponde che il bisogno
di manodopera in Germania poteva ancora essere soddisfatto ricorrendo a quella locale, salvo poi
dichiarare che era nell’interesse dei lavoratori tedeschi se ci si preoccupava dell’arrivo di nuova
manodopera straniera per i lavori più elementari, perché in tal modo i lavoratori tedeschi avrebbero
potuto specializzarsi e svolgere mansioni più prestigiose. Nel dicembre del 1954 il ministro federale
del lavoro Storch spiega al parlamento la necessità di poter fare affidamento sulla manodopera
italiana. Sono proprio Erhard e Storch a condurre i colloqui con il Ministro italiano Vanoni, il quale
ottiene rassicurazione che nel gennaio del 1955 sarebbero iniziate le trattative bilaterali. Il primo
incontro avviene nel febbraio del 1955 la parte tedesca si limita a indicare non il numero della
manodopera richiesta ma solo i possibili settori, ovvero quelli dell’agricoltura e della costruzione
delle strade. Si decide che l’istituto federale per il collocamento e per le assicurazioni per la
disoccupazione di Norimberga si occupi dell’attuazione del reclutamento e del collocamento,
inviando al Ministero italiano le offerte dei datori di lavoro tedeschi. Queste sarebbero poi state
trasmesse ai singoli uffici del lavoro italiani. L’unione federale delle associazioni imprenditoriali
tedesche chiede di poter partecipare alla prima scelta della manodopera italiana ma rifiuta di
accettare l’onere dei costi per il reclutamento, viaggio e assistenza degli italiani reclutati. La
federazione sindacale tedesca (DGB), pur non essendo presente alla discussione osserva che i
lavoratori italiani possono accedere al mercato tedesco soltanto in caso di esaurimento della
manodopera locale. (Steinert 1993).
Nel novembre del 1955 il ministero del lavoro tedesco stima il bisogno di manodopera aggiuntiva in
800 mila lavoratori per il 1956. Considerando che 100 mila potevano esser presi tra i disoccupati
tedeschi, 50 mila dagli emigranti rimpatriati, 100 mila sarebbero arrivati dalla RDT e 20 mila erano
i cosiddetti “stranieri senza patria”, è necessario accorciare i tempi della trattativa con l’Italia, anche
perché si comincia a temere che altri paesi europei possano ricorrere alla manodopera italiana.
Prima del dicembre del 1955 vengono quindi risolte le questioni rimaste sospese e relative al
sussidio di disoccupazione per i lavoratori stagionali e al pagamento degli assegni familiari. Si
stabilisce che i sussidi di disoccupazione non vengano trasferiti in Italia, mentre gli assegni alle
famiglie sarebbero stati corrisposti anche nel caso in cui le famiglie fossero rimaste in Italia. Nel
1956 ha così inizio il reclutamento di italiani da parte dell’Istituto federale di Norimberga. (Steinert
1993).
104
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
L’ufficio federale del lavoro (il Bundesanstalt fur Arbeit) diventa lo strumento per il controllo
qualitativo e quantitativo del mercato del lavoro, con i suoi diversi uffici nei paesi da cui esporta
manodopera. In Italia il primo ufficio viene creato a Milano e poi spostato a Verona. Da qui
vengono trasmesse le richieste avanzate dalle imprese tedesche, contenenti le indicazioni dettagliate
circa la qualifica professionale, la durata del contratto di lavoro, il salario, l’orario e l’offerta di
alloggio con il relativo prezzo. Il processo di selezione della manodopera italiana avviene in due
fasi, in uno primo momento le autorità italiane procedono ad una prima selezione sulla base delle
richieste provenienti dalle imprese tedesche, e in un secondo momento la commissione tedesca
procede ad una seconda selezione verificando le capacità dei lavoratori selezionati e lo stato di
salute degli stessi. Il contratto di lavoro dura un anno, al termine del quale è possibile richiedere una
proroga del permesso di lavoro e quindi del permesso di soggiorno. (Kammerer, 2003)
L’istituto federale di Norimberga in accordo con gli uffici regionali del lavoro e con le
organizzazioni imprenditoriali e di intesa con il governo, aveva stimato la richiesta di 31 mila
lavoratori, di cui 13 mila per l’agricoltura, 7500 per l’edilizia, 3500 per il settore alberghiero e la
ristorazione, 6000 per l’industria e 1000 per i restanti settori. I datori di lavoro tedeschi avevano
però sopravvalutato la forza d’attrazione esercitata dalla RFT. Il reclutamento di italiani all’inizio
non fu facile gli agricoltori italiani si lamentavano dei salari troppo bassi(in Svizzera e in Francia
venivano pagati dei salari considerevolmente maggiori). Circa il 20% degli agricoltori italiani
ritorna in Italia prima della conclusione del contratto. Nel settembre del 1956 il governo italiano
lancia un ultimatum, senza un aumento dei salari in agricoltura si sarebbe sospesa la prima scelta
dei lavoratori italiani e si sarebbe sconsigliato agli italiani di accettare un posto di lavoro nella RFT.
L’assunzione dei lavoratori agricoli italiani, stigmatizzata precedentemente come “comprimitore di
salari” diventa quindi una delle forza portanti dell’aumento dei salari. Il miglioramento dei salari
non provoca però un aumento dei reclutamenti, che nel 1957 sono ancora minori rispetto all’anno
precedente (Steinert, 1993). La crescita del numero di occupati italiani, si deve anche all’apertura di
una seconda sede di reclutamento a Napoli nel 1960, giudicata da Steinert come “una mossa mirata
per il reclutamento di massa nel centro della disoccupazione italiana”.
Nel momento in cui gli stranieri iniziano a stabilizzarsi e ad avere anche dei bisogni, cosa che
accade soprattutto in seguito al ricongiungimento familiare, il modello di politiche migratorie
vigente, organizzato sulla massima flessibilità del lavoratore straniero considerato soltanto come
un’ospite temporaneo, entra in crisi. Di conseguenza nel 1965 viene emanata la legge sugli stranieri,
che conferisce alle autorità tedesche la più ampia discrezionalità nel concedere o negare il permesso
105
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
di soggiorno. Secondo tale legge lo straniero che lede gli interessi della Repubblica federale può
essere espulso, così come anche chi non riesce a mantenersi da solo e si rivolge all’assistenza
sociale. L’espulsione può avvenire anche a seguito di una condanna (anche per una semplice
infrazione al codice della strada), per avere svolto un attività che “turba la pace sociale” o se lo
straniero mette in pericolo l’ordine fondamentale democratico e liberale o la sicurezza dello stato
(Kammerer, 2003, p.174).
L’attività politica può essere limitata o proibita se lo richiedono il mantenimento dell’ordine
pubblico. L’applicazione della legge oltre a sancire per iscritto la provvisorietà del soggiorno in
Germania, crea inoltre una ulteriore divisione tra gli immigrati europei e quelli extra-europei.
2.1.3 Dall’ Auwerbenstop alla legge sul rientro (1973-1983)
A partire dagli anni Settanta il governo tedesco inizia ad attuare una doppia strategia di accoglienza
e di rifiuto. La politica dell’accoglienza riguarda gli stranieri già presenti in Germania da diversi
anni e che hanno maturato il diritto di soggiorno, di lavoro e al ricongiungimento familiare. Questi
stranieri si trovano infatti a dover affrontare diversi problemi, dall’alloggio idoneo ad accogliere
l’intera famiglia, al problema degli asili nido e delle scuole per i figli, ai problemi di salute, per
risolvere i quali il governo tedesco decide di ricorrere ad una politica per la loro integrazione.
Nell’Aprile del 1972 il Ministero Federale del lavoro elabora per la prima volta delle direttive
contenenti i “principi relativi all’integrazione dei lavoratori stranieri”, al fine di affrontare i
problemi sociali degli immigrati. In tal modo viene messa in discussione la tesi della provvisorietà,
ma senza riconoscere la Germania come paese di immigrazione (Kammerer, 2003).
La politica di rifiuto ha inizio a partire dal novembre del 1973 con lo stop all’immigrazione, anche
se è importante sottolineare come allo stesso tempo si riconosca la necessità di ulteriori arrivi per un
reclutamento eccezionale di manodopera straniera in alcuni settori, come quello alberghiero, delle
costruzioni, della sanità e della cura delle persone.
A partire dal 1979 la politica per gli stranieri (Auslanderpolitik) diventa un tema costante delle
campagne elettorali. Nel 1982 inizia l’era del governo Kohl, il quale riprende la politica dei governi
social-liberali che subito dopo la crisi del 1973 avevano insistito per applicare delle norme che
favorissero il rientro degli stranieri. Nel 1983 viene varata la legge per agevolare il rientro
(Ruckkehrforderungsgesetz), che stabilisce dei premi di ritorno di 10.500 franchi per gli immigrati
disoccupati o in cassa integrazione e l’esborso anticipato delle prestazioni previdenziali o legate agli
assegni familiari. Tali agevolazioni verranno utilizzate da circa 140 mila stranieri e la manovra
106
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
riuscirà in qualche modo ad alleggerire la disoccupazione nei settori di crisi, senza però ridurre il
numero complessivo degli immigrati57. Dopo il 1989, con la caduta del muro di Berlino ha inizio
una nuova fase caratterizzata dall’aumento degli arrivi provenienti dall’est. Dal 1991 al 1999 si
registrano 9,6 milioni di arrivi e 6,5 milioni di partenze, con un saldo netto di oltre 3 milioni di
persone, in particolare si tratta di tedeschi (24% del totale) che rimpatriano dopo una lunga storia di
emigrazione. Altrettanto numerosi sono gli arrivi di profughi dai paesi della ex- Jugoslavia. Le cifre
degli anni Novanta sembrano dimostrare quindi che la politica di contenimento delle migrazione
non abbia funzionato (Kammerer, 2003).
2.1.4 La svolta nelle politiche migratorie: la legge sugli stranieri (1990) sulla cittadinanza (1999)
e sull’immigrazione (2002)
Il 9 Luglio 1990 il governo tedesco Kohl emana una nuova legge sugli stranieri che entra in vigore
il primo gennaio del 1991 e che ratifica lo status quo della “doppia strategia”, ovvero quella
dell’integrazione dell’immigrazione ormai sedimentata e al contempo del rifiuto di nuovi ingressi.
L’unica novità è la possibilità che gli stranieri ottengano la cittadinanza tedesca dopo quindici anni
di soggiorno. La nuova politica resta saldamente imperniata attorno al permesso di soggiorno, la cui
negazione o scadenza vanifica il permesso di lavoro. Soltanto le persone reclutate tramite gli uffici
del lavoro hanno la possibilità di averli entrambi. La legge del 1990 stabilisce che gli stranieri
possono ottenere il diritto al soggiorno in Germania, se dimostrano di avere un alloggio e dei mezzi
di sostentamento adeguati, se si mostrano “fedeli all’ordine democratico vigente” e se conoscono
sufficientemente la lingua tedesca. Lo straniero inoltre deve essere incensurato e non deve aver
bisogno dell’assistenza pubblica in Germania, pena l’espulsione. Tali clausole in realtà impediscono
una vera certezza del diritto di soggiorno per gli immigrati. (Kammerer, 2003, p. 178).
Il diritto di soggiorno inoltre è differenziato in base al tipo di immigrato che ne fa richiesta, ovvero i
cittadini europei; i cittadini provenienti da paesi associati all’Ue (come nel caso dei turchi) e infine
gli extra-comunitari. I permessi inoltre cambiano anche in base allo “scopo del soggiorno”.
Esistono infatti diversi tipi di permessi:
1) Il permesso di soggiorno rilasciato per uno scopo ben preciso e per un massimo di due anni
(Aufenthaltsbewilligung);
57
Durante tutti gli anni Novanta circa il 40% degli arrivi è composto da profughi di guerra della ex- Jugoslavia,
rimpatriati tedeschi dalla Russia e dal Kazakistan, turchi in arrivo in Germania per ricongiungimenti familiari e
manodopera flessibile proveniente dalla Polonia. Il numero degli stranieri continuerà a crescere, passando da 3,9
milioni nel 1973 a 5,3 milioni nel 1990 fino a raggiungere la quota di 7,3 milioni nel 1999 (Kammerer, 2003).
107
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2) Il permesso di soggiorno rilasciato per ragioni umanitarie o per motivi previsti dal diritto
internazionale (Aufenthaltsbefugnis);
3) Il permesso di soggiorno a tempo indeterminato (Aufenthaltserlaubnis), ottenibile dopo
almeno cinque anni di permesso a tempo determinato il quale vale per tre anni.
4) Il “diritto al soggiorno” (Aufenthaltsberechtigung) spetta a chi abbia avuto per otto anni di
seguito un permesso di soggiorno o per tre anni una Aufenthaltserlaubnis a tempo
indeterminato.
5) Il permesso di soggiorno durante le procedure per ottenere l’asilo politico (la
Aufenthaltsgestattung)
6) Il soggiorno illegale ma “tollerato” per ragioni umanitarie (Duldung).
Il percorso per ottenere il diritto di soggiorno in Germania è molto differenziato. Un immigrato che
risiede per otto anni consecutivi in Germania, in modo regolare, e che avrebbe quindi diritto a
chiedere ed ottenere uno “status consolidato” di soggiorno, non sempre riesce ad ottenerlo. La vera
svolta nella politica migratoria avviene il 15 Luglio del 1999 con la legge sulla cittadinanza (entrata
poi in vigore nel gennaio del 2000). Fino a questa data infatti in Germania esisteva soltanto lo ius
sanguinis, per cui soltanto i figli dei tedeschi potevano godere della cittadinanza tedesca. La nuova
legge invece introduce degli importanti elementi dello ius soli, per cui la cittadinanza tedesca si può
acquisire anche se si nasce da un genitore che vive da almeno otto anni legalmente e
ininterrottamente in Germania o se uno dei genitori possiede il diritto al soggiorno o abbia un
permesso di soggiorno a tempo indeterminato da almeno tre anni. In questi casi il bambino diventa
automaticamente cittadino tedesco. In caso di doppia cittadinanza, una volta compiuti i diciotto
anni, è necessario optare tra le due. I figli sotto i 16 anni possono ottenere la cittadinanza tedesca
solo dopo almeno tre anni di soggiorno. Con questa legge anche gli stranieri che abbiano da almeno
otto anni il diritto al soggiorno o il permesso di soggiorno a tempo indeterminato, hanno diritto alla
cittadinanza tedesca. Ovviamente in questo caso lo straniero deve essere incensurato, non deve
dipendere dall’assistenza sociale tedesca, “non deve svolgere attività politica in una organizzazione
considerata nemica della costituzione”, deve rinunciare alla precedente cittadinanza, e deve
dimostrare di conoscere la lingua e la costituzione tedesca. Il matrimonio con un cittadino tedesco
non dà diritto automaticamente alla cittadinanza tedesca, ma la si può acquisire. Per la prima volta
quindi lo stato tedesco offre una opportunità concreta di integrazione agli stranieri. (Kammerer,
2003, p. 180).
Nel 2000 il cancelliere Schroeder propone l’introduzione di una speciale green card per concedere il
108
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
permesso di soggiorno e di lavoro illimitato ad un target di stranieri specializzati in informatica, in
particolare provenienti dall’India. La green card entra in vigore nell’agosto del 2000 e prevede antro
il 2003 l’arrivo di circa 20 mila tecnici. Per la prima volta quindi la Germania ricorre ad una
importazione mirata di manodopera straniera altamente specializzata.
Anche la nuova legge sull’immigrazione del 2002, approvata dal Bundesrat il 22 marzo, conferma
la tendenza di favorire l’ingresso degli immigrati altamente qualificati e di scoraggiare invece quelli
a bassa qualificazione. Questa legge tratta insieme sia il diritto di soggiorno sia quello di lavoro,
che
vengono
unificati
in
un
documento
rilasciato
dall’ufficio
stranieri
dei
comuni
(Auslanderbehorde), d’intesa con l’ufficio di lavoro. La nuova norma inoltre permette l’accesso
immediato al mercato di lavoro ai familiari degli stranieri ricongiunti e ai richiedenti l’asilo
politico.
Il permesso di soggiorno viene ricondotto a due sole tipologie, quello a tempo determinato (legato
ad uno scopo preciso) e quello a tempo indeterminato. Vengono modificate anche le norme previste
per il ricongiungimento familiare, con l’obiettivo di favorire l’immigrazione di tutto il nucleo,
inclusi i figli fino a 18 anni, mentre invece si cerca di rendere più difficile il ricongiungimento a
posteriori di figli con una età superiore ai 12 anni, per i quali esisterebbero poi delle difficoltà di
inserimento nel sistema scolastico tedesco. In sostanza si chiede all’immigrato di stabilire da subito
un proprio progetto migratorio, in modo da evitare successivi problemi di inserimento e di
integrazione da parte dei componenti del nucleo familiare dell’immigrato. Viene privilegiata
l’immigrazione proveniente dai paesi europei o associati all’Unione Europea e, come detto,
l’immigrazione altamente qualificata, alla quale vengono offerte delle condizioni privilegiate in
merito al permesso di soggiorno e alle possibilità di ricongiungimento familiare. Ai nuovi arrivati si
richiede la conoscenza della lingua tedesca e si offrono dei corsi di lingua obbligatori. Viene creato
infine un nuovo Bundesamt Fur Migration und Fluchtinge che ha la competenza di stabilire un tetto
massimo all’immigrazione,
di amministrare il registro centrale della popolazione straniera in
Germania e di promuovere le misure di integrazione degli immigrati (Kammerer, 2003, p. 182-183).
2.2 Struttura e dinamiche dell’emigrazione italiana in Germania
In questo capitolo esamineremo i cambiamenti dell’emigrazione italiana in Germania dagli anni
Cinquanta ad oggi tenendo presenti i cambiamenti economici e del mercato del lavoro. Abbiamo
individuato tre grandi momenti:
1) L’emigrazione di massa durante (anni Cinquanta e Sessanta)
109
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2) La lunga fase di transizione (1973- 1989)
3) Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi
Nel primo paragrafo descriveremo l’inserimento nel mercato del lavoro degli italiani durante gli
anni Cinquanta e Sessanta, periodo che coincide per Sonia Haug con le fasi del reclutamento dei
pioneri (1955-1960) e della migrazione lavorativa (dal 1961 al 1966). Nei primi anni dall’accordo
Italo-tedesco il numero dei lavoratori da inserire nel mercato del lavoro tedesco viene regolato in
base alle necessità delle categorie professionali e stabilito per contratto. I contingenti maggiori
vengono assegnati all’agricoltura e all’edilizia, anche se successivamente il fulcro si sposterà verso
l’industria (Haug, 2006, p. 47).
Si noti che mentre dal 1954 al 1959 i lavoratori stranieri
provengono solo in minima parte dai paesi del mediterraneo, e per la maggior parte sono frontalieri
che arrivano dall’Austria, Francia, Svizzera e Olanda o profughi che lasciano i paesi socialisti
dell’Europa orientale (come nel caso della Jugoslavia), dal 1960 fino al 1967 i flussi maggiori di
immigrati arriveranno da paesi quale l’Italia, la Spagna, la Grecia, la Turchia , il Portogallo e la
Jugoslavia (Kammerer, 2003). Nel 1961 inoltre, con l’entrata in vigore dei trattati di Roma, che
stabiliscono il diritto alla libera circolazione per i cittadini della Comunità Economica Europea, gli
italiani possono scegliere liberamente se vivere e lavorare in Germania e non devono
necessariamente essere reclutati dalla commissione tedesca (Haug, 2006).
Nel secondo paragrafo descriveremo cosa accade agli emigrati italiani a partire dal 1973, in seguito
alla crisi petrolifera e all’aumento della disoccupazione soprattutto tra gli stranieri. Questo è un
periodo di lunga transizione per l’emigrazione italiana in Germania. Sonia Haug lo descrive
distinguendo tre fasi: quella della migrazione al seguito delle famiglie (dal 1967 al 1974), quella del
ricongiungimento familiare (dal 1975 al 1982) e quella del trasferimento definitivo o del ritorno
(dal 1983 al 1992). La crisi energetica induce il governo tedesco a proclamare uno stop alla
immigrazione per i lavoratori provenienti dai paesi extra-comunitarie e in particolare dal 1974 al
1975, la riduzione di lavoratori stranieri riguarderà in particolare gli italiani, da una parte perché
sono occupati nel settore edilizio, ovvero quello che registra il maggior numero di espulsioni della
manodopera straniera (lo stesso accade infatti per i lavoratori provenienti dalla Jugoslavia) e
dall’altra perché gli italiani, essendo cittadini europei godendo di una maggiore libertà di
circolazione rispetto agli stranieri extra-comunitari, come ad esempio i turchi, hanno la possibilità
di decidere di ritornare in Italia per rientrare in Germania in un momento economico più favorevole
(Kammerer, 1976, p. 76). In questi anni si stima che più della metà dell’immigrazione verso la
Germania sia rappresentata dai ricongiungimenti familiari. Dal 1983 l’immigrazione si mantiene a
110
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
livelli contenuti con circa 30-40 mila nuovi ingressi l’anno e nell’autunno dello stesso anno, in
seguito all’approvazione della legge sugli aiuti per il rimpatrio, gli italiani che avevano già
programmato il rientro decidono di tornare definitivamente in Italia (Haug, 2006).
Infine illustreremo in che modo gli italiani riescano a trovare una collocazione lavorativa nel mutato
mercato del lavoro tedesco dalla caduta del muro di Berlino ai giorni nostri. Con la caduta del muro
cambia infatti la provenienza dei flussi migratori, dal momento che sono numerosi i tedeschi
provenienti dall’est che ritornano in Germania. In seguito alla guerra in Jugoslavia inoltre, a tali
flussi si aggiungeranno quelli dei profughi e dei richiedenti asilo politico. Rispetto a queste
popolazioni e rispetto agli anni precedenti il numero degli italiani che emigra verso la Germania è
adesso di gran lunga inferiore. Si tratta però di italiani che hanno un titolo di studio più elevato e
che vanno ad occupare posizioni lavorative più qualificate.
2.2.1
Il reclutamento della manodopera italiana negli anni Cinquanta e Sessanta
All’inizio degli anni Cinquanta molti fattori favoriscono l’arrivo di manodopera straniera nella RFT.
In primo luogo la produzione industriale è favorita dalle conseguenze del processo di unificazione,
come rilevato anche da una ricerca del 1952 effettuata per conto della Confindustria tedesca.
Il settore metalmeccanico in particolare è uno dei più dinamici e ha molto bisogno di manodopera
generica. L’arrivo di nuova forza lavoro straniera avrebbe contribuito a tenere basso il costo del
lavoro contrastando le richieste di aumento salariale avanzate dal sindacato dei metalmeccanici.
L’arrivo dei lavoratori stranieri avrebbe inoltre permesso ai tedeschi di specializzarsi in mansioni
più qualificanti e remunerative, lasciando alla manodopera straniera i lavori più pesanti e faticosi.
Questa divisione del lavoro avrebbe favorito quindi i processi di mobilità sociale dei lavoratori
tedeschi.
E’ importante sottolineare che le posizioni dei sindacati tedeschi in merito all’arrivo di lavoratori
stranieri non sono univoche e concordi. Esistono infatti delle differenze nelle posizioni tra i
sindacati in base al tipo di settore economico. I sindacati del settore edile che risente molto delle
variazioni congiunturali e del settore delle miniere, in crisi strutturale, sono per esempio contrari
all’ingresso di stranieri, perché temono la concorrenza con i lavoratori tedeschi.
Altri fattori che vanno nella direzione di un’apertura all’arrivo di lavoratori stranieri sono
l’invecchiamento della popolazione e la politica del riarmo decisa dal governo Adenauer, poi
approvata nel 1956 in parlamento, che prevede la possibilità di ricorrere nuovamente alla
111
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
manodopera straniera per compensare il calo dei giovani nella forza lavoro tedesca.
Il 1955 segna l’apice del secondo boom congiunturale con un aumento della produzione industriale
del 14,9% rispetto all’anno precedente. Durante tutti gli anni Cinquanta il settore industriale tedesco
si espande in modo continuo, arrivando ad occupare quasi la metà dei lavoratori in Germania. Alle
catene di montaggio dell’industria automobilistica la percentuale di lavoratori stranieri varia dal
60% all’80% del totale degli occupati nel settore e simili concentrazioni si riscontrano in tutti i
settori abbandonati dai lavoratori tedeschi perché malpagati o dannosi alla salute.
Le donne immigrate tengono in piedi interi settori dell’industria alimentare. L’industria di conserve
ittiche, per esempio occupa prevalentemente donne turche. In generale gli stranieri trovano lavoro
nei posti in cui le condizioni di salario non corrispondono alle esigenze dei lavoratori tedeschi,
come nel caso dei servizi negli alberghi e negli ospedali dove sono occupate in misura maggiore le
donne immigrate o nelle fonderie di ferro e acciaio dove sono impiegati moltissimi lavoratori turchi
(Kammerer, 2003)
La tabella sottostante mostra l’andamento della manodopera italiana reclutata dalla commissione
tedesca dal 1956 al 1961, secondo i gruppi professionali:
Andamento della manodopera italiana reclutata dalla commissione
tedesca dal 1956 al 1961, secondo i gruppi professionali
Gruppi
professionali
1956
1957
1958
1959
1960
1961
5.801
3.272
2.360 2.608 4.014
4.567
Agricoltura
Industria
153
1.691
1.555 38
2.491
3.338
mineraria
1.451
1.072
1.020
1.843
5.427
8.151
Cave di pietra
1.354
4.190 13.088 37.074 49.479
Professioni edilizie 2.557
154
49
37
n.d.
23.673 20.596
Metallurgia
n.d
n.d.
n.d.
n.d.
3.682
2.842
Industria tessile
38
49
244
259
1.734
2.595
Alimentazione
119
238
285
7.168 15.189 15.453
Altre professioni
Totale
10.273 7.725
9.691 25.004 93.284 107.021
Immigrati italiani 15.608
grado di incidenza
65,8
(%)
14.867
19.398 42.364 141.168 165.667
52
50
59
66,1
64,6
Fonte: Steinert, 1993.
Nei primi anni gli italiani vengono reclutati in particolare per lavori nel settore agricolo
(coltivazione, allevamento, orticoltura). A partire dal 1957 crescono però anche gli occupati
112
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
nell’industria mineraria, nelle professioni edilizie e nelle cave di pietra, come scavatori, rifinitori e
ceramisti. A partire dal 1958 il gruppo di italiani più numeroso è quello impiegato nelle professioni
edilizie. Questo trend si conferma anche nel 1960, anno in cui gli emigrati italiani occupati arrivano
ad un totale di 141.168. Se i lavoratori italiani nell’edilizia costituiscono ancora il gruppo più
consistente, cresce adesso anche il numero degli occupati nella metallurgia come produttori di
metallo e rifinitori. Nel 1961 si allarga la tipologia di occupazioni destinate agli emigrati (con
l’aggiunta delle occupazioni nel settore tessile, nell’alimentazione e nelle altre professioni) e gli
italiani occupati arrivano al totale di 165.667.
Una caratteristica della Germania degli anni Sessanta, rispetto agli altri paesi OCSE è la prolungata
crescita dell’occupazione nel settore industriale e la rallentata crescita nel terziario. La forte
espansione industriale durante tutti gli anni Cinquanta continua infatti anche durante gli anni
Sessanta e tale sviluppo non dipende soltanto dalla elevata disponibilità di manodopera straniera,
ma anche dal tipo di ricostruzione economica su cui la Germania ha saputo puntare, favorendo lo
sviluppo di un apparato industriale imperniato sulla produzione di beni di investimento e di prodotti
chimici diretti ad un mercato internazionale.
Dal 1962 al 1972 cresce l’occupazione in particolare nel settore dell’industria dei beni di
investimento, all’interno della quale si registra una crescita del 54,6% nel settore aeronautico e del
39,2% in quello automobilistico; nel settore dell’industria dei beni di consumo, all’interno del quale
è il campo della lavorazione delle materie plastiche quello che vede crescere maggiormente
l’occupazione con un + 79,7%; e nel settore dell’ industria di base con una crescita del + 20,5%
dell’occupazione nell’industria della gomma e dell’asbesto e un + 16,4% nell’industria chimica. In
questi anni i settori nei quali gli stranieri sono meno presenti sono l’industria aeronautica nella
quale lavorano soltanto il 10,7% di immigrati, l’industria chimica e
quella poligrafica
rispettivamente con il 6,6% e il 7,6% di occupati stranieri. Questi sono invece i settori nei quali
aumenta quindi l’occupazione dei tedeschi. Gli stranieri invece si concentrano nel settore
automobilistico e la loro percentuale cresce anche sei settori che perdono occupati, come nel caso
dell’industria della lavorazione delle pelli e del cuoio che complessivamente perde il 27,8% di
occupati ma nella quale gli stranieri crescono dal 17,9% del 1962 al 25% del 1972 (Kammerer,
1976).
2.2.2
La lunga fase di transizione (1973-1989)
Se fino alla metà degli anni settanta l´immigrazione verso la Germania è stata caratterizzata dalla
113
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
cosiddetta
politica del reclutamento, a partire dalla crisi petrolifera del 1973, il numero dei
lavoratori stranieri diminuisce a causa di diversi fattori come l’aumento del tasso di disoccupazione,
la contrazione della produzione e la decisione del governo tedesco di bloccare l’arrivo di ulteriore
manodopera straniera (Ministero Affari Esteri, 2003).
Dal settembre del 1973 al settembre del 1974 i salariati stranieri scendono da oltre 2 milioni e 300
mila a 300 mila (Gallo, Seifert, Strozza, 2002). E’ importante sottolineare però che durante questi
anni la popolazione straniera continua ad aumentare, attraverso i ricongiungimenti familiari. A
causa dell’alto tasso di disoccupazione, in continuo aumento, il governo tedesco decide di adottare
ulteriori misure restrittive, non permettendo ai parenti dei migranti arrivati dopo il 1 dicembre del
1974, di ottenere un permesso di lavoro. Nel 1975 il numero dei salariati stranieri diminuisce
ancora, arrivando a 260 mila lavoratori. Cresce il numero dei disoccupati, specialmente tra gli
stranieri e in particolare tra gli italiani58, i quali però hanno anche un tasso di partecipazione al
mercato del lavoro tedesco più alto rispetto a quello del totale degli stranieri (il 57,2% contro il
56%).
Il periodo che va dal 1975 al 198459 rappresenta una seconda fase dell’emigrazione italiana in
Germania, caratterizzata dalla doppia strategia del governo tedesco che da una parte mira a
scoraggiare gli arrivi di altri stranieri (adottando la cosiddetta Anwerberstop, “politica dello stop”) e
dall’altra parte punta a sostenere il rientro di quelli residenti in Germania, rimasti senza un lavoro
(Seifert, 1996).
Nell’autunno del 1983 il governo vara una legge per “agevolare il rientro”, prevedendo dei premi di
ritorno (10.500 marchi per i disoccupati e i cassa-integrati) e l’esborso anticipato di prestazioni
legate alla previdenza sociale o agli assegni familiari. Tali agevolazioni alleggeriranno la
disoccupazione dei settori in crisi (Kammerer, 2003)
Tra i rientri registrati, gli italiani sono oltre 785 mila (il 17% di tutti i rientri), gli Jugoslavi sono 520
mila (più del 10%) e i Greci circa 330 mila (il 7%). A fronte di tali cambiamenti, anche la
partecipazione nel mercato del lavoro tedesco da parte degli italiani che restano in Germania
cambia, perché iniziano ad inserirsi più stabilmente nel mercato del lavoro tedesco e quella che un
tempo era considerata migrazione di breve periodo adesso inizia a diventare migrazione di lungo
58
Nel 1976, se il tasso di disoccupazione tra gli stranieri è pari al 5,2%, quello degli italiani arriva al 6,2% (Gallo,
Seifert, Strozza, 2002).
59
Dal 1975 al 1984 arrivano in Germania complessivamente 4 milioni e 236 mila stranieri (di cui oltre un milione e 22
mila sono turchi, il gruppo più numeroso tra gli stranieri in questo periodo), ma rientrano nei loro paesi d’origine 4
milioni e 544 mila, con un saldo negativo di 300 mila persone (Gallo, Seifert, Strozza, 2002).
114
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
periodo. Di conseguenza il tasso di attività60 degli italiani inizia a diventare più simile rispetto a
quello della popolazione tedesca (Gallo, Seifert, Strozza, 2002, p. 775).
Nel 1980 il tasso di disoccupazione tra gli italiani (3%) è uno dei più bassi tra gli stranieri (5,1%). Il
tasso più alto è invece quello dei turchi (6,3%). Anche questo elemento può essere spiegato con la
maggiore stabilità degli italiani rispetto agli stranieri giunti in Germania successivamente agli
italiani, come nel caso di turchi e jugoslavi (Gallo, Seifert, Strozza, 2002, p. 776).
Tra gli italiani le differenze di genere nella partecipazione al mercato del lavoro sono sempre le più
alte, (solo il 38% delle donne partecipa al mercato del lavoro mentre invece gli uomini italiani che
lavorano solo il 70%). La bassa partecipazione al mercato del lavoro da parte delle donne italiane
rispetto ai loro compagni uomini, può essere spiegata con una forte divisione dei ruoli all’interno
delle famiglie italiane, nelle quali le donne si occupano prevalentemente della cura dei figli (infatti
le italiane hanno un tasso di fertilità
61
più alto rispetto alle donne tedesche,) mentre gli uomini si
assumono la responsabilità di guadagnare per mantenere la famiglia. Nel 1985 le differenze di
genere nella partecipazione al mercato del lavoro raggiungono il loro picco. Il tasso di
disoccupazione femminile raggiunge il 18% contro il 12% del tasso di disoccupazione maschile.
Molti italiani rispondono alle difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro tedesco, iniziando
delle attività autonome come commercianti di generi alimentari italiani, ristoratori, pizzaioli,
gelatai, mettendo a frutto quelle abilità artigianali che erano state accantonate durante il lavoro in
fabbrica. Una parte dei nuovi italiani arrivati in Germania, trova invece uno sbocco direttamente nel
lavoro autonomo, occupando delle nicchie economiche lasciate vuote dalla società tedesca
(Pichler,1992 ; Apitzsch, 2005, p. 358).
2.2.3
Dalla caduta del muro di Berlino ad oggi
In seguito alla caduta del muro di Berlino hanno inizio delle trasformazioni radicali nell’Europa
dell’Est, che influiscono sulla provenienza regionale, sulla tipologia e sui profili professionali della
nuova immigrazione. Accanto alla mobilità interna all’UE, e alla possibilità di ricongiungimenti
60
Il tasso di attività della popolazione italiana in Germania nel 1980 è pari al 59,3% a fronte del 52,7% del tasso di
attività del totale degli stranieri residenti
61
Nel 1976 il tasso totale di fertilità delle donne immigrate in Germania era di 2,6 figli a donna, e quello delle donne
turche arrivava a 4 figli per donna. Solo alla fine degli anni Novanta i comportamenti riproduttivi delle straniere
sono diventati più simili a quelli delle donne tedesche , arrivando a 1,7 figli a donna per le straniere e 1,2 figli a
donna per le tedesche. Bisogna notare però che i processi di naturalizzazione rendono difficile la distinzione tra figli
di immigrati e figli di tedeschi (Coleman, 1998, p. 44).
115
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
familiari con paesi terzi, aumenta in questo periodo il numero dei “tedeschi etnici” che provengono
dalle regioni asiatiche dell´ex Unione Sovietica e dei cittadini originari dei paesi ex-socialisti
(Ministero degli affari esteri 2003, p.3). Per alleviare la pressione migratoria, il governo tedesco,
dopo vari anni, riattiva la politica degli accordi bilaterali e viene reclutata forza lavoro a carattere
stagionale, in particolare destinata all’impiego in agricoltura, nel settore alberghiero e nell’edilizia.
Molti lavoratori polacchi e italiani vengono impiegati durante il periodo della ricostruzione di
Berlino Est e dei nuovi Bundesländern.
A partire dagli anni ’90 il flusso migratorio proveniente dall’Italia segna una ripresa, in particolare
tra il 1993 e il 1996 si ha un saldo positivo, fra nuovi arrivi e rientri. Secondo i dati
del
“Statistisches Bundesamt Wiedsbaden”, nel 1994 partono per la Germania 39.100 italiani (25.740
maschi e 13.360 femmine), e ne rientrano 32.884 (21.261 maschi e 11.623 femmine), con un saldo
positivo di 6.216 persone. Nel 1995 arrivano in Germania altri 48.309 italiani (32.665 maschi,
15.644 femmine) e ne rientrano 34.739 (23.132 maschi, 11.607 femmine), con un saldo ancora
positivo di 13.570 (Ministero Affari Esteri, 2003, p. 6). Questi dati ci risultano confermati dai dati
Eurostat, attraverso i quali è possibile verificare l’andamento dei flussi degli Italiani In Germania
durante tutti gli anni Novanta (vedi grafico sottostante).
Graf. Andamento emigrazione italiana in Germania dal 1990 al 1999, per genere.
Fonte: nostra elaborazione dati Eurostat, 2009
Il contesto positivo in Germania che sperimenta una significativa ripresa economica, specialmente
nel settore dell´edilizia grazie alle attività di ricostruzione nei nuovi Bundesländer e quello negativo
in Italia, in cui la situazione economica, in particolare nel settore edile è stagnante, hanno una
funzione di “push and pull”, espellendo e attirando i lavoratori italiani (Ministero Affari Esteri,
2003, p. 6).
116
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
La popolazione italiana che emigra in questi anni è rappresentata in prevalenza da uomini, il che
lascia supporre che siano prevalentemente i single ad emigrare, piuttosto che interi nuclei familiari.
Le tipologie del nuovo mercato del lavoro, caratterizzato da posti di lavoro insicuri e precari,
possono essere la ragione alla base di una migrazione di singoli e non di intere famiglie.
La ricerca di Gallo, Seifert e Strozza (2002)62 analizza come sia cambiata la partecipazione degli
emigrati italiani al mercato del lavoro tedesco sulla base dei dati del micro-census63 (Mikrozensus)
dell’Ufficio Federale di Statistiche. Secondo tali dati oltre il 90% degli italiani ha un lavoro
dipendente (la percentuale sale al 95,3% per le donne). Il tasso di occupazione degli italiani è del
68,7% con delle differenze ancora elevate tra uomini (78,6%) e donne (53,2%), mentre il tasso di
disoccupazione è dell’11%, anche se quello delle donne è più basso (9,8% rispetto all’11,6% degli
uomini). Il settore in cui gli italiani sono più presenti è quello industriale, nel quale lavorano il
40,5% degli uomini e il 34,8% delle donne. I settori occupati prevalentemente dagli uomini sono
hotel e i ristoranti (17,2%) e il settore delle costruzioni (16,6%), quelli in cui invece sono
impiegate in particolare le donne sono il commercio (15,3%) e il settore pubblico (15,3%). Circa il
10% degli italiani ha un’attività in proprio con una percentuale più alta nel caso di attività in
proprio svolte dagli uomini, 12,5%. La percentuale di italiani che ha un lavoro autonomo è superata
soltanto dagli uomini provenienti dalla Grecia (14,5%). Si tratta di una percentuale molto alta, se si
considera che tra tutti gli stranieri in Germania soltanto il 3,3% ha un lavoro autonomo. La elevata
presenza di Italiani tra i lavoratori autonomi può essere spiegata con il fatto che per avviare una
propria attività è necessario conoscere bene il contesto in cui si opera, le leggi vigenti e avere una
rete di relazioni che permetta di mantenere l’attività. Gli italiani, possono vantare tra gli stranieri,
una lunga presenza nel territorio tedesco e una conseguente maggiore stabilità che permette loro di
essere numericamente più numerosi tra i lavoratori autonomi. Nel 1995, secondo i dati del microcensus la percentuale di lavoratori autonomi tra gli italiani eguaglia quella tra i tedeschi (circa il
9%). In generale però mentre i lavoratori autonomi tra gli stranieri sono concentrati in particolare
nel settore della nella ristorazione, i tedeschi avviano attività autonome in una più vasta tipologia di
62
Gallo, Seifert, Strozza, 2002, “Immigrants in the German Labour market: the case of Italians, Greeks, FormerYugoslavs and Turks”, in Studi Emigrazione, XXXIX, n. 148, pp. 755-787.
63
Il Micro-census raccoglie le informazioni sull’intera popolazione residente in Germania, inclusa quella straniera,
basandosi su un campione casuale di famiglie. Tutte le famiglie hanno la stessa probabilità di essere selezionate nel
campione. Nel 1995 sono state selezionate oltre 350 mila famiglie (circa 800 mila persone), di cui 70 mila famiglie
(circa 160 mila persone) provenienti dalla ex- Repubblica democratica Tedesca. I rispondenti sono intervistati
personalmente e hanno l’obbligo, per legge, di rispondere alle domande poste, in quanto il micro-censo, rientra tra le
statistiche ufficiali. Gallo, Seifert, Strozza, 2002, p. 759.
117
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
settori, in particolare nella produzione di servizi pubblici e sociali ma anche nell’agricoltura dove
sono ovviamente molto più numerosi i tedeschi che possiedono la terra e una impresa agricola,
rispetto agli stranieri. I settori in cui sono egualmente presenti sia lavoratori autonomi stranieri sia
tedeschi sono quelli del commercio, delle costruzioni, e dell’artigianato (Gallo, Seifert, Strozza,
2002, p. 785).
Alla fine degli anni ‘90 il saldo complessivo fra entrate e rientri è nuovamente negativo (di 1.025
unità). Cresce il numero dei disoccupati tra gli stranieri in Germania: 620 mila nel 1999, con un
tasso di disoccupazione pari al 17%, rispetto al 10% dei tedeschi. Circa il 15 % di italiani sono
disoccupati , ma il flusso dei nuovi immigrati non si arresta. Analizzando i dati strutturali dei
disoccupati italiani alla fine del 2002, si nota che le persone più colpite dalla disoccupazione sono
quelle senza qualifica (il 79,6% non possiede nessuna qualifica professionale), mentre il 16,7% dei
disoccupati italiani ha una formazione professionale aziendale.
Alla fine del 2000, con oltre seicentomila persone (619.000), la comunità italiana rappresenta
l’8,5% degli stranieri ed è la più consistente fra quelle provenenti da un paese della EU. E’
composta per il 59,5% da uomini (368.000) e per il restante 40,5% da donne (251.000). La
maggiore concentrazione di italiani si trova nelle regioni industriali della Germania occidentale, in
particolare nella zona di Monaco (fabbrica della Mercedes), Stoccarda (fabbrica della BMW),
Francoforte (aeroporto) e Colonia.
Nella città di Wolfsburg, dove si trova la fabbrica della Volkswagen, gli italiani sono il gruppo
straniero più numeroso, per via della politica di reclutamento della fabbrica favorevole all’impiego
di operai italiani (von Oswald A., 2006).
Nell’area e nella città di Berlino si trova invece un’altra tipologia di migrazione sempre italiana,
che lavora nel settore terziario e precisamente nella gastronomia, nel commercio e nelle
importazioni. A Berlino infatti la tipica figura dell´operaio emigrato, che caratterizza altrove la
maggior parte della comunità, non è molto presente, anche per la politica di reclutamento
dell´industria berlinese, che ha privilegiato persone provenienti dalla Turchia e dalla Grecia (Pichler
E., 2000).
I processi di deindustrializzazione in Germania colpiscono anche la comunità italiana, con la perdita
di molti posti di lavoro. Il tasso di occupazione del lavoro dipendente si è infatti continuamente
ridotto64 e a dicembre del 2000 risultavano occupate 203.000 italiani, di cui circa il 70% uomini.
(146.216 uomini, rispetto a 61.193 donne). Quasi l’80% degli italiani lavora come operaio (165.580
64
Dati del Bundesanstalf für Arbeit, Nürberg, diverse tabelle.
118
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
persone) e il restante 20% è occupato nel settore impiegatizio.
Il tasso di disoccupazione degli italiani in Germania, a dicembre del 2000 arriva al 16,3%. Nel
dicembre 2001 sono 41.979 gli italiani disoccupati, ovvero il 17,4%, superiore rispetto al 10, 6%
del tasso di disoccupazione della popolazione tedesca, ma più basso rispetto al totale degli stranieri
che è del 19,6%. L’84,3% dei disoccupati italiani non possiede alcuna qualifica professionale (fra
gli stranieri disoccupati questa quota è del 76,6%); l’11,4% ha meno di 25 anni ed il 37,2% risulta
senza lavoro da più di un anno (fra gli stranieri questa quota è del 33,8%). Alla fine di ottobre 2002
il tasso di disoccupazione degli italiani in Germania è sempre superiore al 17% (gli italiani senza
lavoro sono 41.659, di cui 28.876 uomini e 12.783 donne), mentre il tasso di disoccupazione fra gli
stranieri in generale sale al 20,6%.
Il tasso maggiore di disoccupati italiani in Germania si trova nella Regione Berlino-Brandenburgo65
(32,6%), mentre nella ancora “fiorente” Baden-Württemberg è del 13,7%. Il tasso così elevato di
disoccupazione fra gli italiani di Berlino è da ricondurre però anche alla tipologia della comunità
stessa, composta, per via dell´attrazione che esercita la città sui giovani, da tanti nuovi immigrati
in cerca di primo lavoro e che si iscrivono così alle liste di collocamento (Ministero degli Affari
Esteri, 2003, p. 7).
Graf. 1. Andamento flussi migratori italiani in Germania dal 2001 al 2007
Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat, 2009
Analizzando i dati strutturali dei disoccupati italiani alla fine del 2002, si nota che i più colpiti dalla
disoccupazione sono coloro i quali non possiedono alcuna qualifica professionale (il 79,6%) mentre
il 16,7% dei disoccupati italiani ha una formazione professionale aziendale.
65
Anche fra gli altri gruppi di stranieri il tasso di disoccupazione in questa Regione è assai elevato: Turchi 44%,i
Portoghesi 32,4%, Greci 37,2%, Spagnoli 29,8%, Inglesi 26,6%, Francesi 24,9%.
119
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Secondo i dati riportati dal Ministero degli Affari Esteri, la scarsa volontà degli italiani a partecipare
a corsi di formazione o di riqualificazione professionale, per migliorare la propria posizione sul
mercato del lavoro dipenderebbe sia dalla mentalità di molte famiglie, che preferiscono non
investire nella formazione, privilegiando un impiego immediato, sia dal fatto che gli italiani, a
differenza di altri stranieri, godendo del diritto alla libera circolazione all´interno della Comunità
Europea, non avrebbero bisogno di assicurarsi il permesso di soggiorno con un lavoro sicuro. Negli
ultimi anni però e specialmente nelle regioni della Baviera e del Baden Wuttemberg, si è registrato
un consistente numero di emigrati italiani ai quali non è stato prolungato il permesso di soggiorno
perché disoccupati e richiedenti l´assegno sociale (Ministero degli Affari Esteri, 2003, p. 8).
Per quanto riguarda la diffusione del lavoro autonomo tra gli emigrati italiani in Germania, una
ricerca condotta nel 2004 dallo “Small Business Institute” dell’università di Mannheim, in
collaborazione con il Centro Studi emigrazione Roma e con l’International Labour Organization
(ILO), sostiene che dal 1990 in poi il lavoro autonomo si è molto diffuso tra gli stranieri in
Germania e in particolare tra gli emigrati italiani, tanto che gli italiani che avviano una propria
attività in Germania sono molto più numerosi rispetto agli stessi tedeschi. I dati del Microcensus del
2003 dell’Ufficio Federale di Statistica, elaborati dall’università di Mannheim, sottolineano infatti,
che mentre il tasso di auto-imprenditorialità degli Italiani è del 13,1%, quello dei tedeschi arriva al
10,4% Questa ricerca inoltre offre una serie di spunti interessanti di riflessione, secondo i quali
sarebbe possibile affermare che la diffusione del lavoro autonomo tra gli emigrati italiani possa
essere considerato un indicatore dell’avvenuto processo di integrazione degli italiani in Germania
(Leitch, Leiss, e Fehrenbach, 2005).
2.3.Caratteristiche degli emigrati italiani in Germania
Dopo aver delineato il quadro politico all’interno del quale sono stati gestiti i flussi migratori
italiani e aver compreso come i cambiamenti del mercato del lavoro abbiano influito sulla
collocazione degli emigrati italiani in Germania, in questo capitolo confronteremo le caratteristiche
dei vecchi emigrati italiani in Germania con quelle degli emigrati attuali.
Secondo Pugliese per parlare della situazione degli italiani in Germania oggi occorre:
“prendere in considerazione almeno tre categorie di lavoratori. La prima è rappresentata dagli
emigrati tradizionali, residenti già da parecchio tempo in Germania; la seconda è costituita dagli
emigrati di seconda generazione (e in misura più ridotta anche di terza); infine la terza è costituita
dalla nuova immigrazione di italiani, cioè un’immigrazione molto complessa costituita da giovani
120
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
scolarizzati e non scolarizzati spinti dalle difficoltà del mercato del lavoro italiano, ma anche in
alcuni casi dalla crescente integrazione delle società europee. Quest’ultimo flusso migratorio è
quello più interessante anche perché in esso si riflettono le tendenze del mercato del lavoro a livello
internazionale con i processi di segmentazione e internazionalizzazione che lo caratterizzano”
(Pugliese, 2006, p. 40).
In primo luogo quindi descriveremo le caratteristiche del modello migratorio italiano (il modello
rotatorio del lavoratore ospite), le conseguenze sociali che tale modello ha comportato e
descriveremo le caratteristiche dell’emigrazione tradizionale sulla base dei risultati della ricerca
condotta da Favero e Rosoli negli anni Settanta.
Quindi approfondiremo uno dei nodi irrisolti nel passaggio dalla politica della rotazione alla politica
dell’integrazione della minoranza italiana stabilitasi definitivamente in Germania66, ovvero quello
della necessità di politiche sociali e di integrazione dirette a contrastare l’insuccesso scolastico delle
giovani generazioni di italiani cresciuti in Germania. Le difficoltà riscontrate nel sistema formativo
tedesco, comportano infatti per le seconde generazioni di italiani in Germania dei successivi
problemi di inserimento nel mercato del lavoro tedesco.
Infine illustreremo la trasformazione del sistema migratorio tradizionale in seguito ai cambiamenti
riconducibili alla mobilità intra-europea e le caratteristiche dell’attuale migrazione italiana in
Germania.
2.3.1 Il modello italiano di migrazione
Il modello italiano di migrazione in Germania è stato definito da diversi autori come il “modello del
lavoratore ospite”.
E’ il modello del “lavoratore ospite” che tende a diventare prevalente nella nostra emigrazione,
con soggiorni di breve periodo, come mostra lo stesso andamento dei ritorni […] è possibile
ritenere che in questa (prima) fase, lo stesso modello italiano d’emigrazione trovasse più adatta
alle proprie esigenze una mobilità di breve periodo, magari alternando periodi di residenza
all’estero a soggiorni nel luogo d’origine, anche perché nello stesso periodo, la forte crescita
economica di vaste aree del paese rendeva possibile l’assorbimento di una rilevante migrazione
interna (Bonifazi, Heins, 1996, pp. 276-277)
Pugliese e Kreidler sottolineano in particolare le conseguenze sociali della condizione strutturale di
66
La Haug stima che soltanto il 12% degli emigrati italiani si siano poi stabilizzati definitivamente in Germania.
121
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
indeterminatezza degli emigrati italiani, che impedisce loro la possibilità di prendere delle decisioni
definitive circa il rientro in Italia o la stabilizzazione definitiva in Germania:
“la condizione che più frequentemente caratterizza queste famiglie è una condizione di
indeterminatezza, intesa come assenza/impossibilità di poter programmare la durata del soggiorno
o la decisione del ritorno con un cumularsi di vincoli e condizioni psicologiche e materiali che
rendono sempre meno agevole tale capacità di programmare” (Pugliese e Kreidler, 1983 citato in
Pugliese, 2006)
Anche Rieker sottolinea la condizione di instabilità dei primi emigrati italiani evidenziando che :
“per lungo tempo l’immigrazione italiana in Germania è stata caratterizzata da una immigrazione
di fatto senza decisione di immigrare, e da una condizione di incertezza e di instabilità della
permanenza” (Rieker, 2005, p. 368).
Secondo Kammerer gli italiani mostrano la maggiore stagionalità e la maggiore rotazione rispetto
agli altri stranieri. La maggiore stagionalità non dipende soltanto dalla vicinanza geografica e dalla
possibilità di godere della libertà di circolare sul territorio europeo, ma anche dalla forte presenza
degli italiani, in particolare dai primi arrivi nel 1955-56 fino alla crisi del 1966-67, nel settore
edilizio, ovvero quello che più di tutti subisce le variazioni dell’andamento congiunturale
dell’economia tedesca. Infatti la stagionalità degli italiani inizia a diminuire subito dopo la crisi del
1967, ovvero dal momento in cui gli italiani lasciano sempre di più questo settore. (Kammerer,
1976, p. 82).
La maggiore rotazione, secondo Pugliese dipenderebbe in primo luogo dall’orientamento della
politica migratoria tedesca, ma anche dalle aspettative iniziali dei primi migranti italiani, interessati
a rientrare in Italia (Pugliese, 2006).
Quali sono state le conseguenze sociali di un simile modello? Quali le caratteristiche che
definiscono gli italiani in Germania nel periodo di emigrazione di massa?
La ricerca “I lavoratori emarginati” condotta nel corso del 1972 dal Centro Studi emigrazione di
Roma (CSER) su un campione di 3000 italiani emigrati in Svizzera e in Germania, descrive le
caratteristiche demografiche e socio-professionali degli emigrati italiani fino agli anni settanta, le
condizioni di vita e di lavoro, puntualizzando i problemi dell’emigrato (lavoro, alloggio, formazione
e scolarizzazione dei figli) e tendendo conto anche del contesto macro sociale ed istituzionale. La
situazione di emarginazione dell’emigrato italiano viene definita come strutturale (ovvero connessa
al tipo di sviluppo della società di partenza e di quella ospitante e funzionale (per la società
ospitante). (Favero e Rosoli, 1975).
122
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
I lavoratori italiani in Germania, con un contratto di lavoro annuale o stagionale non possono che
percepirsi come ospiti temporanei. Sono sottoposti ad un controllo rigido, non possono portare con
sé la propria famiglia se non dimostrando di avere una abitazione adeguata ad ospitarla. (Carchedi,
Pugliese, 2006). Spesso vivono in strutture provvisorie di prima accoglienza o in baracche collocate
vicino ai luoghi di lavoro e quindi lontane dai centri urbani, in una condizione di ghettizzazione.
Lavorano duramente in modo da accumulare nel più breve periodo di tempo i risparmi necessari a
permettere loro di ritornare in Italia e spesso, essendo impossibilitati a cambiare lavoro, sono
costretti ad accettare i lavori più faticosi.
Il profilo dell’emigrato italiano che la ricerca di Favero e Rosoli ci restituisce è quello di un uomo,
con una età compresa tra i 20 e i 40 anni, precario, scarsamente qualificato e proveniente da un
ambiente rurale e del meridione. La precarietà è strettamente collegata al basso livello di
istruzione67 degli italiani e alle basse qualifiche professionali, aggravate dal fatto che raramente gli
italiani partecipano ai corsi di formazione professionali organizzati in Germania dagli stessi
imprenditori o anche ai corsi per l’apprendimento delle lingue. La ruralità dipende dalla
provenienza geografica degli emigrati italiani che lasciano le zone agricole in cui sono nati per
trasferirsi in Germania, continuando a mantenere i valori e le caratteristiche proprie del contesto di
provenienza, ovvero l’arretratezza, la bassa scolarità, la prevalenza dei rapporti primari e il dominio
dei clan familiari. La marginalità è legata alle difficili condizioni di vita e lavorative degli emigrati
italiani in Germania: alloggi malsani, nutrizione povera, mancata integrazione con l’ambiente
circostante. La brevità della permanenza complica inoltre i già presenti problemi relativi all’asilo
per i figli e all’alloggio68.
2.3.2 I problemi di inserimento dei giovani italiani nel sistema scolastico tedesco
Una delle conseguenze della situazione di indeterminatezza vissuta dai primi emigrati italiani in
Germania è il problema delle difficoltà scolastiche dei giovani italiani delle seconde generazioni, in
particolare dei figli dei cosiddetti “lavoratori reclutati” (“Arbeitsmigranten”) provenienti in
maggioranza da famiglie con un livello di scolarizzazione non alto.
67
Gli italiani in Germania sono per il 30 % circa privi di qualsiasi titolo di studio (di cui un 6,6% del tutto analfabeta) e
il restante 70% circa provvisto del solo titolo elementare (Favero e Rosoli, 1973, p. 311).
68
La ricerca ha mostrato che è molto frequente la rotazione degli alloggi e anche delle prestazioni lavorative. Circa il
75% degli emigrati in Germania cambia lavoro dopo il primo anno di arrivo.
123
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Una delle cause della difficoltà di avanzamento nel sistema scolastico tedesco69 è la lacunosa
conoscenza della lingua tedesca, spesso scoraggiata dai genitori convinti di poter ritornare in Italia
(Ministero Affari Esteri, 2003).
La poca padronanza della lingua tedesca viene spesso interpretata come difficoltà generale di
apprendimento e usata come motivo per relegare i bambini stranieri in una Sonderschule, una
“scuola speciale” formata da classi con un numero minore di scolari, che non fornisce le qualifiche
necessarie per accedere alla maturità o ad un buon posto di apprendistato.
Gli italiani generalmente sono poco presenti nel Ginnasio, nel quale, dove risultano, si distinguono
per essere gli studenti straneri con i risultati più negativi mentre invece sono più numerosi nelle
scuole dell’obbligo (Hauptschulen) e nelle scuole differenziali (Sonderschulen)70.
Rispetto agli altri stranieri, gli italiani sono inoltre poco rappresentati anche nelle scuole
professionali, e coloro i quali ricevono un posto di apprendistato, lo trovano in mestieri non
attrattivi, con orari e condizioni di lavoro svantaggiosi e con poche possibilità di guadagno e di
carriera (Ministero degli Affari Esteri, 2003).
Nel 2000 i giovani di origine italiana che svolgono un tirocinio da apprendista sono 10.802, di
questi, il 46,3% nel settore dell´industria e del commercio, il 43,1% nel settore dell´artigianato,
l’8,7% nelle libere professioni e l’1% nel servizio pubblico (Bundesanstalt für Arbeit, 2004). Sono
dati che confermano come la scelta formativa professionale degli italiani sia rivolta a settori non
innovativi e che non garantiscono una certa mobilità sociale. A differenza dei giovani tedeschi, gli
italiani raramente sono in possesso di titoli professionali, e trovano impiego per lo più come operai
non qualificati: ossia per lavori che, con il cambiamento strutturale dell´economia, sono ad alto
rischio.
Ai giovani stranieri viene consigliato più frequentemente di intraprendere una formazione
professionale che possa poi essere intrapresa nei paesi di provenienza in seguito un loro eventuale
rientro (parrucchiera, sarta, meccanico d’auto.)
Tali suggerimenti non solo ricalcano gli stereotipi sui paesi di provenienza dei Gastarbeiter, come
se questi fossero rimasti dei paesi a carattere agrario, senza uno sviluppo economico e sociale tale
da richiedere nuovi profili professionali, ma dando a questi giovani una formazione non adeguata
ad una società del sapere e a un sistema globale, si nega loro la possibilità di inclusione sociale
69
Gli italiani sono indirizzati per lo più nel percorso di formazione professionale, piuttosto che in quello universitario, e
molti non lo completano.
70
La percentuale di bambini italiani nella Sonderchule arriva al 7,9% rispetto al 6,5% di tutti i bambini stranieri e al
3,9% dei bambini tedeschi (Ministero Affari Esteri, 2003).
124
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
non solo nel paese di accoglienza o di origine della famiglia, ma anche nella nuova Europa della
mobilità (Ministero degli Affari Esteri, 2003, p. 14).
Rispetto a questa tendenza l’unica eccezione sembrerebbe rappresentata dai figli dei migranti che
hanno avviato una attività autonoma. Le ricerche71 di Apitzsch dimostrano infatti che solo in pochi
casi i figli dei migranti che possiedono un’attività in proprio continuano l’attività della famiglia,
mentre nella generalità dei casi analizzati, gli imprenditori italiani vendono la propria attività ad
altri connazionali o ai gruppi di nuovi lavoratori autonomi per investirne il ricavato innanzitutto
nella formazione dei figli, i quali continuano con successo gli studi, laureandosi e diventando
lavoratori specializzati (Apitzsch, 2003; 2008).
2.3.3 Le attuali caratteristiche degli emigrati italiani in Germania
Confrontando il profilo dei primi emigrati italiani verso la Germania a quello che risulta essere
l’attuale profilo del nuovo emigrato italiano, è evidente che qualcosa è cambiato.
Secondo Rieder oggi il modello italiano dei lavoratori ospiti non esiste più, il nuovo emigrato
“post-moderno” ha un alto livello culturale e un diverso stile di vita. “Si tratta di imprenditori
molto mobili, di manager multinazionali, di studenti di scienziati e di high potentials di
organizzazioni internazionali. Con l’internazionalizzazione del mercato del lavoro, Monaco è
diventata un centro per gli imprenditori italiani in Germania e molte ditte hanno aperto i loro uffici
nel capoluogo bavarese. Si tratta in gran parte di filiali di società italiane, per le quali Monaco
costituisce una testa di ponte economico”(Rieder, 2004, p. 653).
Con il passaggio dalla società industriale alla società dei servizi inoltre molti italiani in Germania
non sono più esclusivamente lavoratori dipendenti, ma sono diventati lavoratori autonomi, aprendo
negozi nei settori della gastronomia e del commercio sia al dettaglio sia all’ingrosso dei prodotti
mediterranei.
Anche Negrini sottolinea la crescita sociale e il grado di integrazione degli emigrati italiani, in
particolare a Francoforte, cuore finanziario della Germania:
“qui l’italiano veste i panni del tecnico, del commerciante, del professionista, dell’artigiano, del
ristoratore, del gelatiere, del pizzaiolo, senza contare i bancari o i tecnici altamente specializzati.
Molti hanno sviluppato in proprio attività tipicamente italiane e terziarie: sono importatori,
71
Facciamo riferimento qui ai risultati di una ricerca Europea condotta nel 2001 e poi pubblicata in Apitzsch U., Kontos
M.,(2008) e ai risultati di un programma di ricerca, “ETHNOGENERATION”, condotto in sette paesi Europei e
conclusosi nel 2006 sulle “Chances della seconda generazione nelle imprese familiari etniche.
125
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
artigiani, stuccatori, parrucchieri e baristi. In Germania vi sono circa 12 mila ristoranti e 20 mila
pizzerie italiane, in tutto circa 60 mila addetti. I turchi e altre minoranze etniche hanno rimpiazzato
ormai da tempo, nei posti più precari della società tedesca gli italiani, molti dei quali conducono
un tenore di vita simile a quello dei tedeschi” (Negrini, 2001, p. 105).
Questa descrizione ci sembra delineare un quadro delle attuali condizioni degli emigrati italiani in
Germania ben diverso da quello esistente negli anni Settanta, in particolare rispetto alla descrizione
emergente dalla ricerca CSER nella quale gli italiani venivano definiti come una massa di forza
lavoro lasciata volutamente al margine” la cui situazione di vita era segnata da “emarginazione
economica e alloggiativa, forzata separazione dal nucleo familiare, alienazione professionale,
alienazione culturale e scolastica, alienazione politica, sindacale e sociale (Favero Rosoli, 1975;
Negrini, 2001, p. 60-61).
Per quanto riguarda le caratteristiche degli attuali migranti italiani in Germania, molti studiosi
concordano nel sostenere che i nuovi emigrati presentano un tasso di scolarizzazione più elevato
(Pugliese, 2005; Carchedi, 2006). Non sono dello stesso parere Haug ed Heins, i quali sottolineano
invece la persistenza di un basso livello di formazione scolastica e professionale degli italiani
rispetto ai tedeschi (e anche rispetto agli altri stranieri). La bassa qualifica professionale che era
stato un vantaggio per la prima generazione di italiani emigrati in Germania, inseriti in settori nei
quali erano richieste scarse competenze (come nel caso della catena di montaggio o nel settore delle
costruzioni), è adesso uno dei maggiori problemi riscontrato dai lavoratori italiani. In seguito alla
ristrutturazione del mercato del lavoro tedesco, la formazione scolastica e professionale sono
diventati infatti fondamentali per l’inserimento lavorativo e gli italiani sembrano aver perso il loro
vantaggio competitivo nel mercato del lavoro tedesco. (Haug S., Heins F., 2005)
Altri autori infine ritengono che i flussi di emigrati italiani altamente qualificati e quelli di emigrati
italiani con scarse qualifiche professionali e quindi maggiori difficoltà di inserimento nell’attuale
mercato del lavoro co-esistano (Macioti, 2006).
“Si tratta […] di un piccolo universo culturalmente preparato, che riguarda soprattutto il Nord-est
italiano. Dal Sud invece continuerebbero a partire giovani con scarsa preparazione culturale, spinti
dalla povertà , dal bisogno di sopravvivenza. Sono per lo più maschi, che intendono stare in
Germania per qualche tempo e poi rientrare. Che partono senza una meta precisa. Che finiscono
per lo più col lavorare come camerieri, o comunque nella ristorazione, oltre che come muratori,
carpentieri” (Macioti, 2006, p. 113).
Relativamente alle differenze di genere la struttura della popolazione italiana in Germania sembra
126
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
essere più bilanciata rispetto agli anni Ottanta. I dati dell’Ufficio Federale di Statistica del 2003
mostrano che mentre tra gli italiani con una età compresa tra i 60 e i 65 anni ci sono 100 donne
ogni 245 uomini, tale rapporto scende a 100 donne ogni 115 uomini nella fascia di età compresa tra
i 20 e i 25 anni (Haug S., Heins F., 2005).
Infine tra gli italiani residenti in Germania nel 2003 la percentuale più alta è costituita dalle persone
con una età compresa tra i 30 e i 40 anni (20,7% del totale), seguita dalla fascia di età compresa tra i
40 e i 50 anni (17,8% del totale). (Haug S., Heins F., 2005).
127
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Parte Seconda
2.4 Le attività dell'Inca in Germania72
L'INCA, l'Istituto Nazionale Confederale di Assistenza della CGIL, nasce in Italia nel 1945 per
garantire un servizio di assistenza sociale a tutti i lavoratori italiani. Con il decreto legislativo del
Capo provvisorio dello Stato (29 luglio 1947), gli istituti di Patronato ottengono riconoscimento
giuridico e la definizione del proprio ruolo, compiti e modalità di funzionamento73.
Dopo la seconda guerra mondiale, mentre l'Italia veniva a trovarsi in uno stato di gravissima crisi e
povertà, ci fu una massiccia emigrazione dei nostri connazionali all'estero (in modo particolare nel
Nord Europa, Stati Uniti ed America Latina). In questo delicato momento storico, fu L' INCA a
preoccuparsi della tutela dei migranti. A partire da questo contesto, infatti, nacquero e si diffusero
gli Istituti di Patronato ed assistenza sociale, col preciso scopo di tutelare e offrire un servizio di
assistenza a quella moltitudine di lavoratori italiani che, seppure a malincuore, si trovarono nella
condizione di dover abbandonare il proprio paese d'origine.
Oggi il Patronato all'estero non fornisce solo assistenza di natura previdenziale; talvolta, ed è questo
il caso dell'Inca Germania, fornisce anche servizi che prescindono dalle proprie competenze. La
conseguenza diretta sono tutte quelle difficoltà a livello gestionale ed organizzativo che tutto il team
è poi costretto a fronteggiare. Ciononostante, giacché in ogni paese ad alto tasso emigratorio
emergono specifiche esigenze, bisogni, richieste da parte degli utenti, le varie sedi Inca hanno
sempre saputo fornire valide risposte nel corso degli anni, adattando ed individualizzando il proprio
intervento di tutela.
2.4.1 La nascita dell'Inca in Germania
Nella Repubblica Federale di Germania, il Patronato INCA CGIL e.V nasce alla fine degli anni
Sessanta, in un territorio dove la concentrazione degli italiani è sempre stata consistente ed il
bisogno di tutela fortemente sentito.
Il Patronato è promosso dalla sede nazionale INCA di Roma e con la stessa convenzionato. Tale
attività di assistenza e tutela, regolata da rispettivi Decreti Ministeriali, viene finanziata dal
Ministero dei Lavoro e della Previdenza Sociale e rafforzata dall'accordo di collaborazione,
72 E' opportuno evidenziare che questa parte è stata realizzata attraverso una sola intervista. Tale scelta è stata dettata
unicamente da specifiche indicazioni del Presidente della struttura Inca tedesca.
73 Il Patronato Inca In Italia e nel mondo, Antonio Bruzzese, Paolo Gagliardi, Giovanna Carchella, dicembre 2004
128
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
sottoscritto nel gennaio 1986, tra il DGB e la CGIL. Questa intesa valorizza ulteriormente l'attività
di tutela nell'interesse della collettività italiana e favorisce il suo inserimento nel tessuto sociale
tedesco74.
Il Patronato INCA CGIL e. V. è presente in cinque città della Germania:
Amburgo
Monaco
Singen
Stoccarda
Ad Hannover e Brema si trovano gli uffici di consulenza, mentre la sede centrale per la Germania
si trova a Francoforte, sul Meno, in Salagasse 2- 4 ed è al suo interno che è stata svolta, grazie alla
gentile collaborazione del direttore Luigi Brillante e del suo team, l'indagine sul campo. In questa
sede lavorano, in totale, quattro persone, compreso il direttore.
Le prime attività svolte da queste sedi erano essenzialmente quelle di assistenza e meno di tutela. I
problemi incontrati inizialmente avevano natura formale ed è solo dal 1981 che L'INCA in
Germania ha iniziato ad agire con la veste giuridica di associazione promossa dalla CGIL.
All’inizio, infatti, quando ci fu l’apertura della sede, questa non incontrò nessun sostegno formale.
Oggi, invece, è nel nome della CGIL che si riuniscono figure di diversa natura quali sindacalisti,
giuristi, assistenti sociali e volontari, che vedono appunto in essa la possibilità di un’unione, di una
cementazione.
La fine dell'emigrazione di massa non influenza le strutture INCA in Germania poiché, come
sottolinea il loro presidente Giuseppe Pappagallo, la Germania prima e dopo l'unificazione non ha
mai smesso di essere paese d'attrazione per i cittadini che si muovono nell'Unione Europea; e negli
ultimi anni si è avuta una crescita continuativa dell'emigrazione, non una stabilizzazione. La nuova
emigrazione italiana non ha influenzato in alcun modo le attività del Patronato. Oggi chi emigra
incontra le stesse difficoltà vissute da chi lo faceva nel passato, da questo punto di vista “vecchio” e
“nuovo” emigrato diventano un'unica cosa e avanzano le stesse richieste, quali la parità di
trattamento, l’accesso al diritto al lavoro, alla formazione ed altre a cui il Patronato deve far fronte.
“La condizione di partenza di chi emigra è comunque una condizione sfavorevole di chi deve
lasciare il proprio paese per andare alla ricerca di possibilità lavorative” dice, durante l’intervista,
il presidente INCA Germania, Giuseppe Pappagallo.
74 www.patronato-inca.de
129
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2.4.2 Il funzionamento e l'organizzazione delle strutture territoriali
Tutti i dipendenti del Patronato sono regolarizzati dai contratti locali e le strutture, anche se di
modeste dimensioni, sono organizzate in modo tale che in caso di fatti eccezionali quali malattia,
maternità, o questioni personali, non perdano il proprio equilibrio interno.
Nella struttura opera un team di persone con un lungo periodo di attività presso l'istituto. I loro
profili professionali sono stati costruiti all'interno della stessa struttura, nel corso dell'attività,
alternando strutture formative esterne e percorsi di formazione interna, gestiti sempre da figure
professionali non presenti, tuttavia, all'interno dell'organizzazione.
I giorni di formazione sono diciotto all'anno ed in un sistema di rotazione, tutto il personale è
dispensato dal lavoro. I centri di formazione sono esterni e garantiscono certificazione, qualità della
formazione, offrendo all'istituto una metodologia sulla supervisione.
Il front-office, inoltre, è caratterizzato da un sistema di alternanza per cui i diversi membri del team
si cimentano nella gestione del rapporto con il pubblico che presuppone un sistema specifico di
competenze sia metodologiche che di contenuto.
Essendo le strutture, come si è già detto, di modeste dimensioni, non è possibile stabilire sinergie tra
front-office e back-office; tale compito spetta individualmente ai direttori responsabili dell'operato
del personale e del successo della struttura, la cui frequenza d’apertura viene regolarizzata dal
Ministero del Lavoro.
Gli strumenti di autopromozione che permettono alle strutture di farsi conoscere sono Internet e
naturalmente anche il sistema di passaparola tra la gente.
Da quando sono stati attivati i servizi, la struttura ha sempre operato in una situazione di continuità,
ingrediente principale per garantire il successo nel rapporto con la popolazione italiana presente nel
territorio. Malgrado ciò, per via della sua natura specialistica, il Patronato non può possibile
rispondere a tutte le esigenze che gli si presentano; può bensì rispondere parzialmente ai bisogni
della tutela previdenziale e lavoristica.
130
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2.4.3 La tipologia dei servizi offerti
L'INCA, anche in Germania, esercita attività di assistenza dei lavoratori italiani e dei loro familiari
per quel che concerne i diritti previdenziali, sanitari, assistenziali. L'azione di tutela segue tutte le
fasi del patrocinio, da quella amministrativa a quella legale. È perciò possibile rivolgersi all' INCA
per usufruire dei seguenti servizi:
•
Assicurazione contro la disoccupazione
•
Assicurazione per maternità e malattia
•
Assistenza per ogni tipo di prestazione previdenziale italiana, tedesca e di diritto
comunitario
•
Controllo della contribuzione
•
Consulenza legale
•
Infortuni e malattie professionali
•
Pensioni in convenzione internazionale
•
Previdenza sociale
•
Procedure per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno e per i ricongiungimenti
familiari
•
Revisioni di rendita attive e passive
•
Richiesta di prestazioni assistenziali
•
Riconoscimento dell’invalidità civile
•
Riscatti e ricongiunzioni dei periodi lavorativi
•
Verifica, calcolo e domanda del diritto alla pensione per lavoratori pubblici e privati
•
Verifica posizione assicurativa
In un anno si hanno circa 8.000 pratiche in gestione, mentre sono circa 25.000 le persone che
contattano il Patronato telefonicamente, via Internet o recandosi direttamente nelle strutture.
131
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2.4.4 Caratteristiche degli utenti
Le persone che si rivolgono alla struttura hanno diverse nazionalità: italiana, tedesca, doppia
cittadinanza (italo-tedesca) o di altro tipo;
hanno lavorato nell'Unione Europea ed hanno il
problema di accedere alle prestazioni pensionistiche e prevalentemente la loro professione è quella
operaia. Il numero di italiani che si rivolgono alla struttura è costante; non esiste né aumento né
riduzione; a cambiare è stato sopratutto il rapporto con la gente grazie alla diffusione dei sistemi di
comunicazione informatici che accelerano il rapporto con le sedi INCA, che in tal modo
raggiungono utenti anche molto lontani dal punto di vista logistico.
“Purtroppo la legge tedesca non consente di raccogliere e divulgare informazioni più dettagliate
dell'utenza” dichiara Giuseppe Pappagallo.
Gli italiani che si rivolgono all'INCA, inoltre, non conoscono bene la CGIL, gli altri sindacati
italiani o quelli locali quindi sono poco sindacalizzati. Per di più, il discorso dei processi migratori è
particolarmente complicato anche perché, prosegue ancora il presidente Pappagallo, “Si vive in
questi giorni una delle crisi finanziarie ed economiche più pesanti del dopoguerra”.
2.4.5 La rete territoriale
Non si ha alcun rapporto di coordinamento con le sedi INCA presenti negli altri paesi europei
(Svizzera, Belgio, Inghilterra) ed extraeuropei (Sud America, Stati Uniti, Australia), e quello con la
sede nazionale è limitato. L'unico legame è quello strutturale e di funzione, poiché si soddisfano gli
stessi bisogni degli utenti.
Mentre con le associazioni sindacali il rapporto è fortissimo e l'approccio ovunque si opera è
formale e strutturato, con il Consolato e l'Ambasciata non esiste alcun legame, anche per la diversità
dei temi affrontati. Con gli enti territoriali locali i rapporti sono ottimi, con gli istituti di previdenza,
con tutte le istituzioni i rapporti sono veri in quanto si tratta delle controparti dell’Inca; sono le
istituzioni con cui l’Inca quotidianamente ha a che fare: nel bene e nel male i rapporti sono buoni;
molto dipende anche dal livello di litigiosità che nasce nel momento in cui alcuni diritti possono
venir lesi o se sono stati firmati alcuni accordi particolari tra le parti.
Le istituzioni accordi, che si fondano sulla base di una pari dignità, quindi, riconoscono all`Inca in
Germania la titolarità della tutela individuale dei lavoratori, e le riconoscono altresì delle
competenze, prima fra tutte la possibilità di vivere nel contesto tedesco, che le permette di non
apparire come struttura straniera ed estranea rispetto al tessuto sociale.
Le organizzazioni territoriali di emigrati non esistono più eccetto qualche realtà nel nord e sud della
132
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Germania, sopratutto la Lega Sarda, che è una delle realtà più strutturate con cui si hanno rapporti
consolidati.
2.4.6 Criticità
I giovani che emigrano hanno due situazioni di partenza: quelli meno fortunati che si recano
all'estero per fare qualsiasi tipo di lavoro, ed altri che hanno invece curriculum formativi consolidati
attraverso i quali accedono per concorso al mercato del lavoro nell'Unione Europea; ma purtroppo
si tratta di casi sporadici.
Come si sa, la crisi ha raggiunto in questo periodo dimensioni mondiali e trovare lavoro è
impresa
ardua un po' ovunque, immaginiamoci quindi la condizione di un giovane emigrato che non si
accontenta e vorrebbe migliorare all'estero la propria situazione lavorativa; le sue possibilità di
riuscita son purtroppo scarsissime. Un giovane che decide di emigrare oggi, infatti, si trova in una
condizione di svantaggio ancora prima di partire. Neppure un curriculum eccellente migliora la
situazione, anzi spesso è causa di maggior frustrazioni, giacché giovani altamente qualificati
sovente si devono accontentare del precariato.
Le nuove generazioni sono profondamente diverse da quelle di un tempo, sono meno politicizzate e
portano con sé valori come la solidarietà, l'umanità ed hanno tra di loro un rapporto meno
ideologico ma più umano ed hanno bisogno di identificarsi con il Patronato. Il vero dramma sono i
giovani italiani cresciuti in Germania con la doppia cittadinanza che, quando hanno un problema, si
rivolgono alle istituzioni italiane. Questi ragazzi, che appartengono alla fascia d’età che va dai venti
ai trent’anni, continuano a rivolgersi all'INCA come tempo prima facevano i loro padri. Sbagliando,
essi non capiscono che dovrebbero invece rivolgersi al sindacato tedesco.
Giuseppe Pappagallo, pronunciato questo discorso, dichiara ancora: “La condizione dell'INCA è
simile a quella di un lavoratore che ha sempre fatto tessuti ed improvvisamente si ritrova a fare il
macellaio; cosa significa questo? Il patronato, come si è detto, si occupa della tutela previdenziale,
ed invece, essendo un servizio pubblico, si trova a dover soddisfare servizi che esulano dalle sue
competenze, come rilascio di passaporti e certificati di morte. Questa è, per così dire, un'anomalia
della struttura, che avverte il bisogno di costruire strategie e di coordinarsi con le altre sedi INCA
europee per confrontarsi sulle metodologie di intervento”.
133
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2. 5 I profili degli Italiani residenti In Germania
2. 5.1 Caratteristiche socio-anagrafiche
Il gruppo di riferimento sul quale ci si è basati per il presente lavoro (100 casi di studio) è costituito
per il 49% da maschi e per il 51% da femmine.
Figura 5. Stato civile e sesso
Vedovo/a
Divorziato/a
Femmine
Maschi
Convivente
Coniugato/a
Nubile/celibe
0
5
10
15
20
25
30
35
Fonte: indagine IRES 2009
La parte più consistente del gruppo di intervistati, ben il 54% (caso che caratterizza gli uomini per il
32% e le donne per il 23%), rientra nella seconda categoria, quella dei coniugati. Le ragioni, molto
probabilmente, vanno ricercate nella maggiore stabilità lavorativa, conseguente al passaggio ItaliaGermania più avanti esaminato, e nel fatto che l'età media degli intervistati è di 44 anni. Solo un
3% degli intervistati ha scelto una situazione di convivenza e questo dato risulta ancora una volta
correlato all'età non propriamente bassa del gruppo oggetto di studio. Si tenga poi presente che Il
28% è costituito da nubili e celibi, mentre l'11% da divorziati.
134
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 6. Età
Oltre 65
55-65
45-54
Maschi
Femmine
35-44
25-34
18-24
0
2
4
6
8
10
12
14
16
Fonte: indagine IRES 2009
Il 50% degli intervistati risulta avere un'età compresa tra 18-44 anni, mentre il restante 48% ha
un'età compresa tra 45-65 anni. Si è ritenuto opportuno intervistare anche i non più giovanissimi per
operare un confronto (vecchia-nuova immigrazione), relativamente alla percezione dell'attività del
Patronato tra i suoi utenti.
Tutte le persone intervistate, eccetto una, appartenente al genere maschile, hanno la cittadinanza
italiana. Tale dato non è confortante per quanto attiene il livello di integrazione raggiunto dai nostri
connazionali nel tessuto sociale tedesco. Tra le cento persone intervistate solo 14 rientrano nella
categoria “figli di emigranti”. Il primo componente della famiglia, partito dall'Italia per la
maggioranza dei casi, risulta essere il padre o la madre e solo in un caso di più tarda generazione è
il nonno, mentre l'86% degli intervistati ha intrapreso per propria iniziativa l'avventura all'estero.
2.5.2 Storia personale
Esclusi i 14 nati in Germania, il gruppo di riferimento, per quanto riguarda il fenomeno migratorio,
si restringe a 86 casi in cui, prevalentemente, gli arrivi toccano la soglia più alta prima
andando a calare negli anni successivi.
135
del 1980,
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 7-Anno di arrivo
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Prima del 1980
1980-1990
1991-2000
2001-2008
nati in germania
Fonte: indagine IRES 2009
Oltre la metà degli intervistati proviene dalle isole e solo il 12% degli intervistati dal nord d'Italia; ci
si trova, quindi, di fronte ad un tipologia di emigrazione che possiamo a pieno diritto definire “non
recente”.
Figura 8-Area di provenienza degli intervistati nati in Italia
Fonte: indagine IRES 2009
60
50
40
30
20
10
0
Nord
Centro
Sud
Isole
Figura 9-Motivo dell’emigrazione in Germania
136
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Altro
Seguire la famiglia
Femmine
Maschi
Per studio
Per lavoro
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
Fonte: indagine IRES 2009
Tra le variabili individuate per spiegare il motivo del processo migratorio, al primo posto troviamo
il lavoro (83%); il lavoro, infatti, ha da sempre determinato una maggiore spinta ad abbandonare il
proprio paese d'origine. A parte rare eccezioni, oltre l’Italia, la Germania è l’unico paese dove gli
intervistati dichiarano di aver vissuto. Sono sopratutto i più giovani che sognano il
ricongiungimento con la patria, mentre la componente più adulta avendo figli, nipoti, e lavoro nel
territorio tedesco si è stabilizzata.
Figura 10-Ha intenzione di rimanere a vivere in Germania?
80
70
60
50
Maschi
Femmine
40
30
20
10
0
si
no
Fonte: indagine IRES 2009
Il 67% degli intervistati dichiara di voler rimanere a vivere in Germania; in modo particolare, è la
137
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
componente femminile, con il 75%, contro il 59% di quella maschile. Solo il 32%, invece,
vorrebbe tornare in Italia; in genere si tratta dei più giovani emigrati recentemente.
Figura 11-Perché pensa di rimanere a vivere in Germania?
Fonte: indagine IRES 2009
Relativamente al 67% degli intervistati che pensa di rimanere a vivere in Germania, è la
stabilizzazione affettivo-lavorativa il fattore di spinta decisionale in questo senso (33%). Tra le altre
motivazioni, sicuramente meno influenti, colpisce il riferimento al sistema socio-sanitario
tedesco, individuato come una delle cause per le quali vale la pena non tornare in Italia; di contro,
nel confronto risulta aspramente criticata la sanità italiana.
138
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 12-Perché pensa di non rimanere a vivere in Germania?
Fonte: indagine IRES 2009
Come si può facilmente notare, sono 32 le persone che, un giorno, vorrebbero poter ritornare in
Italia. Solo in venti hanno fornito però le motivazioni correlate a questo desiderio: spiccano per
importanza i legami familiari (“ho la mia famiglia in Italia”), e quelli sentimentali. Sembra
opportuno inserire, a questo punto, una considerazione degna di nota: tra tutti gli italiani intervistati
nessuno o quasi, si dichiara felice di vivere in Germania, e la nostalgia per il proprio paese d'origine
affligge la quasi totalità del gruppo intervistato. Sono variabili come il lavoro, gli affetti, talvolta
anche l'abitudine, ad ostacolare il progetto di un ritorno in Italia.
139
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 13-Titolo di studio
Fonte: indagine IRES 2009
Come si evince dalla figura 10, il 42% degli uomini e il 46% delle donne del gruppo di intervistati
ha studiato sino al conseguimento della licenza media; il 35% degli uomini e il 28% delle donne
sino alla licenzia media e il 21% degli uomini e il 26% delle donne sino alla laurea. La
stramaggioranza degli intervistati parla tedesco e italiano, il 36% l'inglese, il 20% francese e solo il
12% lo spagnolo. Può sembrare strano, ma, per quel che concerne la conoscenza scritta della lingua
tedesca, i dati sono abbastanza preoccupanti, in quanto, nonostante un buon periodo di permanenza
in Germania, gli italiani solitamente imparano a parlare, a farsi comprendere ma non assimilano le
regole grammaticali, e quello linguistico è, come vedremo più avanti, solo uno tra gli aspetti di una
mancata integrazione.
2.5.3 Famiglia e situazione abitativa e lavorativa
Dall'inchiesta è emerso che acquistare casa in Germania, nonostante la situazione lavorativa più che
soddisfacente, è difficile e per tale motivo oltre la metà degli intervistati vive in una casa affittata;
solo una parte esigua, invece, è riuscita a comprarsela, mentre non sono pochi coloro che hanno
immobili in Italia, sebbene si trovino in una condizione di disuso o vengano utilizzati
essenzialmente per le vacanze.
140
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 14-Con chi vive?
Fonte: indagine IRES 2009
Solamente il 3 % degli intervistati vive con i genitori; le ragioni vanno ricercate, nel fatto cioè che
ben il 54% degli intervistati è sposato, mentre una parte consistente, ben il 27%, vive da solo. Il
61% ha figli residenti in Germania e questo, come si diceva, è uno degli aspetti che stabilizza il
fenomeno migratorio, impedendo o ritardando il ritorno in patria. Il 32% delle persone intervistate è
attualmente in pensione. Mettendo a confronto la situazione lavorativa lasciata in Italia e quella
attuale in Germania, il resto del gruppo di intervistati è così diviso:
141
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figure 15 e 16-Confronto Italia-Germania sulla situazione lavorativa secondo la variabile di
genere
Uomini
Donne
Fonte: indagine IRES 2009
Con l'arrivo in Germania, migliora notevolmente la situazione lavorativa degli intervistati; infatti,
sia per gli uomini, ma sopratutto per le donne, aumenta la percentuale dei contratti a tempo
indeterminato, passando, per quanto riguarda le seconde, da un 8.3% (Italia) ad un 50% (Germania),
mentre tra gli uomini si ha il 5.9% in Italia e il 34.9% in Germania.
Se in Italia era abbastanza comune lavorare in nero, senza contratto scritto (situazione, purtroppo,
142
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
ancora attuale), nel territorio tedesco la condizione di precariato scompare, per lasciare il posto alla
tutela relativa a tutto ciò che concerne la vita lavorativa, per cui più o meno tutti si trovano
collocati nelle prime due categorie: contratto a tempo determinato o indeterminato.
É veramente esigua la percentuale di coloro che ancora cercano un posto di lavoro, anche se, a detta
di tutti gli intervistati, la Germania non appare più come il “paese dei balocchi” dove emigrare
comporta un miglioramento della propria condizione lavorativa. La crisi, purtroppo, comincia ad
avvertirsi in maniera preoccupante anche qui, e non pochi sono anche gli ultra cinquantenni a
perdere il posto di lavoro, coloro cioè che avrebbero dovuto ormai raggiungere un grado di
sicurezza intaccabile.
Anche la condizione di lavoro autonomo-indipendente è poco presente, e solamente l'11% degli
intervistati ha un'attività in proprio.
Figura 17-Attività in proprio
Fonte: indagine IRES 2009
Il 6% degli uomini e il 5% delle donne intervistati hanno dichiarato di avere una attività in proprio.
143
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 18-Professioni
Fonte: indagine IRES 2009
Per ciò che concerne l'analisi delle professioni, il lavoro autonomo-indipendente l'11% degli
intervistati, i 32 intervistati all'interno delle sedi Inca sono al momento pensionati, il 19% trova
collocazione in lavori altamente qualificati, con titolo di studio superiore o uguale alla laurea,
mentre il 16% l’operaio specializzato e non. Il 10%, invece, lavora nell'ambito della ristorazione,
che, da sempre, è uno tra i lavori più frequenti tra gli emigrati italiani in Germania.
2.5.4 Il rapporto con le strutture Inca e i bisogni
Relativamente alla conoscenza del Patronato Inca, i dati sono confortanti: il 66% degli intervistati
dichiara di conoscerne l'operato, tuttavia, è opportuno fare delle specificazioni. Nel corso della
somministrazione dei questionari, in modo particolare ai più giovani, emergeva chiaramente la
condizione di non conoscenza delle strutture Inca. L’utenza dell’INCA è composta prevalentemente
da anziani, i quali si rivolgono in modo particolare alla struttura per le cause pensionistiche; è,
molto probabilmente, questo uno dei motivi per i quali i più giovani non ne hanno mai sentito
parlare.
A questo punto, la percentuale può essere letta con occhi diversi se includiamo anche gli intervistati
nelle sedi Inca, che si aggirano all'incirca ad una trentina; in questo modo risultano equamente
divisi coloro che conoscono il patronato e coloro che non lo conoscono. Secondo questa ottica,
144
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
trova motivazione il risultato più che soddisfacente di cui si parlava all'inizio. Su 66 che infatti
dichiarano di conoscere l'Inca, 40 hanno usufruito, o al momento usufruiscono, dei servizi offerti.
Se, tuttavia, si escludono i 30 intervistati all'interno del patronato, la percentuale dell'utenza si
abbassa notevolmente. Si consideri, inoltre, che sono sopratutto familiari, amici e conoscenti (il
60%), il veicolo per la trasmissione della conoscenza delle strutture, seguiti dall’azione
propagandistica operata dal CGIL (il 21%), mentre risultano meno influenti gli altri canali di
trasmissione (si guardi la figura 13).
Figura 19-Come ha conosciuto l'Inca
Fonte: indagine IRES 2009
2.5.5 I rapporti con il territorio
Osservando la figura 20 si evince che gli italiani incontrano più frequentemente i propri
connazionali (62%) e decisamente meno (32%) la popolazione tedesca. Le ragioni del fenomeno,
solitamente, trovano spiegazione, a detta degli intervistati, nella profonda diversità culturale, degli
stile di vita, dei modi di pensare che dividono italiani e tedeschi.
145
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 20-Provenienza delle persone conosciute
Fonte: indagine IRES 2009
Come si è precedentemente rilevato, il “mal d'Italia” colpisce la stragrande maggioranza degli
Italiani in Germania; per tale motivo, appena possibile, si ritorna in Patria: una volta all'anno (38%),
più di due volte all'anno (23%), due volte all'anno (20%), e solo il 12% torna meno di una volta
all'anno, contro uno 7% che dichiara di non tornarvi.
Figura 21-Quante volte torna in Italia
Fonte: indagine IRES 2009
146
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Il basso livello di integrazione nella società tedesca trova conferma nei dati relativi a quanto è stato
mantenuto (cucina, abbigliamento, pratiche religiose, feste tradizionali, musica e letteratura) della
cultura italiana; in questo caso la percentuale supera il 95%.
La cucina tedesca è stata fata propria per il 20%, l'abbigliamento per il 14%, le pratiche religiose
per il 4%, le feste tradizionali per il 17%, ed infine, musica e letteratura per il 19%. Insomma,
sembrerebbe proprio, a parte la presenza materiale nel territorio tedesco, di non essersi mai spostati
da quello italiano.
L'80% del gruppo intervistato non appartiene a nessuna associazione, mentre il rimanente 20%
frequenta quelle italiane.
Figura 22-Interesse verso la vita politica
Fonte: indagine IRES 2009
Generalmente, non vi è un’attiva partecipazione alla vita politica; la si segue attraverso la
televisione, anche se è maggiormente seguita quella italiana (59%) rispetto a quella tedesca (44%).
Anche l'iscrizione al sindacato è poco diffusa: solo il 9% degli intervistati dichiara di farne parte,
mentre il 91% no. È a questo punto interessante analizzare più in dettaglio le motivazioni addotte
per la mancata iscrizione al sindacato.
147
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 23-Perché non è iscritto al sindacato
Fonte: indagine IRES 2009
Le motivazioni più rilevanti per spiegare la non sindacalizzazione degli italiani sono: “non averci
mai pensato” (48%), e la convinzione di una sua inutilità (21%); ciò accade anche perché la
maggior parte degli intervistati dichiara di non avere particolari problemi sul posto di lavoro e di
sentirsi abbastanza tutelata all'interno della propria azienda.
Come sono visti gli italiani nella società tedesca? Lo abbiamo chiesto ai 100 intervistati,
confrontando le risposte fornite dai maschi con quelle femminili, e i risultati sono stati più o meno
analoghi. Nonostante quanto emerso precedentemente, gli intervistati hanno una buona percezione
del proprio livello di integrazione: il 46% degli uomini si ritiene mediamente soddisfatto, mentre il
44% delle donne, addirittura, è entusiasta relativamente a questo fattore; il problema si avvertiva in
maniera preoccupante nei primi anni in cui i nostri connazionali emigrarono in Germania, mentre
oggi, secondo quanto emerge dalle interviste, pare che sia la popolazione turca ad essere guardata
con maggior pregiudizio e preoccupazione.
Anche per gli altri atteggiamenti misurati: Lavoratori, onestà, affidabile, bellezza, pulizia,
moderazione, pacificità, democraticità, cultura, le risposte maschili e femminili trovano
collocazione in un livello di soddisfazione medio o molto alto. In generale, sembra non ci siano
pregiudizi e in tutti casi vale la regola del rispetto reciproco, anche se dall'analisi precedente sono
148
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
emersi risultati poco incoraggianti. Si è visto, infatti, il basso livello associativo degli italiani, la
tendenza a chiudersi in se stessi e la scarsa attitudine a far propri i modi di vivere e pensare della
cultura tedesca. E allora come leggere questi dati che contraddicono palesemente quelli già raccolti?
La sensazione emersa è che molto probabilmente ci sia una forte incongruenza tra la realtà
oggettiva dei fatti e la loro percezione a livello soggettivo. Sarebbe stato interessante conoscere le
risposte dei cittadini tedeschi per operare un confronto di visioni sull'argomento. Magari in futuro
saranno svolte nuove indagini per fare luce su questi aspetti un po' spinosi, per ora ci si deve
accontentare dei dati disponibili.
In ultima analisi, si può affermare che gli italiani si dichiarano soddisfatti della propria
rappresentazione nella società tedesca, pur vivendone ai margini ed avendo scarsa consapevolezza
del problema.
Figura 24-Come vengono rappresentati gli italiani in Germania visto dagli uomini
Fonte: indagine IRES 2009
50
45
6%
13%
21%
25%
17%
11%
9%
4%
23%
23%
40
35
30
32%
37%
42%
46%
53%
25
48%
43%
40%
46%
50%
Critico
Medio
20
Entusiasta
15
54%
46%
10
57%
33%
25%
46%
31%
30%
53%
36%
5
0
Lavoratori
Affidabile
Integrazione
Onestà
Bellezza
Pulizzia
149
Pacificità
Cultura
Moderazione
Democraticità
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Figura 25-Come vengono rappresentati gli italiani in Germania visto dalle donne
50
45
18%
8%
20%
24%
10%
18%
22%
40
29%
35
46%
41%
18%
45%
42%
35%
38%
30
16%
23%
39%
40%
Critico
Medio
53%
25
Entusiasta
20
63%
15
44%
10
34%
35%
55%
39%
39%
38%
40%
29%
5
0
Lavoratori
Affidabile
Pulizzia
Pacificità
Cultura
Integrazione
Onestà
Bellezza
Moderazione
Democraticità
Fonte: indagine IRES 2009
2.5.6 I Mass-media
Per quel che riguarda l'ultima parte del sondaggio, relativa all'accesso ai media, è confortante il fatto
che il 70% degli intervistati legga giornali e riviste tedeschi; non sorprende, invece, il forte legame
con l'Italia mantenuto leggendo giornali e riviste italiani e attraverso la tv satellitare (più del 75%).
Buona, infine (62%), anche la percentuale di coloro che accedono al mondo di Internet.
150
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Bibliografia
Apitzsch U., (2005), Dal “lavoro ospite” al “lavoro autonomo”. Esperienze generazionali e
differenze sociali nei lavoratori migranti e nei loro figli, Studi Emigrazione, XLII, n. 158, pp. 349365.
Bonifazi, C., Heins, F. (1996) Le migrazioni di ritorno nel sistema migratorio italiano: un riesame,
Studi Emigrazione, XXXIII, 122, pp. 273-303;
Bonifazi C., Gesano G., (2001), Contributions to International Migration Studies , CNR- IRPSS,
monografia n. 12/2001.
Breuer H., Heins F., (2005), The local dimension of immigrant communities in Germany. The case
of Italians in Cologne, Studi Emigrazione, XLII, 158, 2005, pp. 327-348
Carchedi, F., Pugliese, E. (2006), Andare, restare, tornare. Cinquant' anni di emigrazione italiana in
Germania , Cosmo Iannone Editore, Isernia.
Favero L., Rosoli l., (1973), La crisi delle istituzioni nel campo dell’assistenza all’emigrazione,
“Studi Emigrazione”, 31, pp. 304-346.
Favero L., Rosoli l., (1974), La crisi delle istituzioni nel campo dell’assistenza all’emigrazione,
“Studi Emigrazione”,35-36, pp. 365-485.
Favero L., Rosoli l., (1975), I lavoratori emarginati. Ricerca tra gli emigrati italiani in Svizzera e
Germania, “Studi Emigrazione”, 38-39, pp. 155-329.
Gallo G., (1999), La transizione della mobilità internazionale e l’attualità dell’emigrazione italiana
in Germania, Studi Emigrazione, XXXVI, n. 133, pp. 147- 153.
Gallo G., Seifert W., Strozza S., (2002), Immigrant in the German Labour market: the case of
Italians, Greeks, Former- Yugoslavs and Turks, Studi Emigrazione, XXXIX, n. 148, pp. 755-793.
Haug, S., Heins, F. (2005), Italian Migrants in Germany. A statistical overview and a research
bibliographical note, Studi Emigrazione, XLII, 158, 2005, pp. 227-244
Haug S. (2006) Storia d’immigrazione e tendenze all’integrazione di emigrati italiani in Germania,
in Carchedi F. Pugliese E. (a cura di), Andare, restare, tornare. Cinquant’anni di emigrazione
italiana in Germania, Cosmo Iannone Editore, pp. 45-56.
Heins F., Pugliese E., (2006), Germania: il primo paese degli emigrati all’estero, in Rapporto
Italiani nel mondo, 2006, Fondazione Migrantes, Centro studi e ricerche Idos, Roma, pp. 267-281.
Kammerer P., (1976), Sviluppo del capitale ed emigrazione in Europa. La Germania Federale,
Milano, Mazzotta.
Kammerer P., (2003), Germania: un secolo di politica migratoria, in Basso P., Perocco F., (a cura
di), Gli immigrati in Europa. Disegueglianze, razzismo, lotte, Milano, Franco Angeli, pp. 163-188.
Leicht R., Leiss M., Fehrenbach S., (2005), Social and Economic Characteristics of Self-employed
Italians in Germany, Studi Emigrazione, XLII, n. 158, pp. 285-307.
Macioti M.I. (2006), Tra Spaghetti e Kartoffeln, in Carchedi F. Pugliese, E., (a cura di), Andare,
restare, tornare. Cinquant’anni di emigrazione italiana in Germania, Cosmo Iannone Editore, pp.
111-126.
Mantelli B., (2001), L’emigrazione di manodopera italiana nel Terzo Reicht, in Bevilacqua P, De
Clementi A., Franzina E., (a cura di), Storia dell’emigrazione italiana, Donzelli, Roma.
Ministero Affari Esteri (2003), La Comunità Italiana in Germania. Aspetti demografici, sociali ed
economici. Ruolo di enti e associazioni italiane. A cura dell’ Osservatorio sulla Formazione e sul
Lavoro degli Italiani all’estero della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche
Migratorie (DGIEPM).
Negrini, A., (2001) Uomini e frontiere. Problemi socio-economici dell'emigrazione italiana in
Germania, Roma, Edizioni Lavoro.
151
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Negrini, A., (2006), Da Ospiti a cittadini, in Carchedi F., Pugliese E, (2006),(a cura di), Andare,
restare, tornare. Cinquant’anni di emigrazione italiana in Germania, Cosmo Iannone Editore, pp.
209-214.
Petersen J. (1993), L’emigrazione tra Italia e Germania, Bari-Roma, Piero Lacaita Editore.
Pugliese E., (2002), l’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Bologna, Il Mulino.
Pugliese E., (2002), In Germania, in Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E.,(eds.) Storia
dell’emigrazione italiana, II, Arrivi, Roma, Donzelli, pp. 121-132.
Pugliese, E. (2005), L'emigrazione italiana in Germania, Studi Emigrazione, XLII, 158, pp. 383387.
Pugliese E. (2006) L1emigrazione italiana in Germania: mercato del lavoro e politiche migratorie,
in Carchedi F., Pugliese E., (a cura di), Andare, restare, tornare. Cinquant’anni di emigrazione
italiana in Germania, Cosmo Iannone Editore, pp. 19-44.
Rapporto Italiani nel Mondo 2008, I giovani italiani e l’emigrazione, Fondazione Migrantes,
Edizioni Idos, Roma, pp. 133- 149.
Rieder, M.(2004) Migrazione ed economia. L'immigrazione italiana verso la Germania occidentale
dopo la seconda guerra mondiale Studi Emigrazione, XLI, 155, pp. 633-654
Rieker Y., (2005), Gli emigrati dal Sud Italia in Germania: allo stesso tempo “parte integrante” e
“stranieri”. La prospettiva delle storie di vita, Studi Emigrazione, XLII, n. 158, pp. 367-381.
Seifert, W., (1996), Occupational and Social Integration of Immigrant Groups in Germany, “New
community”, (22), 3, July, pp. 417-436.
Steinert J.D., (1993), L’accordo di emigrazione italo-tedesco e il reclutamento di manodopera
italiana negli anni Cinquanta, in Petersen J. (ed.), L’emigrazione tra Italia e Germania, Bari-Roma,
Piero Lacaita Editore, pp. 139-167.
von Oswald A., (2006), "Venite a lavorare con la Volkswagen! Lavoratori italiani alla Volkswagen,
1962-74, in Carchedi F., Pugliese E., (2006) (a cura di), Andare, restare, tornare. Cinquant’anni di
emigrazione italiana in Germania, Cosmo Iannone Editore.
152
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
CAPITOLO 3
IL CASO DELLA SVIZZERA
Parte Prima
Introduzione
L’attuale emigrazione italiana in Svizzera non ha più la natura di massa che aveva avuto durante gli
anni Cinquanta e Sessanta. In seguito alla crisi economica della metà degli anni Settanta i flussi
migratori degli italiani si sono notevolmente ridotti e al contempo è cresciuta al loro interno la
quota di italiani altamente qualificati, in particolare tra i giovani, le donne e i frontalieri.
La ricerca è suddivisa in due parti. Nella prima viene descritto il contesto economico in Svizzera, le
politiche migratorie attuate nel corso degli anni e i mutamenti del mercato del lavoro svizzero,
evidenziando i settori nei quali gli emigrati italiani hanno trovato occupazione. E’dall’analisi di
questi fattori che a nostro avviso è possibile comprendere in che modo sia cambiata l’emigrazione
degli italiani in Svizzera nel corso degli anni e quali siano le caratteristiche attuali. Nella seconda
parte sono esposti i risultati dell’indagine di campo condotta in Svizzera (in particolare a Zurigo e
Ginevra) da Marzo a Giugno del 2009, attraverso un questionario somministrato a 100 italiani
residenti in Svizzera, che ci ha permesso di definire il profilo degli attuali emigrati italiani residenti
in Svizzera e approfondire l’organizzazione dell’Inca Svizzera, descrivendone i servizi offerti in
base ai vecchi e nuovi bisogni espressi dagli emigrati italiani. Dall’indagine emerge la coesistenza
di tre diversi gruppi di emigrati italiani.
1. I vecchi emigrati ormai in età di pensione;
2. i nuovi emigrati (in particolare giovani e donne, cui si devono aggiungere anche i frontalieri)
3. le seconde generazioni, ovvero i figli degli emigrati italiani, che sono nati e cresciuti in
Svizzera.
Il primo gruppo è il più consistente ed è rappresentato da italiani coniugati, con una età media di 53
anni, emigrati nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale (quasi la metà dei rispondenti è
arrivato in Svizzera negli anni Cinquanta e Sessanta, con le punte più alte di partenza dall’Italia nel
153
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
1961 e nel 1964) e provenienti dalle regioni del Sud Italia (Puglia, Sicilia e Campania).
Oltre ai questionari, sono state effettuate diverse interviste in profondità ai vari responsabili degli
uffici Inca in Svizzera e si è arricchito il quadro con la ricostruzione della rete di rapporti che i
diversi operatori Inca delle sedi di Zurigo e Ginevra hanno costruito negli anni con le istituzioni
italiane e locali, con le diverse associazioni di italiani presenti sul territorio, e con altri attori sociali
e politici (come nel caso dell’ECAP di Zurigo, ente che da diversi anni ormai si occupa della
formazione degli italiani in Svizzera.)
L’osservazione partecipante nelle due sedi Inca di Ginevra e Zurigo ci ha permesso inoltre di
confrontare come variano le esigenze degli emigrati italiani in base al contesto in cui si trovano,
distinguendo l’area culturale della Svizzera francese rispetto a quella tedesca.
3.1
Il contesto economico
Tra il 1850 e la seconda guerra mondiale, l'industria svizzera perde il suo carattere rurale e si
concentra nelle aree urbane (Zurigo, Winterthur, Baden, Basilea), dove si impiantano anche i nuovi
settori chiave. Dalla fine del XIX sec. si verifica una riallocazione delle risorse, con l’abbandono
dei settori in relativo declino a favore delle attività che sfruttano le nuove risorse tecniche ed
energetiche, ormai divenute i motori della crescita industriale. Se la struttura produttiva
tradizionale, fortemente legata alle competenze ereditate dal passato e al lavoro a domicilio, rimane
prevalente fino agli inizi del XX sec., tuttavia il rafforzamento delle spinte innovatrici permette alla
Svizzera di essere protagonista nei settori di punta della "seconda rivoluzione industriale" (ramo
idroelettrico, elettrotecnica, meccanica, chimica di sintesi).
Al termine del XIX sec., i progressi tecnologici nell'utilizzo della corrente elettrica a scopi
industriali danno alla Svizzera quelle possibilità di cui era stata privata in precedenza dalla
mancanza di carbone nel proprio sottosuolo. Costretta a sperimentare le strade di una
meccanizzazione non legata al vapore, in particolare nel settore tessile, la Svizzera per compensare
la carenza di energia fossile ricorre al grande potenziale delle risorse idriche. Lo sfruttamento
dell'acqua a fini industriali, dalla fine del XIX sec., costituisce il motore di un'innovazione
tecnologica che si manifesta con il passaggio dalle tecniche tradizionali (macchine idrauliche,
correzione dei corsi d'acqua, derivazione delle acque) all'elettrotecnica (elettromeccanica,
elettrometallurgia, elettrochimica) e alla realizzazione di centrali e dighe per la produzione di
energia idroelettrica.
154
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie protagoniste della "seconda rivoluzione industriale", in
particolare nel campo del trasporto a distanza, della corrente elettrica e delle costruzioni
elettromeccaniche, ma anche nel settore della chimica fine, il tasso di crescita economica in
Svizzera, tra la fine del XIX sec. e il 1914 risulta tra i più elevati di tutti i Paesi sviluppati.
Gli anni tra le due guerre mondiali - un periodo di contraccolpi congiunturali e di debole crescita
segnato da gravi tensioni sociali e politiche – sono caratterizzati dal mutamento strutturale
dell'industria svizzera, le cui ripercussioni in termini di incremento di produttività si avvertono solo
dopo il 1945. Le industrie meccaniche e dei coloranti, a lungo relegate al ruolo di fornitori del
settore tessile dominante, assumono un ruolo di primo piano tra le attività innovative; quelle
tradizionali al contrario si indeboliscono. L'industria cotoniera deve misurarsi sui mercati
internazionali con la concorrenza dei Paesi in via di sviluppo, mentre i settori del ricamo e della
seta, specializzati nella produzione di articoli di lusso sensibili alle mode, devono far fronte a una
radicale modifica della domanda. Il comparto orologiero beneficia invece di una protezione
temporanea derivante dagli accordi di cartello e dal sostegno finanziario.
La meccanica, la chimica (coloranti, prodotti farmaceutici) e i beni alimentari, settori caratterizzati
dalla crescita nelle dimensioni delle imprese, dalla modernizzazione delle loro strutture
organizzative interne e dal crescente peso attribuito alle attività di ricerca, diventano i nuovi
protagonisti nell'ambito della produzione industriale e delle esportazioni.
Questa tendenza verso la produzione ed esportazione di beni ad alta intensità di capitale e di
tecnologia si riflette in maniera evidente nell'evoluzione a lungo termine del commercio estero:
mentre nel 1899 i prodotti tradizionali di consumo (beni alimentari, tessili e scarpe; industria
dell'abbigliamento) rappresentavano ancora il 70% del valore totale delle esportazioni, contro il
15% dei settori metallurgico, meccanico e chimico, nel 1973 tali proporzioni si invertono (14% per
il primo gruppo di merci, 70% per il secondo) a dimostrazione della capacità di adattamento del
sistema produttivo svizzero ai mutamenti della domanda sempre più orientata verso i beni di
consumo durevoli, strumentali e i prodotti intermedi, compresi quelli del settore orologiero.
Per quanto riguarda i fattori di innovazione sul fronte dell'offerta, sempre in una prospettiva di
lungo termine, l'elemento più significativo è la crescita accelerata della produttività grazie agli
investimenti nello sviluppo tecnico (ricerca scientifica e industriale), nel capitale umano
(miglioramento dell'offerta formativa) e nel capitale fisso (alloggi, infrastrutture, ecc.), in
particolare dopo la seconda guerra mondiale.
Gli anni 1970-80 segnano sia la fine del predominio relativo e assoluto del settore secondario, sia
155
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
una cesura sul piano produttivo; l'industrializzazione lascia il posto alla terziarizzazione
dell'economia. Con il progressivo avvento della società dei servizi, l'industria svizzera deve
adattarsi alle esigenze tecniche della "terza rivoluzione industriale", basata sul ricorso all'
informatica in tutti gli aspetti della produzione. Per ondate successive, la microelettronica inizia a
fare il suo ingresso nelle imprese, modificando profondamente il mondo industriale.
Oggi uno dei principali settori economici è ancora rappresentato dall’industria delle macchine,
dell’elettronica e dei metalli (MEM). Le quattro aree principali sono quelle della metallurgia,
dell’ingegneria meccanica e della costruzione di veicoli, dell’ ingegneria elettrica ed elettronica, e
degli strumenti di precisione. All'interno di questa suddivisione l'ingegneria meccanica è il settore
che all'inizio del 2005 ha generato più di 300.000 impieghi, situandosi quindi al primo posto
dell'occupazione industriale del paese.
Anche in questo settore è sempre più richiesta una
manodopera altamente qualificata, così come anche nei settori della microtecnologia, dell’hi-tech,
della biotecnologia, della farmaceutica, delle banche e assicurazioni.
Importanti sono anche l’industria dei prodotti chimico-farmaceutici, seconda fonte di entrate nella
bilancia estera, localizzata a Basilea (le maggiori aziende farmaceutiche sono Hoffmann-La Roche
e Novartis) e il settore turistico, che impiega, direttamente o indirettamente, circa un dodicesimo
della forza lavoro svizzera, in particolare nelle regioni alpine.
Un altro pilastro dell’economia svizzera è costituito dalle banche e dagli istituti finanziari. Il franco
svizzero è una delle valute più forti e stabili. Il mercato monetario e quello finanziario del paese
sono tra i più importanti del mondo, come i suoi principali istituti bancari (UBS e Crédit Suisse).
Nel 2006 il settore bancario elvetico contava circa 127.221 impieghi a tempo pieno, di
questi 23.677 in filiali all'estero. Alcune banche straniere, tra cui Deutsche Bank e Barclays, hanno
scelto Ginevra quale centro delle loro attività di private banking. In Svizzera ci sono anche le
banche cantonali,
che
operano
principalmente all'interno
dei
propri
confini
e sono
riunite nell'Unione delle Banche Cantonali Svizzere. Anche il settore assicurativo è rilevante, in
quanto gli svizzeri si collocano alle prime posizioni nel mondo per le spese assicurative. Molte
assicurazioni sono infatti obbligatorie come quella per la vecchiaia, la cassa pensione e
l’assicurazione di disoccupazione, e vengono dedotte direttamente alla fonte. L’assicurazione
malattia per le prestazioni sanitarie è invece privata. Infine la Svizzera vanta anche una lunga
tradizione di ricercatori e professori di varie nazionalità, soprattutto presso i Politecnici Federali di
Zurigo (ETHZ) e Losanna (EPFL), dove oltre la metà del personale insegnante è straniero.
156
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
3.1.1
Le politiche migratorie della Svizzera
L’emigrazione italiana ha rappresentato il fenomeno sociale che, a partire dal dopoguerra, ha
contribuito, forse più di ogni altro, ai cambiamenti sociali e alla modernizzazione dell’Italia,
(Pugliese, 2002, p. 41), una sorta di “risposta sociale” alla estrema povertà e alla disoccupazione in
particolare del Mezzogiorno ( Foa in Pugliese, 2002, p.20).
L’emigrazione italiana in Svizzera può essere fatta risalire già agli inizi del XX secolo. Nel 1914
allo scoppio della prima guerra mondiale, la percentuale di stranieri residenti in Svizzera era già al
14%, tra cui numerosi gli Italiani (Fibbi R., 2005, p. 733). Nel 1924 la Svizzera prende posizione
contro la sovrappopolazione straniera e nel 1934 entra in vigore una legge che stabilisce il carattere
temporaneo dell’emigrazione in Svizzera. A partire dal secondo dopoguerra la ricostruzione stimola
la domanda di manodopera straniera e nel 1948 viene firmato un accordo tra Italia e Svizzera per il
reclutamento della manodopera italiana. Nasce la figura del fremdarbeiter, ovvero del lavoratore
straniero e ha inizio un massiccio trasferimento di manodopera italiana poco qualificata, con l’unico
vincolo che gli immigrati non si stabiliscano definitivamente in Svizzera. Viene adottata quindi una
politica di “rotazione” della popolazione immigrata, permettendo agli stranieri di lavorare in
Svizzera, ma impedendone la stabilizzazione a medio e lungo termine (Fibbi R, 2005, p. 733).
Il periodo di maggiore emigrazione però non fu l’immediato dopoguerra ma quello a cavallo tra gli
anni Cinquanta e Sessanta, ovvero nel periodo di massimo sviluppo dell’economia italiana75,
durante il quale l’effetto attrazione dei mercati del lavoro svizzero e tedesco è davvero eccezionale
(Pugliese, 2002, p.31). Fino ad allora, i governi italiani si erano limitati ad incoraggiare i flussi
senza però creare delle strutture istituzionali (eccezion fatta per quelle religiose) in grado di
assistere gli emigrati. Solo nel corso degli anni Sessanta i sindacati, autonomamente o più spesso
all’interno delle centrali sindacali dei paesi di immigrazione, iniziano con non poche difficoltà ad
occuparsi delle condizioni degli emigrati italiani (Pugliese, 2002, p. 38). Al fine di migliorare le
condizioni di vita degli italiani emigrati, nel 1964 viene stipulato un nuovo accordo tra l’Italia e la
Svizzera che fa venir meno il modello della rotazione. Tale accordo prevede che i lavoratori italiani
possano cambiare datore di lavoro dopo 5 anni di attività nella Confederazione Elvetica e che gli
stagionali abbiano diritto al permesso di soggiorno dopo 5 stagioni di 9 mesi ciascuna. Inoltre il
periodo di attesa per il ricongiungimento familiare viene ridotto da 36 a 18 mesi. In seguito a tale
decisione, i ricongiungimenti familiari fanno crescere ulteriormente la presenza degli immigrati in
75
Tra il 1958 e il 1963 il saldo migratorio attivo rispetto all’Europa del Nord raggiunse le 545.000 unità, di cui il 73,5%
provenienti dal meridione. La Germania e la Svizzera nel 1963 raccoglievano l’86% dell’intera emigrazione italiana
verso l’Europa settentrionale (Ginsborg in Pugliese, 2002, p. 25).
157
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Svizzera e ciò determina la paura di una invasione straniera, che si manifesta nella nascita di
movimenti anti-immigrati76.
Nel 1970,
al fine di ridurre il numero degli immigrati viene introdotta la “politica del
contingentamento”, che nell’immediato però non produce i risultati sperati. Solo a metà degli anni
Settanta, a causa del brusco peggioramento della congiuntura economica, si verifica un massiccio
rientro in patria degli italiani77. La prima crisi petrolifera causa la soppressione del 10% dei posti di
lavoro e la manodopera italiana è particolarmente vulnerabile, non solo a causa dell’incerto regime
giuridico sui permessi di soggiorno e di lavoro, ma soprattutto a causa dell’assenza di un sistema
obbligatorio di assicurazione contro la disoccupazione. Ne risulta quindi una contrazione della
popolazione straniera che si protrarrà fino agli anni Ottanta (Fibbi, R., 2005, p. 735).
A partire dalla metà degli anni Ottanta la ripresa economica rilancia l’immigrazione e ha inizio una
seconda fase di immigrazione78. Questa seconda ondata migratoria viene gestita attraverso il
modello del contingentamento, concedendo una priorità ai lavoratori dipendenti altamente
qualificati, provenienti dai paesi UE e dall’EFTA.
Nel 1993 erano intanto state avviate le trattative per la conclusione di accordi bilaterali79 tra
Svizzera e Unione Europea, su 7 diversi settori.
La conclusione degli accordi bilaterali con
l’Unione Europea, modifica il sistema di permessi vigente in Svizzera e si passa dal “modello dei
tre cerchi”, che era stato introdotto nel 1991 in previsione dell’adesione allo Spazio Economico
Europeo, al “sistema binario”80, il quale attribuisce una sorta di priorità ai lavoratori cittadini UE,
imponendo una politica di tipo restrittivo verso gli stranieri provenienti da Stati terzi, tanto da
limitare l’ingresso solo alla manodopera specializzata (Guarneri 2001, p.15).
Negli anni Novanta la crisi economica fa comparire in Svizzera per la prima volta dal dopoguerra la
76
Non esiste in Svizzera in questi anni una politica di integrazione degli immigrati, essendo questa delegata dalle
autorità federali ai diversi cantoni e comuni. Sono quindi le associazioni e le istituzioni degli italiani in Svizzera
(missioni cattoliche, patronati, centri di formazione) a svolgere il ruolo di “istituzioni intermedie” al fine di facilitare il
passaggio dalla società d’origine a quella d’immigrazione ed evitare lo sradicamento dei migranti.
77
Sono almeno due terzi gli emigrati italiani che lavorano nei rami colpiti dalla recessione e che decidono di ritornare in
Italia (Fibbi, R., 2005, p. 735).
78
In questa fase, (1985-1995) a differenza della fase precedente (1955-1964) sono maggiormente presenti i lavoratori
provenienti dal Portogallo e dall’ex- Jugoslavia, i quali andranno ad inserirsi principalmente nel settore alberghiero,
edilizio e della ristorazione (Fibbi, 2005).
79
Gli accordi bilaterali vengono firmati nel maggio del 1999 e approvati l’anno successivo, attraverso una
consultazione popolare. Tra questi accordi, il Parlamento svizzero ratifica il 16 Ottobre 2000 quello che riguarda la
libera circolazione delle persone (Schappi W., 2001, p. 156).
80
Gli accordi prevedevano anche una clausola con cui veniva comunque attribuita alla Svizzera la facoltà di
reintrodurre i contingenti in caso di massiccio afflusso di manodopera proveniente dai paesi membri UE (Guarneri
2001, p.15).
158
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
disoccupazione di massa e anche questa volta i più colpiti sono principalmente gli stranieri. Gli
emigrati italiani però, nonostante la perdita del posto di lavoro, possono adesso contare su uno
status giuridico ormai consolidato e soprattutto sulla copertura sociale offerta dall’assicurazione
contro la disoccupazione, divenuta obbligatoria negli anni Ottanta, di conseguenza non sono più
costretti a rientrare in patria e possono scegliere di restare in Svizzera (Fibbi, R., 2005, p. 735-736).
L’Accordo sulla libera circolazione delle persone81, entrato in vigore il 1° giugno 2002, viene
completato da un protocollo (che entrerà in vigore il 1° aprile 2006) che disciplina la progressiva
introduzione della libera circolazione delle persone anche per i cittadini dell’UE-10. L’Accordo
sulla libera circolazione delle persone e il relativo protocollo agevolano le condizioni di soggiorno e
di lavoro per i cittadini dell’UE in Svizzera. Al diritto alla libera circolazione delle persone sono
correlate le disposizioni concernenti il reciproco riconoscimento dell’equipollenza dei diplomi
professionali, il diritto di acquisto di immobili e il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
L’8 febbraio 2009 gli elettori svizzeri approvano il rinnovo dell’Accordo di libera circolazione delle
persone e il Protocollo II di estensione dell’Accordo alla Bulgaria e alla Romania, che entra in
vigore a partire dal 1° giugno 2009.
3.2 Struttura e dinamiche dell’emigrazione italiana in Svizzera
Per ricostruire il quadro dell’andamento dell’emigrazione italiana in Svizzera dal 1950 ad oggi
abbiamo confrontato tra loro dati provenienti da fonti diverse.
Esiste una fonte di dati internazionale, quella del SOPEMI ("Système d'observation permanente des
migrations"), che raccoglie i dati di stock diffusi dall’“Ufficio federale degli stranieri” e più
precisamente dal “Registro centrale degli stranieri”. Si tratta di un sistema cui sono direttamente
collegate le autorità cantonali di polizia degli stranieri. I dati derivanti da questa fonte sono quindi
in grado di fornire l’ammontare degli stranieri beneficiari di un’autorizzazione di soggiorno annuale
o permanente e il numero effettivo della popolazione attiva di nazionalità straniera. Tale sistema è
stato però creato nel 1981, e pertanto non ci permette di analizzare l’andamento dei flussi migratori
precedenti a quella data.
Per tale motivo, abbiamo fatto ricorso ai dati di Rosita Fibbi, in una ricerca pubblicata nel 2005
sugli italiani in Svizzera, nella quale vengono forniti i dati relativi alla popolazione presente in
81
Per approfondimenti si veda il sito: http://www.bfm.admin.ch/bfm/it/home/themen/schweiz_-_eu.html
159
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Svizzera dal 1950 al 2000, sulla base dei dati svizzeri provenienti dai Censimenti Federali della
Popolazione, dell’Ufficio Federale di Statistica.
Per verificare poi l’attuale andamento dei flussi migratori degli italiani in Svizzera, abbiamo fatto
riferimento ai dati dell’Ufficio federale di statistica UST82
Infine abbiamo confrontato i dati provenienti dalla fonte svizzera, con i dati italiani, forniti
dall’AIRE (Anagrafe degli Italiani residenti all’estero) e pubblicati nel Rapporto Italiani nel Mondo
della Fondazione Migrantes, (Aprile 2008).
3.2.1
Struttura e dinamiche dell’emigrazione italiana in Svizzera dal 1950 al 2000
Sulla base dei dati della Fibbi (2005, p. 739) è stato possibile analizzare l'andamento della
popolazione straniera residente in Svizzera dal 1950 al 2000, al variare degli arrivi di italiani. Come
si nota dal grafico 1 sottostante, è possibile individuare tre fasi:
1) Una prima ondata migratoria che va dal 1950 al 1970, in cui l’intensità dei flussi migratori è
maggiore e che interessa in modo particolare gli italiani;
2) Una seconda fase, che va dal 1970 al 1980 e che coincide con l’arresto dei flussi migratori in
Svizzera. Si verifica infatti un’inversione di tendenza e il massiccio ritorno in patria in
particolare degli emigrati italiani.
3) La terza fase che ha inizio negli anni Ottanta, mostra una ripresa dei flussi migratori diretti
verso la Svizzera. Si noti però che non si verifica una conseguente ripresa dell’emigrazione
italiana e la seconda ondata migratoria coinvolge in particolare le popolazioni provenienti
dalla ex- Jugoslavia e dal Portogallo.
82
Per ulteriori informazioni si rimanda al sito Internet dell’UST all’indirizzo: http://www.statistica.admin.ch > Temi >
Popolazione. Servizio stampa UST, e-mail: [email protected].
160
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Graf.1 Popolazione italiana sul totale popolazione straniera residente in Svizzera dal 1950 al
2000.
Grafico nostro su dati dell'Ufficio federale di statistica, Fibbi R., (2005), p. 739.
Come si nota dalla tabella sottostante, tra il 1950 e il 1970 la popolazione straniera residente in
Svizzera cresce in maniera esponenziale. In questo periodo l’arrivo degli italiani contribuisce
fortemente a tale aumento, infatti la popolazione straniera passa da un totale di 285.446 nel 1950 ad
un totale di 1.080.076 nel 1970 (Fibbi, 2005). Gli italiani sono il gruppo più numeroso e in
particolare negli anni Sessanta costituiscono il 59% degli stranieri.
Tab. 1 Popolazione straniera residente in Svizzera 1950 – 2000
1950
1960
1970
161
1980
1990
2000
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Germania
55.981
93.406
118.289
87.913
86.197
112.348
Francia
27.470
31.328
55.864
47.570
52.715
62.727
Italia
140.280
346.223
583.850
418.989
383.204
322.203
Austria
22.153
37.762
44.734
32.135
30.172
28.849
Spagna
1.212
13.524
121.239
107.510
124.127
84.559
Ex- Jugoslavia
892
1.169
24.971
60.916
172.777
362.403
Turchia
590
645
12.215
38.626
81.655
83.312
Portogallo
173
386
3.632
18.943
110.312
142.415
Altri
36.695
60.296
115.282
132.372
204.273
295.733
Totale
285.446
584.739
1.080.076
944.974
1.245.432
1.494.549
Italia /totale
49%
59%
54%
44%
31%
22%
Fonte: Censimenti federali della popolazione, Ufficio Federale di Statistica in Fibbi R.,(2005, p. 739).
A partire dagli anni Settanta e per l’intero decennio si verifica una inversione di tendenza e la
presenza di stranieri in Svizzera cala passando da oltre un milione di stranieri residenti nel 1970 a
circa 944 mila nel 1980. Questo periodo coincide con gli anni delle crisi petrolifere e la crescita
della disoccupazione. Molti italiani, ritrovatisi senza lavoro si vedono costretti a ritornare in Italia.
Diminuisce in particolare il numero degli italiani che passa da 583.850 nel 1970, a 418.989 nel
1980, mentre aumentano gli stranieri provenienti dalla ex- Jugoslavia, dalla Turchia e dal
Portogallo. Questo elemento ci permette di intravedere da dove arriveranno i flussi migratori
dell’ondata successiva.
A partire dal 1980, mentre il numero degli italiani presenti in Svizzera continua a scendere in modo
graduale ma costante, passando da circa 418 mila residenti nel 1980 a circa 383 mila nel 1990, il
numero complessivo degli stranieri invece ricomincia a crescere. La tab. 1, evidenzia come nello
stesso periodo aumentino vistosamente gli arrivi di portoghesi, turchi e persone provenienti dai
paesi della ex- Jugoslavia. Questi ultimi già nel 1990 rappresentano la seconda comunità di stranieri
più numerosa in Svizzera dopo gli italiani e nel decennio successivo (1990-2000) tali flussi
continueranno a crescere tanto che nel censimento del 2000, gli stranieri provenienti dai paesi della
ex- Jugoslavia costituiranno la comunità più numerosa in assoluto, con oltre 362 mila residenti in
Svizzera, superando quindi la collettività italiana con circa 322 mila residenti. Si può quindi
162
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
immaginare che all’interno del mercato del lavoro svizzero ci sia stata una sorta di “sostituzione”
degli italiani con gli immigrati provenienti dall’ex- Jugoslavia, in particolare dalla Serbia, dal
Montenegro e dal Kosovo. Questi ultimi passano da 294.217 residenti nel 1995 a 305.009 nel
1996, così come riportato anche da Guglielmi (1997, p. 148) nella sua analisi sugli stranieri
residenti in Svizzera dal 1995 al 1996. La tendenza alla crescita della presenza di immigrati
provenienti dalla ex- Jugoslavia, dal Portogallo e anche dalla Turchia è confermata anche
dall’analisi dei dati sulla popolazione giovanile straniera al di sotto dei 16 anni.
3.2.2
La situazione attuale (2000-2009)
Sulla base dei dati dell’ufficio Federale di Statistica di Berna, è stato possibile valutare l’andamento
della popolazione straniera presente in Svizzera dal 2000 al 2007, distinguendo i flussi in base al
tipo di permesso ottenuto.
Graf. Andamento popolazione straniera in Svizzera dal 2000 al 2007
Fonte: dati Ufficio Federale di Statistiche, Berna.
Il grafico sottostante mostra la riduzione del numero degli stagionali e la parallela crescita del
numero dei frontalieri, i quali passano da 150 mila nel 2000 a circa 236 mila nel 2007. Gli
stagionali invece passano da 12 mila nel 2000 a meno di 2 mila nel 2002. A partire dal 2003, sulla
base degli accordi bilaterali con l’Unione Europea, lo statuto dei lavoratori stagionali viene abolito.
Graf. Andamento dei lavoratori stagionali e dei frontalieri in Svizzera (2000-2007)
163
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Fonte: dati Ufficio Federale di Statistiche, Berna.
I dati dell’Ufficio federale della migrazione83,ci permettono di avere un quadro del fenomeno
migratorio della collettività italiana in Svizzera nell’ultimo decennio. I dati mostrano chiaramente
come negli ultimi dieci anni la popolazione italiana presente in Svizzera sia andata diminuendo
progressivamente, passando da un totale di 334.594 nel 1998 ad un totale di 289.589 nel 2007.
Fonte: nostra elaborazione su dati SOPEMI.
Secondo i dati italiani del registro dell’Aire, la principale fonte italiana per l’analisi del fenomeno
migratorio, gli italiani residenti in Svizzera sarebbero invece 500.565. Come è possibile spiegare
tale vistosa differenza?
I dati presenti nell’archivio dell’AIRE84, tenuto dal Ministero dell’Interno ed implementato
83
Si tratta dei dati SOPEMI disponibili su http://www.bfm.admin.ch
84
L’iscrizione all’AIRE, a norma dell’art.6 della legge 470 del 27 ottobre 1988, è generalmente effettuata a seguito
della dichiarazione dell’interessato presso il Comune italiano di ultima residenza o al Consolato della circoscrizione di
immigrazione o di nascita. Non vengono registrate invece le persone che si recano all’estero per cause di durata limitata
ad un massimo di un anno, i lavoratori stagionali e i dipendenti di ruolo dello Stato in servizio all’estero (Guarneri
2001, pp.25-26).
164
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
direttamente dai Comuni o tramite le Prefetture, riportano il numero dei cittadini italiani che si
recano all’estero per un periodo superiore ai dodici mesi. E’ importante precisare però che i dati
dell’Aire non hanno sempre fornito una stima degli italiani residenti all’estero in linea con quella
diffusa dagli archivi internazionali. In passato infatti i dati dell’Aire, soprattutto se confrontati con i
dati ufficiali dei paesi di emigrazione, hanno sotto-stimato i flussi migratori degli italiani all’estero
poiché nel registro venivano inseriti soltanto gli italiani che volontariamente comunicavano alle
istituzioni italiane il loro trasferimento. Di conseguenza, soprattutto nei periodi in cui i flussi erano
più consistenti o nei periodi in cui le partenze erano seguite da frequenti ritorni in Italia, molti
italiani non si iscrivevano nei registri dell’AIRE.
Ma come si spiega allora che oggi il loro numero risulti superiore rispetto a quello fornito dagli
uffici migrazione dei paesi di arrivo?
La nostra ipotesi è che i processi di naturalizzazione e di acquisizione della doppia cittadinanza (in
particolare da parte delle seconde generazioni di italiani nate in Svizzera), abbia causato la loro
cancellazione dai registri degli stranieri e la conseguente iscrizione nel registro dei cittadini
Svizzeri.
La Svizzera applica il cosiddetto "ius sanguinis", ovvero l'acquisto della cittadinanza per
discendenza paterna o materna, disciplinato a livello federale dalla legge federale su l'acquisto e la
perdita della cittadinanza svizzera. La naturalizzazione invece può essere richiesta presso
l'autorizzazione federale di naturalizzazione da chiunque abbia risieduto in Svizzera per 12 anni.
Di conseguenza secondo la nostra ipotesi, la differenza tra il numero di italiani presidenti in
Svizzera sulla base dei dati svizzeri rispetto a quelli italiani dipenderebbe dal numero di italiani in
possesso della doppia cittadinanza, i quali per l’Aire sono emigrati italiani, mentre per la Svizzera
sono cittadini svizzeri e quindi esclusi dal registro degli stranieri.
Per quanto riguarda i cambiamenti delle caratteristiche dell’attuale emigrazione italiana in Svizzera,
un elemento interessante è relativo al titolo di studio posseduto. Nell’ultimo periodo infatti sembra
che sia cambiata la tipologia del migrante italiano a causa dell’aumento in particolare il numero dei
laureati che lasciano l’Italia. (Todisco, et all., 2004, p. 834). Le motivazioni che spingono i laureati
ad uscire dall’Italia, sono in primo luogo le migliori condizioni economiche di lavoro, un maggior
riconoscimento del ruolo sociale e più in generale una migliore qualità della vita (Montanari, 1995),
anche se esiste una parte di italiani spinta dalla necessità di approfondire ed accrescere le proprie
competenze all’estero, o per completare la propria formazione specialistica in strutture di ricerca o
165
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
in organismi internazionali (Brandi, 2001). La più ridotta migrazione di persone qualificate, può
essere considerato uno degli aspetti della globalizzazione. I dati dei censimenti della popolazione
(Fibbi, 2005, p 746) mostrano che la proporzione di persone altamente qualificate tra gli italiani,
inizialmente molto contenuta (il 5,5% nel 1970) cresce notevolmente passando dal 7,6% del 1980
al 13,8% nel 1990, fino a raggiungere il 24,6% del 2000, tanto da rappresentare quasi la metà degli
immigrati recenti. La tendenza di una richiesta di manodopera altamente qualificata e specializzata
risulta confermata anche dai dati Eurostat, secondo i quali (come si nota dal grafico sottostante) dal
2004 al 2007 si è verificata una riduzione dei flussi di italiani, spagnoli, turchi, serbi e
montenegrini, e un aumento invece della presenza di tedeschi, portoghesi, asiatici, francesi e
americani.
Graf. Stranieri residenti in Svizzera per nazionalità (2004-2007)
Fonte: nostra elaborazione dati Eurostat
Anche i dati del 2009 sui frontalieri italiani in Ticino, evidenziano la tendenza ad una maggiore
richiesta di manodopera straniera qualificata in particolare nei settori che richiedono competenze
specializzate come nel caso del settore dei servizi informatici, dell’industria chimica e farmaceutica,
dell’industria dei macchinari e delle apparecchiature elettriche e nei servizi finanziari e assicurativi.
3.3 Gli emigrati italiani nel mercato del lavoro svizzero
Per comprendere in che modo gli emigrati italiani siano riusciti ad inserirsi nel mercato del lavoro
svizzero faremo riferimento ai dati di una ricerca85 della Fibbi (1998), individuando i settori nei
quali sono stati impiegati prevalentemente i lavoratori e le lavoratrici italiane, durante la prima
85
I risultati di questa ricerca del 1998, mai pubblicati sono riportati in Fibbi 2005.
166
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
ondata migratoria negli anni Sessanta. Quindi esamineremo i cambiamenti intervenuti nel mercato
del lavoro a partire dagli anni Settanta e analizzeremo il grado di mobilità sociale degli emigrati
italiani durante la seconda ondata migratoria. Ci serviremo infine dei dati illustrati nella ricerca di
Todisco ed altri (2004), sull’inserimento in Svizzera delle emigrate italiane altamente qualificate, al
fine di cogliere le tendenze attualmente in corso.
3.3.1 L’inserimento lavorativo durante la prima ondata migratoria
La prima forte ondata migratoria degli italiani in Svizzera si verifica durante gli anni Sessanta. In
questo periodo l’80% degli uomini italiani esercita un lavoro manuale non qualificato in particolare
nel settore edilizio, nella metallurgia e orologeria, nelle industrie alimentari, tessili e chimiche, nel
settore alberghiero e in agricoltura. Soltanto 1’11% degli uomini italiani ha un lavoro qualificato e
un bassissima percentuale (il 3%) riesce ad occupare una posizione di quadro intermedio o
superiore (Fibbi, 2005, p. 743)
Le emigrate italiane sono più presenti nel settore impiegatizio rispetto agli uomini (11% delle donne
contro il 4% degli uomini) i quali trovano occupazione in particolare come operai, ma la
percentuale di lavoratori manuali non qualificata è altissima per entrambi i generi. In questi anni è
difficile per gli italiani cambiare lavoro, perché la mobilità intersettoriale per gli stranieri è
ostacolata da una norma che la rende possibile solo con il permesso di lunga durata, ottenibile dopo
10 anni di permanenza. La maggioranza degli italiani riuscirà ad ottenere tale permesso solo dopo la
crisi degli anni Settanta.
La distribuzione delle occupazioni tra italiani è molto diversa rispetto agli svizzeri. Una ricerca86 di
del 1969, mostra che sono operai l’87% degli italiani contro il 23% di Svizzeri.
Durante gli anni Settanta si verificano grandi cambiamenti. Cresce la partecipazione femminile al
mercato del lavoro e aumenta quindi anche il numero delle donne che prende parte ai fenomeni
migratori (Todisco et al. 2004, p. 835). Le donne italiane in Svizzera generalmente svolgono quei
lavori che sono rifiutati dalle donne svizzere e che richiedono scarsa qualificazione. Nel 1978 il
59% delle italiane è occupato nel settore industriale (abbigliamento, meccanica e metal meccanica).
La presenza delle donne italiane nel terziario sale al 40% e cresce il numero delle donne impegnate
nelle attività rientranti nel campo della “igiene e cure corporali” e delle collaborazioni domestiche.
86
Si tratta della ricerca di Hoffmann- Nowotny (1969).
167
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
3.3.2 La mobilità sociale durante la seconda ondata migratoria
Durante gli anni Ottanta si verifica una contrazione dell’occupazione nelle industrie (ad eccezione
di quella metal-meccanica), mentre restano stabili le occupazioni impiegatizie e nelle costruzioni. In
questi anni gli emigrati italiani sperimentano una certa mobilità sociale e professionale. I dati della
Fibbi evidenziano l’importanza dei mutamenti intervenuti sul mercato del lavoro svizzero anche per
gli italiani, i quali,in seguito all’ingresso di nuovi gruppi di immigrati possono abbandonare
l’agricoltura e in parte il settore alberghiero, comparti nei quali subentrano portoghesi ed exjugoslavi. Tuttavia il limitato bagaglio formativo degli italiani non permette loro un’ampia mobilità
ascendente, che piuttosto si indirizza al lavoro autonomo e alla posizione di quadro intermedio
(Fibbi, R., 2005, p 746). Infatti il 40% degli uomini italiani occupati in un lavoro manuale non
qualificato riesce ad accedere, durante gli anni Ottanta, a posizioni dirigenziali (27%) e di
lavoratore autonomo (13%). La mobilità professionale delle donne assume forme analoghe a quelle
osservate per gli uomini, sebbene il fenomeno abbia dimensioni più contenute (solo il 12% delle
donne accede a posizioni dirigenziali). Le donne continuano ad accedere a lavori impiegatizi (il
10% delle donne occupa tale posizione, contro il 2% degli uomini) e il fenomeno cresce in termini
percentuali in particolare verso la fine della loro carriera lavorativa, molto probabilmente perché le
donne impiegate restano attive mentre le lavoratrici manuali tendono di più ad uscire dal mercato
del lavoro (Fibbi, R., 2005, p. 744). Nel terziario le italiane sono sempre più presenti in ogni settore
di attività: costituiscono un terzo delle straniere attive nel commercio, nelle attività bancarie ed
immobiliari. Anche se continuano ad essere massicciamente presenti, diminuiscono le donne nel
settore alberghiero (Todisco et al. 2004, p. 844) mentre crescono le occupazioni nei settori del
commercio e della vendita (Fibbi, R., 2005, p 744).
Negli anni Novanta la mobilità professionale esperita dagli emigrati italiani, si consolida
ulteriormente, seguendo le tendenze rilevate nel decennio precedente. Cresce ancora il numero degli
emigrati italiani uomini tra gli autonomi (passano dal 13% al 19%). La percentuale delle donne
qualificate impiegate sale dal 10% nel 1980 al 16% nel 1990. Diminuisce la percentuale di occupati
in lavori manuali non qualificati, anche se la percentuale femminile resta sempre più alta di quella
maschile (le donne passano dal 68% al 63%, gli uomini dal 52% al 48%). In questi anni scende la
percentuale degli occupati nelle posizioni dirigenziali. Il calo però è più forte per gli uomini, che
passano dal 27% al 22%, piuttosto che per le donne, che scendono dal 12% all’11%. Anche se il
numero delle donne italiane impiegate in posizioni elevate è inferiore a quello dei connazionali
maschi, tuttavia il loro livello di istruzione è più elevato e buona parte di esse sono i possesso della
168
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
laurea (Todisco et al. 2004, p. 844). La presenza delle donne italiane nel settore dei servizi (settore
bancario, assicurazione e immobiliare, ma anche nella ricerca scientifica, nelle multinazionali e
nelle organizzazioni internazionali) può essere spiegato anche dallo scarso numero di donne
svizzere in possesso di titoli di studio elevati.
Negli anni Novanta il tasso di attività degli italiani uomini87 diventa inferiore a quello degli Svizzeri
(83% per gli emigrati italiani contro il 95% per gli svizzeri). (Fibbi R., 2005, p. 742-743). Questa
differenza può essere spiegata sia dalla più alta percentuale di invalidi tra gli emigrati italiani
rispetto agli svizzeri, sia dalla crescita della disoccupazione, dovuta ai processi di forte
ristrutturazione economica che colpiscono in particolare i lavoratori con scarsa formazione generale
e professionale.
I dati di Schappi evidenziano come alla fine del 1999 circa il 9,3% dei disoccupati è straniero,
contro il 2,2% degli svizzeri. Gli stranieri disoccupati ammontano a circa 65.000, dei quali oltre la
metà lo sono per un periodo prolungato. (Schappi W., 2001, p. 154).
I lavoratori stranieri più colpiti sono gli stagionali, definiti da Guglielmi (1997) “un serbatoio di
manodopera da chiudere o aprire secondo le esigenze del mercato del lavoro” . Gli stagionali non
dispongono della mobilità professionale richiesta, e spesso hanno una limitata conoscenza della
lingua, inoltre il loro permesso, che dura al massimo nove mesi all’anno, è legato all’azienda presso
la quale lavorano e di conseguenza tali lavoratori sono fortemente vincolati al luogo e al settore
produttivo (soltanto dopo il decorso di quattro stagioni , ovvero dopo un totale complessivo di 36
mesi, hanno la possibilità di richiedere il soggiorno annuale). Come si nota dal grafico sottostante il
loro numero nel corso dei questi anni diminuisce vistosamente, passando da un totale di 62.642 nel
1992 , a 20.235 nel 1999.
87
Le donne invece continuano ad avere un tasso di attività superiore a quello delle loro coetanee svizzere (59% vs.
48%).
169
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Graf. Andamento degli stagionali in Svizzera dal 1992 al 1999.
Fonte: La population etrangere en Suisse. Edition 2000. Neuchatel, Office federal de la statistique, 2000, p. 72.
Osservando i dati relativi al 31 agosto del 1996 (Guglielmi, 1997) è possibile distinguere gli
stagionali in base alla provenienza. I più numerosi tra gli stagionali sono i portoghesi (che passano
da 23.752 nel 1995 a 20. 321 nel 1996), e le persone provenienti dalla ex- Jugoslavia (che passano
da 12.168 nel 1995 a 2.706 nel 1996), seguiti poi dagli italiani (che passano da 6.068 nel 1995 a
4.913 nel 1996) e dagli spagnoli (che passano da 4.140 nel 1995 a 3.213 nel 1996) (Guglielmi, S.,
1997, p. 148).
L’analisi dei censimenti della popolazione rende possibile anche un approfondimento sulle posizioni
professionali nelle quali i giovani italiani con una età che va dai 15 ai 29 anni riescono ad inserirsi. I
dati del Censimento del 2000 mostrano una prevalenza di italiani nelle posizioni impiegatizie
(41%). Abbastanza alta è anche la percentuale di giovani italiani che lavorano in Svizzera come
operai non qualificati, ovvero il 19,5% (rispetto al 18, 7% degli svizzeri88). Invece relativamente ai
lavori da operai qualificati, la percentuale dei giovani italiani, il 15,1% è equivalente a quella degli
svizzeri (siano essi nativi o naturalizzati).
Risulta infine molto bassa la presenza degli italiani nelle professioni liberali (0,1%), nelle posizioni
di quadro superiore (2,5%) e di quadro intermedio (13%), anche se rispetto ai dati del censimento
del 1990, è evidente un miglioramento delle posizioni socio-professionale da parte dei giovani
italiani (vedi grafico sottostante).
88
E’ importante precisare che i dati relativi agli svizzeri non ci permettono di distinguere tra svizzeri per nascita e
svizzeri per naturalizzazione e questo potrebbe forse in parte spiegare l’alta percentuale di svizzeri presenti nelle
professioni operaie, quasi equivalente a quella degli italiani in Svizzera.
170
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Graf. Posizione professionale dei giovani italiani in Svizzera (1990-2000)
Fonte: nostra elaborazione su dati Fibbi, 2005, p.754.
Da una recente indagine sull’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro svizzero, risulta che la
mobilità sociale è garantita, tanto in senso orizzontale quanto verticale (Volpi, 200589). Il mercato
svizzero è dunque dinamico ma solo per coloro che hanno un grado di istruzione elevato.
3.3.3
Le attuali condizioni lavorative
Il lavoro degli italiani in Svizzera può essere suddiviso tra occupazione permanente, pendolarismo
transfrontaliero e lavoro stagionale. Per quanto riguarda gli italiani con una occupazione
permanente, non sono disponibili i dati aggiornati sulla situazione occupazionale, che distinguano
gli emigrati italiani dagli altri stranieri. E’ possibile invece analizzare l’attuale condizione
occupazionale dei frontalieri italiani, sulla base dei dati Ustat dell’Ufficio di Statistica del Ticino,
secondo i quali dal 2002 al 2008, si registra un leggero aumento tra gli stranieri occupati in Ticino, i
quali passano da 77 mila nel 2002, a quasi 89 mila nel 2008, di cui quasi 44 mila sono frontalieri
italiani.
I frontalieri italiani occupati in Ticino sono aumentati, passando da 33.051 nel 2002 a 43.732 nel
2008. Nel giugno 2009, sul totale di 43.777 frontalieri occupati in Ticino nel primo trimestre del
89
Volpi F. (2005), Il profilo dei giovani italiani in Svizzera, in Caltabiano C., Gianturco G.
171
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
2009, ben 43.732 sono italiani. Per quanto riguarda il genere, come si nota dal grafico sottostante, il
numero di uomini tra i frontalieri occupati in Ticino è decisamente superiore rispetto a quello delle
donne (25.908 uomini e 17.865 donne)
Graf. Frontalieri italiani occupati in Ticino dal 2003 al 2009, secondo il genere
Fonte: nostra elaborazione su dati Ustat, Bellinzona, 2009.
La maggior parte dei frontalieri italiani provengono dalle province di Como e Varese. Secondo i
dati90 diffusi dal Dipartimento Federale dell’economia, circa il 72% dei frontalieri italiani è
impiegata nel settore dei servizi (con un totale di 23.737 occupati),
il 26% nell’industria e
artigianato (con 19.726 occupati) e il restante 2 % nell’agricoltura. La situazione è molto simile a
quella dei cittadini svizzeri che sono impiegati nei servizi per il 65 %, nell’industria e artigianato
per il 18 %, mentre la percentuale degli svizzeri che lavora nell’agricoltura arriva al 17% (Rapport
sur la Migration 2008, p.13). I settori in cui la presenza degli stranieri è più consistente sono il
settore industriale e della produzione di energia, quello delle costruzioni e quello del commercio.
Graf. Distribuzione degli stranieri in Svizzera per settore dell’economia (2009)
Fonte: nostra elaborazione su dati Ustat, Bellinzona, 2009,
90
L’Ustat utilizza i dati STAF (Statistica dei frontalieri) dell’Ufficio federale di statistica di Neuchâtel.
172
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
I settori di più difficile accesso per gli stranieri sono invece quelli della pubblica amministrazione
(con solo 48 lavoratori stranieri presenti), assicurazione e finanza (505 stranieri) e istruzione (574).
Ci sembra interessante evidenziare come più recentemente si faccia ricorso alla manodopera
straniera qualificata (4 stranieri su 5 hanno un diploma di scuola superiore) in settori che richiedono
una specializzazione particolare, come nel caso del settore dei servizi informatici (2407
autorizzazioni concesse) dell’industria chimica e farmaceutica (880 autorizzazioni), dell’industria
dei macchinari e delle apparecchiature elettriche (877 autorizzazioni) e nei servizi finanziari e
assicurativi (660). Le persone impiegate nel settore informatico provengono in particolare dall’India
(2630) seguiti da americani e canadesi (1665 autorizzazioni, di cui 605 per imprese internazionali)
mentre nel settore della chimica, dell’industria delle macchine e dei congegni elettronici, nella
cucina e nella medicina sono impiegati in particolare i cinesi (528 autorizzazioni). (Rapport sur la
Migration 2008, p. 14).
3.4 Caratteristiche dell’attuale emigrazione italiana in Svizzera
Gli emigrati italiani attualmente residenti in Svizzera possono essere distinti in tre gruppi: i primi
emigrati ormai all’età della pensione, i nuovi arrivati e le seconde generazioni. A questi abbiamo
ritenuto di aggiungere anche i frontalieri poiché la loro esperienza migratoria è abbastanza diversa
dagli altri emigrati italiani dal momento che la loro situazione di vita e di lavoro è caratterizzata dal
continuo passaggio dal sistema italiano a quello svizzero.
3.4.1 Vecchi e nuovi emigrati
I vecchi emigrati italiani ancora presenti in Svizzera rappresentano il gruppo più numeroso. Si tratta
per la maggior parte di pensionati o italiani prossimi alla pensione.
Uno dei problemi che attualmente si trovano ad affrontare la maggiore incidenza di invalidità
rispetto ai loro coetanei svizzeri. Già negli anni Novanta, uno studio epidemiologico91 sulla
popolazione residente nel cantone di Ginevra ha messo in luce il maggiore rischio di invalidità tra
gli immigrati rispetto agli svizzeri. Se tra gli svizzeri l’incidenza dell’invalidità è del 4% per gli
91
Gognalons N., Gaullier M.Y., Barder-Blochet X., (1996), Fin de la vie professionnelle et passage a la retraite,
« Revie suisse de sociologie », 22, pp. 305-328.
173
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
uomini e del 3,4% per le donne, tra gli emigrati l’invalidità riguarda il 15% degli uomini e il 9%
delle donne.
A questo si deve aggiungere che le recenti modifiche introdotte in Svizzera con il cambiamento
della legge sull’invalidità nel 1998, ha aggravato la condizione degli emigrati italiani, in particolare
degli ultra-cinquantenni, che in seguito ad un infortunio sul lavoro, vengono riconosciuti invalidi
dall’assicurazione contro gli infortuni (SUVA), ma non riescono ad ottenere la rendita perché
l’assicurazione vecchiaia superstiti e invalidità (INSAI), ha iniziato a sostituire l’erogazione delle
rendite con le politiche di formazione e reinserimento al lavoro. In molti casi però è difficile che gli
emigrati italiani con una età prossima alla pensione, possano essere ricollocati. Pertanto coloro che
a causa di una invalidità non possono continuare a svolgere il proprio lavoro , possono contare su
un sussidio di disoccupazione, finito il quale restano privi di qualsiasi tipo di sostegno economico
fino all’età della pensione.
In merito alle aspettative degli emigrati italiani giunti all’età della pensione, fino agli anni Novanta
ha prevalso la logica dell’immigrazione temporanea, in quanto la maggior parte degli italiani ha a
lungo coltivato il desiderio di ritornare in Italia al momento della pensione. I risultati di una
inchiesta92 condotta negli anni Novanta rivelano invece che solo un italiano su cinque intende
rientrare in Italia, mentre due su cinque pensano di restare in Svizzera e altrettanti si ripropongono
di risiedere alternativamente in Italia e in Svizzera. (Fibbi, R., 2005, p 746). I risultati di questa
ricerca sottolineano quindi la maggiore libertà di scelta degli italiani in Svizzera una volta acquisiti
determinati diritti.
Rispetto ai vecchi emigrati italiani, i nuovi sono molto più qualificati e istruiti. Dagli anni Ottanta al
2000, sono infatti cresciute le persone con il diploma di scuola media superiore e la laurea (da 251
unità nel 1980 per i diplomati di entrambi i sessi a 2.156 nel 2000). I laureati salgono dalle 82 unità
a 647 nel 2000. Emerge inoltre la caratteristica dell’emigrazione femminile attuale: quella delle
donne altamente qualificate. Dalle 117 diplomate nel 1980 si arriva alle 919 del 2000, mentre per le
laureate si passa da 19 a 254. Tra le donne italiane altamente qualificate in Svizzera, due su tre
provengono dal Nord - Italia, anche per la vicinanza alla Svizzera e la maggioranza ha una età
inferiore a 34 anni. Per quanto riguarda la formazione tutte, si sono laureate in Italia, con altissimi
voti, decidendo quindi di proseguire la formazione post-universitaria in Svizzera, per conseguire il
dottorato di ricerca o ulteriori specializzazioni. Se le ragioni della partenza dall’Italia sono quindi
legate alla possibilità di accrescere le proprie competenze professionali, quelle che le spingono a
92
Bolzman C., Fibbi R., Vial, M., 1993, Les migrants face à la retraite: rester ou retourner?, in “Revue suisse
d’Economie Politique et de Statistique”, 129, pp. 371-384.
174
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
restare, sono le migliori opportunità lavorative, la migliore retribuzione, maggiori possibilità di
carriera e l’opportunità di un lavoro più stabile. (Todisco et al. 2004).
3.4.2 Le seconde generazioni
Le seconde generazioni sono i figli degli italiani emigrati in Svizzera, a prescindere da dove siano
nati. Fino agli anni Ottanta gli studi sule seconde generazioni si sono concentrati prevalentemente
sull’analisi dell’inserimento scolastico e lavorativo, evidenziando il più basso livello di formazione
post-obbligatoria dei figli degli emigrati italiani rispetto ai coetanei svizzeri. Tale problema ha
riguardato in particolare le ragazze.
Gli studi più recenti dimostrerebbero invece che le differenze tra i figli degli emigrati italiani e i
loro coetanei svizzeri siano andate scomparendo. Una ricerca del 1998 condotta a Ginevra e
Basilea sui figli di italiani con una età compresa tra i 18 e i 35 anni, per la maggior parte nati e
cresciuti in Svizzera, identifica i naturalizzati come degli over-performer rispetto agli svizzeri,
sottolineando come il 41% di essi frequenti studi di livello terziario rispetto al 26% degli autoctoni
(Fibbi, 2005). Questo risultato però potrebbe anche dipendere dal fatto che tale ricerca sia stata
condotta in due contesti che hanno realizzato delle politiche particolarmente aperte nei confronti dei
figli degli stranieri.
Le precedenti differenze tra i figli maschi e le figlie femmine sono andate inoltre scomparendo,
anche se resta il dato del minor accesso delle donne alla formazione terziaria rispetto agli uomini.
Infine, secondo i dati del censimento del 2000, sembra che la mobilità sociale ascendente dei figli
degli emigrati, sia superiore a quella degli svizzeri.
Una indagine condotta dalle autorità svizzere nel 200193 sui giovani italiani rileva la presenza di
167.109 occupati italo svizzeri nei vari settori dell’economia. I lavoratori del primo settore
rappresentano un’entità piuttosto esigua (1.437 unità) rispetto a quelli dell’industria (63.151 unità)
e, ancor più, dei servizi (96.162).
I lavoratori indipendenti raggiungono le 11.285 unità. Le
dimensioni delle aziende in cui sono impiegati gli italiani sono, per lo più, medie e grandi. Nel
settore industriale 10.585, sono dipendenti di imprese che impiegano 20-49 lavoratori (oltre a 83
italo svizzeri classificati come “indipendenti”), 16.833 lavorano in imprese che ne impiegano dai
93
Federazione delle Colonie Libere Italiane in Svizzera, 2002. I giovani italiani nel mondo tra integrazione e ricerca
delle radici storiche: il modello svizzero, Ricerca realizzata in collaborazione con la Fondazione ECAP - Ufficio Studi e
Ricerche.
175
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
100 ai 499 (oltre a 66 lavoratori indipendenti) e 4.647 in imprese con oltre 1000 impiegati (oltre a
12 lavoratori indipendenti). Nel terziario, invece, 10.238 sono dipendenti di imprese che impiegano
dai 20 ai 49 lavoratori (oltre a 140 lavoratori indipendenti), 14.253 di imprese che ne occupano dai
100 ai 499 (oltre a 115 lavoratori indipendenti) e 15.375 di imprese che ne impiegano più di 1000
(oltre a 115 lavoratori indipendenti). Relativamente ai settori occupazionali, quelli che contano il
maggior numero di lavoratori italiani sono l’edilizia (con 15.897 impiegati), e le professioni
commerciali e amministrative (con 13.050 addetti) e della vendita (11.182 impiegati). Ben avviato
anche il settore della lavorazione di metalli e della costruzione delle macchine, che comprende
professioni in cui gli italiani risultano specializzati e che impiega 9.917 persone (Itenes, 2005).
3.4.3 I frontalieri italiani nel Canton Ticino
Un particolare gruppo di migranti è costituito dai frontalieri che lavorano in Svizzera ma risiedono e
abitano in Italia nelle province confinanti con il Canton Ticino ( Como, Varese, Novara, e Sondrio).
Il pendolarismo transfrontaliero è un fenomeno migratorio che dura l’intera giornata lavorativa o al
massimo una settimana, accompagnato dal pendolarismo dal luogo di residenza a quello di lavoro
lungo il confine Italo-Svizzero (Brevetto G., 1995, p. 348).
Dal punto di vista giuridico il frontaliero è il lavoratore che risiede da almeno sei mesi nel raggio
di 20 Km in linea d’aria dal confine elvetico e che ottiene un permesso di lavoro che di regola dura
un anno e si rinnova alla scadenza.
Secondo un ordinanza del Consiglio Federale del 1986 i Cantoni possono far dipendere il rilascio
dei permessi da una quota minima di lavoratori indigeni presenti nelle singole aziende. La richiesta
di permesso di lavoro viene avanzata dal datore di lavoro svizzero presso la Polizia Elvetica, dopo
che sia stato verificato quindi che per quel posto di lavoro non siano disponibili lavoratori svizzeri
iscritti al collocamento locale
Il rapporto di lavoro frontaliero in Svizzera e i relativi diritti sindacali sono regolati dal Codice
delle Obbligazioni, che contiene limitazioni al licenziamento dei lavoratori che svolgono attività
sindacale o che si trovano nel periodo di prova. Le leggi federali e Cantonali forniscono poi
un’ulteriore legislazione di sostegno.
Il frontaliere che ottiene il permesso di lavoro non può cambiare né datore di lavoro né professione
per tutta la durata del permesso. Il frontaliere può essere licenziato dal datore di lavoro solo dopo un
176
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
avviso obbligatorio e ha diritto all’indennità di disoccupazione solo se licenziato per motivi
economici. Tale indennità prima del 1984 era pressoché inesistente e viene introdotta dal Codice
delle Obbligazioni che stabilisce che il datore di lavoro è tenuto a riconoscere al frontaliere una
parte della retribuzione (la cosiddetta scala barnese) ma non è obbligato ad assicurarlo per la
perdita di guadagno. Generalmente il frontaliere ottiene per due anni l’80% del suo salario
(Brevetto G., 1995, p. 350-351). L’assicurazione sociale del frontaliere copre soltanto la perdita di
guadagno per malattia, escludendo le spese mediche e ospedaliere. I frontalieri in Italia hanno
diritto all’assistenza sanitaria e alle cure mediche e ospedaliere, pagando una somma semestrale.
L’assicurazione per gli infortuni invece offre una copertura totale e non si limita all’orario di
lavoro.Dal punto di vista fiscale i frontalieri sono esonerati dalla dichiarazione dei redditi prodotti
in svizzera, mentre invece per gli altri redditi (per es. la proprietà della casa) devono sottostare alle
norme italiane.
Nel corso del tempo di sono susseguiti tre approcci teorici alla nozione di frontiera: la frontiera
come barriera, come filtro e come luogo di incontro (Brevetto G., 1995, p. 349).
Nel primo caso la frontiera è concepita come separazione, e tale situazione è rintracciabile nei
rapporti tra Lombardia e Canton Ticino dall’unione doganale elvetica del 1848 alla costituzione
dello stato unitario italiano nel 1861 (Brevetto G., 1995, p. 349). A partire dal secondo dopoguerra e
fino agli anni Settanta la frontiera viene trasformata in filtro per la selezione della manodopera e
delle merci (Brevetto G., 1995, p. 349) anche a seguito della decisione della Svizzera di localizzare
le industrie a forte intensità di lavoro nei Cantoni Jura e Ticino.L’ultimo approccio è quello che
vede la frontiera invece come un luogo di contatto e non di separazione. Da un punto di vista
economico questa concezione permette all’indomani della crisi del 1974 di mettere in atto nuovi
processi di specializzazione nelle modalità di sviluppo industriale e dei servizi (Brevetto G., 1995,
p. 350).
Il fenomeno migratorio degli italiani in Ticino ha inizio nel 1982, con l’apertura della galleria
ferroviaria del Gottardo, grazie alla quale iniziano ad intensificarsi i traffici tra il Ticino e la
Svizzera, (Brevetto G., 1995, p. 351). Dopo la prima guerra mondiale la situazione economica dei
salariati in Svizzera peggiora, mentre aumentano i profitti di imprenditori e commercianti (su 4
milioni di abitanti, gli indigenti sono 692.000). Fino agli anni Venti i settori principali di
occupazione dei frontalieri sono quelli del commercio ambulante, dell’edilizia e dell’agricoltura.
Nel 1924 un referendum popolare abolisce la settimana lavorativa di 54 ore, e dal 1925 al 1929
l’andamento dell’occupazione frontaliera cresce. In questo periodo le autorità svizzere si limitano a
177
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
sorvegliare i flussi tramite la concessione di un lasciapassare. La crisi del 29 fa sentire i suoi effetti
anche in Svizzera e per rispondere alla diminuzione dell’occupazione dei frontalieri vengono aperti
i centri di lavoro per i disoccupati e si istituisce con il trattato italo-svizzero la fascia dei 20 km a
ridosso del confine in cui arruolare la manodopera. Nel 1932 inoltre vengono emanate delle
ordinanze federali per sostenere una politica deflazionistica che durerà fino al 1937. In questo
periodo si consolidano le organizzazioni padronali e sindacali e ha inizio un periodo di pace sociale.
La Convenzione del 19 Luglio 1937 rappresenta il patto costitutivo di questa nuova politica di
concertazione e regolazione dei conflitti sociali (Brevetto G., 1995, p. 352). In questi anni i
frontalieri vengono impiegati come muratori, manovali, sarte, cucitrici, domestiche e operai
agricoli. Dopo un periodo di stabilità, con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 crolla
l’occupazione frontaliera. Il Flusso riprende nel 1945 per la necessità di manodopera delle imprese
svizzere che dovevano soddisfare la crescente domanda dei paesi confinanti il cui tessuto produttivo
era stato distrutto dagli eventi bellici. Da questo momento l’occupazione frontaliera inizia a
registrare un trend di crescita (Brevetto G., 1995, p. 353). I settori economici prevalenti fino agli
anni cinquanta sono quelli delle confezioni e dei servizi domestici, mentre l’abbigliamento e
l’edilizia assorbono la maggior parte dell’occupazione frontaliera. Negli anni Sessanta l’edilizia
registra il suo massimo relativo e negli anni Settanta, il settore dell’abbigliamento che era calato
negli anni Cinquanta, si riprende.
Nel 1989 viene abolito lo statuto dei frontalieri stagionali che ottengono quindi un permesso
annuale. Gli stagionali, (ovvero i lavoratori stranieri impegnati in un’attività di durata massima di
nove mesi) rappresentano il gruppo meno tutelato in quanto non hanno diritto al ricongiungimento
familiare (come invece accade per i dimoranti, che hanno un permesso di soggiorno temporaneo di
durata annuale). Il gruppo più integrato con la popolazione locale è invece quello dei domiciliati o
residenti, che hanno praticamente gli stessi diritti degli elvetici. Questa ripartizione delle
manodopera straniera, permette alle autorità elvetiche di selezionare la manodopera in ingresso, sia
in relazione ai settori di utilizzo della stessa, sia in relazione alle spese per la riproduzione della
forza lavoro, che nel caso dei frontalieri è totalmente a carico del paese d’origine (Brevetto, 1995, p.
354).
In questo modo la frontiera svolge un ruolo di filtro rispetto al mercato del lavoro, in quanto
permette la regolazione dei flussi di manodopera straniera in relazione alle esigenze del mercato
produttivo svizzero (Brevetto, 1995, p. 354).
Bisogna sottolineare però che mentre le politiche nei confronti dei fenomeni migratori con carattere
178
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
di stabilità vengono decise a livello federale, quelle relative ai frontalieri sono lasciate alla decisione
delle autorità cantonali. “A fronte di precise tendenze governative, poco o nulla venne disposto in
materia di frontalierato” (Brevetto G., 1995, p. 355).
Nel 1988 viene stabilita una politica comune e concertata dei cantoni sul frontalierato attraverso la
dichiarazione di Losanna del 1 Luglio, nella quale i flussi di manodopera frontaliera vengono
definiti come “un fenomeno del tutto naturale” ed “ un elemento costitutivo del mercato del lavoro
elvetico”, anche se “quando un posto di lavoro si rende vacante deve essere rioccupato
prioritariamente da un lavoratore indigeno”94.
Tale dichiarazione mostra chiaramente quale sia l’approccio svizzero nei confronti dei lavoratori
frontalieri, utilizzati come “ammortizzatori congiunturali negli sfasamenti tra domanda e offerta
nel mercato del lavoro” (Brevetto G., 1995, p. 355).
Analizzando le flessioni della manodopera straniera dal 1970 al 1992, è possibile notare come la
prima e più grave flessione del numero dei frontalieri si verifica tra il 1974 e il 1976, con una
diminuzione del 20% del loro numero. La crisi successiva è del 1982/83, con un calo del 6,8%.
Questa non coinvolge soltanto i frontalieri ma anche i dimoranti. Segue quindi quella la flessione
del 1992 con un calo del 5,6%, che colpisce però solo i confinanti e gli stagionali (Brevetto G.
1995, p. 358). Tali flessioni determinano un riassestamento del mercato del lavoro, attraverso
l’espulsione della manodopera meno garantita e meno qualificata del settore secondario, con il
progressivo
svuotamento dell’industria e dell’edilizia, settori dove prevalentemente trovavano
lavoro i frontalieri.
Alla fine del 1991 su 2.087 disoccupati nel Canton Ticino, la maggior parte sono frontalieri (1.839)
(Rossi M. 1992). Secondo i dati dell’Osservatorio territoriale del Mercato del Lavoro (OTML) al 31
Agosto del 1992 i frontalieri provenienti dal comasco erano 15.690, di cui 9.629 uomini e 6.061
donne, con una diminuzione del 5,6% rispetto al 199195. I settori più colpiti dalla perdita di posti
risultano quello secondario della trasformazione (-8,4%), all’interno del quale si osserva un calo
superiore al 50% nei settori del tabacco e dell’industria chimica, il settore edile con una
diminuzione del 17,6% e quello dell’abbigliamento e delle calzature (Rossi M., 1992).
Parallelamente si assiste alla terziarizzazione dell’economia, con la crescita di addetti nei settori del
commercio e dei servizi alberghieri e domestici.
94
95
Declaration de lausanne du 1 er Julliet 1988 relative a une politique commune concertèe des cantons frontaliers à
l’ègard de la main-d’oeuvre frontalière. Geneve, 1988.
Osservatorio Territoriale del Mercato del Lavoro, Il frontalierato in provincia di Como. Anno 1992. Como, OTML,
1992.
179
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
“La terziarizzazione della manodopera immigrata non significa affatto una promozione
professionale”. “La scarsa presenza di immigrati nei servizi si limita ai comparti in cui prevalgono
mansioni dequalificate e/o precarie (sanità, servizi domestici, commercio e turismo), mentre nel
terziario avanzato di lavoratori stranieri non v’è quasi traccia”(Brevetto G., 1995, p. 360).
I frontalieri hanno quindi giocato “il ruolo di ammortizzatori congiunturali”, evitando una
maggiore crescita della disoccupazione dei residenti. “Di fatto non esistono frontalieri disoccupati
in Ticino perché l’offerta risulta essere sempre uguale alla domanda”(Brevetto G.,1995, p. 358).
Il frontaliere occupato fa parte della struttura economica ticinese e quando viene espulso dal
mercato del lavoro diventa un disoccupato comasco, in questo modo la Svizzera importa
manodopera ed esporta disoccupazione (Brevetto G., 1995, p. 359). Il sistema di selezione della
manodopera necessaria in Ticino contribuisce a favorire l’immigrazione dei segmenti deboli e poco
qualificati che non entrano in concorrenza con gli svizzeri nell’accesso ai lavori più remunerati.
Questo meccanismo influisce sulla stratificazione sociale elvetica favorendo, con l’ingresso degli
stranieri nelle posizioni meno garantite, la mobilità socio-professionale degli svizzeri (Morelli U.,
1981, p. 179). Il processo di espulsione degli stranieri disoccupati invece permette da una parte di
tenere basso il conflitto sociale, e dall’altra di ridurre i costi del mantenimento della forza lavoro
non impiegata, che vengono scaricati sull’Italia.
180
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
SECONDA PARTE96
3.5 I risultati dell’indagine di campo97
La Svizzera è una realtà composita in cui la suddivisione in aree con lingue diverse (quella francese
del Cantone di Ginevra, quella tedesca del Cantone di Zurigo e quella italiana del Canton Ticino)
influisce sulla distribuzione degli emigrati italiani sul territorio.
L’area tedesca, del Canone di Zurigo, è prevalentemente industriale. Zurigo è il centro finanziario
ed economico del paese. Nella città si trovano due dei più prestigiosi centri di formazione superiore
del paese: l'Università di Zurigo e l'ETHZ, il politecnico federale.
96
Un ringraziamento va a tutto il personale dell’Inca Svizzera che ha mostrato un atteggiamento di grande apertura e
collaborazione durante la ricerca, in particolare Gianfranco Gazzola, Angelica Sorrentino, Carmen Gnazzo, Salvatore
Loiarro, Maurizio Parisi e Rita Schiavi. Un ringraziamento va anche al console italiano a Ginevra Alberto Colella per il
contributo fornito per la realizzazione delle interviste all’interno del consolato e a Guglielmo Bozzolini direttore
nazionale dell’Ecap aver fornito i contatti necessari ad intervistare a Zurigo alcuni italiani di seconda generazione.
97
L’indagine sul campo è stata condotta da Febbraio a Giugno 2009 attraverso 100 questionari strutturati, di cui la metà
sono stati somministrati agli utenti di tutte le sedi Inca della Svizzera, l’altra metà sono stati somministrati sul campo
agli italiani emigrati nelle città di Ginevra e Zurigo. Sono state condotte anche diverse interviste in profondità agli
operatori e responsabili delle tre sedi Inca di Ginevra, Zurigo e Bellinzona e precisamente: Gianni Paggi e Carmen
Gnazzo, rispettivamente precedente e attuale responsabile della sede Inca di Ginevra; Carmelo Vaccaro, coordinatore
della Società delle Associazioni Italiane a Ginevra (S.A.I.G.) e alcuni componenti dell’Associazione Marchigiani in
Svizzera (A.M.I.S.) della sezione di Ginevra e dell’Associazione Regionale Sarda (A.R.S); Per la sede Inca di
Bellinzona sono stati intervistati Maurizio Parisi operatore e Angelica Sorrentino attuale coordinatrice dell’Inca
Svizzera. A Zurigo sono stati intervistati Salvatore Loiarro dell’ Inca di Zurigo, Rita Schiavi, membro della Direzione
centrale del sindacato UNIA e attuale presidente dell’Inca Svizzera; Guglielmo Bozzolini Direttore nazionale dell’Ecap,
Fiammetta Jahreiss direttrice dell’Ecap di Zurigo, Mauro Bistolfi attuale responsabile della Federazione delle Colonie
Libere Italiane in Svizzera (FCLIS), Anna Maria Cimini, assistente del senatore democratico Claudio Micheloni eletto
nella ripartizione europea della circoscrizione estero. Infine a Roma è stato intervistato anche Gianfranco Gazzola, che
fino a due anni fa è stato il coordinatore dell’Inca Svizzera, con sede a Losanna.
181
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Ginevra appartiene all’area culturale francese e si differenzia dalle altre per l’elevata presenza di
organizzazioni internazionali come il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), la sede
europea delle Nazioni Unite, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l'Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIL), l'Alto Commisariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR),
l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e il CERN, il Consiglio Europeo per la Ricerca
Nucleare e la sede del World Economic Forum (WEF). Ginevra è la seconda città della Svizzera
dopo Zurigo.
L’area italiana del Canton Ticino, presenta numerosi lavoratori italiani transfrontalieri. La sede di
Bellinzona è stata la prima sede INCA in Svizzera, nata nel 1957 con i primi flussi migratori.
L’ufficio è stato costituito dai primi lavoratori italiani venuti a lavorare nell’edilizia.
Le interviste condotte ci hanno permesso di conoscere meglio le attività e la tipologia dei servizi
offerti in Svizzera nelle tre sedi analizzate, in modo da verificare la presenza di eventuali differenze
tra gli utenti in base alle caratteristiche socio-anagrafiche e ai bisogni espressi.
I colloqui in profondità ci hanno fornito la possibilità di ricostruire la rete di relazioni esistenti
intorno all’Inca Svizzera. In modo particolare l’intervista ai precedenti e agli attuali responsabili dei
vari uffici Inca e dei precedenti e attuali coordinatori, hanno reso agevole l’approfondimento delle
dinamiche evolutive delle sedi (nascita e processi di trasformazione), le modalità di funzionamento
organizzativo e gestionale e il coordinamento territoriale. L’analisi che segue mette in luce le
differenze esistenti tra le tre diverse aree.
3.5.1 La nascita e la storia dell’Inca in Svizzera.
A partire dagli anni Cinquanta, con l’avvio dell’emigrazione di massa degli italiani all’estero, il
patronato INCA, creato dalla CGIL, comincia ad esportare i suoi servizi anche fuori dall’Italia. Il
primo ufficio INCA in Svizzera nasce nel 1957 a Bellinzona, grazie al lavoro di Ruggero Pirovano,
che inizia ad occuparsi dei casi d’infortunistica dei giovani italiani, vittime di infortuni sul lavoro
“Nel 1957 l’INCA-CGIL era il riferimento dei giovani italiani che, giunti in Svizzera da pochi
mesi, si rivolgevano all’ufficio del patronato per gli infortuni di cui erano vittime, per il controllo
del salario versato e della contribuzione, per problemi di malattia e invalidità. Solo negli anni
successivi, si è affermato il bisogno di garantirsi la pensione di vecchiaia” (Gazzola G. excoordinatore Inca Svizzera, Inca 2007, p. 9)
In quel periodo il contesto politico svizzero non era favorevole all’associazionismo di sinistra e di
conseguenza neanche all’Inca, vista dall’organizzazione sindacale cristiano-sociale ticinese come
182
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
una pedina del PCI98. Pirovano tuttavia riesce ad ottenere l’appoggio delle grandi organizzazioni
sindacali (in particolare gli edili e metalmeccanici oggi riuniti nel sindacato UNIA) e nonostante il
clima politico teso, si assume la responsabilità organizzativa dell’Inca , costruisce un rapporto
organico con tutte le sezioni locali del FLEL, e l’attività dell’Inca inizia ad espandersi. Nel 1959,
viene aperto un ufficio a Zurigo, nella sede della Federazione delle Colonie Libere Italiane in
Svizzera (FCLIS) e ha inizio una relazione strutturata con le Colonie Libere Italiane. Per avere una
copertura legale di fronte alla polizia federale, l’Inca CGIL si affida alla consulenza di uno studio
privato di Zurigo. Con l’elezione di Pirovano nel parlamento cantonale ticinese (1963-1970) e la
sua candidatura nel 1967 al parlamento federale, ben accolta dagli elettori socialisti, le avversioni
finalmente si placano e i rapporti iniziano ad avviarsi verso la normalità.
Negli anni Sessanta e Settanta la rete Inca si estende anche a Losanna e Basilea e si moltiplica il
numero dei corrispondenti INCA presenti nelle Colonie Libere sparse in tutto il territorio elvetico.
Nel 1984, quando l’Inca può contare sulla presenza di quattro uffici (Bellinzona, Zurigo, Losanna e
Basilea) si decide una riorganizzazione e nasce l’associazione Inca con un presidente in grado di
rappresentare l’insieme del patronato sul territorio svizzero. Vengono istituiti inoltre un collegio di
presidenza, un consiglio direttivo e un’assemblea dei soci composta dai dipendenti dell’Inca (che
nel frattempo sono arrivati a 11), dagli attivisti di varie associazioni, dai membri dell’ECAP-CGIL e
da alcuni dirigenti sindacali. Come presidente viene scelto Gianfranco Bresadola, emigrato a Zurigo
nel 1959 e diventato in seguito presidente della Federazione delle Colonie Libere Italiane in
Svizzera (FCLIS). Nel 1987 si decide di aprire un ufficio Inca nella capitale a Berna e nello stesso
anno viene firmato il primo accordo tra l’Unione Sindacale Svizzera (USS), l’Inca e la CGIL, con lo
scopo di allargare il servizio sindacale di consulenza sociale per i lavoratori italiani e promuovere la
sindacalizzazione di questi lavoratori nei sindacati aderenti all’USS.
Negli anni ottanta e Novanta le battaglie dell’Inca si spostano sul campo previdenziale, come
dimostra la battaglia dell’Inca per il “diritto di integrazione al minimo”, conclusasi nel novembre
del 1991. Nel 1990 L’Inca raggiunge il suo massimo livello di sviluppo aprendo due nuove sedi a
Ginevra e Neuchatel. Gianni Paggi diventa il responsabile dell’ufficio di Ginevra, mentre quello di
Neuchatel viene fatto dipendere dall’ufficio regionale di Losanna. La sede Inca di Ginevra si trova
all’interno della più importante struttura sindacale elvetica, l’Unia e dal 2005 l’ufficio non è
praticamente più separato dai locali dell’Unia.
98
L’organizzazione sindacale cristiano-sociale ticinese aderiva alla CISL internazionale, che era in opposizione rispetto
alla Federazione Sindacale Mondiale cui apparteneva la CGIL.
183
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
3.5.2 L’attuale assetto organizzativo e funzionale dell’Inca Svizzera
Nel 1996 Bresadola viene sostituito da Gianfranco Gazzola e l’ufficio di coordinamento prima a
Zurigo, viene spostato a Losanna. Per semplificare la struttura dell’Inca si sciolgono alcuni
organismi che erano stati costituiti nel 1984. Rimane la funzione di presidente, completata da quella
di coordinatore e rimane l’associazione composta soltanto da persone esterne all’Inca.
Il rapporto tra l’Inca e i sindacati svizzeri si rafforza. Oltre ai vari accordi firmati tra UNIA e INCACGIL, si moltiplicano le permanenze negli uffici UNIA, come nelle città di Langenthal, Thun,
Burgdorf e Friburgo e il patronato e il sindacato iniziano ad organizzare insieme numerosi corsi di
informazione sui temi del sistema sociale svizzero, come ad esempio sul secondo pilastro.
Nel 2007, a cinquant’ anni di distanza dalla nascita della prima sede Inca a Bellinzona, gli uffici
presenti in Svizzera sono in tutto sette. Numerosissime sono le permanenze. Gli impiegati sono 16.
Angelica Sorrentino, che aveva lavorato per diversi anni nella sede Inca di Losanna, affiancando
Gianfranco Gazzola, diventa la nuova coordinatrice dell’Inca Svizzera e la sede di coordinamento
viene trasferita da Losanna a Bellinzona, nel Canton Ticino. La nuova presidentessa è Rita Schiavi,
già responsabile per i soci emigrati nel sindacato degli edili, poi diventato UNIA.
“E’ stato il sindacato degli edili a riconoscere per primo l’importanza di organizzare i lavoratori
stranieri, assumendo anche segretari italiani e, più tardi, anche segretari di altre provenienze” man
mano che andava aumentando il numero di lavoratori stranieri presenti in Svizzera. Dagli inizi
dell’attività dell’Inca in Svizzera, la popolazione degli immigrati è cambiata. Molti italiani sono
oramai di seconda e terza generazione, mentre aumenta la presenza di altri gruppi di immigrati.
Gli italiani nati e cresciuti in Svizzera, hanno altri bisogni. Per l’INCA la grande sfida dei prossimi
anni sarà quella di conoscere ed adeguarsi a questi nuovi bisogni”(Rita Schiavi, Inca 2007, p. 7).
Dal 2009 in tutti gli uffici Inca viene introdotto un nuovo sistema per la registrazione degli utenti: il
SINCA 3 attraverso il quale i funzionari possono operare in internet, in collegamento quindi anche
con la struttura di Roma.
“Rispetto al sistema precedente che funzionava in intranet, adesso lavoriamo in rete come un vero e
proprio social network. Il sistema è più lento ma molto più funzionale per il tipo di attività che
svolgiamo” (tratto dall’intervista a Maurizio Parisi, operatore dell’Inca di Bellinzona, 2009).
“In effetti, l’interazione fra le varie realtà e i vari uffici nel mondo è indispensabile per un buon
funzionamento della struttura e per una risposta sempre più adeguata agli utenti. I nuovi emigrati
utilizzano più frequentemente le nuove tecnologie e anche l’Inca nel tempo ha dovuto adattarsi alle
184
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
nuove forme di comunicazione per rispondere ai bisogni della nuova utenza. I funzionari Inca sono
stati formati anche all’utilizzo del nuovo sistema, con un corso specifico su SINCA” (tratto
dall’intervista ad Angelica Sorrentino, 2009).
3.5 3 L’organizzazione del lavoro e il personale Inca a Bellinzona, Zurigo e Ginevra.
Da quando sono stati attivati i servizi, le strutture Inca hanno sempre operato con continuità. Gli
operatori presenti nelle diverse strutture svizzere sono attualmente 17, la maggior parte dei quali
uomini. Tutti sono costantemente aggiornati attraverso i corsi di formazione organizzati dal
coordinamento in collaborazione con l’Inca Nazionale, in particolare sui temi assicurativi in
Svizzera e in Italia, e sull’informatica per l’utilizzo delle nuove tecnologie. La formazione in
materia di previdenza italiana viene gestita dal’ Inca nazionale che organizza periodicamente corsi
di formazione ogni qualvolta vi sono dei cambiamenti normativi. I responsabili delle varie sedi Inca
organizzano anche la partecipazione dei propri operatori ad eventuali corsi di formazione
organizzati dai Sindacati e/o dagli enti assicurativi in loco99.
Nella sede di Bellinzona lavorano quattro persone. Oltre alla responsabile Angelica Sorrentino,
esperta in assicurazioni sociali in Svizzera, che è anche la coordinatrice di tutte le sedi Inca presenti
in Svizzera, vi lavorano due operatori full-time: Maurizio Parisi di 39 anni e Francesca Gorgoni di
24 anni, e una operatrice part-time: Nicoletta Zecchilo. Qui il lavoro è svolto principalmente al front
office. Quando arriva un utente a chiedere un servizio, come per esempio l’estratto conto sui periodi
di lavoro in Italia e Svizzera, o informazioni sugli infortuni sul lavoro o sul rapporto cassa
pensione, le pratiche vengono subito aperte nel sistema SIINCA 3 e gestite dagli operatori. In caso
di ricorsi o contenziosi si chiede il supporto dell’ufficio legale a Basilea e in quest’ultimo caso le
pratiche vengono inviate a Basilea.
Nell’Ufficio regionale di Zurigo vi lavorano tre persone, Salvatore Loiarro, operatore full-time,
Antonietta D’Acunto e Antonella Montesi, part-time. Quando un utente si reca personalmente alla
sede Inca, gli operatori cercano di gestire la pratica subito, inserendo i dati nel sistema, facendo
firmare la domanda di patrocinio e seguendo l’iter relativo al caso.
A Ginevra gli operatori sono due: Carmen Gnazzo, responsabile e Alessandro Marchesan, operatore
part-time. In quest’ufficio durante il primo trimestre del 2009 hanno lavorato moltissimo sulle
99
A Ginevra, per esempio gli operatori Inca hanno partecipato ai corsi di aggiornamento sulla previdenza organizzati
dall’Inca nazionale svizzera e dall’ufficio UNIA.
185
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
dichiarazioni delle tasse svizzere, che sono state circa 200 nel primo trimestre. Importante anche il
numero delle pratiche con il CAF, circa 150.
3.5.4 Tipologia dei servizi offerti e caratteristiche dell’utenza: tra continuità e cambiamento.
I servizi tradizionalmente offerti dalle sedi Inca Svizzera sono relativi all’assistenza per le pensioni
di vecchiaia e d’invalidità, per gli infortuni sul lavoro e per il riconoscimento delle malattie
professionali.
Negli ultimi anni, con l’entrata in vigore degli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione Europea, le
richieste di rendita vedovile e quelle relative al Secondo Pilastro, hanno creato disorientamento tra i
lavoratori stranieri in merito ai diritti esigibili e alle loro modalità. Gli operatori Inca quindi sono
stati aggiornati con dei corsi di formazione organizzati con la collaborazione dell’Inca nazionale e
in alcuni casi anche con la collaborazione del sindacato svizzero UNIA.
L’Inca oltre all’assistenza per le domande di pensione di vecchiaia, d’anzianità e d’invalidità si
occupa anche dei riscorsi giuridici contro le decisioni AI e AVS100 svizzere e straniere, in caso di
contestazioni delle decisioni emesse dagli istituti di previdenza e dell’assistenza per la formulazione
delle domande di aiuto straordinario concesse agli italiani in difficoltà finanziaria.
Un problema attualmente aperto presso tutti gli Uffici dell’Inca riguarda il numero di pratiche
crescente di lavoratori ultra-cinquantenni, che in seguito ad un infortunio sul lavoro, sono stati
riconosciuti invalidi dall’assicurazione contro gli infortuni (SUVA), ma ai quali viene negata una
rendita. Con il cambiamento della legge sull’ invalidità nel 1998, infatti si è andata diffondendo la
tendenza a
tagliare l’erogazione delle rendite, reinserendo i lavoratori nel posto di lavoro.
L’assicurazione vecchiaia superstiti e invalidità (INSAI), che effettua una valutazione più
complessiva tenendo conto dello stato di salute generale dell’individuo, a causa dei debiti in
bilancio, ha iniziato a negare l’erogazione delle rendite, convocando gli utenti ad un colloquio al
fine di stabilire se promuovere eventuali corsi di qualificazione professionale o se procedere al
reinserimento nel posto di lavoro. Si sono verificati dei casi in cui gli emigrati italiani, a causa delle
difficoltà linguistiche non hanno potuto partecipare ai corsi di riqualificazione professionale e al
contempo a causa dell’età avanzata, non sono stati ricollocati. Questi italiani, hanno attualmente
diritto soltanto al sussidio di disoccupazione, finito il quale restano privi di qualsiasi tipo di
100
L’AVS è un’assicurazione popolare generale e obbligatoria per tutte le persone che risiedono o lavorano in Svizzera,
mentre l’AI è l’assicurazione Invalidità.
186
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
sostegno economico fino all’età della pensione.
Un servizio che l’INCA Svizzera ha iniziato ad offrire recentemente, riguarda l’assistenza ai
connazionali per la dichiarazione fiscale in Italia. La maggior parte della collettività italiana in
Svizzera è infatti proprietaria di fabbricati o terreni, acquistati direttamente o proveniente da eredità
e pertanto obbligati a presentare la dichiarazione fiscale in Italia. La continua evoluzione della
normativa fiscale ha reso difficile per i contribuenti la compilazione corretta della dichiarazione dei
redditi in Italia, sia per la scarsa informazione sugli aggiornamenti delle leggi, sia per la continua
rimodulazione interpretativa che viene effettuata dalle varie circolari ministeriali. Di conseguenza si
è notato che diverse dichiarazioni risultavano errate, generando quindi una diffusa evasione
“inconsapevole” ed elevati costi di contenzioso sia per i contribuenti sia per l’Amministrazione
finanziaria. Per questo motivo dal mese di Maggio 2007 è stato creato un nuovo CAF (Centro di
Assistenza Fiscale) presso la sede regionale dell’INCA di Berna101, al fine di offrire servizi di
consulenza e assistenza fiscale qualificata a tutti i proprietari di terreni e fabbricati situati nel
territorio italiano, che vivono in Svizzera. Oggi, in quasi tutti gli uffici Inca è offerto in loco un
servizio di assistenza fiscale per le dichiarazioni reddituali in Italia.
Annualmente vengono realizzate all’incirca 1800 pratiche nelle sedi di Bellinzona e Ginevra, e oltre
2000 a Zurigo.
All’Inca di Bellinzona i servizi più richiesti sono quelli di assistenza per i casi di infortuni e malattia
di lunga durata, per le pensioni di invalidità e per le prestazione pensionistiche, in particolare dal
1985 per ovvero da quando esiste la possibilità di accantonare i contributi versati nel secondo
pilastro. Gli utenti hanno un’età che va da 30-40 anni per quanto riguarda le pratiche relative ad
infortuni e malattie, ed over-60 per le questioni relative al pensionamento. A differenza delle altre
sedi qui tra gli utenti vi sono molti frontalieri, in particolare uomini che lavorano nell’edilizia e
donne occupate nell’orologeria e nel terziario. Il titolo di studio più diffuso è l’apprendistato
professionale, ma ci sono anche diplomati e laureati, come i dottori e gli infermieri. I Frontalieri che
vengono dalla Lombardia grazie ad un accordo tra Unia Ticino e Moesia e CGIL Lombardia, hanno
la possibilità di ottenere la doppia tessera, quella del sindacato svizzero Unia e quella della CGIL.
Nella sede Inca di Zurigo, da oltre venticinque anni le attività principali sono la consulenza per la
previdenza sociale e la gestione delle pratiche infortunistiche e di invalidità. Qui l’età dell’utenza è
101
Il Centro di Assistenza Fiscale CAF, di Berna offre molteplici servizi, come l’estratto catastale dei beni posseduti,
l’assistenza per compilare il modello UNICO, o per il pagamento delle imposte regionali e comunali (IRPEF, ICI, a
altre imposte locali, come la tassa sui rifiuti solidi urbani e sui servizi), l’assistenza per compilare la dichiarazione di
successione, per le pratiche catastali.
187
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
estremamente variabile e va dai 22-70 anni. Relativamente al profilo socio-professionale gli utenti
dell’Inca di Zurigo sono impiegati nelle banche o nei grandi magazzini, lavoratori delle industrie (a
Basilea nelle industrie di chimica farmaceutica, e a Zurigo nella metallurgia), lavoratori nei servizi,
nel turismo, e in borsa.
Nella sede Inca di Ginevra vengono svolte prevalentemente attività di assistenza per le pensioni -in
regime locale o internazionale- mentre le attività di assistenza in caso di infortunio e invalidità non
sono molto numerose, a differenza di Zurigo e Bellinzona. In crescita anche le richieste in merito
alle questioni fiscali e per le dichiarazioni dei redditi, cui viene data risposta in collaborazione agli
operatori del CAF recentemente istituito Berna. Gli operatori Inca di Ginevra non intervengono nei
casi di infortunio perché i datori di lavoro mandano le pratiche direttamente all’ufficio SUVA, una
sorta di INAIL.
3.5.6
La rete territoriale Inca in Svizzera
Gli attuali uffici Inca in Svizzera si trovano a Zurigo, Berna, Losanna, Ginevra, Neuchatel, Basilea
(dove si trova l’Ufficio legale dell’Inca) e Bellinzona, dove è stato recentemente trasferito l’ufficio
di coordinamento di tutte le sedi. Esistono ulteriori punti Inca, ovvero “le permanenze” che per la
maggior parte si trovano ubicate presso le sedi del sindacato svizzero UNIA102 o presso le sedi di
associazioni e centri culturali.
La sede regionale di Bellinzona, coordina l’attività nelle “permanenze” esistenti a Manno nel
Luganese, a Locarno e a Biasca, presso il sindacato UNIA con cui esiste una convenzione. Gli
operatori dell’Inca in Ticino, lavorano con i frontalieri. La sede di Zurigo coordina invece le
permanenza nelle città di Baden, Wintherthur, Lucerna. Esistono infine una decina di altre sedi in
cui operano i volontari (Ulster ad esempio). A Ginevra invece non esistono permanenze, ma
l’ufficio Inca è in contatto sia con la sede INCA Francese a Lione, sia con quelle Svizzera a Berna e
a Basilea, con l’Ufficio legale svizzero per le pratiche invalidità.
L’Inca in Svizzera è coordinata da Angelica Sorrentino che si occupa dell’organizzazione delle
attività presenti su tutto il territorio svizzero e del collegamento con l’Inca nazionale, che ha sede a
Roma.
“L’Inca nazionale dirige le strutture all’estero, coordina le attività svolte nei vari paesi, sviluppa
l’attività politica nazionale, si occupa della formazione, decide insieme a tutti i coordinamenti
102
Il Sindacato Unia gestisce circa 400 contratti collettivi di lavoro con circa 1 milione di persone assoggettate. Conta
200 mila soci operanti in oltre 80 rami professionali, riuniti in quattro settori e quattro gruppi di interesse (immigrati,
donne, giovani, pensionati). Il personale UNIA è costituito da circa 900 collaboratori e collaboratrici, di cui circa tre
quarti impiegati in 14 regioni, con 45 sezioni e 100 segretariati locali.
188
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
presenti in Italia e all’estero le linee guida della struttura” ( da un’intervista ad Angelica
Sorrentino, 2009).
Per quanto riguarda i rapporti istituzionali l’Inca è in collegamento con la rete consolare103 presente
su tutto il territorio della Confederazione Elvetica e tutte le strutture dell’Inca Svizzera hanno un
ottimo rapporto non solo con le Istituzioni italiane locali (es. Ambasciata, Consolato), ma anche
con le organizzazioni sindacali locali, con gli enti territoriali locali e anche con diverse associazioni
di italiani presenti sul territorio.
Nelle varie realtà, tutti gli uffici hanno rapporti di collaborazione con le organizzazioni territoriali
di immigrati. Insieme nell’arco dell’anno si sviluppano progetti e assemblee di interscambio
reciproco e di informazione ai migranti di ogni nazionalità. In effetti, all’Inca giungono anche
migranti di altre nazionalità che vengono poi, a dipendenza delle problematiche, aiutati o
indirizzati negli ufficio competenti per il disbrigo della loro pratica. (da un’intervista ad Angelica
Sorrentino, 2009).
A Bellinzona l’Inca ha instaurato un’intesa di rispetto reciproco con le Acli, l’Inas e l’Ital, e si
relaziona anche con i vari istituti di assicurazioni sociali (ufficio invalidità, Suva,
Cassa di
compensazione AVS) con i quali vengono organizzati progetti di formazione per gli operatori Inca.
Numerosissimi sono i contatti tra l’Inca di Ginevra e le diverse associazioni di italiani all’estero
come
la Società delle Associazioni Italiane a Ginevra (S.A.I.G.), la sezione di Ginevra
dell’Associazione Marchigiani in Svizzera (A.M.I.S.) e l’Associazione Regionale sarda (A.R.S).
Anche dai questionari emerge come le persone che dichiarano di conoscere l’Inca e/o di averne
utilizzato i servizi offerti, si sono affidati non solo alle conoscenze personali di parenti, amici e
conoscenti ma anche al Comites, all’Ecap, alle Colonie Libere Italiane e alle diverse associazioni
di italiani all’estero. I buoni rapporti esistenti con il Comites104 di Ginevra, si sono ulteriormente
rafforzati con l’elezione di Carmen Gnazzo, giovane responsabile dell’Ufficio Inca di Ginevra,
nell’Esecutivo del Comites di Ginevra, all’interno del quale ha assunto anche il ruolo di
responsabile della Commissione Lavoro, Previdenza, Assistenza.
103
In Svizzera esistono attualmente sette Consolati nelle città di Lugano, Zurigo, Basilea, Ginevra, Losanna, Berna,
San Gallo, quattro Agenzie consolari a Coira, Neuchatel, Sion, Wettingen e due agenzie consolari onorarie a
Frauenfeld e Rapperswil. L' Ambasciata italiana in Svizzera si trova a Berna.
104
I Comites sono dei comitati di italiani all’estero, istituiti con decreto del Ministro degli affari esteri, in ogni
circoscrizione consolare in cui risiedono almeno tremila cittadini italiani iscritti nell'elenco (come previsto dalla L.
459/2001, art.5, comma 1). Sono composti da 12 o 18 membri, a seconda del numero dei connazionali residenti in
ciascuna circoscrizione consolare, eletti per rappresentare le esigenze dei cittadini italiani residenti all'estero nei rapporti
con gli Uffici consolari. In collaborazione con le Autorità consolari, con le Regioni e le autonomie locali e con altri
Enti e Associazioni gli eletti nei comites possono promuovere, nell'interesse della collettività italiana, iniziative in
materia di vita sociale e culturale, assistenza sociale e scolastica, formazione professionale, settore ricreativo e tempo
libero.
189
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
L’Inca di Ginevra collabora anche con l’associazioni come la città di Ginevra, la Croce Rossa e la
Pro Senectute, per la realizzazione comune di progetti di informazione e di riflessione sul problema
dei migranti. (tratto da un’intervista a Carmen Gnazzo Ginevra, 2009)
L’Inca di Zurigo ha costruito un buon rapporto di collaborazione con la Federazione delle Libere
Colonie italiane in Svizzera (FLCIS), con l’ Ecap CGIL105, ente di formazione professionale, il cui
contribuito alla formazione degli italiani in Svizzera, attraverso corsi di lingue e d’informatica, è
stato molto importante e con il maggiore sindacato svizzero l’Unia.
“Una dimostrazione del consolidamento del rapporto tra l’Inca e l’Unia è data dalla direzione
dell’associazione Inca in Svizzera da parte di Rita Schiavi106, che ne è il presidente, una donna
straordinaria. di origine italiana che ha lavorato a lungo nel sindacato svizzero” (intervista a
Salvatore Loiarro, Zurigo, 2009).
L’Inca di Zurigo collabora con l’associazione per anziani, la “Pro Senectute” e con gli uffici
dell’assistenza sociale dei comuni, per garantire il diritto all’assistenza a chi non supera un
determinato reddito. In questi casi le pratiche vengono valutate insieme al fine di poter verificare se
esistono i requisiti per l’accesso alle prestazioni.
105
La Fondazione Ecap è un ente per la formazione degli adulti e la ricerca senza scopo di lucro, creato dal sindacato
italiano CGIL e attivo in Svizzera dal 1970.
106
Rita Schiavi la prima donna presidente dell’Inca Svizzera è anche responsabile emigrazione all’interno dell’Unia.
190
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
3.6 I profili degli Italiani residenti in Svizzera
L’ultima parte della ricerca sulle nuove migrazioni italiane in Svizzera punta a delineare il profilo
dei cittadini italiani presenti sul territorio, approfondendone storia personale, formazione, progetto
migratorio, situazione familiare, abitativa e lavorativa e rapporto con le strutture territoriali Inca e
con altre associazioni.
Su 100 emigrati italiani in Svizzera rispondenti al questionario somministrato, 41 di essi risiedono
nell’area tedesca (3 a Berna, 13 a Basilea, 25 a Zurigo), 55 in quella francese (8 a Losanna, 10 a
Neuchatel, 37 a Ginevra) e infine 4 nella parte italiana del Canton Ticino (Bellinzona).
La metà dei questionari sono stati raccolti grazie alla collaborazione del personale Inca presente
nelle sette sedi sopra indicate. L’altra metà dei questionari invece è stata raccolta con interviste
faccia a faccia nella città di Ginevra e in quella di Zurigo, in questo modo è stato possibile da una
parte confrontare le caratteristiche degli italiani emigrati nell’area culturale francese della svizzera
rispetto a quelli residenti in quella tedesca e dall’altra ci è stato possibile ricostruire, sulla base delle
interviste realizzate ai responsabili Inca di Ginevra e Zurigo,
107
la rete delle relazioni costruite
negli anni con le istituzioni italiane e locali e con le diverse associazioni presenti sul territorio.
3.6.1 Le caratteristiche socio-anagrafiche
Il gruppo di intervistati è composto da italiani residenti in Svizzera con una età media di 53 anni. La
classe di età più numerosa (43%) è quella che va dai 40 ai 64 anni, seguita dalla classe degli
ultra65enni pensionati (31%). Il genere prevalente è quello maschile.
107
Sono stati intervistati Carmen Gnazzo e Gianni Paggi dell’Inca di Ginevra, Salvatore Loiarro nell’Inca di Zurigo;
Angelica Sorrentino attuale coordinatrice dell’Inca Svizzera, Gianfranco Gazzola precedente coordinatore dell’Inca
Svizzera e Rita Schiavi, presidentessa dell’Inca Svizzera.
191
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tab. 1 Italiani emigrati in Svizzera
per genere (2009)
Tab. 2 Italiani emigrati in Svizzera
per classi di età(2009)
0-17 anni
1%
18-39 anni
25%
40-64 anni
43%
> 65 anni
31%
totale
100%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Il 58% degli intervistati è coniugato, il 23% è composto da nubili/celibi o conviventi e l’11% da
separati o divorziati.
Tab. 3 Stato Civile
Nubile/Celibe
20%
Coniugato/a
58%
Convivente
3%
Separato/a
2%
Divorziato/a
9%
Vedovo/a
8%
Totale
100%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Analizzando le risposte in merito alle provincia di provenienza, la regione più rappresentata è la
Puglia (23%) e la provincia più ricorrente è quella di Lecce. Seguono la Sicilia (15%) con la
provincia di Agrigento, la Lombardia (9%) con la provincia di Como, la Campania (8%) con la
provincia di Napoli e infine Calabria e Marche (6%) con le province di Cosenza e Ancona.
3.6.2
I progetti migratori e la situazione familiare e abitativa in Svizzera
Alla domanda relativa al primo componente della famiglia emigrato dall’Italia è stato possibile
individuare tre generazioni di emigrati:1) bisnonni o nonni, 14%; 2) padre, madre, zii, 30%; 3) gli
intervistati, i rispettivi fratelli e sorelle o mogli e mariti, 56%. Quest’ultimo gruppo, quello degli
192
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
italiani partiti dopo la seconda guerra mondiale è il più consistente, a dimostrazione del fatto che
l’emigrazione in Svizzera è abbastanza recente, anche se la discreta numerosità secondo gruppo
dimostra che i flussi migratori per la Svizzera erano presenti anche nel periodo successivo alla
prima guerra mondiale.
Tab. 4 Primo componente ad
emigrare
Avi anteriori ai
bisnonni
1%
Bisnonno/a
3%
Nonno/a
10%
Padre/Madre/zii
30%
fratelli /sorelle
10%
intervistato/a
42%
marito/moglie
4%
Totale
100
Fonte: nostra elaborazione dati questionari, 2009.
Analizzando gli anni di partenza dall’Italia notiamo che il gruppo più numeroso (46%) è partito
negli anni Cinquanta/Sessanta, con le punte più alte di partenza dall’Italia nel 1961 e nel 1964; il
21% degli intervistati è partito negli anni Settanta e Ottanta (in particolare nel 1987); il 12% è
partito dagli anni Novanta ad oggi (in particolare nel 1997). Circa il 20% del gruppo di intervistati è
composto da giovani italiani nati in Svizzera. Come si nota dalla tab. 5 sottostante gli italiani
emigrati in Svizzera sono stati spinti a partire dalla necessità di trovare un lavoro. Se si chiede agli
italiani emigrati in Svizzera di specificare perché hanno scelto la Svizzera come destinazione, il
30% circa spiega di aver ritenuto la Svizzera come un luogo in cui fosse più facile trovare un
lavoro e un altro 30% circa, spiega invece di avere avuto parenti e amici in Svizzera, e quindi un
sostegno iniziale o nel caso delle donne che hanno raggiunto il marito.
Tab. 5 Motivo emigrazione
Per lavoro
72%
Per studio
3%
Per seguire la famiglia
6%
Altro, non specifica
19%
Totale
100%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Solo una piccola parte degli intervistati (19%) dichiara di avere avuto esperienze migratorie anche
193
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
in altri paesi, in particolare in Germania e in Francia. Mentre invece il 60 % circa degli italiani
emigrati in Svizzera, si sono poi stabiliti definitivamente. Per quanto riguarda la decisione di
rientrare in Italia, solo una piccola minoranza del 12% dichiara di voler ritornare e la risposta è
motiva dal possesso di una casa in Italia. La maggioranza invece dichiara di voler restare in
Svizzera, principalmente per la presenza di figli e nipoti in Svizzera, ma anche per la migliore
qualità della vita in Svizzera o per motivi di lavoro.
Alcuni pensionati con problemi di salute, hanno anche affermato che preferiscono restare in
svizzera perché si fidano di più del sistema sanitario svizzero privato.
Il 72% degli italiani emigrati in Svizzera dichiara di conoscere il francese. Il 43% conosce il
tedesco, il 32% l’inglese e il 21% lo spagnolo. Tra le altre lingua conosciute risultano il rumeno, il
portoghese, lingue slave (9%).
Il 22% degli intervistati ha studiato fino alle scuole elementari, il 21% fino alle medie e il 30% fino
alle scuole superiori. Soltanto il 15% possiede un titolo di studio alto. Tra questi il 12% ha
conseguito la laurea e il 3% il dottorato di ricerca.
Tab. 6 Fino a che età ha studiato
Da 0- 10 anni
22 %
Fino a 11-14anni
21 %
Fino a 15-19 anni
30 %
Fino a 20-24 anni
12 %
Fino a 24-28 anni
12 %
Fino a 28-32 anni
3%
Totale
100
Livello
Basso
Medio
Alto
% cumulata
100% 22%
78% 43%
57% 73%
27% 85%
15%
97%
3%
100%
Fonte: nostra elaborazione,2009.
La maggioranza (62%) ha studiato in Italia, l’11% ha studiato in Svizzera e il 19% ha studiato sia
in Italia sia in Svizzera. Il 72% degli italiani in Svizzera ha dei figli in Svizzera e il 7% ha figli in
Italia. Nella tab. 7 si nota che la percentuale di italiani che vive con il coniuge è la più numerosa
(39%), seguita dal gruppo che vive con coniuge e figli (23%) e quindi dal gruppo dei single (22%).
194
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tab.7 Con chi vive %
Con amici
Con i figli
Con i genitori
Con coniuge/convivente
Con coniuge/convivente e figli
Da solo
Non specifica
Totale
2%
4%
9%
39%
23%
22%
1%
100 %
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Incrociando i dati dello stato civile con quelli della residenza (Zurigo e Ginevra) risultano più
numerosi a Ginevra gli italiani che vivono con il coniuge (44%, rispetto al 32% a Zurigo) e a Zurigo
gli italiani che vivono con coniuge e figli (28% rispetto al il 12% di Ginevra). Il 73% degli italiani
emigrati in Svizzera vive in affitto e solo il 20% vive in casa di proprietà. Ci sembra interessante
sottolineare che mentre a Ginevra soltanto l’8% vive in una casa di proprietà, a Zurigo la
percentuale sale al 20% . Sono quindi più numerosi gli italiani che vivono in affitto a Ginevra
(92%) rispetto a quelli che vivono in affitto a Zurigo (80%), così come sono più numerosi anche gli
italiani che vivono da soli a Ginevra (28%) piuttosto che a Zurigo (16%). Questo dato risulta
ulteriormente confermato dalla diversa distribuzione delle seconde generazioni, più numerosa a
Zurigo, dove i nati da genitori italiani sono il 28%, che a Ginevra (20%).
3.6.3 L’inserimento socio-lavorativo e la mobilità professionale in Svizzera
Il confronto tra la posizione dell’emigrato in Italia prima di partire e l’attuale posizione sociale e
lavorativa (tab.8) mostra quale sia stata la mobilità socio-professionale degli Italiani emigrati in
Svizzera.
195
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tab. 8 Posizione lavorativa
Occupato
Disoccupato
Altro
In Italia prima In svizzera
di emigrare
oggi (%)
(%)
Nessuna
senza contratto scritto
contratto a tempo
determinato
contratto a tempo
indeterminato
Autonomo
in cerca di prima
occupazione
in cerca di occupazione
19%
19%
7%
4%
7%
Studente
Casalinga
Pensionato
Invalido
Altro
Totale
13%
6%
6%
100
5%
5%
34%
3%
2%
100
8%
16%
2%
2%
1%
8%
26%
7%
-
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Come si nota, l’emigrazione per molti ha significato un miglioramento della propria condizione
lavorativa. Nello specifico in Italia quasi il 20% non aveva alcuna posizione sociale e un altro 20%
lavorava ma senza alcun tipo di contratto. In Svizzera oggi il 34% degli emigrati italiani è in
pensione e chi continua a lavorare ha un contratto a tempo indeterminato (26%).
Tra gli italiani emigrati in Svizzera, escludendo quelli attualmente in pensione, (vedi tab. 9) il 20%
svolge attualmente
un’occupazione impiegatizia nel settore pubblico o privato , il 9% ha
un’occupazione operaia e l’11% svolge un’attività in proprio (di tipo imprenditoriale, commerciale
o legata alla ristorazione) è dell’11%. La posizione del partner più diffusa è quella di pensionato/a
e di dipendente a tempo indeterminato.
196
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tab. 9 Attuale occupazione italiani in Svizzera (2009)
Funzionario internazionale
6%
1%
Dirigente settore pubblico o privato
5%
Quadri
Imprenditore/ lavoratore autonomo
8%
Autonomi
8%
Specializzato
6%
9%
Generico
2%
Collaboratrice domestica
1%
Operai
Impiegato settore pubblico o privato
20% Impiegati 20%
Stagista
Altro
1%
Totale risposte
44%
44%
Non risponde
56%
56%
Totale
100%
100%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
3.6.4 Associazionismo, sindacalizzazione e politicizzazione
Il 45% dichiara di frequentare soltanto altri italiani, il 30% invece frequenta sia italiani, sia svizzeri,
sia persone provenienti da altri paesi. Il 20% infine dichiara di frequentare solo svizzeri.
Tab. 10 Persone frequentate maggiormente
Amici e parenti
32%
Amici
47%
Parenti
13%
Colleghi di lavoro/studio
6%
Nessuno/ Non risponde
2%
Totale
100
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Il 63% frequenta un’associazione. Tra le più frequentate al primo posto, quelle degli italiani
all’estero (50%) e quelle culturali (32%). Tra le meno frequentate le associazioni politiche (18%), e
di quartiere (14%).
Tab. 11 Si interessa alla vita sociale e
politica
Sì, in modo attivo
Sì ma solo attraverso i mezzi d'informazione
No
Non risponde
Totale
Della Svizzera
(%)
23%
49%
27%
1%
100%
Dell’Italia (%)
18%
56%
26%
100%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Il 60% afferma di non essere iscritto ad alcun sindacato. Il 30% è attualmente iscritto all’Unia, il più
forte sindacato Svizzero con circa 200 mila iscritti e un milione di lavoratori rappresentati, tra
197
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
cui non solo operai, ma anche lavoratori del terziario, dell'artigianato e del commercio. La tab.12
illustra gli altri sindacati cui gli italiani hanno dichiarato di essere attualmente iscritti o di
esserlo stati in passato (quelli indicati in corsivo).
Tab. 12 Italiani iscritti ad un Sindacato
UNIA 108
CGE - Chambre genevoise de l'étanchéité et des toitures
CGIL
FOMO – Federazione Operai, metalmeccanici e Orologiai
FTMH Syndicat de l’industrie, de la construction et des services
(oggi Unia)
ILO, International labour organization, Ginevra.
SEV Syndicat du personnel des transports
Sindacato della metallurgia
SIT- Sindacati Indipendenti Ticinesi
SYNA 109
VPOD SSP - Sindacato dei servizi pubblici e sociosanitari
Totale
%
30%
1%
1%
1%
2%
1%
1%
1%
2%
1%
2%
43%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Nel questionario è stato chiesto loro anche di indicare da quanti anni erano iscritti (o erano stati
iscritti al sindacato per quel 5% di iscritti in passato). Dai dati del questionario risulterebbe che
circa il 30% degli italiani iscritti al sindacato, vi abbiano aderito nel ventennio che va dal 1951 al
1971; circa il 20% vi ha aderito nel periodo che va dal 1972 al 1989 e infine la metà degli italiani
iscritti ad un sindacato vi sono entrati dal 1990 ad oggi110. E’stato chiesto inoltre ai non iscritti al
sindacato di spiegare per quale motivo non lo fossero. Il 20% ha risposto di non averci mai pensato,
un 19% ha specificato di essere stato iscritto in passato e un 10% sostiene di non sentirsi
rappresentato e che non serva a niente. Circa il 45% invece ha preferito non rispondere.
108
L’Unia è il più forte sindacato svizzero. Dal 16 ottobre del 2004 raggruppa al suo interno tre sigle sindacali 1) SEIsindacato edilizia ed industria; 2) FCTA- la federazione svizzera dei lavoratori del commercio, dei trasporti e
dell'alimentazione; 3) FLMO il sindacato dell'industria, della costruzione e dei servizi.
109
Conta 65 mila iscritti ed è la seconda forza sindacale svizzera, interprofessionale e attiva sul piano nazionale nelle
branche e nei mestieri dell'Artigianato, dell'Industria e dei Servizi. Fa parte dell’ INAS-CISL Svizzera.
110
Gli iscritti al sindacato tra gli intervistati sono il 43%, di cui soltanto il 38% è ancora iscritto ad un sindacato, per la
maggior parte all’UNIA. Tra gli iscritti ad un sindacato 17 vi hanno aderito da meno di dieci anni. Sembrerebbe
quindi che su 100 italiani in Svizzera iscritti al sindacato, il 40% si sia iscritto negli ultimi dieci anni.
198
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Tab. 13 Perché non si è mai iscritto ad un
sindacato
%
Non specifica
45%
Credo non serva a niente
5%
Non mi sento rappresentato
5%
Non ci ho mai pensato
20%
Ero iscritto in passato, ora non lo sono più
19%
Altro
6%
Totale
100%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
Attraverso le risposte ai questionari è stato possibile confrontare il numero degli iscritti al sindacato
in Italia, prima di emigrare, con il numero degli iscritti al sindacato in Svizzera.
Su tutti gli italiani intervistati , poco più del 10% era iscritto al sindacato in Italia, prima di partire
e una volta arrivati in Svizzera quasi il 60% si è iscritto ad un sindacato. Di conseguenza ci sembra
possibile affermare che l’esperienza migratoria per la maggior parte degli italiani in Svizzera abbia
portato ad una presa di coscienza dei propri diritti, che si è tradotta dunque in un alto tasso di
sindacalizzazione.
3.6.5 Relazioni con l’Italia
Circa l’87% degli intervistati mantiene ancora dei contatti con l’Italia e il 78% vi ritorna almeno 1
volta l’anno (vedi tab.14 ). La maggior parte ha mantenuto la cucina italiana (94%) l’abbigliamento,
la musica e la letteratura (70%) e le Feste Tradizionali 65%. Solo il 46% afferma di aver mantenuto
anche le pratiche religiose. Molti hanno anche acquisito la cucina svizzera (62%) e le feste
tradizionali svizzere (56%). Solo una minoranza (13%) ha acquisito della svizzera anche le pratiche
religiose (probabilmente i nati in Svizzera).
Tab. 14 Torna in Italia
No
Sì, meno di una volta l'anno
Sì, una volta l'anno
Sì, due volte l'anno
Sì, più di due volte l'anno
Totale
13%
9%
25%
20%
33%
100%
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
199
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Per comprendere quale sia la rappresentazione degli emigrati italiani, si è chiesto loro di esprimere
un giudizio su come gli italiani sono visti dagli svizzeri. Sulla base di una griglia contenente diversi
aggettivi (nella loro accezione positiva e negativa) e con la possibilità di indicare anche l’intensità
(molto, o abbastanza), gli aggettivi positivi su cui la maggioranza degli italiani si è trovata concorde
sono stati nell’ordine di preferenza i seguenti: 1) integrati ( per il 70% molto e per il 18%
abbastanza); 2) buoni lavoratori (per il 69% molto e per il 16% abbastanza); 3) puliti (per il 58%
molto e per il 25% abbastanza); 4) onesti (per il 56% molto e per il 31% abbastanza); 5) belli (per il
54% molto e per il 28% abbastanza); 6) pacifici (per il 54% molto e per il 27% abbastanza); 7)
democratici (45% molto e 28% abbastanza); colti (40% molto e 30% abbastanza), moderati, (32%
molto e 29% abbastanza).
Per quanto riguarda invece le accezioni negative il 39% ritiene che gli italiani vengano visti come
fanatici, il 30% come ignoranti e il 27% come non democratici.
Tab. 15 Il Consumo dei mezzi di comunicazione
Sì
No
Totale
Legge
Legge
riviste/giornali riviste/giornali Ha la TV Utilizza
svizzeri
italiani
satellitare Internet
85
84
72
58
15
16
28
42
100
100
100
100
Fonte: nostra elaborazione, 2009.
3.7 Conclusioni
Il 79% degli intervistati dichiara di conoscere l'INCA-CGIL. Tra questi italiani, il 49% conosce
l’Inca tramite il canale amicale e parentale, il 18% tramite il canale istituzionale (CGIL e Consolato
Italiano) e il 13% tramite le associazioni, come quelle degli italiani all’estero o le Colonie Libere
italiane.
Quasi il 60% degli italiani intervistati almeno una volta si sono rivolti all’Inca, la maggior parte di
essi per avere informazioni e assistenza sulla pensione (35%) o per il controllo dei contributi versati
(15%) o per assistenza per gli infortuni sul lavoro, malattie professionali e invalidità (12%)
Tutti gli italiani che hanno fatto ricorso all’Inca, si dichiarano soddisfatti del servizio offerto (il 37%
molto soddisfatto e il 20% abbastanza soddisfatto). L’unico aspetto negativo, riscontrato da una
minoranza di utenti (il 3%) è stato in alcuni casi il tempi di attesa per le file nel caso di Zurigo.
200
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
L’analisi dei questionari, ci ha permesso di individuare un sotto-gruppo di italiani residenti in
Svizzera, che dichiara di non conoscere l’Inca. Si tratta del 21% del gruppo analizzato. Esaminando
le caratteristiche di tale sotto-gruppo emerge che il 57% è costituito da donne con una età media di
38 anni (parliamo quindi della generazione degli italiani nati negli anni Settanta),con una
percentuale più alta di italiani delle seconde generazioni. E’ possibile che gli italiani delle seconde
generazioni conoscano poco l’Inca perché la tipologia dei servizi sinora offerti, (come ad es.
l’assistenza per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, il controllo della posizione
assicurativa e contributiva, l’assistenza per la pensione ecc..) sono stati concepiti principalmente
sulla base dei bisogni degli emigrati italiani delle prime generazioni. Le seconde generazioni che
godono della cittadinanza svizzera non hanno bisogno di un patronato che li tuteli per l’ottenimento
di quei diritti che invece non erano previsti per gli emigrati italiani delle prime generazioni,
estranei rispetto al sistema sociale svizzero e alle relative prestazioni garantite invece ai cittadini.
Per quanto riguarda il profilo socio-professionale il sotto-gruppo degli italiani che non conoscono
l’Inca è composto prevalentemente da lavoratori dipendenti del settore pubblico o privato a tempo
indeterminato (38%), seguiti dai lavoratori autonomi, (20%) e da studenti (14%). Il tasso di
sindacalizzazione in questo sotto-gruppo è infatti del 19%, rispetto al 43% del totale degli
intervistati. Si tratta di italiani le cui condizioni economiche sono in un certo senso peggiori rispetto
a quelle dell’insieme degli intervistati se si osserva che in tale sotto-gruppo la percentuale di coloro
che vivono in affitto è del 90,5% (rispetto al 78% del totale degli intervistati) mentre soltanto il
9,5% possiede una casa di proprietà (contro il 23% del totale degli intervistati). Rispetto alle
caratteristiche riscontrate nel sotto-gruppo analizzato, questo si caratterizza anche per una
percentuale più alta di nubili e celibi ( 43% di nubili e celibi, rispetto al 20% presenti nel gruppo
generale di intervistati) e per una percentuale più bassa di coniugati (il 38% rispetto al 58% del
totale degli intervistati. Analizzando le motivazioni dell’emigrazione, questi italiani sono partiti per
la Svizzera principalmente per la ricerca di un lavoro (oltre il 70%), in questo sotto-gruppo tuttavia
la percentuale di italiani emigrati per ragioni di studio (10%) è superiore rispetto al gruppo totale
(3%). Andando a verificare la differenza esistente in merito agli anni di formazione, notiamo infatti
che mentre tra l’insieme degli intervistati gli italiani hanno studiato mediamente fino all’età di 15
anni, in questo sotto-gruppo l’età si alza fino a 18. Inoltre è anche più alta la percentuale (43%
rispetto al 32% del totale degli intervistati) di coloro che hanno continuato a studiare anche in
Svizzera o in altri paesi (Ginevra, Winterthur e anche in Francia). Le persone all’interno di tale
201
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
sotto-gruppo mostrano una maggiore conoscenza della lingua francese111 (l’86% rispetto al 72%),
inglese (48% rispetto al 32% del totale degli intervistati), spagnola (43% rispetto al 21%) e di altre
lingue come il rumeno o il portoghese (19% rispetto al 9%). Mentre tra il totale degli intervistati il
13% degli italiani emigrati in Svizzera dichiara di frequentare soltanto i familiari, in questo sottogruppo solo una minoranza del 5% si relaziona esclusivamente con i parenti, mentre invece il 57%
frequenta gli amici (47% nel gruppo totale) e il 14% colleghi di studio e lavoro (6% del totale degli
intervistati). Si tratta quindi di un sotto-gruppo in cui le relazioni amicali e le frequentazioni
lavorative sono più frequenti rispetto a quelle familiari. Tra gli italiani che non conoscono l’Inca
solo il 14% frequenta esclusivamente italiani (rispetto al 45% del totale degli intervistati) mentre il
38% frequenta italiani, svizzeri e persone provenienti da altri paesi e un altro 43% non frequenta
italiani. Questo dato sembra dimostrare la maggiore integrazione delle seconde generazioni di
italiani residenti in Svizzera. Un elemento indicativo delle caratteristiche di questo sotto-gruppo è
la minore propensione all’associazionismo. Il 52% dichiara di frequentare associazioni (rispetto al
63% del totale degli intervistati) e solo il 33% frequenta le associazioni di italiani all’estero (rispetto
al 50% del totale). Ancora più bassa è l’adesione ad associazioni culturali, solo il 24% del sottogruppo le frequenta rispetto al 32% del totale degli intervistati. Praticamente inesistente è la
partecipazione politica. Meno del 5% fa parte di associazioni politiche (rispetto al 18% del totale).
L’unica forma di associazionismo in cui questo sotto-gruppo mostra un livello di partecipazione più
elevato è quello sportivo (24% rispetto al 20% del totale). Il basso interesse per la vita sociale e
politica si riflette anche nell’alto numero di italiani (43%, rispetto al 27% del totale) che non si
interessa in alcun modo alla vita sociale e politica della Svizzera. Solo il 5 % infatti partecipa
attivamente alla vita sociale e politica (rispetto al 23% del totale degli intervistati) mentre il 52% si
informa attraverso i mezzi di informazione (contro un 49% del totale degli intervistati). Nel gruppo
quindi il livello di informazione sui temi sociali e politici è lievemente più alto (in linea con il dato
che tale sotto-gruppo è mediamente più istruito rispetto al gruppo totale di intervistati), ma
diminuisce la partecipazione attiva alla vita politica locale e aumenta invece il disinteresse per la
politica, in particolare per quella italiana, infatti il 48% si dichiara disinteressato a seguire la vita
sociale e politica italiana rispetto al 26% del totale degli intervistati. E’ più basso anche il numero di
persone che in questo sotto-gruppo segue le vicende politiche e sociali dell’Italia tramite i mezzi di
informazione (43%, rispetto al 56% del totale degli intervistati) e solo un 9%, infine, partecipa
111
La così alta percentuale di italiani che dichiara di conoscere il francese può dipendere in parte, dalla più alta presenza
nel gruppo di intervistati, di italiani residenti nella svizzera francese e in parte dal fatto che gli italiani riscontrano
minori difficoltà nei corsi di lingua francese piuttosto che in quelli di tedesco.
202
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
attivamente alla vita sociale e politica italiana (contro il 18% del totale degli intervistati). Se non ci
sono significative differenze tra questo sotto-gruppo e il totale degli intervistati in merito alla lettura
dei giornali (oltre l’80% legge riviste e giornali svizzeri e italiani) si riscontra invece una
significativa differenza per quanto riguarda l’uso di internet, utilizzato dal 71% degli italiani che
dichiarano di non conoscere l’Inca, rispetto al 58% del totale degli intervistati italiani emigrati
residenti in Svizzera.
203
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Bibliografia
Becker L., Liebig T., Sousa-Poza A., (2008), Migration policy and industrial structure: the case of
Switzerland, International Migration, (46), 2, pp. 81-107.
Bolzman C., Fibbi R., Vial, M., (1993) , Les migrants face à la retraite:rester ou retourner?, in
“Revue suisse d’Economie Politique et de Statistique”, 129, pp. 371-384.
Bonifazi C., Heins F., (1996), Le migrazioni di ritorno nel sistema migratorio italiano: un riesame,
Studi Emigrazioni, XXXXIII, n. 122, pp. 273-303.
Brandi M.C., 2001, Evoluzione degli studi sulle skilled migration: brain drain e mobilità, in Studi
emigrazione, XXXVIII, 141, pp. 75-93.
Brevetto G., (1995), Il fenomeno dei frontalieri nel Canton Ticino, Studi Emigrazione, XXXII, n.
118, pp. 347- 361.
Crettol V., (1990), Attribution des permis de travail: un sistème d’enchères? Cahiers de recherches
économiques. Départment d’économétrie et d’économie politique. Université de Lausanne.
Septembre 1990. Cahier n. 9107.
D'Amato G.,(2005), How the Italians became blond! Immigration and political rights in France,
Switzerland and Germany, in Studi Emigrazione, XLII, 160, pp. 822-846.
Rapporto Italiani nel Mondo 2008, I giovani italiani e l’emigrazione, Fondazione Migrantes,
Edizioni Idos, Roma, pp. 133- 149.
Departement Federal de Justice et Police (2008), "Rapport sur la migration 2008", Office Federal
des
Migrations
(ODM)
disponibile
anche
su :http://www.bfm.admin.ch/etc/medialib/data/migration/berichte/migration.Par.0005.File.tmp/bfm
-migrationsbericht-2008-f.pdf
Dipartimento Federale dell'Economia (2009), La situazione sul mercato del lavoro, giugno 2009,
Berna,
p.
14
disponibile
on
line
su:
http://www.bfs.admin.ch/bfs/portal/it/index/news/01.Document.122221.pdf
ECAP (2007), Rapporto d’attività 2007.
ECAP Ticino Unia (2009), Programma Corsi 2009.
Fibbi R., Allemann-Ghionda C., Meyer-Sabino G.,(1995), Donne italiane in Svizzera. Locarno, A.
Dadò Editore, 1992, s.p. Revue Européenne des Migrations Internationales, (11), 1.
Fibbi R.,(2005), Italiani in Svizzera: da Tschingg a persone frequentabili, Studi Emigrazione, XLII,
160, pp. 733-761.
Fibbi R., Lerch M., Wanner P., (2006), Unemployment and discrimination against youth of
immigrant origin in Switzerland: when the name makes the difference, Journal of International
Migration and Integration, (7), 3, pp. 351-366.
Fondazione Migrantes,(2008), Terzo Rapporto sugli Italiani nel Mondo, Roma.
Gallo G., (1975), I lavoratori emarginati, Studi Emigrazione, anno XII, n. 38-39, Giugno-Settembre
1975.
Guarneri A., (2001), La recente emigrazione italiana in Europa: Francia, Regno Unito e Svizzera a
confronto, W.P. 2/01, Dicembre.
Gognalons N., Gaullier M.Y., Barder-Blochet X., (1996), Fin de la vie professionnelle et passage a
la retraite, « Revie suisse de sociologie », 22, pp. 305-328.
Guglielmi S., (1993), Italiani in Svizzera. L'età della pensione. Dati e problemi in attesa di
iniziative. Dossier Europa Emigrazione, XVIII, 11-12.
Guglielmi S., (1997), La popolazione straniera in Svizzera. Dati al 31.12.1996, Studi Emigrazione,
XXXIV, 125, pp. 147-149.
Guglielmi S., (2003), Situazione e dati sull'emigrazione in Svizzera, Studi Emigrazione, XXXX,
150, pp. 397-408.
INCA-CGIL Svizzera: 50 anni d’attività, Ediesse, Roma, 2007.
204
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Montanari A., 1995, Skilled migration from Italy, in Studi emigrazione, XXXII, 117, pp. 42-53.
Morelli U., (1981), L’uso differenziale della forza lavoro. Razionalizzazione e dispersione dei
fattori produttivi e immigrazione clandestina, In Morelli U., (a cura di), Movimenti migratori e
mercati del lavoro. Milano, Franco Angeli.
Narducci F., (2008), I lavoratori transfrontalieri in Svizzera. In: Fondazione Migrantes, Rapporto
italiani nel mondo 2008, Roma, Centro Studi e Ricerche Idos, pp. 349-359 .
Pecoraro M., (2005) Migrants hautement qualifiès en Suisse, Neuchatel, Office federal de la
statistique, Forum suisse pour l’ètude des migrations et de la population.
Progetto ITENETs (2005), Il lavoro degli italiani all’estero, formazione, impresa. Prima Relazione
Annuale sulla Rete degli Osservatori Regionali, a cura dell’Osservatorio Interregionale ITENETs,
Novembre 2005, disponibile su: http://www.esteri.it/mae/doc_osservatorio/Rel_Basilicata_.pdf
Rossi M. (1992), Congiuntura 1991-1992, in “Congiuntura Ticinese”. Rapporto Annuo. Ufficio
Cantonale di Statistica, Dip. delle Finanze. Bellinzona, Aprile 1992.
Schäppi W., (2001), L'impiego dei lavoratori stranieri in Svizzera, Studi Emigrazione, XXXVIII,
141, pp. 149-159.
Todisco E., Cristaldi F., Cariani C., Tattolo G.,(2004), La skilled migration al femminile: il caso
delle donne italiane in Svizzera, Studi Emigrazione, XLI, 156, pp. 831-867.
Widmer J.P., (1978), Le role de la main-d’oeuvre étrangeère dans l’évolution du marché du travail
en Suisse. Neuchatel, groupe d’études économique.
205
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Sitografia
http://infoaire.interno.it/
http://www.cser.it
http://www.rapportoitalianinelmondo.it
www.oecd.org/els/migration/imo
http://www.bfm.admin.ch/
http://www.consginevra.esteri.it/Consolato_Ginevra
http://www.ecap.ch/
http://www.fcli.ch/
http://comites-zurigo.ch./
http://www.ti.ch/DFE/USTAT/
206
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
ALLEGATO 1. GLI STRUMENTI DI RILEVAZIONE
A) Griglia di rilevazione Responsabili/operatori – Strutture territoriali Inca
B) Questionario di rilevazione Italiani residenti all’estero
A) Griglia di rilevazione
Responsabili/operatori – Strutture territoriali Inca
L’IRES nazionale sta realizzando un’indagine sulle attività che le strutture estere dell'Inca offrono alla
popolazione italiana immigrata in tre Paesi europei: la Francia; la Germania; la Svizzera. In ciascun Paese è
stato individuato un territorio dove realizzare l’indagine, rispettivamente Parigi, Berlino e Zurigo: la
scelta è stata effettuata tenendo conto di alcune caratteristiche specifiche delle dinamiche migratorie
locali, che possono orientare in modo diversificato il funzionamento e le attività svolte dalle strutture
territoriali INCA. In particolare gli aspetti indagati riguardano:
a) le dinamiche evolutive (nascita delle strutture, processi di trasformazione etc.);
b) le modalità di funzionamento organizzativo e gestionale;
c) la tipologia di servizi;
d) la tipologia degli utenti (caratteristiche socio-anagrafiche, bisogni espressi e così via);
e) la rete territoriale delle strutture
Ai fini dell’indagine, verranno realizzate: (i) in una prima fase: interviste ai responsabili/operatori delle
strutture territoriali dell’INCA attraverso la griglia di seguito presentata; (ii) in una seconda fase: interviste
attraverso questionario a membri della comunità italiana locale.
Chiediamo cortesemente ai referenti della struttura Inca che operano nella sede di ____________, di
voler contribuire al buon esito dell’indagine, rispondendo alle domande contenute nel questionario che
segue e che saranno poste da (nome ricercatore __________), incaricato dall’Ires nazionale di elaborare
lo studio territoriale.__________
Nome dell’intervistato e ruolo:
________________________________
Denominazione Struttura :
_________________________________
Indirizzo sede:
_________________________________
Sito Web:
_________________________________
Data dell’intervista:
_________________________________
207
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
La nascita delle attività della sede inca di ....
• Da
quanto tempo (anno, periodo di riferimento) è in funzionamento questa struttura INCA?
• Quali
sono state le principali motivazioni che hanno spinto l'INCA ad aprire questa sede?
• Quali
sono state le prime attività svolte e quali sono stati i principali problemi incontrati?
• Quali
sono state le attività che hanno funzionato sin dall’inizio? Quali quelle che non hanno funzionato?
Perché?
• Ci
sono stati dei soggetti pubblici locali e/o italiani che hanno sostenuto l'apertura di questa sede? In
che modo sono stati coinvolti (es. attraverso atti normativi, tavoli di concertazione, ecc.)? La
collaborazione è continuata nel corso del tempo? Se no, perché?
• Quali
sono stai i principali soggetti non pubblici che hanno partecipato all'apertura della sede (es.
sindacati locali, associazioni no profit, ecc.)? In che modo lo hanno fatto? La collaborazione è
continuata nel corso del tempo? Se no perché?
• La
fine dell'emigrazione italiana di massa, in che modo ha influenzato le vostre attività?
• La
nuova emigrazione italiana, in che modo ha influenzato le vostre attività?
IL FUNZIONAMENTO E L’ORGANIZZAZIONE DELLE STRUTTURE TERRITORIALI
Quante persone e con quali mansioni lavorano all'interno della struttura? (full time, part time, dipendenti,
volontari, ecc.)
Quali sono i loro profili professionali (es. titoli di studio, competenze specifiche, esperienze precedenti,
corsi di formazione, ecc.)?
Vengono offerti dei corsi di formazione e aggiornamento? Con quale frequenza? Da chi sono
organizzati?
Come si articola il lavoro di front office?
Esiste anche un lavoro di back office? Se sì come si articola? Se no perché?
La struttura si serve di strumenti di pubblicità e di autopromozione? Quali? In particolare, vengono
organizzate delle iniziative territoriali per promuovere le attività della struttura dell’INCA? Se sì, come
e da chi vengono organizzate?
Con quale frequenza viene offerto il servizio della struttura (giorni e orari)?
Da quando sono stati attivati i servizi la struttura ha sempre operato con continuità? Se no perché?
LA TIPOLOGIA DI SERVIZI OFFERTI
Attualmente, che tipo di servizi offre la struttura?
Esistono dei sistemi di registrazione degli utenti (es. banche dati, schede, ecc.)?
La struttura riesce a rispondere a tutte le esigenze della popolazione italiana presente nel territorio? Se no
208
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
perché? E dove viene re-indirizzata l’utenza?
Quali sono i servizi che vengono maggiormente richiesti? E quali i meno richiesti?
Ci sono mai state richieste da parte dell’utenza per migliorare o attivare determinati servizi all’interno
della struttura? Se sì, come sono state promosse e accolte dalla struttura dell’INCA?
Quante sono le pratiche realizzate nel corso di un anno?
La struttura prevede altri tipi di attività rivolte alla popolazione italiana oltre a quelle di dell’assistenza
previdenziale (es. incontri con la comunità presente nel territorio, interventi sindacali e così via.)? Se sì
quali?
LE CARATTERISTICHE DEGLI UTENTI
Quali sono le caratteristiche socio-demografiche delle persone che si rivolgono alla struttura (sesso, età,
nazionalità (doppia?), anzianità migratoria, tipo di occupazione, stato civile, titolo di studio, ecc.)?
Che tipo di lavori svolgono prevalentemente?
Quanti sono gli italiani che si rivolgono giornalmente alla struttura? E una stima mensile ed annuale?
In base alla sua esperienza ha osservato dei cambiamenti rispetto ai servizi richiesti e all’utenza stessa?
Nel corso del tempo si è assistito ad un aumento o ad una riduzione degli italiani che si sono rivolti alla
struttura?
Gli italiani che si rivolgono alla struttura dell’INCA conoscono già il sindacato italiano (es. CGIL, CSIL,
UIL, ecc..)? Hanno rapporti con i sindacati locali? Sono sindacalizzati?
Secondo la sua esperienza, gli italiani presenti nel territorio si rivolgono sin da i primi tempi
dell'immigrazione alla vostra struttura? Se no, in che momento del percorso migratorio accade di
solito? Che tipo di progetti migratori hanno?
LA RETE TERRITORIALE
Come si coordina la vostra struttura con le altre sedi INCA presenti in altri paesi? e con la struttura
nazionale?
In questo quadro quale è il ruolo svolto dall’ INCA nazionale (es. coordinamento, formazione,
elaborazione di linee guida, ecc.)?
Ci sono rapporti strutturati con altre strutture della CGIL?
Qual è il vostro rapporto con le organizzazioni sindacali locali? Ci sono rapporti strutturati o informali?
Quali sono i rapporti tra la struttura dell’INCA e le Istituzioni italiane locali? (es. Ambasciata, Consolato)
Quali sono i rapporti tra la struttura dell’INCA e gli enti territoriali locali? Sono stati sottoscritti accordi
particolari tra le parti? Se sì, che tipo di accordi? Se no, perché?
Si verificano forme di cooperazione tra la struttura dell’INCA e le organizzazioni territoriali di immigrati
e/o che si occupano di immigrati?
209
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
OSSERVAZIONI E SUGGERIMENTI
__________________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________________
._________________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________________
210
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
B) Questionario di rilevazione
Italiani residenti all’estero
L'IRES sta realizzando una ricerca sulle nuove migrazioni italiane all'estero e il loro rapporto con i
servizi che le strutture territoriali dell'INCA Cgil offrono in 3 paesi europei: Francia, Germania e
Svizzera. L'obiettivo dell'indagine è di ricostruire, attraverso una rilevazione ed un'analisi qualiquantitave, i diversi profili dei cittadini italiani presenti in questi territori, i loro bisogni e le loro
percezioni sulla attività del patronato.
In ogni zona verranno realizzate in loco n. 100 interviste a cittadini italiani residenti temporanea o
permanentemente in questi paesi, attraverso un questionario strutturato di seguito allegato.
Il questionario è articolato in 6 parti:
- Informazioni generali: dati anagrafici dell'intervistato.
- Storia personale: formazione nel paese d'origine, percorso migratorio, scelta dell'Italia come paese di
destinazione, competenze linguistiche.
- Famiglia e situazione abitativa e lavorativa: composizione del nucleo familiare, attuale condizione
alloggiativa, il lavoro nel paese d'origine ed in Italia.
- Il rapporto con le strutture territoriali Inca: conoscenza dell'INCA, servizi richiesti, valutazione,
nuovi bisogni.
- I rapporti con altre realtà territoriali: relazioni con associazioni, con il sindacato, con l'Italia e con il
paese di destinazione.
- Mass-media
Questionario
Data di rilevazione _____________________________________________
N° progressivo questionario ______________________________________
Città in cui si realizza l’intervista ___________________________________
Sede Inca _____________________________________________________
Informazioni generali
1. Sesso
Femmina
1
Maschio
2
2. Età ……………….
3. Stato civile
Nubile/celibe
Coniugato/a
Convivente
Separato/a
Divorziato/a
Vedovo/a
1
2
3
4
5
6
211
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
4. Nazionalità ..............................................................................................
5. Paese di nascita ..............................................................................................
Se il paese di nascita è Italia vai alla domanda 9
6. Da che provincia italiana è originaria la tua famiglia?......................................................
7. Chi è stato il primo componente della tua famiglia a partire dall'Italia?
Avi anteriori ai bisnonni
1
Bisnonno/a
2
Nonno/a
3
Padre/Madre
4
8. Per quale motivo è emigrato/a? (max. 1 risposta)
Per lavoro
Per studio
Per seguire la famiglia
Per motivi religiosi/politici
Perché profugo/rifugiato
Altro..........................................................
Vai alla domanda 15
1
2
3
4
5
6
Storia personale
9. Da che provincia italiana viene? ......................
10. In quale anno è partito/a dall'Italia? ......................
11. Per quale motivo è emigrato/a? (max. 1 risposta)
Per lavoro
Per studio
Per seguire la famiglia
Per motivi religiosi/politici
Perché profugo/rifugiato
Altro..........................................................
12. Da quanto tempo vive in questo paese?
1
2
3
4
5
6
............. anni ............. mesi
13. Per quale motivo ha scelto la Francia? (max. 1 risposta)
Per la qualità della vita
Perché mi piaceva
Perché è facile trovare lavoro
Perché ci abitano parenti/amici
Altro.................................................................
14. In quali Paesi ha vissuto oltre a l'Italia?
Solo in Francia
In Francia e altri paesi.
Quali?..............................................................
1
2
3
4
5
1
2
15. Da quanto tempo vive in questa città? ..................... anni .................. mesi
16. Pensa di restare a vivere qui?
sì
1
212
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
no
2
16a. Se sì perché? ......................................................................................................................
16b. Se no, perché? ...................................................................................................................
17. Quali lingue parla? (è possibile più di una risposta)
Lingua madre ......................................
a
si
no
b
c
d
e
f
Inglese
Francese
Spagnolo
Tedesco
Altro.....................................................
18. Fino a che età ha studiato? ...................................................
19. Dove ha studiato? ..........................................
Famiglia e situazione abitativa e lavorativa
20. Con chi vive? (max. 1 risposta)
Da solo
Con genitori
Con coniuge/convivente
Con coniuge/convivente e figli
Con i figli
Con amici
Con parenti
Con altri nuclei familiari/singoli
Altro ................................................
1
2
3
4
5
6
7
8
9
21. Ha dei figli?
sì
no
21a. Se si, dove sono?
Qui
In Italia
Altro...............
1
2
1
2
3
22. Dove vive? (max. 1 risposta)
Casa di proprietà
Casa in affitto
Casa/stanza in subaffitto
Presso amici/parenti
Istituti religiosi/parrocchia
Centri sociali
Altro......................................................................
23. Qual è la posizione lavorativa che aveva in Italia? (max. 1 risposta)
Occupato
Con contratto regolare a termine
Con contratto regolare stabile
213
1
2
3
4
5
6
7
1
2
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Senza contratto scritto
3
In cerca di prima occupazione
In cerca di occupazione
4
5
Disoccupato
Studente
Casalinga
Altro..............................
6
7
8
24. E attualmente? (max. 1 risposta)
Occupato
Con contratto regolare a termine
Con contratto regolare stabile
Senza contratto scritto
1
2
3
In cerca di prima occupazione
In cerca di occupazione
4
5
Disoccupato
Studente
Casalinga
Altro..............................
6
7
8
25. Se è sposato/convivente, il suo partner attualmente è
Occupato
Con contratto regolare a termine
Con contratto regolare stabile
Senza contratto scritto
1
2
3
Disoccupato
In cerca di prima occupazione
In cerca di occupazione
Studente
Casalinga
Altro..............................
4
5
6
7
8
26. Se attualmente é occupato/a, qual è il suo lavoro? ...........................................................
27. Ha una attività in proprio?
sì
no
1
2
27a. Se sì, specificare quale......................................................
Il rapporto con le strutture INCA e i bisogni
28. Conosce l'INCA CGIL? (max. 1 risposta)
sì
1
2
no
214
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
28a. Se si, come lo ha conosciuto?
Attraverso la CGIL
Attraverso familiari/amici/conoscenti
Attraverso la ambasciata/consolato
Attraverso manifesti e/o volantini affissi in luoghi pubblici
Attraverso la tv/radio/internet (mass-media)
Attraverso l'Istituto Italiano di cultura
Altro......................................................................................
29. Ti sei mai rivolto all'INCA?
sì
no
1
2
3
4
5
6
7
1
2
30. Quale di questi altri servizi dell'INCA conosce e/o ha utilizzato? (è possibile più di una risposta)
conosce
ha
utilizzato
si no
si
no
Servizi pensionistici ed assistenziali
a
Assegno familiare, disoccupazione, malattia, ecc.
b
Recupero dei contributi e controllo posizione assicurativa
c
Servizi in caso di infortunio sul lavoro o di malattie professionali
d
Servizi in caso d'invalidità
e
Altro.................................................................................................
f
g
h
i
j
k
l
30a. Rispetto ai servizi di cui ha usufruito (ora e in passato), quanto si ritiene soddisfatto/a?
Molto
1
Abbastanza
2
3
Poco
Per niente
4
30b. Quali sono gli aspetti negativi riscontrati? (max. 1 risposta)
Nessuno
Gli appuntamenti hanno tempi troppo lunghi
Problemi relazionati alla lingua
Forniscono informazioni limitate
Tempi di attesa lunghi, orari poco agevoli, file
Sono poco attrezzati per rispondere ai bisogni manifestati
Gli operatori sono poco disponibili
Altro.................................................................................................................
1
2
3
4
5
6
7
8
31. Oltre a quelli già esistenti, secondo lei, qual è un nuovo servizio che potrebbe offrire l'INCA ai
cittadini italiani residenti all'estero?
........................................................................................................................................….
........................................................................................................................................................................
................................................................................................................................
I rapporti con il territorio
32. Chi sono le persone che frequenti maggiormente? (1sola risposta)
Amici
Parenti
Colleghi di lavoro/studio
Non frequento nessuno
215
1
2
3
4
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
33. Da dove vengono le persone che frequenti con più assiduità? (1sola risposta)
Italia
1
Da altri paesi
2
francesi di questa città
3
4
francesi di altre città
34. Frequenta qualche associazione?
sì
1
2
no
34.a Se sì, di che tipo? (è possibile più di una risposta)
si
no
Associazione d'italiani
Sportiva
Culturale
Di quartiere
Politica
Altro...........................................................................
a
b
c
d
e
f
35. Ti interessi alla vita sociale/politica del paese in cui vivi? (1sola risposta)
No
Si, solo attraverso i mezzi di informazione
Si, in modo attivo
1
2
3
36. Ti interessi alla vita sociale/politica dell'Italia? (1sola risposta)
No
Si, solo attraverso i mezzi di informazione
Si, in modo attivo
1
2
3
37. É iscritto/a al sindacato?
sì
no
1
2
37.a Se sì, a quale e perché? .............................................................................................
37.b Se sì, da quanti anni? ..............................................
37.c Se no, perché? (max. 1 risposta)
Credo che non serve a niente
Non mi sento rappresentato
Non ci ho mai pensato
Ero iscritto in passato, ma ora non lo sono più
Altro .............................................................................
38. Era iscritto/a al sindacato in Italia?
sì
1
2
no
216
1
2
3
4
5
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
39. Torna in Italia? (1sola risposta)
No
Sì, meno di una volta all’anno
Sì, una volta all’anno
Sì, due volte all’anno
Sì, più di due volte all’anno
1
2
3
4
5
40. Dell'Italia mantiene:
Sì
Cucina
Abbigliamento
Pratiche religiose
Feste tradizionali
Musica/letteratura
1
1
1
1
1
No
2
2
2
2
2
1
1
1
1
1
No
2
2
2
2
2
41. Del paese in cui vive ha fatto proprio:
Sì
Cucina
Abbigliamento
Pratiche religiose
Feste tradizionali
Musica/letteratura
42. Secondo te, nel paese in cui vivi, come sono rappresentati più di frequente gli italiani? (1 risposta per
riga)
1
2
3
4
5
Integrati
Non integrati
Buoni lavoratori
Pigri
Onesti
Criminali
Affidabili
Non affidabili
Belli
Brutti
Puliti
Sporchi
Moderati
Fanatici
Pacifici
Violenti
Democratici
Non democratici
Colti
Ignoranti
I Mass-media
43. Legge giornali/riviste del paese in cui vive? Sì
1 No
2
44. Legge giornali/riviste italiane?
Sì
1 No
2
45. Ha la TV satellitare?
Sì
1 No
2
46. Utilizza Internet?
Sì
1 No
2
217
LE (NUOVE) EMIGRAZIONI ITALIANE E LE ATTIVITÀ DELL'INCA ALL'ESTERO:
I CASI FRANCIA, GERMANIA E SVIZZERA
Osservazioni finali
................................................................................................................................................................
................................................................................................................................................................
................................................................................................................................................................
....................................................................................
218