- Io Lavoro Liguria

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- Io Lavoro Liguria
Pubblicazione bimestrale a cura
di Arsel
Agenzia Regionale per i Servizi Educativi e per il Lavoro
FORUM
 Nasce ARSEL, agenzia per lavoro e diritto allo studio
 Le novità dalla Regione Liguria
 Dai dati sulla media 2013: in Liguria gli occupati scendono del 3%7
Direttore responsabile
Stefania Spallanzani
 ‘Lavorare ai tempi della crisi’
110
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
 Le novità sui poli tecnico-professionali
A cura di Paola Castellazzo
 Sicurezza sul lavoro e inserimento di fasce deboli,
azioni di formazione agli operatori
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
FORUM
 ‘Una rete per il lavoro di cura’, un convegno fa il punto sui servizi alla persona
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
 In libreria
 Crowdfunding: uno strumento innovativo per finanziare idee,
Anno XIII
L’evento
 Pubblica amministrazione e parti sociali si confrontano su apprendistato e tirocini
Educazione e formazione
 I risultati della prima riunione del tavolo di apprendimento non formale
L’intervista
 Uno strumento per finanziare progetti e iniziative: il crowdfunding
Approfondimento
Progetto per lo sviluppo del sistema regionale di orientamento
progetti e imprese
A cura di Laura Barbasio
Si ringrazia
Gabriella Androni
Daniele Barca
Rosa Bottino
Elmina Bravo
Giovanna Capello
Alessandro Clavarino
Aureliano Deraggi
Lucia Ferlino
Paolo Macrì
Alessandra Marini
Conform
Gli operatori che hanno aderito alla rete
Informagiovani del Comune di Genova
 Modelli e prassi di valutazione al centro di un incontro
all’Università di Genova
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
 RI.VAL.U.TA, un progetto pilota per valorizzare i saperi dei cittadini stranieri
A cura di Laura Barbasio
 Annuario Statistico Regionale, una fotografia socioeconomica della Liguria
A cura della Redazione
 Spin-off dell’Università di Genova,
la storia di una nuova impresa ad alta tecnologia
A cura di Paola Castellazzo
 Risorse e difficoltà dei fratelli dei diversamente abili
A cura di Laura Barbasio
 Cine-Forum - Cinema ed emigrazione, da ‘Charlot emigrante a ‘Nuovomondo’
A cura di Mariangela Grilli – giornalista, esperta di cinematografia
 Diventare imprenditrice, il sogno si realizza nella creazione di un bio ritrovo’
A cura di Paola Castellazzo
 Un maestro d’ascia illustra passato, presente e futuro della professione
A cura di Fabio Canessa
 APPROFONDIMENTO:
Il sistema regionale di orientamento: prospettive e indicazioni
Provincia di Savona
Provincia di Imperia
Provincia di La Spezia
Progetto grafico: www.andreamusso.com
E inoltre
U.O. Osservatorio del Mercato del Lavoro
Arsel Liguria
Centro Studi – Sezione lavoro – Ordine
Consulenti del Lavoro Genova e provincia
ITD CNR
Provincia di Genova
marzo | maggio 2014
 Apprendimento permanente e sistema territoriale integrato
Hanno collaborato
Laura Barbasio
Mina Cantatore
Paola Castellazzo
Silvia Dorigati
Federica Gallamini
Lidia Gattini
Mariangela Grilli
Francesco Isetta
Paola Mainini
Luca Mastropietro
Roberto Peccenini
Serena Recagno
Furio Truzzi
Stefano Zec
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Ogni violazione è perseguibile a termini di legge.
marzo
maggio
2014
A cura di U.O. Osservatorio mercato del lavoro – ARSEL Liguria
Redazione
Laura Barbasio
Paola Castellazzo
Silvia Dorigati
Federica Gallamini
Paola Mainini
Stefania Spallanzani
‘Io Lavoro Forum’ non costituisce fonte ufficiale.
Pertanto eventuali errori materiali non possono
essere addotti in cause di giudizio o di rivalsa
nei confronti dell’Arsel Liguria.
Clausole d’uso: il testo di ‘Io Lavoro Forum’, anche
quello su supporto magnetico, è di proprietà
esclusiva dell’Arsel.
bimestrale della regione liguria
per il lavoro, l’orientamento
e il sistema educativo
 Notizie
Direzione, Redazione, Amministrazione
via San Vincenzo 4 – 16121 Genova
tel. 00 39 010 2491 394 - 393
[email protected]
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Unione Europea
Fondo sociale europeo
Regione Liguria
Fondo Sociale Europeo
110
Numero
marzo
aprile
2014
Nasce ARSEL, agenzia per lavoro e diritto allo studio
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Le novità dalla Regione Liguria
3
Notizie
Anno XII
Dai dati sulla media 2013: in Liguria gli occupati scendono del 3%
7
A cura di U.O. Osservatorio mercato del lavoro – ARSEL Liguria
‘Lavorare ai tempi della crisi’
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A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
Le novità sui poli tecnico-professionali
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Apprendimento permanente e sistema territoriale integrato
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A cura di Paola Castellazzo
Sicurezza sul lavoro e inserimento di fasce deboli,
azioni di formazione agli operatori
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A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
‘Una rete per il lavoro di cura’, un convegno fa il punto
sui servizi alla persona
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A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
In libreria
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Crowdfunding: uno strumento innovativo per finanziare idee,
progetti e imprese
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A cura di Laura Barbasio
Modelli e prassi di valutazione al centro di un incontro
all’Università di Genova
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A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
Arsel Liguria
via San Vincenzo 4 – 16121 Genova
La rivista è disponibile su Internet
all’indirizzo www.iolavoroliguria.it
Redazione dott.sse
Paola Mainini, tel. 010 2491394
Silvia Dorigati, tel. 010 2491393
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silvia.dorigati@@arsel.liguria.it
Autorizzazione del Tribunale di Genova:
n. 17/2002
Progetto grafico e illustrazioni
studio grafico di Andrea Musso
Videoimpaginazione
Daria Pasolini
RI.VAL.U.TA, un progetto pilota per valorizzare i saperi
dei cittadini stranieri
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A cura di Laura Barbasio
Annuario Statistico Regionale, una fotografia
socioeconomica della Liguria
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A cura della Redazione
Spin-off dell’Università di Genova,
la storia di una nuova impresa ad alta tecnologia
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A cura di Paola Castellazzo
Risorse e difficoltà dei fratelli dei diversamente abili
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A cura di Laura Barbasio
Cine-Forum - Cinema ed emigrazione,
da ‘Charlot emigrante a ‘Nuovomondo’
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A cura di Mariangela Grilli – giornalista, esperta di cinematografia
Diventare imprenditrice, il sogno si realizza
nella creazione di un bio ritrovo’
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A cura di Paola Castellazzo
All’interno
fotografie della redazione
Un maestro d’ascia illustra passato, presente e futuro della professione
La rivista è stata chiusa in redazione
il 30 aprile 2014
APPROFONDIMENTO:
Il sistema regionale di orientamento: prospettive e indicazioni
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A cura di Fabio Canessa
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Nasce ARSEL, agenzia
per lavoro e diritto allo studio
Operativa dal primo di aprile la fusione tra Arssu,
l’azienda regionale per il diritto allo studio e l’Agenzia Liguria Lavoro che hanno dato vita ad un unico
soggetto: Arsel, l’agenzia regionale per i sistemi
educativi e del lavoro.
La nuova agenzia, frutto del DL n.311 del 28 novembre 2013, approvata lo scorso dicembre in
consiglio regionale, va nella direzione della prosecuzione dell’azione di spending review messa in
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atto dalla Regione Liguria e di una migliore gestione del sistema della formazione e dell’istruzione
e del lavoro. In questo modo, non solo si razionalizzano le spese, ma si unificano in un unico soggetto le attività di istruzione, formazione, orientamento e lavoro, oltre a quello di riorganizzare l’approccio ai vari sistemi.
Il nuovo direttore di Arsel, nominato dalla Giunta regionale, è Roberto Dasso, già direttore di Arssu.
R U B R I C A
DALLA REGIONE LIGURIA
Inaugurata la nuova sede genovese della Scuola
nazionale di trasporti e logistica
Dall’Europa ventotto milioni di euro alla Liguria,
come Garanzia giovani
Nuova sede per la Scuola nazionale di trasporti e
logistica. Dopo quella della Spezia è stata inaugurata a Genova al Bic incubatore di imprese di Cornigliano, gestito da Filse, alla presenza degli assessori allo sviluppo economico e al bilancio, Renzo
Guccinelli e Pippo Rossetti.
Genova si affianca dunque alla Spezia per sviluppare e formare giovani destinati alle attività logisticoportuali. Nata alla Spezia, oltre 20 anni fa, la scuola
ha sviluppato iniziative di formazione continua per
le imprese del settore, svolgendo un lavoro sui fabbisogni aziendali. In questi anni sono state realizzate 44.440 ore di formazione aziendale, per un totale
stimato di circa 17.000 dipendenti coinvolti.
La scuola si occupa di formazione continua, a livello nazionale e collabora con le Autorità Portuali e i
piu’ importanti porti nazionali. Da alcuni anni, la
Scuola ha ampliato il proprio raggio di azione e si
è aperta a scenari internazionali.
Ventotto milioni di euro dall’Europa da destinarsi ai
tirocini, agli stage, all’apprendistato e dare garanzia
ai giovani diplomati o laureati della Liguria di inserirsi nel mondo del lavoro. Lo ha comunicato l’assessore Pippo Rossetti nel corso della presentazione degli stati generali della scuola che si svolgeranno ai Magazzini del Cotone i prossimi 8 e 9 ottobre,
a cui hanno preso parte, tra gli altri, anche l’assessore regionale alle politiche abitative, Giovanni Boitano e il direttore dell’Ufficio scolastico della Liguria, Giuliana Pupazzoni.
Una due giorni per rilanciare il sistema scolastico
ligure, alle prese con i problemi dell’abbandono e
di una formazione troppo svincolata dal mondo del
lavoro e delle imprese, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, l’Università, le amministrazioni locali, le associazioni di categoria, famiglie, insegnanti e studenti.
In preparazione della conferenza regionale per il sistema educativo, nei mesi di marzo e aprile, si sono
svolte conferenze provinciali preparatorie: a Savona,
il 13 marzo nell’ Istituto Comprensivo Savona III; a
Imperia, il 18 marzo nell’Istituto Superiore Ruffini; alla Spezia, l’8 aprile nell’ Istituto Fossati-Da Passano
per finire con Genova, il 15 aprile al Liceo Scientifico
Cassini. Sei i filoni tematici che verranno affrontati
dalla sessione regionale autunnale: scuola digitale e
media education, orientamento, BES, edilizia scolastica, educazione ambientale in un percorso che va
da 0 a 30 anni.
Sbloccati tre milioni di euro per la Provincia di
Imperia
Tre milioni di euro provenienti dal Fondo sociale
europeo sono stati trasferiti dalla Regione Liguria
alla Provincia di Imperia per il pagamento degli enti di formazione professionale. Lo ha comunicato
l’assessore Pippo Rossetti a margine dell’incontro
all’Istituto Ruffini di Imperia sul sistema educativo
regionale.
3
Si partirà dal tema dei nidi e dei servizi integrativi,
con la proposta di legge per la stabilizzazione del
servizio delle sezioni primavera, per proseguire
con la fascia di età da 6 a 14 anni che comprende i temi degli istituti comprensivi, del dimensionamento, delle scuole di montagna e dei piccoli
plessi. Per passare poi alla fascia 14-25 anni con
il tema dell’obbligo formativo, delle competenze,
della scuola superiore, dell’offerta formativa regionale, dei poli tecnici professionali, dell’apprendistato e degli interventi anti-dispersione. E concludere il percorso dai 19 ai 30 anni affrontando
il tema dell’Università, della mobilità studentesca,
oltre che dell’apprendistato di secondo e terzo livello.
Approvato dal consiglio regionale il ddl su istituzione banca della terra e salvaguardia del territorio rurale
L’assessore all’agricoltura della Regione Liguria,
Giovanni Barbagallo, a margine del consiglio regionale, dopo l’approvazione del provvedimento
sull’istituzione della banca della terra, ha affermato che l’obiettivo della legge è favorire la ripresa
dell’attività agricola su terreni invasi dal bosco e
semplificare le procedure per l’assegnazione delle
terre incolte. Il ddl prevede infatti l’istituzione, tra
l’altro, della banca regionale della terra attraverso
un data base informatico dove saranno inserite le
coordinate catastali dei terreni disponibili, su segnalazione dei proprietari, per essere recuperati
alle attività agricole e i terreni che risultano abbandonati. Nella legge sono previsti inoltre diverse
tipologie di contributi: fino a 500 euro per ettaro
agli imprenditori agricoli per il recupero dei terreni
incolti e per l’acquisizione di parti funzionali all’aumento della superficie aziendale, ai proprietari
forestali per acquisto di nuovi fondi e ai Comuni e
ai consorzi per interventi di manutenzione straordinaria.
Alta formazione, sottoscritta un’intesa con l’Università
Sottoscritto dall’assessore Pippo Rossetti, dal Rettore dell’Università degli Studi di Genova Giacomo
Deferrari e dalle parti sociali il protocollo di intesa
riguardante la disciplina regionale in materia di apprendistato di alta formazione.
L’intesa ha come obiettivo la disciplina della durata
e degli aspetti inerenti la formazione dei percorsi di
apprendistato di alta formazione, rivolti a giovani,
assunti con contratto di apprendistato da imprese
con sede legale o operativa in Regione Liguria.
Questi percorsi sono finalizzati al conseguimento
della laurea e laurea magistrale, del master universitario di I e II livello, dei master accreditati dall’associazione manageriale per la formazione manageriale (Asfor), del dottorato di ricerca.
Le attività formative devono essere erogate in modo
da consentire l’alternanza studio-lavoro che caratterizza il contratto di apprendistato e il raggiungimento degli obiettivi previsti dal contratto stesso. La
realizzazione dei percorsi formativi dovrà avvenire
in parte presso l’Università/Istituzione formativa e in
parte presso l’impresa con cui il giovane ha stipulato il contratto di apprendistato.
I percorsi formativi dovranno, pertanto, essere personalizzati rispetto alla durata e all’articolazione
generale in relazione alle specificità collegate all’istituto dell’apprendistato di alta formazione, alle
necessità dell’impresa e ai fabbisogni specifici
dell’apprendista.
La Regione Liguria sta attualmente prevedendo finanziamenti per le attività formative e incentivi alle imprese liguri che attivano contratti di apprendistato di
alta formazione nell’ambito di percorsi realizzati anche con Università e Istituzioni formative non liguri.
Ammortizzatori in deroga, rinnovato l’accordo
quadro
L’accordo quadro tra la Regione Liguria e le parti
sociali e istituzionali sulla concessione degli am-
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mortizzatori sociali in deroga, cassa integrazione e
mobilità è stato rinnovato dalla Giunta fino al 30
giugno 2014. La nuova intesa riguarderà le domande arrivate dal 1 aprile e fino al 30 giugno 2014,
secondo quanto previsto dall’accordo iniziale sottoscritto l’8 aprile 2013, scaduto lo scorso 20 dicembre già prorogato di tre mesi, fino a marzo ed
ora di altri tre mesi, fino a tutto giugno. I ritardi nei
trasferimenti finanziari dello Stato e l’incertezza del
quadro normativo di riferimento non ancora risolto
dal Governo hanno convinto ancora una volta la
Regione e le parti sociali, come in tutto il resto d’Italia, ad una proroga trimestrale.
Sarà l’Inps, come sempre, ad erogare il trattamento
solo ed esclusivamente entro i limiti dell’effettiva disponibilità finanziaria. Il rinnovo dell’accordo consente alle aziende che ne faranno richiesta di poter
presentare la domanda anche se per il momento
non potranno aver accesso materiale ai finanziamenti, in quanto la cassa integrazione e la mobilità
in deroga sono in corso di pagamento solo fino ad
agosto 2013.
Via ai bandi su progetti di formazione nei settori
della green e blue economy”
Sono 12 i progetti di blue e green economy che
partiranno entro maggio, su tutto il territorio ligure,
attraverso bandi rivolti agli Enti di formazione destinati a 430 giovani nei settori dell’economia del mare e dell’economia verde. Lo comunica l’assessore
Pippo Rossetti dopo l’approvazione del decreto. I finanziamenti assegnati ai 12 progetti individuati saranno utilizzati per l’inserimento lavorativo di giovani dai 17 ai 34 anni, attraverso percorsi integrati
che prevedono momenti formativi, accompagnati
da esperienze lavorative e forme di tutoraggio per
lo start up aziendale, oltre all’avvio di impresa e ai
bonus per l’assunzione alle aziende. I bandi saranno attivati dagli enti di formazione riuniti in partenariato prima dell’estate. Sul totale degli 8 milioni
a disposizione: 5 milioni di euro sono destinati alla
linea di intervento green economy per un totale di
8 progetti e riguardano lo sviluppo di filiere professionali del risparmio energetico e delle energie rinnovabili e alla filiera dell’agricoltura di qualità e del
bosco. I restanti 3 milioni sono sulla linea di intervento dell’economia del mare per 4 progetti relativi
alla cantieristica, ai porti, al turismo crocieristico e
alla pesca.
Riconosciuta l’equipollenza del corso per educatore professionale realizzato dalla Regione Liguria
Il Ministero della salute ha riconosciuto l’equipollenza ai diplomi universitari del corso per educatori professionali promosso e realizzato dalla Regione Liguria tra il 1996 e il 2000 che ha coinvolto
650 persone. Il corso è a tutti gli effetti equipollente alla laurea in educazione professionale. Gli oltre
650 partecipanti non dovranno presentare alcuna
istanza per vedere riconosciuta la validità del loro
titolo, così come per continuare a svolgere le attuali attività e anche per poter partecipare a concorsi
pubblici per lo svolgimento della professione in
ambito sociale e sanitario. L’educatore professionale è infatti riconosciuto dal Ministero della salute
come professione dell’area della riabilitazione.
Questo riconoscimento si è reso necessario a seguito di un decreto della presidenza del Consiglio
dei Ministri del 2011 sulla regolarizzazione delle
posizioni e la conseguente azione della Regione
che ha chiesto il riconoscimento di equipollenza
del corso in questione.
Dal 30 giugno bando per l’internazionalizzazione
delle PMI
È fissata il 30 giugno 2014 la data di avvio delle
domande per il bando che destina 200 mila euro
all’internazionalizzazione dell’impresa turistica, con
incentivi alle piccole e medie imprese, approvato
dalla giunta regionale, su proposta dell’assessore
al turismo Angelo Berlangieri.
Il bando, curato da Filse Spa, punta a incentivare
le attività di promozione e di promo – commercia-
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lizzazione dell’offerta turistica ligure sui mercati
esteri realizzate da aggregazioni d’imprese turistiche liguri.
Possono presentare domanda di agevolazione le
aggregazioni di micro, piccole e medie imprese, costituite per almeno i due terzi da imprese turistico,
raggruppamenti temporanei di consorzi e/o società
consortili, anche in forma cooperativa, già costituiti,
o ancora da costituire, al momento di presentazione della domanda.
Avviato il gruppo di lavoro sulla salute in carcere
Migliorare l’assistenza sanitaria per i detenuti per
garantire risposte ai problemi della salute, sia di
chi è in carcere, sia delle persone che ci lavorano.
È questo l’obiettivo del programma regionale della salute nelle carceri liguri per il triennio 20142016, approvato dalla Giunta regionale e presen-
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tato dall’assessore alla salute della Regione Liguria, Claudio Montaldo. Un programma frutto del
lavoro tra il dipartimento regionale della sanità, le
aziende sanitarie e l’amministrazione penitenziaria per garantire risposte concrete alle esigenze
di salute nelle carceri. Le carceri liguri godono di
un primato poco felice con un numero di tossicodipendenti superiore alle media nazionale. Se, infatti, in Italia, il 35% della popolazione carceraria
è tossicodipendente, in Liguria è intorno al 50%”.
Oltre al problema della tossicodipendenza vi è
anche quello della salute mentale e dei detenuti
con una doppia diagnosi e cioè portatori di più di
una patologia, in almeno 6 casi su 10. Vi è poi il
problema della presenza dei detenuti stranieri
che ammonta al 50% della popolazione detenuta. A questo si deve aggiungere la necessità della
prevenzione per fare in modo di evitare un ritorno
nel circuito.
R U B R I C A
NOTIZIE
ABCD+ORIENTAMENTI 2014, cambiano le date
È stata anticipata di qualche giorno la data di svolgimento di ABCD+Orientamenti, il Salone dell’educazione, dell’orientamento e del lavoro, organizzato
da Fiera di Genova, Regione Liguria, Provincia di
Genova, Comune di Genova, Università degli Studi
di Genova, Camera di Commercio di Genova e Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria. In occasione dell’Anno Europeo della conciliazione tra vita lavorativa e familiare, l’undicesima edizione della
manifestazione si svolgerà dal 5 al 7 novembre
2014, permettendo alle famiglie di visitare la manifestazione e accompagnare i ragazzi in una scelta più consapevole e meditata dei percorsi didattici
e formativi da intraprendere.
Una nuova edizione all’insegna di temi quali l’edilizia scolastica, le forme di autofinanziamento delle
scuole più intraprendenti, le buone pratiche di resistenza alle mafie, le nuove avanguardie dell’alternanza scuola-lavoro, l’anniversario 1914-2014
centenario della grande guerra e, l’innovazione dalle tecnologie all’insegnamento.
Fonte: Fiera di Genova
Da maggio è attiva la ‘Garanzia Giovani’
La Garanzia Giovani (Youth Guarantee) è il Piano
Europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile.
Con questo obiettivo sono stati previsti finanziamenti per i Paesi Membri con tassi di disoccupazione superiori al 25%, che saranno investiti in politiche attive di orientamento, istruzione e formazione
e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che
non sono impegnati in un’attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo. In sinergia con la Raccomandazione europea del
2013, l’Italia dovrà garantire ai giovani, al di sotto dei
30 anni, un’offerta qualitativamente valida di lavoro,
proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio,
entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o
dall’uscita dal sistema d’istruzione formale.
Programmi, iniziative, servizi informativi, percorsi
personalizzati, incentivi: sono queste le misure previste a livello nazionale e regionale per offrire opportunità, in un’ottica di collaborazione tra tutti gli
attori pubblici e privati.
Per stabilire in modo opportuno il livello e le caratteristiche dei servizi erogati e aumentarne l’efficacia, si è scelto di introdurre un sistema di profiling
che tenga conto della distanza dal mercato del lavoro, in un’ottica di personalizzazione delle azioni
erogate: una serie di variabili, territoriali, demografiche, familiari e individuali profilano il giovane, permettendo così di regolare la misura dell’azione in
suo favore.
Nel dettaglio le misure previste dalla Garanzia sono: accoglienza, orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro, apprendistato, tirocini, servizio civile, sostegno all’autoimprenditorialità, mobilità professionale all’interno del territorio nazionale
o in Paesi UE, bonus occupazionale per le imprese,
formazione a distanza
Per accedere al Programma e ai servizi universali di
informazione e orientamento, occorre registrarsi e
aderire.
Fonte: www.garanziagiovani.gov.it
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Occupazione giovanile: adottato il Quadro di qualità dei tirocini
EXPO 2015: Bandi per le scuole
Il 10 marzo 2014, il Consiglio dell’Unione europea
ha adottato una raccomandazione relativa a un
quadro di qualità per i tirocini e discusso gli aspetti
occupazionali e di politica sociale del semestre
europeo.
La Commissione europea ha accolto con favore
l’adozione di tale raccomandazione, che ha l’obiettivo di permettere ai tirocinanti di acquisire
un’esperienza professionale di alta qualità e di incrementare le opportunità per trovare un impiego di
buona qualità.
In particolare, si invitano gli Stati membri a garantire che la legislazione nazionale rispetti i principi riportati nelle linee guida del Quadro di qualità dei tirocini e che la stessa si adegui laddove sia necessario. Inoltre, la Commissione europea monitorerà
l’implementazione del Quadro di qualità in ogni
stato membro.
Secondo un sondaggio dell’Eurobarometro, svolto
a novembre del 2013, un tirocinio su tre risulta scadente per quanto riguarda le condizioni di lavoro e
i contenuti di apprendimento.
I tirocinanti non devono essere considerati alla stregua di sostituti a costo zero di altri lavoratori, ma
come un investimento che possa acquisire un valore aggiunto attraverso contenuti di apprendimento di qualità e condizioni di lavoro sicure.
La raccomandazione fornisce un pacchetto di linee
guida che accrescono la trasparenza e la qualità
dei tirocini attraverso:
> tirocini basati su accordi scritti;
> migliori contenuti di apprendimento e rispetto
dei diritti e delle condizioni di lavoro dei tirocinanti;
> durata ragionevole dei tirocini e riconoscimenti
appropriati;
> maggiore mobilità transfrontaliera dei tirocinanti
nella UE.
Le linee guida del Quadro di qualità non coprono i
tirocini che fanno parte del percorso universitario o
che sono obbligatori per l’accesso a professioni
specifiche.
Dal 1 maggio al 31 ottobre 2015, Milano ospiterà
l’Esposizione Universale dal tema “Nutrire il Pianeta,
Energia per la Vita”. EXPO 2015 offre al mondo della
scuola la possibilità di sensibilizzare le giovani generazioni alle tematiche sociali legate ad alimentazione e ambiente. Per promuovere la partecipazione di
studenti, docenti e famiglie a questo appuntamento,
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca indice due Bandi rivolti alle scuole dal titolo “La
Scuola per EXPO 2015” e “Together in EXPO 2015”.
Il Bando “La Scuola per EXPO 2015”, rivolto alle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, intende
invitare docenti e studenti a sviluppare sulle tematiche di EXPO 2015 strumenti conoscitivi e comunicativi, basati sull’utilizzo delle tecnologie digitali.
Ampia libertà metodologica ed espressiva vuole essere lasciata all’iniziativa di docenti e studenti, ai
quali si richiede di proporre idee e realizzare percorsi di formazione interdisciplinare sul tema “Nutrire il Pianeta”, “Energia per la Vita” e i sottotemi:
“la scienza e la tecnologia per la sicurezza” e “la
qualità alimentare”, “la scienza e la tecnologia per
l’agricoltura e la biodiversità”, “l’innovazione della
filiera agroalimentare”, l’educazione alimentare,
l’alimentazione e gli stili di vita, il cibo e la cultura,
la cooperazione e lo sviluppo nell’alimentazione.
Il secondo Bando “Together in EXPO 2015”, rivolto
alle Istituzioni scolastiche secondarie di primo e secondo grado, invita le scuole italiane ed estere a
gemellarsi e a realizzare progetti di comunicazione
sui temi dell’alimentazione sostenibile, solidale ed
equa. “Together in EXPO 2015” rende protagoniste
le scuole di tutto il mondo, attivando per loro una
piattaforma multimediale a forte impronta social,
attiva da settembre 2014, in lingua italiana e inglese, che presenterà materiali didattici e contributi di
esperti attraverso video, infografiche e documenti
interattivi. Le scuole italiane ed estere, unite in gemellaggio attraverso la piattaforma multimediale,
potranno confrontarsi sul tema EXPO 2015, conoscere i rispettivi contesti agroalimentari, sviluppare
insieme idee e progetti da presentare nel 2015 a
Milano. Scadenza: 30 Settembre 2014.
A cura dello Staff Europe Direct
Fonte: Newsletter Eurodesk: Edizione del mese di Aprile 2014
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OSSERVATORIO MERCATO DEL LAVORO
Dai dati sulla media 2013:
in Liguria gli occupati scendono
del 3%
Il picco dei disoccupati è tra i giovanissimi
A cura di U.O. Osservatorio mercato del lavoro – ARSEL Liguria
I dati diffusi dall’Istituto Centrale di Statistica relativi alla media 2013 mostrano una caduta dell’occupazione di ben 479mila unità (–2,1%) rispetto al
2012. La riduzione è più forte nelle regioni meridionali (–4,6% pari a 282mila unità) e su tutto il territorio nazionale; colpisce soprattutto la componente
maschile, che diminuisce del 2,6% (–350mila unità), mentre quella femminile ha una contrazione
più contenuta (–1,4% pari a 282mila unità).
Nel Nord è il Nord Est a perdere la maggior parte di
posti di lavoro con 90mila unità in meno (–1,8%);
nel Nord Ovest, invece la contrazione è di 34mila
unità (–0,5%), di cui 19mila sono gli occupati in Liguria che scendono, così, dalle 632mila alle
613mila unità (–3%), per effetto della marcata diminuzione dell’occupazione maschile.
ANDAMENTO DELL’OCCUPAZIONE – CONFRONTO
RIPARTIZIONALE – 2012-2013
(valori assoluti in migliaia - valori percentuali)
2012
2013
Variazioni 2012/2013
v.a.
Liguria
v.%
632
613
–19
–3%
Nord Ovest
6.813
6.779
–34
–0,5%
Nord Est
5.087
4.997
–90
–1,8%
Italia
22.899
22.420
–479
–2,1%
Fonte: Agenzia Liguria Lavoro - O.M.L. Elaborazioni su dati ISTAT.
Rilevazione sulle Forze di Lavoro (Media 2012/Media 2013)
(*)Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti
I tassi di attività rimangono sostanzialmente invariati sui valori del 2012, con le contrazioni più evidenti nel Mezzogiorno, dove l’indicatore passa dal
53% al 52,5% e nel Nord Est dove dal 70,9% si attesta al 70,4%.
In Liguria il tasso diminuisce di un solo decimo di
punto percentuale, per fermarsi al 67,6%, anche
se la stabilità non è da imputarsi ad una ritrovata
dinamicità del mercato del lavoro, quanto, piuttosto, alla crescita delle persone in cerca di occupazione.
Perdita dei posti nel terziario, cala anche la componente femminile
In Italia assistiamo ad una diminuzione dell’occupazione che riguarda sia l’industria sia il terziario.
In Liguria, la perdita di posti di lavoro avviene esclusivamente nel settore dei servizi che rappresenta il
78,1% dell’occupazione regionale. Si tratta, tra l’altro, di una flessione importante, con 21mila unità in
meno (–4,2%) rispetto all’anno precedente. Il comparto industriale, invece, ha una buona tenuta
(+2mila unità pari al +1,7%) dovuta alla crescita di
5mila unità del manifatturiero, che viene parzialmente erosa dalla perdita di 4mila unità delle costruzioni (–9%).
9
OCCUPATI PER RAMO DI ATTIVITÀ ECONOMICA IN
LIGURIA
2012-2013(*)
(valori assoluti in migliaia - valori percentuali)
2012
Variazioni
2012/2013
2013
v.a.
v.%
v.a.
v.%
v.a.
v.%
Agricoltura
13
2,1%
13
2,1%
0
0%
Industria
119
18,8%
121
19,7%
2
1,7%
industria in
senso stretto
75
11,9%
80
13,1%
5
6,7%
Servizi
500
79,1%
479
78,1%
–21
–4,2%
Totale
632
100%
613
100%
–19
–3%
Fonte: Agenzia Liguria Lavoro - O.M.L. Elaborazioni su dati ISTAT
Rilevazione sulle Forze di Lavoro (Media 2012/ Media 2013)
(*)Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti
Se si analizza l’occupazione, congiuntamente alla
variabile genere, è interessante sottolineare come
l’occupazione maschile sia quella che mostra più
evidenti segnali di sofferenza, sebbene anche quella femminile sia in calo: è proprio in Liguria che
questo divario si fa più marcato.
Se nel Nord Ovest l’occupazione maschile diminuisce dall’1,3% e quella femminile aumenta di un timido 0,6%.
In Liguria, la componente maschile scende del
4,2% una variazione che avvicina la nostra regione
al Mezzogiorno dove la flessione è del 4,9%. I posti
di lavoro femminili diminuiscono dell’1,1%, una
perdita più contenuta rispetto alla media nazionale
(–1,4%) e al Nord Est (–2,2%).
La disoccupazione è generalizzata, con un picco
tra i più giovani
In Italia, la discesa del numero degli occupati riguarda la fasce di età 15-34 (–482mila unità) e
35-49 (–235mila unità) mentre gli over 50 salgono
di 239mila unità.
In Liguria, invece, la diminuzione è generalizzata, e
riguarda tutte le classi considerate, con il picco tra
15-24 anni (–29,6% pari a -8mila unità). Fa eccezione quella 55-64 dove, tra il 2012 e il 2013, abbiamo un incremento dell’occupazione del 7,5%
(+7mila unità).
OCCUPATI PER GENERE
2012-2013(*)
(valori assoluti in migliaia - variazioni in percentuale)
2012
2013
Variazioni 2012/2013
Maschi
Femmine
Maschi
e femmine
Maschi
Femmine
Maschi
e femmine
Maschi
Femmine
Maschi
e Femmine
355
276
632
340
273
613
–4,2%
–1,1%
–3%
Nord
6.757
5.143
11.901
6.664
5.111
11.776
–1,4%
–0,6%
–1,1%
Nord-Ovest
3.868
2.945
6.813
3.817
2.962
6.779
-–1,3%
0,6%
–0,5%
Nord-Est
2.889
2.198
5.087
2.847
2.150
4.997
–1,5%
-2,2%
-1,8%
Centro
2.747
2.071
4.818
2.683
2.063
4.746
–2,3%
–0,4%
–1,5%
Mezzogiorno
3.937
2.244
6.180
3.743
2.156
5.899
–4,9%
–3,9%
–4,5%
Italia
13.441
9.458
22.899
13.090
9.330
22.420
–2,6%
–1,4%
–2,1%
Liguria
Fonte: Istat - Rilevazione sulle Forze di Lavoro (Media 2012/Media 2013)
(*)Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti
10
OCCUPATI PER CLASSE DI ETÀ E GENERE
Anno 2013(*)
(valori assoluti in migliaia - valori percentuali)
LIGURIA
Maschi
Femmine
Totale
v.a.
v.%
v.a.
v.%
v.a.
v.%
15-24 anni
11
3,2%
8
2,9%
19
3,1%
25-34 anni
55
16,2%
47
17,3%
102
16,6%
35-44 anni
102
30%
81
29,8%
183
29,9%
45-54 anni
107
31,5%
85
31,3%
192
31,3%
55-64 anni
55
16,2%
44
16,2%
100
16,3%
15-64 anni
330
97,1%
266
97,4%
596
97,2%
65 anni e oltre
10
2,9%
7
2,6%
17
2,8%
Totale
340
100%
273
100%
613
100%
Fonte: Agenzia Liguria Lavoro - O.M.L. Elaborazioni su dati ISTAT.
Rilevazione sulle Forze di Lavoro (Media 2013)
(*)Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti
Dal punto di vista del titolo di studio, i laureati liguri
hanno percentuali più elevate rispetto al dato nazionale (+4,6 punti percentuali).
È interessante notare la variazione dell’occupazione che riguarda i diplomati: se, negli anni scorsi, in
Liguria, il peso di questa componente era maggiore
rispetto al dato nazionale (+1,1 punti percentuali
nel 2012), nel 2013 assistiamo ad un’inversione di
tendenza, con la percentuale italiana superiore di 2
decimi di punti percentuali a quella ligure.
Forte ricorso al partime
In Italia, diminuisce l’occupazione a tempo pieno di
586mila unità (-3,1%) mentre aumenta il part time
involontario (+108mila unità).
In Liguria, il ricorso al part time è più massiccio, arrivando ad incidere per il 19,4% dell’occupazione
complessiva, rispetto al 17,5% medio.
I tassi di occupazione sono in generalizzata diminuzione.
In Italia l’indicatore scende dal 56,8% al 55,6%,
nel Nord Ovest la contrazione è più contenuta, e pari a 6 decimi di punto percentuale, con l’indicatore
che si attesta al 63,8%.
In Liguria, si passa dal 62% del 2012 al 60,7% del
2013.
Aumentano i disoccupati, soprattutto nella fascia
giovanile
Nella media 2013, continua a crescere la disoccupazione che, a livello italiano, sale di 369mila unità
(+13,4%), un dato che si traduce in un numero di
persone senza occupazione pari a 3.113.000. L’incremento riguarda soprattutto giovani under 35 ed
è dovuto, principalmente, a coloro che hanno perso
una precedente occupazione.
Nel Nord Ovest, i disoccupati aumentano di 72mila
unità (+12,1%), con il dato ligure particolarmente
preoccupante: infatti, si passa dalle 56mila alle
68mila unità con un incremento del 21,4% superiore, non solo alla media del Nord Ovest, ma anche
a quella nazionale.
Nella media del 2013, il tasso di disoccupazione
nazionale raggiunge il 12,2%, +1,5 punti percentuali rispetto all’anno prima. Tale incremento riguarda, in maniera omogenea, tutto il Paese – con il
picco del 19,7% del Mezzogiorno – e coinvolge entrambe le componenti di genere. Il tasso di disoccupazione aumenta, anche per gli stranieri, passando dal 14,1% del 2012 al 17,3% del 2013.
Particolarmente preoccupante la situazione dei giovani, con l’indicatore che, nella classe 15-24 anni,
cresce di 4,7 punti percentuali arrivando al 40%.
Nel Nord Ovest, il tasso di disoccupazione sale
dal’8% all’8,9%, mentre, in Liguria, la crescita è di
ben 1,8 punti percentuali, dal 8,1% al 9,9%.
Tasso di disocupazione, situazione piu’ critica tra
i giovani
Continua la crescita di coloro che sono alla ricerca
di un’occupazione, avendone perduta una prece-
11
dente, che rappresentano il 73,8% in Italia, il
78,9% del Nord Ovest e il 77,9% della Liguria.
In Liguria, tra i disoccupati con esperienze pregresse, aumentano solo gli uomini, di 7mila unità mentre le donne rimangono ferme sulle 26mila. Stesso
fenomeno che si verifica tra coloro che sono alla ricerca di un primo impiego: gli uomini sono in crescita di 4mila unità e le donne attestate sullo stesso
valore del 2012.
PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE CON O SENZA ESPERIENZA LAVORATIVA PER GENERE
Anno 2013(*)
(valori assoluti in migliaia - valori percentuali)
Con esperienza
Senza esperienza
Totale
Maschi
Femmine
Totale
Maschi
Femmine
Totale
Maschi
Femmine
Totale
27
26
53
8
7
14
34
33
68
278
247
525
73
68
141
351
314
665
173
180
353
27
40
67
200
220
419
Italia
1.319
978
2.297
382
433
815
1.702
1.411
3.113
Liguria
50,9%
49,1%
100%
53,3%
46,7%
100%
50,7%
49,3%
100%
53,0%
47%
100%
51,8%
48,2%
100%
52,8%
47,2%
100%
49,0%
51,0%
100%
40,3%
59,7%
100%
47,6%
52,4%
100%
Liguria
Nord
Ovest
Nord Est
Nord
Ovest
Nord Est
Fonte: Agenzia Liguria Lavoro - O.M.L. Elaborazioni su dati ISTAT.
Rilevazione sulle Forze di Lavoro (Media 2013)
(*)Per effetto degli arrotondamenti sulle migliaia i totali possono risultare discordanti di un range di 1/3 punti
Considerando i tassi di disoccupazione, congiuntamente alla variabile età, la situazione più critica è
quella dei giovani tra i 15-24 anni, con il tasso
complessivo al 42,1% che sale al 44,8% se si considera la sola componente femminile. All’interno di
questa fascia di età, si segnala come, tra i 20-24
anni, l’indicatore raggiunga il 39,7% complessivo e
sia sempre più elevato per le donne (43,8% contro
36,6% degli uomini). Il tasso va poi diminuendo, al
crescere dell’età, anche se il tasso femminile risulta
sempre più alto di quello maschile, ad eccezione
delle classi 25-34 anni e 55-64.
TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER SESSO E CLASSE DI ETÀ IN LIGURIA
(valori percentuali)
Maschi
Femmine
Maschi
e Femmine
15-24 anni
39,9
44,8
42,1
15-29 anni
30,1
27,8
29,0
18-29 anni
29,4
27,8
28,6
20-24 anni
36,6
43,8
39,7
25-34 anni
15,4
13,0
14,3
35-44 anni
6,8
9,7
8,1
45-54 anni
5,3
9,2
7,0
55-64 anni
6,2
4,8
5,6
35 e più
5,9
8,3
6,9
15 anni e più
9,2
10,9
9,9
Fonte: ISTAT - Rilevazioni sulle Forze di Lavoro (Media 2013)
12
Una sintesi dei dati
Dai dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica,
relativamente alla media 2013, sembra ancora
lontana l’uscita dalla crisi.
In Italia, l’occupazione si attesta sulle 22.420.000
persone, in diminuzione di 479mila unità
(–2,1%), rispetto alla media 2012.
Prosegue il calo dell’occupazione maschile (350mila unità) ma, al contempo, si riduce anche
quella femminile (–128mila unità). La flessione
dell’occupazione riguarda soprattutto i giovani tra
i 15-34 anni (–482mila unità) e i 35-49enni
(–235mila unità); sono invece in crescita gli occupati over 50 (+239mila unità). Sotto i colpi della crisi, prosegue la riduzione dell’occupazione a
tempo pieno (–586mila unità) e l’incremento di
quella a tempo parziale.
L’occupazione è in diminuzione in tutte le aree del
Paese e nel Nord la flessione più consistente è
quella di 90mila unità (–1,8%) del Nord Est. Nel
Nord Ovest assistiamo ad una perdita di 34mila
posti di lavoro (–0,5%) e di questi ben 19mila solo in Liguria, la cui flessione dell’occupazione, tra
il 2012 e il 2013, fa registrare un –3% che riguarda esclusivamente il terziario, con ben 21mila po-
sti di lavoro in meno.
Di pari passo, alla caduta dell’occupazione, cresce la disoccupazione. In Italia i disoccupati superano la soglia dei 3milioni, con un incremento
del 13,4% rispetto al 2012. Anche nel Nord
Ovest sale il numero di coloro che sono alla ricerca di un impiego che, in Liguria, si attestano
sulle 68mila unità, con una crescita del 21,4%
(+12mila unità), rispetto all’anno precedente.
Una variazione da imputarsi quasi esclusivamente alla crescita di 10 mila unità della componente maschile che fa sì che, per la prima volta, la disoccupazione degli uomini superi quella
delle donne.
Anche in Liguria è preoccupante la situazione dei
giovani, con il tasso di disoccupazione giovanile,
tra i 15-24 anni che, nel 2013, tocca il 42,1%.
In tutto il Paese, la situazione è quindi problematica e, per quanto riguarda la Liguria, possiamo dire
come la crisi sia arrivata in ritardo rispetto ad altre
regioni ma, non per questo, si sia mostrata meno
violenta e anzi, senza interventi adeguati, il rischio
è quello di un ritardo nel cogliere eventuali segnali di ripresa dell’economia.
13
L’EVENTO
‘Lavorare ai tempi della crisi’
Un incontro tra pubblica amministrazione
e parti sociali per discutere di apprendistato
e tirocinio
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
Lunedì 17 marzo al Palazzo della Borsa di Genova si è svolto il workshop “Lavorare ai
tempi della crisi”, al quale sono intervenuti anche gli assessori Rossetti e Vesco, nell’ambito del Piano giovani del Fondo sociale europeo.
L
’incontro è moderato dal giornalista Giovanni
Cellini che introduce il tema della mattinata, partendo dai dati ISTAT della disoccupazione che è pari
al 12,9%, percentuale un po’ sopra alla media europea ma inferiore a quella spagnola.
Molto preoccupante la disoccupazione giovanile tra
i 15 e i 24 anni: pari al 42,4%. Da ciò si deduce
che, quando si lascia la scuola, il rischio di diventare neet è alto, il momento di sbandamento riguarda
un po’ tutti.
Sergio Rossetti – Assessore regionale all’Istruzione,
Formazione, Università
Dall’incontro odierno vogliamo cogliere i punti di forza e di debolezza riguardanti le misure dell’apprendistato e dei tirocini, messe in campo dalla Regione
e raccogliere il parere delle associazioni.
La Garanzia Giovani mette a disposizione 27 milioni di euro destinati a supportare i giovani in un percorso che preveda un’opportunità di inserimento
nella scuola, nella formazione e o nel lavoro.
Occorre decidere la strategia di utilizzo di queste risorse, consolidando ciò che esiste, privilegiando la
logica dell’empowerment, uscendo da quella assistenziale, anche per le fasce deboli, per arrivare all’inserimento lavorativo. Abbiamo l’opportunità di
14
dare più dignità alla persona, abbassando al contempo i costi pubblici.
La governance è complicata: si prospetta la nascita
di un’Agenzia nazionale, benvoluta se cercherà di
utilizzare i servizi che già esistono, le risorse a disposizione, infatti, vanno spese al meglio con più
coordinamento.
Il tirocinio rappresenta un momento di crescita, formazione e pre-ingresso nel mercato del lavoro e
non sempre deve essere visto come una modalità
di utilizzo di risorse umane a basso costo. Bisogna
investire sui servizi che si occupano di incrocio tra
domanda e offerta. I Centri per l’Impiego hanno
personale precario e meno operatori di orientamento rispetto alla Germania, dobbiamo potenziare
gli uffici di mediazione al lavoro, darci un modello
che, partendo dalle potenzialità dei servizi pubblici,
dia risposte, limitando, il più possibile, gli adempimenti burocratici.
Maurizio Caviglia – Segretario Generale della
Camera di Commercio di Genova
Da una parte, i giovani hanno necessità di inserirsi
nel mondo del lavoro, dall’altra le imprese hanno
bisogno di conoscere le persone, attraverso un tirocinio, e confermarle successivamente con l’appren-
distato.
Per far funzionare l’incrocio domanda e offerta,
dobbiamo contaminare i sistemi e unire i percorsi
della scuola e del lavoro. Il contributo economico è
utile ma occorre creare occasioni anche attraverso
progetti di alternanza.
Il sistema Excelsior ci dice che le imprese non trovano figure adeguate tra i giovani che cercano occupazione, si tratta di un 90% di profili che, benché
non siano particolari, non trovano riscontro. Quindi
occorre una cerniera tra scuola e lavoro e ci rendiamo disponibili ad avvicinare i due mondi, assieme
alle associazioni di categoria.
scuola lavoro. La formazione fuori dall’azienda
rappresenta, per quest’ultima, un costo, quindi lo
strumento risulta poco appetibile, occorre, invece,
riconoscere la valenza formativa del lavoro e una
premialità per le assunzioni.
Per quel che riguarda il tirocinio, è un errore di base
retribuire quelli formativi, riducendoli di fatto a mini
job. Quanto al bando ‘1000 tirocini’, è importante che
l’azienda possa segnalare un suo nominativo, il rischio è penalizzare il giovane attivo, mettendo in
campo, successivamente, soluzioni poco trasparenti.
Claudio Banci – Responsabile Area Politiche Attive Lavoro Confindustria Liguria
In questo momento, apprezziamo la scelta del bando ‘1000 tirocini’, perché consente all’impresa di
provare una collaborazione a due sensi e permette
una valutazione reciproca in un rapporto che porterà all’inserimento. Occorre valorizzare l’apprendistato soprattutto nel settore artigiano, le associazioni possono essere di supporto all’impresa, soprattutto se piccola, come è spesso il nostro caso. In
questo contesto, la formazione è fondamentale e il
percorso di apprendimento particolarmente lungo,
l’impresa può trasferire competenze anche non formali: è per questo che le va data la possibilità di
erogare la formazione. Le associazioni hanno un
ruolo di ponte tra chi cerca lavoro e chi lo offre,
nell’impresa, il giovane può anche trovare un supporto orientativo e, contemporaneamente, apportare competenze trasversali, utili per il cambiamento.
Le politiche attive prevedono la cooperazione e il
coordinamento tra pubblico e privato, ma occorre
lavorare sulla burocrazia, con il coinvolgimento delle imprese e con la loro responsabilità.
Tre i temi in discussione: i tirocini e l’apprendistato,
il bando regionale.
Inoltre il modello di politica attiva di lavoro va forse
rinnovato. Oggi abbiamo opportunità ingenti grazie
alla Garanzia Giovani, alla legge di stabilità, ai programmi comunitari e, in particolare, l’FSE fino al
2020. Ma stiamo vivendo anche una profonda crisi
occupazionale. Il modello che proponiamo è quello
di una governance pubblica e di una operatività privata, per offrire alla persona una presa in carico a
cura dei CPI, e, successivamente percorsi di formazione attuati da chi ne ha le competenze. Quindi, risorse non solo sul processo, ma anche sul risultato.
Si spendono due miliardi l’anno per le politiche
passive, occorre invece rinforzare quelle attive. Non
dobbiamo stravolgere il sistema, ma mantenere tutti i soggetti già oggi in campo, ognuno con il proprio ruolo, partendo da una seria analisi dei fabbisogni aziendali.
Circa l’apprendistato: i dati dicono che non funziona come dovrebbe, solo il 3% dei disoccupati accede al lavoro, attraverso questo strumento che
ha, quindi, poco successo, vuoi per la crisi, ma anche per la burocrazia e per gli adempimenti richiesti. I dati dicono che funziona meglio dove
esistono già percorsi strutturati di alternanza
Barbara Banchero – CNA Liguria
Luca Costi – Confartigianato Liguria
Confartigianato ha prodotto un video significativo,
cha dà la parola ad una giovane – inserita in un
percorso di formazione, finalizzato all’acquisizione
della qualifica di acconciatore – che ha espresso il
suo entusiasmo e prefigurato le difficoltà della suc-
15
cessiva ricerca di lavoro. In parallelo, un’imprenditrice del settore ha fornito un quadro realistico delle
esigenze della categoria, sottolineando l’importanza dell’esperienza pratica, maturata anche attraverso un tirocinio. Emerge, come la formazione sia utile, se avviene sulla base dei bisogni reali dell’azienda ma come, contestualmente, occorra sostenere i
sogni dei giovani. Tutto ciò con urgenza, per cui occorre dare disponibilità immediata di contenuti per
lavorare anche ai tempi della crisi.
Patrizia De Luise – Confesercenti Liguria
Il tirocinio è uno strumento, ottimo per i giovani, per
conoscere le aziende e capire cosa è il lavoro e per
l’impresa, per valutare prima di scegliere. Presenta
però troppe rigidità e non è aderente alla realtà delle piccole e micro imprese che, pur essendo molto
eterogenee, hanno, comunque, le stesse esigenze
delle altre. Altra rigidità è la selezione, attuata unicamente dai Centri per l’Impiego.
Per quel che riguarda l’apprendistato, una criticità è
rappresentata dallo svolgimento delle ore di formazione al di fuori dell’azienda, sottraendo il giovane
all’esperienza sul campo e ore alla produttività.
Antonio Ornano – Confcommercio Liguria
Esiste una criticità, dovuta al divario tra le conoscenze teoriche e le competenze maturate dal giovane. Si rende necessario intervenire, a livello territoriale, per capitalizzare al massimo la cornice di riferimento nazionale che è in continuo cambiamento. Elemento centrale: la semplificazione burocratica, per agevolare sia le aziende sia i lavoratori
nell’utilizzo degli strumenti.
In particolare, appare molto frammentario il sistema
di inserimento lavorativo dell’apprendistato, dove le
misure di sostegno sono diverse per tipologia e per
area territoriale.
Il tirocinio deve essere uno strumento accessibile a
tutti, ci devono essere controlli e sanzioni in caso di
abuso, senza irrigidire la disciplina.
16
Daniela Borriello – Coldiretti Liguria
Le imprese agricole utilizzano pochissimo il tirocinio e l’apprendistato perché, rispetto alla loro realtà,
la maggior parte delle attività sono a carattere stagionale. L’apprendistato trova un certo utilizzo nei
vivai, dove è necessaria una formazione o una specializzazione.
In controtendenza a quanto accade in altri settori,
sono molti i giovani che manifestano il desiderio di
insediarsi in luoghi agricoli produttivi. Il contatto diretto tra azienda e scuola lo abbiamo in alcuni particolari contesti, come quello agrituristico, dove la
formazione alberghiera trova sbocchi lavorativi.
La pesca è un nostro settore di attività – piccolo ma
qualitativamente importante – dove però non è
previsto né il tirocinio né l’apprendistato. Quest’ultimo, in particolare non viene previsto perché la
Capitaneria richiede, per motivi di sicurezza, l’imbarco di giovani già in possesso di adeguato titolo
di studio e questa è per noi una difficoltà, per superare la quale, chiediamo l’intervento e il sostegno di tutti.
Rosangela Conte – Alleanza cooperativa
Intergenerazionalità è per la cooperazione parola
determinante. È necessario mettere in relazione
giovani e impresa e noi ci proponiamo come collante dell’iniziativa. I ragazzi conoscono poco la realtà cooperativa, e manca, in generale, nella Scuola
e all’Università, la cultura di impresa.
Abbiamo cercato di consolidare e creare reti, in modo da mettere a sistema tutte le opportunità possibili e scambiare le buone prassi per favorire l’autoimprenditorialità dei giovani. Abbiamo aperto sul
territorio sportelli cooperativi per facilitare l’incontro
diretto tra giovani e aziende.
Un altro strumento importante a disposizione è l’affiancamento del lavoratore senior ed un giovane, in
modo da favorire la formazione di quest’ultimo e il
passaggio di competenze del lavoratore più anziano,
nel momento del graduale avvio al pensionamento.
Luisella Dellepiane – Presidente dell’Ordine dei
consulenti del lavoro di Genova e provincia
Ci siamo impegnati, in questo percorso, con un protocollo attivato con la Regione Liguria e, poiché crediamo nei giovani, abbiamo intenzione di aprire
uno sportello dei giovani consulenti a favore dei loro coetanei1.
In fin dei conti, anche i consulenti sono datori di lavoro, pur non essendo aziende ma rappresentandole e scendono in campo per aiutare la nuova generazione. L’età media della nostra categoria, a livello
nazionale è di 45 anni, anche se la Liguria rappresenta un’eccezione, ma il nostro ‘Gruppo giovani’ è
fra i più attivi in Italia.
È importante incrementare il ricorso all’alternanza
scuola-lavoro per dare al tirocinio un’altra valenza,
non si deve abusare di quest’ultimo che è sicuramente un valido strumento sia per l’azienda sia per
il giovane. Una criticità è la selezione del tirocinante
e su questo è legittimo chiedere un ripensamento.
Il freno nell’utilizzo dell’apprendistato è rappresentato dalla formazione esterna all’azienda, è necessario portarla all’interno per favorire, sul luogo di lavoro, lo sviluppo anche formativo della persona. Non
c’è buona occupazione se non c’è buona formazione. Bisogna lavorare insieme: Regione e associazioni per consentire ai giovani di entrare e rimanere nel
mondo del lavoro anche con corsi qualificati.
Roberta Cavicchioli – UIL, in rappresentanza di
CGIL CISL UIL
È necessario che ci sia un progetto entro il quale
inserire il giovane: come parti sociali vogliamo coniugare l’inclusione con la formazione. Gli interventi contro la disoccupazione non devono essere
aleatori ma mirati a rendere permanenti e stabili i
risultati raggiunti, in considerazione del fatto che in
Liguria i disoccupati sono 68mila.
Il tirocinio è stato troppo spesso utilizzato in maniera
impropria; per evitare questi abusi è necessario
monitorarne l’utilizzo.
Nella discontinuità del mondo produttivo, non si deve comunque perdere la cultura del lavoro. Al tirocinante va garantita la formazione, il riconoscimento
economico deve essere mantenuto perché responsabilizza gli attori, inoltre il lavoro flessibile comporta uno sforzo per il lavoratore che deve continuamente riconvertirsi e adeguare le sue conoscenze
e necessita, quindi, di un riconoscimento più elevato per formarsi.
Occorre come detto un sistema di monitoraggio per
capire chi, dopo due o tre anni, rimane in azienda
e facendo che cosa. Va affrontata la problematica
occupazionale degli operatori impiegati nei Centri
per l’Impiego; le funzioni dell’orientamento fanno
capo ad una figura delicatissima, quanto a competenze. Questo ruolo viene svolto senza avere come
riferimento un profilo professionale e la standardizzazione del percorso. In questo modo, l’erogazione
del servizio può risultare molto differente.
Gli interventi
Michele Scarrone – Direttore della Direzione Politiche formative e del lavoro della Provincia di
Genova
Va menzionato il problema istituzionale delle Province, titolari di funzioni delicate e commissariate da
due anni. È opportuno non gettare via le buone
esperienze, ricordando che il dato del 3% riguardante chi trova lavoro attraverso i CPI rappresenta una
media a livello nazionale mentre, a livello territoriale,
i risultati sono nettamente migliori. Bisogna capire
quante risorse sono destinate a questa fase di transizione, ricordando che il lavoro all’interno dei nostri
centri, avviene già in modo integrato tra pubblico e
privato.
Un dato sui tirocini: il 66%, a livello locale, si trasforma in un contratto di lavoro stabile, anche grazie alla capacità degli operatori di instaurare un rapporto
1. Successivamente aperto, ndr.
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fidelizzato con le imprese. Occorre trovare un giusto
equilibrio tra burocratizzazione ed efficienza/efficacia del servizio.
Marco Gaione – Presidente Consorzio Motiva
Il Consorzio si occupa, dal 2006, dei servizi per il lavoro della Provincia di Genova: circa 90 orientatori
lavorano insieme ai dipendenti pubblici presso le
strutture dei CPI, attuando di fatto un’integrazione
che dura da diversi anni. I nostri lavoratori sono assunti a tempo indeterminato, pur operando su appalto; rimane ancora aperto il tema del riconoscimento delle competenze professionali degli operatori di orientamento.
Quello che viene fatto all’interno dei CPI non è solo
trovare occupazione, ma favorire l’occupabilità:
13mila sono i cittadini accolti e orientati, 1000 i tirocini attivati, 6mila i voucher erogati, 438 le attività
di matching.
Monica Sbrana – Perform - Università degli Studi
di Genova
All’interno di più di trenta corsi di laurea si è manifestata la disponibilità a progettare, con le imprese,
i singoli percorsi formativi di alto apprendistato,
un’occasione per le aziende di assumere uno studente universitario, creando un percorso mirato.
Osserviamo tra i nostri studenti una bassa consapevolezza e scarsa conoscenza del mondo delle
imprese.
Il tirocinio curriculare ha una forte valenza formativa e ha numeri elevati: si parla di 2.600 studenti avviati. È obbligatorio ma la maggior parte dei giovani
non ha la consapevolezza della preziosità dello
strumento, anche per un possibile inserimento. Le
imprese chiedono in numero maggiore i tirocini
curriculari perché sono gratuiti, a scapito di quelli
extracurriculari che ora devono essere retribuiti. Il
problema è quello del monitoraggio e della creazione di senso del percorso. Con Italia Lavoro è stato progettato un intervento sui tirocini extracurriculari da cui emerge un aumento della qualità percepita e del tasso di occupazione.
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Conclusioni
Rossetti: si rafforza l’idea di una stretta relazione
tra scuola e lavoro
Tutti concordano sulla necessità che la scuola italiana si apra al lavoro e che non esista più una separazione così netta. La Garanzia Giovani deve essere indirizzata al post qualifica, post diploma e
post laurea. L’aspettativa è sbagliata se pensiamo
che il lavoro intellettuale sia migliore di quello manuale, anche i percorsi triennali danno identità e
consentono di costruire futuri imprenditori.
Ci sono ancora insegnanti che pensano che un
alunno che non raggiunge la sufficienza non possa
impegnarsi nei percorsi di alternanza. In altri Paesi
europei è più importante la velocità di conclusione
degli studi piuttosto che la media dei voti.
L’immaginario televisivo dei luoghi di lavoro può condizionare i ragazzi. In terza media, andrebbero effettuate visite in azienda, poi presenze più strutturate in
impresa, in altri Paesi, spesso, il giovane effettua
un’esperienza di lavoro durante il periodo estivo. Da
noi il problema è culturale le famiglie che lo vedono
come lavoro minorile e diminuzione di status.
Stare in azienda sembra così banale ma non lo è,
anche per i laureati, e nel colloquio di selezione
questo si tocca con mano.
Passiamo agli elementi di criticità: sul Progetto
1000 tirocini probabilmente non si riuscirà a superare la rigidità della selezione. Non si tratta, in realtà, di mettere al centro o le imprese o i ragazzi, ma
la modalità di contatto tra i due mondi, affinché il
giovane e le aziende si parlino. Occorre sicuramente semplificare la burocrazia e riconoscere che la
formazione a distanza è poco utilizzata, mentre andrebbe incentivata. In questo modo non si ridurrebbero le ore di presenza in azienda, entrando nell’ottica che l’aggiornamento formativo non debba essere necessariamente retribuito e quindi in orario di
lavoro. I CPI vanno valorizzati, secondo un nuovo
modello di politica attiva centrata sul risultato, bisogna uscire dall’autorefenzialità e insieme con enti
di formazione e aziende, capire quali sono i fabbi-
sogni, aiutando le imprese ad esplicitarli.
Nel Repertorio regionale delle professioni va definita la figura dell’orientatore.
Le risorse non mancano, tra FSE e FESR ma occorre
una responsabilità collettiva per attuare una buona
programmazione integrata.
Enrico Vesco: la centralità dei servizi pubblici
Se avessimo avuto qui davanti una platea, ad
esempio di giovani, si sarebbe percepito lo stesso
disagio vissuto questa mattina durante l’assemblea
di Piaggio Aeroindustries, dovuto al non poter essere più incisivi sulle opportunità da offrire. Le occasioni di tirocinio lasciano talvolta intravedere condizioni non corrette dal punto di vista dello strumento.
Il pubblico deve mantenere la gestione del servizio
Alternanza in Germania: organizzazione del sistema duale
In Germania, il sistema duale rappresenta una
modalità di alternanza scuola-lavoro con una lunga tradizione; è offerto dal sistema di istruzione ed
è organizzato in due luoghi di formazione: la
scuola, e l’azienda.
L’obiettivo è fornire una preparazione professionale di base, le conoscenze e le abilità tecniche necessarie per svolgere un’attività professionale
qualificata.
Il sistema duale offre circa 350 qualifiche riconosciute, che vengono annualmente implementate
attraverso nuovi ordinamenti; il Ministero federale
per la cultura, l’economia, la ricerca e la tecnologia (BMBF), in stretta collaborazione con le parti
sociali, è responsabile della definizione e della regolamentazione delle nuove figure professionali.
Tale formazione è, fondamentalmente, aperta a
tutti. È necessario avere completato il ciclo dell’obbligo (a seconda dei Länder, dai 15/16 anni in
poi), ma non sono previsti altri requisiti di ammissione. Di fatto, due terzi dei giovani ottengono una
qualifica professionale, nell’ambito del sistema
ed è stata una precisa scelta della Regione quella
di impostare il bando con questi requisiti.
Va fatta una riforma strutturale che preveda le tutele necessarie, ad esempio, nei periodi di non lavoro,
garantendo un’indennità ai precari. In Italia, invece,
gli interventi sono troppo settoriali, non si può pensare agli ammortizzatori sociali, eliminando la cassa in deroga.
Il progetto dei 1000 tirocini non ha accontentato tutti, ma tutti sono stati ascoltati e alcuni sono stati artefici della disciplina. Rimarchiamo la centralità dei
CPI su cui c’è ancora bisogno di investire, ma che
da noi fanno un ottimo lavoro, nonostante il problema, tutto italiano, della precarizzazione. L’organico è
spesso insufficiente per cui è giusto stabilizzare le
risorse e rendere ancora più efficace il servizio.
duale. I corsi possono avere una durata biennale
o triennale, a seconda della professione scelta.
Il Berufsgrundbildungsjahr, che costituisce il primo anno di formazione professionale di base, viene offerto soprattutto dalla Berufsschule (sistema
duale) e, in tal caso, viene considerato come il primo anno di formazione professionale nell’ambito
del sistema duale. Questo anno si può svolgere
nella formula dell’istruzione a tempo pieno o attraverso la combinazione di scuola e formazione
in azienda.
Generalmente, gli studenti passano tre o quattro
giorni alla settimana sul posto di lavoro e due
giorni presso la Berufsschule: questa formazione
è finanziata con fondi pubblici messi a disposizione dal Land o dagli enti locali.
La formazione in azienda è regolata dalle disposizioni legislative specifiche dello Stato federale,
la legge sulla formazione professionale e la normativa sull’artigianato disciplinano il rapporto di
formazione professionale tra il giovane e l’azienda, oltre a tutte le questioni relative alla regolamentazione e all’organizzazione della formazione
professionale.
La formazione si svolge in base a un contratto di
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lavoro fra l’azienda che provvede alla formazione
e lo studente interessato. Un contratto definisce gli
obiettivi della formazione, la durata, le ore di formazione, le modalità di pagamento e la remunerazione dello studente. È prevista la frequenza, a
tempo parziale, di 12 ore settimanali (480 ore) in
classe, 8 delle quali destinate all’insegnamento di
materie specifiche, relative alla professione di cui
si è scelto l’indirizzo.
Le competenze e le conoscenze che devono essere acquisite nel corso della formazione vengono definite in una lista di requisiti, riferiti alla singola professione, mentre contenuti e tempi della
formazione sono stabiliti in un programma quadro, inserito nel programma specifico di formazione dell’azienda di riferimento.
Anche i contenuti previsti per la Berufsschule vengono fissati in un programma quadro definito congiuntamente, con una procedura coordinata, dalle
autorità federali e dei Länder, in accordo con i datori
di lavoro e i sindacati. Il programma quadro stabilisce le aree di insegnamento, gli obiettivi educativi, i
contenuti dei corsi e le linee guida relative all’orario.
Le disposizioni legislative che stabiliscono il contenuto minimo dei corsi per ciascuna professione
nascono, con validità per tutto il territorio nazionale, dalla collaborazione tra i responsabili della formazione professionale (organizzazioni autonome
regionali e settoriali, rappresentanti dei vari settori
dell’industria e del commercio, Camere di commercio e dell’industria, Camera dell’artigianato,
Camera dell’agricoltura, ecc.). La validità a livello
nazionale dipende dall’omogeneità della formazione offerta per ogni professione regolamentata;
la formazione deve, infatti, rispondere ai requisiti
di ogni professione, per consentire l’aumento della mobilità e della flessibilità dei lavoratori qualificati. L’adeguatezza delle aziende e del personale
responsabile della formazione viene accertata e
costantemente monitorata dagli organi competenti rappresentativi dei vari settori, che svolgono
anche un’attività di controllo sulla preparazione e
20
sulla qualità della formazione. Tra le loro funzioni
rientrano, inoltre, l’attività di consultazione e il riconoscimento del percorso di formazione in
azienda intrapreso nella circoscrizione di loro
competenza.
La responsabilità della pianificazione, della gestione e del percorso di formazione, ma anche del
reclutamento dei formatori è del Consiglio dei rappresentanti degli imprenditori (Betriebsrat).
Le attività di formazione sul luogo di lavoro vengono finanziate dalle aziende, mentre il percorso
scolastico nell’ambito della Berufsschule viene
sovvenzionato dai Länder.
Valutazione e certificazione
Il sistema duale prevede un esame intermedio alla fine del secondo anno e un esame finale al termine degli studi, composto da una prova pratica
e da una prova teorica scritta. Entrambi i tipi di
prova sono articolati in modo che gli studenti possano dimostrare di saper applicare le conoscenze
acquisite a situazioni concrete.
Gli esami sono gestiti dalle autorità responsabili
della formazione professionale.
Gli studenti che hanno completato con successo la formazione nell’ambito del sistema duale
e superato con profitto l’esame finale, conseguono un diploma che ne certifica la qualifica
di lavoratore specializzato, di assistente commerciale o di artigiano qualificato. Allo stesso
tempo, la Berufsschule rilascia un certificato di fine studi se lo studente ha raggiunto almeno risultati soddisfacenti in tutte le discipline.
Gli studenti che hanno completato la formazione
professionale nell’ambito del sistema duale sono
pronti per intraprendere una professione; infatti, la
formazione sul luogo di lavoro li ha abituati a ogni
aspetto del mondo del lavoro. Nella maggior parte
dei casi, al completamento della formazione in alternanza, gli studenti trovano lavoro nelle stesse
aziende dove hanno svolto la formazione pratica.
Fonte: www.indire.it
ISTRUZIONE / FORMAZIONE / LAVORO
Le novità sui poli
tecnico-professionali
Saranno dieci i poli tecnico-professionali e sette
i settori di sviluppo su cui Regione Liguria, Istituti
tecnici, enti di formazione e aziende hanno intenzione di puntare nei prossimi anni per rendere efficaci i percorsi formativi e assicurare un lavoro ai
giovani. È questo l’orientamento assunto dalla
Regione Liguria, approvando l’elenco dei soggetti
che hanno aderito alla manifestazione di interesse per la costituzione dei poli tecnico- professionali e potranno così condividere risorse pubbliche e private del sistema educativo ed economico. I 10 soggetti usciti dalla valutazione delle proposte di manifestazione d’interesse hanno 60
giorni di tempo per andare a costituire le reti di
parternariato. Sette sono i settori economici individuati: servizi alla persona, agro-alimentare,
meccanica, professioni del mare e della logistica,
efficienza energetica e tecnologie verdi, turismo
e sviluppo delle tecnologie per la cultura, la comunicazione e l’informazione. Il provvedimento
approvato punta a valorizzare il contributo delle
imprese nella definizione dei fabbisogni formativi,
a portare nelle aule le competenze del lavoro e
ad aprire i percorsi di istruzione tecnica e professionale con visite e stage in azienda, rafforzando
il rapporto tra il sistema dell’istruzione e della formazione e i sistema della ricerca tecnologica più
avanzata.
Il polo tecnico-professionale “Rotta po.l.are”.
Si chiama così il nuovo polo di formazione universitaria tecnico-professionale universitaria legato
all’economia del mare che è stato presentato a Palazzo San Giorgio nel corso della tavola rotonda su
“reti e sinergie per una Liguria blu”. Porto, logistica
e mare sono stati i temi dibattuti nell’incontro che
ha affrontato le nuove opportunità di sviluppo e occupazione per i giovani che possono derivare dalla
blue economy.
Il Polo ligure dell’Energia
Il 17 aprile 2014 si è costituito il Polo Tecnico Professionale Ligure del risparmio ed efficienza energetica, ai sensi della legge 40/2007, del Decreto
Interministeriale 7 febbraio 2013 e della DGR Regione Liguria n. 358 del 14/02/2014. Si tratta di
una rete costituita da 32 soggetti del mondo del
lavoro (Aziende, Consorzi di Imprese, Società Cooperative) e del mondo dell’istruzione (Università,
Istituti Scolastici, Enti di Formazione), finalizzata a
costruire occasioni di incontro funzionale tra filiera produttiva e filiera formativa intorno alle tematiche del risparmio energetico e dello sviluppo sostenibile da energie rinnovabili. L’obiettivo è favorire l’integrazione tra mondo scolastico, universitario, professionale e imprenditoriale, al fine di
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promuovere lo sviluppo socio economico del territorio. Questi gli enti coinvolti:
> Scuole: Ipsia Gaslini – Meucci, Ipsia Odero, Ipsia
Mazzini Da Vinci, Iiss Fortunio Liceti, Iis Cairo
Montenotte
> Enti di Formazione: Aesseffe Agenzia Servizi Formativi, For di Paolo Tubino & C. Sas, Ente Forma,
Societa’ Cooperativa Consortile Signum S.R.L,
Associazione Cnos-Fap Liguria Toscana
> Università degli Studi di Genova: Dipartimento
di Scienze Architettura (DSA), Dipartimento di Ingegneria navale, elettrica, elettronica e delle telecomunicazioni (DITEN), Dipartimento Scienze
Politiche (DISPO)
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> Aziende: AG-TS Srl, Agevolazione Ricerca E Sviluppo Srl, Duferco Energia Spa, Tau Logic Srl, Sargo Societa’ Cooperativa, Ing. Luciano Leucari &
F.Lli Srl, Habitaria Srl, Termosanitari Zolezzi Srl, Sicurcalor Snc, Lapis S.R.L., Articolo 27 Soc. Coop
Sociale
> Organizzazioni & Cooperative: C.F.L.C. Consorzio Formazione Lavoro Cooperazione Soc.Coop.,
A.F.I.T Associazione Formazione Idraulici del Tigullio, Societa’ Cooperativa Co.E.So., Heliosgreen
Foundation, Istituto Casacerta, Casaclima Network Liguria
EDUCAZIONE E FORMAZIONE
Apprendimento permanente
e sistema territoriale integrato
La prima riunione del tavolo tecnico
di apprendimento non formale
A cura di Paola Castellazzo
È del dicembre 2012 l’Intesa, approvata in Conferenza unificata, riguardante le politiche
per l’apprendimento permanente. In essa, sono contenuti gli obiettivi dell’apprendimento
formale, non formale, informale. L’intesa istituisce il Tavolo interistituzionale, riunitosi a
maggio scorso: in quell’occasione, il Coordinamento della IX Commissione ha approvato
il piano di lavoro da portare avanti per la realizzazione delle priorità.
Il 31 marzo, nella sede della Regione Liguria, si è
svolta la I riunione del Tavolo tecnico sull’apprendimento non formale, alla presenza dell’Assessore regionale all’Istruzione e formazione e al Bilancio
Sergio Rossetti e dell’Assessore regionale alle politiche sociali Lorena Rambaudi. Una prima riunione
che nasce dalla necessità di far dialogare i diversi
soggetti che si occupano di apprendimento permanente non formale e di individuare le necessità e le
linee di lavoro.
“In Italia, da un punto di vista culturale, sono centinaia le iniziative messe in campo ogni giorno non
riconosciute e prive quindi delle relative certificazioni delle competenze – spiega l’assessore Rossetti
– Tuttavia le competenze “non formali” devono diventare spendibili nel mondo del lavoro. Bisogna
continuare a lavorare affinché siano riconosciute a
livello italiano e all’interno del quadro europeo”.
Se dall’Intesa sull’apprendimento permanente del
2012, è stata fatta tanta strada per creare momenti
di confronto sulle diverse modalità di apprendimento – formale, non formale e informale – è anche vero che tanto resta da fare, in primis “un censimento
delle realtà esistenti, fatto tramite un’articolata intervista che possa metterne in luce caratteristiche,
potenzialità e difficoltà – spiega Furio Truzzi, coordinatore del Tavolo tecnico – l’avvio di un processo di
accreditamento e di un ragionamento sulla realizzazione e sull’uso del libretto formativo come strumento importante in vista della certificazione delle
competenze”.
“Certificare le competenze per noi sarebbe un’opportunità – sottolinea Cristina Torrisi, responsabile
per l’Università popolare Don Orione – I tanti ragazzi che frequentano i nostri corsi potrebbero
spendersi le competenze acquisite sul posto di lavoro”. Stessa valutazione positiva anche dall’Università popolare Età libera – Uniauser che, con Umberto Marciasini, sottolinea come “un buon risultato sarebbe valorizzare e far conoscere cosa c’è
già e chi opera sul territorio, anche perché queste
realtà coinvolgono migliaia di persone di tutte le
età. Se riuscissimo ad aprire una finestra su questo
mondo, a darle visibilità attraverso il censimento e
l’iscrizione su un registro ad hoc per le associazioni che offrono processi formativi non formali, sarebbe un ottimo punto di partenza per capire chi
sono, cosa fanno e avviare poi una fase di accreditamento che porti al libretto formativo e alla certificazione delle competenze”.
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Tante le buone prassi che è giusto valorizzare e i
progetti in essere di cui discutere,“tra le attività che
ad oggi stiamo portando avanti, nella cui efficacia
crediamo molto, penso all’accordo stipulato da poco con l’Inps – spiega l’assessore Rambaudi – che
prevede che ci vengano indicati i nominativi delle
persone prossime alla pensione così da poterle intercettare prima che termini il loro rapporto di lavoro. L’idea è quella di veicolare loro informazioni (volontariato, iniziative sul territorio...) per seguire e sostenere il passaggio al pensionamento, all’età libera e quindi all’invecchiamento attivo”.
Da tutti però emerge un’esigenza comune, molto
sentita anche dai due assessorati coinvolti: “Vorrei
che si aiutassero anche le realtà più piccole a crescere- conclude Rossetti- perché possono essere
un importante presidio sul territorio, culturale e sociale, aggregativo. Ma, d’altra parte, è importante
definire con chiarezza chi fa che cosa, e con quali
competenze, valutando anche la qualità dei servizi,
in un’ottica di rete, messa a sistema e valorizzazione dell’esistente”.
Ed è proprio sulla creazione di una rete regionale
che si ragionerà nel prossimo tavolo tecnico convocato per il 30 aprile.
L’apprendimento permanente
La Commissione Europea definisce l’apprendimento permanente come “qualsiasi attività di apprendimento, avviata in qualsiasi momento della vita, volta a migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze in una prospettiva personale, civica, sociale e/o occupazionale”.
Già dal novembre del 2006, con Decisione n.
1720/2006, il Parlamento e il Consiglio europeo
hanno istituito uno specifico programma sull’apprendimento permanente. Gli Stati membri sono
stati sollecitati ad adottare strategie e programmi
che traducano in realtà i principi dell’apprendimento permanente e delle sue modalità.
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In Italia, si parla, in maniera esplicita, di apprendimento permanente solo con la Legge di riforma
del mercato del lavoro n. 92/2012, dove, per la prima volta, si ribalta la prospettiva della centralità
dei servizi a favore della centralità della persona
e del suo diritto all’apprendimento in ogni fase
della vita.
L’Intesa, approvata in Conferenza unificata nel dicembre del 2012, riguarda “le politiche per l’AP e
gli indirizzi per l’individuazione dei criteri generali
e le priorità di promozione e il sostegno per la realizzazione delle reti territoriali”. In questo senso si
delineano gli obiettivi della policy: efficacia delle
politiche attive, integrazione dei servizi, potenziamento delle azioni e strutturazione di un sistema
nazionale di orientamento permanente; si individuano anche le priorità che prevedono: l’ampliamento della platea dei soggetti coinvolti, il potenziamento delle attività, lo sviluppo delle competenze, l’accesso e il miglioramento della pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione al mercato del lavoro.
Obiettivi e priorità che mettono in luce le carenze
del nostro sistema che, quindi, individuano chiaramente i temi urgenti su cui operare: le reti territoriali
dei servizi come ossatura del sistema di apprendimento permanente; l’orientamento lungo tutto l’arco della vita; il sistema di individuazione e validazione degli apprendimenti e di certificazione delle
competenze; un sistema informativo ai fini del monitoraggio, della valutazione, della tracciabilità.
Pertanto, il sistema dell’apprendimento permanente
si riferisce e comprende gli ambiti di apprendimento formale, non formale, informale. L’intesa definisce e istituisce anche il Tavolo interistituzionale, con
funzione di raccordo e di monitoraggio degli interventi previsti, che si articola in gruppi tecnici di lavoro. In occasione della riunione del Tavolo, (maggio 2013), il Coordinamento della IX Commissione
ha approvato un piano di lavoro che ha definito due
finalità: la definizione del sistema nazionale AP e la
garanzia della coerenza delle elaborazioni e dei risultati dei gruppi tecnici di lavoro.
Il quadro normativo
Apprendimento permanente
> Legge 28 giugno 2012, n. 92 recante Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
> Decreto interministeriale del 13 febbraio 2013
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
di concerto con il Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della ricerca che recepisce
l’Intesa in Conferenza Unificata del
20/12/2012, riguardanti le politiche dell’apprendimento permanente e gli indirizzi per l’individuazione di criteri generali e priorità per la
promozione e il sostegno alla realizzazione di
reti territoriali, ai sensi dei commi 51 e 55
dell’art. 4 della L. n. 92/2012
Certificazione delle competenze
> Decreto legislativo del 16 gennaio 2013 n.13
recante definizione delle norme generali e dei
livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti
non formali e informali e degli standard minimi
di servizio del sistema nazionale di certificazio-
ne delle competenze, a norma dell’art. 4 comma 58 e 68 della legge 28 giugno 2012, n.92
> Decreto interministeriale (MLPS MIUR) del 13
gennaio 2014 di costituzione del Comitato Tecnico Nazionale ai sensi dell’art. 3, c.5,
d.lgs.1372013 del 16 gennaio 2013
Orientamento permanente
> Decreto interministeriale del 13 febbraio 2013
del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali
di concerto con il Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della ricerca che recepisce l’Intesa in Conferenza Unificata del 20/12/2012
concernente la definizione del sistema nazionale sull’orientamento permanente
> Accordo in Conferenza Unificata del 5 dicembre 2013 recante la “Definizione delle linee
guida del sistema nazionale dell’orientamento
permanente”
Dorsale informativa unica
> Vedi Legge 28 giugno 2012 n.92 art. 4 c.51 in
“Norme primarie generali”
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SICUREZZA SUL LAVORO
Sicurezza sul lavoro e inserimento
di fasce deboli, azioni
di formazione agli operatori
I percorsi formativi e di sensibilizzazione attuati
all’interno di un progetto Leonardo
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria1
Lo scorso 26 marzo, presso l’Auditorium della Regione Liguria si è tenuto il convegno
“Sicurezza sul lavoro: percorsi formativi e politiche aziendali per organizzazioni socialmente responsabili”, a conclusione delle azioni di trasferimento di innovazione realizzate
in Liguria, nell’ambito del progetto “Getting Health & Safety Across Europe - H&S@WORK”
(Lifelong learning programme – 2007-2013 – Leonardo da Vinci).
Ha introdotto la mattinata e moderato l’incontro
Massimo Terrile, Direttore di Agenzia Liguria Lavoro
che ha sintetizzato le attività peculiari del progetto.
Il convegno rappresenta la conclusione di un percorso formativo, rivolto ai lavoratori pubblici e privati
che si occupano di inserimento lavorativo di fasce
deboli e svantaggiate, sulla sensibilizzazione al tema della sicurezza sul lavoro, previsto dal progetto
‘Getting health’ che prevede anche un’azione di
sensibilizzazione sul tema della salute e sicurezza
rivolta agli studenti e realizzata con il Centro Alcoologico regionale - IRCCS San Martino. L’intervento,
in questo ambito, ha riguardato incontri orientativi
rivolti agli studenti, con l’obiettivo di diffondere la
cultura della salute e della sicurezza, in un’ottica di
prevenzione.
L’altro target scelto è la cooperazione, segmento rilevante del mercato del lavoro che va valorizzato: si
sono approfonditi vari aspetti, tra cui la figura del
socio lavoratore, promotore attivo nell’indicare
obiettivi di impresa, ma coinvolto anche in attività
produttive, analoghe a quelle delle imprese tradizionali. Attraverso il confronto e il dialogo tra esperienze diverse, emergono elementi di rilievo e indicazioni per mettere a regime un sapere e offrire risposte utili.
Enrico Vesco – Assessore Politiche attive del lavoro e dell’occupazione
Il tema della sicurezza sta molto a cuore all’Amministrazione regionale che ha messo in atto un sistema di informazione per far crescere la cultura
della sicurezza e definire l’ambito delle responsabilità. Importante per il segmento della cooperazione, portatore di una sensibilità particolare. Laddove
il lavoro è precario, il lavoratore è meno tutelato e
più soggetto al rischio, anche dal punto di vista
della salute. Il fenomeno è ancora più evidente rispetto al lavoro nero, dove i lavoratori non possono
vantare nessun diritto, poi si pensi al caso degli extracomunitari, legati al lavoro per rimanere nel no-
1. Agenzia Regionale per i Servizi Educativi e del Lavoro, nata ad aprile dalla fusione di Agenzia Liguria Lavoro e ARRSU
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stro Paese. Ecco, quindi, la centralità del lavoro, regolare e sicuro. Quando si pone l’accento su responsabilità sociale, si parla di rispetto dei principi
sociali e ambientali ad ampio spettro, significa dare un contributo positivo al livello sociale, garantendo la competitività a lungo termine. Nell’attività
sia pubblica sia privata, occorrono oggi comportamenti che rispondano a tutte le esigenze dei portatori di interesse. Il prodotto non può essere solo
apprezzato per il dato intrinseco, ma anche per la
sua storia. Questo è un elemento ormai centrale:
l’impegno etico dell’impresa è dentro alla catena
del valore.
volgendosi a due target fondamentali, studenti e
lavoratori, con attenzione a quelli fragili. Pur essendo questo un programma provinciale che si sviluppa su un tema cruciale, quindi tarato rispetto alla
zona territoriale che ha bisogni specifici, ha un’attenzione verso bisogni più ampi. Il progetto terminerà a novembre di quest’anno, sono stati costruiti
moduli formativi e informativi e non tecnici per
esperti. Non si può parlare direttamente di sicurezza sul lavoro ai giovani, ma occorre intervenire sulla percezione e sulla cura di sé, degli altri e dell’ambiente. Il progetto non terminerà ma proseguirà con Erasmus +.
Monica Mannucci – Assessore alle Politiche comunitarie, Qualità sociale, Volontariato, Cooperazione internazionale
Raffaela Gallini – esperta di politiche di genere
Gli incidenti sul lavoro nascono anche da forme di
disagio che non vengono intercettate. Dal progetto,
si comprende quanta importanza dia la UE a questi
temi, i bandi europei mirano a diffondere e a far
praticare comportamenti ritenuti strategici. È ormai
chiaro come il profitto debba correre parallelamente allo sviluppo sociale. Il valore aggiunto del progetto è che si rivolge ai giovani, fin dalla scuola, per
iniziare da subito la trasmissione del valore della sicurezza che riguarderà l’ambiente di lavoro ma prima ancora investe la famiglia, la scuola, l’ambiente
urbano: la base di partenza è far vivere in modo sano la persona. Il concetto passa se lo si apprende
da subito, prima ancora di entrare nel mercato del
lavoro.
Maria Giovanna Lotti – Coordinatrice di progetto
– Provincia di Livorno Sviluppo
Da 12 anni sul territorio livornese è attivo un piano
provinciale per comunicare la sicurezza sul lavoro,
anche se è sempre drammatico il numero di incidenti, ma ciò non deve scoraggiare, pensando di
non poter incidere più di tanto. Con questo progetto, si è cresciuti, incrementando metodologie e ri-
Ad avere più incidenti sono i giovani al primo impiego, perché si sentono forti e spavaldi.
Diverso è l’impatto a seconda del sesso, ad esempio le attrezzature antinfortunistiche sono state
studiate rispetto alla componente maschile, in
agricoltura, i dispositivi non si sono dimostrati
adeguati con una conseguente incidenza di tumori più alta tra le donne. Pensiamo, poi, alla cabina di guida di certi mezzi che è progettata per gli
uomini con successivi problemi all’apparato muscolo – scheletrico.
Anche l’INAIL sta affrontando il tema della sicurezza in un’ottica di genere. Ricordiamo che il TU
81/2008 ridisegna una vecchia normativa: la legge 626/94 non contemplava la differenza di genere se non in caso di maternità e poco altro; poi, le
cose cambiano a seguito dello sviluppo del concetto della qualità del lavoro, ci si pone l’obiettivo
di abbassare l’impatto anche degli stereotipi. Quello della sicurezza è ancora un campo in cui dover
combattere anche per avere dati disaggregati rispetto al genere. È stato dimostrato che gli infortuni accadono spesso alle donne, perché sempre di
corsa e più distratte da problemi familiari, di qui il
breve passo verso lo stress lavoro - correlato. Un rischio è rappresentato dallo scarso equilibrio tra la
vita e il lavoro.
27
Tra le problematiche, abbiamo il basso valore del
lavoro, la segregazione di genere, la ripetitività delle
mansioni, la difficoltà di carriera, il carico e i ritmi di
lavoro, la carenza di comunicazione e i rapporti sul
lavoro che, talvolta, sfociano in maltrattamenti e violenza; ma sono pochi i casi denunciati. Altri fattori:
la bassa retribuzione, la mancata partecipazione alla formazione, il clima, una leadership di tipo maschile. Ci sono indicatori che individuano stress: eccessivo turnover, trasferimenti, giorni di malattia.
Si possono utilizzare strumenti e azioni, all’interno
degli ambienti di lavoro, che possono intervenire
sul benessere organizzativo. Sul sito del Ministero,
è pubblicata una sezione dedicata alle buone prassi in fatto di sicurezza, si prevedono anche sgravi rispetto ai premi INAIL, ma sono presenti a tutt’oggi
solo due prassi di genere: a volte, le soluzioni da
applicare sono semplici e banali.
Luciano Gallo – Professore a contratto nell’Università di Firenze ed Avvocato in Roma
L’articolo 26 del TU 81/2008 è il più importante e
prevede l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi e degli oneri della sicurezza aziendale.
Il codice dei contratti pubblici è la madre legislativa
di tutto. L’obbligo della stazione appaltante prevede
l’elencazione dei rischi che i dipendenti possono
subire nello svolgimento del loro lavoro; anche se
nel corso dell’esecuzione dell’appalto possono variare le condizioni. Gli oneri della sicurezza specifici
per l’appalto sono costi veri, fisici. Molte le sentenze
riguardo a che cosa succede se non vengono indicati; possono venire annullate intere sentenze di
gara. Il tema degli oneri è importantissimo rispetto
alla congruità dell’offerta.
Circa la qualità della cooperazione: l’offerta di un
servizio deve contemplare la qualità complessiva.
L’esecuzione deve avvenire a regola d’arte anche
rispetto all’ambito sicurezza. La qualità ha un prezzo e un costo, non è possibile che sia insensibile a
questi parametri. Ed è tema importante anche nei
casi di contenzioso, è elemento centrale nell’ap-
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provvigionamento di beni e servizi, è pervasiva in
tutto il processo.
Sicurezza e qualità possono essere considerate sullo stesso piano: lo stabilisce il codice dei contratti
pubblici, a questo proposito, si possono stipulare
protocolli d’intesa per declinare l’offerta economicamente più vantaggiosa.
Città dei servizi: è questo a cui occorre tendere e,
per perseguire questo obiettivo, ci vuole ‘sdegno e
coraggio’ come dice Sant’Agostino.
Valerio Balzini – Rappresentante di Alleanza Cooperativa
L’Alleanza Cooperativa rappresenta l’ultima novità
interessante, è una realtà composta dalle tre centrali: Legacoop, Confcooperative, AGCI. Crediamo
che il mondo cooperativo abbia sue specificità ma
svolga un importante lavoro comune. Tra le peculiarità di questo ambito, rientrano soprattutto la cooperazione sociale e l’inserimento lavorativo.
In questi ultimi anni il lavoro è stato invocato ma
anche umiliato e banalizzato con la diffusione della
precarietà e dell’atipicità. Il lavoro è l’elemento centrale della formazione, dell’identità, della strutturazione della persona e della cittadinanza soprattutto
all’interno della cooperazione.
Spesso la cooperazione non è conosciuta, ancora
meno quella di tipo B che si occupa di inserimento
lavorativo, legata ad un progetto più ampio, non solo di lavoro, ma di riassestamento della vita complessiva di alcuni lavoratori inseriti. L’interesse a far
crescere la cooperazione riguarda tutti, perché mira
a creare condizioni personali e sociali, soddisfacenti per la collettività: le cooperative B rappresentano
una soluzione innovativa, di valore non solo per i
singoli individui.
La pluralità degli intenti non è conseguita occasionalmente, ma fa parte di un know how specifico e
continuativo. Sono però imprese come le altre, nate
in un momento di interventi di politiche attive del
lavoro ancora carenti e in piena logica di collocamento. Hanno offerto, nel tempo, reddito e progetti
Il progetto “Getting Health & Safety Across
Europe- H&S @WORK”
Agenzia Liguria Lavoro è capofila del progetto con
un partenariato composto:
> per l’Italia da Provincia di Livorno Sviluppo, Provincia di Livorno, Sfera Srl,
> per la Francia da Pôle Emploi Corse,
> per la Gran Bretagna da Oake Associates Ltd,
> per la Polonia da Danmar Computers,
> per la Danimarca Green Network.
Obiettivo del progetto
Per contribuire alla riduzione degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, il progetto intende trasferire i risultati del programma “Comunicare la sicurezza” alle altre organizzazioni europee partner.
‘Comunicare la Sicurezza’ è un’iniziativa della
Provincia di Livorno, gestita da Provincia di Livorno Sviluppo e finanziata dal FSE, attiva da oltre
10 anni.
“H&S@WORK”aggiorna ed implementa su scala
europea i prodotti e gli strumenti di ‘Comunicare
la Sicurezza’ attraverso l’attività di Trasferimento di
Innovazione (ToI).
L’azione di trasferimento di innovazione (ToI)
Sono coinvolti nell’azione, oltre ai partner di progetto, gli attori dei sistemi di istruzione e formazione professionale, le parti sociali, i sindacati, le
aziende pubbliche e private e le scuole dei diversi
territori destinatari delle attività di ToI, con azioni di
sensibilizzazione, orientamento, informazione e
formazione rivolte ad aziende e Istituzioni e a insegnanti e studenti.
L’Azione coinvolge i partner italiani Agenzia Liguria
Lavoro e Sfera, il partner polacco Danmar Computer e il partner francese Pole Emploi Corse che, nel
periodo settembre 2013 – marzo 2014, hanno
realizzato azioni di sensibilizzazione, orientamen-
to, informazione e formazione sul tema della salute e sicurezza sul lavoro.
Le azioni in Liguria
Trasferimento di innovazione rivolta alle
Aziende/Istituzioni
A seguito di una analisi dei fabbisogni, condotta
con i principali soggetti di riferimento del sistema
istituzionale ligure (Regione Liguria, INAIL, Associazioni di categoria del settore della Cooperazione, ASL, …) e in riferimento agli obiettivi del
‘Piano Sociale Integrato Regionale della Liguria’,
è emersa la necessità di sviluppare un intervento
di sensibilizzazione – formazione – informazione
che avesse come focus principale il tema della
sicurezza sul lavoro in riferimento agli inserimenti lavorativi di fasce deboli e svantaggiate da rivolgere a:
> lavoratori del terzo settore, delle imprese del
mondo della cooperazione sociale (tipo A e B)
> operatori pubblici dei servizi delle 5 ASL della
Liguria e tutor/operatori dei Distretti Socio Sanitari impegnati nell’attuazione delle politiche
socio lavorative indicate dal P.S.I.R., nonchè operatori delle Politiche attive del lavoro, che si
occupano di inserimenti al lavoro di fasce
svantaggiate.
Trasferimento di innovazione rivolta agli studenti
Si stanno organizzando incontri di orientamento
rivolti a studenti degli Istituti scolastici secondari
superiori del territorio con l’obiettivo di diffondere
la cultura della salute e della sicurezza in un’ottica di prevenzione.
L’iniziativa è organizzata insieme al Centro Alcoologico regionale – Regione Liguria – IRCCS San
Martino.
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di vita. Ovviamente si sta parlando di cooperazione
vera, intesa come strumento antitetico all’assistenzialismo mirata a far evolvere la persona.
È per questo che la cooperazione va sostenuta
dalla normativa, perché partner di coesione e non
solo fornitrice di lavoro. In Liguria, la Regione ha approvato il TU sulle norme del Terzo settore in cui le
cooperative sociali vengono riconosciute soggetti
privilegiati nella fornitura di beni e servizi. La strada
degli atti pubblici è spesso stata tracciata dall’inerzia, per questo, si sta lavorando ad un manuale che
definisca la procedura da utilizzare per gli affidamenti. Ma non si opera in chiave di protezionismo,
ma riconoscendo l’efficacia della cooperazione.
Il dibattito fra gli operatori
Nell’ambito del convegno, Gianrenato De Gaetani
di Agenzia Liguria Lavoro ha esposto alcuni temi affrontati durante il percorso di formazione/aggiornamento sul tema della sicurezza sul lavoro per ciò
che concerne l’inserimento lavorativo di fasce deboli e svantaggiate. All’incontro erano presenti, tra
gli altri, i partecipanti all’azione di trasferimento di
innovazione rivolta agli operatori delle istituzioni e
delle cooperative, occupati in questo settore.
In particolare, un elemento di riflessione è stato che
cosa contraddistingue, anche dal punto di vista della copertura assicurativa e della sicurezza, il tipo di
inserimento, che può essere sociale o lavorativo,
30
nell’ambito della permanenza all’interno dell’azienda.
Gianrenato De Gaetani ha poi posta in luce l’importanza di effettuare una formazione di base sulla sicurezza alle persone seguite dai servizi sociali, anche attraverso le modalità dell’e-learning.
Cinzia Catzeddu – Regione Liguria, Dipartimento
Salute e Servizi Sociali, Servizio famiglia, Minori,
Giovani
Mette in evidenza, in risposta agli operatori, le modalità di lavoro nella stesura del nuovo piano sociale integrato (PSIR) e della normativa in merito. L’approccio scelto non è stato burocratico ma si è fondato sulla condivisione e il dialogo. È stata messa
mano ad una situazione complessa e non affrontata se non a livello locale, sono stati effettuati tutti i
passaggi formali ma la situazione non è ancora
chiara, rispetto alle interpretazioni: l’obiettivo è legato all’inclusione sia lavorativa sia sociale. C’è da
parte della Regione la disponibilità ad affrontare i
problemi reali posti dagli operatori e creare ancora
occasioni di incontro per far emergere i problemi
secondo un approccio di ascolto attivo e di confronto. Gli operatori partecipanti alla formazione
possono portare integrazioni e modifiche, visto che
la tipologia di utenza e di interventi è molto vasta e
non standard. Sicuramente le aziende, all’atto dell’inserimento, non possono essere caricate di altre
responsabilità oltre alla competenza professionale.
SERVIZI SOCIALI
‘Una rete per il lavoro di cura’,
un convegno fa il punto
sui servizi alla persona
Tra gli obiettivi, potenziare l’incrocio domanda
e offerta e fare emergere il lavoro irregolare
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
La redazione di Forum ha seguito i lavori della mattinata e ne riporta una sintesi. L’incontro si è svolto lo scorso 31 marzo all’Istituto Nautico di Genova.
Domenico Vitetta – Regione Liguria
Antonella Ferrini – Ministero del lavoro
La sperimentazione del progetto ‘Rete SAP’ è stata
realizzata dalla Regione Liguria, con il coinvolgimento delle Province liguri, in sinergia con i distretti
sociali. Circa gli uffici regionali, capofila il sevizio
politiche sociali integrate (Dirigente Daniela Mortello) e, vista la forte presenza dell’utenza straniera, il
settore immigrazione della Regione Liguria. Italia
Lavoro ha supportato le attività di coordinamento
tra i settori. È opportuno ricordare la L.R 7/2007,
che favorisce l’integrazione dei cittadini stranieri e
che esprime una forte sensibilità verso questa fascia di cittadinanza.
Ecco, in sintesi, gli obiettivi del progetto: qualificare,
a livello professionale, i lavoratori/lavoratrici che
operano nel settore dell’assistenza familiare; favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro domestico, molto variegato, nel rispetto della legalità e
dell’ufficialità; qualificare l’assistenza alle famiglie
che ricorrono ai cittadini extracomunitari per il lavoro di cura; intercettare il lavoro nero, favorendo
l’emersione di quello domestico e la regolarizzazione dei lavoratori. Si tratta di risultati – difficili e differenti – legati alla sfera della persona e della famiglia, alla ricerca di un aiuto affidabile.
Il Ministero del lavoro ha promosso il programma
per qualificare i servizi di assistenza alla persona,
che è uno dei bacini di lavoro per gli immigrati. Riguarda tutto il territorio nazionale, secondo due linee correlate, a seconda della zona geografica (al
sud, è attivo anche il progetto ASSAP). Tra gli obiettivi del progetto: arrivare al riconoscimento delle
competenze e stanziare fondi per supportare le famiglie, anche attraverso voucher. Questo, secondo i
due obiettivi prioritari individuati da Bruxelles: occupabilità e occupazione, formazione per assistenti
familiari.
La qualità dei servizi è al centro del sistema, così
come le competenze specialistiche. L’Italia deve alzare il tasso di cura domiciliare e costruire un modello di rilevazione dei fabbisogni. Il lavoro preliminare si è fondato sull’analisi delle caratteristiche
del mercato del lavoro e sulla programmazione
coerente con i flussi migratori.
È stato apprezzato, rispetto al lavoro delle Regioni,
e in particolare della Regione Liguria, il fatto che,
sin dall’inizio, assessorati differenti hanno collaborato sia nella fase di progettazione sia nell’organizzazione. Sono state raggiunte le mete della forma-
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La rete SAP – Servizi alla persona
La Regione Liguria, in attuazione di un Accordo
di Programma per la realizzazione di interventi
in materia di Servizi alla Persona, sottoscritto
con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale dell’Immigrazione e
delle Politiche di Integrazione, promuove lo sviluppo di un piano di interventi per rispondere alle esigenze delle famiglie e degli operatori della
cura, in particolare gli assistenti familiari, qualificandone l’intervento, attraverso la valorizzazione dell’azione sinergica e collaborativa dei soggetti territoriali interessati: istituzioni, mondo del
terzo settore, cooperazione sociale e associazioni di categoria.
Si tratta di un progetto trasversale, che coinvolge
più assessorati regionali, ovvero l’Assessorato alle
Politiche attive del lavoro e dell’occupazione,
dell’immigrazione e dell’emigrazione, trasporti,
l’Assessorato alle Politiche sociali, terzo settore,
zione degli operatori, l’incrocio tra d/o, il sostegno
alle famiglie che hanno regolarmente assunto questa tipologia di lavoratori.
Ester Dini – Censis
In Europa c’è molta attenzione verso il tema sociale
e della cura, perché destinato a sviluppare un grosso potenziale occupazionale, anche nel futuro. Molti Paesi europei stanno cercando di strutturare un
settore che è spesso frammentato e poco conosciuto, con un impatto fiscale ed economico che
tenta di trovare strumenti per compensare un costo
che pesa esclusivamente sulle famiglie.
Si prevede un decennio di crescita per il lavoro a
domicilio: si parla di mezzo milione di lavoratori in
più (per anziani, bambini, gestione della casa). I
saldi occupazionali continuano ad essere positivi,
anche in questi anni difficili: di qui al 2030 si prospettano più di 500mila unità, anche se, forse per il
32
cooperazione allo sviluppo, politiche giovanili, pari
opportunità e l’Assessorato alle Risorse finanziarie e controlli, patrimonio e ammistrazione generale, istruzione, formazione, università. L’azione
progettuale si inquadra in un più ampio piano
strategico, teso a valorizzare il lavoro di cura, favorendo l’incrocio tra le famiglie che esprimono
il bisogno e le assistenti familiari che offrono lavoro, in un contesto di garanzie, qualità e tutela
per assistiti e lavoratori.
In collaborazione con le Province di Savona, Imperia e la Spezia e con i Distretti Sociali, sono stati
attivati o implementati punti di accesso territoriali
pubblici o in regime di convenzione, i quali provvedono all’erogazione dei servizi di orientamento,
incontro domanda/offerta per il lavoro di assistenza e cura, informazione e consulenza nella gestione del rapporto di lavoro, assistenza alle famiglie
per necessità di sostituzioni temporanee dell’assistente familiare, formazione e qualificazione degli operatori familiari.
perdurare della crisi, il trend non potrà essere mantenuto. Il tema è di rilevanza nazionale, rappresenta
dunque un volano occupazionale, uno sbocco anche per gli italiani, soprattutto al sud. Si sta, però,
contestualmente, aprendo un punto interrogativo
sulla sostenibilità economica di un settore che è in
capo alle famiglie.
È stata effettuata una ricerca, sulla base di 1500 interviste a collaboratori e a 1500 famiglie, con un’insufficienza campionaria per la Liguria, ma rappresentativa per il nord, dove abbiamo un settore con
molti extracomunitari, un livello di strutturazione
maggiore rispetto al sud e maggiore propensione
dei collaboratori a collocarsi sul mercato. Il settore
è in crescita, soprattutto al nordovest, i profili sono
cresciuti, così come la professionalità: il 40% lavora
per due o più famiglie. Quasi il 17% è specializzato
su lavoro di cura per persone anziane e non autosufficienti, il 20% lavora per agenzie, il 33% è iscritto ad elenchi, il 21% ha frequentato un corso spe-
cifico. Il passaparola è ancora lo strumento più utilizzato e si è abbassata la quota di lavoratori irregolari: dal 2008 al 2012 il tasso complessivo di irregolarità totale è passato dal 39% al 27%. Al nord,
la percentuale degli irregolari è scesa dal 32% al
10%, molto più alto al sud. Il livello di tutele vede il
nord più garantista, il 70% ha riconosciute le ferie,
il 50% la liquidazione, c’è un’attenzione crescente
(il 61,3%) ai profili legati a percorsi finalizzati allo
svolgimento della propria attività professionale.
Non si tratta, quindi, più di lavoro marginale, ma siamo, comunque, ancora in un contesto che deve crescere di reputazione. Si assiste ad un ricambio con
lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. Molti vogliono continuare a svolgerlo, e lo ritengono gratificante dal punto di vista economico. Al nord la formula lavorativa è più professionale, è più sviluppato
il tema della formazione (elementi di fisioterapia e
pronto soccorso, ad esempio). Ma le famiglie sono
comunque in difficoltà, anche in regione Liguria: i
nuclei che hanno usufruito di queste prestazioni sono scesi da 67.000 a 61.000, dal 2005 al 2011: il
costo impatta sull’economia familiare per il 30%,
pochi hanno accesso a contributi pubblici, c’è poca
informazione sugli sgravi, cosicché due famiglie su
tre hanno oggi difficoltà a coprire le spese e hanno
ridotto consumi di altro tipo o intaccato il patrimonio familiare o si sono indebitati; ci sono addirittura
famiglie in cui un membro rinuncerà al lavoro per
dedicarsi all’assistenza di un familiare. Alcuni, in
sintesi, non potranno più permettersi l’assistenza (il
17,8% al nord).
Grande importanza, quindi, riveste il tema della
conciliazione e colpisce, spesso, la scarsa attenzione su questo fronte. Occorreranno misure quali il
voucher o le detrazioni fiscali, a sostegno delle famiglie, per far fronte a questo problema.
Giorgio Sambin – Provincia di Savona
Era necessario mettere mano ad un settore caratterizzato da grande incertezza: l’aver iniziato un
percorso di ufficializzazione è stato molto importan-
te, visto che si sta trattando di un lavoro, per sua natura, ‘intimo’, a casa, un servizio delicato che coinvolge persone fragili. E poi, spesso, il passaparola
non sempre funziona. Purtroppo, un’economia in
declino fatica ad avere attenzione verso il sociale.
Il progetto di Savona ha messo a punto un modello
organizzativo, per valorizzare il lavoro di tutti i soggetti, garantendo un’emersione del lavoro sommerso, creando un servizio di d/o. Ha coinvolto il Distretto 7 e comuni limitrofi, insieme a CGIL, CISL, UIL. La
rete è stata progettata pensando alla sostenibilità
ed è, comunque, ancora sperimentale.
Pier Luigi Viola – Provincia della Spezia
Parlare di qualità del lavoro di cura è indice di civiltà della comunità, significa avere presente il tema
dell’esclusione, non solo quello della povertà. Sono
stati coinvolti molti soggetti diversi: assistenti familiari, anziani/disabili, famiglie: al centro, comunque,
la persona. Il progetto si è fondato su principi quali:
cure appropriate, aiuto concreto e morale, attenzione, interesse, rispetto, comprensione. Il registro degli
assistenti è presso il CPI di Spezia, e i risultati – rilevanti – sono dovuti al lavoro di squadra, alla capacità di costruire una rete forte che trova espressione
nel tavolo dell’inclusione sociale. Si auspica che il
SAP non sia punto di arrivo ma di partenza e che ci
siano risorse per proseguire il lavoro.
Domenico Vitetta per la Provincia di Imperia
La rete ha operato in modo simile alle altre Province coinvolte. Sono stati effettuati due interventi formativi rivolti agli operatori dei CPI, patronati, distretti
sociali, cooperative. Sono stati aperti tre sportelli
presso i CPI di Imperia, Sanremo, Ventimiglia, con
erogazione di contributi alle famiglie (340 euro)
che hanno regolarizzato il contratto dei lavoratori.
Un altro corso di formazione ha coinvolto gli assistenti familiari: sono state formate 12 persone in
tutto; inoltre, è stato attivato il registro pubblico di
questa figura.
33
Daniela Mortello – Regione Liguria
Si è intrapresa una collaborazione tra il settore immigrazione e quello sociosanitario.
Ecco alcuni dati liguri: la nostra cultura è più orientata verso l’assistenza a domicilio per gli anziani;
50/60.000 badanti sono presenti sul nostro territorio, per 51.000 disabili e 64.000 anziani a rischio
disabilità, altri stimano 40.000 non autosufficienti.
La spesa pubblica complessiva è di circa 328 milioni; l’indennità di accompagnamento INPS è pari
a 300 milioni; la spesa delle famiglie per l’assistenza è di 900 milioni, di cui 120 per ricoveri in istituto.
Stanno crescendo le lavoratrici italiane, ora anche
qualche lavoratore.
Il progetto ha rafforzato le sinergie tra le strutture, in
particolare la connessione tra i distretti sociali e i
CPI; l’integrazione delle misure per famiglie, secondo logiche di filiera, il registro degli assistenti familiari che si è consolidato alla Spezia, ma che poi ha
preso campo anche altrove, rendendo trasparente
il processo.
L’altra area di lavoro ha riguardato la formazione, con
una revisione del percorso, che era stato definito nel
2006, nella direzione della modularità. Ora si pone
attenzione al riconoscimento dei crediti e alla certificazione delle competenze. Il corso di formazione per
assistente familiare è di 200 ore, parecchie, anche
tenendo conto del tipo di ocupazione: si parla di persone che lavorano e che si devono staccare dalla famiglia che seguono. Molti sono gli operatori che si
sono formati sul campo o già formati, attraverso corsi
brevi che non vanno ‘snobbati’, ma che occorre ‘mettere in filiera’, riconoscendo le competenze già acquisite, eliminando, magari per alcuni, le ore d’aula.
A volte, si può sostenere solo l’esame finale.
Nel registro, sono pochi gli operatori già in possesso del titolo, quindi si sta ragionando per sezioni di
cui una per chi ha già maturato esperienza, ma non
possiede il titolo.
L’obiettivo è superare il welfare ‘fai-da-te’ per cui le
famiglie sono abbandonate a se stesse. Occorre lavorare su un maggiore livello di riconoscimento di di-
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ritti e doveri, con un’attenzione a ricondurre la spesa
delle famiglie ad un sistema regolato da garanzie.
L’obiettivo è promuovere occupazione, anche nuova
imprenditoria, un buon terreno di sviluppo se si concentra l’attenzione ai problemi e alla riduzione della
spesa sanitaria (si parla di incasso di 600-900 euro
per la degenza ospedaliera al giorno, per malato).
Si illustra, adesso, sinteticamente, il progetto di assistenza ‘Meglio a casa’, dedicato ad anziani fragili,
esempio di assistenza e di occasione di lavoro/sviluppo economico, finanziato con un milione di euro
dal Ministero. Le persone sono intercettate presso alcuni pronto-soccorso, ed identificati con una griglia
semplice, poi valutati entro 48 ore dal NATT (Nucleo
Integrato di Assistenza Tutelare Temporanea). I casi
vengono segnalati, di norma, a consorzi di cooperative sociali, effettuando un incrocio tra d/o, (lasciando la scelta alla famiglia alla quale viene presentata
una rosa di candidature); gli anziani vengono assistiti a casa propria, con una mensilità a carico del
progetto e una prosecuzione eventuale a carico delle famiglie. L’assistente può essere sostituito nel caso che non soddisfi le esigenze; viene effettuata una
supervisione, espletate le pratiche amministrative
(contratto, busta paga, ecc.). L’AF è assunto dalla famiglia, ma la figura è garantita da un soggetto terzo.
Ecco qualche dato sul progetto: il 50% dei contratti
viene prolungato, costa il 12% in più del contratto di
una qualsiasi badante. Sono stati valutati dal NATT
570 pazienti, 125 quelli seguiti, 120 gli operatori assunti. Sarebbe auspicabile che nascesse un’associazione di AF per superare l’atomizzazione attuale.
Chiara Franciosi, Settore politiche sociali – Provincia della Spezia
Il progetto SAP ha perseguito tre elementi fondamentali: l’ampliamento della rete territoriale, l’integrazione
socio-sanitaria e la formazione degli operatori. È stato
impostato un metodo diverso, che ha unito la parte
lavoristica con quella sociale. La scelta effettuata è
stata fatta sul versante della costruzione di un welfare
più ampio, non solo relativo ad un servizio di incrocio
d/o (e all’importantissimo fattore dell’emersione), ma
anche per dare maggiore spessore al lavoro di cura:
ora c’è un registro pubblico e una rete attiva.
Pietro Bianchini – psicologo
Sono stati formati gruppi di assistenti familiari, per
far loro condividere le esperienze e il vissuto che
presenta aspetti legati alle difficoltà tipiche di relazioni complesse che ruotano attorno all’assistito,
condivise comunque da altre professioni e presenti
anche in altri contesti aziendali: sono problematiche relative alla comunicazione, alla formazione,
allo scontro tra esigenze lavorative e personali, alla
dequalificazione delle lauree spesso possedute;
un’attenzione particolare ha riguardato il burn-out,
analizzandone caratteristiche, prevenzione, gestione e riconoscimento del fenomeno procurato dallo
scollamento tra aspirazioni personali e realtà professionale e gestione delle responsabilità.
L’obiettivo di fondo è stato quello di mettere a disposizione uno spazio di ascolto, di recupero psicologico, di formazione informale, partendo dall’apprendimento reciproco, per risolvere le conflittualità,
inevitabilmente presenti, attraverso la capacità di
gestione di relazioni simmetriche/complementari.
I risultati raggiunti sono stati i seguenti: funzione informativa, relativamente al registro provinciale delle
AF, supervisione specialistica, integrazione delle politiche lavorative e sociali. L’ideale potrebbe essere
la creazione di uno sportello, all’interno dei CPI, per
stabilizzare i servizi, presso cui l’utenza può trovare
esperti, a cui rivolgersi. Sarebbe forse opportuno
poter contare su incontri mensili, per analizzare casi particolarmente complessi. Vale la pena mettere
in evidenza che l’intervento può essere applicato
anche ad altri contesti lavorativi.
Silvia Miano – Distretto sociale della Val di Vara
La zona riguarda otto piccoli comuni, costituiti da frazioni e case sparse, con bisogni di un intervento professionale, ma in cui non mancano elementi di im-
provvisazione, vista la tipologia di territorio e di problematiche. Il primo fattore importante: l’inquadramento professionale, all’interno di cooperative sociali, per dare dignità a questo tipo di lavoro. Inoltre, poi
la formazione, necessaria, vista l’emergenza di nuove fasce di persone a rischio povertà ed emarginazione. E l’attenzione ai bisogni formativi più trasversali deve essere pari a quella di tipo assistenziale.
Robiglio, Ratto, Vasta – Rete SAP Savona
È stata, tramite il progetto, potenziata la rete di servizi
alla persona, con tutti i soggetti che già lavoravano
in questo ambito. Due sono i livelli organizzativi: il comitato di pilotaggio per il coordinamento (Provincia
di Savona, CGIL, CISL, UIL, e distretti sociosanitari), il
gruppo tecnico, con compiti operativi, costituito da
21 operatori che hanno rapporto con l’utenza.
Sono state organizzate 24 ore in aula, per mappare
l’esistente, quindi i servizi territoriali presenti.
Il secondo momento ha riguardato il matching, il terzo, l’individuazione dei punti di accesso per l’utenza.
Gli sportelli danno servizi alle persone, alle famiglie
e agli operatori, in particolare segnalano nominativi,
forniscono assistenza fiscale, e attivano procedimenti e pratiche per l’assunzione; gli AF ricevono colloqui
di approfondimento, mediazione, formazione.
Questi i traguardi raggiunti: sperimentazione di un
modello sostenibile, comunicazione integrata tra
operatori e monitoraggio congiunto cha ha favorito
la taratura della rete, fino ad approvare un documento che istituisce un modello operativo.
Lorena Rambaudi – Assessore Regione Liguria
Il metodo seguito è stato la connessione tra uffici
regionali e territorio. Deve essere, per forza di cose,
questo il focus, non ci devono più essere settori separati, anche presso i tavoli ministeriali – e questo
è un dato condiviso da tutte le Regioni.
Le idee ci sono, manca la costruzione di un sistema, dobbiamo lavorare sulle relazioni e con visioni
di insieme, convergendo su ottiche comuni.
35
Come Regione, abbiamo lavorato proprio così: tra
assessorato alle politiche sociali, al lavoro, alle politiche per la casa. Il Piano sociale, varato ad agosto
scorso, ha avuto questi input. Solo con questo approccio, si possono oggi dare risposte.
Il lavoro di cura ha una duplice veste: di chi è curato
e di chi cura. Occorre immaginare nuovi modelli di
presa in carico, perché abbiamo una storia che penalizza la domiciliarietà. Occorre superare la schizofrenia tra sociale e sanitario, la cura è un concetto concreto, mette insieme tutele e salute che vanno coniugate con i servizi, per rispondere a questi requisiti. Il
fenomeno delle badanti è trasversale agli altri servizi,
occorre dare più opzioni alle famiglie, offrendo loro
un mix di proposte; dobbiamo avere modelli più flessibili. Dal punto di vista di chi cura, abbiamo necessità
di riconoscere il lavoro di chi assiste un proprio familiare in casa, valorizzandolo anche economicamente,
ma poiché si tratta spesso di donne, questo rischia di
creare un conflitto e penalizzare la loro libera scelta.
Ci sono attività di formazione sul territorio, ma l’offerta dovrebbe essere integrata; le organizzazioni
sono diverse, per cui diverse sono le tutele: si parla
di ben nove contratti di lavoro e anche questo andrebbe rivisto: faciliterebbe il compito e ridurrebbe
la discrezionalità, scalzando il problema del minimo ribasso (stiamo proprio cercando di elaborare
un manuale su tutte le forme di affidamento).
Si parla di un pezzo del nostro welfare quindi dobbiamo cercare di far spendere con appropriatezza
le poche risorse possedute dalle famiglie.
Il progetto rappresenta una bella esperienza che
fornirà l’indirizzo da seguire. Ora abbiamo una forte
alleanza e stimoli da parte dell’Europa: gli assi devono sempre di più essere trasversali (le risorse per
l’inclusione sociale passeranno dal 4 al 20%) ed è
perciò necessario uno sforzo nuovo. Occorre prescindere dagli schematismi, anche perché la società attuale è difficile, a maggior ragione per le fasce
deboli, bisogna, quindi, eliminare quante più barriere possibili all’utilizzo dei servizi. La formazione
specialistica per qualificare la figura non basta più,
il lavoro di cura sarà più impegnativo, più faticoso e
più ‘raffinato’, tutto orientato alla persona. In Liguria
esiste, comunque, una cultura dei servizi, tante idee
in campo e servizi di qualità. E questo va detto.
Il programma
Introduzione
> Enrico Vesco, Assessore alle Politiche attive del lavoro e
dell’occupazione, politiche dell’immigrazione e dell’emigrazione, trasporti
Le politiche regionali: attuazione dell’Accordo
di programma in materia di servizi alla persona
> Antonella Ferrini, Dirigente Divisione III Direzione
Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione
- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Le linee strategiche nazionali per sviluppare sistemi regionali di azioni integrate per il contra-
36
sto al lavoro sommerso e la qualificazione dei
servizi assistenziali
> Ester Dini, Responsabile Settore lavoro - Fondazione CENSI
Un modello previsionale del fabbisogno di servizi alla persona nel mercato del lavoro italiano
> Giorgio Sambin, Assessore alle Politiche del lavoro e
formazione - Provincia di Savona
La rete integrata dei servizi alla persona
> Pier Luigi Viola, Dirigente Provincia della Spezia
l ruolo della Provincia nell’integrazione tra politiche sociali e politiche del lavoro
> Daniela Mortello, Claudia Telli, Servizio Pianificazione
e Programmazione delle Politiche Sociali Integrate - Regione Liguria Coordinamento del tavolo: “La rete e i servizi. Integrazione con le politiche sociali”
Politiche sociosanitarie per la non autosuficienza
> Chiarella Franciosi, Funzionario Politiche Sociali Provincia della Spezia
Il lavoro di cura verso il welfare di comunità
> Pietro Bianchini, Psicologo
Assistenti familiari a confronto: il ruolo dei gruppi
di condivisione
> Silvia Miano, Coordinatrice ATS Distretto Val di Vara
Formazione nel servizio Sociale
> Margherita Robiglio, Referente Tecnico “Progetto RETE
S.A.P.” - Provincia di Savona
> Katia Ratto, Referente Tecnico Progetto “Approccio sociale
alle persone fragili in condizioni di criticità” - Distretto Sociale 7 Savonese
Progetto Rete Sap Provincia di Savona e integrazione Dimissioni Protette
> Patrizia Vasta, Direttore organizzativo Cooperativa Sociale
Santa Rita
Testimonianza
> Lorena Rambaudi, Assessore alle Politiche sociali, terzo
> Giulia Sergiampietri, Associazione Val di Magra
Formazione
> Giulia Garra, Isforcoop La Spezia
Programmazione dei percorsi individualizzati e
misure di accompagnamento previste dal Progetto
> Mario Giannoni, Associazione Val di Magra Formazione
Attivazione di una piattaforma tematica FaD per
l’erogazione delle UFC tematiche relative alla figura dell’Assistente Familiare
> Floriana Vettori, Coordinatrice Residenze protette
Distretto socio sanitario 18 della Spezia
> Monica Ferrari, Coordinatrice servizi assistenza
domiciliare ASL 5 Spezzino
Commissione provinciale valutazione crediti:
un’esperienza di lavoro d’equipe, metodologie e
strumenti di valutazione
> Patrizia Vasta, Cooperativa Santa Rita
Esperienza Progetto dimissioni protette
> Domenico Vitetta, Settore Politiche del lavoro e delle
migrazioni
Coordinamento del tavolo:
“Le politiche del lavoro”
> Barbara Delbono, Segreteria CGIL Responsabile Politiche
Sociali delegata al Progetto S.A.P.
> Simone Mara, Responsabile CISL delegato al Progetto
S.A.P.
settore, cooperazione allo sviluppo, politiche giovanili, pari
opportunità
> Clarke Ruggeri, Segreteria UIL Temp delegato al Progetto
L’integrazione e la rete delle politiche regionali.
Prospettive future
Le politiche d’incrocio a sostegno dell’emersione
> Elisabetta Garbarino, Responsabile del Progetto Il
Laboratorio delle professioni di domani – Agenzia Liguria Lavoro
Coordinamento del tavolo: “La formazione e le
competenze”
> Roberto Sebastiani, Funzionario Formazione
professionale – Provincia della Spezia
UFC sperimentazione e aggiornamento per le figure professionali del lavoro di cura. Nuova programmazione FSE
S.A.P.
> Stefania Rizzieri, Funzionario Provincia Savona –
Osservatorio del mercato del lavoro
Il lavoro in provincia di Savona: un quadro d’insieme
> Laura Ruocco, Funzionario Centro Impiego – Provincia
della Spezia
Il Centro per l’impiego: incrocio domanda /offerta
> Ermelinda Torre, Centro Impiego – Provincia della Spezia
Progetti SAP e Inpdap
> Federica Zanello, Coordinamento operativo Rete
job center
Progetto SAP - L’esperienza della Rete job center
37
Maurizio Ambrosini
Diego Coletto
Simona Guglielmi
Perdere e ritrovare
il lavoro
L’esperienza
della disoccupazione
al tempo della crisi
Nell’Italia della crisi sono in molti ad aver perso
il lavoro e a doverne cercare uno nuovo. È un problema che attraversa le diverse condizioni sociali
e biografiche: uomini e donne, giovani istruiti e
operai anziani, quadri ben retribuiti e lavoratori
manuali, italiani e immigrati. Ma dei disoccupati,
del loro vissuto, delle loro ansie, delle loro pratiche
di ricerca di una nuova occupazione, del loro rapporto con i servizi per l’impiego, si sa in realtà
molto poco. Di tali argomenti si occupa questo libro che presenta i risultati della prima indagine
approfondita, realizzata in Italia sull’esperienza
della disoccupazione in età adulta. Svolta da
un’equipe del Dipartimento di Scienze Sociali e
Politiche dell’Università di Milano, la ricerca, utiliz-
38
R U B R I C A
IN LIBRERIA
zando tecniche qualitative e quantitative, ha affrontato i seguenti temi: le visioni della disoccupazione, delle sue cause e della possibilità di uscirne; gli effetti sulla vita familiare e personale; i canali utilizzati e il successo nel ritrovare il lavoro; il
vissuto di disoccupati appartenenti a gruppi socialmente fragili; le funzioni effettivamente svolte
dai centri per l’impiego e l’intreccio tra schemi
d’azione formali e informali nei rapporti tra operatori e beneficiari.
Maurizio Ambrosini è professore ordinario di Sociologia dei processi economici nel Dipartimento di
Scienze Sociali e Politiche dell’Università di Milano
e chargé d’enseignement nell’Università di NizzaSophia Antipolis.
Diego Coletto è ricercatore in Sociologia dei processi economici e del lavoro nel Dipartimento di
Sociologia e Ricerca sociale dell’Università degli
Studi di Milano-Bicocca.
Simona Guglielmi è assegnista di ricerca nel Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano.
Fabio Paglieri
Saper aspettare
Il Mulino – Bologna – 2014
Saper aspettare è una virtù. Ce lo sentiamo ripetere spesso: «Devi portare pazienza!», «Non essere
impulsivo!», «Non avere fretta!». Perché è così importante saper aspettare? Come mai è così diffi-
La valutazione
della scuola
A che cosa serve e perché
è necessaria all’Italia
Laterna – Roma – 2014
Rigorosa, condivisa, comprensibile: così la valutazione può migliorare la scuola.
Non è la bacchetta magica, ma un moderno sistema di valutazione può aiutare la scuola italiana a
rinnovarsi, evitando i rischi di declino. Come? Fornendo analisi per capire le debolezze del nostro sistema d’istruzione e le ragioni dei suoi ritardi.
Offrendo a ciascuna scuola strumenti di diagnosi
per fare meglio il proprio lavoro e migliorare i risultati degli studenti. Infine, mettendo a disposizione
delle famiglie efficaci bussole per orientarsi.
Ne è convinta la Fondazione Agnelli, che arriva a
questo rapporto dopo un lungo percorso di ricerca.
cile farlo? Quali sono i costi e le sofferenze dell’attesa? Ma, a volte, aspettare diventa un vizio,
quando cincischiamo e perdiamo tempo. La pigrizia, però, si può vincere: l’uso strategico delle scadenze - anche di quelle più insidiose - può, ad
esempio, aiutarci a tenere fede agli impegni. La
doppia faccia dell’attesa, vera e propria chiave di
volta per pianificare il tempo e raggiungere i nostri obiettivi.
Fabio Paglieri è ricercatore presso l’Istituto di
Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr di
Roma. Per il Mulino dirige la rivista «Sistemi intelligenti».
Non mancano certo i dilemmi da affrontare. Chi valutare? I singoli docenti, le scuole, il sistema scolastico nel suo complesso? Con quali strumenti?
Quale uso fare dei risultati della valutazione? E, soprattutto, come costruire il consenso e guadagnare
la fiducia degli insegnanti, superandone le resistenze? Per la prima volta un quadro esauriente della
valutazione della scuola in Italia e le soluzioni possibili, a partire dalle evidenze che vengono dalla ricerca, dall’esperienza internazionale e dalle sperimentazioni nazionali.
La Fondazione Giovanni Agnelli di Torino da quasi
50 anni interpreta il cambiamento della società e
gli scenari del futuro dell’Italia, attraverso gli strumenti della ricerca sociale.
Dal 2008 i suoi programmi guardano ai nodi critici della scuola e dell’università, nella prospettiva di un rinnovamento del nostro sistema d’istruzione. Nel catalogo anche Rapporto sulla scuola
in Italia 2009, Rapporto sulla scuola in Italia
2010, Rapporto sulla scuola in Italia 2011 e I
nuovi laureati. La riforma del 3+2 alla prova del
mercato del lavoro.
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Forum110-03dic 03/12/14 12:35 Pagina 40
Lello Savonardo
Bit generation
Culture giovanili, creatività
e social media
Contributi
Franco Angeli – Milano – 2013
I giovani, con i loro linguaggi, sono tra i principali
protagonisti dei mutamenti sociali che caratterizzano la contemporaneità. Questo volume si sofferma
sulle forme di produzione e fruizione culturale che
investono le nuove generazioni nell’era digitale. Le
veloci trasformazioni sociali e culturali si esprimono attraverso una continua produzione di nuovi
linguaggi. Per comprendere le dinamiche e i processi della società contemporanea è necessario
conoscerne le rappresentazioni simboliche, le forme di socializzazione e le innovazioni culturali. I
giovani, con i loro linguaggi, sono tra i principali
protagonisti di tali mutamenti. Il volume si concentra sulle forme di produzione e fruizione culturale che investono le nuove generazioni nell’era
digitale. A partire da un inquadramento teorico,
presenta i risultati di un’indagine, condotta dall’Osservatorio Giovani dell’Università degli Studi
di Napoli Federico II, sui consumi e le culture giovanili che caratterizzano la città. Centrale è il processo di costruzione sociale dell’immaginario individuale e collettivo, che si esprime anche attraverso attività creative, consumi culturali e inedite
forme di socialità mediate dall’uso delle tecnolo-
40
gie digitali. La creatività giovanile nutre la produzione culturale, ma anche l’economia, liberando
e promuovendo l’effervescenza artistica, determinando significativi momenti di aggregazione e
animando le risorse produttive della realtà urbana. Il connubio giovani-creatività rappresenta una
risorsa significativa su cui fare leva per progettare
e realizzare efficaci strategie di sviluppo economico, oltre che culturale e artistico. Inoltre, l’evoluzione tecnologica muta profondamente il rapporto
delle nuove generazioni con gli istituti tradizionali
della cultura, nonché il loro approccio alla conoscenza, alla socialità e alla partecipazione politica. I giovani sono tra i principali fruitori della Rete,
protagonisti di una software society immersa
sempre di più in una software culture. È possibile
dunque parlare di una Bit Generation che, anche
attraverso le tecnologie digitali, esprime nuovi linguaggi, inedite forme comunicative e innovativi
processi culturali.
Lello Savonardo insegna Teorie e tecniche della
comunicazione e Comunicazione e culture giovanili presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove
coordina l’Osservatorio Giovani. È Segretario Generale e componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS). Tra le
sue principali pubblicazioni: Sociologia della Musica. La costruzione sociale del suono, dalle tribù
al digitale (Torino 2010); Figli dell’incertezza. I giovani a Napoli e provincia (Roma 2007); Cultura
senza élite. Il potere simbolico a Napoli nell’era
Bassolino (Napoli 2003).
L’INTERVISTA
Crowdfunding:
uno strumento innovativo
per finanziare idee, progetti
e imprese
A cura di Laura Barbasio
In maniera un po’ provocatoria, potrebbe essere
considerato un buon antidoto contro il credit
crunch. In realtà, il crowdfunding è uno strumento
per finanziare non solo attività imprenditoriali in fase di start up ma anche idee, progetti e iniziative
promosse sia dai privati sia dalla Pubblica Amministrazione. Diffuso in tutto il mondo, in particolare nei
paesi anglosassoni, consente a chi ne fa uso di raccogliere, tramite internet, fondi offerti dai privati per
destinarli agli impieghi più svariati che vanno dall’ambito sociale a quello culturale.
Benché se ne parli molto poco, è uno strumento di
tutto rispetto. Basta dare un’occhiata alla cifre per
rendersene conto. Nel 2012, negli Stati Uniti, ha
mosso un giro di affari di 3 miliardi di dollari, in Italia di 11 milioni di euro. E, secondo gli economisti,
deve ancora dare il meglio di sé. La Banca Mondiale stima, infatti, che entro il 2025, attraverso il
crowdfunding potrebbero essere raccolti tra i 46 e i
5.047,6 miliardi di dollari l’anno, di cui almeno la
metà saranno utilizzati per finanziare l’avvio di nuove attività di impresa.
Per conoscere meglio questo strumento e per sapere come utilizzarlo, la redazione di Forum è andata
a parlare con Walter Vassallo, esperto di progetti e
politiche europee e autore del libro ‘Il crowdfunding
nell’era della conoscenza’, pubblicato con Franco
Angeli
Letteralmente il termine crowdfunding fa riferimento alla raccolta di fondi tramite la folla. Ma di
che cosa si tratta con precisione?
Detto in maniera semplice, è un modo per raccogliere denaro facendo ricorso a donazioni volontarie da parte degli internauti ai quali, attraverso la rete, si fa conoscere l’iniziativa da realizzare. Al di là
di questa definizione generica, esistono quattro
macro modelli di crowdfunding. Il più discusso recentemente è l’equity-based benché, nel nostro
Paese, rappresenti meno del 10% del totale. È disciplinato dal regolamento attuativo pubblicato dalla Consob a fine marzo 2013, entrato in vigore a luglio, con il quale l’Italia è diventato il primo Paese
europeo ad avere una legislazione ad hoc nell’ambito dell’equity. Il regolamento Consob, sebbene sia
concentrato esclusivamente sul modello equity, ha
avuto il grande vantaggio di stimolare ulteriormente
il dibattito sul crowdfunding e soprattutto di portarlo
all’attenzione delle istituzioni e dei media italiani.
I modelli di investimento finanziario o basati su
azioni prevedono che l’ obiettivo di budget sia diviso in migliaia di parti uguali, che sono offerte tramite la piattaforma in forma di azioni a prezzo fisso.
Le offerte vanno avanti fino a quando non si raggiunge la cifra prefissata. Raggiunto il target inizia
una fase di investimento vera e propria.
Il restante mercato del crowdfunding è rappresentato dal donation, dal reward e dal lending. Il primo
consiste in una semplice donazione effettuata per-
41
lopiù da privati che intendono sostenere un progetto, di solito a fini benefici. Il secondo prevede, in
cambio della donazione, una ricompensa, mentre il
terzo rappresenta uno strumento di prestito collettivo che prevede, oltre alla restituzione del denaro,
anche gli interessi e che in Italia è regolamentato e
vigilato da Banca d’Italia a tutela degli utenti.
Infine esiste anche il crowdfunding senza piattaforme, ovvero il “Do It Yourself”, il crowdfunding “fai da
te”, che si sviluppa senza l’appoggio a piattaforme
esistenti e rientra in un movimento in rapida
espansione.
Può essere utilizzato da chiunque o ci sono delle
preclusioni?
Può beneficiarne chiunque riesca a coinvolgere e
trascinare gli internauti nella validità dell’iniziativa
che vuole realizzare o comunque dell’investimento
da effettuare. I soggetti che ricorrono a questa forma di finanziamento, per intenderci, possono essere non solo imprese, associazioni, attività del terzo
settore, ma anche singoli privati e, ovviamente, la
pubblica amministrazione.
Può fare alcuni esempi?
Un primo esempio che dimostra quanto lo strumento fosse conosciuto già in passato, ben prima
dell’avvento di internet, è la newyorkese Statua
della Libertà la cui messa a dimora fu finanziata
proprio dal crowdfunding. Molti convergono nel
sostenere che un pioniere è stato Jonathan Swift,
fondatore dell’Irish Loan Fund che ha introdotto il
concetto di microfinanziamento. Stiamo parlando
del 1700. Lo stesso Barack Obama ha finanziato
buona parte della sua prima campagna elettorale
con questo strumento. Recentemente, in Sardegna, dopo l’alluvione che ha colpito la zona di Olbia, un Rotary Club locale ha potuto raccogliere,
sempre con il crowdfunding, denaro per fornire
generi di prima necessità ed effettuare indispensabili lavori di ripristino; la famiglia di una bambina inglese affetta da una malattia che la porterà
alla cecità sta raccogliendo i fondi necessari per
42
portarla a visitare i luoghi del mondo che più desidera. Ma è possibile anche raccogliere denaro
per altri fini: incidere un disco, scrivere un libro,
produrre un film, sviluppare un nuovo prodotto o
servizio, sottoporsi a cure particolarmente costose,
ristrutturare la propria abitazione per realizzare,
magari, un bed & breakfast, aiutare i popoli dei
paesi terzi con specifiche iniziative, tutelare il paesaggio e un’area naturale che si distingue per
particolari caratteristiche, realizzare traguardi di ricerca scientifica, concretizzare un proprio sogno,
aiutare la propria squadra calcistica, supportare
studi e formazione, restaurare un monumento o
comunque un’opera d’arte o aiutare persone che
abbiano esigenze speciali. Ad Amsterdam, per citare un ultimo esempio, grazie al crowdfunding
sono stati raccolti i fondi necessari per costruire
un ponte per collegare fra loro due diverse parti
della città.
Quali sono, nel mondo, i Paesi che lo utilizzano
in maniera più massiccia?
Ha una rilevante diffusione in tutti i Paesi del mondo, soprattutto negli Stati Uniti, Canada e Inghilterra.
Il 56% delle piattaforme sono basate in Europa, dato che testimonia il forte sviluppo anche nel vecchio Continente. Da noi, ha iniziato a prendere
campo a partire dal 2005. È quindi uno strumento
ancora immaturo e sono certo, nei prossimi anni,
migliorerà notevolmente le proprie performance
perchè ha grandissimi potenzialità. Guardando ai risultati degli ultimi due anni, si puo’ osservare che il
mercato italiano del crowdfunding sta progressivamente crescendo ad un ritmo veloce. Il principale
motivo della sua ancora limitata diffusione nel nostro paese è da ricercarsi proprio nella scarsa conoscenza di questo strumento da parte dell’opinione pubblica.
Che cosa distingue il crowdfunding da altre forme di donazione o di finanziamento realizzate da
privati?
La trasparenza con cui avviene l’intero processo. Si
calcola che, molto spesso, anche le organizzazioni
a scopi benefici che si caratterizzano per una particolare istituzionalizzazione, finiscono per indirizzare
ai destinatari dei loro progetti soltanto margini delle
somme raccolte. La rimanente quota, infatti, di solito, viene assorbita dallo stesso processo organizzativo e dalla catena di azioni e soggetti coinvolti nel
progetto. Nel caso del crowdfunding, ci sono maggiori trasparenza e immediatezza, considerato che
è possibile entrare direttamente in contatto con chi
riceve le somme, e vi è una chiara identificazione
molto spesso, per utilizzarle nell’immediato. Si hanno quindi informazioni più chiare e dirette su come
verranno investite e su quali sono le attività che
consentono di realizzare.
A mio avviso, la cosa più importante, oltre alla mera possibilità di finanziamento, è che tutti possono
avere un’opportunità di espressione. Quell’opportunità che sembra l’Italia non riesca sempre a dare ai suoi cittadini in modo meritocratico ed equo.
I nostri sogni nascono già morti, molto spesso non
sogniamo neppure più, non abbiamo più quel legame con il futuro che ci stimola, che ci proietta
oggi verso il domani. Perchè è oggi che creiamo il
futuro.
Cio’ che trovo più importante sottolineare è che il
crowdfunding puo’ portare ad una contaminazione virtuosa di ottimismo, spinta da passione che
tocca valori, curiosità, solidarietà, estro, creatività,
voglia di mettersi in gioco e contribuire. La forza
del crowdfuning trova tutti gli elementi per essere
maggiormente efficace a livello globale proprio
nell’era delle conoscenza. La sua magia si manifesta attorno agli istinti di partecipazione ‘dal basso’ che riaffiorano maggiormente con la crisi del
nostro sistema e si concretizza grazie agli strumenti di cui oggi disponiamo. Non sono le tecnologie che concretizzano in azioni il crowdfunding.
Siamo noi. È l’uso che noi sapremo fare delle tecnologie, il nostro grado di alfabetizzazione digitale e la nostra lettura dell’era della conoscenza
che sono l’oggetto di tutto e trasformeranno i sogni in azioni.
Nella pratica, chi fosse interessato ad utilizzare
questo strumento che cosa deve fare?
Innanzitutto, occorre individuare la piattaforma di
crowdfunding più adatta a conferire visibilità al
proprio progetto, fra le tante esistenti. Basta navigare in internet per rendersi conto, per esempio,
che www.ideaginger.com è diversa da
www.skinynote.com. Alcune sono generiche, altre,
invece, sono specializzate su particolari settori o in
relazione alle finalità di chi desidera raccogliere i
fondi. Chi le gestisce garantisce la visibilità dell’iniziativa ed è interessato a farla conoscere poiché, di
solito ed in media, trattiene per il servizio offerto
una quota che varia da un minimo del 5 a un massimo del 10% di quanto chi effettua la proposta ottiene attraverso la propria presenza sulla piattaforma. In alcuni casi, le quote vengono solo prenotate,
cioè i soldi non escono dal conto corrente dei finanziatori fino a quando non viene raggiunto il
100% del budget del progetto. Alcune piattaforme
inoltre fanno una selezione dei progetti, ovvero effettuano una scrematura delle proposte ed idee
che vengono presentate dai loro promotori, prima
di inserirle in rete.
Individuata la piattaforma online più indicata per
le proprie finalità, sta all’abilità di chi richiede i
fondi riuscire a comunicare l’iniziativa da realizzare. Sono, infatti, proprio l’iniziativa e le sue motivazioni che riescono a suscitare maggiormente
l’interesse e la partecipazione del grande pubblico. Per ottenere maggiori risultati, non è sufficiente affidarsi soltanto alla rete. Ma occorre essere in
grado di sfruttare anche altri canali promozionali,
come l’organizzazione di eventi, l’utilizzo dei media e degli strumenti di comunicazione più diffusi.
I contenuti della comunicazione, viene da sé, che
sono essenziali. Occorre, infine, saper attrarre i
donatori con particolari forme di riconoscenza.
Può trattarsi di sconti sui prodotti eventualmente
commercializzati, di omaggi, di titoli onorifici, di
particolari gadget e di tutto ciò che può rendere
chi ha investito nel progetto fiero o comunque
soddisfatto di averlo fatto.
43
Ma per essere implementati i nostri sogni, le nostre idee, i nostri progetti si dovrà in primis contestualizzare il crowdfunding e comprendere l’era in
cui viviamo. Non servirà a nulla se si lo si categorizzerà solo come uno strumento per raccogliere
fondi. È la visione d’insieme la chiave di lettura
per disegnare il nostro presente, per proiettarlo nel
futuro. L’avvenire dell’Italia dipenderà anche da
questo: dovremo creare un ambiente relazionale,
suscitare un desiderio di destino comune, favorire
la più libera creazione, formare equamente i cittadini ai nuovi saperi (e spero che questo libro possa aprire occhi e menti di molti), gestire le tecnologie del futuro.
Il crowdfunding nell’era della conoscenza
Pubblicato da Franco Angeli e scritto da Walter
Vassallo, ‘Il crowdfunding nell’era della conoscenza’ spiega come sia un modello alternativo per il
finanziamento di progetti, iniziative e imprese. Se
ne illustra l’efficacia nell’era della globalizzazione
e del web 2.0, con l’obiettivo di illustrare come poter essere protagonisti di un cambiamento positivo,
di un Rinascimento del nuovo Millennio. Si scoprirà
come in esso si trovino tutti gli elementi per essere
44
maggiormente efficaci proprio nell’epoca in cui viviamo. La convinzione dell’autore è che il crowdfunding, in un’epoca di transizione come la nostra,
consenta di fare massa critica per sfruttare appieno le potenzialità del periodo storico e trasformativo che stiamo attraversando. Il volume consente
inoltre di comprendere come sfruttare al meglio
questa opportunità e su che cosa puntare per
ideare e realizzare un progetto vincente.
LA METODOLOGIA
Modelli e prassi di valutazione
al centro di un incontro
all’Università di Genova
In due volumi, le questioni aperte e le prospettive
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
Sono stati presentati a Genova, presso l’Università degli Studi, lo scorso gennaio. La redazione di Forum ha partecipato all’incontro, e fornisce una breve sintesi delle questioni
messe in luce dagli autori, sul tema della valutazione.
L’incontro è stato moderato da Mauro Palumbo
Alberto Vergani
del DISFOR che ha messo in evidenza, nell’introdurre i lavori, che la valutazione rappresenta una sfida
che toccherà il sistema dell’istruzione, dalla scuola
superiore all’Università. Per questo, in previsione, informa che è in via di attivazione un master dedicato
alle figure di accompagnamento per il riconoscimento delle competenze. Della valutazione, non
viene colta la complessità e i differenti aspetti,
spesso, si lavora per differenze, vedendo cosa manca, piuttosto che riconoscere quello che è stato acquisito.
Nel libro ‘Prove di valutazione. Libro bianco sulla valutazione in Italia’ si prova a riflettere sullo stato dell’arte della valutazione del sistema dell’istruzione, ovvero su cosa significa applicarla in questo ambito. Il
tema è, pubblicamente e politicamente, delicato.
Si parla di valutazione di sistema, nel suo complesso e vengono identificati i campi che consentono
uno sguardo valutativo sulla scuola: degli apprendimenti, degli istituti, degli insegnanti/insegnamento, della dirigenza, del personale, anche ammini-
Le pubblicazioni
A cura di
A cura di
Alberto Vergani
Prove di valutazione
Libro bianco sulla
valutazione in Italia
Piergiorgio Reggio
ed Elena Righetti
L’esperienza valida
Teorie e pratiche per
riconoscere e valutare
le competenze
Franco Angeli – Milano – 2013
Carocci editore – Roma – 2013
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strativo. Occorre considerare anche chi, a vario titolo, entra nel processo.
Non sfugge il fatto che si tratta di oggetti di valutazione differenti, comunque complessi e delicati, che riguardano persone e sistemi. Occorre identificare molto bene l’oggetto della valutazione: i vari ambiti vanno
presi singolarmente in esame e valutati, in modo diverso, dal momento che hanno fini diversi. Ogni parte
del percorso valutativo va trattata con rigore e serietà
– in modo trasversale – senza cercare scorciatoie.
Per quanto detto, cambiano anche le competenze
di chi valuta, per cui i mestieri sono diversi; ogni
‘pezzo’ ha una sua storia di valutazione e un modo
peculiare per trattarla, differenti i focus di attenzione da prestare. Ma, dopo aver scomposto le varie
attività, oggetto della valutazione, occorre ricostruire e ricondurre tutto a un quadro unitario, con un
approccio quasi ‘matematico’.
Si tratta, come detto, di tipi di valutazione diversi: per
fare un esempio, la valutazione di un istituto avrà un
approccio differente da quello degli apprendimenti;
la peculiarità degli ambiti va mantenuta.
Un elemento su cui occorre porre l’attenzione è che
la valutazione non può essere strumento diretto di
gestione, ma un mezzo per prendere decisioni informate. Inoltre, il sistema di valutazione deve essere
stabile, poter contare su un tempo congruo, per evitare un cattivo servizio. In estrema sintesi: presuppone un processo ben presidiato, che richiede molta
serietà. Invece, da una parte, le valutazioni sono fatte in stile ‘italico’, nonostante siano chiare le difficoltà e le ambivalenze, dall’altra, le decisioni che si
prendono prescindono da qualunque valutazione.
La buona valutazione nasce, invece, da un incontro
virtuoso tra chi la chiede e chi la offre.
Per concludere, non è vero che qualunque valutazione sia meglio di nessuna perché si tratta di uno
strumento molto potente.
Arnaldo Spallacci - Dipartimento di Scienze
dell’educazione dell’Università di Bologna
Il campo dell’istruzione è sempre più articolato e
46
complicato. Il testo dà conto di ciò che, ad oggi, esiste. L’attività di valutazione è molto ‘sfrangiata’, vede l’Invalsi - Istituto nazionale per la valutazione del
sistema educativo di istruzione e di formazione –
come un grande sistema che si dirama in molti
segmenti, ma possiede una struttura accentrata,
per cui descriverlo è facile, pur nella complessità.
Accanto, le molteplici esperienze che partono dalle
scuole. Oltre ai due livelli, macro e micro, ne esiste
uno intermedio, a livello territoriale, anche se le
esperienze in questo contesto non sono molte. Se,
a livello nazionale, le prassi sono piuttosto conosciute, non si sa cosa ne è delle singole realtà, anch’esse molto interessanti: le modalità di queste ultime sono, come è facile intuire, assai differenti tra
loro. Cosa è rimasto, all’interno dei singoli istituti,
dopo l’esperienza della valutazione? Spesso poco,
pur avendo investito risorse umane, tempo, denaro,
organizzazione; ma a distanza di anni, risulta anche difficile il solo ‘raccontarle’: il personale è magari cambiato, il materiale non è più a disposizione;
si trattava, a volte, di conoscenze personali o di
consulenze, anche piuttosto onerose. Talvolta, non
è rimasto neppure il know-how minimo che permette di riavviare il processo; in alcuni casi si è trattato
di pratiche, anche molto complicate, da replicare.
Occorre definire un profilo minimo del valutatore, ci
vogliono competenze di base, ma ben strutturate,
per portare avanti l’intervento. Non è necessaria
una struttura molto complessa, basta impostare un
sistema di autovalutazione che non sia solo apparente: una volta stabilito un modello, ogni scuola lo
può portare avanti in autonomia.
Piergiorgio Reggio
L’oggetto della valutazione è controverso. Il costrutto delle competenze attraversa ambiti diversi: politiche del lavoro, welfare, scuola; riveste significati
molteplici; sono ben 80 le divulgazioni scientifiche
sull’argomento: il dibattito non è convergente. In
ogni caso, si tratta di un paradigma, un modo di
pensare il lavoro e la società che porta con sé ele-
menti innovativi, come la centralità del processo di
apprendimento, ancora poco praticato, anche se
spesso enunciato.
La certificazione, quindi, pone molti problemi, sul
versante istituzionale e metodologico. Ma il quadro
europeo è delineato: ci sono voluti 12 anni, da Lisbona in poi, ma oggi risulta ormai chiaro, e dà indicazioni precise alle politiche nazionali; si fonda
sul fatto che gli apprendimenti sono validi – comunque e dovunque acquisiti – in modo formale,
non formale, informale – senza distinzione di valore
o discriminazione di ambiti.
Occorre, comunque, il rispetto all’ambito istituzionale: oggi non siamo più fermi alla domanda se si può
fare, ormai sono molti i paesi europei che posseggono un sistema (ad esempio, la Svizzera, che lo ha
mutuato dalla Francia). L’Italia si collocava nell’ultima fascia, oggi nella seconda, dal momento che il
quadro è in fase di discussione; con la L.13/2013 è
nato un sistema nazionale realizzabile.
Entro il 2015, Isfol dovrebbe organizzare i Repertori,
ad oggi – regionali – molto diversi fra loro, ma il livello politico è ancora controverso: la strada è stata
tracciata, anche se il processo potrebbe ancora essere lento, anche perché va a toccare elementi di
interesse di gruppi professionali, andando a incidere su sistemi di formazione differenti, mettendo insieme mondi diversi.
Alcune Regioni sono più avanti di altre ma abbiamo, comunque, dispositivi regionali attualmente
non omogenei. Certo, in questi anni, le sperimentazioni sono state molte e ci hanno permesso di
smettere di discutere rispetto all’etero o all’autovalutazione delle competenze: superato questo
scoglio, c’è oggi la consapevolezza che le competenze personali possedute devono essere riconosciute in tutti gli ambiti del mercato del lavoro. È,
inoltre, stata sciolta la diatriba tra il modello anglosassone – basato su prove – e il modello francese, più orientato verso l’esplicitazione e la descrizione – chi opera con il portfolio accetta an-
che le prove e viceversa.
Molte sono state le esperienze regionali, tra cui il
master per la figura dell’esperto di valutazione, in
Lombardia, inoltre, disponiamo del libretto di valutazione del cittadino. In alcuni Paesi, è prevista la figura del consulente di validazione ed è riconosciuta come, ad esempio, in Svizzera, dove viene effettuato un corso biennale. Altra figura è il valutatore
del processo di costruzione del dossier.
Una questione su cui occorre riflettere è il fatto che
la competenza è un elemento soggettivo e la standardizzazione uno strumento che può essere utilizzato anche negativamente: se ci si riduce alla sola
formalizzazione, il rischio può essere alto, innescando un meccanismo perverso, può essere premiato
chi è capace di usare bene la modalità narrativa,
quindi, chi sa descrivere efficacemente le proprie
competenze. A scuola, parlare di competenze può
essere prematuro perché è necessario un tempo di
consolidamento successivo dopo un’esperienza, lo
stesso, anche se più parzialmente, nella formazione
professionale.
Franco Brambilla - Responsabile Formazione Permanente Università Cattolica del Sacro Cuore
Il punto di partenza, in Regione Lombardia, è stato
l’accreditamento degli enti di formazione professionale, sistema che prevedeva il possesso della laurea da parte dei formatori, oppure, in mancanza del
requisito, un’esperienza nel settore corroborata da
un corso di 270 ore totali per colmare il gap. L’università ha quindi introdotto un modello di valutazione delle carriere, riducendo la frequenza alle ore di
formazione e contemporaneamente riconoscendo
le competenze acquisite in percorsi non formali e
attribuendo CFU. La trasformazione degli apprendimenti in crediti è complessa perché mette nero su
bianco solo le ore di formazione, ma non dice se,
alla fine del percorso, quella competenza è stata
acquisita.
47
ORIENTAMENTO
RI.VAL.U.TA, un progetto pilota
per valorizzare i saperi
dei cittadini stranieri
Forte la necessità di vedere riconosciuti titoli
di studio e competenze
A cura di Laura Barbasio
Valorizzare le proprie competenze per aumentare
le chance di trovare un lavoro adeguato alle proprie
capacità e coerente con la formazione e le esperienze fatte. È un obiettivo che hanno potuto conseguire gli stranieri partecipando al progetto ‘Ridare
Valore e Usare i Talenti (Ri.Val.U.Ta),’ promosso dai
Comuni di Genova e di Savona, dall’Arci, dalla cooperativa sociale La Comunità, con l’assistenza tecnica di Job Centre e finanziato dal F.E.I. (Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di paesi terzi
2007-2013). Attivato a ottobre 2013, è terminato a
giugno coinvolgendo un centinaio di persone, con
l’impegno di 7 operatori specializzati e formati appositamente. Ha previsto incontri individuali e attività di sostegno per la valutazione e la certificazione delle competenze, per la validazione dei titoli e
per la ricerca di opportunità formative adeguate a
completare il portafoglio delle proprie competenze.
Per conoscere meglio come si è articolato e quali
sono stati i suoi obiettivi, la redazione di Forum è
andata a parlare con Claudio Oliva, responsabile
del Job Centre.
avevamo conosciuto a fondo le problematiche degli immigrati che, cambiando Paese, pagano un forte scotto in termini di spendibilità dei titoli di studio
in loro possesso e delle competenze acquisite nei
percorsi professionali realizzati. Così, accade frequentemente che chi possiede un diploma di laurea o ha una qualifica elevata si debba prestare ad
esercitare ruoli professionali fortemente sottodimensionati poiché la sua esperienza, la sua professionalità e i titoli in suo possesso non gli vengono
riconosciuti. Oggi, Ri.Val.U.Ta si è mosso, in uno
scenario potenzialmente diverso, svolgendo, quindi,
sia un ruolo operativo sia culturale e di stimolo, utilizzando due novità normative: la possibilità di certificazione delle competenze dimostrate nelle work
experience e la legge n. 92 del 28 giugno 2012 e i
successivi decreti, che prevedono la definizione
delle norme generali e dei livelli essenziali delle
prestazioni per l’individuazione e validazione degli
apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di
certificazione delle competenze.
Come siete arrivati a concepire Ri.Val.U.Ta?
Ri.Val.U.Ta rilancia i punti di forza e gli obiettivi di
un precedente progetto realizzato dal 1998 al
2006. Si chiamava Extra Competenze. Già allora,
Quale è stato, quindi, l’obiettivo del progetto?
Dare innanzitutto un servizio pratico ai cittadini
stranieri con diverse finalità: favorirne l’integrazione,
aiutarli a ripercorrere la propria storia professionale
48
per ricostruire le conoscenze e le competenze possedute e da valorizzare, e offrire loro sostegno per
la valutazione e la certificazione delle loro competenze, dei titoli e delle esperienze compiute e, infine, per la ricerca di opportunità formative adeguate
a completare e a rendere più spendibili i loro saperi. Da questo punto di vista, Ri.Val.U.Ta si è proposto
come un progetto pilota che ha avuto il macro
obiettivo di focalizzare l’attenzione sull’esigenza di
attuare la nuova normativa sulle competenze. In
questa direzione, infatti, siamo ancora molto indietro, soprattutto in rapporto a Paesi come, ad esempio, la Francia, dove la VAE (validation des acquis
des experiences) ha funzionato molto bene, anche
nella prospettiva della formazione continua dei lavoratori. In quel caso, da 20 anni, l’evoluzione e la
mobilità professionale ha la VAE come tassello fondamentale. Le persone hanno la possibilità di chiedere il riconoscimento in titoli formativi delle esperienze personali e di lavoro, e chiunque rilasci titoli
formativi deve essere in grado di accogliere e certificare dossier. Se poi pensiamo che in quel sistema
il codice del lavoro prevede il diritto a 24 ore (ogni
5 anni) per fare il punto sulla propria professionalità con un bilancio di competenze e che il tutto è
completato dal diritto a congedi formativi individuali (fino ad un anno), e da un sistema efficiente di bilateralità, siamo ancora molto distanti da quello
che sarebbe necessario. Comunque la VAE, anche
in quel sistema, ha funzionato, soprattutto dove
c’era un interesse ed una spinta dal basso. In questo senso, Ri.Val.U.Ta vuole essere di stimolo alla
messa in campo di norme già esistenti ma che rischiano di rimanere lettera morta. La collaborazione con Regione Liguria, Università, Scuola, e con le
Province di Genova e Savona, oltre a collegare operativamente il progetto alle risorse del sistema, lo
ha messo in condizione di essere un’opportunità di
avanzamento comune.
A chi si è rivolto nello specifico?
A cittadini stranieri nelle seguenti condizioni: una
cittadinanza non comunitaria e un permesso o
una carta di soggiorno in corso di validità, una
buona conoscenza della lingua italiana, residenti
a Genova o Savona, con stabilità lavorativa o comunque in condizione di non urgenza sui loro bisogni primari e soprattutto con competenze lavorative pregresse o titoli di studio da validare, riconoscere e completare.
Come si è articolato il progetto?
Il progetto è fortemente individualizzato e richiede
una precisa volontà e attivazione da parte della
persona coinvolta che deve non tanto aderire ad un
servizio offerto, ma esserne il motore e il protagonista, considerato che la partecipazione comporta un
investimento in termini di impegno e di tempo dedicato. È stato possibile analizzare la propria storia
professionale, le conoscenze e competenze possedute e da rimettere in valore per la costruzione del
proprio curriculum e del portafoglio delle competenze. Il cliente, insieme all’operatore, ha individuato quindi gli strumenti più idonei a raggiungere gli
obiettivi desiderati. È così possibile, effettuare una
breve work experience in azienda per la valutazione
e la certificazione della proprie competenze, ottenere sostegno per la validazione dei titoli posseduti
e delle esperienze svolte, essere aiutati nelle azioni
di ricerca di opportunità formative adeguate ai propri obiettivi professionali e ottenere informazioni e
conoscenze fondamentali per conseguirli.
Ri.Val.U.Ta ha voluto anche essere un’opportunità
di riflessione sulla propria esperienza, di conoscenza del contesto, di empowerment, di aggiornamento, di riappropriazione delle proprie esperienze professionali, di avvicinamento alle modalità di candidatura e selezione in uso e di sviluppo di consapevolezza di sé e dei propri bisogni di aggiornamento.
Quante persone ha coinvolto e che caratteristiche
hanno?
Un centinaio. Le persone che si stanno rivolgendo
al progetto in questa prima fase provengono dai
paesi più diversi come il Marocco, Cuba, il Perù, la
Tunisia, l’Ucraina,la Russia, l’Argentina, il Benin, il
49
Cile, il Congo e l’Iran, l’Equador. La fascia di età più
rappresentata è quella inferiore ai 30 anni, seguita
da quella fra i 30 e i 39 anni e fra i 39 e i 49 anni.
Si tratta di persone con un lavoro discontinuo, di disoccupati e anche con contratto a tempo indeterminato. I casi più eclatanti di soggetti con elevate
qualifiche costretti a fare lavori di basso profilo perché le loro competenze non sono riconosciute sono, per esempio, quello di un medico costretto a fare la badante o la baby sitter e di una persona che
ha fatto il dottorato di ricerca in biologia che si deve
prestare a fare il facchino, proprio perché i suoi titoli
non sono riconosciuti nel nostro Paese. I servizi più
richiesti, all’interno del percorso, sono informazioni
su attività di formazione a cui partecipare, la validazione dei titoli di studio, la verifica e la certificazione
delle competenze lavorative, l’orientamento e la revisione del curriculum.
Come valuta questa esperienza?
I migranti sono un capitale umano che può arricchire il paese in termini culturali e in termini di
competenze. La crisi e le difficoltà di inserimento
stanno disincentivando i migliori. Sono energie produttive alle quali dobbiamo permettere di non restare inutilizzate. L’attivazione della nostra esperienza, al di là della soddisfazione delle persone coin-
50
volte, per le quali credo sia un segnale e un incoraggiamento importante, ritengo sia uno stimolo a
livello istituzionale ed un laboratorio comune per
soluzioni concrete e di prospettiva.
Pensa che l’esperienza possa essere riproposta
in futuro?
Sicuramente occorre partire dai limiti e dalle resistenze che il progetto ha incontrato. Nelle attuali
condizioni del nostro sistema diversi casi non avevano soluzioni soddisfacenti e abbiamo dovuto lavorare sulla messa in valore parziale o su strategie
altenative. Metterci, come Regione e come Paese,
in grado di riconoscere le competenze, comunque
e dovunque acquisite, è oramai una “capacitazione” che riguarda i diritti fondamentali di ogni persona nel quadro sfidante, ma anche caotico e destrutturato, della società del rischio e della conoscenza. È una chiave di volta per stimolare lo sviluppo personale e lavorativo e la formazione durante tutto l’arco della vita, e sostenere “funzionamenti” ormai vitali per ogni lavoratore e cittadino. Per
questo sono ottimista: credo che il sasso nello stagno sia servito a tutti e che insieme cercheremo
non solo di dare continuità a Rivaluta, ma soprattutto di accelerare tutti i cambiamenti strutturali indispensabili.
STATISTICA
Annuario Statistico Regionale,
una fotografia socioeconomica
della Liguria
‘Forum’ pubblica una sintesi1 dei temi
di interesse per i lettori
A cura della Redazione
Popolazione: cresce l’indice di invecchiamento e
aumenta la popolazione straniera
Gli indicatori di struttura della popolazione confermano il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione ligure; l’indice di dipendenza degli anziani
ossia il rapporto tra gli oltre sessantacinquenni e la
fascia di popolazione in età lavorativa da 15 a 64
anni cresce rispetto all’anno precedente ed è pari
a 45,6, così come l’indice di vecchiaia (rapporto
percentuale tra il numero degli ultra sessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni)
che passa da 236,2 del 2011 a 238,2 nel 2012.
Cresce anche l’indice di anziani per bambino, (rapporto percentuale tra la popolazione anziana di 65
anni e oltre e i bambini di età inferiore a 6 anni),
che passa da 512 del 2011 a 519,1 nel 2012.
Gli stranieri residenti in Liguria al 31 dicembre
2012 sono 119.946, pari all’8% della popolazione
residente complessiva e registrano una crescita rispetto all’anno precedente del 7,1%. La componente femminile è di 65.994 femmine contro
53.952 maschi. Anche la popolazione minorenne
straniera rispetto a quella complessiva residente in
Liguria cresce e in percentuale si attesta al 12%.
Dall’analisi della popolazione straniera per classe
di età si evidenzia che sia tra i maschi sia tra le
femmine la maggiore percentuale (11,55% sul totale) è presente nella fascia di età 30-34 anni.
Aumentano anche se di poco gli studenti, ad Imperia la percentuale più alta di studenti stranieri
Nell’anno scolastico 2012/2013 gli studenti su base regionale, rispetto all’anno scolastico precedente, aumentano dello 0,1%. Gli studenti stranieri in
Regione sono oltre 22mila, l’11,3% della “popolazione scolastica”. A livello provinciale, Imperia è
quella con la percentuale più elevata; le nazionalità
di maggior rilevanza sono principalmente quattro:
Ecuador la prima, seguita in ordine da Albania, Marocco e Romania che da sole rappresentano poco
più del 50% degli studenti stranieri.
Gli studenti immatricolati all’Università degli Studi
di Genova per l’anno accademico 2012/2013 sono
5.333, la percentuale maggiore degli stessi ha
scelto la Scuola di Scienze Sociali (35,4%), mentre
la percentuale maggiore di femmine rispetto ai maschi si registra nella Scuola di Scienze Umanistiche
(71,9%). Analizzando brevemente i dati risulta che
i laureati durante il 2012 sono stati 6.162, di cui
circa il 53% si è laureato oltre i tempi previsti (fuori
1 Fonte: Regione Liguria
51
corso), se osserviamo il dato, ma scorporato per
sesso si evince che le femmine sono più inclini alla
portata a termine degli studi dove il 49% delle femmine, rispetto al 43% dei maschi si laurea entro le
tempistiche previste.
componente ordinaria (+9,0%) e degli interventi in
deroga (+15,4%), che nel 2012 rappresentano
complessivamente il 66,3% delle ore autorizzate. In
calo invece la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (–10,8%).
In crescita di 6 punti percentuali le famiglie di
single
La situazione nel settore agricoltura e pesca,
l’unico comparto in crescita è il vitivinicolo
Nel biennio 2011-2012, in Liguria, 4 famiglie su 10
sono famiglie di single, a livello nazionale il numero
scende a 3; rispetto al biennio precedente si assiste
ad un aumento della tipologia in termini percentuali pari a +6,2%.
Cresce, sensibilmente nel 2012, la quota di famiglie
liguri che valuta la propria situazione peggiorata
(47 famiglie su 100 famiglie intervistate della stessa zona), con un aumento della quota rispetto all’anno precedente pari al +12,8%.
Al IV trimestre 2012 il valore della produzione complessiva delle tre branche principali che costituiscono il settore: agricoltura, silvicoltura e pesca, è risultato in Liguria pari a 713 milioni di euro a prezzi
correnti di cui 629 milioni nell’agricoltura, segnando, insieme all’indice del valore aggiunto, il quinto
anno consecutivo (2008-2012) di decremento in
termini di valore. Tra le singole categorie di coltivazioni agricole che compongono la branca dell’agricoltura, l’unico settore in crescita nell’ultimo anno
è quello dei prodotti vitivinicoli, che raddoppia il valore della produzione passando da 3,8 milioni circa
di euro (2011), a 6,2 milioni di euro (2012). A differenza della branca delle coltivazioni agricole, i
settori della silvicoltura e della pesca evidenziano
invece rispetto all’anno 2011 un incremento in percentuale della produzione pari rispettivamente al
5,9% e 2,6%; e un incremento del valore aggiunto
rispettivamente del 11,2% e 1,9%.
Un flash sui tassi di occupazione e disoccupazione e sulla Cassa Integrazione
Il tasso di occupazione ligure si attesta nel 2012 sul
62,0%, a fronte di un tasso medio nazionale del
56,8% e di un tasso per il Nord-Ovest del 64,2%. Il
tasso di disoccupazione raggiunge quota 8,1%, in linea con il Nord-Ovest (8%) ed è al di sotto del dato
nazionale (10,7%). Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) però raggiunge quota 30,1%, al di
sopra del 28,4% registrato nel Nord-Ovest, sebbene
al di sotto della media italiana (35,3%).
Infine il tasso di attività, pari al 67,7%, supera il livello nazionale (63,7%), ma non raggiunge il dato
del Nord-Ovest (69,9%).
Il confronto dei primi nove mesi del 2013 con i relativi mesi del 2012 evidenzia un tasso di occupazione in calo dell’1%.
Anche nel 2012 il ricorso alla Cassa Integrazione
Guadagni continua a crescere: le ore autorizzate
nell’anno superano la quota dei 16 milioni a seguito di un incremento del 3,8% rispetto all’anno precedente. L’aumento è ascrivibile alla crescita della
52
Industria: continua la crisi, dati incoraggianti
dall’export
L’indagine sull’industria manifatturiera ligure, realizzata trimestralmente da Unioncamere Liguria, conferma nel 2012 il perdurare di una crisi che ha colpito tutti i settori produttivi: dati incoraggianti provengono dalle imprese esportatrici, che nel 2012
hanno aumentano le vendite del 3,3%.
Artigianato: qualche segnale di ripresa
Nel 2012 le imprese artigiane attive, che rappresentano il 33,2% delle imprese liguri, ammontano a
47.192, lo 0,4% in meno rispetto al 2011, in linea
con il trend nazionale (–1,6%): in calo le iscrizioni
(–2,1%), mentre aumentano le cessazioni (+16,8%).
Le previsioni per il primo semestre 2013 sono più
ottimistiche: si può cogliere qualche segnale di ripresa a partire dall’export (+1,5%) che potrebbe favorire una leggera ripresa della domanda (+0,2%)
e del fatturato (+0,3%). Anche per gli investimenti
si attende un miglioramento, sebbene la quota di
investitori si mantenga bassa (sotto il 14%).
Commercio interno: aumentano gli occupati
Nel 2012 sulla base dei dati forniti dal Ministero
dello Sviluppo Economico, la consistenza degli
esercizi commerciali liguri con attività primaria di
commercio al dettaglio in sede fissa passa da
24.636 a 24.389 unità (–1%); a livello nazionale il
calo è pari all’1,2%.
La consistenza del commercio all’ingrosso passa
da 5.613 a 5.535 esercizi (–1,4%), con una riduzione in tutte le voci tranne i prodotti alimentari.
Cresce la grande distribuzione despecializzata, che
conta complessivamente 572 punti vendita, 15 in
più rispetto al 2011: i grandi magazzini guadagnano
7 unità, i supermercati 2 unità, i Minimercati 5 unità
e gli Ipermercati 1; le grandi superfici specializzate
contano 2 esercizi in più passando da 36 a 38 punti
vendita, con una superficie totale pari a 90.130 mq.
(+6,6%); in aumento anche gli occupati di 84 unità.
Commercio estero: calano le importazioni e aumentano le esportazioni
Il 2012 si chiude per la Liguria con un calo delle
importazioni (–3,2%) ed un aumento delle esportazioni (+2,1%), con un contestuale miglioramento
della bilancia commerciale che si mantiene comunque negativa. Il calo delle importazioni si presenta più contenuto rispetto a quello registrato nel
Paese (–5,3%) e nell’Italia nord-occidentale
(–6,9%); allo stesso modo però l’incremento dei
flussi di export regionali è inferiore rispetto a quello
registrato nelle aree di riferimento (Italia: +3.8%;
Nord Ovest: +3,6%).
Analizzando l’andamento dei primi nove mesi del
2013, si registra un calo tendenziale sia dell’export
(–7,1%) sia dell’import (–13,8%) ligure. Il calo delle esportazioni interessa in particolare le vendite in
Europa (–13,6%) e in America (–52,3%), mentre
aumentano i flussi verso l’Africa (+62,5%) e l’Asia
(+32,3%). Per quel che riguarda l’import si rileva
un aumento degli acquisti dall’Europa (+1,9%),
mentre risultano in calo i flussi da tutte le altre aree
di provenienza.
Il turismo tiene
I dati relativi al turismo in Liguria, nel 2012, registrano una tenuta del comparto turistico complessivo
della nostra Regione, seppur gli arrivi e presenze totali siano in calo rispetto all’anno precedente. Gli italiani scendono di oltre 160mila unità rispetto all’anno precedente seppur crescono, in modo costante
da qualche anno, le provenienze da oltreconfine.
La consistenza degli esercizi del settore alberghiero
è lievemente in calo rispetto all’anno passato, solo i
4 stelle e i 2 stelle aumentano il numero, invariati i
5, in calo invece i 3 e 1 stella; crescono in generale,
invece, gli esercizi turistici ricettivi complementari.
Nel periodo gennaio-agosto 2013 aumentano gli
arrivi turistici rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente (+1,1%) sia per il turismo alberghiero,
sia per quello extra-alberghiero.
In calo invece le presenze, anche in questo caso
per entrambi i comparti turistici.
Nello stesso periodo, si conferma l’andamento positivo degli stranieri.
Trasporti, dati ancora negativi
Relativamente alla movimentazione delle merci, gli
indicatori rilevano una variazione percentuale negativa nel 2012 rispetto all’anno precedente in tutti i
porti liguri, in particolare nei porti di La Spezia
(–9,5%) e Savona-Vado (–9,2%). Nel porto di Impe-
53
ria la riduzione risulta pari a –7,1% mentre solo per
il porto di Genova il calo è risultato minore (–0,4%).
L’anno 2012 è stato negativo per il movimento passeggeri ed aerei dell’Aeroporto di Genova, i primi
diminuiti rispetto all’anno precedente dell’1,8% ed
i secondi del 3%. Si è registrato invece un lieve aumento nella movimentazione delle merci (6%).
Le imprese straniere, femminili e giovanili
Dall’analisi delle imprese straniere, e con esse si intende l’insieme delle imprese in cui la partecipazione di persone non nate in Italia risulta complessivamente superiore al 50%, risulta che, nel 2012, in
Liguria la quota sul totale raggiunge l’11%, superiore di 2,6 punti percentuali alla media nazionale.
Le imprese femminili attive nel 2012 ammontano a
36.135 (–0,7% rispetto al 2011), il 25,4% del totale delle imprese, dato superiore alla media nazionale che si ferma al 24,3%; forte la presenza “rosa”
nel commercio (32,9%) e nel turismo (13,4%), che
rispetto al 2011 cresce dell’1,3%.
La quota di imprese giovanili, ossia le imprese in
cui la partecipazione delle persone “under 35” risulta complessivamente superiore al 50%, in Liguria è pari al 10,2%, contro una media nazionale
dell’11,5%. Nel confronto il differenziale è negativo
L’Annuario
L’Annuario Statistico Regionale della Liguria –
2013 è stato realizzato da Regione Liguria e
Unioncamere Liguria, con il contributo di Liguria
Ricerche.
È stato presentato, lo scorso febbraio, dall’assessore regionale alle Politiche Abitative, Edilizia e Lavori Pubblici Giovanni Boitano, il presidente e il segretario generale di Unioncamere Liguria Paolo
Odone e Giorgio Marziano, il direttore di Liguria Ricerche Riccardo Podestà, Mauro Palumbo dell’Università di Genova.
L’Annuario è scaricabile sul sito web della Statisti-
54
per tutti i settori tranne l’agricoltura e le costruzioni,
in stretta correlazione con la struttura demografica
della regione; gli scarti più evidenti si riscontrano
nel turismo (11,1% in Liguria, 15,7% in Italia), nel
commercio (9,5% in Liguria, 12,9% in Italia), nei
trasporti (4,6% in Liguria, 8,1% in Italia) e nelle assicurazioni e credito (11,3% contro 13,4%).
Nel 2013 vengono confermati i valori sulle imprese
straniere e femminile mentre in leggero decremento la percentuale di imprese giovanili sul totale delle imprese (9,8%).
Alcuni dati sull’innovazione
Nel 2012 (in diminuzione dal 2008) il complesso
delle persone occupate in settori ad alta tecnologia
e le persone dotate di istruzione scientifico tecnologica (HRST) rappresentano in Liguria il 24,1%
della popolazione totale e il 35,7% della popolazione attiva. I dati (in linea con quelli del nord ovest)
sono superiori a quelli nazionali che sono rispettivamente 21,1% e 32,9%.
L’occupazione in settori tecnologici è pari al 30,3%
del totale della popolazione attiva, in drastica diminuzione dal 2008 (–4,3 punti percentuali, molto
più elevata dei –1,8 punti percentuali a livello nazionale e dei –1,5 nel Nord Ovest).
ca di Regione Liguria in una versione in aggiornamento continuo, realizzata in collaborazione con
Unioncamere Liguria. I dati sono resi disponibili
durante tutto il corso dell’anno immediatamente
dopo l’elaborazione; è inoltre consultabile sul sito
la serie storica degli annuari a partire dal 2002.
Da quest’anno inoltre l’Annuario è attiva una edizione ottimizzata per dispositivi mobili quali smartphone e tablet.
L’Annuario Statistico Regionale è consultabile via
internet all’indirizzo:
> https://statistica.regione.liguria.it/annuario
e, in versione per smartphone e tablet, all’indirizzo:
> https://statistica.regione.liguria.it/annuariomobile
METTERSI IN PROPRIO
Spin-off dell’Università di Genova,
la storia di una nuova impresa
ad alta tecnologia
A cura di Paola Castellazzo
Valentina Caratto, trent’anni, una laurea in chimica industriale, un dottorato di ricerca in
Scienze e tecnologie dei materiali. Da gennaio 2012 è vice presidente della ‘Green Modelling Italia - GMI’, spin-off genovese che si occupa di inertizzazione di fibre di amianto.
Come è nata la vostra idea?
Nasce da una collaborazione tra giovani ricercatori
con competenze differenti in ambito chimico, biotecnologico e ambientale. Ci siamo proposti di mettere a disposizione le nostre conoscenze per soddisfare le esigenze di aziende private ed enti pubblici,
in relazione alle sempre più restrittive normative in
ambito ambientale, alimentare ed energetico.
to alla stesura di progetti nei settori inerenti la sicurezza industriale, ambientale e alimentare.
Quando pensate, quindi, di essere operativi?
Quando il brevetto sarà vendibile quindi, presumibilmente, tra tre anni, al termine del progetto ‘Life’ e
alla conclusione della sperimentazione.
GMI ha ottenuto, nel 2013, due finanziamenti del
MIUR nel settore della diffusione della cultura
scientifica. Ce ne vuole parlare?
Il primo progetto è “Il movimento umano, le microalghe e i rifiuti: fonti di energie rinnovabili poco conosciute e sfruttate; percorsi scientifici per la formazione e la sensibilizzazione dei ragazzi in età scolastica”; in sintesi si tratta di laboratori per studenti
della scuole elementari e medie inferiori sulle fonti
di energia rinnovabili non convenzionali. Sono stati
presentati lo scorso anno al Festival della Scienza
e riproposti anche quest’anno: un successo con oltre 700 bambini iscritti.
Il secondo,“Il museo di chimica: dal passato al futuro attraverso il laboratorio” nasce in collaborazione
con il Dipartimento di chimica per la riqualificazione
del loro Museo. La GMI è impegnata nel creare un
gioco interattivo per le scuole che, quindi, uniranno
alla visita al museo la possibilità di svolgere attività
quali, ad esempio, l’approfondimento di tematiche
quali la chimica del carbonio, azoto, ossigeno e fosforo: i cosiddetti ‘mattoni’ della vita stessa.
Avete sviluppato altri filoni di attività?
Proponiamo servizi integrati di consulenza, assistenza tecnica, analisi chimiche, fisiche e microbiologiche, corsi di formazione e divulgazione, suppor-
Tra le forme societarie di uno spin off si prevedono solo le spa e srl. Voi però rappresentate un’eccezione…
Siamo l’unica cooperativa: siamo 10 soci, 9 perso-
In cosa consiste esattamente?
L’Università degli Studi di Genova ha concesso a
‘Green Modelling Italia - GMI’ la licenza esclusiva
per lo sfruttamento commerciale del brevetto “Metodo e apparato per l’inertizzazione di fibre di amianto” e, in particolare, per la produzione, distribuzione,
uso, vendita, importazione della tecnologia. Ciò è alla base del progetto della Comunità Europea LIFE
12 ENV IT 000295- Life Fibers, che ci permetterà di
realizzare i prototipi necessari. Solo a quel punto la
GMI potrà occuparsi della commercializzazione.
55
ne fisiche (un professore, e 8 tra dottorandi e assegnisti) e una società, la ‘Servizi Industriali Genova
Sige’, che è anche il nostro sovventore.
Di quali facilitazioni avete usufruito?
Il più grande vantaggio è legato alla disponibilità
degli spazi del Dipartimento di Chimica che ci ospita. Senza, non avremmo la possibilità di lavorare
perché ci servono i laboratori e la strumentazione.
Anche la possibilità di usare il logo dello spin off è
importante, perché significa presentarsi all’esterno
come realtà legata all’Università degli Studi di Genova. Siamo inoltre una start up innovativa, seconCosa si intende per spin-off
Lo spin-off universitario è una società di capitali,
fondata da un ricercatore, per valorizzare commercialmente i risultati della propria attività di ricerca e le proprie competenze scientifico-tecnologiche, in cui l’Università può partecipare in qualità di socio. Dal punto di vista giuridico, lo spin-off
non è diverso da una normale società con fini di
lucro e il ricercatore, diventando socio di un’impresa, riceve una quota degli utili.
Spin-off e Università degli Studi di Genova
L’Università favorisce la nascita degli spin-off, riconoscendoli tra gli strumenti principali per il trasferimento della tecnologia sul mercato. La condizione è che l’attività svolta sia nettamente distinta e
non concorrenziale, rispetto a quella istituzionale
e commerciale che gli stessi ricercatori svolgono,
all’interno delle strutture universitarie.
Gli scopi delle attività da esse condotte devono,
comunque, essere riconducibili ad uno o più dei
seguenti obiettivi, quali: l’utilizzazione industriale
dei risultati della ricerca; il contatto tra le strutture
di ricerca dell’Università, il mondo produttivo e le
istituzioni del territorio.
Gli obiettivi sono:
> sostenere la ricerca scientifica e tecnologica e
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do quanto previsto dalla Camera di Commercio.
Chi ha una valida idea imprenditoriale innovativa
nel settore, quale strada deve prendere per poter
accedere ad uno spin off?
Occorre preparare un business plan, contattare
l’ufficio ‘Spin off’ e aspettare che la Commissione,
il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione decidano. A quel punto, si può costituire
la società. Nel nostro caso abbiamo subito creato
la società. Il consiglio è comunque quello di prestare la debita attenzione agli aspetti economici
e finanziari.
diffondere nuove tecnologie,
> promuovere lo sviluppo dell’imprenditorialità nella comunità accademica e nei giovani laureati
Il supporto alle iniziative
Viene favorito dall’Università attraverso, ad
esempio:
> formazione, mirata sull’attività imprenditoriale
e di trasferimento tecnologico;
> promozione e presentazione attraverso canali
ufficiali dell’Università e possibilità di partecipazione ad eventi istituzionali anche attraverso
il sito di Ateneo;
> partecipazione ad un evento annuale per promuovere gli spin off;
> inserimento nelle reti tematiche, gestite da
Confindustria e Camera di Commercio;
> agevolazioni nell’utilizzo delle attrezzature del
Dipartimento di riferimento;
> partecipazione congiunta con il Dipartimento a
progetti nazionali, europei ed internazionali
che prevedano il coinvolgimento di PMI;
> servizio di incubatore di impresa in sedi individuate presso i Dipartimenti e/o presso i Poli decentrati;
> condizioni agevolate per usufruire della consulenza di studi di commercialisti o specializzati
in proprietà industriale.
IL PROGETTO
Risorse e difficoltà dei fratelli
dei diversamente abili
A Genova, un progetto e un convegno
per conoscere meglio i siblings
A cura di Laura Barbasio
‘Io e mio fratello’. È il titolo di un convegno finalizzato a sensibilizzare l’opinione pubblica e gli operatori sulle difficoltà dei siblings i fratelli dei portatori di abilità diverse. Si è svolto l’1 marzo scorso a
Genova, nella sala auditorium dell’Istituto Tecnico
Superiore Nautico San Giorgio. Organizzato dall’associazione Macramé di Bogliasco, con la collaborazione di R.Ed.U.L.Co., dell’Università di Genova DISFOR e del Teatro dell’Ortica, il convegno è stato cofinanziato dalla Fondazione Banca Nazionale delle
Comunicazioni e patrocinato dalla Regione Liguria,
dalla Provincia e dal Comune di Genova e dal Municipio Centro Est, dall’Associazione Culturale Pediatri e dall’Associazione Nazionale Pedagogisti.
Al convegno, sono intervenuti, fra gli altri, Claudia Nosenghi, referente per l’inclusione e l’integrazione dell’Ufficio Scolastico Regionale, il Prof. Ammon Cohen,
responsabile della struttura pediatrica di neonatologia dell’Ospedale San Paolo di Savona, Mirella Zanobini, docente di psicologia dello sviluppo e di psicologia delle disabilità, e Giovanni Ricci, docente di pedagogia della disabilità, entrambi dell’Università degli Studi di Genova, Il Dott. Bruno Gervasoni di
R.Ed.U.L.Co. e il Dott. Scaffidi della sezione ligure dell’Associazione pedagogisti nonché i rappresentanti
delle associazioni delle famiglie dei disabili e Silvana
Baroni, presidente dell’Associazione A.F.A.
Il convegno era l’evento conclusivo di un progetto,
finalizzato a sensibilizzare gli operatori del settore
e le famiglie sulle problematiche e sulle risorse dei
siblings, un tema innovativo e di grande attualità.
Per saperne di più sul progetto e sull’argomento, la
redazione di ‘Forum’ è andata a parlare con Rita La
Valle, responsabile del progetto, Cecilia Luchi e
Francesca Bandini che, insieme, hanno progettato
e realizzato tutte le iniziative.
Come è nata l’idea di organizzare un progetto sui
siblings?
Di solito, gli interventi rivolti alle famiglie dei disabili
sono finalizzati soprattutto ad offrire assistenza al disabile stesso o, al massimo, a supportare la coppia
genitoriale. Raramente, viene affrontato il disagio dei
fratelli che si misurano con difficoltà, a volte sottovalutate, e che, nel loro futuro, avranno quasi sempre il
complesso compito di doversi occupare del fratello,
dopo la scomparsa dei genitori. Quando abbiamo
ideato questo progetto, che affronta un tema poco
trattato sia in ambito nazionale sia a livello regionale,
i nostri obiettivi primari sono stati sensibilizzare tutti i
soggetti che, a diverso titolo, sono coinvolti nella presa in carico delle famiglie sull’importanza della relazione fraterna e porre attenzione ad entrambi i membri della coppia fraterna; abbiamo inoltre voluto offrire ai siblings un’occasione di incontro e strumenti
per aiutarli ad affrontare al meglio il proprio carico
emotivo, attivando le risorse in loro possesso. I siblings, infatti, sono spesso gravati da molte responsabilità e da elevate aspettative, possono quindi vivere emozioni contrastanti, difficili da esprimere tra i
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pari o in famiglia. Possono, inoltre, avere dubbi, domande, paure, difficili da comunicare.
E, quindi, come si è articolato il progetto?
Il progetto è stato avviato nella primavera dello
scorso anno ed era rivolto ai fratelli di bambini/ragazzi disabili dai 5 ai 18 anni, suddivisi per fasce
d’età (5-8; 9-11; 11-14; 14-18), alle famiglie di disabili e agli operatori (medici, pediatri, insegnanti,
assistenti sociali, educatori). Ha previsto quattro diversi tipi di iniziative.
In primo luogo abbiamo organizzato due incontri di
formazione rivolti agli operatori di R.Ed.U.L.Co., finalizzati a fornire informazioni sulla condizione dei
siblings e a coinvolgere gli operatori nel processo
di informazione delle famiglie.
In secondo luogo, abbiamo organizzato due incontri
di sensibilizzazione rivolti alle famiglie, sempre in
collaborazione con R.Ed.U.L.Co., finalizzati a informare i genitori sulla necessità di focalizzare l’attenzione e la cura a tutti i soggetti del sistema familiare,
per favorire la consapevolezza che, occuparsi del benessere di tutti, favorisce anche il benessere del soggetto disabile. Poi, abbiamo realizzato un ciclo di 4
incontri di gruppo, della durata di due ore ciascuno,
rivolti ai fratelli dei bambini-ragazzi in situazione di
disabilità. Gli incontri sono stati co-condotti da due
formatori specializzati e si sono svolti con la metodologia dei ‘Gruppi di parola’. Si è trattato di uno spazio in cui i siblings hanno potuto condividere preoccupazioni e problemi con i pari nella stessa loro situazione per trovare insieme nuove strategie di coping, cioè per affrontare meglio le proprie difficoltà.
Nell’ultimo incontro di gruppo, abbiamo previsto anche la partecipazione dei genitori, allo scopo di stimolare la messa in moto di un circolo virtuoso nello
scambio relazionale genitori-figli. Abbiamo realizzato,
infine, un opuscolo multilingua rivolto alle famiglie
coinvolte negli incontri di sensibilizzazione e nei
‘Gruppi di Parola’, finalizzato a fornire informazioni e
materiale bibliografico e sitografico, per facilitare la
gestione della comunicazione con i siblings.
Infine, abbiamo organizzato la giornata di studi del
1 marzo rivolta agli operatori che si occupano di di-
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sabilità, in collaborazione con l’Università degli Studi di Genova, Facoltà di Scienze della Formazione,
finalizzata alla condivisione di esperienze e alla riflessione sul tema dei fratelli, per incrementare una
cultura della disabilità che tenga conto di tutti i soggetti coinvolti, sia nella rete di sostegno al disabile
(Famiglia, Servizi Sanitari, Istituzioni Formative) sia
nel sistema famiglia, per poter progettare interventi
integrati su tutti i soggetti coinvolti.
E quali sono le principali problematiche che devono affrontare
Sono persone che si trovano in una condizione particolare perché la loro crescita e lo sviluppo della
loro identità avvengono confrontandosi con un fratello o una sorella con difficoltà e comportamenti
speciali. Inoltre, i genitori sono quotidianamente impegnati a gestire le emozioni e i problemi causati
dalla disabilità e possono quindi essere meno disponibili nei loro confronti di quanto non lo siano
genitori che non hanno questo problema.
Le emozioni con cui si misurano si può pensare
siano spesso contrastanti e difficili da gestire …
Indubbiamente. Nelle interazioni tra fratelli, è normale
provare anche emozioni comunemente considerate
negative o da controllare quali la rabbia – per la disabilità del fratello, per le richieste che i genitori fanno,
perché il mondo esterno non capisce, per l’ingiustizia
che hanno subito – invidia e gelosia, per esempio, per
le maggiori attenzioni che i genitori rivolgono al fratello. E, poi, la vergogna rispetto ai loro coetanei, la
paura di diventare come i loro fratelli o di poter generare figli con la stessa patologia. I siblings provano,
inoltre, un grande senso di responsabilità nei confronti dei fratelli di cui sanno che dovranno prendersi cura, quando i loro genitori non ci saranno più. Tutto
questo può generare in loro sensi di colpa, preoccupazione e imbarazzo che, se non riconosciuti ed elaborati, possono arrivare a condizionare il loro futuro
professionale, la loro autostima, il loro modo di collocarsi nel mondo e nelle relazioni. Il rischio potrebbe
essere quello che finiscano per occuparsi maggiormente dei bisogni altrui e meno dei propri.
Possiamo quindi immaginare che anche i loro bisogni siano speciali…
Numerose ricerche dimostrano che l’aspetto più significativo è il modo di gestire i problemi e le situazioni connesse alla disabilità da parte dei genitori.
Nelle famiglie in cui si parla in modo chiaro e aperto dei problemi, delle difficoltà e delle emozioni, in
cui ci sono relazioni intime e di vicinanza tra genitori e tra genitori e figli, è più facile per i fratelli sviluppare le abilità necessarie per affrontare le sfide
e i problemi che la disabilità comporta. Oltre a questo, i siblings hanno bisogno di informazioni chiare,
precise e dettagliate sul disagio del fratello. Sono
necessarie per rassicurarli, per consentire loro di rispondere alle domande degli altri, per chiarire i
dubbi sul presente e sul futuro. Occorre inoltre aiutarli ad esprimere e ad accogliere le loro emozioni
e a favorire la loro autostima.
sione e sostegno, si creano le premesse perché possano diventare più resilienti di altri bambini, rafforzando le loro capacità di affrontare le situazioni problematiche della vita. Crescere con un fratello disabile è una sfida e, se viene affrontata in maniera adeguata, può aiutarli a sviluppare in modo positivo le
abilità sociali, emotive e relazionali. Spesso diventano persone capaci di dimostrare una profonda empatia. In molti casi, sono più tolleranti e più sensibili
di altri bambini e capaci di stare nelle situazioni difficili in modo positivo, senza esprimere giudizi. Il contatto con la sofferenza li può portare a diventare più
maturi, responsabili e affidabili dei coetanei.
Quali sono le loro risorse?
Le reazioni dei bambini alla disabilità del fratello possono essere molto diverse, ma i possibili sviluppi dipendono molto dal contesto in cui vivono. Se possono contare su un ambiente familiare che tiene conto
dei loro bisogni ed è in grado di dare loro compren-
Che difficoltà avete incontrato in fase di realizzazione del progetto?
Coinvolgere le famiglie e i figli nel progetto. Benché,
da parte delle famiglie che si misurano con la disabilità, infatti, ci sia la percezione del disagio dei siblings, c’è sempre anche il timore che qualunque
tipo di intervento possa andare a intaccare equilibri
che sono stati difficili da raggiungere. È una difficoltà che, di solito, non hanno solo le famiglie. Ma anche gli operatori e tutti coloro che, a qualunque titolo, si rapportano con esse.
Per saperne di piu’e per informazioni sui ‘gruppi
di parola’
L’Associazione Macramè (Via Mazzini 119 Bogliasco – Genova Tel.: 010/3474121 – e-mail: [email protected]–www.lamacrame.it- Rita La Valle 348/4104417), in convenzione con i
Comuni di Bogliasco, Pieve Ligure e Recco e con
diverse Istituzioni Scolastiche del Comune di Genova, dal 1997, si occupa di interventi a sostegno
della persona, tramite l’attivazione di relazioni di
aiuto. Dal 2011, l’Associazione Macramè è uno
degli enti convenzionati con l’Università degli Studi di Genova quale sede di tirocini formativi. I principali settori di intervento sono:
> assistenza scolastica (educatori che affiancano il lavoro degli insegnanti di sostegno con
funzioni di assistenza fisica, ma anche didatti-
ca per minori portatori di handicap, durante il
tempo della scuola);
affidi educativi (interventi di sostegno rivolti a
minori in situazioni di disagio e/o handicap);
mediazioni linguistiche (un servizio mirato ai
ragazzi e famiglie stranieri);
sostegno scolastico per bambini con difficoltà
di apprendimento;
sportelli di ascolto (spazi di ascolto per alunni,
genitori e insegnanti con lo scopo di star bene
a scuola);
progetti su argomenti specifici per gruppi e/o
équipe;
interventi di counseling (relazioni di aiuto limitate nel tempo e circoscritte a problemi specifici rivolte al singolo, alla coppia, alla famiglia,
al gruppo).
>
>
>
>
>
>
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A cura di Mariangela Grilli – giornalista, esperta di cinematografia
Prosegue la rubrica dedicata al cinema come risorsa didattica e di riflessione sui temi di cui tratta
‘Forum’.
Cinema ed emigrazione,
da ‘Charlot emigrante
a ‘Nuovomondo’
Nel 1917 Charlie Chaplin realizza il film “Charlot
emigrante”, in cui Charlot affronta il viaggio in mare
dall’Europa all’America e tutti noi ricordiamo almeno due immagini della narrazione: Charlot che continua a perdere l’equilibrio a causa del rollio della
nave e l’arrivo a New York con la statua della libertà
che compare nella nebbia e, sotto, la didascalia
“l’arrivo nel paese della libertà”. Poi troviamo Charlot in quarantena ad Ellis Island.
Film attualissimo ancora oggi per il senso dell’odissea e di smarrimento che affrontano o hanno affrontato gli emigranti del secolo scorso. Nel
cinema italiano sono molti i lungometraggi che si
sono occupati dell’emigrazione dal nostro Paese
verso l’America e verso gli altri Paesi europei e se,
per quanto riguarda l’America, quasi tutto è incentrato negli Stati Uniti e nella città di New York, in
realtà non mancano film sull’emigrazione nell’America latina. Alcune pellicole sono state realizzate anche da attori o registi che da sempre colleghiamo soprattutto alla commedia all’italiana,
come ad esempio, “Gli emigranti”, che un “insospettabile” Aldo Fabrizi realizza nel 1948: è la storia di Giuseppe Borbone che, nel dopoguerra, de-
60
R U B R I C A
Cine-FORUM
cide di lasciare tutto per andare in Argentina, dove
sua moglie si ammalerà di nostalgia tanto da cercare di rimettere insieme i soldi per ritornare in Italia; Fabrizi in questo caso esalta il senso della speranza verso il nuovo mondo e la vicenda ha un lieto fine, perché quando tutto sembra perduto, Giuseppe scopre la solidarietà che esiste tra gli emigrati. Tra l’elenco dei “Cento film italiani da salvare”, allo scopo di salvaguardare la memoria collettiva (iniziativa nata all’interno della Mostra del
cinema di Venezia) vi è l’opera di Pietro Germi “Il
cammino della speranza” del 1950 con la sceneggiatura di Federico Fellini e Tullio Pinelli. Lo
stesso Germi racconta che l’idea era nata mentre
stava lavorando come attore in “Fuga in Francia”
e, mentre si trovava proprio sul confine francese,
uno dei doganieri raccontò che pochi giorni prima
era stata salvata una famiglia italiana che, cercando di passare il confine clandestinamente, era stata sorpresa dalla bufera di neve.“Il cammino della
speranza” racconta l’epopea di alcuni minatori siciliani i quali, alla chiusura della zolfatara, emigrano in Francia attraverso le Alpi con la speranza di
una nuova vita.
Più vicino a noi, non si può mancare di citare “Nuovomondo” di Emanuele Crielese. Realizzato nel
2006, è un gran bel film, con attori straordinari nella parte, da Charlotte Gainsburg a Vincenzo Amato.
È la storia, ambientata all’inizio del Novecento, di
Salvatore e di sua madre che si imbarcano per
l’America; durante il viaggio Salvatore conosce Lucy che parla l’inglese e cerca un uomo da sposare.
Naturalmente il loro viaggio approderà ad Ellis Is-
land, dove gli emigranti vengono sottoposti a visite
mediche e test attitudinali e dove si decidono i rimpatri o gli ingressi. “Nuovomondo” è un film che
mette in campo scene realistiche e surreali e forse,
in questo senso, tra i più vicini al film di Chaplin,
perché capace di mettere insieme sogno e realtà,
poesia e concretezza, ironia e speranza. Sono tutti
film che purtroppo rimangono estremamente attuali, capaci, ognuno in maniera diversa, di ritrarre
aspetti psicologici, morali e reali della storia dell’emigrazione, sul pregiudizio e sulle dinamiche di
inserimento in una cultura e una società di cui la
maggior parte delle volte, non si conosce nemmeno la lingua.
Ma se non mancano film, documentari o fiction su
alcune grandi tragedie che hanno vissuto gli emigranti italiani, come quella di Marcinelle (la miniera
dove, negli anni Cinquanta, persero la vita, tra gli altri, oltre cento emigrati italiani), non manca però ai
giorni nostri qualche pellicola in cui l’emigrazione è
vista con altri occhi: è il caso di “My name is Tanino”
che Paolo Virzì ha girato nel 2002. Finalmente “in
questa favolosa America” un ragazzo dei nostri giorni, va negli Stati Uniti perché innamorato di Sally, turista in vacanza in Italia. Negli Stati Uniti Tanino dovrà fare i conti con il sogno americano, ma come in
un romanzo di formazione, tirerà fuori capacità per
affrontare una realtà diversa da quella che credeva.
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AVVIO DI IMPRESA
Diventare imprenditrice,
il sogno si realizza
nella creazione di un bio ritrovo’
A cura di Paola Castellazzo
Si chiama “Bio ritrovo avventura” ed è una struttura ricettiva di nuova concezione, basata su metodi
biocompatibili, etici, con uno sguardo alla sostenibilità e alle nuove frontiere di un turismo diverso,
fatto da amanti della campagna, ma anche da vegetariani e vegani e artisti.
L’idea è di Samanta Sceresini che, da quando è nata, vive nel verde e si occupa di allevamento e cucina nell’agriturismo di famiglia e che oggi, a 29 anni,
sogna il suo lavoro e la sua indipendenza. Così ha
fatto il grande passo, si è messa in proprio, aprendo
la ‘sua casa’ sulle alture della collina di Sant’Ilario
(Genova-Nervi) a giovani, gruppi di amici e famiglie.
“Ho iniziato a pensarlo e a lavorarci a 21 anni e solo oggi ho potuto realizzare il mio sogno, aprendo
la mia attività. Ci ho messo tanto perché finanziamenti non ce ne sono, o meglio, ci sono ma prevedono così tanti vincoli che ho avuto troppa paura a
chiederli; quando si investe in una nuova attività
non si può essere sicuri che vada bene e fare prestiti significa doverli restituire. Così ho fatto un pezzo per volta, ma alla fine ci sono riuscita”.
Un grande progetto per una ragazza così giovane,
che sembra persino più giovane della sua età, e
davvero tanto lavoro per una persona sola, ma “all’inizio non si può pensare di avere entrate che permettano di pagare uno stipendio. Poi si vedrà, magari qualche cara amica potrà lavorare con me. Oggi lavoro già tutto il giorno, dalla mattina alla sera,
perché il lavoro in campagna è così”, domani dovrà
trovare il modo per moltiplicare le ore del giorno
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ma “stringerò i denti e spero di riuscire”
Alle spalle, tre anni di liceo artistico - perché l’arte
resta una sua grande passione - poi il diploma all’istituto alberghiero, più coerente con le attività di
famiglia, a 19 anni il lavoro nell’agriturismo di
mamma e papà, insieme ai fratelli, per fare esperienza e dare una mano in casa.
L’idea, innovativa ma, in fondo,‘figlia’ degli anni ‘70,
è quella di una struttura ricettiva un po’ diversa, con
uno sguardo attento e una disponibilità ad accogliere vegetariani e vegani che potranno anche cucinarsi da soli i propri pasti, usare i prodotti dell’agriturismo”.
Prosegue la giovane titolare:“Intorno alla casa ci
saranno i prodotti dei miei orti e gli animali, così saranno garantiti verdura, uova e latte, anche per fare
il gelato”.
Tanti i corsi previsti, da quelli di cucina (naturale,
vegetariana, vegana), al cake design, e allo yoga.
Grande l’attenzione poi anche per bambini e ragazzi, con feste e laboratori. Un ritrovo anche per artisti,
amanti del teatro, della musica o del disegno che
potranno trovare qui un’oasi a loro disposizione
“dove si terranno anche corsi di teatro o di musica,
come quello di percussioni brasiliane”.
Perché il sogno di Samanta è quello di arrivare, in
qualche anno, a realizzare un grande “bio ritrovo artistico” dove, tra bungalow in legno e tende, si terranno spettacoli, concerti aperti a tutti, un “luogo
perfetto dove regalare emozioni e vivere sereni, almeno qualche giorno all’anno”.
PROFESSIONI
Un maestro d’ascia illustra
passato, presente e futuro
della professione
E lancia l’appello: “Servono incentivi
per formare i giovani”
A cura di Fabio Canessa
Un grigio edificio con porta di legno, all’ombra
della Sopraelevata, sulla via che conduce al Molo
Giano. Lo trovi qui, Roberto Greco, 88 anni e una loquela da ragazzino, fondatore del ‘Centro di architettura navale’. È il quartier generale di un maestro
d’ascia, ti aspetti di trovarci una grossa officina piena di legnami, segatura e ferri del mestiere. Invece,
le pareti sono piene di modellini: barche, navi, transatlantici, perfino carri armati. Trovi persino i suoi
quadri, tutti a tema rigorosamente navale:“li ho fatti
in un momento di follia, quando potevo concedermi
qualche giorno di pausa dal lavoro”. Nel frattempo,
spiega i retroscena e le prospettive di un altro antico mestiere artigiano a rischio scomparsa. Non
senza qualche mugugno.
Si chiama ‘Centro di architettura navale’ e siamo
circondati da modellini. C’è forse un nesso tra le
due cose?
Una volta, il mestiere di maestro d’ascia veniva tramandato di padre in figlio, come tutti i saperi artigiani. Perciò molti rimanevano analfabeti, perché
imparavano solo il mestiere. Esistevano pochi elementi teorici di riferimento: come realizzare la sagoma per la prua, la poppa, le ossature. Tutto il resto
era costruito ad occhio, sulla base dell’esperienza
personale. Così, ogni famiglia raccoglieva il testimone dell’azienda e si specializzava su un tipo par-
ticolare di barca. Erano terrorizzati che qualcuno
gliela copiasse, quindi nessun estraneo poteva entrare nei cantieri. Allora, ciò che si presentava agli
armatori committenti non era un disegno, che loro
stessi non avrebbero saputo leggere, ma un modello in scala. In ogni cantiere c’era un professionista
addetto a costruire modelli tridimensionali. Oggi si
procede comunque al disegno, ma le navi non sono edifici, quindi incontriamo molte più difficoltà
degli architetti. E poi, si tenga conto che ogni nave
ha una sua ‘anima’: due imbarcazioni identiche, in
mare, si comportano sempre in modo leggermente
differente.
Non siete architetti e nemmeno falegnami. Chi è,
allora, il maestro d’ascia?
Si tratta, anzitutto, di una professione regolata per
legge: deve essere iscritto presso la capitaneria di
porto, dopo aver completato un periodo di apprendistato di tre anni. Costruisce imbarcazioni fino a
150 tonnellate. Parliamo di nautica minore, ma si
raggiungono comunque i 45-50 metri di lunghezza.
Siamo gli unici abilitati a lavorare nei cantieri, insieme a costruttori navali, ingegneri navali e calafati.
Calafato? Un’altra rarità?
Era il professionista che aveva il compito di stagnare la barca. Possedeva un’attrezzatura particolaris-
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sima, costruita su misura per lui. Era un artigiano altamente specializzato, orgoglioso del suo lavoro.
Erano pochi già decenni fa, ora sono introvabili.
‘Maestro d’ascia’. Perché non un altro nome?
Perché, fino a poco tempo fa, le barche venivano
costruite quasi solo con l’ascia. Di fatto, era lo strumento più adoperato. Ho avuto l’occasione di lavorare con alcuni maestri napoletani: avevano costruito una chiglia di dodici metri, tutta a mano, ricavata
da un solo tronco di mogano. Un’opera d’arte. I
macchinari esistevano già, ma non si potevano
usare per lavori così imponenti.
Esiste una formazione specifica per esercitare la
professione?
Come detto, sono necessari almeno tre anni di apprendistato in un cantiere navale, seguiti da un
esame sostenuto presso la Capitaneria di Porto.
L’unica formazione possibile, quindi, è quella
aziendale.
E perché?
I corsi durano tre, a volte quattro mesi, mentre la
legge prescrive tuttora un minimo di tre anni. A che
servirebbe il mio contributo? Alla mia età sono molto dispiaciuto di non poter più trasmettere ai giovani questo patrimonio di conoscenze. Posso assicurare che esistono molti ragazzi volenterosi di apprendere, ma senza gli opportuni incentivi è impossibile che un’azienda si faccia carico di un ragazzo
improduttivo per formarlo.
Com’è arrivato a fondare un proprio cantiere a
Genova?
Il mio cammino professionale inizia tra Roma e
Ostia, dove navigavo fin dalla tenera età. Prima al
seguito di un pescatore, poi nel periodo dell’Istituto nautico, in cui avevo già costruito una piccola barca insieme ai compagni. Mi sono imbarcato
in Marina e nel dopoguerra ho lavorato per la
commissione anglo-americana. Sono stato assunto al cantiere navale di Anzio, una grande
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azienda che stipendiava 375 dipendenti. Mentre
lo dirigevo, gli idrovolanti ci diedero l’idea per gli
scafi delle prime imbarcazioni veloci. Nasceva così la tecnica del lamellare incrociato: l’imbarcazione non aveva più bisogno dello scheletro,
avendo una struttura compatta. In seguito, ho diretto i cantieri di Fiumicino e Chiavari, infine i
Cantieri Costaguta, che poi ho lasciato per mettermi in proprio.
Come valuta la situazione del settore cantieristico in Italia?
Un disastro. La tragedia di Fincantieri è sotto gli
occhi di tutti. Gli armatori preferiscono rivolgersi
al mercato cinese. Costi abbattuti, manodopera
sfruttata, sottopagata e priva di sicurezza. Noi non
siamo competitivi. La cantieristica italiana, che
oggi langue, deteneva da sempre il primato mondiale. Il declino non si è più arrestato dal 1995,
quando l’Unione Europea ha vietato i finanziamenti pubblici ai cantieri navali. Se ci riprenderemo, dipenderà esclusivamente dallo Stato. È indispensabile che sia lo Stato, storicamente proprietario dei grandi cantieri navali, a fornire i capitali
per il rilancio. È necessaria un’organizzazione
troppo grandiosa per essere sostenuta dai privati.
In qualche caso è stata seguita la strada dei subappalti, affidando i lavori più specialistici ad
aziende esterne. Questo ha consentito di risparmiare, ma ha fatto registrare una forte perdita di
professionalità.
E per le piccole imprese come la sua?
Un’evoluzione in senso positivo può esserci, anche
in chiave ecologica. Il problema è che il settore navale richiede una sinergia tra molte esperienze diverse. Non basta costruire uno scafo: bisogna pensare al motore, agli impianti, alle fonti di energia.
Ognuno di questi aspetti richiede manodopera specializzata. La parte difficile è proprio mettere insieme un team di esperti: non professionalità diverse,
ma un’unica professione, quella del costruttore navale, con vari ambiti di specializzazione.
Un’evoluzione anche tecnologica, quindi.
Ovviamente: la nautica minore dovrà riprendersi,
ma non sarà più quella di prima. La vetroresina è
superata. Demolire queste imbarcazioni comporta
costi folli, quasi più del costo affrontato per costruirle. Siccome è altamente inquinante, va tagliata con
tecniche particolari, molto dispendiose. Così, il legno gode di una crescente rivalutazione. Anche in
quest’ambito, però, la questione ambientale è molto seria. A tanto disboscamento deve corrispondere
un uguale rimboschimento. Con gli opportuni aiuti,
la piccola cantieristica potrebbe rivelarsi un settore
cruciale per la ripresa, perfino un pezzo di green
economy. E ne conseguirebbe il recupero delle professionalità artigiane.
Quali legni danno vita alle imbarcazioni?
La quercia, l’olmo, il pino, fino al tek il più caro perché il più duraturo. Poi c’è il mogano in tutte le sue
declinazioni. Il legno rimane il materiale più resistente all’acqua. Si pensi che il relitto della Lomellina, una nave in quercia affondata nel 1516, ai tempi della Repubblica di Genova, è stato rinvenuto intatto nel novecento sul fondale marino. Anche perché i maestri d’ascia lavoravano con precisione
maniacale.
Nonostante le difficoltà, possiamo parlare di un
settore d’eccellenza ligure?
Dobbiamo dire la verità: sono stati i romani la vera eccellenza. Duemila anni fa era Roma la maggior potenza navale al mondo. Da qui la cantieristica è stata esportata in tutta Italia: l’Adriatico, un
mare basso, poco ventoso e ricco di rifugi naturali, si specializzò sulle navi da guerra, mentre sul
versante tirrenico, e soprattutto in Liguria, la produzione si concentrò sulle navi da trasporto. Del
resto, i documenti attestano che gli olandesi, alla
fine del Seicento, facevano costruire in Liguria le
proprie navi.
Chi sono i vostri clienti?
Lavoriamo soprattutto per la Marina Militare e Fincantieri. Abbiamo realizzato modelli di studio per
sommergibili e pattugliatori. Tra le commesse più
recenti, abbiamo imbarcazioni ecologiche che utilizzano resine non inquinanti, garantite per 40 anni.
La situazione, comunque, è triste. Avevo nove dipendenti, tutti in regola. Poi i clienti hanno cominciato
a scemare, e oggi mi trovo con due soli collaboratori. Le istituzioni devono scommettere sul nostro
settore, anche questa è una fetta importante di made in Italy.
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APPROFONDIMENTO
Il sistema regionale di orientamento:
prospettive e indicazioni
L’approfondimento di questo numero propone ai lettori gli ultimi aggiornamenti del ‘Progetto per lo sviluppo del
sistema regionale di orientamento’.
Nell’intervista, Furio Truzzi, referente regionale del gruppo interistituzionale, illustra lo stato di avanzamento dei
lavori e presenta il programma per il 2014.
Antonella Bonfà dell’Università di Genova enuncia le priorità per l’orientamento a livello locale e nazionale e il
ruolo dell’Università.
Vengono pubblicate le ‘Linee guida’ e sintesi del secondo appuntamento del tavolo di indirizzo sull’orientamento
in Liguria; l’ultimo articolo riporta l’esito dei lavori del primo tavolo di discussione sulle competenze della figura
dell’orientatore, viene allegato il documento a cura di ISFOL e Università di Genova, distribuito, in quell’occasione,
ai partecipanti.
Al via il programma annuale
dell’Orientamento
Quattro i gruppi di lavoro, l’alternanza scuolalavoro, le competenze chiave della Comunità europea, le nuove tecnologie e le competenze
degli operatori
A cura di Paola Castellazzo
Furio Truzzi, referente regionale del gruppo interistituzionale sull’Orientamento, fa il punto
sullo stato di avanzamento dei lavori e presenta il programma per il 2014.
“Lo scorso dicembre, ad un anno esatto dall’inizio dei lavori, la Conferenza Unificata delle Regioni ha approvato le Linee guida del sistema nazionale sull’orientamento permanente – spiega Furio
Truzzi, referente regionale del gruppo interistituzionale sull’Orientamento, promosso dalla IX Commissione Coordinamento delle Regioni – è stato
un lavoro lungo e complicato che si è giocato in
contemporanea sul piano locale e su quello nazionale. Nel luglio scorso si è insediato il Tavolo di
indirizzo per lo sviluppo del sistema regionale di
orientamento (DGR. n. 222 del 01/03/2013) che,
in questi mesi, ha lavorato per definire il programma annuale dell’orientamento- decisamente denso di iniziative e con obiettivi molto precisi (vedi
box)- e per costituire i Gruppi di lavoro tematici
sull’alternanza scuola lavoro, sulle competenze
chiave della Comunità europea, sulle nuove tecnologie e sulle Competenze degli operatori dell’Orientamento”.
Se il lavoro da fare è ancora tanto, è anche vero che
sono già state tracciate le linee strategiche e che “il
sistema si sta rapidamente consolidando negli strumenti e nella sua stessa rete. Oggi possiamo dire di
essere a metà del percorso”.
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Tra i tanti appuntamenti già calendarizzati, il primo,
in ordine di tempo, il 14 aprile, è il tavolo tematico
dedicato alle competenze degli operatori dell’orientamento.
“Il tema della certificazione delle competenze e
dell’individuazione dei percorsi formativi – continua
Truzzi – è strategico e non più rimandabile. Oggi, in
accordo con l’Università degli Studi di Genova, stiamo lavorando per definire con chiarezza uno standard di servizi di orientamento e di certificazione
delle competenze degli operatori. Abbiamo avuto
mandato di predisporre una proposta da presentare
nel prossimo Salone Orientamenti che contempli le
attività formative da compiere e i processi certificativi delle competenze da attivare per dare una risposta agli attuali attori dell’orientamento e a chi si
vorrà formare in un prossimo futuro”.
La dimensione del problema si può chiaramente
capire vedendo i numeri coinvolti, seppure a diverso titolo: oltre 500 docenti (dei diversi ordini e
gradi di istruzione), più di 200 operatori che si occupano di orientamento nel sistema del lavoro
pubblico e privato, 40 in quello della formazione,
20 nell’Università, 100 in quello dello sviluppo
sociale. Quasi 900 persone quindi che, a diverso
titolo e con diversi livelli di professionalità, operano nel settore.
“Nel formulare una proposta concreta che definisca
il profilo, o i profili, dobbiamo tener conto e raccordarci con quanto stabilisce il Tavolo nazionale della
Il programma regionale per il 2014
In attuazione delle Linee Guida Nazionali sull’Orientamento Permanente, approvate in Conferenza Unificata il 5 dicembre 2013, si propone al
Tavolo d’Indirizzo il programma di azioni di orientamento da realizzare a livello regionale. Quest’ultimo tiene conto del documento del Ministero dell’Istruzione sull’orientamento del 19 febbraio
2014 ed è coerente con la programmazione regionale in materia di istruzione, formazione e lavoro, con la Garanzia Giovani.
Attuazione linee guida
1) Contrastare il disagio formativo
> Verranno progettate azioni formative, di concerto con il MIUR, rivolte agli operatori specializzati e ai docenti, promosse in collaborazione
con le Istituzioni scientifiche, che prevedono
modalità e metodologie di certificazione delle
competenze, sulla base di quanto verrà definito
in applicazione del Dlgs 13/2013, da presentare al prossimo Salone dell’Orientamento.
> Verranno progettate e promosse attività formative e servizi di tutoraggio e mentoring per favorire l’ingresso dei giovani nei cicli dell’istruzione, della formazione professionale e dell’alta formazione, anche sulla base delle esperienze realizzate nell’ambito del FSE 2007-2013
(Giusta Via, Fixo, azioni innovative di rete che
sperimentino nuove forme di “presa in carico”
di giovani a rischio di esclusione sociale e abbandono scolastico, ecc.).
> Verranno progettati e promossi interventi, in
collaborazione con i servizi sociali, verso target
definiti in svantaggio formativo.
Conferenza Unificata. La linea prevalente oggi è
quella di parlare di più profili perché diverse sono
le attività e gli ambiti di intervento: ci saranno quindi, a titolo di esempio, i consulenti orientatori e i formatori dell’orientamento”.
2) Favorire e sostenere l’occupabilità
> Verrà sviluppata un’azione di verifica, riposizionamento, sostegno e messa in rete dei servizi
di informazione e formazione orientativa, di
consulenza individuale, di accompagnamento
e tutorato erogati nei vari sistemi, tramite il
contributo di tutti gli attori pubblici, privati e del
privato sociale.
3) Promuovere l’inclusione sociale
> Verranno potenziati specifici momenti di incontro con le famiglie, rendendo permanenti i Laboratori di aiuto alla scelta.
> Verrà effettuata una progettazione congiunta
tra Servizi Sociali, Uffici Scolastici, Centri per
l’Impiego per le azioni di orientamento rivolte
ai NEET 19-25.
Azioni di sistema
> Programmazione coordinata di eventi e di manifestazioni: Conferenza Regionale dell’Educazione, realizzazione del Salone Orientamento
ABCD e di Sailor - La nave dell’Orientamento ai
mestieri ed alle professioni del mare.
> Pubblicazione di strumenti di valorizzazione
delle buone pratiche:“Libro dei Sogni” (le aspirazioni dei giovani raccolti durante il salone
orientamenti 2013), Book Antichi Mestieri, Radio Jeans, Indagine censuaria attività di orientamento presenti nella Regione Liguria, Report
esperienze pilota “La Giusta Via”, ecc.
> Costituzione dei Gruppi Tematici del Tavolo di
Indirizzo: Alternanza scuola/lavoro formazione
duale - Competenze Chiave della Comunità
Europea - Nuove Tecnologie - Competenze degli Operatori di Orientamento.
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Tutti argomenti che verranno affrontati dagli esperti
dell’Università e dalla Regione e che vedranno lavorare insieme, con Furio Truzzi, anche Anna Grimaldi (come responsabile della struttura di supporto e coordinamento tecnico-scientifico del Dipartimento Mercato del Lavoro e Politiche Sociali dell’Isfol), Antonella Bonfà dell’Università degli Studi di
Genova.“Obiettivo finale – continua Truzzi – è la definizione delle competenze e delle certificazione
delle stesse per chi opera, oggi, nel settore e la progettazione dei piani didattici per la formazione dei
futuri orientatori”.
I successivi tavoli tematici toccheranno altri argomenti particolarmente complessi e importanti del
sistema.“Lavori che serviranno per la riunione del
tavolo di indirizzo regionale, prevista per il 25 settembre e per la II assemblea regionale degli ope-
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ratori dell’orientamento che si svolgerà il 13 novembre, durante il Salone Orientamenti. In
quest’ambito, verranno resi pubblici i risultati del
primo censimento dell’orientamento in cui sono
stati coinvolti, anche attraverso il Servizio Statistica della Regione, tutte le unità di orientamento
del territorio”.
Primo lavoro di questo genere a livello nazionale,
coinvolge oltre 1700 realtà operanti sul territorio, a
diverso titolo, “Parlo di scuole, di ogni ordine e grado, dell’Ufficio Scolastico regionale, dell’Università,
dei Centri di formazione professionale, dei Centri
per l’Impiego, delle Agenzie per il Lavoro, di Comuni,
della Camera di Commercio, del Terzo Settore, delle
Parti sociali e delle Asl. Tutte realtà che si presuppone si occupino, a vario titolo, e in diversa misura, di
orientamento”.
I passi per la regolamentazione
della figura dell’orientatore
dopo l’approvazione
delle Linee guida
Sono cinque le funzioni dell’orientamento:
educativa; informativa; di accompagnamento;
di consulenza orientativa; di sistema
A cura di Paola Castellazzo
Forum ha intervistato Antonella Bonfà dell’Università di Genova, Settore servizi per l’orientamento agli studi universitari che ha fatto il punto sull’Orientamento e su quanto si sta
facendo a livello locale e nazionale.
In Italia la mancanza di un coordinamento centrale ha limitato per lungo tempo l’efficacia e l’efficienza delle politiche di orientamento, facendo
peraltro aumentare il numero e le tipologie di
strutture presenti nei diversi territori regionali. Lei
cosa ne pensa?
La mancanza di un coordinamento centrale ha pesato molto sulle politiche nazionali di orientamento.
Nel 2011 abbiamo collaborato, insieme ad Agenzia
Liguria Lavoro, ad uno studio sulle priorità nazionali
dell’orientamento. Abbiamo intervistato diverse regioni italiane verificando il perdurare di una situazione di estrema frammentarietà dei servizi e delle
strutture, dove spesso le iniziative di orientamento
avevano un carattere sperimentale, di durata temporanea, legate a fondi a progetto. Di fronte a questa
situazione, le regioni stesse chiedevano di inserire
tra le priorità nazionali dell’orientamento la definizione di una governance a livello centrale e di standard condivisi, come passaggio indispensabile per
garantire l’omogeneizzazione, la qualità e la stabilizzazione dei servizi sui territori. Alcuni passi importanti in questo senso sono stati compiuti: nel dicem-
bre 2012 è stato approvato dalla Conferenza unificata Stato-Regioni l’Accordo tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali concernente la definizione del sistema nazionale sull’orientamento permanente, con
una proposta di governance multilivello mirata alla
promozione dell’integrazione politico-istituzionale e
tecnico-operativa dei sistemi e per la programmazione degli interventi. Nel dicembre 2013, sono state, quindi, approvate dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni le Linee guida nazionali sull’orientamento permanente che mirano, tra l’altro, alla definizione di Standard/LEP dei servizi di orientamento, di
strumenti di monitoraggio delle politiche e degli interventi e delle competenze degli operatori. La Linee
guida pongono come priorità delle politiche di
orientamento la centralità della persona con le sue
esigenze educative, formative, professionali e lavorative; tutto ciò in coerenza con le strategie per l’apprendimento permanente, con gli obiettivi del nuovo
ciclo di programmazione comunitaria e il programma della “European Youth Guarantee”, al fine di contrastare il disagio formativo, di favorire l’occupabilità
e di incoraggiare l’inclusione sociale.
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Quali sono le priorità per l’orientamento e cosa
occorre fare nell’immediato futuro? Qual è e quale potrà essere nei prossimi anni il ruolo dell’Università?
L’approvazione delle Linee guida nazionali sull’orientamento permanente ha iniziato a dare una
risposta alle numerose istanze sulle priorità nazionali in materia che, come abbiamo visto, fanno riferimento alla definizione di standard ovvero di “soglie” di accettabilità delle prestazioni cui il soggetto
produttore o erogatore dei servizi è tenuto ad uniformarsi, e alla definizione delle competenze degli
orientatori. Nell’immediato futuro, infatti, si proseguirà in questo senso.
Le Linee Guida nazionali sull’orientamento fanno riferimento a 5 funzioni finalizzate alla realizzazione
del diritto all’orientamento: educativa; informativa;
di accompagnamento a specifiche esperienze di
transizione; di consulenza orientativa; di sistema.
Partendo da queste, si avvierà una riflessione sulla
terminologia utilizzata nei diversi dispositivi nazionali e regionali con l’obiettivo di definire standard,
funzioni di orientamento, finalità, azioni e servizi. Lo
sforzo è, pertanto, quello di partire da una definizione iniziale di standard in modo di porre le basi per
un linguaggio condiviso al fine di superare la frammentarietà dei sistemi e dei servizi.
Il ruolo dell’Università, oltre a un supporto di tipo
tecnico e scientifico ai tavoli nazionali sull’orientamento, si colloca nel campo della formazione
degli operatori e nella certificazione delle competenze di quanti, a vario titolo, operano quotidianamente nel settore, senza alcun riconoscimento e,
talvolta, senza neppure una formazione specifica.
Il tema della certificazione delle competenze e
dell’individuazione dei percorsi formativi è strategico e non più rimandabile. Oggi, l’Università sta
lavorando insieme agli altri attori istituzionali come le regioni, capofila la Regione Liguria, per definire con chiarezza insieme agli standard dei servizi di orientamento anche le modalità di riconoscimento e certificazione delle competenze degli
operatori.
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Quali risposte darete agli attuali attori dell’orientamento e a chi si vorrà formare in un prossimo
futuro?
Le risposte auspicabili ipotizzano due tipologie di
percorsi: una relativa ai nuovi ingressi che miri a formare un profilo professionale ad hoc, possibilmente
attraverso la programmazione di specifici corsi di
laurea, volti a formare professionisti/tecnici di scienze dell’orientamento, e che non si confonda più con
altri profili come ad es. quello dell’’educatore, del pedagogista o dello psicologo; l’altra, per chi già opera
nell’ambito dell’orientamento, prevede la definizione
di un dispositivo certo di riconoscimento delle funzioni/certificazione delle competenze che tenga conto sia dell’esperienza lavorativa pregressa sia di specifici percorsi formativi dedicati o da dedicare (es.
master universitari, corsi di perfezionamento, ecc.).
Si parlerà di un unico profilo professionale dell’orientatore oppure di più profili perché diverse
sono le attività e gli ambiti di intervento? E nel
caso, su quali e quanti profili state ragionando?
La riflessione degli attori istituzionali, al momento, si
focalizza sul dato di fatto che vede l’Italia priva di
una regolamentazione della professione di orientatore. Le figure preposte all’orientamento risultano essere le più svariate per denominazione, percorso professionale e competenze. I dati del rapporto orientamento dell’ISFOL evidenziano, a questo proposito,
una grossa eterogeneità e frammentarietà di situazioni. Si va dallo psicologo, all’insegnante, al formatore, all’economista o, in casi non rari, al semplice
impiegato front-office. La prima cosa da fare è regolamentare i profili professionali dell’orientamento attraverso una definizione delle mansioni e della formazione da intraprendere. In secondo luogo, poiché
le funzioni dell’orientamento definite dalle Linee guida, sono cinque, ognuna con proprie specifiche caratteristiche operative; si dovrebbero prefigurare diverse possibili specialità a seconda della funzione
prevalente svolta. La decisione spetta agli attori del
Gruppo di lavoro interistituzionale sull’orientamento
permanente, presso la Conferenza Unificata Stato-
Regioni, composto dai rappresentanti del Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’economia e delle finanze, delle Regioni,
dell’ANCI e dell’UPI. Una volta definito se l’orientatore
debba corrispondere ad uno o a più profili, si ragionerà sulla tipologia di profili da prevedere facendo riferimento anche al Quadro Europeo delle Qualifiche
(EQF) e ai repertori professionali che si stanno delineando a livello nazionale.
Chi in questi anni si è occupato di orientamento,
parliamo ad esempio dei tanti docenti orientatori
delle scuole superiori, cosa si dovrà aspettare?
Verrà riconosciuto il loro lavoro o, ricoprendo più
ruoli, non potranno vedersi riconosciuta la competenza acquisita sul campo, e perderanno (e faranno perdere alle scuola) il know-how acquisito?
A questo proposito segnalo il documento del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca,
emanato nel mese di febbraio 2014, sull’orientamento nelle scuole nell’ambito delle Linee guida
nazionali sull’orientamento permanente del dicembre 2013. Esso recita testualmente: “è necessario
che la scuola investa sulla formazione iniziale e
continua di tutti i docenti, affinché essi si facciano
carico di esigenze diverse, delle mutate richieste
della società e del mondo del lavoro, nonché dei
nuovi modelli di apprendimento dei giovani, come
pure delle loro difficoltà e disagi” e che “alla scuola
è riconosciuto un ruolo centrale nei processi di
orientamento e ad essa spetta il compito di realizzare, autonomamente o in rete con gli altri Soggetti
pubblici e privati, attività di orientamento finalizzate
alla costruzione e al potenziamento di specifiche
competenze orientative”. In questa prospettiva al
docente è, di fatto, riconosciuto un ruolo centrale
per l’orientamento tanto che il documento promuove l’introduzione nella scuola di specifiche figure di
sistema ovvero di figure professionali di docenti,
adeguatamente formate, dedicate all’orientamento
con compiti organizzativi e competenze professionali allargati rispetto alla funzione docente, da pre-
vedersi in ogni istituto. A tal fine saranno istituiti percorsi di formazione sull’orientamento, diretti a tutti
i docenti in servizio, per acquisire conoscenze del
contesto socio-economico, del mondo del lavoro e
dell’imprenditorialità e, soprattutto, della cultura e
dell’etica del lavoro.
Orientamento e scuola, orientamento e educazione dovrebbero viaggiare di pari passo. Ma, guardando l’utenza finale che usufruisce dei servizi di
orientamento, viene da chiedersi se non sia necessario lavorare di più sull’educazione all’orientamento, partendo dalle scuole stesse.
Una delle cinque funzioni declinate nelle Linee guida nazionali sull’orientamento è proprio la funzione
educativa. Tale funzione assolve al compito di favorire nella persona la maturazione di un atteggiamento e di un comportamento proattivi per lo sviluppo delle capacità di gestione autonoma e consapevole del proprio processo di orientamento, fin dall’inizio dell’esperienza scolare, attraverso la didattica orientativa. Il sistema scolastico è visto, quindi,
quale attore principale nello sviluppo e nella maturazione del processo di auto-orientamento e delle
competenze orientative di base o propedeutiche al
fronteggiamento di specifiche esperienze di transizione. Secondo l’attuale normativa di riferimento,
questa funzione coincide con le finalità della didattica orientativa che costituisce parte integrante del
progetto formativo d’istituto ed è di stretta competenza dei docenti. Anche in questo caso è utile richiamare il documento del Ministero dell’istruzione
in materia di orientamento nelle scuole che afferma
come “il punto di partenza e base del nuovo sistema, come è riconosciuto nelle ‘Linee Guida del sistema nazionale sull’orientamento permanente’ della Conferenza unificata e nel Piano ‘Garanzia per i
Giovani’ sia la centralità del sistema scolastico nella
sua interezza, che costituisce il luogo insostituibile
nel quale ogni giovane deve acquisire e potenziare
le competenze di base e trasversali per l’orientamento, necessarie a sviluppare la propria identità,
autonomia, decisione e progettualità”.
73
Le linee guida sull’orientamento:
funzioni, governance e obiettivi
Il quadro europeo
L’orientamento permanente riveste un ruolo chiave nelle strategie di istruzione e formazione avviate
a partire dal 2000 a livello europeo dal Processo di
Lisbona. Le indicazioni europee contenute nella Risoluzione del Consiglio del 2008 “Integrare maggiormente l’orientamento permanente nelle strategie di apprendimento permanente” rilevano come
siano necessari costanti sforzi per fornire servizi di
orientamento di migliore qualità, offrire un accesso
più equo orientato alle aspirazioni e alle esigenze
dei cittadini, coordinare e costruire partenariati tra
le offerte di servizi esistenti. Sulla scorta di tali indicazioni, le Comunità locali devono tendere a:
> favorire l’acquisizione della capacità di orientamento nell’arco della vita;
> facilitare l’accesso di tutti i cittadini ai servizi di
orientamento;
> rafforzare la garanzia di qualità dei servizi di
orientamento;
> incoraggiare il coordinamento e la cooperazione
dei vari soggetti a livello nazionale, regionale e
locale,
Il documento invita altresì gli Stati a rafforzare il ruolo dell’orientamento nell’ambito delle strategie nazionali di apprendimento permanente.
I passaggi a livello nazionale: l’Accordo tra Governo e Regioni
A livello nazionale, questa esigenza è colmata
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dall’Accordo tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali, concernente la definizione del sistema nazionale sull’orientamento permanente, approvato il 20
dicembre 2012, in sede di Conferenza Unificata, e
finalizzato a promuovere e condividere una strategia nazionale di Orientamento permanente nel
campo dell’educazione, della formazione professionale e dell’occupazione.
L’Accordo rappresenta una dichiarazione di intenti
con cui le parti si impegnano ad assicurare sul territorio l’integrazione dei servizi al cittadino finalizzati alla ricostruzione e documentazione di esperienze e apprendimenti, a rendere più efficaci gli interventi anche attraverso lo sviluppo e l’ottimizzazione dei fabbisogni professionali e di competenze,
ad assicurare l’orientamento permanente e a potenziare le azioni dei sistemi integrati di istruzione,
formazione e lavoro.
Lo scenario nazionale e la legge sul mercato del
lavoro
Lo scenario nel quale si sta dando attuazione agli
intendimenti dell’Accordo è quello rappresentato
dall’attuale legge n. 92 del 28 giugno 2012 sul
mercato del lavoro, “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di
crescita”, in cui ai commi 51-68 dell’articolo 4 sono stabilite le norme generali in tema di apprendimento permanente con l’obiettivo di definire il
diritto di ogni persona all’apprendimento in ogni
fase della vita, nell’ambito di un sistema integrato
che permetta il collegamento con le strategie per
la crescita economica, per l’accesso al lavoro dei
giovani, per la riforma del welfare, per l’invecchiamento attivo e l’esercizio della cittadinanza attiva,
anche da parte degli immigrati. Giova ricordare
che il comma 55 prevede la costruzione, in modo
condiviso con le Regioni e le autonomie locali, di
“reti territoriali” e nel comma 56 lettera a) si esplicita che alla realizzazione e allo sviluppo dei sistemi integrati territoriali concorrono anche le università.
Due variabili strategiche: la gestione dei fondi
strutturali e la ‘Garanzia Giovani’
Il quadro di contesto è altresì arricchito dal dibattito nazionale che si sta svolgendo sia attorno alla definizione dell’ Accordo di Partenariato per la
gestione dei fondi strutturali del periodo 20142020, in cui l’orientamento assume una dimensione trasversale ai tre Obiettivi tematici n° 8 Occupazione, n° 9 Inclusione e n° 10 Istruzione e
Formazione, sia attorno alla Raccomandazione
del Consiglio del 23 aprile 2013 sulla “Garanzia
Giovani” ed alla connessa discussione sulla centralità della rete degli operatori chiamati ad erogare sempre più servizi di orientamento su gruppi
target diversi tra loro.
Per la realizzazione delle finalità dell’Accordo concernente la definizione del sistema nazionale sull’orientamento permanente, lo stesso individua una
struttura di coordinamento rappresentata dal Gruppo di Lavoro Interistituzionale sull’orientamento
permanente, il quale ha, tra i suoi compiti, anche
quello di elaborare Linee Guida nazionali in materia di orientamento e l’elaborazione di una proposta per l’individuazione di standard minimi dei servizi e delle competenze professionali degli operatori dell’orientamento.
Diritto all’orientamento
Tutela Costituzionale. il diritto all’orientamento lungo tutto l’arco della vita viene assicurato in relazione agli articoli 4, 34, 35 comma 2 della Costituzione della Repubblica Italiana, agli articoli II/74, II/75,
II/76, II/89 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Sulla base di questi principi e delle leggi
e delle normative nazionali ed europee che ne danno attuazione, sono riconosciuti ad ogni cittadino,
durante tutto l’arco della vita, prestazioni e servizi
di orientamento per il pieno sviluppo della sua personalità nelle attività educative, formative, professionali, lavorative. A tale fine lo Stato, le Regioni e le
Province Autonome di Trento e Bolzano, le Province,
i Comuni si impegnano a razionalizzare, potenziare,
integrare il sistema pubblico di orientamento con le
strategie dell’apprendimento permanente favorendo
altresì la partecipazione dei cittadini alla definizione
degli standard di qualità e alle attività di monitoraggio e valutazione dei servizi di cui usufruisce.
Contesti di riferimento. Il diritto all’orientamento
lungo tutto l’arco della vita viene assicurato tramite
specifiche politiche promosse nell’ambito di un più
ampio quadro di interventi nell’istruzione, formazione, alta formazione, educazione degli adulti, lavoro
e inclusione sociale, contesti nei quali si sviluppa il
processo di orientamento delle persone1.
Priorità:
In coerenza con le strategie per l’apprendimento
permanente, con gli obiettivi del nuovo ciclo di programmazione comunitaria e il programma della
“European Youth Guarantee” le politiche dell’orientamento, al fine di contrastare il disagio formativo,
di favorire l’occupabilità, di incoraggiare l’inclusione sociale, mettono al centro la persona con le sue
esigenze educative, formative, professionali e lavorative. Le politiche dell’orientamento si attuano
nell’ambito delle reti territoriali previste dal comma
55 art. 4 legge 92/12 con riferimento alle seguenti
1. European lifelong guidance policy network,“Lifelong guidance policy development: A European Resource Kit”. 2012, pag.12
75
priorità, trasversali e comuni a tutti i diversi contesti:
> favorire nella persona l’acquisizione della capacità di orientamento al lavoro lungo tutto l’arco
della vita;
> facilitare l’accesso di tutti i cittadini ai servizi di
orientamento utilizzando anche canali non- formali e informali (associazioni, volontariato, ecc.)
di comunicazione, soprattutto con i gruppi più
svantaggiati;
> rafforzare la garanzia di qualità dei servizi di
orientamento con un costante processo di ricerca ed innovazione attraverso l’utilizzo delle ICT,
al fine di assicurare strumenti e prestazioni rispondenti ai mutevoli e diversificati bisogni
orientativi delle persone e di rendere i servizi
pubblici più efficaci e più accessibili a tutti i cittadini;
> assicurare strumenti e prestazioni rispondenti ai
mutevoli e diversificati bisogni orientativi delle
persone;
> incoraggiare il coordinamento e la cooperazione
dei vari soggetti a livello nazionale, regionale e
locale anche attraverso la condivisione e l’interoperabilità di strumenti, piattaforme e servizi2.
Le Funzioni dell’orientamento
Per la realizzazione del diritto all’orientamento le
istituzioni attivano le seguenti funzioni di supporto
allo sviluppo del processo orientativo e all’interno
delle quali individuano gli interventi e i dispositivi
maggiormente rispondenti ai bisogni delle persone:
Funzione Educativa. indica le attività di accompagnamento e sostegno allo sviluppo di risorse e condizioni favorevoli al processo di auto-orientamento
della persona per favorirne il benessere, l’adattabilità ai contesti, il successo formativo e la piena occupabilità. Questa funzione di orientamento assolve al compito di favorire nella persona la maturazione di un atteggiamento e di un comportamento
proattivo per lo sviluppo delle capacità di gestione
autonoma e consapevole del proprio processo di
orientamento. A tal fine promuove l’acquisizione
delle competenze orientative generali e trasversali
in quanto premesse indispensabili per un efficace
auto-orientamento. Le azioni principali di orientamento nella scuola sono responsabilità di ogni docente, a partire dalla scuola primaria e sono inserite nel Piano formativo della scuola e di ogni classe,
attraverso la definizione degli standard di competenza di orientamento per ogni livello di istruzione.
Strumento principale per favorire l’acquisizione di
competenze orientative generali e l’auto-orientamento è la didattica orientativa. Esempi di strumenti d’intervento sono i laboratori orientativi e l’alternanza scuola-lavoro che favoriscono il superamento della separazione tra formazione e lavoro valorizzando l’impresa come luogo di apprendimento.
Funzione Informativa. Riguarda le attività volte a
sviluppare la capacità di attivazione della persona
e di ampliamento, acquisizione e rielaborazione di
conoscenze utili al raggiungimento di un obiettivo
formativo/professionale specifico; questa funzione
assolve al compito di potenziare un insieme di risorse che hanno a che fare con la capacità di attivarsi, confrontarsi decodificare, interpretare, mettersi in gioco.
Funzione Accompagnamento a specifiche esperienze di transizione. Indica le attività di sostegno
allo sviluppo da parte della persona di competenze
e capacità di decisione e di controllo attivo sull’esperienza formativa e lavorativa in essere, al fine
di prevenire rischi di insuccesso. Questa funzione di
orientamento assolve al compito di:
> favorire una riflessione critica da parte della persona sull’andamento del proprio percorso di studi, al fine di consentire l’auto-monitoraggio
dell’esperienza formativa;
2. Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 21 novembre 2008 - ùntegrare maggionnente l’orientamento permanente nelle strategie di apprendimento permanente», Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea 2008/C319/02.
76
> tutorare in itinere i percorsi critici e le esperienze
di transizione fra canali formativi, con particolare
riferimento ai soggetti a rischio di insuccesso;
> accompagnare l’inserimento e il re inserimento
lavorativo di soggetti in difficoltà, attraverso
un’azione personalizzata di mediazione fra la
persona e i contesti sociali di riferimento;
Funzione Consulenza orientativa. Concerne le attività di sostegno alla progettualità personale nei
momenti concreti di snodo della storia formativa e
lavorativa e di promozione all’elaborazione di
obiettivi all’interno di una prospettiva temporale allargata e in coerenza con aspetti salienti dell’identità personale e sociale. Questa funzione di orientamento assolve al compito di:
> sostenere i processi decisionali e le esperienze
di cambiamento;
> sviluppare capacità di analisi e di valutazione
delle competenze in funzione di un progetto formativo e lavorativo.
Funzioni di Sistema. Le funzioni e le attività dell’orientamento necessitano, inoltre, di essere supportate da funzioni di sistema, quali “assistenza
tecnica”,’formazione operatori’ ‘promozione della
qualità” e “ricerca e sviluppo” al fine di assicurare
l’efficacia degli interventi rivolti all’utenza e le attività gestionali di analisi, ideazione, pianificazione,
coordinamento, monitoraggio, valutazione, in una
logica di sviluppo di rete sia intra-sistema sia intersistema.
La Governance multilivello
Finalità:
coordinare e condividere i processi decisionali delle politiche di orientamento, in cui ciascun soggetto
si riconosce partner corresponsabile di una strategia che, coinvolgendo sia il livello politico-istituzionale sia quello tecnico-operativo, valorizzi la programmazione e la realizzazione di interventi di
orientamento integrati, continui e rispondenti ai bi-
sogni della persona.
Configurazione e articolazione:
livello territoriale: le Regioni, nell’ambito delle priorità nazionali, definiscono specifiche priorità territoriali di concerto con gli altri soggetti di espressione
locale dei firmatari dell’Accordo sull’orientamento
permanente, programmano e coordinano gli interventi e le politiche di orientamento con riferimento
agli standard comuni di qualità dei servizi, secondo
forme e modalità organizzative individuate dalle
stesse Regioni, che, con riguardo alle specificità territoriali, valorizzino il ruolo e le competenze degli
Enti Locali con il coinvolgimento attivo dei soggetti
istituzionali, sociali ed economici del territorio (Università, USR, Parti sociali).
livello nazionale: la collaborazione interistituzionale
tra Stato (MIUR, MLPS e MEF), Regioni e coordinamento delle Regioni, UPI e ANCI avviene:
> con il Gruppo di lavoro interistituzionale sull’orientamento permanente, ex Accordo
20.12.2012, con il compito di aggiornamento
delle linee guida, di elaborare quanto previsto al
comma b) art. 4 e di organizzare periodici incontri con le Parti sociali al fine di garantire informazione delle stesse nelle fasi di elaborazione dei
documenti di cui all’art. 3, par. l.
> con la definizione da parte di ciascun soggetto
istituzionale di specifiche priorità aderenti al proprio ambito di competenza, da condividere e da
adottare di concerto con gli altri soggetti firmatari dell’ Accordo e in linea con i principi dello
stesso
> con gli organismi tecnici e istituzionali di seguito
individuati: Tavolo Interistituzionale sull’apprendimento permanente, ex Intesa; Coordinamento
della IX Commissione degli Assessori regionali,
con funzioni di coordinamento interregionale
delle politiche e degli interventi territoriali.
Azioni:
Le azioni di govemance multilivello sono definite,
nell’ambito della configurazione di cui al punto 3.2,
77
dal MIUR, dal MLPS, dal MEF, dal Coordinamento
delle Regioni, da ANCI e da UPI, con il contributo di
Unioncamere e delle Parti Sociali, con la finalità di
sostenere le funzioni/attività/servizi di orientamento
in raccordo e coerenza con le strategie dell’apprendimento permanente, agli Obiettivi 8 Occupazione,
9 Inclusione, 10 Istruzione e Formazione dell’Accordo di Partenariato 2014-2020 e al programma “Garanzia Giovani”. Alla loro realizzazione concorrono
tutti i soggetti operanti nel sistema di orientamento
ai vari livelli. Le azioni di governance multi livello riguardano in particolare:
a) coordinamento delle risorse professionali ed
economiche degli interventi e dei progetti di
orientamento ai diversi livelli regionale, nazionale, europeo per superare l’attuale frammentarietà degli interventi;
b) promozione e supporto allo sviluppo delle reti locali, regionali, nazionali finalizzate all’orientamento
c) condivisione e sviluppo degli strumenti e delle
tecnologie per la realizzazione di una rete unitaria di informazione e supporto all’offerta di istruzione, formazione e lavoro;
d) predisposizione di un sistema di monitoraggio e
di valutazione delle politiche di orientamento e
del loro impatto nei diversi contesti;
e) accreditamento dei servizi di orientamento alla
persona e delle competenze professionali degli
operatori
f) promozione della accessibilità e della integrazione dei servizi e delle attività erogate nei sistemi della scuola, della formazione, dell’università,
del lavoro e delle politiche sociali, attraverso la
formalizzazione, attivazione e gestione integrata
di reti territoriali;
g) supporto allo sviluppo di un costante processo
di ricerca condivisione ed innovazione degli
strumenti e delle metodologie d’intervento.
Obiettivi specifici e azioni operative
AI fine di contribuire alla razionalizzazione e al potenziamento del sistema pubblico e integrato di
orientamento, e in coerenza con l’Accordo di Partenariato, con il programma “Garanzia Giovani” e con
le Strategie dell’Apprendimento permanente, si individuano i seguenti obiettivi specifici e le conseguenti azioni operative.
I risultati attesi e gli indicatori specifici volti a misurare l’efficacia e l’efficienza delle azioni di orientamento saranno definiti con riferimento ai diversi
contesti (scuola, formazione, università, lavoro e inclusione sociale) che concorrono a determinare il
sistema nazionale, contestualmente alla individuazione e all’approvazione del documento sugli stan-
Obiettivi specifici
Azioni operative
1. riduzione della dispersione
e del fallimento formativo
nella scuola, nella formazione, nell’università
a) Progettare azioni formative di operatori specializzati e docenti per favorire l’apprendimento di competenze
orientative, in particolare quelle proattive e di fronteggiamento (coping) negli adolescenti, nei giovani, negli
adulti.
b)Attivare servizi permanenti di tutoraggio e mentoring. per l’ingresso nel cicli formativi secondari e terziari.
c) Attivare servizi permanenti di tutoraggio e mentoring per l’inserimento o re- inserimento nel mercato del lavoro
per potenziare, tra l’altro, competenze individuali di monitoraggio attivo rispetto alle esperienze di disoccupazione e sviluppano capacità di auto-promozione sul lavoro e che si affiancano sinergicamente ai dispositivi
di facilitazione dell’accesso al mercato del lavoro (incrocio fra domanda e offerta di lavoro, formazione professionale e continua, apprendistato, tirocini, etc,).
d) Progettare con i servizi sociali interventi preventivi di promozione della scolarizzazione e in target definiti le
azioni di counseling orientativo.
e) ESL (Early School Leavers) 15-18 anni -Per quanto riguarda i giovani che fuoriescono precocemente dalla
scuola e dalla formazione gli Uffici Scolastici, i Servizi Sociali e i Centri per l’impiego realizzano attività condivise di orientamento per il loro reinserimento in percorsi formali e informali di apprendimento.
f) Attivare servizi di tutoraggio mirato per studenti del I anno di università che dopo il primo semestre non abbiano acquisito il numero minimo di CFU (Crediti Formativi Universitari).
78
dard dei servizi e delle competenze professionali
degli operatori (Accordo sull’Orientamento Permanente, art. 4 comma 1/b).
scuola-scuola, scuola-formazione, scuola-università
e scuola-lavoro.
Favorire e sostenere l’occupabilità
Contrastare il disagio formativo
Contrastare il disagio formativo (dispersione e abbandono scolastico/universitario, ESL e NEET), rafforzando le competenze nei giovani per affrontare
autonomi processi di scelta durante le transizioni
Favorire l’occupabilità e i percorsi di inserimento reinserimento lavorativo rafforzando nei giovani e negli
adulti autonomi processi di conoscenza delle proprie
attitudini e competenze e della loro spendibilità nei
contesti occupazionali locali, nazionali e europei.
Obiettivi specifici
Azioni operative
1. Rafforzare l’occupabilità
delle persone
Gli obiettivi identificati possono essere raggiunti, a seconda del contesto (scuola, università, formazione e lavoro)
attraverso diverse azioni
1a Promuovere percorsi di
autoimpiego e di auto imprenditorialità nonchè la
mobilità geografica
> servizi di informazione orientativa e accoglienza/filtro finalizzati a facilitare - l’accesso del cliente alla struttura
dedicata, a presentare l’offerta di servizi erogati, a decodificare la richiesta di aiuto e a favorire il passaggio a
servizi in grado di rispondere alla domanda espressa da target diversificati di utenti;
1b Realizzare percorsi di inserimento/reinserimento
dei target che, in considerazione del momento storico e dei diversi territori
sono più a rischio di
esclusione dal mercato
del lavoro: giovani (con
particolare riferimento ai
giovani NEET); e donne;
over 50
1c Realizzare percorsi di inserimento/reinserimento
dei soggetti disoccupati
> servizi di accompagnamento/tutorato orientativo/job placement nel sistema lavoro, da realizzarsi nei centri
per l’impiego o nei servizi di orientamento scolastico/universitario. L’azione è finalizzata a gestire positivamente un compito istituzionale dei centri per l’impiego, garantendo un’assistenza personalizzata in primo
luogo ad alcuni target specifici (giovani, donne, etc.) per uscire dalla situazione di inoccupabilità e/o disoccupazione. Si tratta quindi di aiutare la persona disoccupata a valutare ciò che gli/le potrebbe essere utile
per aumentare le proprie opportunità di reinserimento nel mercato del lavoro (un’attività di formazione professionale, un’attività di qualificazione/riqualificazione verso professionalità in linea con la domanda di lavoro,
un percorso di bilancio di competenze, un tirocinio, uno stage, etc.) e di rappresentare per il soggetto una figura di riferimento per tutta la durata della transizione;
> servizi di consulenza alle scelte formative e ai progetti professionali. L’attività consulenziale è finalizzata alla
definizione/ridefinizione di aspetti dell’identità professionale connessi allo sviluppo della storia individuale
delle persone in relazione al diverso ciclo di vita. È necessario infatti che il progetto sia elaborato in continuità/coerenza con le risorse e i vincoli presenti nelle diverse sfere di vita del soggetto per identificare strategie
concrete di realizzazione dei singoli obiettivi. L’attività si caratterizza come relazione interpersonale di aiuto
basata su un ciclo di colloqui e/o laboratori di gruppo o, in alternativa, di un percorso di bilancio di competenze. no acquisito il numero minimo di CFU (Crediti Formativi Universitari).
1d Sostenere percorsi di sviluppo di carriera e di mobilità verticale e orizzontale dei lavoratori
3. Favorire lo sviluppo coordinato dei servizi per il lavoro con l’intervento coordinato e unitario di tutti i
soggetti e i servizi.
> Migliorare il livello di scambio interdisciplinare tra operatori
> Consolidare la collaborazione tra servizi e sedi si svolgono in cui si svolgono iniziative orientative
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Promuovere l’inclusione sociale
Promuovere l’inclusione sociale, contrastando i fenomeni di devianza e di emarginazione dovuti anche a differenze di genere, di razza, a disabilità fisiche e psichiche.
Obiettivi specifici
Azioni operative
1. promuovere la partecipazione delle famiglie alle
scelte formative
a) Realizzazione di specifici momenti di incontro con le famiglie
2. Promuovere il lavoro di rete tra servizi finalizzato a
progettare e sostenere
percorsi individuali integrati
a) Prevedere/rafforzare, in un’ottica di inclusività, procedure che favoriscano la fruizione dei servizi di orientamento da parte dei soggetti più svantaggiati e a rischio.
b) Neet 19 -25 sono destinatari di una azione congiunta dei Servizi Sociali, Uffici Scolastici, Centri per l’Impiego
per la loro individuazione e inclusione in percorsi di orientamento che li aiutino e li supportino nella scelta di
percorsi di studio, formazione, lavoro)
C) Risorse umane, finanziarie e strumentali
Per le finalità e le azioni di cui alle presenti linee
guida nazionali, sono messe a disposizione le risorse previste nell’ambito di programmi e finanziamenti nazionali, regionali europei ed internazionali,
senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.
Per le attività di che trattasi dovranno pertanto, salvo ulteriori stanziamenti di spesa, risultare sufficienti le risorse umane, finanziarie e strumentali già sta-
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bilite dalla legislazione vigente.
Nota di contesto
La proposta per l’individuazione degli standard minimi dei servizi e delle competenze professionali
degli operatori di cui all’art. 4, comma 1, lettera b)
dell’ Accordo sull’Orientamento Permanente verrà
elaborata entro il 31.03.2014.
Roma, 18 novembre 2013
Orientamento in Liguria,
proseguono gli appuntamenti
del tavolo di indirizzo regionale
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – Arsel Liguria
Si è svolto il 12 marzo, presso la sede della Regione
Liguria, il secondo appuntamento del tavolo di indirizzo sull’orientamento in Liguria. ‘Forum’ riporta gli
interventi di Furio Truzzi referente regionale del gruppo interistituzionale sull’Orientamento e Erminio Grazioso dirigente del Servizio Orientamento, Formazione superiore, Università e professioni e le conclusioni
dell’assessore regionale Sergio Rossetti.
Truzzi: le tappe dell’Orientamento regionale
La proposta per attuare le linee guida nazionali sull’orientamento permanente, nel nostro territorio, è
quella di operare su gruppi tematici per attuare la
cabina di regia. A Roma, la Liguria è presente come
capofila dell’orientamento, siamo di fronte ad un
anno importante che rappresenta un momento di
snodo: sono state pubblicate le linee guida dell’orientamento e un documento del MIUR in proposito, ci sarà il momento di allocazione delle risorse
europee e questo quindi rappresenta un anno importante per il riposizionamento.
Altri momenti decisivi sono rappresentati dalla Conferenza regionale sul sistema educativo, dalla lotta
alla dispersione e dalla sperimentazione del progetto ‘La giusta via’. Sarà poi decisivo capire il nuovo ruolo delle Province e dell’area metropolitana,
dei servizi per l’Impiego e la posizione della nuova
Agenzia regionale Arsel.
Sarà operativa l’iniziativa europea ‘Garanzia Giovani’ che si rivolge a 15mila giovani neet tra i 15 e i
24 anni e che dovrà affrontare problemi sull’offerta
di servizi, poiché sono solo cento gli operatori di
orientamento nel sistema pubblico a cui si affiancano quelli del sistema privato, che dovranno garantire almeno otto ore di orientamento, in senso lato, ad ogni giovane.
Il sistema ligure rappresenta, a livello nazionale, un
riferimento importante, tra le tappe da ricordare: nel
2011 si rinnova la Carta di Genova, stipulata nel
2001, inserendo nuovi elementi chiave, a gennaio
2012 si insedia il gruppo di lavoro del coordinamento delle Regioni, a giugno si forma il comitato
di pilotaggio per stilare l’accordo riguardante
l’orientamento permanente, nell’ambito del Salone
Orientamenti 2012 è stato presentato il documento,
poi approvato il 20 dicembre 2012.
La cabina di pilotaggio ligure, in conferenza unificata, dà priorità alle linee guida rispetto agli standard dei servizi.
Il 5 dicembre 2013 la conferenza unificata approva
le linee guida che affermano: diritto all’orientamento per tutto l’arco della vita, accessibile a tutti con
servizi di qualità e aggiornati, il documento sulle ‘linee guida nazionali per l’orientamento permanente’, viene trasmesso dal Miur il 19 febbraio 2014.
Le funzioni dell’orientamento sono: informativa,
educativa, di consulenza individuale, accompagnamento e tutoraggio.
È prevista una Governance multilivello che significa
promuovere l’integrazione politico istituzionale e
tecnico operativa per la programmazione degli in-
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terventi territoriali e nazionali, in integrazione anche
con le reti europee di orientamento.
Gli obiettivi sono: contrastare il disagio formativo,
favorire e sostenere l’occupabilità e promuovere
l’inclusione sociale. Per il momento le risorse che
fanno capo alla sostenibilità delle linee guida sono
quelle comunitarie che serviranno a supportare le
linee specifiche di orientamento. I veri piani di finanziamento saranno attivi dal 2015.
I prossimi passi previsti sono: condivisione con le
parti sociali, definizione degli strumenti di monitoraggio delle politiche e degli interventi, definizione
degli standard/LEP dei servizi e delle competenze
degli operatori di orientamento. Su quest’ultimo
punto viene data delega specifica a ISFOL e Università degli Studi di Genova.
L’accreditamento delle strutture di orientamento è in
forse da molti anni e sarà successiva al riconoscimento degli operatori e degli standard minimi dei
servizi. Il lavoro è comunque in uno stadio avanzato,
sono già pronte schede di lavoro a livello nazionale.
Dal 15 al 31 marzo, si conclude il primo censimento regionale delle strutture di orientamento a livello
statistico, rivolto a 1.750 unità censuarie. È esperienza pilota in Italia. Si è assistito ad una singolare
crescita dell’interesse sull’orientamento, in questi
ultimi anni.
Grazioso: i prossimi tavoli tematici
Le proposte della Regione non sono imposte, ma
rappresentano una base che può essere integrata
ed è per questo che verranno organizzati gruppi di
lavoro tematici per arrivare ad un Sistema regionale
di orientamento.
Gli argomenti saranno i seguenti:
> Alternanza scuola lavoro e formazione duale
In condivisione con:
>> le associazioni di categoria regionali e le istituzioni formative
>> il comitato regionale delle Olimpiadi dei Mestieri
>> I poli tecnico – professionali
>> I quattro ITS e la formazione tecnico superiore
che prevedono già esperienze di alternanza
> Competenze chiave dell’UE su apprendimento
permanente
Si tratta di otto competenze chiave nell’intero arco
formativo
> Nuove tecnologie: Sorprendo e Opendata
> Competenze degli operatori di orientamento con
la valutazione delle figure professionali operanti
in Liguria, definizione delle competenze e percorsi formativi
Interviene per le conclusioni l’Assessore Rossetti
che sottolinea l’importanza di una formazione e di
un orientamento svolti in alternanza scuola-lavoro
dove l’impresa diventa anche luogo di apprendimento, conferma l’importanza del Tavolo di Indirizzo
come il luogo per concordare le politiche regionali
dell’orientamento e recependo le osservazioni pervenute, comunica che saranno integrate nei documenti presentati al Tavolo.
Orientamento in Liguria, i prossimi appuntamenti
14 aprile – tavolo tematico sulle competenze degli operatori di orientamento
14 maggio – tavolo tematico su alternanza scuola/lavoro e formazione duale
11 giugno – tavolo tematico su nuove tecnologie
4 luglio – tavolo competenze chiave della Comunità europea
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25 settembre – riunione tavolo di indirizzo regionale
novembre 8/12 – GNV La Superba Sailor la nave
dell’orientamento
12/14 – Fiera di Genova – ABCD + orientamenti
13 – seconda assemblea regionale operatori
dell’orientamento
Dal primo tavolo tematico
sulle competenze degli operatori
di orientamento indicazioni
utili per la costruzione
del sistema
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
Questa una sintesi dei lavori del primo tavolo sulla figura dell’orientatore.
Presentazione
Furio Truzzi – referente regionale del gruppo interistituzionale sull’orientamento
Come è noto, alcune Regioni hanno già definito la
figura dell’orientatore, ma sono ancora una minoranza. Molto lavoro è ancora da fare, il settore è importante e delicato e acquista grossa rilevanza
nell’ambito della ‘Youth guarantee’.
Questo appuntamento ha la finalità di condividere
lo stato dell’arte, partendo da un primo documento
elaborato da Isfol e dall’Università di Genova, riconducendolo specificamente al territorio regionale.
Vogliamo costruire insieme il senso del gruppo tematico per definire la figura, valorizzando i progetti
e i processi, già in atto.
Nel Censimento sono state coinvolte più di 1.700
unità, nel 2001 è stato elaborato un progetto con
l’Università di Genova per un percorso di specializzazione, poi mai realizzato1, per cui il profilo, oggi,
non è codificato.
Il mandato è quello di procedere dando impulso alla certificazione delle competenze dell’operatore
dell’orientamento.
Antonella Bonfà – Università degli Studi di Genova
La Regione Liguria ha incaricato l’Università e Isfol,
di fornire supporto per definire gli standard dei servizi e le competenze degli operatori di orientamento. I territori, più avanzati su questo tema risultano
essere: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana, Veneto.
Si è partiti da una ricognizione dello stato attuale,
andando ad analizzare una situazione disomogenea: sono almeno 20.000, a livello nazionale, gli
operatori impegnati nei servizi di orientamento:
hanno mansioni di vario genere e si fanno carico
delle variegate problematiche dell’utenza; si tratta
– comunque – di figure non regolate da leggi.
Alcuni dispositivi regionali contemplano l’orientatore, chiamato spesso in modo diverso, e descritto in
modo differente: alcuni lo rappresentano per competenze, altri si incentrano sul titolo di studio.
Oggi, quindi, si interviene nell’anarchia totale.
Come descritto nel documento presentato, Istat
contempla due figure che possono essere ricondotte alla nostra: il consigliere di orientamento e il tecnico dei servizi per l’impiego.
Si sta tentando di fare chiarezza, per potersi rac-
1. Ndr. È del 1998/1999 (anni della riforma dei servizi per l’impiego) un corso di specializzazione per gli operatori di orientamento, a titolarità di un’ATI, con capofila IAL Liguria,
nell’ambito del P.I. 7, di rinnovamento del sistema formativo. In precedenza, si era già svolto, nel 1986, un percorso di formazione che ha posto le basi del primo sistema di orientamento regionale.
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cordare a livello nazionale. Stiamo partendo dalle
competenze, per ‘smistare’ le diverse figure sulle
diverse funzioni orientative (informativa, educativa, ad. es.).
È strategico, a questo punto, riconoscere le competenze e certificare le figure che stanno già, da tempo, operando, ma anche stabilire le conoscenze di
quanti entreranno ex novo nel sistema.
L’orientatore non è uno psicologo, ma possiede
competenze psicologiche, unite ad altre, economiche e di management, per esempio.
Ci sono master, non universitari, magari privati e
corsi di formazione professionale, sono stati censiti
albi, comunque non regolamentati: da ciò, emerge
l’eterogeneità degli approcci.
Bisogna coordinare tutte le azioni, per andare verso
un sistema condiviso ed approdare ad un profilo
unitario, organizzare corsi pubblici per qualificare
gli operatori e definire gli standard delle funzioni
orientative.
Elisabetta Garbarino – ARSEL Liguria, Responsabile Laboratorio delle professioni
I tavoli, attualmente organizzati dalla Regione Liguria, hanno un obiettivo preciso. Appunto un obiettivo
concreto è partenza a breve, avendo definito il repertorio nazionale dei profili.
La strada intrapresa è quella di unificare i dispositivi, attraverso il linguaggio comune delle competenze.
Certo, il lavoro non è stato facile, perché ogni Regione deve “cedere un pezzetto”. Ma, a livello nazionale, la congiuntura è favorevole.
Per entrare nel nostro tema, due Regioni, Umbria e
Marche, hanno già prodotto documenti sulla figura
dell’orientatore. La nostra Regione è impegnata sul
settore cantieristica, metalmeccanica e Grande distribuzione organizzata. È stata fatta una ricerca
sulle figure sociali che supporterà l’implementazione del Repertorio regionale visto il forte fabbisogno
di figure in questo ambito.
Il Decreto 13/13 sulla validazione delle competenze (formali, informali e non formali) rappresenta
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un’altra evenienza positiva e si intersecherà con
questo tavolo; alcune Regioni, tra cui la Lombardia
stanno già lavorando in questa direzione.
Segue un ampio dibattito che partendo dalla ricostruzione di quanto avvenuto, nel campo dell’Orientamento, nella nostra Regione, analizza la situazione
attuale in riferimento ai contesti istituzionali ed ai diversi ambienti lavorativi dei settori dell’istruzione, della formazione, dell’università e del lavoro, nei quali
gli operatori svolgono funzioni di Orientamento.
Corrado Alia – Referente Gamos
Non è detto che l’orientatore debba ricondursi ad
un’unica figura: tante sono le competenze che devono essere possedute (molte quelle trasversali),
quasi impossibile da potersi riscontrare in un unico
operatore visto che l’utenza che usufruisce del servizio non si ferma ai 19 anni, ma, anzi, prosegue sino all’età della pensione. Da quanto detto, emerge,
di conseguenza, la poliedricità del servizio.
Andrea Sanguineti – CISL Liguria
Tentativi sul tema, nel tempo, ne sono stati fatti: va
ricordato un documento unitario CGIL, CISL, UIL, che
risale al 2001 e che ha già trattato questo tema.
Almeno tre le categorie importanti, in cui interviene
l’orientamento: scuola, formazione e lavoro (incontro domanda/offerta). Come è facile immaginare, le
competenze, nei tre ambiti, sono diverse.
Altre tematiche, da porre in evidenza: l’accreditamento, anche del privato e del privato-sociale; l’individuazione dei percorsi formativi e le modalità di
formalizzazione delle competenze, attualmente
possedute dagli operatori già in attività.
Altra questione, la cui sede di discussione non è
questo tavolo, ma va comunque tenuta ben presente: l’applicazione del contratto di lavoro – attualmente viene utilizzato quello del commercio,
sicuramente non mirato – così come la stabilizzazione dei lavoratori, rimarcando che chi si occupa
di questo servizio, è oggi sottoposto ad un grande
stress.
Sergio Revello – Legacoop e Consorzio Motiva
Ulteriori snodi, da tenere presenti: l’affacciarsi ai
servizi di molti target differenti, che implicano una
specializzazione nell’approccio e una differenziazione nell’uso degli strumenti, obiettivi che sono diversi, a seconda del contesto. Una figura, quella dell’orientatore, quindi, complessa, non un ‘tuttologo’,
ma neanche portatore di una specializzazione spinta in micro-ambiti.
Altro tema, rispetto a chi già opera, riassumibile così: chi certifica chi, su che base e in che modo.
Talvolta, in mancanza di input precisi, ci si muove
dal basso, ci si forma da autodidatti, o rivolgendosi
all’offerta privata. Ma c’è il problema della validazione e della sostenibilità della formazione, con un
risvolto di costo e di tempi: gli operatori dell’orientamento percepiscono stipendi bassi e non si può
chiedere loro uno sforzo economico per pagarsi la
formazione. Purtroppo su una figura, quella dell’educatore, si è già assistito, in passato, ad un problema di equipollenza dei titoli.
Per sintetizzare: occorre tenere presente il rapporto
tra generalismo, certezza della certificazione e sostenibilità dell’impegno formativo.
Alba Lizzambri – UIL Liguria
Il nodo è capire se è più opportuno andare avanti a
livello regionale o attendere lo sviluppo nazionale.
Certo, ci sono Regioni più avanzate, ma è, forse, opportuno, non aggiungersi alla lista delle Regioni
che vanno avanti in autonomia.
Ricordiamo il problema dell’accreditamento delle
strutture di incrocio domanda/offerta: esiste un
elenco, riconosciuto a livello nazionale, per cui le
strutture si muovono, a livello locale, in modo anomalo (a Genova, l’orientamento è in appalto, tra
l’altro, a Conform, che ha un riconoscimento nazionale, per cui è titolata ad operare).
La figura locale rischia di scontrarsi con quella
definita a livello nazionale. Ma non si può rimanere fermi: è già importante stabilire gli standard,
e evitare che il lavoro venga bloccato a livello
centrale.
Emiliano Stroppiana – Aesseffe Genova
È utile descrivere brevemente, in questa sede il Progetto ‘La giusta via’, iniziativa partita lo scorso anno
grazie ad ARRSU Liguria, gestito da Aesseffe e Asfor
(i risultati verranno presentati, il 29 settembre prossimo). È stato realizzato, in via sperimentale, durante quest’anno scolastico, in una seconda classe
della secondaria di primo grado, in ognuna delle
quattro province; in una terza della secondaria superiore (sempre secondo lo stesso criterio territoriale) e in due facoltà universitarie.
Si è trattato di 30 ore, mirate a stimolare gli studenti
nel riflettere sulle loro inclinazioni, per essere in
grado di effettuare una scelta consapevole, sviluppando una propria progettualità, negli anni a venire.
Vengono organizzati momenti di incontro con i cicli
successivi e con il mondo produttivo. Il percorso, dedicato agli studenti, ha una stretta connessione con
le famiglie e i docenti, affinché agiscano come supporto, non come eventuale condizionamento. Ora il
progetto volge al termine che è previsto entro giugno.
Chiara Rosatelli – Assoceic/Villaggio del ragazzo
Partendo ancora dall’occasione fornita da ‘La giusta via’, può essere opportuno mettere in luce due
aspetti significativi del progetto: il laboratorio sulla
conoscenza di sé e il forte legame con il mercato
del lavoro. Il focus, rispetto all’orientatore, non è,
quindi, tanto sull’informazione circa le opportunità,
ma sulle esperienze e il legame con il territorio.
Massimo Cappanera – CGIL Liguria
Valutando le esperienze, si può affermare che il nostro territorio non è poi così indietro: ci sono professionalità alte, anche se assai diversificate.
È molto positivo che la Regione imponga di ragionare in chiave nazionale: è importante procedere,
tenendo insieme i due livelli.
Sicuramente la situazione è molto confusa e mettervi mano è complicato. Da maggio partirà la ‘Garanzia giovani’, e l’operatore di orientamento è figura nodale di questo grosso progetto.
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Occorrerà, poi, individuare chi si occuperà della certificazione e chi finanzierà le attività sottese.
Quindi, in due parole: educare e accogliere sono alla base della figura e dell’intervento orientativo.
Andrea Sanguineti – Provincia di Genova
In questi ambiti, il consiglio è quello di effettuare
un’operazione di semplificazione, per poter raggiungere un obiettivo comune, confrontandosi con
il processo.
All’interno della Provincia di Genova, è prevista
un’attività di orientamento di secondo livello, interventi orientativi per le pari opportunità, azioni per
l’avvio di impresa: servizi diversificati, per cui, appunto, sembra utile focalizzarsi sul processo. Certo,
ci sono specificità di competenza, ma il riferimento
comune è quello della relazione di aiuto; è per questo che alcune predisposizioni di base non sono
opzionabili.
Molto esiste già: esperienze e un patrimonio informativo specialistico, più che decennale. Ma non ci si è
sempre evoluti, si sono fatti anche passi indietro.
Occorre non solo pensare unicamente ai bisogni
dei giovani. Non dimentichiamo le implicazioni
economiche e di identità, tipiche della fascia più
adulta.
All’interno della Provincia, da qualche tempo, è stato messo a punto un sistema di supervisione e di
accreditamento, sganciato dal titolo di studio, ma
fondato sulle esperienze e sulle conoscenze dell’operatore.
Pare quindi opportuno tenere una linea minimalista, al di là delle specificità, che porterebbero ad
un processo di dispersione. Non utile in questo
momento.
Elmina Bravo – Provincia di Genova
Nei progetti, a titolarità provinciale, di carattere
orientativo, sviluppati in ambito scolastico, vengono
individuati professionisti dell’orientamento, con
competenze diversificate: psicologiche, psico-sociali, conoscenze del sistema educativo e della formazione, di comunicazione. Questo un primo elenco
che parte dall’esperienza degli interventi orientativi,
gestiti in questi anni.
Sandro Salvadori – CPFP ‘Durand de la Penne” –
La Spezia
Chi entra in un’aula non deve essere solo un orientatore ma, soprattutto, un educatore; bisogna ‘uscire’ dall’aula, fornendo ai giovani un forte supporto
educativo.
La parola chiave, da avere sempre come riferimento, è: ‘accoglienza’, che è propedeutica per orientare: senza, non si ottiene nessun risultato.
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Marilena Carnasciali – delegata dal Rettore per
le attività di orientamento
Il problema da tenere sempre presente, anche in
questo caso, è quello delle nostre resistenze al
cambiamento.
Inoltre, vale la pena riflettere sull’aspetto politico (a
luglio si insedierà il nuovo rettore). L’impegno personale, sempre alto in questi anni, da solo non basta, ma occorre traguardare ad un sistema concreto
e ben definito, che vada oltre la persona e non dipenda solo dalle spinte individuali.
Claudio Basso – Forum III settore
Il fare sintesi delle esperienze è fattore fondamentale, considerando anche le molte attività promosse
dalle associazioni del III settore, alcune più organizzate e svolte in convenzione con l’ente pubblico; citiamo, ad esempio, i servizi offerti dagli ‘sportelli’ e
le attività di volontariato, più informali – spesso rivolte ai giovani – che si confrontano con esigenze
dell’utenza molto varie, tra cui anche la necessità
di orientamento. Ben venga la strutturazione del
servizio. L’idea è quella di partire da un minimo comune denominatore, per iniziare il percorso.
Il problema è che, spesso, ci sono realtà ricche che
non interagiscono tra loro, ci sono esperienze delle
politiche giovanili che rappresentano un bel patrimonio (ad esempio il servizio civile).
Bisogna avere sempre presente il vero obiettivo: un
nuovo modello di sviluppo per tutti.
Mariangela Canevari - Referente del ‘Festival della scienza’
L’orientamento ha una funzione importante, rappresenta un percorso di conoscenza personale, mirato
all’acquisizione di competenze, per scegliere strade
che permetteranno di acquisire le conoscenze necessarie, per un proficuo, futuro inserimento. Occorre, quindi, rendere note occasioni che, sul territorio,
vengono fornite, alle fasce più giovani, tra cui offerte di didattica, sia formale sia informale. Spesso si
tratta di un lavoro di qualità, ma talvolta non emerge ciò che c’è.
Occorre tenere presente sempre anche il target dei
più piccoli e degli adolescenti.
Antonio Ornano – Confesercenti Liguria
Ogni operatore porta con sé un bagaglio di esperienze significative, molto diversificate. È quindi utile
partire dal dato di quanti orientatori sono presenti
sul territorio.
Occorre considerare il vero salto di qualità della
professione, ovvero la conoscenza del mercato del
lavoro, competenze che vanno costantemente aggiornate e ‘mantenute’.
scheda da trasmettere a tutti gli attori, dove far
emergere i profili e le competenze degli operatori
che già intervengono nei vari ambiti.
Si tratta di capire cosa c’è sul territorio, per valorizzare le figure, stando, contestualmente, in entrambi
i livelli del dibattito: regionale e nazionale.
Occorre riagganciare problematiche, per lungo
tempo lasciate a se stesse, che possiamo, così, riassumere: non ci sono enti accreditati e manca la figura dell’orientatore.
Il metodo scelto è quello del confronto tra chi, a vario titolo, vi opera. Molti spunti possono essere ricavati dal primo censimento, chiuso a marzo. È, infatti,
fondamentale, far emergere in modo sistematico le
peculiarità del nostro sistema.
L’intento non è solo quello di condividere il profilo,
ma la finalità è supportare concretamente gli operatori, anche attraverso il riconoscimento e la formazione: utilizziamo ciò che c’è, per aiutare chi è
in prima linea.
Si assiste ad un aumento della richiesta di orientamento, per cui il momento per affrontare i nodi della questione è sicuramente propizio. Occorre cogliere l’occasione favorevole per mettere al centro
la figura dell’orientatore.
Conclusioni
Antonella Bonfà
Tutti gli apporti fornito risultano molto utili, le testimonianze, significative e importanti.
Spunti quali il rapporto tra generalizzazione e specializzazione, le funzioni dell’orientamento, fondate su competenze trasversali di base e specialistiche, sono sicuramente da tenere presenti, così come il problema – aperto – degli operatori, che si
trovano – da precari – ad occuparsi della precarietà altrui.
Scheda tecnica – I professonisti
dell’orientamento
Di ISFOL e Università degli Studi di Genova
‘Forum’ pubblica un documento presentato nell’ambito del tavolo tematico sulle competenze degli
operatori di orientamento del 14 aprile 2014
Stato dell’arte per la formazione degli orientatori
Furio Truzzi
L’obiettivo che ci si pone, al prossimo salone ‘Orientamenti’, è presentare il set di competenze da certificare, rispetto alla nostra figura. Può essere importante, a questo punto del lavoro, elaborare una
Attualmente in Italia manca una regolamentazione
della professione di orientatore. Le figure preposte
all’orientamento risultano essere le più svariate per
denominazione, percorso professionale e compe-
87
tenze. I dati del rapporto orientamento dell’lSFOL
evidenziano, a questo proposito, una grossa eterogeneità e frammentarietà di situazioni. Si va dallo
psicologo, all’insegnante, al formatore, all’economista o, non in rari casi, al semplice impiegato frontoffice.
Non esiste, quindi, neppure un albo professionale
degli orientatori. Un Albo nazionale di norma è istituito per legge e ha la funzione di raccogliere i nominativi di tutti coloro che sono autorizzati a svolgere una determinata professione regolamentata
dalla legge stessa.
Spesso i profili, i requisiti, il titolo di studio e i compiti professionali dei responsabili e degli operatori
dei servizi per il lavoro, anch’essi ascrivibili ai profili
professionali degli orientatori, sono declinati nei dispositivi che regolano le procedure di accreditamento dei servizi per il lavoro.
Attualmente, quindi, vige una situazione in cui si
trovano un gran numero di operatori e professionisti che già sono impiegati nel campo dell’orientamento, se pur a diverso titolo e con diverse posizioni lavorative, (i dati empirici, raccolti in occasione
del rapporto orientamento dell’ISFOL, stimano un
universo di oltre 20.000 operatori di orientamento
di cui almeno il 30% con contratti a termine) che
necessitano di un riconoscimento e una certificazione delle competenze acquisite, in linea con la
definizione di un profilo professionale riconosciuto
a livello nazionale. D’altro canto emerge anche la
necessità di indicare con certezza i requisiti e il tipo di formazione indispensabili per l’accesso alle
professioni dell’orientamento. Si tratta quindi di
prefigurare un percorso formativo riconosciuto a livello nazionale.
Repertori e modelli dei profili professionali e
Classificazioni internazionali e nazionali delle
professioni nell’ambito dell’orientamento
Il Repertorio ISCO-88 (ISCO = International Standard Classification of Occupations) contiene la
Classificazione internazionale delle professioni, ar-
88
ticolata su quattro livelli. Le figure professionali assimilate a professionisti dell’orientamento sono
classificate tra le Professioni intermedie del lavoro
sociale e tra le professioni di Altri specialisti dell’insegnamento.
L’ISTAT fornisce un repertorio con nomenclatura e
classificazione delle unità professionali (NUP). Con
riferimento all’orientamento si trovano due categorie professionali:
> il consigliere di orientamento. “Le professioni
comprese in questa categoria valutano le capacità e le propensioni degli individui, li informano
sulla struttura e le dinamiche del mercato del lavoro e dell’offerta educativa e formativa, li assistono nella individuazione dei percorsi più adeguati allo sviluppo e alla crescita personale, sociale, educativa e professionale”
> il tecnico dei servizi per l’impiego.“Le professioni
classificate in questa categoria informano chi
cerca lavoro sulle opportunità lavorative disponibili; raccolgono informazioni sulle capacità, sulla
formazione, sugli interessi e sulle loro esperienze lavorative; li aiutano a formulare curricula e
ad utilizzare gli strumenti disponibili per cercare
lavoro; propongono le loro candidature ai soggetti che domandano lavoro; li collocano secondo le disposizioni di legge”.
Nel repertorio ISTAT il consigliere di orientamento si
trova nel gruppo delle professioni intellettuali,
scientifiche e di elevata specializzazione. Il livello di
conoscenza è acquisito attraverso il completamento di percorsi di istruzione universitaria di Il livello o
post-universitaria o percorsi di apprendimento, anche non formale, di pari complessità.
Il tecnico dei servizi per l’impiego si trova nel gruppo delle Professioni tecniche. Il livello di conoscenza richiesto è acquisito attraverso il completamento
di percorsi di istruzione secondaria, post-secondaria o universitaria di I livello, o percorsi di apprendimento, anche non formale, di pari complessità.
Il Repertorio del Ministero del Lavoro riporta la Classificazione delle professioni redatta sulla base dei
dati ISTAT e delle rilevazioni Excelsior. Sono inserite
le professioni che possono essere gestite all’interno dei Centri per l’Impiego. Nel gruppo Specialisti
in Scienze umane si trova il profilo professionale di
Specialista di gestione del personale. formazione.
orientamento e organizzazione del lavoro; nel gruppo Docenti e ricercatori università e scuola secondaria si trova il profilo professionale di Consigliere
di orientamento (in possesso di laurea).
IL Modello ISFOL delle professionalità dell’orientamento: tenendo conto dell’esistente e della marcata differenziazione di pratiche e contesti prevede 4
diverse funzioni/specializzazioni a cui associa quattro diverse tipologie di competenze e quattro possibili percorsi formativi.
Certificazione delle competenze
La legge 92/2012 (Legge Fornero) ha stabilito che
“tutti gli standard delle qualificazioni e competenze
certificabili ai sensi del sistema pubblico di certificazione siano raccolti in repertori codificati a livello
nazionale o regionale, pubblicamente riconosciuti
e accessibili in un repertorio nazionale dei titoli di
istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali’.
La Legge 92/2012 e s.m.i. ha introdotto diverse tipologie di apprendimento:
> l’apprendimento permanente: consiste nello
svolgimento di qualsiasi attività intrapresa dalle
persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze
in una prospettiva personale, civica, sociale e
occupazionale
> l’apprendimento formale: si attua nel sistema di
istruzione e formazione, nelle università e nelle
istituzioni di alta formazione artistica, musicale
e coreutica. Si conclude con il conseguimento di
un titolo di studio, di una qualifica, di un diploma
professionale – anche in apprendistato – o di
una certificazione riconosciuta
> l’apprendimento non formale: si realizza in ogni
organismo che persegua scopi educativi e for-
mativi, anche del volontariato, del servizio civile
nazionale e del privato sociale e nelle imprese
> l’apprendimento informale: si realizza nella vita
quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno
luogo, in ambito lavorativo, familiare e del tempo
libero
La Legge 92/2012 e il successivo D. Lgs. 13/2013,
disciplinano il sistema pubblico nazionale di riconoscimento dei titoli di istruzione e formazione,
nonché delle qualificazioni professionali. Secondo
quanto stabilito dal decreto, la certificazione delle
competenze spetta ad “enti titolati” che attingono
da un repertorio pubblico dove sono elencate tutte
le possibili competenze. Per enti titolati si intendono
i soggetti pubblici o privati in possesso di autorizzazione o accreditamento regionale, comprese camere di commercio, scuole, università e istituzioni
formative.
Inoltre, dal 2012 in poi, tutte le nuove qualifiche e i
titoli di studio devono riferirsi al EQF (il Quadro Europeo delle Qualifiche) in modo che siano così riconoscibili e comparabili a livello europeo. L’Italia
sembra ancora impegnata nella definizione di un
proprio quadro nazionale.
Alcune Regioni stanno già assumendo il compito di
formalizzare e certificare le competenze, comprese
quelle assimilabili ai profili professionali dell’orientamento, assumendo come sistema di riferimento i
repertori regionali delle qualifiche e il sistema ISTAT
NUP che costituiscono il repertorio nazionale, insieme a tutti i repertori dei titoli di istruzione e formazione codificati a livello nazionale, regionale o di
provincia autonoma, pubblicamente riconosciuti, ai
sensi del D. Lgs. 13/2013. Tra queste si trovano Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte,Toscana, Veneto.
Formazione
Attualmente, non esistono in Italia indicazioni su
percorsi specifici per accedere alle professioni
dell’orientamento anche se nei dispositivi di accreditamento regionali, per gli operatori dei servizi per
il lavoro si richiede il possesso di una laurea, di
89
esperienza nel campo e, spesso, anche di un titolo
post-laurea.
Come titoli specifici sono stati attivati fino allo
scorso anno molti corsi tra cui i seguenti master
universitari:
> master universitario di Il livello per Professionista
dell’Orientamento (proposto congiuntamente
dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, dall’Università degli studi di Pavia, dall’Università
degli studi di Cagliari e dall’Università degli studi
di Padova) – titoli di accesso: tutte le lauree magistrali/specialistiche o del previgente ordinamento
> master universitario di Il livello per Esperto in
orientamento scolastico e professionale – Università degli Studi di Messina
> master universitario di Il livello in Orientamento e
placement – Università LUMSA e Università di Catania – titoli di accesso: tutte le lauree magistrali/specialistiche o del previgente ordinamento
> master universitario di Il livello per Professionista
dell’Orientamento – Università Pontificia Salesiana di Roma in partenariato con l’Associazione
Nazionale COSPES (Centri di Orientamento Scolastico Professionale e Sociale)
Molte associazioni organizzano corsi in materia di
orientamento denominandoli “master” ma che in
realtà sono corsi che non hanno né le caratteristiche né il valore formativo di un master universitario
(60 CFU) che è un titolo di studio previsto a tutti gli
effetti dall’ordinamento. Si tratta di associazioni di
categoria presenti sul territorio nazionale, che hanno come scopo principale quello di promuovere la
regolamentazione della professione di orientatore
e il riconoscimento del suo ruolo e della sua specificità professionale. Inoltre, nel vuoto legislativo e
regolamentare, si propongono come rappresentanti
degli operatori.
Tra le altre, la ASSIPRO (Associazione Italiana Professionisti dell’Orientamento) gestisce anche un
Registro degli Operatori di Orientamento Italiani e
ha siglato un protocollo d’intesa con ASITOR (Associazione Italiana per l’Orientamento) e COFIR (Consulenti Orientatori Formatori in Rete) per la realizzazione di un unico registro. Anche la ASNOR (Associazione Nazionale Orientatori) ha istituito un Albo
Nazionale Orientatori. Albi e registri di queste associazioni sono solo elenchi nominativi di operatori,
senza la garanzia degli albi professionali riconosciuti dalla legge.
A livello internazionale opera la IAEVG -International Association For Educational and Vocational Guidance. È considerata la più importante organizzazione del settore a livello internazionale, che riunisce le principali associazioni mondiali. Tra i suoi
membri l’italiana SIO (Società Italiana per l’Orientamento) che riunisce docenti, ricercatori universitari e professionisti operanti nel campo dell’orientamento e che sta avviando, per i propri soci, la certificazione delle competenze professionali.
Le questioni aperte
Regolamentare i profili professionali dell’orientamento attraverso una definizione delle mansioni
e della formazione da intraprendere
> Prefigurare possibili specialità a seconda della
funzione svolta
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> Definire procedure standard per la formalizzazione e il riconoscimento delle competenze dei
professionisti di orientamento
> Definire l’istituzione di un albo nazionale
Pubblicazione bimestrale a cura
di Arsel
Agenzia Regionale per i Servizi Educativi e per il Lavoro
 Le novità dalla Regione Liguria
bimestrale della regione liguria
per il lavoro, l’orientamento
e il sistema educativo
 Notizie
Direzione, Redazione, Amministrazione
via San Vincenzo 4 – 16121 Genova
tel. 00 39 010 2491 394 - 393
[email protected]
 Dai dati sulla media 2013: in Liguria gli occupati scendono del 3%7
Direttore responsabile
Stefania Spallanzani
110
marzo
maggio
2014
Anno XIII
A cura di U.O. Osservatorio mercato del lavoro – ARSEL Liguria
 ‘Lavorare ai tempi della crisi’
Redazione
Laura Barbasio
Paola Castellazzo
Silvia Dorigati
Federica Gallamini
Paola Mainini
Stefania Spallanzani
110
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
 Le novità sui poli tecnico-professionali
marzo | maggio 2014
 Apprendimento permanente e sistema territoriale integrato
A cura di Paola Castellazzo
 Sicurezza sul lavoro e inserimento di fasce deboli,
Hanno collaborato
Laura Barbasio
Fabio Canessa
Paola Castellazzo
Silvia Dorigati
Mariangela Grilli
Paola Mainini
azioni di formazione agli operatori
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
FORUM
 ‘Una rete per il lavoro di cura’, un convegno fa il punto sui servizi alla persona
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
E inoltre
U.O. Osservatorio del Mercato del Lavoro
Arsel Liguria
Si ringrazia
Antonella Bonfà
Claudio Oliva
Walter Vassallo
FORUM
 Nasce ARSEL, agenzia per lavoro e diritto allo studio
 In libreria
 Crowdfunding: uno strumento innovativo per finanziare idee,
L’evento
 Pubblica amministrazione e parti sociali si confrontano su apprendistato e tirocini
Educazione e formazione
 I risultati della prima riunione del tavolo di apprendimento non formale
L’intervista
 Uno strumento per finanziare progetti e iniziative: il crowdfunding
Approfondimento
Progetto per lo sviluppo del sistema regionale di orientamento
progetti e imprese
A cura di Laura Barbasio
 Modelli e prassi di valutazione al centro di un incontro
all’Università di Genova
A cura di Silvia Dorigati e Paola Mainini – ARSEL Liguria
 RI.VAL.U.TA, un progetto pilota per valorizzare i saperi dei cittadini stranieri
A cura di Laura Barbasio
 Annuario Statistico Regionale, una fotografia socioeconomica della Liguria
A cura della Redazione
 Spin-off dell’Università di Genova,
la storia di una nuova impresa ad alta tecnologia
A cura di Paola Castellazzo
 Risorse e difficoltà dei fratelli dei diversamente abili
 Cine-Forum - Cinema ed emigrazione, da ‘Charlot emigrante a ‘Nuovomondo’
A cura di Mariangela Grilli – giornalista, esperta di cinematografia
‘Io Lavoro Forum’ non costituisce fonte ufficiale.
Pertanto eventuali errori materiali non possono
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nei confronti dell’Arsel Liguria.
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Provincia di Genova
 Diventare imprenditrice, il sogno si realizza nella creazione di un bio ritrovo’
A cura di Paola Castellazzo
 Un maestro d’ascia illustra passato, presente e futuro della professione
A cura di Fabio Canessa
 APPROFONDIMENTO:
Il sistema regionale di orientamento: prospettive e indicazioni
Provincia di Savona
Provincia di Imperia
Provincia di La Spezia
Progetto grafico: www.andreamusso.com
A cura di Laura Barbasio
Unione Europea
Fondo sociale europeo
Regione Liguria
Fondo Sociale Europeo