gli x files del fascismo - Societa Italiana Storia Militare

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gli x files del fascismo - Societa Italiana Storia Militare
GLI X FILES DEL FASCISMO
RICERCHE AEROSPAZIALI:
DAL 1933 STUDI RISERVATI … E CONTATTI DEL TERZO TIPO
Questa che segue è l'inchiesta realizzata sugli X Files Fascisti
dal Centro Ufologico Nazionale e pubblicata a puntate tra il 2000
e il 2004 su Ufo Notiziario, nonché successivamente caricata sul
web all’indirizzo: http://www.edicolaweb.net/ufost09a.htm (da cui
è tratta).
Gli autori sono, innanzitutto Alfredo Lissoni, segretario del
centro ufologico nazionale, che ha pubblicato i suoi servizi a
puntate sui numeri 10, 11, 12, 14, 16, 17, 18, 40, 45, 48 di "Ufo
Notiziario" del 2000, 2001, 2003, 2004 (i suoi articoli: Gli Ufo
files di Mussolini, Gabinetto RS/33: dagli ufo arrivò il raggio
della morte, Files fascisti: nuove evidenze, D'ordine del Duce:
"tacitare" i testimoni, Files fascisti, scoperto l'hangar del
disco!, Files fascisti, la pista germanica, Retroingegneria aliena
nel Ventennio, Gabinetto RS/33: dal Cover Up alla minaccia aliena,
Ultimo atto: attacco ai files nazi-fascisti, Files fascisti:
trovato il disco?)
L’altro autore è Roberto Pinotti, presidente del Centro ufologico
nazionale, con gli articoli pubblicati sui numeri 10, 11, 12, 13,
32 di "Ufo Notiziario" del 2000 e 2002 ("Negare ogni versione" è
la parola d'ordine, Anni '30: L'ufologia è nata in Italia?,
Velivoli non convenzionali: un dossier di 30 pagine del Gabinetto
RS/33, Allarmi camerati! Aeronave sconosciuta su di noi..., Il
primo vero Ufo, Puntavano verso lo spazio).
Infine completiamo l’inchiesta altri due articoli: A Guidonia si
progettavano gli Ufo? di Luca Daniele, e Files fascisti: misteri a
Napoli, di Giuseppe Colaminé e Nicola Guarino in collaborazione
con Mauro Panzera, pubblicati sui numeri 32 e 36 di "Ufo
Notiziario" del 2002.
Il libro “Gli x-files nazifascisti, Mussolini e gli ufo” - di R.
Pinotti e A. Lissoni - Rimini 2001 - è parte di questa inchiesta.
GLI UFO-FILES DI MUSSOLINI
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 10 del marzo 2000)
Una serie di documenti recapitati a varie testate giornalistiche
proverebbe che i dischi volanti vennero studiati dai servizi
segreti italiani nel Ventennio. E che sia esistito un Majestic 12
fascista nel 1933. Nell'Italia fascista le origini dell'ufologia?
Sapevano i gerarchi?
Il fatto che Hitler cercasse di costruire dei dischi volanti
(fliegender scheiben) non è una novità: tra il 1942 ed il 1945 gli
ingegneri del Terzo Reich realizzarono a Praga, Bremerhaven e
nella
Polonia
occupata
dei
rivoluzionari
aerei
discoidali
ribattezzati V-7 (Vergeltungswaffe 7, armi di rappresaglia n.7).
Dei diversi team all'opera facevano parte alcuni tedeschi, gli
ingegneri Klaus Habermohl e Richard Miethe, il pilota Rudolph
Schriever e, unico italiano, l'ingegnere del Politecnico di
Milano, senatore, Giuseppe Belluzzo (stranamente citato molto
spesso come Alfonso Bellonzo). Furono proprio questi ultimi due a
parlarne alla stampa, a guerra finita.
Il "Disco volante" tedesco progettato dall'ingegner Miethe, visto
da varie angolazioni
La Trottola volante dell’ing Schriever
Da allora attorno agli UFO nazisti, i cui prototipi vennero
distrutti dai tedeschi sul finire della guerra affinché non
cadessero in mani nemiche, è fiorita una ricca mitologia. E una
domanda assilla da sempre i ricercatori: come venne ad Hitler
l'idea di costruire simili aerei?
Peter Kolosimo, nel volume "Ombre sulle stelle", ipotizza che il
Fhurer, assistendo al lancio del disco alle olimpiadi di Berlino,
sarebbe
rimasto
affascinato
dall'improvvisa
accelerazione
raggiunta dal piatto, scagliato nel cielo. Si sarebbe così reso
conto che analoghe prestazioni, applicate ad un velivolo,
avrebbero potuto garantirgli un'arma di distruzione perfetta.
Altri autori, meno seri e più sensazionalistici quando non
addirittura di parte come il neonazista Jan Van Helsing (vero nome
Jan Udo Holey), affermano invece che il führer ebbe contatti
diretti con extraterrestri, nel caso specifico provenienti da
Aldebaran, ai cui mezzi volanti si sarebbe ispirato.
Una recentissima leggenda urbana, veicolata via Internet alcuni
mesi fa, afferma addirittura che un disco volante si sarebbe
schiantato nel '37 a Czernica in Polonia, in un campo di proprietà
dei genitori di Eva Braun!
L'Ufo-crash del '33
Oggi, lasciate da parte leggende e speculazioni, possiamo
azzardare una risposta attendibile e documentata: lo studio delle
V-7 iniziò dopo che i nazisti ottennero da Mussolini un corposo
dossier sui dischi volanti!
Se autentici, nuovi elementi recentemente emersi ci costringono a
retrodatare dal '47 al '33 la storia dell'ufologia "di Stato" quella cioè scritta attraverso commissioni investigative segrete e
processi di cover up e debunking -, spostandola dal Nuovo al
Vecchio Continente, strappando agli Usa il primato di Paese
d'origine
del
fenomeno
Ufo.
Per
ricollocare
la
nascita
dell'ufologia direttamente a casa nostra!
Tutto cominciò nel 1996 quando una busta anonima giunse al nostro
Roberto Pinotti, in quanto direttore dell'allora "Notiziario Ufo";
essa conteneva diversi documenti originali, presumibilmente di
epoca fascista, riferiti ad avvistamenti di "aeromobili non
convenzionali" (all'epoca la sigla ufo ancora non esisteva) oggi
perfettamente identificabili in dischi e sigari volanti; seguirono
altri due invii.
Il Cun (Centro ufologico nazionale), all'epoca, decise di tenere
prudentemente nel cassetto quella documentazione, per condurre con
scrupolo e pazienza tutte le verifiche del caso, le stesse che
adesso permettono a chi scrive di attestare l'autenticità di
quella documentazione.
Poco tempo prima altro materiale era stato inviato alla redazione
del quotidiano bolognese Il Resto del Carlino, che non lo aveva
però
preso
in
considerazione,
ritenendolo
uno
scherzo.
L'anno scorso infine il misterioso mittente, che chiameremo
"Mister X" e che si era visto apparentemente ignorato da tutti,
inviava da Forlì ad un'altra pubblicazione del settore ulteriore
materiale, questa volta in fotocopia a colori. É su quest'ultima
documentazione che ci concentreremo.
Il primo invio era composto da due lettere su carta intestata del
Senato del Regno e tre telegrammi.
La prima lettera era un bigliettino indirizzato ad un certo De
Santi, con cui si trasmetteva una "nota personale riservatissima".
La seconda era la nota stessa, nove punti con cui qualcuno (non
sappiamo chi) disponeva che si avvisasse immediatamente un
prefetto; si disponesse il recupero di un "aeromobile"; si
arrestassero tutti i testimoni dell'evento grazie alla "speciale
sezione
RS/33
dell'Ovra,
presente
in
ogni
capoluogo";
si
indirizzasse ogni rapporto all'Ufficio Meteorologico Centrale
dell'università La Sapienza di Roma ("esclusiva pertinenza:
Gabinetto RS/33"); si impedisse d'ufficio la diffusione della
notizia
ed
anzi
si
sviasse
l'opinione
pubblica
con
la
divulgazione, sulla stampa, di "brevissimi articoli in cui il
fenomeno era riportato alla sua autentica ed unica natura celeste:
meteora, stella cadente, pianeta, alone luminoso, iride, parelio
eccetera,
secondo
il
formulario
RS/33.FZ.4
precedentemente
trasmesso a tutte le Prefetture del Regno con dispaccio apposito".
Ed infine, si disponeva che la trasmissione di rapporti all'Arma
Aeronautica venisse autorizzata dal fantomatico Gabinetto RS/33;
che venisse escluso ogni altro ente, "compresa la Pontificia
Università"; che venisse imputata ogni spesa sostenuta ad un
determinato capitolo della Regia Accademia d'Italia.
L'evento cui si riferiva, in maniera quanto mai oscura, la nota
top secret sarebbe stato, secondo la rivista di settore che per
prima ha divulgato la notizia, un Ufo-crash ante litteram,
accaduto il 13 giugno del 1933; un successivo esame dei documenti
non ha confermato questa tesi, trattandosi piuttosto del recupero
di un velivolo atterrato, non necessariamente schiantatosi.
Quest'ultimo elemento era ricavabile dal lapidario testo presente
nei
tre
telegrammi,
riportanti
come
intestazione
"Ufficio
Telegrafico di Milano", come mittente la voce prestampata "Agenzia
Stefani - Milano" e come specifica le dizioni "riservatissimo lampo - priorità su tutte le priorità".
Un primo telegramma, non in possesso degli ufologi ma al quale
accennavano gli altri tre dispacci, sarebbe stato spedito alle
7.30, annunziando l'atterraggio dell'aeromobile non convenzionale;
un successivo dispaccio, inviato alle ore 16 e siglato - come gli
altri due in nostro possesso - dal "Direttore Generale Affari
Speciali", suggeriva una versione di comodo da dare in pasto alla
stampa, che sarebbe stata sostenuta anche dall'Osservatorio di
Milano Brera: l'oggetto atterrato era una meteora. Un successivo
telegramma, spedito alle 17.07, riferiva che il Duce in persona
aveva ordinato il cover up sulla notizia, il ritiro dei piombi dei
giornali, il deferimento al Tribunale di Sicurezza dello Stato per
chi avesse parlato; il terzo telegramma inviato da "Mister X" agli
ufologi è privo di orario e di destinatari, ma indica la versione
ufficiale da pubblicare riferendosi al telegramma inviato alle 16.
Tutti e tre i telegrammi sono siglati dalla stessa mano; la firma
semplificata, che pare iniziare con una "f", è la stessa presente
su una busta senatoriale dell'epoca fascista inviata nel '96 a
Pinotti (presidente del Centro ufologico nazionale, ndr) e
riferita presumibilmente a documenti Ufo del '36; e compare
altresì su una lettera intestata "Agenzia Stefani", recentemente
spedita all'altra rivista di settore coinvolta nel caso, forse
sempre collegata agli avvistamenti del '36.
Atterraggio in Lombardia?
Risparmierò ai lettori tutto l'iter, indubbiamente noioso, delle
ricerche che ho condotto in varie parti d'Italia e che mi hanno
permesso di verificare l'attendibilità di questi documenti. Gli
interessati potranno leggere tutte le singole fasi di questa
indagine in Internet, nel sito de "La Rete" del Cun.
L'elemento interessante di questi primi documenti - ne sono stati
spediti altri il 10 settembre 1999 da Cervia ed il 22 novembre da
Forlì, sempre alla rivista di settore - è che, de facto, nel 1933,
presso l'università La Sapienza di Roma, sarebbe stato istituito
un Majestic 12 (ipotetica organizzazione segreta, costituita nel
‘47 dal presidente Usa Truman e formata da scienziati, militari, e
dirigenti governativi allo scopo di studiare i fenomeni ufo e
nasconderne le informazioni) italiano che riferiva esclusivamente
alle alte gerarchie del Regime (Mussolini, Balbo e Ciano) e che
lavorava in stretto contatto con l'Ovra, la polizia segreta
fascista comandata da Arturo Bocchini, con diramazioni in tutta
Italia e la complicità dei prefetti del Regno.
a destra
Bocchini
sul
palco,
con
il
fazzoletto
nel
taschino,
Arturo
Le
comunicazioni
sull'IR-2,
recentemente
emerse
in
copia,
sarebbero
state
trasmesse
nel
'33
dalla
sezione
milanese
dell'Agenzia Stefani, l'Ansa fascista diretta all'epoca da Manlio
Morgagni di Forlì (guarda caso, la stessa città da cui sono
arrivati oggi molti di questi documenti d'epoca); durante il
Ventennio essa svolgeva il compito di controllare ciò che i
giornali potevano o non potevano pubblicare (pena l'arresto dei
giornalisti, il sequestro dei giornali e persino la chiusura della
testata). La Stefani, che aveva la sede centrale a Roma, veicolava
ai giornali i dispacci contenenti i testi da pubblicare,
utilizzando un proprio Ufficio Telegrafico interno.
I cronisti della Stefani, in prima fila Manlio Morgagni
Nel caso dei telegrammi del '33, essi erano stati inviati
dall'Ufficio Telegrafico della sede Stefani di Milano, non
inferiore a Roma per ordine di importanza, in quanto vi risiedeva
Morgagni in persona. Da quanto ho potuto appurare, se si trattava
di comunicazioni riservate, i testi venivano cifrati usando un
codice con sequenze di cinque numeri; il messaggio era telegrafato
in codice Morse all'ente destinatario; riportato poi su un
prestampato simile ad un telegramma (noto come "dispaccio
Stefani"; e dispacci Stefani sono i tre telegrammi del '33),
recapitato tramite fattorino e, una volta arrivato a destinazione,
inoltrato discretamente all'ufficio interessato attraverso la
posta pneumatica (inserito cioè in un cilindro metallico e fatto
scorrere lungo un complesso di tubature interne che collegavano i
vari
uffici
della
Stefani);
il
messaggio
veniva
infine
decodificato da un elemento di fiducia. In questo modo la
segretezza era completa. Non stupisce dunque che il segreto
dell'esistenza del Gabinetto RS/33 sia rimasto tale per oltre
mezzo
secolo.
I telegrammi del '33 sono stati inviati probabilmente per ordine
dello stesso Morgagni (di cui "Mister X" è forse conterraneo)
dalla sede Stefani milanese, sita nello storico palazzo Arese in
corso
Venezia,
ove
c'era
l'Ufficio
Centrale
dei
servizi
commerciali e finanziari ed il "Centro di Ricezione del materiale
telefonato (sic) dai corrispondenti".
I tre dispacci davano disposizione ai giornali italiani di
minimizzare l'evento Ufo, e difatti non abbiamo trovato, sulla
stampa dell'epoca da noi consultata in biblioteca (Corriere della
sera, Popolo d'Italia), notizia alcuna; non abbiamo peraltro
rinvenuto traccia delle eventuali "notizie astronomiche ed
atmosferiche"
che
avrebbero
dovuto
essere
veicolate
per
razionalizzare l'episodio.
In un primo momento pensai che questa fosse una contraddizione
tale da permettere di ipotizzare che i carteggi fossero tutti
falsi. Ciò sino a quando un esperto di storia, il dottor Pietro
Basile, mi confermò che in piena dittatura non sarebbe stato
necessario pubblicare smentite sulla stampa (come sarebbe accaduto
invece, molti anni dopo, con il ridimensionamento del caso
Roswell, avvenuto in un regime democratico): in pieno fascismo le
notizie "scomode" non venivano pubblicate e basta.
In seguito recuperai molti telegrammi censorei, riferiti ad altri
argomenti, che mi confermarono come, all'epoca, bastasse un
semplice ordine per occultare qualsiasi notizia.
Ma qualcosa, in quei giorni, era effettivamente accaduto. La notte
immediatamente seguente l'atterraggio, tutti i prefetti milanesi e
liguri erano stati trasferiti o sostituiti ("Movimento di
prefetti", titolava il Corriere della sera del 15-6-33); a Milano,
la città da cui erano partiti i dispacci Stefani riferiti
all'episodio Ufo, era stato improvvisamente "nominato nuovo
prefetto il questore di Milano". Questo repentino ed inspiegabile
cambio ai vertici era forse motivato dall'esigenza di garantire
l'appoggio di uomini di fiducia al neocostituito Gabinetto RS/33?
É possibile.
Che poi esistesse addirittura un rozzo piano d'emergenza volto a
sensibilizzare la popolazione lombarda (nella cui terra era forse
sceso l'oggetto; i telegrammi partivano difatti da Milano) sembra
dimostrato dall'enfatica pubblicazione, cinque giorni dopo, sulla
"Cronaca Prealpina" di Varese della notizia di un contatto con gli
alieni!
Con un articolo di vent'anni in anticipo sul contattismo, il
quotidiano dissertava, in tre colonne, su una "ipotesi sulla vita
degli abitanti di Marte". Non si trattava certamente di un pezzo
ufologico, visto che gli Ufo all'epoca non esistevano ancora; era
invece una serissima intervista ad un contattista ante-litteram,
un certo dottor Robinson di Londra, che affermava di comunicare da
anni telepaticamente con i marziani, sui quali forniva un'infinità
di dettagli. Al di là delle farneticazioni pubblicate, il pezzo
tradiva chiaramente il tentativo (certamente imposto dal regime,
visti i controlli cui erano sottoposti allora i giornali) di
veicolare nella popolazione l'idea dell'esistenza degli alieni; ci
si rammaricava del fatto che "le esplorazioni del cielo avevano
così ingigantito i progressi dell'astronomia in questi ultimi
tempi e tanto sensazionali erano le rivelazioni, che il pubblico
tendeva ora a dimenticare un poco un problema che aveva tanto
appassionato le folle per lunghi anni, quello di un collegamento
nostro con il pianeta Marte". Che tutto ciò fosse casuale non pare
proprio; sembrava invece di assistere ad uno dei moderni
procedimenti
di
"training",
di
preparazione
delle
masse,
nell'attesa di un eventuale contatto alieno (all'epoca nessuno
poteva prevedere che gli Ufo avrebbero continuato a comportarsi
elusivamente per molti anni).
Circa i dispacci Stefani, posso dire che un giornalista mi ha
confermato l'esistenza, negli anni Trenta, di telegrammi intestati
"Agenzia Stefani" e simili per impostazione e composizione a
quelli dei files fascisti; inoltre il computo fascista sugli
stessi è coerente con la ridatazione mussoliniana (XI° anno
dell'Era Fascista); circa la carta senatoriale, essa è di due
tipi, una con caratteri di stampa con le "grazie" (gli
“abbellimenti”
nelle
“stanghette”),
l'altra
con
le
"font"
semplici; entrambe queste intestazioni erano in uso in quegli
anni, come ho potuto appurare da un confronto con documenti
confidenziali di altro genere, datati 1933 e depositati presso il
Museo del Risorgimento di Milano; infine, i caratteri della
macchina per scrivere utilizzata per la lettera e la "nota",
probabilmente una Olivetti, sono dell'epoca; essi sono in parte
neri ed in parte rossi. Evidentemente la macchina era difettosa ed
il nastro bicolore, già in uso negli anni Trenta, si bloccava a
metà del sollevamento.
Il Clan dei professori
Il 10 settembre 1999 "Mister X", infastidito per il poco credito
datogli dalla rivista di settore, inviava da Cervia una lettera
anonima in cui ribadiva che non intendeva screditare nessuno ma
anzi svelare una parte sconosciuta della storia dell'ufologia, e
forniva nuovi dati sul Gabinetto RS/33, la cui sigla a suo dire
stava per Ricerche Speciali. Esso, sin dalla sua istituzione,
sarebbe stato diretto da Guglielmo Marconi, che non avrebbe però
mai partecipato alle riunioni del team ed avrebbe anzi chiesto più
volte di essere sostituito dall'astronomo Gino Cecchini. Marconi
sarebbe stato scelto da Mussolini in persona per la sua provata
fede fascista e per il suo prestigio, su consiglio di Giovanni
Gentile (quest'ultimo legò il proprio nome alla riforma della
scuola; lo stesso fecero altri due membri del Gabinetto RS/33,
Bottazzi e Crocco; buona parte dei restanti membri operavano
all'interno
delle
università,
segno
che
potevano
agire
direttamente sulle nuove leve, condizionando "a monte" la
popolazione).
Guglielmo Marconi
L'MJ-12 fascista fu di fatto diretto da un personaggio che si
sarebbe celato sotto lo pseudonimo di "dottor Ruggero Costanti
Cavazzani"; con lui lavorarono, nel corso del tempo e per periodi
diversi, "i professori Dallauri, Pirotta, Crocco, Debbasi, Severi,
Bottazzi e Giordani, nonché il conte Cozza quale referente
organizzativo ed elemento di collegamento logistico con le massime
gerarchie del regime: Mussolini, Italo Balbo, Galeazzo Ciano".
Il Gabinetto si sarebbe riunito più volte per accertare la natura
degli "aeromobili sconosciuti", ritenuti aerei spia nemici,
inglesi o francesi.
Secondo "Mister X", solo in un paio di occasioni ci si sarebbe
domandato se non fossero "strumenti di volo interspaziale"
(dunque,
l'ipotesi
extraterrestre
era
stata
in
seguito
accantonata? Ne dubito). Il Gabinetto avrebbe infine prodotto un
dossier di una trentina di pagine che esaminava dettagliatamente
tutta la casistica Ufo italiana dal '33 al '40. Con lo scoppio
della guerra esso sarebbe stato maggiormente militarizzato,
collaborando strettamente con i tedeschi, ai quali avrebbe infine
passato tutto l'archivio dati. "Mister X", che nella missiva
accludeva un ritaglio di giornale senza data sulla scomparsa (a
terra) di un aviatore francese in Italia, concludeva asserendo che
il Gabinetto aveva raccolto anche alcune fotografie di oggetti
volanti non identificati ed un breve filmato realizzato sulle Alpi
in occasione di un avvistamento notevole. Queste ultime notizie
sarebbero state acquisite dall'ignoto informatore "da altre
fonti", non essendo più disponibile l'archivio del Gabinetto
RS/33.
Il terzo invio
Recentemente l'anonimo personaggio che sta inviando il materiale
ha fatto avere alla rivista di settore altri due documenti. Il
primo è un appunto scritto a mano, apparentemente con un pennino
d'epoca, su carta della Camera dei Deputati - Tribuna della stampa
(un documento analogo è stato recapitato a Pinotti), il secondo è
una lettera scritta a macchina su carta intestata dell'Agenzia
Stefani. Questo secondo documento riferisce di un "caso Moretti"
(forse un ufo-testimone) di cui non si poteva parlare che a
quattr'occhi data la "delicatezza" e la "particolarità" della
vicenda; indi lasciava intendere che divulgare, a mezzo stampa o
per altra via, l'esistenza del Gabinetto RS/33 o parlare
(presumibilmente) degli avvistamenti fosse oltremodo pericoloso.
Nel primo caso, perché la Stefani era diventata controllatissima,
nel secondo perché dopo che il Gabinetto aveva accettato la
collaborazione di elementi "germanici", per volere del Duce che
"aspirava alla reciprocità", su tutta la questione era calata una
fortissima censura.
Lo scrivente, che si rivolgeva ad un non meglio identificato
Alfredo, si lamentava del fatto che sino a pochi mesi prima la
Stefani ricevesse un bollettino ufficioso "meteorologico"; dopo,
nemmeno quello. E ricordava che occuparsi di "certe cose" poteva
essere
oltremodo
pericoloso,
tant'è
che
un
"caso
analogo
precedente" di avvistamento UFO si era concluso con il ricovero in
manicomio del testimone.
Il documento riportava in calce la stessa sigla presente sui
telegrammi del '33.
Anche questo carteggio è quasi sicuramente autentico: per lo
stile, il linguaggio (si accenna ai tedeschi con l'aggettivo
"germanici" ); per la carta intestata, che non ha data ma riporta
la dicitura "Agenzia Stefani - Roma (7) Via di Propaganda 27". Ho
controllato: la Stefani romana aveva effettivamente sede in via di
Propaganda Fide (nome per esteso) al 27; ma sui documenti Stefani
(ne ho rintracciato uno del '43, la richiesta di fucilazione di
Ciano) l'Agenzia preferiva riportare l'indirizzo "breve", "via di
Propaganda n.27", come è nell'X-file fascista.
In
ultima
analisi,
questo
documento
appare
essere
una
comunicazione privata tra due pezzi grossi della Stefani, uno dei
quali - il firmatario - coinvolto sin dall'inizio nel cover up
sugli avvistamenti Ufo, che si lamentano per essere stati
improvvisamente esclusi da tutte le informazioni, dopo l'entrata
in gioco dei nazisti.
Quanto alla carta intestata Camera dei deputati, essa era stata
scritta tutta a mano, riportava la dicitura "no copia", che appare
anche nei telegrammi del '33; era intestata - a mano - come
"Gabinetto RS/33" (e poteva dunque essere un memo per il Gabinetto
o del Gabinetto, opera di un suo membro), e riportava il nome di
un ufo-testimone, certo Tolmini, che compare anche nei carteggi
inviati a Pinotti ed è qualificato come uno degli avvistatori
degli Ufo veneti del '36. Presentava poi un elenco numerato
comprendente una relazione introduttiva; la lettura di un
"messaggio di Sua Eccellenza"; un ordine del giorno; una
"relazione D.S. 4/6" (di De Santi?); la relazione di Tolmini; la
lettura di un altro messaggio di un'Eccellenza; una relazione al
Duce.
Il tutto doveva essere approntato in triplice copia e spedito
all'archivio degli atti del Gabinetto e in copia a Roma e a Milano
- su quest'ultimo invio il firmatario doveva essere dubbioso,
avendo apposto un punto di domanda - le due città principalmente
coinvolte nelle indagini e nel cover up e dove, forse affatto
casualmente, avevano sede le due principali Agenzie Stefani.
L'esclusione di Milano, e quindi del referente milanese Manlio
Morgagni potrebbe essere la chiave di lettura per l'improvvisa
fuoriuscita di questo materiale. Morgagni fu un fedelissimo del
Duce sino alla fine; quando Mussolini venne arrestato, Morgagni si
suicidò sparandosi alla tempia.
Forse oggi qualcuno intende riabilitarne indirettamente la
memoria, declassificando materiale tenuto nascosto negli archivi
"perduti" della Stefani
.
La sezione RS del SID
L'esistenza di un Gabinetto RS/33 è, per chi scrive, sino a prova
contraria, reale e documentata.
Storicamente, sappiamo che vi fu all'interno dei Servizi segreti
fascisti una Sezione RS, cioè Ricerca e Spionaggio, la cui
esistenza è attestata da un documento del 21 febbraio 1944 del
Servizio Informazioni Difesa (SID) della Repubblica sociale
italiana.
Il rapporto, recuperato più di vent'anni fa dallo studioso
Marcello Coppetti (che fu uomo di fiducia del ministro alla Difesa
Lagorio e che legò il proprio nome alla tesi degli Ufo come armi
segrete), riferiva del passaggio di un cilindro volante convesso,
che filava a tremila chilometri orari, sulle basi tedesche di
Helgoland e Wittenberg il 18 dicembre del '43. L'avvistamento era
stato riferito da un agente americano all'"Office Strategic
Service" ed intercettato dalle spie fasciste.
Un altro X-file della Sezione RS era datato 30 aprile 1944 e
trattava di un Ufo che aveva seguito il lancio di un razzo tedesco
dal Centro di prova di Kummersdorf, alla presenza del ministro
della propaganda Joseph Goebbels, di Himmler e di Kammler. La
sequenza era stata filmata ma solo durante la proiezione del film
i gerarchi nazisti si erano accorti della presenza dell'intruso.
"Sono
state
chieste
informazioni
agli
agenti
tedeschi
in
Inghilterra - concludeva il rapporto - e questi hanno risposto che
fenomeni simili si presentavano sopra le basi inglesi e che gli
Alleati pensavano si trattasse di nuovi ordigni provenienti dalla
Germania".
Per inciso, direttore del SID era, in quegli anni, un certo
Vittorio Foschini, che fu uomo di fiducia della Stefani e suo
corrispondente per l'estero, da Riga, nel '35; forse è sua la
firma sui telegrammi e sulle lettere del '33.
L'esperimento Ighina
Dell'episodio dell'atterraggio del '33, peraltro, correva da tempo
voce negli ambienti ufologici milanesi, pur se a livello di
semplice leggenda urbana.
Tutto era nato nel 1991, quando nel corso di una trasmissione per
Radio Ambrosiana Milano chi scrive intervistò il fisico Alfredo
Pasolino; quest'ultimo aveva da poco incontrato il professor Luigi
Ighina di Imola, uno dei discepoli di Marconi; quest'ultimo gli
aveva raccontato che, anni addietro, nel corso di un esperimento
con "campi elettromagnetici di luce naturale", lui e Marconi
avrebbero abbattuto un disco volante!
La notizia venne presa con distacco dai presenti ma, pur restando
a tutt'oggi una leggenda urbana, potrebbe essere in qualche modo
collegata al preteso crash del '33.
Sappiamo che il 15 agosto dell'anno del presunto crash italiano
Marconi si trovava a bordo della nave Elettra ancorata a
S.Margherita
Ligure,
per
condurre
un
esperimento
di
radiotrasmissione (un altro test era stato effettuato un anno
prima); è molto facile che la leggenda del disco volante abbattuto
sia nata dalla fusione di due episodi, l'esperimento ferragostano
ed il recupero del giugno del '33.
Ho chiesto in merito notizie all'anziano professor Ighina, ma ho
ricevuto solo risposte confuse; quanto al dott. Pasolino, mi ha
recentemente
confessato
di
non
rammentare
più
l'episodio
(fortunatamente registrato nelle bobine di Radio Ambrosiana),
ammettendo peraltro che sugli esperimenti "spaziali" Marconi ed
Ighina avevano concordato un riserbo che avrebbe dovuto durare
almeno cinquant'anni, non essendo questa umanità pronta per le
loro scoperte.
Il Majestic 12 fascista
Sia come sia, a questo punto fu per me necessario cercare prove
più concrete non tanto a sostegno dei documenti, che hanno tutti i
crismi dell'autenticità, ma del loro contenuto.
Mi sono concentrato allora sui personaggi citati da "Mister X"
quali componenti il fantomatico Gabinetto RS/33.
Il solo Marconi è tutto un programma: la sua vita è avvolta nel
mistero, come pure la sua morte, avvenuta improvvisa e solitaria
nel '37, ufficialmente per un malore; non meno coperti dal riserbo
furono i suoi studi, sia per quanto concerne il raggio della
morte, che per le altre armi non convenzionali (ivi compresi i
dischi volanti?).
Marconi era - al pari di Belluzzo progettista delle V-7 tedesche,
Morgagni direttore della Stefani e presumibilmente il nostro
fantomatico mittente di parte degli X-files fascisti - un
senatore.
Un clan senatoriale sembrava dirigere il Majestic 12 fascista; i
cui
componenti
provenivano
dagli
ambienti
scientifici
universitari, come il chimico e chirurgo Filippo Bottazzi di
Napoli, che negli anni Trenta era membro del comitato direttivo
della rivista scientifica internazionale "Scientia", assieme a
Vallauri di Napoli (che "Mister X" cita erroneamente come
Dallauri), Pirotta e Severi di Roma. Bottazzi aveva fondato, nel
1925, la Società italiana di biologia sperimentale; aveva poi
lavorato
per
il
Cnr
ed
in
seguito
si
era
dedicato
all'insegnamento, presso l'università di Napoli, sino al 1937. La
sua presenza, come chirurgo, in un team di studio sugli Ufo spinge
ad azzardare che i fascisti non avessero raccolto evidenze fisiche
solo sui dischi...
Quanto a Gaetano Arturo Crocco, altro personaggio citato nei files
fascisti, era un geniale ingegnere aeronautico di Napoli,
fondatore della Società Italiana Razzi (la Nasa gli ha dedicato un
cratere lunare e tuttora lo commemora nel proprio sito Internet,
assieme a Condon!); ha ideato una turbina a gas (Belluzzo studiava
invece quelle a vapore, applicabili alle V-7); ha lavorato per la
Marina Militare ed ha costruito dirigibili armati con telebombe.
Inventore e personaggio versatilissimo, è indubbiamente l'elemento
maggiormente interessante di tutto il team: si occupava di
"iperaviazione", cioè di viaggio nello spazio con il superamento
della barriera del suono. Progettava molto seriamente il sistema
per "rendere abitabili Marte e Venere", con l'invio di uomini a
bordo
di
razzi
che
"utilizzassero
l'energia
derivante
dall'esplosione dei prodotti delle reazioni nucleari, raddrizzando
l'asse terrestre per avvicinare alla terra le orbite dei due
pianeti" (sembra di sentire la teoria del viaggio intergalattico
di Bob Lazar!). Nella vita di questo bizzarro quanto geniale
personaggio c'è però un buco, tra gli anni Trenta e Quaranta (come
per Belluzzo); non si sa cosa abbia fatto in quel periodo, e ciò è
coerente con la militanza in un ente supersegreto.
Anni Cinquanta: il Prof. Gaetano Arturo Crocco mostra il suo
modello di un razzo interpanetario al giornalista Cesare Falessi
(in piedi)
Chi scrive sta conducendo ancora indagini sui componenti del
Gabinetto RS/33, e dunque il caso è ancora aperto. Ma un ulteriore
dato balza all'occhio. Il "clan dei napoletani" ebbe un ruolo di
rilievo nelle investigazioni sugli Ufo. Nei documenti del '36 si
accenna ad un incontro segreto del Duce con il team Ufo; ebbene,
la stampa dell'epoca ci conferma che in quella data Mussolini si
trovava in Irpina, ufficialmente per incontrare la gente del
Meridione; nulla di più facile che, in una pausa tenuta segreta,
abbia avuto un abboccamento con Bottazzi, Crocco e Vallauri per
discutere degli avvistamenti in Veneto. "Casualmente" nello stesso
momento il ministro della propaganda nazista Goebbels visitava
Venezia, dunque l'area dei recenti avvistamenti...
Una pubblica affermazione enigmatica di Mussolini
In quest'ottica assume una diversa consistenza il discorso che il
Duce tenne diversi anni dopo alla Federazione fascista dell'Urbe,
al Teatro Adriano il 23 febbraio 1941. Il testo, riportato
integralmente sul Giornale d'Italia del 25 febbraio 1941,
concludeva con una frase sibillina: "É più verosimile che gli
Stati Uniti siano invasi, prima che dai soldati dell'Asse, dagli
abitanti non molto conosciuti, ma pare assai bellicosi, del
pianeta
Marte,
che
scenderanno
dagli
spazi
siderali
su
inimmaginabili fortezze volanti".
Per anni gli ufologi hanno pensato che questa frase, che
concludeva di botto il discorso, senza nulla aggiungere o togliere
e staccata dal resto, fosse una semplice battuta. Oggi, viene da
pensare che avesse altri significati.
É solo un'idea un po' folle, ma il tono dei rapporti e la presenza
di chirurghi o biologi nella commissione non dà adito a pensare
che i fascisti potessero avere dei resoconti anche su eventuali
umanoidi?
Certo, se fosse atterrato un Grigio (tipo alieno “da film”, ndr)
nell'Italia del '33, la notizia dell'apparizione di una simile
"mostruosità" (tale sarebbe stata considerata) non avrebbe potuto
essere tenuta nascosta.
Ma ammettiamo che da un Ufo fosse sceso un Nordico (tipo alieno
“venusiano dai capelli biondi”, ndr). Un simile evento non sarebbe
stato reinterpretato da fascisti e nazisti come una conferma
all'idea bislacca dell'esistenza degli Immortali Ariani (che
Hitler mandò a cercare sino nel Caucaso, ove secondo la leggenda
avrebbero avuto una occulta dimora)?
Sia come sia, nel suo discorso Mussolini fu, volente o nolente,
profeta: l'anno seguente gli Ufo si mostrarono in maniera
massiccia su Los Angeles e furono fotografati mentre venivano
presi
di
mira
dalla
contraerea.
IL PARERE DELLO STORICO
Intervistato in merito agli X-files di Mussolini il dottor Andrea
Bedetti, scrittore e giornalista di “Historia” e di "Stop",
riconosciuto esperto di storia fascista e nazista, ci ha
dichiarato: "Sulla base dei primi documenti divulgati (le veline
del '33, ndr), la prima impressione è stata quella di una "mezza
bufala"; non posso però escludere la reale esistenza di un
Gabinetto RS/33. Ho consultato la Storia del fascismo di De
Felice, la fonte più completa ed attendibile, e non ha trovato
traccia di De Santi; ciò non significa che questi non esistesse,
anzi, i servizi segreti sceglievano di proposito gli elementi più
anonimi
e
maggiormente
manovrabili.
Quanto
all'Ovra,
l'Organizzazione di Vigilanza
e Repressione Antifascista o
servizio segreto fascista, essa aveva decine di cellule distinte
che agivano su specifici argomenti (poteva dunque esservene una
per gli aeromobili non identificati); era composta da gente
veramente in gamba; riferivano a Mussolini ma solo in parte; chi
deteneva tutti i poteri era il capo dell'Ovra Bocchini, che
addirittura teneva sotto controllo il telefono del Duce. L'Ovra
lavorò molto efficacemente. Nel caso del presunto Gabinetto la
documentazione che secondo i documenti andava inoltrata a
Mussolini poteva essere senz'altro prima deviata verso il capo
dell'Ovra, che decideva se e cosa filtrare. Quanto al periodo, era
il migliore per insabbiare eventi di questo tipo. L'arco di tempo
compreso fra il '33 ed il '40 vide il massimo consenso al
fascismo; fu l'epoca in cui il Duce ebbe un potere assoluto. In
più in quegli anni - e fino alla guerra - l'Italia fu
all'avanguardia in campo aviatorio; già dopo la Prima Guerra
Mondiale i quadri aeronautici americani venivano in Italia ad
addestrarsi alla scuola di Italo Balbo (citato negli X-files
fascisti, ndr); non mi stupisce affatto, ma ritengo plausibile,
l'esistenza di un Gabinetto che studiasse le strane "aeromobili",
non con l'intento, tipico di un centro ufologico, di capire se
fossero aliene, ma per scoprire come funzionassero quelle macchine
volanti. L'Italia aveva il primato assoluto dello spazio aereo,
quindi la nascita di un tale Gabinetto non era affatto illogica.
Circa le lettere ed i telegrammi del '33, il modo di scrivere, il
lessico, l'impostazione burocratica sono dell'epoca; un eventuale
falsario
sarebbe
dunque
padrone
del
livello
lessicale
e
glottologico
di
quel
periodo.
Circa
i
riferimenti
alle
disposizioni
impartite
su
carta
intestata
senatoriale,
e
all'appunto che un senatore non avesse potere e dunque non
comandasse certo il Gabinetto RS/33, è vero che durante il
fascismo il potere esecutivo era tutto nelle mani del Governo, ma
dobbiamo distinguere tra i senatori "monarchici" ed i senatori
fascisti della prima ora; questi ultimi, i "fedelissimi", avevano
sì un potere grandissimo. Non comandavano ai prefetti, come si
intuisce dalla "nota personale riservatissima", ma potevano
comunque "invitarli" ad eseguire determinate disposizioni, il che
valeva come un ordine. Del Gabinetto RS/33, nei carteggi si dice
che era il Duce in persona che forniva le indicazioni, e dunque
comandava ai prefetti. L'eventuale senatore della carta intestata
si poteva dunque avvalere di ciò. Il Gabinetto riferiva a
Mussolini e, si dice, dopo la guerra tutta la documentazione fu
distrutta.
Quella
ufficiale,
presumo,
perché
tutta
quella
riservata che il capo dell'Ovra non necessariamente mandò al Duce
rimase da qualche altra parte, ed è probabilmente la stessa che
sta fuoriuscendo ora. Quanto alla considerazione che i servizi
segreti stranieri non abbiamo mai rivelato l'esistenza di tale
Gabinetto, non si può escludere che abbiano agito così non perché
non ne fossero a conoscenza (perché 'il Gabinetto RS/33 non
esisteva') ma perché operarono anch'essi un cover up. In
definitiva, non posso escludere che lo scenario delineato in
questi documenti potesse esistere proprio nei termini da essi
precisati..."
"NEGARE OGNI VERSIONE" È LA PAROLA D'ORDINE
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 10 marzo 2000)
"Il fatto è da attribuirsi esclusivamente ad un fenomeno ottico".
Così il Regime insabbiava l'avvistamento dell'aeronave misteriosa
del 1936. UFO "ante litteram" durante il fascismo?
Essendone stata destinataria (anonimamente ed in fotocopia) poco
prima, nel settembre del 1999 la rivista diretta da un contattista
stigmatizzato italiano ha pubblicato alcuni documenti di epoca
fascista, apparentemente collegati a manifestazioni ufologiche di
quel periodo. Tale testata vi ha dato ampio risalto, affidando le
indagini ad uno studioso del fenomeno campano che sostanzialmente
ha avanzato le sue riserve sul materiale di cui trattasi.
In linea di principio tale atteggiamento può essere comprensibile,
trovandosi di fronte a documenti di difficile autenticazione,
pervenuti da una fonte anonima e che tale ha inteso rimanere anche
nel caso di successivi invii.
Noi ci siamo mossi sempre in modo diverso. Solo quando gli
elementi a nostra disposizione erano tali da essere ritenuti
coerenti e fondati su una documentazione di un certo spessore,
abbiamo pubblicato notizie ed espresso valutazioni. E ciò - se mai
ce ne fosse bisogno - spiega la ragione per la quale finora siamo
rimasti in silenzio. Noi, che da tempo eravamo a conoscenza della
cosa e stavamo effettuando le verifiche più opportune lontano dai
riflettori di una facile pubblicità in attesa di fornire dati più
credibili.
Ma ricominciamo dall'inizio, doverosamente.
Con un normale inoltro postale, e affrancatura da 1.850 lire, il 3
febbraio 1996 (indirizzata all'allora recapito personale del
sottoscritto, in via Odorico Da Pordenone 36 in Firenze) la
rivista del Cun riceve una busta di medio formato contenente una
serie di documenti originali. Originali, non fotocopie.
Eccoli.
In primis, una busta aperta, apparentemente sigillata all'origine,
con l'intestazione "Senato del Regno" nella parte posteriore, ove
i due lembi incollati presentano entrambi un tratto sinusoidale a
penna stilografica a garanzia della chiusura, e la sigla del
mittente: la stessa che per due volte, in basso a destra come a
sinistra, figura sull'intestazione della missiva, vergata in
stampatello
sempre
con
penna
stilografica.
Testualmente:
Riservatissimo - a mani di S:E: Galeazzo Ciano". In altri termini,
si tratterebbe di materiale inoltrato in via riservata al genero
di Benito Mussolini, Duce del Fascismo e Capo del Governo
all'epoca. Galeazzo Ciano, Ministro degli Esteri, era in pratica
il "numero due" del Regime.
Quindi una lettera autografa scritta a penna stilografica su
quattro facciate, su carta intestata dello stesso tipo della busta
precedente: "Senato del Regno", con la triplice scritta "Fert"
sotto lo stemma sabaudo con ai lati il fascio littorio. La missiva
è firmata "Andrea", è indirizzata ad un non meglio identificato
"Valiberghi" (?) ed è datata 22 agosto XIV dell'Era Fascista: il
1936.
Poi una cartolina postale in uso presso il Senato del Regno per la
corrispondenza in franchigia, con vari appunti scritti sempre con
penna stilografica su entrambe le facciate.
Infine un biglietto anch'esso intestato "Senato del Regno" come
gli altri sopra menzionati, datato 30.VIII.XIV E.F. (ovvero 8
giorni dopo), sempre vergato in grafia corsiva con stilografica e
firmato "Andrea" al pari della lettera. Pur non essendo
specificamente
indirizzato
a
qualcuno,
l'autore
sembra
ragionevolmente rivolgersi alla stessa persona destinataria della
missiva del 22 agosto, facendo riferimento allo stesso argomento
trattato da quest'ultima.
Il timbro di partenza postale della busta pervenutaci il 3
febbraio 1996 e contenente quanto sopra descritto non risulta
purtroppo leggibile.
Ma, meglio del nostro mero elenco, varrà per il lettore la vista
di detti documenti, riprodotti dagli originali (ribadiamo:
originali) e la lettura della trascrizione che, per maggiore
chiarezza, qui riportiamo:
SENATO DEL REGNO
22 agosto XIV (1936)
Caro Valiberghi (1)
ti confermo quanto hai saputo da Valminuti (1).
Anche se la Prefettura di Venezia sta attivamente
svolgendo indagini, non c'è nulla di chiaro sulla storia
della aeronave misteriosa!!
Fu avvistata nella mattina (e non nella serata) di lunedì.
Era un disco metallico, netto, lucente, largo dicono dieci
o dodici metri.
Dalla base vicina sono partiti due cacciatori, ma anche a
130 km/h non sono riusciti ad accostarlo. Non emetteva
alcun suono, e questo farebbe supporre si trattasse di un
aerostato. Ma nessuno conosce palloni che volano più
veloci del vento. So per certo che è stato veduto da altri
piloti d'aviazione, anche da quel Marinelli che ha poi
fatto il rapporto che è arrivato a mani di Ciano.
Poi, dopo circa almeno un'ora, dopo che questo forse era
passato sopra Mestre, è stato visto (e questo ancora tu
non sai) una sorta di lungo tubo metallico, grigio o
ardesia.
Nel rapporto del confidente S.X. è così raffigurato
:
Quello che ho indicato in A era descritto come una specie
di torpedine aerea, con finestrini ben evidenziati. Da
questi pertugi rettangolari partivano luci alterne ora
bianche ora rosse. In B sono due "cappelli", due cappelli
come da prete: larghi, rotondi, con una cupola al centro,
metallici e seguivano la torpedine senza mutare le
posizioni relative.
Questi ordigni facevano fumo, bianco e durevole.
La Prefettura ha aperto un'inchiesta, ma puoi immaginare
che farà poca strada e avrà l'esito che ebbe quella del
'31.
Il Duce ha espresso le sue preoccupazioni, perché dice che
se si trattasse di veri aeromobili inglesi o francesi
dovrebbe rivedere tutta la sua politica estera. So per
certo che ha detto a Starace e altri "Se dispongono di
tali ordigni, possiamo aspettarci la guerra a giorni e,
questo è peggio, la guerra a modo loro!!"
Posso informarti che sono del tutto infondate le voci che
vogliono esplosa l'aeronave. Ti farò avere notizie certe
non appena ne disporrò.
Andrea
CAMERA DEI DEPUTATI
Tribuna della Stampa
Per Zoppani
(1)
1) Intervenire direttamente –
2) Il Duce - Segreteria particolare 47
Telefonata di Ciano
Avvistata alle ore 15.30 secondo M.F.
oggetto simile a Saturno
L'Aeronautica à distribuito un questionario a tutti i
piloti
operanti
nella
zona.
Negare
ogni
versione.
Il
fatto
è
da
attribuirsi
esclusivamente a un fenomeno ottico.
li Duce segue personalmente l'accaduto.
L'allarme è esteso a tutta la zona aerea del Nord Est.
luce giallo aranciata a tratti bianco intensa
lampi regolari - fumo e scintille –
Sono armati? Sono amici?
Sono già stati visti in altre occasioni?
573
Carati
SENATO DEL REGNO
30. VIII.XIV E.F.
Purtroppo non posso fornirti di fotografie.
Ne sono state scattate almeno una dozzina, ma sono
strettamente riservate per il Duce e pochi altri di cui
non conosco i nomi. So soltanto che sono fotografie
scattate dall'aeroplano che inseguiva l'aeromobile fra
Lido e Venezia. Non conosco nessuno che le abbia vedute e
dubito che quello che ti ha detto Aldini (1) risponda a
verità. Ti ripeto che questo affare è personalmente
seguito dal Duce.
Andrea
CARTOLINA POSTALE
SENATO DEL REGNO
Telegramma di Boni (1)
I nomi dei testimoni della aeronave di Venezia
secondo Guglielmi:
Genai - Tolmini - Venanzi - MVSN (2)
Incaricare Zoppani della ricognizione.
Udienza riservata col Duce ore 15.30 del 30 agosto.
sono
SENATO DEL REGNO
Varallo
Aosta-Genova
Segreteria personale
724303
Note:
1.
I
nomi
Valiberghi,
l'interpretazione
ritenuta
decifrare
esattamente
la
originali.
2. La sigla "MVSN" sta
Nazionale".
Valminuti,
Aldini
più
valida
nella
scrittura
corsiva
per
"Milizia
e
Boni
sono
difficoltà
di
dei
documenti
Volontaria
Sicurezza
Il misterioso nostro mittente, tuttavia, non si fermava qui.
Infatti, il 19 febbraio 1996, a poco più di tre settimane dal
primo invio, da Borgo Maggiore di San Marino ci veniva spedita una
busta affrancata con un francobollo italiano da 750 lire, che
veniva tuttavia annullata con timbro postale della Repubblica di
San
Marino.
Essa
conteneva
un
telegramma
"lampo"
(ovvero
urgentissimo) inoltrato dalla "Agenzia Stefani" di Milano (l'ANSA
dell'epoca) a firma "Antonelli".
Il testo recita:
"DISPONESI ASSOLUTA SEGRETEZZA SU AERONAVE NON QUALIFICATA DI CUI
AT RAPPORTO RISERVATO 23/47 STOP SEGUE LETTERA STOP".
Gli enti in indirizzo non sono precisati, ma sul testo si legge la
dicitura "Copia", stante a significare che si tratta di un
documento d'archivio per memoria di chi si era occupato della
questione.
Anche
in
questo
secondo
caso
il
modulo
per
telegramma,
dell'Ufficio Telegrafico di Milano, è un originale manoscritto con
grafia corsiva vergata a mezzo penna stilografica.
Infine, il 29 marzo 1996, e cioè una quarantina di giorni dopo, ci
veniva inoltrata per via postale una terza lettera, stavolta dalla
Francia. Sul francobollo francese si intravede il timbro di
Parigi.
Come nel caso degli altri due precedenti invii, l'indirizzo del
destinatario è dattiloscritto e battuto dalla stessa macchina per
scrivere. Quest'ultima missiva conteneva un foglio originale con
diverse scritte, annotazioni e disegni, intestato "Camera dei
deputati - Tribuna della stampa". L'argomento è inequivocabilmente
lo stesso: l'aeronave misteriosa del 1936. Lo si evince da note e
schizzi, il tutto come sempre vergato con una stilografica a mano.
L'inoltro di tale materiale di fonte anonima non poteva non
indurci, pur nella massima cautela, ad effettuare una serie di
verifiche.
In primo luogo, un'analisi contenutistica dei testi veniva
sottoposta a piloti ed esperti aeronautici.
Ne scaturiva l'opinione che la forma e certe espressioni erano
coerenti con il linguaggio in uso negli anni Trenta, come ad
esempio
l'espressione
"cacciatori",
antesignana
di
quella
abbreviata "caccia" poi diffusasi con gli anni Quaranta, la "a"
accentata invece di "ha". Ma naturalmente tutto ciò non bastava a
convincere della eventuale autenticità del materiale, la cui
provenienza anonima costituiva un pesantissimo handicap.
Ci voleva altro.
Successive indagini ci portarono a constatare che anche il
quotidiano bolognese "Il Resto del Carlino" aveva ricevuto
materiale analogo che però, data la fonte anonima, non era stato
preso in considerazione.
Di qui la necessità di affrontare il problema da due diversi punti
di vista. Prima, verificando se i fatti in oggetto potevano in
qualche modo trovare riscontro nella realtà di eventi dell'epoca
in qualche modo documentabili; poi, attraverso specifiche perizie
scientifiche sui documenti stessi che, in quanto originali,
potevano consentire una "expertise" tecnico-scientifica atta a
dichiarare la loro eventuale genuinità a livello di datazione.
E se oggi produciamo il materiale pervenutoci, rompendo infine un
silenzio di quasi quattro anni, è perché siamo finalmente giunti a
delle conclusioni, sia a livello storico sia di verifica tecnica
dei documenti.
GABINETTO RS/33
DAGLI UFO ARRIVÒ IL RAGGIO DELLA MORTE
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 11 aprile 2000)
Il caso dei files fascisti spinge a rivedere parte dell'ufologia
di Stato conosciuta ed a riconsiderare molti esperimenti segreti
nazi-fascisti.
Proseguono le ricerche sui "files" fascisti. Secondo questa
documentazione, recentemente emersa ed inviata a più riviste di
settore, fra il 1933 ed il 1940 presso l'università La Sapienza di
Roma avrebbe segretamente operato un team di scienziati impegnati
a capire la natura di strani "velivoli non convenzionali" (che
oggi chiamiamo UFO), dopo che uno di essi sarebbe atterrato
presumibilmente in Lombardia nel ‘33, recuperato in tutta fretta
dalla polizia segreta fascista e fatto sparire nel nulla.
Nel precedente articolo abbiamo sottolineato come tali documenti
siano stati inviati in forma anonima sia al CUN che ad altre
associazioni da un misterioso personaggio che abbiamo ribattezzato
"Mister X".
É stato "Mister X" - il cui coraggio non possiamo non sottolineare
- che ha fatto conoscere alla comunità ufologica italiana
l’esistenza del team di studio UFO fascista, noto come "Gabinetto
RS/33", che avrebbe avuto come braccio armato la polizia politica
segreta di Arturo Bocchini (l'O.V.R.A.), incaricata di bloccare
qualsiasi fuga di notizie; che avrebbe operato con la copertura
delle massime autorità del regime (Mussolini, Balbo e Ciano),
delle prefetture, dell'Agenzia di stampa Stefani; che sarebbe
stato fondato su proposta di Giovanni Gentile e capitanato
nominalmente dal fisico Guglielmo Marconi (peraltro sempre assente
volontario) e "de facto" da un certo dottor Ruggero Costanti
Cavazzani (pseudonimo probabilmente ricavato dal cognome di un
noto politico
popolare filofascista) e dall’astronomo Gino
Cecchini
(in
seguito
direttore
dell’Osservatorio
di
Pino
Torinese).
Sempre secondo "Mister X", nel 1940 il controllo pressoché totale
sui dati raccolti dal Gabinetto, i cui membri erano più propensi a
credere alla tesi delle armi segrete Alleate, sarebbe passato ai
nazisti.
La storia ha inizio
Nei limiti del possibile, abbiamo verificato tutti gli elementi
fornitici col contagocce da "Mister X". Impresa non facile, visto
che dei componenti il Gabinetto l’Anonimo aveva fornito soltanto i
cognomi (due dei quali scritti in maniera errata, per di più). Ma
ciò che abbiamo scoperto ci porta a ritenere le "rivelazioni"
altamente credibili.
Vera è la storia che Marconi non partecipò mai alle sedute del
Gabinetto; il diario della figlia Degna (abbiamo cercato di
contattarla, ma i parenti ci hanno detto che si è spenta tre anni
fa) riferisce che nel ‘33 il fisico stava effettuando il giro del
mondo, nel corso di una serie di test sulla radiotelegrafia;
dunque, non poteva certo essere parte attiva nelle riunioni del
Majestic 12 fascista.
Quanto al referente del Duce nel team supersegreto, il "conte
Cozza" di cui parla "Mister X", è esistito ed altri non era che il
senatore Luigi Cozza, conte e presidente del Consiglio Superiore
dei Lavori Pubblici.
Credibili anche gli altri membri del Gabinetto RS/33: senatori i
burocrati dirigenti, scienziati non troppo in vista (e dunque con
garanzia di maggiore riservatezza) i tecnici.
Costoro, per come li ho identificati, erano:
•
•
•
•
•
•
•
•
il
chirurgo
e
biologo
sperimentale
Filippo
Bottazzi
dell'università di Napoli;
l'ingegnere aeronautico Gaetano Arturo Crocco, fondatore
della
Società
Italiana
Razzi
e
teorizzatore
della
colonizzazione dello spazio;
il botanico Romualdo Pirotta della Sapienza di Roma (intimo
amico di quel professor Filippo Eredia che nel 1946 screditò
un'ondata di avvistamenti di "razzi fantasma" sull'Europa);
il genio matematico Francesco Severi, che fu insegnante alla
Sapienza e, nel 1940, alla Pontificia Accademia delle
Scienze;
Giancarlo Vallauri (che "Mister X" chiama erroneamente
"Dallauri"), insegnante di elettrotecnica e ferromagnetismo
ed Accademico dei Lincei;
il chimico Francesco Giordani dell'Università di Napoli;
un certo Debbasi, più probabilmente Dante De Blasi, medico
igienista che insegnò alle università di Napoli e Roma e che
nel '42 divenne un accademico pontificio (come Severi).
Il fatto che Cecchini, l’unico astronomo, pare non fosse poi parte
attiva, sembra confermare quanto sostenuto da "Mister X", cioè che
il team propendesse per una spiegazione convenzionale del fenomeno
Ufo, o quanto meno, una parte del team. Non si spiegherebbe
altrimenti la presenza di un chimico, un biologo ed un medico (ma
forse nuovi documenti, magari riferiti ad IR-3, debbono ancora
vedere la luce, riservando ulteriori sorprese).
Elemento interessante di questa "Ufo-connection" è che il team
presentasse esperti in campo spaziale, aeronautico, chimicobiologico ed elettrotecnico; sette su sette legati all'Accademia
dei Lincei, tre in stretto rapporto col Vaticano, tre dipendenti
de La Sapienza di Roma, tre in seguito facenti parte del CNR, quel
Comitato Nazionale per le Ricerche fondato nel 1923 da Giovanni
Gentile (membro del Gabinetto RS/33) e riorganizzato a Roma nel
'33 su un progetto del conte Cozza (del Gabinetto RS) e diretto
dal '27 al '37... da Guglielmo Marconi!
Il dato curioso è che a tutt’oggi il Cnr, i cui vertici forse
qualcosa sanno, ha sempre espresso pareri negativi sul fenomeno
Ufo (cover up?), sia quando dopo l’ondata del 1978 l’allora
Ministro alla Difesa Spadolini cercò di incaricare il centro delle
ricerche sui dischi volanti, sia all’epoca del flap belga, sulla
cui genuinità il Cnr espresse forti dubbi, nonostante l’accredito
dei militari di Bruxelles.
L’insieme di coincidenze che legano tutti questi personaggi è
troppo
corposa
per
essere
casuale
e
gioca
a
favore
dell’autenticità dei fatti.
In alternativa, avevo pensato ad un falso molto ingegnoso ideato
da persona particolarmente addentro all’establishment citato,
dunque membro egli stesso del Cnr, ma era un’ipotesi assai remota,
che
la
perizia
sui
documenti
originali
ha
allontanato
definitivamente. In più, sapevo che di eventi Ufo nel ‘33 ve ne
furono effettivamente. Ne abbiamo trovato traccia in un libro di
Pinotti (1), che ha scritto: "É il 14 agosto 1933. Il sig. Elvano
Ferrini, allora sedicenne, osserva con molti altri testimoni un
'sigaro volante' che attraversa, apparendo e scomparendo fra le
nuvole, tutta la volta del cielo in una trentina di secondi, verso
le 14.30, maestoso e velocissimo. ‘Né prima né dopo ho mai visto
qualcosa di simile’, ci ha dichiarato il testimone nel 1991."
La Domenica del Corriere del 29.1.1899
Il luogo dell’avvistamento? La città di Forlì, curiosamente
proprio uno dei luoghi da cui "Mister X" ha spedito parte dei
documenti.
Ipotetici scenari
Un elemento che mi ha fatto molto riflettere è stato il
coinvolgimento di Marconi nel Gabinetto RS/33. Un elemento
curioso, che qui presento a mero titolo speculativo, è che costui
avrebbe - gli storici non sono concordi - costruito sul finire
degli anni Trenta un misterioso "raggio della morte" in gradi di
paralizzare all’istante i sistemi elettrici dei motori. Sarà solo
un caso ma oggi sappiamo, col senno di poi, che questa è una
prerogativa degli Ufo! E trovare proprio lo scopritore del raggio
della morte in una commissione di studio Ufo inevitabilmente
adombra il sospetto che i fascisti studiassero... retroingegneria
aliena!
É solo un’ipotesi, per carità; ma in questa indagine le
combinazioni che stanno sostenendo queste ipotesi diventano oggi
giorno sempre più numerose.
Che dire, del raggio della morte? La maggior parte degli storici e
degli scienziati pensano fosse una bufala propagandistica messa in
giro da Mussolini; secondo lo storico Ugo Guspini dietro questa
leggenda si sarebbe celato in realtà il progetto segreto di
costruzione del radar (2); per Antonio Spinosa era invece un’arma
in grado di carbonizzare le persone (3); parzialmente scettico si è
detto un altro storico, Aurelio Lepre (4).
Un suo collega, Bruno Gatta (5) la pensa diversamente: "Negli
ultimi mesi, negli ultimi anni della vita di Marconi ricorre più
di una volta la voce della sua scoperta del cosiddetto raggio
della morte. L'incredibile invenzione è respinta da alcuni, ma
trova conferma in un ultimo documento mussoliniano del 20 marzo
1945, più che un'intervista un soliloquio alla presenza di un
giornalista, Ivanoe Fossani, nell’isoletta di Trimefione, nel
Garda, di fronte a Gargnano. Quella sera, fra tante cose, si parlò
anche di Marconi e dei suoi ultimi esperimenti ai quali assistette
il duce che disse in proposito: ‘Sulla strada di Ostia, ad Acilia,
ha fermato i motori delle automobili, delle motociclette e dei
camion. Nessuno sapeva rendersi conto dell'improvviso guasto.
L'esperimento venne ripetuto sulla strada di Anzio con i medesimi
risultati. Ad Orbetello due apparecchi radiocomandati vennero
incendiati ad oltre duemila metri di altezza. Marconi aveva
scoperto il raggio della morte! Sennonché egli, che negli ultimi
tempi era diventato religiosissimo, ebbe uno scrupolo di carattere
umanitario e chiese consiglio al Papa ed il Papa lo sconsigliò di
rivelare una scoperta così micidiale. Marconi, turbatissimo, venne
a riferirmi sul suo caso di coscienza e sull’udienza papale. Io
rimasi esterrefatto. Gli dissi che la scoperta poteva essere fatta
da altri ed usata contro di noi, contro il suo popolo; per
rasserenarlo lo assicurai che il raggio non sarebbe stato usato se
non come estrema risoluzione, avevo fiducia di poterlo convincere
gradatamente. Invece Marconi moriva improvvisamente. Da quel
momento temetti che la mia stella incominciasse a spegnersi’."
Questa versione è stata confermata ad un giornalista anche da
Claretta Petacci, che del Duce fu amante e confidente.
Il raggio della morte
Vero o falso? La "leggenda" vuole che Marconi, in crisi
esistenziale, rifiutò di cedere ai fascisti il brevetto di un'arma
così pericolosa; aveva il Papa dalla sua (e che i due fossero
amici è testimoniato dalla figlia, che ricorda una celebre udienza
in Vaticano nel '33. Non dimentichiamoci poi che fu Marconi
l’ideatore della Radio Vaticana. Con il Pontefice era dunque in
strettissimo rapporto). Pochi mesi dopo, prosegue la storia, il
fisico moriva improvvisamente, solo e dimenticato (in realtà non
era affatto solo; al suo capezzale c'erano il medico e la figlia
Degna), portandosi nella tomba i segreti di quest’ipotetica arma.
In ogni caso, Mussolini qualcosa sapeva; ed anche i nazisti, in
conseguenza: forse per volere dello stesso Duce o, peggio ancora,
grazie ai maneggi della Gestapo.
Solo l'anno scorso si è scoperto, difatti, che Claretta Petacci,
l'amante di Mussolini, spiava il Duce e passava informazioni alla
polizia segreta nazista (6); secondo uno studio dello storico
Marino Viganò, la Petacci avrebbe passato al Reich documenti
trafugati fra il 1944 ed il 1945, ma, aggiungiamo noi, non si può
escludere che le azioni spionistiche andassero avanti da anni. Non
si spiegherebbe altrimenti l'episodio che stiamo per raccontare.
Nel libro "Situation red, the UFO siege!" (7) Leonard Stringfield,
il primo fra gli ufologi a dare credito, vent'anni fa, alle
rivelazioni militari sugli UFO-crashes, cita "en passant" un
episodio sbalorditivo.
Scriveva Stringfield nel 1977: "Secondo una fonte piuttosto
attendibile, il figlio di un ex membro del Ministero degli Interni
degli Stati Uniti che lavorava per il servizio segreto in Germania
nell'estate del '39, un avvenimento estremamente insolito avvenne
nella città di Essen. Nell'ora di punta del traffico si fermò
tutto ciò che era elettrico e meccanico: automobili, autobus,
tram, motociclette, orologi. Il padre, che era ad Essen, ricordava
che quando il momento di depressione fu al culmine, durante una
decina di minuti, le automobili non erano nemmeno in grado di
suonare il clacson. A quei tempi la risposta era scontata: una
manovra sperimentale delle armi segrete di Hitler! I giornali
tedeschi non parlarono dell'episodio, ma i dati informativi che
descrivevano gli effetti dell'arma sospetta furono trasmessi a
Washington
agli
enti
competenti.
Naturalmente
il
tempo
a
dimostrato che i tedeschi non possedevano un'arma di tale potenza,
altrimenti la guerra avrebbe avuto un esito disastroso per gli
Alleati."
Se questa storia non è una panzana, forse Stringfield si sbagliò:
gli foO c'entravano solo indirettamente; il black out di Essen era
stato realmente causato dal raggio della morte che i nazisti
avevano - forse - sottratto ai fascisti.
Cronologicamente,
tornerebbero
i
conti
con
la
progressiva
militarizzazione nazista del Gabinetto RS/33 sul finire del ‘39 e
con certi esperimenti di "radiodisturbo" effettuati dai tedeschi,
i più famosi dei quali videro la costruzione di dischi volanti
infuocati e radiocomandati (le "feuerball" o palle di fuoco), che
interferivano con i radar ed i motori degli aerei (8).
Certo, sappiamo che il raggio della morte, se mai è esistito, non
venne portato a termine; forse, come per le V-7, ci volle troppo
tempo per perfezionarlo, o fu impossibile gestire una simile
tecnologia "avanzata".
Il giorno dopo la caduta degli Dei
Molto probabilmente, lo abbiamo già detto nel precedente articolo,
i files fascisti diedero un impulso alla costruzione dei dischi
volanti nazisti, le V-7.
Che i tedeschi iniziassero nel 1941 a costruire velivoli
discoidali, in tutto e per tutto simili agli UFO, è un dato di
fatto confermato pubblicamente, negli anni Cinquanta, da diversi
personaggi che presero parte a questi esperimenti; dal pilota
Rudolph Schriever, la cui V-7 venne testata a Praga il 14 febbraio
1945, all'ingegnere milanese Giuseppe Belluzzo, che ammise di
avere
costruito
i
velivoli
discoidali,
dal
"padre
dell'astronautica" Hermann Oberth ad Andreas Epp, ingegnere del
Reich che costruì un minidisco a Bremerhaven nel ‘43, con il quale
sognava addirittura di colonizzare la Luna e che nel maggio del
1969 ne presentò la ricostruzione alla fiera di Padova (9).
I diversi autori, come pure gli storici che si sono occupati della
vicenda quali Rudolf Lusar (10), concordano nel ritenere che lo
sfondamento del fronte russo impedì al Reich di perfezionare
quella che oggi definiremmo retroingegneria aliena; i dischi
volanti nazisti vennero distrutti dai tedeschi o - in minima parte
recuperati
ed
occultati
dai
russi
(che
negli
ultimi
cinquant'anni, difatti, ne hanno costruito diverse versioni, dai
modelli "Rossyia" all'"Ekip", tutte scarsamente funzionanti).
Ma il ricordo delle ricerche nazi-fasciste in qualche modo rimase,
presso i vertici militari Alleati. E certamente contribuì a
diffondere, presso certi strati dell’Intelligence russo-americana,
la credenza che gli Ufo fossero in realtà prototipi di brevetti
nazisti sviluppati dalla controparte, durante la Guerra Fredda. A
cominciare dall’avvistamento di Kenneth Arnold.
ricostruzione degli Ufo visti da Arnold nel 1947
Già perché nel 1933 due ufficiali nazisti, Walter e Reimar Horten,
iniziavano a progettare degli ordigni triangolari. Costruirono i
primi prototipi nel 1936 a Cologna e ne testarono i successivi
sviluppi a Goettingen nel ‘44; erano degli Ufo terrestri a forma
di V, detti "ali volanti" o modelli Horten (11).
Ala volante Horten
I fratelli Horten
Alla fine del conflitto, l’Horten cadde nelle mani degli americani
e venne nascosto nella base di Silver Hill, nel Maryland.
Grazie a quel modello, gli USA realizzarono nel 1947 l'ala volante
Northrop, e molti anni dopo lo Stealth.
Il B 2 Usa
L’ala volante, spesso scambiata per Ufo nel dopoguerra
Quando, proprio nel 1947, esplose la mania dei dischi volanti,
quei pochi ufficiali dell'Intelligence che erano al corrente di
questi progetti, e forse anche dei files fascisti, pensarono che
gli Ufo altro non fossero che armi segrete. Kenneth Arnold diceva
di averne visti nove, di questi ordigni e, sebbene la stampa li
raffigurasse circolari e a coda di rondine, avevano la forma di
una mezzaluna (basti vedere i disegni originali del pilota
americano). Erano probabilmente i nove Northrop Flying Wing
Bombers costruiti nella celebre base (ritenuta "degli Ufo") di
Muroc. L'US Aire Force in seguito fece sparire ogni traccia di
questo progetto (12).
Una rarissima foto delle 9 Flying Wings
Ma c'è una prova, una rarissima fotografia che mostra i nove
ordigni tutti in fila. Tutto ciò nulla toglie all'ipotesi
extraterrestre dei dischi, ma mi induce a riflettere su quanto
poco si sappia, a distanza di oltre mezzo secolo, dei maneggi dei
governi sui dischi volanti. Alieni e non.
H 7 in volo a Gottingen
Note e bibliografia:
1. R. Pinotti - "Ufo scacchiere Italia", Mondadori, Milano 1992.
2. U. Guspini - "L'orecchio del regime, le intercettazioni
telefoniche
al
tempo
del
fascismo",
Mursia,
Milano
1973.
3. A. Spinosa - "Mussolini, il fascino di un dittatore",
Mondadori, Milano 1989.
4. A. Lepre - "Mussolini l'italiano", Mondadori, Milano 1995.
5. B. Gatta - "Mussolini", Rusconi, Milano 1988.
6. "La Petaccì spiava Mussolini per la Gestapo", in "Giorno" del
12-12-99.
7. "Assedio UFO", SIAD, Milano 1978.
8. R. Vesco - "Intercettateli senza sparare", Mursia, Milano 1968.
9. "Gazzettino del lunedì" del 29-5-69.
10. R. Lusar - "Die Deutschen Waffen und Geheimwaffen des
2.Weltkrieges und ihre Weiterentwicklung", J.F. Lehmanns Verlag,
Monaco 1965; "German secret weapons of the Second World War",
Neville Spearman, Londra 1959.
11. H.P. Dabrowskì - "The Horten flying wing", Schiffer, USA 1991.
12. E. Maloney - "Northrop
Corona del Mar 1980.
flying
wings",
WWIl
publications,
Altri documenti controllati:
G. Calligaris - "La televisione degli astri", Vannini, Brescia
1942.
M. Coppetti - "UFO arma segreta", Mediterranee, Roma 1978.
M. Franzinelli - "I tentacoli dell'O.V.R.A.", Bollati Boringhieri,
Torino 1999.
A. Lissoni - "GLI UFO e la CIA", Play-PC, Jesi 1996.
U. Maraldi - "Dal centro della Terra alla stratosfera", Bompiani,
Milano 1943.
M.C. Marconi - "Mio marito Guglielmo", Rizzoli, Milano 1995.
D. Marconi Paresce - "Marconi, mio padre", Frassinelli, Milano
1993.
A. Petacco - "Le lettere del Duce?", in "Giorno" del 23-12-99.
A. Ribera - "Ummo, la increible verdad", Plaza e Janes, Barcellona
1984.
TUTTI I PROTAGONISTI, MINUTO PER MINUTO
Alfredo: misterioso personaggio cui è rivolta una lettera Stefani
che fa riferimento al Gabinetto RS/33. Potrebbe trattarsi del
giornalista milanese Alfredo Rizza, agente segreto dell’O.V.R.A.
che
agiva
sotto
uno
pseudonimo
"numerico"
(203),
come
presumibilmente le persone implicate nei files fascisti.
De Santi: è probabilmente il più inafferrabile e sfuggente degli
007 fascisti, uomo di punta per i contatti con le spie naziste;
per capire quanto fosse in gamba si pensi che, dopo la guerra,
riuscì a spacciarsi per antifascista e venne persino premiato con
una medaglia da De Gasperi in persona. Per molti anni si pensò che
non esistesse nemmeno; la sua esistenza venne poi provata al di là
di ogni ragionevole dubbio solo l’anno scorso dallo storico Arrigo
Petacco, che ha identificato in "De Santis", "Nostromo", "Luigi
Grassi", "Grossi" o "David" (tutti pseudonimi) un certo Tommaso
David, colonnello di Frosinone fondatore del gruppo spionistico
Volpi Argentate ed in seguito capo dei servizi segreti di Salò.
Marconi: credeva negli extraterrestri, ed ha rilasciato al
riguardo diverse dichiarazioni; riteneva si potesse comunicare con
loro via radio; inoltre, dopo i fatti del ‘33, ebbe un misterioso
incontro in America con David Sarnoff, persona di spicco
dell’Intelligence USA (coinvolto nell’ondata di razzi fantasmi del
‘46 e nello studio di un celebre avvistamento UFO filmato nel
1966).
L’O.V.R.A.: secondo "Mister X" il Gabinetto avrebbe avuto il pieno
sostegno dell’Ovra Tutto ciò è plausibilissimo. Fra il 1931 ed il
1933 la polizia segreta di Mussolini visse la sua fase di massimo
attivismo. Nucleo portante di tutta la struttura fu proprio la
Lombardia, ove sarebbe stato recuperato il disco; la sola Milano
coordinava con 24 agenti la "rete lombarda", diretta da Francesco
Nudi, dal commissario Tommaso Petrillo e dal commissario aggiunto
Giovanni Di Salvia. Forse era di Di Salvia (e non di De Santi) la
sigla "D.S." che appare in uno dei files fascisti.
Zerbino: è il nome che appare, per esteso ed in sigla, in calce ad
alcuni documenti fascisti (la firma non è particolarmente
leggibile e, paradossalmente, potrebbe invece corrispondere a
Foschini, capo dei servizi segreti SID durante la Repubblica di
Salò); ma è anche il nome di una villa ove Marconi era solito
trovarsi con alcuni suoi amici altolocati, quella dei marchesi
Gropallo di Genova. Zerbino era forse il nome in codice di
Marconi? O il nome di un covo del Gabinetto RS/33?
UN'ANTEPRIMA DELLA PERIZIA SUI DOCUMENTI INVIATI A PINOTTI: SONO
AUTENTICI!
ANTONIO GARAVAGLIA
STUDIO CONSULENZE TECNICHE
Consulenze Tecnico - Scientifiche su Alimenti, Farmaci, Cosmetici,
Materie prime, Acque, Reflui, Pesticidi e Classificazione Rifiuti
speciali
e
tossico-nocivi.
Consulenze
Chimiche
in
genere.
Consulenze Tessili in genere. Formulazioni prodotti. Inquinamento
Elettromagnetico. Indagini Fonometriche. Inquinamenti ambientali
in genere. Perizie Giurate. Consulenze HACCP e legge 626. Analisi
e controlli di qualità. Ricerche in genere.
Iscr. C.C.I.A.A. Ruolo Periti ed Esperti.
Iscr. Albo Consulenti tecnici del Giudice del Tribunale di Como.
CONSULENZA TECNICA DI PARTE
.............omissis.............
......................................
CONCLUSIONI E RISPOSTE AL QUESITO
Si riporta per comodità del preg.mo Dott. Roberto Pinotti il
quesito posto allo scrivente consulente incaricato: "dica il
consulente di parte, presa visione del documento manoscritto che
si allega, se l'inchiostro con cui è stato scritto tale documento
può essere considerato autentico ovvero se la data indicata sul
documento può essere considerata attendibile".
Le prove per confronto hanno dato ampia risposta affermativa:
documenti manoscritti dell'epoca in cui è datato il documento
hanno evidenziato le stesse caratteristiche di qualità (colore
"vetusto" della carta e dell'inchiostro).
Le prove di invecchiamento accelerato e di stress simulato hanno
evidenziato che, limitatamente al campione esaminato, i campioni
si alterano solo alla luce UV nelle condizioni di prova.
In particolare la parte del campione consegnato ed oggetto di
perizia non ha mostrato alcuna variazione di degradamento mentre
per confronto l'altro campione limitatamente alle condizioni di
prova ha evidenziato un significativo degradamento. Ciò è indice
che un'eventuale contraffazione del documento avrebbe portato ad
un significativo degradamento. In altre parole se il documento
fosse stato scritto con inchiostri di china come quello utilizzato
nel campione da me preparato si sarebbe degrado come è avvenuto.
Anche la differenza evidenziata alle prove empiriche di solubilità
confermano la diversità tipologica degli inchiostri. Dall'esame
comparativo delle prove effettuate e limitatamente a quelle
effettuate ed al campione esaminato si può con ragionevole
certezza
affermare
che
il
solo
campione
esaminato,
nelle
condizioni indicate, ed oggetto della perizia si può ritenere
originale e, quindi, autentico. Ne consegue che la data indicata
22 agosto XIV è reale. In altre parole considerando che dal 28
ottobre 1922 al 27 ottobre 1923 si considera il I° anno dell'era
fascista, il 22 agosto XIV corrisponde al 22 agosto 1936.
Addì 15 marzo 2000.
Letto, confermato e sottoscritto in fede firmo.
Antonio Garavaglia
ANNI '30: L'UFOLOGIA È NATA IN ITALIA?
di Roberto Pinotti
(Notiziario n° 11 aprile 2000)
Qualcuno che sa e che ha inviato al Cun una documentazione
destinata a far discutere a lungo: c'era già una "Ufologia" di
Stato nel Ventennio!
Sebbene di fonte anonima e conseguentemente dubbia lo sconcertante
materiale dell'epoca fascista pervenutoci nel 1996 non poteva non
imporci necessariamente una doverosa serie di verifiche.
Pur senza fretta.
Ci siamo subito chiesti quale reale fondamento potesse avere la
storia di questa "segnalazione ufficiale" di 60 anni prima. E, a
risposta, negli archivi del Cun abbiamo trovato quanto bastava,
qui di seguito riportato.
Nel 1936 l'allora capitano della Regia Aeronautica Mario Rossi
prestava servizio come istruttore di volo presso la base di
Orbetello. "La notte del 10 ottobre 1936 - scrisse diciotto anni
dopo - mi trovavo in volo sul mio idro S.62 Bis, in formazione con
tre altri dello stesso tipo. Quando fummo a 3.800 metri su Capo
Talamone notai una luce insolita di fronte al mio aereo, che per
un momento pensai fosse dovuta ai gas di scarico del motore di un
altro degli apparecchi della nostra formazione. Mi resi però conto
immediatamente che ciò non poteva essere non appena constatai che
la velocità dell'oggetto che mi si trovava dinanzi era di gran
lunga superiore a quella di un S.62, e che la posizione di ciò che
avevo pensato fossero i gas di scarico non corrispondeva a quella
del motore installato su tali apparecchi. Continuai a seguire la
luce sconosciuta che sembrava trovarsi piuttosto al di sopra del
mio aereo. Non ne potei distinguere la forma a causa della luce
accecante proveniente dal centro del misterioso oggetto e dalle
brevi fiammate che ne scaturivano su entrambi i lati. Quanto alle
sue dimensioni, sembrava avere un diametro pari al doppio di una
luna piena. Improvvisamente mi trovai all'interno di uno spesso
banco di nubi, dal quale emersi, dopo 12 minuti di volo
strumentale, per ritrovarmi su Portoferraio (Isola d'Elba). Questo
avvistamento ebbe luogo sulle isolette rocciose note come
'Formiche
di
Grosseto'
alle
4.15
antimeridiane.
L'oggetto
misterioso volava ad almeno 700 km. l'ora e si dirigeva verso
nord."
Vale la pena di ricordare che nel 1936, all'epoca di tale
avvistamento, non esistevano velivoli capaci di raggiungere simili
velocità (un record, per l'epoca, conseguito solo dallo "MC72)"
del nostro Francesco Agello circa due anni prima}, mentre gli
elicotteri erano ancora in fase sperimentale e la propulsione a
getto ancor lungi dall'essere applicata concretamente (1939). Di
che cosa poteva essersi trattato?
Evidentemente questo episodio potrebbe solo contribuire a dare
credito all'idea di possibili intercettazioni di aeromobili non
convenzionali da parte di velivoli della Regia Aeronautica
anteriormente alla Seconda Guerra Mondiale.
Anche durante la guerra italo-etiopica, comunque, sarebbero stati
avvistati velivoli insoliti.
Ce lo conferma, con il suo avvistamento del 1935 su Addis Abeba,
l'africanista francese Ichac, e forse pure una suggestiva tavola
della "Illustrazione del Popolo" di quello stesso anno, la quale,
presentata allora quasi come una anticipante giustificazione
astronomico-astrologica per l'imminente conquista dell'Impero, può
essere collegata ad insolite presenze aeree.
Poi, con la Seconda Guerra Mondiale, tra il 1944 ed il 1945 si
ebbe da parte degli anglo-americani la constatazione della
presenza dei fantomatici "foo-fighters", veri e propri Ufo "ante
litteram".
Ma sarebbe un errore pensare che sul fronte dell'Asse non ci
fossero testimonianze del genere. Ve ne furono, dalla Germania al
Giappone. E anche in Italia, da parte di personale della RSI, la
Repubblica Sociale Italiana creata da Mussolini. Lo testimonia una
"lettera al direttore" apparsa nel 1968 sul giornale "Candido",
che riferisce un caso del 1944 su Milano. E così pure quella di un
pensionato della provincia di Siena, inoltrataci nel 1995.
Ne
consegue
che
il
resoconto
nei
perfettamente in linea con tutto ciò.
documenti
inviatici
è
Dovevamo però andare oltre, e pertanto sottoponemmo la cosa a
piloti e giornalisti aeronautici di nostra fiducia.
Ne risultò così che il tutto appariva abbastanza coerente, a
cominciare dai termini usati nei testi e dalla stessa analisi
della forma e della sintassi di questi. Ad esempio, il termine
"cacciatori" era perfettamente in uso, come prova una tavola della
"Domenica del Corriere" del 1940. Già nel 1942, solo due anni
dopo, comincia ad essere usata la forma contratta "caccia", in
un'altra tavola dello stesso settimanale.
Non solo. Tutto il materiale cartaceo pervenutoci risultava essere
in effetti "datato". In altri termini, si trattava di carta
intestata, cartoline, biglietti e moduli certamente d'epoca,
ingialliti è invecchiati naturalmente.
A questo punto occorreva verificare se l'inchiostro era anch'esso
stato usato negli anni '30. Sì, perché qualcuno avrebbe potuto
utilizzare pur sempre, oggi, tali carte. originali "in bianco"
facendo uso di un inchiostro in commercio o dell'epoca. E l'unico
modo per accertare come stavano le cose era ovviamente fare
eseguire
un'analisi
tecnico-scientifica
da
un
perito
di
riconosciuta competenza.
Una prospettiva che ebbe una battuta d'arresto dapprima con
l'inattesa morte del i presidente del Cun Mario Cingolani, e poi
quando apprendemmo che tale ipotesi, per i documenti oggetto
dell'analisi
stessa,
sarebbe
stata,
almeno
in
parte,
inevitabilmente distruttiva.
Preferimmo pertanto soprassedere nell'immediato, privilegiando
invece un altro tipo di verifica: e cioè quello di eventuali
riscontri alternativi degli eventi descritti. Cosa indubbiamente
tutt'altro che facile, ma non certo escludibile a priori.
E infatti, in tal senso, la nostra ricerca doveva essere premiata.
Tant'è che l'anno scorso i ricordi di un collaboratore del
Comitato Scientifico del Cun, professore universitario operante
sia in Italia sia all'estero, trovarono una clamorosa conferma.
Suo zio materno, ultraottantenne, era in grado di confermare con
una testimonianza personale diretta l'evento descritto nei
documenti. L'assenza del nipote dall'Italia e la malattia
dell'interessato poi rallentarono ulteriormente i riscontri, ma
infine l'anziano Faustino V. precisò al nostro collaboratore C.V.
quanto necessario, confermando sostanzialmente l'episodio. Il suo
successivo decesso, comprensibilmente, creò ulteriori problemi,
compresi quelli relativi alla gestione di questa conferma quasi in
extremis. Infine, la notizia che il misterioso mittente dello
sconcertante
materiale
aveva
verosimilmente
fatto
pervenire
analoghi (seppur diversi) documenti od altri media, ci indusse a
rompere gli indugi, procedendo alle analisi tecnico-scientifiche
della documentazione in nostro possesso.
E così eccoci giunti ad oggi.
Con un'analisi tecnico-scientifica che, pur assegnando alla
perizia eseguita un margine di errore di qualche anno - com'è
comprensibile - porta ad una sola conclusione: documenti autografi
redatti in Italia, ben prima del fatidico 1947 che dette il "via"
al fenomeno Ufo sui media, descrivono perfettamente eventi e
fenomeni successivamente riscontrati più volte, per quanto
concerne tali manifestazioni.
Di più.
Essi affermano anche che di tali fenomeni ci si sarebbe
istituzionalmente occupati al massimo livello governativo (Capo
del Governo, Ministro degli Esteri, etc.) e con un gruppo di
lavoro
teso
a
chiarire
la
natura
di
tali
"velivoli
no
convenzionali" (in nome della sicurezza nazionale) già in quegli
anni nel nostro Paese!
Il che porta ad una sola conclusione, da un punto di vista storico
e pratico. E cioè alla constatazione che lo studio del fenomeno
UFO (se preferite, l'ufologia) non è nato in Usa, come comunemente
si riteneva fino a ieri; bensì nel l'Italia fascista degli anni
'30.
Un'Italia autarchica, oligarchica e illiberale, imperialista
chiusa in sé stessa dal ruolo del partito-stato. Ma nondimeno
caratterizzata, in quegli anni da grande consenso interno; e
proprio per questo portata a realizzare obiettivi anche ambiziosi
a qualunque costo: con grandi slanci tecnologici e assoluta
dedizione di chi vi era coinvolto.
Si pensi alle esaltanti imprese aviatorie che in quegli anni
resero la Regia Aeronautica la prima nel mondo, dalle miti che
trasvolate atlantiche (Brasile e Usa) ai vari, audaci record che,
anche con l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, continuarono a
sorprendere il mondo (ad esempio: il quasi impossibile ma riuscito
bombardamento delle installazioni petrolifere inglesi del Barhein
nel Golfo Persico, realizzato nel 1940 con un incredibile volo di
guerra di 4.500 chilometri!).
Nulla di strano, dunque, che ciò possa essere accaduto.
Certo, "l'ufologia fascista" (se così si può definirla) aveva solo
lo scopo di guardarsi da ipotetici nemici o aggressori (anglofrancesi, all'epoca); e di eseguire qualunque possibile studio di
retroingegneria (aeronautica, nel caso) a fini di difesa e offesa,
e non certo guardava a eventuali ET.
Ma cosa fanno governi quali quello Usa e quello stesso di
oltralpe, che ha sviluppato interessanti studi di magneto-idrodinamica non certo a caso?
Solo il futuro potrà dirci se e cosa potrà scaturire da questo
nuovo, rivoluzionario approccio alla storia del fenomeno e del suo
studio.
Resta il fatto che, "rebus sic stantibus", il mito di Kenneth
Arnold (specie ora che l'ombra dei nove "Flying Wing Bombers", le
"ali volanti" realizzate dalla Northrop sulla base dei velivoli
nazisti Horten, pesa sempre di più sul famoso avvistamento di nove
"dischi volanti" da lui effettuato in prossimità del monte Rainier
il 24 giugno 1947) è con ogni probabilità destinato ad essere
messo in soffitta, con tanta zavorra "yankee" che per tanti,
troppi anni ha contribuito a disconoscere il determinante apporto
europeo all'ufologia.
UFO NEI CIELI DELL'IMPERO
Ai fini delle nostre ricerche riveste particolare importanza la
testimonianza
dell'africanista
francese
Pierre
Ichac.
In un giorno di ottobre del 1935 monsieur Ichac stava passeggiando
per le strade del centro di Addis Abeba quando notò, ad un
crocicchio, un gruppo di persone che, allarmate, indicavano un
oggetto discoidale di colore argenteo comparso all'improvviso nel
cielo della capitale dell'Etiopia.
"Gli italiani!", qualcuno aveva gridato. Le truppe italiane,
infatti, avevano già iniziato l'invasione della nazione africana,
ed era dunque logico che si temesse un'incursione degli aerei
della Regia Aeronautica. Ma non cadde alcuna bomba. L'oggetto non
identificato rimase immobile nel cielo per alcuni minuti, e poi
scomparve.
Gli oggetti volanti che poi sarebbero stati chiamati Ufo erano
dunque apparsi anche durante la guerra italo-etiopica?
1944: UN "DISCO VOLANTE" NEL CIELO DI MILANO
"Eravamo nell'estate del 1944. C'era la guerra. Bombardamenti,
Italia spezzata in due, tedeschi in casa al Nord, angloamericani
in casa al Sud, fascisti e partigiani. Un pomeriggio di
quell'ottobre del 1944 - così comincia una lettera al direttore
pubblicata anni fa da un noto settimanale politico italiano (1) mi trovavo a Milano, in Corso Buenos Aires. Saranno state le
17,00. Era il tramonto, comunque. Un tramonto terso, limpido, come
a volte capita nell'autunno milanese. Stavo camminando verso Porta
Venezia percorrendo il marciapiede di sinistra, secondo il senso
di marcia. Quando avvenne il fatto potevo distare da Porta Venezia
100-150 metri. Allora io avevo vent'anni. Militavo nelle file
della Repubblica Sociale. Appartenevo, anzi, ad un reparto
specialissimo della 'Decima', i paracadutisti del Battaglione.
'N.P.', ed ero reduce da alcune missioni di sabotaggio e
spionaggio nelle regioni italiane del Sud già occupate dagli
angloamericani. Dico questo non perché politicamente c'entri con
quanto sto raccontando, ma per precisare un fatto fondamentale.
Avevo vent'anni, ripeto, ero fisicamente - e lo sono ancora sanissimo. Per entrare a far parte dei reparti speciali di cui ho
parlato sopra avevo dovuto sottostare a controlli medici di ogni
genere. Psichicamente ed intellettualmente ero e sono a posto.
Non soffrivo quindi di allucinazioni. Ai corsi speciali, inoltre,
mi avevano insegnato a riconoscere a vista ogni tipo di arma,
nostra o avversaria, con particolare riguardo agli aerei. Sapevo
tutto: caratteristiche, velocità, armamento. Potevo riconoscere,
anche perché ero dotato di una vista perfetta, qualunque tipo di
velivolo, anche a distanze notevoli.
Stavo dunque camminando verso Porta Venezia. Non avevo fretta.
Improvvisamente sentii attorno a me delle grida. Mi guardai
attorno, portando istintivamente la mano alla pistola. Ma non si
trattava di un attentato. La gente gridava e guardava in alto, poi
scappava nei rifugi. Guardai anch'io. E restai di sasso. Piazzata
nel bel mezzo del cielo, ad una quota di 300 metri circa, sulla
verticale di piazzale Loreto, era ferma, immobile, lucente, una
padella di rame; senza manico naturalmente.
Ricordo bene che restai pietrificato sul marciapiede, mentre
attorno a me quasi tutti scappavano verso i rifugi. Ricordo anche
che suonarono le sirene d'allarme. Restai, così, affascinato a
guardare quella padella in mezzo al cielo. Ho presente quegli
istanti come se fosse oggi. Il cielo limpido, la gente che
scappava e la mia mente che lavorava freneticamente per cercare
una spiegazione: 'Un aereo non è... Un pallone di sbarramento,
nemmeno... Un pallone sonda, meno ancora... Un'arma segreta
tedesca... E che diavolo ci fa, lassù, su Piazzale Loreto, un'arma
segreta
tedesca?
Ma
allora,
buon
Dio,
che
cosa
è...?'
'Poi, di colpo, il vuoto. Proprio così: la padella scomparve. Da
ferma che era, si volatilizzò. Almeno così mi parve. Sta di fatto
che, all'improvviso, non la vidi più.
Sbalordito, mi guardai
attorno. Altri come me, con il naso per aria, sembravano
instupiditi. Poi, qualcuno cominciò a uscire dai rifugi. Suonarono
le sirene del cessato allarme. Lentamente il traffico riprese come
prima. Che cosa avevo visto? Che cosa avevamo visto? Non ero stato
il solo, infatti, a osservare quel 'coso' per aria. Eravamo stati
centinaia, forse migliaia, compresi gli addetti alla difesa
antiaerea che avevano subito azionato le sirene. Non riuscii a
darmi una risposta."
Note:
1. Cfr. "Un lettore ci scrive", in "CANDIDO" del 2-7 dicembre
1968.
1995: UNA LETTERA AL COORDINATORE SCIENTIFICO DEL CUN
Chiarissimo Professore,
in ordine alle conferenze Sue dottissime alla televisione
"Unomattina" circa le manifestazioni ufologiche, mi compiaccio che
un tal scienziato della Sua levatura tratti lo spinoso argomento
con vera professionalità e competenza; sicché io medesimo - assai
indegnamente ma con grande sincerità e precisione - mi perito
informarla di due episodi ma che comunque hanno in comune assoluta
credibilità (sicuramente superiore a 85, come Lei stesso ha
congegnato). Mi permetta di presentarmi con rispetto alla Vostra
Signoria: sono un vecchio pensionato senza parenti che ha avuto
una vita avventurosa assai avendo infatti partecipato alla Marcia
su Roma coi "picciotti" del foggiano Caradonna, poi alla guerra
coloniale, successivamente in Spagna (con falso nome naturalmente
ma in contatto coi falangisti contro il bolcevismo); inoltre ho
fatto tutta la Seconda Guerra Mondiale, anche in Russia col
generale
Messe.
Il primo episodio mi occorse durante il mio soggiorno in A.O.I.
(1)
, precisamente a Gondar dover ero capomanipolo della guardia
personale di S.E. Starace (2), gran gentiluomo cui sarò sempre
riconoscente; una sera, al tramonto, rientravamo al quartiere
stanchi per essere stati a un villaggio distante sei miglia per
una bastonatura a certi indigeni riottosi: vedemmo passare sul
cielo del deserto ancora in piena luce una macchina ferrigna
sbuffante di vapori e scintille somigliante a una locomotiva delle
ferrovie che, galleggiando in aria, si diresse a non grande
visibilità precisamente ad Est.
Al rientro in caserma feci rapporto scritto, ma la mattina fui
chiamato dall'aiutante maggiore che lacerò il mio rapporto
avvertendomi che questa doveva essere l'ultima volta che mi
ubriacavo altrimenti mi mandava a Gaeta (3) a calci nel culo!
La seconda volta trattasi del 1947 quando, rimpatriato dopo la
prigionia, presi un treno per Chiusi, ma causa lo stato della
ferrovia non potei arrivare oltre Terontola, sicché decisi di
proseguire col cavallo di S. Francesco (cioè a piedi). Anzi, da un
contadino mi fu indicata una scorciatoia che attraverso il bosco
del Ferretto mi avrebbe fatto risparmiare assai passi. In mezzo a
questa boscaglia arrivai alle undici passate di una calda notte di
fine giugno, intenzionato a riposarmi qualora avessi trovato una
capanna o un pagliaio; mentre camminavo di buona lena nel buio
pesto riferendomi al chiaro della stradicciola sabbiosa (e
guardavo le lucciole) sentii improvvisamente un grande tramestio e
dei mugli (4) che lì per lì pensai trattarsi di un qualche animale
vaccino (in libertà ovvero caduto in butafone (5)). Ma purtroppo
non era tal cosa: ché infatti, in mezzo alle frasche, intravidi
una vivissima luce verde; conseguentemente, messa mano alla
pistola d'ordinanza (che diligentemente mi conservo ancora alla
faccia delle recenti disposizioni di PS), mi avvicinai cautamente
alla origine dei fenomeni e grande fu la mia meraviglia e lo
spavento che provai quando in mezzo a una radura vidi una tale
macchina: indescrivibile, tutta congegnata dispositivi e manometri
luminescenti, e due personaggi incappucciati con originali
copricapi ad uso dei Beati Paoli (6) che si accingevano a salire a
bordo; e in men che non si dica tale apparecchio coi suoi piloti
si alzò in verticale a guisa d'elicottero e si dileguò con grande
fragore. Tali cose ho visto e la prego prenderne atto e registrare
poiché sono vecchio e non campo ancora molto. La saluto e
riverisco e sono
Astorre Chiucini
Capomanipolo M.V.S.N. (7)
loc. La Foce di Siena
Note:
1. Africa Orientale Italiana (Eritrea, Etiopia, Somalia).
2. Achille Starace (Segretario del Partito Nazionale Fascista).
3. Sede del Penitenziario Militare.
4. Suoni gutturali.
5. Anfratto del terreno.
6. Società segreta i cui adepti si riunivano incappucciati.
7. Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, in epoca fascista.
QUELL'AVVENIMENTO DELL'ANNO XIV E.F.
È stato un evento fortuito. Una parola detta per caso dal signor
Faustino V., oggi purtroppo venuto meno, che stuzzicò la mia
curiosità. In fondo un uomo di più di ottanta anni ne aveva di
cose interessanti da raccontare, ma questa era più di una semplice
narrazione: era un qualche evento che a suo dire l'aveva davvero
coinvolto e gli aveva cambiato la vita. Prima dell'ultima guerra.
Sapevo anche, però, che il signor Faustino era stato militare nel
corpo di fanteria fin dal febbraio dell'anno XIV E.F. (1936) con
stanziamento a Mestre, vicino a Venezia.
Quando Faustino mi raccontò questo i miei ricordi corsero alle
fotocopie di certi presunti documenti del Ventennio indirizzati
all'attenzione di Galeazzo Ciano, pervenuti al Cun e di cui avevo
confidenzialmente saputo.
A quel punto non ci si poteva non sentire autorizzati a fargli
qualche domanda, anche senza riferirsi a fatti precisi od eventi
particolari. Le mie domande furono così sul tempo che era rimasto
a Mestre, se aveva amici, cosa facevano nel tempo libero, se ne
aveva. Domande futili perché la differenza di età me lo poteva
concedere. Poi gli chiesi se veramente un qualche evento, durante
il Ventennio, gli aveva cambiato qualcosa nella vita come aveva
detto.
Con questa frase Faustino si aprì ed inIziò quasi un monologo.
Egli aveva avuto alcuni amici piloti dell'aviazione militare ed
uno di loro, mentre nell'agosto del 1936 (anzi, precisò, lunedì 22
agosto del '36) volava di mattina insieme ad un altro pilota di
"cacciatori"
(caccia),
avvistò
una
"aeronave"
stranissima:
sembrava costituita da due enormi piatti concavi uniti assieme,
appariva costruita con metallo lucidato, non aveva insegne; era
come circondata da una luce che si alternava tra il giallo ed il
rosso, era enorme (forse più di dieci metri) e non faceva rumore,
come se la sua propulsione non fosse un motore.
Il suo amico raccontò ancora che la inseguirono fino alla loro
velocità massima, anche se questa sparì senza rumore a velocità
ancora superiore. C'era di che stupire. Ma già il signor Faustino
era rimasto più che "perplesso" da quello che aveva lui stesso
visto a Mestre qualche ora prima che il pilota gli avesse
raccontato il fatto.
Faustino vide infatti nelle prime ore del pomeriggio di quel
lunedì un enorme tubo in cielo: era molto alto, più alto dei
"cacciatori" che era abituato a vedere, ed era molto lungo.
Lo descrisse come un grosso cilindro volante, con una parte
anteriore a tronco di cono, ed una posteriore ad imbuto. Anche
questo sembrava fatto di metallo. Aveva come degli oblò su quella
specie di paratie cilindriche lungo le fiancate, dai quali
fuoriusciva una luce gialla e rossa. Dall'imbuto posteriore, come
lo aveva definito lui, uscivano invece "aeronavi" più piccole e a
forma di cappello: come un piatto sormontato da una cupola. Anche
queste erano sicuramente più grandi dei "cacciatori" dell'epoca.
Gli chiesi se l'avvistamento durò molto; mi rispose "solo qualche
minuto".
E le autorità, gli chiesi allora, come reagirono?
Faustino mi riferì che tutti erano in effetti convinti che fossero
armi segrete di qualche nemico. Addirittura il Duce chiese che
gliene "stanassero" una per poter controbattere. Se ne occupò
anche la Procura di Venezia ma Faustino non sapeva come fosse
andata a finire la storia, anche perché nessuno ne parlò più, in
quanto con la popolazione e i militari fu imposto il silenzio. Il
Duce non poteva accettare certo che una qualche potenza straniera
fosse più all'avanguardia delle sue Forze Armate, in particolare
della Regia Aeronautica, l"'Arma Azzurra" di cui tanto andava
fiero.
Così chiesi cose ne pensava e lui mi rispose: "Forse all'epoca
ritenevo che era magari un qualche stratagemma per farci lavorare
di più, ma adesso guardiamo un po' di più al di là del cielo,
verso le stelle, penso che magari qualcuno possa venire con
apparecchi più potenti anche da qualche altro posto, più lontano
di Londra o dell'America...".
Faustino è morto nel 1999, e disgraziatamente non potrà più
raccontare quello che mi ha detto. Ma le sue parole ci hanno per
prime dato la prova che i documenti ricevuti dal Cun avevano un
fondamento.
C.V.
UN APPELLO A "MISTER X"
La pubblicazione del materiale apparso qui e nel precedente
articolo potrebbe indurre il misterioso mittente occulto a rifarsi
vivo.
Ce lo auguriamo, nell'interesse della verità, qualunque essa sia,
e lo invitiamo a metterci nelle condizioni di andare avanti, per
quanto possibile.
Attendiamo eventuali sviluppi, con il consiglio di non disperdere
preziose
documentazioni
verso
destinatari
non
del
tutto
qualificati.
Il nostro nuovo indirizzo è: Via Senese 138 - 50124 Firenze.
Roberto Pinotti
FILES FASCISTI: NUOVE EVIDENZE
di Alfredo Lissoni
Noitiziario n° 12 maggio 2000)
Proseguono le indagini sui files fascisti, dichiarati autentici
dalla
scienza.
Ed
intanto
dagli
archivi
emergono
nuove
segnalazioni del Ventennio e
l'esistenza di una rete di
intercettazione nazionale.
La ricerca sui files fascisti non smette mai di stupire.
Le indagini Cun stanno ancora andando avanti, ed i risultati che
ogni giorno ricaviamo dimostrano come si sia appena scalfita la
punta di un iceberg.
In primo luogo, l’esame chimico degli unici originali in possesso
degli ufologi - i files veneti del ‘36, recapitati anonimamente a
Roberto Pinotti - ha dato esito positivo: i documenti sono
autentici; abbiamo così lavorato molto anche in questa direzione,
cercando di rintracciare i testimoni coinvolti.
Non abbiamo avuto fortuna, in quanto, dai nominativi forniti nei
carteggi del ‘36, non vi è più alcun Tolmini a Venezia-Mestre;
quanto ai Venanzi (altro nome che appare citato nei files), delle
uniche due famiglie rimaste, una non viveva in Veneto negli anni
Trenta e l’altra non ha mai avuto a che fare con avvistamenti di
alcun tipo.
Un testimone indipendente, non citato cioè nei documenti, che
aveva assistito a quell’evento pubblico e plateale - la comparsa
di un sigaro e di due sfere nel cielo veneziano il 22 agosto 1936
- il nostro Pinotti lo ha comunque rintracciato; un secondo
spettatore potrebbe essere il misterioso "C.H. di Mestre" che, nel
dicembre del ‘43, scrisse alla rivista teosofica "Arcobaleno"
(diretta dal gruppo contattista milanese che oggigiorno edita
"Nuove albe, nuovi tramonti") chiedendo lumi sull’esistenza di
forme di vita extraterrestre sugli altri pianeti.
É solo un’illazione, ma il fatto che proprio un cittadino di
Mestre - la città degli avvistamenti Ufo del ‘36 - decidesse di
ricorrere ad una rivista specialistica e così "a circuito chiuso"
quale "Arcobaleno" (che era stata messa fuori legge dal Regime per
certe tematiche che oggi definiremmo contattistiche), adombra più
di un sospetto.
Cercando nuove prove
Ho poi indagato sui presunti "bollettini ufficiosi meteorologici"
che il Gabinetto RS/33 inviava alla Stefani di Milano (secondo
quanto scritto in uno degli ultimi documenti divulgati da "Mister
X"), presumibilmente tra il 1933, anno dell’atterraggio lombardo,
al 1940, periodo in cui tutta la documentazione sarebbe stata
acquisita "in toto" dai nazisti.
Nella
"nota
personale
riservatissima"
che
riferiva
dell’atterraggio del ‘33 si citava espressamente l’Osservatorio
astronomico di Milano Brera; esso era incaricato della diffusione
di versioni tranquillizzanti (passaggi di meteore), atte a coprire
gli avvistamenti Ufo. É stato là che chi scrive ha indirizzato
parte delle proprie indagini. Presso la Biblioteca di Brera, una
delle due più fornite di Milano, quel bollettino però non
risultava. La possibilità di trovarlo era peraltro minima,
trattandosi di documenti non ufficiali, quindi coperti dal
segreto; certo, sarebbe stato un colpaccio. C’erano invece: il
bollettino dell’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geotermica di
Roma (nel ‘36 attivo come Regio Ufficio Centrale di Meteorologia e
Geofisica); quello degli Atti Ufficiali Prefettura di Milano; il
Bollettino parlamentare; quello dell’Aviazione Civile, quello
della Specola Vaticana; il Bollettino Ufficiale del Cnr.
Parte
di
questi
documenti
non
erano
disponibili
alla
consultazione, parte si riferivano a periodi storici precedenti o
posteriori la durata del Gabinetto fascista.
Dopo questo buco nell’acqua indirizzai le ricerche presso la
Biblioteca dell’Osservatorio Astronomico di Brera. Anche là non
risultava alcun "bollettino" o "bullettino", né astronomico né
"meteorico", riferibile ai files fascisti.
C’erano invece gli "Atti della Reale Accademia delle Scienze di
Torino", che documentavano le condizioni meteo del giorno
dell’atterraggio del ‘33: una giornata piovosa, preceduta, il
giorno prima, da un temporale.
Un po’ poco per ipotizzare, come hanno fatto altri, un Ufo-crash
stile Roswell (che alcuni vogliono causato da un fulmine che
avrebbe colpito l’Ufo).
Non venivano riferiti eventi strani (passaggio di bolidi, sismi,
globi nel cielo) nel "Bollettino Sismico Macrosismi" del Regio
Ufficio Centrale di Meteorologia e Geofisica di Roma; né, circa i
fatti del ‘36, nell’Estratto del "Bollettino del Comitato per la
Geodesia e la Geofisica del Cnr" (contenente i risultati delle 164
osservazioni del cielo e del sole condotte da alcuni scienziati
nel ‘36 sul Monte Rosa, durante i test per misurare la radiazione
solare diretta, diffusa e globale). Insomma, sulle pubblicazioni
interne di astronomia non vi era alcun riscontro circa i fatti del
‘33.
Maggior fortuna abbiamo avuto invece con Marconi, grazie al
rinvenimento di un rarissimo volume, scritto durante il fascismo
dal giornalista "di regime" Mario La Stella, che documenta dati
alla mano la passione del premio Nobel per gli extraterrestri.
Il testo in questione si intitola "Marconi - mago dell’invisibile,
dominatore degli spazi" ed è stato pubblicato dalle edizioni sarde
Aurora nel 1937, poco prima della scomparsa del fisico.
In realtà, la voce che Marconi credesse negli alieni circolò in
Italia anche negli anni Sessanta (l’11 maggio 1966 il giornalista
Pietro Cimatti ne accennò molto brevemente sulla "Settimana
Incom"); La Stella riporta invece due dichiarazioni dello
scienziato, apparse rispettivamente sul "Daily Mail" del 26-1-20 e
sullo "Evening Standard" del 15-12-31, con cui si riferiva e della
ricezione di radiomessaggi alieni, alcuni dei quali simili a
lettere dell’alfabeto, dallo spazio esterno; e dell’effettiva
possibilità di comunicare "tramite le onde hertziane" con altre
intelligenze.
Alla luce di queste prese di posizione, non stupisce dunque che
Mussolini pensasse proprio a Marconi, come vertice del Gabinetto
RS/33.
Proseguendo nella ricerca storica, abbiamo avuto ulteriori
conferme anche dell’interesse "strategico" dei servizi segreti
fascisti per le misteriose aeronavi; non solo l’Italia rivestiva
un ruolo prioritario nella conquista degli spazi aerei, all’epoca;
era in realtà dal secolo precedente che il nostro Paese tentava di
potenziare il proprio apparato aereo, come ribadiva la Domenica
del Corriere del 29 gennaio 1899, inneggiando ad un siluro volante
costruito dal tenente Giampietro Vialardi, dell’Università di
Pavia, nel tentativo di "gettare le basi per una Società
aeronautica italiana".
Vialardi custodiva a Milano un prototipo in alluminio a metà
strada tra un dirigibile ed un aereo; ideale continuatore delle
sue opere fu, agli inizi del Ventennio, quel Gaetano Arturo Crocco
della Società Italiana Razzi, scelto per merito come membro
effettivo del Gabinetto RS/33.
E gli archivi bruciati
Riferimenti
più
precisi
verso
un’organizzazione
così
bene
articolata ed efficiente, quale si andava configurando ogni giorno
di più il Gabinetto RS/33, dovevano essere rimasti nei vari
archivi storici.
Decisi così di concentrare le mie ricerche sugli archivi delle
strutture coinvolte nel recupero lombardo del disco del ‘33.
Copia dei documenti, o dei registri che annotavano la presenza
degli stessi, dovevano esistere, per legge e per regolamento
bibliotecario. La ricerca si restringeva così a tre strutture ben
precise: gli archivi della Prefettura, dei Carabinieri, della
Questura.
In Prefettura, ove legalmente il segreto di Stato decade dopo
cinquant’anni (settanta in caso di privacy) non trovai nulla,
probabilmente perché i files
fascisti (che
presumibilmente
avvisavano il prefetto del recupero del disco, come è riferito
nella "nota personale riservatissima") erano stati spediti
all’archivio ministeriale di Roma, da prassi.
Quanto
ai
Carabinieri,
un
maresciallo,
che
ho
agganciato
casualmente durante le ricerche, per poco non mi è scoppiato a
ridere in faccia quando gli ho chiesto come arrivare alla
documentazione (prudentemente, avevo evitato di dire che si
trattava di avvistamenti Ufo, preferendo parlare di aerei spia
Alleati...). "Su questi fatti c'è sempre il segreto militare", è
stata la prevedibile risposta.
Quanto alla Questura, una laconica nota sui registri prefettizi
avvisava, stile X-files, che "tutti i carteggi dal 1900 al 1943
erano andati distrutti in un incendio".
Ma alla fine la costanza è stata premiata e, sempre dagli archivi
della Prefettura, sono emersi due dossier dalla dicitura assai
intrigante: "Aeroplani sospetti - Segnalazioni 1931 - 1933 - 1934
- 1935" (ma si arrivava sino al 1938). Erano tutti documenti
originali che, pur non menzionando in alcun modo i files milanesi
del Gabinetto RS/33, riferivano di alcune centinaia di sorvoli
anomali nell’arco di sette anni, in tutta Italia.
La sigla Ufo ovviamente all’epoca non esisteva; si parlava di
"velivoli non identificati".
Nei circa 500 telegrammi alla Prefettura da me visionati,
riferibili ad altrettanti casi, vi erano "Ufo" (nel senso lato del
termine) di ogni genere: aerei di contrabbandieri, aerei spia o
velivoli da turismo che sovente, a causa della quota, delle
condizioni meteo o della velocità, non si riuscivano ad
identificare; in molti casi, dunque, partiva l'allarme aereo, per
le intrusione non autorizzate.
Le violazioni del nostro spazio aereo venivano immediatamente
segnalate ad una rete di sorveglianza ben precisa (che anticipò di
anni quella del "Project Twinkle" americano); la stessa che, molto
probabilmente, venne utilizzata dal Gabinetto RS/33, in quanto
attiva ed operativa.
Velivoli non identificati
Per
quanto
riguardava
il
capoluogo
lombardo,
venivano
immediatamente allertati la Regia Prefettura (per "Intelligenza
Milano", con coinvolgimento cioè dei servizi segreti), gli Uffici
di milanesi di Cinisello, Piazza Napoli, Ghisolfa e Arena, il
Comando Difesa, gli aeroporti di Taliedo (centro radiotelegrafico)
e Bresso, la Questura.
Talvolta i telegrammi venivano inoltrati in copia anche al Centro
di Raccolta Notizie del Viminale a Roma (con la dicitura "cta
precdnz
asslt",
consigliata
precedenza
assoluta).
Ovviamente mi resi subito conto che in larga parte gli
avvistamenti si riferivano a violazioni aeree ben terrestri
(spesso gli aerei in seguito venivano identificati e bloccati;
molti erano svizzeri), giudicate particolarmente allarmanti nel
clima dittatoriale dell’epoca.
Non tutti i telegrammi erano però identici, ed i toni e gli
allarmi erano
tali da lasciare supporre che la "mancata
identificazione" dipendesse a volte da ben altro motivo.
Una minima ma consistente parte dei telegrammi inviati ai servizi
segreti descrivevano velivoli decisamente atipici (da qui,
probabilmente,
la
richiesta
formale
dell’inoltro
all'Intelligence).
Facciamo alcuni esempi:
"24 luglio 1934. Precedenza assoluta su tutte le precedenze Allarme aereo - Comando aeroporto presso prefetti Lombardia Centro
raccolta
notizie
Viminale
Roma".
Sondrio
segnalava
l’avvistamento di un "velivolo non potuto identificare", a quota
altissima, apparso sopra la città alle 8.55; venivano allertati
gli Uffici milanesi dell’Arena, gli aeroporti di Bresso e Taliedo
e la Questura.
5 aprile 1934. Telegramma urgente da Genova. Il "Semaforo" (cioè
il punto di osservazione aerea) di Portofino segnalava alle 16.15,
sulla rotta aerea di Genova tre ordigni sconosciuti diretti a
nordovest. Un minuto dopo gli ordigni diventavano due e venivano
avvistati da diversi punti d'osservazione della città: Punto Mesco
e Semaforo Genova.
18 maggio 1933. Era la volta di un ordigno a quota "altissima",
che proveniva dalla Svizzera e si dirigeva verso Como e Milano.
3 giugno del 1933. La camicia nera milanese Agosti inviava un
fonogramma dal posto di osservazione Solferino chiedendo l'allarme
aereo.
8 luglio 1933. Erano le 10.55 e due "velivoli sconosciuti", che si
differenziavano dai comuni aerei perché invertivano di botto la
rotta, sorvolavano Valona.
17 agosto 1933. Il console Pagani avvisava del sorvolo di un
ordigno, su Milano. "Per misure precauzionali ho fatto alzare la
pattuglia di allarme", concludeva il fonogramma.
Dall’esame dei files più propriamente ufologici (69 su 500)
emergeva innanzitutto il fatto che a Milano, come del resto nelle
prefetture di tutta Italia, arrivavano in copia i telegrammi
contenenti gli avvistamenti; ciò significa che non esistono 500
telegrammi per la sola Milano, ma per tutta Italia. Di questi,
sono una ridottissima parte poteva essere a sfondo ufologico, per
un periodo compreso fra il 1933 ed il 1937. Non vi erano files
degni di rilievo nell’annata 1931; non appariva dunque casuale che
le prime schedature risalissero al 1933, anno della nascita del
Gabinetto RS/33.
I punti di osservazione (i
Semafori) da cui provenivano
principalmente le segnalazioni erano Capo Noli, Capo Mele,
Portofino, Genova per la Liguria; l’aeroporto Mirafiori di Torino;
quello di Ghedi a Brescia; Campoformido (UD); altre segnalazioni
provenivano da Imperia, La Spezia, Savona, Ravenna, Varese, Aosta,
Cuneo, Chiasso, Sondrio, Chiavenna, Littoria, Napoli, Palermo,
Trapani.
Tutta l’Italia era dunque rappresentata, ma solo 69 volte gli
allarmi aerei furono tali da essere considerati decisamente
anomali (e solo 9, secondo questa ricerca, potrebbero essere
definiti ufologici in senso stretto).
Questi 69 documenti sono sostanzialmente ben diversi dalle
centinaia di altri da me visionati (ove ad esempio seguiva il
riconoscimento
degli
aerei;
a
volte
Genova
confermava
l'identificazione di velivoli francesi, Ciampino-Torre Orlando dei
tedeschi e olandesi, Varese-Porto Ceresio degli svizzeri, ecc...).
In ogni caso quando i velivoli erano chiaramente identificabili,
veniva segnalato a chiare lettere. Tranne in 69 casi.
L'indagine dunque prosegue...
Fotocopie di telegrammi:
Sopra: Il velivolo che invertì la rotta su Capo Mele nel '36.
Sotto: Black out nelle comunicazioni per un sorvolo anomalo di
Ventimiglia il 29-7-36
NON POSSIBILE IDENTIFICARE
Qui di seguito abbiamo raccolto le segnalazioni "anomale"
indirizzate all’Intelligence fascista.
Sono la maggior parte, fra telegrammi e fonogrammi, sugli oltre
cinquecento inviati alla Prefettura di Milano (ed in alcuni casi
anche ai servizi segreti) da tutta Italia.
Alcuni di esse si riferiscono ad episodi decisamente anomali, per
i quali è stato necessario il coinvolgimento di più enti; per
altre
è
assai
più
semplice
ipotizzare
una
spiegazione
convenzionale (da noi proposta a margine, per dare la dimensione
statistica della documentazione).
Sfortunatamente l’abuso dei termini "velivolo" ed "aereo" (in
mancanza
dell’allora
inesistente
sigla
Ufo)
non
facilita
l’identificazione di taluni episodi.
Circa la documentazione raccolta, abbiamo indicato con la sigla
"fon" i fonogrammi, con "tel" i telegrammi. I fonogrammi non
risultano inviati ai servizi segreti.
Le
voci
in
"grigio"
si
riferisco
ai
casi
più
anomali,
presumibilmente ufologici in senso stretto:
16-4-33 ore 10.10 (fon). Apparecchio "non possibile identificare"
fa scattare l’allarme aereo su Milano. Il fenomeno si ripete alle
16.20, facendo nuovamente alzare la pattuglia aerea d’allarme.
13-5-33 ore 18.20 (tel). Ordigno dallo Spluga verso Milano e Como.
Il fenomeno si ripete esattamente alla stessa ora, cinque giorni
dopo. Probabile aereo.
19-5-33 ore 10.20 (tel). "Aeroplano sospetto" dalla Svizzera a
Brescia. Allertati Sondrio, Milano, Brescia e Bresso.
3-6-33. Raffica di telegrammi per un "velivolo sconosciuto" che
sfreccia a grande velocità e a quota altissima, attraversando in
pochi minuti lo spazio aereo che dalla Svizzera porta a Como e
Milano, descrivendo una rotta alquanto anomala; viene intercettato
da terra alle 10.00 (da Sondrio), alle 10.10 (da Montespluga),
alle 10.22 (da Milano Termine), alle 10.30 (Portoceresio). Alle
11.50 lo stesso ordigno (o uno analogo) punta verso la Svizzera
(tornando dunque indietro). Lo spiegamento di forze è notevole.
Alle "ore 5" un fonogramma della camicia nera Agosti avvisa che è
stato decretato l’allarme aereo dalla postazione milanese di via
Solferino.
8-6-33 ore 12.27 (tel). Portofino segnala "aeroplano sconosciuto"
diretto a nordovest.
13-6-33 (due diversi tel). In mattinata un velivolo proveniente
dallo Spluga si dirige verso Milano.
23-6-33 ore 9.20 (tel). Il brigadiere CC Pleavano segnala velivolo
proveniente dalla Svizzera e diretto verso Como e Milano. Alle
20.25 un altro telegramma segnala un velivolo da Pontechiasso a
Milano.
28-6-33 (fon). Il Console Soati del Comando Legione Antiaerea di
Milano smentisce il passaggio di velivoli sospetti sulla città, a
seguito di due fonogrammi di allarme inviatigli alle 10.45 e alle
11.13. Dov’è finito il "velivolo" misterioso?
1-7-33 ore 3 (fon). La camicia nera Giovanni Erri avvisa di un
"allarme aereo". Nessun altro dettaglio disponibile.
8-7-33 ore 10.55 (tel). Velivoli che invertono la rotta su Valona
(Albania, sotto tutela italiana).
17-8-33 ore 17.25 (fon). Apparecchio "non ben identificato" su
Milano. Alzata la pattuglia aerea.
8-9-33 ore 10.10 (tel). Velivolo ad alta quota sopra Varese e
Luino.
23-9-33 ore 17.45 (fon). Velivolo su Milano, che viaggia da nord
ad est. Il Console Pagani (IIº Legione Milano) ordina il decollo
della pattuglia d’allarme.
3-4-34 ore 14.00 (ben sette telegrammi). Velivolo su Imperia.
L’ordigno viene segnalato alle 14.12 su Savona, mentre inverte
improvvisamente la rotta e sparisce alla vista dietro il monte
Madonna del Rio. Alle 14.20 viene segnalato un ordigno che
evoluisce sopra Genova e poi sparisce alla vista. Si apprende che
alle 13.32 il Semaforo di Genova ha avvistato "tre idrovolanti
sconosciuti". Altri apparecchi ignoti avevano sorvolato il
capoluogo ligure alle 11.28. Ancora avvistamenti alle 9.29 e alle
18.58 da Capo Mele (IM). Allertati tutti gli Uffici milanesi.
4-4-34 ore 13.26 (tel). Ordigno su Savona che inverte la rotta e
sparisce.
18-10-35 ore 10.45 (tel). Il "Distaccamento Boccio Pellice"
segnala un aereo ad alta quota diretto al Colle della Gianna (TO).
5-4-34 ore 16.15 (tel). Tre aerei sconosciuti su Genova. Alle
16.30 su Imperia.
12-4-34 ore 17.52 (tel). Velivolo sconosciuto su Imperia.
16-4-34 ore 10.23 (tel). Velivolo su Capo Mele. Alle
carabinieri di Milano segnalano un ordigno su Varese.
16.40
i
20-6-34 ore 16.49 (tel). Velivolo sconosciuto su Capo Mele.
24-7-34 ore 8.55 (tel). Ordigno "non potuto identificare" ad
altissima quota su Sondrio. Non viene allertata l’Intelligenza ma
direttamente il Centro Raccolta Notizie del Viminale a Roma.
16-5-36
ore
15.30
(ben
cinque
diversi
telegrammi).
Aereo
sconosciuto su Savona, notato da Capo Mele. Improvvisamente
inverte la rotta e sparisce alla vista. Lo stesso ordigno, o un
altro, era stato segnalato alle 15.10 a Punto Mortola, alle 15.16
a
Capo
Arma
e
alle
15.18
a
Bordighera.
Il
telegramma
dell’avvistamento delle 15.30 viene inviato due volte dal prefetto
savonese Oliveri alla prefettura di Milano, all’Intelligenza, agli
aeroporti di Taliedo e Lonate Pozzuolo; quindi, a tutti i prefetti
del Regno.
17-5-36 ore 9.09 (tel). Aereo sconosciuto su Bordighera; altro
avvistamento alle 9.18 su Imperia. Prob. aerei.
22-6-36 ore 12.09 (tel). Ordigno a quota altissima sopra Varese.
Intelligenza non allertata.
28-6-36 ore 8.43 (tel). Ben
Mortola (IM) diretti a est.
2-7-36 ore 22.43 (tel).
Littoria (oggi Latina).
Ministero dell’Interno.
sei
"aerei
sconosciuti"
da
Punto
Aereo sconosciuto su Monte Circello,
Intelligenza non allertata; avvisato
17-7-36 ore 15.20 (tel). Aereo sconosciuto su Punto Mortola (IM).
Fenomeno analogo alle 15.50 su Capo Noli. Prob. aerei.
29-7-36 ore 15.00 (tel). Un "aereo" proveniente dalla Francia
sorvola Ventimiglia a quota bassissima (600 metri); poi viola la
zona militare di Gouta e Baiardo. Nonostante la bassa quota,
nessuno
degli
osservatori
militari
riesce
ad
identificare
l’ordigno; per una strana "mancanza mezzi di comunicazione" (per
un black-out?) la Centuria della Milizia Confinaria può avvisare
solo in notevole ritardo le prefetture di La Spezia ed Imperia.
Scatta
l’allarme
aereo.
3-8-36
(IM).
ore
18.34
(tel).
Aeroplano
sconosciuto
a
Punta
Mortola
10-8-36 ore 17.08 (tel). Aeroplano sconosciuto a Punta Mortola
(IM).
19-8-36 ore 16 (tel). Aereo sconosciuto notato da Capo Mele. Prob.
aereo.
27-8-36 ore 9.45 (tel). Aereo sconosciuto notato da Capo Mele.
Prob. aereo.
30-8-36 ore 12.34 (tel). Aereo sconosciuto notato da Capo Noli.
Prob. aereo.
31-8-36 ore 10.35 (tel). Aereo sconosciuto su Capo Mele. Volo
regolare. Altra segnalazione da Genova alle 11.08 (Intelligenza
non allertata).
1-9-36 ore 8.25 (tel). Ordigno su Bordighera diretto a nordest.
Volo regolare.
8-9-36
ore
11.19
(tel.
Intelligenza non allertata.
cifrato).
Oggetto
su
22-9-36 ore 15.37 (tel). Aereo sconosciuto su Capo Noli.
Portofino.
13-10-36 ore 8.17 (tel). Aereo "indistinto";
Ministero degli Interni e la Sicurezza di Roma.
allertato
il
30-10-36 ore 12.25 (tel). Ordigno su Capo Noli. Prob. aereo.
22-1-37 ore 10.45 (tel). Aeroplano sconosciuto sorvola Bordighera.
Prob. aereo.
13-2-37 ore 13.03 (tel). "Aero (sic) sconosciuto" su Savona.
18-2-37
ore
12.42
(tel).
dall’Osservatorio di Capo Noli.
"Idro
sconosciuto"
visto
13-3-37 ore 10.16 (tel). Aereo sconosciuto su Bordighera. Prob.
aereo.
1-5-37 ore 11.10 (tel). Misterioso "rumore aereo" sopra Torino.
10-5-37 ore 9.33 (tel). Misterioso "rumore aereo" sopra Capo Mele.
19-8-37 ore 15.55 (tel). Ordigno proveniente dalla Francia diretto
verso Torino; volava a quota altissima.
12-11-37 ore 14.55 (tel). Ordigno su Nuoro. Vengono allertate
tutte le prefetture d’Italia ed il Comando Aeroporto Mirafiori di
Torino.
VELIVOLI NON CONVENZIONALI:
UN DOSSIER DI 30 PAG. DEL GABINETTO RS/33
di Roberto Pinotti
(Notiziario n° 12 maggio 2000)
Nella cornice del "5° Simposio Mondiale sugli Oggetti Volanti Non
Identificati e i Fenomeni Connessi di San Marino", nel 1997, fummo
intervistati da un giornalista del quotidiano "Il Resto del
Carlino" di Bologna.
Si mostrò scettico nei confronti della questione ufologica. "Sarà
anche mezzo secolo che la gente li segnala - polemizzava - ma in
concreto le prove sono scarse e discutibili... i pochi casi
accettabili, poi, si possono ricondurre ad armi segrete terrestri.
Altro che alieni!".
"Forse! - rispondemmo noi tranquillamente - ma come spiega la
casistica anteriore al 1947?".
"C'era anche all'epoca roba del genere, evidentemente. Forse le
armi segrete naziste non provano che ci poteva essere qualcosa di
insolito e ignoto anche prima degli anni Quaranta? Anche noi
abbiamo avuto dei documenti spediti da Forlì da un anonimo, che
rivelerebbero qualcosa di simile agli avvistamenti degli Ufo ai
tempi di Mussolini, sa..."
Non c'è bisogno di dire che la notizia fu per noi, che avevamo
l'anno prima ricevuto in tre distinte buste il materiale sulla
"aeronave misteriosa" di Mestre del 1936, una scarica di
adrenalina nel sangue.
Ma ci controllammo.
Continuammo così la conversazione, dicendo al giornalista che la
cosa non ci sorprendeva affatto, in quanto anche noi avevamo
ricevuto la stessa roba. E così cominciammo a discutere del
materiale in questione.
In breve ci rendemmo conto, da alcuni particolari, di un elemento
importante: e cioè che molto probabilmente i documenti inviati al
quotidiano bolognese non coincidevano in realtà con quelli inviati
a noi. Era qualcosa di analogo, ma di diverso.
Poi, com'era naturale, fummo costretti a cambiare discorso e a
congedarci dall'intervistatore. Ma ne sapevamo già abbastanza.
In seguito, cercammo più volte di riprendere i contatti con questo
giornalista, ma senza successo. Ci venne infine detto che aveva
lasciato il giornale. E ciò - non c'è bisogno di dirlo - ci impose
subito di correggere il tiro.
Sì, perché il materiale inviato anonimamente alla testata
bolognese era di proprietà de "Il Resto del Carlino", e doveva
essere rimasto necessariamente in redazione, magari in archivio. A
chi rivolgersi, dunque?
La situazione era delicata, anche perché volevamo evitare
eventuali clamori di stampa che avessero potuto innescarsi al di
fuori del nostro controllo.
Non ritenevamo fosse il caso di affrontare direttamente la
questione con il giornale. Così cercammo dapprima di avere
informazioni indirette, attraverso gente dell'ambiente. Ma invano.
Tanto
più
che,
a
dispetto
del
carattere
abbastanza
sensazionalistico della documentazione, il quotidiano non aveva
poi pubblicato nulla. Il che era abbastanza strano. O forse no.
Sì, perché in fondo si trattava di materiale di fonte anonima, e
che poteva anche - non certo a torto - essere stato considerato
falso, e dunque non pubblicabile.
Che fare? Decidemmo a questo punto di risalire al capo redattore,
per sentire da lui cosa era successo. Ma ci dissero che in tale
ruolo si era da poco insediato un altro giornalista, e che
l'interessato aveva lasciato il giornale anch'egli, come il nostro
intervistatore del 1997. E allora?
Dopo altri tentativi e riscontri senza ulteriori esiti capimmo che
l'unico modo di ottenere informazione era forse, nonostante tutto,
giocare a carte scoperte, e così contattammo in seguito il capo
redattore attuale e lo informammo, mettendoci a disposizione nel
caso il giornale avesse voluto valorizzare il materiale a suo
tempo ricevuto. Costui, però, cadde del tutto dalle nuvole,
ignorando completamente quanto gli esponemmo e suggerendo che il
suo predecessore non avesse voluto procedere alla pubblicazione
dell'articolo a causa della infondatezza o dell'inconsistenza
delle informazioni ricevute dal misterioso mittente. Di tale
materiale, comunque, non sapeva assolutamente nulla, e anzi ci
invitò a farci vivi con entrambi i due ex-collaboratori de "Il
Resto del Carlino". Cosa che facemmo senza ulteriori indugi.
Il nostro intervistatore del 1997, oggi in causa con il quotidiano
ed in pensione, ci ribadì così quanto ci aveva già detto allora,
confermandoci che il suo capo-redattore del tempo gli aveva
chiesto di preparare un articolo sulla questione, in seguito però
mai pubblicato. Ci precisò anche che i documenti giunti al
giornale lui non li aveva, neanche in fotocopia, e si trovavano
verosimilmente archiviati in redazione con il "pezzo" da lui
preparato per la circostanza. Cosa che trovò poi riscontro nelle
affermazioni
del
capo-redattore
dell'epoca,
da
noi
infine
avvicinato. Quest'ultimo ci disse anzi che nella cosa lui ci aveva
creduto, tant'è che aveva incaricato il nostro intervistatore di
procedere alla stesura di un pezzo che, peraltro, non fu poi
pubblicato
per
un
complesso
di
circostanze
fortuite
e
sostanzialmente dovute alla sua rapida dipartita dal giornale per
andare a coprire il suo nuovo incarico esterno alla Poligrafici
Editoriale, la Casa Editrice de "Il Resto del Carlino". I
documenti pervenuti per posta, oggetto di tale articolo, peraltro
dovevano secondo lui essere rimasti in archivio presso il
quotidiano, visto che né lui né il collega da lui incaricato del
pezzo ne avevano tenuto copia.
Nessun originale, beninteso, esisteva comunque; perché si trattava
solo di un certo numero di fotocopie: un piccolo "rapporto"
redatto in termini piuttosto suadenti, menzionante avvistamenti di
strani velivoli nel cielo italiano prima della Seconda Guerra
Mondiale. Su questo sia il nostro intervistatore sia l'ex-capo
redattore furono concordi, precisando che all'interno del giornale
avevano anche incaricato "chi di queste cose poteva capirci
qualcosa" di verificare se certi contenuti di tali documenti erano
o meno coerenti e credibili.
Fu così che risalimmo ad un esperto aeronautico de "Il Resto del
Carlino", tuttora operante e in servizio presso la Redazione, e
fummo fortunati nell'individuare in lui la persona giusta. Ed
egli, pur se solo brevemente e fugacemente coinvolto dai due excolleghi nella cosa, ricorda infatti tuttora parecchi dettagli
della faccenda. Vediamo quali:
"Ricordo che mi fu brevemente sottoposto un insieme di fotocopie
giunto
anonimamente
al
giornale
dalla
Romagna
disse
l'interessato - Era come un 'dossier' composto di trenta pagine, e
fui colpito da un dato in particolare: l'avvistamento di un
aeromobile assolutamente rivoluzionario, nel cielo romagnolo, da
parte di un pilota militare il quale, in volo fra Ravenna e Roma,
si imbatté in questa sconvolgente apparizione che lo lasciò di
stucco, Fu così che, interrotto il proprio volo e disceso
all'aeroporto di Forlì, l'aviatore italiano fece immediatamente
rapporto ai suoi superiori. I quali, peraltro, ebbero come
reazione immediata il fatto che la cosa fu in pratica insabbiata
in quanto l'ammettere drammaticamente il tutto avrebbe anche,
implicitamente, comportato il crollo del mito di un'Italia
potente, invincibile e senza rivali in campo aeronautico, e così
pure la inevitabile caduta di qualche testa dello Stato Maggiore.
Mussolini, così, sarebbe poi stato tenuto all'oscuro dello
specifico
episodio,
per
evitare
conseguenze
spiacevoli
e
contraccolpi indesiderati..."
I due ex-collaboratori de "Il Resto del Carlino", sottoponendo al
collega esperto d’aeronautica la misteriosa documentazione, gli
chiesero anche se qualche nuovo prototipo di allora, ovvero
qualche aeromobile d'avanguardia, avrebbe potuto ricollegarsi a
tale apparizione; e si parlò così, ad esempio, dei "Cant Zeta",
dalle rivoluzionarie caratteristiche strutturali; ma che comunque
non consentono certo di dare una spiegazione a tali apparizioni.
Oggi, comunque, il materiale inviato a "Il Resto del Carlino" è
scomparso e del tutto irreperibile negli archivi del giornale.
"Unitamente al pezzo che poi non fu pubblicato in seguito al
trasferimento del capo redattore che l'aveva commissionato, quelle
fotocopie spedite da Forlì, con ogni probabilità, sono state
semplicemente cestinate. Un vero peccato, ma ovunque quando
qualcuno lascia una scrivania senza ritorno succede questo ed
altro" commenta l'esperto aeronautico del quotidiano di Bologna.
Un ulteriore dato emerge oggi.
Nelle sue successive comunicazioni alla pubblicazione diretta da
un contattista stigmatizzato italiano, il misterioso mittente
anonimo fa significativamente riferimento, con le attività del
fantomatico Gabinetto RS/33, ad un preciso "dossier" di 30 pagine:
con ogni probabilità (visto lo stesso numero dei fogli che lo
costituivano) il medesimo rapporto fatto pervenire in precedenza
al giornale bolognese e poi andato perduto.
Dal canto nostro, possiamo solo augurarci che un giorno sia
possibile avere a disposizione e rendere nota questa ed ulteriori
documentazioni del genere, nell'interesse della verità storica e
della ricerca ufologica. Il che, peraltro, non dipende solo da
noi...
UN LETTORE CI SCRIVE
Leggendo su "Ufo Notiziario" l'inchiesta "Gli Ufo-Files di
Mussolini" mi è venuto alla mente che un uomo anziano di mia
conoscenza circa due anni fa mi parlò di un avvistamento Ufo di
quell'epoca. Ed ecco il suo racconto: "Fu nel 1936/37; facevo il
pastore-pecoraro in località Poggio Martino Tarquinia. Eravamo in
dieci persone tra giovani e anziani, e dormivamo in una grande
capanna. Una sera un mio collega era uscito fuori per urinare, a
un certo momento ci chiamò dicendo 'venite a vedere': uscimmo in
due e vedemmo delle strani luci, allora decidemmo tutti e tre di
andare a vedere di cosa si trattava, e quando fummo a circa
cinquanta metri vedemmo due grandi luci-fari immobili sospesi a
pochi metri d'altezza dal suolo. Dette luci stavano illuminando un
montino di sassi-rocce, poi ci avvicinammo ancora e quando fummo a
pochi metri le luci si spostarono in contemporanea velocemente,
poi
di
nuovo
si
fermarono,
non
udimmo
nessun
rumore.
Poi le inseguimmo più volte... ad un certo punto eravamo stanchi
sfiniti e delusi. Quindi decidemmo di ritornare alla capanna. Nel
frattempo tutti erano usciti fuori, e alcuni anziani ricordo che
commentarono: 'si tratterà di cose militari'. Dette luci rimasero
ancora per un bel po' di tempo in zona, poi si sollevarono in alto
e andarono via veloci verso il mare."
Lascio a voi il commento.
L'uomo del racconto si chiama Giovanni B. Non posso dirvi di più
di lui anche se è un uomo molto aperto all'idea o concetto
dell'esistenza di altre civiltà extraplanetarie.
Antonio Bartoccini
UN INEDITO CASO ITALIANO
Nel giugno del 1930, a notte inoltrata, tra le ore 23 e le 24, il
sig. G.C., allora ventiduenne, che in quel tempo lavorava in un
mulino nella periferia del villaggio di Alli, a sei chilometri da
Catanzaro, stava riposando seduto su uno scalino della porta
principale d'ingresso al mulino stesso mentre compagni di lavoro
stavano
giocando
a
carte
nell'interno.
D'improvviso
un
intensissimo bagliore, che illuminò tutta la zona circostante, lo
costrinse a cercare la provenienza del fenomeno e vide sulla
verticale del mulino uno strano oggetto volante circolare
all'altezza
di
un
migliaio
di
metri
completamente
fermo.
Diffondeva un'intensa luce bianca e di sotto mostrava tre piccoli
cerchi che giravano su se stessi e cambiavano posizione.
Impaurito, il testimone rientrò, chiuse la porta e si diresse dai
compagni che avevano notato soltanto il bagliore. Curiosi gli
chiesero il motivo. Poi insieme decisero di riaprire la porta e
guardare l'oggetto. Ma era scomparso e tutto era tornato normale.
Il cielo quella notte era completamente sereno.
Doc. SUF n. 977
Notizia tratta da Rebus 2000 del 10-8-1974.
Si ringrazia per la collaborazione Pino Bisantis di Catanzaro e il
prof. Solas Boncompagni, responsabile SUF
Sezione Ufologica Fiorentina).
ALL’ARMI CAMERATI!
AERONAVE SCONOSCIUTA SU DI NOI...
di Roberto Pinoti
(Notiziario n° 13 Ggiugno 2000)
Lo scenario più realistico dell'avvistamento di Venezia/Mestre del
1936. L'epoca fascista si rivela sempre più "ufologica".
Relativamente
all'avvistamento
di
un
Ufo
nel
cielo
di
Venezia/Mestre
nell'agosto
del
1936
(Anno
XIV
E.F.),
menzionato
nei
documenti
pervenuti
al
Cun
nel
1996
e
successivamente periziati e autenticati, un dato di notevole
importanza è certo costituito dalla notizia che "dalla base vicina
sono partiti due cacciatori, ma anche a 130 km non sono riusciti
ad accostarlo". Dato che merita un approfondimento.
Fin dall'inizio della questione, dunque, ci siamo posti il
problema di individuare i dettagli dello scenario tecnico-militare
in cui la vicenda si colloca. E ci sembra giusto e doveroso, oggi,
metterne al corrente tutti gli interessati. In seguito a ricerche
storiche abbiamo stabilito che, all'epoca, i reparti della Regia
Aeronautica che avrebbero potuto inviare in zona, per intercettare
l'intruso, degli aerei da caccia avrebbero solo potuto essere i
seguenti:
1° Stormo caccia terrestre di base a Campoformido (Udine);
4° Stormo caccia terrestre di base a Gorizia (comandato allora dal
Duca Amedeo d'Aosta);
6° Stormo caccia terrestre di base a Campoformido (Udine);
52° Stormo caccia terrestre i di base a Ghedi (Brescia) che
peraltro, essendo stato costituito il 1 luglio 1936, aveva la
maggioranza dei propri piloti ancora in addestramento. Il che lo
rende poco "papabile".
Gli aerei in dotazione erano i FIAT CR32 per tutti i reparti
interessati.
Si trattava, per il periodo, di un ottimo caccia, caratterizzato
dalla velocità massima di 375 km/h (velocità di crociera: 340
km/h), dalla possibilità di raggiungere in 9 minuti primi la quota
di 5000 metri e da un armamento adeguato (due mitragliatrici da
12,7). Dalle basi sopracitate, procedendo a velocità di crociera,
questi apparecchi avrebbero potuto raggiungere il cielo di
Venezia/Mestre
senza
particolari
problemi.
La
zona
teatro
dell'avvistamento, infatti, distava in linea d'aria 120 km. da
Campoformido, 100 km. da Gorizia e 160 km. da Ghedi (Brescia).
Altri aeroporti nel raggio di 100 km. erano sede di bombardieri o
ricognitori.
Ma approfondiamo. La lettera pervenutaci dice che i "cacciatori"
volavano a 130 km/h; una velocità, quindi, non particolarmente
elevata, e ciò potrebbe far concludere che non si trattava di
"caccia" veri e propri. È dunque probabile che i due aerei si
siano levati in volo da Padova, allora sede operativa della IIa
Z.A.T. Zona Aerea Territoriale). Ciò in quanto presso le varie
Z.A.T. in cui era suddivisa la penisola si trovavano all'epoca le
cosiddette "Squadriglie Autonome". Tali reparti servivano per
l'addestramento dei piloti in servizio presso le Z.A.T. e per i
piloti della Riserva. A questo punto resta da verificare la
situazione sul terreno dell'epoca. E in effetti, nel 1936, il
materiale di volo era composto da quattro tipi di aeroplani:
1) Caproni CA100: velocità massima 165 km/h; velocità di crociera
130 km/h;
2) Romeo R05: velocità massima 175 km/h; velocità di crociera 140
km/h;
3) Breda BA15: velocità massima 180 km/h; velocità di crociera 145
km/h;
4) Breda BA19: velocità massima 220 km/h; velocità di crociera 180
km/h. Quest'ultimo velivolo era utilizzato anche per addestramento
acrobatico.
Quanto sopra, evidentemente, rimanda alle prestazioni indicate dai
due "cacciatori" inviati ad intercettare l'"aeronave misteriosa"
sulla costa adriatica.
Se si considera poi il fatto che la distanza da Padova non supera
i 60 km. in linea d'aria, il quadro più realistico che ne
scaturisce è che, allertati e fatti decollare su allarme
("scramble", si direbbe oggi), siano stati due "Caproni CA100"
provenienti da Padova i due intercettori del misterioso Ufo del
1936. La coppia avrebbe potuto raggiungere l'obiettivo in 20/25
minuti, salvo poi farsi "seminare" ; dall'"aeronave".
Tutto chiaro, dunque? Forse.
Ma c'è di più. È da prendere in considerazione anche lo stesso
(piccolo ma attrezzato) aeroporto di San Niccolò del Lido di
Venezia, scalo turistico ma anche militare e sede delle "Officine
Aeronavali" per la riparazione e revisione degli aerei militari
delle basi vicine. Non è quindi assolutamente da escludere la
specifica presenza di qualche aereo di collegamento in loco, e
quasi certamente dello stesso tipo di quelli di stanza a Padova.
In caso di decollo su allarme, l'ipotesi di due cacciatori
levatisi in volo da San Niccolò avrebbe allora permesso a questi
ultimi, a soli 10 km. in linea d'aria da Mestre, di portarsi
sull'obiettivo
in
5
minuti
o
poco
più.
Uno scenario estremamente realistico, che ben si adatta ai fatti
in questione, e che rende tale ipotesi, con ogni probabilità, la
più verosimile.
Velivoli partiti da Udine, Gorizia, Campoformido e Ghedi - pur
relativamente non troppo distanti - ben difficilmente avrebbero
potuto arrivare in tempo utile sul posto.
Quanto sopra è frutto di varie indagini e ricerche storiche
incrociate per le quali, in particolare, il Cun ringrazia il socio
Giulio Perrone ed il "Past President" Salvatore Marcelletti,
entrambi di Roma: due "vecchi" piloti con un "know how" come
pochi.
UFO NEGLI ANNI TRENTA?
DICEMBRE 1937: STRANI "BOLIDI" NEI CIELI ITALIANI
LUNEDÌ, 6 DICEMBRE 1937 - 17/H. 35'
POZZY MARKBREITER A.
BAURA (FERRARA)
Il signor A. Pozzy Markbreiter viaggiava in auto nei pressi di
Baura (Ferrara). Improvvisamente fu sorpreso da una luce intensa,
che gli illuminò vivamente la strada, come per il sopraggiungere
di una macchina con i fari abbaglianti accesi. Quale non fu il suo
stupore, quando si rese conto che la luce proveniva da sopra la
sua testa ed era emanata da due grossi corpi luminosi ed argentei
che si muovevano nel cielo l'uno sulla traccia dell'altro. Essi
procedevano da sud-est a nord-ovest. Impressionato dalla novità di
ciò che accadeva, il Markbreiter segui con lo sguardo le due
"cose" fino ad un'altezza di 30/35 gradi sull'orizzonte, da quando
gli erano passate sopra la testa.
Non aveva udito alcun rumore che ne segnalasse l'arrivo; i due
oggetti erano scivolati via veloci e silenziosi senza creare alcun
fenomeno di disturbo.
FONTI: "Coelum", vol. VII, pag. 230 - Anno 1937
LUNEDÌ, 6 DICEMBRE 1937 - 17/H.35'
CARlOLATO L.
MALO (VICENZA)
Il geometra L. Cariolato di Malo (Vicenza), appassionato di
astronomia, ebbe modo di osservare un fenomeno assai insolito.
Alle 17.35' vide un oggetto luminoso, che attraversava il cielo in
direzione ovest-est ed a sud dal punto di osservazione. Le sue
dimensioni erano circa un terzo del diametro lunare. Ciò che colpì
il Cariolato fu il comportamento anormale della "meteora": infatti
essa si muoveva con una traiettoria parallela all'orizzonte,
lasciando dietro di sé una scia lunga e fumosa.A metà del percorso
si scisse in due parti uguali che continuarono la corsa in fila
indiana.
L'osservatore
calcolò
l'altezza
a
circa
25°
sull'orizzonte. Un fenomeno simile e con analoghe caratteristiche
fu notato quel giorno anche da S.E. E. Montalbetti, arcivescovo
coadiutore di Trento.
FONTI: "Coelum", vol. VII, pag. 230 - Anno 1937
LUNEDÌ, 6 DICEMBRE 1937 - ORA IMPRECISATA
DON GIOVANNELLA M.
IAVRÈ DI VILLA RENDENA (TRENTO)
Don Giovannella, un sacerdote di Iavrè di Trento, fu testimone del
passaggio di un inusitato "bolide".
Il sacerdote, che non seppe precisare l'ora esatta, vide comparire
in cielo un corpo luminoso, che lasciava una lunga scia con strie
longitudinali e che si dirigeva da ovest ad est. L'oggetto
percorreva sull'orizzonte meridionale una traiettoria a bassa
altezza ed a quello quasi parallela. La durata del fenomeno non
superò i quindici secondi, eppure in quel periodo tanto breve il
"bolide" cambiò alcune volte colorazione.
FONTI: "Coelum", vol. VIII, pag. 10 - Anno 1938.
LUNEDÌ, 6 DICEMBRE 1937 - ORA IMPRECISATA
T. GIUSEPPE ITALO
VALMORBIA DI VALLARSA (TRENTO)
Giuseppe Italo T. di Valmorbia (Trento) avvistò, ad una ora che
non ricorda esattamente, una "meteora" che si muoveva con un
comportamento insolito. Infatti essa attraversava il cielo a quota
assai bassa, percorrendo una traiettoria parallela all'orizzonte.
L'avvistamento durò circa dieci secondi. La "meteora" lasciava
dietro di sé una lunga scia, costellata di particelle luminose,
che si spegnevano scendendo verso terra. Prima di scomparire
dietro un colle situato a sud-est dell'osservatore, lo strano
corpo celeste si suddivise in tre parti che proseguirono il loro
cammino in fila indiana.
FONTI: "Coelum", vol. VIII, pag. 10 - Anno 1938
IL PRIMO VERO UFO
di Roberto Pinotti
(Notiziario 13, giugno 2000)
Abbiamo già segnalato l'esistenza di nove prototipi della "Flying
Wing" della Northrop derivata dall"'Horten" nazista, pubblicando
la foto dell'intera squadriglia al suolo sulla pista californiana
di Muroc Air Field. Nel contempo abbiamo anche suggerito che il
primo avvistamento di Ufo considerato come tale, quello di Kenneth
Arnold del 24 giugno 1947 (che avvistò una formazione in fila
indiana di nove aeromobili che "scivolavano in aria come dei
piattini lanciati sull'acqua" donde il termine "flying saucers",
piatti volanti, subito dopo coniato dai giornalisti), fosse in
realtà da collegarsi al volo di questi nove prototipi lungo la
costa del Pacifico (dalla California allo Stato di Washington,
fino alle zone di Monte Rainier).
La ragione c'era, eccome. infatti il disegno degli oggetti visti
da Arnold, realizzato dallo stesso interessato, mostra una forma a
falce lunare molto stretta con al centro una carlinga per il
pilota: in pratica, la medesima "silhoutte" dell"'ala volante"
della Northrop, derivata dall'"Horten" tedesco, realizzata fra il
1946 e il 1947, appunto.
Tutto chiaro? Sì e no.
Sì perché il parallelo è lecito e di per sé fin troppo lampante;
no perché anche altri, in Usa e in Spagna, avevano denunciato tale
palese somiglianza: che da sola, evidentemente, non basta però per
concludere che quel che sembra sia davvero come si pensa. Tanto
più che in pratica Arnold aveva completamente finito col "subire",
poi, la "ristilizzazione" dei suoi nove "dischi volanti", apparsa
in copertina sul mensile Fate della Primavera del 1948, a pochi
mesi dall'avvistamento. Per cui, nell'immaginario collettivo, i
suoi Ufo "a falce" si sono subito dopo trasformati in quelli di
Fate. Che si
discostano del tutto dalle "Flying Wings",
evidentemente.
E allora? Chi ha ragione?
Oggi siamo probabilmente in condizione di dirlo.
Visto che tutto parte da Fate, mediaticamente destinato come pochi
giornali a imporre l'avvistamento di Arnold (che poi, anzi,
scrisse un libro a quattro mani proprio con il direttore di Fate
Ray Palmer, "The coming or the saucers"), dobbiamo chiederci
dunque come mai quella copertina fu realizzata in quel modo. E la
risposta oggi noi l'abbiamo. Sì, perché Fate si ispirò chiaramente
alle fotografie (pubblicate a quindici giorni di distanza dal
"primo" avvistamento di Arnold dal quotidiano "The Arizona
Republic")
scattate
nel
cielo
di
Phoenix
(Arizona)
dall'occasionale testimone William Rhodes: due scatti, che
impressionarono sulla pellicola un Ufo: un velivolo semicircolare
a forma di "manta" al centro del quale spiccava un punto ventrale
(un foro circolare nella struttura? Una carlinga?); ben diverso da
quanto Arnold aveva visto, perciò. E così quello di Rhodes divenne
l'Ufo di Amold, e venne imposto definitivamente sulla prima (e
corretta) versione "a falce".
Si obietterà l'alta velocità calcolata da Arnold per i suoi Ufo
(ben tre volte superiore a quella delle "ali volanti"); un calcolo
in funzione della distanza e delle dimensioni apparenti dei nove
oggetti, che può essere giusto ma anche errato, però.
Non c'è evidentemente molto di più da dire, se non che Arnold ha
allora avvistato forse non già degli Ufo bensì, paradossalmente,
proprio le nove "Ali volanti" della Northrop (una delle quali fu
usata poi per alcune scene del film di fantascienza di George Pal
"La Guerra dei Mondi", in cui sgancia la bomba atomica contro i
marziani invasori); e che comunque, nel caso, ciò non cambia
assolutamente
niente.
Infatti gli Ufo sono stati segnalati ben prima del 1947, ovunque.
Chi studia il problema lo sa e lo ha sempre saputo. E così pure
non ha mai considerato Kenneth Arnold un feticcio o un'icona da
venerare. Perché il primo vero Ufo non è in ogni caso suo, certo.
È di tutta l'umanità del passato che ha avvistato da sempre, ieri
come oggi, questi misteriosi intrusi nei cieli di tutto il mondo.
D'ORDINE DEL DUCE: "TACITARE" I TESTIMONI
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 14 Luglio/Agosto 2000)
Nuove ricerche d’archivio dimostrano, in maniera inequivocabile,
la connection fra Guglielmo Marconi ed i professori del Gabinetto
RS/33. E intanto si scopre che all’epoca degli avvistamenti Ufo il
Duce ordinò che sparissero tutti i testimoni. Con le buone o con
le cattive...
A seguito del clamore suscitato dai files fascisti su molti media
nazionali, ai primi di maggio chi scrive riceveva una richiesta di
incontro da un pilota militare di Milano, incuriosito dai carteggi
del
Gabinetto
RS/33.
Al colloquio partecipava anche il collega Gigi Barone, mio braccio
destro nella gestione della sezione milanese del Cun.
Il nostro interlocutore, del quale ovviamente rispettiamo la
richiesta di anonimato, era non solo un esperto di Intelligence
militare, ma anche un appassionato di storia contemporanea e
collezionista di documenti del Ventennio. Era dunque in grado di
poterci fornire utili indicazioni sui carteggi mussoliniani.
Gli mostrammo i documenti e questi ci confermò l’esattezza di
alcune procedure, come ad esempio la dizione "lampo", realmente in
vigore presso i militari, come indicazione d’urgenza di un
documento; ma rimase scettico sul grado di segretazione dei
telegrammi
Stefani
e
della
"nota
personale"
del
Senato,
etichettati "riservatissimi" e riferiti all’atterraggio di un UFO
in Lombardia.
Il nostro interlocutore ci fece notare che per eventi di quel tipo
sarebbe stato più appropriato un grado di "copertura" assai più
severo, quali "segreto" o "segretissimo", e ci fece presente che,
a tutt’oggi, queste classifiche non sono che le più basse, in
quanto ne seguono almeno altre dieci ancor più imperscrutabili.
La ruota volante tedesca
Chi scrive, stimolato dalla considerazione, ha deciso di puntare
parte
delle
proprie
indagini
in
quella
direzione.
Appariva difatti palese, sulla falsariga di quanto accadde molti
anni dopo a Roswell, che le autorità governative inizialmente non
avessero valutato appieno l’importanza dell’evento ufologico. E,
pur operandone una pronta censura, non avevano adottato misure di
segretezza
ancor
più
rigorose,
come
sarebbe
stato
invece
militarmente imponibile.
In realtà questo atteggiamento un po’ contraddittorio, grazie al
quale vi sono state le fughe di notizie che ci hanno permesso di
ricostruire la faccenda seppure con 67 anni di ritardo, era stato
confermato anche dal fantomatico "Mister X". Egli, in una lettera
inviata ad un’altra pubblicazione del settore, dichiaratasi
scettica sui files, aveva sottolineato che solo occasionalmente il
Gabinetto RS/33 aveva sposato l’oltremodo destabilizzante tesi
degli Ufo; la credenza dominante era che i "misteriosi velivoli
non convenzionali" altro non fossero che armi segrete di qualche
potenza straniera. Ma quale?
Il fatto che nei telegrammi Stefani sul recupero di un disco in
Lombardia
comparisse
la
dicitura
"riservatissimo"
anziché
"segretissimo" poteva essere spiegato solo con la credenza che
l’Ufo fosse stato scambiato per un’arma sconosciuta, italiana
oppure tedesca.
Per
avvallare
questa
tesi
avevo
bisogno
di
prove,
che,
puntualmente, sono arrivate.
Dopo una massacrante ricerca libraria chi scrive ha rinvenuto un
tomo del 1930, a firma E. Roggiero ed edito per i tipi della
milanese Hoepli, dal titolo "Enimmi della scienza moderna".
Il volume, che si occupa della tecnologia all’epoca del Fascio, ad
un certo momento accenna alla colonizzazione dello spazio, che
sarebbe stata resa possibile grazie... ad un disco volante
tedesco!
"Il tedesco Nordung propone in un suo libro di impiegare la forza
motrice del sole, catturata per mezzo di specchi raccoglitori dei
suoi raggi, per innalzare nelle regioni supreme una ruota volante
che potrà contenere nel suo interno viaggiatori aerei", commentava
brevemente il testo, che però presentava due disegni dell’ordigno,
dalla forma inequivocabile.
La "ruota volante" di Nordung, ideata prima degli anni Trenta in
Germania, per viaggiare nello spazio
Essendo il libro del 1930 era chiaro che il prototipo tedesco, in
tutto e per tutto simile ad un moderno Ufo, fosse antecedente a
quella data.
La Regia Aeronautica Militare italiana, che della Germania era
buona amica, era certamente al corrente dell’esistenza di questo
ordigno; è lecito dedurne che quando l’Ufo lombardo atterrò sul
nostro suolo, le alte sfere del fascismo che ordinarono il
recupero pensassero a qualche prototipo proveniente dalla vicina
Germania (in linea d’aria nemmeno troppo distante dall’Alta
Italia).
Ciò
spiegava
le
procedure
di
segretezza
non
particolarmente restrittive, come pure le fughe di notizie.
Non solo. Nello stesso periodo (per la precisione il giorno
precedente l’atterraggio lombardo) la rivista "Il Balilla" aveva
pubblicato le foto di un curioso prototipo nostrano, l’aeroplano
"tubolare" di un certo ingegner Stipa, dalla forma assai dissimile
dagli aerei tradizionali.
Forse vi fu chi, trovandosi di fronte al disco della Lombardia,
pensò a qualche nuova diavoleria nostrana.
L’aereo dell’ing. Sitpa su Il Balilla del 15.6.1933
Far sparire i testimoni
La disillusione sarebbe però arrivata da lì a poco, quando i
servizi segreti del Duce si sarebbero trovati dinanzi a qualcosa
di veramente alieno alla nostra cultura (mai termine fu più
appropriato). E lo si ricava dal violento cover up imposto subito
dopo: rifusione di piombi giornalistici; completa censura della
notizia sulla stampa nazionale; arresto dei testimoni, allerta di
tutti gli uomini dell’OVRA lungo tutta la penisola. E soprattutto,
pesanti sanzioni e procedimenti contro chi si fosse azzardato a
spifferare qualcosa.
E così il prefetto Bruno di Milano veniva tutt’a un tratto
"promosso e spostato" e sostituito dal triestino Gaetano Laino;
assai più sfortunato tale Moretti, al quale si accenna in una
missiva Stefani rilasciata da "Mister X" ed indirizzata ad un
certo Alfredo; Moretti presumibilmente fece una brutta fine (nel
testo si accenna anche ad un "caso analogo precedente conclusosi
col ricovero in manicomio").
Di quest’ultimo, possiamo dire di averlo identificato con buona
approssimazione. Si chiamava Ugo Moretti, viveva a Roma, era un
giornalista palesemente di regime (e questo spiega come potesse
essere al corrente dell’esistenza del Majestic 12 fascista);
scriveva per un giornale per ragazzi, intitolato "Anno XII" (poi
"Anno
XIII").
Evidentemente, pensando di non combinare nulla di male, ebbe a
scrivere del Gabinetto RS/33 o degli avvistamenti UFO; che fine
fece non lo sappiamo, ma la lettera divulgata da "Mister X"
adombra i sospetti più cupi. Se ne doleva, nella missiva, un
cronista della Stefani (la cui firma è peraltro la stessa dei
telegrammi dell’atterraggio del ‘33 e della lettera a Ciano circa
gli avvistamenti veneti del ‘36) a quell’Alfredo, probabilmente un
collega di Milano, forse pure egli collaboratore di "Anno XII".
Abbiamo controllato la lista degli "Alfredo" collaboratori di
"Anno XII": ne esistevano solo due, uno a Milano, Alfredo Liotto;
ed uno a Messina, Alfredo Occhio.
Una brutta fine deve aver fatto anche il pilota francese che sulle
Alpi Marittime ebbe a filmare o fotografare un Ufo (qui "Mister X"
è stato evasivo).
L’anonimo divulgatore dei files fascisti ha difatti inviato ad
altra pubblicazione, a mo’ di sfida, un ritaglio di giornale senza
data, che smentiva "ipotesi straniere sulla scomparsa di un
aviatore".
"In seguito alla scomparsa di un sergente aviatore francese, che
non ha fatto ritorno da una gita sulle Alpi Marittime, alcuni
giornali stranieri hanno avanzato l’ipotesi che egli, avendo
sconfinato in territorio italiano, sia stato tratto in arresto
dalle nostre autorità confinarie - riferiva il quotidiano,
aggiungendo - siamo in grado di smentire tali voci fantastiche,
nessun arresto del genere essendo stato operato dai nostri reparti
di
frontiera".
"Mister X" chiedeva all’ufologo di "dimostrare a sé qual è la sua
stoffa
di
ricercatore.
Dia
un’occhiata
alla
fotocopia
dell’articoletto che le invio. È dell’estate del 1933: riesce a
scorgere l’anello che lo collega all’affaire del Gabinetto RS/33?
La risposta sarà tanto sbalorditiva, inquietante ed intrigante che
si complimenterà da solo per esserci riuscito (se ci sarà
riuscito...)".
Non ci risulta che il collega scettico ce l’abbia fatta.
Ma noi del Cun, che siamo dei mastini, sì. Ed abbiamo trovato
copia della notizia, che altro non è che (guarda caso!) un
dispaccio Stefani, apparso sui giornali "L’Italia", "La sera" e
"Regime fascista", rispettivamente del 13, 14 e 15 agosto 1933.
Avendo scoperto poi che nel dossier che "Mister X" aveva inviato
nel 1996 al "Resto del Carlino" erano elencati tutti gli
avvistamenti fra il ‘33 ed il ‘40, compresi i casi fotografici
sulle Alpi, era stato sin troppo facile capire quale fosse la
"colpa" del misterioso gitante francese scomparso nel nulla: avere
documentato il passaggio di un Ufo.
A titolo di mera curiosità riporterò infine il fatto che quando
Italo Balbo, uno dei vertici del Gabinetto RS/33, venne per
sbaglio abbattuto dalla contraerea italiana durante un volo, vi fu
chi insinuò che si fosse trattato di un evento premeditato
ordinato segretamente dal Duce, in quanto il pilota italiano era
palesemente antigermanico. Curiosamente nei files fascisti si
accenna, con rammarico, proprio alla progressiva germanizzazione
del Gabinetto RS, con tanto di esclusione degli italiani, a
cominciare dai cronisti Stefani.
Altra curiosità, Balbo, sin dal 1932, collaborava gomito a gomito
con il professor Filippo Eredia, direttore dell’Ufficio Presagi
della Regia Aeronautica (ovvero l’Ufficio Meteo); curiosamente
quest’ultimo nel dopoguerra divenne uno dei classici ufo-scettici
d’ufficio...
La campagna stampa
Ma nelle mie ricerche d’archivio non ho trovato solo traccia delle
sparizioni degli ufo-testimoni e dei giornalisti coinvolti negli
eventi di quella travagliata epoca; ho trovato anche molte
affermazioni che oggi si potrebbero rileggere come un ben preciso
progetto di "cover up" portato avanti di pari passo con un
apparentemente contraddittorio "training" ufologico, ovvero una
progressiva
acculturazione
delle
masse
verso
l’accettazione
dell’idea dell’esistenza degli extraterrestri.
Questo tentativo, messo in atto in questi ultimi anni dagli
americani, era forse stato attuato a casa nostra già negli anni
Trenta! Segno forse che la fazione extraterrestrialista del
Gabinetto RS/33 premesse per una rivelazione diretta, pur se
controllata e centellinata, mentre altri si opponevano.
Non fu soltanto la "Cronaca prealpina" del 20 giugno del ‘33 a
riferire, pochi giorni dopo il recupero del disco in Lombardia,
dell’esistenza dei marziani; la notizia era stata riportata, in
maniera assai più circostanziata, anche sul quotidiano cattolico
"L’Italia" del 21 giugno ed era palesemente un "press release", un
dispaccio stampa; dunque ripreso da più giornali per ordine del
Duce!
Nello stesso periodo diverse pubblicazioni allineate (e quali non
lo erano?) avevano cominciato a bombardare i lettori con notizie
astronomiche e di vita sugli altri pianeti, come la rivista "Il
Balilla" che fra giugno e luglio del ‘33 dedicò all’argomento
diversi servizi (e nel numero del 20-7-33 accennò chiaramente
all’esistenza di "uomini su altri mondi"); o come "L’italiano",
che nel settembre dello stesso anno pubblicò la notizia che Marte
era abitato.
Ma, quasi a voler creare a bell’apposta confusione, da altre parti
fioccarono
anche
le
smentite
(la
rivista
"L’Illustrazione
italiana" del 3-9-33 pubblicò un romanzo di Lucio D’Ambra,
"Angioli della fine di giornata", che derideva la vita negli altri
pianeti) e le insinuazioni sull’esistenza di armi segrete,
custodite in hangar altrettanto occulti, come il pezzo apparso a
pagina tre de "La Stampa" del 17 giugno del 1933 ed intitolato "I
rifugi degli aerei, hangars nascosti".
Questa era certamente la fazione militarista (Balbo in testa?) che
propagandava il mantenimento della credenza della supremazia aerea
dell’Italia fascista; ed esultava nel leggere titoli quali
"L’ammirazione francese pel successo delle Ali fasciste", apparso
su "La Stampa" due giorni dopo la scomparsa nel nulla del pilota
ufo-testimone.
Essi non potevano certo tollerare che si mettesse in discussione
la nostra supremazia aerea.
Qualsiasi evento contrario andava negato, i testimoni fatti
scomparire.
Ma a sparire in quegli anni furono anche i carteggi.
Occultati i documenti della Petacci
Nei diari di Ciano, che peraltro vanno dal 1939 al 1943, non vi è
traccia del Gabinetto RS/33.
Comprensibile, trattandosi di una commissione segreta.
Più facile invece che ve ne fosse accenno in quelli della Petacci,
che era solita annotare fedelmente il contenuto di tutte le
conversazioni avute con il suo amante, Mussolini.
Tale materiale (due scatoloni contenenti duecento lettere del Duce
ed un diario comprendente eventi storici dal ‘33 al ‘45) è stato
sequestrato nel 1950 dai carabinieri e tutti gli incartamenti sono
stati secretati dal governo dell’epoca; nonostante le vibrate
proteste degli storici (Luciano Garibaldi ed Alessandro Zanella in
testa) nonché degli eredi della famiglia Petacci, su quelle carte
è calato un incomprensibile velo di segretezza. Una sentenza della
Corte di Cassazione del 12 aprile 1956 ha attribuito le carte allo
Stato "in quanto contengono riferimenti alla politica estera ed
interna in Italia" (e dunque anche alla commissioni segrete!) ed
un decreto (dpr) del Presidente della Repubblica, datato 30
settembre 1963, ha stabilito in 50 anni la durata dei "segreti di
stato".
In realtà quel lasso di tempo è già trascorso ed ora sarebbe
possibile visionare queste carte interessantissime, che potrebbero
forse fornire ulteriori indizi anche a questa intricata vicenda;
ma sfortunatamente quando gli storici Garibaldi e Zanella il 18
aprile 1995 hanno rivolto istanze all’Archivio di Stato ed ai
ministeri dei Beni Culturali e dell’Interno, si sono sentiti
rispondere dall’allora ministro dell’Interno Giorgio Napolitano
(Pds) che "le carte contenevano situazioni puramente private di
persone, per le quali il dpr stabilisce una segretazione ancor più
severa: 70 anni" (avevo avuto conferma dell’esistenza di queste
procedure all’epoca delle mie ricerche presso l’Archivio di Stato
di Milano).
Garibaldi e Zanella non si sono arresi ed hanno chiesto
ripetutamente di visionare dunque i soli diari, rivolgendo
ulteriori richieste ai ministri del governo Dini, ma la risposta è
stata sempre negativa, l’ultima volta con il pretesto che, a
seguito di un’istruttoria (condotta da chi? e quando?) "non erano
state individuate notizie attinenti al campo di ricerca degli
studiosi"! (Palese bugia. Fonti indipendenti quali lo storico
Ricciotti Lazzero confermano che nei diari si trattava addirittura
degli accordi segreti con Winston Churchill).
L’esistenza del Gabinetto RS/33 è probabilmente documentata in
quelle carte, la cui derubricazione in passato venne caldeggiata,
invano, anche dal celebre Enzo Tortora.
Garibaldi e Zanella, che peraltro non si occupano di Ufo, hanno
dichiarato che "Claretta Petacci era una meticolosa annotatrice di
ogni frase, di ogni parola del suo uomo; confidava al suo diario
ciò di cui via via veniva a conoscenza" (e lo passava alla
Gestapo, si è poi scoperto...).
Facile che si parlasse anche degli Ufo. Sfortunatamente la ricerca
di documenti dell’epoca, indipendenti dai files di "Mister X", è
oltremodo spinosa; molti carteggi sono stati confiscati dai vari
governi (nazista, americano, italiano del Dopoguerra); il resto è
andato distrutto nei bombardamenti aerei (come i registri della
questura
di
Milano
o
dell’aeroporto
milanese
di
Bresso,
presumibilmente coinvolti nel recupero Ufo del ‘33).
Il Majestic fascista
Ulteriori ricerche, più fortunatamente, mi hanno però permesso di
provare in maniera inequivocabile il legame fra Marconi ed il clan
dei professori che studiavano gli X-files fascisti.
Di questa insolita connection, occorre dirlo, "Mister X" non ha
sinora fornito prove, non ha esibito alcun carteggio dell’epoca;
semplicemente, nel settembre dell’anno scorso, aveva inviato
all’ufologo scettico - reo di averlo stroncato sulla stampa - una
memoria battuta al computer, contenente i nomi dei membri del
Gabinetto RS/33. Nel foglio si leggeva: "Altri componenti furono,
nel corso del tempo, i professori Dallauri, Pirotta, Crocco,
Debbasi, Severi, Bottazzi e Giordani".
Bisognava credere alla parola dello scrivente, non esistendo
veline
dell’epoca.
Negli articoli precedenti avevo poi sottolineato il fatto che due
di questi nomi fossero stati scritti in maniera errata: Dallauri
per Vallauri e Debbasi per De Blasi (segno che la memoria storica
di
"Mister
X"
non
era
infallibile).
Nuove scoperte mi hanno dato ragione, dimostrando in più che
Marconi era effettivamente in relazione con questi personaggi.
Vediamo cosa è emerso dalle ricerche sui giornali dell’epoca.
Il
14
agosto
1933,
subito
dopo
la
misteriosa
scomparsa
dell’aviatore francese UFOtestimone, il Gabinetto RS/33 aveva
convocato una riunione straordinaria a Roma. La versione ufficiale
data alla stampa per quell’incontro al vertice fu di una riunione
dei "membri dell’Accademia d’Italia per la divulgazione di una
memoria sulla propagazione di microonde a notevole distanza"
(ovvero, sulla radiotelegrafia). Ma si parlò, probabilmente, anche
del caso fotografico delle Alpi Marittime (non si spiegherebbe
altrimenti l’urgenza della riunione, proprio il giorno dopo il
fatto).
A riprova che Marconi fosse in stretto contatto con il clan dei
professori c’erano gli articoli apparsi sui quotidiani "Il
mattino" e "L’Italia" del 15 agosto, che titolavano: "Si è riunita
in seduta straordinaria la classe di scienze fisiche, matematiche
e naturali della Reale Accademia d’Italia. Erano presenti le LL.
EE. Vallauri, vicepresidente, Pirotta, Bottazzi, Severi, De Blasi,
Giordani e Crocco. Assistevano anche il vicepresidente anziano
Formichi ed il segretario generale Volpe. Presiedeva S.E.
Marconi...".
A quali conclusioni giunse, dopo sette anni di studi segreti, il
Gabinetto RS/33 non ci è dato di saperlo.
Se fosse ancora vivo il colonnello Corso forse ci parlerebbe di
retroingegneria aliena del Ventennio; certo, un’esagerazione, ma
comunque stupisce il fatto che uno dei Majestic fascisti, Gaetano
Arturo Crocco, caldeggiasse in quegli anni e nell’immediato
dopoguerra la possibilità fattiva e a suo dire "dimostrata" di
volare nello spazio; come cosa fatta.
Con un sin troppo sospetto ottimismo egli, secondo quanto
riferisce lo storico della scienza Franco Fiorio, "dimostrò sin
dal 1950 (!) come, mediante uno sfruttamento più efficiente della
fusione nucleare, fosse possibile raggiungere velocità quasi-luce
e varcare i confini del nostro sistema solare; fino a distanze
equivalenti a 34 anni-luce, contenenti circa 480 stelle come il
nostro
sole,
ciascuna
delle
quali
rappresenta
un
sistema
comprendente molti pianeti".
Prima ancora che esplodesse il fenomeno dei dischi volanti, Crocco
ne
conosceva
già
un
plausibile
funzionamento.
Solo
per
coincidenza? Ne dubito...
Bibliografia:
G. Ciano - "Diario di Ciano", Rizzoli, Milano 1963.
C. Falessi - "Balbo aviatore", Mondadori, Milano 1983.
F.Fiorio - "L'aviazione moderna e il suo futuro spaziale",
Vallardi, Milano 1967.
L. Garibaldi - "I diari top-secret di Claretta Petacci", in
"Storia Illustrata", 10/'99.
R. Zangrandi - "Il lungo viaggio attraverso il fascismo",
Feltrinelli, Milano 1962.
FILES FASCISTI,
SCOPERTO L'HANGAR DEL DISCO!
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 16 Novembre 2000)
Le ricerche sugli X-files di Mussolini vanno avanti ed ogni giorno
nuovi elementi confermano l’autenticità dei documenti, delineando
parimenti un quadro sempre più completo ed intrigante, composto da
insabbiamenti, azioni di guerriglia e trame tessute per mettere a
tacere una scomoda verità.
Oggi i mass media, brutalmente censurati negli anni Trenta, si
sono presi una rivincita "morale" dando ampio risalto a questo
giallo del Ventennio: i documenti fascisti sono stati mostrati dal
nostro Roberto Pinotti nello "Speciale Tg1" andato in onda sabato
30 settembre ed interamente dedicato agli Ufo, durante il quale,
fra l’altro, l’Aeronautica Militare ha aperto i propri dossier. E
la rubrica "Tentazioni" de "Il Giorno" ai files fascisti ha
dedicato un’intera pagina il 7 settembre scorso, con una
dettagliata inchiesta del giornalista Gabriele Moroni.
L’Ufo nascosto a Vergiate
É stato proprio "Il Giorno" il primo ad ipotizzare, su mia
indicazione, che il disco volante recuperato dai fascisti all’alba
del 13 giugno del ‘33 fosse stato nascosto negli stabilimenti
della Siai Marchetti di Vergiate o Sesto Calende, due località
confinanti in provincia di Varese.
Sono giunto all’identificazione del posto grazie ad una serie di
elementi
combacianti.
In primo luogo, la zona dell’atterraggio doveva essere nel
milanese o in Lombardia; lo dimostrava il fatto che le veline
Stefani che riferivano del recupero partissero dall’Ufficio
Telegrafico di Milano e non, ad esempio, da Roma o da una sede
giornalistica periferica; Vergiate si trova in provincia di
Varese; a cinque minuti di macchina c’è Sesto Calende, sul fiume
Ticino, al confine con Novara.
A Sesto Calende e a Vergiate (e nella vicina S.Anna) la Siai
Marchetti aveva i propri stabilimenti ove venivano costruiti gli
aerei militari. A Sesto vi erano gli uffici dirigenziali, a
Vergiate gli stabilimenti veri e propri, a S.Anna i cantieri che
in seguito ospiteranno la Decima Mas. A Sesto e Vergiate erano di
casa Italo Balbo e Filippo Eredia, suo braccio destro.
Balbo, lo apprendiamo dai documenti fascisti, era uno dei vertici
del Gabinetto RS/33 (ed era in stretto contatto con Marconi, come
dimostra un articolo su "La Sera" del 15-7-33, circa alcuni
telegrammi amichevoli fra i due personaggi).
La storia ufficiale ci dice che Balbo "era solito partire per le
sue imprese aviatorie proprio da Sesto Calende" (meglio ancora:
dal campo di volo dell’adiacente Vergiate).
Filippo Eredia, responsabile dell’Ufficio Meteorologico di Stato
(forniva a Balbo le condizioni atmosferiche per le trasvolate
oceaniche) era di casa negli stabilimenti della Marchetti (vi sono
foto che lo ritraggono a S.Anna). Dopo la guerra quest’ultimo
divenne, "curiosamente", uno dei più strenui scettici d’ufficio
del fenomeno Ufo.
Ancora, altre indicazioni spingevano la mia attenzione nella zona
di Varese.
In primo luogo, il fatto che, dopo il recupero del disco, era
stato proprio un giornale varesino, la "Cronaca Prealpina" del 20
giugno, a dare notizia con enfasi dell’esistenza di forme di vita
su Marte in contatto con uomini della Terra; in secondo luogo il
fatto che negli anni immediatamente successivi il dopoguerra
continuasse a circolare nella zona la "voce" che a Vergiate
fossero
custoditi
dischi
volanti
terrestri.
Ho personalmente reinchiestato il caso di Tradate di Varese.
Nel 1950 l’operaio Bruno Facchini di Abbiate Guazzone s’imbatté,
in un bosco, in un disco volante sceso al suolo e nei suoi
occupanti. A ricordo di quell’esperienza, Facchini portò sempre
sull’addome gli effetti (da scossa elettrica) provocatigli da un
fascio di luce sparatogli contro dagli alieni; conservò inoltre
frammenti
del
disco
volante,
lasciati
a
terra
dagli
extraterrestri, intenti ad effettuare sul disco un lavoro di
saldatura. Ciò che pochi sanno è che quando Facchini si imbatté
nel disco, pensò subito fosse un prototipo americano custodito a
Vergiate.
Proprio gli americani, che durante la guerra bombardarono ben nove
volte
lo
stabilimento
Marchetti
di
Vergiate
tentando
di
distruggere qualcosa a tutti i costi, risparmiarono Sesto Calende,
sebbene sorgesse accanto ad uno strategico ponte in ferro sul
Ticino.
Forse gli americani, venuti a conoscenza del fatto che negli
uffici della Marchetti vi erano preziosi incartamenti, decisero di
risparmiare Sesto. E a guerra finita, negli anni Cinquanta, l’Us
Air Force si affrettò a mettere le mani sugli stabilimenti di
Vergiate, improvvisamente adibiti ad hangar manutentivi per gli
aerei americani.
Altri elementi ancora mi spingevano ad investigare in questa
direzione.
Va detto che negli ultimi mesi diverse teorie sui files fascisti
sono state veicolate su pubblicazioni varie; riguardavano in parte
il crash (sebbene nei documenti si parlasse solo di atterraggio)
del disco volante del ‘33; veniva avanzata l’ipotesi di un guasto
causato da un fulmine, chiaramente ispirandosi al crash di
Roswell.
Sin dall’inizio della mia indagine era bastato controllare il
bollettino meteo dell’Osservatorio di Milano Brera per escludere a
priori questa ipotesi: quel giorno il cielo era semicoperto,
occasionalmente piovoso. Non vi erano stati furiosi temporali. Ma
proprio per questo motivo saltava subito agli occhi come una
forzatura, una bugia male orchestrata, la notizia che un
misterioso "lampo di luce" schiantatosi nella notte sullo
"stradale tra Magenta e Novara" fosse un banale fulmine.
L’unica pubblicazione che si azzardava a riportare la notizia (con
un certo ritardo) era la Domenica del Corriere del 9 luglio;
riferiva assai stringatamente di ben cinque operai, uno dei quali
ferito molto gravemente, colpiti... da un unico fulmine!
Non poteva sfuggirmi la connessione con il documento senatoriale
del Gabinetto RS/33 che imponeva di ricondurre il "fenomeno" ad
una spiegazione astronomica.
Non ho mai scritto prima di questa scoperta perché volevo esserne
sicuro
(in
fondo,
nei
giorni
immediatamente
precedenti
o
successivi
l’atterraggio
dell’UFO
vi
erano
state
diverse
convenzionalissime cadute di fulmini).
Il caso Moretti
Solo qualche mese fa ho potuto finalmente avere le prove
definitive
che
da
tempo
cercavo.
Un amico militare mi aveva fornito una mappa dell’Aeronautica
americana che indicava la dislocazione tattica dei principali
aeroporti italiani negli anni Quaranta.
Nel Nord Italia la più grande concentrazione era proprio attorno
al milanese. Era evidente che qualunque ordigno fosse stato
recuperato in zona, sarebbe stato occultato nel più vicino hangar
aeronautico di fiducia.
Vergiate era legato a doppio filo con il Gabinetto RS/33. Non
solo.
Grazie ad una preziosa collaborazione potei scoprire che negli
uffici dirigenziali di Sesto Calende lavorava un funzionario a
nome Aldo Moretti.
Ricordate il misterioso "caso Moretti" del quale i carteggi
fascisti dicevano che "non si poteva parlare se non a quattr’occhi
data la delicatezza e la particolarità della vicenda"?
Moretti veniva citato in una velina Stefani indirizzata ad un
misterioso Alfredo (ipotizzai potesse essere un giornalista di
"Anno XIII").
"Se mi chiedi un consiglio, eccolo: non dire a nessuno, ripeto a
nessuno e ciò comprende i parenti più stretti, quanto hai visto",
consigliava la missiva.
Un Moretti è tra i funzionari della Siai Marchetti. Il suo nome
viene indicato in un bollettino parasatirico del dopolavoro della
Siai Marchetti, lo Zic (1). Viene indicato come "funzionario della
D.O.", probabilmente della Direzione Operativa.
Cosa aveva mai combinato questo Moretti per diventare un
innominato?
Aveva incendiato l’hangar che custodiva il disco volante (o quanto
ne restava)!
Negli archivi dei repubblichini il solerte e fedele funzionario
veniva improvvisamente disegnato come un pericoloso partigiano; i
carteggi che lo riguardavano erano però volutamente fumosi, quasi
si stesse cercando di cancellarne per sempre l’identità (come
consigliavano le veline Stefani). Lapidaria la citazione nei
documenti della Guardia Nazionale Repubblicana di Varese, circa
"alcuni elementi entrati nella clandestinità, certi Moretti e
Tiferi da Sesto Calende".
La "conversione" di Moretti dovette avvenire dopo il 1940.
Sino al 6 settembre di quell’anno Aldo Moretti era ancora uno
stimato dirigente di regime; sembra collegato il fatto che proprio
nel 1940 il Gabinetto RS/33 terminasse le investigazioni sugli UFO
e passasse l’intera documentazione ai nazisti.
Tre anni dopo Moretti decise di ribellarsi. L’incendio del
capannone della Siai di Vergiate è datato 17 marzo 1943. Quanto
danno fece quell’incendio doloso non è dato di saperlo. Non è
detto, nei carteggi RS/33, quanta documentazione (o reperti) le
avide mani dei nazisti ci abbiano lasciato dopo il 1940. Non
possiamo quindi stabilire se a Vergiate, all’epoca dell’incendio,
vi fosse ancora il disco, o semplici frammenti di UFO, o ancor più
banalmente carteggi segreti, fotografie e schizzi del velivolo.
Questo materiale è probabilmente andato distrutto per sempre,
sebbene vi sia una speranza che ne possa esistere copia.
Un nostro collaboratore ricorda una mostra di disegni del
dopoguerra, realizzati (prima del 1947) da "malati di mente"
d’Italia. Fra i tanti bizzarri schizzi, alcuni raffiguravano
chiaramente lo spaccato di un disco volante, disegnato da un
"matto" prima che si cominciasse a parlare di UFO. Li aveva
realizzati il misterioso personaggio citato nei carteggi fascisti
come "il caso analogo conclusosi con il ricovero in manicomio"?
Il triangolo del Ticino
Identificare nella zona di Sesto e Vergiate i luoghi del primo
cover up UFO
dell’età contemporanea ci spinge ad alcune
riflessioni.
In primo luogo, Sesto Calende si trova sul Ticino. Ed i nostri
lettori sanno che da tempo immemorabile il "triangolo" che va dal
Ticino pavese a quello novarese e comprendente la punta varesina è
zona di intensissima attività ufologica.
Il dossier al riguardo è voluminosissimo. É solo un caso? O c’è un
legame con i fatti del 13 giugno del ‘33?
Una teoria analoga è stata proposta per Hessdalen; anche in
quell’occasione le ripetute e continuate apparizioni UFO sono
state spiegate da alcuni con un incidente alieno.
Siamo nel campo delle supposizioni; sappiamo però che nei giorni
successivi il recupero la vita dei funzionari delle località
coinvolte venne improvvisamente stravolta.
I dirigenti della Macchi varesina, l’altra società che costruiva
aerei militari assieme alla Marchetti, venivano spostati e
sostituiti da tale ingegner Paolo Foresio, un fedelissimo che
proveniva dal Genio Navale (2); a Milano il questore Pietro Bruno
veniva rimosso e rimpiazzato dal questore di Trieste Gaetano
Laino; il 26, "alla presenza di S.E il Prefetto, gr. uff.
Fornaciari", il Segretario Federale del Fascio console Erminio
Brusa (che evidentemente sapeva troppo) veniva trasferito e
sostituito "dal nuovo segretario federale Rino Parenti (3)". Non
solo. Probabilmente la milizia fascista aveva rastrellato tutta la
zona incriminata; non si spiegherebbe altrimenti l’improvvisa
mobilitazione di fedelissimi da Cuggiono (VA), da Como e dalla
Brianza.
Cercavano qualcosa? O nascondevano qualcosa?
Fatto sta che la stampa dell’epoca riferisce che il 17 giugno
venivano allertati "i Comandanti di Fascio, i Capi Centurie e gli
aiutanti in seconda dei Fasci Giovanili di Combattimento" della
cittadina di Cuggiono, che guarda caso è proprio tra Varese e
Milano; e veniva messa in allarme la sede del Fascio di Carate in
Brianza (4); la mobilitazione si estendeva sino a Como, ove il 23
giugno si approntava un imponente raduno di camice nere (5). E
ancora, pochi giorni dopo l’atterraggio UFO, si precipitava a
Milano, inaspettatamente, nientemeno che la Regina (6). La versione
ufficiale fornita dalla stampa fu che intendesse all’improvviso
semplicemente visitare l’Ospedale Maggiore di Milano.
Forse per incontrare i cinque viandanti feriti dalla caduta del
disco volante?
Alla luce di questi nuovi elementi assume un diverso significato
il martellante bombardamento mediatico con cui il Regime cercava,
a mezzo stampa, di convincere e di convincersi che la propria
Aeronautica fosse ancora la migliore del mondo. Ciò avveniva
persino sulle riviste femminili, solitamente interessate a ben
altri argomenti; anche là il lavaggio del cervello era continuo,
da "Eva" alla cattolicissima "Alba" (che il 16 luglio ‘33 dedicava
la copertina alle "Ali d’Italia") a "Lei" (con un pezzo sulle
"aviatrici").
Il regime temeva chiaramente una perdita di autorità (7), tant’è
che Mussolini in persona dovette ribadire, in prima pagina dalle
colonne dal fedelissimo quotidiano "La Sera" pochi giorni dopo
l’atterraggio, che lo Stato fascista non era soltanto "un
guardiano notturno che si occupava della sicurezza personale dei
cittadini..." (8).
Eppure, proprio in quelle prime ore dell’alba la polizia segreta
fascista aveva lavorato da guardiano notturno, non per la
sicurezza dei cittadini, ma per la salvaguardia delle proprie
istituzioni.
Documenti che scompaiono
Sfortunatamente, hanno lavorato bene.
La caccia ai documenti è un’impresa disperata. In primo luogo,
questa ricerca è una lotta contro il tempo; i pochi testimoni che
ricordano qualcosa si stanno spegnendo lentamente (e recentemente
è deceduto, a 73 anni per un cancro al pancreas, il soldato
italiano che collaborò con i servizi segreti inglesi nello studio
delle foto di foo-fighters).
Ancor più drammatica la ricerca di memoriali di membri del
Gabinetto RS/33.
Non è noto se Mussolini abbia mai parlato della commissione UFO ai
suoi più stretti collaboratori o alle persone che gli furono
vicine negli ultimi istanti di vita. La logica lo escluderebbe; in
ogni caso, lo scorrere inclemente del tempo non ci favorisce:
l’estate scorsa si è spento monsignor Salvatore Capula, per
sessant’anni parroco della Maddalena a Cagliari, la persona che
raccolse le ultime confessioni del Duce (9) e dal quale avrebbe
avuto in custodia certi misteriosi diari, la cui esistenza
continuò
peraltro
a
negare.
Ed è morto a Brescia, nel ‘96, forse l’unico partigiano che
potesse saperne qualcosa, il professor Aldo Gamba di Gargnano
(BS), che dopo la Liberazione fu responsabile della polizia
militare
per
il
Nord
Italia.
I giornalisti arrivavano a Gargnano da tutto il mondo per
intervistarlo sulle casse segrete che Mussolini cercò di trarre in
salvo prima della fucilazione. E Gamba rispondeva: "Non dirò
niente a nessuno sull’impiego e sulla fine di quelle casse".
Ma quando era assieme agli amici toccava spesso l’argomento.
"Il 29 aprile del ‘45 - diceva - in qualità di capo della polizia
militare feci sequestrare una delle casse con l’archivio segreto
di Mussolini e la consegnai regolarmente alle autorità del
nascente Stato Repubblicano."
Fu forse grazie a ciò che fu possibile scoprire - come abbiamo già
scritto in un precedente articolo - che la Repubblica Sociale
Italiana aveva un suo "Gabinetto RS" (di cui parla lo scettico
Marcello Coppetti nel volume "Ufo arma segreta").
"C’erano altre quattro casse contenenti atti e scritture della
segretaria Mussolini, - confessava Gamba - due furono affondate
nel lago di Garda. Per ottenere una sicura e rapida immersione,
erano state zavorrate da grosse pietre. Le altre due, il 18 aprile
a Gargnano, furono caricate su un camioncino con altro materiale
della segreteria. Lo stesso giorno, di pomeriggio, anche Mussolini
abbandonò Gargnano. Le due casse vennero abbandonate nella
prefettura di Milano, ove si svolse l’ultimo breve Consiglio dei
ministri. Il 29 aprile riuscii a far recuperare anche una di
queste due casse. La seconda era sparita. Un giallo. Qualcosa era
stato presumibilmente prelevato dal segretario particolare del
Duce. (10)"
"Ma - informa lo storico Federico Pelizzari - bisogna anche tenere
presente che la sera del 26 aprile il Comitato di Liberazione
Nazionale aveva occupato la prefettura milanese di Corso Monforte,
dove il 27 si era insediato Riccardo Lombardi, prefetto della
Liberazione. Con lui arrivarono partigiani, patrioti improvvisati
e guardie di finanza, che avranno rovistato nelle casse zincate
aperte. (11)"
Le attuali veline del Gabinetto RS/33 finirono così nelle mani di
un partigiano?
"Abbandonati sul pavimento - continua Pelizzari - furono trovati
documenti di Mussolini degli anni ‘21, ‘25, ‘27, ‘36, ‘40.
Dell’altra cassa neppure l’ombra. Aldo Gamba supponeva che il
materiale fosse finito nelle mani dei servizi segreti americani o
sovietici."
É forse casuale che dopo la guerra proprio americani e russi
iniziarono
a
costruite
velivoli
discoidali
(l’Avro-car
statunitense, il Galonska russo)?
L’Avro car
"Infine - conclude Pelizzari - la cassa che era stata recuperata
scomparve durante il trasferimento verso Roma. Ma non conteneva
tuttavia rivelazioni storiche dirompenti, solo un pot-pourri di
atti pubblici, di relazioni sui Consigli dei ministri, documenti
su biografie fasciste..."
Il 13 agosto scorso è morto anche Franco Campetti, l’artigiano che
aveva ricevuto l’ordine dai fascisti di costruire le celebri
casse. Fu lui che, nel 1993, smentì pubblicamente che le casse
ritrovate nei fondali del lago di Gargnano (aperte con grande
enfasi alla presenza dell’on. Alessandra Mussolini) fossero quelle
contenenti i documenti più segreti del Duce (12).
Tali casse non vanno confuse con l’oro di Dongo, che secondo il
settimanale elvetico "L’Hebdo" sarebbero state nascoste non
lontano dal lago di Ginevra, e non sarebbero invece finite nelle
mani dei partigiani che fucilarono il Duce (13). Le casse di Dongo
contenevano l’oro sottratto dai fascisti alla popolazione, e
dovevano servire per la nascita di un piccolo feudo mussoliniano
in Svizzera, in Spagna o in America; le casse di Gargnano
custodivano invece i dossier top secret del Fascio. Facile dunque
che vi fossero anche i files UFO (ma sul come "Mister X" abbia
potuto mettere le mani sui carteggi originali ho una mia teoria
assai precisa, che spero presto di avvalorare...).
Quanto sopra riportato è ciò che ci dice la cronaca.
Da fonti ufficiali non vi è modo di avere risposta alcuna (sebbene
i files fascisti dovrebbero essere custoditi alla Farnesina); non
è questa una novità, peraltro: ad esempio i carteggi fra Winston
Churchill e Mussolini sono stati cercato invano a Palazzo Chigi e
non vi è traccia del loro passaggio negli archivi riservati della
Presidenza del Consiglio all’epoca dei governi de Gasperi (14).
Nulla si sa anche dal fronte partigiano. Del Gabinetto RS/33 non
vi è traccia negli archivi dell’Associazione Nazionale Resistenza
Partigiana (15) e la Fondazione Marconi di Bologna neanche risponde.
Qualche altro documento segreto sarà sfuggito alla censura?
Mistero.
Casa Feltrinelli, la villa di Gargnano da cui Mussolini governò la
Repubblica Sociale e ove potrebbero essere stati occultati altri
documenti, è stata improvvisamente acquistata da un magnate,
guarda caso americano...
(16)
.
Il SetI fascista
Relativamente più semplice è stato indagare sui membri del
Gabinetto RS/33. Ne sono emerse convinzioni folli!
Nel 1973 nella sala della Caxton Hall di Londra l’astronomo
scozzese Duncan Lunan presentava ai colleghi un diagramma di echi
radio (LDE) captati nel 1928 dal professor C. Stoermer in
Norvegia.
Gli echi erano, secondo Lunan (e secondo l’astronomo Bracewell,
che li aveva studiati nel 1960) delle radiofrequenze terrestri che
erano state captate dagli alieni e reinviate sulla Terra con una
serie
precisa
di
pause
("ritardi")
a
mo’
di
messaggio
intelligente, un po’ come nel film "Contact".
Secondo Lunan gli echi erano stati rispediti ritardati sulla Terra
da una sonda extraterrestre partita tredicimila anni fa da Epsilon
di Boote.
Al di là della bontà di queste conclusioni, ciò che mi ha molto
meravigliato è stato scoprire che Marconi - capo del Gabinetto
RS/33 e convinto assertore dell’esistenza di comunicazioni aliene
- fosse assolutamente al corrente dell’esistenza di questi
radiomessaggi!
Ciò spiegherebbe perché proprio lui sarebbe stato incaricato di
guidare il Gabinetto RS/33; e spiegherebbe perché assieme ad un
altro membro del team fascista, Giancarlo Vallauri, studiasse il
radar per intercettare gli intrusi dallo spazio (17)!
E si chiarirebbe il ruolo del progettista Gaetano Arturo Crocco,
altro membro del Gabinetto RS/33, il primo in Italia a studiare,
sin dal 1906, l’autorotazione - mediante eliche - dei velivoli.
Chi meglio di lui poteva capire il funzionamento di un disco
volante?
Di lui il giornalista aeronautico Cesare Falessi, che fu suo
grande amico, mi confermò l’improvvisa fissazione per i viaggi
nello spazio.
Tale affermazione è documentata anche dallo studioso Franco
Fiorio: "Il grande scienziato e pioniere astronautico italiano
Crocco ha dimostrato fin dal 1950 come, mediante uno sfruttamento
più efficiente dell’energia di fusione nucleare, il raggiungimento
di velocità quasi-luce sia possibile e come ciò consenta di
varcare, entro i limiti di tempo della vita umana, i confini del
nostro sistema solare fino a distanze equivalenti a 34 anni luce,
contenenti circa 480 stelle fisse della classe del nostro sole,
ciascuna delle quali rappresenta un sistema solare indipendente
comprendente molti pianeti di svariate caratteristiche (18)."
Quanto a Marconi, citò gli echi di Stoermer in uno scritto inviato
alla Reale Accademia d’Italia (di cui fecero in seguito parte i
membri del Gabinetto RS/33) e letto a Trento il 7 settembre 1930.
"Nel 1928 - dichiarò il fisico - il prof. Stoermer di Oslo
annunziò di aver potuto confermare delle osservazioni fatte
dall’ing. Hals, riguardo all’esistenza di radio-echi ricevuti
parecchi secondi dopo la trasmissione di ciascun segnale. Dato che
la velocità delle onde elettriche è di circa 300.000 km al
secondo, è necessario supporre che le onde causanti l’eco
percorrano in certi casi centinaia di migliaia di chilometri.
Infatti, nel corso di una conferenza tenuta ad Edimburgo nel
febbraio di questo anno, il prof. Stoermer espresse il dubbio che
alcune onde adoperate nelle varie trasmissioni, fossero riflesse
dall’orbita della luna. (19)"
Guarda caso, proprio Crocco insisteva in quegli che si dovesse
colonizzare il nostro satellite.
Il Majestic 12 fascista era convinto che vi fosse qualcun altro
sulla Luna?
Da "La Domenica del Corriere" del 27 agosto 1961: In parallelo ad
analoghi studi tedeschi, nel 1939 gli italiani realizzarono il
"Campini-Caproni",
velivolo
a
reazione
dalla
rivoluzionaria
concezione. Realizzato in alluminio, il "CC2" volò su Milano nel
1940 raggiungendo gli 800 km. l'ora. Se fosse stato messo in
produzione, le sorti della guerra aerea nel secondo conflitto
mondiale avrebbero potuto essere rovesciate.
Note:
1. "Zic" del 6-9-40. Cfr. anche E. Varalli - "Sesto Calende porto
di cielo", Gruppo Lavoratori Siai Marchetti, Varese 1979.
2. AA.VV - "Ali a Varese", Provincia di Varese, Varese-Milano
1997.
3. "Il cambio della guardia alla Federazione" in "La Sera" 26-633. "Il nuovo Segretario Federale di Milano" ne "Il Sole" 25-6-33.
"Il saluto del nuovo Segretario Federale" ne "Il Sole" 28-6-33.
4. "Convocazioni di zone" in "La Sera" 17-6-33 p.4.
5. "Raduni fascisti nel Comasco" in "La Sera" 23-6-33 p.2.
6. "Improvvisa visita di Sua Maestà la Regina" ne "Il Sole" 19-633.
7. Qualcosa di analogo accadde anche in occasione dei sorvoli UFO
di Venezia e Mestre nel ‘36. Dopo che un sigaro volante e due
dischi vennero invano inseguiti da un caccia la rivista "Il
Politecnico", che evidentemente ne era al corrente, prese ad
insistere sulla necessità dei rifugi antiaerei.
8. "La Sera" del 17-6-33.
9. "Morto monsignor Capula" in "Giorno" 25-7-00.
10. "Vi racconto che fine hanno fatto le casse del Duce", di F.
Pelizzari in "Giorno" 22-8-00.
11. Id.
12. "Il falegname che nascose i segreti del Duce" in "Giorno" 178-00.
13. "Mussolini, in Svizzera l’oro di Dongo?" in "Giornale di
Bergamo" 1-9-00.
14. "Carteggio Churchill-Mussolini: a Palazzo Chigi non c’è", in
"Giorno" 29-7-00.
15. Comunicazione personale dell’ANRP all’autore in data 23-6-00.
16. "Stelle e strisce nella villa del Duce" in "Corriere della
sera" 7-7-00.
17. A.Mondini - "Storia della tecnica. L’epoca contemporanea",
Editrice Torinese, Torino 1980.
18. F. Fiorio - "L’aviazione moderna e il suo futuro spaziale",
Vallardi Milano 1967.
19. Scritti di Guglielmo Marconi, a cura della R. Accademia
d’Italia, Roma 1941.
Fra le tante leggende urbane veicolate dalla stampa in questi
mesi, quella che del Gabinetto RS/33 fece parte un noto massone
italiano, che ha lasciato ai suoi adepti carteggi contenenti
alfabeti extraterrestri, ma è noto che i fascisti combattessero in
tutti i modi la Massoneria (cfr. S. Bertoldi - "Camicia nera",
Rizzoli, Milano 1994); mai e poi mai un massone dichiarato avrebbe
potuto far parte del Gabinetto RS/33.
Bibliografia:
G. Ciano - "Diario di Ciano", Rizzoli, Milano 1963.
C. Falessi - "Balbo aviatore", Mondadori, Milano 1983.
F. Fiorio - "L’aviazione moderna e il suo futuro spaziale",
Vallardi, Milano 1967.
L. Garibaldi - "I diari top-secret di Claretta Petacci", in
"Storia illustrata" 10/99.
R. Zangrandi - "Il lungo viaggio attraverso il fascismo",
Feltrinelli, Milano 1962.
R. Pinotti - "UFO scacchiere Italia", Mondadori Milano 1992.
U.
Guspini
"L'orecchio
del
regime,
le
intercettazioni
telefoniche al tempo del fascismo", Mursia, Milano 1973.
A. Spinosa - "Mussolini, il fascino di un dittatore", Mondadori,
Milano 1989.
A. Lepre - "Mussolini l’italiano", Mondadori, Milano 1995.
B. Gatta - "Mussolini", Rusconi, Milano 1988.
"La Petacci spiava Mussolini per la Gestapo", in "Giorno" 12-1299.
"Assedio UFO", SIAD Milano 1978
R. Vesco - "Intercettateli senza sparare", Mursia Milano 1968.
Gazzettino del lunedì 29-5-69.
R.
Lusar
"Die
Deutschen
Waffen
und
Geheimwaffen
des
2.Weltkrieges und ihre Weiterentwicklung", J.F. Lehmanns Verlag,
Monaco 1965; "German secret weapons of the Second World War",
Neville Spearman, Londra 1959.
H.P. Dabrowski - "The Horten flying wing", Schiffer, USA 1991.
E. Maloney - "Northrop flying wings, WWII publications", Corona
del Mar 1980.
G. Calligaris - "La televisione degli astri", Vannini, Brescia
1942.
M. Coppetti - "UFO arma segreta", Mediterranee, Roma 1978.
M. Franzinelli - "I tentacoli dell’O.V.R.A.", Bollati Boringhieri,
Torino 1999.
A. Lissoni - "GLI UFO e la CIA", Play-PC, Jesi 1996.
U. Maraldi - "Dal centro della Terra alla stratosfera", Bompiani,
Milano 1943.
M.C. Marconi - "Mio marito Guglielmo", Rizzoli, Milano 1995.
D. Marconi Paresce - "Marconi, mio padre", Frassinelli, Milano
1993.
A. Petacco - "Le lettere del Duce?", in Giorno 23-12-99.
A. Ribera - "Ummo, la increible verdad", Plaza e Janes, Barcellona
1984.
”RETROINGEGNERIA” ALIENA
NEL VENTENNIO
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 18 Marzo 2001)
Il ritrovamento di alcuni progetti cartacei di un disco volante
conferma e chiude la vicenda dei "files fascisti"
La saga dei files fascisti va avanti.
Alla luce degli ultimi documenti ottenuti da varie fonti, possiamo
ora stabilire che, dopo aver ricevuto nel 1938 da Mussolini i
files del Gabinetti RS/33, Hitler mise all'opera i propri
progettisti per la costruzione dei Fliegende Scheiben (i dischi
volanti terrestri) in un'opera di retroingegneria aliena.
Si partiva dai carteggi riguardanti un oggetto finito e si cercava
di ricostruirne il funzionamento per mettere a punto dei
rivoluzionari aerei discoidali con i quali il führer sperava di
spezzare le reni agli Alleati.
Evidentemente non fu possibile ricreare in toto i dischi volanti,
sia per il gap tecnologico che ci separa dagli alieni, sia per la
mancanza di materie prime (principalmente il combustibile alieno)
e leghe che evidentemente costituivano il disco; dopo la guerra a
seguito del crash di Roswell, gli americani hanno tentato di
replicare lo stesso esperimento, con un margine maggiore di
successo ma senza peraltro venire a capo del sistema con cui
riprodurre la propulsione aliena.
La svolta definitiva alle nostre ricerche avveniva il 19 gennaio
2001.
Sapevamo che gruppi di ufologi scettici da tempo cercavano di
screditare, sia operando in Italia che all'estero, la storia dei
files fascisti.
Il motivo era facilmente comprensibile: dimostrare che esisteva
un'ufologia segreta nel Ventennio, dunque assai prima della
nascita ufficiale dell'ufologia stessa, significava demolire le
teorie scettiche secondo cui gli Ufo erano solo un mito sociopsicologico generatosi per le ansie del Dopoguerra, alimentato
dalla fantascienza e dalle paure della Guerra Fredda.
Diventava basilare, ai fini della nostra ricerca, individuare dei
testimoni, possibilmente di prima mano, o dei protagonisti di quei
lontani eventi.
A metà gennaio ricevevamo la lettera di Livio Milani, un ufologo
lombardo quarantenne che si era appassionato ai dischi volanti sin
da ragazzo e che aveva letto delle nostre ricerche sui files di
Mussolini.
Milani sosteneva di avere conosciuto un progettista, deceduto due
anni prima, che aveva lavorato presumibilmente per il Gabinetto
RS/33.
II 19 gennaio lo incontrai, nella sua casa a Maderno, sul Garda.
"Conosco personalmente - ci raccontava Livio - una signora, che
abita nel mio paese, il cui padre, anni fa, quando era ancora in
vita, mi parlò di un suo progetto di un rotore ad energia
elettromagnetica da applicare ad un disco, o piatto volante, come
lo chiamava lui ho parlato direttamente, diversi anni fa, con
questo progettista, D.G. (nominativo in archivio Cun; tacciamo
volutamente nomi e località, su richiesta della figlia); già
all'epoca mi disse di avere progettato un disco volante ma
onestamente non gli credetti. Allora io non sapevo nulla e non si
sapeva nulla dei cosiddetti files fascisti. Ma qualche tempo
addietro, mentre chiacchieravo del più e del meno con la figlia,
il discorso cadde sugli Ufo. Rievocando il padre morto da poco, la
signora, che ha 35 anni, mi disse che D.G. durante la guerra aveva
lavorato a Roma presso un Gabinetto che si occupava, in gran
segreto, dello studio di nuovi aerei per il Fascismo! Ma anni fa,
quando parlavo con D.G., io non lo sapevo affatto!
L'uomo era
stato molto schivo su quell'argomento; la stessa figlia (che
peraltro è la figlia adottiva) non sapeva altro; dopo la guerra
D.G. si era trasferito a Milano; negli anni Settanta si era
trasferito infine sul Garda, in quelle stesse zone ove si erano
consumate le vicende della Repubblica di Salò. Ho chiesto alla
figlia se avesse del materiale e lei ha frugato tra le carte del
padre e mi ha fornito tutto ciò che aveva: 10 fogli in duplice
copia (originali su carta velina e copie carbone) del progetto di
un disco volante!"
Tre dei 17 disegni del Disco Volante Italiano dell’ing. D.G.
Il disco ritrovato
Milani mi ha fatto visionare il materiale e mi ha consegnato gli
originali, realizzati a matita su carta velina, affinché li
studiassimo.
Oltre ai 10 fogli di un metro per 50 cm, abbiamo ricevuto una
relazione di dieci pagine, anch'essa in duplice copia e con le
annotazioni originali, a mano e a matita, dell'autore.
La documentazione rinvenuta è eccezionale e sembra chiudere
definitivamente la vicenda dei files fascisti.
La relazione è datata 12 luglio 1965; i fogli (contenenti 17
disegni)
sono
antichi
ma
privi
di
data;
essi
mostrano
inequivocabilmente il progetto di un disco volante che D.G.
evidentemente intendeva depositare all'Ufficio Brevetti di Milano
(ma qualcuno o qualcosa evidentemente glielo impedì, e le carte
rimasero in soffitta sino alla sua morte).
Sebbene nella lettera d’accompagnamento, firmata dal progettista,
D.G. dichiarasse di non avere precise nozioni di aeronautica, il
suo progetto dimostrava invece un'altissima perizia tecnica ed una
precisione certosina tipica degli ingegneri; il progetto era
inoltre troppo ben definito per essere considerato solo un modello
immaginario; D.G. doveva avere effettivamente lavorato alla
costruzione di un disco volante e ne aveva conservato, quanto meno
a mente, le specifiche; dopo la guerra aveva cercato di
ricostruirne su carta il modello, tentando di attribuirsene la
paternità.
Non conosceva il funzionamento dei motori alieni, e dunque aveva
inserito dei razzetti; si interrogava poi sul combustibile.
Ma era sin troppo evidente che D.G. aveva lavorato ad un progetto
di ingegneria aliena; non voleva essere immischiato nella
pericolosa questione dei dischi volanti, e per questo motivo aveva
sempre mantenuto il segreto, tenendo persino all'oscuro di tutto
la figlia; inoltre, per non svelare il suo passato, aveva deciso
di apportare delle vistose correzioni alla relazione da presentare
all'Ufficio Brevetti (il che spiega forse perché i carteggi non
siano mai stati inoltrati), correzioni visibilissime nella copia
autografa in nostro possesso, nella quale D.G., ad un certo
momento, sostituiva la denominazione di disco volante con un meno
impegnativo "disco-cometa" o "discomet"!
In tutti i modi aveva cercato di attribuirsi la paternità
dell'invenzione
e
per
questo
motivo
aveva
vistosamente
sottolineato i brani in cui asseriva di esserne l'ideatore, non
volendo evidentemente che si scoprissero i retroscena della sua
militanza fascista (del resto, nel Paese repubblichino ove
trascorse gli ultimi anni non trovammo nessuno disposto a parlarci
a cuore aperto di quel periodo).
D.G. aveva disegnato peraltro solo l'esterno del disco volante, la
corona
circolare
e
le
ali;
non
erano
presenti
disegni
dell'interno; se c'erano, o erano andati perduri o distrutti o
sottratti; se non c'erano, era plausibile che D.G. del disco di
Vergiate avesse studiato solo l'esterno; lo confermavano del resto
i files fascisti, accennando al fatto che i tecnici venissero
obbligati a lavorare solo per un tempo relativamente breve ai
dischi volanti, chiaramente per frammentare le informazioni ed
impedire che il singolo avesse un quadro completo del progetto al
quale era distaccato.
Il parere dell'esperto
Ci siamo rivolti al dottor Luis Lopez, fisico ed ingegnere
informatico, oltreché esperto di ufologia, per avere un parere
tecnico.
Sul "discomet" di D.G. Lopez ha dichiarato:
"Il disco, di per sé, potrebbe volare, in quanto si basa su un
principio analogo a quello dell'elicottero, ma al contrario:
l'elica, anziché all'interno, è posta all'esterno del corpo che
deve sollevare; ma ci sono almeno tre difficoltà da risolvere; per
prima cosa, il controllo della velocità della corona, onde ridurre
al massimo le forze centrifughe che potrebbero andare ad influire
sul funzionamento dei servomeccanismi, quali
le ali e i
propulsori. Altra difficoltà è il controllo dei servomeccanismi
stessi dalla cabina dì comando; i meccanismi per i movimenti delle
ali (regolazioni angolari, valvole che controllano l'alimentazione
del combustibile ai propulsori) sono stati pensati come fissi
nella corona, ma azionati da energia elettrica dall'interno del
disco. Ulteriore problema è dato dalla velocità della corona; se
troppo elevata, creerebbe problemi al contenimento del carburante;
la stessa forza potrebbe creare malfunzionamenti ai meccanismi in
movimento, montati sulla corona. II prototipo potrebbe alzarsi in
volo; compensando gli angoli delle ali con la superficie alare e
la potenza dei motori si potrebbe ridurre la velocità della
corona. II progettista, però, non tratta del peso e della velocità
di rotazione della corona e della potenza dei motori; nello studio
queste voci sono lasciate in bianco.
E non tratta del sistema di comando della corona circolare,
dall'interno del nucleo centrale, per l'apertura e chiusura del
carburante e dei tre motori a reazione, per il pompaggio del
carburante ai tre motori, per l'accensione e lo spegnimento degli
stessi; ciò vale anche per l'apertura e chiusura e il grado di
inclinazione voluto delle tre ali, di cui si dice soltanto che può
essere controllato mediante un sistema di contatti elettrici
(riteniamo
che
con
delle
rotelline
conduttrici
potrebbero
trasmettersi dal disco gli impulsi elettrici di comando sulla
corona, con un principio analogo a quello usato dai moderni tram).
D.G. non ci dice nulla della strumentazione dell'apparecchio;
afferma poi che in prossimo futuro il disco potrebbe essere
utilizzato per l'astronautica; tutti i sistemi di navigazione
spaziale sono effettivamente basati sul principio di spostamento
di massa; detto caso il velivolo sarebbe inadeguato ne o spazio in
quanto la corona è stata progettata per lavorare con l'aria
dell'atmosfera terrestre. Invece i razzetti a reazione montati
sullo scafo per il volo orizzontale, potrebbero spingere il
velivolo nello spazio, a condizione che i propulsori siano basati
sul principio di spostamento di massa. Sulla stabilità ed il
rendimento del prototipo non si può dire nulla; ma in linea
teorica poteva alzarsi in volo. Abbiamo a che fare peraltro con
uno studio di massima, realizzato a grandi linee e basato soltanto
su principi conosciuti."
Secondo chi scrive, la relazione autografa di D.G. mostrava
diversi aspetti sconcertanti; chiaramente il disco illustrato
sulla carta, se mai era stato costruito o meglio ricostruito, non
aveva mai raggiunto la fase finale del volo; per questo alcune
specifiche tecniche - di volo - non erano state indicate.
Chiaro che nel 1985 D.G. aveva lavorato "a memoria", senza avere i
mezzi economici e tecnici per realizzare un prototipo; si era
sicuramente ispirato al disco di Vergiate e ne aveva realizzato
una versione "domestica" (e forse un po' ingenua), con razzetti,
basata peraltro su alcune peculiarità, come la corona circolare
rotante per l'attrito o la grande velocità stimata, palesemente
desunte da un processo di retroingegneria aliena (in quanto
tipiche della casistica ufologica);
la sua relazione, peraltro, a volte appariva volutamente fumosa e
poco tecnica, stesa con un linguaggio dilettantesco (al punto da
fare sospettare che si avesse a che fare con il solito inventore
improvvisato, condizionato dall'immaginario sui dischi volanti);
dall'altra certi riferimenti tecnici, ma soprattutto la precisione
ed il dettaglio dei disegni acclusi smentivano la prima
impressione, come pure l'asserzione che il nostro uomo non avesse
cognizioni aeronautiche (su quest'ultimo punto fu concorde con noi
un esperto di astronautica al quale mostrammo i disegni).
Questa apparente contraddizione poteva risolversi in un unico
modo: D.G. non fidandosi di nessuno, aveva scientemente steso una
relazione generica per timore che il brevetto gli venisse
illegalmente sottratto dall'Ufficio di Milano (siamo a conoscenza
di casi analoghi); la paura, peraltro, dovette prevalere, data a
posta in gioco ed i personaggi che una simile invenzione avrebbe
smosso; lo dimostra il fatto che D.G. improvvisamente e nonostante
il lavoro certosino, decidesse di nascondere il brevetto, chiudere
in soffitta la relazione, addirittura trasferirsi di città e non
fare mai più parola con nessuno, nemmeno con la figlia, della
"sua" invenzione; sino a che, ormai anziano, stanco e prossimo
alla morte, si lasciò andare ad alcune confidenze con un amico
appassionato di dischi volanti.
Cosa era accaduto a D.G. durante il suo soggiorno milanese, per
costringerlo a nascondere per sempre il brevetto del disco volante
italiano?
Forse non lo sapremo mai; siccome l'ufologia è una materia
costantemente in progress e la ricerca prosegue ogni giorno che
passa, è auspicabile che in futuro noi si riesca a risolvere anche
questo specifico mistero; tutte le notizie sulla vita "segreta" di
D.G. sembrano andate distrutte, perdute tra i bombardamenti romani
e gli incendi degli archivi; ci resta una testimonianza indiretta
che ci conferma la sua appartenenza ad un Gabinetto segreto; se e
quando potremo dimostrare definitivamente la collaborazione
D.G. al Gabinetto RS/33 il cerchio si sarà chiuso.
di
Con questa scoperta la nostra indagine potrà dirsi conclusa;
avevamo i documenti fascisti che ci parlavano del recupero del
disco; avevamo identificato l'hangar che lo aveva nascosto; non
potendo sperare di mettervi le mani sopra, probabilmente abbiamo
infine rintracciato le carte che lo descrivevano dettagliatamente
o che vi si ispiravano.
Vedremo cosa ci riserberà il futuro.
A GUIDONIA SI PROGETTAVANO GLI UFO?
di Luca Daniele
(Notiziario n° 32 maggio 2002)
Nuove indagini sulla figura del geniale Prof. Crocco aprono
ulteriori scenari di ricerca sugli "UFO files" fascisti.
Interessato e stimolato a ricercare ulteriori elementi che
confermassero la validità di quanto emergeva dai cosiddetti "XFiles fascisti", ho deciso di concentrare le mie indagini sulla
figura del Gen. Prof. Gaetano Arturo Crocco, indicato come uno dei
componenti del "Gabinetto RS/33" (sigla dall'acronimo Ricerche
Speciali).
Occorre subito anticipare che i risultati raccolti, oltre a
confermare il ruolo primario del Prof. Crocco nell'ambito di
questo gruppo segreto di studio, hanno permesso di completare,
aggiungendovi nuovi e originali tasselli, una nuova parte a quel
"puzzle" storico che risulta ormai essere l'intera vicenda che si
è andata ricostruendo da tempo sulle pagine di "Ufo Notiziario"
del Centro Ufologico Nazionale.
Non ancora consapevole di quanto avrei successivamente scoperto,
ho iniziato l'indagine partendo dalla considerazione che mi era
subito sembrato riduttiva la creazione di una speciale struttura
di "intelligence", quale può considerarsi il "Gabinetto RS/33", al
solo fine di occuparsi segretamente degli avvistamenti di
"Velivoli Non Convenzionali". Più plausibile appariva, invece, la
possibilità che tale comitato di studio non si limitasse alla
raccolta e catalogazione di queste informazioni, ma, proprio sulla
base di queste ultime, procedesse di pari passo all'applicazione
di nuove soluzioni, nel tentativo di emulare le capacità
dimostrate da tali macchine sconosciute.
Se una tale ipotesi investigativa era fondata, il "Gabinetto
RS/33" avrebbe, pertanto, necessitato di ben altri supporti di
carattere tecnico: primo fra tutti una specifica struttura dove
sperimentare nuove forme aerodinamiche, sulla base di quanto
risultava nei rapporti stilati in seguito agli avvistamenti.
Ritenevo infatti possibile che "il Gruppo", proprio come poteva
contare sull'appoggio dell'Agenzia Stefani e dell'Ovra, così si
servisse anche di un qualche "centro di ricerche" al quale
affidare un simile compito, se non addirittura svolgere attività
di "retroingegneria" vere e proprie (cioè, di una sorta di Area 51
all'italiana, proprio come ipotizzato in seguito all'Ufo-crash di
Roswell).
Mantenendo pur sempre la figura del Prof. Crocco al centro delle
mie indagini, procedevo quindi anche alla ricerca di qualche
riscontro a questa ipotesi, nella speranza di imbattermi in una
pista che mi conducesse a quello che, in ogni caso, doveva
rappresentare un centro di ricerca innovativo operante in quel
periodo e magari realizzato proprio durante gli anni Trenta.
A questo punto è necessario premettere un breve richiamo allo
scenario storico degli studi aeronautici dell'epoca, che ritengo
importante
per
l'interpretazione
che
fornisco
per
quanto
l'indagine mi ha condotto a scoprire.
È indiscutibile che già da tempo (rispetto agli anni in cui
avrebbe operato il "Gabinetto RS/33") si procedeva nella ricerca
in campo aeronautico, anche se la realizzazione di nuovi velivoli
in quegli anni era affidata principalmente alle stesse case
costruttrici, i cui progettisti erano molto spesso anche i
titolari delle omonime fabbriche (come nel caso dei ben noti
Macchi, Caproni, Marchetti).
Studi sperimentali importanti venivano inoltre condotti da tempo
anche a livello istituzionale, come testimoniato dall'attività
svolta dall'Istituto Centrale Aeronautico (Ica), poi Istituto
Sperimentale Aeronautico (e dalla successiva Direzione Superiore
Genio e Costruzioni Aeronautiche che prese in seguito il nome di
Direzione Superiore Studi ed Esperienze (Dsse).
In un simile scenario, dove la ricerca risulta condotta da più
soggetti e in differenti luoghi, era evidente che le attività di
studio del Gruppo RS/33 e le relative esigenze di segretezza,
avrebbero, invece, comportato un diverso approccio da parte delle
Autorità nell'ambito degli studi nel settore. Questo implicava la
realizzazione e concentrazione di nuovi impianti in un unico
centro, possibilmente in un luogo riservato, ma pur sempre vicino
al Gruppo stesso, che secondo le informazioni rilasciate "Mister
X" aveva scelto come sede
l'Università "La Sapienza" di Roma. La realizzazione di un simile
Centro Sperimentale, infatti, avrebbe permesso ai migliori
studiosi del settore di dedicarsi esclusivamente alla ricerca e
alla
sperimentazione,
indipendentemente
dalle
esigenze
di
carattere industriale; in sostanza, si sarebbero potute progettare
nuove soluzioni aerodinamiche da un punto di vista squisitamente
scientifico, senza doversi preoccupare di soddisfare esigenze di
produzione.
Ebbene, questo è proprio ciò che avvenne in quegli anni con la
costruzione del modernissimo "Centro Studi ed Esperienze" (ossia
sperimentazioni, secondo la terminologia dell'epoca) ed oggi
riconosciuto quale organo propulsore della tecnologia aeronautica
in Italia.
Anni Trenta.; l'entrata del "Centro Studi
Guidonia con guardia armata alla porta carraia
ed
Esperienze"
a
Intitolato alla memoria del Generale Guidoni, deceduto nei paraggi
mentre
sperimentava
un
paracadute,
questo
nuovo
Centro
Sperimentale venne realizzato in prossimità dell'allora campo di
aviazione di Monte Celio (o Montecelio), vicino a Roma.
Inaugurato da parte di Mussolini stesso, iniziò l'attività nel
1935.
Inoltre, in previsione dello stanziamento di personale militare e
civile che vi avrebbe lavorato veniva iniziata nello stesso
periodo anche la costruzione su larga scala di quella che il
Regime indicava come una vera e propria "città dell'aeronautica",
e che diverrà poi l'attuale Guidonia, i cui abitanti, stabilì il
Duce, dovevano essere definiti "Guidoniani".
La realizzazione di un simile Centro non significa che venne
costruito
appositamente
per
lo
studio
dei
"Velivoli
Non
Convenzionali".
Proprio come ho voluto precisare poc'anzi, la ricerca storica
mette, infatti, in luce che le esigenze di sviluppo del settore
spingevano già da tempo verso la creazione di nuove sedi per la
sopra citata DSSE. Tuttavia ciò non esclude che potrebbe
rappresentare ugualmente quella struttura sperimentale di supporto
che ritengo sia stata necessaria agli studi del "Gruppo RS/33".
In ogni caso l'ipotesi che avevo avanzato incominciava a trovare
alcuni elementi di sostegno, a partire dal fatto che per la prima
volta, e proprio in quegli anni, si concentrassero in un unico
complesso tanti diversi tipi di laboratori e stabilimenti.
Tutto ciò era conseguenza degli avvistamenti di Velivoli Non
Convenzionali?
Il poco entusiasmo iniziale per un simile presunto riscontro
trovava, comunque, ben presto nuovo slancio da una successiva,
sensazionale scoperta: promotore e fondatore del Centro Studi ed
Esperienze di Guidonia, nonché per un certo periodo anche suo
direttore, fu il Gen. Gaetano Arturo Crocco; che tra l'altro è
risultato, a dimostrazione della genialità di questo eclettico
personaggio, essere anche l'ideatore degli innovativi impianti.
L'implicazione di uno dei componenti del "Gabinetto RS/33"
nell'ambito
di
questo
Centro
sperimentale
rappresenta
una
ulteriore conferma di quella "Ufo connection" che gli sviluppi
dell'indagine sugli "X-Files fascisti" hanno finora potuto in
parte ricostruire.
La ricerca che avevo condotto con l'intento di trovare il
probabile centro utilizzato dal "Gabinetto RS/33" mi riportava
proprio alla figura dell'Ing. Crocco, dalla quale era partita la
mia indagine. Ma le sorprese non erano finite.
Legata
a
doppio
filo
al
"Majestic-12"
fascista
tornava
l'università "La Sapienza" di Roma.
È infatti ancora il Crocco, stavolta nella sua veste di
professore, a ricoprire il ruolo di Preside della facoltà di
Ingegneria Aeronautica dal 1935 al 1945, ed ancora dal 1948 al
1952.
Il ruolo fondamentale di questo personaggio nella realizzazione e
gestione del Centro di Ricerca di Guidonia e all'ateneo "La
Sapienza" dì Roma permette attualmente di colmare anche quel vuoto
nella sua vita, proprio tra gli anni Trenta e Quaranta, che le
attente ricerche di Pinotti e Lissoni avevano messo in evidenza,
confermando pertanto quanto finora solo ipotizzato.
A
questo
punto
delle
indagini,
tali
riscontri
incrociati
spostavano inevitabilmente l'attenzione sull'attività svolta a
Guidonia, spingendomi pertanto a volerne approfondire la storia.
Venivo così a conoscenza che l'importanza dell'opera svolta da
questo Centro Sperimentale è stata sistematicamente ignorata per
quasi cinquant'anni; finché l'impegno del Prof. Bernardino
Lattanzi,
che
nel
Centro
aveva
lavorato,
permetteva
di
rivalutarla, affidandone la memoria ad un libro prima che andasse
definitivamente persa.
Si è potuto così ricostruire il notevole contributo italiano al
progresso tecnologico-aeronautico grazie alle testimonianze sulle
ricerche condotte nel Centro, che l'autore ha potuto raccogliere
dai numerosi colleghi che riuscì a contattare verso la fine degli
anni Ottanta. Questo volume è stato quindi giustamente indicato
dal Gen. S.A. Giuseppe Pesce, che ne ha firmato la premessa, come
un opera di archeologia storico-aeronautica.
Ai fini delta nostra ipotesi di lavoro quel che preme evidenziare
è la tipologia degli impianti in uso a Guidonia.
Un elemento che mi ha fatto molto riflettere è rappresentato dalla
Galleria Stratosferica Ultrasonora, concepita per consentire prove
a velocità bisoniche, in un periodo in cui i caccia più veloci non
superavano i 350 Km/h.
Non va dimenticato che fu proprio il Gen. Gaetano Arturo Crocco a
parlare di superaviazione (o "iperaviazione"), come ha avuto modo
di confermarmi il giornalista aerospaziale Cesare Falessi in una
conferenza ufologica tenuta all'Aeroporto dell'Urbe di Roma.
Per quanto riguarda la documentazione delle attività svolte a
Guidonia in quegli anni, i fascicoli contenenti i risultati delle
ricerche, oggi noti come gli "Atti di Guidonia", non sono tutto
quello che venne prodotto.
il Prof. Lattanzi nel suo libro ci fornisce la testimonianza
dell'esistenza di "Atti di Guidonia Riservati", riconoscibili per
la copertina color cenere, con numerazione romana e contrassegnati
dalla lettera R (l'iniziale di "Riservato").
Tali "Atti Riservati", contenenti almeno sei fascicoli, sono
purtroppo ormai introvabili.
Inoltre vennero realizzate anche una serie di Relazioni Tecniche
reperite (guarda caso) nella Biblioteca del CNR di Roma.
Comunque la documentazione che ritengo più interessante è
indubbiamente rappresentata da una serie di Relazioni Segrete del
Centro Sperimentale, contenute in poche copie numerate di cui il
prof. Lattanzi conosce solo la n.003 del 1938.
Queste Relazioni Segrete, cioè veri e propri documenti coperti da
segreto e, in quanto relazioni, contenti la descrizione dei
risultati raggiunti nelle sperimentazioni, erano forse destinate
al "Gabinetto RS/33"?
E ancora: ai diversi motivi chiamati in causa per giustificare il
perché la più che notevole opera di questo Centro fosse stata a
lungo "ignorata" si potrebbero oggi aggiungere, alla luce dello
scenario emerso dagli "X-Files fascisti", anche evidenti motivi di
secretazione e di cover up?
Non possiamo né affermarlo né escluderlo.
Dopo le riflessioni sugli impianti e la documentazione, non mi
restava che ricercare altri indizi dall'analisi dei nominativi di
chi a Guidonia aveva lavorato.
Proprio come avevo fatto inizialmente, prendevo le mosse da una
nuova considerazione: se realmente a Guidonia ci si occupava anche
del progetto di "Dischi Volanti" con un'azione di retroingegneria,
straniera o aliena che fosse, chi vi avesse preso parte avvalendosi dell'esperienza maturata e dei risultati conseguiti avrebbe potuto facilmente ricoprire in seguito ruoli importanti
nell'ambito di settori collegati: primo fra tutti, appunto, quello
aerospaziale.
Ed effettivamente, al termine del conflitto, è confermato che la
maggior parte dei tecnici e degli ufficiali in servizio a Guidonia
hanno saputo brillantemente inserirsi ad alto livello nelle
Industrie e nelle Università, spesso di Paesi stranieri. Nulla di
strano, e una carriera anzi prevedibile per questi "grandi
cervelli"
molti
dei
quali,
tra
l'altro,
insegnavano
già
all'Università di Roma.
Casualmente, però, sono proprio molti degli studiosi di Guidonia
ad aver legato il loro nome alla storia della Conquista dello
Spazio. Ricordiamone soltanto alcuni.
Un Antonio Ferri, che a Guidonia aveva ottenuto strabilianti
risultati nello studio del calcolo dei profili alari, insegnò al
Politecnico di Brooklyn del quale divenne Preside. Attualmente
ricordato quale maestro dell'Aerodinamica Supersonica, progettò un
velivolo per il volo
troppo avveniristico.
trans-atmosferico
che
la
NASA
considerò
Un Luigi Broglio, noto a livello internazionale per il suo enorme
contributo al lancio dei satelliti italiani dalle piattaforme
S.Marco e S.Rita, situate in Kenya. Nel dopoguerra, forse non a
caso, si è anche interessato di Ufo.
Infine, ma certo non ultimo, un Luigi Crocco, figlio di Gaetano
Arturo Crocco, è stato tra i cinque scienziati che firmarono il
"Progetto Apollo" che consentì lo storico sbarco dell'Uomo sulla
Luna.
1978: Luigi Crocco, figlio di Gaetano Arturo, a Vigna di Valle nel
70° anniversario del primo volo del dirigibile militare "N.1"
Bibliografia:
"Guidonia città dell'aria ha 50 anni di vita" in "Il Tempo" del 19
Dicembre 1987.
Roberto
Pinotti
e
Alfredo
Lissoni
"Gli
'X-files'
del
Nazifascismo:
Mussolini
e
gli
UFO",
Idea
Libri,
2001.
Bernardino Lattanzi - "Vita ignorata del Centro Studi ed
Esperienze di Guidonia", I.B.N., 1990.
PUNTAVANO VERSO LO SPAZIO
di Roberto Pinotti
(Notiziario n° 32 maggio 2002)
Le giuste e acute considerazioni di Luca Daniele (nell'articolo
precedente) si inseriscono in termini perfettamente complementari
e
consequenziali
rispetto
alle
ricerche
e
alle
verifiche
effettuate da me e Alfredo Lissoni in merito al complesso problema
degli "X-files fascisti" e, più particolarmente, a quello del
"Gabinetto RS/33".
A tutt'oggi il personaggio da noi denominato "Mister X", il nostro
misterioso
interlocutore
mittente
delle
documentazioni
pervenuteci, non ha ritenuto opportuno farsi nuovamente vivo.
Pertanto
è
ancora
aperta
la
questione
della
corretta
interpretazione di certe sigle o date.
Sì, certo, con ogni probabilità "RS" sta per "Ricerche Speciali",
e dunque il collegamento a Guidonia è logico.
Sul "'33", viceversa, si può discutere: è l'anno dell'avvio delle
attività del Gabinetto, ovvero il numero dei suoi componenti?
Oppure sono un numero sinonimo di segretezza e potere assoluti,
come il "33" della Massoneria (indicante notoriamente il massimo
Grado dell'Obbedienza Massonica)?
Sia come sia, l'elenco dei Membri della Reale Accademia d'Italia
del 1942, pubblicato nell'Anno XX dell'Era Fascista, contiene
sicuramente i nomi di molti membri (se non di tutti i membri) del
"Gabinetto RS/33".
Va da sé che i molti rapporti riservati e secretati sui Velivoli
Non Convenzionali discoidali avvistati in Italia negli anni Trenta
(indubbiamente ritenuti e temuti dei nuovi mezzi aerei di
produzione straniera più che aliena dai vertici del Fascismo),
sottoposti eventualmente alle "menti" di Guidonia, non avrebbero
non potuto stimolare l'evidente impennata che comunque si
protrasse in concreto "ex tunc" negli studi aeronauti italiani
(peraltro all'epoca già all'avanguardia nel mondo): da diretti
progetti (di evidente approccio ingegneristico) "a tutt'ala"
ovvero
"ad
ala
rotante"
agli
studi
di
superaviazione
o
iperaviazione di Crocco, appunto, impennata che si tradusse, al di
là
dei
molti
ed
importanti
record
aeronautici
tecnicopropagandistici (da quello di velocità di Francesco Agello alle
mitiche "Trasvolate Oceaniche" del Quadriunviro e Atlantico Italo
Balbo Governatore della Libia, necessariamente divenute immagini
del Regime), in effetti primati pionieristici.
Uno fa i tanti, quanto mai significativo, quello del 1937 del
Colonnello Pezzi della Regia Aeronautica (comandante del "Reparto
Alta Quota" di Guidonia) che conquistò, su un Caproni 161, il
primato
mondiale
assoluto
di
altezza
(prima
detenuto
dall'Inghilterra) raggiungendo i 15.655 metri d quota! Per
proteggersi dalla temperatura e dalla mancanza di ossigeno nella
stratosfera,
Pezzi
indossò
perfino
una
apposita,
speciale
combinazione di volo a tenuta d'aria (una via di mezzo tra una
tuta pressurizzata e uno scafandro) non troppo dissimile dalle
odierne
tute
spaziali
per
gli
astronauti:
una
soluzione
d'avanguardia ideata dai tecnici di Guidonia che, ben oltre
l'aeronautica, evidentemente puntavano ormai verso lo spazio.
FILES FASCISTI: MISTERI A NAPOLI
di Giuseppe Colaminè e Nicola Guarino, in collaborazione con Mauro
Panzera
(Notiziario n° 36 settembre 2002)
Nuove prospettive sul tema.
Quando Alfredo Lissoni e Roberto Pinotti avviarono l'indagine sui
cosiddetti "Files fascisti", avanzando l'ipotesi che il fenomeno
Ufo avesse attivamente interessato il Nord Est d'Italia negli anni
antecedenti la Seconda Guerra Mondiale, le varie sezioni Cun della
penisola si attivarono per cercare tracce ed indizi che
eventualmente suffragassero la tesi.
In particolare la Campania era la regione in cui avevano vissuto
tre personaggi citati nelle rivendicazioni anonime che hanno
portato alla ricostruzione dell'intera vicenda.
Fra questi il Prof. Filippo Bottazzi (nato nel 1867, morto nel
1941), presunto componente dell'ipotizzato "Gabinetto RS/33"
(Ricerche Speciali 33), il team di specialisti che avrebbe
ricevuto dal Governo fascista l'incarico di indagare sulle
dinamiche degli avvistamenti Ufo di allora e di un presunto
"crash" verificatosi nella Pianura Padana.
L'indagine su Bottazzi e sulla sua biografia venne avviata (nel
massimo riserbo dovuto ad una figura di simile spessore) dal Dr.
Mauro Panzera, coordinatore regionale del Cun per la Puglia, nella
cui provincia di Lecce e precisamente nel comune di Diso),
Bottazzi stesso era nato e vissuto negli anni della gioventù.
L'indagine di Panzera è tuttora in corso ed i suoi risultati
verranno resi noti quando sarà possibile ricomporre appieno l
puzzle della sua biografia.
Uomo estremamente discreto, Bottazzi è annoverato tra i nomi di
spicco della ricerca nel campo della fisiologia umana in Italia,
ed il suo coinvolgimento nell'RS/33, ben evidenziato da Pinotti e
Lissoni, fa supporre che vi fosse negli ambienti di governo una
motivazione ad effettuare ricerche di tipo biologico. Ciò
apparentemente si accorda poco e male con un fenomeno prettamente
aeronautico come l'avvistamento degli Ufo, a meno che ... questo
suo ruolo non fosse stato legato a contatti con Entità Biologiche
di natura aliena.
Il pacchetto di misteri legato agli eventi di quegli anni è ricco
di strane tracce, di indizi confusi, difficili da mettere insieme
in una trama organica.
Alcuni vengono talvolta a galla in modo
del tutto casuale, magari quando si rianalizzano eventi della
storia quotidiana, raccontati da testimoni del tutto estranei ai
fatti.
Riportiamo in questa prima parte una testimonianza raccolta nel
1997 dal racconto di un'anziana contadina abitante in località
Pianura, alla periferia nord di Napoli.
Per intenderci, Pianura è collocata ai margini della Zona Flegrea,
dove oggi si trova il Comando Nato del Sud Europa. Si tratta di
una zona attualmente urbanizzata ma che fino agli anni Sessanta si
trovava in aperta campagna e che tuttora alterna aree popolate con
tratti ancora disabitati ed impervi.
A raccontare i fatti è un uomo che chiede di non essere nominato
che pertanto, nel rispetto dovuto alla sua privacy, chiameremo con
la sigla "Z".
Egli parlò con la donna che all'epoca del racconto aveva circa 85
anni di età e riferiva un episodio da lei attribuito a fenomeni
paranormali.
Il tutto era avvenuto negli anni Trenta, quando lei era in giovane
età ed abitava in una casa rurale che dava su un'ampia zona
pianeggiante ai piedi del versante ovest della collina dei
Camaldoli.
C'era una mucca esanime distesa sul terreno ed intorno a questa
"alcuni bambini", dei quali veniva rimarcata la bassissima
statura,
stavano
armeggiando
in
maniera
confusa,
non
ben
definibile.
Poco distante, a circa 8 - 10 metri da terra, stava immobile un
oggetto levitante, di forma affusolata somigliante ad un piccolo
dirigibile.
I bambini ad un certo punto issavano l'animale morto a bordo
dell'aeromobile (non vengono riferite le modalità dell'operazione
di carico), salendovi poi a loro volta e quindi l'oggetto si
levava in volo, scomparendo oltre la cresta della collina.
L'anziana spiegava il fatto come un'apparizione di entità
spiritiche.
Ricordiamo altresì che a Napoli esiste la leggenda del cosiddetto
"Monacello", spirito bonario di fattezze simili a quelle di un
nano, storicamente erede dei Lari e Penati di epoca romana e
culturalmente equivalente agli gnomi ed ai folletti della
mitologia nordica: il "Piccolo Popolo".
La somiglianza con un fenomeno di mutilazione animale ad opera di
presunte Entità Biologiche Extraterrestri classificabili con la
tipologia dei "Grigi" è indubbiamente singolare.
Purtroppo non ci è stato fino ad ora possibile rintracciare la
testimone diretta, seppur con l'aiuto di Z.
Non sappiamo nemmeno se ella sia tuttora in vita e non possiamo
neanche escludere che magari le sue condizioni psichiche potessero
essere alterate sia all'epoca in cui raccontò i fatti, sia in
quella in cui ne fu estimone oculare.
Certo è che negli anni Trenta non esisteva una casistica ufologica
ufficiale, né tantomeno una relativa ai Grigi ed alle Mutilazioni
Animali Misteriose, per cui l'eventuale contenuto allucinatorio
non poteva essere attinto da informazioni già acquisite che
avessero in qualche modo condizionato la percezione della ragazza.
Inoltre il fatto che si parlasse di bambini sembra essere a
riprova della buona fede da parte della stessa, la quale ha
raccontato ciò che è riuscita a percepire, razionalizzandolo e
senza effettuare elaborazioni che portassero a figure come mostri,
demoni o altre creature legate all'universo del mito.
Oggi sappiamo però dalla casistica locale che la zona circostante
Pianura e la collina dei Camaldoli vanta un'alta incidenza di
avvistamenti Ufo, nonché di eventi di natura inidentificata
avvenuti al suolo, potenzialmente ricollegabili ad incontri
ravvicinati del terzo e quarto tipo.
E, come vedremo, c'è anche di più.
Siamo nel 1987, il giorno di Lunedì in Albis. Il tempo è bello ed
un gruppo d studenti dell'età variabile intorno ai 15 anni si
diverte ad esplorare la fiancata ovest della collina del
Camaldoli. Sono giovani a caccia di avventure, di sensazioni
forti; hanno portato con loro torce elettriche ed attrezzature da
esploratore dilettante. Perché cercano qualcosa di insolito e di
misterioso... e da ultimo forse lo trovano.
Parzialmente nascosti dalla vegetazione selvatica. Ecco infine
davanti a loro tre varchi, su piani diversi, ognuno abbastanza
ampio da farvi passare un automezzo di media taglia; due di questi
sono chiusi da grosse assi di legno inchiodate, uno non presenta
ostacoli. Esitanti e un po' spaventati, i ragazzi si addentrano
nella cavità oltrepassando il varco pervio, ed intuiscono
immediatamente di trovarsi all'interno d una grande installazione
abbandonata.
La
caverna
è
costituita
da
un
lungo
corridoio
assiale
profondamente scavato nel tufo (non meno di 70 metri di
lunghezza);
le
pareti
sono
levigate,
lavorate
dalla
mano
dell'uomo; sul pavimento sterrato vi è un binario a scartamento
ridotto. In fondo un vecchio carrello da carico completamente
arrugginito. Ai lati del condotto si accede a delle vaste camere,
anche queste modellate ad arte fino ad avere fatto loro assumere
una forma pseudocubica. In tutto sono 4 o 5 ma una di essa
colpisce in particolare i giovani visitatori.
C'è una vecchia consolle in evidente disuso, un pannello di
comandi elettrici ridotto ad un ammasso di ferraglia; accanto si
nota un sistema di valvole disposte in parallelo, valvole
ricoperte di ceramica, grandi ognuna quanto un grosso vaso da
fiori. Quella sala è servita a qualcuno nei decenni passati per
governare un impianto elettrico ad alto voltaggio. La galleria è a
fondo cielo; il binario si interrompe, ma ai lati vi sono due
cunicoli in discesa, rivestiti con scalinate metalliche. I ragazzi
entrano in uno di questi, scendono lungo la scaletta ripida e si
ritrovano in un altro corridoio, simile al precedente, ma avvolto
nel buio, poiché la sua uscita è ostruita dalle porte in legno
viste prima all'aperto. L'avventura è bella ma la paura ha il
sopravvento; i ragazzi abbandonano il posto e quella giornata per
loro resta solo un ricordo.
Uno di loro ci racconta questi fatti nell’ottobre 2001.
Ormai è un uomo adulto e chiede che il so nome non venga reso
noto.
Riusciamo a farci descrivere il luogo esatto dell'ubicazione di
quello che ha tutta l'aria di essere un bunker risalente alla
Seconda Guerra Mondiale, ma quando andiamo a cercarlo, il
paesaggio ci appare totalmente mutato. Negli ultimi anni è stato
costruito sul posto un complesso sistema di svincoli della
Tangenziale di Napoli. Buona parte delle pareti tufacee è stata
rafforzata con murate di cemento, ormai di naturale c'è rimasto
ben poco e dei varchi descritti non vi è traccia.
L'accesso agli archivi militari della Seconda Guerra Mondiale non
ci è possibile, ma molti cittadini napoletani ricordano che nel
1943 i Tedeschi progettavano di difendere Napoli dagli Alleati con
cannoni a lunga gittata, su tipo - per intenderci - di quelli del
celeberrimo film hollywoodiano "I Cannoni di Navarone".
Il bunker descritto avrebbe allora potuto essere la sede di questi
ultimi.
Tutto quadra... o almeno quasi tutto.
I varchi descritti consentono un puntamento efficace verso ovest,
tutt'al più verso nord-ovest.
In pratica i Tedeschi ritenevano possibile uno sbarco degli
Alleati sulla Costa Flegrea, sbarco che invece avvenne poi molto
più a sud, a Salerno.
Questo è un dato storico, poiché il Comando Alleato aveva in
effetti progettato inizialmente uno sbarco a Gaeta, a Nord di
Napoli, con la creazione di una testa di ponte ed una conseguente
manovra verso sud, in modo così da stringere poi a tenaglia le
truppe naziste.
Probabilmente quando gli Anglo-Americani puntarono su Napoli da
sud, il Comando Germanico ordinò la rimozione dei cannoni da una
postazione che ormai non aveva più alcun valore tattico, ammesso
che questi vi fossero mai stati installati.
C'è un aspetto di tipo tecnico che però non convince.
Le forze armate tedesche invasero l'Italia dopo il 25 Luglio 1943.
Gli Alleati passarono oltre lo Stretto di Messina il 3 Settembre,
il 9 avvenne lo sbarco a Salerno e il 1 Ottobre si ebbe la presa
di Napoli. La città era difesa dalla Divisione "Hermann Goering" e
dalla XV Divisione di "Panzergranadieren", entrambe provenienti
dalla disfatta in Sicilia e piuttosto malconce. Ad esse andavano
aggiunti contingenti della X Armata ed alcuni battaglioni di SS.
Dal 27 Luglio al 9 Settembre, giorno in cui lo sbarco di Salerno
vanificò il possibile ruolo del bunker dei Camaldoli, passarono
soli 44 giorni. Giorni febbrili e intensi, fatti di manovre
militari impegnative e complesse, bombardamenti alleati a tappeto,
nonché di operazioni snervanti di contenimento e rastrellamento
nei confronti della popolazione locale che sarebbero poi culminate
nella famosa rivolta delle 4 Giornate di Napoli, alla fine delle
quali i Tedeschi abbandonarono la città. Poteva il contingente
germanico in così poco tempo costruire ex novo un sistema di
gallerie multilivellato, scavando la roccia tufacea di una intera
collina, mentre era peraltro oberato di impegni sul campo ?
La risposta è no; oltretutto il testimone non ricorda di aver
notato svastiche o la minima scritta in tedesco sul pannello
elettrico o sul carrello, e questo è strano poiché gli occupanti
nazisti erano soliti imprimere e riprodurre teutonicamente loro
simboli e indicazioni pressoché ovunque.
Probabilmente, dunque, quel complesso sistema artificiale di
caverne esisteva già a tutto il 25 Luglio 1943 ed i tedeschi non
fecero altro che servirsene a posteriori, magari trovando già sul
posto l'impianto elettrico ed i binari con relativi carrelli.
C'è ancora un dettaglio che ci ha colpiti.
Il carrello parcheggiato è stato descritto come uno di quelli
adatto a contenere detriti di scavo (simile a quello delle
miniere, cioè). Un alloggiamento destinato a contenere dei cannoni
avrebbe sì avuto dei binari, ma carrelli a fondo piatto, sui quali
gli
elementi
di
pezzi
di
artiglieria
possono
poggiarsi
agevolmente.
Invece ci è stato parlato di altro, come se chi lasciò il bunker
stesse ancora scavando.
Un progetto segretamente avviato dagli Italiani, insomma, che
successivamente i Tedeschi tentarono di completare. Ciò è
possibile e anzi probabile.
La nostra indagine è tuttora in pieno svolgimento. Non vogliamo
certo azzardare conclusioni, o tanto meno ipotesi precostituite,
ma non può non lasciarci perplessi il fatto che in una stessa
ristretta area territoriale si siano verificati eventi diversi tra
loro e tutti poco chiari, ma che potrebbero forse avere un minimo
comune denominatore.
Vediamoli:
1 - Un sospetto caso di mutilazione animale negli anni '30,
accompagnato dalla comparsa di un Ufo sigariforme di piccole
dimensioni.
2 - La scoperta di una strana rete di gallerie sulla fiancata
della collina che sovrasta la piana in cui avvenne il fatto
descritto al punto 1.
3 - La presenza stabile nella città di Napoli di ben tre
personaggi legati alla questione dei cosiddetti "Files Fascisti",
nelle persone di: un Filippo Bottazzi, medico, fisiologo; un
Gaetano
Arturo
Crocco,
ingegnere
aeronautico,
studioso
di
proplulsioni sperimentali; un professor Vallauri, coredattore
insieme a Bottazzi della rivista "Scientia".
Non possiamo necessariamente spingerci oltre, ma non possiamo
nemmeno escludere, a questo punto, che nelle vicinanze della città
di Napoli si svolgessero segretamente, già negli anni precedenti
alla
seconda
Guerra
Mondiale,
possibili
sperimentazioni
scientifiche ed aeronautiche da parte di un gruppo di tecnici e
specialisti coperto dal più totale riserbo e la cui natura e le
cui finalità restano totalmente ignote, proprio come nello
scenario
dei
"Files
Fascisti"
legati
ai
"Velivoli
Non
Convenzionali" oggetto degli studi del cosiddetto "Gabinetto
RS/33".
La tragedia bellica potrebbe aver cancellato completamente le
tracce di questi eventi, magari trapiantandone poi in tutto o in
parte le radici oltre oceano; in questo caso l'intero "Affare
Roswell", con la sua tutt'altro che improbabile ricaduta a livello
di retroingegneria sulla chiacchieratissima "Area 51", potrebbe
anche essere stato una qualche "seconda edizione", magari riveduta
e corretta, di una storia già avviata nell'"Italia Littoria".
È solo un'ipotesi, per ora.
Continueremo dunque ad indagare.
UNA NUOVA SEGNALAZIONE DEGLI ANNI TRENTA
di Roberto Malini
Renzo R. vive a Collegno, in provincia di Torino, la nona città
del Piemonte per numero di abitanti. I collegnesi sono gente
pratica e attiva, generosa e industriosa, sempre al lavoro per
migliorare le proprie condizioni di vita e quelle della comunità.
Renzo ha oggi 77 anni e non aveva mai raccontato, se non ai
familiari e agli amici più intimi, il fatto che visse nella
primavera del lontano 1930 (o forse 1931, la memoria non è così
precisa da non fargli dubitare dell'anno, al di là della realtà
dell'esperienza), un evento che la sua razionalità non è mai
riuscita a spiegare in maniera soddisfacente.
All'epoca l'uomo aveva solo 5 o 6 anni e abitava a Torino in Via
Cumana, al quinto piano.
Quella sera, verso le 22.30-23.00, il cielo era sereno e senza
luna, e Renzo R. era sul balcone. Ed ecco, guardando verso ovest,
egli osserva all'improvviso una luce bianca, senza alone né altre
luci intermittenti. L'oggetto luminoso, la cui direzione iniziale
è ovest-est, si avvicina poi con moto uniforme al suo punto di
osservazione, mentre l'intensità della luce emessa rimane sempre
la stessa. Per almeno tre minuti il bambino osserva quella sfera
bianca, che non genera alcuna scia né diffusione luminosa attorno
a sé. È sempre più vicina. Il testimone è stupefatto.
Nel 1930-1931 non si parlava certo di Ufo come oggi, e tutt'al più
si dissertava solo di fenomeni celesti.
Lentamente, senza distogliere gli occhi dalla sfera luminosa,
Renzo R, si ritrae appena all'interno della stanza. A questo punto
il corpo volante compie una leggera curva nel cielo verso sud per
poi puntare nuovamente verso ovest dopo questa breve conversione
di rotta, fino a passare al di sopra del testimone che a quel
punto, spaventato, scappa in casa.
Renzo R. ancora si emoziona a raccontare l'episodio, e si dispiace
di non avere avuto, a quella giovanissima età, la saldezza di
nervi necessaria per continuare ad osservarlo. Ma era forse i
troppo per un bambino spaventato da qualcosa di comunque troppo
grande anche per un adulto. E che comunque non può ricollegarsi ad
alcun
fenomeno
fisico
o
celeste
convenzionale.
La
sua
segnalazione, dunque, si aggiunge a quelle che il Cun ha raccolto
relativamente agli anni Trenta: il periodo "caldo" dell'affaire
degli "Ufo Files Fascisti".
GABINETTO RS/33:
DAL COVER UP ALLA MINACCIA ALIENA
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 40 gennaio 2003)
Si aprono gli archivi storici ed emergono nuove sorprese circa le
ricerche segrete dei fascisti sui dischi volanti: avvistamenti,
riserbo e la paura di una guerra interplanetaria.
Il successo della trasmissione "Ai confini", andata in onda il 5
agosto scorso su "Italia 1", dedicata agli Ufo e contenente una
minuziosa ricostruzione della vicenda dei "files fascisti" della
durata di mezz’ora, ha portato all'inevitabile ricaduta di
interesse.
Risultato,
è
stato
possibile
recuperare
nuovi
documenti,
alcuni
dei
quali
fotografici,
che
dovrebbero
testimoniare della presenza di "velivoli non convenzionali" nei
cieli dell'Italia del Ventennio.
La prudenza è però d'obbligo, specie quando si procede all'analisi
di fotografie realizzate con macchine che, per la tecnica
dell'epoca, lasciavano non poco a desiderare.
Di entrambe le due immagini recuperate mancano riferimenti
cronologici precisi; la prima foto che ho potuto analizzare, e che
mostrerebbe una serie di Ufo in formazione, è stata scattata a S.
Remo, nell'imperiese; ma potrebbe anche trattarsi di un difetto
della fotografia; la seconda immagine ritrae invece il molo
bergamasco di Sarnico e, pur apparendo datata, è presumibilmente
di data recente e mostra non già una serie di UFO ma alcuni fuochi
d'artificio del genere che vengono sparati in agosto sul lago
d'Iseo per la gioia del turisti.
Il collega Matthew Hurley ha poi trovato diverse fotografie ante
guerra, alcune delle quali già note, che ha reso disponibili on
line nel sito "Historical artwork"; fra le tante, ne spicca una
scattata a Slide Ward, in Colorado, nell'aprile del 1929 da Edward
Pline; costui avrebbe udito un forte boato ed avvistato e
fotografato in cielo "una forma larga e rotonda" che si muoveva
sopra la sua testa (i giornali dell'epoca non riportarono
aIcunché). Ma la documentazione più interessante è emersa, come al
solito, frugando negli archivi.
Tacitare i giornali
Debbo dire che a lungo mi sono interrogato sulla rapidità, ai
limiti dell'incredibile, con cui il regime fascista fosse riuscito
ad insabbiare l'atterraggio di un disco volante nel '33, a creare
una speciale commissione investigativa, ad attivare tutti gli
agenti dell'Ovra per "tacitare giornali e testimoni", ed infine a
coinvolgere
funzionari
dell'osservatorio
di
Brera,
affinché
fornissero ad eventuali curiosi una spiegazione di comodo (la
caduta di un meteorite). Un simile tempismo era decisamente
sospetto. Ed alla fine, grazie alla collaborazione del giornalista
Antonio Cosentino, che mi ha consentito l'accesso agli archivi
storici della Prefettura di Varese, la soluzione è arrivata. Il
Duce, che all'epoca dei fatti del '33 credeva "inizialmente" di
avere a che fare con un prototipo segreto del nemico, aveva già
vissuto un'esperienza similare, cinque anni prima! Solo che in
quell'occasione l'aereo sperimentale era terrestre, ma soprattutto
apparteneva alla nostra Aeronautica; fuga di notizie vi era stata,
e non si era riusciti ad impedirla. Leggo infatti quanto segue in
una velina datata 12 marzo 1928, decifrazione di un telegramma "in
codice" inviato ai prefetti del Regno da Mussolini in persona:
"N. 7646 stop. Il giorno nove scorso alcuni giornali hanno
pubblicato la notizia della costruzione di un nuovo aeroplano per
record di durata et distanza stop. Avevo ordinato che la
costruzione di tale apparecchio fosse tenuta gelosamente segreta
innanzitutto per non manifestare alle Aeronautiche straniere la
nostra intenzione di intervenire in competizioni dalle quali [...
parola censurata] eravamo sino a ora rimasti assenti, poi perché
intendevo che prima di interessare l'opinione pubblica mondiale
l'Aeronautica italiana dovesse essere cautelata nel suo buon nome
almeno da riuscite prove di controllo stop. L'aeroplano non est
pertanto uscito ancora dai cantieri che già la stampa si
impossessa della notizia, corredandola di dati tecnici che, se non
ne
costituiscono
la
violazione
di
un
segreto
militare,
rappresentano la divulgazione di notizie che possono pregiudicare
un successo nazionale stop. Prego le Signorie Vostre di invitare
perentoriamente signori direttori dei principali quotidiani a
volere rinunziare alla pubblicazione di preparativi prima che non
ne sia data comunicazione ufficiale stop. Su casi di dubbi in
materia tanto tecnici esiste un organo, cioè l'ufficio stampa del
Ministero dell'Aeronautica; può sempre fornire tutte le necessarie
informazioni. Il Capo del Governo, Ministero dell'Aeronautica,
Mussolini."
Il testo del telegramma, ribadisco, era stato cifrato (le parole
erano state sostituite da una serie di numeri in codice), ma
l'Archivio di Varese disponeva anche della velina decriptata.
L'evento si riferiva chiaramente alla fuga di notizie circa un
aereo militare segreto; le direttive erano espresse in maniera
alquanto tenera e diplomatica: il Duce non aveva ancora
conquistato l'appoggio incondizionato di una fetta consistente
della popolazione (si pensi che il sostegno dei cattolici arrivò
solo l'anno dopo, con i Patti Lateranensi); di ben altro tenore
saranno le disposizioni, perentorie, impartite cinque anni dopo! A
seguito di questa prima esperienza "mediatica" negativa è logico
ritenere che le gerarchie del regime avessero addestrato gli
agenti dell'OVRA per impedire che un'analoga fuga di notizie
potesse ripetersi in futuro. I vertici dell'Italia militarista
ebbero buon fiuto, visto che nel giugno del 1933 avrebbero avuto
nientemeno che la ventura di imbattersi in un disco volante.
La struttura di "copertura", messa in pista nel frattempo,
funzionò egregiamente; ecco come e perché fu possibile, nel giro
di poche ore, insabbiare l'episodio lombardo del 1933!
I paleoavvistamenti
Del resto, è assai probabile che fossero giunte notizie di
avvistamenti "insoliti" alle alte sfere del Regime prima ancora di
quell'atterraggio.
Il collega Aurelio Nicolazzo ha rinvenuto alla Farnesina un
documento del Ministero dell'Interno, con stampigliata la dicitura
"Riservato" è una lettera del 10 novembre 1932, inviata al
Ministero degli Affari Esteri e al Gabinetto dell'Aeronautica, in
cui si riferisce che "per opportuna conoscenza, si informa che
alle ore 13.30 del 4 corrente un velivolo proveniente dalla
Francia eseguiva per circa cinque minuti evoluzioni ad alta quota
su Col Sorel e Col Luna in quel di Cesana Torinese - Torino -,
dirigendosi poi in territorio francese". Un banalissimo aereo
francese? La classifica di segretezza del rapporto, e l'allarme
suscitato, portano ad escludere una spiegazione convenzionale. La
lettera concludeva lapidariamente: "Data l'altezza mantenuta
dall'apparecchio, non è stato possibile identificarlo". Sappiamo
poi che un "segmento con due V attaccate alle estremità della
base" venne visto nel cielo di Arquata Scrivia (AT) alla fine di
aprile del 1928 e che nel febbraio del 1923 un "grosso pesce color
rame, con riflessi metallici, due oblò ovali ed una cupola
trasparente al cui interno non si notava nulla, ed infine con
un'elica color rame in coda", scese in picchiata dal cielo in un
bosco di Pieve di Teco (IM). Il testimone, all'epoca un ragazzo
diciassettenne, racconterà all'ufologo CUN Roberto Balbi che "dopo
un po' l'elica si era messa a girare vorticosamente, tanto da
sparire praticamente alla vista; contemporaneamente notai alcuni
punti rossi brillanti, che non riuscii ad interpretare, se luci o
fiamme. Con uno schiocco l'oggetto, che sembrava galleggiare
nell'aria, parti a velocità vertiginosa verso il cielo".
Quattro mesi dopo un altro Ufo veniva avvistato su Alli, a sei
chilometri da Catanzaro. Velivoli militari o velivoli alieni? Poco
importa,
ma
certamente
quelle
insolite
presenze
dovettero
cominciare ad impensierire le autorità.
La Disney connection
E la verità, poco alla volta, sta emergendo. Il tema dei files
nazifascisti, del resto, affascina molti ricercatori, in tutto il
mondo.
Negli Stati Uniti l'uscita di un libro, "The Hunt for zero point"
di Nick Cook, è destinato a innescare polemiche; per dieci anni
editore della prestigiosa rivista "Jane's Defense Weekly", la
bibbia degli appassionati di aeronautica, Cook mette ora a rischio
la propria credibilità sostenendo che il governo americano avrebbe
lavorato per cinquant'anni, in gran segreto, ad un progetto di
retroingegneria nazista. Sindrome del colonnello Corso? Non pare
proprio.
Un ricercatore a nome Igor Witkowski avrebbe rivelato a Cook di
una vecchia miniera ove le S.S. avrebbero lavorato ad una macchina
ovale rotante, mossa da elettricità, detta il "campanello", e che,
qui sta l'assurdo, avrebbe funzionato come macchina del tempo!
Ci sia consentito di dubitarne (sembra di leggere la trama del
film "Philadelphia experiment II"); ho contattato il collega
polacco Robert Lesniakiewicz, capitano riservista dell'Esercito di
frontiera nonché presidente del gruppo ufologico Jord-Nol (che
studia principalmente segreti militari violati), che mi ha
confermato che gli esperimenti sulle V-7, i dischi volanti
nazisti, venissero condotti in gallerie segrete della Polonia,
principalmente nella zona dei monti Tatra e Gory Sowie (i primi,
per l'alto numero di avvistamenti e di sparizioni, sono
considerati l'Hessdalen della Polonia). Non ho trovato invece
prove della veridicità di quanto afferma Cook, che sostiene che
sarebbe esistita anche un'altra macchina antigravità nazista, un
disco volante chiamato "Repulsine" (vi sono peraltro molte "voci"
che
affermano,
da
molti
anni,
di
studi
segreti
nazisti
sull'antigravità).
Tutto falso, dunque? Forse, e forse no. Viene da ritenere che
debba esserci qualcosa di vero in queste storie, visto che persino
a Walt Disney, noto editore di fumetti assai vicino ai servizi di
Intelligence, qualcosa arrivò all'orecchio, prima della guerra.
Pochi sanno che Disney avesse un "debole" per le tematiche del
mistero, una vera e propria passione trasmessa poi ai suoi
continuatori (si pensi al recente successo "Lilo e Stich", ove un
Man In Black cita espressamente il caso Roswell, o al fatto che il
12 febbraio 1967 la Disney pubblicò una storia del famosissimo
CarI Barks, "Zio Paperone ed il bilione in fumo", rieditata in
"Paperino" del dicembre 2002, in cui si dileggiano gli antesignani
dello Csicop o "Club degli scettici"; questi offrono un bilione di
dollari a chi sarà in grado di presentare loro un disco volante
con umanoidi; ed ecco che un Ufo miniaturizzato atterra sul loro
desco, lasciandoli peraltro sempre increduli).
"Zio Walt" doveva sapere benissimo, come molti suoi contemporanei
legati all'Intelligence, delle ricerche segrete dei nazisti e
sfruttò l'idea, da buon fumettista, per realizzare una storiella
propagandistica, "Topolino e il mistero dell'uomo nuvola" (titolo
originale, "Mickey Mouse on sky island") pubblicata a strisce
giornaliere dal 1 dicembre 1936 al 3 aprile 1937.
La vicenda è assai curiosa: una strana isola è tenuta sospesa nel
cielo da un continuo bombardamento atomico; là vi dimora in gran
segreto, spostandosi in cielo su un'automobile volante nascosta in
una nube, uno scienziato tedesco che ha scoperto il modo di
utilizzare l'energia nucleare (e che sembra ricordare Walter
Miethe, il nazista che nel '33 lavorava al Centro Missilistico di
Kummersdorf con Werner Von Braun e che in seguito passò alla
costruzione dei dischi volanti); l'aspetto insolito di quella che
sembrerebbe una banale storia a fumetti è stato sottolineato non
dagli ufologi ma da un critico "super partes", il direttore
responsabile
della
testata
"Topolino"
per
l'Italia,
Gentilini, che in una riedizione del fumetto commenta: "Gli
sull'energia atomica erano allora solo agli inizi". Da dove
dunque attinto Walt Disney?
Evidentemente da fonti dell'Intelligence americana, che da
spiavano il Führer.
Mario
studi
aveva
tempo
Propaganda nascosta
Gli ufologi scettici negano l'esistenza delle V-7, affermando che
la "leggenda" della loro costruzione sarebbe stata inventata nel
1952; arrivano persino a contestare velenosamente la nostra
meticolosa ricostruzione, pur non avendo nemmeno mai visto i
documenti in nostro possesso. Alla faccia del metodo scientifico!
Ovviamente mentono sapendo di mentire.
Che Hitler stesse cercando di costruire velivoli dalla forma
inusitata era talmente noto, persino tra le linee alleate, che tra
il 19 luglio ed il 23 ottobre 1943 la Disney pubblicò un altro
fumetto, "Mickey Mouse on a secret mission", attraverso il quale,
grazie all'uso dei comics, si dileggiavano le ricerche del Führer,
ed in particolare, ci informa Franco Fossati su "Storia
illustrata" del maggio 1978, "la costruzione di un aereo atomico a
forma di V", palese riferimento all'ala volante!
Forse potrà sembrare azzardato il collegamento tra fumetto e files
fascisti, ma non è così.
I comics, durante la guerra, venivano utilizzati come arma di
propaganda, alla stessa stregua di altre tattiche militari. Lo
conferma lo stesso Fossati: "Con l'avvicinarsi della Seconda
Guerra Mondiale molte storie made in Usa si trasformarono in
strumenti più o meno efficaci della propaganda. Arruolarsi divenne
quasi un gioco per i maggiori personaggi dei fumetti e tutti
vollero rispondere all'appello della patria. Visto il riflesso sui
giovani lettori, quasi nessuno dei grandi personaggi del fumetto
americano è dunque sfuggito a questo destino, soprattutto
Topolino, definito nel 1935 dalla Società delle Nazioni come
simbolo internazionale di buona volontà; era popolarissimo, tant'è
che Mickey Mouse fu la parola d'ordine delle truppe alleate il
giorno dello sbarco in Normandia. Walt Disney e la sua équipe
misero a disposizione del Governo americano la sottile ironia di
Topolino, realizzando fumetti e disegni animati...".
La base sul Garda
Di recente, sui files nazifascisti sono usciti altri libri, e
persino
un
romanzo
fantascientifico
"ucronico"
(cioè,
di
fantastoria) di Mario Franzeti, "Occidente" (Nord) in cui si
immagina la vittoria militare del fascismo e nel quale l'autore
menziona esplicitamente il Gabinetto RS/33 (il romanzo è stato un
tale successo da essersi esaurito in poco tempo; "Times" vi ha
dedicato un lungo articolo ed è in uscita il sequel).
A parte l'ottimo "Occidente", sul fronte della saggistica, la
qualità rende perplessi.
Si va da "I segreti perduti della tecnologia nazista" di Gary
Hyland (Newton), che riprende le molte leggende messe in giro dai
movimenti neonazisti sui dischi volanti del Führer, ad Henry
Stevens, recentemente autore di "Hitler's Flying Saucers - A Guide
to German Flying Discs of the Second World War", la cui
pubblicazione
in
tascabile
è
prevista
dalla
californiana
Adventures Unlimited Press per marzo del 2003 e che accredita le
voci (inventate dall'ufologo italiano Alberto Fenoglio e dal
francese Henry Durrant) sul Sonder Buro n. 13 e sul disco volante
costruito da un certo Leduc nel 1949.
Del primo va sottolineato, a margine di tante "voci" riportate nel
libro e ricavate principalmente (sebbene furbescamente si sia
omessa una bibliografia) da testi a sensazione come "Il mattino
dei maghi" o "Secret societies" del nazista Jan Udo Holey, il
fatto che si citi come presunta base segreta di test germanici la
zona del Garda.
Leggere ciò mi ha stupito, perché è stato proprio a Maderno sul
Garda che ho rintracciato i disegni del disco volante che il
progettista D.G. ideò negli anni Quaranta per conto di Mussolini
(e che sviluppò, come mi hanno recentemente confermato la figlia e
l'ufologo Livio Milani, per la Breda di allora. Nel corso del
programma "Ai confini" ho mostrato i disegni su lucido che D.G.
ricreò a memoria nel 1965). Ciò mi induce a pensare che, fra tanto
materiale controverso, Hyland abbia attinto anche a documentazione
più attendibile (e del resto, si è rifatto anche al giornalista
scientifico Renato Vesco, la cui opera è stata però pubblicata
negli Stati Uniti con insert di foto false e documentazione
scandalistica).
A Maderno del Garda si ritirò il progettista D.G. del "Gabinetto
RS/33". Il locale edificio scolastico divenne una sede R.S.I.
La guerra degli alieni
Una
volta
accantonata
l'ipotesi
che
il
"velivolo
non
convenzionale" atterrato in Lombardia nel 1933 fosse un'arma
inglese o francese, una parte dei membri del Gabinetto RS/33
(Arturo Crocco in testa) rivolse gli occhi alle stelle, in cerca
di una spiegazione. Sappiamo che Marconi credesse che i marziani
avessero inviato, negli anni Venti, radiomessaggi ai terrestri, e
che Crocco vagheggiasse di volare con un razzo sulla Luna (e fu
profeta). Ma c'è dell'altro, molto di più.
Il
giornalista
scientifico
Ugo
Maraldi,
nel
libro
"Dal
cannonissimo
al
raggio
mortale"
del
1939,
ipotizzava
la
costruzione
di
un
gigantesco
cannone,
sulla
scorta
del
cannonissimo tedesco Bertha che tirò su Parigi nel 1918,
"nell'eventualità d una guerra interplanetaria"!
La notizia è sconvolgente. I dottori del Gabinetto RS/33 erano
dunque preda della psicosi innescata l'anno precedente dalla
trasmissione di Orson Welles?
O l'aver scoperto che non siamo soli aveva messo in fibrillazione
le alte sfere colonialiste e militari, che già temevano
un'invasione dello spazio, la stessa che nel' 41 Mussolini augurò
agli americani?
Sia come sia, Maraldi nel suo libro si esprime con grande serietà,
dimostrando di credere realmente ad una simile ipotesi (che
riporta alla mente analoghe preoccupazioni contemporanee paventate
dal presidente americano Ronald Reagan al leader russo Gorbaciov,
nel
1987);
non
solo,
nello
stesso
volume,
a
conferma
dell'esistenza di una tecnologia italiana in grado di sostenere
una ipotetica "guerra tra galassie", Maraldi accreditava le "voci"
sul raggio della morte (voci a lui contemporanee, vista la data
dell'esperimento del blocco a distanza delle auto sulla strada di
Ostia, ad Acilia), senza peraltro citare direttamente Marconi,
evidentemente per non violare un segreto militare. Il fisico
italiano era comunque diplomaticamente menzionato immediatamente
dopo, apparentemente in modo slegato, a proposito dei radiopiloti.
Nel volume, Maraldi nascondeva abilmente un altro segreto
militare, il fatto che "la RCA stesse lavorando ad un nuovo
dispositivo che studia la televisione per il volo cieco".
L'elemento intrigante è che Marconi, che di Maraldi sembra essere
la fonte principale, ebbe contatti stretti con David Sarnoff, il
radarista del Titanic in seguito membro dell'Intelligence Usa
coinvolto nelle inchieste sugli Ufo.
Maraldi affermava che le ricerche americane si basavano sugli
ultrasuoni e, a pagina 315 del suo libro, confessava: "Dopo aver
assistito personalmente a qualche interessante esperienza in
materia, ritengo che dal mondo degli ultrasuoni, probabilmente,
scaturirà il vero raggio mortale" (il che è coerente con le
attuali conoscenze scientifiche; solo che Marconi e Maraldi ne
parlarono con mezzo secolo d'anticipo).
Questo accredita, una volta di più, la tesi della retroingegneria
aliena durante il fascismo.
Per quale motivo il Gabinetto fascista temesse un attacco dallo
spazio è comprensibile solo calandosi nell'atmosfera militaresca
degli anni Trenta, che temeva invasori da ogni dove, persino dallo
spazio.
Ma proseguiamo.
Il fantomatico Bottazzi
Non solo Crocco e Marconi ci hanno riservato delle sorprese.
Grazie all'attivissimo Mauro Panzera di Lecce abbiamo potuto
rinvenire molta documentazione su un altro membro di spicco del
Gabinetto RS/33, il neurofisiologo Filippo Bottazzi, l'uomo che,
ritengo, per le sue competenze dovesse studiare la morfologia
aliena! L'azzardo è solo a prima vista.
Panzera ha scoperto che Bottazzi si dedicava già all'epoca degli
studi universitari a ricerche sul cervello e sulle fibre nervose
corticali; inoltre, testimonia il fisiologo Amedeo Herlitzka,
"alla Stazione Zoologica di Napoli esegui una serie di ricerche
fondamentali di fisiologia comparata, e di fisiologia del cuore
dei
vasi
sanguigni".
E
non
solo.
Nell'Italia
militarista
d'anteguerra Bottazzi era stato scelto al Gabinetto Ricerche
Speciali in quanto grandissimo esperto degli effetti di veleni
"contratturanti"
quali
la
veratrina
e
l'acetiledina,
e
"deprimenti" come l'atropina. Ancora una volta, nella biografia
dei membri del team segreto, ritorna il coinvolgimento bellico.
Grazie ai volumi che Panzera ha rinvenuto a Diso, terra d'origine
di Bottazzi, sappiamo che questi era intimo amico del direttore
del Gabinetto RS/33: possedeva una foto autografa di Marconi, che
gli esprimeva "ammirazione per l'attività scientifica"; non
stupisce che il genio della fisica lo volesse a sé nel Gabinetto
RS/33. Bottazzi era poi un patito di esoterismo; il parapsicologo
Charles Richet lo apprezzò molto sia per questo che per i suoi
trattati di chimica fisiologica (pietre miliari della ricerca
italiana) e lo coinvolse nella stesura di un "Dictionnaire de
physiologie".
Spiritista convinto, e poi disincantato, Bottazzi viene così
ricordato, nella biografia a lui dedicata ed edita nel 1992, dagli
scrittori Giuseppe Antonio Giannuzzo e Francesco Corvaglia. "Verso
la metà del secolo scorso nacque l'interesse per il cosiddetto
magnetismo
animale
e
per
quei
soggetti
magnetizzati,
che
sembravano avere lucidità magnetica, cioè capacità extranormali di
percezione e di conoscenza; in quel periodo lo spiritismo richiamò
l'attenzione di molti studiosi e sorsero le prime associazioni
come la famosa Society for physical Research di Londra. Ai
fenomeni
extranormali
come
la
telecinesi,
l'emanazione
di
ectoplasmi, le levitazioni del corpo umano, la telepatia, la
chiaroveggenza,
manifestati
da
soggetti
chiamati
medium
o
sensitivi, si interessarono curiosamente i fisici e i fisiologi.
Bottazzi si trovò in buona compagnia, dal fisico William Crookes,
inventore del tubo a raggi catodici, al fisiologo Charles Richet".
Aveva seguito accalorandosi il caso della discussa medium
napoletana Eusapia Palladino; ritenutosi ingannato, dopo un paio
di anni (ma non senza prima avervi dedicato un libro) abbandonò il
campo. F. Ghiretti, professore del Dipartimento di Biologia
dell'Università di Padova (alle cui opere si sono rifatti
Giannuzzo e Corvaglia), di lui scrisse nel 1984, per un
"Rendiconto" dell'Accademia di scienze mediche e chirurgiche di
Napoli: "Nel 1892 partecipò a 17 sedute a Milano alla presenza di
Lombroso, Richet, Schiapparelli (lo scopritore dei canali di
Marte! ndr), poi a Cambridge per la Società per le Ricerche
Psichiche. Dopo averla fatta studiare da esperti di illusionismo,
a Napoli nel 1907, le osservazioni di Bottazzi consacrarono
definitivamente
l'autenticità
delle
facoltà
metapsichiche
e
paranormali di Eusapia Palladino; di tale esperienza il fisiologo
dette comunicazione con un volume di 249 pagine edito da Pertella
a Napoli nel 1909, dal titolo 'Fenomeni medianici'. Il libro destò
grande interesse tanto che ben presto l'edizione fu esaurita, ma
egli non volle mai ripubblicarlo, convinto, forse, dal precetto di
Leonardo, che non convenisse occuparsi di cose improvabili.
Dopo tale esperienza l'interesse di Bottazzi per questi fenomeni
svanì".
Ma non del tutto. Nel '33 venne chiamato allo studio dei files
fascisti. Perché proprio lui? Perché uno spiritista? E cosa ci
faceva un astronomo come Schiaparelli alle sedute della Palladino?
Ritengo non sia casuale il fatto che sin dal 1894 (con Hélène
Smith in Francia) molti medium credessero di dialogare con i
marziani. E Schiaparelli nel 1893 e Bottazzi nel 1933 ai marziani
finirono col credere; il primo con un anno d'anticipo sulla nuova
moda spiritica, il secondo, "metapsichista pentito", esattamente
vent'anni dopo. Sarà forse sua la responsabilità del fatto che,
nei giorni dell'atterraggio del disco di Vergiate, i giornali
italiani lanciassero un'operazione di "preparazione culturale"
sugli alieni pubblicando articoli a favore dell'esistenza dei
marziani, citando come fonte "autorevole" un medium contattista?
Fonti:
"The German secret weapon", in "UFO" 8-95.
G. A. Giannuzzo - F. Cornovaglia - "Filippo Bottazzi, vita, opere,
giudizi" - Laborgraf, Tricase.
Kurt Kleiner - "The hunt of zero point".
M. Hurley - "Historical arrwork".
G. Hyland - "I segreti perduti della tecnologia nazista", Newton,
Roma 2002.
U. Maraldi - "Dal cannonissimo al raggio mortale", Bompiani,
Milano 1939.
R. Pinotti e A. Lissoni - "Gli X-files del nazifascismo", Idea
Libri, Rimini 2001.
"Rendiconto dell'Accademia di scienze mediche e chirurgiche di
Napoli", Napoli 1984.
G. Schiaparelli - "La vita sul pianeta Marte", Mimesis, Milano
1998.
"Scritti biologici dedicati al prof. Filippo Bottazzi", Napoli
1928.
H. Stevens - "Hitler's Flying Saucers", Adventures Unlimited Press
3-03.
"Topolino e c. in guerra", di F. Fossati in "Storia illustrata" 578.
"Topolino e il mistero dell'uomo nuvola", ne "Il Topolino d'oro",
Mondadori, Milano 1972.
"Zio Paperone e il bilione in fumo", in "Paperino" 12-02.
Il SAUCER PROGRAMME
Ronald D. Humble, nel suo articolo "The German secret weapon - Ufo
connection", apparso sulla rivista californiana Ufo nell'agosto
del 1995, ripercorre la vicenda dei foo fighters [ricordando come
tale nome fosse stato derivato da una strip fumettistica assai
popolare, "Smokey Stover", che usava titolare "Where there's foo,
there's fire"]. Humble, attingendo chiaramente alla letteratura
dell'italiano Renato Vesco ed al libro "Intercettateli senza
sparare" [come già detto, caricato, nella versione americana, di
testi e foto fasulle non dell'autore italiano], separa seriamente
la leggenda dalla realtà e ricorda come, secondo Vesco, i nazisti
disponessero di un aereo supersonico, il Kugelblitz o "Ball
lightning", il cui prototipo era stato testato nel febbraio del
1945 in una base sotterranea a Kahla in Turingia, "prima di essere
distrutto, sul finire della guerra, coi rimanenti Feuerballs.
Questi progetti erano coordinati sotto massima segretezza dal
Comando Tecnico Generale della S.S., che si occupava anche delle
V-1 e delle V-2 ed il cui direttore, il generale Hans Kammler
scomparve misteriosamente dopo la guerra; gli esperimenti erano
condotti in una zona sperduta nei monti Harz, ove alcune fattorie
sotterranee
disponevano
di
laboratori
ed
officine
per
la
costruzione dei missili V-2 e di altre armi" [quest'ultima
informazione è stata confermata anche da George Klein, uno dei
nazisti che vuotò il sacco sulle V-7, dopo la guerra].
Humble concorda sul fatto che, a guerra finita, sia americani che
russi ottennero interi dossier completi su gli sviluppi bellici
nazisti [sinora si pensava che invece essi avessero messo le mani
su pochi frammenti progettuali inconsistenti]; ciò avrebbe
allarmato gli americani, convinti, nel dopoguerra, che dietro i
dischi volanti vi fosse retroingegneria nazista di matrice russa;
Humble cita a tal proposito un "report" del capitano Edward
Ruppelt del Blue Book, secondo cui l'Aeronautica americana
concludeva [presumibilmente sollevata] che i dischi dimostrassero
manovre troppo avanzate per essere di matrice sovietica.
Anche un altro ricercatore, il fisico scettico Harley D. Rutledge
[in "Project Identification" del 1981] ha ipotizzato una matrice
terrestre di origine tedesca. Del resto, secondo i files fascisti,
la Gestapo iniziò ad interessarsi delle ricerche del Gabinetto
RS/33 nel 1938; un anno dopo veniva testato il primo jet militare
tedesco, l'Heinkel 178. Sempre nel 1939 l'ingegner Heinrich Focke
veniva coinvolto nella progettazione e nella costruzione degli
aerei FW6, Fa223, Fa226, Fa283 e Fa284; il progettista tedesco
anticipò la propulsione dei moderni elicotteri e poté così
disegnare un velivolo a decollo verticale e brevettare un velivolo
discoidale con due rotori; ancora nel 1939, ma non esistono fonti
sicure, le S.S. avrebbero prodotto un disco volante battezzato
RFC-5 o "Haunebu 1"; di quest'ultimo non ho trovato documentazione
che non provenisse da circoli nostalgici esoterici.
Controverse immagini fotografiche di una improbabile "arma
segreta" nazista: l'"Haunebu", 1 e 2. Si sarebbe trattato di un
rivoluzionario velivolo circolare dalle caratteristiche non molto
dissimili da quelle dei "dischi volanti" del dopoguerra. Relative
fonti e circostanze restano del tutto sconosciute, a differenza
della "V-9" ad ala rotante testata dai nazisti nel 1945.
Sappiamo invece di due team, composti da Miethe, dal pilota e
progettista Rudolph Schriever, da Klaus Habermohl e dall'ingegnere
italiano Giuseppe Belluzzo del Politecnico, impegnati nella
costruzione delle V-7.
Il primo a darne notizia fu il maggiore tedesco Rudolph Lusar, al
quale attinse Peter Kolosimo per il suo libro "Ombre sulle
stelle".
Recentemente un altro studioso, Bill Rose, ha "riscoperto"
l'esistenza dei due team, confermando che Miethe fosse il
direttore del "Saucer Programme" in due basi localizzate fuori
Praga. Un quinto scienziato, Viktor Schauberger, sarebbe stato
coinvolto nella produzione di questi dischi.
Fonti che non sono in grado di confermare affermano che il
progetto di un velivolo a levitazione, senza combustione e
propellente e ideato da Schauberger avrebbe attirato l'attenzione
di Hitler. Ha narrato posteriormente il figlio dello scienziato:
"Nel giugno del 1934 Viktor fu invitato alla Cancelleria, alla
presenza di Herman Goering, per discutere della nuova scienza".
Diversi studiosi ritengono che grazie alla scoperta di una
misteriosa
"forza
di
levitazione
diamagnetica".
Schauberger
avrebbe di fatto progettato il primo disco volante [una turbina];
se così fosse, sarebbe dimostrato l'ossessivo interesse del führer
per i lavori del Gabinetto fascista. Le fonti straniere, che
sfortunatamente attingono spesso anche alla letteratura nostalgica
nazista come Neues Europa e Neue Zeitalter ritengono che il
prototipo di Schauberger sia stato alla base dei successivi
sviluppi del disco di Belluzzo-Schriever-Miethe.
La nostra ricostruzione dei files fascisti ci dice che le cose non
andarono in realtà così, e che l'impulso fondamentale venne
dall'Italia
[pur
esistendo
idee
preesistenti
di
velivoli
discoidali, come la ruota di Nordung].
La bibbia della storia dello sviluppo della bomba atomica, il
volume "Brighter than a thousand suns", conferma l'esistenza delle
V-7: "Il primo disco volante, come in seguito essi vennero
chiamati, di forma circolare e con un diametro di 45 iarde, fu
costruito dagli specialisti Schriever, Habermohl e Miethe e
testato il 14 febbraio 1945 su Praga; raggiunse in tre minuti
un'altezza di 8 miglia; aveva una velocità di 1250 mph, poi
raddoppiata nei test seguenti".
In realtà le prestazioni, decisamente iperboliche, attribuite dopo
la guerra dai nazisti sopravvissuti alle V-7 lasciano interdette.
Un paio di anni or sono ne discussi in una mailing list di piloti,
"P.A.N.", ed i tecnici furono concordi nel ritenere esagerate
queste accelerazioni.
ULTIMO ATTO:
ATTACCO AI FILES NAZI-FASCISTI
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 45 giugno/luglio 2003)
Nelle ultime settimane sono arrivate, da parte di certi ambienti
scettico-riduzionisti italioti, dapprima oesanti critiche al Cross
Project, poi al Progetto Sassalbo, quindi alle ricerche sui
fenomeni di di Hessdalen.
Non intendiamo fare gli avvocati difensori di nessuno, perché sta
in primis agli interessati - che non hanno certo bisogno di noi rispondere adeguatamente a critiche sterili, faziose e inadeguate.
Peraltro è impossibile non intravedere in tutto questo un qualche
disegno evidentemente comune e finalizzato.
Da tanta furia iconoclasta non poteva certo rimanere indenne il
sottoscritto, ripetutamente preso di mira da Giuseppe Stilo,
principalmente in merito ai files fascisti. Nell'ultimo numero
della rivista autoprodotta a circuito interno dal Cisu "Ufo" (n.
25) lo "storico dell'ufologia" (tale si qualifica) pubblica un
articolo che apparentemente nulla ha a che vedere con le mie
ricerche, e che è - testuali parole - "sulla strana vita e
l'assurda morte" del noto rivelazionista filonazista Bill Cooper.
Ci si chiederà, giustamente, cosa c'entri tutto ciò con il
sottoscritto,
che
è
noto
per
l'ostilità
ai
"revealers",
manifestata sin dalla pubblicazione telematica nel 1993 del mio
libro "Gli Ufo e la Cia", recentemente rieditato dalla Mir. Ben
poco, in effetti, ma l'ufologo Cisu, pur ammettendo a pag. 39 del
suo articolo di non essere nella "sede più opportuna per ampliare
la questione", ne approfitta per dedicare due colonne e mezzo al
"mito dei dischi volanti nazisti" ed al "fantomatico colonnello
del genio dell'esercito tedesco Heinrich Richard Miethe, di cui si
parla fin dal giugno del 1952 con riferimento alla V-7". Nel suo
primo libro autoprodotto, "Scrutate i cieli!" (Upiar, 2000) Stilo
affermava, di fatto, che le V-7 fossero un mito e che Miethe fosse
stato inventato nel 1952 dal quotidiano d'oltralpe "France Soir".
L'uscita,
l'anno
seguente,
del
libro
"Gli
X-files
del
nazifascismo", scritto a quattro mani dal sottoscritto con Roberto
Pinotti, azzerava tale tesi: a pagina 202 pubblicavo una delle
rarissime foto di Miethe, immortalato a Kummersdof nel 1933, e
facevo notare che gli ufologi avevano sempre cercato nella
direzione sbagliata, in quanto il vero nome dello scienziato
nazista era Walter e non Heinrich Richard. La foto del nazista era
tratta dal libro "Ufo revelation" dello scrittore inglese Tim
Matthews, che l'aveva ottenuta dallo studioso aeronautico Bill
Rose.
La questione sembrava risolta ma ecco che Stilo, preannunziando
nientemeno che una "rassegna critica del libro di Alfredo Lissoni
e Roberto Pinotti", attacca sulla rivista del Cisu Tim Matthews
(vero nome Tim Hepple), non trovando di meglio che rievocarne il
passato di militante nazista: membro del National Front, del
British National Party, del Combat 18, sino al pentimento e alla
trasformazione in anarchico antinazista.
Tutto ciò che dimostra? Nulla.
I pistolotti morali non interessano la ricerca storiografica.
Pure, tanto basta a Stilo per invalidare l'intero libro di
Matthews, con queste parole: "Non è che su Matthews non si possa
dire niente, anzi! Dal 1995 Matthews inizia ad interessarsi degli
Ufo. E scrive, senza alcun manifesto accento ideologico, che la
Germania nazista già possedeva i dischi volanti, che Miethe
esisteva davvero e che nel 1933 collaborava con Wernher von
Braun...".
In realtà Stilo che non era sul nazista pentito - le cui
convinzioni politiche non interessano, al di là dell'attacco ad
hominem portatogli - che avrebbe dovuto concentrarsi, ma su Bill
Rose, che è lo scopritore della foto di Miethe. A parte ciò,
piaccia o meno, è indiscutibile che una fetta considerevole dei
personaggi che hanno saputo dei dischi volanti nazisti siano stati
simpatizzanti di destra: è giocoforza, in quanto erano i
protagonisti di ricerche top secret durante dittature di destra. A
maggior ragione, il poco materiale scampato alla furia iconoclasta
dei servizi segreti Alleati non poteva che essere tramandato fra i
moderni "simpatizzanti", da chi "c'era e sapeva".
Qualcuno veramente crede che sia casuale che a disporre del diario
segreto del "Professor Y", sui dischi volanti del Duce, fosse il
nipote di uno dei membri del Gabinetto RS/33?
É forse casuale che a parlare, per primi, dei dischi volanti
nazisti, fossero, indipendentemente, una decina di progettisti
italo-tedeschi, nonché il maggiore della Wehrmacht Rudolph Lusar o
lo storico filonazista inglese David Irving, relatore revisionista
ai congressi naziskin nella Germania degli anni Novanta e già al
corrente delle V-7 (che chiamava Phi-7) nel 1968, anno in cui
pubblicò il libro "Le armi segrete del Terzo Reich"? Ovviamente
no...
Ma Stilo non si ferma qui. Nel suo secondo ed ultimo libro
autoprodotto, "Ultimatum alla Terra" (Upiar 2002), non mi
risparmia
due
lunghi
pistolotti:
in
uno
critica
la
mia
controinchiesta
sull'IR-3
del
Bernina,
o
"caso
Monguzzi";
nell'altro se la prende con il mio studio dei carteggi fascisti da
me scoperti presso l'Archivio di Stato di Milano, che trattano di
velivoli non convenzionali sull'Italia degli anni Trenta.
In entrambi i casi l'autore sembra dimenticare che, a differenza
di altri, chi scrive ha condotto personalmente le ricerche, e
dunque dispone di fonti di prima mano (sui files fascisti Stilo ha
solo quanto pubblicato dalla IdeaLibri).
Particolarmente divertente l'attacco che Stilo cerca di muovermi:
"Alla fine di maggio 2000 Massimiliano Grandi, che oltre ad essere
socio Cisu è archivista di professione, ha individuato con
facilità alcuni dossier che Lissoni aveva presentato su Ufo
Notiziario 12... Purtroppo Lissoni, violando uno dei più ovvi
assiomi della ricerca storiografica, non forniva gli estremi
relativi alla localizzazione delle fonti, rendendo più difficile
il controllo da parte degli altri studiosi. Le carte sono state
però trovate presso l'Archivio di Stato di Milano".
Queste pesanti affermazioni sono in realtà assai ridicole: a
pagina 134 del mio libro indico chiaramente che si tratta di
materiale prefettizio (dunque, del locale Archivio di Stato); è il
caso di ricordare che sono stato archivista bibliotecario (e Stilo
no) e che dunque non è il caso di accusare, sulla rivista "Ufo",
tutti gli "appassionati di ufologia di scarsa dimestichezza con
certe ricerche e discipline, basate sui criteri dell'archivistica
e della biblioteconomia"; per inciso, una mia opera è censita
dalla Sezione telematica di Archivistica di Alice.it; meglio
evitare i giudizi affrettati, dunque, come il fatto che non avrei
indicato gli "estremi per la localizzazione" (in mancanza dei
quali l'esperto Cisu, con grande bravura, sarebbe riuscito
ugualmente).
É sufficiente chiedere al bibliotecario dell'Archivio di Stato di
Milano il materiale su "velivoli sconosciuti" (tale la dicitura
apposta nei due faldoni), per ottenere il tutto subito, senza le
complicate ricerche che qualcuno fa intendere di avere svolto.
Pure, mi si rinfaccia ancora che nei documenti dell'archivio
milanese un telegramma riportasse la dicitura "aeromobile"; tale
dizione indicherebbe, per Stilo, il dirigibile, e non un
antesignano dei moderni Ufo. Errore. É sufficiente leggere la voce
"aeromobile" nella "Grande enciclopedia aeronautica" del 1936 per
appurarne l'accezione: "Piccolo apparecchio ad ali rotative di cui
venne esposto un modello all'Esposizione Aeronautica a Parigi nel
1910. Un apparecchio di dimensioni maggiori (8 metri di lunghezza
e 9 d'apertura) era stato costruito nelle officine di Saint-Denis.
Munito di un potente motore, la sostentazione e la propulsione
avrebbero dovuto essere ottenute da ali rotative con battute a
movimento continuo, lento o rapido a volontà. Alle prove non
diedero risultati soddisfacenti". Con "aeromobile" la Milizia
fascista indicava dunque non i dirigibili, ma tutti quei velivoli,
ritenuti presumibilmente prototipi spia, dalle prestazioni o dalla
forma inconsueta.
Sorvolerò su queste ed altro (il libro di Stilo contiene diversi
errori di non poco conto: Lino Scaglioni, il ferrarese che
partecipò alla distruzione di una fabbrica di V-7, diventa
Saglioni, e Ivanoe Fossati, il giornalista che raccolse i segreti
sul raggio della morte di Marconi, diventa Fossani; Walter von
Miethe diventa Richard Miethe. Apposta Stilo non lo trova!).
Quanto alla tesi delle V-7 come scoop costruito a tavolino da
"France Soir" nel 1950, è lo stesso Stilo a contraddirsi da solo,
a pag. 50 del suo libro, allorché ammette di avere "potuto
accertare già attorno al 5 novembre 1948 che il giornale 'Diario
da Noite' aveva riferito le dichiarazioni di un ingegnere tedesco
inventore, nel 39-40, di un disco volante della X armata della
Wehrmacht".
Dirò di più: sempre ne "Gli X-files del nazifascismo", a pag. 206,
avevo riprodotto l'immagine di un opuscolo d'epoca che citava le
V-7, infine storicamente documentate.
Circa Miethe, faciliterò il lavoro al mio simpatico recensore,
ricordando che già nel 1980 lo scrittore William Harbison ne aveva
parlato nel libro "Genesis", collegandolo alla costruzione di un
disco volante americano per la A.V. Roe. Quest'informazione è
stata confermata anche dal regista Mario Gariazzo del Nicap e, da
pochissimo, anche dall'astrofisico francese Jean Pierre Petit,
noto ufologo e studioso di magnetoidrodinamica. In occasione di un
congresso sulla propulsione avanzata, tenutosi in Inghilterra agli
inizi del 2001, l'uomo è stato avvicinato da due scienziati
americani che avevano lavorato per il Governo Usa ai black
projects. Uno di essi diceva di chiamarsi Joe Black e di "lavorare
ai progetti speciali della Nasa e di conoscere gli studi di Petit
sin dal 1976, quando gli erano state date da analizzare le sue
note
tecniche
sugli
apparecchi
ad
induzione,
presentate
all'Accademia delle Scienze di Parigi". Il secondo uomo disse di
chiamarsi Penninger. Entrambi disponevano di conoscenze tecniche e
scientifiche avanzatissime, al punto che, grazie alle loro
rivelazioni, Petit ha potuto ricavare addirittura un libro di 267
pagine, "Ovnis et armes secrètes américaines" (Albin Michel,
2003), zeppo di dettagli tecnici, ignoti ai più, sui principali
aerei segreti americani, dallo Stealth all'Aurora al Blackbird, e
sul
loro
funzionamento.
Penninger
ha
confermato
a
Petit
l'esistenza delle V-7, riferendosi all'Avro Car.
Petit racconta: "Nel 1961 ero distaccato al laboratorio di
Princeton,
sotto
la
direzione
di
Bodganoff.
All'epoca
il
laboratorio era composto unicamente da uomini e sembrava un
monastero. Un giorno, sono arrivato all'ora di pranzo. Tutti erano
andati via. Ho cominciano a girare a destra e a manca per il
campo. É stato allora che ho visto un cartello con scritto
'Restricted area, authorized persons only'. Ho varcato la soglia;
ho pensato che potevo eventualmente dire che conoscevo male
l'inglese. Ho visto l'oggetto, in un hangar. 7 metri di diametro.
Un compressore centrifugo al centro, con una grossa presa d'aria.
Attorno, l'espulsione di gas per mezzo di un ugello anulare. Due
cabine, di cui
una fittizia. Ho ispezionato la macchina
totalmente."
"Inutile descrivermela - rispondeva Penninger - io vi ho lavorato
sopra. Era un'idea di von Miethe, uno dei nostri tedeschi
collaborazionisti, idea ripresa e sviluppata da un inglese, John
C. M. Frost per conto dei canadesi, dal 1952. Dopo un primo inizio
caotico in Canada, l'oggetto era stato inviato in California.
Infine, nel 1960, lo abbiamo recuperato, a Princeton. Io mi
trovavo là, all'epoca..."
Abbiamo parlato all'inizio di un "disegno evidentemente comune e
finalizzato" oggi più che mai rivolto contro chiunque faccia
ufologia seria o contribuisca a far emergere elementi atti a
supportarla. Ora sappiamo che si tratta di più di un'ipotesi di
lavoro. I suoi ideatori, comunque, non si illudano. "No pasaran!"
FILES FASCISTI: TROVATO IL DISCO?
di Alfredo Lissoni
(Notiziario n° 48 dicembre 2003/gennaio 2004)
Trovata, in un'Enciclopedia dell'epoca, la foto dell'ala volante
fascista, realizzata, o perfezionata, assai presumibilmente grazie
agli studi di retroingegneria deIl'hangar di Vergiate. Si apre un
nuovo capitolo dei files fascisti
La ricerca documentale per la messa in onda della puntata di
"Voyager" sui files fascisti, realizzata con la consulenza del
sottoscritto, ha portato alla luce nuove testimonianze e materiale
che non solo avvallano l'intera questione, ma che ci stanno
lentamente permettendo di ricostruire l'intricato puzzle del
"disco volante del Duce".
Poco prima di essere intervistato a Sesto Calende dalla troupe di
Giacobbo, infatti, l'amico giornalista Antonio Cosentino de "La
Prealpina" ha rintracciato due tecnici della Marchetti di Vergiate
(ove nel Ventennio venne nascosto, in un hangar, il disco
recuperato
dall'Ovra
o
la
documentazione
inerente).
I due tecnici non hanno voluto né apparire né essere intervistati,
ma hanno confidato al giornalista di essere stati messi al
corrente, all'epoca in cui lavoravano negli stabilimenti del
Fascio, di una nuova arma segreta che avrebbe rivoluzionato le
sorti della guerra.
"Sapevamo che i tedeschi ne erano in possesso, e ci preparavamo
anche noi ad una costruzione in serie", ha dichiarato a Cosentino
uno dei due anziani signori.
Certamente, non si può escludere che l'arma segreta fosse la V-2
nazista ma forse si trattava delle V-7, la cui messa in opera era
stata avviata dai nazisti dopo che la Gestapo aveva ricevuto da
una branca "traditrice" del Gabinetto RS/33, filotedesca ed
antinazionalista, il materiale sui files fascisti (come si evince
dalle lettere spediteci da "Mister X").
Sappiamo anche che il fallimento della realizzazione delle V-7 fu
dovuto all'improvvisa sconfitta della Germania; ma sappiamo anche
che i russi, conquistata la Cancelleria di Berlino, rubarono
diversi progetti e, nel 1990, annunziarono alla stampa di avere
costruito nella base segreta di Ulianovsk (l'anno prima al centro
di una grossa ondata di avvistamenti di ordigni volanti) un Ufo
terrestre, battezzato Ekip. Lo stesso fecero gli americani,
ufficialmente dopo la guerra, con l'Avro Car.
Ma l'ingegnere aeronautico Giorgio Stiavelli, amico di famiglia di
Cesare Balbo (uno dei tre capi del Gabinetto RS/33), già capo
Reparto Sperimentale di volo Aerfer (ora Alenia) a Napoli ed il
più giovane ingegnere europeo a lavorare sui velivoli Sagittario,
Ariete e Leone, ci ha raccontato di avere letto, su pubblicazioni
interne americane, di dischi volanti terrestri, di matrice
statunitense, già all'epoca della Seconda Guerra Mondiale.
Il segreto dell'hangar di Vergiate era già forse filtrato oltre
Oceano, ove peraltro Balbo era di casa ed ove veniva trattato come
un eroe?
L'improvvisa morte del quadrunviro - abbattuto "accidentalmente"
dalla nostra contraerea - fu invece un atto programmato per punire
un traditore dell'"amico germanico" che Balbo, come Ciano,
detestava?
Il suo filoamericanismo è noto e documentato; era l'istruttore dei
piloti statunitensi che, dall'America, giungevano proprio a
Vergiate per imparare da lui le più avanzate tecniche di volo (non
dimentichiamoci che negli anni Trenta era l'Italia ad essere
all'avanguardia mondiale, nel campo aeronautico); e non fu dunque
casuale che, a guerra finita, la CIA si impossessò degli
stabilimenti di Vergiate; gli americani erano ben consci dei
nostri progressi in campo aeronautico; e lo sapevano proprio
grazie a Balbo, dal quale appresero forse anche dell'esistenza di
un disco volante nell'hangar varesino.
Il dottor Stiavelli mi ha peraltro confermato che furono proprio
gli americani, che temevano la nostra superiorità tecnica
(tecnica, non bellica), a boicottare la costruzione di diversi
velivoli italiani all'avanguardia, nel dopoguerra, imponendo le
loro produzioni.
Con il raggio della morte
Sappiamo che i fascisti si dedicarono, a Vergiate, ad esperimenti
di retroingegneria; lo stesso fecero gli americani dopo la guerra.
Vi è chi sospetta che il "Vertijet", uno strano velivolo a decollo
verticale, sia uno sviluppo terrestre di ingegneria aliena. Se al
computer si "ricopre" l'ossatura del velivolo, ne esce la sagoma
del disco volante descritto da Bob Lazar e da altri revealers.
Gli americani si impossessarono forse, questa volta grazie alla
miopia fascista, anche dei progetti marconiani del raggio della
morte. L'ex regista della trasmissione "Stargate" (ora passato a
"Voyager") mi ha mostrato della documentazione riguardante un
brillante progettista bolognese che riuscì, nel Ventennio, a
realizzare un'applicazione pratica del raggio "blocca-motori" di
Marconi. Ma per tutto ringraziamento gli invidiosi gerarchi
fascisti lo mandarono a morire al fronte.
Ma quei progetti, evidentemente, non andarono perduti, visto che,
il
12
giugno
1966,
la
"Domenica
del
Corriere"
riferiva
un'inquietante notizia. Sei caccia francesi Mystère, in volo
d'allenamento tra Bordeaux e Siviglia, erano improvvisamente
precipitati il 27 maggio nelle campagne spagnole, vicino Huelva
(zona peraltro di avvistamenti di Ufo e umanoidi). La versione
ufficiale fu che fosse improvvisamente terminato il carburante ma,
come sottolineava il periodico, "lo stesso comando delle forse
aeree francesi ha dichiarato che i Mystère dovevano possedere una
riserva sufficiente per rientrare in Francia".
Gli apparecchi, faceva notare il rapporto dell'Aeronautica, non
avevano richiesto alcuna assistenza radio alle vicine basi di Rota
e Moròn. "Ed infine - commentava il periodico - che andavano a
fare i sei apparecchi nel sud della Spagna, a pochi chilometri
(coincidenza straordinaria) dal luogo divenuto celebre per la
perdita di una bomba H americana e nel cuore di quel ridotto
meridionale, compreso tra la Sierra Nevada e la Sierra Morena, nel
quale pare che gli Stati Uniti abbiano eretto il loro più munito
ed inattaccabile fortino europeo? Il giallo non si arresta qui;
c'è già qualcuno che parla di arma segreta sperimentata dagli
americani. Dei sei piloti, cinque sono stati raccolti da
elicotteri americani. Le due commissioni d'inchiesta, una spagnola
ed una francese, tireranno avanti i loro lavori qualche mese: se
anche scopriranno la verità, è probabile che non la diranno, o non
la diranno intera...".
Parole profetiche. La verità non la si seppe mai.
Ma se è vero che gli Usa avevano messo a punto un raggio della
morte, capace di mandare in tilt i sistemi elettrici dei sei aerei
sino a farli precipitare, come mai quest'arma non è mai più stata
utilizzata (almeno ufficialmente)?
I dischi volanti del Duce
Dalle perizie degli originali dei files fascisti, effettuate dal
dottor Garavaglia (individuato grazie ad Antonio Manzoni del Cun
Lecco) sappiamo che il materiale recapitatoci da "Mister X" è
autentico.
Ma c'è dell'altro. Un fascicolo dell'aprile 1936, non a caso
intitolato
"L'Universo"
e
stampato
a
Firenze,
ci
rivela
l'ossessione delle gerarchie italiche per le tematiche del
mistero.
In esso si dà risalto al ritrovamento, in Messico, di "scheletri
giganteschi appartenuti - si disse - agli abitanti di Atlantide".
Mussolini era forse convinto che i misteriosi esseri che
probabilmente guidavano il disco occultato a Vergiate (e la cui
morfologia venne presumibilmente studiata dall'unico medico del
Gabinetto RS, Filippo Bottazzi), fossero ariani atlantidei di cui
si mormorava nei circoli filonazisti tedeschi, già negli anni
Venti?
Non solo; un attento esame della monumentale "Grande Enciclopedia
Aeronautica" stampata a Milano nello stesso anno ci svela quanto
fossero già avanzate le ricerche fasciste di retroingegneria.
Partendo forse da un velivolo discoidale detto "aeroplano a
superficie variabile "Makonine" si arrivava ad un idrovolante "di
grandi dimensioni senza coda", ideato dal progettista Giovanni
Pegna
e
ribattezzato
"ala
volante".
Il prototipo di Pegna era l'anticipazione storica del primo
Stealth e persino dell'ala volante Horten nazista!
Tutto ciò non poteva essere casuale. Ancora una volta, grazie ai
files fascisti, la nostra tecnologia aveva battuto sul tempo tutte
le altre nazioni (per tacere del fatto che, secondo alcuni autori
americani, l'Ufo di Roswell avrebbe avuto la forma di un'ala
volante)
.
La retroingegneria di Vergiate rischiava di garantire all'Italia
fascista una supremazia aerea quasi totale, se le vicende belliche
non avessero fatto precipitare gli eventi; non per nulla Arturo
Crocco, membro del Gabinetto segreto, già sognava di raggiungere
la Luna (e ne scrisse in un suo libro).
Senza
il
disastroso
risultato
della
nostra
partecipazione
militare, forse l'Italia, avendo tempo di perfezionare le
tecnologie che andava studiando, sulla Luna magari ci sarebbe
arrivata per davvero. E lo scenario descritto da Mario Farneti nel
romanzo ucronico "Occidente" si sarebbe forse svolto esattamente
come da lui immaginato.
Foo-fighters d'Inghilterra
Fabio Di Rado, ha recentemente svelato la contraffazione dei foofighters (i piloti alleati che nella seconda guerra mondiale
riferivano strani avvistamenti aerei, ndr) inglesi.
All'indagine ha partecipato anche il sottoscritto, assieme a Marco
Guarisco del Cun Como; abbiamo estrapolato dal film "Memphis
Belle" le immagini incriminate e le abbiamo confrontate con le
foto dei foo inglesi. Erano le stesse, anche se i falsi erano
stati realizzati ritoccando elettronicamente lo sfondo e ruotando
le foto, virate in bianco e nero.
Anch'io sono stato poi oggetto di una missiva bufala, il 26
ottobre 1996. Mi è stata recapitata presso la redazione di una
rivista del mistero, per la quale lavoravo, una busta anonima
contenente un documento rozzamente realizzato, un "Memorandum to
L.B" del 1952, scritto malamente a macchina e censurato, in
inglese, che lasciava intendere che durante l'operazione Paperclip
gli Usa si erano occupati di Ufo terrestri (con particolare
riferimento ad un avvistamento a S.Pietro a Vìco di Lucca, il 25
luglio 1952, ove l'Ufo poteva effettivamente ricordare una V-7); e
tutto ciò dopo che gli States avrebbero saputo di un rapporto
segreto dell'organizzazione nazista Odessa (quella che faceva
espatriare di nascosti i nazisti) circa un'operazione "attualmente
in corso" in tre Paesi del Sudamerica e in due Paesi Europei, uno
dei quali era l'Italia. Ove sarebbero state fatte volare ben sette
V-7, sopra la Toscana.
Ma .non tutti i casi di foo sono fasulli.
Nel libro "Il cielo è un inferno" di Martin Caidin (Longanesi)
l'autore, nel ricostruire diverse vicende belliche, prende spunto
da un memorandum del 24 ottobre 1943 del maggiore E.R.T. Holmes,
FLO 1a Divisione Bombardamento (riferimento FLO/IBW/REP/126 al
Servizio segreto inglese MI 15 Ufficio di Guerra, Whitehall,
Londra SW ed in copia al colonnello E.W. Thompson A-2 Pinetree).
E racconta: "Il fatto avvenne il 14 ottobre 1943 durante la
missione di bombardamento della città di Schweinfurt (Germania)
effettuato dalla 1a e dalla 31a Divisione Aerea Americana di base
in Inghilterra con aerei Boeing B-17 Flying Fortress. Quando i
bombardieri del 384° Gruppo si avviarono alla corsa finale,
oltrepassato il punto iniziale, avrebbero potuto subire una
violenta reazione da parte della caccia tedesca e quindi si
richiedeva sia ai piloti che agli altri membri dell'equipaggio
un'attenzione d'importanza vitale per poter segnalare in quel
momento la posizione di qualsiasi aereo nemico. Ogni uomo che
prese parte al bombardamento confermò in seguito che fino
all'inizio dell'osservazione non era presente nessun velivolo
nemico sopra la formazione di aerei. Fu proprio allora che i
piloti ed i mitraglieri della torretta superiore, come pure alcuni
uomini in osservazione dalla prua in plexiglas dei bombardieri,
segnalarono un grappolo di oggetti discoidali in avvicinamento
sulla rotta del 384° Gruppo.
Esclamazioni di stupore e discussioni sull'origine degli strani
mezzi si intrecciavano fra i membri dell'equipaggio ed i piloti, e
si era d'accordo nell'affermare che gli oggetti dovevano essere
spessi circa cm 2,5 ed avere un diametro apparente di circa cm
7,6. Il loro colore era argenteo. Scivolavano molto lentamente in
grappoli uniformi. A questo punto l'aereo numero 026 si avvicinò
al gruppo di Ufo rapidamente; troppo rapidamente, in quanto il
pilota non riuscì ad evitare la collisione con gli strani
aeromobili ma questi, come riferì l'ufficiale al Servizio
Informazioni, si fecero attraversare dall'ala destra senza
lasciare né sui motori né sulla superficie alcun segno. In
seguito, però, si senti un urto contro l'impennaggio di coda
dell'aereo, ma non si udì né si vide esplosione. A sette metri
circa dal gruppo di dischi argentati, però, rimanevano in aria un
ammasso di presunti rottami neri, di varie dimensioni, riuniti a
gruppi di un metro, un metro e venti. Altri due aeroplani
attraversarono gli Ufo senza subire danni. Il rapporto terminava
affermando che nulla si sapeva sull'origine dei dischi e dei
rottami (rottami?) e che non si poté avere nessun'altra
informazione su questo sconcertante episodio tranne che dischi
simili erano già stati avvistati dagli equipaggi di aerei
anteriormente alla data del 14 ottobre 1943..."
(Si ringrazia per la ricerca iconografica Michele Castellano del
Cun Varese).