Salduz C Turchia

Transcript

Salduz C Turchia
CONSIGLIO D’EUROPA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SALDUZ c. TURCHIA
(Ricorso no 36391/02)
SENTENZA
STRASBURGO
27 novembre 2008
Questa sentenza è definitiva. Può subire dei ritocchi di forma
traduzione non ufficiale dal testo originale a cura dell'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
Nel caso Salduz c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, riunita in una Grande Camera
composta da :
Nicolas Bratza, presidente,
Christos Rozakis,
Josep Casadevall,
Rıza Türmen,
Rait Maruste,
Vladimiro Zagrebelsky,
Stanislav Pavlovschi,
Alvina Gyulumyan,
Ljiljana Mijović,
Dean Spielmann,
Renate Jaeger,
David Thór Björgvinsson,
Ján Šikuta,
Ineta Ziemele,
Mark Villiger,
Luis López Guerra,
Mirjana Lazarova Trajkovska, giudici,
e da Vincent Berger, giureconsulto,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 19 marzo ed il 15 ottobre
2008,
Rende la seguente sentenza, adottata in tale ultima data :
PROCEDURA
1. Il caso trae origine da un ricorso (no 36391/02) diretto contro la
Repubblica di Turchia con il quale un cittadino turco, Yusuf Salduz (« il
ricorrente »), ha adito la Corte l’8 agosto 2002 in virtù dell’articolo 34 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (« la Convenzione »).
2. Con il suo ricorso, Salduz lamentava che, imputato in un
procedimento penale, si era visto rifiutare l’assistenza di un avvocato
durante il suo fermo e non aveva ottenuto, nell’ultimo grado del
procedimento, dinanzi alla Corte di Cassazione, la comunicazione delle
conclusioni scritte del Procuratore generale presso tale giurisdizione. Egli
rilevava quindi una violazione dei suoi diritti di difesa. Ha invocato
l'articolo 6 §§ 1 e 3 c) della Convenzione.
3. Il ricorso é stato attribuito alla seconda sezione della Corte
(articolo 52 § 1 del regolamento).
2
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
4. Con una decisione del 28 marzo 2006, il ricorso é stato dichiarato
parzialmente irricevibile da una Camera della detta sezione composta dai
giudici Jean-Paul Costa, Andras Baka, Rıza Türmen, Karl Jungwiert,
Mindia Ugrekhelidze, Antonella Mularoni, Elisabet Fura-Sandström e da
Sally Dollé, cancelliere di sezione.
5. Con sentenza del 26 aprile 2007 (« la sentenza della Camera »), la
Camera, composta dai giudici Françoise Tulkens, Andras Baka, Ireneu
Cabral Barreto, Rıza Türmen, Mindia Ugrekhelidze, Antonella Mularoni e
Danute Jočienė, e da Sally Dollé, cancelliere di sezione, ha ritenuto
all’unanimità che vi era stata violazione dell’articolo 6 § 1 della
Convenzione per la mancata comunicazione al ricorrente, dinanzi alla Corte
di Cassazione, delle conclusioni scritte del procuratore generale e, con
cinque voti contro due, che non vi era stata violazione dell'articolo 6 § 3 c)
della Convenzione per il fatto che il ricorrente non aveva avuto la possibilità
di farsi assistere da un avvocato durante il suo fermo.
6. Il 20 luglio 2007, il ricorrente ha richiesto il rinvio della causa alla
Grande Camera (articolo 43 della Convenzione).
7. Il 24 settembre 2007 un collegio della Grande Camera ha deciso di
procedere all’esame di tale domanda (articolo 73 del regolamento).
8. La composizione della Grande Camera é stata determinata
conformemente alle disposizioni dell’articolo 27 §§ 2 e 3 della Convenzione
e dell'articolo 24 del regolamento.
9. Sia il ricorrente che il Governo hanno depositato delle osservazioni
scritte sul merito della causa.
10. Il 19 marzo 2008 si é tenuta un’udienza pubblica presso il Palazzo
dei diritti dell’uomo, a Strasburgo (articolo 59 § 3 del regolamento).
Sono comparsi :
– per il Governo
M. ÖZMEN,
N. ÇETIN,
A. ÖZDEMIR,
İ. KOCAYIĞIT
C. AYDIN,
consiglieri ;
– per il ricorrente
U. KILINÇ,
T. ASLAN,
consigliere,
consigliera.
coagente,
La Corte ha udito le precisazioni e le relative risposte alle questioni da
essa poste a Kılınç e Özmen.
3
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
11. Il ricorrente è nato il 2 febbraio 1984 ; egli risiede a İzmir.
A. L'arresto ed il piazzamento in detenzione del ricorrente
12. Sospettato di aver partecipato ad una manifestazione illegale di
sostegno al PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione
illegale), il ricorrente è stato arrestato il 29 maggio 2001 verso le ore 22 e 15
da poliziotti della sezione antiterrorista della direzione di sicurezza di İzmir.
Lo si accusava inoltre di aver appeso uno striscione illegale su un ponte a
Bornova il 26 aprile 2001.
13. Il 30 maggio 2001 verso le ore 12 e 30, il ricorrente é stato condotto
presso l’ospedale universitario di Atatürk, dove è stato visitato da un
dottore. Secondo il rapporto medico redatto a seguito di tale esame, il corpo
dell’interessato non presentava alcuna traccia di maltrattamenti.
14. Verso le ore 13 dello stesso giorno, il ricorrente é stato interrogato
nei locali della sezione antiterrorista in assenza di un avvocato. Secondo un
formulario esplicativo dei diritti delle persone arrestate da lui sottoscritto, i
poliziotti gli hanno notificato le accuse a suo carico e lo hanno informato
del suo diritto al silenzio. Nella sua dichiarazione, il ricorrente ha
riconosciuto che faceva parte della sezione giovanile dell’HADEP (Halkın
Demokrasi Partisi – Partito democratico popolare). Egli ha fatto i nomi di
più persone che lavoravano per la sezione giovanile dell’ufficio del distretto
di Bornova. Ha dichiarato di essere l’assistente del responsabile del servizio
stampa e delle pubblicazioni di detta sezione, e che era anche responsabile
del settore di Osmangazi. Egli ha precisato che una parte del suo lavoro
consisteva nell’attribuire dei compiti agli altri membri della sezione. Ha
riconosciuto di aver partecipato alla manifestazione di sostegno al capo agli
arresti del PKK che l’HADEP aveva organizzato il 29 maggio 2001. Egli ha
dichiarato che la manifestazione aveva riunito una sessantina di persone,
che avevano gridato slogan di sostegno a Öcalan ed al PKK. Ha precisato di
essere stato arrestato nei luoghi della manifestazione. Ha ammesso inoltre di
essere stato lui a scrivere le parole « lunga vita al nostro capo Apo » che
erano riportate su uno striscione appeso su di un ponte il 26 aprile 2001. La
polizia ha preso dei campioni della sua calligrafia e li ha inviati presso il
laboratorio della polizia criminale di İzmir per esaminarli.
15. Il laboratorio ha rimesso il suo rapporto il 1mo giugno 2001. Si
concludeva che seppure alcuni caratteri della scrittura del ricorrente
4
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
presentavano analogie con la scrittura dello striscione, non si poteva
stabilire con certezza che era stato scritto dall’interessato.
16. Il 1mo giugno 2001 verso le ore 23 e 45, il ricorrente é stato
nuovamente visitato da un dottore, che ha dichiarato che il corpo
dell’interessato non presentava alcun segno di maltrattamenti.
17. Lo stesso giorno, il ricorrente é stato condotto dinanzi ad un
procuratore, ed in seguito dinanzi al giudice istruttore. Dinanzi al
procuratore, ha precisato che non era membro di alcun partito politico ma
che aveva preso parte ad alcune attività dell’HADEP. Ha negato di aver
preparato lo striscione e di aver partecipato alla manifestazione del 29
maggio 2001. Egli ha dichiarato che si trovava nel quartiere di Doğanlar,
dove doveva rendere visita ad un amico, quando è stato arrestato dalla
polizia. Anche dinanzi al giudice istruttore ha rilasciato una dichiarazione
con la quale ritrattava quella fatta alla polizia, sostenendo che gli era stata
estorta sotto costrizione. Ha affermato di essere stato colpito ed insultato
durante il suo fermo. Ha smentito ancora una volta di aver partecipato ad
alcuna manifestazione illegale ed ha precisato che, il 29 maggio 2001, si era
recato presso il quartiere di Doğanlar per rendere visita ad un amico e che
non faceva parte del gruppo di persone che avevano gridato degli slogan. Al
termine dell’interrogatorio, il giudice istruttore ha ordinato il suo
piazzamento in detenzione provvisoria avuto riguardo della natura del reato
ed allo stato delle prove. Solo allora il ricorrente ha avuto la possibilità di
far ricorso ad un avvocato.
B. Il processo
18. L’11 luglio 2001, il procuratore presso la corte di sicurezza dello
Stato di İzmir ha depositato dinanzi a tale giurisdizione un atto di accusa
con il quale imputava al ricorrente di aver prestato aiuto ed assistenza al
PKK, reato punito dall’articolo 169 del codice penale e dall'articolo 5 della
legge sulla prevenzione del terrorismo (legge no 3713).
19. Il 16 luglio 2001, la corte di sicurezza dello Stato ha tenuto
un’udienza preparatoria. Essa ha deciso che il ricorrente doveva essere
mantenuto in detenzione provvisoria e che doveva essere invitato a
preparare la sua difesa.
20. Il 28 agosto 2001, la corte di sicurezza dello Stato ha tenuto la sua
prima udienza, in presenza del ricorrente e del suo avvocato. Essa ha
ascoltato il ricorrente in persona, che si é difeso dalle accuse di aver
commesso i fatti dei quali era accusato. Egli ha inoltre smentito il contenuto
della sua deposizione fatta dinanzi alla polizia, sostenendo che quest’ultima
gli era stata estorta sotto costrizione. Ha precisato che quando si trovava in
stato di fermo dei poliziotti gli avevano ordinato di copiare le parole
presenti su di uno striscione. Egli ha dichiarato inoltre di essere stato
testimone degli avvenimenti del 29 maggio 2001, ma che, contrariamente
5
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
alle accuse, non aveva partecipato alla manifestazione. Ha affermato che il
motivo per il quale si trovava nel quartiere era di rendere visita ad un amico
chiamato Özcan. Egli ha allo stesso modo contestato di aver posto uno
striscione illegale su un ponte il 26 maggio 2001.
21. Durante l’udienza successiva, che si é tenuta il 25 ottobre 2001, il
ricorrente ed il suo avvocato erano entrambi presenti. La corte di sicurezza
ha allo stesso modo ascoltato altri accusati, che hanno tutti negato di aver
partecipato alla manifestazione illegale del 29 maggio 2001 e ritrattato le
dichiarazioni rilasciate in precedenza. La procura ha quindi richiesto la
condanna del ricorrente sulla base dell'articolo 169 del codice penale, e
l’avvocato del ricorrente ha chiesto termine per proporre le difese del suo
cliente.
22. Il 5 dicembre 2001, il ricorrente ha presentato le sue difese. Egli ha
negato di aver commesso i fatti dei quali era accusato ed ha chiesto la sua
liberazione. La corte dello Stato di İzmir si è pronunciata lo stesso giorno.
Essa ha prosciolto cinque imputati ed ha riconosciuto il ricorrente e tre altri
accusati colpevoli delle imputazioni nei loro confronti. Essa ha condannato
il ricorrente a quattro anni e sei mesi di prigione, pena ricondotta a due anni
e mezzo di carcere tenuto conto del fatto che il ricorrente era minorenne
all’epoca dei fatti.
23. Nel rendere la sua decisione, la corte di sicurezza dello Stato di
İzmir si é fondata sulle dichiarazioni che il ricorrente aveva fatto dinanzi
alla polizia, dinanzi al procuratore ed al giudice istruttore. Essa ha allo
stesso modo preso in considerazione le deposizioni dei coimputati dinanzi al
procuratore secondo le quali era stato il ricorrente a spingerli a partecipare
alla manifestazione del 29 maggio 2001. Essa ha rilevato che i coimputati
del ricorrente avevano dichiarato anche che l’interessato si era occupato
dell’organizzazione della manifestazione. Essa ha preso nota, inoltre, della
perizia grafologica in cui erano comparate la scrittura del ricorrente con
quella dell’iscrizione che compariva sullo striscione. Ha rilevato infine che,
secondo il processo verbale di arresto redatto dalla polizia, il ricorrente
compariva tra i manifestanti. Essa ha concluso :
« (...) considerati tali fatti materiali, la corte di sicurezza di Stato non attribuisce fede
alle ritrattazioni del ricorrente e conclude per l’autenticità delle confessioni da lui fatte
dinanzi alla polizia. »
C. L'appello
24. Il 2 gennaio 2002, l'avvocato del ricorrente ha proposto appello
contro la sentenza della corte di sicurezza dello Stato di İzmir per la
violazione degli articoli 5 e 6 della Convenzione, sostenendo che la
procedura seguita dinanzi alla giurisdizione di primo grado non era stata
equa, poiché secondo lui le prove non erano state esaminate correttamente.
6
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
25. Il 27 marzo 2002, il procuratore generale presso la Corte di
Cassazione ha depositato presso la nona camera dell’alta giurisdizione delle
conclusioni scritte con le quali la invitava a confermare la sentenza della
corte di sicurezza dello Stato di İzmir. Tali conclusioni non sono state
comunicate né al ricorrente né al suo rappresentante.
26. Il 10 giugno 2002, la nona camera della Corte di Cassazione,
approvando la maniera in cui la corte di sicurezza dello Stato di İzmir aveva
valutato le prove e motivato la sua decisione, ha rigettato il ricorso del
ricorrente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA RILEVANTI
A. Il diritto interno
1. La legislazione in vigore al momento dell’introduzione del ricorso
27. Le disposizioni rilevanti del vecchio codice di procedura penale
(n 1412), vale a dire gli articoli 135, 136 e 138, prevedevano che ogni
individuo sospettato o accusato di un reato aveva diritto all’assistenza di un
avvocato dal momento del suo fermo. L'articolo 138 disponeva chiaramente
che per i minori l'assistenza di un avvocato era obbligatoria.
28. In virtù dell'articolo 31 della legge no 3842 del 18 novembre 1992,
che ha modificato le norme di procedura penale, le disposizioni citate non
dovevano applicarsi alle persone accusate di reati di competenza delle corti
per la sicurezza dello Stato.
o
2. Le recenti modifiche
29. Il 15 luglio 2003 é stata adottata la legge no 4928, che ha abrogato la
limitazione posta al diritto di un accusato di farsi assistere da un avvocato
nelle procedure dinanzi alle corti di sicurezza dello Stato.
30. Il 1mo luglio 2005, é entrato in vigore un nuovo codice di procedura
penale. Secondo le disposizioni rilevanti nel caso di specie (gli articoli 149
e 150), ogni persona detenuta ha diritto all’assistenza di un avvocato dal
momento del suo fermo. La designazione di un avvocato é obbligatoria se la
persona coinvolta é minore o se é accusata di un reato punibile con un pena
massima di cinque anni di prigione.
31. Infine, l'articolo 10 della legge sulla prevenzione del terrorismo
(legge no 3713) come modificata il 29 giugno 2006 prevede che, per i reati
legati al terrorismo, il diritto di accesso ad un avvocato può essere differito
di ventiquattro ore su ordine di un procuratore. In compenso, l'accusato non
può essere interrogato durante tale periodo.
7
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
B. Testi di diritto internazionale rilevanti
1. Il procedimento nelle cause di minori
a) Consiglio d’Europa
32. La raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri in
merito ai nuovi modelli di trattamento della delinquenza giovanile ed il
ruolo della giustizia sui minori (Racc. (2003)20), adottata il 24 settembre
2003 durante la 853ma riunione dei delegati dei ministri, riporta il seguente
passaggio :
« 15. Quando dei minori sono piazzati in stato di fermo, converrebbe tenere in
considerazione il loro status di minori, la loro età, la loro vulnerabilità ed il loro
livello di maturità. Essi dovrebbero essere informati nel più breve termine, in maniera
tale da rendere loro pienamente comprensibili i diritti e le garanzie di cui beneficiano.
Quando sono interrogati dalla polizia, dovrebbero in principio essere accompagnati da
uno dei loro genitori/loro tutori legali o da un altro adulto adatto. Essi dovrebbero
anche godere del diritto ad un avvocato e ad un medico (...) »
33. La raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri
sulle reazioni sociali alla delinquenza giovanile (no R (87)20), adottata il
17 settembre 1987 nel corso della 410ma riunione dei delegati dei ministri,
riporta il seguente passaggio :
« Raccomanda ai Governi degli Stati membri di rivedere se necessario la loro
legislazione e le loro pratica al fine di :
(...)
8. rinforzare la posizione legale dei minori per tutto il procedimento ivi compresa la
fase delle indagini di polizia riconoscendo tra gli altri :
(...)
– il diritto all’assistenza di un difensore, eventualmente d’ufficio e remunerato dallo
Stato. »
b) Nazioni Unite
i. Convenzione sui diritti del fanciullo
34. L'articolo 37 della Convenzione sui diritti del fanciullo dispone
come segue :
« Gli Stati parti vegliano a che : (...)
d) i fanciulli privati della libertà abbiano il diritto ad un rapido accesso all'assistenza
giuridica o ad ogni altra assistenza adeguata, così come il diritto di contestare la
legalità della loro privazione della libertà dinanzi ad un tribunale o ad un’altra autorità
8
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
competente, indipendente ed imparziale, e a che sia presa una decisione rapida sulla
questione. »
ii. Osservazione generale no 10 del Comitato dei diritti del fanciullo datata
25 aprile 2007 (CRG/C/CG/10)
35. Tale testo, che riguarda l’assistenza giuridica che deve essere
concessa ai minori in stato di fermo, riporta i seguenti passaggi :
« 49. Il fanciullo deve beneficiare dell’assistenza giuridica o di ogni altra assistenza
adeguata per la preparazione e la presentazione della sua difesa. La Convenzione
esige che il fanciullo benefici di un’assistenza che, se non per forza giuridica, deve
essere adeguata. Le modalità di fornitura dell’assistenza sono lasciate alla valutazione
degli Stati parti, ma, in ogni stato della causa, l'assistenza deve essere gratuita. (...)
(...)
52. Il Comitato raccomanda agli Stati parti di fissare e di far rispettare i termini
massimi tra la commissione del reato e la conclusione dell’inchiesta di polizia, la
decisione del procuratore (o ogni altro organo competente) di incolpare il fanciullo e
la pronuncia della sentenza da parte del tribunale o di ogni altro organo giudiziario
competente. Tali termini devono essere sensibilmente più brevi di quelli per gli adulti.
Tuttavia, se le decisioni devono essere adottate con diligenza, esse devono risultare da
un processo durante il quale i diritti fondamentali del fanciullo e le garanzie legali in
suo favore sono pienamente rispettate. L’assistenza giuridica o ogni altra assistenza
adeguata deve inoltre essere fornita, non solo all’udienza dinanzi ad un tribunale o
ogni altro organo giudiziario, ma ad ogni stadio del processo, a cominciare
dall’interrogatorio del fanciullo da parte della polizia. »
iii. Osservazioni finali del Comitato dei diritti del fanciullo: Turchia,
09/07/2001 (CRC/C/15/Add.152.)
36. Tale testo riporta il seguente passaggio :
« 66. Il comitato raccomanda allo Stato parte di procedere all’esame della sua
legislazione e delle pratiche relative al sistema di giustizia per i minori al fine di
garantire la piena conformità alle disposizioni della Convenzione, in particolare gli
articoli 37, 40 e 39, e dalle altre norme internazionali che trattano tale questione, tra
cui l'Insieme di regole minime delle Nazioni Unite relativo all’amministrazione della
giustizia per i minori (Regole di Pechino) ed i Principi direttivi delle Nazioni Unite
per la prevenzione della delinquenza giovanile (Principi direttivi di Riyad), al fine di
stabilire l’età minima legale per la responsabilità penale, di estendere la protezione
garantita dai tribunali per minori a tutti i fanciulli sino all’età di diciotto anni, e di
assicurare l’applicazione effettiva di tale legge creando tribunali per minori in ogni
provincia. In particolare, esso ricorda allo Stato parte che i giovani delinquenti devono
essere giudicati senza ritardo, per evitare che siano detenuti senza poter comunicare
con l’esterno, e che la detenzione provvisoria deve essere soltanto una misura di
extrema ratio, deve essere la più breve possibile e non deve eccedere il termine
prescritto dalla legge. Ogni volta che ciò sia possibile, devono essere prese delle
misure sostitutive per evitare la detenzione provvisoria prima del giudizio. »
9
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
2. Il diritto all’assistenza di un avvocato durante il fermo
a) Consiglio d’Europa
i. Regole adottate dal Comitato dei Ministri
37. L'articolo 93 delle Regole minime per il trattamento dei detenuti
(risoluzione (73)5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa) é così
formulato : « Un imputato deve, dal momento del suo arresto, poter
scegliere il suo avvocato (...), e (...) ricevere visite del suo avvocato per la
sua difesa. Deve poter preparare e rimettere al suo avvocato o da lui ricevere
le istruzioni confidenziali. Su sua domanda, deve essergli accordata ogni
facilitazione a tal fine. (...) Gli incontri tra l’imputato ed il suo avvocato
possono svolgersi a portata del campo visivo ma non a portata di udito,
diretta o indiretta, di un funzionario della polizia o dell’ente. »
38. Inoltre, la raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati
membri del Consiglio d’Europa sulle regole penitenziarie europee (Racc.
(2006(2), adottata l’11 gennaio 2006 durante la 952ma riunione dei delegati
dei ministri, dispone nelle sue parti rilevanti :
« Consigli giuridici
23.1 Ogni detenuto ha il diritto di sollecitare dei consulenti giuridici e le autorità
penitenziarie devono aiutarlo in maniera ragionevole ad aver accesso a tali consulenti.
23.2 Ogni detenuto ha diritto di consultare a sue spese un avvocato di sua scelta su
qualsiasi questione di diritto.
(...)
23.5 Un’autorità giudiziaria può, in circostanze eccezionali, autorizzare delle
deroghe al principio di confidenzialità al fine di evitare la perpetrazione di un delitto
grave o un danno maggiore alla sicurezza della prigione. »
ii. Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti
inumani o degradanti (CPT)
39. A seguito della sua visita in Turchia nel luglio del 2000, il CPT ha
pubblicato un rapporto, datato 8 novembre 2001 (CPT/Inf(2001)25), nel
quale si esprimeva come segue :
« 61. Nonostante i numerosi cambiamenti apportati alla legislazione nel corso degli
ultimi anni, restano alcune carenze per quanto riguarda le garanzie formali contro i
maltrattamenti. La carenza più importante riguarda forse il fatto che alle persone
detenute in quanto sospettate di aver commesso reati collettivi di competenza delle
corti di sicurezza dello Stato non è sempre riconosciuto il diritto di beneficiare
dell’assistenza di un avvocato per i primi quattro giorni del loro fermo. Per di più,
dopo aver detto il contrario in precedenza, le autorità turche hanno precisato nella loro
risposta al rapporto conseguente alla visita di febbraio/marzo 1999 che i detenuti di
10
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
tale categoria si vedono negare per i primi quattro giorni del loro fermo la possibilità
di informare un parente della loro situazione. Una simile detenzione segreta non può
che facilitare l’inflizione di maltrattamenti.
Anche il CPT si sente in obbligo di ricordare, ancora una volta, la sua
raccomandazione ai sensi della quale ogni persona privata della sua libertà da parte di
un organo incaricato dell’applicazione della legge, ivi comprese le persone sospettate
di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato, dovrebbero beneficiare sin
dal loro piazzamento in stato di fermo del diritto all’assistenza di un avvocato. Il CPT
riconosce che, per proteggere gli interessi legittimi dell’inchiesta di polizia, in casi
eccezionali, si può ritenere necessario differire, per un certo periodo, l'accesso di una
persona detenuta ad un avvocato di sua scelta ; in simili casi, tuttavia, dovrebbe essere
previsto l'accesso ad un altro avvocato indipendente.
La messa in opera della detta raccomandazione esige misure legislative. Nel
frattempo, tuttavia, le autorità turche dovrebbero prendere immediatamente le misure
necessarie per garantire il rispetto delle disposizioni legali esistenti. Infatti, le
informazioni raccolte al momento della visita ad hoc effettuata nel 2000 indicano
chiaramente che anche dopo i primi quattro giorni del fermo l’accesso ad un avvocato
per le persone sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato è in
pratica l’eccezione piuttosto che la regola. Il CPT raccomanda che i funzionari
responsabili per la realizzazione delle verifiche e delle ispezioni all’interno della
procedura di sorveglianza del rispetto della legislazione summenzionata ricevano
l’istruzione di prestare particolare attenzione a conoscere se le persone sospettate di
reati collettivi rientranti nella giurisdizione delle corti di sicurezza dello Stato siano
informate del loro diritto di ottenere l’assistenza di un avvocato dopo i primi quattro
giorni del loro fermo e se sono poste in una situazione che permetta loro di esercitare
in maniera effettiva tale diritto. »
40. Il CPT ha effettuato una nuova visita in Turchia nel settembre 2001.
Nel suo rapporto, datato 24 aprile 2002 (DPT/Inf(2002)8), si é espresso in
tal modo :
« 12. Gli emendamenti apportati all'articolo 16 della legge sull’organizzazione delle
corti di sicurezza dello Stato e le procedure di giudizio dinanzi ad esse hanno
introdotto un miglioramento per quanto riguarda l’accesso ad un avvocato per le
persone detenute per reati collettivi di competenza delle corti di sicurezza dello Stato.
Per tali persone, il diritto di ottenere l’assistenza di un avvocato diviene effettivo dopo
che il procuratore ha deliberato un ordine scritto di prolungamento del fermo oltre le
quarantotto ore ; in altri termini, le persone in questione non si vedono rifiutare
l’accesso ad un avvocato che per due giorni, contro i quattro della precedente
legislazione.
Salutando tale passo in avanti, il CPT si duole del fatto che le autorità turche non
abbiano colto l’occasione per garantire alle persone detenute per reati collettivi di
competenza delle corti di sicurezza dello Stato il diritto di ottenere l’assistenza di un
avvocato sin dal piazzamento in stato di fermo (e così allineare i diritti in tale ambito
con quelli di cui beneficiano i sospettati di diritto comune). Il CPT non dubita del fatto
che le autorità turche mettano in opera nel prossimo avvenire la raccomandazione di
lunga data del comitato in virtù della quale ogni persona privata della sua libertà da
parte di un organo incaricato di assicurare il rispetto della legge, comprese le persone
sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato, dovrebbe
11
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
beneficiare sin dal suo piazzamento in stato di fermo del diritto di accesso ad un
avvocato.
(...)
46. Più sopra é stato fatto riferimento agli sviluppi legislativi recenti di natura
positiva sul diritto per le persone in stato di fermo di ottenere l'assistenza di un
avvocato e di avvertire un parente della propria situazione (paragrafi da 12 a 14 più
sopra). Tali modifiche legislative hanno, inoltre, migliorato un quadro legislativo e
regolamentare già impressionante messo in opera per combattere la tortura ed i
maltrattamenti. Ciò detto, il CPT resta molto preoccupato del fatto che le persone
detenute per reati collettivi di competenza delle corti di sicurezza dello Stato si
vedano ancora rifiutare l’accesso ad un avvocato per i primi due giorni del loro
fermo ; esso ha precisato la sua posizione sul punto più sopra al paragrafo 12.
Per di più, il contenuto attuale del diritto di accesso ad un avvocato per le persone
sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato resta meno
sviluppata che per le persone sospettate di reati di diritto comune. In particolare, per
quanto il CPT possa giudicare, le persone che rientrano nella prima categoria non
possono chiedere che il loro avvocato sia presente quando effettuano una
dichiarazione alla polizia, e la procedura che autorizza la designazione di un avvocato
da parte del consiglio del foro non è applicabile nei loro confronti. Allo stesso modo,
la disposizione che rende obbligatoria la designazione di un avvocato per le persone di
diciotto anni non si applica ai minori detenuti per reati di competenza delle corti di
sicurezza dello Stato. Al riguardo, il CPT reitera la raccomandazione che aveva già
fatto nel rapporto conseguente alla sua visita dell’ottobre 1997 e secondo la quale le
disposizioni rilevanti degli articoli 135, 136 e 138 del codice di procedura penale
dovrebbero essere rese applicabili alle persone sospettate di reati di competenza delle
corti di sicurezza dello Stato. »
b) Nazioni Unite
i. Il Patto internazionale sui diritti civili e politici
41. L'articolo 14 § 3 b) del Patto internazionale sui diritti civili e politici
prevede che ogni persona accusata di un reato ha diritto « di disporre del
tempo e delle facilitazioni necessarie alla preparazione della sua difesa ed a
comunicare con l’avvocato di sua scelta ».
ii. Il Comitato delle Nazioni unite contro la tortura
42. Nelle sue conclusioni e raccomandazioni relative alla Turchia del 27
maggio 2003 (CAT/C/CR/30/5), il Comitato si è espresso come segue :
« 5. Il Comitato si dichiara preoccupato per :
(...)
c) Le allegazioni secondo le quali le persone in stato di fermo si vedono rifiutare la
possibilità di beneficiare rapidamente ed in maniera adeguata dell'assistenza di un
avvocato e di un medico e secondo cui i loro prossimi non sono prontamente informati
della loro detenzione ;
12
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
(...)
7. Il Comitato raccomanda allo Stato parte :
a) di vigilare sul fatto che i detenuti, compresi quelli privati della loro libertà per
reati di competenza dei tribunali di sicurezza dello Stato, beneficino nella pratica delle
garanzie contro i maltrattamenti e la tortura, in particolare assicurando il rispetto del
loro diritto all'assistenza di un dottore e di un avvocato e di comunicare con la loro
famiglia ;
(...) »
43. Nella sua osservazione generale no 2 datata 24 gennaio 2008
(CAT/C/GC/2), il Comitato si è così espresso :
« 13. Certe garanzie fondamentali dei diritti dell’uomo si applicano a tutte le
persone private della liberà. Molte sono precisate nella Convenzione ed il Comitato
domanda sistematicamente agli Stati parti di riportarvisi. Le raccomandazioni del
Comitato in merito alle misure efficaci che mirano a precisare la sua posizione attuale
non sono esaustive. Tali garanzie comprendono, in particolare (...) la possibilità di
beneficiare prontamente di una assistenza giuridica (...) indipendente (...) »
c) Unione europea
44. L'articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali enuncia che « il
rispetto dei diritti di difesa è garantito ad ogni accusato ». L'articolo 52 § 3
dello stesso testo precisa che il senso e la portata del diritto garantito
dall’articolo 48 sono gli stessi di quelli che conferisce loro la Convenzione
europea dei diritti dell’uomo.
DIRITTO
I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 DELLA
CONVENZIONE
A. L'accesso ad un avvocato durante lo stato di fermo
45. Il ricorrente sostiene che ci sia una violazione del suo diritto di
difesa in quanto gli é stato negato l’accesso ad un avvocato durante il suo
stato di fermo. Egli invoca l'articolo 6 § 3 c) della Convenzione, ai sensi del
quale :
« 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di :
(...)
13
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta, se non
ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un
avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia. »
1. La sentenza della Camera
46. Nella sua sentenza del 26 aprile 2007, la Camera ha concluso per la
mancata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione. Essa ha rilevato
al riguardo che il ricorrente era stato rappresentato da un avvocato sia in
primo grado che in appello e che la deposizione da lui fatta dinanzi alla
polizia durante lo stato di fermo non costituiva la sola base della sua
condanna. Essa ha considerato che il ricorrente aveva avuto l’occasione di
contestare la tesi dell’accusa in condizioni tali che non lo ponevano in una
situazione di netto svantaggio nei suoi confronti. La Camera ha inoltre
precisato che prima di esaminare la causa, la corte di sicurezza dello Stato si
era soffermata sulle circostanze che avevano accompagnato l’arresto del
ricorrente oltre che sulla perizia grafologica relativa all’iscrizione figurante
sullo striscione, e che essa aveva anche preso nota delle deposizioni fatte dai
testimoni. Essa ha concluso, in tali condizioni, che l’equità del processo non
aveva dovuto patire il fatto che il ricorrente non avesse avuto accesso ad un
avvocato durante il suo stato di fermo.
2. Tesi delle parti
a) Il ricorrente
47. Il ricorrente contesta i motivi sui quali la Camera si é fondata per
concludere per la mancata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della
Convenzione. Egli considera il diritto di una persona in stato di fermo di
farsi assistere da un avvocato come un diritto fondamentale. Egli ricorda
alla Corte che l’insieme delle prove utilizzate contro di lui erano state
raccolte nella fase delle indagini preliminari, durante la quale si era visto
rifiutare l'assistenza di un avvocato. Egli aggiunge che i tribunali interni lo
hanno condannato in assenza di ogni elemento che provasse che egli era
colpevole. Afferma inoltre che é stato maltrattato durante il suo stato di
fermo e che ha firmato la sua dichiarazione alla polizia sotto costrizione. Fa
osservare che tale dichiarazione é stata utilizzata dalla corte di sicurezza
dello Stato di İzmir, nonostante che egli l’avesse chiaramente ritrattata
dinanzi al procuratore, dinanzi al giudice istruttore, ed in seguito nel
processo. Egli sottolinea inoltre che era minore all’epoca dei fatti e che non
aveva precedenti giudiziari. Egli ritiene che, tenuto conto della gravità delle
accuse nei suoi confronti, l'impossibilità di far appello ad un avvocato ha
comportato una violazione del suo diritto ad un processo equo. Sostiene
infine che il Governo ha mancato nel fornire la minima giustificazione
valida sul punto.
14
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
b) Il Governo
48. Il Governo invita la Grande Camera a confermare la conclusione
della Camera, secondo la quale non vi è stata violazione dell'articolo 6 § 3
c) della Convenzione. Fa notare innanzitutto che la legislazione è stata
modificata nel 2005. Considera in seguito che la restrizione imposta
all’accesso del ricorrente ad un avvocato non ha violato il diritto ad un
processo equo garantito all'interessato dall’articolo 6 della Convenzione.
Facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte (in particolare,
Imbrioscia c. Svizzera, 24 novembre 1993, serie A no 275, John Murray c.
Regno Unito, 8 febbraio 1996, Raccolta di sentenze e decisioni 1996-I,
Averill c. Regno Unito, no 36408/97, CEDH 2000-VI, Magee c. Regno
Unito, no 28135/95, CEDH 2000-VI, e Brennan c. Regno Unito, no
39846/98, CEDH 2001-X), sostiene che per determinare se un processo
abbia rivestito o meno un carattere equo bisogna prendere in considerazione
l’intero procedimento. Quindi, nella misura in cui il ricorrente é stato
rappresentato da un avvocato nel corso del procedimento dinanzi alla corte
di sicurezza dello Stato di İzmir e dinanzi alla Corte di Cassazione, il suo
diritto ad un processo equo non potrebbe essere stato leso. Il Governo rinvia
inoltre a vari casi turchi (Saraç c. Turchia (dec.), no 35841/97, 2 settembre
2004, Yurtsever c. Turchia (dec.), no 42086/02, 31 agosto 2006, Uçma e
Uçma c. Turchia (dec.), no 15071/03, 3 ottobre 2006, Ahmet Yavuz c.
Turchia (dec.), no 38827/02, 21 novembre 2006, e Yıldız e Sönmez c.
Turchia (dec.), nn. 3543/03 e 3557/03, 5 dicembre 2006), nei quali la Corte
ha dichiarato analoghe doglianze irricevibili per la manifesta mancanza di
fondamento dato che, nella misura in cui le dichiarazioni fatte alla polizia
non erano le uniche prove a fondamento delle condanne controverse,
l'impossibilità di far appello ad un avvocato durante il fermo non aveva
comportato una violazione dell'articolo 6 della Convenzione.
49. Tornando ai fatti di specie, il Governo dichiara che quando il
ricorrente é stato piazzato in stato di fermo gli é stato ricordato il diritto al
silenzio, e che durante il procedimento penale che ne è seguito il suo
avvocato ha avuto occasione di controbattere alle accuse della procura.
Sottolinea inoltre che la deposizione del ricorrente dinanzi alla polizia non é
il solo elemento a fondamento della sua condanna.
3. La valutazione della Corte
a) I principi generali applicabili al caso di specie
50. La Corte ricorda che se l'articolo 6 ha come finalità principale, in
ambito penale, quella di assicurare un processo equo dinanzi ad un
« tribunale » competente per decidere il « fondamento dell’accusa », non ne
deriva che si disinteressi delle fasi che si svolgono prima del processo. In tal
modo, l'articolo 6 – in particolar modo il suo paragrafo 3 – può avere
15
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
rilevanza prima dell’esame del merito da parte del giudice se, e nella misura
in cui, la sua iniziale inosservanza rischia di compromettere gravemente
l’equità del processo (Imbrioscia, cit., § 36). Come stabilito nella
giurisprudenza della Corte, il diritto enunciato al paragrafo 3 c) dell'articolo
6 costituisce uno degli elementi della nozione di processo equo in materia
penale contenuta al paragrafo 1 (Imbrioscia, cit., § 37, e Brennan, cit., §
45).
51. La Corte riafferma inoltre che, sebbene non sia assoluto, il diritto di
ogni accusato ad essere effettivamente difeso da un avvocato, nel caso di
necessità anche nominato d’ufficio, figura tra gli elementi fondamentali del
processo equo (Poitrimol c. Francia, 23 novembre 1993, § 34, serie A no
277-A, e Demebukov c. Bulgaria, no 68020/01, § 50, 28 febbraio 2008).
Tutto ciò considerato, l'articolo 6 § 3 c) non precisa le condizioni di
esercizio del diritto che consacra. Lascia in tal modo agli Stati contraenti la
scelta dei mezzi adeguati per permettere al loro sistema giudiziario di
garantirlo, dato che il compito della Corte consiste nel ricercare se la via che
essi hanno seguito rispetta le esigenze di un processo equo. Al riguardo, non
bisogna dimenticare che la Convenzione ha come fine quello di
« proteggere dei diritti concreti ed effettivi e non teorici o illusori » e che la
nomina di un difensore non assicura di per sé sola l'effettività dell'assistenza
che si possa fornire all’accusato (Imbrioscia, cit., § 38).
52. Una legislazione nazionale può attribuire al comportamento di un
imputato nella fase iniziale degli interrogatori della polizia conseguenze
determinanti per la sua difesa per tutto il resto del procedimento. In un
simile caso, l'articolo 6 esige normalmente che l’imputato benefici
dell’assistenza di un avvocato sin dalle prime fasi degli interrogatori della
polizia. Tale diritto, che la Convenzione non enuncia espressamente, può
tuttavia essere sottoposto a delle restrizioni per valide ragioni. Si tratta
dunque, in ogni caso, di conoscere se la restrizione controversa sia
giustificata e, in caso affermativo, se, considerata alla luce dell’insieme del
procedimento, essa abbia o meno privato l’accusato di un processo equo,
quand’anche una tale restrizione possa avere un simile effetto solo in
circostanze eccezionali (vedi John Murray, cit., § 63, Brennan, cit., § 45, e
Magee, cit., § 44).
53. I principi descritti al paragrafo 52 più sotto sono riconosciuti dalle
norme internazionali generalmente riconosciute in materia di diritti
dell’uomo (paragrafi 37-42 più sotto) che si trovano nel cuore della nozione
di processo equo e la cui ragion d’essere si rinviene in particolare nella
necessità di proteggere l’accusato da ogni coercizione abusiva da parte delle
autorità. Essi contribuiscono alla prevenzione degli errori giudiziari ed alla
realizzazione degli scopi perseguiti dall’articolo 6, in particolare
l’uguaglianza delle armi tra le autorità di inchiesta o di accusa e l’accusato.
54. La Corte sottolinea l'importanza della fase di inchiesta per la
preparazione del processo, nella misura in cui le prove ottenute durante tale
16
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
fase determinino il quadro all’interno del quale il reato imputato sarà
esaminato nel processo (Can c. Austria, no 9300/81, rapporto della
Commissione del 12 luglio 1984, § 50, serie A no 96). Parallelamente, un
imputato si trova spesso in una situazione particolarmente vulnerabile in tale
fase del procedimento, effetto che viene amplificato dal fatto che la
legislazione in materia di procedura penale diviene sempre più complessa,
in particolare per quanto riguarda le regole che reggono la raccolta e
l’utilizzo delle prove. Nella maggior parte dei casi, tale particolare
vulnerabilità può essere compensata in maniera adeguata soltanto
dall'assistenza di un avvocato, il cui compito consiste in particolare nel far si
che sia rispettato il diritto di ogni accusato a non incriminarsi. Tale diritto
presuppone che, in un processo penale, l'accusa cerchi di fondare le sue
imputazioni senza far ricorso ad elementi di prova ottenuti con la
costrizione o delle pressioni nei confronti dell’accusato (Jalloh c. Germania
[GC], no 54810/00, § 100, CEDH 2006-..., e Kolu c. Turchia, no 35811/97, §
51, 2 agosto 2005). Un rapido accesso ad un avvocato fa parte delle
garanzie procedurali alle quali la Corte presta particolare attenzione quando
esamina se un procedimento abbia o meno annichilito la sostanza stessa del
diritto di non contribuire alla propria incriminazione (vedi, mutatis
mutandis, Jalloh, cit., § 101). La Corte prende ugualmente nota al riguardo
delle numerose raccomandazioni del CPT (paragrafi 39-40 più sotto)
sottolineando che il diritto di ogni detenuto ad ottenere dei consulenti
giuridici costituisce una garanzia fondamentale contro i maltrattamenti.
Ogni eccezione al godimento di tale diritto deve essere chiaramente
circoscritta e la sua applicazione strettamente limitata nel tempo. Tali
principi rivestono particolare importanza nel caso di gravi reati, poiché é
proprio nel caso delle pene più gravi che il diritto ad un processo equo deve
essere assicurato al più alto grado possibile dalle società democratiche.
55. In tali condizioni, la Corte ritiene che, affinché il diritto ad un
processo equo consacrato dall'articolo 6 § 1 resti sufficientemente
« concreto ed effettivo » (paragrafo 51 più sotto), é necessario, come regola
generale, che l’accesso ad un avvocato sia consentito sin dal primo
interrogatorio di un sospettato da parte della polizia, salvo dimostrare, alla
luce delle circostanze particolari del caso di specie, che esistono ragioni
imperiose per limitare tale diritto. Anche quando ragioni imperiose possono
eccezionalmente giustificare il rifiuto di accesso ad un avvocato, una simile
restrizione – qualunque sia la sua giustificazione – non deve pregiudicare in
maniera indebita i diritti derivanti all’accusato dall’articolo 6 (vedi, mutatis
mutandis, Magee, cit., § 44). Si arreca per principio un danno irrimediabile
ai diritti di difesa quando delle dichiarazioni incriminanti fatte nel corso di
un interrogatorio di polizia che ha avuto luogo senza l’assistenza possibile
di un avvocato sono utilizzate per fondare una condanna.
17
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
b) Applicazione al caso di specie dei principi sopra enunciati
56. Nel caso di specie, il diritto del ricorrente a beneficiare
dell'assistenza di un avvocato é stato limitato durante il suo stato di fermo,
in applicazione dell'articolo 31 della legge no 3842, dal momento che era
accusato di un reato di competenza delle corti di sicurezza dello Stato. Di
conseguenza, egli non era assistito da un avvocato quando ha rilasciato le
sue dichiarazioni dinanzi alla polizia, al procuratore ed al giudice istruttore.
Per giustificare il rifiuto del diritto di accesso ad un avvocato al ricorrente, il
Governo si è limitato a dire che si trattava di un’applicazione sistematica di
disposizioni legali rilevanti. Di per sé, ciò é già sufficiente per concludere
per un venir meno alle esigenze richieste dall’articolo 6 al riguardo, come
sono state descritte al paragrafo 52 più sopra.
57. La Corte osserva inoltre che il ricorrente ha beneficiato
dell'assistenza di un avvocato dopo il suo piazzamento in detenzione
provvisoria. Nel prosieguo del procedimento, egli ha potuto comunque
citare dei testimoni a suo favore e contrastare le tesi dell’accusa. La Corte
rileva ugualmente che il ricorrente ha smentito a più riprese il contenuto
della sua dichiarazione alla polizia, sia nel processo di prima istanza che in
appello. Tuttavia, per quanto risulta dal fascicolo, l'indagine era stata in gran
parte effettuata prima che il ricorrente comparisse dinanzi al giudice
istruttore il 1mo giugno 2001. Per di più, non solo la corte di sicurezza dello
Stato di İzmir si é astenuta, prima di esaminare il merito del caso, dal
prendere posizione sull’opportunità di ammettere come prove le
dichiarazioni fatte dal ricorrente durante il suo fermo, ma ha fatto della
dichiarazione rilasciata alla polizia dall’interessato la prova fondamentale
della sua condanna, nonostante la contestazione da parte del ricorrente della
sua esattezza (paragrafo 23 più sopra). La Corte osserva al riguardo che, per
condannare il ricorrente, la corte di sicurezza dello Stato di İzmir ha in
realtà utilizzato le prove prodotte dinanzi ad essa per confermare la
dichiarazione rilasciata dal ricorrente alla polizia. Tra tali prove figuravano
la perizia datata 1mo giugno 2001 e le deposizioni dei coimputati avvenute
dinanzi alla polizia ed al procuratore. Al riguardo, tuttavia, la Corte é scossa
dal fatto che la perizia menzionata nella sentenza di primo grado fosse
favorevole al ricorrente, dato che concludeva per l’impossibilità di stabilire
che la scrittura dell’iscrizione che compariva sullo striscione era identica a
quella del ricorrente (paragrafo 15 più sopra). É allo stesso modo
significativo il fatto che tutti i coimputati del ricorrente che avevano
testimoniato contro di lui dinanzi alla polizia ed al procuratore hanno
ritrattato le loro deposizioni nel corso del processo e negato di aver
partecipato alla manifestazione.
58. È dunque chiaro nel caso di specie che il ricorrente é stato
personalmente colpito dalle limitazioni poste alla possibilità di avere
accesso ad un avvocato, dal momento che la sua dichiarazione alla polizia è
servita a fondare la sua condanna. Né l'assistenza fornita in seguito da un
18
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
avvocato né la natura contraddittoria del prosieguo del procedimento hanno
potuto apportare rimedio al difetto sopravvenuto durante lo stato di fermo.
Non spetta tuttavia alla Corte speculare sull’impatto che avrebbe avuto
sull’esito del procedimento la possibilità per il ricorrente di farsi assistere da
un avvocato durante il suo stato di fermo.
59. La Corte ricorda inoltre che né la lettera né lo spirito dell'articolo 6
della Convenzione impediscono ad una persona di rinunciare di sua
spontanea volontà, in maniera esplicita o tacita, alle garanzie di un processo
equo (Kwiatkowska c. Italia (dec.), no 52868/99, 30 novembre 2000).
Tuttavia, per essere effettiva ai fini della Convenzione, la rinuncia al diritto
di prendere parte al processo deve essere prescritta in maniera non equivoca
ed essere circondata da un minimum di garanzie corrispondenti alla sua
importanza (vedi Sejdovic c. Italia [GC], no 56581/00, § 86, CEDH 2006-...,
Kolu, cit., § 53, e Colozza c. Italia, 12 febbraio 1985, § 28, serie A no 89).
In tal modo, nel caso di specie, la Corte non può basarsi sulla menzione che
compare nel formulario che espone i diritti del ricorrente secondo il quale
l’interessato era stato informato del suo diritto al silenzio (paragrafo 14 più
sopra).
60. La Corte rileva infine che uno degli elementi caratteristici del caso di
specie era l’età del ricorrente. Rinviando al numero considerevole di
strumenti giuridici internazionali che trattano dell'assistenza giuridica che
deve essere concessa ai minori in stato di fermo (paragrafi 32-36 più sopra),
la Corte sottolinea l’importanza fondamentale della possibilità per tutti i
minori piazzati in stato di fermo di aver accesso ad un avvocato durante tale
detenzione.
61. Dunque, nel caso di specie, come é stato precisato più sopra, la
restrizione imposta al diritto di accesso ad un avvocato faceva parte di una
politica consolidata ed era applicata ad ogni persona, indipendentemente
dalla sua età, piazzata in stato di fermo per un reato di competenza delle
corti di sicurezza dello Stato.
62. In poche parole, anche se il ricorrente ha avuto occasione di
contestare le prove a carico nel suo processo di primo grado e poi in
appello, l'impossibilità nel suo caso di farsi assistere da un avvocato quando
si trovava in stato di fermo ha irrimediabilmente nuociuto ai suoi diritti di
difesa.
c) Conclusione
63. Avuto riguardo di ciò che precede, la Corte conclude che nel caso di
specie vi è stata una violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione
combinato con l'articolo 6 § 1.
19
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
B. La mancata comunicazione delle conclusioni
procuratore generale presso la Corte di Cassazione
scritte
del
64. Il ricorrente si lamenta del fatto che, nel corso del procedimento
dinanzi alla Corte di Cassazione, le conclusioni scritte del procuratore
generale presso tale giurisdizione non gli siano state comunicate. Egli
invoca al riguardo l'articolo 6 § 1 della Convenzione, la cui parte rilevante
nel caso di specie così dispone :
« Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (...) entro un termine
ragionevole, da un tribunale (...), il quale sia chiamato a pronunciarsi (...) sulle
controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...) »
1. La sentenza della Camera
65. Nella sua sentenza del 26 aprile 2007, la Camera ha ritenuto, alla
luce della sua giurisprudenza consolidata, che la mancata comunicazione al
ricorrente, dinanzi alla Corte di Cassazione, delle conclusioni scritte del
procuratore generale aveva infranto il diritto dell’interessato ad un
procedimento in contraddittorio. Essa ha dunque concluso per la violazione
dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
2. Argomenti delle parti
66. Le parti non hanno formulato alcuna osservazione al riguardo.
3. La valutazione della Corte
67. Per i motivi indicati dalla Camera, la Corte considera che il diritto
del ricorrente ad un procedimento in contraddittorio è stato violato. Vi é
stata quindi una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE
CONVENZIONE
DELL'ARTICOLO
41
DELLA
68. L'articolo 41 della Convenzione è così formulato :
« Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi
protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo
imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del
caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. »
20
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
A. Danno
1. Argomenti delle parti
69. Il ricorrente domanda 5 000 euro (EUR) a titolo di danno materiale e
10 000 EUR per il danno morale.
70. Il Governo stima che tali richieste siano eccessive ed inaccettabili.
2. La sentenza della Camera
71. La Camera non ha accordato una indennità per il danno materiale al
ricorrente, considerando che egli non aveva documentato la sua domanda.
Essa ha ritenuto, inoltre, che la constatazione della violazione rappresentava
di per sé un’equa soddisfazione sufficiente per il danno morale che poteva
essere stato subito dall’interessato.
3. La valutazione della Corte
72. La Corte riafferma che la forma più appropriata di riparazione per
una violazione dell'articolo 6 § 1 consiste nel far si che il ricorrente si ritrovi
per quanto possibile nella situazione che vi sarebbe stata se tale disposizione
non fosse stata violata (vedi Teteriny c. Russia, no 11931/03, § 56, 30
giugno 2005, Jeličić c. Bosnia Erzegovina, no 41183/02, § 53, CEDH
2006-..., e Mehmet e Suna Yiğit c. Turchia, no 52658/99, § 47, 17 luglio
2007). La Corte giudica che tale principio si applica al caso di specie. Essa
ritiene di conseguenza che la forme più appropriata di riparazione sarebbe,
ammesso che il ricorrente lo domandi, un nuovo processo, conforme alle
esigenze dell'articolo 6 § 1 della Convenzione (vedi, mutatis mutandis,
Gençel c. Turchia, no 53431/99, § 27, 23 ottobre 2003).
73. Quanto al resto, la Corte, decidendo secondo equità, riconosce al
ricorrente 2 000 EURO per il danno morale.
B. Spese e costi
1. Argomenti delle parti
74. Il ricorrente sollecita il pagamento di 3 500 EURO per le spese ed i
costi da lui affrontati nel procedimento interno e quello seguito dinanzi alla
Camera, senza tuttavia depositare alcun documento a fondamento della sua
domanda. Si conviene nel rilevare che l’interessato non ha modificato la
domanda che aveva inizialmente presentato dinanzi alla Camera, ma ha
formulato una domanda di assistenza giudiziaria per le spese incorse dinanzi
alla Grande Camera.
75. Il Governo contesta il fondamento della domanda, ritenendo che
quest’ultima non sia stata proposta.
21
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
2. La sentenza della Camera
76. La Camera ha riconosciuto al ricorrente 1 000 EUR per spese e costi.
3. La valutazione della Corte
77. La Corte osserva che il ricorrente ha avuto il beneficio dell'assistenza
giudiziaria per le spese ed i costi del procedimento seguito dinanzi alla
Grande Camera. Di conseguenza, essa non deve prendere in considerazione
che quelli incorsi dinanzi alle giurisdizioni interne e dinanzi alla Camera.
78. Secondo la sua giurisprudenza consolidata, l’assegnazione di spese e
costi ai sensi dell’articolo 41 presuppone che siano determinati la loro
realtà, la necessità e, ancora, il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre,
le spese non sono rimborsabili che nella misura in cui si rapportino alla
violazione contestata (vedi, tra gli altri, Beyeler c. Italia (equa
soddisfazione) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002, e Sahin c.
Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
79. Alla luce di ciò che precede, la Corte accorda al ricorrente la somma
che la Camera gli aveva già riconosciuto, vale a dire 1 000 EURO.
C. Interessi moratori
80. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi di mora
sul tasso marginale di interesse della Banca centrale europea maggiorato di
tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÁ,
1. Ritiene che vi é stata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione
letto insieme all'articolo 6 § 1 per il fatto che il ricorrente non ha avuto
la possibilità di farsi assistere da un avvocato durante lo stato di fermo;
2. Ritiene che vi é stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione a
causa della mancata comunicazione al ricorrente, dinanzi alla Corte di
Cassazione, delle conclusioni scritte del procuratore generale;
3. Ritiene
a) che lo Stato convenuto debba versare al ricorrente, entro tre mesi, le
seguenti somme, da convertire in nuove livre turche al tasso applicabile
alla data del regolamento :
i. 2 000 EURO (duemila euro), oltre ogni ammontare che possa
essere dovuto a titolo di imposta su tale somma, per il danno
morale ;
22
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
ii. 1 000 EURO (mille euro), oltre ogni ammontare che possa
essere dovuto a titolo di imposta dai ricorrenti su tale somma, per
spese e costi ;
b) che a partire dallo spirare del detto termine e sino al versamento, tale
importo sarà maggiorato di un interesse semplice ad un tasso pari a
quello marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale
periodo, aumentato di tre punti percentuali ;
4. Rigetta per la parte restante la domanda di equa soddisfazione.
Redatta in francese ed in inglese, poi pronunciata in udienza pubblica
presso il Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 27 novembre 2008.
Vincent Berger
Giureconsulto
Nicolas Bratza
Presidente
Alla presente sentenza é unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della
Convenzione e 74 § 2 del regolamento, l'esposizione delle seguenti opinioni
concordi :
– opinione concordante del giudice Bratza ;
– opinione concordante dei giudici Rozakis, Spielmann, Ziemele e
Lazarova Trajkovska ;
– opinione concordante del giudice Zagrebelsky alla quale aderiscono i
giudici Casadevall e Türmen.
N.B.
V.B.
23
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE BRATZA
(Traduzione)
La questione centrale nel caso di specie riguarda l’utilizzo come prova
nei confronti del ricorrente di rivelazioni da lui fatte nel corso di un
interrogatorio della polizia, in un momento in cui non poteva far appello ad
un avvocato. La Grande Camera ha giudicato che la limitazione in tal modo
posta all’accesso ad un avvocato aveva irrimediabilmente nuociuto ai diritti
di difesa e che né l’assistenza giuridica in seguito fornita al ricorrente da un
avvocato né la natura contraddittoria del seguito del procedimento avevano
potuto apportare rimedio ai vizi che hanno colpito lo stato di fermo
dell’interessato. La Grande Camera ha in tal modo concluso che i diritti
garantiti al ricorrente dall'articolo 6 § 3 c) combinato con l'articolo 6 § 1
erano stati violati a causa della impossibilità nella quale il ricorrente si era
trovato nel farsi assistere da un avvocato durante lo stato di fermo.
Sottoscrivo per intero tale conclusione.
Al paragrafo 55 della sentenza, la Corte enuncia un principio generale in
virtù del quale, affinché il diritto ad un processo equo consacrato
dall’articolo 6 resti sufficientemente « concreto ed effettivo », é necessario
come regola generale che l’accesso ad un avvocato sia consentito « sin dal
primo interrogatorio di un sospettato da parte della polizia ». Tale principio
concorda con la giurisprudenza precedente ed era senza dubbio sufficiente
per permettere alla Corte di concludere per la violazione dell'articolo 6 alla
luce dei fatti del presente caso. Ciò considerato, condivido i dubbi espressi
dal giudice Zagrebelsky in merito alla questione di determinare se, nello
stabilire nel primo interrogatorio il momento a partire dal quale l’accesso ad
un avvocato deve essere consentito, la dichiarazione di principio si spinge
sufficientemente lontano. Come il giudice Zagrebelsky, ritengo che la Corte
avrebbe dovuto cogliere l’occasione per dire chiaramente che l’equità di un
procedimento penale richiede in maniera generale, ai fini dell'articolo 6, che
il sospettato goda della possibilità di farsi assistere da un avvocato sin dal
momento del suo piazzamento in stato di fermo o in detenzione provvisoria.
Sarebbe increscioso se la sentenza desse l’impressione che alcuna questione
sia stata posta sul terreno dell’articolo 6 dal momento in cui il sospettato
aveva potuto farsi assistere da un avvocato sin dall’inizio degli interrogatori
o che l'articolo 6 non può entrare in gioco se non quando il rifiuto di accesso
ad un avvocato abbia nuociuto all’equità dell’interrogatorio del sospettato. Il
rifiuto fatto ad un sospettato della possibilità di farsi assistere da un
avvocato sin dall’inizio della sua detenzione può violare l'articolo 6 della
Convenzione se reca pregiudizio ai diritti di difesa, che tale pregiudizio
derivi o meno dall’interrogatorio del sospettato.
24
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
OPINIONE CONCORDANTE DEI GIUDICI ROZAKIS,
SPIELMANN, ZIEMELE E LAZAROVA TRAJKOVSKA
(Traduzione)
1. Noi sottoscriviamo ogni punto della sentenza della Corte in merito
alla violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione combinato con
l'articolo 6 § 1.
2. Tenuto conto della sua importanza, avremmo tuttavia preferito che il
ragionamento sviluppato al paragrafo 72 della sentenza fosse ugualmente
incluso nel dispositivo, e ciò per motivi che sono già stati, in parte, spiegati
nell'opinione concordante comune ai giudici Spielmann e Malinverni nel
caso Vladimir Romanov c. Russia, (no 41461/02, sentenza del 24 luglio
2008) e nell'opinione concordante del giudice Spielmann relativamente al
caso Poloufakine e Tchernychev c. Russia (no 30997/02, sentenza del
25 settembre 2008), e che sono ripetuti di seguito.
3. In primo luogo, é risaputo che se il ragionamento sviluppato in una
sentenza permette agli Stati membri di distinguere i motivi per i quali la
Corte ha concluso per la violazione o meno della Convenzione e riveste per
tale fatto un’importanza decisiva per l’interpretazione della Convenzione, é
proprio il dispositivo ad avere un carattere vincolante per le parti per i fini
dell'articolo 46 § 1 della Convenzione.
4. Dunque ciò che é detto al paragrafo 72 della sentenza ci sembra della
massima importanza. Vi si riafferma che quando una persona é stata
condannata in violazione delle garanzie procedurali consacrate
dall'articolo 6, essa deve per quanto possibile essere nuovamente posta nella
situazione che vi sarebbe stata se l’esigenza del caso non fosse stata
disconosciuta (principio della restitutio in integrum).
5. Il principio della restitutio in integrum tre origine dalla sentenza
Usine de Chorzów (merito) resa dalla Corte permanente di giustizia
internazionale (CPGI) il 13 settembre 1928. La CPGI vi si esprimeva come
segue :
« Il principio essenziale (...) é che la riparazione deve, per quanto possibile,
cancellare tutte le conseguenze dell’atto illecito e ristabilire lo stato che si avrebbe
avuto se il detto atto non fosse stato commesso ». (serie A no 17, p. 47)
6. Tale principio, in virtù del quale la restitutio in integrum é considerata
come il primo mezzo da utilizzare per la riparazione di una violazione del
diritto internazionale, é stato costantemente riaffermato dalla giurisprudenza
e dalla pratica internazionali ed é stato richiamato all’articolo 35 del
Progetto di articoli sulla responsabilità dello Stato per comportamenti
internazionalmente illeciti (adottato dalla Commissione di diritto
internazionale del 2001).
25
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
L'articolo 35 di tale Progetto di articoli é così formulato :
« Lo Stato responsabile per un fatto internazionalmente illecito ha l’obbligo di
procedere alla riparazione che consiste nel ristabilire la situazione esistente prima che
il fatto illecito fosse commesso nei limiti in cui una tale riparazione :
a) non sia materialmente impossibile ;
b) non imponga un peso sproporzionato con il vantaggio che deriverebbe dalla
riparazione piuttosto che dal risarcimento. »
Non vi é alcun motivo per non applicare tale principio alle riparazioni
per atti internazionalmente illeciti nel campo dei diritti dell’uomo. (vedi
Loukis G. Loucaides, « Riparazione per violazioni dei diritti dell’uomo in
virtù della Convenzione europea e restitutio in integrum », [2008] European
Human Rights Law Review, pp. 182-192).
Nella sua sentenza Papamichalopoulos e altri c. Grecia (articolo 50) del
31 ottobre 1995 (serie A no 330-B), la Corte si é così espressa :
« 34. La Corte ricorda che ai sensi dell'articolo 53 della Convenzione le Alte Parti
contraenti si sono impegnate a conformarsi alle decisioni della Corte nelle
controversie di cui sono parti; inoltre, l'articolo 54 prevede che la sentenza della Corte
è trasmessa al Comitato dei Ministri che vigila sulla su esecuzione. Ne consegue che
una sentenza che constati una violazione comporta per lo Stato convenuto l'obbligo
giuridico derivante dalla Convenzione di porre termine alla violazione e di eliminare
le conseguenze in modo tale da ristabilire per quanto possibile la situazione anteriore
a quest’ultima.
Gli Stati contraenti che sono parti in una causa sono in principio liberi di scegliere i
mezzi dei quali avvalersi per conformarsi ad una sentenza che accerta una violazione.
Tale potere di valutazione quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce
la libertà di scelta di cui si compone l’obbligazione primordiale imposta dalla
Convenzione agli Stati contraenti: assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà
garantiti (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum,
incombe sullo Stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza
né la possibilità pratica di farlo da sola. Se, in compenso, il diritto nazionale non
permette o permette solo in maniera imperfetta di rimediare alle conseguenze della
violazione, l'articolo 50 abilita la Corte ad accordare, se possibile, alla parte lesa la
soddisfazione che gli sembra appropriata. »
7. Nel caso di specie, e tenuto conto del fatto che l’impossibilità in cui il
ricorrente è incorso nel farsi assistere da un avvocato durante il suo stato di
fermo ha irrimediabilmente pregiudicato i suoi diritti di difesa (paragrafo 62
della sentenza), il miglior mezzo per raggiungere l’obiettivo della
riparazione richiesta consisterebbe nel riaprire il procedimento e permettere
che si tenga un nuovo processo, all’interno del quale saranno osservate
l’insieme delle garanzie di equità, a condizione evidentemente che il
ricorrente lo richieda ed il diritto interno dello Stato convenuto permetta tale
soluzione.
8. La ragione per la quale desideriamo sottolineare tale punto è che non
bisogna dimenticare che i risarcimenti di cui la Corte ordina la concessione
26
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
alle vittime delle violazioni della Convenzione rivestono, secondo i termini
e lo spirito dell'articolo 41, una natura sussidiaria. Quest’ultima coincide
con il carattere sussidiario attribuito alle riparazioni nel diritto
internazionale. L'articolo 36 del Progetto di articoli sulla responsabilità
dello Stato è così formulato :
« 1. Lo Stato responsabile di un atto internazionalmente illecito é tenuto ad
indennizzare il danno causato da tale atto nella misura in cui tale danno non sia
riparato dalla restituzione. (...) »
Conviene anche che la Corte cerchi di ristabilire lo status quo ante per la
vittima ogni volta che ciò sia possibile. Ciò detto, la Corte deve ugualmente
tenere in considerazione il fatto che « la cancellazione dell’insieme delle
conseguenze del fatto illecito può (...) esigere il ricorso ad una pluralità o
all’insieme delle forme di riparazione disponibili, in funzione del tipo e
dell’estensione del pregiudizio causato » (vedi J. Crawford, The
International Law Commission's Articles on State Responsibility.
Introduction, Text and Commentaries, Cambridge University Press, 2002, p.
211, (2)) e tenuto conto dei ricorsi accessibili nel sistema interno (articolo
41).
9. Certamente, gli Stati non sono obbligati, ai sensi della Convenzione,
ad introdurre nei loro sistemi giuridici interni dei procedimenti che
permettano il riesame delle decisioni delle loro Corti supreme rivestite
dell’autorità di cosa giudicata. Essi sono tuttavia fortemente incoraggiati a
farlo, in particolare in ambito penale.
10. In Turchia, l'articolo 311 § 1 f) del codice di procedura penale
prevede che la riapertura del procedimento interno giudicato non equo dalla
Corte europea dei diritti dell’uomo può essere sollecitato nel termine di un
anno a partire dalla decisione definitiva della Corte.
Vi é tuttavia una restrizione temporale all’applicabilità di tale
disposizione. Il paragrafo 2 dell'articolo 311 precisa infatti che quest’ultima
non si applichi ai ricorsi depositati dinanzi alla Corte europea dei diritti
dell’uomo prima del 4 febbraio 2003, né alle cause aventi ad oggetto un
giudizio definitivo prima del 4 febbraio 2003. Riteniamo che nel caso in cui,
come nel caso di specie, lo Stato convenuto si sia dotato di un tale
procedimento, la Corte debba non tanto suggerire in maniera timida che la
riapertura del procedimento costituirebbe la forma più adeguata di
riparazione, come fa al paragrafo 72 della sentenza, quanto invece esortare
le autorità a ricorrere a tale procedimento, per quanto insoddisfacente possa
apparire, o ad adattare i procedimenti esistenti, sempre che, evidentemente,
il ricorrente lo desideri. Ciò non é tuttavia giuridicamente possibile se non
nel caso in cui una tale esortazione figuri all’interno del dispositivo della
sentenza.
11. Per di più, la Corte ha già incorporato una simile esortazione nel
dispositivo di alcune sue sentenze. Per esempio, nel caso Claes e altri c.
27
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
Belgio (nn. 46825/99, 47132/99, 47502/99, 49010/99, 49104/99, 49195/99 e
49716/99, 2 giugno 2005), ha dichiarato al punto 5 a) del dispositivo della
sentenza « che in difetto di rendere giustizia ad una richiesta da parte dei
ricorrenti di essere nuovamente giudicati o di riaprire il procedimento, lo
Stato convenuto deve versare, entro tre mesi a partire dal giorno in cui il
ricorrente segnalerà di non voler presentare una tale richiesta o sarà chiaro
che non ne ha intenzione o a partire dal giorno in cui tale domanda sarà
rigettata » certe somme per il danno morale e per spese e costi. Allo stesso
modo, nel caso Lungoci c. Romania (no 62710/00, 26 gennaio 2006), la
Corte ha affermato al punto 3 a) del dispositivo della sua sentenza che « lo
Stato convenuto assicura, entro sei mesi a partire dal giorno in cui la
sentenza sarà divenuta definitiva, conformemente all’articolo 44 § 2 della
Convenzione, e se la ricorrente lo desidera, la riapertura del procedimento, e
che deve simultaneamente versargli 5 000 (cinquemila) euro per il danno
morale, oltre ogni ammontare che possa essere dovuto a titolo di imposta,
da convertire in lei rumene al tasso applicabile alla data del regolamento ».
12. In virtù dell'articolo 46 § 2 della Convenzione, la vigilanza
sull’esecuzione delle sentenza della Corte spetta al Comitato dei Ministri.
Ciò non significa tuttavia che la Corte non svolga alcun ruolo al riguardo e
che non debba prendere misure adatte a facilitare il compito del Comitato
dei Ministri. In realtà, nulla all’interno dell'articolo 41 né in altre
disposizioni della Convenzione impedisce alla Corte di valutare la questione
della riparazione secondo i principi più sopra definiti. Dal momento che la
Corte é competente ad interpretare ed applicare la Convenzione, essa é allo
stesso modo competente a valutare « la forma ed il quantum della
riparazione da accordare » (vedi J. Crawford, p. 201). Così come chiarito
dalla CPGI nella sua sentenza Usine de Chorzów : « la riparazione è il
complemento indispensabile di un inadempimento all’applicazione [di una
Convenzione internazionale] » (p. 29).
13. Per tale fine é essenziale che la Corte non si accontenti di fornire
nelle sue sentenze una descrizione la più precisa possibile della natura della
violazione della Convenzione da essa accertata ma che indichi anche nel
dispositivo, se le circostanze del caso lo richiedono, le misure che giudica
più appropriate per porre riparo alla violazione.
28
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE
ZAGREBELSKY,
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E
TÜRMEN
Al mio voto favorevole al dispositivo della sentenza, voglio aggiungere
alcune parole per chiarire il senso del ragionamento della Corte, per come lo
intendo.
La Corte ha concluso per la violazione « dell'articolo 6 § 3 c) combinato
con l'articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione del fatto che il ricorrente
non aveva potuto farsi assistere da un avvocato durante lo stato di fermo »
(punto 1 del dispositivo). Essa ha in tal modo risposto alla doglianza del
ricorrente che vedeva « una violazione dei suoi diritti di difesa nel fatto che
si [era] visto negare l’accesso ad un avvocato durante lo stato di fermo ».
Tale doglianza, enunciata dal ricorrente sotto l’angolo dell'articolo 6 § 3 c),
è stata giustamente precisata dalla Corte, che l’ha legata all'articolo 6 § 1.
Il senso della sentenza della Corte mi sembrerebbe ben chiaro. Se ve ne
fosse bisogno, ciò che la Corte dice al paragrafo 53 rinviando al paragrafo
37 non fa che chiarirlo. Le norme internazionali generalmente riconosciute,
che la Corte accetta e che coincidono con la sua giurisprudenza, dispongono
che « un imputato deve, dal momento della sua incarcerazione, poter
scegliere il suo avvocato (...) e (...) ricevere visite dal suo avvocato per la
sua difesa. Egli deve poter preparare e fornire al suo avvocato o da lui
ricevere le istruzioni confidenziali (...) ».
É quindi senza dubbio dall’inizio del fermo o del piazzamento in
detenzione che l’accusato deve poter beneficiare dell'assistenza di un
avvocato. E ciò, indipendentemente dagli interrogatori.
L'importanza degli interrogatori é evidente all’interno del procedimento
penale, dato che, come sottolineato dalla sentenza, l'impossibilità di farsi
assistere da un avvocato nel corso degli interrogatori si analizza, salvo
eccezioni, come una grave lacuna rispetto alle esigenze di un processo equo.
Ma l’equità del procedimento, quando si tratta di un accusato che é
detenuto, richiede allo stesso tempo che l’accusato possa ottenere (ed il
difensore esercitare) tutta la vasta gamma di attività adatte per la difesa : la
discussione del caso, l'organizzazione della difesa, la ricerca delle prove
favorevoli all’accusato, la preparazione degli interrogatori, il sostegno
all’accusato in stato di difficoltà, il controllo delle condizioni di detenzione,
etc.
Il principio di diritto che bisogna trarre dalla sentenza é dunque che
l’accusato in stato di detenzione ha diritto, normalmente e salvo limitazioni
eccezionali, a che, dall’inizio del fermo o della sua detenzione provvisoria,
possa essere visitato da un difensore per discutere di ciò che riguarda la sua
29
Copyright © 2009 UFTDU
SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN
difesa e le sue legittime necessità. Il mancato riconoscimento di tale
possibilità, indipendentemente da ciò che fuoriesce dagli interrogatori e dal
loro utilizzo da parte del giudice, si analizza, salvo eccezioni, come una
violazione dell'articolo 6 della Convenzione. Aggiungo che, naturalmente, il
fatto che il difensore possa vedere l’accusato per tutto il corso della
detenzione nei posti di polizia ed in prigione permette, meglio di ogni altra
misura, di evitare che sia violata la proibizione dei trattamenti di cui
all'articolo 3 della Convenzione.
Le considerazioni che precedono non sarebbero state necessarie se il
ragionamento della Corte non avesse contenuto dei passaggi suscettibili di
far credere al lettore che la Corte esige l'assistenza di un difensore soltanto a
partire ed in occasione degli interrogatori (vedi gli interrogatori che danno
luogo alla redazione di un processo-verbale al fine del loro utilizzo da parte
del giudice). Infatti, a partire dal paragrafo 55 il testo adottato dalla Corte si
concentra sul solo aspetto dell'interrogatorio che il ricorrente ha subito ed il
cui contenuto è stato utilizzato nei suoi confronti.
Una tale lettura della sentenza mi parrebbe eccessivamente riduttiva.
L'importanza della decisione della Corte per la protezione dei diritti
dell’accusato soggetto ad una misura privativa della libertà ne sarebbe
gravemente indebolita. Secondo me a torto, dal momento che
l’argomentazione legata all’interrogatorio del ricorrente ed alla sua
utilizzazione da parte dei giudici si spiega facilmente per il fine della Corte
di prendere in considerazione i dati specifici del caso per il quale è stata
adita.
30
Copyright © 2009 UFTDU