Salduz C Turchia
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Salduz C Turchia
CONSIGLIO D’EUROPA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO SALDUZ c. TURCHIA (Ricorso no 36391/02) SENTENZA STRASBURGO 27 novembre 2008 Questa sentenza è definitiva. Può subire dei ritocchi di forma traduzione non ufficiale dal testo originale a cura dell'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN Nel caso Salduz c. Turchia, La Corte europea dei diritti dell’uomo, riunita in una Grande Camera composta da : Nicolas Bratza, presidente, Christos Rozakis, Josep Casadevall, Rıza Türmen, Rait Maruste, Vladimiro Zagrebelsky, Stanislav Pavlovschi, Alvina Gyulumyan, Ljiljana Mijović, Dean Spielmann, Renate Jaeger, David Thór Björgvinsson, Ján Šikuta, Ineta Ziemele, Mark Villiger, Luis López Guerra, Mirjana Lazarova Trajkovska, giudici, e da Vincent Berger, giureconsulto, Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 19 marzo ed il 15 ottobre 2008, Rende la seguente sentenza, adottata in tale ultima data : PROCEDURA 1. Il caso trae origine da un ricorso (no 36391/02) diretto contro la Repubblica di Turchia con il quale un cittadino turco, Yusuf Salduz (« il ricorrente »), ha adito la Corte l’8 agosto 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (« la Convenzione »). 2. Con il suo ricorso, Salduz lamentava che, imputato in un procedimento penale, si era visto rifiutare l’assistenza di un avvocato durante il suo fermo e non aveva ottenuto, nell’ultimo grado del procedimento, dinanzi alla Corte di Cassazione, la comunicazione delle conclusioni scritte del Procuratore generale presso tale giurisdizione. Egli rilevava quindi una violazione dei suoi diritti di difesa. Ha invocato l'articolo 6 §§ 1 e 3 c) della Convenzione. 3. Il ricorso é stato attribuito alla seconda sezione della Corte (articolo 52 § 1 del regolamento). 2 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN 4. Con una decisione del 28 marzo 2006, il ricorso é stato dichiarato parzialmente irricevibile da una Camera della detta sezione composta dai giudici Jean-Paul Costa, Andras Baka, Rıza Türmen, Karl Jungwiert, Mindia Ugrekhelidze, Antonella Mularoni, Elisabet Fura-Sandström e da Sally Dollé, cancelliere di sezione. 5. Con sentenza del 26 aprile 2007 (« la sentenza della Camera »), la Camera, composta dai giudici Françoise Tulkens, Andras Baka, Ireneu Cabral Barreto, Rıza Türmen, Mindia Ugrekhelidze, Antonella Mularoni e Danute Jočienė, e da Sally Dollé, cancelliere di sezione, ha ritenuto all’unanimità che vi era stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per la mancata comunicazione al ricorrente, dinanzi alla Corte di Cassazione, delle conclusioni scritte del procuratore generale e, con cinque voti contro due, che non vi era stata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione per il fatto che il ricorrente non aveva avuto la possibilità di farsi assistere da un avvocato durante il suo fermo. 6. Il 20 luglio 2007, il ricorrente ha richiesto il rinvio della causa alla Grande Camera (articolo 43 della Convenzione). 7. Il 24 settembre 2007 un collegio della Grande Camera ha deciso di procedere all’esame di tale domanda (articolo 73 del regolamento). 8. La composizione della Grande Camera é stata determinata conformemente alle disposizioni dell’articolo 27 §§ 2 e 3 della Convenzione e dell'articolo 24 del regolamento. 9. Sia il ricorrente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa. 10. Il 19 marzo 2008 si é tenuta un’udienza pubblica presso il Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo (articolo 59 § 3 del regolamento). Sono comparsi : – per il Governo M. ÖZMEN, N. ÇETIN, A. ÖZDEMIR, İ. KOCAYIĞIT C. AYDIN, consiglieri ; – per il ricorrente U. KILINÇ, T. ASLAN, consigliere, consigliera. coagente, La Corte ha udito le precisazioni e le relative risposte alle questioni da essa poste a Kılınç e Özmen. 3 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN FATTO I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO 11. Il ricorrente è nato il 2 febbraio 1984 ; egli risiede a İzmir. A. L'arresto ed il piazzamento in detenzione del ricorrente 12. Sospettato di aver partecipato ad una manifestazione illegale di sostegno al PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione illegale), il ricorrente è stato arrestato il 29 maggio 2001 verso le ore 22 e 15 da poliziotti della sezione antiterrorista della direzione di sicurezza di İzmir. Lo si accusava inoltre di aver appeso uno striscione illegale su un ponte a Bornova il 26 aprile 2001. 13. Il 30 maggio 2001 verso le ore 12 e 30, il ricorrente é stato condotto presso l’ospedale universitario di Atatürk, dove è stato visitato da un dottore. Secondo il rapporto medico redatto a seguito di tale esame, il corpo dell’interessato non presentava alcuna traccia di maltrattamenti. 14. Verso le ore 13 dello stesso giorno, il ricorrente é stato interrogato nei locali della sezione antiterrorista in assenza di un avvocato. Secondo un formulario esplicativo dei diritti delle persone arrestate da lui sottoscritto, i poliziotti gli hanno notificato le accuse a suo carico e lo hanno informato del suo diritto al silenzio. Nella sua dichiarazione, il ricorrente ha riconosciuto che faceva parte della sezione giovanile dell’HADEP (Halkın Demokrasi Partisi – Partito democratico popolare). Egli ha fatto i nomi di più persone che lavoravano per la sezione giovanile dell’ufficio del distretto di Bornova. Ha dichiarato di essere l’assistente del responsabile del servizio stampa e delle pubblicazioni di detta sezione, e che era anche responsabile del settore di Osmangazi. Egli ha precisato che una parte del suo lavoro consisteva nell’attribuire dei compiti agli altri membri della sezione. Ha riconosciuto di aver partecipato alla manifestazione di sostegno al capo agli arresti del PKK che l’HADEP aveva organizzato il 29 maggio 2001. Egli ha dichiarato che la manifestazione aveva riunito una sessantina di persone, che avevano gridato slogan di sostegno a Öcalan ed al PKK. Ha precisato di essere stato arrestato nei luoghi della manifestazione. Ha ammesso inoltre di essere stato lui a scrivere le parole « lunga vita al nostro capo Apo » che erano riportate su uno striscione appeso su di un ponte il 26 aprile 2001. La polizia ha preso dei campioni della sua calligrafia e li ha inviati presso il laboratorio della polizia criminale di İzmir per esaminarli. 15. Il laboratorio ha rimesso il suo rapporto il 1mo giugno 2001. Si concludeva che seppure alcuni caratteri della scrittura del ricorrente 4 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN presentavano analogie con la scrittura dello striscione, non si poteva stabilire con certezza che era stato scritto dall’interessato. 16. Il 1mo giugno 2001 verso le ore 23 e 45, il ricorrente é stato nuovamente visitato da un dottore, che ha dichiarato che il corpo dell’interessato non presentava alcun segno di maltrattamenti. 17. Lo stesso giorno, il ricorrente é stato condotto dinanzi ad un procuratore, ed in seguito dinanzi al giudice istruttore. Dinanzi al procuratore, ha precisato che non era membro di alcun partito politico ma che aveva preso parte ad alcune attività dell’HADEP. Ha negato di aver preparato lo striscione e di aver partecipato alla manifestazione del 29 maggio 2001. Egli ha dichiarato che si trovava nel quartiere di Doğanlar, dove doveva rendere visita ad un amico, quando è stato arrestato dalla polizia. Anche dinanzi al giudice istruttore ha rilasciato una dichiarazione con la quale ritrattava quella fatta alla polizia, sostenendo che gli era stata estorta sotto costrizione. Ha affermato di essere stato colpito ed insultato durante il suo fermo. Ha smentito ancora una volta di aver partecipato ad alcuna manifestazione illegale ed ha precisato che, il 29 maggio 2001, si era recato presso il quartiere di Doğanlar per rendere visita ad un amico e che non faceva parte del gruppo di persone che avevano gridato degli slogan. Al termine dell’interrogatorio, il giudice istruttore ha ordinato il suo piazzamento in detenzione provvisoria avuto riguardo della natura del reato ed allo stato delle prove. Solo allora il ricorrente ha avuto la possibilità di far ricorso ad un avvocato. B. Il processo 18. L’11 luglio 2001, il procuratore presso la corte di sicurezza dello Stato di İzmir ha depositato dinanzi a tale giurisdizione un atto di accusa con il quale imputava al ricorrente di aver prestato aiuto ed assistenza al PKK, reato punito dall’articolo 169 del codice penale e dall'articolo 5 della legge sulla prevenzione del terrorismo (legge no 3713). 19. Il 16 luglio 2001, la corte di sicurezza dello Stato ha tenuto un’udienza preparatoria. Essa ha deciso che il ricorrente doveva essere mantenuto in detenzione provvisoria e che doveva essere invitato a preparare la sua difesa. 20. Il 28 agosto 2001, la corte di sicurezza dello Stato ha tenuto la sua prima udienza, in presenza del ricorrente e del suo avvocato. Essa ha ascoltato il ricorrente in persona, che si é difeso dalle accuse di aver commesso i fatti dei quali era accusato. Egli ha inoltre smentito il contenuto della sua deposizione fatta dinanzi alla polizia, sostenendo che quest’ultima gli era stata estorta sotto costrizione. Ha precisato che quando si trovava in stato di fermo dei poliziotti gli avevano ordinato di copiare le parole presenti su di uno striscione. Egli ha dichiarato inoltre di essere stato testimone degli avvenimenti del 29 maggio 2001, ma che, contrariamente 5 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN alle accuse, non aveva partecipato alla manifestazione. Ha affermato che il motivo per il quale si trovava nel quartiere era di rendere visita ad un amico chiamato Özcan. Egli ha allo stesso modo contestato di aver posto uno striscione illegale su un ponte il 26 maggio 2001. 21. Durante l’udienza successiva, che si é tenuta il 25 ottobre 2001, il ricorrente ed il suo avvocato erano entrambi presenti. La corte di sicurezza ha allo stesso modo ascoltato altri accusati, che hanno tutti negato di aver partecipato alla manifestazione illegale del 29 maggio 2001 e ritrattato le dichiarazioni rilasciate in precedenza. La procura ha quindi richiesto la condanna del ricorrente sulla base dell'articolo 169 del codice penale, e l’avvocato del ricorrente ha chiesto termine per proporre le difese del suo cliente. 22. Il 5 dicembre 2001, il ricorrente ha presentato le sue difese. Egli ha negato di aver commesso i fatti dei quali era accusato ed ha chiesto la sua liberazione. La corte dello Stato di İzmir si è pronunciata lo stesso giorno. Essa ha prosciolto cinque imputati ed ha riconosciuto il ricorrente e tre altri accusati colpevoli delle imputazioni nei loro confronti. Essa ha condannato il ricorrente a quattro anni e sei mesi di prigione, pena ricondotta a due anni e mezzo di carcere tenuto conto del fatto che il ricorrente era minorenne all’epoca dei fatti. 23. Nel rendere la sua decisione, la corte di sicurezza dello Stato di İzmir si é fondata sulle dichiarazioni che il ricorrente aveva fatto dinanzi alla polizia, dinanzi al procuratore ed al giudice istruttore. Essa ha allo stesso modo preso in considerazione le deposizioni dei coimputati dinanzi al procuratore secondo le quali era stato il ricorrente a spingerli a partecipare alla manifestazione del 29 maggio 2001. Essa ha rilevato che i coimputati del ricorrente avevano dichiarato anche che l’interessato si era occupato dell’organizzazione della manifestazione. Essa ha preso nota, inoltre, della perizia grafologica in cui erano comparate la scrittura del ricorrente con quella dell’iscrizione che compariva sullo striscione. Ha rilevato infine che, secondo il processo verbale di arresto redatto dalla polizia, il ricorrente compariva tra i manifestanti. Essa ha concluso : « (...) considerati tali fatti materiali, la corte di sicurezza di Stato non attribuisce fede alle ritrattazioni del ricorrente e conclude per l’autenticità delle confessioni da lui fatte dinanzi alla polizia. » C. L'appello 24. Il 2 gennaio 2002, l'avvocato del ricorrente ha proposto appello contro la sentenza della corte di sicurezza dello Stato di İzmir per la violazione degli articoli 5 e 6 della Convenzione, sostenendo che la procedura seguita dinanzi alla giurisdizione di primo grado non era stata equa, poiché secondo lui le prove non erano state esaminate correttamente. 6 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN 25. Il 27 marzo 2002, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha depositato presso la nona camera dell’alta giurisdizione delle conclusioni scritte con le quali la invitava a confermare la sentenza della corte di sicurezza dello Stato di İzmir. Tali conclusioni non sono state comunicate né al ricorrente né al suo rappresentante. 26. Il 10 giugno 2002, la nona camera della Corte di Cassazione, approvando la maniera in cui la corte di sicurezza dello Stato di İzmir aveva valutato le prove e motivato la sua decisione, ha rigettato il ricorso del ricorrente. II. IL DIRITTO E LA PRATICA RILEVANTI A. Il diritto interno 1. La legislazione in vigore al momento dell’introduzione del ricorso 27. Le disposizioni rilevanti del vecchio codice di procedura penale (n 1412), vale a dire gli articoli 135, 136 e 138, prevedevano che ogni individuo sospettato o accusato di un reato aveva diritto all’assistenza di un avvocato dal momento del suo fermo. L'articolo 138 disponeva chiaramente che per i minori l'assistenza di un avvocato era obbligatoria. 28. In virtù dell'articolo 31 della legge no 3842 del 18 novembre 1992, che ha modificato le norme di procedura penale, le disposizioni citate non dovevano applicarsi alle persone accusate di reati di competenza delle corti per la sicurezza dello Stato. o 2. Le recenti modifiche 29. Il 15 luglio 2003 é stata adottata la legge no 4928, che ha abrogato la limitazione posta al diritto di un accusato di farsi assistere da un avvocato nelle procedure dinanzi alle corti di sicurezza dello Stato. 30. Il 1mo luglio 2005, é entrato in vigore un nuovo codice di procedura penale. Secondo le disposizioni rilevanti nel caso di specie (gli articoli 149 e 150), ogni persona detenuta ha diritto all’assistenza di un avvocato dal momento del suo fermo. La designazione di un avvocato é obbligatoria se la persona coinvolta é minore o se é accusata di un reato punibile con un pena massima di cinque anni di prigione. 31. Infine, l'articolo 10 della legge sulla prevenzione del terrorismo (legge no 3713) come modificata il 29 giugno 2006 prevede che, per i reati legati al terrorismo, il diritto di accesso ad un avvocato può essere differito di ventiquattro ore su ordine di un procuratore. In compenso, l'accusato non può essere interrogato durante tale periodo. 7 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN B. Testi di diritto internazionale rilevanti 1. Il procedimento nelle cause di minori a) Consiglio d’Europa 32. La raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri in merito ai nuovi modelli di trattamento della delinquenza giovanile ed il ruolo della giustizia sui minori (Racc. (2003)20), adottata il 24 settembre 2003 durante la 853ma riunione dei delegati dei ministri, riporta il seguente passaggio : « 15. Quando dei minori sono piazzati in stato di fermo, converrebbe tenere in considerazione il loro status di minori, la loro età, la loro vulnerabilità ed il loro livello di maturità. Essi dovrebbero essere informati nel più breve termine, in maniera tale da rendere loro pienamente comprensibili i diritti e le garanzie di cui beneficiano. Quando sono interrogati dalla polizia, dovrebbero in principio essere accompagnati da uno dei loro genitori/loro tutori legali o da un altro adulto adatto. Essi dovrebbero anche godere del diritto ad un avvocato e ad un medico (...) » 33. La raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle reazioni sociali alla delinquenza giovanile (no R (87)20), adottata il 17 settembre 1987 nel corso della 410ma riunione dei delegati dei ministri, riporta il seguente passaggio : « Raccomanda ai Governi degli Stati membri di rivedere se necessario la loro legislazione e le loro pratica al fine di : (...) 8. rinforzare la posizione legale dei minori per tutto il procedimento ivi compresa la fase delle indagini di polizia riconoscendo tra gli altri : (...) – il diritto all’assistenza di un difensore, eventualmente d’ufficio e remunerato dallo Stato. » b) Nazioni Unite i. Convenzione sui diritti del fanciullo 34. L'articolo 37 della Convenzione sui diritti del fanciullo dispone come segue : « Gli Stati parti vegliano a che : (...) d) i fanciulli privati della libertà abbiano il diritto ad un rapido accesso all'assistenza giuridica o ad ogni altra assistenza adeguata, così come il diritto di contestare la legalità della loro privazione della libertà dinanzi ad un tribunale o ad un’altra autorità 8 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN competente, indipendente ed imparziale, e a che sia presa una decisione rapida sulla questione. » ii. Osservazione generale no 10 del Comitato dei diritti del fanciullo datata 25 aprile 2007 (CRG/C/CG/10) 35. Tale testo, che riguarda l’assistenza giuridica che deve essere concessa ai minori in stato di fermo, riporta i seguenti passaggi : « 49. Il fanciullo deve beneficiare dell’assistenza giuridica o di ogni altra assistenza adeguata per la preparazione e la presentazione della sua difesa. La Convenzione esige che il fanciullo benefici di un’assistenza che, se non per forza giuridica, deve essere adeguata. Le modalità di fornitura dell’assistenza sono lasciate alla valutazione degli Stati parti, ma, in ogni stato della causa, l'assistenza deve essere gratuita. (...) (...) 52. Il Comitato raccomanda agli Stati parti di fissare e di far rispettare i termini massimi tra la commissione del reato e la conclusione dell’inchiesta di polizia, la decisione del procuratore (o ogni altro organo competente) di incolpare il fanciullo e la pronuncia della sentenza da parte del tribunale o di ogni altro organo giudiziario competente. Tali termini devono essere sensibilmente più brevi di quelli per gli adulti. Tuttavia, se le decisioni devono essere adottate con diligenza, esse devono risultare da un processo durante il quale i diritti fondamentali del fanciullo e le garanzie legali in suo favore sono pienamente rispettate. L’assistenza giuridica o ogni altra assistenza adeguata deve inoltre essere fornita, non solo all’udienza dinanzi ad un tribunale o ogni altro organo giudiziario, ma ad ogni stadio del processo, a cominciare dall’interrogatorio del fanciullo da parte della polizia. » iii. Osservazioni finali del Comitato dei diritti del fanciullo: Turchia, 09/07/2001 (CRC/C/15/Add.152.) 36. Tale testo riporta il seguente passaggio : « 66. Il comitato raccomanda allo Stato parte di procedere all’esame della sua legislazione e delle pratiche relative al sistema di giustizia per i minori al fine di garantire la piena conformità alle disposizioni della Convenzione, in particolare gli articoli 37, 40 e 39, e dalle altre norme internazionali che trattano tale questione, tra cui l'Insieme di regole minime delle Nazioni Unite relativo all’amministrazione della giustizia per i minori (Regole di Pechino) ed i Principi direttivi delle Nazioni Unite per la prevenzione della delinquenza giovanile (Principi direttivi di Riyad), al fine di stabilire l’età minima legale per la responsabilità penale, di estendere la protezione garantita dai tribunali per minori a tutti i fanciulli sino all’età di diciotto anni, e di assicurare l’applicazione effettiva di tale legge creando tribunali per minori in ogni provincia. In particolare, esso ricorda allo Stato parte che i giovani delinquenti devono essere giudicati senza ritardo, per evitare che siano detenuti senza poter comunicare con l’esterno, e che la detenzione provvisoria deve essere soltanto una misura di extrema ratio, deve essere la più breve possibile e non deve eccedere il termine prescritto dalla legge. Ogni volta che ciò sia possibile, devono essere prese delle misure sostitutive per evitare la detenzione provvisoria prima del giudizio. » 9 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN 2. Il diritto all’assistenza di un avvocato durante il fermo a) Consiglio d’Europa i. Regole adottate dal Comitato dei Ministri 37. L'articolo 93 delle Regole minime per il trattamento dei detenuti (risoluzione (73)5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa) é così formulato : « Un imputato deve, dal momento del suo arresto, poter scegliere il suo avvocato (...), e (...) ricevere visite del suo avvocato per la sua difesa. Deve poter preparare e rimettere al suo avvocato o da lui ricevere le istruzioni confidenziali. Su sua domanda, deve essergli accordata ogni facilitazione a tal fine. (...) Gli incontri tra l’imputato ed il suo avvocato possono svolgersi a portata del campo visivo ma non a portata di udito, diretta o indiretta, di un funzionario della polizia o dell’ente. » 38. Inoltre, la raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri del Consiglio d’Europa sulle regole penitenziarie europee (Racc. (2006(2), adottata l’11 gennaio 2006 durante la 952ma riunione dei delegati dei ministri, dispone nelle sue parti rilevanti : « Consigli giuridici 23.1 Ogni detenuto ha il diritto di sollecitare dei consulenti giuridici e le autorità penitenziarie devono aiutarlo in maniera ragionevole ad aver accesso a tali consulenti. 23.2 Ogni detenuto ha diritto di consultare a sue spese un avvocato di sua scelta su qualsiasi questione di diritto. (...) 23.5 Un’autorità giudiziaria può, in circostanze eccezionali, autorizzare delle deroghe al principio di confidenzialità al fine di evitare la perpetrazione di un delitto grave o un danno maggiore alla sicurezza della prigione. » ii. Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) 39. A seguito della sua visita in Turchia nel luglio del 2000, il CPT ha pubblicato un rapporto, datato 8 novembre 2001 (CPT/Inf(2001)25), nel quale si esprimeva come segue : « 61. Nonostante i numerosi cambiamenti apportati alla legislazione nel corso degli ultimi anni, restano alcune carenze per quanto riguarda le garanzie formali contro i maltrattamenti. La carenza più importante riguarda forse il fatto che alle persone detenute in quanto sospettate di aver commesso reati collettivi di competenza delle corti di sicurezza dello Stato non è sempre riconosciuto il diritto di beneficiare dell’assistenza di un avvocato per i primi quattro giorni del loro fermo. Per di più, dopo aver detto il contrario in precedenza, le autorità turche hanno precisato nella loro risposta al rapporto conseguente alla visita di febbraio/marzo 1999 che i detenuti di 10 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN tale categoria si vedono negare per i primi quattro giorni del loro fermo la possibilità di informare un parente della loro situazione. Una simile detenzione segreta non può che facilitare l’inflizione di maltrattamenti. Anche il CPT si sente in obbligo di ricordare, ancora una volta, la sua raccomandazione ai sensi della quale ogni persona privata della sua libertà da parte di un organo incaricato dell’applicazione della legge, ivi comprese le persone sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato, dovrebbero beneficiare sin dal loro piazzamento in stato di fermo del diritto all’assistenza di un avvocato. Il CPT riconosce che, per proteggere gli interessi legittimi dell’inchiesta di polizia, in casi eccezionali, si può ritenere necessario differire, per un certo periodo, l'accesso di una persona detenuta ad un avvocato di sua scelta ; in simili casi, tuttavia, dovrebbe essere previsto l'accesso ad un altro avvocato indipendente. La messa in opera della detta raccomandazione esige misure legislative. Nel frattempo, tuttavia, le autorità turche dovrebbero prendere immediatamente le misure necessarie per garantire il rispetto delle disposizioni legali esistenti. Infatti, le informazioni raccolte al momento della visita ad hoc effettuata nel 2000 indicano chiaramente che anche dopo i primi quattro giorni del fermo l’accesso ad un avvocato per le persone sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato è in pratica l’eccezione piuttosto che la regola. Il CPT raccomanda che i funzionari responsabili per la realizzazione delle verifiche e delle ispezioni all’interno della procedura di sorveglianza del rispetto della legislazione summenzionata ricevano l’istruzione di prestare particolare attenzione a conoscere se le persone sospettate di reati collettivi rientranti nella giurisdizione delle corti di sicurezza dello Stato siano informate del loro diritto di ottenere l’assistenza di un avvocato dopo i primi quattro giorni del loro fermo e se sono poste in una situazione che permetta loro di esercitare in maniera effettiva tale diritto. » 40. Il CPT ha effettuato una nuova visita in Turchia nel settembre 2001. Nel suo rapporto, datato 24 aprile 2002 (DPT/Inf(2002)8), si é espresso in tal modo : « 12. Gli emendamenti apportati all'articolo 16 della legge sull’organizzazione delle corti di sicurezza dello Stato e le procedure di giudizio dinanzi ad esse hanno introdotto un miglioramento per quanto riguarda l’accesso ad un avvocato per le persone detenute per reati collettivi di competenza delle corti di sicurezza dello Stato. Per tali persone, il diritto di ottenere l’assistenza di un avvocato diviene effettivo dopo che il procuratore ha deliberato un ordine scritto di prolungamento del fermo oltre le quarantotto ore ; in altri termini, le persone in questione non si vedono rifiutare l’accesso ad un avvocato che per due giorni, contro i quattro della precedente legislazione. Salutando tale passo in avanti, il CPT si duole del fatto che le autorità turche non abbiano colto l’occasione per garantire alle persone detenute per reati collettivi di competenza delle corti di sicurezza dello Stato il diritto di ottenere l’assistenza di un avvocato sin dal piazzamento in stato di fermo (e così allineare i diritti in tale ambito con quelli di cui beneficiano i sospettati di diritto comune). Il CPT non dubita del fatto che le autorità turche mettano in opera nel prossimo avvenire la raccomandazione di lunga data del comitato in virtù della quale ogni persona privata della sua libertà da parte di un organo incaricato di assicurare il rispetto della legge, comprese le persone sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato, dovrebbe 11 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN beneficiare sin dal suo piazzamento in stato di fermo del diritto di accesso ad un avvocato. (...) 46. Più sopra é stato fatto riferimento agli sviluppi legislativi recenti di natura positiva sul diritto per le persone in stato di fermo di ottenere l'assistenza di un avvocato e di avvertire un parente della propria situazione (paragrafi da 12 a 14 più sopra). Tali modifiche legislative hanno, inoltre, migliorato un quadro legislativo e regolamentare già impressionante messo in opera per combattere la tortura ed i maltrattamenti. Ciò detto, il CPT resta molto preoccupato del fatto che le persone detenute per reati collettivi di competenza delle corti di sicurezza dello Stato si vedano ancora rifiutare l’accesso ad un avvocato per i primi due giorni del loro fermo ; esso ha precisato la sua posizione sul punto più sopra al paragrafo 12. Per di più, il contenuto attuale del diritto di accesso ad un avvocato per le persone sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato resta meno sviluppata che per le persone sospettate di reati di diritto comune. In particolare, per quanto il CPT possa giudicare, le persone che rientrano nella prima categoria non possono chiedere che il loro avvocato sia presente quando effettuano una dichiarazione alla polizia, e la procedura che autorizza la designazione di un avvocato da parte del consiglio del foro non è applicabile nei loro confronti. Allo stesso modo, la disposizione che rende obbligatoria la designazione di un avvocato per le persone di diciotto anni non si applica ai minori detenuti per reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato. Al riguardo, il CPT reitera la raccomandazione che aveva già fatto nel rapporto conseguente alla sua visita dell’ottobre 1997 e secondo la quale le disposizioni rilevanti degli articoli 135, 136 e 138 del codice di procedura penale dovrebbero essere rese applicabili alle persone sospettate di reati di competenza delle corti di sicurezza dello Stato. » b) Nazioni Unite i. Il Patto internazionale sui diritti civili e politici 41. L'articolo 14 § 3 b) del Patto internazionale sui diritti civili e politici prevede che ogni persona accusata di un reato ha diritto « di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie alla preparazione della sua difesa ed a comunicare con l’avvocato di sua scelta ». ii. Il Comitato delle Nazioni unite contro la tortura 42. Nelle sue conclusioni e raccomandazioni relative alla Turchia del 27 maggio 2003 (CAT/C/CR/30/5), il Comitato si è espresso come segue : « 5. Il Comitato si dichiara preoccupato per : (...) c) Le allegazioni secondo le quali le persone in stato di fermo si vedono rifiutare la possibilità di beneficiare rapidamente ed in maniera adeguata dell'assistenza di un avvocato e di un medico e secondo cui i loro prossimi non sono prontamente informati della loro detenzione ; 12 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN (...) 7. Il Comitato raccomanda allo Stato parte : a) di vigilare sul fatto che i detenuti, compresi quelli privati della loro libertà per reati di competenza dei tribunali di sicurezza dello Stato, beneficino nella pratica delle garanzie contro i maltrattamenti e la tortura, in particolare assicurando il rispetto del loro diritto all'assistenza di un dottore e di un avvocato e di comunicare con la loro famiglia ; (...) » 43. Nella sua osservazione generale no 2 datata 24 gennaio 2008 (CAT/C/GC/2), il Comitato si è così espresso : « 13. Certe garanzie fondamentali dei diritti dell’uomo si applicano a tutte le persone private della liberà. Molte sono precisate nella Convenzione ed il Comitato domanda sistematicamente agli Stati parti di riportarvisi. Le raccomandazioni del Comitato in merito alle misure efficaci che mirano a precisare la sua posizione attuale non sono esaustive. Tali garanzie comprendono, in particolare (...) la possibilità di beneficiare prontamente di una assistenza giuridica (...) indipendente (...) » c) Unione europea 44. L'articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali enuncia che « il rispetto dei diritti di difesa è garantito ad ogni accusato ». L'articolo 52 § 3 dello stesso testo precisa che il senso e la portata del diritto garantito dall’articolo 48 sono gli stessi di quelli che conferisce loro la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. DIRITTO I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE A. L'accesso ad un avvocato durante lo stato di fermo 45. Il ricorrente sostiene che ci sia una violazione del suo diritto di difesa in quanto gli é stato negato l’accesso ad un avvocato durante il suo stato di fermo. Egli invoca l'articolo 6 § 3 c) della Convenzione, ai sensi del quale : « 3. In particolare, ogni accusato ha diritto di : (...) 13 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia. » 1. La sentenza della Camera 46. Nella sua sentenza del 26 aprile 2007, la Camera ha concluso per la mancata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione. Essa ha rilevato al riguardo che il ricorrente era stato rappresentato da un avvocato sia in primo grado che in appello e che la deposizione da lui fatta dinanzi alla polizia durante lo stato di fermo non costituiva la sola base della sua condanna. Essa ha considerato che il ricorrente aveva avuto l’occasione di contestare la tesi dell’accusa in condizioni tali che non lo ponevano in una situazione di netto svantaggio nei suoi confronti. La Camera ha inoltre precisato che prima di esaminare la causa, la corte di sicurezza dello Stato si era soffermata sulle circostanze che avevano accompagnato l’arresto del ricorrente oltre che sulla perizia grafologica relativa all’iscrizione figurante sullo striscione, e che essa aveva anche preso nota delle deposizioni fatte dai testimoni. Essa ha concluso, in tali condizioni, che l’equità del processo non aveva dovuto patire il fatto che il ricorrente non avesse avuto accesso ad un avvocato durante il suo stato di fermo. 2. Tesi delle parti a) Il ricorrente 47. Il ricorrente contesta i motivi sui quali la Camera si é fondata per concludere per la mancata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione. Egli considera il diritto di una persona in stato di fermo di farsi assistere da un avvocato come un diritto fondamentale. Egli ricorda alla Corte che l’insieme delle prove utilizzate contro di lui erano state raccolte nella fase delle indagini preliminari, durante la quale si era visto rifiutare l'assistenza di un avvocato. Egli aggiunge che i tribunali interni lo hanno condannato in assenza di ogni elemento che provasse che egli era colpevole. Afferma inoltre che é stato maltrattato durante il suo stato di fermo e che ha firmato la sua dichiarazione alla polizia sotto costrizione. Fa osservare che tale dichiarazione é stata utilizzata dalla corte di sicurezza dello Stato di İzmir, nonostante che egli l’avesse chiaramente ritrattata dinanzi al procuratore, dinanzi al giudice istruttore, ed in seguito nel processo. Egli sottolinea inoltre che era minore all’epoca dei fatti e che non aveva precedenti giudiziari. Egli ritiene che, tenuto conto della gravità delle accuse nei suoi confronti, l'impossibilità di far appello ad un avvocato ha comportato una violazione del suo diritto ad un processo equo. Sostiene infine che il Governo ha mancato nel fornire la minima giustificazione valida sul punto. 14 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN b) Il Governo 48. Il Governo invita la Grande Camera a confermare la conclusione della Camera, secondo la quale non vi è stata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione. Fa notare innanzitutto che la legislazione è stata modificata nel 2005. Considera in seguito che la restrizione imposta all’accesso del ricorrente ad un avvocato non ha violato il diritto ad un processo equo garantito all'interessato dall’articolo 6 della Convenzione. Facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte (in particolare, Imbrioscia c. Svizzera, 24 novembre 1993, serie A no 275, John Murray c. Regno Unito, 8 febbraio 1996, Raccolta di sentenze e decisioni 1996-I, Averill c. Regno Unito, no 36408/97, CEDH 2000-VI, Magee c. Regno Unito, no 28135/95, CEDH 2000-VI, e Brennan c. Regno Unito, no 39846/98, CEDH 2001-X), sostiene che per determinare se un processo abbia rivestito o meno un carattere equo bisogna prendere in considerazione l’intero procedimento. Quindi, nella misura in cui il ricorrente é stato rappresentato da un avvocato nel corso del procedimento dinanzi alla corte di sicurezza dello Stato di İzmir e dinanzi alla Corte di Cassazione, il suo diritto ad un processo equo non potrebbe essere stato leso. Il Governo rinvia inoltre a vari casi turchi (Saraç c. Turchia (dec.), no 35841/97, 2 settembre 2004, Yurtsever c. Turchia (dec.), no 42086/02, 31 agosto 2006, Uçma e Uçma c. Turchia (dec.), no 15071/03, 3 ottobre 2006, Ahmet Yavuz c. Turchia (dec.), no 38827/02, 21 novembre 2006, e Yıldız e Sönmez c. Turchia (dec.), nn. 3543/03 e 3557/03, 5 dicembre 2006), nei quali la Corte ha dichiarato analoghe doglianze irricevibili per la manifesta mancanza di fondamento dato che, nella misura in cui le dichiarazioni fatte alla polizia non erano le uniche prove a fondamento delle condanne controverse, l'impossibilità di far appello ad un avvocato durante il fermo non aveva comportato una violazione dell'articolo 6 della Convenzione. 49. Tornando ai fatti di specie, il Governo dichiara che quando il ricorrente é stato piazzato in stato di fermo gli é stato ricordato il diritto al silenzio, e che durante il procedimento penale che ne è seguito il suo avvocato ha avuto occasione di controbattere alle accuse della procura. Sottolinea inoltre che la deposizione del ricorrente dinanzi alla polizia non é il solo elemento a fondamento della sua condanna. 3. La valutazione della Corte a) I principi generali applicabili al caso di specie 50. La Corte ricorda che se l'articolo 6 ha come finalità principale, in ambito penale, quella di assicurare un processo equo dinanzi ad un « tribunale » competente per decidere il « fondamento dell’accusa », non ne deriva che si disinteressi delle fasi che si svolgono prima del processo. In tal modo, l'articolo 6 – in particolar modo il suo paragrafo 3 – può avere 15 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN rilevanza prima dell’esame del merito da parte del giudice se, e nella misura in cui, la sua iniziale inosservanza rischia di compromettere gravemente l’equità del processo (Imbrioscia, cit., § 36). Come stabilito nella giurisprudenza della Corte, il diritto enunciato al paragrafo 3 c) dell'articolo 6 costituisce uno degli elementi della nozione di processo equo in materia penale contenuta al paragrafo 1 (Imbrioscia, cit., § 37, e Brennan, cit., § 45). 51. La Corte riafferma inoltre che, sebbene non sia assoluto, il diritto di ogni accusato ad essere effettivamente difeso da un avvocato, nel caso di necessità anche nominato d’ufficio, figura tra gli elementi fondamentali del processo equo (Poitrimol c. Francia, 23 novembre 1993, § 34, serie A no 277-A, e Demebukov c. Bulgaria, no 68020/01, § 50, 28 febbraio 2008). Tutto ciò considerato, l'articolo 6 § 3 c) non precisa le condizioni di esercizio del diritto che consacra. Lascia in tal modo agli Stati contraenti la scelta dei mezzi adeguati per permettere al loro sistema giudiziario di garantirlo, dato che il compito della Corte consiste nel ricercare se la via che essi hanno seguito rispetta le esigenze di un processo equo. Al riguardo, non bisogna dimenticare che la Convenzione ha come fine quello di « proteggere dei diritti concreti ed effettivi e non teorici o illusori » e che la nomina di un difensore non assicura di per sé sola l'effettività dell'assistenza che si possa fornire all’accusato (Imbrioscia, cit., § 38). 52. Una legislazione nazionale può attribuire al comportamento di un imputato nella fase iniziale degli interrogatori della polizia conseguenze determinanti per la sua difesa per tutto il resto del procedimento. In un simile caso, l'articolo 6 esige normalmente che l’imputato benefici dell’assistenza di un avvocato sin dalle prime fasi degli interrogatori della polizia. Tale diritto, che la Convenzione non enuncia espressamente, può tuttavia essere sottoposto a delle restrizioni per valide ragioni. Si tratta dunque, in ogni caso, di conoscere se la restrizione controversa sia giustificata e, in caso affermativo, se, considerata alla luce dell’insieme del procedimento, essa abbia o meno privato l’accusato di un processo equo, quand’anche una tale restrizione possa avere un simile effetto solo in circostanze eccezionali (vedi John Murray, cit., § 63, Brennan, cit., § 45, e Magee, cit., § 44). 53. I principi descritti al paragrafo 52 più sotto sono riconosciuti dalle norme internazionali generalmente riconosciute in materia di diritti dell’uomo (paragrafi 37-42 più sotto) che si trovano nel cuore della nozione di processo equo e la cui ragion d’essere si rinviene in particolare nella necessità di proteggere l’accusato da ogni coercizione abusiva da parte delle autorità. Essi contribuiscono alla prevenzione degli errori giudiziari ed alla realizzazione degli scopi perseguiti dall’articolo 6, in particolare l’uguaglianza delle armi tra le autorità di inchiesta o di accusa e l’accusato. 54. La Corte sottolinea l'importanza della fase di inchiesta per la preparazione del processo, nella misura in cui le prove ottenute durante tale 16 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN fase determinino il quadro all’interno del quale il reato imputato sarà esaminato nel processo (Can c. Austria, no 9300/81, rapporto della Commissione del 12 luglio 1984, § 50, serie A no 96). Parallelamente, un imputato si trova spesso in una situazione particolarmente vulnerabile in tale fase del procedimento, effetto che viene amplificato dal fatto che la legislazione in materia di procedura penale diviene sempre più complessa, in particolare per quanto riguarda le regole che reggono la raccolta e l’utilizzo delle prove. Nella maggior parte dei casi, tale particolare vulnerabilità può essere compensata in maniera adeguata soltanto dall'assistenza di un avvocato, il cui compito consiste in particolare nel far si che sia rispettato il diritto di ogni accusato a non incriminarsi. Tale diritto presuppone che, in un processo penale, l'accusa cerchi di fondare le sue imputazioni senza far ricorso ad elementi di prova ottenuti con la costrizione o delle pressioni nei confronti dell’accusato (Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 100, CEDH 2006-..., e Kolu c. Turchia, no 35811/97, § 51, 2 agosto 2005). Un rapido accesso ad un avvocato fa parte delle garanzie procedurali alle quali la Corte presta particolare attenzione quando esamina se un procedimento abbia o meno annichilito la sostanza stessa del diritto di non contribuire alla propria incriminazione (vedi, mutatis mutandis, Jalloh, cit., § 101). La Corte prende ugualmente nota al riguardo delle numerose raccomandazioni del CPT (paragrafi 39-40 più sotto) sottolineando che il diritto di ogni detenuto ad ottenere dei consulenti giuridici costituisce una garanzia fondamentale contro i maltrattamenti. Ogni eccezione al godimento di tale diritto deve essere chiaramente circoscritta e la sua applicazione strettamente limitata nel tempo. Tali principi rivestono particolare importanza nel caso di gravi reati, poiché é proprio nel caso delle pene più gravi che il diritto ad un processo equo deve essere assicurato al più alto grado possibile dalle società democratiche. 55. In tali condizioni, la Corte ritiene che, affinché il diritto ad un processo equo consacrato dall'articolo 6 § 1 resti sufficientemente « concreto ed effettivo » (paragrafo 51 più sotto), é necessario, come regola generale, che l’accesso ad un avvocato sia consentito sin dal primo interrogatorio di un sospettato da parte della polizia, salvo dimostrare, alla luce delle circostanze particolari del caso di specie, che esistono ragioni imperiose per limitare tale diritto. Anche quando ragioni imperiose possono eccezionalmente giustificare il rifiuto di accesso ad un avvocato, una simile restrizione – qualunque sia la sua giustificazione – non deve pregiudicare in maniera indebita i diritti derivanti all’accusato dall’articolo 6 (vedi, mutatis mutandis, Magee, cit., § 44). Si arreca per principio un danno irrimediabile ai diritti di difesa quando delle dichiarazioni incriminanti fatte nel corso di un interrogatorio di polizia che ha avuto luogo senza l’assistenza possibile di un avvocato sono utilizzate per fondare una condanna. 17 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN b) Applicazione al caso di specie dei principi sopra enunciati 56. Nel caso di specie, il diritto del ricorrente a beneficiare dell'assistenza di un avvocato é stato limitato durante il suo stato di fermo, in applicazione dell'articolo 31 della legge no 3842, dal momento che era accusato di un reato di competenza delle corti di sicurezza dello Stato. Di conseguenza, egli non era assistito da un avvocato quando ha rilasciato le sue dichiarazioni dinanzi alla polizia, al procuratore ed al giudice istruttore. Per giustificare il rifiuto del diritto di accesso ad un avvocato al ricorrente, il Governo si è limitato a dire che si trattava di un’applicazione sistematica di disposizioni legali rilevanti. Di per sé, ciò é già sufficiente per concludere per un venir meno alle esigenze richieste dall’articolo 6 al riguardo, come sono state descritte al paragrafo 52 più sopra. 57. La Corte osserva inoltre che il ricorrente ha beneficiato dell'assistenza di un avvocato dopo il suo piazzamento in detenzione provvisoria. Nel prosieguo del procedimento, egli ha potuto comunque citare dei testimoni a suo favore e contrastare le tesi dell’accusa. La Corte rileva ugualmente che il ricorrente ha smentito a più riprese il contenuto della sua dichiarazione alla polizia, sia nel processo di prima istanza che in appello. Tuttavia, per quanto risulta dal fascicolo, l'indagine era stata in gran parte effettuata prima che il ricorrente comparisse dinanzi al giudice istruttore il 1mo giugno 2001. Per di più, non solo la corte di sicurezza dello Stato di İzmir si é astenuta, prima di esaminare il merito del caso, dal prendere posizione sull’opportunità di ammettere come prove le dichiarazioni fatte dal ricorrente durante il suo fermo, ma ha fatto della dichiarazione rilasciata alla polizia dall’interessato la prova fondamentale della sua condanna, nonostante la contestazione da parte del ricorrente della sua esattezza (paragrafo 23 più sopra). La Corte osserva al riguardo che, per condannare il ricorrente, la corte di sicurezza dello Stato di İzmir ha in realtà utilizzato le prove prodotte dinanzi ad essa per confermare la dichiarazione rilasciata dal ricorrente alla polizia. Tra tali prove figuravano la perizia datata 1mo giugno 2001 e le deposizioni dei coimputati avvenute dinanzi alla polizia ed al procuratore. Al riguardo, tuttavia, la Corte é scossa dal fatto che la perizia menzionata nella sentenza di primo grado fosse favorevole al ricorrente, dato che concludeva per l’impossibilità di stabilire che la scrittura dell’iscrizione che compariva sullo striscione era identica a quella del ricorrente (paragrafo 15 più sopra). É allo stesso modo significativo il fatto che tutti i coimputati del ricorrente che avevano testimoniato contro di lui dinanzi alla polizia ed al procuratore hanno ritrattato le loro deposizioni nel corso del processo e negato di aver partecipato alla manifestazione. 58. È dunque chiaro nel caso di specie che il ricorrente é stato personalmente colpito dalle limitazioni poste alla possibilità di avere accesso ad un avvocato, dal momento che la sua dichiarazione alla polizia è servita a fondare la sua condanna. Né l'assistenza fornita in seguito da un 18 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN avvocato né la natura contraddittoria del prosieguo del procedimento hanno potuto apportare rimedio al difetto sopravvenuto durante lo stato di fermo. Non spetta tuttavia alla Corte speculare sull’impatto che avrebbe avuto sull’esito del procedimento la possibilità per il ricorrente di farsi assistere da un avvocato durante il suo stato di fermo. 59. La Corte ricorda inoltre che né la lettera né lo spirito dell'articolo 6 della Convenzione impediscono ad una persona di rinunciare di sua spontanea volontà, in maniera esplicita o tacita, alle garanzie di un processo equo (Kwiatkowska c. Italia (dec.), no 52868/99, 30 novembre 2000). Tuttavia, per essere effettiva ai fini della Convenzione, la rinuncia al diritto di prendere parte al processo deve essere prescritta in maniera non equivoca ed essere circondata da un minimum di garanzie corrispondenti alla sua importanza (vedi Sejdovic c. Italia [GC], no 56581/00, § 86, CEDH 2006-..., Kolu, cit., § 53, e Colozza c. Italia, 12 febbraio 1985, § 28, serie A no 89). In tal modo, nel caso di specie, la Corte non può basarsi sulla menzione che compare nel formulario che espone i diritti del ricorrente secondo il quale l’interessato era stato informato del suo diritto al silenzio (paragrafo 14 più sopra). 60. La Corte rileva infine che uno degli elementi caratteristici del caso di specie era l’età del ricorrente. Rinviando al numero considerevole di strumenti giuridici internazionali che trattano dell'assistenza giuridica che deve essere concessa ai minori in stato di fermo (paragrafi 32-36 più sopra), la Corte sottolinea l’importanza fondamentale della possibilità per tutti i minori piazzati in stato di fermo di aver accesso ad un avvocato durante tale detenzione. 61. Dunque, nel caso di specie, come é stato precisato più sopra, la restrizione imposta al diritto di accesso ad un avvocato faceva parte di una politica consolidata ed era applicata ad ogni persona, indipendentemente dalla sua età, piazzata in stato di fermo per un reato di competenza delle corti di sicurezza dello Stato. 62. In poche parole, anche se il ricorrente ha avuto occasione di contestare le prove a carico nel suo processo di primo grado e poi in appello, l'impossibilità nel suo caso di farsi assistere da un avvocato quando si trovava in stato di fermo ha irrimediabilmente nuociuto ai suoi diritti di difesa. c) Conclusione 63. Avuto riguardo di ciò che precede, la Corte conclude che nel caso di specie vi è stata una violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione combinato con l'articolo 6 § 1. 19 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN B. La mancata comunicazione delle conclusioni procuratore generale presso la Corte di Cassazione scritte del 64. Il ricorrente si lamenta del fatto che, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, le conclusioni scritte del procuratore generale presso tale giurisdizione non gli siano state comunicate. Egli invoca al riguardo l'articolo 6 § 1 della Convenzione, la cui parte rilevante nel caso di specie così dispone : « Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (...) entro un termine ragionevole, da un tribunale (...), il quale sia chiamato a pronunciarsi (...) sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...) » 1. La sentenza della Camera 65. Nella sua sentenza del 26 aprile 2007, la Camera ha ritenuto, alla luce della sua giurisprudenza consolidata, che la mancata comunicazione al ricorrente, dinanzi alla Corte di Cassazione, delle conclusioni scritte del procuratore generale aveva infranto il diritto dell’interessato ad un procedimento in contraddittorio. Essa ha dunque concluso per la violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione. 2. Argomenti delle parti 66. Le parti non hanno formulato alcuna osservazione al riguardo. 3. La valutazione della Corte 67. Per i motivi indicati dalla Camera, la Corte considera che il diritto del ricorrente ad un procedimento in contraddittorio è stato violato. Vi é stata quindi una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione. II. SULL’APPLICAZIONE CONVENZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA 68. L'articolo 41 della Convenzione è così formulato : « Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. » 20 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN A. Danno 1. Argomenti delle parti 69. Il ricorrente domanda 5 000 euro (EUR) a titolo di danno materiale e 10 000 EUR per il danno morale. 70. Il Governo stima che tali richieste siano eccessive ed inaccettabili. 2. La sentenza della Camera 71. La Camera non ha accordato una indennità per il danno materiale al ricorrente, considerando che egli non aveva documentato la sua domanda. Essa ha ritenuto, inoltre, che la constatazione della violazione rappresentava di per sé un’equa soddisfazione sufficiente per il danno morale che poteva essere stato subito dall’interessato. 3. La valutazione della Corte 72. La Corte riafferma che la forma più appropriata di riparazione per una violazione dell'articolo 6 § 1 consiste nel far si che il ricorrente si ritrovi per quanto possibile nella situazione che vi sarebbe stata se tale disposizione non fosse stata violata (vedi Teteriny c. Russia, no 11931/03, § 56, 30 giugno 2005, Jeličić c. Bosnia Erzegovina, no 41183/02, § 53, CEDH 2006-..., e Mehmet e Suna Yiğit c. Turchia, no 52658/99, § 47, 17 luglio 2007). La Corte giudica che tale principio si applica al caso di specie. Essa ritiene di conseguenza che la forme più appropriata di riparazione sarebbe, ammesso che il ricorrente lo domandi, un nuovo processo, conforme alle esigenze dell'articolo 6 § 1 della Convenzione (vedi, mutatis mutandis, Gençel c. Turchia, no 53431/99, § 27, 23 ottobre 2003). 73. Quanto al resto, la Corte, decidendo secondo equità, riconosce al ricorrente 2 000 EURO per il danno morale. B. Spese e costi 1. Argomenti delle parti 74. Il ricorrente sollecita il pagamento di 3 500 EURO per le spese ed i costi da lui affrontati nel procedimento interno e quello seguito dinanzi alla Camera, senza tuttavia depositare alcun documento a fondamento della sua domanda. Si conviene nel rilevare che l’interessato non ha modificato la domanda che aveva inizialmente presentato dinanzi alla Camera, ma ha formulato una domanda di assistenza giudiziaria per le spese incorse dinanzi alla Grande Camera. 75. Il Governo contesta il fondamento della domanda, ritenendo che quest’ultima non sia stata proposta. 21 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN 2. La sentenza della Camera 76. La Camera ha riconosciuto al ricorrente 1 000 EUR per spese e costi. 3. La valutazione della Corte 77. La Corte osserva che il ricorrente ha avuto il beneficio dell'assistenza giudiziaria per le spese ed i costi del procedimento seguito dinanzi alla Grande Camera. Di conseguenza, essa non deve prendere in considerazione che quelli incorsi dinanzi alle giurisdizioni interne e dinanzi alla Camera. 78. Secondo la sua giurisprudenza consolidata, l’assegnazione di spese e costi ai sensi dell’articolo 41 presuppone che siano determinati la loro realtà, la necessità e, ancora, il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, le spese non sono rimborsabili che nella misura in cui si rapportino alla violazione contestata (vedi, tra gli altri, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002, e Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII). 79. Alla luce di ciò che precede, la Corte accorda al ricorrente la somma che la Camera gli aveva già riconosciuto, vale a dire 1 000 EURO. C. Interessi moratori 80. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi di mora sul tasso marginale di interesse della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali. PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÁ, 1. Ritiene che vi é stata violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione letto insieme all'articolo 6 § 1 per il fatto che il ricorrente non ha avuto la possibilità di farsi assistere da un avvocato durante lo stato di fermo; 2. Ritiene che vi é stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione a causa della mancata comunicazione al ricorrente, dinanzi alla Corte di Cassazione, delle conclusioni scritte del procuratore generale; 3. Ritiene a) che lo Stato convenuto debba versare al ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme, da convertire in nuove livre turche al tasso applicabile alla data del regolamento : i. 2 000 EURO (duemila euro), oltre ogni ammontare che possa essere dovuto a titolo di imposta su tale somma, per il danno morale ; 22 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN ii. 1 000 EURO (mille euro), oltre ogni ammontare che possa essere dovuto a titolo di imposta dai ricorrenti su tale somma, per spese e costi ; b) che a partire dallo spirare del detto termine e sino al versamento, tale importo sarà maggiorato di un interesse semplice ad un tasso pari a quello marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, aumentato di tre punti percentuali ; 4. Rigetta per la parte restante la domanda di equa soddisfazione. Redatta in francese ed in inglese, poi pronunciata in udienza pubblica presso il Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 27 novembre 2008. Vincent Berger Giureconsulto Nicolas Bratza Presidente Alla presente sentenza é unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 del regolamento, l'esposizione delle seguenti opinioni concordi : – opinione concordante del giudice Bratza ; – opinione concordante dei giudici Rozakis, Spielmann, Ziemele e Lazarova Trajkovska ; – opinione concordante del giudice Zagrebelsky alla quale aderiscono i giudici Casadevall e Türmen. N.B. V.B. 23 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE BRATZA (Traduzione) La questione centrale nel caso di specie riguarda l’utilizzo come prova nei confronti del ricorrente di rivelazioni da lui fatte nel corso di un interrogatorio della polizia, in un momento in cui non poteva far appello ad un avvocato. La Grande Camera ha giudicato che la limitazione in tal modo posta all’accesso ad un avvocato aveva irrimediabilmente nuociuto ai diritti di difesa e che né l’assistenza giuridica in seguito fornita al ricorrente da un avvocato né la natura contraddittoria del seguito del procedimento avevano potuto apportare rimedio ai vizi che hanno colpito lo stato di fermo dell’interessato. La Grande Camera ha in tal modo concluso che i diritti garantiti al ricorrente dall'articolo 6 § 3 c) combinato con l'articolo 6 § 1 erano stati violati a causa della impossibilità nella quale il ricorrente si era trovato nel farsi assistere da un avvocato durante lo stato di fermo. Sottoscrivo per intero tale conclusione. Al paragrafo 55 della sentenza, la Corte enuncia un principio generale in virtù del quale, affinché il diritto ad un processo equo consacrato dall’articolo 6 resti sufficientemente « concreto ed effettivo », é necessario come regola generale che l’accesso ad un avvocato sia consentito « sin dal primo interrogatorio di un sospettato da parte della polizia ». Tale principio concorda con la giurisprudenza precedente ed era senza dubbio sufficiente per permettere alla Corte di concludere per la violazione dell'articolo 6 alla luce dei fatti del presente caso. Ciò considerato, condivido i dubbi espressi dal giudice Zagrebelsky in merito alla questione di determinare se, nello stabilire nel primo interrogatorio il momento a partire dal quale l’accesso ad un avvocato deve essere consentito, la dichiarazione di principio si spinge sufficientemente lontano. Come il giudice Zagrebelsky, ritengo che la Corte avrebbe dovuto cogliere l’occasione per dire chiaramente che l’equità di un procedimento penale richiede in maniera generale, ai fini dell'articolo 6, che il sospettato goda della possibilità di farsi assistere da un avvocato sin dal momento del suo piazzamento in stato di fermo o in detenzione provvisoria. Sarebbe increscioso se la sentenza desse l’impressione che alcuna questione sia stata posta sul terreno dell’articolo 6 dal momento in cui il sospettato aveva potuto farsi assistere da un avvocato sin dall’inizio degli interrogatori o che l'articolo 6 non può entrare in gioco se non quando il rifiuto di accesso ad un avvocato abbia nuociuto all’equità dell’interrogatorio del sospettato. Il rifiuto fatto ad un sospettato della possibilità di farsi assistere da un avvocato sin dall’inizio della sua detenzione può violare l'articolo 6 della Convenzione se reca pregiudizio ai diritti di difesa, che tale pregiudizio derivi o meno dall’interrogatorio del sospettato. 24 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN OPINIONE CONCORDANTE DEI GIUDICI ROZAKIS, SPIELMANN, ZIEMELE E LAZAROVA TRAJKOVSKA (Traduzione) 1. Noi sottoscriviamo ogni punto della sentenza della Corte in merito alla violazione dell'articolo 6 § 3 c) della Convenzione combinato con l'articolo 6 § 1. 2. Tenuto conto della sua importanza, avremmo tuttavia preferito che il ragionamento sviluppato al paragrafo 72 della sentenza fosse ugualmente incluso nel dispositivo, e ciò per motivi che sono già stati, in parte, spiegati nell'opinione concordante comune ai giudici Spielmann e Malinverni nel caso Vladimir Romanov c. Russia, (no 41461/02, sentenza del 24 luglio 2008) e nell'opinione concordante del giudice Spielmann relativamente al caso Poloufakine e Tchernychev c. Russia (no 30997/02, sentenza del 25 settembre 2008), e che sono ripetuti di seguito. 3. In primo luogo, é risaputo che se il ragionamento sviluppato in una sentenza permette agli Stati membri di distinguere i motivi per i quali la Corte ha concluso per la violazione o meno della Convenzione e riveste per tale fatto un’importanza decisiva per l’interpretazione della Convenzione, é proprio il dispositivo ad avere un carattere vincolante per le parti per i fini dell'articolo 46 § 1 della Convenzione. 4. Dunque ciò che é detto al paragrafo 72 della sentenza ci sembra della massima importanza. Vi si riafferma che quando una persona é stata condannata in violazione delle garanzie procedurali consacrate dall'articolo 6, essa deve per quanto possibile essere nuovamente posta nella situazione che vi sarebbe stata se l’esigenza del caso non fosse stata disconosciuta (principio della restitutio in integrum). 5. Il principio della restitutio in integrum tre origine dalla sentenza Usine de Chorzów (merito) resa dalla Corte permanente di giustizia internazionale (CPGI) il 13 settembre 1928. La CPGI vi si esprimeva come segue : « Il principio essenziale (...) é che la riparazione deve, per quanto possibile, cancellare tutte le conseguenze dell’atto illecito e ristabilire lo stato che si avrebbe avuto se il detto atto non fosse stato commesso ». (serie A no 17, p. 47) 6. Tale principio, in virtù del quale la restitutio in integrum é considerata come il primo mezzo da utilizzare per la riparazione di una violazione del diritto internazionale, é stato costantemente riaffermato dalla giurisprudenza e dalla pratica internazionali ed é stato richiamato all’articolo 35 del Progetto di articoli sulla responsabilità dello Stato per comportamenti internazionalmente illeciti (adottato dalla Commissione di diritto internazionale del 2001). 25 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN L'articolo 35 di tale Progetto di articoli é così formulato : « Lo Stato responsabile per un fatto internazionalmente illecito ha l’obbligo di procedere alla riparazione che consiste nel ristabilire la situazione esistente prima che il fatto illecito fosse commesso nei limiti in cui una tale riparazione : a) non sia materialmente impossibile ; b) non imponga un peso sproporzionato con il vantaggio che deriverebbe dalla riparazione piuttosto che dal risarcimento. » Non vi é alcun motivo per non applicare tale principio alle riparazioni per atti internazionalmente illeciti nel campo dei diritti dell’uomo. (vedi Loukis G. Loucaides, « Riparazione per violazioni dei diritti dell’uomo in virtù della Convenzione europea e restitutio in integrum », [2008] European Human Rights Law Review, pp. 182-192). Nella sua sentenza Papamichalopoulos e altri c. Grecia (articolo 50) del 31 ottobre 1995 (serie A no 330-B), la Corte si é così espressa : « 34. La Corte ricorda che ai sensi dell'articolo 53 della Convenzione le Alte Parti contraenti si sono impegnate a conformarsi alle decisioni della Corte nelle controversie di cui sono parti; inoltre, l'articolo 54 prevede che la sentenza della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che vigila sulla su esecuzione. Ne consegue che una sentenza che constati una violazione comporta per lo Stato convenuto l'obbligo giuridico derivante dalla Convenzione di porre termine alla violazione e di eliminare le conseguenze in modo tale da ristabilire per quanto possibile la situazione anteriore a quest’ultima. Gli Stati contraenti che sono parti in una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi dei quali avvalersi per conformarsi ad una sentenza che accerta una violazione. Tale potere di valutazione quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta di cui si compone l’obbligazione primordiale imposta dalla Convenzione agli Stati contraenti: assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà garantiti (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo Stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di farlo da sola. Se, in compenso, il diritto nazionale non permette o permette solo in maniera imperfetta di rimediare alle conseguenze della violazione, l'articolo 50 abilita la Corte ad accordare, se possibile, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata. » 7. Nel caso di specie, e tenuto conto del fatto che l’impossibilità in cui il ricorrente è incorso nel farsi assistere da un avvocato durante il suo stato di fermo ha irrimediabilmente pregiudicato i suoi diritti di difesa (paragrafo 62 della sentenza), il miglior mezzo per raggiungere l’obiettivo della riparazione richiesta consisterebbe nel riaprire il procedimento e permettere che si tenga un nuovo processo, all’interno del quale saranno osservate l’insieme delle garanzie di equità, a condizione evidentemente che il ricorrente lo richieda ed il diritto interno dello Stato convenuto permetta tale soluzione. 8. La ragione per la quale desideriamo sottolineare tale punto è che non bisogna dimenticare che i risarcimenti di cui la Corte ordina la concessione 26 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN alle vittime delle violazioni della Convenzione rivestono, secondo i termini e lo spirito dell'articolo 41, una natura sussidiaria. Quest’ultima coincide con il carattere sussidiario attribuito alle riparazioni nel diritto internazionale. L'articolo 36 del Progetto di articoli sulla responsabilità dello Stato è così formulato : « 1. Lo Stato responsabile di un atto internazionalmente illecito é tenuto ad indennizzare il danno causato da tale atto nella misura in cui tale danno non sia riparato dalla restituzione. (...) » Conviene anche che la Corte cerchi di ristabilire lo status quo ante per la vittima ogni volta che ciò sia possibile. Ciò detto, la Corte deve ugualmente tenere in considerazione il fatto che « la cancellazione dell’insieme delle conseguenze del fatto illecito può (...) esigere il ricorso ad una pluralità o all’insieme delle forme di riparazione disponibili, in funzione del tipo e dell’estensione del pregiudizio causato » (vedi J. Crawford, The International Law Commission's Articles on State Responsibility. Introduction, Text and Commentaries, Cambridge University Press, 2002, p. 211, (2)) e tenuto conto dei ricorsi accessibili nel sistema interno (articolo 41). 9. Certamente, gli Stati non sono obbligati, ai sensi della Convenzione, ad introdurre nei loro sistemi giuridici interni dei procedimenti che permettano il riesame delle decisioni delle loro Corti supreme rivestite dell’autorità di cosa giudicata. Essi sono tuttavia fortemente incoraggiati a farlo, in particolare in ambito penale. 10. In Turchia, l'articolo 311 § 1 f) del codice di procedura penale prevede che la riapertura del procedimento interno giudicato non equo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo può essere sollecitato nel termine di un anno a partire dalla decisione definitiva della Corte. Vi é tuttavia una restrizione temporale all’applicabilità di tale disposizione. Il paragrafo 2 dell'articolo 311 precisa infatti che quest’ultima non si applichi ai ricorsi depositati dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo prima del 4 febbraio 2003, né alle cause aventi ad oggetto un giudizio definitivo prima del 4 febbraio 2003. Riteniamo che nel caso in cui, come nel caso di specie, lo Stato convenuto si sia dotato di un tale procedimento, la Corte debba non tanto suggerire in maniera timida che la riapertura del procedimento costituirebbe la forma più adeguata di riparazione, come fa al paragrafo 72 della sentenza, quanto invece esortare le autorità a ricorrere a tale procedimento, per quanto insoddisfacente possa apparire, o ad adattare i procedimenti esistenti, sempre che, evidentemente, il ricorrente lo desideri. Ciò non é tuttavia giuridicamente possibile se non nel caso in cui una tale esortazione figuri all’interno del dispositivo della sentenza. 11. Per di più, la Corte ha già incorporato una simile esortazione nel dispositivo di alcune sue sentenze. Per esempio, nel caso Claes e altri c. 27 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN Belgio (nn. 46825/99, 47132/99, 47502/99, 49010/99, 49104/99, 49195/99 e 49716/99, 2 giugno 2005), ha dichiarato al punto 5 a) del dispositivo della sentenza « che in difetto di rendere giustizia ad una richiesta da parte dei ricorrenti di essere nuovamente giudicati o di riaprire il procedimento, lo Stato convenuto deve versare, entro tre mesi a partire dal giorno in cui il ricorrente segnalerà di non voler presentare una tale richiesta o sarà chiaro che non ne ha intenzione o a partire dal giorno in cui tale domanda sarà rigettata » certe somme per il danno morale e per spese e costi. Allo stesso modo, nel caso Lungoci c. Romania (no 62710/00, 26 gennaio 2006), la Corte ha affermato al punto 3 a) del dispositivo della sua sentenza che « lo Stato convenuto assicura, entro sei mesi a partire dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva, conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, e se la ricorrente lo desidera, la riapertura del procedimento, e che deve simultaneamente versargli 5 000 (cinquemila) euro per il danno morale, oltre ogni ammontare che possa essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lei rumene al tasso applicabile alla data del regolamento ». 12. In virtù dell'articolo 46 § 2 della Convenzione, la vigilanza sull’esecuzione delle sentenza della Corte spetta al Comitato dei Ministri. Ciò non significa tuttavia che la Corte non svolga alcun ruolo al riguardo e che non debba prendere misure adatte a facilitare il compito del Comitato dei Ministri. In realtà, nulla all’interno dell'articolo 41 né in altre disposizioni della Convenzione impedisce alla Corte di valutare la questione della riparazione secondo i principi più sopra definiti. Dal momento che la Corte é competente ad interpretare ed applicare la Convenzione, essa é allo stesso modo competente a valutare « la forma ed il quantum della riparazione da accordare » (vedi J. Crawford, p. 201). Così come chiarito dalla CPGI nella sua sentenza Usine de Chorzów : « la riparazione è il complemento indispensabile di un inadempimento all’applicazione [di una Convenzione internazionale] » (p. 29). 13. Per tale fine é essenziale che la Corte non si accontenti di fornire nelle sue sentenze una descrizione la più precisa possibile della natura della violazione della Convenzione da essa accertata ma che indichi anche nel dispositivo, se le circostanze del caso lo richiedono, le misure che giudica più appropriate per porre riparo alla violazione. 28 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY, ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN Al mio voto favorevole al dispositivo della sentenza, voglio aggiungere alcune parole per chiarire il senso del ragionamento della Corte, per come lo intendo. La Corte ha concluso per la violazione « dell'articolo 6 § 3 c) combinato con l'articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione del fatto che il ricorrente non aveva potuto farsi assistere da un avvocato durante lo stato di fermo » (punto 1 del dispositivo). Essa ha in tal modo risposto alla doglianza del ricorrente che vedeva « una violazione dei suoi diritti di difesa nel fatto che si [era] visto negare l’accesso ad un avvocato durante lo stato di fermo ». Tale doglianza, enunciata dal ricorrente sotto l’angolo dell'articolo 6 § 3 c), è stata giustamente precisata dalla Corte, che l’ha legata all'articolo 6 § 1. Il senso della sentenza della Corte mi sembrerebbe ben chiaro. Se ve ne fosse bisogno, ciò che la Corte dice al paragrafo 53 rinviando al paragrafo 37 non fa che chiarirlo. Le norme internazionali generalmente riconosciute, che la Corte accetta e che coincidono con la sua giurisprudenza, dispongono che « un imputato deve, dal momento della sua incarcerazione, poter scegliere il suo avvocato (...) e (...) ricevere visite dal suo avvocato per la sua difesa. Egli deve poter preparare e fornire al suo avvocato o da lui ricevere le istruzioni confidenziali (...) ». É quindi senza dubbio dall’inizio del fermo o del piazzamento in detenzione che l’accusato deve poter beneficiare dell'assistenza di un avvocato. E ciò, indipendentemente dagli interrogatori. L'importanza degli interrogatori é evidente all’interno del procedimento penale, dato che, come sottolineato dalla sentenza, l'impossibilità di farsi assistere da un avvocato nel corso degli interrogatori si analizza, salvo eccezioni, come una grave lacuna rispetto alle esigenze di un processo equo. Ma l’equità del procedimento, quando si tratta di un accusato che é detenuto, richiede allo stesso tempo che l’accusato possa ottenere (ed il difensore esercitare) tutta la vasta gamma di attività adatte per la difesa : la discussione del caso, l'organizzazione della difesa, la ricerca delle prove favorevoli all’accusato, la preparazione degli interrogatori, il sostegno all’accusato in stato di difficoltà, il controllo delle condizioni di detenzione, etc. Il principio di diritto che bisogna trarre dalla sentenza é dunque che l’accusato in stato di detenzione ha diritto, normalmente e salvo limitazioni eccezionali, a che, dall’inizio del fermo o della sua detenzione provvisoria, possa essere visitato da un difensore per discutere di ciò che riguarda la sua 29 Copyright © 2009 UFTDU SENTENZA SALDUZ c. TURCHIA OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY ALLA QUALE ADERISCONO I GIUDICI CASADEVALL E TÜRMEN difesa e le sue legittime necessità. Il mancato riconoscimento di tale possibilità, indipendentemente da ciò che fuoriesce dagli interrogatori e dal loro utilizzo da parte del giudice, si analizza, salvo eccezioni, come una violazione dell'articolo 6 della Convenzione. Aggiungo che, naturalmente, il fatto che il difensore possa vedere l’accusato per tutto il corso della detenzione nei posti di polizia ed in prigione permette, meglio di ogni altra misura, di evitare che sia violata la proibizione dei trattamenti di cui all'articolo 3 della Convenzione. Le considerazioni che precedono non sarebbero state necessarie se il ragionamento della Corte non avesse contenuto dei passaggi suscettibili di far credere al lettore che la Corte esige l'assistenza di un difensore soltanto a partire ed in occasione degli interrogatori (vedi gli interrogatori che danno luogo alla redazione di un processo-verbale al fine del loro utilizzo da parte del giudice). Infatti, a partire dal paragrafo 55 il testo adottato dalla Corte si concentra sul solo aspetto dell'interrogatorio che il ricorrente ha subito ed il cui contenuto è stato utilizzato nei suoi confronti. Una tale lettura della sentenza mi parrebbe eccessivamente riduttiva. L'importanza della decisione della Corte per la protezione dei diritti dell’accusato soggetto ad una misura privativa della libertà ne sarebbe gravemente indebolita. Secondo me a torto, dal momento che l’argomentazione legata all’interrogatorio del ricorrente ed alla sua utilizzazione da parte dei giudici si spiega facilmente per il fine della Corte di prendere in considerazione i dati specifici del caso per il quale è stata adita. 30 Copyright © 2009 UFTDU