Filomena VENCHIARUTTI DRIUSSI - Fotocineclub

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Filomena VENCHIARUTTI DRIUSSI - Fotocineclub
La memoria del tempo...
... il tempo della memoria
Il progetto dell’Università della Terza Età di Lignano
È soprattutto nei luoghi che si condensa la storia di una comunità, ma
i luoghi mutano, talvolta in modo talmente rapido da creare spazi e ambienti
vitali diversi, modi di vita in perenne cambiamento.
Coloro che sono nati a Lignano, o vi sono arrivati da piccoli, ne sono
coinvolti maggiormente e tutti seguono il filo del loro raccontare attraverso
testimonianze e luoghi che si ripropongono con una nuova bellezza fatta non
sempre di armonie.
La loro storia diventa fondamentale per la capacità di aggiungere alla
memoria collettiva un frammento di esistenza individuale.
Ricordare è recuperare qualcosa che non si vuole vada perduto.
Il progetto “Memoria del tempo… tempo della memoria” è nato con
l’obiettivo di recuperare la memoria di una città sorta poco più di cento anni
fa, grazie all’interazione tra Università della Terza Età e FotoCineClub e il
coinvolgimento dell’Amministrazione Comunale.
Un gruppo di lavoro si è costituito, operando su quattro aree di intervento:
• Ricerca delle testimonianze
• Documentazione dei materiali raccolti
• Realizzazione e concretizzazione dell’intervista
• Incontro con gli intervistati per la stesura definitiva.
I senior che hanno accettato di testimoniare la loro esperienza di vita
sono stati intervistati da Nelly Del Forno Todisco, Wally Gigante Wandell, Maria
Longo Coccetti e Mariella Piutti Fabris, le quali hanno operato sul campo,
raccogliendo e registrando i racconti su appositi supporti digitali.
Il lavoro sulle testimonianze è stato poi sviluppato, deregistrando
le tracce audio e procedendo alla ricomposizione scritta di un testo da
sottoporre all’approvazione dell’intervistato per la definizione finale. Solo in
un’ultima fase si è proceduto alla stesura definitiva.
Sono emerse informazioni interessanti sull’ambiente, sul paesaggio,
sui lavori, sulle storie personali e sulle condizioni di vita nella Lignano dei
primordi.
Con una simile iniziativa, la storia della comunità si è arricchita di
appassionate testimonianze. tenendo viva la cultura del territorio
La raccolta di testimonianze è stata curata da Nelly Del Forno Todisco.
Si sa che in un lavoro, basato sulla memoria individuale, ci potranno
essere errori, carenze, lacune, dimenticanze, imprecisioni, ma sono i rischi di
chi si avventura sul terreno dei ricordi.
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“La vita non è quella che si è vissuta,
ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.”
Gabriel Garcia Màrquez
Ho amato e amo Lignano di un amore intenso, qui ho trascorso gli
anni più belli della mia giovinezza, e ho incontrato l’amore della mia vita.
Ho goduto dell’azzurro del cielo, dell’oro del sole e della calda distesa
marina.
Una sola fila di ombrelloni, in fondo le cabine e, più in là, le dune
dove andavamo a rifugiarci lontano dagli sguardi indiscreti.
Un posto, già allora, “d’altri tempi“.
Vi sono, poi, approdata in veste professionale e una nuova e diversa
Lignano si è presentata ai miei occhi: ho conosciuto persone nuove, ripercorso
luoghi, situazioni, eventi e, nel succedersi degli anni, la storia di Lignano si è
dipanata davanti ai miei occhi tra luci e ombre.
Penso sia stato così anche per i molti intervistati che, con inediti
particolari, gustosi aneddoti e precisi ricordi, sono riusciti a portarci indietro
nel tempo, alla nascita di Lignano il cui volto è stato, via via, modificato dal
turismo che ha inciso sul tessuto sociale e ha contribuito alla sua crescita
come maggiore località balneare della Regione.
Le memorie degli intervistati, vero e proprio patrimonio di ricordi,
ci mostrano una Lignano inedita e, per certi versi, sconosciuta, una Lignano
da non dimenticare se vogliamo arricchirci, partecipando del passato, per
migliorare il presente.
A tutti gli intervistati che hanno collaborato a questa operazione
editoriale va un sentito e caloroso ringraziamento, alle intervistatrici un
meritato elogio per il paziente e accurato lavoro di revisione.
Un grazie particolare al Presidente del Fotocineclub, Doriano Moro,
per i consigli offerti nella realizzazione del progetto e per l’elaborazione delle
foto che arricchiscono il testo.
Un sentito ringraziamento al Sindaco dottor Silvano Delzotto,
all’Assessore alla Cultura e all’Istruzione avvocato Lanfranco Sette, a tutta
la Giunta Comunale per aver sostenuto l’iniziativa, anche dal punto di vista
finanziario.
L’intreccio fra queste forze e lo spirito di collaborazione hanno dato
vita a questa pubblicazione che siamo lieti di offrire non solo all’UTE, ma a
tutta la comunità e a quanti amano Lignano.
prof. Nelly Del Forno Todisco
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È con immenso entusiasmo che ringrazio i miei concittadini che
hanno preso parte alla realizzazione del progetto “Memoria del tempo…
tempo della memoria”, chi avrà il piacere di leggerlo non potrà che lasciarsi
andare ai ricordi, alle suggestioni, e ritrovare angoli e nomi dimenticati dalla
memoria, ma ben presenti nel cuore.
La realtà di Lignano si è materializzata all’inizio del Novecento con la
costruzione di un primo albergo, ma le sue radici storiche, culturali e religiose
affondano nel suo lontano passato e si ritrovano nella vasta pineta, nella
laguna e nella campagna allora poco fertile e redditizia.
Con l’avvento del turismo la città si è strutturata guardando al mare,
alla spiaggia fino a perdere quasi la memoria del passato legato al retroterra
fatto di campi, pinete, laguna e acque.
La pubblicazione vuole recuperare la memoria di quel passato
attraverso i racconti degli intervistati: ognuno ha una sua storia da raccontare
e dei percorsi privilegiati sui quali ama indugiare.
È un ritorno alle origini, un salto nel passato, faticoso e affascinante,
particolareggiato ed emozionante, che trova il suo trampolino di lancio in
questo libro che siamo lieti di offrire a tutta la popolazione lignanese, perché
nulla venga dimenticato e tutto ci aiuti ad apprezzare il presente e a vivere
meglio il nostro domani.
dott. Silvano Delzotto
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Questo prezioso libretto contiene una raccolta a più voci di racconti,
i quali, attingendo al vissuto personale, illustrano con schietta freschezza il
formarsi, il crescere della comunità di Lignano durante il Novecento.
Gli intervistati compongono un esauriente quadro in cui poter riconoscere
nella città di oggi la persistenza del passato e soprattutto nel quale, attraverso
i vari piani prospettici, poter seguire i passaggi sociali, economici, urbanistici,
che hanno radicalmente mutato una selvaggia distesa di boscaglie e valli
acquitrinose, in una località balneare, elegante, moderna, che tuttavia sa
offrire ancora angoli incontaminati.
Dalla voce degli stessi protagonisti si dipana una vera e propria epica
comunitaria orgogliosa nel registrare i tanti attraversamenti, impegnativi,
dolorosi, carichi di promesse, imposti da una avventura che ha fatto evolvere
a centro di richiamo internazionale quello che era un borgo di braccianti e di
barcaioli, in lotta quotidiana con la miseria.
Pagina dopo pagina si intrecciano le peripezie di patriarcali famiglie
di braccianti chini su terreni di scarsa resa o di recente e sudata bonifica,
ancora infestati dalla malaria. Si rivelano impensabili scorci di polverose
strade bianche, protette nella calura da annosi pioppi, pazienti nel compito
di orientare verso settentrione i piccoli venditori di pesce o i contadini diretti
verso i mercati settimanali nei centri della Bassa. Scorrono gli appuntamenti
di feste senza pretese, rallegrate dal suono della fisarmonica, mentre a dare
colori più intensi alle memorie si recuperano piccole leggende locali, come
quella riguardante gli scheletri di alcuni uomini colossali, forse pirati, rinvenuti
sotto un paio di querce secolari, non più esistenti.
Il decennio compreso tra il 1930 e il 1940 appare nella sua funzione
di spartiacque tra l’arcaico e il moderno, allorché predisponendosi il primo
piano regolatore vi trovò posto il progetto di un ampio lungomare di tre
chilometri, subito realizzato nel 1936, adibito a pista per aerei, ma destinato
ad assumere il ruolo di coordinata primaria per ogni successivo sviluppo,
assieme allo scavo della darsena.
Passò la guerra, vennero gli anni della ripresa e del benessere.
Lignano lottò per conquistare l’autonomia comunale, ottenuta nel 1959,
svincolandosi da Latisana.
L’occhio di alcuni narratori, mentre perlustra le vie e i viali di oggi o
indugia sulle piazze o misura gli alti edifici, sa distinguere ancora i contorni
e la fisionomia della originaria selvatica penisola, disposta tra Tagliamento e
laguna, e continua a vedere, come in controluce, qui una vigna, là un orto,
più oltre una macchia di rovi, e più in là infine una pineta, dimora di volpi e
di serpenti.
Le escursioni memoriali qui raccolte non sono viziate da sterili
rimpianti, né si incrinano di fragili nostalgie: sono soprattutto un atto di amore
per tutti i concittadini, di ieri e di oggi, e assumono anche il carattere di un
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atto premuroso di cura per quanto è trascorso via, eppure resta come solido
fondamento, sul quale poggiano fiduciosi i piedi degli attori attualmente
impegnati sulla scena del mondo ai bordi dell’Adriatico d’opale tra Venezia e
Trieste.
Queste note sono dunque un dono che passa tra le generazioni,
rafforzando il dialogo e l’intesa; sono un catalizzatore adatto a favorire la
fusione di energie civili e collaborative nella comunità di Lignano. Nella
loro semplicità consegnano inoltre agli storici del Friuli, e in generale agli
storici della società italiana del secolo scorso, tanti piccoli, ma importanti
contributi, utili per censire e nel dettaglio comprendere le dinamiche dei
cambiamenti che in parte abbiamo prodotto, in parte subito, e che, un po’
grossolanamente, siamo soliti riassumere con la parola progresso.
L’arco lungo di questo cammino si può ripercorrere in un baleno,
riflettendo sulla toponomastica. Il termine Lignano pare derivi da lupignanum,
ossia posto abitato dai lupi, quindi anticamente inospitale e pericoloso. Nel
1935 l’enfasi giornalistica accostò all’originario toponimo l’apposizione
Sabbia d’oro, di calco si direbbe futurista: la pennellata era senza dubbio
felice. L’invenzione verbale ebbe fortuna a tal punto che, da trovata
pubblicitaria che era stata, si ufficializzò a esprimere con alta pertinenza la
scoperta di una precisa vocazione turistica. Espandendosi quindi la città, a
indicare i nuovi quartieri comparvero Lignano City, Lignano Pineta, Lignano
Riviera, diciture che inducono quasi a immaginare una città lanciata verso
mete avveniristiche di mondanità e di ricchezza.
Lignano possiede certamente questa dimensione, o aspirazione, ma
sa che sarebbe un errore porre in oblio la propria storia, con il conseguente
rischio di snaturarsi. Per essere positivamente proiettati verso il domani e nello
stesso momento per restare fedeli al vissuto stratificato che viene da lontano,
occorre frequentare con assiduità i ricordi, e questo libro ne custodisce una
cospicua messe. Con il loro aiuto si potrà costruire nella mente e nel cuore
quella mappa che sola permette di oltrepassare l’affascinante fantasmagoria
del presente.
Si sarà così in grado di varcare le barriere della superficialità e di
orientarsi in un tempo plurale, in uno spazio multiplo, pervenendo in tal
modo alla conquista di una piena e illuminata cittadinanza lignanese.
prof. Gianfranco Scialino
critico letterario
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30 marzo 2005
Emilio ZATTI
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Suono il campanello all’ora prestabilita anzi qualche minuto dopo, il
dottor Zatti mi sta aspettando in entrata seduto accanto al telefono.
Elegante in uno spezzato, pantaloni grigi e giacca di un bel verde alla moda,
con gilet e papillon in tinta.
Si alza, mi saluta con deferenza e mi introduce nel salotto. Ci adagiamo in
comode poltrone: lui nella sua abituale davanti al caminetto, per la stagione
spento, e io in una al suo fianco.
Il dottor Emilio Zatti, nato a Tramonti di Sopra il 12 febbraio del 1920, è
oggi sofferente di una cataratta bilaterale “ingrata“, come la definisce, che
gli impedisce di vedere nitidamente le cose e soprattutto di leggere, ma per
questo non vuole sottrarsi al piacere di raccontare, ponendosi una domanda,
senza attendere la mia, e rispondendo subito.
Che cosa era Lignano nel 1947, anno in cui io vi arrivai per la prima volta
mandato dalla Prefettura di Udine per la condotta di Latisana?
Era un territorio che arrivava fino al mare, senza una strada vera e propria. La
strada era sterrata e polverosa, di difficile viabilità, anche perché il Comune
di Latisana non sapeva se Lignano doveva essere considerata marittima o
terrestre, in verità accoppiandola a Marano avrebbe dovuto essere un paese
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marittimo e peschereccio, ma Latisana la
considerò solo ed esclusivamente come
una semplice frazione.
E dire che uno scrittore francese, direttore
di Le Monde, aveva parlato di Lignano
in termini meravigliosi, definendola una
località sorta “là dove nasce l’Adriatico“.
Ed è proprio la confluenza di più fiumi e
degli affluenti del Tagliamento a creare le
condizioni di benessere climatico della
nostra zona.
Se lei osserva, piove in altre parti e qui no,
nevica in altre parti e qui no, e lo si è visto
quest’inverno, fa freddo e qui no, perché
si sono formate delle correnti ventose
preminenti in contrasto con quelle della
bora che proviene dai Balcani.
Il vento e i fiumi hanno una grande importanza e ci sono cose che si contraddistinguono rispetto ad altre. L’ubicazione stessa
di Lignano, la caratteristica condizione
Dottor Emilio Zatti con le infermiere
climatica la portano ad uno sviluppo
particolare, facendone una zona interessante sotto il profilo turistico.
Riprendiamo il discorso dal suo arrivo a Lignano nel 1947
Nel 1947 sono arrivato dall’ospedale di San Vito al Tagliamento dove avevo
lavorato con il professore Gabrielli, ebreo veneziano e ottimo chirurgo.
Pensi che, due giorni dopo il mio arrivo, sono stato invitato da aristocratici
triestini e udinesi a un ritrovo ippico per la caccia alla volpe nella zona
limitrofa al punto della POA.
All’epoca la penisola era il dominio delle volpi in quanto non c’era
disboscamento.
La zona era ricca di boschi di latifoglie e si prestava benissimo alla caccia alla
volpe alla quale partecipavano numerose donne, abilissime amazzoni.
Mai vista una cosa più bella e tanto interessante. Tutto era entusiasmante:
c’erano più di cento cani e la selvaggina era abbondante, non mancavano
fagiani e lepri.
C’è un momento di silenzio…
Il dott. Zatti si lascia cullare dai ricordi, guarda davanti a sé verso il caminetto
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dove sono esposte foto in bianco
e nero, sorride di un sorriso
dolce e ironico allo stesso
tempo, il viso arrossato nello
sforzo del dire, del raccontare
senza nulla dimenticare.
Emilio Zatti ha una memoria
pronta, snocciola nomi, riporta
alla luce fatti con una lucidità
che è difficile riscontrare in una
persona della sua età.
Mi guarda…
Colonia Costanzo Ciano
Possiamo riprendere il discorso, parlando della Lignano dei suoi ricordi?
Lignano, allora, era solo Sabbiadoro e finiva alla Capanna d’Oro.
Oltre all’Albergo Italia, c’erano due altri alberghi rinomati: l’Albergo Marin e
l’Hotel Spiaggia.
La famiglia Marin, il cui capostipite Angelo era stato sindaco di Marano,
Lagunare, era una delle famiglie più influenti a Lignano, assieme alla famiglia
Andretta, proprietaria di grandi appezzamenti di terreno.
I Signori avevano scoperto questa zona per la corsa dei cavalli.
Facevano delle feste, dei festival, poi se ne andavano pronti a ritornare per
una battuta di caccia alla volpe o per qualche particolare ricorrenza.
Gli altri erano persone in cerca di soluzioni di fortuna, strani tipi; altri ancora
erano mezzadri al servizio di famiglie di grande prestigio che avevano
comperato per pochi soldi terreni paludosi, come i signori Gaggia.
Allora un terreno costava 100 lire al metro quadro quando il mio stipendio
base era di 35.000 lire mensili.
A Lignano, landa deserta, i terreni non costavano praticamente niente!
Ma vivendo in un luogo si finisce con l’ancorare la propria vita a tutta la gente
che ci sta intorno.
Oltre agli alberghi che Lei ha nominato c’erano altre costruzioni?
Gli Alberghi Marin e Spiaggia erano tutti sul lungomare, primo impatto
del turista con la spiaggia e il mare Adriatico, il lungomare aveva una sua
fisionomia e un interesse particolare per chi vi arrivava.
Lignano, landa deserta, aveva questo splendido rettilineo di 1800 metri,
misura ideale per una pista di aerei, programmato con una tecnica tale da
poter sopportare anche l’urto degli aerei pesanti di oggi, fatto costruire dal
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Prefetto Testa intorno agli anni Trenta in previsione di uno sbarco.
Di bello a Lignano c’era anche la darsena pensata per le motosiluranti che,
allora, erano militarmente gestite da Ante Pavelič, governatore della Croazia;
la Terrazza a Mare, palafitta di legno, simbolo della Lignano dell’epoca e
l’Azienda di Soggiorno, struttura territoriale di grande utilità per i turisti.
Mi racconti di come Lignano diventò Comune autonomo?
Un giorno alcuni lignanesi hanno indetto un’assemblea dove sono stato eletto
senza avervi partecipato. Subito mi sono dato da fare perché venisse eletto
presidente di quell’Assemblea il vecchio cavalier Marin.
Latisana non ha capito che
Lignano cominciava a essere
conosciuta
nell’ambito
turistico europeo, che stava
diventando una stazione
balneare
con
esigenze
proprie e che aveva già in
sé tutti i presupposti per
diventare un grande centro
turistico.
Cicuttin, il sindaco di allora,
ha curato poco la frazione
che stava crescendo con
esigenze ben diverse da
quelle del capoluogo.
Ponte girevole da Coin, luogo della rivolta del 1958
Noi Lignanesi ci siamo
dati da fare per una forma
conciliativa, ma nonostante la nostra buona volontà non siamo riusciti in
nulla.
La società venutasi a formare aveva delle finalità ben precise, ma poca gente
vi aveva aderito per paura delle repressioni del centro che potevano arrivare
sotto forma di tasse.
Personalmente sono stato aiutato, in definitiva, dall’ex sindaco di Latisana
Casasola, un socialdemocratico.
Casasola e Cicuttin si combattevano politicamente, quest’ultimo era anche
amico dell’onorevole Tessitori il quale riteneva che c’erano delle cose
ineluttabili e che l’autonomia era una di queste. E poi, mi dica Lei, da un
comune che perde la filanda, la cantina sociale e va scemando d’importanza,
che cosa ci si poteva aspettare?
Sono andato a Roma con il cavaliere Marin, abbiamo incontrato gente che ci
ha promesso un aiuto. Le cose però stavano andando per le lunghe.
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Ho fatto altri viaggi nella capitale, anche con Monsignor Freschi che aveva a
cuore lo sviluppo di Lignano.
Ho incontrato perfino un socialista, Marangoni, che ci diede quasi un assenso,
un assenso significativo per le richieste della popolazione.
Quali erano le richieste della popolazione?
La popolazione aveva un solo desiderio: sviluppare il centro turistico. Ma si
trovava isolata e addirittura ostacolata perfino sulla richiesta di viabilità. La
strada era rimasta sterrata e polverosa e così rimase fino alla costituzione
del Comune autonomo.
Lignano aveva bisogno di istituzioni pubbliche senza le quali il paese non
poteva svilupparsi, ma Latisana rimase insensibile alle richieste.
La battaglia fu lunga e logorante.
Dovevamo proseguire il nostro colloquio, ma nonostante fosse ben
riuscita l’operazione alla cataratta, le sue condizioni di salute si aggravarono,
finché la morte lo colse il mattino del 14 novembre 2006.
In me rimane il ricordo di un uomo estremamente affabile.
È stato piacevole ascoltarlo riportare alla luce fatti ed eventi, snocciolare nomi
con una memoria lucida, anche se con un tono di voce piuttosto basso.
04 gennaio 2008
La Signora Susanna ZATTI si è dimostrata
disponibile a riprendere il dialogo interrotto e a
raccontare altri fatti lignanesi e personali.
Che cosa l’ha portata a Lignano?
Un tempo andavamo al mare al Lido di Venezia.
Un giorno sono passata con la mia amica Lisi nell’Agenzia Capri in Piazza
Santo Stefano a Vienna, chiedendo un posto di villeggiatura abbastanza
vicino, ci offrirono una spiaggia che stava sorgendo: Lignano.
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Era la fine del mese di
agosto: al nostro arrivo
pioggia battente e spiaggia
deserta. L’Albergo Spiaggia,
dove siamo scese, dava
direttamente sul mare.
L’indomani la giornata si
presentò splendida, il mare
brillava sotto i raggi del sole,
in spiaggia non c’era anima
viva, se non il geometra
Gino Bertinazzi che aveva la
cabina accanto alla nostra
ed era sceso alla pensione
Villa Moretti.
Un giorno ci invitò alla foce
Albergo Capanna d’Oro -1945
del Tagliamento: la serata
era splendida e al ritorno ci siamo fermati alla Capanna d’Oro, oggi uguale
ad allora, ci siamo seduti all’aperto a chiacchierare, subito dopo arrivò il
dottor Zatti, amico del geometra.
L’incontro fu fatale, ci sposammo a gennaio dell’anno dopo: era il 1953. Mia
figlia Marina è nata il 20 dicembre del 1954.
Da allora abbiamo sempre vissuto a Lignano, e mai me ne vorrei andare.
Lei era l’unica viennese a Lignano?
No. C’era già una viennese che aveva sposato il Signor Pittoni, proprietario
terriero. In casa sua, come in tutte le abitazioni del luogo, non c’era la luce
elettrica e le corriere viaggiavano solo durante il periodo maggio-ottobre e la
posta veniva portata da Latisana in bicicletta da un certo Raffaello.
Un’altra era tedesca, Marianna, bambinaia presso una famiglia inglese di
stanza a Lignano che sposò Nino De Filippis, gestore di una pensione sul
viale Venezia.
Da novelli sposi, dove siete andati ad abitare?
Avremmo potuto comperare Villa Bignami, offertaci per cinque milioni dal
cavalier Bignami, ma mio marito rifiutò.
L’anno dopo il cavaliere ebbe un ictus e si trasferì definitivamente nella villa
resa abitabile per l’inverno, assistito da maggiordomo, cuoco e cameriera,
dove rimase fino alla morte. Mio marito lo ha seguito nel decorso della sua
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malattia. Per testamento, ha lasciato la villa alla contessa Kechler, sua grande
e cara amica.
Subito dopo abbiamo acquistato per tre milioni di lire solo un piccolo
appartamento qui vicino, eravamo gli unici ad abitare la zona, si vedevano
le montagne cariche di neve e la laguna. Non c’era altro, fino alla chiesa il
vuoto, il deserto.
Abbiamo poi acquistato un vasto terreno per pochi soldi dall’avvocato
Pantarotto per costruire l’ambulatorio e la casa dove ora abitiamo. E abbiamo
ceduto, senza nulla guadagnare, il terreno al dottor Bruno Romanelli di Roma
che ha aperto la farmacia, tuttora esistente.
Una sera, rientrando da una cena con amici, abbiamo visto davanti alla
farmacia un grande rospo, il dottor Romanelli disse: “Ecco, il mio unico
cliente!“.
In via Udine c’era l’Hotel Scarpa, dove mio marito andava a giocare a carte
con don Mario Lucis, e il negozio di generi alimentari Ridolfo.
Emilo Zatti - Bruno Scarpa - Elio De Minicis in via Udine - 1948
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Mi parli di suo marito.
Mio marito in qualità di medico, di amministratore e di sindaco di Lignano ha
lavorato tanto ed è stato sempre molto disponibile verso tutti.
Nei primi tempi a Lignano non c’erano né medici né pronto soccorso e,
perciò, veniva chiamato giorno e notte al capezzale degli ammalati dell’intero
territorio. Nel suo ambulatorio tutti i giorni, domenica compresa, c’era una
gran fila di persone che attendevano di essere visitate e da lui curate.
Mio marito è stato un grande diagnostico, solo guardando una persona
sapeva diagnosticarne la malattia. Paziente ed attento alle sofferenze degli
altri, ha dimostrato grande sensibilità umana ed è stato apprezzato non solo
dai suoi pazienti, ma anche dai colleghi e dall’intera cittadinanza. Medico di
base a tempo pieno, dunque, e dal 1960 ufficiale sanitario e responsabile
dell’igiene di tutti i locali del territorio, compresa la scuola.
La sua vita è stata contraddistinta dalla dedizione alla sua professione e dal
suo impegno politico in qualità di segretario della DC locale.
Seguace dell’onorevole Giulio Andreotti, ne ha condiviso idee e programmi,
impegnandosi a livello territoriale. Eletto sindaco di Lignano nel 1975, ha
realizzato molte opere pubbliche quali il nuovo municipio, il ponte di Bevazzana
che collega Lignano all’entroterra, lo stadio comunale, la palestra, la scuola
materna di Pineta, le scuole elementari e medie, l’istituto tecnico per il turismo,
l’arena Alpe Adria.
Aveva altri progetti da sviluppare, ma il suo mandato terminò.
Continuò a fare politica, sedendo sia nei banchi della minoranza prima sia in
quelli della maggioranza poi, e questo fino al 2002, anno in cui si ritirò dalla
vita politica attiva.
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10 novembre 2006
Rino MORO
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
Il Signor Rino Moro mi accoglie nel salotto di casa. È disponibile,
quasi contento che qualcuno si interessi alla sua vita passata.
Magro, capelli brizzolati, un po’ stempiato, parla con un marcato accento
veneto, sembra più giovane dei suoi 82 anni; è nato nel 1926, il 5 febbraio,
a Meduna di Livenza in provincia di Treviso.
Ora ha quasi 82 anni,
quanti anni aveva quando è
arrivato a Lignano?
Avevo nove anni.
La mia famiglia era una
grande famiglia patriarcale,
pensi che eravamo in 83
persone. Con la morte del
nonno la famiglia si è divisa.
Il nostro nucleo era formato
da 16 persone e si sistemò,
con l’aiuto di un mediatore,
nella zona ovest di Lignano
Famiglia Davide Moro - Lignano 1935
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(all’epoca la zona della chiesa
era considerata periferia) di
proprietà del conte Gasparini
di Bassano del Grappa al
quale interessava in modo
particolare il numero dei
componenti la famiglia: più
braccia, più lavoro!
In seguito alla stipula
dell’accordo di mezzadria
avvenuto nel mese di aprile
del 1935, mio padre con una
parte della nostra famiglia
Chiesa parrocchiale - 1941
prese possesso della terra,
come allora era d’uso, il
giorno di San Pietro, il 29 giugno; mia madre, invece, rimase a Meduna con
gli altri fratelli.
Assieme a noi arrivarono anche le famiglie Zanata e Bonci che si sistemarono
qui. La prima vicino alla Caserma della Finanza a Punta Faro e l’altra in
Pineta, ora via Mezzasacca. Il terreno, a noi affidato, era adibito in parte a
coltivazione e in parte a pascolo (io, infatti, fui subito mandato al pascolo con
le mucche), e si estendeva dall’attuale chiesa di Lignano Sabbiadoro, dove
noi abitavamo, fino all’attuale via Mezzasacca dove c’era - e fortunatamente
c’è ancora - la chiesetta di San Zaccaria risalente al XV secolo, oltre c’erano
solo dune di sabbia, sterpaglie, e l’attuale via Tarvisio era una strada bianca
tra boschi di pini dove non c’era proprio niente.
La casa colonica, dove noi abitavamo, sorgeva a fianco della quercia secolare
- le racconterò poi una storia
interessante sulla quercia e per arrivarci bisognava
passare da via Latisana fra
due grandi pioppi, il cui
diametro era di oltre due
metri, e attraversare un vero
e proprio tunnel di rovi.
L’attuale via Verona segnava
il confine del nostro cortile,
dove c’era l’orto adesso si
trova il condominio Verona:
da lì fin quasi alla laguna
c’erano i nostri vigneti di uva
Quercus Petraea nel luogo della casa colonica della famiglia Moro
Merlot.
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Le piaceva stare a Lignano?
A quei tempi sicuramente no!
Qui non c’era nulla, non un dottore, non un punto di ritrovo per i bambini.
Per partorire bisognava andare a Latisana e spesso non c’era il tempo per
arrivarci!
Si poteva frequentare la scuola solo fino alla terza elementare. Io avevo già
fatto la terza a Meduna e, quindi, non avevo contatti con altri bambini.
I miei coetanei della famiglia Bidin, famiglia che era qui dai primi del
Novecento, parlavano solo il friulano, mentre io parlavo solo il veneto, e
capirsi era quasi un problema.
Poi, le dirò qualcosa della scuola. Ero disperato. avrei voluto andarmene
al più presto. Fortunatamente in estate arrivarono alcuni turisti in barca da
Marano, altri da Udine e ci furono persino alcuni tedeschi e austriaci.
In piazza Fontana c’era una baracca di legno e un prete venuto da fuori
celebrava la Santa Messa.
Passata l’estate si ripiombava nella desolazione, l’unico pensiero che avevo
era quello di scappare da quel posto, aspettavo solo l’occasione propizia.
Ogni quindici giorni, mio padre e mio fratello maggiore andavano a Meduna
di Livenza a prendere la farina per la polenta. Un volta li convinsi a portarmi
con loro: era questa l’occasione che aspettavo da tempo! L’indomani, per il
viaggio di rientro, non mi feci trovare. Uscii dal mio nascondiglio un’ora dopo
la loro partenza, ma mia madre e mia cognata mi convinsero, per evitare guai,
a prendere la bicicletta e a raggiungerli, dicendomi: “La strada per Latisana è
tutta dritta, di sicuro saranno al mercato e tu riconoscerai le loro biciclette“.
Arrivato a Latisana vidi le bici, ma non ebbi il coraggio di farmi vedere da mio
padre e mi nascosi nella zona di Sabbionera.
Quando li vidi passare sulla strada di ritorno per Lignano, li seguii a distanza
fino a Pertegada: non dimentichi che avevo solo nove anni! Faceva buio,
bisognava attraversare tutta la pineta e io avevo tanta paura, nel bosco
c’erano volpi e serpenti… Arrivato a casa, per mia fortuna, sono entrato
senza che nessuno mi dicesse niente.
Con San Martino arrivò finalmente il resto della famiglia.
Fortuna volle che la mamma arrivasse di notte, altrimenti avrebbe tentato di
scappare anche lei!
Che cosa voleva dirmi della scuola?
Come le accennavo prima, qui la scuola si poteva frequentare solo fino alla
terza elementare.
Nel 1935 si trovava in via Aquileia a fianco dell’attuale Villa Mucci.
21
La maestra era siciliana e parlava in modo davvero incomprensibile per noi,
ragazzi veneti.
Per frequentare la scuola occorrevano soldi, bisognava acquistare la tessera
del “Piccolo Balilla“ del costo di 5 centesimi. Mio padre ci disse: “Quando
incassiamo i soldi della vendita del latte dal Signor Tami, allora si potrà
andare a scuola“. Tami abitava dove adesso c’è l’Hotel Miramare ed era il
direttore dell’Ente Turistico.
Il ricavato della vendita del latte delle nostre mucche per metà andava al
padrone e per metà a noi, così i miei fratellini poterono finalmente andare
a scuola.
Nel 1936, per alcuni mesi, ho frequentato la scuola serale tenuta dalla stessa
maestra.
Ha particolari ricordi piacevoli?
Sì, la festa di San Zaccaria, la quarta domenica
di ottobre.
Ci si riuniva per ascoltare la Santa Messa, noi
bambini tentavamo di arrampicarci sull’albero
della cuccagna e poi c’erano le corse con i sacchi,
il gioco dei quattro cantoni e le pignatte di
terracotta con dentro cenere, acqua, sabbia e, a
volte, anche galline vive!
Com’era veramente Lignano nel 1935?
C’era la Terrazza a Mare in legno e una
piccolissima fontana alimentata da un pozzo
artesiano che dava acqua anche agli alberghi
vicini. Dove oggi c’è la posta c’era l’orto della
famiglia Gruer e accanto - dove adesso c’è il
bar Plaza - la Villa Moretti, quelli della birra. Era
una bella villa, veramente molto originale, ed è
Festa del Perdon - Pineda 15 ottobre 1950
un peccato che sia stata abbattuta negli anni
Sessanta per fare spazio a nuove costruzioni,
più grandi, ma, per conto mio, decisamente meno belle.
Sul lungomare c’erano gli Alberghi Riuniti, una bella costruzione formata
dall’unione dell’Albergo Rizzani con l’Albergo Bagni.
In via Udine, all’angolo con via Friuli, c’era l’Albergo Stella, un negozio di generi
alimentari e una sala da ballo che il signor Bruni, l’allora proprietario dello
“Stella”, metteva talvolta a disposizione di noi Lignanesi per qualche festino:
22
in quelle occasioni solitamente uno
dei Fanotto suonava la fisarmonica
e ci si divertiva con poco.
Sempre in via Udine c’erano il
negozio di barbiere, la macelleria,
l’impresa edile della famiglia Sandri
che costruì l’Albergo Centrale,
e le baracche degli operai. In
fondo alla via c’erano l’Albergo
Italia, costruito da poco, e il forno
Comisso.
Di fronte all’Albergo Italia c’erano
le Case Paolini, composte da una
ventina di appartamenti abitati
per lo più da operai; in precedenza
queste
ospitavano
l’Albergo
Centrale, il Dopolavoro di Milano, il
Miramare e il primo Albergo Italia.
Proseguendo in quella direzione,
in fondo a via Carso, si trovava
solamente la Caserma della
Finanza e a fianco la casa della
famiglia Zanata.
Sul lungomare c’erano quattro o
cinque ville di privati, la darsena
vecchia non era ancora stata
scavata, infatti il progetto è del
1933 e i lavori sono stati ultimati
nel 1937, e al suo posto c’erano i
casoni dei pescatori.
Dove oggi c’è lo Sbarco dei
Pirati c’era un pontile di legno
per lo sbarco di persone e lo
scarico di merci che provenivano
principalmente da Precenicco e
Marano.
La gente veniva portata in centro
da carri trainati da cavalli, mentre
il materiale da costruzione era
sistemato su vagoncini scorrevoli
su rotaie che percorrevano tutto il
lungomare.
Seconda Terrazza a Mare - 1923
Ville Paolini sul viale Italia - ciclone del 1940
Pontile di sbarco in laguna 1927 - viale Italia
23
La vostra situazione familiare è poi cambiata?
Sì, e sicuramente in meglio, quando al conte Gasparini è subentrato il signor
Mario Andretta.
Ricordo come adesso che un giorno di marzo, mentre gli uomini erano a
tavola, qualcuno bussò alla porta e io andai ad aprire. Si presentarono quattro
uomini, uno dei quali, tutto vestito di bianco, con uno strano accento disse:
“Ma qui siete tutti uomini?“.
Mio padre rispose che nell’altra stanza c’erano anche le donne e che in
famiglia eravamo in diciassette.
“Vivete bene?” chiese l’uomo. “No, male, qui è difficile vivere, abbiamo
l’intenzione di andarcene verso Piancada o Precenicco, perché anche
lavorando molto siamo pieni di debiti”.
“Rimanete! Sono io il nuovo padrone delle terre. Adesso devo rientrare a
Monaco, ma presto sarò di nuovo qui. Non preoccupatevi per i vostri debiti”.
E rivolgendosi all’Amministratore gli ordinò di farci avere tutto ciò di cui
avevamo bisogno.
Così rimanemmo e la situazione pian piano migliorò.
In seguito fu scavata la darsena e con la terra furono coperti gli acquitrini,
colmati i canali, bonificati i terreni, costruite nuove case coloniche, letamai e
silos in cemento.
Vicino a noi fu costruita una nuova chiesa, inaugurata nel luglio del 1938.
All’epoca tutti siamo stati colpiti dalla malaria, per curarci il medico
sanitario di Latisana ci dava sacchetti di chinino e, nonostante la febbre, noi
continuavamo a lavorare.
E così arriviamo agli anni della seconda guerra mondiale?
Eh sì! Con l’inizio della guerra inizia anche la crisi. La zona sud di Lignano,
a partire dalla chiesa di Sabbiadoro fino a via Carso, fu venduta al signor
Pantarotto di Udine. La parte Nord fino alla chiesa rimase al signor Andretta
che in seguito comperò i terreni fino a via Miramare e poi fino a via Mezzasacca,
costruendo la casa colonica “La Pergola”, vicino all’odierno Gambero Rosso,
sviluppando così l’agricoltura anche in quella zona.
Nel 1940 si insediò lì la famiglia Valeri, arrivata anch’essa dal Veneto, che
sviluppò anche l’attività di autotrasporti.
Nel 1942 la famiglia Andretta costruì vicino alla darsena, in fondo all’attuale
via dei Platani, un’altra casa colonica, abitata in seguito dalla famiglia Fanotto.
Con la guerra, nel 1943 arrivò anche l’esercito tedesco che inizia l’opera
di difesa e di fortificazione della costa, costruendo nell’autunno del 1944 i
bunker a Punta Faro e che, per il timore di uno sbarco alleato, allagò con le
idrovore tutto il territorio che va da via Lovato fino alla strada per Latisana.
24
Mario Andretta è rimasto a Lignano durante tutta la guerra ed è morto
d’infarto proprio dopo il terribile bombardamento americano del 1944 su
Latisana, aveva circa sessant’anni. Egli aveva donato una parte della sua
pineta alla Curia di Udine per dare spazio alla Colonia marina intitolata a
Costanzo Ciano, oggi gestita dalla GE.TUR, e, dopo la sua morte, non abbiamo
potuto più andare a fare legna in quella zona.
Mario Andretta ha fatto tanto sia per la nostra famiglia sia per Lignano, è
stato un personaggio dalla grande umanità e per me resterà indimenticabile.
La figlia, per onorarne la memoria, ha donato alla Parrocchia il terreno a
fianco della Chiesa per la costruzione della scuola materna che oggi porta il
suo nome.
Pantarotto ha offerto il terreno per la costruzione della Chiesa di
Sabbiadoro.
Ma come ha vissuto durante la guerra?
Nel 1944 a Lignano c’era la TODT, un’organizzazione paramilitare tedesca che
faceva lavorare i civili - anch’io vi ho lavorato, avevo allora 18 anni - per costruire
dei bunker, un paio di questi rimasti ancora oggi vicino al Faro rosso.
A volte di notte arrivava un aereo americano del tipo cicogna, da noi
soprannominato Pippo, che mitragliava un po’ dove capitava! Gli aerei alleati
sorvolavano spesso Lignano, perché prendevano come punto di riferimento
la foce del fiume Tagliamento per seguire la rotta per la Germania.
Possiamo dire che, tutto sommato, durante la guerra la situazione a Lignano
è rimasta abbastanza tranquilla.
Dopo che i Tedeschi avevano lasciato Lignano, un giorno dal mare arrivò una
piccola flotta di imbarcazioni, composta da una decina fra mezzi da sbarco e
cacciatorpediniere che cercavano di risalire un tratto del Tagliamento - i mezzi
da sbarco potevano farlo perché pescano circa 80 cm, pochissimo - con a
bordo un ottomila uomini: erano soldati tedeschi in ritirata che tentavano di
mettersi in salvo, raggiungendo a piedi la vicina Austria. Vista la situazione,
un partigiano, un certo Aldo Sandri, sapendo che sulla strada per Trieste
stava transitando una colonna di mezzi corazzati neozelandesi, andò con un
suo compagno in motocicletta fino a Palazzolo e avvertì i soldati alleati di
quanto stava accadendo, convincendoli a dirottare parte della colonna verso
la costa. Questi arrivarono in men che non si dica alla foce del Tagliamento e
accerchiarono i Tedeschi.
Senza sparare un colpo, i Tedeschi si arresero e furono portati nella zona
delle Colonie e da lì allontanati un po’ per volta.
Di questo episodio, dopo decenni di ricerche, sono stati trovati i verbali
ufficiali dell’esercito neozelandese e il fotografo che scattò alcune immagini
è morto tre anni or sono.
25
E dopo la guerra?
La vita prima della guerra era quella di qualsiasi
paese agricolo: lavorare i campi, tagliare l’erba per
le bestie, fare legna per riscaldarsi.
Finita la guerra, guai andare via da Lignano, perché
qui si trovava di tutto.
La mamma diceva “Fioi, andé a tor il pesce“ e
noi andavamo in marina a pescarlo, per noi la
marina era la laguna, lì a fianco della darsena
c’erano i casoni dei pescatori. Con la bassa marea
in laguna si prendevano le passere, i bisati, le
anguille, le vongole e le cape lunghe. A quei tempi
si potevano veramente pescare cape a quintali e
talvolta si andava a venderle a Latisana, anche se
si guadagnava poco.
Negli anni 1946/1947 parecchia gente ha
cominciato ad acquistare terreni per fabbricare.
Le “nostre” terre da coltivare diventavano sempre
Rino Moro e Giuseppina Prataviera - 1945
via Gorizia, sullo sfondo gli uffici postali
più esigue tant’è che ogni figlio, quando si sposava,
si dedicava ad altre attività.
Il primo a cambiar lavoro fui io e ognuno di noi, facendo anche il muratore, si
costruì la propria casetta. Praticamente così è iniziato lo sviluppo di Lignano.
Anno dopo anno ho visto crescere Lignano e ne sono molto affezionato,
adesso mi si stringe il cuore nel vedere come viene stravolta da tutti questi
condomini alti e stretti che hanno preso il posto di casette di due, tre piani:
ho paura che questa situazione allontani i turisti dalla nostra città, invece che
richiamarne di nuovi.
Non doveva raccontarmi una storia sulla quercia?
Ah sì, brava. Deve sapere che a Lignano c’erano tre querce centenarie, anche
se adesso ne è rimasta purtroppo una sola, ossia quella che era vicino a casa
nostra, appena dietro la chiesa. Delle altre due, una si trovava all’inizio di via
Verona, l’altra in via Carso vicino alla Caserma della Finanza.
Nel 1942, quando hanno iniziato i lavori per spianare le dune, le hanno
dovute sradicare e hanno trovato tre scheletri sotto la quercia di via Verona
e due sotto l’altra. Erano i resti di uomini alti più di due metri e qualcuno ha
pensato che fossero dei pirati sepolti in tempi lontani in casse di rovere il cui
legno, germogliando, ha fatto crescere le querce.
Non si sa che fine abbiano fatto le ossa, ma i teschi, si dice, siano stati
utilizzati per ricavarne due lanterne!
26
10 gennaio 2007
Angela SUMMO
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
Angela Summo è nata il 12 maggio 1914, ha quasi 93 anni. Vive
in viale Venezia, angolo via Padana, assieme alla figlia Irene e al figlio
Giampaolo.
È una signora magra, piccola, dall’aspetto curato, gentile e molto ospitale.
Mi accoglie nel salone di casa, ricco di suppellettili e di memorie.
Messa a proprio agio, incomincia a raccontare:
Sono vissuta a Pola fino al 1947 poi, per le questioni politiche che tutti
conoscono, da sfollata sono venuta a Lignano al seguito di un mio fratello
che qui aveva la fidanzata.
Mio marito era barbiere. Abbiamo trovato casa sul lungomare in una proprietà
della famiglia Andretta.
La casa era talmente isolata che incontravo gente soltanto la domenica,
quando andavo a messa, e spesso imprecavo contro Tito che mi aveva tolto
tutto, tranne la bora.
Nell’appartamento c’erano quattro stanze e durante l’estate ne affittavamo
tre e tutti noi dormivamo in un’unica stanza. I guadagni erano davvero
scarsi.
27
Quanto tempo è rimasta in quella casa?
Fino al 1956, poi siamo andati in affitto da Gigi Moro.
Ricordo che non c’erano strade asfaltate e si camminava in mezzo ai boschi.
C’era solo la casa della famiglia Zen, la canonica, la chiesa, punto di
aggregazione della comunità, e qualche albergo sul lungomare.
Si faceva la spesa da “Bruni” in via Udine dove c’era anche una macelleria e
una drogheria.
Per l’abbigliamento si andava a Latisana con la corriera dove il mercoledì
c’era il mercato.
Quando a Lignano si cominciò a costruire abbiamo comperato un terreno,
prendendo in prestito dei soldi dalla Banca e una signora, conoscendo la
nostra onestà, ci ha
fatto da garante. La
casa è stata costruita
in tre momenti diversi,
risparmiando e facendo
grandi sacrifici.
Mio
marito
aveva
formato una squadra
di calcio di ragazzini,
andavano a giocare dalle
parti della darsena.
A Pineta si andava solo
a fare legna, non c’era
altro.
Un po’ alla volta Lignano
cominciò a ingrandirsi
e noi siamo riusciti ad
Lignano calcio - 1962
aprire un altro salone.
Il lavoro non mancava davvero!
Interviene la figlia Irene:
“Posso?”
Sì, perché no? Ha qualcosa da raccontare?
Avevo dieci anni quando sono arrivata a Lignano e subito sono andata a
scuola.
La classe era una pluriclasse: quarta e quinta elementare assieme. Io
frequentavo la quinta. La scuola era sul lungomare, dopo l’Hotel Vittoria, una
specie di colonia.
28
I ragazzi della classe II^ elementare con al centro la maestra Zen - 1955
La maestra era la Signora Zen della stessa età di mia mamma, è morta da
poco.
Le medie le ho frequentate a Latisana, partivo con la corriera alle sei del
mattino e tornavo a casa solo la sera, pranzando presso una signora. La
corriera era di linea, non riservata agli studenti. I libri, per noi profughi, erano
gratuiti, ma non il biglietto del pullman, così mio papà ha smesso di fumare
per pagarmi l’abbonamento alla corriera!
La scuola è stata poi costruita
dove oggi c’è l’Unicredit in
via Gorizia, lì ci andarono i
miei fratelli.
Quali
erano
divertimenti?
i
vostri
I divertimenti erano quelli
di tutti i ragazzi del posto:
passeggiate nei boschi,
corse sulle dune, qualche
festino, qualche film.
Viale Gorizia: scuole, uffici postali, stazione dei Carabinieri, ... - 1939
29
C’era
una
sola
sala
cinematografica, il Diana,
vicino al negozio di generi
alimentari
Ridolfo,
di
proprietà della famiglia
Bruni, ma il biglietto costava
e non avevamo soldi. C’era
anche la Terrazza a Mare,
una bella sala da ballo,
ma bisognava avere vestiti
eleganti per potervi andare!
Mio papà lavorava, ma
la gente diceva: “Ti pago
in stagione, segna!“, così
facevano anche negli altri
Cinema Diana
negozi.
Negli anni Sessanta, con il boom economico, Lignano è cambiata, si è
trasformata.
Che cosa faceva a Lignano, dove lavorava?
Ho iniziato a lavorare nell’impresa edile Sandri e vi sono rimasta per ben
diciassette anni. Erano gli anni del boom edilizio.
Da lì sono passata nello studio Fanton, la contabilità mi piaceva, ma spinta
dalla famiglia ho aperto con mia cognata un negozio di abbigliamento e
biancheria sotto casa, ora ci lavorano i nipoti.
Quali sono gli avvenimenti importanti della vita lignanese che ricorda?
Il “giro d’Italia”. I ciclisti sono passati sul lungomare e hanno fatto tappa a
Lignano, ripartendo il giorno dopo.
I “Giochi senza frontiere” che si sono svolti nel campo sportivo, dove non era
ancora stata costruita la palestra.
Era bello guardare la gente chic, le signore in abito lungo che prendevano
l’aperitivo al Derby, al San Carlo.
Affittavamo appartamenti e i clienti venivano da Trieste con grandi bauli, da
Milano con le domestiche. La gente di giorno andava in spiaggia, la sera nei
locali notturni quali la Terrazza a Mare, La Fontanella, Il Fungo a Pineta, o
rimanevano in albergo a giocare a canasta.
Una volta potevamo lasciare porte e portoni di casa aperti, ora tutto è
cambiato: la familiarità di un tempo è svanita nel nulla.
30
30 gennaio 2007
Elia ZOCCARATO
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
Elia Zoccarato è nato il giorno di Natale del 1933 in un angolo di
campagna vicino a Campodarsego, in provincia di Padova.
Ha un fisico atletico, pratica diversi sport e con ottimi risultati, le molte coppe
esposte in soggiorno, dove gentilmente mi riceve, lo testimoniano.
Quando è arrivato a Lignano?
Verso la fine del 1940,
all’età di sette anni con la
mia famiglia.
Mio padre era falegname e
già dal 1937 svolgeva varie
mansioni, in Lignano, come
uomo di fiducia dei gestori
degli Alberghi Riuniti, uno
dei primi grandi alberghi di
Lignano che ospitò, tra gli
altri, il Principe Umberto
e Mussolini. Il nome
dell’albergo mutò poi nel
Alberghi Riuniti: Bagni e Rizzani
31
più noto Grande Albergo Spiaggia in concomitanza con la ristrutturazione
resasi necessaria per i gravi danni causati da un forte ciclone.
Mi parli di suo padre
Luigi era il suo nome, detto Moré,
dal soprannome di una delle molte
famiglie Zoccarato residenti nel
Comune di Campodarsego.
Amava il lavoro sopra ogni cosa.
Instancabile e versatile, intagliava
cornici e specchiere di stile
barocco con dorature a foglie d’oro
zecchino, restaurava mobili antichi,
realizzava serramenti, costruiva
mobili per la casa e armadiLuigi Zoccarato, detto Morè
frigorifero di grande capienza in
rovere di Slavonia per alberghi e
negozi alimentari. Sapeva trasformare auto del tempo post bellico in comodi
furgoncini con cassoni di legno, particolarmente ricercati.
Costruiva barche, battelle da pesca e mosconi con relativi remi, il tutto
rigorosamente a mano. Realizzava impianti idraulici, elettrici e opere di
muratura; rivestiva pavimenti e pareti.
Era anche un abile cacciatore sia di bosco che di palude. Andava solitamente
a caccia con l’amico Guido Burgato, caricavano i cani sulle rispettive
Lambrette, erano detti i “cacciatori in lambretta”.
Negli anni Sessanta - io lavoravo con mio padre - ci attrezzammo con
macchinari moderni per realizzare i mosconi a pedale, una nostra invenzione
allora molto richiesta.
Morì nel 1989, a 82 anni d’età, e la sua è stata un’intensa e felice vita di lavoro.
Com’era l’Albergo Spiaggia?
Occupava tutta l’area tra via Friuli e via
Gorizia, tra il lungomare e via Udine,
aveva un grande parco, il campo da
tennis, la dépendance dove alloggiava il
personale, e i garages.
All’inizio abitavamo in albergo, solo in
un secondo momento siamo vissuti in
un appartamento della dépendance.
Aerea dell’Albergo Spiaggia
32
Durante la guerra, la RAS di Trieste, a causa dei bombardamenti sulla città,
acquistò l’Albergo Spiaggia per trasferirvi i propri uffici e tutto il personale,
apportando delle trasformazioni e innovazioni, quali il riscaldamento
centralizzato.
Dopo la guerra questa struttura fu acquistata dalla famiglia De Minicis che la
riconvertì in albergo in cui soggiornarono molti ospiti illustri e celebrità del
mondo del calcio.
Chi c’era a Lignano in quel periodo?
Durante la guerra, nella stagione invernale, vi abitavano trecentocinquanta,
quattrocento persone, con l’arrivo dei dipendenti della RAS il numero
aumentò fino ad arrivare a settecento, ottocento persone.
Ricordo che dopo l’8 settembre del 1943 arrivarono anche i Tedeschi,
piazzarono una mitragliatrice in piazza Fontana, rivolta verso via Udine, e una
camionetta. Tutti si spaventarono. Insediarono il loro comando nella Terrazza
a Mare, allora di
legno, e nella
Villa
Moretti
dove funzionava
un’infermeria
con un medico
che visitava anche
la popolazione.
A Lignano non
c’era il medico,
veniva
da
Latisana e solo
ogni tanto.
C’era
anche
un
sacerdote
tedesco,
a
Lignano
non
c’era un prete
Processione del Corpus Domini - 1951
fisso e veniva
solo la domenica
per celebrare la messa.
Le processioni erano molto frequentate e tutti partecipavano ai canti
religiosi.
Per seppellire i morti bisognava andare a Pertegada, la salma veniva trasporta
con un camion e noi chierichetti - io ho sempre fatto il chierichetto - ci
sistemavamo sul cassone del mezzo di trasporto.
33
Come ricorda la Lignano di
allora?
C’era la piazza Fontana con
la stazione delle corriere,
il pianoterra dell’attuale
condominio Friuli ospitava
la
posta,
la
latteria,
l’ambulatorio e la scuola con
un’unica aula per tutti.
Sulla strada principale c’era
un panificio con il forno, un
negozio di generi alimentari
e il cinema Diana all’aperto.
D’estate noi ragazzi per
assistere agli spettacoli
scavalcavamo il muro, esiste
ancora in vicolo Marano sul
retro del negozio di generi
alimentari Ridolfo.
Da piazza Fontana si
diramavano le strade non
asfaltate verso viale Italia,
verso la Terrazza a Mare,
verso il piazzale della Chiesa,
il tutto collegato alla via
Latisana che terminava alla
Caserma della Finanza.
L’unica strada asfaltata
era il lungomare con pochi
alberghi e alcune ville, tutto
intorno campi, orti e la vasta
pineta. Durante la guerra
ricordo le incursioni aeree
notturne e i mitragliamenti
ai barconi del sale che
percorrevano la via del Sale
e che sostavano in darsena
dove trovavano posto anche
le barche dei pescatori.
Un ricordo vivo è il
mitragliamento alla Chiesa,
durante
una
funzione
Uffici, stazione delle corriere e seconda fontana - 1940
Cinema Diana all’aperto - 1956
Viale Gorizia - 1932
34
religiosa.
Un solo proiettile vi penetrò, attraverso un finestrone, senza ferire nessuno.
Per anni l’ho conservato, come cimelio! Dobbiamo la vita a chi, con saggezza,
ci trattenne allora all’interno della chiesa.
Il lungomare era stato costruito come pista di atterraggio. Parecchie volte,
addirittura sul bagnasciuga, ho visto atterrare i Pipers inglesi.
Nel periodo del fascismo le colonie, tutte recintate, erano quelle della GIL,
E dopo la guerra?
Mio padre, che era
stato richiamato sotto
le armi, è ritornato nel
1945.
Con lui sono andato
spesso in campagna a
caccia di lepri, pernici,
fagiani, e in laguna di
anatre selvatiche. La
selvaggina era tanta,
così la nostra dispensa
era
sempre
ben
fornita
Lignano è diventata
parrocchia e don Gino
Un cacciatore esibisce 41 prede - 1927
Zaina è stato il primo
parroco.
Io, chierichetto, ho imparato più cose da lui che in tutti gli anni di scuola. È
stato lui a indirizzarmi verso la scuola di musica di Cesarolo dove mi recavo
due volte la settimana in bicicletta. Suonavo l’armonium, ma il calcio mi
piaceva di più, era l’unica attività sportiva lignanese.
A quattordici anni mi occupavo del campo da tennis dell’Albergo Spiaggia e
guadagnavo qualche soldino.
Ma in fondo com’è cambiata Lignano?
È cambiata molto soprattutto da quando Lignano è diventata Comune
autonomo.
La sua vocazione turistica ha dato impulso allo sviluppo edilizio, commerciale,
artigianale e demografico, così che da piccolo paese è diventata una città
vera e propria.
35
5 marzo 2007
Pierino COMISSO
Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Maria Longo Coccetti
Il Signor Comisso è venuto all’UTE, accolto nella segreteria/direzione
dell’Università, si è tranquillamente seduto in poltrona e ha chiacchierato
amabilmente, raccontando la sua vita lignanese.
L’intervista è stata piacevole e ricca di particolari.
Cominci pure da dove vuole, prego!
Sono nato a Precenicco il 22
dicembre 1937 e, ancora
in fasce, sono arrivato a
Lignano, dove i miei genitori
risiedevano.
Mio papà era fornaio.
Il primo panificio di Lignano,
in fondo a via Udine sotto
l’Albergo Italia, fu gestito
dalla mia famiglia e, durante
l’estate, mio papà lavorava
oltre che in panificio anche
in albergo.
Anch’io ho fatto il fornaio e
Albergo Italia, via Italia angolo via Udine - 1933
37
con me lavorava Elio De Filippis, un boxeur romano, che insegnò a tutti noi
la boxe, ci allenavamo nel retrobottega con i sacchi di farina. Bei tempi!
L’albergo apparteneva alla famiglia De Minicis che gestiva anche l’Albergo
Spiaggia.
Il signor Giovanni De Minicis era un tipo singolare, possedeva un’automobile
e, quando doveva recarsi a Udine o semplicemente fuori Lignano, faceva il
giro del paese con la speranza di trovare qualcuno che gli facesse compagnia:
non amava per niente viaggiare da solo!
Ai suoi tempi dove si trovava la scuola?
Colonia piccola - sede della scuola elementare - ex Albergo Friuli
La
scuola
elementare,
dapprima, si trovava sul
lungomare Trieste in una
specie di colonia, la Casa
al Mare, poi in via Gorizia,
vicino alla posta.
La mia maestra è stata la
Signora Zen. D’inverno ci
faceva portare un po’ di
legna per accendere la stufa,
così stavamo al calduccio.
Per proseguire gli studi si
doveva andare a Latisana.
Ci si alzava presto al mattino
per prendere la corriera
che percorreva una strada
bianca lungo l’argine del
Tagliamento e si rientrava a
casa verso le due e mezza
del pomeriggio.
Ha altri ricordi della sua infanzia a Lignano?
Non ricordo se fosse la primavera oppure l’autunno del 1944.
Mentre stavo andando a scuola, sono stato fermato da alcuni passanti che
mi incitarono a tornarmene a casa, perché sulla spiaggia, proprio di fronte
alla scuola, si era arenata una bomba di profondità.
Gli artificieri la fecero brillare, provocando seri danni all’edificio scolastico
che rimase chiuso per quindici giorni, con grande gioia di noi scolari.
Sempre in quell’anno, per la prima volta, ho visto un idrovolante.
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Lignano era spesso sorvolata da caccia inglesi, gli Spitfire, che mitragliavano
barche trasportanti mine. Al largo erano disseminate mine sommerse per
impedire eventuali sbarchi, poi avvenuti.
Una mattina, un caccia è stato colpito e il pilota è riuscito a catapultarsi
fuori al largo prima di cadere a terra. I suoi compagni non lo hanno mai
abbandonato, hanno continuato a sorvolare la zona finché un idrovolante non
lo ha tratto in salvo, nonostante fossero appostate sul lungomare numerose
mitragliatrici tedesche.
Nessun colpo è stato sparato: i Tedeschi, da un lato, avevano paura di
rappresaglie e, dall’altro, volevano salvaguardare la popolazione.
Lignano, allora, era estesa?
Non molto. Via Udine, fino a piazza Fontana, era il cuore pulsante di Lignano e
lì si svolgeva tutta la vita, ci conoscevamo tutti ed eravamo come una grande
famiglia, legata da rispetto reciproco e da tanto affetto.
La strada principale terminava alla chiesa.
Dove ora c’è l’Hotel Corallo c’erano alcune casette tra cui quella del signor
Martin, ex sindaco di Lignano. Suo figlio Renato ha gestito il Parco zoo.
Sul lungomare c’era la Villa Toniatti, demolita nel 2006, e la Capanna d’Oro
era il limitare di Lignano, oltre non c’era niente.
D’inverno non si poteva andare sul lungomare, la Terrazza a Mare era il
limite, perché le dune, spazzate dal vento, raggiungevano due, tre metri e
invadevano la strada, penetrando addirittura nelle ville.
All’inizio degli anni Cinquanta Lignano cominciò a svilupparsi, arrivarono
molti lavoratori dell’edilizia e il paese si ingrandì.
Cosa facevate voi giovani ragazzi?
Nel periodo estivo svolgevamo qualche piccola attività, per guadagnare un
po’ di soldi, portavamo le valigie ai clienti degli alberghi.
A me è capitata un’esperienza davvero negativa: stavo portando una valigia
molto pesante quando il manico si è rotto, mandando in mille pezzi il fragile
contenuto.
Ho dovuto lavorare gratis per ripagare il danno causato!
Oltre al lavoro c’era anche il divertimento: le rincorse tra amici, le corse negli
orti e nei frutteti. Gli orti erano al limitare di piazza Fontana, dove attualmente
c’è l’Hotel San Carlo c’era l’orto della famiglia Gruer, ricco di frutta e di
verdure, accanto alla bellissima Villa Moretti, ora purtroppo demolita, ce
n’era un altro grande e ben curato.
Gli anni 1954/1955 sono stati anni felici per Lignano: vennero organizzati
39
divertenti
spettacoli
teatrali
con attori lignanesi quali Bruno
Canova, Elio, Mario e Gianna De
Minicis che hanno richiamato
parecchia gente da fuori.
Il nostro luogo di incontro era il
Ristorante Scarpa, il proprietario
Virgilio era molto disponibile e
tutte le cene e i pranzi di nozze si
facevano nel suo locale.
Villa Moretti in piazza Fontana - 1958
Ma lei giocava a calcio, mi sembra?
Ho iniziato presto a giocare a calcio, avevo
quindici anni.
Dapprima ho giocato con il “Latisana”,
poi con il “Torviscosa” e da lì ho iniziato la
carriera calcistica, giocando nella “Triestina”
in seria A, quindi nel “Como” in serie B e
nell’”Aquila” in serie C.
Nel 1965/66 ho portato il “Lignano” in serie
D, raggiungendo grandi livelli.
Quando ho smesso di giocare mi sono
dedicato, e mi dedico ancora, ad allenare
i giovani. Tempo fa una sociologa dello
sport ha rilevato che Lignano è un caso
unico in Europa: da una popolazione di
duemilacinquecento abitanti sono usciti ben
undici calciatori professionisti. È davvero un
record!
Io penso che ciò sia dovuto al fatto che
Lignano calcio. Gigi Pizzali, Iginio Rossi,
qui gli spazi sono enormi e i campi sportivi
Pierino Comisso, Giorgio Rumignani
sorgono ovunque.
Pensate che subito dopo la guerra gli Inglesi, con i loro mezzi, spianavano a
noi ragazzi il terreno per crearci nuovi campi da gioco.
D’estate facevamo dei tornei con i turisti e, quando noi del luogo eravamo
impegnati con il lavoro, venivamo sostituiti nella squadra del “Lignano” da
giocatori di serie A quali Lorenzo Buffon.
40
Amava vivere a Lignano?
Sì, io ero e sono tuttora innamoratissimo di Lignano anche se tutto è cambiato,
soprattutto nei rapporti sociali, una volta c’erano bellissime tradizioni.
Per la Festa del Perdon celebrata in San Zaccaria, in ottobre, molti erano i
giochi ai quali partecipavamo: corsa delle carriole con le rane dentro, corsa
dei sacchi, albero della cuccagna… tutti giochi organizzati da don Gino, un
parroco molto vicino a noi ragazzi e noi eravamo tutti i suoi chierichetti.
Dopo di lui venne don Mario Lucis. Ricordo un episodio particolare: per
cantare, in chiesa, bisognava raggiungere l’organo posto sopra l’ingresso
attraverso una scala a pioli.
A me non piaceva cantare e disturbavo tutti, fui invitato logicamente ad
andarmene. Per dispetto bloccai la porta della chiesa con un paletto di
traverso e andai a casa a pranzo. Tutti rimasero chiusi dentro per un paio
d’ore, finché non arrivarono i soccorsi.
Per l’Epifania facevamo la foghera, poi tutti nella stalla della famiglia Moro,
vicino alla chiesa, a mangiare la pinza. Tutti erano molto ospitali, ma anche
noi eravamo ben educati e rispettosi. A Natale e Pasqua si litigava per fare i
chierichetti, perché c’era sempre un dolcetto per regalo.
Messa del Corpus Domini sul lungomare - 1946
41
Insomma grandi spazi e tanta possibilità di vita in comune!
E sì, si viveva davvero bene e poi il cibo non mancava mai, avevamo la grande ricchezza
del mare: cape, vongole, anguille, passere…
Anche la caccia era molto ricca - le cartucce costavano abbastanza care - qualche
lepre si arrivava a prenderla con un bastone e qualche anatra veniva catturata con un
po’ d’ingegno.
Dietro l’attuale piazza 1° Maggio, in viale Europa, c’era la villa degli Orgnani.
I signori arrivavano a Lignano per la stagione venatoria, nel loro parco c’erano degli
splendidi pavoni che noi andavamo ad ammirare.
Sempre nella stessa zona, un po’ più giù, c’era il frutteto della famiglia Scarpa
che produceva delle pesche meravigliose su terra di bonifica. Da non credere! Era
un’impresa arrivare fino laggiù scalzi o con gli zoccoli ai piedi!
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9 maggio 2007
Giacomo DE FILIPPIS
Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Maria Longo Coccetti
Il Signor Giacomo De Filippis si è sistemato in una poltrona della
segreteria/direzione della nostra Università e ha cominciato a parlare della
Lignano di cui è innamorato.
Simpatico, sorridente, entusiasta, è stato un attento narratore degli anni
Cinquanta.
Nato nel 1933 da padre milanese e madre friulana, Maria Ines Magrini,
figlia di ristoratori udinesi, passava da sempre le vacanze estive a Lignano
presso la zia Emilia, sorella della mamma, che aveva sposato un De Minicis,
proprietario e gestore dell’Albergo Italia.
Quando si stabilì definitivamente a Lignano?
Dopo l’8 settembre del 1943, morto mio padre, mi trasferii da Roma, dove
abitavo con la mia famiglia, a Lignano, raggiungendo il Nord solo grazie a una
corriera del Vaticano che ci portò fino a Portogruaro, arrivare poi a Lignano
fu facile. I primi tempi furono duri.
Lignano, se paragonata a Roma, era un paradiso dove si poteva mangiare a
sazietà.
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Come vivevate?
Mio fratello, ex pugile, lavorava presso l’Albergo come fornaio e io con lo
zio portavo il pane a Latisana Mare - allora si chiamava Sant’Andrea - e da
Chiaruttini, proprietario di un negozio di generi alimentari nelle vicinanze del
ponte di barche.
C’era la guerra ed era facile prendersi qualche mitragliata!
Ha qualche ricordo particolare della guerra?
Sì, mi ricordo due
episodi: il grande
sbarco dei Tedeschi,
arresisi
poi
ai
Neozelandesi,
e
l’arrivo in Darsena,
una sera, di quattro
mas con a bordo
soldati croati.
Questi
vennero
all’Albergo
Italia
e bevvero tanto
da ubriacarsi. Lì
c’erano pure dei
soldati
tedeschi,
scoppiò
una
lite e vi
Albergo Italia - 1935
fu pure un morto.
Il giorno seguente, smaltita la sbornia, i due comandanti decisero che era
preferibile tacitare il tutto. I croati ripartirono senza danni.
Alla fine della guerra gli sfollati dovevano rientrare, per legge, nel loro paese
d’origine. Per non tornare a Roma, mia mamma e mia sorella si rifugiarono
a Udine, noi ragazzi rimanemmo a Lignano. Ben presto tutto tornò alla
normalità.
Terminata la guerra, come si svolgeva la vita a Lignano?
La vita si svolgeva tra viale Italia e via Udine, al di là c’era solo la campagna.
La chiesa sorgeva in mezzo al verde.
Dove oggi c’è l’Albergo Doimo, c’era la “Casa del bosco” e poi una vasta
estensione di solo bosco. Mia madre, aiutata da mia sorella maggiore, prese
in affitto la “Casa del bosco” e la trasformò nell’Albergo Ines, il primo ad
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avere le camere con la doccia.
In albergo scesero anche Lorenzo Buffon, il portiere del Milan, e sua moglie
Edy Campagnoli, la valletta di Mike Bongiorno.
Spesso l’architetto Marcello D’Olivo veniva da noi, pipa in bocca e cappello
bianco in testa.
L’Ente Turismo di Udine, ma non Lignano, ha assegnato più volte dei premi a
mia madre per la sua attività.
Ci dica qualcosa di lei
Dal 1952 al 1958 ho gestito con la mia famiglia il Ristorante Agosti, il primo
ad offrire il menù turistico.
Nel 1958 mi sono sposato e ho gestito con Edda, mia moglie, lo stesso
locale fino al 1969. Tra i frequentatori c’erano cantanti e artisti e lo scrittore
Giorgio Scerbanenco.
In quell’anno ho acquistato il Bar Central Park e l’ho dato in affitto.
Dal 1978 al 1983 ho diretto il Parco Zoo di Punta Verde, addetto all’acquisto
degli animali di cui sono sempre stato molto appassionato, mia moglie gestiva
il ristorante del Parco.
Dal 1983 gestiamo il “Central Park”, però ora se ne occupano i figli e noi
siamo andati in pensione.
Se sono riuscito a creare la mia attività, lo devo a mia moglie Edda
- quest’anno festeggiamo i 50 anni di matrimonio - e ai miei quattro
figli: Andrea, Antonella, Daniele e Diego.
Ha altri ricordi di cui vorrebbe parlare?
Ricordo un episodio legato a Bepi Della Maria, personaggio simpaticissimo.
Una mattina la mamma sentì una gran confusione e vide sul lungomare una
corriera trainata da due asini.
Il singolare personaggio, che era alla guida del mezzo di trasporto, si sistemò
vicino all’Hotel Nettuno e, per paura di essere costretto ad andarsene, tolse
le ruote e… aprì un chiosco, chiamato “Bar Alpino”.
Un altro episodio è legato alla famiglia Scarpa che possedeva un grande
frutteto.
Per entrarvi e mangiare la frutta, al massimo tre chili, bisognava pagare
cinquanta centesimi!
Mi piace oggi ricordare gli amici della mia fanciullezza, molti dei quali
purtroppo sono morti, eravamo sempre assieme come fratelli.
Ringrazio questa iniziativa che mi ha dato la possibilità di ricordare momenti
duri ma, per me, per tutti noi, meravigliosi.
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Squadra di calcio 1947-48 - Giacomo De Filippis è il secondo da sinistra in ginocchio
46
27 maggio 2007
Cesare, Pietro e Maria FANOTTO
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Il nonno Pietro Fanotto, nato nel 1864 a San Michele al Tagliamento
e morto a Lignano nel 1930, è arrivato in questa località nel 1911.
Dal matrimonio con Luigia Casasola ha avuto sette figli: Annibale, Luigi,
Angelo, Giuseppe, Giovanni, Mario e Anna, nata a Lignano nel 1912.
La maggior parte dei nipoti abita a Lignano e Cesare, figlio di Mario, è uno
di questi.
Il Signor Cesare Fanotto ha voluto invitarmi, per l’intervista, nella taverna
della sua casa di campagna di Pertegada.
Oltre alla Signora Graziana, moglie di Cesare e ottima cuoca, c’erano i cugini
Pietro, figlio di Angelo, Maria, figlia di Giuseppe, accompagnata dal figlio,
Rosanna Bivi, figlia di Anna, e Sergio, nipote di Annibale, con sua moglie.
Un delizioso pranzo, a base di pesce e di verdure dell’orto, accompagnato da
vini genuini, ha tenuto gli invitati intorno al desco fino a tardi, conversando
della Lignano di un tempo in cui c’era solo miseria.
Inizia a parlare il Signor Pietro, classe 1924:
Tanta miseria, ma pesca abbondante. Una sera abbiamo preso molto pesce:
passere, gamberetti, gufs, macarons quelli rossi, e un bisatto di tre chili da
tirar fuori con le mani da sotto le pietre.
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Interviene la Signora Maria, classe 1923:
C’erano anche tanti moscerini e che dire poi della malaria!
Riprende il Signor Pietro:
Noi non abbiamo avuto né la malaria né altre malattie. Non ci sono state
bonifiche, la bonifica è stata fatta a Bevazzana già nel 1915/1918, mia
mamma stava là.
Allora c’era solo acqua, non c’era nemmeno il ponte e mia madre faceva il
servizio del pass cioè del traghetto. Dove c’era il ponte girevole c’era un’ansa,
di qua il ponte e di là entrava il traghetto.
Io sono nato lì dove c’era l’Adriatica Veneta e sono venuto via a due anni per
andare in campagna.
Com’era allora il centro di Lignano?
Il lungomare è stato costruito da
Visentin di Latisana e arrivava fino
a villa Toniatti.
Partendo dall’Albergo Marin, si
trovava la baracca di un veneziano
che si occupava di ristorazione e
affittava camere ai turisti, aveva
anche barche. lo chiamavano il
“fighetto“.
Nelle vicinanze c’era Villa Agosto,
il Nettuno e nella zona della
Terrazza a Mare si noleggiavano
barche, sandalin, barche a vela
che si tiravano a riva con rulli di
legno, non con ruote di gomma
come oggi.
Proseguendo c’era la Villa Ferrari
sede della nostra scuola, vi
insegnava il maestro Francesco
Piantadose, napoletano, la cui
moglie insegnava a Bevazzana, e
quindi la villa del dottor Dell’Acqua,
poi il deserto.
Dalla Terrazza a Mare si poteva
Bar Alpino sul lungomare
Villa Agosto, lungomare Trieste - 1934
48
scorgere Villa d’Aronco,
Villa Armellini, Morassi
- Villa Mucci non c’era
ancora - quindi la Villa Del
Moro di Portogruaro e poi
nient’altro.
A sinistra della Terrazza a
Mare, guardando la distesa
marina, c’era la Colonia Friuli,
l’Albergo Vittoria, l’Albergo
Marin, Casa Fabris, le Case
Paolini, l’attuale Albergo
Italia non c’era ancora.
In via Udine c’era l’Albergo
Villa Moretti, piazza Fontana - 1955
Da Piero, non c’era ancora
il cinema. C’era l’Albergo Spiaggia con il recinto, Bruni, la bellissima Villa
Moretti lavorata in pietra a faccia vista, ora demolita, e poi niente.
In fondo, molto in fondo, c’era la pineta.
Quali erano le famiglie dei contadini?
Le famiglie contadine erano Fanotto, Bivi, Del Sal, Meotto, Galasso, Bidin,
Moro, Meneghin nella zona di Casabianca.
Prima di noi nella stessa casa c’era la famiglia Urban, si andava al pascolo nel
loro orto e si trovavano anche ossa umane che si mettevano lungo i filari dei
gelsi.
Dove oggi c’è la via Annia c’erano tre grandi pioppi e lì non si sono trovate
ossa.
La bonifica è stata fatta
partendo da lì: c’era un
canale che andava dal
condominio Punta dell’Est
in via Timavo, in fondo
l’argine girava e arrivava
fino allo Sbarco dei Pirati in
darsena, dietro l’argine c’era
un canale che arrivava a una
chiusa, non c’era l’idrovora,
quando c’era la bassa marea
si alzava la saracinesca e
l’acqua interna dei fossi e
dei canali andava in laguna,
Darsena di Lignano - 1950
49
se c’era scirocco l’acqua stagnava nei campi.
La nuova darsena, nel 1930, è stata pianificata dove il terreno rimaneva
sott’acqua.
In via dei Platani c’era una duna che tirava dritto sino alla casa dei roveri,
spianata più tardi dalla famiglia Andretta.
Noi avevamo l’orto dove oggi c’è via Annia e a venti metri c’era la laguna. Giù
dall’argine c’erano dei sentieri che portavano ai casoni dei Maranesi dove,
durante la bassa marea, si camminava dentro la laguna in secca.
Al Faro rosso, costruito nel 1938, c’erano tre o quattro metri di acqua, acqua
estremamente pescosa.
E la Lignano di durante la guerra?
Durante la guerra ho lavorato con la TODT, poi sono sbarcati i Tedeschi e si sono
sistemati nella Colonia
e nella Caserma della
Finanza situata alla
foce del Tagliamento,
mentre il comando
si era insediato nella
Villa Moretti in piazza
Fontana.
Non hanno creato
alcun problema e la
popolazione è vissuta
tranquilla.
Abbiamo visto anche
il principe Umberto
di Savoia e il Duca
Amedeo d’Aosta ospiti
Tendopoli inglese sul lungomare - 1946
di Villa Bignami, sita
sulla destra dell’attuale Pronto Soccorso. In quello stesso periodo c’erano
anche i partigiani.
Poi sono venuti gli Anglo-Americani e si sono sistemati in tende di trenta letti
ciascuna nella zona della Colonia.
Lei prima ha accennato a un ciclone abbattutosi su Lignano negli anni
quaranta. Può raccontarci qualcosa in merito?
Nel mese di luglio del 1940 all’una e mezza circa del pomeriggio si è abbattuto
un ciclone di tale potenza da spazzare via tutte le cabine che si trovavano in
spiaggia, e non solo.
50
L’Albergo Spiaggia è stato
fortemente danneggiato, la
torretta di Villa Zuzzi, dove
nel 1959 si era insediato il
primo Comune autonomo,
è caduta, la Terrazza a Mare
è stata scoperchiata e molti
comignoli sono volati via: un
vero disastro, e io ne sono
stato un diretto testimone.
Alberghi Riuniti, ciclone del 1940
Della vecchia Lignano è rimasto ancora qualcosa?
Una sola zona è rimasta come settanta anni fa: le Colonie, un’estensione di
verde che arriva fino alle prime costruzioni di Lignano Pineta, stesse dune,
stesso fabbricato grande centrale con le due ali laterali e il sentiero in mezzo
che porta in spiaggia.
Ho lavorato anche in colonia, con la forestale, per potenziare il pino marittimo
duro, elemento preminente della pineta.
Ho un solo rimpianto: diventare vecchio.
Peccato!
Mi congratulo con il Signor Pietro per i suoi 83 anni portati splendidamente.
La conversazione, ricca di particolari e di emozionante partecipazione,
termina qui.
E lei, Signora Maria che ha partecipato emotivamente al racconto di suo
cugino, ha qualche ricordo particolare della Lignano della sua gioventù?
Io ho 86 anni e a sedici anni ho lasciato Lignano per Pertegada e poi sono
andata ad abitare a Udine.
Ho un particolare ricordo del freddo intenso del 1929, anno in cui la laguna
si è gelata.
Il Signor Cesare - classe 1941 - ha partecipato felicemente alla conversazione,
ricordando con i cugini Pietro e Maria fatti ed eventi della Lignano di un
tempo lontano.
51
Il principe Umberto di Savoia - Ciclone del 1940
52
12 luglio 2007
Nunzia MONANNI SCERBANENCO
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
La Signora Nunzia Monanni è una donna serena e vitale, mi accoglie
con gli occhi ridenti e un radioso sorriso.
Abita a Milano, ma ha casa anche a Lignano in un palazzo al City che
definisce rumoroso, ma che non lo era quando le figlie Cecilia e Germana
erano piccole e quando suo marito Giorgio Scerbanenco lo aveva scelto nei
primi anni Sessanta.
Da quanto tempo siete a Lignano?
Abbiamo conosciuto Lignano negli anni Cinquanta, erano le prime fughe.
Giorgio amava molto il delta del Po dove ha scritto vari romanzi.
Un giorno abbiamo deciso di salire al Nord, di lasciare le Valli di Comacchio,
e, passato il Lido del Cavallino, siamo arrivati qua fuori stagione, non sapendo
neanche cosa fosse.
Una terra incantata, deserta e magica si presentò ai nostri occhi: dune
fino alla battigia, pini quasi fino all’acqua, non case, ovunque si ponesse lo
sguardo si vedeva il mare, la laguna, il Tagliamento, e la pineta, la pineta de
“La Sacca”, per intenderci.
Sembrava di essere fuori dal mondo, a differenza della riviera romagnola
gremita di gente.
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Tutta la spiaggia era libera, a lui piacevano il mare, le passeggiate, il sole e
anche la nebbia che velava la laguna ghiacciata d’inverno.
Ci racconti il suo arrivo a Lignano.
Era una fredda primavera del 1958 pioveva, diluviava.
Un ometto, uscendo da una specie di gabbiotto sulla spiaggia, ci guardò
scendere da una macchina targata Milano, dicendo: “Cosa siete venuti a
fare? Siete matti, con sto’ tempo!“. Giorgio gli rispose che cercavamo un
albergo, una casa, un posto perché volevamo fermarci qualche giorno.
L’ometto convinse la signora dell’albergo di fronte a scaldarci una stanza.
Il gabbiotto non era ancora il Gabbiano di Checco Gigante.
Vi siete fermati, dunque?
Sì, Giorgio è rimasto incantato di questo posto, ha addirittura preso
la residenza a Lignano, e, più tardi, ha lasciato il lavoro fisso a Milano e
l’incarico di Direttore alla Rizzoli per essere più libero e scrivere i suoi romanzi
polizieschi sulla spiaggia dorata di Lignano. Estate e inverno, insensibile al
caldo e al freddo, lavorava al Gabbiano - vi lasciava addirittura una delle sue
molte macchine da scrivere - e lì sono nati i suoi famosi gialli.
Qui ha scritto diversi romanzi ambientati a Lignano e in Friuli quali La sabbia
non ricorda, Al mare con la ragazza, Dove il sole non sorge mai, Al servizio di
chi mi vuole, Né sempre né mai.
Lignano gli ha dato lo spunto per bellissimi racconti e anche per I Milanesi
ammazzano al sabato dove due personaggi sono tratteggiati con le
caratteristiche di una ragazza del luogo molto bella, dalle limitate capacità
intellettive e dalla salute piuttosto cagionevole.
Checco ce l’aveva portata a Milano assieme a suo padre, come bambinaia.
Ma abbiamo subito dovuto riportarla al padre, perché era ninfomane e il
padre piangeva disperato.
Il padre gli ha ispirato il personaggio indimenticabile di Amanzio Berzaghi,
impersonato dall’attore Raf Vallone nel film omonimo.
Poi gli è balenata l’idea di una serie di scritti il cui protagonista sarebbe
dovuto essere un parà friulano.
A Mario Spagnol, della Longanesi, era piaciuta moltissimo l’idea che,
purtroppo, Giorgio non ha fatto in tempo a sviluppare.
È nato solo il primo romanzo della serie Al servizio di chi mi vuole, ora
ristampato da Garzanti.
54
Quando è morto Giorgio Scerbanenco?
Il 27 ottobre del 1969.
Com’era la Lignano di quando abitavate al City?
C’era la splendida Terrazza a Mare e c’erano i
militari americani di stanza ad Aviano, Military
Police, e tanti neri con le loro famiglie che davano
una nota di colore e un clima internazionale alla
cittadina, facevano esercitazioni sul Tagliamento
con i loro mezzi anfibi.
Ricordo bene l’Albergo Marin, la bella villa dove
allora c’era il Comune, il Ristorante Al camin non so se esiste ancora - circondato da una vasta
pineta, dove Giorgio amava scrivere all’aperto.
Lignano era una località che stava nascendo, e
questo lo affascinava.
I palazzoni del City stavano sorgendo e la torre
Zanier, di fronte al Gabbiano, veniva su a vista
d’occhio.
Condominio Torre Zanier - 1960
C’erano altre costruzioni allora nella zona del City?
No, il nostro condominio era l’unico, insieme al Palazzo Rosato, frequentato
e riscaldato anche d’inverno, vicino c’era la casetta della nonna dei Fanotto
e dietro tutto prato dove
venivano le giostre, il circo e
si teneva il mercato, verso il
mare si estendeva la pineta.
Era l’unico centro abitato
anche d’inverno, oltre a via
Udine e la darsena dove
c’era un piccolo ristorante
e lì andavamo a mangiare
pesce fresco e cape lunghe.
C’erano
diversi
negozi;
il Capitan Morgan, un
bar sempre aperto; il
supermercato Croda; la
latteria gestita dalla sorella
Luna park della zona City
55
della signora Paramatti; il
negozietto di Nadalini.
In via Udine il negozio di
generi alimentari Ridolfo,
tuttora in attività.
Qui abbiamo conosciuto
molte persone: i Paramatti,
il dottor Peschieri le cui figlie
hanno l’età delle nostre,
Scarpa dove passavamo il
capodanno a ballare con
amici che venivano da
Milano anche se c’era la
Chiesa e giostre - 1985
nebbia, il dottor Anastasia.
Giorgio si divertiva ed era
molto più socievole di quanto non lo fosse in città.
Quando avete preso la residenza a Lignano?
Nel 1962/63, pur essendo io contraria. Nel 1964 è nata Cecilia, sorellina
della piccola Germana più grande di un anno.
Giorgio amava andare in darsena - dove oggi c’è lo Sbarco dei Pirati c’era
una spiaggia di conchiglie - e comperare conchiglie con le quali faceva delle
collane alle figlie.
Amava anche portarle in giostra e con loro si divertiva.
A Lignano si trovava a suo agio, si sentiva rinvigorito, ringiovanito.
Vi spostavate da Lignano?
Da Lignano era bello partire e poi tornare. Da qui siamo andati a Parigi
per il suo lavoro e per il mio, il traforo del Monte Bianco era stato appena
aperto. A Parigi, che amava molto, ha ricevuto, unico italiano, il “Grand Prix
International de la Littérature Policière“.
Siamo poi andati a Firenze con Cecilia piccolissima perché io dovevo seguire
per lavoro le sfilate di moda, a Venezia con amici olandesi.
Giorgio era entusiasta di muoversi, sempre in macchina logicamente, proprio
partendo da Lignano.
Arrivare a Lignano da Milano era un’impresa: non c’era ancora l’autostrada
e l’attraversamento di paesi e città richiedeva tempo e pazienza, ma era
divertente.
Percorrevamo la bassa padana: Milano, Lodi Crema, Cremona, Monselice,
56
Este, Padova, Mestre tutta da attraversare.
Che differenza tra la Lignano degli anni Cinquanta e la Lignano di oggi?
Prima di tutto il
rumore, allora era
silenziosissima.
Poche le macchine
in
circolazione,
niente moto, niente
discoteche e quelle
poche che c’erano
non disturbavano la
quiete, il Fungo poi
era in mezzo alla
pineta.
Il rumore che c’è oggi
è pazzesco.
E il verde era ovunque.
Tutto era verde, tutto
era acqua, mare,
Dancing “Il Fungo” - 1959
laguna, fiume: era un
sogno quasi polinesiano.
Ora c’è solo cemento, io posso allungare il braccio e tocco il muro della
casa di fronte. Avremmo potuto comperare una casa in via Giardini, dove
abitava il Checco, ma qui al City c’era il riscaldamento e nessun problema di
gestione.
Una volta si stava veramente bene, ma adesso non si riesce più a resistere:
c’è il noleggio delle moto, la musica in piazza, la discoteca che chiude alle
sette del mattino, il bar alle tre.
Siamo alla follia del rumore.
Le figlie mi dicono: ”Perché non vendi?“, ma io non me la sento di cambiare,
sono troppo affezionata, troppo legata a questa casa. Quando non ci sarò
più, le figlie faranno ciò che vorranno.
Cecilia si è sposata e vive qui, ci veniva spesso già prima di incontrare Luigi,
suo marito, e questo è davvero strano: la storia, questa storia, ha avuto un
seguito con la figlia e con il nipote.
Il cerchio si chiude: dal nonno Giorgio al nipotino Vittorio Giorgio.
57
5 agosto 2007
Luigi DE MINICIS
Intervistatrice: Wally Gigante Waddell
Ho incontrato Luigi De Minicis - Gigi per gli amici - in una soleggiata
domenica di agosto, mentre la città era tutto un fervore di gente e la spiaggia
era affollata.
Al Ristorante Bidin, dove De Minicis mi ha dato
appuntamento, c’era, invece, pace e frescura.
Seduti nella veranda ombreggiata da una
cascata di verde si stava davvero bene.
Avevo preparato delle domande da fargli,
ma prima ancora che iniziassi, mi precede,
dicendomi: “Tutto quello che mi si vuol chiedere
è scritto in questa miniguida su Lignano che ha
visto ben quattro tirature. Lì c’è proprio tutto!“.
Ripongo il registratore e faccio comunque
qualche domanda, visto che Luigi De Minicis è
una persona disponibile e gentile.
Quando è arrivato a Lignano?
Sono arrivato qui a quattro anni, nel 1933, per
conoscere il nonno Gaetano e gli zii Giovanni
Famiglia De Minicis
59
ed Emilia gestori dell’Hotel
Italia.
Mi sono stabilito definitivamente soltanto nel 1946,
dopo le vicissitudini della
guerra.
Com’era la Lignano di quegli
anni?
Lignano era immersa nel
verde: pini neri, molti pini,
ma anche tigli, betulle,
platani, ippocastani e querce
di notevoli dimensioni.
Dopo la bonifica della Bassa
Friulana nel 1925 e l’apertura di
una strada nell’anno successivo, la
gente ha cominciato a frequentare
sempre di più la località balneare.
Nel 1938, con la costruzione della
chiesa dedicata a San Giovanni
Bosco, ad opera dell’architetto
Cesare Miani, Lignano è diventata
parrocchia.
Nel 1953, su progetto dell’architetto Marcello D’Olivo, Lignano si
è arricchita della località Pineta
e, successivamente, su progetto
dell’architetto Picconato, anche
della zona Riviera.
Lignano era collegata all’entroterra
grazie al ponte girevole sul canale
di Bevazzana.
Divenne Comune autonomo il 21
luglio 1959.
Albergo Italia, autorità
La vecchia chiesa in prossima demolizione - 1989
Quali erano i primi alberghi di
Lignano?
Ponte girevole “da Marchetto”
A Sabbiadoro ha avuto inizio lo sviluppo turistico di Lignano nei primi anni
del secolo.
60
Alcuni alberghi quali il Friuli, il
Centrale, il Vittoria, il Pineta,
il Marin, lo Stella, il Bagni, il
Rizzani; una dozzina di ville, un
ospizio marino, un panificio e
una
macelleria
costituivano,
con lo stabilimento balneare, la
residenzialità turistica allo scoppio
della prima guerra mondiale.
Quali erano le famiglie che vi
abitavano?
Albergo Friuli 1908
I pionieri dello sviluppo di Lignano furono: nel settore alberghiero le famiglie
Marin, De Minicis, Driussi, Bruni; in agricoltura la famiglia Andretta con i loro
coloni (Bidin, Fanotto, Moro, Valeri, Zanata) e la famiglia Scarpa con il loro
bel frutteto; nell’edilizia la famiglia Sandri.
Tutti nomi che con le famiglie Caoduro, De Filippis, Fraulin, Ligustri, Luvisutti,
Meotto, Nadalini, Tami, Venaruzzo, Venturini, Zen e tanti altri ancora sono
tuttora presenti nel nucleo più radicato della comunità lignanese.
Ha qualche ricordo particolare del periodo della guerra?
Di quelle estati mi sono rimasti impressi due episodi terribili.
Nel 1941 sono stato morso a una gamba e a un braccio da un cane lupo.
Quando sono stato soccorso, ero in un mare di sangue. Il proprietario del cane
è fuggito in bicicletta, seguito dall’animale. Mio fratello Mario e i carabinieri
li hanno inseguiti e raggiunti a Bevazzana. Sono stato portato a Bologna e
curato con quindici iniezioni, perché il cane era idrofobo.
L’estate precedente c’era stata, in pieno giorno, una devastante tromba d’aria
accompagnata da una tromba marina: un vero disastro. Furono divelte cabine,
demolita una parte della balaustra della Terrazza a Mare, scoperchiata villa
Pittoni. La furia del vento aveva spazzato via anche la torretta di Villa Zuzzi,
futura sede del Municipio. Noi eravamo all’Albergo Nettuno riparati dietro il
bancone. Ricordo i vetri in frantumi e, particolare curioso, il ritratto del Re
caduto, mentre quello di Mussolini rimasto al suo posto. Sarebbe avvenuto
il contrario di lì a poco.
Non creda che abbia solo ricordi catastrofici, ne conservo di belli e solari. Nel
dopoguerra avevo diciassette anni, e a Lignano venivano straniere bellissime
e molto disponibili per vacanze di tre, quattro settimane. Gli approcci erano
spontanei e spensierati, ci si divertiva un mondo.
61
Frequentava anche lei la Terrazza a Mare, quella in legno avvolta nelle reti
da pesca, così bella e così romantica?
Certo, era un punto di riferimento. La Terrazza a Mare in legno era destinata
al Danubio e poi è arrivata a Lignano come risarcimento dei danni di guerra
del primo conflitto mondiale.
Ora abbiamo l’imponente Terrazza a Mare dell’architetto Bernardis.
Ma c’erano altri punti di ritrovo quali La Fontanella, Il Fungo, i roof garden
degli Hotels Riviera e Pineta Palace.
D’inverno si frequentava il “Nettuno” e d’estate l’”Happy Garden” con
seminaristi un po’ pazzi, con reduci di guerra, partigiani, militari inglesi e
americani. Il tutto finiva con risse alla western.
A Lignano una volta si facevano delle vere battute di caccia, si ricorda?
Sì, anche negli anni dopo la guerra si sono fatte le ultime battute di caccia
alla volpe, precisamente nella zona
dove oggi sorge Lignano Riviera,
territorio ricco anche di quaglie,
fagiani e lepri. In laguna, zona
salmastra protetta di particolare
interesse ambientale - conosciuta
anche da Heming-way - si svolgeva
e si svolge ancora la caccia, in botte
o su imbarcazioni mimetizzate tra
i canneti, a uccelli di passo quali
anatre selvatiche, folaghe, alzavole,
marzaiole…
Caccia in botte
Gli Striuli, Barba Vito, Toni Scala,
Bepi Siane, Milio, i Rossetti, i
Formentin, gli Scarpa erano abili
pescatori e il mare offriva loro una
grande quantità di pesce.
Il mare, oggi, è ancora generoso e i
professionisti maranesi e lignanesi
pescano seppie, sardine, cefali,
branzini, rombi.
Flottiglie di pescatori “arano“ il
fondo sabbioso con le turbosoffianti
- inventate dai signori Serafin,
Venturini, Turcato - per pescare
peverasse e cape lunghe.
Pesca eccezionale
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18 settembre 2007
Walter BIDIN
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Walter Bidin - classe 1941 - alto, magro, dal fisico asciutto e dai
capelli ancora neri non dimostra la sua età.
Disponibile, cordiale, aperto al dialogo, ricorda
la sua infanzia serena in piena libertà tra laguna,
spiaggia e un’immensa pineta.
Da quanto tempo la famiglia Bidin è sul territorio
lignanese?
Mio nonno Marco Bidin, originario di Cesarolo, ha
sposato Regina Ius di Pertegada e, nel 1897, era
guardiano della valle situata dietro Gulliverlandia.
Arrivava in bicicletta da Pertegada.
Nel 1901 si è stabilito a Lignano e da allora non si
è più mosso. Dal matrimonio sono nati sette figli
maschi: il primo nel 1895, mio padre nel 1899 e
l’ultimo nel 1917. La loro prima abitazione è stata
la casa dove era Migliorini, sotto l’argine, poi in via
Casabianca e quindi in via Carso.
Quando mio nonno è arrivato a Lignano c’erano
Anny Andretta e Marco Bidin
63
solo
le
famiglie
Guantes, Fadi che
hanno gestito l’Hotel
Stella in via Udine e
Meotto, famiglia di
mia mamma.
La famiglia Meotto era
presente in Lignano
dal 1864, si è poi
trasferita a Cesarolo,
per
ritornare
nel
1910.
Si ricorda il tram a
cavalli?
Albergo Stella con tram a cavalli
Mio padre mi raccontava che c’era un canale naturale dove oggi c’è la vecchia
darsena, lì sbarcavano i primi turisti provenienti da Marano e il tram a cavalli
li portava all’Albergo Marin.
Mio zio, il fratello più anziano di mio padre, è stato il primo a guidare il tram
a cavalli, e mio zio Alceste il primo bagnino di Lignano.
È vero che suo nonno, Marco Bidin, era un famoso cacciatore di lepri?
Mio nonno era un gran
cacciatore, abilissimo
nello scovare la preda,
conosciuto
nella
provincia intera.
Allora
lungo
la
striscia litoranea fra
Tagliamento e laguna,
e nella pineta, c’erano
molte lepri.
Il terreno era un
ondeggiare di dune e
la vegetazione era folta
di pini, arbusti, ginepri
e nelle radure una gran
quantità di erbacce,
ma lui conosceva ogni
Marco Bidin con lepri, davanti all’Albergo Marin
64
angolo remoto e ogni segreto della pineta e sapeva cacciare le lepri.
Mio nonno faceva da guida ai cacciatori provenienti da fuori, li accompagnava
a caccia e con i suoi cani, addestrati alla lepre, faceva sfigurare qualsiasi cane
di razza.
Che cosa ricorda della Lignano della sua infanzia?
Lignano era una penisola che al momento delle alluvioni del Tagliamento
diventava un’isola vera e propria, separata dall’entroterra. Mia mamma
diceva sempre che a Lignano c’erano solo volpi e serpenti.
Ricordo che gli Inglesi hanno mitragliato la chiesa e i bossoli cadevano
ovunque, hanno affondato anche una barca di sale nella zona dello Sbarco
dei Pirati.
Durante la guerra abitavamo dove oggi c’è la Pensione Zen, allora era una
costruzione formata da due ali con un cortile centrale.
Vi abitavano tre famiglie. Davanti all’edificio non c’era niente, tutto era libero
fino al lungomare dove a destra c’era la Villa Bignami abitata dalla famiglia
Alcide Luvisutti, e a sinistra c’erano due ville: una della famiglia Tami e l’altra
della famiglia Piccoli.
Dove abitava la famiglia Moro c’era una grande quercia e lì avevano scavato
un rifugio antiaereo.
Ricordo il lancio dei bengala e mia sorella, di dieci anni più vecchia di me,
uscire ad osservarli in camicia bianca; mia mamma la obbligava a rientrare
immediatamente in casa.
Siamo poi andati ad abitare nelle Case Paolini di fronte all’Albergo Italia.
Finita la guerra un russo, che abitava vicino a noi, ha buttato via la sua pistola
con il carrello rotto e io l’ho trovata. Il fodero era di cuoio rigido, a fatica sono
riuscito a estrarre la pistola.
Quando il signor De Minicis è uscito dall’albergo gli ho intimato: “Mani in
alto!“.
Spaventato si è messo contro il muro e a gran voce ha chiamato mio padre
che, vedendomi, si è messo a ridere.
Durante la guerra i Tedeschi avevano il comando nella Villa Moretti in piazza
Fontana. Il loro medico visitava noi bambini affetti da vermi, dovuti a scarsa
alimentazione, e ci dava il vermifugo.
Dopo i Tedeschi sono arrivati gli Inglesi con kepi coloniali, tra di loro c’erano
anche truppe indiane.
Ricordo un indiano con il turbante e con una pistola da sei pollici, aveva
l’abitudine di mettere la canna tra le labbra.
Gli Inglesi avevano il loro distaccamento negli Alberghi Marin e Spiaggia, e
in Colonia.
Le donne venivano assunte per i lavori di cucina e per la pulizia dei locali.
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Diventato più grande e finita la guerra come si svolgeva la sua vita in quel
di Lignano?
Ho un ricordo molto nitido degli anni della scuola elementare.
Ho frequentato la prima elementare in via Gorizia, dove oggi c’è l’Unicredit,
vicino c’era l’ambulatorio del dottor Zatti, prima di lui ogni tanto arrivava da
Latisana in motoretta il dottor Faruffini.
La levatrice abitava a Pertegada ed era la mamma della maestra Zen.
I ragazzi della mia età e coloro che avevano alcuni anni di più hanno vissuto
un’infanzia bella e spensierata fatta di giochi, la più bella che un bambino
possa sognare: poche costruzioni, grandi spazi liberi, vasti campi, l’ampia
campagna della famiglia Teghil - dove oggi c’è il Centro Civico - tutta per noi.
Scorazzavamo per campi, pineta e spiaggia, ci arrampicavamo sugli alberi a
mo’ di tarzan, partivamo la mattina per rientrare a casa per pranzo e via di
nuovo fino all’ora di cena…
A quattordici anni ho cominciato a lavorare nel cantiere di Gregoratti, situato
dove oggi c’è l’Hotel Bologna e i primi turisti che ho visto sono stati una
coppia di sposi su una moto Puck.
Nei primi anni Cinquanta la famiglia Andretta ha aperto un campeggio, il
primo campeggio lignanese; mio zio Albino ne è stato il guardiano.
Dove oggi c’è la via Centrale c’era un canale che collegava l’idrovora di via
Tagliamento con l’idrovora di via dello Stadio.
La strada per Latisana era bianca, piena di buche.
L’unica strada per entrare a Lignano era via Latisana, la più alta, tracciata
sulle dune.
Ricordo che via del Bosco è stata tracciata nel 1956 da Biasin di Latisana
con il suo aiutante, allora ventinovenne, geometra Giovanni Samassa.
Due anni prima aveva tracciato le strade laterali di via Carso.
Dov’essere stata bella la Lignano di allora, tutta verde!
Eh sì, c’era una pineta da perdersi, immensa, partiva dalla foce del Tagliamento
e arrivava fino al Pronto Soccorso.
Le valli sono state tutte bonificate prima della guerra. È rimasta solo la valle
Marin, oggi di proprietà della famiglia Altan
Valli e laguna erano ricche di pesce: passere, cefali, branzini, orate,
anguille…
Anche il mare era molto ricco.
Quando c’erano le mareggiate, con il vento di scirocco, lungo la battigia si
raccoglievano le cape, i carusoli, i cannolicchi…
Tutti pescavano. Si viveva di pesca, di caccia e dei prodotti dell’orto.
In luglio e agosto c’era un po’ di carestia: il pollame piccolo, il maiale da
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ingrassare, rimaneva l’orto e la frutta.
Man mano che il turismo si è sviluppato, il terreno è diventato edificabile.
Che ne pensa della Lignano di oggi?
Le racconto un fatto: quest’estate abbiamo avuto ospiti dei rappresentanti di
una delegazione I.P.A. della Sardegna.
Dopo il pranzo, consumato “Alla Fattoria ai Gelsi”, risalendo la penisola
abbiamo visto la zona Tagliamento, il polmone verde della città balneare, il
Kursaal, la spiaggia, Lignano Pineta, la piscina GE.TUR, la splendida pineta…
Tutti dicevano: “Che bello, come da noi!“
Arrivati a Sabbiadoro, non si trattennero dal dire: “Ma qui avete rovinato
tutto!“. Eh sì, abbiamo rovinato tutto con una selvaggia speculazione edilizia.
Mi piacerebbe davvero che a Lignano non si costruisse più e si conservasse
il verde che ci è rimasto.
Lei è Presidente dell’I.P.A. Ci spieghi che cos’è?
I.P.A. - International Police Association - il cui motto, espresso in esperanto,
è “Servo per Amikeco“ ossia “Servire attraverso l’amicizia“.
È un’associazione di polizia nata nel 1949 per iniziativa di un ufficiale inglese
con l’intento di mantenere contatti con le polizie del mondo.
Vi fanno parte carabinieri, polizia municipale, polizia penitenziaria, guardia
forestale, polizia di stato, guardia di finanza e, da alcuni anni, anche guardia
costiera.
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25 settembre 2007
Ferdinando SCUDIERO
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
Ferdinando Scudiero, da tutti conosciuto come Nando, è nato in
provincia di Padova, esattamente a Cittadella, il 1° settembre del 1931.
Il Signor Nando è una persona disponibile, sorridente, amante dello sport e
della vita.
Com’ è arrivato a Lignano?
Dopo aver prestato servizio militare a Latisana, nel 1953 mi sono recato
presso uno zio che lavorava per la famiglia Andretta a Lignano.
Con mio cugino in viale Venezia abbiamo aperto un magazzino di bibite
all’ingrosso, e questa è stata la mia attività lavorativa fino al 1980.
I primi anni della mia permanenza mi sono diviso tra Cittadella e Lignano.
Lei a Lignano è conosciuto come una persona sportiva che ha seguito da
vicino i giovani. Ci vuole parlare dello sport lignanese?
Da giovane a Padova praticavo il ciclismo, ma amo ogni tipo di sport e do
volentieri il mio contributo affinché tutti i ragazzi possano riempire il loro
tempo libero con un’attività sportiva. Nel 1971 abbiamo dato vita, io e una
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decina di altre persone,
alla Polisportiva Lignanese,
società che si occupava
prevalentemente di sport
giovanile con quasi duecento
ragazzi iscritti.
Gli sport praticati erano
calcio, basket, pallavolo,
atletica leggera e bocce.
Ci si riuniva al Bar Gambero
Rossonero,
il
campo
sportivo si trovava vicino alla
vecchia darsena - la palestra
comunale non
esisteva
Bar ristrorante “Gambero Rossonero” - 1967
ancora - e d’inverno gli
allenamenti e alcune partite
si disputavano all’interno del mio deposito di bibite.
Seguire i ragazzi nelle molteplici attività
e
accompagnarli nelle varie trasferte
richiedeva,
a me e ai miei collaboratori, non pochi sacrifici,
fortunatamente ripagati dai risultati più che
soddisfacenti.
Nel calcio, fra gli altri, si sono distinti Claudio Sclosa,
Edy Bivi e a livello nazionale Gianluca Pessotto; nel
basket Christian Femminini e altri ancora a livello
provinciale e regionale.
Nel campo dell’atletica leggera sono state organizzate
diverse manifestazioni a livello nazionale culminate con
la presenza di Pietro Mennea, e questo anche grazie
alla società SNIA Viscosa e all’Atletica Latisanese.
Sono stato Presidente della Polisportiva Lignanese
per trent’anni e, pur avendo da qualche anno lasciato
l’incarico, continuo a collaborare.
Per diversi anni, assieme ad alcuni genitori, ho
Claudio Sclosa e Edy Bivi
accompagnato i ragazzi del basket a Vienna per farli
partecipare al torneo internazionale.
Questo mese, settembre 2007, li abbiamo accompagnati per una settimana
nella casa parrocchiale di Fusine per un ritiro di preparazione sportiva.
Sono convinto che lo sport sia per i ragazzi un sano momento di aggregazione
e che noi adulti abbiamo l’obbligo morale di favorirlo.
Lignano in questi anni ha visto altre notevoli manifestazioni sportive, la più
importante di tutte l’EYOF (Olimpiadi Europee Giovanili). In questa occasione
ho prestato la mia opera volontaristica.
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Christian Femminini
Vanni e Gianluca Pessotto
Lignano calcio - 1965
I suoi interessi sono esclusivamente sportivi?
No, ho anche altri interessi.
Nel 1986, con Vinicio Viola e altre persone volontarie, abbiamo dato vita alla
“Lignano in fiore”, un’associazione che, con il contributo di tantissimi cittadini
lignanesi, sostiene l’AGMEN FVG (Associazione Genitori Malati Emopatici
Neoplastici) e altre associazioni che si occupano dell’infanzia.
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9 novembre 2007
Dino SANDRI
Intervistatrice: Wally Gigante Waddell
Il dott. Dino Sandri è nato a Porpetto il 10 marzo 1939.
Sensibile, disponibile, collaborativo; ha parlato di sé e della sua famiglia,
riportando alla luce fatti ed eventi lontani nel tempo.
Com’era Lignano quando lei l’ha vista per la prima volta?
Avevo solo due anni quando
sono arrivato a Lignano. Noi
siamo originari di Porpetto.
Posso dire, però, come mio
nonno Romano Sandri ha
visto Lignano e come ha
contribuito a farla nascere.
Uomo di iniziativa, di
esperienza per aver lavorato
all’estero, e lungimirante,
aveva compreso le possibilità
di sviluppo di Lignano come
centro balneare e città
turistica.
Famiglia Dino Sandri a Porpetto
73
Infatti fu tra i primi coraggiosi a impegnarsi economicamente e nel 1910
completò la costruzione di un albergo, Il Centrale, in viale Italia, dove oggi si
trova il complesso Paolini e che gestì fino alla vendita allo stesso Paolini. Nel
1911 fu aperto il Grande Albergo Italia che ancor oggi esiste di proprietà di uno
zio di mio nonno, tale Faddi, in società con un certo Bragagnini. A quel tempo
era sorto anche l’attuale Albergo Marin, ma che allora si chiamava Albergo
Lignano. Lo zio di mio nonno, Faddi, aveva sposato una tedesca di Monaco e
tra i loro clienti d’albergo c’erano tedeschi e ungheresi.
Con l’avvento della guerra tutto venne ridimensionato.
Finito il conflitto, l’interesse turistico per la nostra località riprese e mio nonno
continuò qui la sua attività in veste di imprenditore edile.
Si ricorda qualcosa del periodo della guerra?
Malgrado la mia giovane età mi sono rimasti, di quei tempi, parecchi ricordi,
come ad esempio il ritrovamento sulla spiaggia antistante la nostra scuola (ex
G.I.L.), sita sull’attuale lungomare Marin, di una mina e l’impressione che ha
fatto a tutti noi scolari la voragine che si era formata dopo il brillamento della
stessa.
Al momento dello scoppio mi trovavo con altri amici, tra cui Guido Bonafè, nei
pressi della vecchia Terrazza a Mare. Subito dopo l’esplosione ci siamo diretti,
correndo, verso il luogo dove si trovava la mina e nel tragitto “piovevano“
intorno a noi schegge sottili.
Altro episodio che mi è rimasto impresso è stato quando, con mia sorella,
nel 1944, andavamo dalla maestra Fabiola di Latisana che abitava sopra la
stazione delle autocorriere, allora SGEA, in via Gorizia.
Mentre ci stava insegnando a leggere e a scrivere, sentimmo un trambusto,
delle voci concitate e qualche sparo. Dalle finestre vedemmo in via Udine
dei militari tedeschi che davano la caccia a qualcuno che presumo fosse un
partigiano. Altri correvano agitati lungo la vigna che si trovava di fronte alla
SGEA. Il comandante del presidio tedesco che si trovava nella bellissima
Villa Moretti, situata allora vicino alla fontana, era stato ucciso. La maestra,
impaurita, ci prese per mano e ci siamo nascosti nello scantinato retrostante.
Altro ricordo ben vivo è stato il sopraggiungere di un caccia alleato mentre mi
trovavo nell’attuale via Pordenone, dietro casa, con l’amico Pierino Comisso.
L’aereo è arrivato a bassa quota dalla Terrazza a Mare in direzione della
darsena, mitragliando una barca di trasporto che si trovava all’esterno della
darsena. Il frastuono, del motore e della mitragliatrice, era davvero assordante.
Un episodio, che potrei definire comico, riguarda uno spezzone di proiettile
d’aereo rimasto inesploso, si era conficcato nel terreno di fianco alla Villa
Pilutti sita in via Udine, dove abitava la famiglia Comisso.
Una guardia di finanza, mi pare si chiamasse Maurin, dopo circa un’ora è
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arrivata, ha caricato il proiettile sul portapacchi della bicicletta e si è allontanato.
La scena fu oggetto di commenti molto divertenti.
L’episodio più eclatante è stato verso la fine della guerra. I Tedeschi, in
gran numero, provenienti dall’Istria e dalla Dalmazia con mezzi da sbarco,
intendevano risalire il fiume Tagliamento per fare ritorno nella loro patria,
ma furono intercettati alla foce del fiume dagli aerei alleati. I Tedeschi si
difendevano con le armi contraeree. Il risultato era, in quella bella giornata di
sole, di vedere il cielo azzurro quasi oscurato dal fumo dei proiettili contraerei
che scoppiavano.
Noi Lignanesi, impauriti, correvamo verso la pineta per nasconderci.
Stavamo andando, ignari,
proprio verso la zona di
combattimento
finché
qualcuno ci ha avvertiti del
pericolo, convincendoci a
tornare alle nostre case.
Nei
giorni
seguenti,
percorrendo la spiaggia, ci si
imbatteva su corpi di soldati
portati a riva dalle onde del
mare, carcasse di mezzi da
sbarco e mezzi di trasporto
con a bordo camion e auto
militari.
Nave da guerra tedesca alla foce del Tagliamento
Chi, secondo lei, ha contribuito maggiormente allo sviluppo di Lignano?
È ovvio che tutti i Lignanesi, nel loro modo, ambito e limite, date le ristrettezze
di quei tempi, con il lavoro e il coraggio imprenditoriale di ognuno, abbiano
contribuito alla crescita di Lignano.
Se poi si desidera evidenziare l’impegno istituzionale meritorio di alcuni, mi
vengono in mente i nomi dei due sindaci più rappresentativi e cioè il ragionier
Guido Teghil e il dottor Emilio Zatti.
Quali erano le famiglie che abitavano a Lignano quando la sua famiglia si
è stabilita qui?
Tra le famiglie che si trovavano a Lignano nell’intervallo tra le due guerre, mio
padre Romolo rimarcava la presenza della famiglia Chiaruttini che gestiva
l’Albergo Alla Pineta, situato in darsena, e successivamente trasferitasi a
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Lignano Pineta.
Altre famiglie sono: Bidin, Bivi, Fanotto, Ferro, famiglie di coltivatori. I fratelli Zen
che, negli anni Trenta, mi pare, bonificarono la zona paludosa e naturalmente
la famiglia Sandri, nella persona di mio nonno Romano.
Vanno ricordate, altresì, le famiglie Moro e Zanata, agricoltori.
Ci racconti le sue esperienze di vita a Lignano?
Ciò che mi è rimasto soprattutto nel cuore è stata la giornata in cui i
Lignanesi, con un colpo di mano, hanno aperto il ponte girevole di Bevazzana,
rivendicando la propria autonomia dal Comune di Latisana. Fu un momento
storico per tutti noi.
Io dovevo rientrare a Udine per motivi scolastici, ma, desideroso di essere
partecipe di questi avvenimenti, pregai mio padre affinché mi facesse
restare, perché intendevo essere presente a questa rivendicazione lignanese,
ne ottenni l’approvazione. Si trattò di una giornata unica nel suo significato,
convulsa, ma ben orchestrata, che portò alla proclamazione dell’autonomia
di Lignano da Latisana.
Per lo svago che possibilità c’erano?
Ai miei tempi era molto frequentata la vecchia Terrazza a Mare, quella in
legno, ambiente accogliente, elegante ritrovo di turisti e lignanesi.
In via Udine andava per la maggiore La Fontanella, gestita dall’ottimo Paride
Lucchini.
A Lignano Pineta erano
successivamente, sorti
Il Fungo, il Nautilus,
entrambi
molto
gradevoli per lo svago
ed il relax.
Non va dimenticato
però
nell’immediato
dopoguerra,
seppur
in tono minore, il bar
Nettuno, sul lungomare
Trieste dove si ballava
nel giardino retrostante.
A quei tempi non era
ancora albergo.
Discoteca Nautilus sul “treno” di Pineta
76
14 novembre 2007
Pia BERQUER ANDRETTA
Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Mariella Piutti Fabris
L’intervista al dottor Mario Andretta - classe 1916 - era stata
programmata da tempo, ma egli,
il 24 settembre 2007, lasciò
per sempre la riva del suo mare
per andare su altri luminosi lidi
a cavalcare, senza sella e senza
staffe, il suo bianco cavallo,
come nella foto mostrataci dalla
consorte.
La Signora Pia, sorridente e
disponibile, ci ha accolte con
simpatia e si è lasciata cullare
dai ricordi, parlandoci della sua
famiglia e della Lignano di un
Mario Andretta a cavallo
tempo lontano.
Quando conobbe suo marito?
Nel 1943 a Lignano. Confidandomi con la mamma, le ho detto: “Ho conosciuto
un friulano che parla con l’accento tedesco“.
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Non era né friulano né
tedesco!
Abitavamo nell’Hotel Marin
e Mario Andretta, amico
della figlia, veniva spesso da
quelle parti. Un pomeriggio,
sentendo che io e gli
impiegati avevamo deciso
di andare a rubare l’uva in
un vigneto, molto sicuro,
ci ha detto: “Non andate,
ho vendemmiato questa
mattina!“.
Avrei voluto sprofondare
Matrimonio di Mario Andretta e Pia Berquer (a destra Davide Moro, Angesotto terra, ma da allora mi
lo Valeri e dietro Massimo Scudiero)
portava sempre un cestino
di uva. Due anni dopo ci siamo sposati. Il matrimonio è stato celebrato a
Lignano per condividere con i nostri contadini quel giorno di gioia e di festa.
Il pranzo nuziale a base di salame, clinton, cacao e tante torte fatte con il
burro ricavato dal latte delle nostre mucche è stato preparato nella Villa
Andretta. Quando siamo partiti, mia cognata ha chiamato tutti i bambini di
Lignano e ha dato loro la cioccolata calda. Qualcuno se lo ricorda ancora.
Allora c’era miseria e fame.
Dapprima abbiamo vissuto a Bolzano per riprendere dopo la guerra l’attività
commerciale di prodotti ortofrutticoli.
Dal 1949, aperte le frontiere, ci recavamo saltuariamente a Monaco di
Baviera per seguire la ditta madre di importazione di ortofrutta.
Monaco era allora distrutta e, non potendo trovare un alloggio adeguato,
abbiamo vissuto con le nostre tre figlie nella casa di nostra proprietà che era
affittata a una signora a cui abbiamo dovuto pagare la pigione.
Da allora abbiamo vissuto tra Bolzano e Monaco e dal 1953 tra Lignano e
Monaco, secondo le necessità aziendali.
Dalla vostra unione quanti figli sono nati?
Cinque: quattro femmine e un maschio.
Tutti hanno studiato sia in Italia che in Germania. Noi ci siamo sempre
interessati affinché i bambini lignanesi, e ce n’erano molti nati subito dopo
la guerra (i figli dei De Minicis, dei Bruni, dei Canova), potessero frequentare
una buona scuola.
Io, in qualità di rappresentante dei genitori, volevo valorizzare il lavoro della
maestra, ho trovato sempre un gran entusiasmo da parte delle famiglie.
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Ha dei ricordi particolari della Lignano di un tempo?
Si andava a Latisana a fare la spesa per più giorni, perché se capitava una
bufera di neve, e questo anche dopo la guerra, si restava senza luce e senza
riscaldamento.
Un anno, tornando in macchina da Latisana, non ricordo esattamente che
anno fosse, non si riusciva a girare dalla via Sabbiadoro sul lungomare, siamo
andati a sbattere contro il muretto. Tornati indietro, abbiamo imboccato il
nostro portone e ci siamo insabbiati tra gli alberi. Il nostro fattore è venuto
ad aiutarci.
In macchina c’erano tre gradi sotto zero e tutti mi dicevano di scendere e di
andare a bere qualcosa di caldo, altrimenti mi sarei congelata. A Lignano
abbiamo avuto anche 17 gradi sotto zero, l’anno in cui la laguna si è ghiacciata
e la schiuma del mare sulla battigia si gelava, tanto il freddo era siberiano.
Ma la Lignano “naturale“ com’era?
C’erano tante dune e i tamerici che impedivano alla sabbia di occupare la
strada.
Dalla Terrazza a Mare all’Hotel Marin tutto era coperto di sabbia, in quanto
quella zona di spiaggia era stata livellata e i tamerici sradicati.
Come si viveva a Lignano durante la guerra?
Durante la guerra avevamo i Tedeschi in casa, avevano requisito i nostri
appartamenti che, comunque, tenevano con cura, anche se prendevano la
legna senza mai pagarla.
A guerra finita, tutto era
meraviglioso: non più l’incubo
dei
bombardamenti,
dei
sequestri, un sogno!
Allora a Lignano vivevano
circa trecento persone. Finita
la guerra, a volte gli Americani
arrivavano, atterrando sulla
pista del lungomare, e venivano
a trovarci e noi offrivamo loro
da bere un whisky.
Anche la dottoressa Anny
Andretta, mia cognata, ha fatto
Aereo sul lungomare
un giro su un loro aereo.
79
Lignano è stata allagata?
Si credeva che lo sbarco alleato potesse avvenire in questa zona, l’Adriatisches
Küstenland, allora i terreni da Bevazzana a Pertegada erano stati allagati.
È stata mia cognata, che studiava a Padova, che conosceva bene il tedesco
e rientrava spesso in famiglia, a salvare la città dall’acqua, facendo capire ai
comandanti tedeschi che non valeva la pena mettere a repentaglio i terreni
di Lignano: avrebbero potuto farlo all’ultimo momento, se necessario, senza
danneggiare i contadini che non avrebbero saputo come vivere.
Infatti ci sarebbero voluti due anni per prosciugare i campi dall’acqua salata
e renderli produttivi. Cosa che accadde tra Bevazzana e Pertegada.
I Tedeschi di stanza a Lignano non si sono comportati male e il loro comandante
era una persona estremamente intelligente che veniva da noi per parlare
tedesco e sentire Radio Londra, comprendeva benissimo che ormai la guerra
era persa.
Com’è arrivata a Lignano da Trieste?
Non avevo mai sentito nominare Lignano, son dovuta andare a cercarla sulla
carta geografica dove ho trovato il nome scritto in piccolo.
Quando la RAS nel 1943, a causa della guerra, ha trasferito tutti gli uffici
da Trieste a Lignano, mio padre in qualità di impiegato ha portato tutta la
famiglia a Lignano dove siamo rimasti dall’aprile 1943 all’ottobre del 1944.
Noi abbiamo trovato alloggio presso l’Albergo Marin affittato dalla RAS per
le famiglie dei dipendenti, altri impiegati presso l’Hotel Italia e altri ancora
sono stati sistemati in alcune ville vicine.
Molte di queste persone, in seguito, hanno continuato a venire in villeggiatura
a Lignano che era per loro
un’alternativa a Grado, più
vicina e più conosciuta dai
triestini.
La famiglia Andretta
quando è arrivata a
Lignano?
Negli anni Trenta.
La villa dove tuttora abitiamo
è stata costruita nel 1938.
Allora non c’era né chiesa
né prete. Mio suocero si è
Fabriceri e 25° di don Fabbro - 25 agosto 1946
80
adoperato per far venire un
prete a Lignano che, finché
non era stata costruita la
canonica, viveva da noi. Don
Fabbro, così si chiamava,
quando ci ha sposati ci ha
detto “Voletevi bene e date
più soldi che potete alla
Chiesa“.
Il suo successore, don Gino,
non osava chiedere nulla a
nessuno, tanto da rischiare
di morire di fame.
Poi è arrivato don Mario
Lucis, il don Camillo del
luogo.
Don Mario Lucis, don Giovanni Copolutti e al centro don Gino - 1995
C’erano turisti?
Pochi, perché c’era poca ricettività. Cominciarono a venire dapprima gli
Udinesi e, fra gli stranieri, gli Austriaci, ma tutti avevano pochi soldi.
La stagione finiva il 15 di agosto e poi cominciava la stagione della caccia,
almeno per noi.
La caccia alla volpe avveniva due volte all’anno, i cacciatori arrivavano da
fuori.
Conosceva altre famiglie?
I De Minicis, erano tanti,
gestivano l’Albergo Spiaggia
e l’Albergo Italia, i Marin,
i Driussi avevano l’Albergo
Vittoria, i Piccoli avevano
una tenuta.
Ci si trovava, senza darci
appuntamento, alla Terrazza a Mare, bellissima costruzione in legno di proprietà
dell’Azienda di Soggiorno.
Ogni giovedì c’era la festa
dei bambini. Le mamme
Inaugurazione nuova Terrazza a Mare - 1928
81
erano sedute in cerchio con i loro bimbi vicino.
Ricordo un episodio: Cristina, mia figlia, era accanto a me e di fronte c’era un
maschietto dai capelli fulvi di circa cinque anni, la sua mamma lo spingeva
ad attraversare la sala e invitare Cristina a ballare. Ubbidiente, attraversò la
sala per sentirsi dire: “No“, e lui: “Proprio no?“. Credo che da allora egli abbia
odiato le donne.
E la sera c’erano concerti per giovani e meno giovani.
Ci si divertiva tutti assieme.
Come si svolgeva la sua vita a Lignano?
Accompagnavo i bambini a scuola, poi andavo a prendere un caffè al bar
Scarpa e lì leggevo il giornale. Era il 1953, ed era uno scandalo: una donna
sola in bar.
Io ho continuato secondo il mio stile triestino. Poi piano piano altre donne
hanno cominciato a seguire il mio esempio. Una volta abbiamo fatto la festa
della donna, ma c’erano dei mariti che non permettevano alle proprie mogli
di uscire di casa.
In Germania si usava tabaccare, io avevo una grande tabacchiera che passavo
a tutte e ridevamo… Ma gli uomini fuori ci controllavano per vedere che cosa
stavamo facendo.
Il signor Virgilio Scarpa era un uomo meraviglioso, metteva a disposizione
la sua macchina per qualsiasi necessità, dato che allora poche persone ne
possedevano una.
A quel tempo, c’era anche chi lasciava la chiave inserita nella propria auto e,
se qualcuno aveva necessità di adoperarla, la prendeva e, poi, la riportava.
Altri tempi! Vivevamo senza
chiudere la porta di casa a
chiave.
Una volta, però, abbiamo
messo ad asciugare in giardino la stoffa dei materassi
e ce l’hanno rubata.
Siamo allora andati dai
carabinieri e loro sapevano
già chi poteva aver commesso il fatto. L’indomani di
nuovo tutto era al suo posto.
Questa era la Lignano di
sessant’anni fa.
Anny Andretta con la “Topolino” sul lungomare
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19 novembre 2007
Giorgio TURCATO
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
Nato a San Giorgio di Nogaro il 5 settembre 1925, il Signor Giorgio
Turcato, Amedeo all’anagrafe, è una persona molto attiva, sempre in
movimento, piena di idee ed entusiasta della vita.
Da dove proviene la sua famiglia?
Da San Giorgio di Nogaro, ma, pur abitando là, dal 1938 venivo spesso a
Lignano con mio padre che, con il barcone, trasportava materiali edili. Il legame
con Lignano risale, però, al nonno il quale, arrivato da Chioggia, trasportava
con la sua barca le pietre d’Istria per la costruzione degli Alberghi Marin e
Italia, e il cemento per la realizzazione del lungomare Trieste.
Sia il nonno che il papà approdavano nella darsena vecchia scavata nel 1935
e realizzata come idroscalo.
La mia famiglia, sempre a San Giorgio, possedeva un cantiere navale dove,
durante l’occupazione, venivano riparate le barche dei Tedeschi.
Avevo quasi vent’anni quando, il primo maggio del 1945, i Tedeschi,
provenienti da Pola, Trieste e Venezia, sbarcarono alla foce del Tagliamento per
impossessarsi di qualsiasi mezzo e fuggire verso il Brennero. Lasciarono andare
alla deriva 45 unità: la nave passeggeri “Il Fasana“, una petroliera, pescherecci
e motozattere. La famiglia Torresi arrivò a casa nostra, da Cesenatico, con un
83
battello per recuperare due pescherecci requisiti, e ora alla deriva. Altre ditte
ottennero il permesso di recuperare le altre imbarcazioni.
Durante quell’operazione, abbiamo visto, e quindi seppellito nella sabbia,
parecchi cadaveri, dopo aver tolto loro le mostrine.
Dopo la guerra si è fermato a Lignano?
Nel 1948 sono andato in Argentina dove sono rimasto quattro anni.
La mia famiglia, intanto, aveva comperato a Lignano un terreno che costeggiava
la darsena: 1.100 m. al costo di 350 lire al mq.; sul lungomare il terreno costava
mille lire al metro quadro.
Quando nel 1950 fu costruita la casa, esistente tuttora, c’erano solamente la
villa Anita, recentemente ristrutturata, il Belvedere, ora abitazione privata, e la
Pensione Alla Pineta, abbattuta poco tempo fa.
Nel 1954 abbiamo costruito un altro piano con appartamentini che, d’estate,
affittavamo a italiani e austriaci.
Nel 1958, a fianco, è stato costruito un albergo. All’inizio l’albergo è stato
chiamato “Margaret”, dal nome della principessa d’Inghilterra, dato che la
maggior parte dei clienti erano inglesi che arrivavano attraverso l’Agenzia italoinglese “Intertour” operante in Lignano. Parecchi erano anche i clienti tedeschi
che sistemavamo in
tavoli non vicini per non
far scoppiare delle risse
(i ricordi di guerra non
erano ancora spenti).
Dopo gli anni Sessanta
si rafforzò la clientela
italiana
e,
quindi,
italianizzammo il nome in
“Margherita”.
Io lavoravo, allora, per la
Costa Crociere in qualità
di macchinista e rientravo
a Lignano ogni quattro
mesi.
Darsena con la casa della famiglia Turcato
Chi rimaneva allora a Lignano?
Mio fratello Pietro che si occupava del recupero di navi, aerei, MAS,
sommergibili. Andava al largo con un peschereccio e quando le reti si
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impigliavano scendevano i palombari, recuperavano i relitti, li trasportavano
in darsena, li tagliavano a pezzi e li trasportavano con dei camion in una
fonderia bresciana.
Dopo otto anni di Costa Crociere ha poi deciso di fermarsi a Lignano?
Nel 1960 sono rientrato definitivamente a Lignano.
Ho recuperato, con mio fratello, un peschereccio affondato, lo abbiamo rimesso
a nuovo e siamo andati a pesca di cannolicchi che vendevamo ai mercati di
Venezia e di Rimini. La pesca era abbondante e si facevano affari d’oro. Il
pescato in eccedenza lo lasciavamo nel peschereccio, in darsena, a disposizione
dei Lignanesi che, la domenica,
potevano servirsene.
Siamo stati noi, nel 1964/1965,
a dare inizio alla Festa delle cape,
offrendo a tutti il prodotto pescato:
cannolicchi,
vongole,
sardelle,
calamari… La festa si svolgeva
alla fine del mese di marzo sulla
banchina della vecchia darsena di
Sabbiadoro, prima della chiusura
della pesca.
Ancor oggi la manifestazione si
Motonave “Glentor”
svolge nello stesso periodo, ma è
stata spostata in piazza Marcello D’Olivo a Pineta, essendoci maggior spazio sia
per le strutture sia per i parcheggi.
Abbiamo poi comperato il “Glentor“, lo yacht di Greta Garbo, a Loreo (Rovigo) e
lo abbiamo trasformato in nave passeggeri per il trasporto dei turisti sulla rotta
Lignano - Trieste - Venezia.
Com’era la vita a Lignano?
Grandi erano gli investimenti in
quegli anni, alberghi e appartamenti
sorgevano come funghi.
Noi, da maggio a settembre, gestivamo il nostro albergo e ci
occupavamo del trasporto passeggeri; d’inverno ci dedicavamo alla
pesca e alla manutenzione. Il nostro
albergo, a conduzione familiare,
Motonave “Fulgidus”
85
aveva quarantadue camere, bar e ristorante
con cucina genuina e di buona qualità, un hotel
economico.
Facevamo la pubblicità al locale, distribuendo
volantini alle auto ferme al passaggio a livello
di Latisana Crosere: facevamo ottimi affari.
Nel 1976 abbiamo trasformato l’albergo in
appartamentini che affittavamo, acquistando
così più tempo libero per altre attività.
Nel 1972 mi sono recato in Inghilterra per
acquistare un dragamine da trasformare in loco
in nave passeggeri, il “Fulgidus“, splendente di
nome e di fatto.
Era un 32 metri, poteva trasportare duecento
persone e i viaggi si facevano anche in Jugoslavia.
Per incrementare gli affari, andavamo in tutti gli
alberghi, lasciavamo i dépliants ai portieri che,
in cambio delle loro prestazioni, ricevevano da
Motonave “Fulgidus” al varo
noi una percentuale. Il “Fulgidus“ è rimasto in
funzione fino al 1981, fu venduto alla morte di
mio fratello che ne era il capitano.
E dopo la morte di suo fratello, cosa ha fatto?
Ho aperto, con mio figlio Maurizio, un’officina meccanica per la riparazione
delle barche da diporto.
Nel 1990 l’officina si è trasferita a Marina Punta Faro nella cosiddetta zona
tecnica con capannoni, occupati via via da artigiani. Accanto è sorta la zona
marina con posti barca, allora vi erano due gestioni diverse. Ora la zona
Punta Faro è gestita da un’unica società, l’Adriatica Turistica.
E ora è in pensione?
Giunta ormai l’età della pensione ho lasciato l’attività a mio figlio.
Eccomi qua a correre per Lignano in motorino o in macchina, sempre per
aiutare mio figlio e le sue barche.
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6 dicembre 2007
Armando FERRO
Intervistatrice: Wally Gigante Waddell
È una chiara mattina dicembrina, il freddo è pungente. Ho
appuntamento con il Signor Armando Ferro al Bar Tip Tap di Lignano
Riviera.
Signor Ferro, lei è nato a Lignano?
Sono nato alla Foce del Tagliamento nel
1941. Allora c’erano quattro casoni abitati
da quattro famiglie: i Caifo, gli Striuli, una
famiglia proveniente da Caorle e noi.
La mamma metteva un piattino con del latte
davanti alla porta di casa per impedire alle
vipere di entrare.
Eravamo tutte famiglie che vivevamo di poco.
Non avevamo la luce elettrica, ma un faro a
petrolio per illuminare la casa.
Neanche un pettine per pettinarci. Ricordo
che il mio vicino di casa faceva i pettini con
le spine del pesce rombo bollite nell’acqua e
aceto.
Casoni alla foce del Tagliamento. Al centro Armando Ferro
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Io avevo dei bei riccioli biondi da piccolo, ma a causa dei pidocchi mi avevano
rapato a zero.
La mamma andava a vendere il pesce pescato. Si pescava allora anche con
le bombe e i pesci galleggiavano pancia all’aria.
Da dove proveniva la famiglia
Ferro?
La famiglia Ferro, originaria di
Pocenia, giunse a Lignano nel
1925.
Mia zia aveva allora dieci anni.
Vicino casa nostra c’era la Litoranea
Veneta detta canale di Bevazzana.
Le imbarcazioni, provenienti dalle
isole di Venezia, vi arrivavano
trasportando materiali diversi anche pietre - per la costruzione
delle prime case.
Nel 1945 occupammo uno dei
quattro bunker costruiti, uno è
ancora visibile nelle vicinanze
della Caserma della Finanza. In
quel buncker vi abitavano due
famiglie: noi e la famiglia Fanotto.
Questi occuparono il bunker la
notte, trasportando le povere cose
su un carro trainato da cavalli. Vi
rimanemmo per un anno e mezzo.
Nelle forti burrasche l’acqua
entrava dalla finestra e ci allagava.
Cucinavamo con legna che il mare
gettava sulla battigia. Il fumo ci
faceva piangere.
Poi ci trasferimmo a Sabbiadoro,
nelle baracche di lamiera in via
Latisana. C’erano tre baracche,
sembravano i vagoni del treno,
erano le nostre dacie! I gabinetti
si trovavano a cinquanta metri
dalle baracche. Per le emergenze
utilizzavamo dei bidoni. Le
Litoranea Veneta. Inaugurazione Ponte di Bevazzana - 1922
Caserma della Guardia di Finanza - 1914
Baracche di lamiera in via Latisana angolo via Pozzuolo - 1953
Ferruccio Bivi in bici
88
pantegane, i ratti, scorazzavano come nelle gare automobilistiche di Monza.
Ogni baracca aveva in dotazione un piccolo orto, in un angolo del quale c’era
il porcile.
Si allevavano maiali, dunque?
Sì e del maiale si utilizzava tutto. Si vendevano le ossa e il pelo a Berto
Pessotar che acquistava anche i sacchi di cemento vuoti che raccoglievamo
nei cantieri delle imprese. Era una vita primitiva la nostra, ma quanto affiatati
eravamo!
Assieme a noi, abitanti delle baracche, c’erano le famiglie Cualon, Bidin,
Pizzolitto Angelo e Alceste, Gruer, Trivillin, Buttò, Caramaschi, Meneghin,
c’era pure un profugo della ex Jugoslavia, un certo Sturlese.
Eravate dediti anche alla pesca?
Si pescavano cannolicchi, vongole, britui ossia telline.
Quando la marea superava i cumuli di sabbia, gli scani, le cape venivano
gettate a riva, e la pesca, allora, era abbondante per tutti.
Per pescare il go, al posto del cesto, facevamo un attrezzo, el spet, ossia un
ferro dalla punta aguzza e ben appuntita prodotta strofinandola sull’asfalto.
Si andava anche a rane nei canali.
Solo nel 1962 siamo andati ad abitare in una casa di mattoni.
La prima radio è entrata a casa mia nel 1960.
Quali sono state le sue attività, quale la sua vita lavorativa?
Ho iniziato a lavorare nel 1958,
in qualità di idraulico, nella
ditta I.C.E.L dei signori Sandri
dove rimasi fino nel 1961. Poi
ho lavorato, come installatore
idraulico, nella ditta D’Antoni
di Monfalcone che costruiva a
Lignano, lì ho imparato bene il mio
mestiere.
Nel 1965 sono passato alle
dipendenze del Comune di
Lignano e ho lavorato con il
C.A.F.C. - Consorzio Acquedotto
Incontro di calcio - 2 Luglio 1962
89
Friuli Centrale - fino nel 1998.
Inoltre, per un anno, ho fatto il calciatore professionale con la squadra del
Pordenone, oltre ad aver giocato con il Lignano.
Ho allenato la prima squadra, prima categoria, di Lignano, poi mi sono
interessato al settore giovanile.
Lignano è stato un fertile terreno calcistico. I Lignanesi che si sono messi
in evidenza sono: Pierino Comisso che ha giocato con la Triestina, Gianni
Fanotto con il Vittorio Veneto, Gianni Zen con il Pordenone, Gianluca Pessotto
e suo fratello Vanni, e ancora Claudio Sclosa, Edy Bivi e Renato Gregoratti.
Spero di non aver tralasciato nessuno.
Ho imparato a giocare a pallone con la vescica del maiale riempita d’aria, ma
poco durevole, e con carta raggomitolata e legata con lo spago.
Le è rimasto impresso qualche episodio particolare?
Nell’ultima guerra molte imbarcazioni, attrezzate da officina, furono lasciate
alla foce del Tagliamento e la famiglia Zen contrattò con gli occupanti tedeschi
per prenderne il materiale.
Ricordo che nel 1947/1948,
quando andavo a scuola in Colonia,
il vento di levante soffiava tanto
forte e a lungo da durare un mese
intero. Sul lungomare Trieste non si
poteva passare: c’erano solo dune
di sabbia. Noi ragazzi affrontavamo
il vento, camminando di schiena. Per
non arrivare a scuola con i capelli
arruffati, mentre i figli dei benestanti
si mettevano la brillantina Palmolive,
io e il mio amico Ivo Venaruzzo ci
mettevamo sui capelli bagnati del
Nave da guerra tedesca alla foce del Tagliamento
sapone Sole, ma con il vento che ci
spruzzava di sabbia, arrivavamo a
scuola con una specie di elmetto in testa!
Quali persone o famiglie hanno, secondo lei, contribuito alla crescita di
Lignano?
Le famiglie De Minicis e Bruni, a parer mio, hanno contribuito alla crescita di
Lignano per le quali molti operai hanno lavorato.
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13 dicembre 2007
Giampaolo ZEN
Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris
Giampaolo Zen, da tutti chiamato semplicemente Paolo, appartiene
ad una vecchia famiglia lignanese ed è uno dei pochi nati a Lignano - dicembre
1937 - anche se censito a Latisana in quanto allora Lignano era frazione di
quel Comune.
Ci racconti la storia della sua famiglia.
Che attività svolgevano i suoi genitori?
La mia famiglia era composta da cinque persone:
mamma, papà, due fratelli e una sorella. Mia madre
Anna Tagliavini era un’insegnante elementare, per
questo alla nostra famiglia era stato assegnato
un decoroso appartamento al terzo piano sopra
la scuola elementare che si trovava allora in via
Casabianca, angolo via Alzaia, dove attualmente si
trova il Ristorante “da Marchetto”.
Al piano rialzato c’era una attività commerciale
che comprendeva un bar, un negozio di generi
alimentari e mercerie, come un tempo usavano i
negozi di paese.
Maestra Zen
91
Al primo piano c’era
la scuola elementare
frequentata da pochi
bambini tanto che
la maestra li riuniva
in una sola stanza
e impartiva loro le
lezioni a seconda
dell’età.
Scuola elementare “da Marchetto”
Quanti anni avete abitato in quell’appartamento?
Quando avevo poco più di
sei anni la famiglia si trasferì
a Sabbiadoro dove mio papà
Bruno e i suoi due fratelli
Ugo e Pietro acquistarono
un appezzamento di terra tra
l’attuale parco San Giovanni
Bosco e via Ampezzo.
Su tale area c’era una
vecchia costruzione che
fungeva da birreria, gestita
dalla famiglia Bruni.
Successivamente mio padre
e i due zii realizzarono,
accanto
alla
birreria,
un’officina meccanica con
Distributore di benzina in via Venezia
annesso un distributore di benzina.
Quanto tempo siete rimasti lì?
So che alcuni anni dopo i tre fratelli si sono divisi: la birreria rimase a mio
padre, il distributore e l’officina allo zio Pietro, mentre lo zio Ugo venne
liquidato e acquistò un’area in via Miramare.
92
Come ricorda la Lignano di quei tempi?
Le strade in terra battuta
si fermavano alla fine del
piazzale della chiesa, poi
era tutta pineta allo stato
brado.
Verso la fine del lungomare
Trieste c’era la villa Andretta
e la POA, una colonia che
d’estate accoglieva i bambini
bisognosi di cure marine.
Nella pineta si trovavano
molte volpi, lepri e altri
animali selvatici.
La ruspa di Zen spiana la spiaggia - 1962
Qual è il suo ricordo più importante legato alla storia di Lignano?
Ricordo molto bene la battaglia fatta per staccarsi dal Comune di Latisana.
Per ottenere tale autonomia la notte tra il 4 e il 5 novembre del 1958
alcuni Lignanesi aprirono i due ponti mobili sulla Litoranea Veneta, meglio
conosciuta come canale di Bevazzana, impedendo così ogni collegamento
dentro e fuori la penisola.
La sera precedente un apposito comitato mise a punto i dettagli della
manifestazione che da tempo era stata programmata.
La mattina successiva alle prime luci dell’alba una vecchia autovettura, con
alcuni altoparlanti sul tetto, circolava per le strade, invitando tutti i Lignanesi
a portarsi sulla sponda del canale per una grande dimostrazione di protesta.
Quando sono arrivato sul posto i due ponti erano già stati aperti, i rivoltosi
avevano tagliato con delle cesoie le catene che legavano i comandi per
l’apertura dei ponti girevoli e, quindi, interrotta ogni possibilità di accesso e
di uscita.
Erano state predisposte, in caso di necessità, alcune autovetture su una sponda
del canale e dall’altra, delle piccole imbarcazioni per traghettare le persone
che ne avessero avuto particolari urgenze.
Come andò a finire tale protesta?
Ben presto sul posto si portarono carabinieri e polizia e c’è stato pure qualche
momentaneo fermo dei più facinorosi, ma subito dopo vennero rilasciati.
93
Verso
mezzogiorno,
quando i responsabili
del comitato promotore
sono stati ricevuti dalle
autorità preposte e
hanno ottenuto delle
garanzie, la protesta
cessò.
L’anno successivo, e
precisamente il 21
luglio del 1959, Lignano
divenne
finalmente
Comune autonomo.
Alla notizia il parroco
Canale di Bevazzana - ponte girevole
di allora, don Mario
Lucis, fece suonare le
campane a festa per annunciare alla popolazione che la lunga battaglia per
l’autonomia aveva dato i suoi frutti e Lignano era Comune autonomo.
Attualmente com’è composta la sua famiglia?
Nel 1965 mi sono sposato con Carla Giorgine, ora titolare della Fioreria Carla
di via Tolmezzo a Sabbiadoro.
Abbiamo due figli: Michele e Luca. Michele è subentrato alla mia attività di
consulente del lavoro, mentre Luca gestisce un albergo in via Padana.
94
15 dicembre 2007
Giuseppe BURGATO
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
Il signor Giuseppe Burgato, Beppino per gli amici, è nato a Lignano
il 10 marzo del 1929. Il nonno lavorava nel Consorzio Bonifica di San
Michele al Tagliamento già dal 1913. Il padre, che lavorava nelle draghe
dei canali navigabili nel 1925, a soli ventitré anni, vinse il concorso e fu
assegnato all’idrovora di Lignano, allora in costruzione, il cui nome era
Biancure III da cui dipendono
tuttora Biancure II (zona
Campilunghi, lungolaguna
Trento) e Biancure I (punta
Tagliamento). Nel 1928 il
papà Giulio si sposò e dal
matrimonio nacquero tre
figli. La levatrice Zen li fece
nascere tutti, arrivando, in
bicicletta direttamente da
Pertegada. Casa Burgato si
trovava accanto all’idrovora
in Val Lovato - nella zona
Pantanel - dove il signor
Beppino è vissuto fino a
pochi anni fa.
Idrovora Biancure III bacino
95
Dove ha frequentato la scuola?
Andavo a scuola dove ora c’è il Ristorante “da Marchetto”, allora “Gleriano”.
Sotto c’era l’osteria e al primo piano una pluriclasse frequentata da una
ventina di bambini, la maestra era siciliana. La scuola distava tre chilometri
da casa mia, li percorrevo a piedi anche con la bora e con il gelo.
All’angolo di via Lovato, verso il cimitero, c’era la casa della famiglia Scarpa
con terreni e frutteto.
Il mio miglior amico era Piero Scarpa, mio coetaneo. Al mattino veniva a
prendermi e assieme andavamo a scuola. Egli doveva percorre cinque
chilometri per arrivare a scuola, due più di me. Mio papà è riuscito a
costruirmi, con materiale di recupero, una biciclettina con la quale potevo
muovermi più velocemente.
Ho proseguito, quindi, i miei studi a Latisana e poi a Udine presso l’Istituto
Tecnico Statale Malignani.
Ha altri ricordi della sua infanzia?
Ricordo che andavamo a
messa nella chiesetta che si
trovava all’incirca dove oggi
è stato costruito il ponte che
porta a Bibione.
Quando veniva l’acqua alta,
la montana, chiesa e attiguo
convento venivano sommersi
dall’acqua e dal fango.
La chiesetta è stata spostata
sul terreno della Colonia
con il contributo delle Belle
Arti e dell’Azienda Coin,
trovandosi la costruzione nel
loro territorio, Il convento
Il Tagliamento, sullo sfondo chiesetta e convento
è stato adibito a casa, ora
di proprietà della famiglia
Martinello, nel giardino c’è ancora il pozzo con i segni della corda del secchio
con cui i frati attingevano l’acqua.
Ricordo anche la barca della famiglia Turcato che, attraverso i canali, arrivava
all’idrovora carica di pietre d’Istria atte a rivestire i canali di bonifica, gli stessi
di oggi.
96
Ha dei ricordi particolari
del tempo di guerra?
Ricordo che durante la
guerra i soldati tedeschi
avevano occupato le case dei
contadini. Il maresciallo aveva
requisito il nostro soggiorno
e nell’officina attigua aveva
fatto costruire le docce per
i soldati. Tra costoro c’era
il soldato Heinz Hochsculz
che riceveva pacchi dalla
Germania e divideva con noi
la cioccolata.
Ogni anno, dalla fine della
guerra, il signor Heinz
torna a Lignano, scende
all’Albergo Vittoria e così la
nostra amicizia è continuata
fino a oggi.
Idrovora Pantanel 1945 - A sinistra seduto Heinz Hochsculz
Anche lei andava a caccia?
Fin da bambino seguivo mio
papà a caccia e qualche volta
mi lasciava anche sparare.
A diciotto anni ho preso la
licenza di caccia.
Betolina “Paola” mitragliata da aerei inglesi sul canale - 1945
Si cacciava senza regole, si
faceva la posta a lepri e pernici, si spiavano le tane delle volpi. La domenica
si usciva in gruppo, alcuni contadini scavavano e, quando la volpe usciva, mio
papà sparava.
Egli utilizzava anche un altro sistema nella caccia alla volpe: legava una gallina
su di un palo collegato mediante un filo a un campanellino posto in casa,
quando suonava, mio padre si affacciava alla finestra e sparava.
Dove ha lavorato?
Dapprima ho lavorato nell’Azienda agricola Coin.
Ho sempre usato come mezzo di trasporto la bicicletta sia per andare in centro
97
e, d’estate, in spiaggia sia per andare a giocare a
calcio nei numerosi campetti di Lignano.
In seguito ho comperato un camion per
trasportare, in proprio, materiale per l’edilizia e
pannelli prefabbricati che arrivavano da Buia.
Ho lavorato con la ditta Ursella che allora
costruiva i palazzi di Lignano City e di Lignano
Pineta caratteristici per i particolari di stile
americano.
A 32 anni, presa la patente per caldaie a vapore,
ho sostenuto a Trieste il concorso all’Ente di
Bonifica e ho preso il posto di mio padre. Il
Consorzio di Bonifica è un ente parastatale che,
per le opere dipende dal genio civile di Venezia.
Una volta si adoperavano le pompe centrifughe,
la motrice era a vapore e si usava la legna, poi
il diesel. Oggi tutto è automatico: i computers
controllano ogni cosa.
In caso di pioggia bisognava essere disponibili
Giuseppe Burgato - Biancure III bacino
ventiquattro ore su ventiquattro. Oggi, oltre ai
tre impianti iniziali, se ne controllano dodici, su
un territorio che si estende fino a Ronchis, e questo è compito di mio figlio
Adriano, perito elettrotecnico, che è subentrato mediante concorso al mio
posto, essendo io andato in pensione all’età di sessant’anni.
Dall’entusiasmo con il quale il
signor Beppino parla delle quattro
generazioni susseguitesi nello
stesso lavoro, si sente che è
orgoglioso e soprattutto felice di
aver trascorso la propria vita a
Lignano, adoperandosi per il suo
sviluppo.
Giuseppe Burgato vicino al motore dell’idrovora
98
18 dicembre 2007
Luigia FANOTTO e Walter LIGUSTRI
Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris
La signora Luigia Fanotto, che per moltissimi Lignanesi è semplicemente
Gigetta, mi accoglie con molta cordialità nella villetta a schiera in via Tarvisio
dove vive con il marito Walter Ligustri. È nata il 3 gennaio 1927 a Latisana,
Lignano allora apparteneva a quel Comune.
La sua famiglia era composta dai genitori e dai loro cinque figli: Giovanni,
Mario, Luigi, Angelo e Giuseppe, con rispettive mogli e figli, per un totale di
trenta persone.
Dov’era situata la vostra casa?
La casa colonica e la terra che coltivavamo si trovava nei pressi dell’attuale
caserma della Guardia di Finanza di Sabbiadoro ed era di proprietà della
famiglia Gasparini.
Non ricordo come fossero stati gli accordi economici tra il proprietario e
la mia famiglia, certamente, com’era consuetudine a quei tempi, erano in
grandissima misura più vantaggiosi per il proprietario che al momento dei
raccolti veniva a controllare la suddivisione.
Al lavoro dei campi contribuivano, oltre agli uomini, anche le donne con
grande fatica. I mezzi non erano quelli di oggi e la giornata lavorativa era
molto lunga dall’alba al tramonto, come si suol dire.
99
Il raccolto veniva trasportato a spalla nel granaio, deposito di generi alimentari,
e suddiviso per tutti i mesi dell’anno.
Come si svolgeva la vita in famiglia con tanta gente?
Quando nasceva un bambino la nonna preparava alla puerpera la sope, una
zuppa di brodo e pane raffermo, cibo allora ricercato.
La polenta era il cibo quotidiano. La neo mamma, appena ripresa dal parto,
si dava subito da fare e, se necessario, portava nei campi il bimbo che
doveva allattare, tenendolo in una cesta, l’aval, e mentre il piccolo dormiva
lei lavorava assieme ai familiari. A casa rimaneva solo la nonna a preparare
il pranzo.
La mia famiglia, rispetto ai contadini di allora, era abbastanza fortunata.
Gli uomini pescavano nella vicina laguna dove il pesce era in abbondanza e
cacciavano nella pineta animali selvatici come lepri e fagiani.
Nel cortile, poi, non mancavano galline, anatre e oche, e si allevava il maiale.
Il cibo non era abbondante, perché parecchie erano le bocche da sfamare
I bocconi migliori andavano agli uomini. I bambini mangiavano per primi per
lasciare poi il posto a tavola al resto della famiglia.
Ricordo che lo zio Mario, appena terminata la frugale cena, ordinava a tutti i
bambini di andare a dormire. I letti erano alti e cadere poteva rappresentare
un vero pericolo. I materassi erano riempiti di scuss, di foglie di pannocchie di
granoturco, e quando le persone si rigiravano, si sentiva un bel “concertino”.
Spesso nel letto di una persona dormivano due bambini, uno da un lato e
l’altro dall’altro.
In quegli anni l’inverno era tanto rigido da ghiacciare la laguna, la neve
cadeva in abbondanza, e le coperte di cui disponevamo non emanavano
un gran calore. Le donne
confezionavano,
allora,
degli appositi piumini con
le piume degli animali da
cortile uccisi.
L’abbigliamento non era
adatto a sopportare i
freddi di quegli inverni,
per cui bambini e donne si
rifugiavano nelle stalle dove
il calore dei buoi rendeva
l’ambiente più confortevole.
Le gelide temperature procuravano fastidiosi geloni a
mani e piedi. L’alimentazione
Casone di pescatori in laguna 1960
100
dei bambini, poco varia e poco abbondante, era integrata dall’olio di fegato
di merluzzo che, per disposizione del regime fascista, veniva distribuito nelle
scuole. Conservo ancora un disgustoso ricordo di quell’olio.
Questo era il nostro piccolo mondo spartano, scandito dal lavoro, dalla fatica,
dalle preghiere e dal rispetto per le persone anziane.
Tutto questo poteva essere sconvolto dalla consuetudine di San Martino, l’11
di novembre, quando alle famiglie dei mezzadri arrivava lo sfratto e in men
che non si dica erano costrette a traslocare in un’altra località.
Questo drammatico evento colpì anche la nostra famiglia. Ricordo la disperazione di tutti, soprattutto della mamma. Raccolta la poca roba, siamo
partiti su di un carro in direzione di Pertegada dove vivevano dei parenti e ci
siamo sistemati in due baracche, regalate loro dal Comune di Latisana, e là
abbiamo vissuto per diverso tempo e con molti disagi.
Poi lei si è fatta un’avvenente ragazza, come può testimoniare l’aspetto
odierno.
Eh sì. il tempo passava, mi
sono fidanzata con Walter
Ligustri e mi sono sposata il
20 maggio del 1945.
Siamo andati ad abitare a
Lignano dai genitori di mio
marito, Abramo e Albertina,
custodi
della
Colonia
intitolata a Costanzo Ciano.
Colonia “Costanzo Ciano” - 1940
Mi parli della Colonia.
Concluso il secondo conflitto bellico, in alcuni locali della Colonia ebbero il
loro quartier generale un reparto di truppe inglesi.
Abbiamo fatto diverse amicizie, con uno di loro abbiamo avuto per tanti anni
una regolare corrispondenza. Intanto la famiglia cresceva, sono nati prima
Eleonora, poi Alberto e alcuni anni dopo Ronnie.
Lignano, agli albori del boom turistico, non sembrava dare tanti sbocchi
per il futuro e così Walter provò anche l’esperienza dell’emigrante, andò in
Canada.
Rientrato, dopo alcuni anni, abbiamo aperto prima una latteria e poi un negozio
101
di generi alimentari.
Intanto Lignano si ingrandiva
e diventava quella realtà
importante che oggi tutti
conoscono.
Ora ci siamo ritirati dal
commercio, siamo circondati
dall’affetto dei figli e delle
nipoti e abbiamo sempre
un grande attaccamento a
Lignano, anche se sentiamo
tanta nostalgia per la
Lignano di un tempo con
le sue dune e il suo vivere
semplice.
Negozio e casa Ligustri in via Venezia
Interviene il marito.
Il signor Walter Ligustri è nato il 20 novembre 1923. Suo padre Abramo,
proveniente da Padova, è arrivato a Lignano nel 1936 assieme alla moglie
Albertina nativa di Busseto, paese di Giuseppe Verdi.
Lavorava alla G.I.L., l’attuale Colonia, come fuochista alle caldaie e uomo
tutto fare.
Come si viveva a Lignano in quel tempo?
La località mi sembrava molto isolata e un po’ triste, ma io ero un ragazzino
e ben presto ho fatto amicizia con i ragazzi della mia età e mi sono sentito
subito bene.
Cosa ricorda della Lignano di un tempo?
Mi ricordo che era bellissima con le sue dune, la sua pineta folta e vasta.
Vi viveva poca gente, tutti erano cordiali e le amicizie duravano per lunghissimi
anni.
Come conobbe sua moglie?
La vidi un giorno nell’Albergo Spiaggia dove lavorava: era proprio una
102
bellissima ragazza dal carattere gioioso e dolce.
Era anche un po’ sbarazzina: andava in spiaggia, indossando il bikini che
all’epoca faceva davvero scalpore. L’ho corteggiata e poi ci siamo sposati.
Ora siamo nonni di tre nipoti: Paola, Laura e Irene che vengono spesso a
trovarci.
Che attività svolgeva?
Dapprima ho lavorato in Comune e poi all’Azienda di Soggiorno. Voglio
precisare che negli uffici allora il personale era limitato, non c’erano mai più
di quattro persone.
Come si viveva a Lignano durante il conflitto bellico?
Non ho dei ricordi particolarmente brutti di quel periodo. Il cibo era a
sufficienza, la terra lavorata dava i suoi prodotti, il bosco era ricco di selvaggina
e il pesce abbondante.
È stato costruito un bunker vicino alla Caserma della Finanza come rifugio
antiaereo, ma credo che non sia mai stato usato.
E cosa mi dice del dopoguerra?
Nella Colonia, dove abitavamo, c’era un distaccamento di truppe inglesi e
con loro stavamo benissimo. Abbiamo fatto amicizia con uno di loro con il
quale abbiamo mantenuto una corrispondenza per diversi anni.
Terminata la guerra, i turisti hanno cominciato a frequentare Lignano,
dapprima solo italiani e poi anche stranieri, soprattutto di lingua germanica.
Via via le presenze sono aumentate fino agli anni del boom economico, per
poi stabilizzarsi. I primi turisti erano persone molto semplici: andavano in
spiaggia con gli ombrelli e si prendevano delle terribili scottature, non usando
naturalmente le creme solari.
Per molti era la prima volta che vedevano il mare e rimanevano colpiti e
ammirati davanti all’immensa distesa marina.
Ora tutto è cambiato e i turisti sanno godere del sole e del mare.
103
13 gennaio 2008
Enea FABRIS
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Il ragionier Enea Fabris, noto corrispondente giornalistico, ha
lavorato per varie testate giornalistiche quali Ansa, Rai, Occhio, Il Sole 24
ore, Il Corriere dello Sport, Il Piccolo, Il Gazzettino, Il Messaggero Veneto,
riportando gli avvenimenti della nostra località
Da anni ha ristretto il cerchio a Il Gazzettino e all’ANSA - Agenzia Nazionale
Stampa Associata - e saltuariamente ad altre testate.
Da oltre vent’anni dirige Stralignano, periodico locale.
Signor Fabris, racconti come la sua famiglia ha deciso di investire a Lignano?
Noi eravamo cinque fratelli: tre maschi e due femmine. Ferruccio, il maggiore,
negli anni Cinquanta aveva già una sua attività e una sorella era sposata,
mentre la seconda era ancora molto giovane.
I miei genitori volevano sistemare anche me e mio fratello Carlo, così
pensarono di acquistare nel 1950, l’Anno Santo, un appezzamento di terreno
a Lignano che era stato offerto loro dal compianto Tullio Gregoratti.
105
Dove si trovava tale terreno?
Non è facile descrivere dove si trovava.
Ricordo che la strada finiva all’incirca all’attuale piazzale San Giovanni Bosco,
poi fino a Pineta era una landa deserta e selvaggia.
Il terreno acquistato era un grande invaso che per portare a un certo livello
sono stati necessari decine e decine di cubi di materiale da riporto.
Quando iniziarono le costruzioni in quella zona?
Qualche anno dopo l’acquisto mio padre, sollecitato anche dai tre figli maschi,
diede inizio alla costruzione di una modesta villetta Villa Germana, dal nome
della sorella minore, con quattro appartamenti da affittare stagionalmente.
Allora era l’unica costruzione in mezzo a una vasta area selvaggia, ma pochi
anni dopo ne sono sorte parecchie.
Contemporaneamente il Comune di Latisana, da cui Lignano dipendeva,
realizzò l’arteria che prese il nome di viale Venezia e che successivamente
diventò l’asse commerciale più importante di Sabbiadoro.
Quali turisti frequentavano la Lignano degli anni Cinquanta/Sessanta?
Il vero boom turistico è dell’inizio degli anni Sessanta, prima di allora c’era
un certo movimento di villeggianti dai paesi vicini, si cominciava soltanto a
intravedere una certa presenza di turisti d’Oltralpe. Per parecchi di loro era
la prima volta che vedevano il mare e tutti erano entusiasti di trascorrere un
periodo di vacanza nella nostra località.
Come continuò
attività?
la
vostra
Una decina di anni dopo e
precisamente agli inizi del
1960 di fronte a noi sorse
l’Albergo Tritone, opera di un
imprenditore triestino, ma poi
gestito per molti anni dalla
famiglia Alzetta di Montereale
Valcellina.
Nel contempo anche noi fratelli
abbiamo preso coscienza dello
Negozio Fabris in viale Venezia
106
sviluppo della località e ci siamo avventurati nella costruzione di due negozi
con sovrastanti due appartamenti.
Uno dei due negozi venne subito gestito da mio fratello Carlo con la moglie
Adriana, mentre io venivo saltuariamente ad aiutarli. L’altro negozio invece era
stato affittato a un commerciante di Gorizia che aprì un negozio di pelletterie.
Cosa ricorda degli anni Cinquanta?
Per noi ragazzi
era molto facile
fare
amicizia
con
le
turiste
straniere molto più
emancipate delle
nostre ragazze.
Il sabato sera si
andava a ballare a
La Fontanella di via
Udine, gestita da
Paride Lucchini, alla
vecchia
Terrazza
a Mare e in una
birreria con balera
Dancing la Fontanella in via Udine
sorta in via Vicenza.
Negli anni successivi sono sorti altri locali da ballo: Il Fungo a Pineta,
Il Rendez-vous, prima ancora si poteva ballare sulle terrazze degli Hotel Gran
Park e Riviera con juke-box e saltuariamente con orchestra, alla “Sacca” e in
altri ritrovi ancora.
Negli anni successivi è nato il Circolo dei Forestieri, ora Kursaal. Nel salone
delle feste si tenevano manifestazioni di grande prestigio promosse dal
compianto Riccardo Riva.
Ebbe modo di vedere o conoscere qualche personaggio famoso?
A quel tempo ero un appassionato di fotografia e collaboravo con Stralignano,
appena nato, e con Il Messaggero Veneto, frequentavo pertanto i locali e mi
ricordo di aver incontrato e fotografato parecchi personaggi famosi: l’attrice
Virna Lisi in vacanza con il figlio e la governante, i cantanti Fausto Leali, Fred
Buongusto, il grande Charles Aznavour, la cantante Iva Zanicchi, e tanti altri.
107
Lignano era frequentata anche da famosi sportivi?
Sì, ho incontrato vari sportivi: Manuel Fangio, Clay Ragazzoni, il famoso
calciatore Mariolino Corso, Bettega, il campione di boxe Mario Vecchiatto
che veniva a Lignano con la famiglia, e altri ancora.
Ricorda qualche altro personaggio famoso?
Alla fine degli anni Cinquanta frequentavano Lignano la figlia di Winston
Churchill, lo scrittore Giorgio Scerbanenco, l’attore Alberto Sordi, senza
dimenticare le brevi apparizioni dello scrittore americano Ernest Hemingway
che io non ebbi la fortuna d’incontrare.
Anche molti rampolli di ricche famiglie giravano con macchine di lusso
accompagnati da elegantissime signore.
A quei tempi c’erano manifestazioni culturali di un certo livello?
Direi proprio di sì.
Ricordo che per parecchi anni, grazie all’impegno dell’Azienda di Soggiorno,
sotto la presidenza dell’onorevole Zanfagnini, si sono tenute le stagioni
liriche con tenori famosi quali Mario Del Monaco, le stagioni concertistiche, i
concorsi ippici a livello internazionale con la presenza d’Inzeo, i grandi incontri
pugilistici con in palio il titolo mondiale ed europeo, le serate dedicate al jazz
con la presenza del famoso sassofonista Jerry Mulligan.
Ora ci sono molte più strutture, ma alle volte mancano le idee per attuare
eventi di grande risonanza.
Cos’è cambiato, dunque?
Gli anni Cinquanta si possono considerare gli anni del dopoguerra. Era in atto
la ricostruzione, quindi si viveva in un clima di grande austerità. La televisione
muoveva i suoi primi passi. Possedere un frigorifero era considerato un lusso
e la gente si accontentava del necessario per vivere. Le vacanze erano, quindi,
all’ultimo posto nelle priorità della vita quotidiana.
I pochi turisti che giungevano a Lignano non avevano grandi esigenze, erano
felici di abbronzarsi al sole e di vivere momenti di grande spensieratezza,
accontentandosi di molto poco.
Man mano che il tempo passava, e arriviamo ai giorni nostri, i turisti si
sono fatti sempre più esigenti e ora si aspettano di trovare nei luoghi di
villeggiatura, sia in alberghi sia in case private, tutti i confort.
108
16 gennaio 2008
Eno PETRACCO
Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Mariella Piutti Fabris
Il
signor
Eno
Petracco,
accompagnato
dalla moglie Nella Gini, si
presenta a casa di Mariella
per
l’intervista
all’ora
prestabilita.
È nato a Rivignano il giorno
di San Valentino del 1928,
l’anno prima del grande
freddo. È quasi sempre
vissuto a Lignano dove ha
gestito Il Fungo, punto di
ritrovo della Lignano bene.
I suoi 80 anni li porta in
il Fungo - 1957
maniera splendida: “Gente
di razza“, dice la moglie.
Passa il suo tempo coltivando l’orto, allevando galline e altri animali da
cortile.
Il suo narrare è pacato, tranquillo e ci riporta indietro nel tempo. Ogni tanto
sorride e il viso dalle folte sopracciglia nere gli si illumina: torna giovane,
nonostante i capelli brizzolati “più sale che pepe“, come suol dire.
109
Signor Petracco, potrebbe
dirci quando è arrivato per
la prima volta a Lignano?
Erano gli anni Cinquanta.
Nel 1951 venivo in vespa,
nel 1952 in macchina per
trasportare dei villeggianti
che
scendevano
alla
Pensione Alla Pineta sita in
via Latisana, un po’ prima di
viale Italia.
La sera noi giovani andavamo
a ballare Alla Fontanella, in
via Udine.
Alla fine del 1953 i
signori Anzil di Rivignano,
ma originari di Romans,
promotori della Lignano
Pineta, mi incitarono a
costruire un ambiente su
progetto
dell’architetto
D’Olivo, quello che poi
sarebbe diventato Il Fungo.
Io,
allora,
trasportavo
serramenti vari per conto
della
ditta
Anzil
nei
bungalow del Kinderheim,
alla Capanna d’Oro e in altre
Pensione “Alla Pineta” via Latisana - 1950
Albergo Capanna d’Oro - 1952
casette in costruzione.
Ci parli de “Il Fungo“.
I lavori di costruzione sono iniziati ai primi di febbraio del 1954.
Venivamo a Lignano con un camioncino, trasportando quattro/cinque operai.
Portavamo con noi il pranzo e l’acqua da bere; per fare il bitume prendevamo
l’acqua nel canale di bonifica, ora passeggiata in mezzo al viale dei Fiori.
La prima volta, per entrare nel terreno i bulldozer della società Lignano Pineta
ci hanno aperto la strada, ma gli operai hanno dovuto stendere, man mano
110
che avanzavamo, dei rami di pino per impedire al mezzo di insabbiarsi.
Portato a termine il piano terra, rimanevano da fare 340 mq di terrazza.
Non avendo né attrezzature né mezzi ci siamo rivolti alla ditta Ursella, ditta
che successivamente ha costruito il complesso della Lignano City.
Considerato l’ambiente immerso nella pineta e il sito piacevolmente
romantico, a me è venuta l’idea di fare un dancing che ho gestito fino al
1965, anno in cui ho preso moglie.
Ho deciso allora di venderlo, anche perché cominciava a essere passivo, ma
con una certa difficoltà: venduto tre anni prima,
ho addirittura pagato tre anni di affitto.
La nuova acquirente, una signora triestina, ha
conservato il dancing per un paio di anni.
Il signor Sergio Rodeano, nuovo proprietario,
lo ha trasformato in ristorante-pizzeria senza
trovare un’adeguata gestione. Quindi è passato
di proprietà a un’impresa edile che lo ha demolito
per costruire un brutto piccolo condominio.
Dopo tanti passaggi, a perenne ricordo dei bei
tempi passati, è rimasta solo la scritta ben visibile
dalla strada.
Chi ha avuto l’idea di chiamare la nuova
costruzione “Il Fungo“?
Io, pensando alla struttura circolare del locale. Il
Fungo era una piccola costruzione che riproponeva
Da sinistra: Eno Presacco, il presidente dei
il movimento ruotante tipico in linea con il neoprestigiatori italiani Kung King Fu,
il colonnello Della Noce, il cameriere Gastone
espressionismo dell’architetto D’Olivo.
e dietro Giovanni Mongolo
Nel centro c’era una colonna di cemento armato
vuota all’interno dove scorreva un piccolo ascensore a mano per portare
le ordinazioni in terrazza, al di sopra c’era una specie di copertura che
rassomigliava a un fungo, successivamente illuminato.
Quali persone frequentavano il dancing?
Il meglio del meglio: da Alberto Sordi a Mariolino Corso, da Lorenzo Buffon,
portiere del Milan, accompagnato dalla moglie Edy Campagnoli a Camillo
Della Noce, marito di Maria, attrice americana, e amico della famiglia Bruschi
di Milano che ha ancora la villa qui.
Cantanti come Achille Togliani, con il suo seguito di belle donne, Fred
Bongusto e tanti altri.
111
E ancora, la signora Marzotto, il Signor Cristoph, l’ingegnere Usnich di Zurigo,
habitué di Lignano e de Il Fungo, con il quale è nato un grande rapporto di
fiducia. È rimasto storico un incontro tra noi due a Como per trattare di un
terreno sito all’angolo della chiesa.
Avevo con me anche tutta la planimetria di Lignano Pineta.
L’ingegnere mi chiese: “Secondo te è un affare da fare oppure no?“, risposi:
“Sì, senza alcun dubbio“.
Senza chiedere altro mi consegnò l’assegno per la caparra, e io ripresi la via
del ritorno.
Che musica si suonava?
La musica della cantante Maria Morales e della sua orchestra. Il signor Teghil,
gestore della Terrazza a Mare, avrebbe voluto ingaggiarla, ma lei fedele a Eno
Petracco diceva che sarebbe andata via da Il Fungo solo per andare oltre
confine.
Cantava, infatti, solo da me e alla Kellertaverne di Karlsruhe in Germania.
Bravissima, meravigliosa, era un’attrazione continua, tanto è che l’avvocato
Petiziol e Giovanni Mondolo, gestore della “Bella Venezia” di Latisana, avevano
il tavolo di sinistra, guardando l’orchestra, fisso per tutta la stagione.
Tra gli ultimi clienti c’era Somaglino, il concessionario dell’Alfa Romeo di
Udine, che pasteggiava a caviale e champagne.
I clienti in genere consumavano whisky, coca cola, negroni.
Qual era l’orario di apertura?
Dalle sei del mattino alle due del mattino successivo, il locale chiudeva per
quattro ore soltanto.
Io arrivavo puntuale alle nove del mattino e rimanevo fino alla chiusura.
In tredici anni di gestione mi sono assentato due ore per andare a Mossa,
in provincia di Gorizia, con il dottor Domenico Toniatti per l’acquisto di un
terreno.
Nelle serate di maltempo ero l’ultimo a scendere, come il capitano dalla sua
nave.
La pioggia sconvolgeva il locale, la furia del vento riusciva perfino ad
abbattere il parapetto della terrazza con grave danno per il pianoforte, che
veniva fortunatamente trattenuto da un pino.
Visti i danni subiti e considerato che la stagione estiva - siamo nel 1960 - era
stata particolarmente piovosa, abbiamo deciso di coprire la struttura con un
tetto.
Lo ricordo bene, era l’anno in cui ho fatto rapare a zero i miei tre camerieri,
112
i miei “tre pali e un franco“: Mario, già sessantenne; Piero, suo coetaneo, da
Udine e l’abruzzese Cesidio detto Gastone, salito al Nord come mascotte
degli Americani, prima cameriere da Scarpa e poi approdato a Il Fungo.
Questi tornava a Sulmona ogni anno e, per farsi vedere ricco, entrava in città
in una carrozza trainata da cavalli.
Una stagione estiva l’ho pagato con una lambretta e lui è partito su quel
mezzo di trasporto.
Io, intanto, avevo venduto la mia vecchia auto e acquistato una Millecento
con cambio al volante dal signore dell’ex deposito di tabacchi di Teor.
Per quei tempi era una gran bella macchina, poi sono passato alle Alfa
Romeo.
Si vede che gli affari andavano bene, che ne dice?
Devo ringraziare i signori Anzil di avermi avviato alla compravendita di terreni.
Se fosse stato per Il Fungo avrei fatto la fame.
La gestione di quel locale mi ha dato, però, la possibilità di conoscere tanta
gente, di sapere ciò che gli altri forse non sapevano.
Pensate che per un quarto della Lignano Sud, ora Lignano Riviera, io avevo
carta bianca e stabilivo i prezzi.
Ogni mercoledì andavo a Latisana, alla “Bella Venezia”, per l’incontro con il
dottor Veritti, delegato alle vendite, portavo i preliminari già fatti, consegnavo
la caparra, lui mi dava le provvigioni e io rientravo a Lignano.
Lei era dunque un mediatore?
Sì, il primo mediatore della provincia di Udine iscritto alla Camera di
Commercio. Ho sostenuto l’esame assieme all’avvocato Ermanno Rossetti.
Promossi ambedue, abbiamo festeggiato l’evento a base di filetto di vitello
da Titta a Zompitta.
Da allora sono passati cinquant’anni!
A chi appartenevano i terreni della Lignano Pineta?
A una società che ha venduto prima della lottizzazione.
Gli appezzamenti di terreno sono stati comperati dalle famiglie Sabatini,
Gregoratti, Kechler, Bruseschi, Raschio della Rinascente di Milano e da altri
personaggi.
Andavamo a vedere il terreno da acquistare lungo il canale di bonifica.
Non c’era niente, proprio niente!
113
Il progetto de Il Fungo è dell’architetto D’Olivo?
Sì, come il “treno“; la villa di
Sordi è, invece, dell’architetto
Bernardis. Il Fungo era un
ambiente unico, il Comune
avrebbe dovuto conservarlo
come
un’opera
d’arte
architettonica che ripeteva
nel suo essere la spirale di
Lignano Pineta.
D’Olivo aveva stabilito la
costruzione di ville in mezzo
al verde di due piani visibili
solo dall’aereo, gli alberghi
Villa di Alberto Sordi
potevano essere di tre
piani.
Quando ha visto la costruzione delle torri, inorridito si è rifiutato di tornare a
Lignano e ha mantenuto la promessa.
Com’era Lignano quando lei è arrivato?
Era irriconoscibile. Da Pertegada a Lignano c’era campagna, la strada era
un tracciato di difficile percorrenza, tanto è vero che, con il mio camioncino
carico, dovevo correre a cavallo dei due sentieri per non arenarmi.
Il ponte era quasi sempre
aperto per il passaggio
delle barche, lo chiudevano
solo per permettere alle
macchine di transitare.
L’entrata di via Latisana era
una specie di casba: le case
erano terrazzate a un piano,
poche le stanze all’interno.
So che vi abitavano le
famiglie Landello e Bivi
e il signor Bivi era capo
muratore da noi e, in seguito,
addetto alla cambusa.
Tutto intorno c’erano grandi
estensioni
di
cannelle,
Albergo Santa Cruz - 1950
114
sembrava di trovarsi in laguna. Sul lungomare c’era solo Il Gabbiano di
Checco Gigante.
Io trasportavo da Rivignano pendolari giornalieri tra i quali c’era anche un
abruzzese, il calzolaio Sabatini, che si portava appresso un bottiglione di vino
rosso. Per mantenerlo fresco scavava una buca nella sabbia e, disteso al sole,
attingeva felicemente il suo nettare con una cannula.
Risalendo il lungomare c’era la vecchia Terrazza a Mare di legno e al di là
della strada, a sinistra dell’Albergo Nettuno, c’era il Bar Alpino, una specie
di baita, gestita da Giuseppe Della Maria - detto Bepi o Nino - che poi ha
aperto l’Albergo Santa Cruz a Pineta.
Il primo bar sorto a Lignano Pineta è stato Il Fungo e non il Santa Cruz,
come contendeva Bepi Della Maria, poi sono sorti Il Ragno, il Giarabub sulla
spiaggia.
Ho acquistato il terreno per la costruzione de Il Fungo a 800 lire al mq,
firmando il preliminare nel 1953 e il contratto nel gennaio del 1954. Nello
stesso periodo Bepi Della Maria ha acquistato il terreno per il Santa Cruz a
500 lire al mq con la clausola di iniziare subito la costruzione.
L’evoluzione ha portato il terreno da 500 a 2.000 lire al mq e da 800 a
20.000 lire al mq.
Sono sempre stato convinto che gli alberghi devono essere costruiti sul mare
e le case ovunque, il Santa Cruz era proprio in prima linea, essendo la pineta
sulla fascia demaniale.
Dov’era il Giarabub?
A un centinaio di metri
andando dalla piazza
del Sole di Lignano
Pineta verso le Terme
c’era una specie di
chiosco
di
paglia,
una specie di casone
circolare. All’esterno
c’erano delle plote sulle
quali erano sistemati
dei tavolini rotondi e
delle sedie di metallo
e nel centro una
piccola pista da ballo.
Ricordo che si ballava
anche scalzi con i piedi
sanguinanti, ma chi ci
Bar Giarabub a Lignano Pineta
115
badava! Una signora, non più giovane, suonava la fisarmonica spostandosi
tra i ballerini e qualcuno la prendeva di dietro e ballava con lei che continuava
a suonare. Una sagoma!
Si incontrava spesso Camillo Della Noce, gran bevitore di whisky e amico
delle famiglie Bruseschi e Marzotto.
Amava essere splendido e, come pagamento, esibiva il libretto della pensione
che era passivo non da mesi, ma da anni. Frequentava anche il mio locale,
comportandosi allo stesso modo. Una sera ero sul punto di buttarlo fuori, ma
si fece perdonare regalandomi un fazzoletto di seta che aveva trovato.
La gente di Latisana ha investito a Lignano?
Ha investito soprattutto la gente di San Stino, Torre di Mosto e dintorni,
anche se i Latisanesi indirettamente hanno sostenuto il sorgere di Lignano
con i loro tanti soldi depositati in banca.
Un giorno il direttore della Cassa di Risparmio di Latisana è passato a Il
Fungo, chiedendomi come mai non frequentassi il suo istituto bancario.
Un giorno ci sono andato e senza chiedere niente mi ha concesso un prestito
di mezzo milione di lire!
Nonostante la mia giovane età - avevo allora 25 anni - ho trovato davvero
molto sostegno nelle persone della Società Pineta,
Dove vive ora?
Sono ritornato a Lignano dopo aver vissuto a Rivignano e Bibione dove
avevamo aperto un negozio di articoli per bimbi.
Una volta alla settimana ritorno nel mio paese dove ho una stalla ristrutturata,
un piccolo orto e alcuni animali da cortile.
Coltivo anche un orticello qui a Lignano sul terreno di Argelio Scarpa e, come
vedete, sono sempre in movimento.
Non riesco proprio a stare fermo!
116
23 gennaio 2008
Vincenzo GIGANTE
Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris
Vincenzo Gigante, chiamato da tutti Checco, ha raggiunto quasi
l’invidiabile traguardo dei 91 anni, essendo nato il 2 marzo del 1917, e
ciò non gli impedisce di gironzolare ancora per Lignano per le più diverse
incombenze alla guida della sua Ape a tre ruote.
Come ha iniziato la sua attività lavorativa?
Da ragazzo lavoravo a Latisana come fornaio, ancora giovane sono partito
per il servizio militare come Guardia di Frontiera, ma tale servizio, a causa
della guerra, è durato ben sette anni.
Al ritorno ho ripreso il lavoro di fornaio, mi sono sposato con Fanny Minutello
che mi ha dato due figli, Patrizia e Giancarlo, che a loro volta si sono sposati
e hanno figli grandi, tanto che ora sono diventato bisnonno.
Quando è arrivato a Lignano?
Approdai a Lignano nel 1951, aprendo sulla spiaggia di Sabbiadoro un chiosco
che, in effetti, era un residuato di guerra in legno e che chiamai “Ausonia”. Sul
lato opposto c’era soltanto un piccolo bar, la Capanna d’Oro, tutto il resto
117
era pineta e dune di sabbia
solcate
dal
lungomare
Trieste realizzato come pista
per aerei leggeri.
L’arenile era una landa
deserta e i pochi bagnanti
si portavano l’ombrellone al
seguito e il pranzo al sacco,
poi consumavano qualche
bibita al bar.
È rimasto all’Ausonia per
parecchio tempo?
Terrazza dell’Albergo Capanna d’Oro sul lungomare - 1949
Qualche anno soltanto.
Poi mi trasferii in un’altra
area demaniale nei pressi della colonia EFA ODA.
Feci domanda al Demanio marittimo per ottenere in concessione un pezzo di
arenile per trovare una sistemazione definitiva.
Il Gabbiano - 1966
118
È stata una prassi facile?
Non tanto. Feci diversi ricorsi, diversi viaggi a Roma e finalmente negli anni
Sessanta ho inaugurato lo stabilimento balneare chiamato “Gabbiano” che
continua tuttora, ma gestito da mio figlio Giancarlo.
Si dice che abbia conosciuto lo scrittore Scerbanenco.
Si, lo conobbi nel 1957 e diventammo subito amici.
Lo scrittore veniva a trovarmi al Gabbiano, portando con sé la sua Olivetti
Lettera 22 e qui scriveva i famosi gialli Mondadori, nonostante la grande
confusione e la musica del juke-box che non lo infastidivano, anzi diceva che
lo aiutavano a ispirarsi per i suoi romanzi.
Dove si stabilì a Lignano?
Acquistai un terreno a Pineta, era un’area incolta dove regnavano volpi,
vipere, carboni, fagiani e lepri.
A quel tempo non c’era né luce né acqua e neanche fognature. La casa che
feci costruire fu la prima in quella zona, poi ne seguirono molte altre.
Lei potrebbe essere definito un pioniere di Lignano?
Certamente, per me è un bel complimento.
119
24 gennaio 2008
Argelio SCARPA
Intervistatrice: Wally Gigante Waddell
Mentre mi recavo a Sabbiadoro per l’intervista al signor Argelio
Scarpa, osservavo le cime delle montagne, nitide, incappucciate di bianco.
Dopo giorni di pioggia, il sole abbagliante inondava la città, conchiglia aperta
sul mare, con luminose note musicali.
Il signor Scarpa, con la sua consueta gentilezza, mi ricevette nella sua bella
casa nel centro di Lignano Sabbiadoro.
Lei è nato a Lignano?
Sono nato a Lignano, a Casa Scarpa, nel 1938.
La levatrice arrivava in bicicletta da Pertegada, ma mia nonna era esperta,
aveva avuto sei figli, e io sono nato prima che la levatrice arrivasse.
I miei nonni, assieme a mio padre e agli zii, sono arrivati a Lignano da Cavallino,
provincia di Venezia, nel 1929, l’anno del grande freddo. Si racconta che si
poteva attraversare la laguna sul ghiaccio fino a Marano. All’inizio della loro
permanenza a Lignano percorrevano la Lignano - Cavallino in bicicletta.
Ricordo che avevano ricavato un frutteto da 18 ettari di palude. È stato il
primo frutteto del Friuli. Si estendeva a ovest del cimitero, attualmente una
parte è occupata dal depuratore.
121
Mi racconti qualche episodio che più l’ha impressionata.
Durante il periodo dell’ultima guerra, i Tedeschi che avevano occupato
Lignano usavano allagare i terreni nella zona adiacente il canale Litoranea
Veneta per impedire il passaggio a nemici che potevano sbarcare da quella
zona, e così rendere l’accesso difficile.
Il frutteto era già produttivo in quegli anni e la mia famiglia, aiutata dal signor
Gastone Venturini, un amico di
grande grinta, erano impegnati
giorno e notte per impedire che
il terreno si allagasse. Una sera,
l’acqua stava superando gli argini,
la mia famiglia e l’amico Gastone
lavorarono con tenacia tutta la notte,
tappando i buchi e salvando così
il frutteto. L’economia di Lignano
era allora prettamente agricola,
ma il terreno necessitava di essere
irrigato. Si vedono ancora, in via
San Giuliano, pezzi di canalette di
irrigazione in cemento costruite dal
Chiuse sulla Litoranea Veneta a Bevazzana
Consorzio di Bonifica.
Dov’era la vostra prima
abitazione a Lignano?
Abitavamo a Casa Scarpa in
via Lovato, oggi trasformata nel
Ristorante La Stalla. Venivamo a
messa con il calesse trainato da
un cavallo.
Una domenica degli aerei nemici ci
mitragliarono e noi ci riparammo
nella stalla dove abitava una delle
famiglie Bidin.
Il cimitero era a Pertegada. Non
Alberghi Stella e Bruni in via Udine- 1954
c’era molta gente a Lignano e
c’erano pochi decessi, ma quando
moriva una persona i ragazzi di Lignano erano felici perché, assieme al feretro,
salivano anche loro sul camion e si facevano scorazzare fino a Pertegada.
Il camion della famiglia Scarpa veniva sempre utilizzato per il trasporto delle
salme. Per andare in ospedale si usava la macchina sempre della famiglia
122
Scarpa che si prestava in simili occasioni. A parte la chiesa, le abitazioni
erano poche. Ricordo l’Albergo Stella della famiglia Bruni.
Ricorda qualche altro episodio che le è rimasto vivo nella mente?
Ricordo i rastrellamenti che facevano i Tedeschi.
Un giorno mia sorella ed io, avrò avuto cinque o sei anni, stavamo giocando
sul retro della casa quando in compagnia di mio padre arrivò un tedesco
armato.Questi ci prese e ci portò dalla mamma, ma prima di entrare in casa
vidi una ventina di tedeschi che avevano circondato l’abitazione. Una volta
entrati frugarono in tutti gli angoli: cercavano armi, radio ricetrasmittenti,
partigiani nascosti. Eravamo spaventati, io poi ero sempre attaccato alle
gonne della nonna.
Dove ha iniziato i suoi studi?
Ho frequentato la scuola elementare nella Colonia Vecchia, ex
Albergo Friuli, situata vicino alla
punta della penisola e vicino alla
caserma della Guardia di Finanza,
poi mio padre mi ha mandato a
scuola di agronomia. Nel 1955
mio papà, vedendo un futuro nel
settore alberghiero, mi iscrisse
alla scuola alberghiera di Merano
dove ho studiato e conosciuto
mia moglie che frequentava la mia
Hotel Friuli - Colonia marina friulana con bambini - 1930
stessa scuola.
Mia moglie è di Rovereto, ha
frequentato degli stages in Inghilterra, Svizzera e Austria, parla quattro lingue.
Ha lavorato due anni a nord di Bolzano nell’albergo del nostro insegnante. Poi
nel 1958 mi ha contattato per sapere se c’erano delle possibilità lavorative
a Lignano come segretaria d’albergo. Io avevo già l’Albergo Scarpa, avevo
bisogno di una segretaria e così venne a lavorare da me. Galeotto fu il lavoro
in comune: nel 1959 ci siamo fidanzati e nel 1961 ci siamo sposati
In che periodo avete costruito il vostro albergo?
Il papà e gli zii, vedendo che i turisti sempre più numerosi cominciavano a
123
frequentare Lignano, nel 1946
costruirono l’albergo rosticceria
“Alla Lanterna Verde”, in seguito
ampliato diventò l’Albergo Scarpa.
Ricordo che il notaio Cipolla aveva
un suo recapito da noi e veniva
una o due volte la settimana a
stipulare contratti.
Mia moglie è stata una collaboratrice ineguagliabile; con il suo aiuto, la sua spinta, le sue capacità
abbiamo progredito, curando
la qualità della ristorazione e il
Albergo Scarpa in via Udine - 1952
trattamento degli ospiti. Abbiamo
collaborato nel lavoro e nella
famiglia. Voglio includerla nella fotografia come l’ho inclusa nella mia vita.
Chi, secondo lei, ha contribuito maggiormente
allo sviluppo di Lignano?
Argelio Scarpa e Signora
Vi hanno contribuito l’impresario costruttore Tullio
Gregoratti e l’impresa edile Sandri che ha fatto le
prime costruzioni, più tardi l’impresa Ursella con
le costruzioni di Lignano City e non solo quelle, i
signori Guido Teghil e Giuseppe Piccoli che hanno
lottizzato e venduto terreni edificabili.
Il dottor Emilio Zatti, figura di risalto a Lignano, è
stato prima di tutto un bravo dottore.
Ero in fin di vita per una grave infezione intestinale,
avrò avuto dieci anni, egli mi ha salvato, facendo
arrivare la penicillina allora introvabile e dormendo
a casa nostra perché necessitavo di frequenti
iniezioni.
Quando è stato chiuso l’Albergo Scarpa?
L’Albergo Scarpa è stato chiuso nel 1976, l’anno del terremoto. Fino al 1975
è stato gestito da mio padre e da mio fratello, mentre noi gestivamo dal
1973 l’Hotel Atlantic dei signori Andretta.
Mio padre ha aperto il Bar Scarpa di vicolo Marano, ancora funzionante
come ristorante tipico friulano.
124
27 gennaio 2008
Marco MARIN
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Marco Marin, classe 1951,
è il più giovane degli intervistati,
ma porta un nome pionieristico.
Suo nonno Angelo, proprietario di
terreni e di valli di pesca, è stato
sindaco di Marano Lagunare per
una decina d’anni, mentre il fratello
Antonio era giudice nella stessa
località.
Il
nonno Angelo è stato
lungimirante, ha creduto subito
nello sviluppo di Lignano come
Grand Hotel Lignano di Angelo Marin - 1930
centro balneare e nel 1903 ha
fatto costruire l’Albergo Lignano diventato alcuni anni dopo Hotel Marin,
tuttora uno dei più prestigiosi e rinomati alberghi della località.
Parliamo del nonno pioniere
Sì, davvero pioniere. L’idea di costruire un albergo a Lignano nel 1903 è
stata un’idea azzardata, se così si può dire, in quanto non c’era nulla, ma
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il nonno ci ha creduto fino
in fondo. Nato a Marano
nel 1879, il nonno ha
realizzato l’albergo, a soli
25 anni d’età, fra difficoltà
non comuni e con una
antiveggenza che gli è stata
riconosciuta in seguito. Le
pietre per questa massiccia
costruzione
giungevano
dall’Istria, a mezzo barconi,
fra dune di sabbia e spiaggia
selvaggia.
Il nonno è stato uno dei
Angelo Marin con moglie figlio e nuora
promotori
e
assertore
convinto dell’autonomia di
Lignano, con il distacco da Latisana, impresa che egli vide coronata, così
come egli riuscì a vedere il grandisoso sviluppo assunto dalla spiaggia alla
quale aveva affidato, in anni lontani, il meglio della sua attività e delle sue
fortune.
Il nonno è stato seguito da mio padre, nato anche lui a Marano nel 1909, e nel
1968 l’albergo è stato rifatto, ampliato, e ora siamo alla terza generazione.
Al tempo del nonno Angelo c’erano turisti?
La memoria storica mi dice che erano clienti ungheresi e rumeni per lo più
nobili, una fascia di clientela d’élite, infatti solo una clientela di questo livello
poteva venire a trascorrere lunghi periodi di ferie nella tranquilla e assolata
Lignano. L’albergo era piccolo: due i piani, trentacinque le camere, le cucine
erano nel seminterrato.
Me lo ricordo bene, perché l’albergo è stato ristrutturato dopo.
Una volta i due piani diventati
realtà, l’arrivo a Lignano dei
turisti non si presentava meno
macchinoso. Questi arrivavano,
in treno, fino a Cervignano e da lì
venivano accompagnati a Marano
da dove, in barca, giungevano a
Lignano in quella che è la darsena
odierna.
La fatica, comunque, era ben
ripagata dalla fedeltà dei primi
Pontile da sbarco - 1913
126
ospiti, signori bene della Mitteleuropa che ritornavano anche gli anni
successivi, facendo, nel contempo, buona pubblicità alla struttura. L’Hotel
ha sempre avuto una bella clientela, sia ai tempi della Belle Epoque sia oggi,
annoverando professionisti prestigiosi, ma anche letterati di valore come
Carlo Sgorlon.
Ricordo che le signore scendevano a cena in abito da sera, avevano un fascino
particolare e un modo di vivere diverso.
Ai tempi dei miei genitori le ferie erano vissute in maniera diversa, tutto era
più tranquillo, la clientela si fermava in albergo un mese, anche un mese
e mezzo. Ora la clientela può essere considerata medio alta e si ferma in
albergo una settimana, anche talvolta un solo week-end.
È cambiato, insomma, il modo di fare ferie.
Che cosa ricorda della Lignano degli anni Sessanta?
La mia infanzia è stata meravigliosa. Uscivo e avevo la spiaggia davanti
all’albergo. Di sera toglievano gli ombrelloni e li rimettevano la mattina.
Andando verso il faro, c’era una colonia marina e poi la palude con fiori
palustri dagli splendidi colori rosa e viola, poi non c’era più nulla.
Dove oggi c’è “Terra-Mare” c’erano vigneti e un campo di calcio con cabine
che fungevano da spogliatoi. C’era qualche costruzione dopo la chiesa, City
non esisteva ancora e a Pineta c’era solo il centro.
Fino agli anni Sessanta Lignano era una meraviglia dal punto di vista
paesaggistico e naturalistico, la natura era incontaminata: un sogno.
Ora ci sarebbe da mantenere il livello turistico acquisito negli anni, io conosco
molto bene la costiera adriatica e posso dire che Lignano è curata, signorile,
molto più bella di altre località.
Cercherei di mantenerne il prestigio, di conservarne la spiaggia e di valorizzare
la città che è, per nascita, turistica nel vero senso della parola.
Io sono innamorato di Lignano e perciò non posso parlarne che bene.
Ha particolari ricordi legati alla sua infanzia?
Ricordo mio nonno: un uomo grande, imponente, dava suggestione, mentre
mia nonna era piccola, formavano uno strano articolo “il“.
Quando io ero ragazzino c’era già mio papà che si occupava dell’albergo
assieme a mia mamma, romagnola e di professione maestra, che ha lasciato
l’insegnamento per dedicarsi alla gestione dell’albergo.
Ricordo il grande senso di libertà: libertà di correre sulla spiaggia, libertà di
non avere timori perché tutto era più tranquillo, libertà di prendere la bici e
di correre fino alla Val Pantani senza pericoli, libertà di giocare…
127
Ama la caccia e la pesca?
Noi avevamo una riserva di caccia, la Val Pantani,
e da piccolo andavo a caccia di una grande
varietà di anatre selvatiche con mio padre.
Risento il tonfo dei remi del barcaiolo, non
rumore di motore, rivedo gli stampi delle anatre
depositati sullo specchio d’acqua, tutto intorno
silenzio, solo silenzio.
In valle c’era una casetta di caccia e lì ci riunivamo,
tutto era meraviglioso e la mia infanzia è stata
davvero felice.
Tra Aprilia Marittima e Lignano c’era la riserva
di pesca, si seminavano gli avannotti e poi si
pescavano: era insomma una pesca naturale. Il
pesce era ottimo, il sapore del pesce è dovuto a
ciò che il pesce mangia, al fondale.
Era un modo di vivere all’aperto, libero, senza
alcun problema, a contatto con la natura. E dopo
Cacciatore in barena -1927
tutti al focolare a mangiare il pesce pescato.
Vado ancora a caccia e a pesca, ma ora tutto è cambiato, l’atmosfera non
è più la stessa, Il rapporto uomo/natura dovrebbe rimanere inalterato nel
tempo, ma l’uomo ha un atteggiamento poco rispettoso verso di essa, non sa
amarla, non sa godere delle sue bellezze, né sa cogliere, nella giusta maniera,
quello che essa dà.
Che rapporti ha Lignano con la natura?
Ha senz’altro buoni rapporti.
D’estate c’è la possibilità di fare lunghe passeggiate sia a piedi che in bicicletta
in mezzo al verde, lungo la laguna, sul lungomare e nei percorsi ciclabili che
incentivano a vivere in simbiosi con le meraviglie che la natura offre.
È un piacere assistere al calar del sole sulla laguna, come pure ripararsi
dalla calura sotto i rami rigogliosi dei numerosi alberi, anche secolari, che
caratterizzano la nostra località.
D’inverno le passeggiate sulla spiaggia sono splendide, nelle belle giornate
l’aria è talmente limpida che si vede Grado e perfino il golfo di Trieste, si gode
del Tagliamento, della pineta, della laguna.
Lignano ha una posizione splendida e una spiaggia d’oro, non per niente è
detta Sabbiadoro.
128
2 febbraio 2008
Renato CHIARUTTINI
Intervistatrice: Wally Gigante Waddell
Mentre intervistavo il signor Armando Ferro, egli continuava a dirmi
che il suo amico Renato Chiaruttini aveva una memoria formidabile e che
mi avrebbe senz’altro raccontato molti episodi
della storia di Lignano. Lo presi in parola e mi
feci accompagnare da lui al numero civico 95 di
via Casabianca.
Il signor Renato Chiaruttini, persona
gentile e molto attiva, è stato contento di parlare
della sua Lignano.
Per non dimenticare nulla ha fatto scrivere a
suo nipote i nomi di tutte le famiglie presenti sul
territorio lignanese negli anni 1935-1940.
Da dove proviene la sua famiglia?
I miei nonni arrivarono a Lignano nei primi anni
del 1900 da San Giorgio di Nogaro. Arrivarono
con la barca, partendo da Marano.
Qui iniziarono costruendo una baracca di legno.
Pietro Chiaruttini con figlia e nuora
129
Oltre ad abitazione, la baracca
serviva da ristorante per gli operai
che stavano bonificando Lignano.
Dopo pochi anni iniziarono la
costruzione dell’Albergo Alla Pineta
in via Latisana, all’incrocio con viale
Italia. Ora non esiste più, è stato
demolito nell’ottobre del 2005.
Da dove proveniva il materiale
per la costruzione?
Albergo Alla Pineta - 1910
Gran parte dei materiali e delle persone stesse
venivano trasportati via laguna, da Precenicco o da
Marano.
Le prime strade, bianche, di Lignano sono state viale
Italia, via Latisana e via Casabianca tutta pietre e
sassi.
Di quante persone era composta la famiglia dei
suoi nonni?
Portale “Alla Pineta”
C’era il nonno Pietro, la nonna Angela e cinque figli
tra i quali mio papà Guido detto Ciro.
L’Albergo Alla Pineta aveva un piccolo bar con la
licenza di Sali e Tabacchi, la prima licenza in Lignano.
Mio padre andava in bicicletta a Latisana a rifornirsi.
Egli sposò Elisabetta Lepore. Nel 1924 è nato mio
fratello Giacomo, nel 1929 nacqui
io e nel 1933 mio fratello Pietro.
La nonna Angela morì nel 1935 e
nonno Pietro nel 1937. Poi morì
mia madre nel 1939.
Nel 1940 mio padre si trovò in
difficoltà finanziaria e vendette
l’Albergo Alla Pineta. Ci trasferimmo
in via Udine dove aprì un bar,
trasferendovi la licenza di Sali e
Tabacchi. Per le sue idee politiche
gli fu revocata la licenza per darla
a uno iscritto al Partito fascista.
Strada per Lignano - 1911
130
Successivamente ci trasferimmo nell’Albergo
Alberini, ma nel luglio seguente una tromba
d’aria distrusse tutto.
Mio padre si risposò con la signora Candida,
una brava cuoca dei nostri alberghi. In una gara
di cucina vinse il primo premio. Candida aveva
promesso a mia madre che avrebbe badato a
noi, lo fece fino all’età di ottantaquattro anni,
anno della sua morte.
Conservo tanti ricordi di lei. Un giorno, correndo
verso casa scalzo, un chiodo mi si conficcò
nel piede sinistro. A casa, Candida, visto che
non riusciva a toglierlo con le mani perché era
penetrato troppo a fondo, me lo tolse con i
denti e mi disinfettò con acqua e aceto. Andò
un momento in cucina e quando uscì io stavo già
correndo sulla spiaggia. Ero una vera peste!
Guido Chiaruttini con la moglie Elisabetta Lepore
Com’era la scuola ai suoi tempi?
Era molto più severa di oggi. C’erano pochi scolari e in una sola classe c’erano
bambini di diverse età. Se ti comportavi male, arrivavano le bacchettate o si
andava dietro la lavagna inginocchiati sui sassi.
Un giorno, con i miei compagni, siamo rimasti chiusi
per punizione nell’aula per più di un’ora, mentre gli
altri andavano a casa.
Mentre il maestro stava portando fuori il cane, noi
abbiamo aperto la finestra e siamo scesi lungo la
grondaia.
Durante il periodo mussoliniano, per crescere
sani e forti, bisognava fare ginnastica e a seconda
dell’età si era “Figli della Lupa“, “Balilla“...
Per quindici giorni all’anno ci facevano prendere
l’olio di merluzzo.
Io ho frequentato solo le classi elementari.
D’estate i miei compagni e io giocavamo ai “banditi“,
a calcio con palloni di pezza, nuotavamo, avevamo
imparato da soli a nuotare! In laguna costruivamo
degli scivoli con la melma, scivolando a volte ci
tagliavamo con le conchiglie.
D’inverno andavamo a pescare, a raccogliere legna
per il fuoco e ci arrampicavamo sulla grande quercia
Piccoli Balilla presso il Ristorante “da Marchetto”
131
di via Verona, simbolo di Lignano, ora stretta tra
le case.
Degno di nota è anche il cippo di viale Italia - pietra
miliare statale - posato sulla strada statale 354
che dalle Crosere arrivava fino in fondo a via
Latisana.
Nel 1973, con Decreto Ministeriale, la strada da
statale è diventata comunale.
Chi erano i suoi amici?
I miei amici preferiti erano Felice Fanotto, Giovanni
Bonafè, Gianni Pittoni, Sergio e Ugo Bidin, Angelo
Fraulin, Cesare De Minicis, Giuliano Chiarparin e
Roberto Venaruzzo.
Noi bambini abbiamo aiutato gli operai nella
costruzione della Chiesa S. Giovanni Bosco.
Per la Prima Comunione indossavo un vestito
Cippo in via Latisana
fatto dalla Candida con la stoffa di un vestito di
mia mamma, pantaloncini corti e scarpe da ginnastica.
Ricorda un episodio in particolare?
Per l’inaugurazione del lungomare Trieste e della Colonia Marina, negli anni
1935/1940, è venuto a Lignano il principe Umberto di Savoia che si presentò
alla gente dal balcone di Villa Bignami, sul lungomare. Aveva preso alloggio a
Villa Moretti.
Anche il Podestà arrivò in
visita da Latisana a cavallo,
con consiglieri e familiari
e seguito da diversi cani
levrieri.
A quei tempi c’era solo
la Guardia di Finanza
che controllava il traffico
marittimo, in particolare.
I Carabinieri venivano a
Lignano una volta alla
settimana e noi bambini, se
li vedevamo, andavamo a
nasconderci.
Carabinieri sul lungomare
132
20 febbraio 2008
Olindo VALERI
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
La nostra chiacchierata avviene al Centro Civico dove il signor
Olindo arriva in bicicletta. Prende il suo bastone ed entra. È un signore alto,
imponente, ma pacato, tranquillo e disponibile.
È nato a Cessalto il 21 gennaio 1924, secondo di otto figli.
Signor Valeri, quando è arrivato a Lignano?
Nel 1942 mio padre Angelo
lavorava all’ANAS a San Michele al
Tagliamento, quando un ragioniere
gli propose di sistemarsi con la
famiglia a Lignano, come mezzadro
dei signori Andretta.
La casa “La Pergola” in cui ci
trasferimmo era nuova e grande,
tuttora esistente vicino al Gambero
Rossonero, ma convertita, credo in
mini appartamenti. Io allora avevo
diciotto anni, mio fratello Romeo
venti.
Mario Andretta con Angelo Valeri - 1942
133
Lavoravamo tutti in famiglia, coltivando granoturco,
patate, viti, alberi da frutta. Il sessanta per cento del
prodotto era nostro e il quaranta per cento andava
al padrone.
C’era molta selvaggina in giro, ma a liberarcene ci
pensavano le volpi, visto che nel nostro fondo la
caccia era proibita.
Intorno a noi c’era solo bosco, l’unica strada di
collegamento era via Latisana.
Quali erano i suoi divertimenti di allora?
Si passava il tempo libero in osteria a giocare a carte.
I posti di ritrovo erano tre: l’Albergo Stella, il Bar
Moretti e, giù verso la darsena, il locale Alla Pineta.
In ottobre a San Zaccaria si celebrava la festa della
Madonute e vi si svolgevano varie gare: la corsa
nei sacchi, la mangiata di pastasciutta con le mani
Marcello Valeri e Rino Moro. Aratura via Verona
legate dietro la schiena, l’albero della cuccagna, il
mio preferito perché riuscivo a prendere qualche
bottiglia di vino o un salame.
Com’era Lignano nel dopoguerra?
Nel dopoguerra si cominciò a costruire, mio fratello e io ci dedicammo
all’edilizia prima come manovali, poi come muratori. Mio fratello, dapprima,
prese in gestione un albergo in centro, poi se ne costruì uno che tuttora porta
il suo nome “Romeo“.
Io, intanto, mi costruii una casa verso il centro in via Tarcento, angolo via dei
Platani, e nel 1961 aprii con la mia famiglia un’attività di bar-ristorante, il bar
Laguna che affittava anche camere. Mia moglie e i figli gestivano il bar, io mi
dedicavo all’edilizia.
Ho costruito diverse case e ville, ma dopo il 1960 ho lavorato soprattutto a
Lignano Pineta con la ditta Ursella.
Ho continuato questo lavoro con mio figlio Angelo, mentre mio figlio Armando
ha gestito il bar-ristorante fino allo scorso anno quando è stato demolito.
Per me era piacevole stare nel mio locale, perché era frequentato da tanta
gente: italiani, austriaci, tedeschi. Si parlava, si stringevano amicizie e gli
ospiti tornavano ogni anno.
Finché il mio locale è rimasto aperto, io passavo lì le mie giornate.
Il periodo migliore per Lignano è durato fino agli anni Ottanta.
134
17 marzo 2008
Rita NORO
Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris
La Signora Rita Noro è da tutti conosciuta, stimata e apprezzata
come la levatrice Rita.
Originaria di Tarcento dove è nata nel 1928, si è diplomata ostetrica
nel 1950 dopo aver frequentato la scuola presso l’ospedale di Udine.
Per alcuni anni ha esercitato la sua professione nella propria cittadina.
Signora Rita, quando è arrivata a Lignano?
Sono arrivata il primo maggio del 1957. Allora nella splendida penisola
friulana vivevano circa duemila persone e la località non era altro che una
frazione del Comune di Latisana.
Si è, quindi, sposata a Lignano?
Sì, e tuttora vivo qui con mio marito Tarcisio. Dalla nostra unione è nato
Sergio che attualmente vive a Milano con la propria famiglia, per ragioni di
lavoro.
135
Come è stato il suo primo periodo di vita in questa località?
È stato un periodo di intenso lavoro. I bambini lignanesi venivano alla luce tutti
in casa, quindi assistevo ai vari parti, ma non solo, davo pure assistenza alle
puerpere a domicilio, spostandomi da una abitazione all’altra in bicicletta.
Qual era il suo orario di lavoro?
Non c’erano né orari né festività da rispettare.
Ero sempre pronta ad accorrere con tutti i tempi dove la mia presenza era
necessaria.
Quanti bambini ha fatto nascere a Lignano?
Oltre 160 sono i bambini che ho aiutato a venire al mondo dal 1957 al
1973, anno in cui ho raggiunto il limite d’età pensionabile.
Negli ultimi anni però le nascite sono avvenute in ospedale, ora non ci sono più
bambini che nascono in casa, tutti si rivolgono alle strutture ospedaliere.
Nel corso della sua professione si è mai sentita un po’ psicologa?
Diverse volte, la gente aveva bisogno di assistenza psicologica nelle varie
difficoltà della vita.
A volte era più necessaria una buona parola, una parola di conforto che cure
mediche.
C’è un momento particolare della sua vita professionale che ricorda
maggiormente?
L’inverno 1976/77 quando a Lignano sono giunti moltissimi terremotati
dall’Alto Friuli.
Dopo la seconda terribile scossa di terremoto del mese di settembre, molti
friulani hanno dovuto abbandonare le proprie case per paura di altre scosse
sismiche e di ulteriori assestamenti del terreno.
Lignano è stato uno dei comuni che ha ospitato il maggior numero di sfollati,
diverse migliaia.
In quei mesi ho collaborato con le assistenti sociali per aiutare le famiglie in
difficoltà, soprattutto mamme e bambini .
136
Rita Noro con il dottor Zatti - colonia 1957
Ha incontrato molte persone nel corso della sua vita professionale?
Sì, ce ne sono state parecchie, ma in particolar modo voglio ricordare con
stima e rispetto il nostro medico condotto per moltissimi anni, il dottor
Emilio Zatti, anche lui arrivato a Lignano giovanissimo e che ora, purtroppo,
è venuto a mancare.
Cosa augura ai Lignanesi di oggi?
Auguro che a Lignano possa crearsi una maggior vita sociale, com’era un
tempo quando eravamo meno benestanti, ma più sereni e ci sentivamo tutti
una grande famiglia.
137
31 marzo 2008
Maria Grazia e Pietro BELLETTI
Intervistatrice: Mariella Piutti Fabris
Da molti anni conosco la signora Maria Grazia Belletti, nata a Parenzo
il 22 marzo 1941, e il fratello Pietro, nato pure lui a Parenzo il 9 agosto del 1943.
Sono due persone molto gentili e disponibili a raccontare la loro storia.
Da dove proviene la vostra famiglia?
I nostri genitori Giuseppe e
Giuseppina erano tutti due
nati e residenti a Parenzo,
città della ex Iugoslavia,
erano grossi proprietari
terrieri e negozianti.
La famiglia Belletti era
una delle più facoltose di
Parenzo ed erano proprietari
della prima autovettura
della nostra città e nostro
padre aveva assunto un
autista in quanto non aveva
la patente.
Famiglia Belletti - 1953
139
In che anno e per quali ragioni siete arrivati a Lignano?
Siamo arrivati a Lignano nel 1953 a causa delle tristi e dolorose vicende
dell’esodo istriano.
La nostra partenza risale al giugno del 1949, in quanto era oramai impossibile
vivere a Parenzo a causa dell’occupazione da parte di Tito.
In un primo tempo siamo stati ospiti a Trieste dal fratello di mio padre, poi
abbiamo abitato a Lugugnana per circa sei mesi, poi a Paludo di Latisana e
infine abbiamo raggiunto Lignano.
Con quale attività avete iniziato una nuova vita a Lignano?
La mamma, a Parenzo, gestiva una rivendita di tabacchi, perciò le fu concesso
di aprire la stessa attività a Lignano
All’inizio la rivendita era situata in via Aquileia, dopo alcuni anni fu trasferita
in via Tolmezzo dove esiste tuttora con un’altra gestione.
Com’era la Lignano di allora?
A quel tempo il turismo cominciava a muovere i primi passi, gli abitanti non
erano numerosi, noi ci siamo ambientati subito, anche perché la nostra città
di origine era un posto di mare simile a Lignano
Come siete stati accolti dai Lignanesi?
Possiamo dire di essere stati accolti benevolmente, anche se qualcuno,
prevenuto nei nostri confronti, ci chiamava “slavi“ e pensava che avessimo
molte agevolazioni.
Avete avuto difficoltà ad inserirvi nel tessuto sociale di Lignano?
No, come abbiamo detto siamo stati accolti bene, abbiamo trovato molta
disponibilità negli ambienti locali come pure nella scuola.
Chi di voi ha sofferto maggiormente per l’esodo?
Naturalmente i nostri genitori, ma cominciarono con grande coraggio questa
loro nuova vita. Noi, invece, eravamo ancora piccoli per renderci conto degli
avvenimenti che ci avevano coinvolti.
140
I vostri figli hanno conosciuto la vostra terra d’origine?
Si, abbiamo trasmesso anche a loro
l’amore per quella terra, anche se loro si
sentono del tutto lignanesi e amano molto
la loro città.
Famiglia Belletti - aprile 1990
141
14 aprile 2008
Giorgio VENTURINI
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Il capitano Giorgio Venturini mi
accoglie nella sua Agenzia nautica. L’ ufficio
è spazioso, al di là della vetrata, schermata
da una tenda, filtra il sole e si percepisce la
laguna. Il posto è incantevole.
Ci siamo adagiati in comode poltrone e
il signor Venturini, classe 1935, inizia a
parlare, lasciandosi cullare dai ricordi.
Quando e perché i suoi sono arrivati a
Lignano?
Mia mamma è arrivata a Lignano da
Trieste nel 1928 come assistente sanitaria
visitatrice dell’Opera Nazionale Maternità
e Infanzia, con il compito precipuo di
combattere la malaria. Incontro ancora delle
persone che mi raccontano di quando mia
madre li obbligava, da bambini, a prendere
le pastiglie antimalariche.
Eleonora Alberti Venurini - 1932
143
La sua funzione, però, non era solo quella
di fare guerra alla malaria, ma anche di
occuparsi delle persone anziane, affidandole
alle case di riposo, e di inserire i ragazzi nelle
colonie marine e/o montane.
Mio papà è venuto a Lignano con la ditta di
un suo zio, la Toffano-Battelona, incaricata
di sistemare i pali di sostegno, in cemento,
per la costruzione della seconda terrazza a
mare.
I miei si sono incontrati a Lignano, dal loro
matrimonio sono nati quattro figli: Fabio vive
in Brasile con la sua famiglia, Silvia è negli
Stati Uniti, Paolo è il più piccolo e io sono
il primogenito. Mia madre, avendo scelto
di partorire a Venezia, è dovuta rientrare in
barca a Lignano con un bebè di pochi giorni
di vita.
Quando l’imbarcazione è arrivata sul
Toffano detto Battelona impresario
Tagliamento, un intenso vento di scirocco,
misto a pioggia, ha cominciato a soffiare e la mamma è dovuta scendere a
terra con me in braccio per trovare riparo sotto un pino, in attesa che il vento
si placasse e si potesse percorrere l’ultimo tratto. È da dire che sono nato il
1° ottobre!
Siete sempre rimasti a Lignano?
No, dopo la nascita del secondogenito, la mamma è stata trasferita dapprima
a Fanna in Croazia e poi a Villa del Nevoso in Slovenia, territori allora italiani,
dove siamo rimasti fino a quando i partigiani hanno cominciato a perseguitare
i residenti di nazionalità italiana.
Mia madre ha assunto quindi servizio a Claut, Barcis e Cimolais e per un
periodo abbiamo abitato a Maniago, poi, stanca dei vari trasferimenti, ha
seguito il consiglio di papà e ha lasciato il lavoro.
Dopo la liberazione siamo rientrati a Lignano.
Lo scoppio di una gomma del camion appena comperato, firmando non
poche cambiali, ci ha portato via il papà a soli quarantadue anni. L’incidente
è accaduto nel 1949, anni di grande miseria, anche a Lignano
Mio padre aveva dei mosconi che furono, alla sua morte, sequestrati e messi
all’asta. Alcune persone benestanti di Lignano hanno partecipato all’asta, li
hanno acquistati e ce li hanno riconsegnati. Un’azione davvero sorprendente!
Abbiamo, così, potuto riorganizzarci e ripartire, seppur da zero.
144
Hai dei ricordi particolari del periodo bellico e/o postbellico?
Ricordo che i Tedeschi hanno fatto esplodere l’argine del canale e hanno
allagato tutta la parte nord di Lignano quella che va dalla zona Coin a casa
Burgato, per intenderci.
Mio padre è andato con il cavallo a sistemare sacchetti di sabbia per fermare
l’acqua. È intervenuto poi il signor Burgato con l’idrovora per togliere del
tutto l’acqua dai campi.
Ho un ricordo nitido di quando i bombardieri, tornando dalla Germania o
dall’Austria, passavano sopra di noi per andare al sud e scaricavano tutte le
bombe in mare.
Altro ricordo è la TODT: gli uomini erano obbligati a lavorarvi per costruire
dei fortini, ce n’erano diversi a difesa della costa. Ora è rimasto solo il bunker
vicino alla Caserma della Finanza.
A mezzogiorno i lavoratori avevano diritto alla zuppa con dentro un pezzo di
salame o di anguilla affumicata, si faceva la fila per prendere la gamella nella
zona della Terrazza a Mare, me lo ricordo perché andavo spesso a ritirare il
rancio.
Un giorno c’è stato un bombardamento: un fuggi fuggi generale, gente che
correva, che si buttava in mare, mi ricordo il pontile pieno di biciclette a terra
e di zuppa sparpagliata.
Com’era Lignano negli anni Cinquanta?
Cominciava a crescere, con pochi soldi allora si comperava un pezzo di terra,
di 500/600 mq e si costruiva un piano che si affittava e dopo un paio d’anni
si costruiva un secondo piano.
Piccole case sorgevano lentamente e un po’ dappertutto. Le strade erano
tutte bianche, non c’erano strade asfaltate.
In questa zona e fino al cimitero odierno c’erano le case coloniche abitate
dalle famiglie Zanata, Fanotto, Moro, Battistella, Bidin e Valeri, erano tutte
case di proprietà dei signori Andretta. Un fattore girava in motocicletta di
casa colonica in casa colonica per dirigere e controllare i lavori agricoli. Al di
là c’era la grande tenuta Gaggia con le sue officine.
Nel 1958 Lignano, frazione di Latisana, si è ribellata al Comune di
appartenenza, incatenando il ponte girevole affinché non si potesse più
chiudere.
Allora io navigavo. Essendo a casa tra un imbarco e l’altro, mi sono recato
dalla darsena al ponte girevole con una barca di pescatori, e in un certo qual
modo ho partecipato all’operazione!
145
Dove abitava la sua famiglia?
L’ultima nostra abitazione è stata la Villa Ferrari sul lungomare, la quarta
dopo la Terrazza a Mare, andando nella direzione della Colonia.
L’ingegnere Ferrari sovrintendeva ai lavori di costruzione delle canalette di
irrigazione.
Finita la guerra, i partigiani l’hanno preso, portato in bosco per eliminarlo, ma
la pistola ha fatto cilecca per ben tre volte e lui, uomo massiccio e robusto, li
ha presi a calci ed è scappato.
Non sentendosi del tutto sicuro e per non essere solo nella villa buia e isolata,
infatti dietro c’era un grande orto e sulla sinistra un grande spazio dove oggi
c’è la Villa Mucci, ha invitato dei Lignanesi a venir a vivere a casa sua.
Passato il periodo difficile, l’ingegnere ha ben pensato di sfrattare tutti. Mia
mamma, allora, ha costruito la casa in via Latisana dove oggi c’è l’ufficio di
Paolo, la prima casa a essere edificata su quel lato della strada.
Lei navigava?
Sì, nel 1950, durante l’estate, ho fatto il mozzo sulla motonave “Aristide“
di Cosulich il povero, un’imbarcazione talmente sgangherata da far definire
Cosulich “povero“.
Quei mesi da mozzo mi sono serviti moltissimo, al nautico conoscevo molte
più cose degli altri.
Nel 1955 mi sono imbarcato come allievo ufficiale e ho navigato per circa
otto anni.
Rientrato definitivamente a Lignano, mi sono dedicato alla pesca di cape
lunghe con tre barche da pesca turbo soffianti atte a prendere i cannolicchi,
ho cominciato assieme
al signor Serafin al
quale io davo consigli
di tipo marinaro, e lui
a me di tipo tecnico.
Per quel tipo di pesca
siamo stati tutti allievi
di Giovanni Serafin
che aveva un genio
meccanico
notevole
e sapeva recuperare
il pezzo giusto per la
soluzione di qualsiasi
problema meccanico.
Le barche, infatti, erano
Barca turbo soffiante di Giorgio Venturini
146
fatte tutte con pezzi di recupero: l’ancora, sulla mia prima barca, veniva
issata con un aggeggio con il quale l’ospedale di Latisana tirava su i pentoloni
della minestra, il cesto veniva girato da una binda delle Ferrovie dello Stato,
c’erano tubi e tubicini ovunque e il motore, il primo in assoluto, era un vecchio
motore del 1934, abbandonato dopo la campagna d’Africa.
Insomma, io trovavo le barche e le attrezzavo, le armavo per quel genere di
pesca.
Quando si ritornava dal mare la sera, c’era già il camion che ci aspettava per
caricare il pescato e portarlo al mercato di Venezia.
Abbiamo così lavorato per circa cinque anni, poi le barche nostre e di altri
lignanesi sono diventate otto, infine, sono intervenuti i maranesi che erano
molto meglio attrezzati di noi.
Poi ha aperto l’Agenzia nautica?
Alla fine degli anni Sessanta ho aperto l’Agenzia per le patenti nautiche, per
il collaudo per le barche da diporto e per tutto quello che c’era da fare nella
nautica sportiva.
Mi sono subito reso conto che tutto ciò che è inerente alle cose di mare mi
è confacente e ciò che ho imparato da giovane mi è rimasto come un dono
prezioso per il mio lavoro.
Decisamente il mare è il mio habitat!
Come ha trascorso la sua infanzia?
La mia infanzia e la mia prima giovinezza sono state felicissime e totalmente
libere. Andavo a caccia di tartarughe, facevo tutti i bracconaggi possibili.
Ricordo che c’era una fila enorme di proiettili tedeschi, rimasti abbandonati
per anni dopo la guerra, e una fila di bombe da mortaio dentro cassettine
poste sul lungo darsena. Io e Guido Bonafé tiravamo fuori dai proiettili la
balistite con la quale facevamo giochi pericolosi, fortunatamente ci è andata
sempre bene.
Ovunque c’erano armi ex tedesche, ne abbiamo prese diverse e nascoste
sul tetto del cinema di via Udine. Franco Bivi sparava sul lungomare a coloro
che andavano a cape nelle secche e io, a dieci anni, sparavo in via Udine agli
uccellini, ne ho uccisi a centinaia, e dire che oggi sono attento alla natura, la
rispetto.
Pensi che ieri mi sono nate quindici papere, una bellezza!
147
Che differenza tra la Lignano di oggi e quella della sua gioventù?
Si può dire che Lignano sia sorta intorno alla darsena, nata come idroscalo,
e al lungomare, costruito come pista di atterraggio. I primi turisti arrivavano
in barca da Marano, il treno a cavalli su rotaie li aspettava per portarli in
spiaggia.
Esisteva solo via Udine, il primo tratto di viale Italia, qui c’era solo il pontile
della Caserma della Finanza, in piazza Fontana c’era Villa Moretti, in fondo la
chiesa e al di là una grande estensione di bosco.
Da piazza Fontana alla chiesa c’erano due case: la casa della famiglia Zen,
dove oggi c’è il negozio di articoli sanitari, e un’altra costruzione.
Sul lungomare, a destra della Terrazza a Mare, c’erano sei case, più in là le
Ville degli Orbi, la Villa Osservatorio, la Villa Andretta in mezzo al bosco e la
Colonia, poi più nulla. A quel tempo tutti ci conoscevamo.
Quando mi sono imbarcato Lignano Pineta era un bellissimo bosco, quando
sono tornato era una città!
La Regione, poi, con una legge ad hoc ha sovvenzionato la costruzione di
molti alberghi e Lignano è cambiata in breve tempo, diventando la città che
conosciamo.
148
15 aprile 2008
Tranquilla PARON RIDOLFO
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
La signora Tranquilla, detta Tilla, bionda, magra ed elegante, mi
accoglie nel suo negozio di generi alimentari sito in via Udine e, tra un cliente
e l’altro, instancabile ed espansiva mi dice di essere nata a Rivignano il 22
aprile del 1932 e mi racconta di sé.
Quando è arrivata a Lignano?
Sono arrivata a Lignano esattamente il 2 maggio del 1950 alle due del
pomeriggio - in cinque su di una “Topolino“ - con la famiglia di mia cugina
Bulfoni, che gestiva la Capanna d’Oro. Non avevo mai visto il mare.
Ai miei occhi apparve una grande distesa increspata di color verde sotto
una luce meravigliosa e io esclamai: “Che grande campo ben arato!“. Tutti
scoppiarono a ridere.
A Lignano il mio compito era occuparmi del figlio di mia cugina, espletavo
anche altre mansioni.
Nel tempo libero, con le ragazze che lavoravano nel locale, andavo nella zona
della Terrazza a Mare ad ascoltare musica, e ridevamo nel sentire ridere gli
altri. Ho lavorato alla Capanna d’Oro per ben quattro stagioni.
149
Come ha conosciuto suo marito?
Mio marito Piero, originario di
Latisana, era commesso nel
negozio di generi alimentari della
famiglia Bruni, che poi gli fu
ceduto
Il negozio è rimasto sempre lo
stesso, la strada allora finiva in
piazza Fontana, in un angolo della
quale si trovava la meravigliosa
Villa Moretti.
Dopo quindici anni di matrimonio,
mio marito morì in un incidente
stradale, lasciandomi sola con tre
Negozio Renato Bruni in via Udine angolo via Friuli - 1942
figli ancora piccoli.
Per loro ho trovato quella grinta indispensabile a mandare avanti l’attività
con grandi sacrifici e molte rinunce.
Ha particolari ricordi legati al suo negozio?
Vede questa parete? Ci
sono le foto di mio marito,
dei miei figli, dei miei nipoti
e dei personaggi famosi che
hanno frequentato il mio
negozio in cinquantaquattro
anni di attività.
Ricordo il Quartetto Cetra
che cantava alla Terrazza a
Mare e comperava da me
le caramelle per la gola, poi
Milva; allenatori e giocatori
come Bearzot, Corso, Simoni,
velisti e piloti delle Frecce
Tricolori, Renato Pozzetto, la
famiglia Nonino e l’amico e
Tranquilla Paron Ridolfo con il figlio e Renato Pozzetto
cliente di ogni estate, l’attore
Franco Castellano.
Nel mio negozio entravano signore ingioiellate, brillanti al dito, elegantissime,
accompagnate dalle cameriere con la crestina in testa e un cestino al braccio
per la spesa
150
Come si è trovata a Lignano?
All’inizio, per me che arrivavo dalla campagna, Lignano era un altro pianeta,
ma mi sono subito trovata bene. Fino agli anni Settanta eravamo tutti come
una grande famiglia. I vicini mi hanno sempre sostenuta e aiutata, se tardavo
a rincasare si preoccupavano e venivano a cercarmi. Dopo la morte di mio
marito ho gestito l’attività da sola. Nella stagione estiva mi facevo aiutare da
tre o quattro commessi.
Tra casa e negozio non avevo un momento libero, non sono mai andata in
spiaggia, nonostante le mie commesse una volta mi abbiano regalato un
costume da bagno, né a una festa. La famiglia Scarpa mi è stata molta vicina
con varie manifestazioni di affetto e di sostegno.
Ricordo che ai tempi dell’austerity e delle domeniche a piedi c’è stata una
grande festa a Lignano e i signori Scarpa mi “costrinsero“ a parteciparvi.
Si sono occupati loro dei miei figli.
Il dottor Zatti mi aveva riservato un posto al suo tavolo, fu davvero una gran
bella serata!
E la Lignano di oggi?
Oggi, con l’arrivo di tanta gente di varie etnie, Lignano non è più la stessa, ma
io non andrei mai ad abitare altrove.
Ogni giorno, per recarmi al lavoro, percorro il lungomare e penso che i miei
figli hanno ragione ad amarla tanto.
Essi hanno partecipato a tante regate, hanno attraversato l’Atlantico e sono
stati premiati dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Ho dedicato la mia vita al lavoro, il negozio è la mia casa dove trascorro la
maggior parte del mio tempo.
Quando i clienti da Padova, da Milano e dall’Austria mi telefonano,
augurandomi buone feste, grande è la mia soddisfazione. Ho sempre cercato
di offrire loro prodotti di qualità con gentilezza, non temo davvero la grande
distribuzione.
Ho clienti che frequentano il negozio da cinquant’anni, da tre generazioni, li
ricordo tutti con molto affetto e tanta commozione.
151
Partenza della Goletta “Udine 1000” - 1983
Lettera di Sandro Pertini per Udine mille
152
22 aprile 2008
Danilo ZANATA
Intervistatrici: Nelly Del Forno Todisco e Mariella Piutti Fabris
L’intervista ha luogo nella sala conferenze del Centro Civico. Il
signor Danilo Zanata, nato i1 10 aprile 1942 oggi è una persona tranquilla,
sorridente e sensibile, ci parla di sé, della sua famiglia e di Lignano in modo
amichevole e rilassante.
Dopo quarantadue anni di gestione del distributore di benzina sito di fronte
alla Caserma dei Carabinieri, si gode la meritata pensione.
Quando la famiglia Zanata è arrivata a Lignano e assieme a quali altre
famiglie?
Mio nonno è arrivato da Pasian di Pordenone nel 1936. I nonni con i loro
sette figli - quattro maschi e tre femmine - cercavano una campagna libera,
allora io non ero ancora nato.
A Lignano c’era la campagna di Gasparini, ma nessuno voleva venirci perché
non c’era terra da coltivare, ma sabbia.
Quando mio nonno e mio padre, in bicicletta, sono venuti a vedere i campi,
si sono fermati alla fontana di Pertegada, la strada allora costeggiava l’argine,
e delle persone hanno chiesto loro dove andassero, sentito che andavano
a prendere una campagna di proprietà di Gasparini, hanno detto loro che
erano pazzi, che là non c’è terra che rendesse, ma solo sabbia e tante bisce.
153
Visto che non c’era
altra scelta e che
avevano avuto la
disdetta, i miei
hanno
dovuto
prendere
quella
campagna. A San
Martino si metteva
il paion sopra il
carro e si cambiava
terra, era così!
I Gasparini erano
i
vecchi
e
tradizionali
proprietari terrieri,
molto severi ed
esigenti.
Davide Moro e Enzo Zanata sul canale di bonifica, ora via Annia - 1959
Fo r t u n a ta m e n t e
hanno venduto la proprietà alla famiglia Andretta, persone molte umane con
le quali ci siamo trovati subito bene, e siamo rimasti.
È nato a Lignano?
Sì, una volta tutti nascevano in famiglia, veniva l’ostetrica da Pertegada. Mio
nonno è andato a prenderla con il carro, mentre un bambino stava nascendo
a Bevazzana e ha rischiato di morire senza l’aiuto immediato della comare.
Io sono stato fortunato.
Tanti bambini nascevano semplicemente così, magari con l’aiuto della signora
Ada Fanotto che non era ostetrica!
Ha qualche ricordo del periodo della guerra?
Ricordo solo che, verso la fine della guerra, noi e le altre famiglie della zona
darsena e delle casupole vicino alla Guardia di Finanza siamo stati spostati
nella colonia POA, perché i Tedeschi dovevano costruire dei bunker.
Finita la guerra, ognuno è rientrato nelle proprie case.
Dopo l’8 settembre dei soldati veterani austriaci, rimasti nelle retrovie, mi
prendevano in braccio, vedendo in me, biondo con gli occhi celesti, i loro figli
lasciati in patria. Così diceva mia madre. Elio de Minicis aveva costruito una
radio artigianale e ce l’aveva regalata, sentivamo Radio Londra e i Tedeschi
venivano a chiederci se la guerra era finita.
154
Dove abitavate?
Noi abitavamo nella casa colonica situata
a dieci metri dalla Guardia di Finanza, la
famiglia Fanotto aveva la casa colonica nella
zona dell’acquedotto, la famiglia Moro dietro
l’attuale chiesa parrocchiale, la famiglia Bidin
dove c’è ancor oggi la casa della famiglia
Bertelli, la famiglia Valeri nella zona della
vecchia Pergola e la famiglia Battistella nella
zona dell’odierno cimitero.
Queste sei famiglie abitavano nelle case
coloniche di proprietà della famiglia Andretta
e tutti erano mezzadri.
Come si svolgeva il vostro lavoro?
La campagna, a noi data in mezzadria, andava
dalla darsena alla Caserma della Finanza. In
tutto sessanta campi di un terreno sabbioso,
alcune parti soffrivano del salso della laguna
Casa Vittorio Zanata dopo il ciclone del 1940
e le zone bonificate rendevano ben poco.
a fianco della Guardia di Finanza
La famiglia Andretta, avendo noi pochi campi
redditizi, ci ha affidato altri sei campi in via
Annia e in una foto si vedono mio padre e mia madre con l’aratro trainato
da cavalli che stanno
arando per “dare
terra“ al granoturco,
in fondo si intravede
l’idrovora. Coltivavamo
granoturco, frumento,
viti.
Tre campi friulani sono
diecimila mq. noi
producevamo su un
campo friulano otto
quintali di frumento,
mentre oggi se ne
possono
coltivare
venti, si sa che un
terreno
sabbioso
rende poco come
Enzo e Luigia Zanata in via Verona
155
produzione granaria, le viti invece crescevano bene su un simile terreno.
Portavamo il cinquanta per cento della produzione di mais e frumento nei
silos situati dove oggi c’è la casa della famiglia Bertelli, mentre il vino veniva
portato direttamente nella Villa Andretta.
Massimo Scudiero, personaggio molto influente, ma molto umano, era il
fattore di casa Andretta e controllava i prodotti della campagna, girando di
casa colonica in casa colonica sulla sua moto Guzzi.
D’inverno, a Lignano, non c’era nulla, se non la campagna. L’unico ufficio
pubblico era l’Azienda di Soggiorno il cui direttore era il Signor Tami.
I terreni di proprietà della famiglia Andretta sono stati poi divisi tra i due figli:
Mario Andretta è rimasto nella villa e la sorella era la dottoressa Bertelli.
Allora non c’era alcun piano regolatore e si poteva lottizzare come si voleva,
infatti alcune strade, soprattutto quelle tracciate dalla dottoressa, dietro
consiglio di Massimo Scudiero, sono belle larghe con ampi marciapiedi, altre
tracciate da Panzarotto, nei pressi di via Carso, sono più strette per sfruttare
al massimo il terreno.
Andavate d’accordo tra famiglie di mezzadri?
Sì, ci si aiutava vicendevolmente nelle trebbiature o
in altri lavori, ci prestavamo
le coppie di buoi o i cavalli.
C’era grande solidarietà.
Le sei famiglie di mezzadri
sono il nucleo storico di
Lignano e tra noi c’è sempre grande affinità e la
solidarietà di un tempo.
Sono passati tanti anni, anni
belli, forse perché eravamo
giovani, ma l’affetto rimane
anche se non lo esprimiamo
a parole, pur sentendolo
dentro.
Trebbiatura
Fin quando siete stati a mezzadria?
Fino nel 1962, anno in cui c’è stata la lottizzazione.
Tra la famiglia Andretta e quella dei mezzadri c’è stato un accordo, un
semplice accordo, che stabiliva come buona uscita un terreno di 600 mq.
156
di area fabbricabile. Tutti hanno, perciò, lasciato la campagna e si sono
costruiti la casa con blocchi di cemento, lavorando il sabato e la domenica.
Noi l’abbiamo costruita in via Carso. Tutti noi affittavamo la casa d’estate,
andando a dormire nel fienile. Essendo più nuclei familiari, si facevano i
separé con le balle di fieno o appendendo delle coperte.
Ora io non abito più nella casa dei miei, ma verso il cimitero, di fronte alla
laguna, sono arrivato là da dove sono partito, e sono contento.
Dove ha frequentato la scuola elementare?
Nella Colonia piccola, ex Albergo
Friuli, ora demolita, che si trovava
dopo la Casa al Mare, non
essendovi altre strutture idonee
ad accogliere i bambini in età
scolare.
Si chiamava Colonia piccola per
distinguerla dalla Colonia grande
della POA.
Ho frequentato l’ultimo anno nella
nuova scuola elementare, oggi
Centro Civico. Proprio questa sala
riunioni, dove ci troviamo ora, mi
Albergo Casa al Mare, via Timavo - 1962
ha visto scolaro di quinta, assieme
ad altri bambini di età diversa, una
volta le classi erano tutte pluriclassi. Per proseguire gli studi bisognava andare
a Latisana, ma soldi non ce n’erano e in campagna occorrevano braccia da
lavoro.
Com’era la Lignano della sua gioventù?
Le ragazze, anche se povere, erano allora ben vestite, eleganti, oggi si vedono
persone vestite casual, per nulla eleganti.
In auge, come ritrovi da ballo, c’erano La Fontanella e la Terrazza a Mare dove
si svolgevano i concorsi di miss Italia e dove approdavano cantanti famosi. Mi
sembra che di tutto ciò non sia rimasto più niente.
Ha altri ricordi?
Ricordo che il nonno e il papà andavano al mercato di Latisana in bicicletta
157
con una stecca di legno
come misura per acquistare
zoccoli per i figli e i nipoti i
quali dovevano rimanere
sempre a casa.
Anche
la
tela
per
confezionare i pantaloni si
acquistava a Latisana, qui
non c’era niente. In casa
comandava il capo famiglia
e tutti dovevano tacere e
ubbidire. Le donne poi erano
sottomesse e non contavano
niente.
Cinema Diana - 1948
Noi abitavamo - come ho
detto prima - vicino alla
Guardia di Finanza, perciò lontano dal centro, insomma in periferia. Dalla
darsena a viale Italia, strada che portava direttamente in spiaggia, c’era solo
campagna e la strada per arrivare in centro, la via Udine dove c’erano il
cinema Mare e di fronte il cinema Diana, era tutta ghiaiosa.
Un altro ricordo è l’arrivo in darsena, nell’inverno del 1947, di alcuni barconi
carichi di esuli istriani e di masserizie i quali, per un periodo non molto lungo,
sono stati ospitati dalle famiglie lignanesi.
La nostra stalla si era riempita di bovini e il portico di attrezzi. Ricordo anche
che durante l’estate, e per alcuni giorni, noi e altre famiglie di contadini
utilizzavamo, in prossimità della Villa Andretta, metà strada come essiccatoio
per girasoli, fagioli e altri prodotti.
Allora non servivano permessi e non esisteva la tassa per l’occupazione del
suolo pubblico. Era fantastico!
Dove viveva la gente di Lignano?
Possiamo dire che a Lignano c’erano tre nuclei: i benestanti, gli albergatori
che vivevano in centro; i contadini nelle case coloniche in periferia; gli operai
nelle case popolari di fronte all’Epam, oggi Eurospar.
C’era grande differenza tra una classe sociale e l’altra. Chi stava peggio erano
senz’altro gli operai, lavoravano soltanto nella buona stagione e d’inverno
erano disoccupati. I contadini, se non altro, avevano sempre da mangiare e
non pativano la fame.
Negli anni Cinquanta l’Amministrazione Comunale di Latisana ha costruito le
case popolari con otto appartamenti da assegnare a quaranta famiglie che
vivevano poveramente in baracche e nei bunker. Non sapendo a chi darle,
158
don Gino Zaina ha messo tutti i nominativi
delle quaranta famiglie in un cappello e ha
estratto otto nomi, i più fortunati, ai quali
sono stati assegnati gli alloggi. Le altre
famiglie sono rimaste nelle baracche per
molti anni ancora.
Zanata con una T o con due?
Quando il Comune aveva sede ancora nella
Villa Gattolini “Zuzzi”, scartabellando tra le
varie carte è emerso che, pur essendo cugini,
ci sono due rami Zanata, uno si scrive con due
T, mentre il cognome originario della famiglia
Zanata si scrive con una T soltanto.
Mio padre è morto come pure tutti i suoi
fratelli, è viva una sola sorella ultra ottantenne
che abita in Lombardia.
Io sono il nipote più vecchio e porto il cognome
Zanata, con una T, com’era in origine.
159
Villa Zuzzi - 1913
24 aprile 2008
Filomena VENCHIARUTTI DRIUSSI
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
La signora Filomena Venchiarutti, come sempre precisa, attenta e
disponibile, accetta di parlare della signora Margherita Driussi, sua suocera,
una delle figure più rappresentative del pionierismo alberghiero lignanese,
che gestì l’Albergo Vittoria dal 1937 al 1970.
Che può dirci di sua suocera, la “Siore Margarite“?
La “Siore Margarite“, era proprio chiamata così, è nata
nel 1902 e fin da giovane amava “rovistare“ tra pentole
e fornelli, facendo della professione di albergatrice
l’unica della sua vita.
Nel 1937 dopo varie esperienze nel campo della
ristorazione - a Cividale, Gradisca e Gorizia - arrivò a
Lignano. Durante una breve visita venne a sapere che
l’Albergo Vittoria era in vendita. Il proprietario Antonio
Mattelon voleva cedere l’attività.
L’edificio, eretto nel 1910, non era certo dei più
allettanti, ma mia suocera capì subito che quella massa
quasi informe di sassi e cemento aveva un grandissimo
pregio: una posizione unica a pochi passi dal mare!
Margherita Driussi
161
I primi anni si avventurò da sola,
il marito gestiva un albergo a
Gorizia.
Si gettò nella nuova impresa
con coraggio e determinazione,
dapprima rendendo funzionale
l’ambiente, poi abbellendolo.
I sacrifici economici sono stati
enormi, non solo per la brevità
della stagione estiva - metà giugno
fine agosto - ma soprattutto per la
mancanza di aiuti finanziari dovuti
alla poca fiducia nel futuro di
Lignano come città balneare.
Il marito, il signor Remo, la
raggiunse e con grandi sacrifici
ampliarono l’albergo con una
cucina moderna e una sala da
pranzo ampia e luminosa da cui
si godeva una vista incantevole: la
spiaggia, il mare e, in alcune limpide
giornate, si poteva scorgere Grado,
Trieste e tutta la costa.
Terminata la guerra, i miei suoceri
organizzarono la festa dei glicini,
ricordata per lungo tempo dagli
amici lignanesi. La signora Curzia
Marin, amica di mia suocera, e
la maestra Fanny Moise, profuga
istriana approdata da poco a
Lignano, aiutarono a preparare
grandi mazzi di glicini di carta
crespa che poi appesero al
soffitto della sala da pranzo. Una
piccola orchestra allietò la serata.
Il figlio Pietro cominciò presto a
collaborare con i genitori.
A chiusura di ogni anno scolastico
lavorava in sala da pranzo sotto la
guida di un esperto cameriere.
Desiderando apprendere l’arte
culinaria, incominciò ad aiutare
la madre nella preparazione dei
Albergo Vittoria - 1925
Locanda Vittoria - 1951
Albergo Vittoria e spiaggia
162
dolci.
Bravissimi entrambi, mai al “Vittoria” mancò il dolce
come dessert.
Nel 1960 venne a mancare il signor Remo e il figlio
assunse l’incarico di albergatore.
Nel 1967 la parte del vecchio Albergo Mattelon venne
completamente rifatta. Ora l’Albergo Vittoria poteva
offrire non solo una posizione unica, un’ottima cucina,
ma moltissime comodità richieste e apprezzate dalla
nuova clientela. La ricettività era cresciuta e in cucina
entrarono, per la prima volta, gli aiuto-cuochi e nel
1974 i cuochi, anno in cui, dopo breve malattia, la Siore
Margarite ci lasciò.
La signora Curzia Marin disse di lei: “È stata il motore
trainante del vecchio Vittoria!“. Nel 1995 l’Albergo ha
cambiato proprietà.
Pietro Driussi
Da dove provenivano gli ospiti dell’Albergo Vittoria?
I primi anni gli ospiti provenivano da Udine e provincia e si soffermavano tre o
quattro settimane. Più tardi arrivarono gli stranieri, in maggioranza austriaci
e tedeschi. All’inizio anch’essi soggiornavano per lunghi periodi, poi a poco a
poco le vacanze incominciarono ad accorciarsi per tutti.
Parecchi, prima della partenza, prenotavano per la stagione successiva e con
molti di loro si stabilì una vera amicizia e si creò un rapporto proseguito poi
con figli e nipoti.
Quando è arrivata a Lignano?
Nel 1953 venni a far parte della
famiglia Driussi e, durante i mesi
estivi, essendo io insegnante
elementare, cercai di rendermi
utile in ufficio nelle prenotazioni
e nell’accoglienza degli ospiti.
Devo dire che il lavoro di
albergatrice contagiò anche me
e, una volta andata in pensione,
lo svolsi con entusiasmo e
passione.
Pietro Driussi e Filomena Venchiarutti
163
Com’era Lignano nel 1953?
Nel 1953 erano già affluiti capitali privati, moltiplicata e migliorata la
ricettività e potenziate le strutture di spiaggia.
In quell’anno fu costituita la Società Pineta che acquistò e spartì in lotti una
vasta zona a ovest della colonia POA, oggi GE.TUR. Lignano stava per fare un
enorme balzo in avanti, un vero decollo turistico.
Era bellissima d’estate, ma altrettanto bella d’inverno. Non offriva grandi
divertimenti, ma la natura, ancora intatta, donava albe e tramonti meravigliosi.
Era bello passeggiare in pineta o tra le dune in spiaggia e godere i grandi
silenzi, ammirando il mare, mai uguale, anche per chi, come me, lo vedeva
ogni giorno.
D’inverno la parte viva di Lignano era quella che partiva dalla Guardia di Finanza
fino al piazzale San Giovanni Bosco, via Udine era la più movimentata.
Per molti anni il punto di incontro è stato l’Albergo Scarpa. Ci si trovava
non solo per il normale caffè o l’aperitivo, ma anche per vedere “Lascia o
raddoppia” e per partecipare alle feste organizzate dai signori Scarpa in varie
occasioni: carnevale, ultimo dell’anno…
Lì si incontravano i vecchi Lignanesi ed era un momento di grande gioia per
tutti.
Anche le vecchie pioniere: le signore Bruni, De Minicis, De Filippis, Driussi si
Classe elementare nella Colonia vecchia - Aprile 1951 - Al centro la maestra Filomena Venchiarutti Driussi
164
incontravano in via Udine a far la spesa da Fraulin, al bar Scarpa e spessissimo
al Bar Stella, gestito dalla signora Irma Comisso.
Un altro punto d’incontro era la sala del cinema Bruni, ci si incontrava non
solo per assistere a uno spettacolo cinematografico, ma anche per seguire
dibattiti.
Come si presentava la zona dove sorgeva l’Albergo Vittoria nel 1953?
Il lungomare dove sorge tuttora l’Albergo Vittoria era denominato lungomare
Trieste, oggi Marin.
Dove c’è il condominio Marinella, c’era una villetta abitata dai signori Marin,
vicino alla villa del dottor Faruffini e a quella del dottor De Prato, ville tuttora
esistenti, quindi il Vittoria, Villa Gemolotto, Casa al Mare, la Colonia piccola,
poi il nulla.
Quella Colonia, per alcuni anni, ha ospitato gli alunni delle elementari.
Nell’anno scolastico 1950/51 anch’io vi ho insegnato.
Si accedeva dal lungomare o dal retro attraverso una stradina ghiaiosa che
partiva da via Timavo.
Non aveva cortile e, quando le giornate erano soleggiate, gli scolari scendevano
per la ricreazione a consumare la merenda in spiaggia.
Poco tempo dopo la struttura è stata demolita e gli alunni si sono spostati
nella sede nuova in via Treviso, oggi Centro Civico.
Come vede Lignano oggi?
Lignano è una delle più belle spiagge dell’Adriatico con le sue quattro
dimensioni: Sabbiadoro, City, Pineta e Riviera.
La sua spiaggia modernissima offre attrezzature e servizi diversificati. La
recettività è stata rafforzata come pure le attrattive culturali e sportive. Di
questo bisogna ringraziare tutti i Lignanesi, soprattutto quelli che hanno
creduto e hanno avuto fiducia e coraggio nel proseguire l’opera intrapresa.
Una nota negativa è vedere sorgere palazzoni di cemento che sovrastano,
schiacciano le piccole abitazioni, rovinando alcune zone.
Auspico che non si proceda con questa cementificazione e si mantengano le
belle pinete e il verde esistente.
165
28 aprile 2008
Ferruccio BIVI
Intervistatrici: Maria Longo Coccetti e Mariella Piutti Fabris
Incontriamo il signor Ferruccio Bivi,
accompagnato dalla moglie Anna, nella sala
riunioni del Centro Civico.
Porta con sé degli album di vecchie foto
che attestano la sua grande passione per il
ciclismo.
Esordisce, dicendo che lui è stato il primo
corridore ciclista agonista tesserato di
Lignano. Tutto è documentato.
Ci parli della sua famiglia
La mia famiglia era originaria di San Michele
al Tagliamento, ma viveva a Lignano già dal
1926. Io sono nato il 17 marzo 1936 nella
casa vicino alla grande quercia dietro la chiesa,
abitazione poi della famiglia Moro.
Allora alla ricorrenza di San Martino, a
novembre, i proprietari dei terreni erano soliti
cambiare i mezzadri.
167
Ferruccio Bivi con la bici nella zona City,
vicino all’acquedotto - 1953
Quello stesso anno abbiamo
perciò dovuto lasciare casa
e campi e siamo andati ad
abitare in una casa nella
zona dell’attuale piazza
Abbazia.
Avevamo preso in affitto
una decina di campi dalle
famiglie Bonduan e Fabroni,
veneziani, che possedevano
anche una grande estensione di bosco e noi ne
siamo diventati i custodi.
Avevamo anche due, e per
un periodo quattro, mucche
e allevavamo pecore, oche,
galline e tacchini.
Avevamo un bellissimo orto.
Ricordo che da piccolo
accompagnavo le oche al
pascolo sulle dune vicino al
mare, dove trovavamo erba
e lumachine bianche di cui
erano ghiotte. La spiaggia,
come la vediamo adesso,
non esisteva ancora.
Casa Giovanni Bivi - 1936
Ferruccio Bivi al pascolo nella zona City
Ha fratelli e sorelle?
Si, sette sorelle e tre fratelli. Un fratello è disperso in Russia nell’ultimo
conflitto mondiale. Quasi tutti gli altri, oggi, sono morti. Io sono l’ultimo di
dieci figli.
Prima vi ho parlato di una casa nella zona centrale: quella casa, molto
modesta, è stata costruita nel 1936 su un piccolo lotto di terreno della
proprietà Bonduan, di cui - come già accennato - noi eravamo mezzadri,
con i soldi del premio maternità versati dal governo fascista che premiava le
donne prolifiche.
La mamma, allora, ricevette un diploma che conservo ancora e un premio in
denaro che mi pare fosse di tremila lire.
168
Ha qualche ricordo particolare del periodo di guerra?
Avevo otto anni. Ci fu un
combattimento tra le navi
tedesche e gli aerei inglesi.
Mia mamma si era avviata
con il carro trainato dai buoi
perché si era sparsa la voce
che si poteva recuperare
farina da alcune navi arenate
alla foce del Tagliamento,
ma giunta in prossimità del
luogo le truppe inglesi hanno
requisito il carro e l’hanno
obbligata a trasportare i
prigionieri tedeschi con i
loro zaini fino alla Colonia.
Regina Blaseotto-Bivi con cinque figlie nella zona City
Del periodo di guerra
conservo parecchi ricordi: gli Spitfire mitragliarono Lignano - i segni erano
visibili sulla vecchia chiesa - e, per la paura, io andai a rifugiarmi sotto le
foglie di una zucca, mentre gli adulti si rifugiarono nei fossati.
Dopo il grande sbarco tedesco sulla spiaggia si trovarono armi e cadaveri che,
pietosamente, seppellimmo
sulla battigia.
Mio fratello ed io abbiamo
trovato due fucili per mezzo
dei quali, con l’incoscienza
tipica dell’età, sparavamo
nel bosco, nonché una
pistola lanciarazzi che ci
inondava di luce.
Ricordo che non c’era la
corrente elettrica, per
illuminare
si
usavano
candele o lampade a olio
e, d’inverno, si cenava alle
quattro e si andava a letto
con le galline, proprio per
Nave da guerra tedesca alla foce del Tagliamento
risparmiare.
Talvolta, la sera, ci si riuniva con altre famiglie nella stalla per trascorrere la
serata al calore emanato dalle bestie e gli anziani raccontavano storie.
169
Dove ha frequentato la scuola elementare?
A causa della guerra, ho iniziato la scuola a nove anni. Le mie maestre sono
state la signora De Rico e la signora Anna Zen.
L’edificio scolastico si trovava dove oggi c’è il condominio Friuli, poi fu
spostato vicino alla Caserma della Finanza.
A quattordici anni, terminata la quinta elementare, sono andato a lavorare, in
qualità di commesso annuale, nel negozio di generi alimentari Bruni, sito in
via Udine, assieme a Piero Ridolfo. Da lì mi sono spostato nel negozio Bonafé,
sempre di generi alimentari, sito di fronte a Bruni e accanto al panificio
Coccetta, attuale “Argento”; poi ho lavorato presso il negozio di alimentari di
Nonato in viale Venezia. Guadagnavo mille lire al mese, ma a volte trovavo
difficoltà nel farmi pagare lo stipendio. Ho avuto il piacere di avere come
clienti la contessa Marta Marzotto e la cantante lirica Gilda della Rizza.
Com’era Lignano allora?
Bella, una gran
bella città.
D’estate, nel tempo
libero,
andavo
in spiaggia a far
“conquiste“ e la
sera a ballare a La
Fontanella o nel
locale Olimpia dei
signori Battistella.
D’inverno andavo
a caccia di anatre
e lepri, ma la mia
grande
passione
è stata sempre la
bicicletta.
Per 42.000 lire,
Ferruccio Bivi in bici in via Latisana, zona City
tutti i miei risparmi, ho acquistato una Bianchi da corsa.
Nel 1953 correvo con il gruppo “De Luisa” di Udine di cui conservo ancora la
tessera. Ero e sono molto appassionato di ciclismo. Il mio campione preferito
era Fausto Coppi, tifavo per lui.
In un’ora e mezza arrivavo a Udine, allora non tutte le strade erano asfaltate,
solo le principali, ma non c’era traffico.
Se la mamma aveva bisogno di qualche compera ero capace di fare andata
e ritorno in solo tre ore, e con gli acquisti fatti.
170
Ha sempre fatto il commesso?
No. Nel 1957 ho comperato un camion. Mi sono messo in proprio: trasportavo
sabbia e ghiaia e fornivo l’impresa Gregoratti.
Dal 1959 al 1993 ho visto sorgere tutti i palazzi di Lignano nei cantieri
presso i quali consegnavo i materiali edili. Nel 1960 sono rimasto solo con
mio padre, i miei fratelli e mie sorelle erano emigrati in terre lontane.
Nel 1963 ebbi un grave incidente, rimasi schiacciato tra camion e rimorchio
e feci quaranta giorni di ospedale.
Ripresomi
dall’incidente,
ho
incontrato mia moglie Anna.
Poco dopo il matrimonio dal quale
sono nati due figli abbiamo iniziato
la costruzione dell’edificio in cui
vivo tuttora, all’inizio della via
Centrale, vicino piazza Abbazia, con
appartamenti e negozi da affittare.
Lignano oggi è cambiata, una volta
tutti i Lignanesi formavano una
grande famiglia. Indubbiamente il
cambiamento ha portato benessere
Casa Ferruccio Bivi - 1965
e tante comodità, tuttavia ha fatto
perdere quei valori dell’altruismo e della solidarietà tipici del tempo che fu. 171
9 maggio 2008
Giovanni Battista GNATA
Intervistatrice: Maria Longo Coccetti
Incontro il signor Giovanni Battista Gnata nella sala conferenze del
Centro Civico, cordiale e disponibile, parla della sua vita, del suo lavoro e
della sua famiglia.
Quando la sua famiglia è arrivata a Lignano?
Sono nato a Fara Vicentino il 31
agosto 1933, ultimo di dieci figli di
una famiglia di agricoltori.
Nel 1951 mio padre ha venduto i
quattro campi che possedevamo
e con i risparmi e qualche prestito
bancario ha acquistato a Lignano,
tramite dei mediatori, venti campi
situati tra la laguna e la chiesetta di
San Zaccaria.
I miei fratelli erano emigrati, perciò
tre soli figli seguirono i genitori.
Arrivammo a Lignano nel dicembre
del 1951 proprio quando arrivò il
Casa Gnata
173
nuovo parroco, don Mario
Lucis, al quale fummo sempre
legati da profonda amicizia.
A Lignano la situazione non
era rosea: terra non fertile,
raccolto scarso, zanzare
numerose, divertimenti zero,
lavoro tanto e debiti da
pagare, ogni quattro mesi
le cambiali arrivavano dalla
banca.
Un mio fratello si stancò di
questa situazione e preferì
andare a lavorare in miniera
in Belgio.
Mezzo per la disinfestazione con il “flit”
Mio padre, allora, richiamò
dalla Francia mio fratello
Piero che faceva il muratore affinché ci aiutasse. Tutti i lavori agricoli venivano
eseguiti a mano con grande fatica e tanta pazienza, solo per l’aratura
chiamavamo degli addetti con i trattori.
Come si è trovato a Lignano?
Rosa Gnata con Giovanni Battista Gnata
davanti alla casa - 1960
Quando sono arrivato a Lignano avevo diciotto
anni e ho dovuto abbandonare il calcio, mia
grande passione, per dedicarmi esclusivamente
al lavoro. Non c’era tempo per rimpianti o
nostalgie, bisognava solo lavorare e sacrificare.
Oltre a coltivare i cereali, occuparsi delle viti
e degli alberi da frutta, si lavorava l’orto e si
allevavano parecchi animali da cortile.
Poiché a Lignano non c’era il mercato, andavamo
in corriera a vendere le uova a Latisana e
compravamo sementi e concimi.
Con lo sviluppo turistico, nei mesi estivi, molta
gente veniva a casa nostra ad acquistare i
prodotti dell’orto.
Avevamo quindici mucche e ogni mattina
all’alba dovevo mungerle e poi alle cinque
portare il latte in via Udine, di fronte al cinema,
dove c’era la latteria gestita dalla signora Maria
Luvisutti detta Maria del latte.
174
Ogni mattina, in centro, vedevo i signori Bruni, De Minicis, Scarpa che
prendevano il caffè, io andavo a prendere il pane.
Tra noi e il fornaio c’era un accordo: un quintale di farina per un quintale di
pane, poi il panettiere ci chiese un contributo che aumentò nel tempo. In
casa non c’era acqua potabile, ogni giorno con il carrettino, andavamo ad
attingerla nel pozzo di acqua dolce della famiglia Zamparo, contadini di via
Latisana.
Successivamente fu scavato un pozzo artesiano in laguna, l’acqua si trovava
a una profondità di cento metri.
Solo nel 1965 è stato possibile allacciarci alla rete idrica comunale. Io stesso
mi occupai del lavoro di allacciamento e l’acqua arrivò finalmente in casa
nostra.
Quali rapporti aveva con le persone di Lignano?
Ben pochi. La mia
vita era quella di un
eremita, lavoravo in
campagna dall’alba al
tramonto con una sola
distrazione: il sabato
sera andavo al Gambero
Rossonero per assistere
allo spettacolo televisivo
“Il Musichiere”.
La domenica andavo a
messa, la mia famiglia,
soprattutto la mamma,
era molto religiosa e
a messa bisognava
Maria, Clelia e Giovanni Battista Gnata - 1960
andarci a piedi o in
bicicletta.
Nella vicina chiesetta di San Zaccaria la messa veniva celebrata solo il 25
aprile per la ricorrenza di San Marco e in ottobre per il mese dedicato alla
Madonna, in quelle occasioni si organizzava la sagra con la cuccagna, lo
spaccapignate e altri divertenti giochi.
Ricordo che nel 1955 la famiglia Andretta ha donato alla parrocchia il terreno
per la costruzione della scuola materna. L’appezzamento, sito in una zona
piuttosto bassa, abbisognava di essere colmato, e così tutte le famiglie, nel
tempo libero, hanno collaborato, trasportando sabbia e materiali vari, per
il riempimento e la relativa costruzione. Questo è stato un buon periodo di
lavori in équipe.
175
Ha altri ricordi?
D’estate la nostra casa si
animava: mia sorella con
le nipoti e altri parenti
venivano a trovarci per
aiutarci nei lavori dei campi.
La sera ci si riuniva sull’aia.
La mamma cantava con la
sua bellissima voce e noi
l’ascoltavamo estatici.
Ci divertivamo, anche, al
tiro alla fune, alle corse con
Fratelli Gnata con parenti in cortile - 1962
i sacchi e ad altri giochi…
a volte a giocare eravamo
anche in trenta persone! Le lucciole, poi, quante ce n’erano!
Facevamo il bagno in laguna, l’acqua era limpida, trasparente e ricca di pesci
e granchi. Uno spettacolo!
Ricordo pure la tromba d’aria che colpì Lignano a ferragosto: volavano sedie,
ombrelloni e quant’altro, da noi caddero solo alcune gocce di pioggia.
Quando sono venuti a mancare i suoi genitori?
Nel 1960 è morto mio padre
e nel 1972 mia mamma.
Rimasto solo, nel 1974
decisi di sposarmi con Oliva
Caramaschi e dal nostro
matrimonio nacquero tre
figlie.
Poiché nessuna donna,
vista le difficoltà della
vita dei campi, poteva
adattarvisi, feci domanda di
lavoro all’Amministrazione
Comunale e fui, dapprima,
Mamma Rosa Gnata con la figlia Maria - 1967
assunto come giardiniere
e, poi, dal 1974 al 1993,
come custode del cimitero. Presi una casa in affitto, liquidai gli altri fratelli e
divisi la proprietà con mio fratello Piero. Egli tenne la vecchia casa e i terreni
della zona della laguna sud e io presi quelli della zona della laguna nord.
Nel 1974 chiesi al Comune il permesso di lottizzare il terreno, permesso che
176
mi fu concesso solo nel 1998 e finalmente nel 2004 ho potuto costruire la
casa tanto sognata per me e i miei cari. Ho speso un miliardo di lire per la
lottizzazione e la costruzione delle strade.
Mio fratello Piero ha donato seimila metri del suo terreno al Comune per la
costruzione di una casa di riposo per anziani.
Ne aveva dapprima parlato con il sindaco Zatti poi fu il sindaco Meroi che
decise di costruirla.
L’Amministrazione Comunale, poco riconoscente, avrebbe potuto almeno
intitolare la Casa di Riposo a “Piero Gnata”.
Piero rimase nella vecchia casa fino al 1993, poi in una nuova villa costruitagli
dall’impresa Sostero in cambio di parte del terreno di sua proprietà.
Alla sua morte, secondo le sue ultime volontà, la villa fu venduta e il ricavato
donato in parte alla Chiesa e in parte ai nipoti che vivono in Argentina.
È contento della sua vita?
Sono soddisfatto e sereno della mia vita che, iniziata con tanti sacrifici, mi ha
portato a un benessere progressivo, circondato dall’affetto dei miei cari e di
tutta la mia famiglia.
177
21 maggio 2008
Carlo TEGHIL
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Il dottor Carlo Teghil, assessore alle finanze in questa legislatura,
ha accettato di dedicare un po’ del suo prezioso tempo all’intervista da me
richiesta.
Mi riceve in un piccolo e tranquillo ufficio del Municipio di Lignano. È il più
“giovane“ degli intervistati, essendo nato nel 1952, ma ha avuto la fortuna di
apprendere da Alessandro Teghil, nonno paterno, e da Romolo Sandri, nonno
materno, le vicende che hanno segnato la storia della città balneare e le cui
famiglie hanno lasciato una traccia importante per la crescita e lo sviluppo
della realtà lignanese.
Disponibile, entusiasta del suo lavoro, è stato una buona fonte testimoniale e
un attento scopritore di memorie.
Mi parli dei pionieri della sua famiglia
Il nonno Romolo, classe 1907, mi raccontava che, già dal lontano 1909,
suo padre nonché mio bisnonno Romano Sandri insieme ai suoi fratelli originari di Porpetto - edificarono, con la loro impresa di costruzioni, uno dei
primi alberghi di Lignano, il “Centrale”, che gestirono fino al primo conflitto
mondiale.
Nel periodo post-bellico i fratelli Sandri riaprirono il cantiere e l’attività
179
edilizia dell’impresa ebbe un notevole impulso con la costruzione di diversi
fabbricati tra i quali la seconda Terrazza a Mare e l’ampliamento dell’Hotel
Marin. Nel 1923 entrarono in società con Pessina e Pugnetti e ebbero in
concessione decennale lo stradone che collegava il pontile della laguna al
mare per il collocamento di una Decauville, tram a cavalli, e la privativa per
il transito e il trasporto di materiali.
Il lavoro, all’epoca, non era facile se si pensa alle difficili condizioni di vita e
di lavoro dovute al freddo intenso e al forte vento, alla mancanza di energia
elettrica e di acqua potabile e alla presenza della malaria.
Il nonno ci raccontava che nel 1929, anno del grande freddo, si poteva
attraversare a piedi la laguna completamente ricoperta dal ghiaccio.
Precari erano, inoltre, i collegamenti e i trasporti, tanto che da Porpetto a
Marano si utilizzava la bicicletta e da Marano a Lignano la batela.
Sempre dai racconti del nonno, mi viene in mente quello importante e
significativo della visita di Sua Altezza Reale Umberto Principe di Piemonte
a Lignano nel settembre del 1940 che fu molto apprezzata dai maggiorenti
di allora - e non di meno dal pubblico femminile data la bella presenza
dell’erede all’italico trono - il quale per visitare la località chiese in prestito la
bicicletta proprio ad un componente della famiglia Sandri, Olindo, uno dei
fratelli di mio nonno.
Dopo la seconda guerra mondiale i figli del bisnonno Romano continuarono
ad operare nel settore edile mentre, dalla fine degli anni Cinquanta, mio
nonno Romolo si mise in proprio, avviando una
qualificata attività di falegnameria che gli diede
modo di poter collaborare con i più importanti
architetti dell’epoca quali Bernardis e Avon e,
inoltre, assieme alla moglie Giovanna - detta Nine si occupava di affittare camere e appartamenti.
Abbiamo parlato finora della famiglia Sandri e
che mi dice della famiglia Teghil?
Dai racconti di mio nonno Alessandro - sior Sandrin
detto il Cont, classe 1888 - proveniente da Madrisio
di Varmo - la presenza nella realtà lignanese della
famiglia Teghil va fatta risalire intorno agli anni
Venti.
Il nonno venne a gestire, sia per conto dei grandi
proprietari terrieri come i Gaggia, i Pittoni, i
Gasparini, i Pantarotto sia in proprio, le terre ad
uso agricolo per la coltivazione di asparagi, viti,
frumento particolarmente ricco di glutine e altri
Alessandro Teghil - 1923
180
prodotti orticoli, e a uso boschivo per la piantumazione di pini e altre essenze
arboree rispettivamente ubicate nella zona di Sabbiadoro e nella zona di
Riviera a ridosso della foce del Tagliamento. Inolte allevava cavalli.
In seguito, sviluppò un’ulteriore attività imprenditoriale di servizi che
comprendeva il trasporto di materiali per costruire strade e per l’edilizia,
nonché la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel periodo estivo e la pulizia
dell’arenile dalle alghe.
Il centro dell’attività era in via Carso, stazione per i cavalli adibiti al traino e
parcheggio dei primi grandi trattori, delle mietitrebbia
e della famosa Balilla Spider che il nonno utilizzava per i
suoi non proprio veloci spostamenti: impiegava, infatti,
circa quattro ore per raggiungere Varmo.
Allora il tempo scorreva scandito dall’avvicendarsi
delle stagioni e non vi era la frenesia dei giorni
nostri e anche i rapporti tra le persone, nonostante
la marcata distinzione sociale, erano molto più
umani e naturali. Innati erano nel nonno il senso di
ospitalità - condiviso con l’amico Angelo Marin - che
si manifestava soprattutto in occasione di incontri
conviviali aperti alle personalità che frequentavano
la località, e il senso di generosità e di solidarietà
verso le famiglie povere, allora numerose.
Ricorrente nei suoi racconti era l’accadimento del
ciclone del luglio 1940 che provocò danni considerevoli
a persone, vi furono oltre venti feriti, e a cose, la casa in
cui viveva fu parzialmente scoperchiata.
Anche mio padre Guido, nato nel 1916, collaborò nella conduzione delle
diverse attività.
Finiti i nonni, ecco i padri! Possiamo parlare di suo papà?
Il 1° maggio del 1948 mio padre si è sposato con Giovanna Sandri, dal
matrimonio siamo nati mia sorella Clara ed io.
Dopo la seconda guerra mondiale - a partire dagli anni 1948/49 - mio padre
ha iniziato in proprio l’attività imprenditoriale con la gestione del Bagno
Ausonia e dal 1950 al 1959 della Terrazza a Mare e, negli stessi anni, ha
aperto la prima agenzia immobiliare e d’affari di Lignano “Teghil”. Nei primi
anni Sessanta ha gestito l’Albergo San Carlo.
181
Guido Teghil
Suo papà è stato il primo sindaco di Lignano. Si è
sempre interessato di politica?
Don Mario Lucis e Guido Teghil
Mario Ciccone,
primo segretario comunale
Oltre all’attività imprenditoriale, mio papà si è dedicato
fattivamente alla vita politica e amministrativa
lignanese ed ebbe un ruolo fondamentale nella dura
e sofferta battaglia per la conquista dell’indipendenza
da Latisana e la costituzione del Comune di Lignano
Sabbiadoro, combattuta insieme a don Mario Lucis
e al dottor Emilio Zatti. Ho un ricordo ancora vivo e
preciso di quando si recava a Roma per perorare la
causa locale con i parlamentari friulani di allora - in
primis il senatore Mario Toros che fu anche relatore
della legge istitutiva del Comune - e di quando
Giovanni De Minicis, a capo della colonna d’auto dei
dimostranti, venne in piena notte a chiamarlo perché
partecipasse all’ormai famosa manifestazione di
protesta con la chiusura del ponte di Bevazzana.
Erano anni di grande fermento, i Lignanesi allora
dimostrarono grande unità nella comune causa. Istituito
il Comune nel luglio del 1959, dopo un periodo di
commissariamento, nel 1960 vennero indette le
elezioni e mio padre fu eletto primo sindaco di Lignano
Sabbiadoro.
Carica che ricoprì anche con un secondo mandato dal
1965 al febbraio 1967. Mentre si stava recando a Udine
per questioni comunali, ebbe un incidente stradale a
Mortegliano e perse la vita assieme all’allora segretario
comunale, dottor Ciccone.
In quegli anni l’impegno di sindaco fu particolarmente
gravoso in quanto, con Giunta e Consiglio, dovette
mettere in piedi e avviare la complessa struttura comunale
attraverso la quale venne organizzato l’intero territorio.
Da qui partì il vero e proprio sviluppo di Lignano sia come
comunità, sia come realtà turistica di livello nazionale e
internazionale.
Ha qualche ricordo particolare di quel periodo?
Allora ero molto giovane, ma accompagnavo spesso mio padre in Municipio
e nei suoi spostamenti a Udine e a Trieste e anche nelle cerimonie ufficiali:
nel 1963 fu inaugurato il Kursaal e per la prima volta nel cielo di Lignano si
182
esibirono le Frecce Tricolori con i loro FIAT G 91.
Ricordo la determinazione e l’onestà di mio padre nell’affrontare e nel risolvere
i problemi con una visione di crescita turistica della località, proiettata in
una dimensione internazionale e anche di integrazione e interazione con
l’entroterra dell’intera Bassa Friulana, non perdendo mai di vista le esigenze
dei suoi concittadini sia in termini di occupazione che di crescita sociale.
Ho, senz’altro, ereditato da lui la passione per la politica e l’impegno nella
gestione della cosa pubblica.
Da quando si dedica alla cosa pubblica?
Il mio impegno politico ebbe inizio con la partecipazione ai corsi di formazione
della Democrazia Cristiana cui fece seguito la costituzione in loco del Circolo
della Gioventù che vedeva coinvolti molti giovani.
Sul piano amministrativo, il primo incarico è stato quello di Presidente
dell’allora Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Lignano Sabbiadoro
e della Laguna di Marano che comprendeva anche cinque comuni dell’immediato entroterra.
Era il 1984 e a soli 32 anni ero il primo presidente lignanese dell’Azienda e il
più giovane presidente degli enti turistici d’Italia, sono rimasto in carica fino
al 1997, inaugurando ben quattordici stagioni turistiche.
È da dire che inizialmente una sorta di dualismo ha caratterizzato i rapporti
fra Comune e Azienda e ciò perché i presidenti non venivano scelti nell’ambito
della comunità lignanese.
Sotto la mia presidenza e, ricoprendo io anche la carica di consigliere
comunale, i rapporti sono migliorati e la collaborazione è diventata più
proficua nell’interesse generale della località.
Che cosa può dirci dei suoi quattordici anni di Presidenza in Azienda di
Soggiorno?
In quel non breve arco di tempo molto è stato fatto sia nel settore della
promozione e delle manifestazioni che nel miglioramento di strutture e
servizi. Per quanto riguarda la promozione, lo sforzo principale è stato di
coinvolgere gli operatori turistici, concertando, di volta in volta, le attività
promo-pubblicitarie, attuate in Italia e all’estero.
A questo proposito, è vivo il ricordo dei momenti difficili che dovemmo
affrontare per far fronte ai danni conseguenti al fenomeno delle alghe e per
salvaguardare e rilanciare l’immagine di Lignano sui mercati turistici.
Nel settore delle manifestazioni: l’istituzione del Premio letterario dedicato
ad Hemingway giunto ormai alla 24^ edizione, l’adozione nel 1987 in
183
collaborazione con il Comitato Italiano UNICEF - allora presieduto dal dottor
Farina - della Carta dei Diritti dell’Infanzia con la partecipazione di enti non
governativi di centoventi Paesi alla presenza della consorte del Premier
egiziano Mubarak, del Ministro Rosa Russo Jervolino e dell’allora Presidente
della Regione Adriano Biasutti - Carta che sarà approvata dall’ONU - e
l’esibizione per la prima volta sull’arenile della Pattuglia Acrobatica Nazionale
che ancora oggi allieta gli ospiti ferragostani.
Sono stati, inoltre, riqualificati i beni demaniali della darsena e della spiaggia,
gestiti dall’Azienda di Soggiorno.
184
23 maggio 2008
Udila BATTISTELLA ZANATTA
Intervistatrici: Maria Longo Coccetti e Mariella Piutti Fabris
La signora Udila Battistella si presenta per l’intervista al Centro Civico
accompagnata dalla figlia.
È una signora calma e tranquilla che parla di sé e della Lignano della sua
gioventù con una nota di malinconia.
Il tempo - ci dice - è passato troppo in fretta, lasciando dietro di sé piacevoli
ricordi e non sempre gradite memorie.
Ci parli di lei e della sua famiglia.
Sono nata a Pola l’8 novembre 1933 da genitori veneti. Il mio nucleo familiare
era composto da undici persone, tutte dedite all’agricoltura.
Durante la seconda guerra mondiale la situazione in Istria era diventata
particolarmente difficile: i partigiani erano temuti da tutti, per cui nel
1944 mio padre prese degli accordi con il signor Andretta per una nostra
sistemazione a Lignano.
Siamo partiti con l’ultimo treno e siamo arrivati a Latisana, profughi da Pola
come le famiglie Summo e Belletti.
La terra, affidataci a mezzadria, si estendeva dal maneggio, sito dopo il
Villaggio Mimosa, fino all’attuale cimitero. La casa dove abitavamo, ora
disabitata, è rimasta la stessa, con un bel pergolato di uva bianca.
185
Avevo poco più di dieci anni, ero felice di essere arrivata in un posto tranquillo
anche se, inizialmente, c’erano ancora bombardamenti.
Quando la chiesa è stata mitragliata, mi trovavo proprio all’interno a seguire
una funzione religiosa.
È andata a scuola a Lignano?
La scuola si trovava in via Gorizia, ci andavo a piedi, andata e ritorno. Ho
frequentato fino alla quinta, in una pluriclasse
La mia maestra era la signora Zen, i miei compagni sono stati Pierino Comisso,
Giacomo De Filippis, Dino Sandri. Terminate le elementari, non essendovi
possibilità di proseguire gli studi, ho lavorato in campagna con i miei fino
all’età di diciannove anni.
In che cosa consisteva il suo lavoro in campagna e in casa?
Ad aiutare mio padre.
Avevamo quindici mucche e la mattina, con qualsiasi tempo atmosferico,
portavo i bidoni pieni di latte, sistemati sul manubrio della bicicletta, alla
famiglia Andretta, nostra datrice di lavoro.
La sera, invece, il latte veniva portato in latteria, in centro. Uova e verdure si
vendevano ai vari negozianti.
Aiutavo anche mia mamma.
La pasta veniva fatta in casa e il pane veniva impastato e sfornato un paio di
volte alla settimana.
Lavoravate la terra
con macchine agricole?
Mio padre lavorava
il terreno con le
macchine agricole di
proprietà della famiglia
Andretta, ma prestava
anche la sua opera
ad altri contadini
che
abbisognavano
di
attrezzature
meccaniche.
Si dedicava, inoltre,
Trebbiatura
186
alla caccia e a casa nostra non mancavano mai fagiani, lepri e anatre
selvatiche, i masurini.
Era lui che organizzava la festa di San Zaccaria, la festa della Madonute, con
i vari intrattenimenti giocosi.
Vicino a casa nostra c’era il frutteto della famiglia Scarpa la quale possedeva
un’automobile che prestava a chi ne avesse bisogno.
Come trascorrevate i giorni di festa?
La domenica noi sorelle
e cugine andavamo a
messa, sempre a piedi.
I preti, prima don Gino poi
don Mario, erano molto
rigorosi e guai mancare
alle funzioni religiose
quali messa, vespero e
anche catechismo, ma
erano pronti ad aiutare
le persone in ogni
circostanza.
D’estate, solo la domenica,
andavamo con gli amici
I coloni Prataviera in spiaggia a Pineta, vicini di casa della famiglia Battistella
al mare: si mangiava al
sacco sulle dune della
spiaggia. Mia sorella, che era sarta, ci confezionava i costumi da bagno. A volte
ci recavamo al cinematografo all’aperto, in via Udine, o a ballare. Conservo di
quel periodo piacevoli ricordi!
Lei prima ha affermato di aver aiutato suo papà in
campagna fino a diciannove anni. Che ha fatto dopo?
Mi sono sposata a diciannove anni.
Prima si è sposata mia sorella con Ferruccio Tonutti,
originario di Udine e primo giardiniere di Lignano, molto
amico del dottor Zatti.
Poi mi sono sposata io con Rino Zanatta e per un anno
abbiamo vissuto con la sua famiglia vicino alla Caserma
della Finanza. Dal nostro matrimonio sono nati due figli:
Doriana e Dario, ambedue sono venuti al mondo in casa,
come si faceva una volta.
187
Aldo, Udila, Valeria e Ida Battistella
Luigi Venudo detto “Paperone” al Campeggio Sabbiadoro - 1957
Mio marito era muratore
e ha lavorato prima con
l’impresa Gregoratti poi con
l’impresa Sostero. In seguito
abbiamo acquistato un
terreno sul quale abbiamo
costruito due appartamenti
che affittavamo da maggio a
settembre a turisti tedeschi
e austriaci.
Io ho lavorato un po’ ovunque
e, per una decina d’anni,
nel Campeggio Sabbiadoro
della
famiglia
Andretta
dove si preparavano anche
duemila pasti al giorno.
Nel 1955, dopo la morte di mio padre, zii e cugini
se ne sono andati a cercar lavoro a Milano, mentre
mia madre e mio fratello hanno ottenuto dalla famiglia
Andretta, come “buona uscita”, un pezzo di terra sito
in via Latisana dove hanno costruito il Bar Olimpia con
pista da ballo e gioco di bocce.
Per una ventina d’anni il locale è stato molto
frequentato, d’estate ogni sera si ballava al suono del
juke-box.
Poiché c’era molto lavoro, mi rendevo utile, dando una
mano e, quando potevo, ballavo e mi divertivo con gli
amici.
Ancor oggi il bar è aperto, tutto l’anno.
Guido Bonafè al Bar Olimpia
Rimpiange la Lignano di un tempo?
No, rimpiangere no, ma una volta la vita era più semplice, fatta di amicizie e
di affetti sinceri. Ora mi sembra che tutto sia diverso.
188
25 maggio 2008
Giorgio BARTOLUCCI
Intervistatrice: Nelly Del Forno Todisco
Il dottor Bartolucci è nato il 10 aprile 1928. Ha trascorso quarant’anni
della sua vita a Lignano, ora vive nella sua casa di campagna di Montefiascone,
in provincia di Viterbo. L’unico modo per fare l’intervista era, perciò, farla via
etere.
Disponibile, si è prestato ben volentieri a parlare di sé e di tutto quello che era
riuscito a realizzare per Lignano nel campo dell’associazionismo.
So per certo che è stato il dottor Zatti a invitarla a venire a Lignano in
qualità di medico. Come lo ha conosciuto?
Abitavo allora in via Stringher al secondo piano della casa De Puppi, la più
antica casa di Udine.
Un sabato pomeriggio del mese di dicembre del 1960 mi trovavo in casa,
quando suonarono alla porta. Andai ad aprire, pensando che qualcuno avesse
bisogno di un medico. Mi trovai davanti ad una coppia sulla quarantina, il
signore si presentò come il dottor Zatti, aveva avuto il mio indirizzo da un
dottore dell’ospedale di Udine.
Mi spiegò che viveva a Lignano e che cercava un giovane medico desideroso
di trasferirsi in quella località con poco più di duemila abitanti nel periodo
invernale, ma che d’estate si avvicinavano a molte migliaia con villeggianti,
189
imprenditori e lavoratori stagionali. Egli era l’unico medico e cercava un
collaboratore.
Rimanemmo d’accordo che sarei andato a trovarlo prima della fine dell’anno.
Avevo bisogno di tempo per decidere.
Decidere che cosa? Era forse impegnato in altre attività? La proposta era
allettante?
Oltre a essere libero professionista, ero medico funzionario dell’INAM, Istituto
Nazionale Assicurazione Malattia, e quindi, soggetto a un regolamento, ed
ero anche addetto a funzioni ispettive presso l’Ospedale di Udine.
Quando mi recai a Lignano prospettai al dottor Zatti la possibilità che potevo
essere disponibile dopo aver dato un mese di preavviso all’Istituto. Egli mi
sottopose la necessità che lo sostituissi da febbraio a maggio, dovendosi
assentare per motivi di famiglia.
Il primo febbraio del 1961 iniziai a lavorare nell’ambulatorio del dottor Zatti.
Alloggiavo all’Albergo Scarpa. Il lavoro era di mio gradimento e, se paragonato
al lavoro da me svolto dopo la laurea in condotte mediche prevalentemente
di montagna, questo era più lieve e gradevole.
Nel frattempo cercai una sistemazione abitativa, non potendo lasciare la
mia famiglia a Udine, trovai una
villetta di proprietà della famiglia
Rossetti di Latisana sita in via
Codroipo: attrezzai il pianoterra ad
ambulatorio e il piano superiore
ad abitazione.
Durante il periodo di sostituzione
del dottor Zatti avevo conosciuto
quasi tutta la popolazione di
Lignano costituita in prevalenza
da giovani e bambini. Preziosa è
stata la mia specializzazione in
pediatria.
Albergo Scarpa in via Udine - 1954
Così, dopo aver sostituito per quattro mesi il dottor Zatti, lei è rimasto
a Lignano come libero professionista. Otre alla libera professione si è
interessato ad altro?
Ho lavorato anche presso la Colonia permanente Friuli-Italia in qualità di
direttore sanitario, incarico mantenuto fino al 1996, anno in cui la Colonia
divenne un istituto con diverse finalità. Poiché conoscevo le autorità sanitarie
190
udinesi, fui interpellato
dall’Associazione Friulana
Donatori del Sangue per
costituire una sezione a
Lignano. Nei primi mesi
del 1962 il commendatore
Giovanni Faleschini, presidente regionale dell’AFDS,
in un’assemblea presso
il cinema Mare tenne a
battesimo la sezione di
Lignano di cui fui eletto
presidente, carica che tenni
per un decennio, portando
Giovanni Faleschini e il Sindaco Gnesutta
questa sezione a essere,
dopo quarantasei anni,
una colonna dell’AFDS. Abbiamo ottenuto per anni la medaglia d’oro come
premio per aver superato le percentuali di donatori e di donazioni stabilite
dallo statuto.
Nel 1963 fui chiamato a
lavorare alle Terme Marine
e per due anni ne fui il
direttore sanitario. Sempre
nel 1963 con alcuni amici
fondammo il circolo ACLI di
cui fui presidente fino alla
sua chiusura, segretario era
il compianto ragionier Lucio
Giorgi. Nel 1965, avendo
ritrovato alcuni commilitoni
della naia alpina, fondammo
il gruppo locale dell’ANA Associazione Nazionale Alpini di cui, oltre a fondatore, fui
il primo capogruppo.
Primo Gruppo Alpini
Così tra il lavoro e le associazioni il tempo passava veloce.
Come ricorda la Lignano degli anni Sessanta?
Lignano da piccolo paese si stava trasformando in una grande realtà. Allora
venivano costruiti due milioni di metri cubi di fabbricati abitativi e commerciali
all’anno. In quel periodo proprio in via Codroipo, di fronte alla villa della
191
famiglia Rossetti, è sorto il condominio Milano dove mi sono trasferito con
ambulatorio e abitazione. Strade nuove venivano aperte in continuazione
per accedere alle nuove realtà edilizie; furono aperte strade di collegamento
con Lignano Pineta e la vecchia via Latisana divenne strada di traffico locale,
sostituita dal viale Europa.
Prima lei ha detto che tra lavoro e associazioni il tempo passava veloce.
Si è sempre dedicato all’associazionismo locale?
Sì, avevo molteplici interessi che mi portarono a partecipare ad altre
associazioni e a creare gruppi d’interesse come il Circolo Filatelico
Numismatico Lignanese, sorto nel 1965 di cui fui presidente fino al 1998.
Nel 1972 fui socio fondatore del Lions Club, per due mandati presidente e
per un mandato delegato di zona e vicegovernatore per il Friuli.
E poi la Pro Senectute di cui fui il primo presidente, e negli anni Ottanta
promossi la costituzione della Casa per Anziani contro tutti i pareri negativi
di una certa casta locale. Noi della Pro Senectute riuscimmo dove altri non
poterono, ma questa è un’altra storia.
Nel 1976 promossi la fondazione di una sezione AIDO - Associazione
Italiana Donatori Organi - la cui riunione d’insediamento si tenne nel salone
della Colonia la
sera del 6 maggio
del 1976 e fu
“benedetta“ proprio
dalla scossa di
terremoto, mentre
stavo svolgendo la
relazione a oltre
250 partecipanti.
Partecipai a molte
altre associazioni:
Pesca
Sportiva,
Federazione Italiana
della Caccia di cui
fui presidente per
vari mandati.
Ho
collaborato
come
medico
Associazione Lignano Calcio
sportivo a varie
associazioni ciclistiche, calcistiche, calcio a cinque.
192
Lei è stata una persona molto presente sul territorio lignanese. Si è
occupata solo di associazionismo o si è interessata ad altro?
Mi sono interessato anche di politica. Nei primi anni Settanta sono stato
segretario della locale sezione della Democrazia Cristiana da cui mi
dimisi per incompatibilità. Durante l’intermezzo politico, presiedendo la
commissione politica formata dai responsabili dei partiti che conducevano la
“cosa pubblica“, ebbi modo di studiare e suggerire la costituzione del Parco
Hemingway, vincendo le resistenze dei proprietari dei terreni, cosa che poi
portò alla convenzione con i proprietari di Lignano Riviera per costituire il
Parco UNICEF.
È stato contento di aver accettato di venire a Lignano?
Naturalmente, e poi quarant’anni di vita e di professione in un luogo portano
a conoscere e a seguire lo sviluppo dello stesso con le necessità e i desiderata
della popolazione, soprattutto di quella giovanile.
So che oggi il Lions Club è presente sul territorio lignanese con iniziative
volontaristiche e benefiche. Lei, in qualità di presidente o delegato di zona,
ha operato in tal senso?
Nel 1975 in qualità di presidente stabilii, quale “service“ annuale, di offrire al
Comune una piccola biblioteca, l’inizio di quello che è oggi un Istituto di tutto
rispetto e di cui fui per alcuni anni membro del Consiglio.
Abbiamo, inoltre, creato il soggiorno marino per disabili, sul terreno messo a
disposizione dall’EFA che ha accolto per un trentennio giovani e meno giovani
da varie regioni italiane, da paesi della ex Iugoslavia e da Vienna.
Abbiamo promosso le serate dell’amicizia con la Brigata Julia nell’Arena Alpe
Adria e tornei di calcio per raccogliere fondi da destinare ai disabili.
Lei ha creato tante iniziative che sono tuttora presenti nel territorio. È
soddisfatto?
Sì, lo sono.
Crescendo la città, crebbero le iniziative proposte da cittadini di buona volontà
e portate avanti da sodalizi che man mano andavano sorgendo e sempre con
ottimi risultati, cosa che mi fa essere orgoglioso di dire: “Io c’ero!“
193
Si ringraziano
Le persone che hanno rilasciato le interviste e quanti hanno collaborato,
fornendo materiale di varia natura e raccontando aneddoti legati ai
primordi di Lignano
Il Sindaco di Lignano
dott. Silvano Delzotto
L’Assessorato alla Cultura e all’Istruzione del Comune di Lignano
avv. Lanfranco Sette
L’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Lignano
geom. Graziano Bosello
L’Assessore alle Politiche Sociali e Giovanili della passata legislatura
geom. Angelino Bonelli
Il Presidente del FotoCineClub
Doriano Moro
Le immagini d’epoca provengono da alcuni intervistati e dalle raccolte
del FotoCineClub, Alessandro Rizzi, Rino Tinelli.
La fotografia in copertina proviene dalla
Fototeca del Civici Musei di Udine
Indice
Il progetto dell’Università della Terza Età di Lignano.................................5
Presentazione di Nelly Del Forno Todisco.................................................6
Presentazione del Sindaco Silvano Delzotto.............................................7
Presentazione di Gianfranco Scialino .......................................................8
Interviste:
Emilio ZATTI.............................................................................................11
Rino MORO............................................................................................ 19
Angela SUMMO...................................................................................... 27
Elia ZOCCARATO.....................................................................................31
Pierino COMISSO................................................................................... 37
Giacomo DE FILIPPIS.............................................................................. 43
Cesare, Pietro e Maria FANOTTO........................................................... 47
Nunzia MONANNI SCERBANENCO....................................................... 53
Luigi DE MINICIS.................................................................................... 59
Walter BIDIN........................................................................................... 63
Ferdinando SCUDIERO........................................................................... 69
Dino SANDRI.......................................................................................... 73
Pia BERQUER ANDRETTA...................................................................... 77
Giorgio TURCATO................................................................................... 83
Armando FERRO.................................................................................... 87
Giampaolo ZEN.......................................................................................91
Giuseppe BURGATO............................................................................... 95
Luigia FANOTTO e Walter LIGUSTRI....................................................... 99
Enea FABRIS......................................................................................... 105
Eno PETRACCO.................................................................................... 109
Vincenzo GIGANTE................................................................................117
Argelio SCARPA.................................................................................... 121
Marco MARIN....................................................................................... 125
Renato CHIARUTTINI............................................................................ 129
Olindo VALERI...................................................................................... 133
Rita NORO............................................................................................ 135
Maria Grazia e Pietro BELLETTI........................................................... 139
Giorgio VENTURINI............................................................................... 143
Tranquilla PARON RIDOLFO................................................................. 149
Danilo ZANATA..................................................................................... 153
Filomena VENCHIARUTTI DRIUSSI....................................................... 161
Ferruccio BIVI........................................................................................ 167
Giovanni Battista GNATA...................................................................... 173
Carlo TEGHIL........................................................................................ 179
Udila BATTISTELLA ZANATTA.............................................................. 185
Giorgio BARTOLUCCI............................................................................ 189
Ringraziamenti...................................................................................... 196