La mia Didatticarte - Finestre sul cortile

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La mia Didatticarte - Finestre sul cortile
Emanuela Pulvirenti
La mia Didatticarte
Finestre sul cortile
La storia di Emanuela Pulvirenti
da una conversazione con Anna Maria Corposanto
per l’Incontro del 29 novembre 2015
in Finestre sul cortile - Via Sallustiana 15, Roma
Progetto e redazione
Anna Maria Corposanto
di Finestre sul cortile
http://www.finestresulcortile.com/
Tutte le foto sono tratte dal sito Didatticarte
http://www.didatticarte.it/Blog/
per gentile concessione di Emanuela Pulvirenti
Diffusione ad esclusivo uso di
Didatticarte e Finestre sul cortile
Novembre 2015
La mia Didatticarte
Emanuela Pulvirenti ha creato il primo sito Didatticarte
www.didatticarte.it il 9 gennaio 2011, giorno che ha dato inizio a
una storia avvincente nel web che nessun insegnante e appassionato
d’arte avrebbe immaginato. Allora non lo immaginava neanche lei,
poiché la decisione di creare un blog era nata da un problema
pratico: come coinvolgere e appassionare gli studenti che non ne
vogliono proprio sapere di studiare la storia dell’arte?
Mettendo in azione coraggio e creatività ha affrontato il suo
problema in linea con ciò che affermava lo psicologo maltese
Edward de Bono, che ha coniato il termine “pensiero laterale”: “Un
problema è semplicemente la differenza tra ciò che si possiede e ciò che
si vuole.”
Emanuela Pulvirenti, infatti, ha trasformato ogni ostacolo nel suo
lavoro d’insegnante di storia dell’arte nell’opportunità e volontà di
realizzare un cambiamento e, soprattutto, condividerlo.
È riuscita così a creare metodi, prassi e linguaggi innovativi nella
didattica della storia dell’arte e a diffonderli ovunque grazie al
contributo di Internet, e oggi il suo blog testimonia come il web
possa incidere nelle nostre vite, nelle nostre storie. Ecco come
Emanuela Pulvirenti ci racconta la sua:
Insegno storia dell’arte nelle scuole della Sicilia da molti anni; nel
2011 lavoravo con un part time ridotto in un Liceo in cui mi
avevano affidato solo due classi, le cosidette “migliori”. C’erano
ragazzi intelligenti, interessati allo studio delle materie e a me non
andava di fare per loro la solita lezione, il solito monologo che, tra
l’altro, non mi piaceva affatto.
Avevo scoperto che nella Biblioteca della scuola c’era una L.I.M., una
lavagna elettronica interattiva sulla quale poter scrivere, disegnare,
allegare immagini, testi e così via. Era utilizzata solo come
proiettore, ma pensai che per me andava benissimo: avrei potuto
raccontare ai ragazzi cose nuove attraverso le immagini, far vedere
molte più opere rispetto a quelle nel libro, per fare confronti e
soprattutto mostrare l’arte contemporanea ispirata a quella del
passato.
Insomma, mi entusiasmai e cominciai a preparare le mie slide.
Questa delle slide è una cosa che mi porto dietro dall’Università:
ricordo ancora i miei professori con i loro carrellini di diapositive e
quanto fossi catturata e inondata per giorni e giorni dalle loro
immagini, una modalità di apprendere che per me è sempre stata
bellissima.
E così, grazie all’opportunità della L.I.M., a una biblioteca tutta per
me e ai miei ragazzi disposti a imparare, decisi che avrei preparato
bellissime foto, grandi, che dessero uno “schiaffo” alla loro
attenzione e percezione. Volevo stupirli e coinvolgerli, creare
percorsi nuovi per l’apprendimento che non avevo mai potuto fare
nei miei primi anni d’insegnamento.
Thomas Struth – Il museo nel museo
Ai ragazzi tutto questo piaceva parecchio, tanto che cominciarono a
chiedermi: “Professoressa, ma poi queste slide ce le può dare?” e
così le inviavo volentieri per e-mail, ma c’era sempre qualcuno che
mi diceva: “Professoressa, ma a me la mail non mi è arrivata!”.
Così utilizzavo la chiavetta USB, ma poi mi dicevano che forse si
poteva trasmettere un virus... Insomma, venne il momento di
cercare una soluzione diversa, pratica, per consegnare il mio
materiale ai ragazzi che premevano e così, pensa e ripensa, a un
certo punto ho detto: “Vabbè ragazzi, faccio un sito.”
Ne avevo già uno per il mio studio di architettura, però non volevo
mischiare le cose: dovevo crearne uno apposta. Ci ragionai su per
tutto il periodo delle vacanze di Natale perché la cosa più difficile
era trovargli il nome giusto, mi dicevo che un nome è come segnare
un destino e volevo trovarne uno che fosse facile da ricordare.
Per giorni provavo e riprovavo a tradurre in una sola parola il
concetto di “apprendere metodi per imparare l’arte...” e finalmente
mi arrivò: Didatticarte!
Il primo sito e i social
Registrato il nome, cominciai a
caricare nel sito tutte le slide: all’inizio
era solo un archivio, non c’era il blog.
I miei alunni sapevano che digitando
un indirizzo nel web trovavano le slide
da scaricare e tutto si fermava lì.
Fu ad aprile che avvenne un altro
cambiamento: volevo creare con i mei
ragazzi attività più dinamiche, extra scolastiche e così pensai di
creare la pagina “Didatticarte” su Facebook, aperta a tutti.
Qui postavo immagini di ciò che stavamo studiando in classe,
aggiungevo articoli, notizie prese da altre fonti e a poco alla volta
vedevo che oltre ai miei ragazzi si iscriveva un numero sempre
crescente di persone: prima mille, poi duemila, addirittura
cinquemila...! Osservavo con meraviglia che il numero di persone
che leggeva la mia pagina cresceva con rapidità: avevo innescato
inconsapevolmente qualcosa che andava oltre le mie aspettative e ne
ero sorpresa, oltre che lusingata.
Il blog Didatticarte
Poi nell’aprile 2013 è arrivato il blog, anche questo in modo un po’
casuale: dall'anno precedente lavoravo in una scuola molto
problematica, di certo la mia esperienza di insegnante più
complicata. Qui non avevo le stesse possibilità che vivevo nella
scuola per la quale avevo aperto il sito e la pagina Facebook, dove
mi avevano lasciato le chiavi della biblioteca e detto “Fai tutto quello
che vuoi”. Così ho cominciato a fare delle cose piano piano, senza
dire nulla a nessuno, fino a quando - presa dalla disperazione - ho
deciso di seguire corsi on line sulla didattica per trovare altre idee.
Un’esperienza di puro autolesionismo: soffrivo perché lì vedevo
cosa avrei potuto fare anch’io e che invece non dovevo fare!
In uno di questi corsi trovai “Internet per la scuola” ma era molto
tecnico (come imparare a ricevere gli RSS dai blog, per esempio) e
poi, a un certo punto, trovai anche “Impara a creare un blog”.
Poiché sono smanettona, la parte tecnica l’ho risolta in due
pomeriggi però, a quel punto ho cominciato a chiedermi: “Cosa ci
faccio adesso con questo blog? Forse posso raccontare tutto quello
che ho dentro e non posso far uscire fuori!”
All’inizio ho cominciato a sognare, a immaginarmi la mia didattica
così diversa da quella tradizionale, fino a quando ho deciso di osare:
creavo post sull’arte, il disegno, la creatività, che avrei voluto
raccontare ai miei alunni così distratti e recalcitranti
all’apprendimento della storia dell’arte e li pubblicavo.
Speravo di coinvolgerli, affascinarli, prenderli per mano nella
scoperta delle meraviglie che ancora non conoscevano.
Ero convinta di stare nel mio blog come all’interno della mia classe
con i miei alunni, io e loro insieme: raccontavo storie e mettevo
ordine a quelle cose che spesso nascevano in estemporanea, da
un’intuizione del momento e anche questa, in fondo, era un’urgenza
che il blog mi consentiva di soddisfare.
Giorno dopo giorno, però, mi accorgevo di essere osservata e
studiata da tantissime persone: mi scrivevano e commentavano da
ogni parte d’Italia e da paesi stranieri.
Scoprivo per esempio che dall’Argentina usavano i miei post del
blog per studiare l’italiano, la cultura, l’arte italiana e a un certo
punto ho capito che, senza rendermene conto, stavo facendo
qualcosa che andava oltre le mie difficili aule in Sicilia e la disperata
ricerca di coinvolgere i miei alunni.
Di nascosto, nell’ombra
Tutto quello che facevo con i miei alunni e con il mio blog restava
però nascosto: come una clandestina creavo i primi esperimenti
didattici, a partire dai Tableau Vivant, che avevo messo su per una
classe che non riuscivo a coinvolgere in alcun modo: c’erano ragazzi
che mentre parlavo d’arte si alzavano e se ne andavano, erano
indisciplinati ma non per cattiveria, erano così, allo stato brado,
completamente fuori dal mondo della scuola.
Ma con i Tableau Vivant realizzati insieme e pubblicati nel blog
riuscii a vincere ogni resistenza: leggevano i miei post e si
meravigliavano dei risultati, dei commenti che arrivavano nel blog, di
quei tantissimi “Mi piace” da persone che non conoscevano.
Cominciavano a rendersi conto che avevamo abbattuto il muro che
divideva la scuola dal mondo esterno, raccontavamo pubblicamente
quello che noi facevamo in classe e il mondo esterno reagiva con
interesse, interloquiva con noi.
Da questa esperienza didattica il loro atteggiamento è cambiato
completamente. Non erano più chiusi nel loro guscio ma si aprivano
a nuove esperienze, nascevano domande, curiosità, e la voglia di
saperne di più cresceva.
Intanto io, con tutte queste attività interattive riuscivo negli anni a
portare avanti il mio programma scolastico con le sue finalità, ma il
beneficio “indiretto” più importante arrivava dalla metadidattica,
perché loro erano finalmente coinvolti e si erano appassionati
all’arte. Ricordo quando uno di loro mi disse: “Professoressa, dopo
quattro anni ho scoperto che mi piace la storia dell’arte.”
Fotografia di Luigi Ghirri
Avevo penato, ma i risultati mi pagavano bene. Scoprivo, per
esempio che un’altra ragazza - anche lei sempre con la testa in aria e
distrattissima - in agosto, di notte, mi mandava sulla pagina di
Facebook le foto che di giorno aveva fatto alla National Gallery di
Londra! Mi chiedevo: ma questa è proprio Ilenia? È proprio lei? Se
ad agosto, di notte, mi manda le foto della National Gallery e
contentissima mi scrive: “Professoressa, ho visto dal vivo un
Canaletto, è stupendo!”... non avrò mica creato un mostro?!
All’inizio dei nostri esperimenti non c’erano questi risultati, no, non
sono stati immediati: forse i ragazzi non esprimono subito quello
che apprendono perché si vergognano o non vogliono
sembrareruffiani con l’insegnante, però io oggi mi accorgo da alcuni
dettagli, da qualche loro parola, quando hanno letto i miei post nel
blog. Una cosa importante: io non ho mai usato il blog come
strumento didattico “obbligatorio”. Quando scrivo e pubblico un
post i miei alunni sono liberi di leggero o non leggerlo, sanno che
non chiederò mai in una interrogazione cose che ho pubblicato,
perché nel momento in cui dovesse diventare un compito
distruggerei tutta l’immediatezza, la spontaneità, il piacere che loro
provano nel leggere i miei post.
Mi guardo bene dal farlo diventare uno strumento canonico e
ordinario. Forse funziona bene proprio per questo, perché loro
sanno che lì trovano cose che non sono compiti, e questo non li
mette in soggezione.
La storia dell’arte oggi, con i miei alunni
La mia opinione è che l’idea dell’obbligo distrugge la scuola, come
quella del voto o del sapere le cose come le ha dette l’insegnante: i
ragazzi invece a volte fanno commenti interessanti, irriverenti, che
poi sono quelli che mi ispirano di più.
Spesso cerco di frenare l’istinto di infastidirmi quando un alunno mi
dice: “Professoressa, ma la Gioconda è brutta” perché so quanto ci
sia dietro la Gioconda... ma poi guardo il quadro e dico “In effetti, ai
nostri occhi oggi appare una brutta, è pesante...” e soprattutto
scopro che lui forse è riuscito a guardarla con occhio libero, mi ha
detto che “il re è nudo”.
È interessante per me entrare in queste dinamiche con i ragazzi
perché si cresce insieme: io da loro imparo tanto, mi aiutano a
guardare le cose anche in maniera diversa, nonostante io le guardi
già in maniera diversa perché non ho mai studiato la storia dell’arte
all’università, me la sono studiata per conto mio e me la racconto in
maniera personale, quindi la reinvento.
Finalmente oggi le cose nella mia scuola sono cambiate: pian piano
anche la mia preside ha iniziato a venirmi incontro, mi sta
concedendo qualcosa. Intanto lo scorso anno abbiamo acquistato le
L.I.M. per ogni aula, e quest’anno stiamo facendo un laboratorio di
informatica e creatività, dove potrò fare esperimenti laboratoriali e
anche i ragazzi saranno liberi di farli senza la mia presenza. Abbiamo
un grande spazio, con un tavolone centrale dove ci mettiamo tutti
intorno e facciamo cose molto belle.
Quando mi chiedono come vivo oggi tutti questi risultati rispondo:
come su una montagna russa. Passo da momenti di grande
entusiasmo ad altri di panico: è gratificante scoprire di essere seguita
nel web da oltre 90 mila persone su Facebook, con 5 mila lettori del
blog e 10 mila pagine visitate al giorno... sono numeri da capogiro,
ma tutto questo in certi momenti mi
mette soggezione, penso “oddio, cosa
vogliono tutti da me?”
In fondo sono una persona
abbastanza riservata e mi prende il
panico da palcoscenico, come se mi
sentissi troppo esposta: finché scrivo,
le mie cose sono assolutamente nel
mio mondo, ma appena poi vanno nel
web e cominciano ad essere
condivise, rimbalzate, commentate
ogni tanto mi sembra di non riuscire
a gestirle più, che abbia creato
qualcosa più grande di me. Per
fortuna sono momenti che durano
poco, altrimenti avrei già chiuso il
blog da un pezzo.
Ora è solo il tempo il mio vero
cruccio, perché adesso le cose da
fare stanno diventando tante: realizzo
workshop presso l’Accademia di Belle
Arti a Palermo che ha un corso di
laurea in didattica dell’arte, poi ho le
mie giornate a scuola, il blog
Didatticarte, e ora anche la scrittura
di un libro...!
Street art by Pejac
Io che amo le cose fatte bene (altrimenti non si fanno) avrei bisogno
di una giornata di 50 ore per stare dietro a ogni cosa, c’è anche la
mia famiglia, i miei due figli. A volte mi sento spremuta come un
limone. Però tutto questo mi piace, e ormai non potrei farne a
meno.
Quel che sogno per il futuro
Tutto quello che ho fatto dal 2011 a oggi è nato dalla scuola e
immagino e spero che torni nella scuola, che non vada per una
strada completamente diversa.
Mi piace pensare di poter trasformare completamente almeno la mia
realtà scolastica, perché quello che ho fatto finora è un investimento
e vorrei vederne i frutti, soprattutto negli studenti.
Viviamo in zone veramente disagiate: la scuola in cui insegno è
proprio l’estrema provincia, c’è una povertà economica e culturale
notevole, e così spero che il mio lavoro possa anche diventare un
fattore di crescita per il mio territorio.
Questo per me è molto importante perché alla fine sì, mi gratifica
molto l’idea di poter continuare ad essere sempre più letta, invitata
in diverse occasioni, però la sento come una cosa egoistica: è come
se in questo modo prendessi solo dalla scuola, mentre io voglio
ridarle tutto quello che ho preso, anche se quello che ho preso
inizialmente era il peggio, ma è questo peggio che mi ha fatto
crescere.
Voglio che la mia crescita faccia crescere anche la realtà dove vivo e
lavoro. Questo è veramente quello che vorrei.
Finestre sul cortile
è lo spazio dove puoi partecipare
a Incontri e Corsi dedicati alle
narrazioni on e off line.
Qui esploriamo linguaggi e strumenti
della contemporaneità che veicolano
storie: scrittura, fotografia, video, arte,
musica, poesia, graphic novel, visual
design, cinema, televisione e web...
Perché ci piacciono le storie? Perché ci trasformano.
Una storia può incidere profondamente nella nostra vita.
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Via Sallustiana 15 - Roma