Notizie - Asso Pensionati

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Notizie - Asso Pensionati
2014/09/ 15
Notizie
Banche. Chi correrà dopo i test europei - Attese positive per le big italiane. Da Unicredit a Intesa, da Mps a
Popolare Milano le valutazioni sono ancora a sconto e i parametri adeguati per passare l’esame Bce
CORRIERE ECONOMIA lunedì 15 settembre 2014
Piazza Affari riparte con le banche. Si avvicinano momenti chiave per il sistema creditizio europeo e italiano:
attraverso l’Aqr e gli stress test, la Bce sta passando al setaccio i conti per verificare chi sia in regola sul piano
della solidità patrimoniale. E i titoli bancari italiani si apprestano ad affrontare l’esame in buona salute.
Un’aspettativa che sul mercato si è già riflessa nelle performance messe a segno dai principali titoli del listino:
Banca Popolare di Milano guida la pattuglia con un rialzo del 60% da inizio anno seguita da Intesa Sanpaolo che
nello stesso periodo ha accumulato un guadagno di oltre il 36% ed Ubi Banca che fa un balzo del 31,5%. Ma le
buone notizie potrebbero non essere finite. CorrierEconomia ha messo in rassegna le principali blue chip del
comparto bancario del listino milanese mettendo in evidenza gli indicatori valutativi, patrimoniali e di
rendimento del dividendo. Dopo la metà di ottobre dovrebbe arrivare il giorno buono per la diffusione dei
risultati degli esami sulla tenuta dei bilanci «Ci aspettiamo — commenta Marco Paolucci amministratore delegato
di Luxgest Asset Mangement — che le principali banche italiane usciranno dall’esame senza particolari tensioni.
Questo passaggio potrebbe rivelarsi addirittura un punto di partenza per una stagione molto profittevole».
L’analisi sui bilanci avviene infatti in contemporanea con l’avvio del programma T-Ltro e gli acquisti di Abs, i due
strumenti annunciati da Mario Draghi per fornire liquidità alle banche sotto la condizione di concedere prestiti
all’economia reale e combattere la deflazione in Europa. Strumenti che secondo Paolucci renderanno ancora più
solidi i conti degli istituti italiani, destinati ad «avere più capitale libero a disposizione per concedere prestiti
remunerativi che nell’arco di 6 o 12 mesi imprimeranno un’accelerazione ai profitti e quindi un ulteriore
rafforzamento del capitale. Il punto di arrivo è che le banche torneranno ad essere grossi pagatori di dividendi e i
loro titoli un’asset class di moda». Dall’inizio del 2014 sono stati raccolti circa 11 miliardi di euro attraverso
aumenti di capitale e altro. Il livello medio del primo indice di adeguatezza ovvero il CET1 ratio è ben al di sopra
dell’11% rispetto a una soglia di rischio posta dalla Bce all’8%. Dal punto di vista valutativo le banche italiane
sono ancora le più convenienti del continente con uno sconto medio che arriva al 20% rispetto al rapporto prezzo
su patrimonio netto e che sale al 40% se confrontato con quello delle cugine spagnole e dell’Europa dell’Est. Tra i
titoli più interessanti c’è Unicredit la più europea tra le banche quotate in Piazza Affari. Il titolo tratta a sconto sul
patrimonio netto mentre il rapporto tra prezzo e utile è tra i più bassi. Ottime credenziali che hanno spinto gli
analisti di Bernstein ad avviare lo scorso 3 settembre la copertura sul titolo con una raccomandazione
Outperform (farà meglio del mercato) e un target price di 7,40 euro. Ma sul piano valutativo il titolo più
conveniente è attualmente il Monte dei Paschi di Siena che tratta meno della metà del proprio patrimonio netto.
Un dato che riflette probabilmente il recente percorso di ristrutturazione, la bassa redditività e l’assenza del
dividendo. Ma l’interesse è crescente come dimostra il recente incremento della partecipazione di Ubs dal 2,4 al
2,8%. Sul fronte opposto c’è Intesa Sanpaolo che vale in Borsa poco meno del patrimonio netto e più di 20 volte i
profitti attesi nell’anno in corso, ma da gennaio sale di oltre il 36%. Un movimento che pare destinato a
consolidarsi almeno secondo gli analisti di Mediobanca che una settimana fa hanno alzato la raccomandazione a
outperform da neutral lasciando invariato il prezzo obiettivo a 2,80 euro. Analogo provvedimento è stato preso
da Piazzetta Cuccia sull’intero settore bancario della zona euro. Stessa sorte per la Popolare di Milano, migliore
titolo dell’Eurostoxx 600 da inizio anno. Lo scorso 5 settembre Citigroup ha alzato il giudizio su tutte le banche
italiane, compresa quella milanese, su cui ha confermato la raccomandazione neutrale e il target di 0,70 euro.
Sulla Popolare di Milano è intervenuta anche Exane BnpParibas alzando il target price a 0,80 euro da 0,70 euro e
confermando la raccomandazione d’acquisto. Dopo la conclusione positiva dell’aumento di capitale da 500
milioni di euro, e la decisione della Banca d’Italia di rimuovere le misure prudenziali sulla valutazione del
patrimonio, oggi l’istituto si trova nella confortevole posizione di avere un Core Tier 1 superiore all’11%, che la
dovrebbe mettere in uno stato di sicurezza di fronte agli imminenti test.
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La Stampa 13/14-09-2014
• “Preparate le autobombe e le cinture esplosive”. L’Isis in due video minaccia l’Europa e i cristiani - Nei
filmati, la cui autenticità non è verificabile, l’appello ai combattenti. I jihadisti rispondono così alla
coalizione lanciata da Obama. E profetizzano la «guerra contro i cristiani in Siria» - L’Isis minaccia i Paesi
della coalizione voluta da Obama «e annuncia la guerra contro l’Europa e i cristiani in Siria». I proclami
dello Stato islamico sono stati resi noti in due video pubblicati su Youtube e rilanciati dai media egiziani.
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Si fa appello ai combattenti «perché si preparino e indossino le cinture esplosive». In un primo video,
pubblicato due giorni fa, e la cui autenticità non è verificabile, si afferma che «lo Stato islamico resisterà
nonostante i vostri complotti, le armi che preparate e le munizioni che avete immagazzinato». Poi
l’appello ai combattenti: «Individuate i vostri obiettivi, preparate le autobomba, le cariche e le cinture
esplosive per colpire duramente e uccidere (fracassare le teste, ndr)». La sequenza mostra le immagini
di Barack Obama, del re saudita Abdullah, del premier britannico David Cameron, del segretario di Stato
Usa, John Kerry - oggi in visita proprio al Cairo - e di una riunione che si afferma essere quella di Gedda
di tre giorni fa. Un altro video, che però al momento risulta offline, profetizza la «guerra contro l’Europa
e i cristiani in terra di Siria». In questo caso, una bandiera di al Qaeda avvolge quelle di Israele, Usa, Gran
Bretagna, Arabia Saudita e Germania. Infine, al Arabiya rilancia altre minacce, questa volta provenienti
da un presunto account dell’Isis su Twitter, dirette all’Egitto: «Preparatevi a una sorpresa presto», è il
messaggio, abbinato a un appello all’unità d’azione tra Fratelli musulmani egiziani e lo Stato islamico.
Volontarie britanniche gestiranno i bordelli per jihadisti - Il Califfo dello “Stato Islamico” (Isis) ha creato
un corpo di polizia femminile per gestire i bordelli destinati ad appagare i miliziani jihadisti. E per
guidarlo ha scelto delle volontarie musulmane provenienti della Gran Bretagna. A rivelare la vicenda
sono fonti vicine alla sicurezza britannica, citate dal “Daily Mirror” e riprese con grande risalto dai
maggiori network tv in lingua araba. I bordelli per jihadisti sono stati creati da Isis in più località, in Iraq e
Siria, dove sono state rinchiuse migliaia di donne e ragazze - sarebbero 3000 - della minoranza yazidi
considerata “satanica” dal “Califfo Ibrahim”, ovvero Abu Bakr Al-Baghdadi. La decisione di affidare alle
volontarie inglesi la gestione delle donne-schiave e l’afflusso dei clienti si deve al fatto che proprio alBaghdadi le considera “fra le più motivate”. Fra loro spicca il nome di Aqsa Mahmood, 20 anni, nata a
Glasgow in Scozia, che sarebbe a capo del corpo di sicurezza femminile di Isis ed avrebbe a fianco
“britanniche e francesi” come Salma e Zahra Halane, gemelle 16enni di Manchester, e la madre Khadijah
Dare che è sposata ad un jihadista con nazionalità svedese. Queste singolari “donne-poliziotto”
avrebbero fatto propria la causa del Califfo fino a condividere che le donne - anche minorenni - yazidi
non hanno alcun diritto appartenendo ad una “minoranza satanica”. ….....
Il Tesoro Usa indaga i big di Wall Street: “Nascondono i rischi”. Citigroup, Jp Morgan e Goldman sotto
inchiesta - I furbetti di Wall Street ci provano? Sembrerebbe di sì, a giudicare dal contenuto di un dossier
del Tesoro degli Stati Uniti: dice che alcune grandi banche d’affari americane starebbero trovando appigli
finanziari all’estero per dribblare i regolamenti stringenti in fatto di swap. A finire nel mirino del dicastero
guidato da Jacob Lew sono in particolare Citigroup, Goldman Sachs e Jp Morgan: avrebbero cominciato a
rimuovere le garanzie Usa previste sugli swap emesse da loro affiliate all’estero, anzitutto a Londra.
Questo elimina la necessità di rispettare stringenti norme che impongono misure di trasparenza e una
gestione dei contratti attraverso mercati di scambio regolari e camere di compensazione. Gli swap sono
contratti che permettono alle parti di scambiare strumenti finanziari, bond, valute o altri tipi di titoli in
cambio di denaro per un determinato periodo di tempo, al fine di ottenere vantaggi economici in base
all’andamento di tassi di interesse o benchmark di altro genere. Prodotti che rientrano nella categoria
dei derivati, e dunque sono simili a quelli che hanno scatenato la grande crisi esplosa a Wall Street tra il
2007 e il 2008. Il Tesoro americano sospetta che la banche trasferiscano operazioni di trading
oltreoceano per eludere la contestatissima (da Wall Street, si intende) riforma finanziaria Dodd-Frank:
messa a punto e adottata proprio all’indomani dello tsunami che si è scatenato sugli Usa prima, e quindi
sull’Europa con la crisi dei debiti sovrani. ….....
Katainen sprona l’Italia sulle riforme: “Non basta metterle in agenda, bisogna applicarle” - Bilaterale
tra il commissario Ue e Padoan. dopo il botta e risposta di ieri con il premier. Il ministro: «Altri strumenti
per la crescita». La replica: «Il piano è molto ambizioso, adesso vi aspettiamo alla prova dei fatti». Renzi:
«Se l’Ue è solo spread non ha futuro» - Dopo il battibecco di ieri, oggi è il giorno del confronto e dei toni
«collaborativi». All’Ecofin va in scena un’altro confronto tra Roma e Bruxelles. Protagonista, oggi come
ieri, il super-commissario agli Affari economici Jyrki Katainen: «L’Italia ha un’agenda di riforme molto
ambiziosa. Se tutte le cose che ha in programma di fare verranno implementate posso immaginare che
l’economia avrà un forte impulso reale». Poi dal particolare, il caso Italia, passa al generale: «Molti Paesi
stanno pianificando riforme, è della massima importanza, ma bisogna attuarle perché se hai la
prescrizione e le medicine, ma non le prendi, non aiuta». …...
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Ansa 14/9/2014
• Isis decapita il terzo ostaggio. E' il britannico David Haines. Video su internet. Minacciata
decapitazione altro ostaggio GB - Per la terza volta in men o di un mese, lo Stato Islamico in Iraq e nel
Levante torna a diffondere attraverso il web il terrore e l'orrore: in video postato su internet, ha
mostrato una nuova decapitazione, quella dell'ostaggio britannico David Cawthorne Haines, che era
scomparso in Siria circa un anno fa. Si tratta di un filmato di due minuti e 27 secondi intitolato
"Messaggio agli alleati dell'America". E' diretto al premier britannico David Cameron, ma rappresenta
anche una implicita risposta all'offensiva anti-Isis lanciata dal presidente americano Barack Obama, che
prevede una vasta campagna di raid aerei in Iraq e anche in Siria, e la creazione di una coalizione
internazionale formata a vario livello da decine di Paesi. ….... Il video ricalca il copione dei due
precedenti, che hanno resa nota la decapitazione dei giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff.
….... Il boia, interamente vestito di nero e col volto coperto, sembra essere lo stesso dei due precedenti
filmati, anche a giudicare dal suo forte accento inglese. E anche in questo caso preannuncia una nuova
'esecuzione': la prossima vittima, dice, sarà un altro ostaggio britannico, identificato con il nome di Alan
Henning. ….....
• Padoan, più investimenti via maestra per crescita. Katainen, attuare riforme o medicina non funziona Le ultime misure della Bce possono contenere rischi, "specialmente c'è pericolo che i politici allentino i
loro sforzi per le riforme e che gli investitori assumano un rischio eccessivo cercando guadagni, che
possono mettere a rischio la stabilità finanziaria": così il presidente della Bundesbank Jens Weidmann a
margine dell'Ecofin. "La via maestra per la crescita sono più investimenti, soprattutto privati e anche
pubblici nella loro funzione di catalizzatore. Si devono creare condizioni di profittabilità" e un "elemento
fondamentale sono le riforme strutturali che sbloccano investimenti". Lo ha detto il ministro
dell'Economia Pier Carlo Padoan al termine Ecofin. "E' importante che ci siano nuovi strumenti per
finanziare la crescita", ha spiegato Padoan. "Si è discusso molto nel concreto su misure per sollecitare"
investimenti. Nell'Ecofin "abbiamo dato mandato alla Commissione europea e alla Bei di predisporre
rapidamente dei primi rapporti sulle misure concrete" da adottare. "Non c'è una deadline sulle riforme.
C'è un'urgenza di accelerare le riforme il più possibile", ha detto il ministro dell'Economia. "Molti Paesi
stanno pianificando riforme, è della massima importanza, ma bisogna attuarle perché se hai la
prescrizione e le medicine, ma non le prendi, non aiuta": così il commissario agli affari economici Jyrki
Katainen al termine dell'Ecofin. "L'Italia ha un'agenda di riforme molto ambiziosa. Se tutte le cose che
ha in programma di fare verranno implementate posso immaginare che l'economia avrà un forte
impulso reale", ha detto Katainen. …...
• Bonanni: basta palloni gonfiati che promettono lavoro. Cinque governi di fila senza che esca nulla "Basta con i palloni gonfiati che promettono dei posti di lavoro attraverso le riforme. Sono cinque
governi di fila che lo fanno, dicono e poi non esce mai nulla". Così il segretario della Cisl, Raffaele
Bonanni, a margine della festa dell'Udc. "Tutti promettono più posti di lavoro e poi non ci riesce
nessuno". "Anche noi saremo in piazza con le nostre proteste e le nostre proposte", ha risposto Bonanni
ai giornalisti che gli chiedevano un commento alle manifestazioni di Fiom e Cgil in programma a ottobre.
….. Parlando del jobs act a margine della festa dell'Udc a Chianciano Terme "Quale strada si sta
imboccando? - ha aggiunto - Nessuno conosce nulla di ciò che si sta decidendo. Vorremmo conoscere i
dati. Spero si recuperi la trasparenza ed una discussione alla luce del sole. Le forze politiche e sociali ne
hanno diritto ed hanno il dovere di sapere ciò che sta succedendo". "Se si chiedono flessibilità e mobilità
vanno pagati di più e non di meno. Così accade in tutto il mondo", ha risposto a chi gli chiedeva un
commento al dibattito sulla possibile riforma dell'articolo 18.
• Cgia, fisco pesa 15.329 euro a famiglia. Mediamente 1.277 euro di imposte al mese per nucleo
famigliare - Su ogni famiglia italiana lo scorso anno è gravato un carico fiscale medio annuo di 15.329
euro, 325 euro in meno rispetto al 2012 grazie all'abolizione dell'Imu, ma quest'anno è destinato ad
aumentare a causa dell'introduzione della Tasi e degli effetti legati all'aumento dell'aliquota Iva avvenuto
nell'ottobre scorso. Il calcolo è della Cgia di Mestre. Calcolando le diverse voci ogni nucleo famigliare
versa all'Erario, alle Regioni e agli Enti locali mediamente 1.277 euro al mese.
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Meno di mille euro per 7 milioni di lavoratori, a un top manager la paga di 225 dipendenti La Stampa 13/9/2014 - Lo stipendio medio è di 1.327 euro. Sotto i mille anche i laureati fino a 35 anni. L’Italia è
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tornata a essere un Paese di bassi salari, com’era fino a un paio di generazioni fa. Ormai non è neanche più
questione di cuneo fiscale, cioè di differenza fra salario lordo e netto: quando sette milioni di lavoratori incassano
meno di mille euro al mese vuol dire che il lavoro in Italia è pagato poco, punto e basta. Anche il «netto» medio
non è straordinario: dice uno studio della Fisac-Cgil che il salario mensile effettivamente incassato è di 1.327
euro, che per una singola persona possono essere accettabili ma per una famiglia con figli no. Neanche il titolo di
studio dà più garanzie. «Un giovane neolaureato, peraltro mediamente precario - osserva il segretario della Fisac,
Agostino Megale - se va bene oscilla tra gli 800 e i 1.000 euro mensili fino a 35 anni». E all’altro capo della vita
lavorativa, «oltre sette milioni di pensionati percepiscono meno di 1.000 euro mensili». Ma soffermiamoci
ancora su quel salario medio netto di 1.327 euro al mese: nel raffronto internazionale come si colloca? Se si fa il
paragone con la Germania, che è il termine di confronto obbligato in questa come in tante altre cose, il verdetto
è impietoso: «In media un lavoratore tedesco guadagna 6 mila euro in più l’anno». E il confronto non è inficiato
dal costo della vita, che nei due Paesi è paragonabile. Un altro dato significativo: a un lavoratore dipendente ci
vogliono in media 225 anni, «ben oltre due secoli» sottolinea Megale, per guadagnare quello che un top
manager incassa in un anno. Infatti il salario medio dei dipendenti è di 28.593 euro mentre i compensi medi dei
top manager viaggiano sui 6,5 milioni di euro. C’è stata un’evoluzione storica molto negativa: nel 1970 un
manager guadagnava «solo» 20 volte più di un operaio.
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Ansa 15/9/2014
• Vertice Parigi: pronti a usare ogni mezzo contro Isis, va sconfitto - ''C'è urgente necessità di porre fine
alla presenza di Daesh (Isis) nelle regioni in cui ha preso posizione in Iraq'': così nel documento
conclusivo del vertice di Parigi. I circa 30 Paesi partecipanti ''si sono impegnati a sostenere con tutti i
mezzi necessari il nuovo governo iracheno nella lotta contro Daesh, incluso un aiuto militare
appropriato''. "Lo Stato islamico non è né uno stato, né rappresenta l'islam, è un movimento di estrema
pericolosità. Tutti, sul posto, giudicano necessario farlo arretrare o scomparire": lo ha detto il ministro
degli Esteri francese, Laurent Fabius, al termine della Conferenza di pace e sicurezza sull'Iraq. "Non
soltanto far arretrare i terroristi del Daesh, lo stato islamico, ma sconfiggerli": questo l'obiettivo sul quale
i partecipanti alla Conferenza sulla pace e la sicurezza in Iraq hanno trovato un accordo, secondo il
ministro degli Esteri francese Fabius. L'Isis rappresenta ''una minaccia globale che non conosce confini''.
''Siamo tutti d'accordo sulla necessità di agire insieme, sul senso di urgenza: fare presto, fare insieme'': lo
ha detto il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, al termine del vertice di Parigi sull'Iraq. ….....
Hollande ha invitato i partner occidentali ed arabi ad impegnarsi "chiaramente, lealmente e con forza al
fianco delle autorità irachene", sottolineando che "non c'è tempo da perdere" di fronte alla minaccia dei
jihadisti di Daesh (Isis, lo stato islamico). ….. Sono previsti oggi i primi voli di ricognizione militare
francese in Iraq nell'ambito della coalizione internazionale anti-Isis. Lo ha annunciato il ministro della
Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, in visita negli Emirati Arabi Uniti. …....
• Ocse e S&P bocciano l'Italia 'Unico tra i G7 in recessione' - L'Italia registrerà nel 2014 una contrazione
del Pil dello 0,4%, l'unico dato negativo tra i Paesi del G7. E' la stima dell'Ocse che ha tagliato
drasticamente le precedenti stime, pari a +0,5%. Nel 2015, secondo l'organizzazione, ci sarà una timida
ripresa dello 0,1% (+1,1% la precedente stima). Il recupero in Eurolandia "rimane deludente,
specialmente nei Paesi più grandi: Germania, Francia, Italia". Lo scrive l'Ocse nell'Interim Economic
Assessment. "Mentre - si legge - la ripresa in alcune economie periferiche è incoraggiante, altri Paesi
fronteggiano ancora sfide strutturali e di bilancio, insieme al peso di un alto debito". Per Eurolandia
l'Ocse prevede una crescita quest'anno dello 0,8%, in accelerazione all'1,1% nel 2015. Il Pil dovrebbe
aumentare in Germania dell'1,5% sia quest'anno che il prossimo, mentre in Francia il prodotto interno
lordo dovrebbe assestarsi allo 0,4% nel 2014 e all'1% nel 2015. Secondo l'organizzazione la crescita
nell'area dell'euro sembra quindi nel breve termine dover rimanere "frenata". Al contrario la ripresa "è
solida" negli Stati Uniti, si sta rafforzando in India ed è in linea in Giappone e Cina …....
• S&P, sofferenze Italia diventate più pronunciate - Standard and Poor's taglia le stime per il Pil Italiano
nel 2014. L'agenzia prevede ora una crescita zero contro il +0,5% previsto a giugno. E' quanto si legge in
un rapporto dedicato all'Eurozona. Le misure annunciate in marzo dal governo Renzi (gli 80 euro e il
pagamento dei debiti P.a) "non hanno avuto effetti" sui consumi in Italia. Secondo Standard and Poor's la
precedente stima di un aumento del Pil 2014 dovuto a queste misure, dello 0,3%, è ora ridotto a un
+0,1% mentre la domanda interna "è anemica". "I deludenti risultati del secondo trimestre hanno
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Notizie
gettato dubbi sulla sostenibilità della ripresa dell'Eurozona, ma le ultime azioni messe in campo dalla Bce
suggeriscono un approccio più proattivo che potrebbe alla fine annunciare un programma completo di
'quantitative easing' e sostenere la crescita nel medio termine". Lo scrive l'agenzia di rating Standard &
Poor's in un rapporto, in cui sottolinea: "Le condizioni economiche restano fragili nell'Eurozona, ma
stanno emergendo alcuni segnali" positivi. C'è anche l'Italia alla base delle difficoltà dell'Eurozona. "Tre
fattori sono alla base di questi segnali di debolezza: la crescita degli scambi mondiali è stata abbastanza
modesta finora quest'anno; la spesa delle aziende ha mostrato piccoli segnali di ripresa; mentre le
sofferenze dell'Italia sono diventate più pronunciate". Secondo S&P, Germania e Francia sono "in
difficoltà per sostenere la ripresa iniziata lo scorso anno e l'Italia resta bloccata nella recessione". I ritardi
dell'Italia "nelle riforme intraprese" hanno "fatto fallire" l'obiettivo di far risalire "la fiducia delle aziende
e degli investitori". L'agenzia rileva inoltre come i principali mercati delle esportazioni italiane
(Germania,Francia e Usa) abbiano frenato nel primo trimestre pesando quindi sull'export del nostro
paese.
S&P, effetto limitati consumi da 80 euro - Le misure annunciate in marzo dal governo Renzi (gli 80 euro
e il pagamento dei debiti P.a) "non hanno avuto effetti" sui consumi in Italia. E' quanto scrive Standard
and Poor's nel suo rapporto dedicato all'Eurozona secondo cui la precedente stima di un aumento del Pil
2014 dovuto a queste misure, dello 0,3%, è ora ridotto a un +0,1% mentre la domanda interna "è
anemica".
Grecia, a 1 lavoratore su 3 meno 300 euro - In Grecia circa un lavoratore dipendente su tre guadagna
poco più di 300 euro al mese al netto delle imposte (440 euro lordi). Lo riferisce oggi il quotidiano
ateniese Ta Nea che pubblica i risultati - definiti "sconvolgenti" - di uno studio del settore privato del
Paese condotto dall'Istituto del Lavoro. Circa 500.000 dipendenti del settore privato hanno occupazioni
part-time. Per il 2014, il salario medio annuale in Grecia è stato stimato in 21.930 euro (1.827 euro lordi
al mese).
( già tracciata anche la nostra strada ? )
Borsa: Europa tenta recupero, Milano giù. Futures Usa in calo, in arrivo dati manifattura e produzione Tentano il pareggio le Borse europee, con Londra (-0,03%) e Parigi (-0,09%) vicine all'obiettivo,
Francoforte (+0,15%) in lieve rialzo e Madrid (-0,3%) e Milano (-0,8%) indietro. Pesano le banche, dalle
italiane Banco Popolare ed Mps (-2,7% entrambe) alle spagnole Sabadell (-1,9%) e Bankinter (-1,64%).
Sotto pressione Air France (-3,69%), con uno sciopero, che colpirà domani Lufthansa (-1,15%). Negativi i
futures su Wall Street in attesa di dati su manifattura e produzione Usa.
Spread BTP-Bund Ultimo Prezzo : 144 +1,39% (14.53)
FTSE MIB : Ultimo prezzo: 20.865,2 -0,98% (14.43)
BANCA POPOLARE DI MILANO : Ultimo prezzo: 0,624 -1,65% (14.45)
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La Repubblica 14-15/9/2014
• Svezia, sinistra vince le elezioni ma cresce l'ultradestra - Socialdemocratici poco sotto il 44%. Le
femministe non superano la soglia di sbarramento. Cresce, al 13%, la destra xenofoba. Sconfitto il
centrodestra del premier conservatore Reinfeldt, che annuncia le dimissioni …......
• Germania: elezioni nell'Est, in crescita la destra antieuropeista - Secondo i primi dati delle regionali
l'Alternativa per la Germania ottiene il 10% in Turingia. Cdu primo partito, Linke supera la Spd. In
Brandeburgo populisti al 12%, la coalizione di sinistra si mantiene al governo ….....
• L'Ocse stronca la ripresa italiana: Pil a -0,4% nel 2014, unico G7 in calo - L'Organizzazione parigina
svela la debolezza del Vecchio continente. Anche l'S&P riduce le stime per l'economia tricolore, vista
piatta a fine anno contro il +0,5% preventivato a giugno. Dubbi sull'intera Eurozona, promossa la
Bce di Draghi …....
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Fiat e non solo: come l'Italia ha perso l'auto - La Fiat ha sede legale in Olanda e residenza fiscale a Londra. Lo
stabilimento Alfa Romeo che doveva produrre vetture verdi è stato demolito. Mentre in Inghilterra la Toyota
cresce con una fabbrica modello L'Espresso 12/09/2014
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2014/09/ 15
Notizie
Qui a Burnaston, sotto la pioggia fitta e sottile che bagna il Nord dell’Inghilterra, gli operai della Toyota escono a
centinaia dalla fabbrica. Hanno cominciato alle sette e mezzo stamattina. Sono le sei di sera. Dieci ore di catena
di montaggio, due di straordinario, più le pause. Costruiscono macchine a bassa emissione di anidride carbonica,
in capannoni in parte alimentati da pannelli solari. Sì, proprio così: pannelli solari nel Nord dell’Inghilterra, anche
se in una settimana il sole si è visto, sì e no, tre ore. Questo è il polo ecologico con cui la casa giapponese
rifornisce gran parte del mercato europeo: compresi alcuni modelli ibridi, con motori elettrici e a benzina, che
stanno sostituendo i taxi a Milano e a Parigi e si stanno diffondendo un po’ ovunque. Nelle stesse ore, negli stessi
giorni del duello tra Sergio Marchionne e Luca Cordero di Montezemolo sul futuro della Ferrari, i bulldozer hanno
invece demolito una volta per tutte un altro simbolo dell’industria italiana: lo storico stabilimento dell’Alfa
Romeo ad Arese. Vi ricordate? Doveva diventare il nostro polo dell’auto ecologica: il progetto di grande fabbrica
sostenibile, favorito dallo Stato con centinaia di milioni in finanziamenti alla Fiat e ore di cassa integrazione ai
suoi dipendenti. È finita che l’Italia ha perso la Fiat, l’Alfa Romeo ha ridotto drasticamente modelli e vendite.
Mentre sull’area della ex sede di Arese sarà costruito il più grande (così dicono) centro commercial-residenziale
d’Europa. È il nuovo schema di società post industriale. Shopping e mattone, al posto del lavoro. Consumismo e
bolla immobiliare, invece dello stipendio. Il contrario di quanto è successo agli operai inglesi a Burnaston.
Come faranno milioni di italiani a spendere senza più guadagnare è un dilemma che né la politica europea né il
capitalismo nazionale hanno finora risolto. All’incontro annuale a Cernobbio su mercati e finanza,
l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler ha comunque criticato l’Italia: «Purtroppo c’è la tendenza a discutere
delle questioni economiche in termini ideologici». Tre i fattori fondamentali con cui Marchionne dice di essersi
scontrato: il mercato del lavoro, la mancanza di certezza del diritto, la burocrazia. L’unica soluzione per
sopravvivere sarebbe la fuga all’estero. Come ha deciso l’ex gruppo di Torino: sede legale in Olanda, residenza
fiscale a Londra, produzione non solo in Italia, ma dove più conviene. È l’industria globale. Con il rischio che se ne
vada anche la Ferrari dopo che, per le recenti delusioni in Formnula 1, Marchionne ha bocciato urbi et orbi
Montezemolo, sostituendolo al vertice della società di Maranello. «È finita un’epoca, la verità è che ormai la
Ferrari è americana», ha replicato in privato Montezemolo. Non è necessario essere supermanager per rendersi
conto che un’epoca è davvero finita e che la burocrazia, l’incertezza del diritto e spesso la certezza del rovescio
stanno soffocando l’Italia. L’errore sta forse nel considerare un’azienda nazional popolare come la Fiat
esclusivamente vittima e non beneficiaria di quel sistema che l’attuale amministratore delegato oggi condanna.
Ma che in passato, anche dopo la globalizzazione dei mercati e l’introduzione dell’euro, ha permesso all’allora
gruppo di Torino di ottenere aiuti e protezione dalla mediazione politica. E alla politica, ma anche al sindacato, ha
restituito consenso in cambio di posti di lavoro. Il polo italiano dell’auto ecologica è così una triste favola al
contrario. Una storia in cui i dipendenti hanno idee più innovative dei loro manager: il piano nasce proprio dagli
operai di Arese che tentano di dare un futuro sia all’impianto, sia a loro stessi. Le buone idee però non bastano a
produrre nuove macchine e motori ecologici. Toccherebbe alla Fiat sviluppare i progetti, gli investimenti e una
visione globale capace di guardare avanti. A parte una vaga apertura dell’allora amministratore delegato,
Giuseppe Morchio, in una lettera al presidente della Regione Lombardia nell’ottobre 2003, è proprio ciò che è
mancato. Con la demolizione dei capannoni, i sacchi bianchi di polvere di amianto ammucchiati lungo la
recinzione, il viavai di bulldozer e camion, di quel mondo resta adesso una spianata di macerie. L’unica traccia,
vicino alla fermata dell’autobus in viale Alfa Romeo ad Arese, è il cartello malandato con il marchio della casa
fondata a Milano nel 1910: il Biscione verde visconteo e la croce rossa su campo bianco, simbolo medioevale del
Comune. L’enorme palazzina degli uffici mostra una rassegna di tapparelle da anni alzate, abbassate, sbilenche
che nessuno ripara più. Il primo ottobre verranno licenziati e messi in mobilità altri dodici lavoratori dell’ex
contabilità, come racconta Carlo Pariani, progettista nel gruppo di lavoro per la Seicento elettrica e la Multipla
ibrida e storico sindacalista della Confederazione unitaria di base. Gli ultimi 79 dipendenti di Fiat e Powertrain,
dei reparti di progettazione, sperimentazione e centro stile sono stati licenziati l’11 dicembre scorso. Oggi nella
palazzina di Arese rimangono circa 400 addetti del servizio clienti: il call center che la maggioranza delle imprese
globali ha delocalizzato in Paesi come l’Albania o la Romania. Si può dire insomma che la gloriosa catena di
montaggio è stata ridotta a un centralino multilingue. Il 24 aprile 2003 i quotidiani annunciano la chiusura
definitiva di quella che ormai tutti chiamano l’ex Alfa di Arese. I numeri misurano le dimensioni dell’accordo di
programma tra la Fiat e il governo. Un piano da realizzare in 5 anni: la produzione del Biscione è concentrata
nell’altro stabilimento a Pomigliano d’Arco in Campania, due miliardi e mezzo di finanziamenti non solo privati,
mille assunzioni. Mentre ad Arese oltre tremila lavoratori passano a carico dell’Inps: 2.400 sono dipendenti Fiat, il
resto di società collegate e di Powertrain, la joint-venture con General Motor per fabbricare motori. «Il progetto
dell’auto a basso impatto ambientale», sostiene Carlo Pariani, «era fattibile. Il problema è che Fiat non ci ha mai
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creduto e lo ha sfruttato solo per incamerare finanziamenti, fino a quando ha potuto. La Regione Lombardia ci ha
messo anche del suo, ha fatto un sacco di pasticci e non so se nemmeno loro ci abbiano creduto fino in fondo.
Visto che Fiat è sempre stata contraria, c’erano stati contatti con Bmw. Ma non se n’è fatto nulla». Secondo un
esposto presentato dai lavoratori alla Corte dei conti e al ministro per il Welfare, Roberto Maroni, attuale
presidente della Regione Lombardia, soltanto per la piattaforma «Vamia», la vettura a basso impatto ambientale
da produrre ad Arese, nel triennio 1996-99 Fiat ottiene finanziamenti pubblici per 238 miliardi di lire, quasi 123
milioni di euro. Ma la piattaforma Vamia viene sciolta già nel giugno 2001 dopo aver fabbricato appena le
versioni a metano e gpl della Multipla. «L’accordo con la Regione sul vero polo ecologico di Arese arriva dopo, nel
2004», ricorda Pariani: «Aveva sostanzialmente due scopi: riprendere gli investimenti sull’auto ecologica e
ampliare la ricerca su altri fronti. È stato tutto un disastro. Dei 107 milioni di euro deliberati dallo Stato con la
finanziaria del 2005, si saprà poi che 40 milioni sono stati utilizzati per pagare i forestali della Calabria. Gli altri
non sono mai stati spesi». Il sindacato di base si costituisce proprio all’Alfa, durante lo scontro con Cgil, Cisl e Uil
sull’integrazione nel gruppo Fiat dell’azienda del Biscione un tempo pubblica. Rifareste le stesse scelte? «La sorte
di Arese è stata segnata non da noi ma soprattutto da quando Fiat e governo hanno concordato di costruire lo
stabilimento di Melfi, in un periodo di non espansione. Questo avrebbe comportato, come poi è stato, la chiusura
di Rivalta, Desio e Arese per eccesso di capacità produttiva. Cgil, Cisl e Uil nazionali, invece, hanno appoggiato il
progetto di Melfi. Decretando di fatto la morte di Arese». In mezzo alle pecore e alle mucche che pascolano su
queste colline verdi del Derbyshire, la storia è andata molto diversamente. Burnaston è un villaggio di ricchi
agricoltori, duecento residenti e nemmeno l’illuminazione pubblica notturna. Le strade buie in mezzo ai filari di
biancospino sono trincee così strette da non lasciar passare due macchine affiancate. Nessuno degli abitanti
lavora nello stabilimento Toyota, il primo aperto dalla casa giapponese in Europa nel 1992. E dal paese la fabbrica
nemmeno si vede, circondata su tutti i lati da parchi e terrapieni ricoperti da alberi. L’unico accesso è dalla
supestrada che collega Derby, la città più vicina, a Birmingham, un’ora di camion: un reticolo di vie di
comunicazione veloci e senza pedaggio che salva dal traffico pesante i villaggi come Burnaston. Ne sanno
qualcosa i nostri paesi del Nord, attraversati da colonne di Tir senza vie alternative. Da quando è venuta qui
ventidue anni fa, Toyota ha sfornato tre milioni e 250 mila macchine. E ha investito un miliardo e mezzo di
sterline, meno di un miliardo e 900 milioni di euro: cioè molto meno dei due miliardi e mezzo spesi da Fiat nel
piano quinquennale del 2005 per chiudere Arese e potenziare Pomigliano. Dopo un periodo di crisi e la riduzione
delle ore di lavoro, gli ultimi 231 milioni di euro (185 milioni di sterline) arrivano a Burnaston nel 2012 per
costruire i nuovi modelli di Toyota Auris. Non solo soldi, però. Anche millecinquecento operai in più. Così nel
2013 la produzione raggiunge le 179.233 auto: 62.148 quelle ecologiche con motori ibridi elettrici/benzina a
bassa emissione di anidride carbonica. Dati in linea con la crescita del 3,5 per cento dell’industria automobilistica
britannica che per il 2014 prevede l’uscita di 791 mila veicoli sui 764 mila dello scorso anno: di questi, il 79 per
cento viene esportato. Mentre gran parte dell’area euro è prigioniera della recessione, non si ferma la corsa su
base annua del Pil della Gran Bretagna: più 3,2 per cento nell’ultimo rilevamento a settembre. L’ecologia nel
polo inglese è rispettata anche nella catena di montaggio: zero rifiuti da destinare in discarica, zero materiale da
incenerire, riciclo dei fumi per alimentare altri processi produttivi, recupero degli scarti di alluminio, impiego di
vernici a base d’acqua. E riduzione delle emissioni di anidride carbonica con due grandi impianti fotovoltaici: dal
sole si ricava l’energia per produrre fino a settemila auto all’anno a Burnaston e il dieci per cento dei 200 mila
motori nell’altro stabilimento più piccolo, 553 operai a Deeside, in Galles. Da queste parti l’eliofania, cioè la
durata media del soleggiamento giornaliero, raggiunge a malapena le sei ore in giugno con una media annuale di
tre ore. Ad Arese sono nove. A Pomigliano dieci. Ma lì, zero pannelli solari. Le similitudini dello stabilimento di
Burnaston con quello che era l’Alfa Romeo sono impressionanti. Nel numero di dipendenti: 2.977 contro poco più
di tremila ad Arese. E nelle dimensioni: 2,35 milioni di metri quadri l’estensione del sito, la stessa. Gli operai
Toyota li incontri a fine turno nel parcheggio. Superano i cancelli a gruppi. Sembra l’uscita dalle officine Lumière,
la famosa pellicola del 1895: una scena sempre più rara in Italia. Oppure li trovi il venerdì sera nella vicina
Willington, al bancone del pub “The rising sun” e al “Dragon”. Una domanda semplice: è felice del suo lavoro? Il
risultato è curioso. Nessuno vuole rispondere con nome e cognome. Su ottanta intervistati, nemmeno
un’eccezione. Anche quando dicono sì, che sono sostanzialmente felici. Oppure quando spiegano che produrre
auto al ritmo di una ogni 66 secondi è così massacrante che a volte non si può fare a meno di tirare l’andon, la
corda d’allarme che blocca la catena e fa partire i rimproveri del caposquadra. Sostengono tutti che per il rigido
codice di condotta Toyota non possono esporsi: «È come avere una dog watching cloud», il cane da guardia sulla
testa, rivela un quarantenne, tre figli, casa in affitto e vacanze in Spagna. Parlano di sanzioni disciplinari. «Fa
parte del contratto», dice un giovane addetto alle verniciature: «Ti pagano il 20 per cento in più di qualunque
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altra industria, non c’è altro lavoro stabile in giro. È giusto rispettare il silenzio». Lo stipendio base di un operaio è
l’equivalente di 2.055 euro netti al mese, 24.660 l’anno. Gli straordinari sono pagati da 16 a 24 euro netti l’ora, tra
notturni e festivi. Con indennità e premi, un lavoratore senza qualifiche arriva a 34 mila sterline, 42.500 euro
l’anno. Più i contributi per la pensione e l’assicurazione sanitaria privata che copre anche dentista e fisioterapie.
Stesso trattamento per i 379 operai presi in affitto da un’agenzia: la principale differenza è che, in caso di calo
delle vendite, loro sono i primi a perdere il posto. Commentando il sondaggio de “l’Espresso”, la direzione
britannica di Toyota osserva sorpresa che nessun dipendente è mai stato sanzionato per avere manifestato le sue
opinioni personali. Dopo epoche di battaglie sindacali e fabbriche ferme per sciopero, anche l’autocensura è
segno dei tempi.
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Sicurezza. Il pirata informatico ora punta alla rete aziendale - In Italia censiti 37 milioni di attacchi nel secondo
trimestre CORRIERE ECONOMIA lunedì 15 settembre 2014
Continua la battaglia sul fronte sicurezza, tra aziende e pirati informatici. Cybertruffe, spam , phishing e attacchi
mirati alle banche. Questi i maggiori rischi riscontrati nel corso del 2014. Lo rivela il rapporto Security RoundUp
realizzato da Trend Micro, con dati riferiti al secondo trimestre dell’anno. Nell’elenco, riferito a 138 Paesi, l’Italia
si trova in terza posizione. Con circa 37 milioni di visite in siti che nascondono al loro interno truffe informatiche.
In totale nel periodo le web-truffe sono state oltre 924 milioni nel mondo. Ma dove si nascondo i pericoli?
Spiega Gastone Nencini, numero uno di Trend Micro Italia. «Nella maggioranza dei casi l’utente, sia domestico
che aziendale, viene invitato a visitare pagine in apparenza innocue. Però grazie alla tracciabilità degli indirizzi
Internet dei computer, gli hacker sono in grado di rilevare file e dati sensibili del visitatore». Ma non si tratta solo
di furti delle informazioni personali e di quelle relative a sistemi di pagamento. Nel caso aziendale si parla di
trafugare elenchi clienti e fornitori, listini prezzi, fogli tecnici e disegni relativi alla produzione di apparecchiature.
Da non sottovalutare per le Pmi il fenomeno spam. In questo caso il nostro Paese figura al quinto posto nel
mondo per l’invio attivo di messaggi di spamming . Il report Trend Micro solo nel secondo trimestre 2014, ne ha
rilevati ben 670 milioni che risultano partiti dall’Italia. E non è poco. «In molti casi si tratta di operazioni eseguite
all’insaputa delle aziende, che diventano loro malgrado un “trampolino di lancio” per il rilascio di spam». Un
segnale negativo perché significa che dall’esterno i pirati informatici accedono indisturbati alle reti interne.
Dunque mancando adeguate protezioni sono liberi di perpetrare altri web-crimini. Dalle numerose pagine del
report emerge che non sono esenti dagli attacchi gli istituti di credito. Visto che nel secondo trimestre 2014 sono
state messe a segno 2.420 intrusioni a banche del Belpaese. Così, per la prima volta, siamo entrati nella top ten
mondiale. «Qui siamo di fronte a violazioni con “effetto valanga”, perché ad esempio un solo attacco a
un’importante banca italiana avvenuto negli ultimi mesi — continua Nencini — ha generato come conseguenza
la cattura di 1.200 credenziali di aziende clienti». ….... Le Pmi con meno di 25 dipendenti sono meno propense a
considerare la sicurezza informatica fondamentale per il proprio business. …...... pensando che le piccole
dimensioni evitino di essere presi di mira perché non possiedono dati interessanti. Ma non è vero. Molti
cybercriminali preferiscono bersagli facili, appetibili per i bassi livelli di protezione. ........
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Franconauta
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