la disprassia infantile verbale
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LA DISPRASSIA INFANTILE VERBALE Traduzione e adattamento a cura di A. Bortoluzzi – S. Minichiello Logopedisti presso Centro Ferrarese di Neuropsichiatria Infantile – www.cnpi.info - [email protected] Introduzione: Il presente documento è stato tradotto dalle linee guida Americane in materia di Disprassia Evolutiva Verbale. Ci siamo fermati a ragionare sul termine “verbale” e la domanda che ci siamo fatti è la seguente: possiamo differenziare quello che viene definito “verbale” dalla produzione e articolazione dei suoni ai fini linguistici? E ancora; quanto il deficit di sequenzialità tipico di questo disturbo incide sul versante Verbale inteso come progettazione, pianificazione ed esecuzione di un discorso? E quanto sull'articolazione dei suoni che devono essere prodotti per rendere l'enunciato comprensibile? L'American Speech-Hearing Association (ASHA2007) riporta una casistica di bambini con gravi deficit sul piano dell'espressione verbale dovuti a deficit della funzionalità dell'apparato fonatorio e dell'organizzazione dei movimenti che sottendono lo SPEECH (CAS). Di seguito abbiamo provato a spiegare alcune caratteristiche tipiche della Disprassia infantile Verbale che riguarda l'idea stessa di sequenzialità con ricadute sul versante dell'organizzazione seriale e del pensiero verbale. Alcune caratteristiche della Disprassia Infantile Verbale La Disprassia Infantile verbale è un disordine del linguaggio spesso di natura neurologica nel quale il bambino presenta delle difficoltà nel programmare e nel produrre in modo rapido, accurato e costante nel tempo gli schemi motori articolatori per produrre un messaggio vocale Essa non è sempre associata a problemi di ipotonia della muscolatura coinvolta nelle altre funzioni orali. Sono diverse le caratteristiche che sono generalmente accettate per effettuare una corretta diagnosi differenziale rispetto ad altri tipi di deficit linguistici intesi come difficoltà a livello simbolico. Caratteristiche principali: ~ Difficoltà nell’impostazione e nel mantenimento di schemi articolatori e nel passaggio fra di essi: il bambino presenta serie difficoltà nel muovere gli organi articolatori (labbra, lingua, mandibola…), a posizionarli nel modo corretto nell’esatto momento in cui deve pronunciare un determinato suono. Da ciò risultano dei fonemi che si collocano “a metà” fra un suono e un altro, oppure dei suoni che in base al contesto hanno caratteristiche diverse. Esempio 1 – Un bambino può essere in grado di produrre il fonema /p/ nella parola “palla”. Tuttavia, quando pronuncia la /p/ in “coppa”, la stessa /p/ può venire prodotta in modo diverso. Per il bambino, infatti, è molto difficile riprodurre la stessa /p/ che tanto bene pronuncia nella parola “palla” poiché essa si trova in una parola diversa, in una posizione diversa e anche tra diversi altri suoni (e dunque tra diverse posizioni articolatorie – per il fenomeno della coarticolazione), tutto ciò influenzando i movimenti che sono necessari per produrre in modo corretto la /p/. Esempio 2 – Un bambino può cercare di pronunciare la parola “topo”, ma durante il tentativo di alzare l’apice della lingua per produrre la /t/ egli può presentare dei comportamenti parassiti di avvicinamento al fonema, come ad esempio l’arricciamento delle labbra, oppure la protrusione della lingua, oppure il movimento scorretto della mandibola. ~ Difficoltà nel passaggio adeguato da un suono ad un altro /da una sillaba ad un’altra : Quando un bambino con DIV produce una parola, si possono riscontrare frequente pause e/o interruzioni fra i suoni/le sillabe all’interno della parola stessa. Questo fenomeno può essere dovuto a una difficoltà nella coordinazione dei movimenti di labbra, mandibola e lingua nel passaggio da un suono a quello successivo; oppure il bambino può avere delle difficoltà nel controllare la sonorità, nel passaggio da un suono sordo (che non necessita di vibrazione cordale) ad uno sonoro (che presenta vibrazione delle corde vocali), come sono ad esempio le vocali. Esempio 1 – Un bambino può cercare di dire “ciao” e presentare un’interruzione del tipo “cia-o”. ~ Distorsione delle vocali: il bambino può sostituire i suoni vocalici all’interno delle parole con altri suoni che non fanno parte dell’inventario fonetico della lingua madre. Talvolta, il fonema risultante presenterà alcune caratteristiche fonotattiche avvicinabili alle vocali della lingua madre, in altri casi esso sarà completamente diverso da esse. Questa distorsione è qualcosa di diverso rispetto alla sostituzione, processo fonologico di sistema in cui la vocale bersaglio viene sostituita con un’altra vocale appartenente però all’inventario fonetico della lingua madre. Le vocali possono essere distorte a causa di una scarsa coordinazione di lingua, labbra o mandibola, oppure per un deficit di tonicità della muscolatura, oppure ancora perché il bambino limita la quantità di movimenti necessari per produrre la vocale target o per passare da questa al suono successivo. ~ Errori prosodici: Viene interessata anche la “melodia” del discorso, con carenze nei pattern prosodici. Di conseguenza, l’eloquio di un bambino con disprassia risulta monotono o robotico. Esempio 1 – Se al bambino si chiede “Di chi è questo gioco?”, il bambino può rispondere “E’ mio” ma senza enfatizzare prosodicamente la parola “mio”, cosa che invece normalmente ci si aspetterebbe in quanto il bambino tende a sottolineare in questo modo il possesso. Esempio 2 – Il bambino può posizionare il modo uguale gli accenti all’interno di una parola; questo fa sì che l’articolazione risulti fin troppo precisa e controllata, con un linguaggio di tipo “robotico” (“PA-TA-TA” invece che “paTAta”). Esempio 3 – il bambino non riesce a aumentare adeguatamente l’intonazione alla fine di una domanda, cosicché essa risulta paragonabile ad un’affermazione. ~ Incostanza dei pattern errati quando viene ripetuta una parola: quando il bambino ripete una stessa parola, essa risulta sempre diversa se il bambino non ha ancora imparato a padroneggiare i corretti movimenti articolatori. Approcci terapeutici Un progetto terapeutico per un bambino con disprassia a questi livelli deve tener conto della natura del disturbo in generale, dei punti di forza e di debolezza del bambino. Di seguito sono presentati degli approcci spesso risultati efficaci per trattare la compromissione linguistica; Principi di apprendimento motorio Poiché il parlare è un compito motorio altamente complesso e la disprassia può esprimersi appunto quale disturbo dei movimenti articolatori, i principi dell’apprendimento motorio spesso vengono inseriti all’interno del trattamento clinico di questi bambini. Questi principi generali ci dicono che l’abilità di portare a compimento con successo un’azione esperta migliora con l’allenamento, e che certi tipi di esercizio possono risultare più efficaci, come dimostrato di seguito: L’allenamento consente di perfezionare un’abilità: la componente più importante per l’apprendimento motorio è la pratica. Se un bambino effettua il corretto movimento o una corretta sequenza di movimenti più volte quello che otteniamo è appunto un apprendimento motorio. I bambini che presentano DS necessitano di frequenti ed intensive occasioni prassiche. È importante la “preparazione”: il risultato è ottimale se il bambino è pronto prima di iniziare l’attività. L’essere “pronti” ha a che fare con la fiducia, la motivazione e l’attenzione focalizzata sul compito motorio che deve compiere per effettuare un movimento articolatorio efficace. Le spiegazioni sono utili: otteniamo un adeguato apprendimento nel momento il cui il bambino sa cosa gli viene chiesto e perché. Come impostare il lavoro sulle prassie: l’allenamento di una abilità per volta provoca un più veloce apprendimento della stessa abilità, ma d’altro canto questo fa sì che tale abilità venga generalizzata più lentamente al di fuori del contesto del trattamento. Allenare, invece, più abilità nello stesso momento può allungare i tempi di apprendimento ma si ritiene che porti più facilmente a generalizzare le abilità stesse al di fuori del mero contesto del trattamento. La rapidità influenza l’apprendimento: rallentare uno schema motorio può facilitarne l’apprendimento, ma esagerare in questo senso può altresì interferire con l’apprendimento dell’abilità motoria. Il feedback è fondamentale: la natura, il momento e la quantità di feedback forniti al bambino hanno delle ricadute sulla qualità e la rapidità dell’apprendimento di una abilità. Questi fattori, quando vengono inseriti in un progetto di lavoro finalizzato al miglioramento delle abilità articolatorie, possono guidare la pianificazione di attività, i rinforzi, la frequenza di incontri, i metodi di insegnamento, il numero ottimale di ripetizioni da richiedere all’interno di una sessione di trattamento e tipologia di feedback fornito al bambino. Alcuni consigli per il trattamento Una volta pianificato il trattamento basato sui punti di forza e sulle necessità del bambino, possono essere utilizzate diverse tecniche di trattamento, che presentano tali principi generali, per elicitare il “corretto” schema articolatorio. Una serie di approcci tradizionali sono stati modificati proprio per bambini che presentano DIV, introducendo i principi dell’apprendimento motorio sopra elencati. Nella pratica quotidiana, inoltre, possiamo trovare anche combinazioni di tecniche diverse per aiutare questi bambini Facilitazioni visive: tecniche che utilizzano una combinazione di diverse stimolazioni sensoriali per assicurarsi che gli atti comunicativi abbiano effetto e far sì che il bambino sia facilitato nel vedere, nel percepire e di conseguenza nel capire il tipo di movimento richiesto per produrre poi un certo schema articolatorio in parole e/o frasi. Stimoli integrati approcci che utilizzano una precisa gerarchia di target articolatori e che richiedono che il bambino imiti delle produzioni verbali (sillabe, parole o frasi) prodotte dal clinico con un approccio basato sull’integrazione fra vedere, ascoltare e fare quello che il riabilitatore fa. In questo approccio, l’attenzione uditiva del bambino è focalizzata sull’ascolto delle parole, e la sua vista sul volto del clinico. Man mano che l’abilità si struttura e si affina, il clinico modifica le ripetizioni del bambino e alla fine egli interviene affinché il bambino produca in autonomia i fonemi corretti nelle parole bersaglio. Approssimazioni progressive tecniche che utilizzano la produzione spontanea del bambino e, attraverso diverse forme di feedback ed esercizi, cercano di modificare gli atteggiamenti articola Posizioni fonatorie: tecniche che prevedono di fornire al bambino informazioni e istruzioni verbali per farlo riflettere sugli atti fisici motori che egli stesso compie con la propria bocca, la lingua, le labbra o la mandibola durante l’atto articolatorio al fine di ottenere la posizione articolatoria più adeguata per uno specifico suono che per quello stesso bambino può essere complesso da produrre. Il cardine di questi approcci consiste proprio nelle sequenze motorie articolatorie. Facilitazioni tattili: approcci che utilizzano la manipolazione di testa, volto, labbra e mandibola durante gli atti fonatori del bambino per far sì che il bambino possa percepire in modo migliore il movimento degli organi articolatori, e lo possa ricordare a lungo termine. Tale aiuto viene inizialmente dato al bambino e poi gradualmente ridotto nel momento in cui il bambino raggiunge una certa autonomia negli atti articolatori. Facilitazioni prosodiche: utilizzano il ritmo per fornire al bambino la struttura prosodica dei suoni. Linguaggio gestuale: utilizza gesti manuali per rappresentare le configurazioni articolatorie bersaglio e i movimenti degli organi articolatori. Come già detto precedentemente, nel trattamento dei bambini con D Verbale vengono utilizzate parti diverse dei vari approcci. Inoltre, poiché molti bambini possono presentare anche altri problemi di linguaggio in comorbilità, gli approcci di trattamento più completi per questi bambini e per le loro necessità debbono includere dei progetti di lavoro sul linguaggio oltre che sullo “speech”. Riassumendo, un clinico qualificato deve essere in grado di fondere le sue conoscenze sulla Disprassia con le conoscenze specifiche su ogni singolo bambino, per riuscire a disegnare un trattamento “su misura” per il bambino stesso. Il clinico deve conoscere i principi dell’apprendimento motorio e deve saperli utilizzare come guida nelle sue decisioni riabilitative; inoltre deve saper scegliere l’approccio più fruttifero per il bambino che di volta in volta si trova davanti. Qualsiasi sia la tecnica che egli sceglie, deve anche saper spiegare ai genitori in che cosa consiste il trattamento selezionato per il loro bambino, che sia basato sulla natura del disturbo del bambino stesso, oltre che sui suoi specifici e peculiari punti di forza e di debolezza propri del bambino avvicinandoli sempre di più allo stimolo target. Concludiamo sottolineando che a nostro parere, la prognosi del livello di recupero di questi bambini dipenderà più che dalla maggiore o minore gravità del quadro clinico, dall’attivazione di alcuni fattori di protezione quali la piena collaborazione tra la famiglia, la scuola e i servizi di riabilitazione. Ferrara; Luglio 2013 Simone Minichiello – Arianna Bortoluzzi