Topics Geo - Terremoto, inondazione, incidente atomico

Transcript

Topics Geo - Terremoto, inondazione, incidente atomico
N.
Data
Evento
Regione
1 10–14.1
Inondazioni
Australia
2 12–16.1
Frane, alluvioni
improvvise
Brasile
3 26–28.1
Inondazioni, alluvioni
improvvise
Arabia Saudita
Morti
Danni
complessivi
mln US$
2.800
900
460
50 Piogge intense, esondazione di fiumi. Migliaia di case danneggiate. 185 ponti e strade distrutti
11
300
80 Rottura di diga. Edifici storici distrutti, capannoni inondati. 11.000 autoveicoli danneggiati
39
1.900
3
500
Tempeste invernali,
blizzard
USA
5 1–8.2
Avversità atmosferiche,
gelo
Messico
6 Feb.–apr.
Inondazioni, frane
Bolivia
7 2–7.2
Ciclone Yasi
Australia
1
2.500
8 3–14.2
Inondazioni
Sri Lanka
18
300
9 14–19.2
Ciclone Bingiza
Madagascar
34
Terremoto
Nuova Zelanda
181
Inondazioni
Angola
Terremoto, tsunami
Giappone
13 3–5.4
Temporali, tornado
14 18.4–23.5
Inondazioni
15 22–28.4
Temporali, tornado
52
200 Temperature fino a –15°C, tempeste di neve. Gravi danni all’agricoltura
1.300 Ciclone di categoria 4. Fabbricati e autoveicoli danneggiati o distrutti. Porti chiusi, traffico
ferroviario sospeso. Danni all’agricoltura. 180.000 utenze domestiche senza corrente
Forti piogge monsoniche. 45.000 case danneggiate o distrutte. Danni ad agricoltura, industria
dell’allevamento e della pesca
Danneggiate >6.000 case e innumerevoli scuole. Distrutto l’80% delle infrastrutture.
Danni all’agricoltura. 77.000 senzatetto
16.000
13.000 Mw 6,3. Estesi fenomeni di liquefazione del suolo. 10.000 case ed edifici multipiano danneggiati o
distrutti
5.000 abitazioni distrutte. Strade e ponti danneggiati. Danni all’agricoltura. 35.000 senzatetto
35.000- Mw 9,0. Tsunami penetra nell’entroterra per 5 km. Devastati lunghi tratti di costa. Gravi danni
40.000 all’industria e all’economia. Centrale atomica di Fukushima Daiichi: reattore danneggiato,
fuoriuscita di radioattività. 6.000 feriti e 500.000 sfollati
210.000
USA
9
3.500
USA
9
4.600
500 Rovesci di pioggia, temporali, pioggia intensa, disgelo. Esondazione di fiumi, spec. Mississippi,
Ohio. Città inondate
USA
350
15.000
7.300 >160 tornado di categoria fino a EF-5, forti temporali, grandinate. Danneggiati città (spec. Tuscaloosa), migliaia di abitazioni, autovetture e un aeroporto. Danni a industria e agricoltura. 269.000
utenze domestiche senza corrente
Colombia
90
Spagna
10
2.000 >20 tornado, violente grandinate. Fabbricati e autoveicoli danneggiati o distrutti
>7.400 case distrutte. Danni elevati alle infrastrutture
200
100 Mw 5,1. Danneggiati 20.000 edifici, strade e autoveicoli. >300 feriti
18 14–16.5
Incendi boschivi
Canada
1
1.500
19 20–27.5
Temporali, tornado
USA
176
14.000
20 1.6–17.7
Inondazioni, frane
Cina
355
2.000
Pioggia intensa. 130.000 fabbricati danneggiati o distrutti Danneggiate centinaia di ponti, strade e
alcune centrali idroelettriche. Danni elevati all’agricoltura. 2,3 milioni di sfollati
21 4.6–21.7
Eruzione vulcano Puyehue Cile, Argentina,
Uruguay
30
Eruzione di gas e cenere. Aeroporti chiusi, cancellate centinaia di voli. Colpiti agricoltura, allevamenti
ovini e pesca
22 13.6
Terremoto
Nuova Zelanda
1
2.000
800 Mw 5,9. Liquefazione del suolo. >100 fabbricati danneggiati. Crollo di ponti, danni a impianti
portuali e cantieri navali
23 25–28.6
Tempesta tropicale Meari, Cina, Filippine,
inondazioni
Corea
17
50
Vento fino a 135 km/h, alluvioni improvvise e colate di fango. Migliaia di case danneggiate o
distrutte. Strade e ponti danneggiati. Traffico aereo interrotto. Danni all’agricoltura
24 2–3.7
Temporali
Danimarca
25 26.7–2.8
Inondazioni, frane
Corea del Nord e
Corea del Sud
88
255
26 28.7–9.8
Tifone Muifa (Kabayan),
inondazioni
Corea, Cina, Giappone, Filippine
22
800
27 Ag.–ott.
Inondazioni
Pakistan
520
2.500
28 Ag.–nov.
Inondazioni
Cambogia,
Vietnam
355
400
29 Ag.–nov.
Inondazioni, frane
Thailandia
813
40.000
30 22.8–2.9
Uragano Irene, onda di
tempesta, inondazioni
Caraibi, Nord
America
55
7.400
31 26–29.8
Alluvioni improvvise
Nigeria
32 Sett.–ott.
Inondazioni
India
90
930
300
102
720 Vento fino a 100 km/h. Centinaia di fabbricati danneggiati o distrutti. Blackout. 10.000 sfollati
6.900 >100 tornado di categoria fino a EF-5, pioggia intensa, grandine. Aviorimesse, >10.000 fabbricati
danneggiati o distrutti. Tornado di categoria EF-5 a Joplin, Missouri (159 morti): città distrutta al
75%. Strade chiuse al traffico
200 Temporali e tempeste di grandine, pioggia intensa. >1.000 fabbricati danneggiati. Interrotte le
linee di comunicazione
76 Rottura di argini, esondazione di fiumi. Villaggi isolati. >15.000 abitazioni e migliaia di autoveicoli
danneggiati. Danni a infrastrutture e agricoltura
100 Tifone di categoria 5. Migliaia di case e impianti portuali distrutti. Barche da pesca capovolte.
Danni a infrastrutture e agricoltura. 1,35 milioni di sfollati
Rottura di argini, 6.000 villaggi inondati, ponti travolti dall’acqua. Perdite elevate in agricoltura e
industria dell’allevamento
20 Piena del Mekong. Argini e ponti travolti dall’acqua, strade bloccate. Centinaia di case danneggiate o distrutte. Danni all’agricoltura
10.000 Forti piogge. Un milione di fabbricati inondati o distrutti. Inondati sette parchi industriali.
Danni elevati a infrastrutture, agricoltura, impianti di acquacoltura e allevamenti
5.600 Uragano di categoria 3. Centinaia di migliaia di fabbricati e autovetture danneggiati o distrutti.
Colpiti il settore agrario e le telecomunicazioni
Pioggia intensa, rottura della diga Eleyele. Case, autovetture e ponti danneggiati o distrutti
Forti piogge monsoniche. Esondazione di fiumi, villagi isolati. 130.000 case dannegiate o distrutte.
Danni elevati a infrastrutture, agricoltura e industria dell’allevamento
33 3–5.9
Tifone Talas
Giappone
68
650
430 Forti piogge, colate di fango. Migliaia di case e autoveicoli danneggiati o distrutti
34 3–10.9
Tempesta tropicale Lee
USA
15
750
560 Villaggi isolati. Migliaia di case e autovetture danneggiate o distrutte. Danni alle infrastrutture
35 4–19.9
Incendi boschivi
USA: spec. Texas
2
1.000
36 12.9
Temporali
Europa
settentrionale
1
300
37 Ott. 2010– Siccità
sett. 2011
Somalia, Gibuti,
Kenya, Etiopia
38 Sett.–dic.
Inondazioni
39 18.9
530 11.000 km2 bruciati. Sono gli incendi boschivi peggiori da più di un decennio in Texas. 1.600 case
distrutte
150 Propaggini dell’uragano Katia. Vento fino a 130 km/h, pioggia intensa, alluvioni improvvise.
Case danneggiate
>50.000
Due anni con precipitazioni inferiori alla media, estrema penuria d’acqua. Gravi danni ad agricoltura
e industria dell’allevamento. Carestia, denutrizione e malattie. Persone colpite: 13,3 milioni
Colombia
187
150.000 fabbricati danneggiati o distrutti. 11.000 km2 di arativo inondati, morti 160.000 animali da
reddito
Terremoto
Asia meridionale e
orientale
134
1.500
40 20–22.9
Tifone Roke (Onyok)
Giappone
13
1.700
1.200 Tifone di categoria 4, vento fino a 215 km/h, pioggia intensa. Danni alle infrastrutture, disagi nei
trasporti pubblici. Case automobilistiche (Toyota, Mitsubishi, Nissan) fermano temporaneamente
la produzione.
41 26.9–4.10
Tifone Nesat, inondazioni
Filippine, Cina,
Vietnam
89
1.500
Vento fino a 150 km/h, forti piogge, smottamenti. Migliaia di case allagate. Danni ad agricoltura e
pesca
42 11–19.10
Inondazioni, frane
America centrale
124
1.500
Esondazione di fiumi, rottura di argini. Decine di migliaia di fabbricati danneggiati o distrutti.
Centinaia di ponti travolti dall’acqua. Danni ad agricoltura e industria dell’allevamento
43 23.10
Terremoto
Turchia
604
550
Tempesta invernale
USA, Canada
29
900
45 4–9.11
Alluvioni improvvise
Francia, Italia
14
2.100
46 23–24.11
Incendi boschivi
Australia
47 15–17.12
Tempesta invernale
Joachim
Europa
occidentale
48 16–18.12
Tempesta tropicale Washi Filippine
Tempesta invernale
Patrick (Dagmar)
Europa settentrionale, Baltico
50 Gen.–dic.
Siccità
USA
50
650
1.268
40
1
200
8.000
Mw 6,9. Epicentro a Sikkim. Centinaia di frane. Decine di migliaia di fabbricati danneggiati o
distrutti. Strade e ponti danneggiati. Interrotte le linee elettriche e di telecomunicazione. Più di
100.000 senzatetto
40 Mw 7,2. 65.000 case danneggiate o distrutte. Blackout, compromesso l’approvvigionamento idrico
e del gas. >4.200 feriti
665 Forti precipitazioni nevose. Interrotte le linee di comunicazione. Pali della luce e alberi abbattuti
1.100 Temporali, colate di fango. Migliaia di fabbricati e autovetture danneggiati o distrutti. Danni elevati
alle infrastrutture
30 Incendi boschivi, >155 km2 bruciati. >30 case distrutte e 16 danneggiate. Strade chiuse al traffico.
200 sfollati
390 Forti precipitazioni nevose, pioggia intensa, alluvioni improvvise. Traffico stradale e ferroviario
bloccati
Alluvioni improvvise, frane. Esondazione di fiumi. >6.800 case danneggiate o distrutte
Vento oltre i 160km/h, pioggia intensa, onde di piena, frane. Strade inondate. Fabbricati, case e
autovetture danneggiati. Traffico stradale e ferroviario bloccati. Infrastrutture di telecomunicazione danneggiate
1.000 Assenza di pioggia e penuria d’acqua. Gravi danni ad agricoltura e industria dell’allevamento
Munich Re
44 28–31.10
49 25–26.12
TOPICS
GEO
Numero 2012
Le catastrofi naturali del 2011
Analisi, valutazioni, posizioni
Esondazione di fiumi. Frana. Centinaia di case distrutte. Danneggiati città, ponti e autostrade.
10.000 senzatetto
113
17 11.5
Numero d’ordinazione: 302-07228
1.425 Blizzard «Groundhog Day». Danneggiati case e autoveicoli. Fermi di produzione in >30 case
automobilistiche
15.840
16 Apr.–mag. Inondazioni, frane
Terremoto
1.875 Esondato il Brisbane River. Decine di migliaia di fabbricati inondati. Danni ad agricoltura e
industria estrattiva
La triplice catastrofe in Giappone · Istantanee di catastrofi: terremoti, inondazioni, tempeste · NatCatSERVICE e gestione del rischio
11 5–16.3
12 11.3
Osservazioni, descrizione dei danni
22
4 31.1–6.2
10 22.2
Danni
assicurati
mln US$
© 2012
Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft
Königinstrasse 107, 80802 München, Germania
TOPICS GEO 2011
Topics Geo – 50 delle maggiori catastrofi naturali del 2011
Terremoto,
inondazione,
incidente atomico
La triplice catastrofe di Tohoku,
in Giappone ha scosso società,
comunità scientifica ed economia.
PAGINA 6
Inondazioni
L’acqua sommerge
Australia, Stati Uniti
e Thailandia
Vertice sul clima
Decisioni rinviate
al futuro
Gestione del rischio
I modelli 3D creano
trasparenza
22
10
1
7
33
41
40
48
23
28
20
3
37
9
32
27
8
39
29
46
12
25
26
31
2
5 che soddisfano i criteri di «grande
catastrofe naturale»
50 di maggiore intensità (selezione)
820 eventi dannosi di origine naturale di cui
42
21
6
5
50 34
15
38
16
44
14 13
19
4 35
Eventi geofisici: terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche
Eventi meteorologici: tempeste tropicali, tempeste invernali,
temporali, grandinate, tornado, tempeste locali
Eventi idrogeologici: inondazioni fluviali, inondazioni improvvise,
onde di tempesta, movimenti di masse (frane)
Eventi climatici: ondate di caldo e di freddo, incendi boschivi,
siccità
11
43
45
17
47
Stampa
Druckerei Fritz Kriechbaumer
Wettersteinstrasse 12
82024 Taufkirchen/München
Germania
30
Download
Le analisi, i grafici e le statistiche attuali sono scaricabili
gratuitamente dal nostro sito all’indirizzo:
www.munichre.com/touch>>>NatCatSERVICE
Downloadcenter
24
Numeri d’ordinazione
Tedesco 302-07224
Inglese 302-07225
Francese 302-07226
Spagnolo 302-07227
Italiano 302-07228
49
Redazione
Angelika Wirtz, Munich Re
Dr.-Ing. Wolfgang Kron, Munich Re
Florian Wöst, Munich Re
36
Per informazioni contattare
Angelika Wirtz
Telefono: +49 89 38 91-34 53
Fax: +49 89 38 91-7 34 53
[email protected]
18
Responsabili per il contenuto
Ricerca Georischi (GEO/CCC1)
Illustrazioni
Foto di copertina, p. 2 (a sinistra), 3 (entrambe), 6, 10, 20,
26, 28, 29, 33, 36, 44, 46, 48 (tutte), 49 (tutte): Reuters
p. 1, 4 (a destra), 12, 13, 14, 15, 16, 17, 53, 54, 55 (in alto):
Munich Re
p. 2 (a destra): Chris Spannagle
p. 4 (a sinistra): GettyImages
p. 5, 24: NASA
p. 11, 25, 31, 39, 45, 51, 55 (in basso): Fotostudio Meinen,
Monaco di Baviera
p. 22 (in alto), 30: AP
p. 22 (in basso), 23, 38: picture alliance/dpa
p. 35: Munich Re America
p. 56: Kevin Sprouls
Topics Geo – Mappa mondiale delle catastrofi naturali del 2011
© 2012
Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft
Königinstrasse 107
80802 München
Germania
Telefono: +49 89 38 91-0
Fax: +49 89 39 90 56
www.munichre.com
Prefazione
Cari lettori,
la catastrofe dell’11 marzo 2011 in Giappone ha evidenziato la vulnerabilità
della società e dell’economia anche verso eventi geofisici che negli anni
passati poco hanno attratto l’attenzione pubblica, tutta rivolta all’onnipre­
sente dibattito sul cambiamento climatico. Il terremoto di Tohoku è anche
la prima calamità naturale ad aver indotto cambiamenti durevoli della poli­
tica energetica in un gran numero di Paesi geograficamente molto distanti
dalla regione di occorrenza (p. es. abbandono del nucleare in Germania e Svizzera, rifiuto del nucleare in Italia). La nostra rubrica a pagina 56 illustra gli aspetti di fondo della pericolosità da fenomeni geofisici.
«Un evento del tutto diverso da quanto finora conosciuto», ha detto il pro­
fessor Dr. Norio Okada, ricercatore e studioso di terremoti giapponese,
commentando il disastro che ha sconvolto il suo Paese. Okada è uno degli
esperti di fama internazionale che hanno partecipato a una tavola rotonda
organizzata da Munich Re lo scorso anno per analizzare da diverse angola­
ture questo evento eccezionale e comprenderne meglio la profonda com­
plessità. Gli effetti del terremoto di Tohoku pongono il mondo scientifico e
quello assicurativo davanti a nuove sfide, per esempio in relazione alle com­
plesse interazioni economiche, alla qualità delle carte della pericolosità
nonché a modelli sismici, sistemi di preavviso e prevenzione delle cata­
strofi. Quali insegnamenti devono trarre da questo evento politica, comu­
nità scientifica e assicurazioni – per il Giappone, ma anche per il resto del
mondo? Per le risposte vi invitiamo a leggere dalla pagina 12.
Con un danno economico globale pari a 380 miliardi di dollari il 2011 si
conferma l’anno più oneroso di tutti i tempi dal punto di vista delle catastrofi
naturali, battendo di gran lunga il record che finora era appartenuto al 2005
(220 mld US$). Anche i danni assicurati hanno segnato un nuovo primato
salendo a 105 miliardi di dollari. Nel 2011 sono stati i terremoti a dominare
il bilancio dei danni, oltre a quello in Giappone si è trattato soprattutto del
catastrofico evento sismico in Nuova Zelanda. A essi si aggiungono le
devastanti inondazioni in Australia, Thailandia, Francia e Italia e le serie di
tornado negli Stati Uniti. I rischi atmosferici negli Stati Uniti e in Canada
sono soggetti a continui cambiamenti a causa dei mutamenti climatici
indotti dalle attività umane e dei cicli climatici naturali come La Niña.
Nell’articolo «Dati, fatti e retroscena» da pagina 40 i nostri autori riferiscono
anche su tali fenomeni. In maggio contiamo di pubblicare un numero spe­
ciale sugli eventi atmosferici in Nord America, nel quale ci occuperemo
dettagliatamente dei rischi naturali in questa regione.
Termino qui, sperando che il nostro nuovo numero di Topics Geo vi offra
una piacevole lettura.
Monaco di Baviera, febbraio 2012
Dr. Torsten Jeworrek
Membro del consiglio di gestione di Munich Re e presidente del comitato per la riassicurazione
NOT IF, BUT HOW
MUNICH RE Topics Geo 2011
1
Indice In primo piano: Il terremoto ­dell’11 marzo
ha innescato uno tsunami che è costato la
vita a migliaia di persone e ha provocato la fusione del nocciolo nel reattore nucleare
di Fukushima.
6
In primo piano
6
Terremoto, tsunami, incidente atomico:
la triplice catastrofe di Tohoku
12
2
«Un evento del tutto diverso da quanto finora
conosciuto»
Su invito di Munich Re esperti di fama inter­
nazionale hanno esaminato la megacatastrofe
di Tohoku dal punto di vista naturalistico,
­politico, socio-economico e assicurativo.
MUNICH RE Topics Geo 2011
6
Istantanee di catastrofi: La serie
di tornado distruttivi negli Stati Uniti è
responsabile da sola di ben la metà dei danni
assicurati da tempesta registrati nel 2011.
20
20
Istantanee di catastrofi
20
Il terremoto di Christchurch, Nuova
Zelanda
Nel febbraio 2011 si è verificato il più
grave di una serie di terremoti che hanno
colpito la regione di Christchurch.
26
Inondazioni: l’acqua sommerge
­Australia, Stati Uniti e Thailandia
Oltre agli eventi sismici sono state
soprattutto le inondazioni catastrofiche a segnare il 2011.
32
Primavera 2011: forti temporali negli
Stati Uniti
Clima e cambiamento climatico:
Il pianeta sente le conseguenze dei muta­
menti climatici, ma al vertice di Durban le decisioni per salvaguardare il clima sono
state ancora una volta rinviate.
36
Vertice sul clima a Durban
40
Dati, fatti, retroscena
46
NatCatSERVICE e gestione
del rischio
48
Le foto dell’anno
50
L’anno in cifre
52
I modelli 3D creano trasparenza
56
Clima e cambiamento climatico
36
56
36
NatCatservice: Nella banca dati più grande
del mondo Munich Re analizza e documenta
gli eventi dannosi globali e le informazioni sui danni.
46
Prefazione
Notizie
Colophon
1
4
Rubrica
La Terra sotto osservazione
Il prof. Dr. Dr. Peter Höppe sui rischi da
eventi geofisici
MUNICH RE Topics Geo 2011
3
NOTIZIE
STUDIO
FONDAZIONE MÜNCHENER RÜCK
RICERCA SULLE CATASTROFI
Nel 1972 un gruppo di ricercatori del
MIT (Massachusetts Institute of Tech­
nology) pubblicò lo studio «I limiti dello
sviluppo», commissionato dal Club di
Roma, in cui si analizzavano gli effetti a
livello mondiale dell’industrializzazione,
della crescita della popolazione, della
malnutrizione, dell’esaurimento delle
riserve di materie prime e della distru­
zione degli habitat naturali. Uno dei
temi era anche l’effetto dei gas serra
sul clima. A quarant’anni di distanza,
lo studio, che al tempo fece molto
scalpore, non ha perso nulla della pro­
pria attualità. Infatti si discute ancora
su come risolvere i problemi della
­crescita della popolazione mondiale,
dell’esaurimento delle risorse e degli
effetti del cambiamento climatico.
Rivolgimenti nel mondo arabo, abban­
dono del nucleare in Germania, crisi
del debito in Europa. Chi è l’artefice
di questi eventi sul piano politico,
economico e sociale? Quale ruolo
rivestono le risorse e i nuovi media?
Chi determina le strutture del potere
di domani? Questi e molti altri interro­
gativi sono al centro dei forum di
­dialogo previsti per il 2012.
Nell’ambito del programma per lo
studio integrato delle catastrofi natu­
rali (IRDR, Programms Integrated
Research on Disaster Risk) il Con­
siglio internazionale delle scienze
(ICSU, International Council for
Science) ha fondato il gruppo di
lavoro DATA (Disaster Loss Data).
Tra l’altro, il suo compito è quello di
identificare quali dati sui danni sono
necessari per una gestione efficace
dei rischi catastrofali, quali metodi e
standard obbligatori devono essere
elaborati per rilevare e gestire questi
dati e quali sinergie vanno migliorate
con le organizzazioni che se ne occu­
pano. Il gruppo di lavoro è presieduto
dagli studiosi del settore Ricerca
georischi di Munich Re.
Quarant’anni dello studio
«I limiti dello sviluppo»
Chi fa la storia del mondo?
>> Maggiori informazioni alla pagina
www.munichre-foundation.org
>> Maggiori informazioni
sul Club di Roma alla pagina
www.clubofrome.org
L’IRDR istituisce un gruppo
di lavoro
>> Maggiori informazioni alla pagina
www.irdrinternational.org
Notizie in breve
Munich Re conquista il vertice della green ranking
Munich Re ha conquistato il vertice della green ranking, la classifica mondiale delle aziende più ecosostenibili
pubblicato dalla rivista statunitense Newsweek: con
83,6 punti (su 100) ha scavalcato IBM (82,5), in testa lo
scorso anno, e ha staccato notevolmente le altre imprese
del comparto assicurativo.
Il nuovo «Munich Re Scholarship Programme»
Munich Re rinnova la propria offerta per i borsisti. A partire
dal 2013 il «Munich Re Scholarship Programme» sostituirà
i due programmi per borsisti in vigore da molti anni. Nel
2012 verrà riproposta per l’ultima volta la borsa di studio
Horst K. Jannott, mentre non lo sarà più quella intitolata
ad Alois Alzheimer.
4
MUNICH RE Topics Geo 2011
Il piano trimestrale del «Munich Re Scholarship Pro­
gramme» si rivolge a giovani risorse di talento dei nostri
clienti in tutto il mondo e vuole contribuire a dar loro gli
strumenti per affrontare le sfide di un mercato assicura­
tivo globalizzato.
Al via nel 2012 il progetto di Munich Re a Princeton
Munich Reinsurance America Inc. ha firmato un contratto
con SunPower Corp., uno dei produttori leader di impianti
fotovoltaici, per la progettazione e realizzazione di un
grande carport. L’impianto da 2,5 MW potrà far rispar­
miare alla sede americana di Munich Re a Princeton
ca. 500.000 US$ l’anno in costi per l’approvvigionamento
energetico.
NOTIZIE
Un premio a NATHAN Risk Suite
La Commissione per il business geoinformativo (GIW) del Ministero federale dell’economia e della tecnologia
assegna ogni anno il «GeoBusiness Award» a idee innova­
tive nel campo dell’attività geoinformativa. NATHAN Risk
Suite di Munich Re è uno dei tre prodotti premiati nel 2011.
Al giorno d’oggi chi vuole gestire i rischi in modo globale
deve conoscere esattamente il contesto geografico;
NATHAN (Natural Hazards Assessment Network) Risk
Suite di Munich Re ottimizza la valutazione dei rischi
naturali, dal rischio individuale geocodificato per indirizzi
a interi portafogli, e questo in tutto il mondo. I nostri clienti
possono scegliere il prodotto o il modulo adatto ­in funzione
del numero delle ubicazioni di rischio da analizzare, del
livello di dettaglio desiderato e del grado di integrazione
richiesto con le proprie operazioni di lavoro. Le interrela­
zioni complesse diventano in tal modo trasparenti e i cal­
coli dei prezzi più precisi, si accelerano i processi operativi
e si supporta la gestione del portafoglio.
NATHAN Risk Suite si basa su mappe ad alta risoluzione e
immagini satellitari di Microsoft Bing Maps che permettono
di individuare con precisione i singoli rischi e verificare la situazione ambientale circostante. Si può inoltre analiz­
zare l’esposizione ai rischi naturali di interi portafogli; su
richiesta anche attraverso un servizio web in tempo reale
che si integra direttamente nel processo di lavoro
dell’azienda partner.
Oltre ai servizi online, NATHAN Risk Suite offre anche
una versione su DVD, il prodotto più diffuso di Munich Re
con oltre 50.000 copie. Nella suite trova naturalmente
posto anche la versione stampabile della mappa mondiale
dei rischi naturali.
>> Maggiori informazioni alla pagina
www.munichre.com/touch/naturalhazards/en
MUNICH RE Topics Geo 2011
5
In primo piano
Terremoto, tsunami, incidente atomico: la triplice catastrofe di Tohoku
L’11 marzo 2011 il più grande terremoto mai ­registrato
in Giappone investe il Nordest del Paese, provocando
uno tsunami che devasta varie centinaia di chilometri
di costa e innesca la catastrofe atomica di Fukushima
Alexander Allmann
Il terremoto di magnitudo Mw 9,0 si verifica alle 14:26
ora locale a una profondità di 30 km nella zona di sub­
duzione di fronte alla costa orientale di Honshu. L’epi­
centro è localizzato 130 km a est della città costiera di
Sendai e ca. 370 km a nord di Tokyo. Quarto in ordine
di intensità negli ultimi 100 anni a livello mondiale, il
fenomeno genera un’onda anomala alta più di 10 m; in
alcune insenature il run-up (altezza massima dell’onda)
supera i 40 m. Due giorni prima si era verificata una
scossa premonitrice di magnitudo Mw 7,2. La replica
più forte (Mw 7,9) ha luogo 40 minuti dopo la scossa
principale.
Nonostante il Giappone sia generalmente considerato
ad altissima pericolosità sismica, il luogo e la violenza
dell’evento hanno suscitato sorpresa. Secondo i calcoli
del modello sismico ufficiale giapponese HERP (Head­
quarter for Earthquake Research Promotion), su cui si
fondano anche tutti i modelli commerciali, la magni­
tudo massima attesa in questa regione era di Mw 8,3.
Mentre la parte settentrionale dell’area colpita era già
stata devastata più volte nella storia da violenti tsu­
nami (p. es. nel 1611, 1896 e 1933), si presume che la
parte meridionale (Sendai) sia stata investita da un
fenomeno di proporzioni simili solo nell’anno 869.
Il violento tsunami che è seguito al terremoto
dell’11 marzo ha devastato diverse centinaia di
chilometri di costa.
MUNICH RE Topics Geo 2011
7
In primo piano
Per un megaterremoto di magnitudo M w 9,0 in
quest’area del Giappone diverse analisi scientifiche
di tsunami sismici storici e misurazioni GPS indicano
un tempo di ritorno da 440 a 1.500 anni.
Considerata l’intensità del sisma, i 450 km di lun­
ghezza della superficie di rottura della faglia respon­
sabile delle scosse sono poca cosa, mentre lo sposta­
mento massimo, fino a 50 m, in corrispondenza del
piano di faglia è elevatissimo. Il fatto che superfici di
rottura relativamente piccole come quella in esame
possano scatenare terremoti di magnitudo così alta
porta a interrogarsi sui valori massimi raggiungibili
anche in altre zone di subduzione.
Variazioni dello stato di sforzo in gran parte del
Giappone
Le violente oscillazioni del suolo sono durate diversi
minuti e hanno raggiunto un’accelerazione massima
di 2,7 g (g = accelerazione di gravità). Nessun altro
terremoto è mai stato registrato con tale precisione
nel mondo e ciò si deve alla sua intensità e alla molti­
tudine di stazioni sismometriche. Secondo una prima
analisi dei valori misurati, le accelerazioni massime
del suolo (PGA) ad alta frequenza erano molto più
­elevate del previsto fino a una distanza di ca. 100 km
dalla superficie di rottura e nettamente più basse a
distanze maggiori. La percentuale di oscillazioni di
lungo periodo era invece nettamente inferiore a
quanto pronosticato dai modelli correnti a qualsiasi
distanza dall’epicentro.
Il sisma ha modificato lo stato di sforzo regionale nel
sottosuolo di gran parte del Giappone provocando,
oltre all’attesa attività di assestamento in corrispon­
denza della superficie di rottura, un incremento misu­
rabile della sismicità anche in zone lontane. Si sono
così verificati diversi terremoti di magnitudo mag­
giore di M w 6,0 fino a 300 km dalla zona originaria
delle repliche. I megaterremoti di questa intensità
possono infatti incrementare l’attività sismica per
anni a seguire.
Il sisma ha provocato oltre 15.800 vittime e quasi
6.000 feriti, mentre più di 3.400 persone risultano
ancora disperse. Oltre 300.000 abitazioni sono state
distrutte o gravemente danneggiate, più di 600.000
edifici hanno subito danni lievi.
Danni economici per più di 200 mld US$
Fortunatamente i danni nell’area metropolitana di
Tokyo sono stati relativamente modesti. La maggior
parte dei danneggiamenti era concentrata nelle pre­
fetture di Iwate, Miyagi, Fukushima e Ibaraki. All’ele­
vato danno economico globale del terremoto, oltre
200 mld US$, corrispondono danni assicurati da 35 a
40 mld US$ (compresa la Japan Earthquake Reinsu­
rance, sovvenzionata dallo Stato). Si tratta quindi
della catastrofe naturale più onerosa di sempre a
livello mondiale e dell’evento più letale in Giappone
dopo il grande terremoto di Tokyo del 1923 con
143.000 vittime.
L’intero litorale nord-orientale di Honshu è stato deva­
stato dallo tsunami. I danni maggiori sono stati patiti
da località di piccole e medie dimensioni in strette
insenature, dove l’onda anomala ha sommerso perfino
edifici di quattro o cinque piani e interi villaggi sono
stati rasi al suolo. Parte delle infrastrutture come
strade, ponti e ferrovie è stata spazzata via, mentre
porti di pesca con migliaia di imbarcazioni sono stati
distrutti. Anche il sistema di preallarme, che ha fun­
zionato correttamente fornendo un preavviso da 15 a
20 minuti, e il gigantesco sistema di difese, unico al
mondo, non hanno potuto impedire che lo tsunami
mietesse migliaia di vittime; senza queste protezioni
però il bilancio sarebbe stato molto più grave. L’unica
possibilità di evitare simili catastrofi in futuro è il
divieto generalizzato di edificare nelle zone partico­
larmente a rischio prossime alla costa.
In confronto alla quasi totale distruzione patita nelle
zone investite dallo tsunami, il quadro dei danni nelle
altre aree colpite dal terremoto è apparso moderato.
Anche dove le scosse sono state molto violente i
I 10 terremoti più onerosi per l’industria assicurativa
Mese/
Anno
Evento
Magnitudo
M w
Paese
Danni complessivi
in mln US$
(valori originali)
Danni assicurati
in mln US$
(valori originali)
Morti
  3/2011 Terremoto, tsunami 9,0
Giappone
210.000
35.000–40.000
  1/1994 Terremoto
6,8
Stati Uniti
44.000
15.300
15.840
61
  2/2011 Terremoto
6,1
Nuova Zelanda
16.000
13.000
181
  2/2010 Terremoto, tsunami 8,8
Cile
30.000
8.000
520
  9/2010 Terremoto
7,0
Nuova Zelanda
6.500
5.000
  1/1995 Terremoto
6,9
Giappone
100.000
3.000
12/2004 Terremoto, tsunami 9,0
Asia meridionale e sud-orientale
10.000
1.000
10/1989 Terremoto
6,2
Stati Uniti
10.000
960
  6/2011 Terremoto
5,9
Nuova Zelanda
2.000
800
1
10/2004 Terremoto
6,6
Giappone
28.000
760
46
8
MUNICH RE Topics Geo 2011
6.430
220.000
68
In primo piano
danni strutturali risultano limitati e pochi sono gli edi­
fici crollati, benché distribuiti su una superficie molto
più ampia di quella colpita dallo tsunami. La severa
normativa edilizia ha avuto un ruolo importante nel
mantenere i danni al di sotto del livello atteso, in parti­
colare con riferimento alle case erette dopo il 1981.
Nonostante a Tokyo i grattacieli abbiano oscillato
­violentemente per vari minuti, non vi sono stati danni
significativi.
In alcune zone residenziali dell’area metropolitana
edificate su terreno di riporto si sono verificati mas­
sicci e diffusi cedimenti del terreno, e numerose
­abitazioni sono divenute inagibili. La maggioranza dei grandi caseggiati e degli impianti industriali ha
tuttavia fondazioni profonde, che hanno preservato i manufatti da danni maggiori. Sono state colpite
soprattutto condutture e installazioni esterne; i più di 300 incendi, tra cui alcuni spettacolari e di grandi
dimensioni come quello della raffineria a Chiba, non
hanno pesato particolarmente sul bilancio globale dei danni.
Nonostante i danni meno estesi ai fabbricati al di fuori
della regione interessata dallo tsunami, si sono verifi­
cate interruzioni di esercizio degli impianti industriali,
causate dal grave danneggiamento di merci e sistemi
produttivi.
Nella centrale atomica di Fukushima, colpita anch’essa
dallo tsunami, si è interrotta completamente l’alimen­
tazione elettrica, e anche quella locale di emergenza è
andata in tilt. La paralisi del sistema di raffreddamento
ha provocato il surriscaldamento dei reattori, e quindi
la fusione del nocciolo, presumibilmente in tre casi.
Le conseguenze della maggiore catastrofe nucleare
dopo Černobyl: grandi aree contaminate radioattiva­
mente in un raggio di 30 km attorno alla centrale ven­
gono evacuate; per mesi l’energia elettrica è razionata
in tutto il Giappone; la Germania e la Svizzera deci­
dono di abbandonare rapidamente l’energia nucleare.
Grandi incertezze nella stima dei danni
Il mercato assicurativo giapponese è diviso in tre seg­
menti. La maggior parte delle imprese assicuratrici
vende prodotti per la copertura del rischio sismico
solo a operatori commerciali, soprattutto polizze per
rischi industriali con pesanti limiti di garanzia e ampie
esclusioni. Le abitazioni vengono assicurate attra­
verso cooperative e un pool di riassicurazione statale
(JER – Japan Earthquake Reinsurance).
Terremoti con il maggior numero di vittime dal 1900
Mese/
Anno
Evento
Magnitudo M w
Paese
Danni complessivi
in mln US$ (valori originali)
Danni assicurati
in mln US$
(valori originali)
Morti
12/1920 Terremoto
8,5
Cina
  7/1976 Terremoto
7,8
Cina
25
273.400
5.600
  1/2010 Terremoto
7,0
Haiti
242.800
8.000
200
222.570
10.000
1.000
220.000
12/2004 Terremoto, tsunami 9,0
Asia meridionale e sud-orientale
  9/1923 Terremoto
7,9
Giappone
2.800
590
142.800
10/2005 Terremoto
7,6
Asia meridionale 5.200
5
88.000
12/1908 Terremoto, tsunami 7,2
Italia
116
86.000
  5/2008 Terremoto
8,0
Cina
85.000
300
84.000
12/1932 Terremoto
7,6
Cina
77.000
  5/1970 Terremoto
7,9
Perú
550
14
67.000
Danni complessivi
in mln US$ (valori originali)
Danni assicurati
in mln US$
(valori originali)
Morti
1.500
Terremoti con una magnitudo pari o superiore a Mw 9,0 dal 1900
Mese/
Anno
Evento
Magnitudo M w
Paese
  5/1960 Terremoto, tsunami 9,5
Cile
550
  3/1964 Terremoto, tsunami 9,2
Stati Uniti
540
45
131
11/1952 Terremoto, tsunami 9,0
URSS (Asia) 1.300
12/2004 Terremoto, tsunami 9,0
Asia meridionale e sud-orientale
10.000
1.000
220.000
  3/2011 Terremoto, tsunami 9,0
Giappone
210.000
35.000–40.000
15.840
MUNICH RE Topics Geo 2011
9
In primo piano
La magnitudo esprime la quantità di ener­
gia rilasciata, mentre l’intensità indica gli
effetti del sisma (quindi l’entità dei danni).
La carta evidenzia il diverso livello di
impatto subito dalle prefetture giapponesi.
Intensità del sisma
Epicentro
Sendai
Fukushima
Daiichi
Tokyo
Lo tsunami ha fatto capovolgere moltissime
barche e in mare si sono riversati grandi quan­
titativi di idrocarburi.
10
MUNICH RE Topics Geo 2011
Rovinosa o distruttiva
Molto forte
Forte
Moderata o leggera
Aree con danni da tsunami
Contorno approssimativo del piano di
faglia
Fonte: Munich Re secondo dati dell’USAID,
http://japan-guide.com
In primo piano
I danni per la JER, che copre ca. il 25% delle abitazioni
del Paese, si aggirano sui 1.200 mld ¥ (ca. 15 mld US$)
e le polizze coinvolte sono più di 800.000. Sebbene
non si vedano danni nel centro di Tokyo, si contano ca. 200.000 polizze colpite nell’area metropolitana,
mentre il sinistro medio per polizza è inferiore di solo
il 50% ca. a quello registrato nelle prefetture del
­Nordest, ben più gravemente investite dal terremoto e dallo tsunami.
L’indennizzo nel caso delle grandi polizze industriali è limitato a pochi punti percentuali della somma assicurata. In alcuni casi, specialmente a causa dei
gravi danni provocati dallo tsunami, vengono netta­
mente superati i massimali di garanzia e taluni clienti
industriali devono pagare di tasca propria gran parte
del danno subito. Poiché sono assicurati prevalente­
mente grandi rischi industriali, può succedere che il
danno complessivo a carico di una compagnia sia riferibile a un numero molto ridotto di polizze.
Questo fatto, in combinazione con indicazioni poco
dettagliate sull’esposizione, causa forti incertezze
riguardo alla stima dei danni. Per valutare i danni pro­
vocati dallo tsunami sono necessarie informazioni
precise sull’ubicazione dei rischi assicurati perché
un’inesattezza di appena un chilometro può fare la
differenza tra assenza di danni e completa distru­
zione. Informazioni sull’esposizione più particolareg­
giate sono dunque il principale presupposto in Giap­
pone per ottenere una più elevata affidabilità nella
modellizzazione e nella stima dei danni.
Le coperture per interruzione di esercizio o non ven­
gono commercializzate o sono gravate da pesanti
limitazioni. Nonostante la regione maggiormente
investita dalla catastrofe rappresenti soltanto ca. l’8%
dell’economia nazionale giapponese, i danni nell’in­
dotto automobilistico e ad alta tecnologia hanno cau­
sato fermi di produzione in tutto il mondo, mettendo
così al centro dell’attenzione anche le polizze inter­
nazionali che coprono l’interruzione di esercizio per
danni occorsi a fornitori e clienti (cd. contingent business interruption). Le speculazioni su danni miliardari
per alcune imprese e le loro conseguenze sull’indu­
stria assicurativa testimoniano la complessità della
rete globale dei processi produttivi e le enormi diffi­
coltà nella stima dei danni. La trasparenza sui princi­
pali rapporti di fornitura e severi limiti di garanzia
sono punti essenziali per evitare grandi sinistri ina­
spettati in questo settore.
Gli ulteriori danni a carico del settore assicurativo trasporti (soprattutto nei porti), vita e infortuni fanno
del terremoto di Tohoku un evento «multiramo». Dalle
polizze ARD giapponesi il terremoto è normalmente
escluso, altrimenti ci sarebbero stati pagamenti per
sinistri significativi anche in questo comparto. Anche per quanto concerne le assicurazioni vita il
Giappone rappresenta un’eccezione, seppure di
segno contrario, a causa del numero di vittime
­potenzialmente alto e della altrettanto alta densità
assicurativa.
Il terremoto si è verificato proprio durante la fase prin­
cipale di rinnovo dei trattati di riassicurazione, ma
nonostante le pesanti incertezze causate dalle forti
repliche e dalla possibilità di ulteriori danni, le tratta­
tive si sono concluse regolarmente. Poiché il sisma ha elevato fortemente la probabilità di occorrenza
soprattutto degli eventi di media intensità, si dovrà
tener conto di un incremento del danno atteso, spe­
cialmente nei trattati proporzionali. L’estensione
dell’area colpita nel caso di un megaterremoto come
quello in esame e il grande numero di danni correlati
ostacolano la distinzione tra i danni provocati dal
fenomeno principale e quelli da imputarsi a repliche
successive di forte intensità.
Conclusioni
Oltre a essere la catastrofe naturale più onerosa mai
verificatasi a livello mondiale, il terremoto di Tohoku
evidenzia che i grandi eventi calamitosi di questo
genere non possono essere evitati nemmeno in Paesi
come il Giappone, dove enormi sforzi vengono intra­
presi nella ricerca sui terremoti, nell’edilizia antisi­
smica e nei sistemi di preallarme. Nonostante in
­questa regione non fosse stato previsto un sisma di
tale magnitudo, il rischio globale del Paese era corret­
tamente rappresentato dai modelli disponibili. L’in­
tensità dei movimenti del suolo e i danni conseguenti
rientrano nella gamma di valori attesi. I risultati di un
modello sono sempre affetti da incertezze significa­
tive, ma le pesanti insicurezze che gravano sulla stima
del danno e del rischio sono dovute al livello di risolu­
zione troppo basso dei dati sull’esposizione: anche
questa è una verità che il terremoto giapponese ha
confermato e ribadito una volta di più.
Il nostro esperto:
Alexander Allmann è consulente senior
per rischio sismico e altri rischi naturali
nel settore Sottoscrizione aziendale/
Gestione rischio di accumulazione/
Georischi.
[email protected]
MUNICH RE Topics Geo 2011
11
In primo piano
«Un evento del tutto diverso
da quanto finora conosciuto»
Dopo il devastante terremoto dell’11 marzo 2011 mondo economico, scientifico e
politico hanno dovuto cambiare modo di pensare a livello nazionale, ma anche a
livello globale. Nell’ottobre 2011 Munich Re ha invitato alcuni esperti di fama internazionale a ragionare su questo evento catastrofale in ottica naturalistica, politica,
socio-economica e assicurativa.
Prof. Dr. Norio Okada,
Disaster Prevention Research Institute
(DPRI), università di Kyoto, Giappone
Prof. Dr. Jochen Zschau,
Helmholtz-Zentrum Potsdam
Deutsches GeoForschungsZentrum
(GFZ)
La sintesi e le valutazioni degli esperti sul terremoto del
Giappone, che come nessun altro evento ha contraddistinto
il 2011 sotto il profilo delle catastrofi naturali, si possono
ascoltare nel video sul nostro sito www.munichre.com
12
MUNICH RE Topics Geo 2011
Dr. Charles Scawthorn,
socio di SPA Risk LLC, società di
consulenza specializzata nella riduzione dei rischi da catastrofi naturali
In primo piano
Dr. Smolka: Gentili colleghi, desidero
innanzitutto ringraziarvi per aver
accettato di partecipare a questa
tavola rotonda sul sisma di Tohoku.
È un piacere in particolare poter dare
il benvenuto anche al Dr. Arnoldussen,
membro del consiglio di gestione di
Munich Re.
Il terremoto di Tohoku è stato un
evento fuori dall’ordinario. Prendendo
come misura i danni complessivi si è
trattato del sisma più violento e della
peggiore catastrofe naturale degli
ultimi decenni. Qual è stata la vostra
reazione nell’apprendere la notizia di
questo terremoto?
Prof. Okada: Io stavo presiedendo un
consiglio di facoltà all’università di
Kyoto quando si è verificata la catastrofe, ma ci sono voluti circa 10
minuti prima che fosse chiaro che
qualcosa non funzionava. Io per
primo ho mandato fuori un paio di
persone perché s’informassero su
cosa era accaduto.
Smolka: Ma Lei ha sentito il
­terremoto?
Okada: Sì certo, ma di primo acchito
non abbiamo pensato che si trattasse
di un terremoto. Noi tutti, ovvero gli
altri docenti e io, pensavamo di
essercelo immaginato. Ma dopo un
quarto d’ora ho chiuso il consiglio di
facoltà e abbiamo appreso molto
rapidamente che a Fukushima si era
verificata una catastrofe di proporzioni mai viste. Ho compreso subito
che si trattava di qualcosa del tutto
diverso da quanto finora conosciuto.
E ho intuito che quell’evento avrebbe
avuto ripercussioni a livello globale.
Smolka: Dr. Scawthorn, Lei vive da
lungo tempo in Giappone e ha visto
in tutto il mondo danni provocati da
terremoti. Qual è stato il Suo primo
giudizio non appena ha saputo del
sisma?
Dr. Scawthorn: Allo scatenarsi del
terremoto ero in Marocco, ma noi
viviamo a Kyoto e mia moglie era in
Giappone. L’ho chiamata e lei mi ha
detto che aveva sentito la scossa
anche a Kyoto. E di lì a una o due ore
abbiano iniziato a vedere in televisione le prime immagini delle devastazioni causate dallo tsunami e
abbiamo appreso di Fukushima.
Dr. Anselm Smolka,
responsabile dell’unità Georischi nel
settore Sottoscrizione aziendale/
Gestione rischio di accumulazione di
Munich Re
Dr. Ludger Arnoldussen,
membro del consiglio di gestione di
Munich Re
Sono quindi rientrato il più velocemente possibile in Giappone, ma ci
sono voluti comunque diversi giorni.
Negli anni ho visto certamente danni
provocati da sismi, anche danni prodotti da grandi tsunami nell’oceano
Indiano e in Giappone, ma devo
ammettere di non aver mai visto una
devastazione di tali dimensioni. È
stato uno choc. Credo che questi
eventi avranno importanti ripercussioni per il Giappone e per tutto il
mondo.
fine settimana abbiamo deciso di trasferire la maggioranza del personale
del nostro ufficio di Tokyo in un hotel
di Osaka e da lì nella nostra sede di
Singapore, dove abbiamo ambienti di
lavoro pienamente operativi. Un trasferimento che è pesato molto ai
nostri collaboratori giapponesi che
non volevano lasciare il proprio Paese
in un momento come quello.
Smolka: Dr. Arnoldussen, Lei è
responsabile per le aree Giappone e
Australasia, nelle quali si sono verificate catastrofi anche in passato.
Come si è comportato?
Dr. Arnoldussen: Ho appreso del
­terremoto mentre trascorrevo una
vacanza sulla neve in Svizzera. Mi ha
chiamato il responsabile di reparto e
la nostra prima ansiosa preoccupazione è stata se i nostri collaboratori
a Tokyo fossero al sicuro. Innanzitutto ci siamo messi in contatto con
tutti e quindi abbiamo dovuto decidere cosa si dovesse fare, considerata
la catastrofe nucleare di Fukushima,
perché nelle settimane precedenti il
1° aprile cade sempre il rinnovo dei
trattati di riassicurazione. Durante il
Smolka: Prof. Zschau, Lei ha già
seguito il terremoto nell’oceano
Indiano con il conseguente tsunami
nel 2004. Qual è stata la Sua prima
impressione quando ha sentito la
notizia del sisma di Tohoku?
Prof. Zschau: L’ho saputo al mattino
presto da una telefonata di un giornalista. Ho un accordo con i giornalisti, che mi possono chiamare a casa
solo quando sia veramente importante. E prima di allora era accaduto
soltanto con il terremoto al largo di
Sumatra. Non mi aspettavo che si
sarebbe verificata una situazione
simile a quella. Il Giappone è un caso
diverso, un Paese altamente industrializzato con il miglior sistema di
preallarme per i terremoti e con un
ottimo sistema di preallarme anche
per gli tsunami. A tutta prima non
credevo che la catastrofe avrebbe
MUNICH RE Topics Geo 2011
13
In primo piano
avuto quelle dimensioni che sono
emerse successivamente. Ma
quando abbiamo appreso la magnitudo reale e gradualmente si sono
manifestate le altre conseguenze, è
apparso chiaro che il rischio sismico
oggi è un rischio globale. Questo
evento ha messo in luce che dobbiamo puntare l’attenzione sulle interazioni non solo nel sistema della
natura, ma anche in quello creato
dall’uomo.
Smolka: Permettetemi di approfondire ora le carenze della conoscenza
scientifica. Dopo la catastrofe si è
aperta un’ampia discussione tra gli
esperti sulla mappa ufficiale della
sismicità del Giappone, la quale
mostra una certa dipendenza dai
tempi, fatto che potrebbe forse aver
indotto parzialmente in errore perché
veniva assegnato troppo peso alla
lacuna sismica nella regione di TokaiNankai e alla possibilità di un nuovo
forte sisma a Tokyo.
Okada: Alcuni sono in effetti del
parere che i nostri specialisti e le
autorità di vigilanza dovrebbero agire
meglio quando si tratta di comunicazione su argomenti di questo genere.
Nessuna mappa della sismicità potrà
mai dirci come si manifesterà realmente un terremoto. Ecco perché a
mio parere questo è uno di quei settori in cui dobbiamo perfezionare i
nostri strumenti e dobbiamo acquisire una maggiore competenza. Ci
dovremo occupare anche della questione strategica dell’evacuazione.
Smolka: Normalmente la mappatura
del rischio è effettuata a livello nazionale e quindi sussiste sempre il pericolo che punti di vista non ortodossi
di singoli esperti vengano trascurati.
Ritengo che sia fondamentalmente
un problema per il mondo scientifico.
Zschau: È un’esperienza che facciamo in generale, non solo in
­Giappone, ma ovunque nel mondo.
Prendete ad esempio il terremoto di
Haiti del 2010. Due anni prima su una
­pubblicazione si faceva notare che
sarebbe potuto sopraggiungere un
sisma di magnitudo 7,2 in qualunque
momento. E così è stato. Ritengo
che abbiamo in generale difficoltà a
gettare un ponte tra le conoscenze
14
MUNICH RE Topics Geo 2011
scientifiche teoriche e le applicazioni
pratiche. Un elemento importante
dei grandi progetti europei attualmente finanziati dalla Commissione
europea è, accanto alla gestione delle
catastrofi e alla protezione civile, la
sinergia tra teoria e pratica, perché ci
si è resi conto che questo è il punto
debole generale.
are. Se fossero state liberate radiazioni nucleari di poco superiori a
quelle effettive e se queste si fossero
propagate nella direzione sbagliata
avremmo potuto perdere Tokyo. E
questa è una minaccia esistenziale
per il Giappone sotto una serie di
punti di vista. Si sarebbe quindi
dovuto tenerne conto.
«Il rischio sismico
oggi è un rischio
globale.»
Smolka: Cosa significa tutto questo
per la comunicazione del rischio?
Prof. Dr. Jochen Zschau
Scawthorn: Secondo me Lei ha toccato un punto importante. Una delle
mie prime considerazioni dopo questa catastrofe è stato che il principio
della probabilità ha il suoi limiti.
Innanzitutto vi sono limiti tecnici nei
dati a nostra disposizione e nella
nostra capacità di utilizzare correttamente tali dati. In secondo luogo
siamo certo in grado di calcolare in
alcuni casi degli eventi rari che ricorrono con una probabilità di una volta
ogni 5.000 anni. Ma troppo spesso
avviene che queste cose vengono
ignorate perché considerate troppo
improbabili. In taluni casi le si considera addirittura pressoché impossibili e in altri è giudicato troppo
costoso reagire in modo adeguato.
Ma si tratta di eventi che minacciano
l’esistenza di una società o di un’azien­da. La catastrofe dell’11 marzo ha
minacciato l’esistenza del Giappone
a causa della sua dimensione nucle-
Scawthorn: Il tema della comunicazione del rischio è davvero importante. C’è bisogno infatti di una
discussione tra scienziati ed esperti,
dove poter verificare anche opinioni
divergenti e solo dopo eventualmente
non accettarle. Ma l’opinione pubblica non vuole prendere parte al
dibattito, le manca il tempo, l’interesse o il linguaggio tecnico. L’opinione pubblica vuole solo vedere il
risultato. Gli esperti devono quindi
riunirsi e parlare con una sola voce.
E se lo faranno non dovranno poi
essere accusati di omicidio se si
saranno sbagliati, come possiamo
osservare in Italia, dove gli studiosi di
eventi sismici sono sotto accusa per
non aver dato l’allarme per il terribile
terremoto a L’Aquila nell’aprile 2009.
Zschau: Le nostre mappe della
sismicità ci mostrano l’attività
sismica, nulla di più. Un’elevata
­attività sismica vuol dire un rischio
elevato, un’attività ridotta significa
In primo piano
un rischio limitato; e qui non si tiene
conto dello stadio del ciclo sismico in
cui ci troviamo. Attualmente il rischio
di terremoto a Colonia potrebbe
essere più elevato di quello nell’Italia
centrale poiché non sappiamo
quando ha avuto luogo l’ultimo sisma
nell’area di Colonia e in quale punto
del ciclo di troviamo al momento.
Una valutazione del rischio collegata
alla cronologia è molto rilevante.
Smolka: Credo che possiamo essere
tutti d’accordo sul fatto che il calcolo
delle probabilità deve essere integrato da una osservazione di tipo
deterministico degli scenari worst
case. E ora si rendono disponibili
i modelli che ci consentiranno
questo tipo di osservazione, anche
se avremo comunque bisogno
di una certa dose di fantasia. Dr.
Arnoldussen, si tratta di un aspetto
interessante anche per Lei?
Arnoldussen: Assolutamente e mi
chiedo sempre più spesso se il modo
in cui abbiamo finora utilizzato i
modelli sia adatto a calcolare un premio di rischio adeguato. Per noi è
molto importante sapere se tre terremoti di magnitudo 6,0 si susseguono
con un intervallo di due o tre mesi
oppure di pochi secondi. Operazione
resa difficile anche dal quadro di riferimento temporale molto ampio di
cui stiamo parlando (500 anni, 1.000
anni) e dalla carenza di dati sugli
eventi del passato più lontano. I
modelli ci forniscono il danno massimo probabile, ma le circostanze del
singolo evento posso produrre oneri
per sinistri enormi agli assicuratori.
Smolka: Dopo il terremoto di Tohoku
partiamo dal presupposto che esista
una più elevata probabilità di un
sisma di media intensità nella baia
di Tokyo.
Arnoldussen: E questo ha naturalmente effetti diretti sulle nostre trattative con i clienti per l’ammontare
del premio di rischio. Si pone a questo punto la domanda su che cosa si
dovrebbe fare sotto il profilo del business. Sono importanti tassi e condizioni contrattuali adeguati; con questi presupposti Munich Re continua a
mettere a disposizione la propria
capacità di sottoscrizione.
«Considerate le
drammatiche con­
seguenze abbiamo
bisogno di più
creatività e fantasia.»
Prof. Dr. Norio Okada
Scawthorn: Tutto ciò solleva due
questioni essenziali. Primo: io o la
mia azienda possiamo effettivamente sopravvivere a un evento dannoso? E secondo: posso trarre profitto da questo genere di business?
La prima domanda riguarda un
evento che minaccia l’esistenza e per
il quale bisogna accantonare delle
riserve in quanto assicuratore. Nella
seconda questione entrano in gioco i
modelli di probabilità, perché possono essere applicati in un’analisi
finanziaria dinamica o in un’analisi
costi-benefici per la corretta tariffazione. Ma torniamo alla prima
domanda: se si possa o meno sopravvivere a un evento. Solvency II
richiede riserve di capitale che sotto
il profilo statistico possono andare
esaurite al massimo una volta ogni
200 anni. Allora, se prendiamo 100
grandi compagnie, possiamo interpretare tale affermazione dicendo
che ogni due anni una compagnia
fallisce. È ovviamente un calcolo
ampiamente semplificato, ma non è
neppure del tutto assurdo.
Smolka:… giusto, anche se, riferito a
un certo scenario di evento, sarebbe
sopportabile anche un danno con un
tempo di ritorno di 500 o 1.000 anni.
E per quanto riguarda le centrali
nucleari?
Scawthorn: Nel mondo esistono
circa 500 centrali nucleari. Ognuna
di esse è esposta a un rischio di
1:1.000.000, vale a dire che si arriva
alla fusione del nocciolo una volta in
un milione di anni. In altre parole la
probabilità di occorrenza della
fusione del nocciolo è di 10–6. Sembrerebbe un rischio ridotto e accettabile. Ma di fatto ciò corrisponde a una
probabilità di 1:2.000 che da qualche
parte nel mondo si verifichi una volta
all’anno una fusione del nocciolo.
Queste centrali hanno una vita operativa di circa 20 anni, che solitamente viene prolungata di ulteriori
20. Avremmo quindi, calcolata una
vita operativa di 40 anni, una probabilità di 1/50 della fusione del nocciolo su 500 centrali nucleari. So che
sto semplificando troppo questi conteggi, la realtà è ben più complicata.
Ma cosa è avvenuto negli ultimi 32
anni? Ci sono già stati tre di questi
eventi: Three Mile Island nel 1979,
Černobyl nel 1986 e ora Fukushima
Daiichi nel 2011. Tutto questo calcolo
delle probabilità, 10–6, sembra fantastico, ma…
Smolka:… in una visione globale si
presenta ben diverso.
Scawthorn: Dopo questa catastrofe
mi è apparso subito chiaro che l’energia nucleare in Giappone ha i giorni
contati e questo semplicemente
MUNICH RE Topics Geo 2011
15
In primo piano
­perché il Giappone non si può permettere questo rischio. A mio modo
di vedere l’opinione pubblica giapponese, a parte qualche eccezione, lo
ha già capito. E nel frattempo il messaggio è approdato anche in diversi
Stati europei.
Okada: Considerate le drammatiche
conseguenze abbiamo semplicemente bisogno di più creatività e fantasia. Se si verifica una situazione in
cui lo Stato e la società sono prossimi al collasso, abbiamo bisogno
dell’input di tutti. È quindi di estrema
importanza coinvolgere scienziati di
diverse discipline, politici, autorità di
vigilanza e compagnie assicuratrici.
«L’industria assicura­
tiva potrebbe giocare
un ruolo maggiore.»
Dr. Ludger Arnoldussen
Vorrei toccare un altro punto: il ruolo
delle aziende. Ognuna deve necessariamente avere un piano di emergenza. Persino le aziende di Kyoto
hanno dovuto subire in misura notevole gli effetti di ciò che era avvenuto
nell’est del Giappone. Forse possono
modificare la loro strategia di approvvigionamento in modo da attivare
ulteriori catene di fornitura. A questo
scopo dovrebbero ad esempio chiarire anche la questione di come
comunicano con altre aziende al di
fuori del Giappone. Ne consegue, e di
questo sono fermamente convinto,
che abbiamo bisogno di un risk
management delle catastrofi altamente integrato.
Arnoldussen: Sono del medesimo
parere. Ho verificato che dopo il
­terremoto di Tohoku l’industria in
Giappone, ma anche in altre parti del
mondo, vede la questione con occhi
nuovi. Credo che molte aziende si
stiano dando da fare per diversificare
la propria catena di fornitura. Vorrei
tornare su qualcos’altro che Lei ha
citato, ossia la possibilità che uno
Stato collassi dopo un evento dannoso eccezionale. Ritengo che oggi,
alla luce dell’indebitamento degli
Stati, una tale ipotesi possa verificarsi con maggiore probabilità dato
16
MUNICH RE Topics Geo 2011
che lo Stato sopporta un grande
rischio: il rischio residuo. Per il Giappone abbiamo ad esempio stimato
che solo il 15% delle perdite economiche è coperto da assicurazione, il
resto andrà per la gran parte in capo
allo Stato. E per quanto riguarda la
percentuale del debito raggiunta nel
frattempo in molti Paesi, il collasso
economico non è forse poi così lontano. Siamo quindi dell’opinione che
le compagnie assicuratrici e riassicuratrici possano giocare un ruolo
­maggiore.
Scawthorn: Lei dice che l’industria
assicurativa potrebbe fare di più. La
mia domanda è: come? Stiamo
osservando in diversi Paesi che le
compagnie private non sono in grado
di colmare la lacuna e lo Stato deve
intervenire, ad esempio con strumenti come la California Earthquake
Authority (CEA), la Earthquake Commission (EQC) in Nuova Zelanda o il
Catastrophe Insurance Pool (TCIP) in
Turchia. In che modo quindi potrebbe
fare di più l’industria assicurativa
nell’ambito di questo approccio
integrato?
Arnoldussen: Il nocciolo del problema sta, a mio parere, nella con­
sapevolezza del rischio da parte
dell’opinione pubblica e anche dei
governi. Perché ci sono istituzioni
statali in California e in Nuova
Zelanda? Perché questa attività assicurativa può essere gestita in modo
efficiente se per i rischi si raggiunge
la base di copertura il più ampia pos-
sibile, e talvolta all’uopo può essere
d’aiuto un’assicurazione obbligatoria
o un’istituzione statale. Spesso poi i
riassicuratori assumono in retrocessione i rischi di queste autorità. A
mio modo di vedere dobbiamo cercare delle opportunità per aumentare
l’ampiezza della copertura, fosse
anche offrendo all’opinione pubblica
più stimoli o rendendola maggiormente consapevole dei rischi. Se
prendo ad esempio Munich Re, ma lo
stesso vale per alcuni altri grandi
riassicuratori: non abbiamo utilizzato
per il Giappone la nostra massima
capacità di sottoscrizione. Saremmo
stati dunque nelle condizioni di assumere in copertura un rischio maggiore, ma ciò non è avvenuto perché
la domanda, al livello dei premi da noi
richiesto, non era sufficientemente
elevata.
Okada: Vorrei tornare su un altro
punto. Per un risk management delle
catastrofi integrato tutte le parti interessate si devono coalizzare per
muoversi all’unisono. E per fare questo abbiamo bisogno di qualcosa che
definisco «management adattivo»
ossia un management con cui si
­reagisce in modo flessibile a nuove
conoscenze. Un esempio: si dichiara
innanzitutto che questo locale è per
non fumatori e poi, se funziona, si
vieta il fumo sul tutto il piano, poi
nell’intero edificio e alla fine in tutta
la città di Monaco. Propongo di
seguire questo approccio adattivo
nell’ottica di una riduzione dei danni
delle catastrofi future per verificare
In primo piano
se un metodo funzioni o meno. In
caso negativo, si tratta di trovarne il
motivo e di individuare come si possano sviluppare valide soluzioni
alternative. La mia domanda è
quindi: l’industria assicurativa e riassicurativa è interessata a sostenere
questo tipo di esperimento sociale?
Perché se questo approccio fosse di
qualche interesse per i riassicuratori
come Munich Re, c’è certamente una
lunga schiera di scienziati che proprio oggi sono interessati a un risk
management integrato e sono pronti
a collaborare con grande entusiasmo
con le compagnie di riassicurazione.
Arnoldussen: Ritengo che questo
sarebbe un interessante modo di
­procedere per risolvere il problema.
Smolka: Dopo la catastrofe mi sono
fatto una domanda: quali lezioni
posso trarre da questo evento in vista
di uno scenario analogo a Tokyo?
Scawthorn: Analogamente a quanto
avviene per la faglia Nord Anatolica,
dove singole zone fino a Istanbul
sono in tensione dinamica e ci attendiamo una megacatastrofe a Istanbul, anche nel terremoto di Tohoku vi
sono tensioni dinamiche in tre grandi
aree fino in prossimità di Tokyo, e
quindi attualmente esiste un rischio
sensibilmente maggiore di un sisma
a Tokyo. Non è particolarmente rilevante se avrà magnitudo 8 come il
terremoto del 1923 o solamente 7
subito al di sotto della città. In ogni
caso sarà una catastrofe, ne siamo
assolutamente convinti.
Smolka: Qual è la situazione della
qualità costruttiva dei grattacieli?
Scawthorn: In Giappone gli edifici
vengono abbattuti e sostituiti da
nuovi con maggiore frequenza che
nella maggior parte degli altri Paesi.
Una tendenza che si è incrementata
dopo il terremoto di Kobe, allorché i
giapponesi hanno compreso che le
loro vecchie case tradizionali erano
molto vulnerabili. Da allora molti
hanno costruito nuove case, ma a
Tokyo ve ne sono ancora di vecchie e
ci saranno danni ai fabbricati…
Smolka:… per la liquefazione del
­terreno…
Scawthorn:… in particolare nella
parte orientale della città, nell’area
attorno al fiume Sumida. Qui si spezzeranno le condutture principali del
gas e dell’acqua. Prevedo numerosi
incendi nelle raffinerie di tutta la baia
di Tokyo e spaventosi incendi in città,
sebbene i vigili del fuoco della capitale
nipponica siano il corpo più grande del
mondo ed estremamente efficiente.
Ma ipotizzo che saranno semplicemente sopraffatti dalle richieste di
intervento. Come si presenterà la
situazione dipende naturalmente
anche dal vento e dalle condizioni
meteorologiche; la notte del 1° settembre 1923 era caldo, secco e molto
ventoso. Ma se la giornata non è calda
e ventosa, bensì fredda e piovosa la
cosa può prendere tutt’altra piega.
Zschau: Vorrei tornare nuovamente
su quanto il prof. Okada ha detto a
proposito di un approccio integrato:
cosa sarebbe andato diversamente,
se fossero state disponibili le migliori
conoscenze? A mio parere è una cosa
difficile da valutare.
«380.000 persone
sono state salvate. Un
risultato eccellente!»
Dr. Charles Scawthorn
Scawthorn: Se qualcuno fosse stato
in grado di dire che garantiva che
­l’indomani alle ore 14 si sarebbe verificato questo evento con onde alte
tanto e così via, cosa sarebbe cambiato? Cosa sarebbe cambiato sul
fronte dei danni? È probabile che si
sarebbe stati nella condizione di evacuare alcune delle 20.000 persone
che sono morte. In realtà l’allarme e
l’evacuazione hanno funzionato ottimamente. Vi erano 400.000 persone
in pericolo e ne sono state salvate
380.000, un risultato eccellente. Ma
non si sarebbe potuto spostare gli
edifici, non si sarebbe potuto erigere
nella notte argini a protezione della
costa. Sul fronte dei danni materiali
non sarebbe cambiato poi molto.
L’approccio integrato è un approccio
a lungo termine che deve includere
anche la pianificazione dello sfruttamento del territorio. Deve ricondurre
a un insieme omogeneo le procedure
di costruzione, quelle legate all’urbanistica, quelle produttive e quelle di
trasferimento del rischio.
Zschau: Da quanto ho sentito, il
sistema di preallarme sismico ha
­fornito i primi dati otto secondi dopo
la prima onda P, ovvero 31 secondi
dopo il terremoto. L’indicazione della
magnitudo era troppo bassa, ma era
la prima informazione pubblica. E si
stima che questo allarme abbia salvato molte vite. Ma alcuni tra quelli
che hanno udito l’allarme non si sono
rifugiati a una quota abbastanza elevata, perché non contavano che lo
tsunami fosse così violento. In tal
senso quest’informazione è stata
fuorviante e le cose sarebbero andate
probabilmente meglio, se fossero
MUNICH RE Topics Geo 2011
17
In primo piano
state disponibili informazioni corrette sulla magnitudo alcuni minuti
prima.
questo tipo sono un esempio evidente di ciò che abbiamo imparato
da Kobe.
«Dobbiamo perse­
guire con più energia
lo sviluppo degli sce­
nari worst case.»
Smolka:… e per quanto riguarda
Fukushima?
Prof. Dr. Norio Okada
Scawthorn: Un sistema di preallarme è qualcosa di fantastico e se
siamo in grado di realizzarlo, è uno
dei massimi contributi della scienza
alla prevenzione di questo rischio.
Okada: Sotto questo profilo abbiamo
riscosso molti successi. In alcune
aree il sistema di preallarme e le
esercitazioni per le catastrofi hanno
funzionato bene. Diciamo spesso che
ora abbiamo un evento reale da cui
dobbiamo trarre insegnamento. Ciò
che dobbiamo perseguire con grande
energia è lo sviluppo degli scenari
worst case.
Scawthorn: Il governo giapponese si
dedica a questo tema con grande
attenzione; in tutto il mondo sono
pochi coloro che si confrontano
seriamente con questo tema e il
Giappone è leader in questo campo.
Vi sono molte lezioni da cui imparare
e credo che prima di tutto i giapponesi cerchino di trarre per primi insegnamenti da queste lezioni.
Okada: Esatto. Lo si può forse descrivere in due modi diversi. Da un lato si
valuta il comportamento del governo
e dall’altro ci si chiede cosa avremmo
potuto fare meglio. Ciò che ha funzionato molto bene, ad esempio, è
stata la Protezione Civile, che è stata
mobilitata immediatamente e ha
svolto un eccellente lavoro anche a
Fukushima. Sono le migliori lezioni
che abbiamo imparato dal terremoto
di Kobe. E hanno lavorato assai bene
anche le organizzazioni non governative. Questa volta è stato organizzato
una sorta di coordinamento centralizzato, che ha effettuato i primi passi
per una gestione integrata delle
emergenze e ha organizzato lo scambio di informazioni. Dinamiche di
18
MUNICH RE Topics Geo 2011
Okada: In effetti, la catastrofe nucleare ha messo in evidenza che prendere decisioni in modo rapido a
livello centrale non è uno dei punti di
forza del nostro Paese. Ci dovrebbe
essere un’altra autorità accanto a
quelle che hanno la responsabilità
politica del Paese. A mio parere da
noi c’è ancora carenza di una prassi
corrispondente o di una cultura politica e in particolare di una cultura
della gestione delle emergenze. In
questa vicenda si è forse speso
troppo tempo per mettere in contatto
e per organizzare in modo integrato
le diverse parti coinvolte, il che può
essere veramente sconcertante.
Questa volta abbiamo dovuto necessariamente collaborare con altri
Paesi e siamo veramente riconoscenti all’aiuto internazionale nell’organizzazione. Ma il Giappone continua ad avere dei problemi con quello
che io chiamo management adattivo.
Passa sempre molto tempo prima
che modifichiamo le leggi; e quando
una legge è varata non la vogliamo
più cambiare. A proposito, l’opera di
ricostruzione è una fatica di Ercole…
Smolka:… e richiede un approccio
partecipativo…
Okada:… che ancora non abbiamo.
Questo è uno dei motivi per cui non
ha funzionato. Abbiamo già avuto
altre volte terremoti e tsunami in
questa regione e ogni volta qualcuno
ha detto: «Dobbiamo portare le persone a quote più alte». All’inizio lo si
è fatto e in alcune aree ha anche funzionato, in molte altre no. È qui che ci
serve un management adattivo, per
portare le persone a proseguire sulla
giusta strada. Dovrebbe avvenire gradualmente e le persone dovrebbero
essere coinvolte ogni volta. Non so se
ce la faremo, ma se ci riuscissimo
sarebbe un successo enorme per la
ricostruzione.
Smolka: Credo che questo tipo di
problema esista ovunque, non solo
in Giappone. Dopo una catastrofe
vengono prese molte decisioni, ma le
persone ne vengono semplicemente
tagliate fuori, in particolare quelle
direttamente interessate.
Scawthorn: D’altro canto ci sono le
esperienze fatte con il terremoto di
Kobe. Nel 1995 era di stanza a Nishinomiya, proprio nelle vicinanze di
Kobe, una divisione delle forze armate
di autodifesa. Ma i soldati non si sono
messi in moto perché il governo centrale non aveva impartito alcun ordine.
I giapponesi hanno imparato da questa lezione. Sono stato in visita dal
generale di corpo d’armata Watanabe, comandante dell’esercito del
nordest, e anche dal direttore regionale del Ministero dei trasporti competente per Tohoku. Come hanno
messo in evidenza il generale Watanabe e i suoi ufficiali, nel frattempo la
situazione giuridica e la politica delle
forze armate di autodifesa sono state
adeguate, cosicché questa volta i
militari si sono mossi autonomamente subito dopo il verificarsi
dell’evento.
Smolka: È difficile pianificare la sfida
che deriva da un evento inatteso,
anche quando il piano è perfetto.
Voglio dire: se si fosse saputo di più,
si sarebbe potuto prevedere un sisma
di magnitudo 9 e uno tsunami conseguente, forse addirittura Fukushima.
Ma quando si pensa a uno scenario
per Tokyo, la situazione potrebbe
presentarsi del tutto diversa.
Scawthorn: Degli eventi si può dire
che sono imprevisti, prevedibili, previsti, già descritti o annunciati. Sono
forse cavilli semantici, ma questi
aggettivi implicano una crescente
delimitazione geografica e temporale. Per il terremoto di Tohoku si è
trattato di qualcosa che era già stato
effettivamente descritto nella letteratura specialistica. Un ulteriore esempio di qualcosa che era già stato
descritto prima che si verificasse è
Katrina; era l’articolo di testa del
National Geographic sei mesi prima
della catastrofe. L’articolo di testa! E
San Francisco? Cinque mesi prima
del terremoto del 1906 il National
Board of Fire Underwriters di San
Francisco preannunciò che sarebbe
sopraggiunto un sisma simile e che
non si sarebbe potuto evitare l’incen-
In primo piano
dio di post impatto. Il punto dolente
è: come possiamo riconoscere le
incognite davvero ignote? Come possiamo prevedere l’imprevedibile?
Come trasformiamo l’imprevedibile
in qualcosa di prevedibile? Dobbiamo
usare la fantasia. La letteratura è
zeppa di racconti e romanzi che poi
sono divenuti realtà. Prendete il
romanzo L’ora del leone di Nelson
DeMille, in cui vengono previsti gli
attacchi dell’11 settembre; nel
romanzo si parla di un attacco
al Campidoglio con un 747, ma per
il resto è tutto previsto.
Zschau: Per quanto riguarda la
­fantasia sono d’accordo con Lei. La
fantasia sta solitamente alla base del
lavoro scientifico. Ma con la sola
­fantasia non si riesce a convincere
nessuno, per farlo ci vogliono prove…
Scawthorn:… e quelle ci sono…
Zschau: Giusto, la paleosismologia
diviene sempre più importante. Ci
consegna le prove di cui abbiamo
bisogno oltre alla fantasia per ottenere più informazioni su questi
grandi eventi molto rari.
Smolka: Per riassumere ancora una
volta tutti gli aspetti toccati in questo
incontro: quali sono le lezioni più
importanti che ci vengono da questa
catastrofe?
Arnoldussen: Per me un aspetto rilevante, che è già stato toccato, è la
questione di quanto siano credibili i
modelli e di come dovrebbero essere
utilizzati nel nostro business. I modelli
forniscono forse la migliore stima
possibile, ma la realtà si presenta
sempre diversa e ritengo che questo
evento abbia messo le cose nella giusta luce. Un altro punto sono le interrelazioni dell’economia mondiale e le
connessioni tra catene di fornitura e
mercati finanziari. Il terzo punto è il
fatto che ci avviciniamo ai limiti delle
prestazioni dello Stato come ultima
istanza risarcitoria. Credo che ci
siano dei limiti economici in tal senso
e noi cerchiamo di individuare come
riassicurazione e assicurazione possano ampliare tali confini economici,
sostenendo i governi o liquidando i
sinistri.
«Quanto sono credi­
bili i modelli e come
dovrebbero essere
utilizzati nel nostro
business?»
Dr. Ludger Arnoldussen
Okada: La prima lezione per me è
questa: certe lezioni vengono «disimparate». È un assunto che vale sempre
e ovunque. Le lezioni vengono dimenticate o appartengono a quelle cose
che vengono necessariamente dimenticate e quindi gli errori si ripresentano. Ma per questo c’è bisogno di
nuove conoscenze. Ho citato ad esempio il fatto che nel Giappone orientale
si è già sofferto più volte per simili
accadimenti. E adesso di nuovo. In
quest’ottica le lezioni non sono state
imparate bene e si pone la domanda
del perché ciò sia accaduto. Ci sono
numerose lacune, ad esempio questioni di responsabilità che devono
essere chiarite, altrimenti si fanno le
cose solo quando sono scritte sulla
carta. Se Tokyo venisse colpita da
un terremoto, anche se avesse magnitudo 7, le conseguenze sarebbero
enormi. La metropoli verrebbe paralizzata in un modo che non è stato
­previsto, ma che forse è prevedibile.
Scawthorn: La prima lezione è che il
calcolo delle probabilità ha dei limiti.
E questi limiti stanno nella considerazione che le minacce esistenziali
devono essere trattate diversamente.
Per essere chiaro: se vediamo il
rischio come una «conseguenza» che
si verifica con un determinato grado
di probabilità, è indifferente quanto
sia basso tale grado; se la «conseguenza» è illimitata, sarà illimitato
anche il rischio. E in tal senso l’energia nucleare è un rischio «semi-illimitato» per molte ubicazioni. A mio
modo di vedere in Giappone si affermerà l’opinione che il Paese semplicemente non si può permettere
l’energia nucleare. Credo che anche
altri Paesi arriveranno a questa conclusione. Una seconda lezione è che
la riduzione del rischio di catastrofi è
una questione a lungo termine e
richiede un approccio integrato che
combini misure di riduzione a livello
costruttivo, urbanistico, produttivo e
finanziario.
Zschau: Secondo me la prima
lezione è che la catena dei rischi di
una catastrofe è un fenomeno altamente complesso in cui si manifestano numerose interazioni reciproche non soltanto nel sistema della
natura, ma anche in quello creato
dall’uomo. Ciò richiede da una parte
una nuova concentrazione su una
ricerca interdisciplinare e dall’altro la
creazione di nuove e più efficienti
partnership di gestione del rischio tra
Stato ed entità economiche private.
La seconda lezione sta nel fatto che,
come già accennato, malgrado i geofisici abbiano fatto consistenti progressi dopo il terremoto nell’oceano
Indiano, questo sisma di Tohoku ha
messo in evidenza i limiti delle nostre
conoscenze. Sono poi d’accordo con
il Dr. Scawthorn sul fatto che dobbiamo riflettere su procedure migliori
per la valutazione dei rischi e che
forse non basta la valutazione dei
rischi basata sulla probabilità. E la
terza è che questo sisma deve essere
visto su un piano assolutamente globale; esso ha messo in evidenza
come il rischio terremoto stia diventando sempre più un rischio internazionale. Ciò richiederà secondo me
una migliore e più intensa collaborazione a livello mondiale sul lungo
periodo.
Smolka: Come Lei ha riassunto, il
terremoto di Tohoku ci ha mostrato le
lacune delle nostre conoscenze, la
nostra imperfezione, ma al contempo
ci ha indicato delle vie per venire a
capo di situazioni simili, vie che si
spera percorreremo al presentarsi di
casi futuri. Grazie!
MUNICH RE Topics Geo 2011
19
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Il terremoto di
­Christchurch, Nuova Zelanda
Pochi mesi dopo il terremoto di Darfield del 2010 la
piana di Canterbury è stata investita da una nuova
catastrofe. Il 22 febbraio 2011 un sisma di magnitudo
Mw 6,1 colpisce la regione attorno a Christchurch. Il
bilancio: 181 morti e gravi danni nel centro cittadino e
nei sobborghi. Puntualmente riaffiorano i soliti pressanti interrogativi: Le norme edilizie sono all’altezza?
La gente è ben preparata?
Marco Stupazzini
La serie di terremoti iniziata nel settembre 2010 viene
definita sequenza sismica di Canterbury. A inaugurarla
il 4 settembre 2010 è un forte terremoto di magnitudo
Mw 7,0 (quello cosiddetto di Darfield), seguito da
migliaia di repliche. Più di cinque mesi dopo, il 22 febbraio 2011 alle 12.51 ora locale, un altro sisma di magnitudo Mw 6,1 (detto di Lyttelton) colpisce Christchurch
e i sobborghi; con 400.000 abitanti Christchurch è la città maggiore nell’isola meridionale della Nuova
Zelanda. Il 13 giugno 2011 si verifica nei pressi del sobborgo di Sumner un terremoto di magnitudo Mw 5,9
che provoca una vittima e ulteriori danni materiali a
Christchurch e Lyttelton. Il 23 dicembre la terra torna
a tremare. Quattro sismi di magnitudo compresa tra
Mw 5,0 e 6,0 scuotono la costa orientale nelle vicinanze di New Brighton. Come con gli altri terremoti si
verificano fenomeni di liquefazione del terreno e
movimenti di masse sulla costa.
Il sisma del 22 febbraio costituisce una della maggiori
catastrofi naturali nella storia della Nuova Zelanda:
181 persone perdono la vita e ca. 2.000 rimangono
ferite; decine di migliaia di edifici, già indeboliti dal
terremoto di Darfield e dalle repliche successive, sono
gravemente danneggiati.
.
Il centro città di Christchurch era ridotto a un
ammasso di macerie.
MUNICH RE Topics Geo 2011
21
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Causa del fenomeno è un sovrascorrimento obliquo al
confine tra la placca Australiana e quella Pacifica a
non più di 6 km dal centro città. La sequenza sismica
si è verificata lungo un sistema di faglie posizionato
sotto i sedimenti della piana di Canterbury, fino a quel
momento sconosciuto.
Negli ultimi 10 anni erano state effettuate diverse prospezioni sismiche in quella zona, ma nulla aveva mai
fatto sospettare che proprio lì si sarebbe verificato a
breve un grande terremoto. Considerando gli effetti e le conseguenze del sisma, emergono due aspetti
­particolarmente rilevanti per l’interpretazione del
modello di danno: l’intensità estremamente elevata
dello scuotimento sia orizzontale che verticale del
suolo e gli estesi fenomeni di liquefazione in ampie
zone della città.
Alla forza delle scosse hanno contribuito diversi fattori:
−−La distanza dall’ipocentro: il margine superiore della
faglia attivata durante il terremoto di Lyttelton si
trovava a bassa profondità e a 6 km dal centro della
città; la linea di frattura di Darfield terminava a
ca. 20 km dal centro.
−−L’effetto di direttività: le onde sismiche tendono a
sovrapporsi nella direzione in cui si propaga la rottura della faglia, circostanza che può produrre una
forte amplificazione.
−−Suolo soffice ed effetto di bacino: nel sottosuolo di
Christchurch sono presenti profondi depositi sedimentari (600–1.200 m fino al letto roccioso).
Per valutare la performance sismica di edifici e infrastrutture bisogna considerare la sequenza del
2010/2011 in relazione alla filosofia e agli obiettivi
delle attuali norme edilizie antisismiche.
Il crollo degli edifici ha avvolto Christchurch in
una densa nube di polvere.
A sinistra: le onde sismiche possono indurre
nel terreno sollecitazioni capaci di annullarne
la stabilità e provocarne la fluidificazione, con
conseguente affondamento di veicoli ed edifici.
A destra: fuoriuscita di acqua mista a sabbia e
formazione di «vulcanelli» (sand boil), una delle
manifestazioni caratteristiche della liquefazione del suolo, che ha prodotto danni a numerose costruzioni.
22
MUNICH RE Topics Geo 2011
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Una distinzione fondamentale relativa ai requisiti
­ restazionali degli edifici è quella tra stato limite di
p
danno e di collasso. Il primo si applica agli eventi di
frequenza relativamente alta e prescrive che l’edificio
debba conservarsi pienamente efficiente e abitabile. Il secondo invece riguarda gli eventi meno frequenti
(p. es. con un tempo di ritorno di 475 anni, come prescritto generalmente dai codici edilizi), che sono
suscettibili di causare danni ma di gravità non abbastanza elevata da provocare il crollo dell’edificio.
Movimenti del suolo come quelli osservati durante il terremoto in febbraio hanno un tempo di ritorno di 2.500 anni secondo il codice antisismico e sono
quindi nettamente più forti di quelli considerati nel
corso della progettazione degli edifici di Christ­church.
L’edificato cittadino è inoltre piuttosto datato. Gli
­edifici storici e quelli realizzati prima dell’entrata in
vigore delle norme antisismiche, specialmente in centro città, avevano una bassa resistenza al terremoto.
Danneggiamento di gravità inaudita
Nel sisma di Lyttelton ha stupito l’eccezionale entità
del danneggiamento: numerosi fabbricati con murature non rinforzate hanno subito gravi danni o sono
crollati; sono collassati anche due grattacieli in
cemento armato, uno ospitava la Canterbury Television (CTV) e l’altro il gruppo finanziario Pyne Gould
Corporation; in altri edifici in cemento armato (grattacielo Forsyth-Barr e Grand Chancellor Hotel) hanno
ceduto scale, pilastri e pareti.
Gli estesi fenomeni di liquefazione del terreno nel
centro e nei sobborghi orientali hanno provocato
movimenti laterali delle fondazioni e cedimenti del
suolo o l’inclinazione dei fabbricati.
La sequenza sismica di Canterbury ha fatto emergere
numerosi interrogativi sulla valutazione della pericolosità e del rischio nonché sulla percezione del rischio
in generale. Di seguito sono elencati alcuni punti fondamentali:
−−Cluster sismici e repliche: la sequenza sismica di
Canterbury è uno dei rari casi al mondo in cui una
replica o comunque un terremoto indotto (Lyttelton
2011) ha provocato danni maggiori rispetto all’evento
principale che l’ha preceduto (Darfield 2010). Sarà
necessario verificare come il trasferimento dello
stato di sforzo e l’attività delle repliche possano
essere integrate nei modelli probabilistici di rischio,
ma anche quanto siano probabili tali «clustering» di eventi in ambito mondiale. Se oggi si ripetesse la
serie di terremoti di New Madrid del 1811/12 (di cui
nel dicembre 2011/gennaio 2012 ricorreva il bicentenario) il danno assicurato raggiungerebbe un
importo a due–tre cifre in miliardi di dollari.
−−I terremoti in serie complicano non solo la modellizzazione sismica, ma anche l’attività di ricostruzione,
che necessariamente si svolge in condizioni di
estrema insicurezza.
−−L’intera sequenza sismica e in particolare il terremoto di Lyttelton rientrano fra gli eventi estremamente rari. Le indagini geologiche hanno mostrato
che gli ultimi movimenti del sistema di faglie riattivatosi con questa sequenza datavano a più di
10.000 anni fa. Il modello sismico neozelandese
quantifica correttamente la probabilità di occorrenza ma non l’impatto dannoso di un simile fenomeno. Questi eventi di elevata rarità pongono progettisti e risk manager di fronte a sfide del tutto
particolari.
−−Deformazione e liquefazione del terreno: il rischio di
liquefazione nella piana di Canterbury era già noto,
ma l’estensione del fenomeno, che ha interessato
vari chilometri quadrati soprattutto durante il sisma
di ­Lyttelton, ha suscitato sorpresa e induce a chiedersi in quali altre regioni potrebbero verificarsi
eventi simili.
−−Vulnerabilità: volendo trarre conclusioni per altri
scenari sismici in Nuova Zelanda, e in particolare
per la regione di Wellington, va considerato che
quest’ultima è senz’altro meglio preparata al terremoto rispetto a Christchurch. Ciò trae origine da un
rigoroso programma di risanamento con cui, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, l’edificato
vulnerabile è stato rinforzato o rimpiazzato. D’altra
parte la magnitudo massima possibile è maggiore a
Wellington, dove l’omonima faglia corre proprio
lungo il confine del centro cittadino.
MUNICH RE Topics Geo 2011
23
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Pyne Gould
AreediChristchurch(ingrandimentodelCentralBusinessDistrict)incuisisonoosservati
fenomenidiliquefazionedelterrenoincoincidenzaconiterremotidel4settembre2010
nonchédel22febbraioedel13giugno2011
cattedrale
CTV
Grand Chancellor
Liquefazionedelterrenodel4settembre2010
Liquefazionedelterrenodel22febbraio2011
Liquefazionedelterrenodel13giugno2011
Faglia(nascosta)
Mw 7,0 04.09.10
Mw 5,9 13.06.11
Lascossaprincipaledel4settembre2010ele
duemaggiorireplichefinoalgiugno2011
Mw 6,1 22.02.11
Epicentro
Faglia(nascosta)
FagliadiGreendale
N
0 5 10
24
MUNICHRE TopicsGeo2011
20
chilometri
Fonte: Munich Re secondo i dati di GNS
Science e Misko Cubrinovski, University of
Canterbury, Christchurch
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Liquidazione forfetaria dei danni minori
Conclusioni
Ancheinambitoassicurativo,comenellascienza,
nell’ingegneriaenellavalutazionedelrischio,la
sequenzasismicadiCanterburyhaportatoconsé
nuoveconoscenzeenuoviinterrogativi:
−Numerodeisinistrieattribuzionedeidanni:laliquidazionedeibenoltre600.000sinistrihainevitabilmentecomportatodeiritardi,nonostantel’enorme
sforzodellaEarthquakeCommission(EQC)edegli
assicuratoriprivati,esebbeneesistessegiàun
pianod’emergenzaanteriorealterremoto.L’attribuzionedisingolidanniaspecificieventidellaserieè
stataspessodifficile,laddovegliedificieranostati
colpitinonunamapiùvolte.
−L’elevatonumerodisinistrihaportatonecessariamentealiquidazioniforfettarieperidanniminori.
−L’inaccessibilitàdelcentrocittadino,duratasvariati
mesi,harappresentatounulterioreostacoloalla
liquidazionedeisinistri.
−L’ampiezzadeifenomenidicedimentooliquefazionedelterrenohaprovocatounnumeroinusitatamentealtodiperditetotalichehannosuperatoil
valoreassicuratoaprimorischioassolutodelle
polizzeEQC,andandodiconseguenzaainteressarele
copertureavaloreinterooffertedalmercatoprivato.
−Ilquadrosièulteriormenteaggravatoquandola
CanterburyEarthquakeRecoveryAuthority(CERA)
hadichiaratoinagibilialcuniquartiericheincludevanoancheedificinoncompletamentedistrutti.Gli
immobiliinquesteareesonostatiacquistatidalla
CERA,acuisonostatitrasferitiancheidirittiassicurativi.LaCERAsiadopereràperotteneredagli
assicuratoriindennizziilpiùpossibileelevatiperi
proprietariespropriati.
IlterremotodimagnitudoMw6,1cheil22febbraio
2011hacolpitolacittàdiChristchurchhaacuitola
consapevolezzadelrischioedatovoceallerichieste
perunsistemadicostruzionedegliedificieconomicamenteefficientecheincasodifortesismanonassicurisololasopravvivenzadegliabitanti,mapossa
ancheminimizzareidannimateriali.Devequindi
esseresviluppatounmodelloprogettualechepermettadiaumentarenelleareeinteressatelaresistenzadellestruttureaquestotipodieventietale
modellodovràesserecontenutonellaprossimagenerazionedicodiciantisismici.
Oltrealleconsiderazionidicarattereingegneristicola
sequenzasismicadiCanterburyeinparticolareilterremotodelfebbraio2011hannofattoemergerenumerosiinterrogativisullavalutazionedellapericolositàe
delrischioesullasuaapplicazionenelriskmanagementenellatecnicaassicurativa.Laduratadella
«crisisismica»,tuttoraincorso,rappresentaunproblemanonindifferentetantoperlaricostruzione
quantoperlapraticaassuntiva.Pianidiemergenza
efficientiingradodigestirecentinaiadimigliaiadi
sinistri,oltreachiarezzaetrasparenzadellecondizionidiassicurazioneedeiprocessidiliquidazione,
sonopresuppostinecessariinsituazioniincuigli
interventidelsettoreassicurativoprivato,delpiano
assicurativostataleedelloStatostessosonostrettamenteconnessifraloro.Eventicomequellodel22
febbraio,dovelacombinazionedifattoriavversiha
provocatoaltissimeperdite,sonoinognicasomolto
rari.Trarrededuzionidivaloregeneraledaunevento
cosìunicorappresentaunasfidainterminidivalutazionedelrischio,riskmanagementeassicurazione.
−L’accidentalitàdeldanno,unodeiprincipifondamentalidell’attivitàassicurativa,nonèpiùapplicabilenellasituazioneattuale.Nessunopuòdire
quandoquestasequenzasismicasiconcluderà.
NellaregionesonopossibilialtriterremotidimagnitudoMw6,0osuperiore,chepotrebberoanchedanneggiareareefinoramenocolpite.Laquotazione
delrischiononpuòprescinderedaquestodato.
IL NOSTRO ESPERTO:
Bilancio dei danni del terremoto del 22 febbraio 2011
Morti
181
Feriti
2.000
Dannicomplessivi
16mldUS$
Danniassicurati
13mldUS$
Casedistrutteodanneggiate
Ildott.MarcoStupazzinièconsulente
perrischiosismicoealtririschinaturali
nelsettoreSottoscrizioneaziendale/
Gestionerischiodiaccumulazione/
Georischi.
[email protected]
10.000
MUNICHRE TopicsGeo2011
25
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Inondazioni:
l’acqua sommerge Australia,
Stati Uniti e Thailandia
Le grandi catastrofi sismiche ci hanno fatto un po’ dimenticare che il 2011 è stato anche
un anno di pesanti alluvioni. Precipitazioni ben oltre la media, talvolta durate mesi, hanno
alimentato inondazioni che non si ricordavano da decenni.
Wolfgang Kron
Queensland, Australia: già nel dicembre 2010 la
regione è battuta da violente precipitazioni e poco
prima della fine dell’anno segue una nuova serie di
eventi piovosi intensi che si protrae fino a metà gennaio. Si verificano inondazioni improvvise, la più grave
delle quali il 10 gennaio nella cittadina di Toowoomba
con 22 morti: gli invasi si colmano con estrema rapidità,
i fiumi si ingrossano. Brisbane, metropoli di due milioni
di abitanti, è investita da un’onda di piena del fiume
omonimo, come già accaduto nel 1974. L’intero Commercial District del centro cittadino viene sommerso
da metri d’acqua. La Protezione Civile, gli abitanti e i
commercianti lottano per due settimane contro i flutti.
Tirate le somme, il danno complessivo provocato dagli
eventi di dicembre e gennaio si aggira sui 7,3 mld US$,
per un terzo (2,4 mld US$) assicurati. Il peggio è appena
passato quando dal Pacifico il ciclone Yasi, di categoria 4, fa rotta verso il Queensland. Stavolta però la
­fortuna viene in soccorso di Brisbane: la tempesta fa
landfall alcune centinaia di chilometri a nord della
città e rovescia il suo carico di pioggia su una zona in
gran parte disabitata. I danni raggiungono comunque
i 2,5 mld US$, di cui 1,3 assicurati.
Anche se non è vero che viene inondata un’area
grande come Francia e Germania, come riportano
molti media, ma piuttosto che le inondazioni sono
distribuite su un territorio di quelle dimensioni, il
fenomeno assume proporzioni enormi. Le precipitazioni eccezionalmente forti, che si protraggono per
varie settimane, però non stupiscono perché la stagione delle piogge in Australia si era preannunciata al
di sopra della media a causa del fenomeno climatico
La Niña; inoltre la temperatura del Pacifico occidentale al largo dell’Australia tra fine 2010 e inizio 2011
era la più elevata di sempre. Cerano dunque i migliori
presupposti per una forte evaporazione e quindi un
elevato contenuto di vapore acqueo nelle masse d’aria
dirette verso la terraferma.
26
MUNICH RE Topics Geo 2011
Stati Uniti: in maggio e giugno 2011 il Mississippi
e alcuni dei suoi grandi affluenti sono in piena e
raggiungono livelli idrometrici come non se ne ricordavano da decenni. I danni sono elevati (a una cifra in
miliardi di dollari), ma tutto sommato limitati, considerata la dimensione del fenomeno. Uno dei motivi
principali sta nel sistema di gestione delle piene adottato in passato dagli Stati Uniti e nettamente migliore
rispetto a quello della maggior parte degli altri Paesi.
Grazie a interventi di evacuazione della piena all’inizio
dell’estate 2011 non vengono sommerse in modo
incontrollato vaste regioni come altrove, ma solo territori predefiniti con concentrazioni di valori economici
relativamente modeste. Nella nostra pubblicazione
Schadenspiegel 2/2011 è contenuto un articolo dettagliato sulla piena del Mississippi (www.munichre.com/
publications/302-07079_it.pdf).
La piena del fiume Brisbane ha allagato vaste
aree dell’omonima città.
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Thailandia
Il vasto bassopiano del fiume Chao Phraya, che attraversa il Paese da nord a sud, rappresenta il cuore e la
principale area agricola nazionale. A poca distanza
dalla foce nel golfo di Thailandia il corso d’acqua attraversa la metropoli di Bangkok, popolata da 7 milioni di
abitanti, a cui se ne sommano altri 5 nell’hinterland.
L’evento catastrofico del 2011 ha interessato principalmente questa regione, fonte del 40% del prodotto
interno lordo thailandese; ma anche in altre aree del
Paese nonché in Cambogia, Laos e Vietnam si sono
verificate gravi inondazioni.
Mesi di pioggia
Nella Thailandia centrale la stagione delle piogge
dura da metà maggio fino a ottobre. Il monsone sudoccidentale porta aria calda e umida con precipitazioni diffuse che al più tardi si originano a ridosso
delle montagne. Nelle annate standard si raggiungono così dai 1.000 ai 1.300 mm di pioggia, grossomodo l’80% della media annuale. Si ritiene che nel
2011 La Niña abbia giocato anche qui un ruolo essenziale, rendendo il monsone particolarmente intenso
e incrementando le precipitazioni in Asia meridionale
e sud-orientale.
In marzo in Thailandia settentrionale è già caduto più
del triplo (3,5 volte) della normale quantità di pioggia,
causando varie inondazioni improvvise in montagna e
il riempimento delle dighe di Bhumipol e Sirikit. In
maggio con l’arrivo del monsone estivo si susseguono
vari mesi di precipitazioni nettamente superiori alla
media.
Le alluvioni più violente si verificano però solo quando,
alla fine di luglio, il tifone Nock-ten tocca terra nel
nord del Vietnam, sommergendo letteralmente di
pioggia l’intera regione fino alla Thailandia settentrionale. Le inondazioni improvvise si moltiplicano. Nei due
mesi successivi gli allagamenti si estendono verso sud
anche perché si rende necessario sempre più spesso
aprire i due grandi sbarramenti per evitare la tracimazione, vanificando così gran parte della loro funzione
di protezione contro le piene. Da tutto il settentrione
thailandese grandi masse d’acqua affluiscono nel Chao
Phraya. A metà settembre quasi tutte le aree pianeggianti della Thailandia centrale fino al confine nord
della città di Bangkok sono inondate. Le paratoie nei
punti di derivazione dei canali d’irrigazione che non
sono già state divelte vengono aperte e le masse d’acqua si riversano nelle risaie, nei paesi e nelle città.
Nakhon Sawan, alla confluenza dei due rami Ping e
Nan del Chao Phraya, è sommersa in breve tempo.
Anche l’antica capitale Ayutthaya con i suoi splendidi
templi viene invasa dall’acqua, come peraltro vari
­parchi industriali. Per la capitale Bangkok queste
esondazioni rappresentano tuttavia un vantaggio
­perché appiattiscono l’onda di piena.
A fine ottobre il livello degli invasi è talmente alto da
obbligare i gestori a scaricare grandi masse d’acqua per
mettere in sicurezza le dighe: una misura che aggrava
la situazione a valle degli sbarramenti e accresce il
rischio per Bangkok e le numerose zone industriali
nella piana del Chao Phraya. Nonostante il lavoro febbrile per innalzare, riparare e sopraelevare le barriere
di sacchi di sabbia, l’acqua invade 32 dei 50 distretti
della capitale e a 2 milioni di persone viene ordinato di
lasciare le proprie abitazioni. Si salva invece il centro
di Bangkok con la zona commerciale.
Eccesso di precipitazioni
in mm
+200
0
–200
marzo–aprile
maggio–giugno
In tutti i bimestri da marzo a ottobre è caduta
nel nord della Thailandia una quantità di pioggia molto superiore alla media a lungo termine
del rispettivo periodo. L’eccedenza di precipitazione ha raggiunto talora i 1.000 mm.
luglio–agosto
settembre–ottobre
Fonte: Munich Re secondo dati del Thai Meteorological Department, analizzati da Saman
Prakarnrat
MUNICH RE Topics Geo 2011
27
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Ai primi di novembre l’acqua, a partire da nord, inizia
lentamente a ritirarsi; la valle del Chao Phraya ha
però una pendenza minima e per prosciugare alcune
aree bisogna ricorrere alle pompe. Solo verso la fine
dell’anno il fenomeno può dirsi terminato.
Le inondazioni non hanno colpito solo la regione del
Chao Phraya: la battaglia contro la piena, spesso vana,
ha interessato 64 delle 76 province tailandesi. Ad
esempio nell’est del Paese, sull’altopiano di Khorat i
danni in termini monetari sono risultati molto inferiori
grazie all’assenza di beni di valore elevato, ma le conseguenze umanitarie sono state almeno altrettanto
devastanti quanto nella Thailandia centrale.
Danno complessivo di circa 40 mld US$
Da 50 anni la Thailandia non veniva colpita da un’alluvione di queste proporzioni. Particolarmente sorprendente non è tuttavia l’estensione dell’area inondata, ma
l’ammontare dei danni provocati dall’acqua (in totale
ca. 40 mld US$). Nell’ultimo trentennio il Paese ha
conosciuto un rapidissimo sviluppo. Con l’incremento
demografico (1980: 46,5 milioni di abitanti; 2010: 68
milioni) e lo sviluppo economico sono spuntati come
funghi vastissimi insediamenti, soprattutto commerciali e industriali, dove si concentrano beni che valgono
miliardi. Anche le infrastrutture di trasporto e approvvigionamento sono state fortemente potenziate,
soprattutto nell’area metropolitana di Bangkok. Con
il boom del Paese il rischio di piena è passato in
secondo piano ed è stato generalmente sottostimato
proprio nel momento in cui si aggravava, venendo
sempre più a mancare le naturali riserve di spazio in
grado di smorzare le onde di piena.
28
MUNICH RE Topics Geo 2011
A far levitare i danni sono state le aree con i grandi
parchi industriali. Sette di questi, che contavano un
migliaio di capannoni in cui erano occupati quasi
500.000 lavoratori, sono stati sommersi da metri
d’acqua, con ingenti danni materiali, blocco della produzione e un’interruzione della catena di fornitura e
approvvigionamento che in alcuni casi è durata settimane e ha avuto ripercussioni a livello mondiale. I
comparti industriali più colpiti sono stati quello elettronico, informatico e automobilistico, oltre ai produttori di apparecchiature medicali e di alimentari. Nove
costruttori automobilistici giapponesi hanno dovuto
fermare la produzione e dalle catene di montaggio
sono usciti 6.000 veicoli in meno al giorno. Le aziende
globalizzate in particolare hanno sofferto per la sospensione delle forniture dalla Thailandia, così ad esempio
la chiusura di una fabbrica produttrice di dischi rigidi
per computer ha avuto conseguenze a livello mondiale.
Un quarto di tutti i dischi fissi HDD viene infatti da
questo Paese e il settore ha subito strozzature delle
forniture e rincari dei prezzi.
Innumerevoli fabbriche sono state danneggiate anche
al di fuori dei parchi industriali: le stime parlano di
10.000–15.000 aziende in 20 province; solo nella zona
di Ayutthaya sono state colpite almeno 900 delle 2.150
fabbriche presenti; 700.000 lavoratori sono rimasti
temporaneamente disoccupati, ma altri 300.000 hanno
probabilmente perso il lavoro in modo definitivo.
ISTANTANEE DI CATASTROFI
L’acqua ha allagato centinaia di migliaia di abitazioni
ma anche aziende di servizio pubblico e impianti di
approvvigionamento, inoltre scuole e università, tra
cui il rinomato Asian Institute of Technology (AIT) e la
Thammasat University. Quest’ultima, divenuta uno
dei principali centri di raccolta, è stata poi a sua volta
evacuata così come numerosi ospedali. Strade e linee
ferroviarie sono state rese inagibili, non da ultimo perché molti automobilisti le hanno intasate cercando di
portare in salvo la propria vettura su strade sopraelevate. I danni alla rete viaria e autostradale ammontano
a circa mezzo miliardo di dollari. Bangkok ha avuto
fortuna nella sfortuna in quanto due importanti
sistemi di trasporto, la sopraelevata e la metropolitana sotterranea, sono rimasti indenni ovvero hanno
subito danni relativamente lievi. Quasi illeso anche
l’aeroporto internazionale, mentre lo scalo nazionale
ha dovuto chiudere perché totalmente allagato. Il traffico cittadino è stato comunque fortemente ostacolato e in più di 30 quartieri l’acqua è salita ad almeno
80 cm. Questa zona è abitata da 800.000 persone.
Secondo stime della Tourism Authority l’industria
turistica ha subito danni per almeno 2 mld US$, con
una perdita stimata di 300.000 presenze.
Bassa densità assicurativa con danni elevati
Finora non si erano mai avuti danni assicurati così
ingenti per un’inondazione interna (il massimo era
stato raggiunto in Gran Bretagna nel 2007 con
6 mld US$), tanto più in un Paese dove la densità
assicurativa è generalmente bassa. Le stime al
­febbraio 2012 parlano di oltre 10 mld US$.
Durante l’intero periodo da luglio a novembre la piena
ha interessato 13 milioni di abitanti, di cui 2 milioni
hanno dovuto lasciare le proprie case.
Circa il 90% dei danni assicurati riguarda rischi industriali e in massima parte i sette parchi completamente
inondati, dove i valori economici sfiorano i 20 mld US$.
I rapporti sinistri a somme assicurate si attestano
intorno al 50%, un valore molto alto per un’inondazione
fluviale; a ciò si aggiungono i danni da interruzione di
esercizio (fermo della produzione causato dall’inondazione degli stabilimenti) e quelli indiretti per danni
occorsi a fornitori e clienti (interruzione delle catene
di fornitura e delle vie di traffico), che però sono molto
difficili da quantificare essendosi verificati su scala
mondiale.
Agricoltura e allevamento sono stati pesantemente
colpiti: 1,6 milioni di ettari di terreno coltivato, più del
10% della superficie agraria utile, sono stati sommersi
e distrutti o danneggiati, tra cui 1,35 milioni di ettari di
risaie; un quarto del raccolto è andato perduto. Circa
10 milioni di capi di bestiame erano a rischio oppure
sono stati evacuati, molti sono morti.
Dopo il terremoto di Tohoku in Giappone anche l’alluvione thailandese riporta in primo piano il problema
delle polizze per interruzione di esercizio con garanzie
molto ampie. Quattro quinti dei danni assicurati che
riguardano rischi industriali sono stati subiti da aziende
giapponesi che, essendo state colpite dal terremoto di
Tohoku, avevano dislocato la produzione in Thailandia.
A sinistra: molti edifici storici come questo
tempio a nord di Bangkok sono rimasti
­isolati per via dell’inondazione.
A destra: per molti proprietari di veicoli i
cavalcavia hanno rappresentato l’ultima
salvezza, ma i loro mezzi hanno ostruito le
vie di traffico.
MUNICH RE Topics Geo 2011
29
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Nel settore privato la densità assicurativa del Paese,
secondo dati di General Insurance Agency, raggiunge
solo l’1%. I proprietari di immobili residenziali che
accendono un mutuo sono obbligati dalle banche ad
assicurarsi contro l’incendio, non contro le inondazioni,
quindi solo il 10% di loro possiede una copertura assicurativa contro questo rischio, che costa il 25% in più
dell’assicurazione incendio. Pertanto i danni assicurati
per il milione di case danneggiate o distrutte (di cui
150.000 nell’area metropolitana di Bangkok), secondo
i rapporti del Thailand’s Office of Insurance Commission, ammonterebbero «soltanto» a 500 mln US$.
È necessario che l’industria assicurativa reagisca di
fronte all’entità dei danni assicurati in Thailandia, verificando i cumuli di esposizioni, i presupposti di assicurabilità e l’adeguatezza dei tassi. La particolarità di
questo evento sta nel fatto che sono stati danneggiati
numerosi beni con un valore assicurato elevato in un
Paese complessivamente poco sviluppato. Qui sono
risultati evidenti soprattutto gli effetti dell’economia
globalizzata e delle interruzioni di esercizio per danni
occorsi a fornitori e clienti in aree geograficamente
molto distanti tra loro, indotte dalla globalizzazione.
Nonostante le elevate perdite l’industria riassicurativa
continuerà a coprire i rischi industriali in Thailandia, a
patto che il governo e i gestori dei parchi si impegnino
in modo energico e duraturo per proteggere meglio
questi siti in futuro.
L’acqua ha allagato completamente il parco
industriale di Rojana presso Ayutthaya, paralizzando l’intera produzione per settimane.
30
MUNICH RE Topics Geo 2011
Gli investitori internazionali fanno affidamento su
coperture assicurative adeguate e finanziariamente
sostenibili per i rischi industriali in Thailandia; allo
stesso tempo è essenziale per il Paese che le multi­
nazionali non spostino altrove i loro siti produttivi. Il
governo dovrà quindi realizzare quei provvedimenti di
prevenzione e difesa idraulica necessari a evitare
simili danni in futuro. Un’ipotesi è ad esempio quella
di deviare il corso inferiore del Chao Phraya a est e
ovest dei centri con elevate concentrazioni di valori
economici, ampliando la rete di vie d’acqua e canali
già esistenti. Proteggere i parchi industriali contro le
inondazioni è dispendioso, solo quello di Rojana ad
Ayutthaya richiederà 400 mln US$.
Bilancio dei danni
Morti
Evacuati
813
2.000.000
Danni complessivi
40 mld US$
Danni assicurati
10 mld US$
Case distrutte o danneggiate
Terreni agricoli inondati
1 mln
1,6 mln ha
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Conclusioni
Nan
Ping
Circa il 95% delle 27.000 persone che nel 2011 hanno
trovato la morte in catastrofi naturali sono state
uccise dall’acqua, sotto forma di tsunami, inondazioni
o alluvioni improvvise. Pochi giorni prima di fine anno
più di 1.000 filippini sono morti a Mindanao, sorpresi
nel sonno da un’ondata di fango.
Nakhon Sawan
La catastrofe alluvionale peggiore degli ultimi decenni
in Thailandia ha colpito il Paese al cuore, mettendo
forse un freno al rapidissimo sviluppo economico. In
un Paese ritenuto «sicuro» dal punto di vista della
produzione industriale, numerose aziende hanno perso
molto denaro nonostante gli indennizzi assicurativi. Il
ritiro di queste aziende dal Paese rappresenterebbe
certamente un grave danno per l’economia thailandese. In passato gli elevati investimenti in misure di
protezione contro le piene si sono concentrati soprattutto a Bangkok; in previsione di ulteriori e urgenti
provvedimenti di difesa idraulica questa focalizzazione sulla capitale dovrà essere messa in discussione.
Chao Phraya
Tha Chin
Bangkok
7
Aree inondate
6
Ayutthaya
5
4
3
2
Parchi industriali
colpiti
1 Bang Kadi
2Nava Nakorn
3Bang Pa-In
4Wang Noi
5Hi Tech
6Rojana
7 Saha Ratta na Nakorn
1
Enormi aree lungo il corso del Chao Phraya
sono state sommerse, tra cui sette parchi industriali dove si è concentrata la maggior parte
dei danni assicurati.
Fonte: Munich Re secondo i dati delle NASA
NRT Experimental Flood Maps
È necessario varare norme più severe sull’uso del
­territorio e garantire che vengano rispettate. La loro
applicazione non costituirà un freno allo sviluppo del
Paese, anzi: per gli investitori la sicurezza di pianificazione è un fattore determinante. Questo evento di
piena è costato ad alcune aziende una parte della loro
redditività. Per mantenere la propria attrattiva nei
confronti dei gruppi internazionali, il Paese deve offrire
più sicurezza contro simili danni, o attraverso il rafforzamento delle opere di difesa idraulica, o con lo strumento di gran lunga migliore e più efficiente della
regolazione dell’attività edificatoria.
Sarà inoltre importante incrementare la densità assicurativa nel settore privato e commerciale. Con questo
obiettivo è stata proposta l’istituzione di un pool assicurativo con un volume di 500 mld B (circa 17 mld US$),
di cui si avvantaggeranno tanto la popolazione quanto
l’economia e il comparto assicurativo perché una maggiore densità di assicurazione significa una valutazione
più affidabile e una migliore distribuzione dei rischi.
IL NOSTRO ESPERTO:
Il Dr. ing. Wolfgang Kron è responsabile dell’unità Ricerca, rischi idrologici
nel settore Ricerca georischi/Centro
climatologico aziendale e si occupa di
tutte le tematiche che hanno a che
fare con l’acqua come rischio naturale.
[email protected]
MUNICH RE Topics Geo 2011
31
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Primavera 2011:
forti temporali negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti orientali una stagione temporalesca primaverile particolarmente attiva
ha provocato danni mai registrati prima. Numerose serie di tornado hanno devastato
intere città, i danni assicurati da temporale hanno superato i 25 mld US$ e il totale di
oltre 600 vittime non ha precedenti dal 1925.
Mark Bove
Le pesanti serie di temporali e tornado (cd. outbreak)
del 2011 sono collegate a numerosi fattori climatologici e meteorologici, ma sicuramente uno dei più
importanti è stata la marcata fase La Niña (vedi
anche l’articolo di Eberhard Faust da p. 40). Questo
fenomeno di abbassamento anomalo della temperatura superficiale dell’oceano Pacifico orientale in
prossimità dell’equatore è all’origine di condizioni
atmosferiche che nell’est degli Stati Uniti favoriscono
la formazione di violenti temporali nonché l’attività
tornadica. La Niña intensifica infatti la corrente a
getto polare sul Nord America, circostanza che a sua
volta carica di maggiore energia le tempeste extratropicali in arrivo dal Pacifico e dal Canada verso gli Stati
Uniti. Questo incremento di energia, sommato agli
elevati gradienti termici e alle forti correnti d’aria
associati a questi sistemi frontali, accresce il potenziale temporalesco e i rischi connessi a tali fenomeni.
La stagione tornadica primaverile più attiva
della storia
L’effetto di amplificazione di La Niña sui temporali
forti si osserva in particolare in inverno avanzato e in
primavera, ed è più marcato nell’area sud-orientale
degli Stati meridionali e nel Mid West statunitense,
da Louisiana e Mississippi fino a Ohio e Michigan al
nord. All’interno di questa macroregione il potenziale
di outbreak tornadici è più alto e si possono verificare
anche numerosi eventi distruttivi con percorso lungo.
Anche il «superoutbreak» del 1974 si scatenò in questa zona durante una fase La Niña, proprio come
molte serie maggiori di eventi nel 2011. Al contrario, in
altre regioni degli Stati Uniti, come nelle Grandi Pianure, la cd. «tornado alley», durante una fase La Niña
non si registra normalmente alcun incremento
apprezzabile dell’attività tornadica.
32
MUNICH RE Topics Geo 2011
La stagione dei temporali 2011 ha battuto diversi
record. Nonostante il numero dei tornado non abbia
superato il primato di 1.817 eventi del 2004, probabilmente la scorsa primavera può essere considerata
come la stagione tornadica più attiva della storia. Nei
mesi estivi del 2004 infatti gli uragani che erano
approdati sulla terraferma avevano generato centinaia
di tornado. Il mese di aprile 2011 ha fatto registrare la
cifra record di 748 tornado; il 27 del mese in particolare, con 226 fenomeni, è entrato nella storia come il
giorno di massima attività tornadica negli Stati Uniti.
Nel 2011 si sono contati sei tornado di categoria EF5
(Enhanced Fujita Scale), il che equivale a un eguagliamento del record del 1974. La stagione tornadica 2011
è stata anche la più letale degli ultimi 85 anni negli
Stati Uniti: 551 persone hanno perso la vita, di cui 318
nella sola giornata del 27 aprile.
Migliaia di temporali e grandinate
Due violenti outbreak temporaleschi hanno causato
più di metà dei danni assicurati rilevati nel 2011. Il
primo evento, noto anche come «superoutbreak del
2011», si è originato da una forte tempesta extratropicale che si era formata sulle Grandi Pianure meridionali e dal 25 al 27 aprile aveva proseguito la sua corsa
verso est lungo la valle dell’Ohio. Durante questi tre
giorni il sistema ha prodotto centinaia di temporali
tornadici, che si estendevano dall’estremità sudorientale degli Stati meridionali fino alla costa est
degli Stati Uniti. Nel complesso l’outbreak ha generato 353 tornado e migliaia di temporali e grandinate
in un totale di 22 Stati.
Il fenomeno ha colpito con particolare violenza il nord
dell’Alabama, dove tre tornado di classe EF5 hanno
praticamente cancellato le cittadine di Hackleburg,
Shottsville e Rainsville, causando 120 vittime. Anche
la città di Tuscaloosa come pure vari sobborghi di
Birmingham, la città maggiore dell’Alabama, sono
stati devastati da un tornado di categoria EF4 che ha
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Anche zone di Pratt City in Alabama sono state rase al suolo dal
«superoutbreak» del 27 aprile.
percorso più di 110 km in contatto con il suolo, raggiungendo una larghezza massima di 2,4 km. Tra tutti
i tornado prodotti dal superoutbreak del 2011 è stato
quello che ha provocato i maggiori danni assicurati
nonché la morte di oltre 60 persone. Il superoutbreak
del 2011 si è concluso con un danno assicurato totale
stimato di 7,3 mld US$, cioè il massimo (in valori originali) che sia mai stato causato da un sistema temporalesco.
Dopo tre settimane relativamente tranquille, alla fine
di maggio si è verificato il secondo grande danno da
temporale del 2011. Una serie di sistemi depressionari
ha generato varie ondate di violenti temporali che
hanno imperversato dal Texas fino agli Stati dell’Atlantico centrale. Questo secondo outbreak ha prodotto
almeno 180 tornado, di cui due di classe EF5, che
hanno provocato un danno assicurato di 6,9 mld US$
e la morte di almeno 178 persone.
Danni materiali assicurati in mld US$ causati da forti temporali negli Stati
Uniti dal 1980 al 2011
Danni da forte temporale
(in valuta 2011)
Media mobile quinquennale
25
L’onere per sinistri da forte temporale
sostenuto dagli assicuratori negli Stati
Uniti è cresciuto progressivamente a
partire dagli anni Ottanta del secolo
scorso, raggiungendo nel 2011 un
drammatico picco.
20
15
10
5
0
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
MUNICH RE Topics Geo 2011
33
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Gran parte dei danni assicurati e delle vittime è stata
provocata da un unico evento: il tornado che ha devastato Joplin nello stato del Missouri. La tempesta, formatasi al confine con il Kansas, ha proseguito verso
est rafforzandosi rapidamente ed è transitata sui
quartieri meridionali, più densamente popolati, della
città di Joplin, raggiungendo l’ampiezza massima di
1,6 km e l’intensità di categoria EF5. Il centro della
città è stato risparmiato, ma si stima che il tornado
abbia distrutto ca. 2.000 edifici, quindi il 15% dell’edificato: di fabbricati residenziali e commerciali non
sono rimaste che macerie. Anche il St. John’s Regional Medical Center, un centro ospedaliero di rilevante
importanza per la città e il sudovest del Missouri è
stato gravemente danneggiato; dichiarato inagibile,
il complesso dovrà essere demolito. Per la violenza e
la traiettoria, che ha investito in pieno una grossa città,
il tornado di Joplin è uno dei più costosi e letali nella
storia degli Stati Uniti. Il bilancio conta 158 morti e un
danno complessivo stimato di oltre 3 mld US$.
Il trend dei danni è in crescita
Nel 2011 l’ammontare dei danni assicurati da tem­
porale negli Stati Uniti è stimato in 25,9 mld US$,
cioè più del doppio rispetto al record del 2010. Pur
considerando che la cifra totalizzata nel 2011 possa
rappresentare un’eccezione a causa della violenza
degli outbreak e dei gravi danni in due grosse città,
questi eventi sottolineano drammaticamente il perdurare del trend ascendente dei danni assicurati da temporale delineatosi nell’ultimo trentennio. Attualmente
(2007–2011) la media su cinque anni dei danni da
temporale ha raggiunto la somma record di 12 mld US$
all’anno, con un incremento di 3 mld rispetto al quinquennio precedente. L’attuale perdita media annuale
eccede quindi di quasi 6 mld US$ quella di 10 anni fa
ed è quasi 10 volte superiore al valore medio degli
anni 1980–1984. I sei anni più costosi, con danni assicurati da temporale che hanno superato sempre gli 8
mld US$, ricadono tutti negli ultimi nove anni. Anche
la frequenza dei danni da temporale che vanno oltre il
miliardo di dollari è aumentata: nel 2011 ce ne sono
stati tre, come già nel 2010. Ciò significa che dal 1994
si contano 24 eventi temporaleschi con danni «miliardari»; in precedenza solamente uno aveva raggiunto
questa entità.
L’incremento dei danni da temporale negli Stati Uniti
si spiega in massima parte con fattori socio-economici.
Negli ultimi 50 anni la popolazione statunitense si è
progressivamente spostata verso sud, verso regioni in
cui sono più frequenti i forti temporali. Le città si sono
allargate e i sobborghi hanno occupato le aree circostanti, dando origine a un numero crescente di regioni
con un’elevata densità di beni patrimoniali esposti al
rischio di forti temporali. Nello stesso periodo sono
aumentati drasticamente anche valore e numero dei
beni sia immobili che mobili, tra cui apparati elettronici molto sensibili alle scariche elettriche di origine
atmosferica, circostanza che aggrava ulteriormente il
potenziale di danno da temporale. Infine le norme edilizie in molti Stati a rischio di temporale non bastano a
garantire che gli edifici resistano all’azione di forti venti
(tornado o altri fenomeni di vento) e della grandine.
Vi sono indizi sufficienti per ritenere che i mutamenti
climatici nei prossimi decenni svolgeranno un ruolo
sempre più importante come driver dei danni assicurati da temporale. La causa risiede nel fatto che un’atmosfera più calda e che contiene più umidità favorisce la convezione e quindi la genesi di temporali.
Studi scientifici mostrano che i mutamenti climatici
potrebbero aumentare in tutta l’area orientale degli
Stati Uniti il numero di giorni all’anno in cui le condizioni atmosferiche facilitano la formazione di violenti
eventi temporaleschi. In parte ciò sta già accadendo,
come testimoniano le forti grandinate sempre più
­frequenti negli ultimi 35 anni o l’accresciuto numero
di situazioni meteo, dagli anni Settanta del secolo
scorso, con un elevato potenziale temporalesco a est
delle Montagne Rocciose.
Le 10 catastrofi naturali negli Stati Uniti più onerose per l’industria assicurativa
Posizione
Anno
Data Evento
1
2005
25–30 ag. Uragano Katrina
62.200
2
2008
12–14 sett. Uragano Ike
18.500
3
1992
23–27 ag. Uragano Andrew
17.000
4
1994
17 gen.
Terremoto di Northridge
15.300
5
2005
20–24 sett.
Uragano Rita
12.100
6
2004
12–21 sett.
Uragano Ivan
12.000
7
2005
24 ott.
Uragano Wilma
10.700
8
2004
13–14 ag.
Uragano Charley
7.600
9
2011
22–28 apr.
Superoutbreak del 2011 (forti temporali, tornado)
7.300
10
2011
20–27 mag.
Forti temporali, tornado
6.900
34
MUNICH RE Topics Geo 2011
Danni assicurati in mln US$ (valori originali)
ISTANTANEE DI CATASTROFI
Piccoli provvedimenti di grande efficacia
Sulla base dell’osservazione dei singoli rischi emerge
come tecniche costruttive adeguate siano un fattore
decisivo nella riduzione dei danni da temporale. Gli
edifici dovrebbero essere costruiti in modo che le
pareti costituiscano percorsi di carico continui, con
adeguati collegamenti tra copertura e pareti e tra
pareti e fondazione. Le porte d’ingresso dovrebbero
aprirsi verso l’esterno, le finestre dovrebbero essere
antisfondamento, i portoni dei garage andrebbero
­rinforzati. Queste misure possono ridurre significativamente il potenziale di danno relativo al vento, in
particolare in presenza di fronti di raffiche e piccoli
tornado. Altri interventi come l’ancoraggio del tetto
possono offrire ulteriore protezione contro il vento. I
danni da grandine, frequentissimi tra quelli da temporale, possono essere mitigati piuttosto facilmente
attraverso l’impiego di materiali da costruzione idonei
come coperture e rivestimenti resistenti alla grandine.
Se queste misure fossero realizzate senza eccezioni,
si potrebbero ridurre significativamente i danni da
eventi futuri.
Dal punto di vista assuntivo, i danni provocati da violenti sistemi temporaleschi possono essere limitati
stabilendo un tetto per i cumuli di esposizioni all’interno di piccole aree geografiche e assicurando
diverse tipologie edilizie. L’area colpita da un singolo
tornado o da un corridoio di grandine è di fatto molto
piccola perciò, limitando l’ammontare delle garanzie
sottoscritte all’interno di una specifica zona insediativa residenziale, commerciale o industriale, si può
evitare che un unico violento fenomeno provochi una
grande quantità di danni gravi. Questo tipo di controllo
geografico, se applicato uniformemente all’intero portafoglio, può contribuire a ridurre l’accumulazione di
danni causata da eventi maggiori che interessano
centinaia di aree non contermini. Anche diversificando
le tipologie edilizie e/o limitando l’impiego di alcune
di esse all’interno di una data area geografica si possono ridurre i danni, dal momento che alcune classi di
edifici sono meno vulnerabili al vento e alla grandine
di altre.
Conclusioni
I danni da temporale non sono mai stati così elevati
come nel 2011, un picco davvero inatteso anche dopo
i precedenti record del 2008 e del 2010. Anche se
non si tenesse conto del 2011 per la sua eccezionalità,
non ci sarebbero indizi di un rallentamento del trend
ascendente di questi danni. Il driver di gran lunga più
importante è l’incremento dei beni esposti a tale
rischio, ma anche i mutamenti climatici possono giocare un ruolo.
I pesanti danni del 2011 mettono in luce la rilevanza
del risk management sia dal punto di vista del singolo
evento che da quello dell’aggregazione dei danni. Se
confrontato con un terremoto o un uragano, il singolo
evento temporalesco rappresenta un rischio più basso
perché provoca danni assicurati di entità molto inferiore. La maggiore frequenza dei temporali determina
però un danno annuo aggregato spesso superiore a
quello degli uragani e contribuisce in modo determinante a elevare i danni da catastrofe naturale negli
Stati Uniti. Negli anni 2008–2009 i danni assicurati
causati dai temporali sono ammontati a 20 mld US$,
superando così quelli da uragano (incluso Ike) nello
stesso periodo.
Dal 1980 solamente sei uragani e un terremoto hanno
causato danni assicurati maggiori (valori originali) di
quelli provocati dal «superoutbreak del 2011» e
dall’outbreak di Joplin. Nello stesso periodo i danni da
uragano su base annuale hanno superato quelli da
temporale solo in cinque casi. La somma dei danni
provocati dai temporali è quindi equiparabile a quella
di una stagione di uragani di media o elevata intensità. Un dato di fatto di cui gli assicuratori dovranno
tenere conto nella gestione del rischio.
Il nostro esperto:
Mark Bove è meteorologo e specialista
di modellizzazione dei rischi da catastrofi naturali, con particolare riferimento al Nord America. Lavora nel
settore Servizi di sottoscrizione/Accumulazione del rischio di Munich Re
America.
[email protected]
MUNICH RE Topics Geo 2011
35
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Ancora un rinvio per la
difesa del clima
Anche quest’anno a Durban il vertice sul clima si
è chiuso con dichiarazioni d’intenti generiche,
­rimettendo al futuro ogni decisione di carattere
­vincolante. La chiave per un’efficace difesa del
clima sarà un’intesa tra i principali emettitori.
Peter Höppe
Raramente prima di un vertice sul clima le aspettative
erano state così tiepide come in prossimità della 17a
conferenza delle Parti (COP17) a Durban. La grande
delusione del vertice 2009 a Copenhagen e i progressi
poco entusiasmanti di Cancún l’anno successivo
hanno fatto sentire il proprio peso. In aggiunta, altri
problemi come la crisi del debito in Europa e negli
Stati Uniti e la minaccia di una recessione globale
hanno catalizzato gran parte dell’attenzione, relativizzando la priorità di rapide soluzioni per la gestione del
cambiamento climatico.
Il punto di partenza delle negoziazioni era l’obiettivo,
già definito a Copenhagen e quindi ribadito a Cancún,
di limitare il riscaldamento globale a un massimo di 2 °C. Le trattative a favore di nuove soluzioni per gli
inevitabili effetti del mutamento climatico avevano
come fine l’istituzione di un «Green Climate Fund»
(GCF) a sostegno dei Paesi in via di sviluppo. Tale fondo
dovrebbe essere finanziato fino al 2020 con una quota
significativa dei 100 mld US$ promessi annualmente
dai Paesi industrializzati.
Accordo sulle misure per i Paesi in via di sviluppo
Già alla fine della prima settimana sono state prese
decisioni concrete sul programma «Loss and
Damage» varato a Cancún, che sono passate in gran
parte inosservate all’opinione pubblica. Prima del vertice che si terrà nel dicembre 2012 in Qatar (COP18) va
approntato un progetto concreto sulla gestione dei
I mutamenti climatici non provocano solo piene
più frequenti. Aumentano anche i periodi di
magra, che creano situazioni problematiche
per chi sfrutta i corsi d’acqua come vie di navigazione e per la produzione di energia.
MUNICH RE Topics Geo 2011
37
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
danni provocati dai mutamenti climatici nei Paesi in
via di sviluppo. L’indice di rischio climatico proposto a Durban da Germanwatch e calcolato sulla base dei
dati del NatCatSERVICE di Munich Re mostra che i
10 Paesi più colpiti dal cambiamento climatico sono
nazioni in via di sviluppo, con il Pakistan in testa nel
2010. A Durban è stato definito il programma di
lavoro sugli sviluppi futuri di «Loss and Damage» nel
2012. L’ipotesi di istituire un meccanismo internazionale, come il pool globale per i danni da eventi atmosferici estremi proposto da Munich Climate Insurance
Initiative (MCII), è stata oggetto di forti discussioni.
Soprattutto gli Stati Uniti hanno rigettato una simile
iniziativa, su cui non possono esercitare un’influenza
diretta. Nel 2012 dovranno essere affrontate tre
­tematiche.
In primo luogo è necessario approntare un technical
paper sulla valutazione della situazione di rischio dei
Paesi in via di sviluppo in relazione agli effetti previsti
dei mutamenti climatici, con il necessario coinvolgimento di tutti i maggiori stakeholder. Il documento
dovrà essere sottoposto agli esperti e confluire in una
bozza operativa per la conferenza COP18.
Sono previsti quattro meeting di esperti (tre regionali,
uno per gli «Small Island Developing States») sugli
strumenti di gestione del rischio che includono anche
formule assicurative. In questi incontri non si dovranno
discutere solo possibili soluzioni a prevenzione e
copertura dei rischi, ma anche quantificare le risorse
necessarie.
Entro il 17 settembre 2012 le delegazioni presenti alle
trattative e le organizzazioni interessate dovranno
inoltrare proposte sul ruolo che la Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC)
dovrà assumere in relazione alla gestione del rischio
per i danni determinati dai mutamenti climatici.
Anche queste proposte dovranno confluire nelle
bozze operative per la conferenza COP18.
A Durban è rimasta in sospeso la questione legata
alla modalità di reperimento e di gestione dei fondi
richiesti dal GCF per finanziare i provvedimenti di
adeguamento sopra citati fino al 2020. Alcuni Paesi,
tra cui gli Stati Uniti, si oppongono a un’amministrazione centralizzata del fondo, mentre la maggioranza
delle delegazioni è a favore. Il ministro tedesco
dell’ambiente Norbert Röttgen ha offerto la disponibilità della Germania a ospitare questo centro amministrativo; altre offerte simili sono state avanzate da
Svizzera e Corea del Sud. Una decisione è prevista
entro la fine del prossimo anno e fino ad allora un
segretariato provvisorio del GCF verrà istituito a
Bonn.
Rimane ancora poco chiaro come verrà finanziata la
costituzione del fondo a partire dal 2013. Nel triennio
2010–2012 i Paesi industrializzati avevano messo a
disposizione 10 mld US$ senza un coordinamento
centrale, ma al momento non esistono accordi concreti per il periodo successivo al 2013.
38
MUNICH RE Topics Geo 2011
Questo baobab era l’emblema della 17a
­ onferenza sul clima di Durban. L’energia
c
­elettrica necessaria per illuminarlo è stata prodotta pedalando, proprio nel segno della tutela ­climatica.
A Durban è stata discussa inoltre una possibile tassazione del traffico marittimo, che a tutt’oggi è responsabile del 3% ca. delle emissioni planetarie di CO 2,
finalizzata a supportare il finanziamento del GCF. Un
prezzo di 25 US$ a tonnellata di CO2 potrebbe apportare proventi per 25 mld US$, una parte dei quali
potrebbe essere destinata al GCF. Dato che alcune
delegazioni sono fondamentalmente contrarie all’ipotesi di tassare le emissioni del traffico marittimo, su
questo punto non è stato raggiunto alcun accordo.
Scarsa disponibilità a riduzioni rapide e vincolanti
delle emissioni
Le trattative sulla riduzione delle emissioni di gas
serra si sono concluse con decisioni altrettanto poco
vincolanti come quelle sui provvedimenti di adeguamento al mutamento climatico. Permane la contraddizione tra la volontà condivisa di limitare il riscaldamento globale a 2 °C (alcune delegazioni hanno
chiesto persino di ridurre questo obiettivo a 1,5 °C) e
la sostanziale mancanza di disponibilità a introdurre
in tempi rapidi obblighi di riduzione giuridicamente
vincolanti allo scopo di raggiungere questo traguardo.
Come è già avvenuto nei vertici climatici precedenti,
ci si è fermati alle dichiarazioni di intenti, procrastinando l’adozione di provvedimenti concreti.
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Effettivamente è stato deciso di elaborare entro il
2015 un trattato di diritto internazionale che coinvolga tutti i principali Paesi emettitori, tuttavia esso
non entrerà in vigore prima del 2020. Gli impegni
volontari e non vincolanti sulla riduzione delle emissioni di gas serra formulati a Copenhagen non sono
affatto sufficienti per centrare l’obiettivo dei 2 °C. Che
si sia riusciti a raggiungere un accordo sulla redazione di un trattato vincolante dal 2020 lo si deve
principalmente alla gestione attiva delle trattative da
parte della coalizione formata dalla delegazione europea, dai piccoli Stati insulari e dai Paesi in via di sviluppo, oltre che all’apertura della Cina a una soluzione
vincolante. Nel momento in cui le trattative si erano
arenate, per la prima volta la Cina si è dichiarata favorevole a obiettivi di riduzione delle emissioni vincolanti dal 2020, seppure ponendo alcune condizioni,
come la proroga del protocollo di Kyoto e la valutazione delle emissioni storiche di gas serra. L’atteggiamento immobilista degli Stati Uniti nei confronti di
possibili obblighi di riduzione vincolanti e la conseguente refrattarietà dell’India a fare concessioni
hanno fortemente ostacolato il negoziato.
La volontà di elaborare un trattato giuridicamente
vincolante sulla riduzione dei gas serra entro il 2015 è più di quanto si sperasse alla vigilia di Durban,
­tuttavia si tratta solo di una dichiarazione d’intenti.
Intese in gruppi ristretti: il presupposto per una
tutela efficace del clima
In ogni caso è inevitabile interrogarsi sulla reale
disponibilità dei Paesi interessati a un’effettiva riduzione delle proprie emissioni. Di fatto si è convenuto
di prorogare il protocollo di Kyoto oltre il 2012, tuttavia le emissioni interessate rappresentano solo il 15%
di quelle globali. A ciò si aggiunge il ritiro del Canada dal protocollo di Kyoto, annunciato pochi giorni dopo
il vertice sul clima di Durban: avendo ampiamente
mancato gli obiettivi previsti, il Paese in questo modo
può evitare di pagare pesanti sanzioni. Anche Giappone e Russia, quarto e quinto nella classifica dei produttori di CO 2, avevano già dichiarato prima del vertice di non voler aderire a una seconda fase del
protocollo di Kyoto.
Le conferenze mondiali sul clima nate sotto l’egida
della UNFCCC sono divenute con il tempo sempre più
complesse, circostanza che appesantisce le trattative.
Questi vertici sono sicuramente il miglior punto d’incontro per stringere accordi internazionali giuridicamente vincolanti e dare ascolto alle necessità dei
Paesi più colpiti dalle conseguenze del mutamento
climatico. Meeting preliminari tra un numero ristretto
di Paesi che contribuiscono in maniera significativa
alle emissioni di gas serra potrebbero servire a inquadrare meglio gli obiettivi.
scala mondiale. Durante questi incontri potrebbero
essere sviluppate proposte concrete da sottoporre poi
al dibattito nei vertici climatici mondiali.
I risultati attuali dei negoziati non rispecchiano il
rischio effettivo per l’umanità rappresentato dal cambiamento climatico: la tutela del clima non ammette
infatti che le decisioni vengano procrastinate. Chi si
pronuncia a favore del traguardo dei 2 °C, deve accettare anche obiettivi concreti di riduzione delle emissioni di gas serra, una coerenza che purtroppo si fa
ancora attendere.
Un raggio di luce ai margini del vertice
Già prima della conferenza di Durban Munich Re si è
impegnata affinché parallelamente ai negoziati internazionali venisse elaborato anche un piano alternativo
per la salvaguardia del clima. Esso prevede la promozione delle energie rinnovabili ed ecocompatibili per
renderle competitive a medio termine anche dal
punto di vista economico rispetto ai combustibili fossili. Alcune regioni potrebbero svolgere un ruolo pionieristico in questo senso. Ai margini del vertice è
stato fatto un significativo passo avanti in questa
direzione grazie alla sottoscrizione, da parte dei
governi di Sudafrica, Germania, Regno Unito, Norvegia, Svizzera e della Banca Europea degli Investimenti, di un accordo di cooperazione nell’ambito della
«South African Renewables Initiative». Nell’arco di
pochi anni dovrebbe così avere inizio uno sviluppo
intenso delle energie rinnovabili in Sudafrica.
IL NOSTRO ESPERTO:
Il prof. Dr. Dr. Peter Höppe è responsabile del settore Ricerca georischi/
Centro climatologico aziendale.
[email protected]
La chiave per una tutela efficace del clima è nell’intesa tra i sei principali emettitori: Cina, Stati Uniti,
Unione Europea, India, Russia e Giappone, che insieme
sono responsabili del 75% delle emissioni di CO2 su
MUNICH RE Topics Geo 2011
39
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Dati, fatti, retroscena
L’influenza di La Niña tra gennaio e maggio e tra agosto e dicembre
è una delle cause determinanti di molti danni da eventi meteo estremi
­registrati nel 2011.
Eberhard Faust
Secondo i dati provvisori dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) il 2011 verrà probabilmente
annoverato come il decimo tra gli anni più caldi dal
1850, data di inizio delle registrazioni. Lo scarto corrisponde a +0,41 °C (±0,11°C) rispetto alla media di 14 °C nel periodo di riferimento 1961–1990. Determinante è stata soprattutto la fase La Niña sviluppatasi
dalla metà del 2010 e che, dopo un picco tra fine 2010
e inizio 2011, è stata sostituita da una breve fase neutra a metà 2011, per poi ripresentarsi in una forma leggera da agosto a fine 2011. L’influenza di La Niña si
manifesta nella mappa delle anomalie della temperatura del National Climatic Data Center statunitense
attraverso un tipico raffreddamento esteso nella metà
orientale del Pacifico ed è la principale responsabile
di una temperatura media annua globale inferiore a
quella del 2010. D’altra parte è vero che la serie temporale delle temperature annuali nel mondo sul lungo
periodo dimostra che gli anni La Niña della serie sono
stati ca. 0,1–0,2 °C più freddi rispetto a quelli immeditamente precedenti e successivi, tuttavia è visibile
negli anni La Niña un trend ascendente. Come ha
constatato anche l’OMM, il 2011 è stato l’anno La Niña
più caldo fino a oggi.
Nel bilancio annuale per il 2011, le deviazioni termiche
positive più marcate provengono soprattutto dalla
Siberia e dalle latitudini artiche elevate, dalle regioni
meridionali e orientali dell’America settentrionale,
dall’Europa settentrionale, nonché dall’Africa occidentale e orientale e dall’Asia sud-occidentale.
Forti cambiamenti nell’Artico
Per effetto di un Artico caldo, già nel 2010 l’estensione del ghiaccio marino in settembre, periodo in cui
normalmente tocca il minimo annuale, segnava il
terzo valore più basso dall’inizio delle rilevazioni satellitari nel 1979. Il 9 settembre 2011 la calotta ghiacciata è scesa al penultimo valore (4,33 milioni di km 2)
della serie. Il trend di perdita di ghiaccio è pari a –12%
per decennio rispetto alla media del periodo 1970–
2000.
Gli ultimi cinque anni evidenziano i cinque valori di
estensione del ghiaccio marino in settembre più bassi
dell’intero periodo di osservazione. Se si considera il
volume del ghiaccio marino artico, che si ritira in
superficie ma anche in spessore, il calcolo basato sui
modelli del Polar Science Center dell’università di
Washington per il settembre 2011 indica addirittura
un minimo assoluto dall’inizio delle misurazioni
nel 1979.
Temperature Anomalies Jan-Dec 2011
Temperature
Anomalies
Jan-Dec
2011
(with respect
to a 1971-2000 base
period)
National
Climatic
Data
Center/NESDIS/NOAA
(with
respect
to amedia
1971-2000
base
period)
Anomalie regionali
della
temperatura
annua nel
2011 rispetto
alla media 1971–2000.National Climatic Data Center/NESDIS/NOAA
Nella maggior parte delle regioni il
2011 è stato più caldo della media del
periodo 1971–2000. Più fresco è risultato soprattutto il Pacifico orientale.
Più caldo
Più freddo
rispetto alla media pluriennale
(1971–2000). La grandezza del punto è proporzionale allo scostamento termico dalla media.
Fonte: National Climatic Data Center/
NESDIS/NOAA
–5°C
-5C
40 -5C
–4°C
-4C
–3°C
-3C
–2°C
-2C
–1°C
-1C
0°C
0C
1°C
1C
Degrees Celsiu
s
MUNICH
RE Topics
Geo 2011-1C
-4C
-3C
-2C
0C
1C
Degrees Celsiu
s
2°C
2C
3°C
3C
4°C
4C
2C
3C
4C
5°C
5C
C
5C
C
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Serie temporale delle anomalie della temperatura media annua globale
nel periodo 1950–2011 rispetto alla media 1961–1990
°C
0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0,0
-0,1
-0,2
-0,3
-0,4
Gli anni La Niña nella serie temporale del Met Office della University
of East Anglia evidenziano, come
l’intera serie, temperature medie
annue globali in rialzo. Secondo
analisi provvisorie il 2011 è stato
finora il più caldo tra gli anni La Niña. Come anno La Niña viene
classificato un anno in cui il valore
medio dell’Ocean Niño Index
(NOAA/CPC) non è maggiore di
–0,5.
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0,0
–0,1
Anni neutri e anni El Niño
Anni La Niña
Stima provvisoria per il periodo da gennaio a ottobre 2011
–0,2
–0,3
–0,4
1950
1960
1970
1980
1990
2000
2010
Fonte: Met Office/Climate Research
Unit della University of East Anglia:
NOAA/Climate Prediction Center
Anomalie di volume del ghiaccio artico marino nel periodo 1979–2011 rispetto alla
media 1979–2010
km3
Nel settembre 2011 il volume del
ghiaccio artico marino, modellato sui
dati delle osservazioni del Polar
Science Center dell’università di
Washington, era di 380 km3 inferiore
al record precedente del 2010; tuttavia tale differenza rientra ancora nel
margine d’incertezza della modellizzazione.
+5.000
0
Fonte: Munich Re secondo i dati del
Polar Science Center, Applied
Physics Laboratory University of
Washington
–5.000
380 km3
–10.000
–15.000
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
MUNICH RE Topics Geo 2011
41
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Per effetto dei forti cambiamenti nell’Artico, nell’estate
2011 sia il passaggio artico a nord-ovest sia quello a
nord-est sono rimasti aperti alla navigazione per settimane, come era già avvenuto negli anni precedenti.
Per il passaggio a nord delle coste canadesi si sta
lavorando allo sviluppo di servizi e infrastrutture
soprattutto per le petroliere; il Canada sta prendendo
in considerazione la costruzione di un porto ad acque
profonde nella Resolute Bay. Utilizzando il passaggio
a nord–ovest la rotta da Rotterdam a Tokyo potrebbe
ridursi di oltre 5.000 km rispetto a quella attraverso il
Canale di Suez e si eviterebbero le zone del Corno
d’Africa e dell’Indonesia minacciate dalle incursioni
dei pirati.
La Niña ha dominato per mesi
L’influenza di La Niña da gennaio a maggio e da agosto a dicembre 2011 è stata una delle cause principali
di molti danni da eventi meteo estremi registrati
durante l’anno. Durante La Niña le acque del bacino
Pacifico equatoriale centrale e orientale nonché vaste
porzioni del bacino Pacifico orientale si raffreddano,
mentre si rafforzano in maniera significativa gli alisei
che soffiano da est, spingendo le acque superficiali
calde dei Tropici soprattutto verso il margine occidentale dell’oceano dinanzi alle coste dell’Asia sud-orientale e dell’Australia. Questi fenomeni oceanici e atmosferici modificano la distribuzione della pressione e
delle precipitazioni non solo nel bacino Pacifico e ai
suoi margini, ma anche in molte altre regioni della
Terra per effetto a distanza sul sistema climatico globale. Il primo evento La Niña del 2011, durato dalla
metà 2010 a maggio 2011, appartiene ai più forti mai
registrati secondo l’indice di oscillazione australe
(SOI), che descrive la distribuzione della pressione
atmosferica tra Darwin e Tahiti.
La Niña I: siccità e calore
Una conseguenza drammatica di La Niña è stata la
forte siccità nel Corno d’Africa. Sviluppatasi già
nell’ottobre 2010, essa ha interessato una regione
comprendente ampie zone del Kenya, della Somalia e
dell’Etiopia e si è protratta fino a settembre 2011. Gli
effetti, in particolare in Somalia e Kenya, sono stati
gravi carestie e imponenti flussi migratori. L’80% del
bestiame dei gruppi nomadi è morto nella sola Somalia e per 13 milioni di persone sono stati necessari
interventi umanitari.
Strettamente collegati al forte evento La Niña
2010/2011 sono anche l’estrema siccità e il grande
caldo estivo nel sud degli Stati Uniti e nel Messico
settentrionale: le precipitazioni nel periodo da gennaio
a ottobre in Texas sono state pari a 273 l/km2, molto
meno della metà della media sul lungo periodo, mentre il valore medio della temperatura nei mesi da giugno ad agosto superava di tre gradi la media pluriennale. Ulteriori effetti sono stati vasti incendi boschivi,
nonché tempeste di polvere. In settembre l’incendio
nella Bastrop County in Texas ha distrutto ca. 1.500
edifici. I danni agricoli diretti da siccità alle colture, al bestiame e alle foreste nel sud degli Stati Uniti
ammontano a ca. 8 mld US$, di cui un miliardo
­assicurati.
In luglio un’ondata di calore si è propagata dal Texas e
dall’Oklahoma verso nord attraversando gli Stati centrali degli Stati Uniti e ha raggiunto anche ampie aree
nella parte orientale del Paese. Le stazioni meteoro­
logiche hanno registrato 78 nuovi record di temperatura per le massime diurne.
Regioni degli Stati Uniti colpite
dalla siccità
A soffrire dell’assenza di precipitazioni sono stati in particolare New
Mexico, Texas, Oklahoma, Louisiana e
Georgia negli Stati Uniti e la parte
settentrionale del Messico. La mappa
presenta la situazione nel luglio 2011.
Siccità lieve
Siccità moderata
Siccità grave
Siccità gravissima
Siccità estrema
Fonte: NOAA
42
MUNICH RE Topics Geo 2011
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
La Niña II: precipitazioni intense e inondazioni
Tra dicembre 2010 e gennaio 2011 il tipico influsso di
La Niña ha provocato gravi inondazioni con danni elevati nell’Australia settentrionale e orientale. Anche in
Asia sud-orientale un monsone assai attivo, influenzato probabilmente da La Niña, ha scatenato estese
preci­pitazioni di estrema intensità, tra l’altro nel
bacino del Mekong e del Chao Phraya, che hanno
­provocato gravi inondazioni e danni conseguenti di
enorme entità (vedi articolo di Wolfgang Kron «Inondazioni: l’acqua sommerge Australia, Stati Uniti e
Thailandia» da p. 26).
Le forti precipitazioni tra gennaio e marzo in Africa
meridionale, che hanno prodotto numerose inondazioni nelle aree settentrionali del Sudafrica nonché in
Namibia, Botswana, Zimbabwe e Angola, sono da
considerare effetti a distanza della fase La Niña, proprio come le precipitazioni intense seguite da colate
di fango, smottamenti e inondazioni che hanno colpito
Colombia e Bolivia nei primi quattro mesi dell’anno.
Un tipo di eventi che si è poi ripresentato in Colombia
a partire da novembre durante la seconda fase La
Niña. In questa regione centinaia di persone hanno
perso la vita; case, ponti e strade sono andati distrutti.
La Niña III: forti temporali e cicloni tropicali
I violentissimi outbreak temporaleschi con numerosi
tornado, pioggia intensa, grandine e raffiche di tempesta negli Stati Uniti ad aprile e maggio, che rientrano tra gli eventi con il maggior numero di vittime e
hanno fatto registrare il danno annuale da temporali
forti più elevato dall’inizio delle osservazioni, si spiegano soprattutto con un andamento più attivo del
fronte polare negli anni La Niña. In presenza di tali
condizioni possono formarsi perturbazioni che si
muovono da nord–ovest verso l’America settentrionale e generano forti temporali nelle regioni meridionali (vedi articolo di Mark Bove «Primavera 2011: forti
temporali negli Stati Uniti» da p. 32). Ma anche sul
lungo periodo si osserva che non aumentano solo i
danni da temporale normalizzati, ossia già depurati
degli effetti prodotti dall’incremento dell’esposizione
nel tempo; anche i valori di potenziale temporalesco
misurati dalle stazioni meteorologiche mostrano
un’analoga tendenza all’incremento. Benché all’origine vi siano cambiamenti climatici a lungo termine, il
carattere estremo del 2011 va giustificato soprattutto
con una naturale oscillazione stagionale del clima
legata a La Niña.
Per la stagione degli uragani nell’Atlantico si prevedeva un’elevata attività a causa della transizione verso
la fase debole di La Niña da agosto, ma anche delle
temperature elevate dell’Atlantico tropicale. E in
effetti, con 19 tempeste identificate nel bacino Atlantico si è registrata anche la terza stagione per intensità dall’inizio delle osservazioni; la media nella fase
calda dal 1995 al 2010 era di 15. È sorprendente il
fatto che rispetto al totale solo un numero relativamente piccolo si è trasformato in eventi con forza di
uragano (7 su 19 a fronte di 8 su 15 nella media della
fase calda) e in uragani maggiori di categoria 3 o
superiore (3 su 19 a fronte di 4 su 15 nella media della
fase calda).
Precipitation Anomalies Jan-Dec 2010
Anomalie regionali della piovosità annua nel 2011 rispetto
(with respect to a 1961-1990 base period)
alla media 1961–1990
National Climatic Data Center/NESDIS/NOAA
Su base media annua il tempo meteorologico è stato straordinariamente secco
non solo nel sud degli Stati Uniti, ma
anche in vaste regioni dell’Europa e
dell’Asia.
Più secco
Più umido
della media del periodo 1961–1990
Fonte: National Climatic Data Center/
NESDIS/NOAA
–100% –80%
–60% –40%
–20%
-250mm -200mm -150mm -100mm -50mm
0%
0mm
20%
50mm
40%
100mm
60%
150mm
80%
200mm
100%
250mm
Millimeters
MUNICH RE Topics Geo 2011
43
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Come nei cinque anni precedenti a partire dal 2006,
anche nel 2011 non è stato registrato alcun uragano
che abbia toccato terra come uragano maggiore
(categoria 3 o superiore) negli Stati Uniti, diversamente nel 2004 e nel 2005, quando se ne contarono
sette in totale. I possibili fattori responsabili della trasformazione di un numero relativamente piccolo di
tempeste in eventi di maggiore intensità nel bacino
dell’Atlantico sono:
−−Nonostante la presenza di anomalie positive di temperatura della superficie oceanica soprattutto nel
Mar dei Caraibi, nelle aree centrali e orientali del corridoio tropicale l’acqua era relativamente più fresca
rispetto al 2010. I forti alisei hanno favorito un
mescolamento con gli strati più profondi e quindi un
raffreddamento nella principale zona tropicale di
formazione degli uragani fino al culmine della
­stagione.
−−Malgrado le deboli condizioni La Niña, tra agosto e
ottobre non si è verificata una riduzione media della
differenza tra il vento al suolo e a 6 km di quota in
un corridoio tra 20° e 30° di latitudine nord sopra
­l’Atlantico e il Golfo del Messico; vale a dire che il
gradiente di vento è rimasto alto. Ed è all’interno di
questo corridoio che si è mossa la maggior parte
delle tempeste; qui l’elevato gradiente del vento ha
impedito il rafforzamento delle tempeste. Nel Mar
dei Caraibi il gradiente verticale era più debole, ma
in quella zona si sono formate solo poche tempeste.
Per settimane negli Stati Uniti i vigili del fuoco
hanno lottato contro le fiamme.
44
MUNICH RE Topics Geo 2011
−−Sopra la costa orientale degli Stati Uniti ha stazionato a lungo una cosiddetta saccatura ad alta quota,
ovvero il flusso d’aria si allontanava dalla terraferma
in direzione nord, inducendo la maggior parte dei
cicloni a virare in direzione nord e poi nord–est
sull’Atlantico ancor prima di toccare terra. La saccatura ha inoltre impedito che le tempeste si potessero spingere da est nel Mar dei Caraibi, dove avrebbero potuto rafforzarsi a causa delle condizioni
locali. La saccatura ad alta quota aveva già protetto
le coste statunitensi dall’arrivo di potenti uragani nei
sei anni precedenti, diversamente da quanto avvenuto
invece nel 2004 e nel 2005.
Nel 2011 vi sono stati tre landfall negli Stati Uniti:
l’uragano Irene in North Carolina e New Jersey il 27 agosto dopo un primo landfall nei Caraibi e la tempesta tropicale Lee in Louisiana il 4 settembre.
Soprattutto l’uragano Irene, che era transitato lungo
la parte settentrionale della costa orientale e sopra la
regione di New York, ha fatto suonare un campanello
di allarme poiché dimostra l’immenso potenziale di
danno da uragani in questa regione. Fortunatamente
con il landfall in New Jersey Irene si era indebolito fino
a essere declassato a tempesta tropicale di categoria 1.
I danni registrati in questa regione derivano in prevalenza dalle precipitazioni intense e dalle inondazioni
improvvise associate al passaggio della perturbazione. Complessivamente Irene ha causato danni
assicurati per 5,6 mld US$, mentre il danno economico globale è ammontato a 7,4 mld US$.
CLIMA E CAMBIAMENTO CLIMATICO
La stagione dei tifoni nel Pacifico nord-occidentale è
risultata relativamente debole con 20 tempeste identificate, di cui 10 sono diventate tifoni e 7 tifoni maggiori (categoria 3 o superiore); la media del periodo
1965–2010 è di 16 tifoni e 9 tifoni maggiori. Tutto ciò,
sommato alla circostanza che la maggioranza delle
tempeste sono nate in aree abbastanza distanti nel
bacino occidentale dell’oceano, corrisponde ai tipici
effetti di una fase La Niña. Malgrado la stagione dei
tifoni piuttosto debole, non bisogna dimenticare che
Washi/Sendong, l’ultima tempesta tropicale del 2011,
ha mietuto ca. 1.300 vittime nelle Filippine.
Inondazioni improvvise, alluvioni, frane
In gennaio ca. 900 persone hanno perso la vita nelle
regioni sud-orientali del Brasile a causa di inondazioni
improvvise e smottamenti provocati da precipitazioni
eccezionalmente intense. Si è trattato della catastrofe
naturale con il maggior numero di vittime nella storia
del Paese. In aprile si sono verificati ulteriori alluvioni
improvvise e smottamenti nel Brasile meridionale. In
giugno precipitazioni intense e inondazioni nella Cina
centrale e meridionale hanno causato gravi alluvioni e
frane ed è stato necessario evacuare 1,6 milioni di
­persone. Dopo la devastante inondazione del 2010 il
Pakistan è stato nuovamente colpito da gravi alluvioni
nelle regioni meridionali in agosto e settembre 2011.
La regione del Corno d’Africa, e in particolare il Kenya,
che fino a settembre era stata sconvolta dalla siccità,
a ottobre è stata colpita da piogge intense che hanno
distrutto altri raccolti.
Conclusioni
Molte delle catastrofi meteorologiche del 2011 sono
riconducibili all’influsso di La Niña che ha caratterizzato l’anno. L’effetto sulla circolazione e sulla distribuzione delle precipitazioni, che si origina nel Pacifico
equatoriale, modifica la probabilità che si verifichino
situazioni meteorologiche estreme in molte regioni del
mondo. Ne sono una dimostrazione le inondazioni in
Australia settentrionale e orientale, in particolare nella
zona di Brisbane, la stagione dei temporali forti negli
Stati Uniti o il rafforzamento dell’attività monsonica
nel sudest asiatico: tutti eventi con danni di enorme
entità. Da questo bilancio annuale si evince che si continueranno a seguire le previsioni e le analisi su base
scientifica delle fluttuazioni climatiche naturali come
El Niño/La Niña e dei cambiamenti del rischio che ne
derivano, integrando le relative misure nel risk management degli assicuratori.
In alcuni casi gli effetti di La Niña sembrano esser già
stati modificati dalle conseguenze sul lungo periodo
dei mutamenti climatici, che hanno già prodotto un
riscaldamento della superficie del mare nei decenni
scorsi. Nel caso delle inondazioni nel nordest dell’Australia, p. es. è stato importante che il mare dinanzi
alle coste orientali fosse eccezionalmente caldo, una
circostanza che ha fatto aumentare il grado di evaporazione. Un’atmosfera più calda può anche assorbire più
umidità e generare precipitazioni più violente. Mentre
da un lato un forte anno La Niña provoca sempre un
raffreddamento relativo nella sequenza della temperatura media globale, dall’altro si vede chiaramente
che gli stessi anni La Niña stanno diventando sempre
più caldi all’interno della sequenza temporale. Non vi è
alcun motivo di ­dubitare che il fenomeno del riscaldamento terrestre sia tuttora in atto.
L’uragano Irene, la cui traiettoria ha incrociato la
regione densamente popolata tra Boston e Washington nonché l’area di New York, ha risvegliato la consapevolezza dell’enorme potenziale di danno in questa
zona in caso di landfall di un forte uragano. Gli assicuratori e le autorità locali farebbero bene a tenerlo presente nella gestione del rischio di loro competenza e a
considerare tra i relativi scenari il caso assolutamente
non improbabile di una grande catastrofe da uragano
negli Stati Uniti nord-orientali.
Il nostro esperto:
Il Dr. Eberhard Faust è dirigente
esperto di rischi naturali nel settore Ricerca georischi/Centro climatologico aziendale e si
occupa tra l’altro di rischi indotti
dalle naturali oscillazioni climatiche e dai mutamenti climatici.
[email protected]
MUNICH RE Topics Geo 2011
45
NatCatSERVICE e gestione del rischio
NatCatSERVICE:
la banca dati più ­completa
sulle catastrofi naturali
L’incremento delle concentrazioni di valori economici,
nuove regioni in crescita, rischi sempre più complessi
e non da ultimo gli effetti dei mutamenti climatici
fanno dell’analisi dei rischi naturali uno dei componenti essenziali della gestione del rischio. Grazie
all’esperienza pluridecennale nell’analisi e nella
­valutazione degli eventi dannosi di origine naturale,
NatCatSERVICE di Munich Re è una delle fonti di
informazione sulle catastrofi naturali più autorevoli a
livello mondiale. Dal 1974 il settore Ricerca georischi
di Munich Re documenta e analizza i dati relativi a
eventi e danni di tutto il mondo. Proprio da questo
archivio esclusivo è nata la banca dati sui danni da
catastrofi naturali più ricca a livello mondiale, che
risale fino all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e si
accresce ogni anno di ca. 1.000 eventi dannosi di origine naturale. Essa costituisce la base per un ampio
spettro di informazioni, strumenti e servizi nell’ambito
del risk management e della ricerca sui rischi.
­Sviluppata inizialmente per il mondo assicurativo,
NatCatSERVICE viene utilizzata anche da enti scientifici, organizzazioni non governative nonché dai
media; inoltre trova impiego nei processi decisionali a
livello politico.
È possibile scaricare gratuitamente valutazioni, grafici
e statistiche aggiornati dall’area Touch Natural Hazards
sul nostro sito all’indirizzo www.munichre.com/touch
Il 23 ottobre 2011 un sisma di magnitudo Mw 7,2
fa tremare la Turchia orientale. Nella provincia
di Van muoiono oltre 600 persone.
MUNICH RE Topics Geo 2011
47
NatCatSERVICE e gestione del rischio
Le foto dell’anno
10–14 gennaio
Inondazioni: Australia
Danni complessivi: 2,8 mld US$
Danni assicurati: 1,875 mld US$
Morti: 22
12–16 gennaio
Inondazioni improvvise, frane: Brasile
Danni complessivi: 460 mln US$
Danni assicurati: 50 mln US$
Morti: 900
31 gennaio–6 febbraio
Tempeste invernali: Stati Uniti
Danni complessivi: 1,9 mld US$
Danni assicurati: 1,425 mld US$
Morti: 39
2–7 febbraio
Ciclone Yasi: Australia
Danni complessivi: 2,5 mld US$
Danni assicurati: 1,3 mld US$
Morti: 1
22 febbraio
Terremoto: Nuova Zelanda
Danni complessivi: 16 mld US$
Danni assicurati: 13 mld US$
Morti: 181
11 marzo
Terremoto, tsunami: Giappone
Danni complessivi: 210 mld US$
Danni assicurati: 35–40 mld di US$
Morti: 15.840
Aprile–maggio
Temporali, tornado: Stati Uniti
Danni complessivi: 39 mld US$
Danni assicurati: 20,5 mld US$
Morti: 585
18 aprile–23 maggio
Inondazione: Stati Uniti
Danni complessivi: 4,6 mld US$
Danni assicurati: 500 mln US$
Morti: 9
Aprile–maggio
Inondazioni: Colombia
Morti: 90
48
MUNICH RE Topics Geo 2011
NatCatSERVICE e gestione del rischio
11 maggio
Terremoto: Spagna
Danni complessivi: 200 mln US$
Danni assicurati: 100 mln US$
Morti: 10
Maggio–luglio
Incendi boschivi: Canada
Danni complessivi: 1,5 mld US$
Danni assicurati: 720 mln US$
Morti: 1
Giugno–luglio
Inondazioni: Cina
Danni complessivi: 2 mld US$
Morti: 355
Ottobre 2010–settembre 2011
Siccità: Africa orientale
Morti: >50.000
22 agosto–2 settembre
Uragano Irene: Caraibi, Stati Uniti
Danni complessivi: 7,4 mld US$
Danni assicurati: 5,6 mld US$
Morti: 55
Agosto–novembre
Inondazioni: Thailandia
Danni complessivi: 40 mld US$
Danni assicurati: 10 mld US$
Morti: 813
23 ottobre
Terremoto: Turchia
Danni complessivi: 550 mln US$
Danni assicurati: 40 mln US$
Morti: 604
4–9 novembre
Inondazioni improvvise: Italia,
Francia, Spagna
Danni complessivi: 2,1 mld US$
Danni assicurati: 1,1 mld US$
Morti: 14
16–18 dicembre
Tempesta tropicale Washi: Filippine
Danni complessivi: 40 mln US$
Morti: 1.268
MUNICH RE Topics Geo 2011
49
NatCatSERVICE e gestione del rischio
L’anno in cifre
Petra Löw, Angelika Wirtz
Il 2011 è stato l’anno più costoso di
tutti i tempi sotto il profilo delle catastrofi naturali per le economie nazionali. Con 380 mld US$ di danni complessivi ha superato largamente il
record che finora era appartenuto al
2005, facendo registrare un risultato
senza precedenti anche per i danni
assicurati, pari a 105 mld US$. Gli
specialisti del settore Ricerca georischi di Munich Re hanno rilevato ca.
820 eventi dannosi, cifra che corrisponde alla media degli ultimi 10
anni. Nel 2005 furono prevalentemente gli uragani nell’Atlantico settentrionale a contribuire all’onere per
sinistri, mentre l’anno scorso sono
bastate le gravi catastrofi sismiche
del Giappone e della Nuova Zelanda a
causare danni complessivi per
228 mld US$, di cui ca. 50 assicurati.
Quasi il 90% degli eventi dannosi
registrati nel 2011 è di origine meteorologica. I danni sia economici che
assicurati provocati da calamità
meteorologiche hanno raggiunto il
secondo valore più elevato dal 1980
(al netto dell’inflazione). Anche sotto
il profilo delle catastrofi di origine
meteorologica il 2011 è stato quindi
un anno eccezionale.
Numero degli eventi
Eventi dannosi: 820
Distribuzione percentuale nel mondo
Nella banca dati NatCatSERVICE di
Munich Re vengono registrati tutti gli
eventi naturali che provocano danni
alle cose o alle persone. A seconda
delle conseguenze economiche o
umanitarie, sono suddivisi in sei classi,
dall’evento dannoso lieve alla grande
catastrofe naturale. Nel 2011 cinque
eventi sono rientrati nella categoria di
danno 6 (grande catastrofe naturale
con migliaia di vittime e/o centinaia di
migliaia di senzatetto e/o danni economici o danni assicurati rilevanti):
–22 febbraio: terremoto, Nuova
Zelanda
–11 marzo: terremo e tsunami,
­Giappone
–Da aprile a maggio: serie di tornado,
Stati Uniti
–Da agosto a novembre: inondazioni,
Thailandia
–Da ottobre 2010 a settembre 2011:
siccità, Africa orientale
La distribuzione percentuale degli
eventi dannosi tra le principali tipologie di rischi naturali (geofisici, meteorologici, idrogeologici e climatici)
­corrisponde all’incirca alla media
degli ultimi 30 anni. Nel 2011 il 91%
delle catastrofi naturali mondiali è
stato determinato da eventi di origine
atmosferica: 300 tempeste, 310 inondazioni, onde di tempesta e movimenti di masse causati da piogge
intense. Nella categoria eventi climatici, ossia incendi boschivi, siccità,
ondate di caldo e di freddo, rientrano
140 eventi, di cui 117 erano incendi
boschivi. Il 9% è riconducibile a rischi
naturali di tipo geofisico: 54 terremoti
e 16 eruzioni vulcaniche che hanno
causato danni a persone e/o a cose.
Numero delle catastrofi naturali 1980–2011
Morti: 27.000
Distribuzione percentuale nel mondo
62%
11%
25%
2%
Danni complessivi:
380 mld US$
Distribuzione percentuale nel mondo
61%
19%
17%
3%
Danni assicurati:
105 mld US$
Distribuzione percentuale nel mondo
47%
37%
13%
3%
Eventi geofisici:
terremoti, eruzioni vulcaniche
1 .000
Eventi meteorologici:
tempeste tropicali, tempeste
invernali, temporali, grandinate,
tornado, tempeste locali
800
600
Eventi idrogeologici:
inondazioni improvvise,
­inondazioni fluviali, onde
di tempesta, movimenti
di masse (frane)
400
200
Eventi climatici:
ondate di caldo e di freddo,
incendi boschivi, siccità
0
1980
50
9%
37%
37%
17%
1985
1990
MUNICH RE Topics Geo 2011
1995
2000
2005
2010
NatCatSERVICE e gestione del rischio
Anche la distribuzione percentuale
degli eventi tra i continenti corrisponde alla media sul lungo periodo.
La maggior parte delle catastrofi si è
verificata in Asia (240) e in America
(290), mentre in Europa sono state
150, 80 in Africa e 60 in Australia.
Morti
Nel 2011 le catastrofi naturali hanno
mietuto 27.000 vittime: un dato assai
inferiore alla media sul lungo periodo,
che dal 1980 si attesta infatti a
73.000 vittime all’anno. A causa del
forte sisma e dello tsunami in Giappone hanno perso la vita 15.840 persone. In Brasile 900 persone sono
decedute a causa di smottamenti.
Gravissime inondazioni hanno mietuto centinaia di vite umane in Pakistan (520 morti), Thailandia (813) e
nelle Filippine (1.268). I temporali
negli Stati Uniti in aprile e maggio
sono costati la vita a 585 persone.
Nel totale delle vittime del 2011 non è
stata considerata la tremenda siccità
seguita da carestia nel Corno
d’Africa, una delle maggiori catastrofi umanitarie dell’anno.
−−Il 61% del danni complessivi e il
47% dei danni assicurati sono stati
provocati da terremoti; la media sul
lungo periodo si attesta rispettivamente sul 22% e sul 10%.
−−I danni complessivi causati da terremoti ammontano a 230 mld US$,
di cui il 22%, ossia ca. 50 mld US$,
assicurati; il valore medio della
quota assicurata è pari al 10%.
−−Solo il 37% dei danni assicurati
sono da attribuire agli eventi di
tempesta mondiali; in media erano
il 76%. Un motivo va ricercato
nell’andamento positivo della
stagione degli uragani che, pur
essendo contrassegnata da una
forte attività, ha fatto registrare
solo tre landfall negli Stati Uniti e
danni assicurati per ca. 5 mld US$;
la media annuale dei danni da uragani negli Stati Uniti nel corso
degli ultimi 10 anni ammontava a
ca. 17 mld US$. Nel 2011 i devastanti tornado negli Stati Uniti
hanno causato invece danni record
per l’industria assicurativa: complessivamente ca. 26 mld US$,
cifra che corrisponde a oltre il
50% di tutti i danni da tempesta
assicurati.
−−Con quasi 15 mld US$ i danni assicurati relativi alle inondazioni hanno
raggiunto una quota del 13%. Le
inondazioni in Australia (gennaio) e
in Thailandia (da agosto a novembre) sono stati gli eventi più onerosi
per l’industria assicurativa.
LE NOSTRE ESPERTE
Angelika Wirtz dirige il NatCatSERVICE nel settore Ricerca georischi/Centro climatologico aziendale.
[email protected]
Danni
I danni complessivi del 2011, che
ammontano a 380 mld US$, sono i
più elevati mai registrati nella banca
dati di Munich Re. Con 105 mld US$
anche i danni assicurati hanno raggiunto un valore record. Messo a confronto con il quadro dei danni dal
1980, il 2011 offre un’immagine assai
diversa:
Petra Löw lavora nel settore Ricerca
georischi/Centro climatologico aziendale come consulente del NatCatSERVICE ed è specializzata in catastrofi naturali e analisi dei trend.
[email protected]
Danni complessivi e danni assicurati in mld US$ (1980–2011)
Danni complessivi
(in valuta 2011)
350
di cui danni assicurati
(in valuta 2011)
300
Trend dei danni
­complessivi
250
200
Trend dei danni
­assicurati
150
100
50
0
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
MUNICH RE Topics Geo 2011
51
NATCATSERVICE E GESTIONE DEL RISCHIO
I modelli 3D creano trasparenza
Oggi la modellazione tridimensionale degli edifici è ancora poco diffusa, ma lo diventerà
presto. Infatti, grazie alla moltitudine di informazioni che fornisce, può offrire, p. es. agli
assicuratori, un importante contributo per l’identificazione e la valutazione del rischio
ma anche per la modellazione dei danni.
Andreas Siebert, Martin Simon
Nell’ambito di un progetto di cooperazione tra l’Università
Ludwig Maximilian (Ludwig-Maximilians-Universität
München, abbreviato in LMU), l’Ufficio di rilevazione topografica e geoinformazione del Land Baviera (Bayerisches
Landesamt für Vermessung und Geoinformation) e
Munich Re, sono attualmente in corso ricerche sull’idoneità
dei modelli tridimensionali di edificio, i cosiddetti modelli a
blocchi, per la modellazione dei rischi naturali.
Si ipotizza infatti che, soprattutto nel caso di eventi su
scala regionale come le inondazioni, una rappresentazione dettagliata degli edifici con informazioni tridimensionali possa migliorare la qualità dei modelli impiegati
nell’assicurazione contro i danni ai beni.
A tale scopo è stata verificata l’idoneità dei dati per la
delimitazione delle aree di inondazione e la loro effettiva
utilità ai fini del miglioramento delle previsioni sui danni
ai fabbricati. In questo senso anche la precisione del
modello digitale di base del territorio (DTM) riveste un
ruolo fondamentale.
Modelli del terreno adeguati: una scelta decisiva
Un aspetto importante della modellazione delle inondazioni è la scelta di un modello del terreno adeguato da cui
ricavare la mappa delle aree inondabili e il battente idrico,
cioè l’altezza raggiunta dall’acqua. A questo scopo l’Ufficio di rilevazione topografica bavarese ha fornito vari
modelli con diverse risoluzioni. Per bilanciare il livello di
dettaglio, il volume dei dati e il tempo di elaborazione è
stato verificato quale sia il passo più adatto ai modelli di
inondazioni. A differenza dei modelli con passo di 10 m
(DTM 10), i dati altimetrici nei modelli ad alta risoluzione
(< 2 m) sono certo molto precisi, ma il grande volume di
dati appesantisce notevolmente i tempi di calcolo e
spesso questi modelli molto dettagliati non offrono un
miglioramento significativo dei risultati. Una ricerca sulla
qualità della modellazione delle piene sull’esempio di
Ratisbona, condotta mediante sei modelli digitali del terreno con risoluzioni differenti (1 m, 2 m, 5 m, 10 m, 50 m,
90 m), ha prodotto risultati molto diversi tra loro. I modelli
da 90 m e 50 m forniscono, come prevedibile, risultati
52
MUNICH RE Topics Geo 2011
molto imprecisi, mentre quelli da 10 m a 1 m mostrano
­differenze sostanzialmente minime per quanto riguarda il
numero degli edifici interessati. Anche nella definizione
dei battenti idrici, dato altrettanto importante per stabilire
l’ammontare dei danni, la differenza tra le due ultime risoluzioni si limita a 5–10 cm ed è quindi essenzialmente
­trascurabile. Il DTM 10, grazie al volume di dati ridotto,
rappresenta dunque, a nostro avviso, la base ideale per la
modellazione delle piene.
La rappresentazione in 3D visualizza il livello di
­allagamento
Per la modellazione delle piene applicata al Danubio tra
Ratisbona e Passau sono stati impiegati dati storici sui
livelli idrometrici dell’agosto 2002 nonché diversi scenari
di evento tra cui la piena centenaria, vale a dire una piena
che ricorre statisticamente una volta ogni 100 anni. È
stato inoltre sviluppato un procedimento che ricava scenari di piena dalle zone di inondazione fornite dal sistema
di zonazione del rischio idraulico ZÜRS, sviluppato dal
settore assicurativo tedesco. Per ognuno di questi scenari
si è potuto definire esattamente l’area di inondazione.
Impiegando il modello tridimensionale di edificio è stato
possibile identificare non solo le grandi zone di inondazione, ma anche i singoli edifici interessati dal fenomeno.
Ora è anche possibile determinare il livello di allagamento
in corrispondenza degli edifici. Si tratta di informazioni
molto utili per decidere l’impiego di opere di difesa dalle
piene, come le paratie mobili, e per una gestione efficiente
dei rischi commerciali e industriali.
Interpretazione differenziata dei danni
L’entità relativa dei danni può essere simulata grazie alla
modellazione degli eventi di inondazione e alle diverse
­funzioni di determinazione del danno rispetto al livello
idrometrico. I fattori che influenzano i danni sono: il battente idrico, cioè l’altezza raggiunta dall’acqua, e la durata
dell’inondazione; anche la tipologia dell’edificio (unifamiliare, plurifamiliare, costruzione con o senza cantina), i
materiali impiegati (mattoni, legno) e l’epoca di costruzione sono tutti elementi che possono influire sulla vulne-
NATCATSERVICE E GESTIONE DEL RISCHIO
rabilità degli edifici e di conseguenza sull’ammontare dei
danni. L’analisi dei danni consente di distinguere tra danni
al fabbricato e danni al contenuto. Aggiungendo le informazioni relative alla destinazione d’uso, anch’esse fornite
dall’Ufficio di rilevazione topografica bavarese, è altresì
possibile distinguere le varie funzioni del fabbricato. Questa diversificazione, assieme alle differenti funzioni del
danno, permette inoltre di quantificare i danni relativi agli
edifici industriali o pubblici, oltre a quelli alle abitazioni
residenziali.
In particolare, nel caso di aree industriali con somme assicurate elevate (si pensi alle inondazioni in Thailandia) una
valutazione attendibile del rischio sulla base di dati geografici dettagliati è di grande utilità. La ragione di tale interesse sta nel fatto che nei siti industriali o logistici caratterizzati da relazioni complesse tra le catene di fornitura
possono verificarsi danni ingenti conseguenti all’interruzione di attività lavorativa di fornitori e clienti (i cosiddetti
danni da CBI, Contingent Business Interruption). In Thailandia svariati parchi industriali con enormi concentrazioni di valori economici sono stati colpiti dall’alluvione,
che ha causato fermi dell’attività produttiva e dei trasporti
e, di conseguenza, danni da CBI in numerose aziende
chiave dell’industria elettronica; ne sono derivate a sua
volta difficoltà di fornitura nel settore informatico e in
quello automobilistico su scala mondiale. Una modellazione più precisa del rischio potrà identificare i rischi dei
centri produttivi in maniera più efficace, chiarendo anche
le interrelazioni sul territorio.
Rischio ancora più trasparente grazie a informazioni
aggiuntive
Oltre alla modellazione delle piene e dei danni è possibile
assegnare agli edifici informazioni aggiuntive, come
quelle provenienti dal sistema di zonazione ZÜRS o relative alla destinazione d’uso dei fabbricati. In aggiunta alle
informazioni sugli indirizzi, il modello di edificio «LoD1»
impiegato per la modellazione nell’area del Danubio fornisce dati altimetrici e sulle superfici, nonché descrizioni
della tipologia di fabbricato (e copertura) che possono
offrire ulteriori elementi utili per l’interpretazione dei
danni.
Linea dell’argine riprodotta in un modello digitale del terreno (DTM) a diverse risoluzioni.
Passo della griglia dall’alto al basso: 90 m,
50 m, 10 m, 1 m.
Per migliorare la trasparenza della comunicazione e del
rischio i dati tridimensionali possono essere integrati con
altri valori e informazioni, p. es. l’altezza dell’edificio per
rappresentare l’esposizione o l’entità dei danni. La cartografia tridimensionale offre inoltre l’eccellente opportunità di visualizzare i cumuli di esposizioni e i punti con un
grado di danneggiamento elevato.
D’altro canto è necessario ricordare che deflusso e livello
idrometrico sono grandezze naturali e come tali parzialmente soggette a notevoli incertezze che nessun modello
è in grado di risolvere.
MUNICH RE Topics Geo 2011
53
NATCATSERVICE E GESTIONE DEL RISCHIO
Conclusioni
L’introduzione dei modelli tridimensionali di edificio
è recente; essi vengono utilizzati principalmente per
la ricerca scientifica. Purtroppo questi dati non sono
ancora disponibili nemmeno a livello nazionale e
rimangono aperti numerosi interrogativi riguardo alla
gestione delle licenze e ai costi. Tuttavia a causa
dell’elevata densità di informazioni a livello dei singoli
edifici, questi modelli saranno sempre più richiesti nel
prossimo futuro. Per l’industria assicurativa possono
offrire un importante contributo ai fini dell’identificazione e della valutazione del rischio e alla modellazione dei danni.
Modello tridimensionale di edificio (LoD1) della
città di Ratisbona.
Un’ulteriore evoluzione della modellazione degli edifici, chiamata LoD2 e prevista dall’Ufficio di rilevazione topografica bavarese per il 2015, offrirà al settore assicurativo nuove opportunità di applicazione.
Il modello aggiornato conterrà infatti informazioni
precise sulla copertura dei fabbricati e quindi potrà
essere sfruttato nella modellazione dei danni causati
da tempeste e temporali. Ad esempio si potrà migliorare l’analisi dei danni da temporale o grandine al fabbricato e alle installazioni annesse (p. es. gli impianti
fotovoltaici).
I risultati della modellazione consentiranno una
gestione completa del rischio, ma anche l’identificazione degli edifici che dovrebbero essere protetti dalle
piene in maniera più efficace mediante impianti tecnici: un fattore rilevante nella prevenzione del rischio.
Rappresentazione del battente idrico in corrispondenza di alcuni edifici di Ratisbona in un
modello che rappresenta una piena centenaria.
Rappresentazione del battente idrico in corrispondenza di alcuni edifici di una zona industriale in un modello che rappresenta una piena
bicentenaria.
Battente idrico degli edifici
Nessun allagamento
Fino a 20 cm
Fino a 50 cm
Fino a 100 cm
Oltre 100 cm
54
MUNICH RE Topics Geo 2011
NATCATSERVICE E GESTIONE DEL RISCHIO
Esempio di danni provocati da una piena
­centenaria a Ratisbona.
Danno
Nessun danno
Fino al 10% di danno
Fino al 25% di danno
Fino al 50% di danno
Oltre il 50% di danno
Fonte: Ufficio di rilevazione topografica e geo­
informazione del Land Baviera (Bayerisches
­Landesamt für Vermessung und Geoinformatik)
I NOSTRI ESPERTI:
Andreas Siebert dirige l’unità
Soluzioni geospaziali nel settore
Sottoscrizione aziendale/Gestione
rischio di accumulazione e dal 1995 si
occupa di tecnologie geoinformative
per migliorare la trasparenza del
rischio nella gestione dei rischi naturali.
[email protected]
Martin Simon lavora nel settore
­Sottoscrizione aziendale/Gestione
rischio di accumulazione/Soluzioni
geospaziali, dove si occupa di
­sviluppare soluzioni 3D innovative.
[email protected]
MUNICH RE Topics Geo 2011
55
RUBRICA
I rischi da eventi geofisici
La Terra sotto osservazione
Prof. Dr. Dr. Peter Höppe, responsabile del settore Ricerca georischi/Centro climatologico
­aziendale di Munich Re
[email protected]
Il 2011 è stato l’anno più costoso di
tutti i tempi sotto il profilo delle catastrofi naturali. Se nel 2005 furono
soprattutto le tempeste Rita, Wilma
e Katrina a produrre danni da record,
nel 2011 le devastazioni più gravi
sono imputabili ai terremoti e più in
particolare agli eventi sismici che
hanno colpito il Giappone e la Nuova
Zelanda. Ed è soltanto perché la densità di assicurazione dei danni da terremoto è notevolmente inferiore a
quella dei danni da tempesta, che lo
scorso anno i danni assicurati, pari
a 105 mld US$, hanno superato di
poco quelli del 2005, il più oneroso
per l’industria assicurativa fino al
2011.
Dopo 15 anni in cui le catastrofi
meteorologiche sono state la causa
prevalente dei danni, il 2011 ci ha
ricordato quanto sia instabile il pianeta su cui viviamo. Già nel 2010 i
terremoti in Cile e ad Haiti e l’eruzione dell’Eyjafjallajökull in Islanda
avevano dirottato l’attenzione pubblica sui rischi geofisici. I danni
materiali ammontavano però solo
alla metà circa di quelli causati dagli
estremi meteorologici. Mediamente
negli ultimi 31 anni i danni da eventi
geofisici hanno rappresentato il 22%
dei danni economici da catastrofi
naturali, ma solo il 10% di quelli
­assicurati.
Malgrado i mutamenti climatici non
dobbiamo dimenticare il rischio
sismico
Negli ultimi anni ha suscitato scalpore il moltiplicarsi degli eventi
meteorologici estremi, che con tutta
probabilità è da ricondurre ai mutamenti climatici. Che le attività
dell’uomo (emissione di gas serra)
incrementino il rischio di catastrofi
naturali è qualcosa di nuovo nella
56
MUNICH RE Topics Geo 2011
storia dell’umanità. Questo ci ha fatto
un po’ dimenticare che i puri rischi
naturali come terremoti, tsunami o
eruzioni vulcaniche continuano a
rappresentare una grave minaccia.
A eccezione di piccoli sismi indotti
ad esempio dall’attività mineraria
e da bacini artificiali, questi rischi
naturali, per quanto è dato di sapere,
non vengono influenzati dall’uomo,
ma seguono le leggi della natura e
quindi non mostrano trend nemmeno
a lungo termine (alcuni secoli).
Anche l’incremento della globalizzazione provoca danni più elevati
Dal punto di vista statistico è plausibile che ci siano sempre di tanto in
tanto alcuni anni consecutivi con
un’attività più elevata. Gli esperti di
geofisica discutono sull’ipotesi
che alla base di un simile clustering
possano esistere processi fisici. Ma
anche così si tratterebbe comunque
di fenomeni naturali, circostanza che
sul lungo periodo non cambia nulla
alla loro pericolosità. I danni causati
da eventi geofisici raggiungono
dimensioni sempre maggiori e questo dipende da un lato dal fatto che
persone e beni sono sempre più
esposti a tali rischi. Dall’altro l’incremento della globalizzazione provoca
ad esempio danni da interruzione
delle forniture più elevati, come accaduto dopo il terremoto in Giappone e
le inondazioni in Thailandia.
Gli assicuratori non possono impedire le catastrofi, ma sono in grado
di ridurne le conseguenze
Tre anni fa Munich Re ha deciso di
sostenere come sponsor principale,
sia finanziariamente che tecnicamente, il Global Earthquake Model
(GEM), il più grande progetto mondiale di modellizzazione delle cata-
strofi. Ritengo che gli eventi del 2010
e del 2011 abbiano ampiamente
dimostrato quanto questa decisione
sia stata corretta. Si tratta di un progetto che si preoccupa di realizzare
trasparenza sul rischio sismico anche
di quei Paesi di cui nessun provider
commerciale di modellizzazioni si
occuperebbe a causa della loro
ridotta densità assicurativa, in modo
che si creino le basi per l’assicurabilità e per misure di prevenzione.
Infatti, solo chi è cosciente della condizione di pericolo farà in modo che
vengano presi provvedimenti preventivi e che siano disponibili in caso di
catastrofe i presupposti economici
per la ricostruzione e il soccorso alle
vittime.
Il 2011 ha messo chiaramente in luce
che, per quanto siano importanti le
discussioni sull’aumento dei rischi
atmosferici, non si devono dimenticare gli altri rischi naturali perché
non mostrano trend sul lungo periodo,
ma hanno un potenziale di danno
estremamente elevato. Gli assicuratori non possono impedire simili
catastrofi, ma possono contribuire a
mitigarne le conseguenze.
22
10
1
7
33
41
40
48
23
28
20
3
37
9
32
27
8
39
29
46
12
25
26
31
2
5 che soddisfano i criteri di «grande
catastrofe naturale»
50 di maggiore intensità (selezione)
820 eventi dannosi di origine naturale di cui
42
21
6
5
50 34
15
38
16
44
14 13
19
4 35
Eventi geofisici: terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche
Eventi meteorologici: tempeste tropicali, tempeste invernali,
temporali, grandinate, tornado, tempeste locali
Eventi idrogeologici: inondazioni fluviali, inondazioni improvvise,
onde di tempesta, movimenti di masse (frane)
Eventi climatici: ondate di caldo e di freddo, incendi boschivi,
siccità
11
43
45
17
47
Stampa
Druckerei Fritz Kriechbaumer
Wettersteinstrasse 12
82024 Taufkirchen/München
Germania
30
Download
Le analisi, i grafici e le statistiche attuali sono scaricabili
gratuitamente dal nostro sito all’indirizzo:
www.munichre.com/touch>>>NatCatSERVICE
Downloadcenter
24
Numeri d’ordinazione
Tedesco 302-07224
Inglese 302-07225
Francese 302-07226
Spagnolo 302-07227
Italiano 302-07228
49
Redazione
Angelika Wirtz, Munich Re
Dr.-Ing. Wolfgang Kron, Munich Re
Florian Wöst, Munich Re
36
Per informazioni contattare
Angelika Wirtz
Telefono: +49 89 38 91-34 53
Fax: +49 89 38 91-7 34 53
[email protected]
18
Responsabili per il contenuto
Ricerca Georischi (GEO/CCC1)
Illustrazioni
Foto di copertina, p. 2 (a sinistra), 3 (entrambe), 6, 10, 20,
26, 28, 29, 33, 36, 44, 46, 48 (tutte), 49 (tutte): Reuters
p. 1, 4 (a destra), 12, 13, 14, 15, 16, 17, 53, 54, 55 (in alto):
Munich Re
p. 2 (a destra): Chris Spannagle
p. 4 (a sinistra): GettyImages
p. 5, 24: NASA
p. 11, 25, 31, 39, 45, 51, 55 (in basso): Fotostudio Meinen,
Monaco di Baviera
p. 22 (in alto), 30: AP
p. 22 (in basso), 23, 38: picture alliance/dpa
p. 35: Munich Re America
p. 56: Kevin Sprouls
Topics Geo – Mappa mondiale delle catastrofi naturali del 2011
© 2012
Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft
Königinstrasse 107
80802 München
Germania
Telefono: +49 89 38 91-0
Fax: +49 89 39 90 56
www.munichre.com
N.
Data
Evento
Regione
1 10–14.1
Inondazioni
Australia
2 12–16.1
Frane, alluvioni
improvvise
Brasile
3 26–28.1
Inondazioni, alluvioni
improvvise
Arabia Saudita
Morti
Danni
complessivi
mln US$
2.800
900
460
50 Piogge intense, esondazione di fiumi. Migliaia di case danneggiate. 185 ponti e strade distrutti
11
300
80 Rottura di diga. Edifici storici distrutti, capannoni inondati. 11.000 autoveicoli danneggiati
39
1.900
3
500
Tempeste invernali,
blizzard
USA
5 1–8.2
Avversità atmosferiche,
gelo
Messico
6 Feb.–apr.
Inondazioni, frane
Bolivia
7 2–7.2
Ciclone Yasi
Australia
1
2.500
8 3–14.2
Inondazioni
Sri Lanka
18
300
9 14–19.2
Ciclone Bingiza
Madagascar
34
Terremoto
Nuova Zelanda
181
Inondazioni
Angola
Terremoto, tsunami
Giappone
13 3–5.4
Temporali, tornado
14 18.4–23.5
Inondazioni
15 22–28.4
Temporali, tornado
52
200 Temperature fino a –15°C, tempeste di neve. Gravi danni all’agricoltura
1.300 Ciclone di categoria 4. Fabbricati e autoveicoli danneggiati o distrutti. Porti chiusi, traffico
ferroviario sospeso. Danni all’agricoltura. 180.000 utenze domestiche senza corrente
Forti piogge monsoniche. 45.000 case danneggiate o distrutte. Danni ad agricoltura, industria
dell’allevamento e della pesca
Danneggiate >6.000 case e innumerevoli scuole. Distrutto l’80% delle infrastrutture.
Danni all’agricoltura. 77.000 senzatetto
16.000
13.000 Mw 6,3. Estesi fenomeni di liquefazione del suolo. 10.000 case ed edifici multipiano danneggiati o
distrutti
5.000 abitazioni distrutte. Strade e ponti danneggiati. Danni all’agricoltura. 35.000 senzatetto
35.000- Mw 9,0. Tsunami penetra nell’entroterra per 5 km. Devastati lunghi tratti di costa. Gravi danni
40.000 all’industria e all’economia. Centrale atomica di Fukushima Daiichi: reattore danneggiato,
fuoriuscita di radioattività. 6.000 feriti e 500.000 sfollati
210.000
USA
9
3.500
USA
9
4.600
500 Rovesci di pioggia, temporali, pioggia intensa, disgelo. Esondazione di fiumi, spec. Mississippi,
Ohio. Città inondate
USA
350
15.000
7.300 >160 tornado di categoria fino a EF-5, forti temporali, grandinate. Danneggiati città (spec. Tuscaloosa), migliaia di abitazioni, autovetture e un aeroporto. Danni a industria e agricoltura. 269.000
utenze domestiche senza corrente
Colombia
90
Spagna
10
2.000 >20 tornado, violente grandinate. Fabbricati e autoveicoli danneggiati o distrutti
>7.400 case distrutte. Danni elevati alle infrastrutture
200
100 Mw 5,1. Danneggiati 20.000 edifici, strade e autoveicoli. >300 feriti
18 14–16.5
Incendi boschivi
Canada
1
1.500
19 20–27.5
Temporali, tornado
USA
176
14.000
20 1.6–17.7
Inondazioni, frane
Cina
355
2.000
Pioggia intensa. 130.000 fabbricati danneggiati o distrutti Danneggiate centinaia di ponti, strade e
alcune centrali idroelettriche. Danni elevati all’agricoltura. 2,3 milioni di sfollati
21 4.6–21.7
Eruzione vulcano Puyehue Cile, Argentina,
Uruguay
30
Eruzione di gas e cenere. Aeroporti chiusi, cancellate centinaia di voli. Colpiti agricoltura, allevamenti
ovini e pesca
22 13.6
Terremoto
Nuova Zelanda
1
2.000
800 Mw 5,9. Liquefazione del suolo. >100 fabbricati danneggiati. Crollo di ponti, danni a impianti
portuali e cantieri navali
23 25–28.6
Tempesta tropicale Meari, Cina, Filippine,
inondazioni
Corea
17
50
Vento fino a 135 km/h, alluvioni improvvise e colate di fango. Migliaia di case danneggiate o
distrutte. Strade e ponti danneggiati. Traffico aereo interrotto. Danni all’agricoltura
24 2–3.7
Temporali
Danimarca
25 26.7–2.8
Inondazioni, frane
Corea del Nord e
Corea del Sud
88
255
26 28.7–9.8
Tifone Muifa (Kabayan),
inondazioni
Corea, Cina, Giappone, Filippine
22
800
27 Ag.–ott.
Inondazioni
Pakistan
520
2.500
28 Ag.–nov.
Inondazioni
Cambogia,
Vietnam
355
400
29 Ag.–nov.
Inondazioni, frane
Thailandia
813
40.000
30 22.8–2.9
Uragano Irene, onda di
tempesta, inondazioni
Caraibi, Nord
America
55
7.400
31 26–29.8
Alluvioni improvvise
Nigeria
32 Sett.–ott.
Inondazioni
India
90
930
300
102
720 Vento fino a 100 km/h. Centinaia di fabbricati danneggiati o distrutti. Blackout. 10.000 sfollati
6.900 >100 tornado di categoria fino a EF-5, pioggia intensa, grandine. Aviorimesse, >10.000 fabbricati
danneggiati o distrutti. Tornado di categoria EF-5 a Joplin, Missouri (159 morti): città distrutta al
75%. Strade chiuse al traffico
200 Temporali e tempeste di grandine, pioggia intensa. >1.000 fabbricati danneggiati. Interrotte le
linee di comunicazione
76 Rottura di argini, esondazione di fiumi. Villaggi isolati. >15.000 abitazioni e migliaia di autoveicoli
danneggiati. Danni a infrastrutture e agricoltura
100 Tifone di categoria 5. Migliaia di case e impianti portuali distrutti. Barche da pesca capovolte.
Danni a infrastrutture e agricoltura. 1,35 milioni di sfollati
Rottura di argini, 6.000 villaggi inondati, ponti travolti dall’acqua. Perdite elevate in agricoltura e
industria dell’allevamento
20 Piena del Mekong. Argini e ponti travolti dall’acqua, strade bloccate. Centinaia di case danneggiate o distrutte. Danni all’agricoltura
10.000 Forti piogge. Un milione di fabbricati inondati o distrutti. Inondati sette parchi industriali.
Danni elevati a infrastrutture, agricoltura, impianti di acquacoltura e allevamenti
5.600 Uragano di categoria 3. Centinaia di migliaia di fabbricati e autovetture danneggiati o distrutti.
Colpiti il settore agrario e le telecomunicazioni
Pioggia intensa, rottura della diga Eleyele. Case, autovetture e ponti danneggiati o distrutti
Forti piogge monsoniche. Esondazione di fiumi, villagi isolati. 130.000 case dannegiate o distrutte.
Danni elevati a infrastrutture, agricoltura e industria dell’allevamento
33 3–5.9
Tifone Talas
Giappone
68
650
430 Forti piogge, colate di fango. Migliaia di case e autoveicoli danneggiati o distrutti
34 3–10.9
Tempesta tropicale Lee
USA
15
750
560 Villaggi isolati. Migliaia di case e autovetture danneggiate o distrutte. Danni alle infrastrutture
35 4–19.9
Incendi boschivi
USA: spec. Texas
2
1.000
36 12.9
Temporali
Europa
settentrionale
1
300
37 Ott. 2010– Siccità
sett. 2011
Somalia, Gibuti,
Kenya, Etiopia
38 Sett.–dic.
Inondazioni
39 18.9
530 11.000 km2 bruciati. Sono gli incendi boschivi peggiori da più di un decennio in Texas. 1.600 case
distrutte
150 Propaggini dell’uragano Katia. Vento fino a 130 km/h, pioggia intensa, alluvioni improvvise.
Case danneggiate
>50.000
Due anni con precipitazioni inferiori alla media, estrema penuria d’acqua. Gravi danni ad agricoltura
e industria dell’allevamento. Carestia, denutrizione e malattie. Persone colpite: 13,3 milioni
Colombia
187
150.000 fabbricati danneggiati o distrutti. 11.000 km2 di arativo inondati, morti 160.000 animali da
reddito
Terremoto
Asia meridionale e
orientale
134
1.500
40 20–22.9
Tifone Roke (Onyok)
Giappone
13
1.700
1.200 Tifone di categoria 4, vento fino a 215 km/h, pioggia intensa. Danni alle infrastrutture, disagi nei
trasporti pubblici. Case automobilistiche (Toyota, Mitsubishi, Nissan) fermano temporaneamente
la produzione.
41 26.9–4.10
Tifone Nesat, inondazioni
Filippine, Cina,
Vietnam
89
1.500
Vento fino a 150 km/h, forti piogge, smottamenti. Migliaia di case allagate. Danni ad agricoltura e
pesca
42 11–19.10
Inondazioni, frane
America centrale
124
1.500
Esondazione di fiumi, rottura di argini. Decine di migliaia di fabbricati danneggiati o distrutti.
Centinaia di ponti travolti dall’acqua. Danni ad agricoltura e industria dell’allevamento
43 23.10
Terremoto
Turchia
604
550
Tempesta invernale
USA, Canada
29
900
45 4–9.11
Alluvioni improvvise
Francia, Italia
14
2.100
46 23–24.11
Incendi boschivi
Australia
47 15–17.12
Tempesta invernale
Joachim
Europa
occidentale
48 16–18.12
Tempesta tropicale Washi Filippine
Tempesta invernale
Patrick (Dagmar)
Europa settentrionale, Baltico
50 Gen.–dic.
Siccità
USA
50
650
1.268
40
1
200
8.000
Mw 6,9. Epicentro a Sikkim. Centinaia di frane. Decine di migliaia di fabbricati danneggiati o
distrutti. Strade e ponti danneggiati. Interrotte le linee elettriche e di telecomunicazione. Più di
100.000 senzatetto
40 Mw 7,2. 65.000 case danneggiate o distrutte. Blackout, compromesso l’approvvigionamento idrico
e del gas. >4.200 feriti
665 Forti precipitazioni nevose. Interrotte le linee di comunicazione. Pali della luce e alberi abbattuti
1.100 Temporali, colate di fango. Migliaia di fabbricati e autovetture danneggiati o distrutti. Danni elevati
alle infrastrutture
30 Incendi boschivi, >155 km2 bruciati. >30 case distrutte e 16 danneggiate. Strade chiuse al traffico.
200 sfollati
390 Forti precipitazioni nevose, pioggia intensa, alluvioni improvvise. Traffico stradale e ferroviario
bloccati
Alluvioni improvvise, frane. Esondazione di fiumi. >6.800 case danneggiate o distrutte
Vento oltre i 160km/h, pioggia intensa, onde di piena, frane. Strade inondate. Fabbricati, case e
autovetture danneggiati. Traffico stradale e ferroviario bloccati. Infrastrutture di telecomunicazione danneggiate
1.000 Assenza di pioggia e penuria d’acqua. Gravi danni ad agricoltura e industria dell’allevamento
Munich Re
44 28–31.10
49 25–26.12
TOPICS
GEO
Numero 2012
Le catastrofi naturali del 2011
Analisi, valutazioni, posizioni
Esondazione di fiumi. Frana. Centinaia di case distrutte. Danneggiati città, ponti e autostrade.
10.000 senzatetto
113
17 11.5
Numero d’ordinazione: 302-07228
1.425 Blizzard «Groundhog Day». Danneggiati case e autoveicoli. Fermi di produzione in >30 case
automobilistiche
15.840
16 Apr.–mag. Inondazioni, frane
Terremoto
1.875 Esondato il Brisbane River. Decine di migliaia di fabbricati inondati. Danni ad agricoltura e
industria estrattiva
La triplice catastrofe in Giappone · Istantanee di catastrofi: terremoti, inondazioni, tempeste · NatCatSERVICE e gestione del rischio
11 5–16.3
12 11.3
Osservazioni, descrizione dei danni
22
4 31.1–6.2
10 22.2
Danni
assicurati
mln US$
© 2012
Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft
Königinstrasse 107, 80802 München, Germania
TOPICS GEO 2011
Topics Geo – 50 delle maggiori catastrofi naturali del 2011
Terremoto,
inondazione,
incidente atomico
La triplice catastrofe di Tohoku,
in Giappone ha scosso società,
comunità scientifica ed economia.
PAGINA 6
Inondazioni
L’acqua sommerge
Australia, Stati Uniti
e Thailandia
Vertice sul clima
Decisioni rinviate
al futuro
Gestione del rischio
I modelli 3D creano
trasparenza
© 2012
Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft
Königinstrasse 107
80802 München
Germania
Telefono: +49 89 38 91-0
Fax: +49 89 39 90 56
www.munichre.com
Responsabili per il contenuto
Ricerca Georischi (GEO/CCC1)
Per informazioni contattare
Angelika Wirtz
Telefono: +49 89 38 91-34 53
Fax: +49 89 38 91-7 34 53
[email protected]
Redazione
Angelika Wirtz, Munich Re
Dr.-Ing. Wolfgang Kron, Munich Re
Florian Wöst, Munich Re
Illustrazioni
Foto di copertina, p. 2 (a sinistra), 3 (entrambe), 6, 10, 20,
26, 28, 29, 33, 36, 44, 46, 48 (tutte), 49 (tutte): Reuters
p. 1, 4 (a destra), 12, 13, 14, 15, 16, 17, 53, 54, 55 (in alto):
Munich Re
p. 2 (a destra): Chris Spannagle
p. 4 (a sinistra): GettyImages
p. 5, 24: NASA
p. 11, 25, 31, 39, 45, 51, 55 (in basso): Fotostudio Meinen,
Monaco di Baviera
p. 22 (in alto), 30: AP
p. 22 (in basso), 23, 38: picture alliance/dpa
p. 35: Munich Re America
p. 56: Kevin Sprouls
5 che soddisfano i criteri di «grande
catastrofe naturale»
1
2
10
21
7
9
11
6
41
16
48
28
8
37
31
Numeri d’ordinazione
Tedesco 302-07224
Inglese 302-07225
Francese 302-07226
Spagnolo 302-07227
Italiano 302-07228
50 di maggiore intensità (selezione)
Eventi geofisici: terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche
Eventi meteorologici: tempeste tropicali, tempeste invernali,
temporali, grandinate, tornado, tempeste locali
Eventi idrogeologici: inondazioni fluviali, inondazioni improvvise,
onde di tempesta, movimenti di masse (frane)
Eventi climatici: ondate di caldo e di freddo, incendi boschivi,
siccità
820 eventi dannosi di origine naturale di cui
50 34
29
32
38
42
23
27
3
40
33
20
15
39
5
12
25
26
43
45
17
44
14 13
19
4 35
47
30
49
24
36
18
Download
Le analisi, i grafici e le statistiche attuali sono scaricabili
gratuitamente dal nostro sito all’indirizzo:
www.munichre.com/touch>>>NatCatSERVICE
Downloadcenter
Stampa
Druckerei Fritz Kriechbaumer
Wettersteinstrasse 12
82024 Taufkirchen/München
Germania
Topics Geo – Mappa mondiale delle catastrofi naturali del 2011
46
22
N.
Data
Evento
Regione
1 10–14.1
Inondazioni
Australia
2 12–16.1
Frane, alluvioni
improvvise
Brasile
3 26–28.1
Inondazioni, alluvioni
improvvise
Arabia Saudita
Morti
Danni
complessivi
mln US$
2.800
900
460
50 Piogge intense, esondazione di fiumi. Migliaia di case danneggiate. 185 ponti e strade distrutti
11
300
80 Rottura di diga. Edifici storici distrutti, capannoni inondati. 11.000 autoveicoli danneggiati
39
1.900
3
500
Tempeste invernali,
blizzard
USA
5 1–8.2
Avversità atmosferiche,
gelo
Messico
6 Feb.–apr.
Inondazioni, frane
Bolivia
7 2–7.2
Ciclone Yasi
Australia
1
2.500
8 3–14.2
Inondazioni
Sri Lanka
18
300
9 14–19.2
Ciclone Bingiza
Madagascar
34
Terremoto
Nuova Zelanda
181
Inondazioni
Angola
Terremoto, tsunami
Giappone
13 3–5.4
Temporali, tornado
14 18.4–23.5
Inondazioni
15 22–28.4
Temporali, tornado
52
200 Temperature fino a –15°C, tempeste di neve. Gravi danni all’agricoltura
1.300 Ciclone di categoria 4. Fabbricati e autoveicoli danneggiati o distrutti. Porti chiusi, traffico
ferroviario sospeso. Danni all’agricoltura. 180.000 utenze domestiche senza corrente
Forti piogge monsoniche. 45.000 case danneggiate o distrutte. Danni ad agricoltura, industria
dell’allevamento e della pesca
Danneggiate >6.000 case e innumerevoli scuole. Distrutto l’80% delle infrastrutture.
Danni all’agricoltura. 77.000 senzatetto
16.000
13.000 Mw 6,3. Estesi fenomeni di liquefazione del suolo. 10.000 case ed edifici multipiano danneggiati o
distrutti
5.000 abitazioni distrutte. Strade e ponti danneggiati. Danni all’agricoltura. 35.000 senzatetto
35.000- Mw 9,0. Tsunami penetra nell’entroterra per 5 km. Devastati lunghi tratti di costa. Gravi danni
40.000 all’industria e all’economia. Centrale atomica di Fukushima Daiichi: reattore danneggiato,
fuoriuscita di radioattività. 6.000 feriti e 500.000 sfollati
210.000
USA
9
3.500
USA
9
4.600
500 Rovesci di pioggia, temporali, pioggia intensa, disgelo. Esondazione di fiumi, spec. Mississippi,
Ohio. Città inondate
USA
350
15.000
7.300 >160 tornado di categoria fino a EF-5, forti temporali, grandinate. Danneggiati città (spec. Tuscaloosa), migliaia di abitazioni, autovetture e un aeroporto. Danni a industria e agricoltura. 269.000
utenze domestiche senza corrente
Colombia
90
Spagna
10
2.000 >20 tornado, violente grandinate. Fabbricati e autoveicoli danneggiati o distrutti
>7.400 case distrutte. Danni elevati alle infrastrutture
200
100 Mw 5,1. Danneggiati 20.000 edifici, strade e autoveicoli. >300 feriti
18 14–16.5
Incendi boschivi
Canada
1
1.500
19 20–27.5
Temporali, tornado
USA
176
14.000
20 1.6–17.7
Inondazioni, frane
Cina
355
2.000
Pioggia intensa. 130.000 fabbricati danneggiati o distrutti Danneggiate centinaia di ponti, strade e
alcune centrali idroelettriche. Danni elevati all’agricoltura. 2,3 milioni di sfollati
21 4.6–21.7
Eruzione vulcano Puyehue Cile, Argentina,
Uruguay
30
Eruzione di gas e cenere. Aeroporti chiusi, cancellate centinaia di voli. Colpiti agricoltura, allevamenti
ovini e pesca
22 13.6
Terremoto
Nuova Zelanda
1
2.000
800 Mw 5,9. Liquefazione del suolo. >100 fabbricati danneggiati. Crollo di ponti, danni a impianti
portuali e cantieri navali
23 25–28.6
Tempesta tropicale Meari, Cina, Filippine,
inondazioni
Corea
17
50
Vento fino a 135 km/h, alluvioni improvvise e colate di fango. Migliaia di case danneggiate o
distrutte. Strade e ponti danneggiati. Traffico aereo interrotto. Danni all’agricoltura
24 2–3.7
Temporali
Danimarca
25 26.7–2.8
Inondazioni, frane
Corea del Nord e
Corea del Sud
88
255
26 28.7–9.8
Tifone Muifa (Kabayan),
inondazioni
Corea, Cina, Giappone, Filippine
22
800
27 Ag.–ott.
Inondazioni
Pakistan
520
2.500
28 Ag.–nov.
Inondazioni
Cambogia,
Vietnam
355
400
29 Ag.–nov.
Inondazioni, frane
Thailandia
813
40.000
30 22.8–2.9
Uragano Irene, onda di
tempesta, inondazioni
Caraibi, Nord
America
55
7.400
31 26–29.8
Alluvioni improvvise
Nigeria
32 Sett.–ott.
Inondazioni
India
90
930
300
102
720 Vento fino a 100 km/h. Centinaia di fabbricati danneggiati o distrutti. Blackout. 10.000 sfollati
6.900 >100 tornado di categoria fino a EF-5, pioggia intensa, grandine. Aviorimesse, >10.000 fabbricati
danneggiati o distrutti. Tornado di categoria EF-5 a Joplin, Missouri (159 morti): città distrutta al
75%. Strade chiuse al traffico
200 Temporali e tempeste di grandine, pioggia intensa. >1.000 fabbricati danneggiati. Interrotte le
linee di comunicazione
76 Rottura di argini, esondazione di fiumi. Villaggi isolati. >15.000 abitazioni e migliaia di autoveicoli
danneggiati. Danni a infrastrutture e agricoltura
100 Tifone di categoria 5. Migliaia di case e impianti portuali distrutti. Barche da pesca capovolte.
Danni a infrastrutture e agricoltura. 1,35 milioni di sfollati
Rottura di argini, 6.000 villaggi inondati, ponti travolti dall’acqua. Perdite elevate in agricoltura e
industria dell’allevamento
20 Piena del Mekong. Argini e ponti travolti dall’acqua, strade bloccate. Centinaia di case danneggiate o distrutte. Danni all’agricoltura
10.000 Forti piogge. Un milione di fabbricati inondati o distrutti. Inondati sette parchi industriali.
Danni elevati a infrastrutture, agricoltura, impianti di acquacoltura e allevamenti
5.600 Uragano di categoria 3. Centinaia di migliaia di fabbricati e autovetture danneggiati o distrutti.
Colpiti il settore agrario e le telecomunicazioni
Pioggia intensa, rottura della diga Eleyele. Case, autovetture e ponti danneggiati o distrutti
Forti piogge monsoniche. Esondazione di fiumi, villagi isolati. 130.000 case dannegiate o distrutte.
Danni elevati a infrastrutture, agricoltura e industria dell’allevamento
33 3–5.9
Tifone Talas
Giappone
68
650
430 Forti piogge, colate di fango. Migliaia di case e autoveicoli danneggiati o distrutti
34 3–10.9
Tempesta tropicale Lee
USA
15
750
560 Villaggi isolati. Migliaia di case e autovetture danneggiate o distrutte. Danni alle infrastrutture
35 4–19.9
Incendi boschivi
USA: spec. Texas
2
1.000
36 12.9
Temporali
Europa
settentrionale
1
300
37 Ott. 2010– Siccità
sett. 2011
Somalia, Gibuti,
Kenya, Etiopia
38 Sett.–dic.
Inondazioni
39 18.9
530 11.000 km2 bruciati. Sono gli incendi boschivi peggiori da più di un decennio in Texas. 1.600 case
distrutte
150 Propaggini dell’uragano Katia. Vento fino a 130 km/h, pioggia intensa, alluvioni improvvise.
Case danneggiate
>50.000
Due anni con precipitazioni inferiori alla media, estrema penuria d’acqua. Gravi danni ad agricoltura
e industria dell’allevamento. Carestia, denutrizione e malattie. Persone colpite: 13,3 milioni
Colombia
187
150.000 fabbricati danneggiati o distrutti. 11.000 km2 di arativo inondati, morti 160.000 animali da
reddito
Terremoto
Asia meridionale e
orientale
134
1.500
40 20–22.9
Tifone Roke (Onyok)
Giappone
13
1.700
1.200 Tifone di categoria 4, vento fino a 215 km/h, pioggia intensa. Danni alle infrastrutture, disagi nei
trasporti pubblici. Case automobilistiche (Toyota, Mitsubishi, Nissan) fermano temporaneamente
la produzione.
41 26.9–4.10
Tifone Nesat, inondazioni
Filippine, Cina,
Vietnam
89
1.500
Vento fino a 150 km/h, forti piogge, smottamenti. Migliaia di case allagate. Danni ad agricoltura e
pesca
42 11–19.10
Inondazioni, frane
America centrale
124
1.500
Esondazione di fiumi, rottura di argini. Decine di migliaia di fabbricati danneggiati o distrutti.
Centinaia di ponti travolti dall’acqua. Danni ad agricoltura e industria dell’allevamento
43 23.10
Terremoto
Turchia
604
550
Tempesta invernale
USA, Canada
29
900
45 4–9.11
Alluvioni improvvise
Francia, Italia
14
2.100
46 23–24.11
Incendi boschivi
Australia
47 15–17.12
Tempesta invernale
Joachim
Europa
occidentale
48 16–18.12
Tempesta tropicale Washi Filippine
Tempesta invernale
Patrick (Dagmar)
Europa settentrionale, Baltico
50 Gen.–dic.
Siccità
USA
50
650
1.268
40
1
200
8.000
Mw 6,9. Epicentro a Sikkim. Centinaia di frane. Decine di migliaia di fabbricati danneggiati o
distrutti. Strade e ponti danneggiati. Interrotte le linee elettriche e di telecomunicazione. Più di
100.000 senzatetto
40 Mw 7,2. 65.000 case danneggiate o distrutte. Blackout, compromesso l’approvvigionamento idrico
e del gas. >4.200 feriti
665 Forti precipitazioni nevose. Interrotte le linee di comunicazione. Pali della luce e alberi abbattuti
1.100 Temporali, colate di fango. Migliaia di fabbricati e autovetture danneggiati o distrutti. Danni elevati
alle infrastrutture
30 Incendi boschivi, >155 km2 bruciati. >30 case distrutte e 16 danneggiate. Strade chiuse al traffico.
200 sfollati
390 Forti precipitazioni nevose, pioggia intensa, alluvioni improvvise. Traffico stradale e ferroviario
bloccati
Alluvioni improvvise, frane. Esondazione di fiumi. >6.800 case danneggiate o distrutte
Vento oltre i 160km/h, pioggia intensa, onde di piena, frane. Strade inondate. Fabbricati, case e
autovetture danneggiati. Traffico stradale e ferroviario bloccati. Infrastrutture di telecomunicazione danneggiate
1.000 Assenza di pioggia e penuria d’acqua. Gravi danni ad agricoltura e industria dell’allevamento
Munich Re
44 28–31.10
49 25–26.12
TOPICS
GEO
Numero 2012
Le catastrofi naturali del 2011
Analisi, valutazioni, posizioni
Esondazione di fiumi. Frana. Centinaia di case distrutte. Danneggiati città, ponti e autostrade.
10.000 senzatetto
113
17 11.5
Numero d’ordinazione: 302-07228
1.425 Blizzard «Groundhog Day». Danneggiati case e autoveicoli. Fermi di produzione in >30 case
automobilistiche
15.840
16 Apr.–mag. Inondazioni, frane
Terremoto
1.875 Esondato il Brisbane River. Decine di migliaia di fabbricati inondati. Danni ad agricoltura e
industria estrattiva
La triplice catastrofe in Giappone · Istantanee di catastrofi: terremoti, inondazioni, tempeste · NatCatSERVICE e gestione del rischio
11 5–16.3
12 11.3
Osservazioni, descrizione dei danni
22
4 31.1–6.2
10 22.2
Danni
assicurati
mln US$
© 2012
Münchener Rückversicherungs-Gesellschaft
Königinstrasse 107, 80802 München, Germania
TOPICS GEO 2011
Topics Geo – 50 delle maggiori catastrofi naturali del 2011
Terremoto,
inondazione,
incidente atomico
La triplice catastrofe di Tohoku,
in Giappone ha scosso società,
comunità scientifica ed economia.
PAGINA 6
Inondazioni
L’acqua sommerge
Australia, Stati Uniti
e Thailandia
Vertice sul clima
Decisioni rinviate
al futuro
Gestione del rischio
I modelli 3D creano
trasparenza