Matilde forever

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Matilde forever
MATILDE Forever
Prologo
(Tutti con le trecce di Matilde che salgono e scendono dal palco come meteore)
FRANCESCA C
Matilde lei con i sui capelli mossi dal vento, nelle sue tante cavalcate. Lei, tra un castello e l'altro,
da una città all'altra, tra i canti di vittoria dei suoi armati, i nitriti dei cavalli, le bandiere, le armi
scintillanti. Lei eroina del tempo. Donna d’azione. Lei guerriera. Lei tra papato e impero. Lei sola
nella morte. Immobile. Alleviata dalle preghiere. Lei sola nella fede. Lei solo lei è per sempre: Matilde forever.
VITTORIA
Lei, con il Volto altero, sicuro, a cavallo, armata, come sul punto di dare inizio a uno scontro Campale. Nella “guerra di Cristo” come un’ anima biblica, tra gli eletti, che si opposero al tiranno, alla
“bestia”. Oh si Matilde, eccelsa Contessa, vera figlia di San Pietro, in una guerra giusta, frutto della
carità dell’amore per il prossimo e per Dio. Lei, non meno di un uomo, pronta a morire. Lei sposa di
Dio.
FRANCESCA
Lei, lassù, sempre più in alto, tra le divine. Spogliata di tutto, senza più affetti, senza famiglia. Sola
contro i nemici della Croce di Cristo. Sola. Su una vetta di indicibile solitudine.
VITTORIA
Oh, Matilde, luce splendente, ardente nel cuore devoto. L`armi, il fermo volere, i vassalli e le proprie ricchezze spinse, sollevò e profuse, combattendo dure battaglie.
FRANCESCA
Oh Matilde, raggiungerai la felicità, le età future ti diranno beata, se non smetterai di combattere
sino all’estremo l’Anticristo e l`eresia che lo sostiene
LAURA
Oh piazza, piazza Grande, detta a noi le gesta e le imprese di Matilde che noi giovan voci qui a codesta lieta gente vogliam narrare. E lei, ancora una volta risplenderà, brillando su ognun di noi prima ancor che faccia notte. E quando il buio a breve ci avvolgerà nel sonno, possa tu o donna divina,
che al tuo sogno per il bene comune rinunciasti, possa tu, ancor una volta, o Matilde, mostrarci la
via della carità per tutti coloro che amano Dio e la sua santa Chiesa. Nei secoli dei secoli, Amen.
I Canossa
LUCIA E GIO Sala
Se vivi ancor fosser Omero e lo stesso Virgilio quest’età darebbe a loro occasion di comporre tanti
versi sui nostri signori. Nell’Antichità nessun fu migliore di questa casata: non i figli di Priamo più
nobili furono d’essi; Riflettono essi come astri la luce della sapienza. Mai questi principi hanno volto le spalle ai nemici. Di provata fede cattolica, generarono figli cattolici; amarono sempre, e seguiron, con onore e timore, del clavigero Pietro la legge, e del suo Clero fedele. Ora questi seguaci di
Cristo sono insiem tumulati. Li pianga con noi insieme a questa piazza, la bianca Canossa, ad essi
più Cara, di tutte le solide rocche; che si esaltino ancor i loro nomi col nostro canto e non sia vano
questo nostro recitar
Matrimonio dei genitori di Matilde
Tre mesi durò il banchetto nuziale, quando il gran Bonifacio, il padre di Matilde sposò Beatrice la
figlia di Federico, nobile duca che assieme alla moglie essa pure di nome Matilde, gli diede in Spo-
sa Beatrice. Quando il duca andò per sposarla con sé porto ornamenti, e Cavalli, ai piedi dei quali
non solo l’acciaio avea fatto porre, ma li aveva fatti ferrar con l’argento, senza ribattere i chiodi,
volendo così che la gente potesse capire quanto grande egli fosse. I destrieri correvan e l’argento si
distaccava e la gente del luogo lo trovava qua e là sulla Strada e nei campi. Lo sposo arricchisce la
Sposa, ma anch’egli é arricchito per mezzo di lei. Ma parliamo, ora, soltanto del padre: ella la cara
madre Beatrice avrà a suo tempo, un Canto tutto per se.
Bonifacio il padre
Una popolana CATIA
Di Bonifacio le imprese ascolti il popolo tutto poichè furon gloriose. D’ingegno gagliardo, bello
d’aspetto, fattosi uomo resse bene ogni cosa. Nel gesto, nella parola, egli era pieno di forza. L’antica Sibilla profetizzò su di lui: con una B doveva cominciare il suo nome e così fu. La profezia lo
disse ricco ed amante di pace, vincitore in ogni battaglia, così disse la Sibilla. Ed una sposa degna di
lui il Signore gli destinò, la grande e bella Beatrice di Gallia. Di stirpe regale, una stirpe delle maggiori del mondo ed i nomi di entrambi legati son dalla lettera B. Su questa terra godevano entrambi
del Cielo ed ora risplendono in Paradiso come già sulla terra.
Un Fornaio Vicky
Venne l’imperatore Corrado e strinse d’assedio la nostra città. Parma tutta si armò contro i soldati
del re e noi tutti ne facemmo strage. Io stesso otto ne ammazzi di quei maledetti. Ma aumentò il furore dell’imperatore che chiamò a se Bonifacio. Noi tutti alla vista del grande Bonifacio impauriti ci
arrendemmo. Fu così che Bonifacio fece giuramento di fedeltà al Re e a sua volta l’imperatore, gli
concesse la marca della Toscana. E fu scritto, scritto su pergamena questo grande trattato. Così si
disse, così noi popol tutto ci raccontammo.
Una ragazza e la sorella MARINA ANNA
Arrivarono gloriosi il duca Bonifacio e i suoi uomini, vittoriosi presso noi Burgundi e si accamparono vicino al nostro castello ma alcuni di loro, rubarono le nostre messi dorate per i loro cavalli e
così noi sdegnati prendemmo subito l’armi stordendo i cavalieri e mio fratello rubò loro i cavalli
insieme ai suoi. Questo noi Burgundi facemmo. Ma il duca Bonifacio adirato profondamente uomini armati di lancia indirizzo su noi e ci fu battaglia campale e astutamente catturò tutti quanti noi
Allobrogi compreso mio fratello. E ordinò di tagliare ad ognuno dei prigionieri naso ed orecchie
perchè restassero tutti con il viso appiattito. La mia nobil madre, mio fratello piangea pregando il
marchese di risparmiarlo. “Non sia mai! Con ciò voglio che i vostri posteri sappiano quel che qui è
accaduto”
Una ragazza MARTINA
E fu così che furon tagliate nasi ed orecchie alla nostra gente tanto da riempir tre scudi.
Tutti si prostrano a terra e raccontano la storia delle monete
- Tittinavano le monete cadute a terra, piovute dal cielo. (lucia)
- Noi tutti come sempre devoti pregavamo prostrati il nostro signore (Giulia)
- Tutti noi salmodiavamo Dio nostro signore e Bonifacio (Elisa)
- Sedea sul suo seggio elevato senza mai alcuna superbia. (Lucio)
- Fu lui che fece lanciare dal tetto della Pomposa dieci libbre di monete che caddero davanti ai nostri occhi, tra le nostre mani. (Gio G)
- Come canto di sirene, suonavano quelle monete tutt’intorno ai nostri giovani corpi. (Giulia)
- Ma nessuno di noi si alzò. Nessuno (Lucia)
- Nessuno aperse una palpebra per guardare il denaro. (GioG)
- Proprio così, nessuno di noi e ricordo le sue parole che lietamente ci disse: “In pochissimi anni
anch’essi saranno come i loro maestri.” (Lucio)
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- Già, così disse il nobile duca. (Elisa)
- Che tale scherzo sia dunque lodato, reso noto ed apprezzato. (Lucia)
Bo-ni-fa-cio, Bo-ni-fa-cio. Bo-ni-fa-cio, Bo-ni-fa-cio.
Peccati e morte di Bonifacio
Matilde FRA B
Ricordo, ricordo ancora: balzai in piedi, corsi sulla loggia perchè uno strano brusio era diventato
tumulto e tutto il castello pareva un subbuglio... sentivo urla, voci isteriche, ordini confusi, pianti di
donne. Rumori di passi veloci, figure rapide che passavano, poi vidi mio padre, ero una bambina
allora. Prima mi apparve il suo grande cavallo che sbuffava e fremeva e che un oscuro istinto aveva
ricondotto a casa. Poi sopra, il corpo spezzato in due, di mio padre senza vita.
Abate Guido della Pomposa CORO
Il fato volle che una freccia avvelenata durante una battuta di caccia si conficcasse in lui, era il sesto
giorno di maggio quando correvano gli anni di Dio 1052
Matilde
Chi aveva voluto la morte di mio padre? Mia madre non ebbe dubbi, la mano del sicario nascosto in
un cespuglio, acquattato fra i rami bassi era stata armata dall’imperatore Enrico III
Abate Guido della Pomposa
Bonifacio, fu dato alla terra e sepolto e Tu o Mantova possiedi il suo corpo. Che Dio allontani da lui
le catene del Tartaro e che nel giorno del giudizio supremo, possa tu o signore, illuminarlo con tutti
i tuoi santi. Amen
Ragazza CHIARA
Molte furon le imprese brutte e belle che compì questo principe egregio e tutte degne di esser narrate, ma ha fretta il mio racconto, d’arrivare all’amata signora che questo spettacolo vuol celebrare.
Ma ancor prima della madre bisogna mentovare.
Al tempo di Beatrice, la Madre
Seconda Ragazza Ilaria
Al tempo della Contessa era imperatore Enrico II, signore e anche parente di Beatrice e della sua
figlia Matilde. Mori allor questo re e a lui succedette nel regno, il figlio Enrico III, del suo stesso
sangue, che mal governò. Crudele come un serpente. che dopo la morte di Bonifacio, lei sempre
temette ed ora ancor di più, per la sorte dei figli suoi, che al sicuro condusse tra le mura di Canossa.
Ragazza Chiara
L’orrore del giorno che li aveva resi orfani si andava dissipando ma i figli di Bonifacio non tornarono più alla vita felice di prima. Federico, Beatrice e Matilde si trovarono di colpo confinati nelle
sale della rocca
Federico di Canossa (fratello di Matilde) EDO
“Figli miei abbracciate il vostro nuovo padre” così ci disse nostra madre Beatrice quando tornò da
uno dei suoi viaggi non più da sola. Proprio così, Matilde, io e la nostra sorella, avevamo un patrigno: Goffredo, duca della bassa Lorena. Vedovo, con due figlie che mai vedemmo e un figlio più
grande che si chiamava come lui, Goffredo ma storpio e per questo soprannominato Goffredo il
gobbo. Io ricordo solo, che mia madre cercò di nascondermi perchè temeva da parte dell’imperatore
una rivendicazione dato che il suo matrimonio con il duca Goffredo era stato celebrato di nascosto.
Il re Enrico li accusava di ribellione verso l’impero, e fu così che io e mia sorella più piccola ci addormentammo in un sonno di morte e mai più rivedemmo la luce. (si avvicina la sorella Beatrice)
Beatrice (la sorellina di Matilde e Federico) LAURA
Ogni notte per quattro notti, stavamo lì davanti al su letto, il letto dell’imperatore, Enrico III,
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il re di Germania. Come due fantasmi, ombre riflesse, ogni notte additandogli le fiamme dell’inferno, fin quando non confessò di averci ucciso, poi morì, proprio così, quattro giorni dopo di noi.
Matilde Fra B
Io lo vidi il mantello del mio patrigno che scendeva le scale del palazzo di Mantova schizzato di
sangue. Avevo dodici anni e lui Goffredo avrebbe voluto ucciderle tutte quelle monche ma mia madre Beatrice sotto consiglio di Ildebrando invocò la clemenza e si limitò a chiudere il convento a
sparpagliare le suore in altri monasteri.
Seconda Ragazza
Beatrice tenne alti gli onori, governando venticinque anni. Educò ai buoni costumi, fin dall’infanzia, la figlia, l’eccelsa Matilde, modesta nell’anima. E per avere l’aiuto di Colui che governa le stelle, due monasteri ella stessa fondò. Enrico III imperatore del sacro romano impero morì nell’anno
1056 riconsegnando a Beatrice il ducato di Toscana che lui stesso le avea tolto, ma sempre maledisse il suo Goffredo di Lorena, pentito di averlo perdonato perchè da tempo avrebbe dovuto tagliargli
la testa. Suo figlio Enrico IV lo succedette al trono all’età di solo sei anni.
Ragazza
Enrico IV che sempre compiva azioni crudeli. Dai papi sovente fu richiamato con dolci parole. Ma
non generò la sua mente nient’altro che spine.
Seconda Ragazza
La sua mente malvagia fu sprezzante con papa Nicola, disprezzò anche papa Alessandro, che tentò
di privare del pontificato romano, facendo eleggere papa il parmense Cadalo, vescovo di Parma e
ricchissimo.
Ragazzo EUGENIO
Il papa Alessandro riprese la cattedra, con venerazione e quello in fuga a Parma tornò, dove ormai
estenuato, morì col suo crimine.
Terza Ragazza GRETA
Felice regnò il papa Alessandro, con amore paterno s’adoprò come prima a condurre all’ovile il disviato sovrano, ma costui perfido disprezzò i consigli del papa. Continuando ad errare nell’iniquità,
vendeva i vescovadi, e non smise di far tanto male per ciò che il papa diceva.
Ragazzo
Papa Alessandro, che Beatrice e Matilde veneravano, morì nove giorni avanti la fine del maggio
odoroso. Correva il 1073esimo anno di Dio. E che nel giardino del cielo egli in pace riposi. Amen.
Ildebrando: Papa GregorioVII
TUTTI
(sottovoce) Ildebrando/Ildebrando/Ildebrando/...E’ stato eletto papa Idelbrando di Soana... Ildebrando/Ildebrando/Ildebrando di Soana è il nuovo papa.
Una Fedelissima BEA
Ildebrando, consacrato, fu chiamato Gregorio. Attento vigilava sul gregge, perché il lupo non lo assalisse. E più di tutti era pieno di mirabil saggezza. Cercando il ben del suo gregge, Ildebrando ammoniva il re con grande dolcezza, perché si pentisse di colpe si gravi, e rispondea il sovrano, con
buone parole. Tra essi, ad entrambi ben nota, Beatrice, pregava il pontefice pio di vivere in concordia con il re. Giurò l’imperatore, di seguire il volere del papa e di san Pietro, né di vendere più per
denaro le chiese del Sommo Signore.
Una donna ELENA
Mentitore, falso, bugiardo, fu il re, che superbo e insanito, cominciò a sprezzare il pontefice.
Una Fedelissima
Il Santo Padre, colpito assai duramente da questo, scrisse su quanto accaduto a molte persone, tra
cui a Beatrice e sua figlia Matilde che amarono sempre e ardentemente il pontefice, detestando per4
tanto la superba perfidia del re. Dopo di che, inviò al sovrano ancor più severe missive, dicendo di
non poter più tollerare si gravi misfatti.
Una Donna
Il perfido re percorse in lungo ed in largo il regno tramando malvagità contro il papa, motivo di
gioia per i cuori maligni del re e dei suoi seguaci. Tutti sottoscrissero la maledizione contro il custode della casa del Signore in terra. O infame bestemmia, che non si potrà mai più cancellare. E
lieti di questo, s’adunaron di corsa a Pavia, i simoniaci della Longobardia, dove misero in atto il
volere dell’imperatore, giurando e sottoscrivendosi contro il loro Signore.
Una Fedelissima
II re in persona dettò le missive da inviare a Roma, le quali ingiungevano al papa d’alzarsi dal trono
di Pietro.
MARCO
Ma così rispose il Santo padre alla provocazione dell’imperatore al Sinodo:
<<Non turbatevi, o figli, poiché Stan venendo per la santa Chiesa di Cristo, tempi pieni d’infamia e
ricolmi di gravi perigli. Si devono compier gli scandali che sono nelle Scritture, ma guai al malvagio, io grido, per colpa del quale questi scandali avvengono; é il Signore a mostrarci la strada. Come agnelli vi mando in mezzo ai lupi. Da Cristo non ci allontani il tormento di questo momento, ma
siam pronti a porgere il Capo e le membra al martirio: sia dunque colpito dal Verbo il serpente che
c’é stato mostrato, che porta lo scudo e la spada a far guerra all’universale Santa Chiesa di Roma,
che ancora rosseggia del sangue del Cristo benigno>>.
TUTTI
<<Il padre dei padri tu sei, schiaccia dunque il malvagio blasfemo e noi seguiremo obbedienti i tuoi
ordini, noi che tutti ardiamo nel desiderio di morire per Cristo. Proferisci il giudizio: estrai la spada
e percuoti il potente!>>.
Una Fedelissima
<< O beato Pietro, principe degli apostoli, è per tua grazia, il potere dato da Dio di legare e sciogliere in cielo e in terra. Così io proibisco ad Enrico che da sempre insorge contro la tua chiesa con
inaudita superbia, il governo del regno e sciolgo dal vincolo del giuramento verso lui, tutti i cristiani
e ordino che nessuno gli presti servizio come re.>> Così disse papa Gregorio VII e fu scomunica
Una Donna
Chiunque amasse San Pietro e il pontefice approvò l’anatema, che tanto disonorava il sovrano... in
quei tempi, chiunque poteva staccarsi dal papa, ovvero da San Pietro, ma restarono salde le due
Contesse, come roccia, Matilde e l’insigne Beatrice, proclamando che mai si sarebbero allontanate
da papa Gregorio.
Morte di Beatrice
Entra una ragazza con un drappo colorato
TUTTI
Notizie da Pisa...silenzio ci sono notizie da Pisa (la ragazza non risponde e addolorata si accascia
a terra)
IN CORO
(pregando) Noi te Beatrice, piena di buone azioni e di buone parole lodiamo. Tu assai cara ad
ognuno, ai poveri come ai potenti, in Pisa restando ammalata, serenamente questa Vita, lasciasti.
Era il 18 aprile del 1076. Pisa accoglie le tue membra e possa tu Beatrice vedere la luce del Paradiso. E si tenga pur Pisa or le membra della nostra amata Signora e gelosamente le custodisca e le
onori con venerazione mentre noi tutti insiem, con l’animo affranto, ci apprestiam a prendere in custodia la figlia Matilde e le di lei gesta, per i secoli dei secoli Amen
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Una Voce CHIARA
Per quanto risplendano e brillino le gesta che finora abbiamo narrato, ancor più brilleranno e saranno splendenti le imprese, che ci apprestiam a decantare, dell’unica e intramontabile contessa Matilde
MATILDE
BIANCA
Matilde, splendente fiaccola che arde in cuore pio. Aumentò in numero armi, volontà e vassalli, profuse il proprio principesco tesoro, causò e condusse battaglie. Se dovessi citare ad una ad una le
opere compiute da questa nobile signora, i miei versi aumenterebbero a tal punto da divenire innumerevoli come le stelle...
« Corde pio flagrans Mathildis lucida lampas. Arma voluntatem, famulos, gazam proprianque, excitat, expendit, instigat, proelia gessit. Singula si fingam, quae fecit nobilis ista, carmina sic crescens,
sunt ut numero sine stelle. »
Canossa DAVIDE
Tutto quanto io posso di una donna si grande cantare. Ell’è luminosa quanto e fulgido l’astro di
Diana. La fede la illumina, la speranza l’avvolge in modo mirabil ed abita in lei il dono maggiore, la
carità. Ella adora il Verbo Supremo, per cui tutto e stato Creato. Odia i vizi, sa esaltar la Virtù. In
ogni cosa ella mostra discernimento. La sua fama si espanse perenne per tutti i regni. Portan le Vele
oltre i mari l’eco delle sue imprese. Or l’amava, or l’odiava il re dei Tedeschi, ma la gente alemanna, ovunque e spontaneamente, la servì. Ad ogni popol risponde, Senza causar malumori. Sempre
Serena nel volto, nella mente tranquilla. Io Canossa amo i suoi antenati ma ancor di più amo lei. Me
Canossa innalzò e tanto ella mi amò, mi diede le ossa del martir Quirino e mi abbellì sempre, con
nuove torri e sovente la mia gloria a Roma portò.
TUTTI
Ma la nostra signora Matilde si sposò! non è così?
Matilde (a microfono) GIO SALA
<<Esistono uomini dal viso di colorito spento, ma con occhi di fuoco quasi serpentini, vene dure e
forti nelle quali scorre un sangue denso e nerastro, con muscoli sviluppati e sodi e grosse ossa. Essi
sono talmente lussuriosi da comportarsi con le donne come belve o rettili. Sono pieni di amarezza,
avidi, privi di saggezza, Senza moderazione nel piacere sessuale, se non possono sfogare le loro voglie diventano pazzi per la frenesia che hanno in corpo. Quando hanno la possibilità di congiungersi
carnalmente si placano, ma il loro amplesso é colmo di ambiguo piacere e sgradevole per le donne,
carico di un senso di morte come quello dei lupi quando assalgono. Anche se gli uomini giacciono
volentieri con le donne, non le amano. In questi uomini la suggestione diabolica e così potente che,
se potessero, ucciderebbero la loro donna nell’amplesso, perché in loro non c’è amore, ne tenerezza>>
Un popolana CATERINA
Si, sposò il figlio del Barbuto, Goffredo il gobbo, dal quale ebbe una bambina che morì ancora in
fasce. Ma dal marito lei sempre si allontanò. Da sempre non volle da lui nessun legame e fuggi dalla Lorena per vivere sempre nelle terre sue. Nel 1072 lei è a Mantova, più volte il Gobbo la rivuole
con se ma mai Matilde tornò sui sui passi.
Un popolano OLIVIERO
<<Signori ci troviamo difronte a un papa che compie adulterio con una donna che per giunta è sposta e se parlo è perchè ne ho le prove>> Questo gridò malignamente, il Gobbo di Lorena durante un
incontro a Worms con il re, i nobili tedeschi e vescovi simoniaci.
Un marinaio di nome Riccardo MARCO
Era la notte del 18 febbraio del 1076, e lo uccisi io quel disperato deforme che si dibatteva nello
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sterco lanciando contro il cielo rabbiose bestemmie. Si, lo uccisi io il Gobbo di Lorena, quel mostro
che più volte la Contessa aveva respinto con orrore. Lo uccisi perché traditore del papa. Lo aspettai
acquattato tra le frasche, lui si era ritirato in una latrina, lasciando fuori le guardie e quando si calò
le braghe e si piegò per defecare, gli conficcai uno spadino tra le natiche. Due spanne dentro il corpo. Mi presero ed uccisero ma mai confessai, né il mio delitto né tantomeno il mio mandante.
Una popolana
Il marito l’aveva definita “la donnetta del papa” e più volte si era lasciato andare a pesanti allusioni. Immenso fu il clamore suscitato da quella morte ma Matilde, la nostra Contessa mai versò una
lacrima. Non osservò il lutto, né fece recitare alcun ufficio funebre.
Eros e Fede di Matilde di Canossa
Sopra musica medievale Catia balla e Bianca prega seduta su una sedia. Catia si avvicina e la disturba
Bianca: Smettila
Catia: Da quando in qua siamo diventate così suscettibili?
Bianca: ti ho detto di smetterla
C: sto forse disturbando la tua preghiera con il mio ballo?
B: si dia il caso che la figlia di San Pietro non sia avvezza alle frivolezze da femmina
C: come spieghi le tue stoffe preziose, i tuoi gioielli, i sontuosi banchetti?
B: questi dettagli sono irrilevanti, le mie caratteristiche principali sono sempre state l'austerità e la sobrietà,
ed è grazie a ciò che donerò tutti i miei averi alla mia servitù
C: tuo padre, il grande Bonifacio, non la pensava così però, non era forse lui che ostentava la sua ricchezza
gettando argento fra i popoli affamati e poveri?
B: brava, hai detto bene, mio padre, mio padre è stato quello che è stato e ha fatto la fine che doveva fare, io
ho sempre seguito mia madre, Beatrice, in tutte le sue decisioni, con lei sono fuggita in convento per seguire
la mia vera vocazione.
C: non la pensavi così quando hai organizzato 120 giorni di banchetto per conquistare Guelfo l'impotente
B: le circostanze me l'hanno imposto
C: e ti hanno anche imposto di presentarti nuda su un piatto d'argento dopo che per ben tre notti ti ha rifiutata?
B: quel marmocchio non conosceva i modi per corteg..
C: o forse sei tu che non sopporti l'idea di non essere desiderata?
B: l'ho fatto per il mio popolo che aveva bisogno di un erede maschio
C: e il tuo popolo aveva bisogno anche degli schiaffi e degli sputi che quel poveretto si è preso dopo averti
recato questa umiliazione?
B: qualsiasi persona può perdere il lume della ragione ma io l'ho ritrovato, ho ritrovato la mia retta via
C: e allora illuminami, perché nemmeno un convento, una chiesa, uno straccio di messa alla morte di Goffredo il Gobbo?
B: ero accecata dal furore, avevo appena perso una figlia
(Catia accarezza i capelli di bianca)
C: tu sei come me, ti lasci travolgere dalle emozioni
B: smettila io non sono come te, io sono la figlia di San Pietro, l'ancella del Signore, la sposa di Dio
C: o la meretrice?
(bianca si alza e va verso Catia che si sied)
B: basta smettila io non sono come te, tu sei solo una minuscola insignificante parte di me, e se non ci fosse
la mia austerità e integrità saresti solo una puttanella di paese, tu mi fai schifo, sei un verme, un mostriciattolo che striscia nel mio impero di donna
C: e allora perché non mi uccidi?
(Bianca si allontana e Catia si avvicina)
C: perché? Perche? Perché non uccidi il tuo eros?
(Bianca tace)
C: perché non puoi, io e te siamo inscindibili, si io senza di te probabilmente sarei una donnetta senza morale
va bene ma tu senza di me saresti una suoretta di convento
(Bianca prende Catia per la faccia)
B: tu saresti la prima persona che farei bruciare per mancata fede
C: e tu saresti la prima persona che ucciderei per mancanza d'amore
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B: ma non posso
C: lo so
Insieme: perché siamo parte della stessa anima
Bacio
B: così sia.
Gregorio VII ed Il re Enrico IV
A sei voci (a microfono mentre c’è la danza del perdono)
- Matilde deve mediare. Lei è sposa di Dio ma ha giurato fedeltà al suo imperatore. (Davide)
- Lei non vuole la rovina dell’uno per il trionfo dell’altro. (Edo)
- Lei vuole che il papa e l’imperatore si dividano i compiti con equilibrio e misura. (Lucio)
- Lei vuole un mondo più giusto e in pace. Lei sola può parlare a papa Gregorio e commuovere il
suo cuore e lei sola può far inginocchiare il cugino al cospetto della Santa Chiesa. (Mario)
- Ma cosa trama re Enrico, perchè scende con un esercito e cosa fanno tutti quei vescovi scomunicati attorno a lui. (Oli)
- Tutti conoscono la sua abilità nella menzogna e nella doppiezza... (Eug)
- E’una serpe. Lui stesso è il mostro che sua madre aveva sognato di partorire. (Edo)
- Il papa non muove piede dal castello della contessa Matilde. (Lucio)
- Sarà Enrico a salire a Canossa per chiedergli perdono e per giuragli fedeltà (Davide)
- il Re deve aspettare fuori dalle mura di Canossa, sarà il papa a chiamarlo (Oli)
- Enrico dovrà scendere fino al più basso gradino dell’umanità. (Eug)
- Sotto la neve che implacabile fiocca l’imperatore consegna le insegne regali: (Dav)
- la corona, lo scettro, la spada. il mantello col dorso di seta dorata sul quale campeggia l’aquila
nera. (Mario)
- Indossa ora un saio di lana e rimane a capo scoperto e gli viene insegnato come si domanda perdono al papa. (lucio)
- Come piegare il ginocchio, come chinare il capo verso terra senza levare gli occhi, come battersi
il petto e come piangere e sospirare. (Eug)
- In silenzio il grande re deve aspettare (Oli)
- Tre giorni dura la penitenza dell’imperatore sotto la neve. (Mario)
- Scalzo, vestito con un saio di lana, privo di insegne e di seguito (Lucio)
- Non un braciere lo scalda, non una tenda lo ripara, nessun pane lo nutre. (Edo)
- Il re arranca nella fanghiglia e sul ghiaccio, è peggio che essere su un campo di battaglia. Nessuno gli è accanto. Se cade dovrà rialzarsi da solo. (Eug)
- Zoppica la schiena è curva come quella di un vecchio, il capo è chino verso la terra. (Oli)
- Singhiozza Enrico come gli ha insegnato il prete, singhiozza rumorosamente. (Mario)
- La cugina Matilde e l’abate da lontano lo seguono con gli occhi da dietro delle feritoie ma lui, lui
solo, potrà piangendo mostrare al papa il dolore del suo orrendo peccato. (Eug)
- E’ bella e radiosa Matilde, è sua la vittoria, il suo lavoro di mediatrice pacata e paziente sta per
giungere alla fine. La chiesa ha vinto sullo strapotere dell’impero. E finalmente, pensa Matilde
orgogliosa e commossa, finalmente la pace. (Mario)
- Si getta Enrico ai piedi del papa e prostrandosi con le braccia a forma di croce e in lacrime gli
chiede perdono (Edo)
- Gregorio leva la mano, benedice il penitente, lo libera dalla scomunica e gli tende le braccia e
tutte insieme si agitano le bandiere e i vessilli imperiali: “Dio salvi il Enrico IV” (Davide)
Tutti
Dio salvi il re!
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Re Enrico tradisce il giuramento - Guerra tra impero e chiesa
Un narratore ELENA
Papa Gregorio è sgomento. Il re ha infranto il giuramento di fedeltà e di obbedienza. Il papa fugge.
La pace è rotta, ora Enrico vuole nominare un antipapa e ripreso il dominio in Germania punta su
Roma con al suo fianco Guiberto per incoronarsi vicendevolmente
Matilde LUCIA
Io Matilde, mi ritrovo qui, sola, infangata da indicibili infamie e tu Ildebrando costretto a tornare a
Roma perchè minacciato da Enrico. Io, costretta fin da bambina a privarmi di una Corte gentile, mai
un uomo cui donare il mio cuore e con cui avere figli. Io, condannata a circondarmi soltanto di arcivescovi e papi e con loro giocare soltanto all’interminabile e pesante partita che ha per posta il potere. <<Il tuo posto è fuori, a proteggere il papa e a difendere la Chiesa dal cancro della simonia e
dalle strapotere dell’imperatore>> così mi ha sempre ripetuto ed imposto il mio Santo padre e maestro. E così sia. Eccomi a te mio santo padre, tuo angelo custode, tuo paladino, tuo guerriero, per
proteggerti e per te morire. Io Matilde e la Chiesa. E’ questo il mio Credo. Che cos'e mai, per la
Santa Chiesa, la vita di una donna?
Una Donna ANNA
E’ la vita di una donna che all’inizio dell’estate scorta il papa fino alle porte di Roma
E’ la vita di un’ eroina, serva di Dio, che come Giuditta in mezzo al suo popolo invoca il suo canto
Tutti
«Lodate il mio Dio con i timpani,
cantate al Signore con cembali,
elevate a lui l'accordo del salmo e della lode;
esaltate e invocate il suo nome.
Poiché il Signore è il Dio che stronca le guerre.
Signore, grande sei tu e glorioso,
mirabile nella tua potenza e invincibile.
Guai alle genti che insorgono contro il mio popolo:
il Signore onnipotente li punirà nel giorno del giudizio,
immettendo fuoco e vermi nelle loro carni,
e piangeranno nel tormento per sempre».
Narratore
La guerra è di nuovo alle porte Enrico partirà per Roma caccerà Gregorio e metterà Guiberto sul
trono nominandolo Clemente III e si farà incoronare da lui mentre Matilde riceve dal papa l’incarico di fermare le truppe imperiali.
Tutti
(marti) Mantova, Corneto, Reggiolo, Monteveglio, (Gio G)Bressanoro, Oscasale, (Elisa) Piadena,
Santa Margherita, (Oli) Castelnuovo mantovano, Nogara, (Fra C) Cerea, Casteldidone, (Giulia) San
Secondo, Governolo, Revere, San Benedetto in Lirone, (Greta) Quistello, Gonzaga, (Bea) Mirandola, Campagnola, (Laura) Trecentula, Carpi, Fazzano, (Mario) San Martino in Rio, Prato, (Elena)
Canaceto, Panzano, (Fra b) Bianello, Rossena, San Donnino, (Vicky) Baggiovara, Sarzano, Castellarano, Levizzano, (Catia) Carpineti, Sorbara, Toano, Rocca Santa Maria, (GioG) Savignano, Bazzano, (Bianca)Chiagnano, Monterenzio, Scapello, (Gio S)Lucca, Fiumalbo, Canossa.
- La donna vestita di bianco e di blu con le maniche larghe, il mantello di velluto con lo strascico e
il Cappuccio drappeggiato intorno alle spalle... (Ilaria)
- la donna china sulla grande mappa di pergamena, distesa sul tavolo che scruta in silenzio la smisurata geografia dei suoi territori. (Elena)
- La donna, è la Contessa Matilde di Canossa. (Ilaria)
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- Ha trentacinque anni, è sola, e mai come ora si é trovata nel mezzo della bufera. (Marco)
- Da una parte l’imperatore Enrico IV, che sta scendendo dalla Germania per marciare su Roma,
da quell’altra il papa Gregorio VII, esautorato dall'antipapa Guiberto, che governa e guida un
esercito di vescovi e arcivescovi scomunicati, italiani e tedeschi. (Davide)
Narratore CATERINA
La vicaria dell'impero tedesco in Italia ha deciso di negare uomini e armi al suo Signore e cugino e,
dal momento che le ritorsioni non tarderanno a venire, dovrà difendere palmo a palmo quell’immensa zattera tra la Lombardia e il Lazio che sono i suoi territori. Matilde è Sola, non le basteranno
le forze per arginare la furia di Enrico. Ma nelle vene le scorre il sangue audace e fiero di Bonifacio
e per non perdere vite umane, di fronte all’assalto delle truppe imperiali, ripiega di Castello in Castello, così da aggirare lentamente il nemico e trasformare la sua fuga in un inseguimento.
ELENA
Da Canossa a Pelina, a Carpineti, a Montebaranzone e Montebouello, incalzanti e improvvisi sono
gli agguati e le imboscate dei canossiani, annidati in piccoli gruppi nel folto impenetrabile della foresta a presidiare gli impervi e stretti sentieri. Astuti e quatti come animali, strisciando contro la terra assalgono il nemico sorprendendolo.
L’anima di Matilde ANNA
Vestitevi dell'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo
aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i
dardi infuocati del maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la
parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi e anche per me.
Tutti esodo 15 - 6
la tua destra signore, è gloriosa per la potenza. La tua destra , signore, annienta il nemico, con sublime maestà abbatti i tuoi avversari, scateni il tuo furore, che li divora come paglia
Vescovo Anselmo EDO
Guiberto è uomo di satana che come un lupo dilania la Chiesa. Se la Chiesa cadrà dinanzi alla bestia, la fede brillerà ancor più intensamente nell’animo dell’uomo. E se l’uomo seguirà la bestia, il
suo animo sentirà il peccato commesso e, pur se incapace di reagire, partorirà nuovamente fede.
Tutti salmi 94 3-4
fino a quando i malvagi, signore, fino a quando i malvagi trionferanno? sparleranno, diranno insolenze, si vanteranno tutti i malfattori?
Una sacerdotessa
Tutta la terra ammirava la bestia che parlava come un drago e sedusse gli abitanti della terra con
prodigi. Su tutti operava, piccoli e grandi, poveri e ricchi, liberi e schiavi, perchè s’imprimessero il
suo marchio sulla fronte o sulla mano. La bestia esercitava il suo potere dicendo cose enormi e bestemmie.
Vescovo Abramo EDO
Scese come Satana l’impero tedesco e incendiò tutta Roma. Suonano le campane di Roma, suonano
tutte, mentre Matide è costretta al ritiro.
Tutti
Dio eterno è il signore, che ha creato i confini della terra egli dà forza allo stanco e moltiplica il
vigore allo spossato. Quanti sperano nel signore riacquistano la forza, mettono ali come aquile,
corrono senza affannarsi.
Vescovo Abramo
Gregorio si prostra a terra affondano i ginocchi nella fanghiglia scivolosa e molle. Non pronuncia
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parole traccia nell’aria un lentissimo segno della croce. Enrico IV è impaziente vuole farsi incoronare in san Pietro. Una fitta pioggia cade sulla città che cessa soltanto quando l’incendio si spegne.
Una sacerdotessa
Falsi preti e vescovi, intonano disposti su due fila, il “Veni Creator”. Squillano le trombe, si drizzano gli stendardi ed Enrico esce dalla tenda, sfolgorante nel suo lungo mantello con l’aquila nera sul
dorso e la corona d’oro e brillanti sul capo, mentre Guiberto lo nomina imperatore.
Narratore ELENA
Il popolo acclama l’imperatore e gli giura fedeltà e portato in trionfo nel centro delle terre della
contessa di Canossa a Lucca fa suonare le trombe e intima il silenzio.
Enrico IV DAVIDE
(dispiegando un rotolo di pergamena) Dichiaro Matilde di Canossa colpevole di lesa maestà, destituita da ogni diritto patrizio e spogliata del titolo di Contessa, deposta dal governo della marca toscana, privata di ogni bene che le aveva affidato. Dora innanzi, Matilde Artoni sarà considerata una
fuorilegge decaduta da Ogni diritto di fare la guerra, una ribelle che ha perduto i suoi sudditi, che da
questo momento saranno liberi da ogni giuramento di fedeltà, potranno anche ucciderla. Se Matilde
sarà Catturata, nessuno avrà diritto di pagare per riscattare la sua vita: ma impiccata penderà da
una forca in mezzo a una piazza come un qualsiasi malfattore o predone.
Matilde (a microfono) VITTORIA
Ho fondato monasteri perché i monaci non soltanto pregassero per le anime dei miei morti, ma perché insegnassero alla mia gente a leggere, a contare, a curarsi, a lavarsi, a difendersi. Ho fatto edificare ospedali per gli appestati e ospizi per i pellegrini. Ho chiamato architetti e scultori perché costruissero chiese, così che dappertutto la mia gente potesse approdare a una piccola e pacifica oasi
dove un prete potesse raccogliere le loro necessità, così che tutti sapessero che a Canossa una donna
misericordiosa fosse pronta ad ascoltarli. Io Matilde ho amato e difeso la pace fino a quando ha potuto. Ma questo tempo é finito. Mi costa tradire il sovrano nelle cui mani avevo giurato fedeltà eterna. Ma ora sono sola, e soprattutto sola a decidere.
Tutti
A chi m’ invocherà e io darò risposta; presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso. Lo sazierò di lunghi giorni e gli mostrerò la mia salvezza.
Un’Ancella
Eccola allora balzare a cavallo, galoppare decisa verso l’amato Castello di Carpineti. La gonna sollevata, i capelli sciolti nella furia della corsa affannosa. Nessuno riesce a seguirla, donna e destriero
sono un baleno che sale e scende dai colli. Questa terra fertile e bella, protetta dalle rocche e dai castelli, percorsa da uomini e donne operosi. Questi prati ondulati, questi colli ricoperti da ordinati
vigneti, queste montagne ricche di boschi, saranno fra poco travolti dalla guerra.
Matilde LUCIA
Che non si perda un solo battito della nostra storia, io Matilde che instancabilmente ho lavorato
cercando di convincere l’imperatore e il papa a far pace, sono ora pronta a combattere fino alla morte per Canossa, per la mia gente, per Gregorio e per la riforma della Chiesa.
Il Monaco Donizone LUCA
E’ in piedi nella sala del trono vestita di bianco ed oro come una regina e solennemente firma un
atto di donazione alla Chiesa di tutti i suoi beni firmando in lettere maiuscole il suo nome in lettere
romane come Carlo Magno. Il suo sigillo è una croce sulle quali braccia a chiare lettere scrive
“MATILDA DEI GRATIA SI QUID EST” Matilde, per grazia di Dio, se è qualcosa. Poi fonde tutto il suo oro e il suo argento per sostenere il papa nella sua difesa contro l’imperatore. E’ più fiera di
un uomo, è una figura della Bibbia, è maschia come Giaele e staccando dalla parete lo scudo e la
spada di suo padre Bonifacio e afferrando il suo elmo e la sua cotta di maglia si getta con i suoi uomini tra le braccia della guerra. Contro suo cugino Enrico e Clemente III l’antipapa Guiberto.
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Le missive segrete
- MARCO Qui non mi è più possibile stare, bruciano le chiese, i conventi le case, i palazzi a migliaia si contano i morti, ho accettato di seguire Guiscardo il difensore di San Pietro che guida un
esercito di normannni greci e saraceni. (Ildebrando)
- GIULIA Aspetto il passaggio di Enrico, qui a Sorbara nel cuore della pianura padana, mi accompagna giornalmente il vescovo Anselmo a cui mi avete affidata. La mia guida spirituale, il mio
solo conforto (Matilde)
- LUCA Vivo ora a Salerno isolato, esautorato e sconfitto (Ildebrando)
- ELISA E CATERINA Ci ha attaccati il marchese Oberto con cinquemila uomini, mentre mio cugino fugge per la Cisa. Li ho sorpresi nella notte con duemila uomini a me rimasti fedeli e con la
benedizione di Anselmo di Lucca armati di archi, frecce e lance sono caduti nel sonno sotto i
nostri fendenti. Lo stesso Oberto, l’invincibile è stato trapassato alla gola da una freccia. (Matilde)
- LUCIAN Non credete mai a nessuno che osi dire qualcosa di diverso da quello che saprete da
noi. Il papa di Enrico non è fuggito con il suo imperatore in Germania ma si rifugia nel suo palazzo a Ravenna. Non farti ingannare dalle menzogne di tuo cugino (Ildebrando)
- CHIARA “Ho amato la rettitudine, ho odiato l’ingiustizia, per questo muoio in esilio” furono
queste le ultime parole scritte da Ildebrando di Soana papa col nome di Gregorio VII, prima di
morire il 25 maggio del 1085 e con le quali, terminò anche la corrispondenza segreta tra Salerno
e Canossa.
- DAVIDE L’anno dopo muore anche il vescovo Anselmo che Matilde con grande dolore fa seppellire a Mantova e la Santa Chiesa dovrà aspettare, due anni prima di nominare il suo nuovo
papa, che sarà Vittore III che ancora una volta Matilde si trova a difendere dall’antipapa Guiberto.
- EUGENIO Vittore III muore pochi mesi dopo e lo succede urbano II ma l’imperatore interrompe
presto le feste in onore del nuovo pontefice, perchè si è messo in marcia per Roma.
LAURA
“Per l’amor di Dio armi le sue truppe, ostacoli la marcia di Enrico, il pericolo è enorme. Salvi la
Chiesa dalla furia del re. Matilde dovete sposare l'erede del duca Guelfo IV di Baviera, il più accanito nemico dell'imperatore, il più acceso sostenitore tedesco della Chiesa cristiana.” Così scrive
papa Urbano a Matilde
MARTINA
Per molto tempo Matilda rifiuta. Manda all'esigentissimo papa lettere che strapperebbero il cuore
anche alle pietre: già una volta lei e stata costretta a passare attraverso l’inferno di un matrimonio
forzato per difendere la Santissima Chiesa Romana, e ancora non basta?
FRANCESCA C Ma per ristabilire l'equilibrio in Europa, e necessario costruire una barriera contro
l'imperatore.
MARTINA
E com’ era accaduto col Gobbo, anche questo matrimonio é celebrato in segreto: l’imperatore non
deve sapere che, oltre all'esercito di Matilde, dovrà affrontare anche quelli di Guelfo e del marchese
Azzo d'Este.
FRANCESCA COLOMBINI
Per non suscitare sospetti, all’inizio dell’anno 1089 il promesso sposo scende in Italia travestito da
pellegrino, indenne oltrepassa i valichi alpini e le città lombarde presidiate dai vescovi imperiali; e
senza scorta, a cavallo di un mulo, si presenta a Canossa.
MARTINA
Guelfo il Pingue, così chiamano, il giovane sposo.
BIANCA
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Lo accolse con onori, organizzò una festa nuziale di 120 giorni. Qualcuno scrive, che dopo il matrimonio, per due notti, il duca aveva rifiutato il letto nuziale ed il terzo giorno la Contessa si presentò nuda su una tavola (va al microfono) tutto è davanti a te e non v'è luogo dove si possa celare
maleficio.
CATIA
Ma il Duca rimase interdetto; Matilde, indignata, lo assalì a suon di ceffoni e sputandogli addosso
lo cacciò con queste parole:
BIANCA
Vattene di qua, mostro, non inquinare il regno nostro, più vile sei di un verme, più vile di un'alga
marcia, se domani ti mostrerai, d'una mala morte morirai.... Il Duca fuggì; per questo fu soprannominato Guelfo l'impotente.
CATIA
Matilde e il giovane marito si separarono dopo pochissimi giorni; ovviamente i due non ebbero mai
figli.
FRANCESCA BORSARI
Enrico IV mantiene la promessa di invadere Roma per la terza volta e nella primavera del 1090, oltrepassa le Alpi. Il 10 aprile arriva a Verona per prendere Mantova, dove Guelfo e Matilde si sono
trasferiti per rinforzarne le difese di acqua e di terra. Alla metà del mese di maggio, ha inizio l'assedio.
DAVIDE
L’assedio di Mantova dura undici mesi, Guelfo il Pingue combatte con decoroso valore.
FRANCESCA BORSARI
Ma inutile risulta ogni sforzo dopo che Enrico conquista Rivalta e Governolo, provocando il blocco
del rifornimento dei viveri.
ANNA
Il 13 aprile 1092, il venerdì della notte in cui Giuda vende nostro Signore Gesù Cristo, Mantova si
vende all’imperatore. Senza neppure sguainare la spada, la mattina del Sabato Santo Enrico IV oltrepassa la porta di San Pietro mentre, Guelfo, Matilde e i pochi vassalli rimasti a loro fedeli fuggono Verso l’Appennino emiliano.
CATIA
<<Tu, 0 Mantova, ti Copristi di infamia>> scrive in singhiozzi il monaco Donizone dalla sua Cella
di Sant'Apollonio a Canossa.
BEA
In poco tempo, tranne Piadena e Nogara, tutti i castelli e le terra lungo il Po cadono nelle mani di
Enrico. Cade Nonantola, cade San Benedetto. Presa per fame, trafitta da una tempesta di frecce,
Cade anche Manerbio. Matilde si ritira nei suoi castelli sui monti, rinforza e rifornisce di uomini le
sue rocche fra Modena e Reggio Emilia, paga le spie perché controllino le strade percorse dall’invasore, studino le sue abitudini, contino uno per uno i suoi soldati.
GIORGIA SALA
Senza seguito e con pochi soldati, Enrico si ritira nel suo palazzo a Verona, oltre l’Adige.
<<E’ questo il momento per sorprendere l’avversario e sconfiggerlo>> ordina Matilde, assegnando
mille soldati al Capitano Ugo del Manso, figlio del marchese Alberto Azzo d'Este, cugino di suo
marito Guelfo e genero di Roberto il Guiscardo.
LUCIA
<<Non é ora di far pace per tutti?>> disse Guelfo IV, padre del Pingue, sceso dalla Baviera raggiungendo Verona
EDO
<<Continuerò a fare la guerra>> Ribatte Enrico. Il suo disegno é vendicarsi di Matilde, spogliarla
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di tutti i suoi possedimenti e castelli, e libero marciare su Roma.
LUCIA
E’ il mese di giugno quando l’imperatore attraversa il Po, occupa la pianura e gran parte delle terre
di Matilde nel modenese, sale Verso l'Appennino erniliano, conquista le rocche di monte Morello
e di monte Alfredo. Cattura il nobile Gerardo e tutti i suoi uomini. Sta andando a Canossa
MARIO
Dura fin quasi all’autunno l’assedio di Monteveglio, castello importante e fortificato, mentre gli
uomini di Matilde, stremati, già temono di rimanere schiacciati dal potente nemico. Il prezzo che il
re impone per deporre le armi è che Matilde e la sua gente riconoscano Guiberto come loro papa.
GIO GUA
<<Mai! Mai, e ancora mai! Che pace sarebbe mai, questa che andiamo cercando, se riconosciamo
un papa nominato dall'imperatore, e non dai vescovi? Un papa che non è un papa? Sarebbe come
rinnegare tutto ciò che finora ho fatto per la Chiesa, come disseppellire dal suo sarcofago papa Gregorio VII, gettando ai cani le sue veneratissime ossa.>>
MARCO
<<Questa che si farà non é pace. Questo é un insulto a Nostro Signore Iddio. Affidati a Dio, lui ti
aiuterà e tu vincerai. Matilde» Così si levò l‘urlo strozzato dell'eremita Giovanni nel silenzio degli
afflitti presenti. Basta la sua profezia per infondere coraggio a Matilde e a tutti i suoi uomini: in
piedi, tendendo la mano destra Verso il Vangelo, giurano di rimanere fedeli al papa <<fino alla fine
dei nostri giorni>>.
VITTORIA
Nel silenzio assoluto, paiono pietrificati in questo gesto che li condanna a continuare la guerra per
ottenere la pace nelle loro terre invase, rnartoriate, violentate dalle truppe imperiali. Finalmente, si
leva la Voce della signora di Canossa: <<Si trasmetta da tutte le mie torri il segnale: Monteveglio
deve resistere mentre noi sferreremo battaglia all'imperatore.»
LUCA
Inginocchiato l’eremita Giovanni canta salmi invocando ad altissima voce i santi del cielo. Inattesa
dai monti cala una nebbia fittissima che avvolge Canossa in un impenetrabile manto. I tedeschi perdono l'orientamento, i cavalli si spaventano, le spade rimangono sospese nell’aria, i rumori della
guerra diminuiscono, fino a scomparire.
OLIVIERO
<<Ecco il segno del cielo>> urla l’eremita. <<Ecco la mano di Dio che ci sta guidando.» Continua a
Cantare i salmi. Cantano anche i monaci implorando sant'Apollonio perché protegga Matilde, mentre le sue armate, pratiche del luogo anche in mezzo alla nebbia, calano da Canossa e da Bianello,
stringendo l'avversario come in una tenaglia.
LUCA
La mischia é furibonda, uomini e animali cadono uno sull'altro.
OLIVIERO
Agile, impavido, un cavaliere avvolto in un mantello rosso disarciona il figlio del nobile Oberto,
portastendardo imperiale. Lo immobilizza al suolo con 1asta, gli strappa il vessillo con la spada. E
all’improvviso, così come era apparso, sparisce e poi riappare sventolando il vessillo conquistato al
nemico, mentre Enrico IV dà l’ordine di ritirarsi. E umiliato e confuso, ripiega verse la sicura e fedelissima Mantova. Infine, approda a Verona.
ELENA
Canossa é in festa. Lo stendardo imperiale e portato in processione fino alla chiesa di Sant’Apollonio. Sul luogo della battaglia, Matilde ordina che sia eretta una cappella votiva dedicata alla Vergine. Rinfrancata, felice, dopo tanto tempo la vittoriosa Signora ridiscende la valle, si riprende uno
per uno i castelli che avevano ceduto all'assedio nemico. Cede Governolo, colma di cibo e di armi
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che dovevano rifornire i soldati imperiali. Cede Rivalta. Si riavvicinano Milano, Cremona, Lodi,
Piacenza. Soltanto Mantova resta un riccio ostile, superbo.
LUCIAN
La battaglia, conclusa a favore di Matilde, vide Enrico IV abdicare a favore del figlio Enrico V, che
nel 1111 incoronerà Matilde a Vicaria Imperiale d'Italia presso il Castello di Bianello.
ILARIA
Matilde stessa disponeva le sue truppe alla guerra, stando alla loro testa. Non la fiaccano le notti ed
il freddo, non le fanno abbandonare i suoi uomini. Il sangue Matilde non lo versa mai con le proprie
mani
Carità
BEA
Fratelli, aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte. Se anche parlassi le lingue
degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
LUCIAN
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della
fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
BEA
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità,
niente mi giova.
ILARIA
La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di
rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.
Morte di Matilde
LAURA: O Piazza, Piazza grande siamo ormai giunti alla fine della nostria storia la nostra signora
l’ancella del nostro sommo signore ora é a Bondeno. La grancontessa non si alza più. Soffre di un
languore al ventre e di cuore, ma soprattutto di Gotta che le procura lancinanti dolori e piaghe
incurabili.
MARTINA: Gesù mio carissimo, abbi pietà di me ripeteva sempre e quando si rese conto di non
riuscire più ad andare in chiesa si fece costruire di fronte alla sua stanza una cappella in onore di
Dio e San Giacomo di Zebedeo in modo da poter assisstere alle funzioni religiose dalla finestra
della sua stanza.
GIULIA: Prima di morire firmava dal letto, su un trspolo fattole costruire apposta documenti dove
dettava, spogliandosi di tutti i suoi beni, le sue ultime volontà. Donava conventi e chiese, poderi,
terre, corti e villaggi, isole. Ordinò che dopo la sua morte si liberassero i suoi servi e chiese a
monaci di pregare per lei ogni lunedi e la sua firma fu sempre quella in lettere maiuscole col motto
fra i bracci della grande croce “ Matilda dei gratia si quid est”.
EDO: L’annuncio della sua sua morte si ripartì da nord a sud, da est ad ovest. Al tramonto, il cielo si
incendiò dei fuochi per trasmettere la notizia. Tutti gli uomini dei campi, dei fiumi, delle citta, dei
paesi, dei boschi, delle foreste seppero e si inginocchiarono in preghiera. Parve che la terra si fosse
capovolta. Che dove era stata fino ad ora la terra all’improvviso si fosse disteso un cielo gremito di
stelle.
LAURA: Alla sua morte non possedeva più nulla aveva donato tutto ai suoi fedeli, avea solo stretto
al petto un crocefisso e una preghiera: “ Sempre finchè ho vissuto in te ho posto, o signore, la mia
speranza, ora giunta alla fine, ti prego, rivolgi a me, il tuo sguardo che salva.” Era il 24 luglio
dell’anno del Signore 1115.
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Matelda
LUCA
Cammina per le colline di Canossa,
senza lasciar traccia,
avvolta dalla nebbia,
circondata dal suo impero.
E lei,
con i suoi capelli rossi rubino,
che si riflettono
sul bagliore della giovinezza,
si lascia alle spalle
il sangue delle battaglie e l'amore per il Papato
incamminandosi verso la sua sorte.
OLIVIERO
A metà tra un abisso di fuoco e un grattacielo di nuvole,
migliaia di fiori le fanno da sfondo rivestendola di petali,
come una regina del giardino. Granduchessa dell'Emilia.
Finale
(tutti al centro del palco con un cestino di fiori cantando una ninna nanna)
Ninna nanna, ninna nanna per la mia Matilde
Dormi bene, dormi bene oh mia bambina.
Ninna nanna, ninna nanna per la mia Matilde
Dormi bene, dormi bene oh mia piccina.
Diverrai grande, bella e più felice
Sarai più grande e tanto più felice.
Forte e gentile, lo dico io Beatrice.
Sogna sulle note di tua madre Beatrice.
GIULIA (a microfono)
<<Quanti possono dire di aver vissuto? La vita è questa cosa lunga e difficile che pochi arrivano a
comprendere, e pochissimi riescono a sfruttare a pieno.Chi si innamora, chi ha figli, chi combatte,
chi crede, chi ha fede... Si pensa spesso che con la mancanza di uno di questi elementi non si possa
davvero vivere, o dire di aver vissuto. Io sono dell’idea, invece, che si possa vivere anche solo di
una di queste cose. Non é necessario innamorarsi di un uomo o di una donna, non é d’obbligo combattere o avere figli...>> <<La fede, però. Quella ci accompagna per tutta la vita. é qualcosa che ci
tiene legati alla vita, che ci fa sperare, sorridere, correre... Vivere. Come i fiori. I fiori hanno vita
breve, soprattutto quelli spontanei che nascono col vento e muoiono con lui. Eppure nascono, vivono quello che hanno e muoiono. La fede ci tiene ancorati alla realtà ci fa credere che ci sia qualcosa
di più, qualcosa che ci attende; una rassicurazione, due braccia amorevoli, un sorriso caloroso... La
fede è tutte queste cose. La fede ci rassicura anche nei momenti peggiori, nei momenti dove non
osiamo più sperare. Io so di aver vissuto. So di aver vissuto perché ho avuto fede in Dio, in Canossa, nei miei soldati, nelle mie azioni. Io ho avuto fede. Io ho vissuto.
E aspetto. Attendo qui, in questo paradiso terrestre. E colgo fiori ricordando le parole di mia madre
felice, perché le ho dimostrato di aver vissuto.>>
Fine
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