RASSEGNA STAMPA - Atri

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RASSEGNA STAMPA - Atri
RASSEGNA STAMPA
26 febbraio 2016
25/02/2016
Pag. 56 N.1 - gen/feb 2016
Turismo d'Affari
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CAMERE CON SVISTA
Dopo l 'approvazione alla Camera della ridefinizione del quadro normativo che regola le prenotazioni
online, le posizioni di hotel e Ota si fanno sempre più distanti
Giorgio Maggi
Obiettivo raggiunto, o quasi, per gli albergatori dello Stivale. Manca ancora la legge, ma con l'approvazione
del cosiddetto "emendamento Booking" al ddl concorrenza, l'aula della Camera ha di fatto posto le basi per
aumentare la concorrenza nel settore alberghiero. Da ora in poi, infatti, come già accade in Francia dallo
scorso luglio, i singoli alberghi potranno praticare prezzi e condizioni migliori rispetto a quelli applicate da
agenzie online come Booking o Expedia. La reazione degli alberghi «Il vero senso di questa decisione è
che restituisce agli hotel la possibilità concreta di avere un rapporto pieno con i propri clienti. Privare un
albergo della possibilità di praticare, ai clienti più fedeli o a quelli che utilizzano il canale diretto per
prenotare, tariffe particolari è un elemento improprio», ha commentato Renzo Iorio, presidente
Federturismo e amministratore delegato di Accor Italia. «Il rapporto con le Ota non cambia, restano un
interlocutore fondamentale», ha ribadito il manager. «Se non ci fosse stata questa decisione avremmo
continuato a patire lo squilibrio tra i grandi portali e i piccoli alberghi», ha aggiunto Alessandro Nucara,
direttore generale di Federalberghi. «Il mercato italiano è composto da realtà imprenditoriali piccole, che
andavano protette di più. In Francia, per dire, esiste un gigante come Accor, con cinquemila alberghi e
mezzo milione di camere, quando in Italia un milione di camere fanno capo a 34mila strutture ricettive che
devono competere con un gigante come Priceline». In seguito alla nuova decisione, gli alberghi potranno
quindi stabilire liberamente il numero e la tipologia di camere da porre in vendita sui diversi portali e sul
proprio sito internet, senza alcun obbligo di riconoscere condizioni preferenziali ai grandi portali. E se la
decisione del Parlamento avrà certamente conseguenze sul settore leisure - «in questo modo l'Italia sarà
finalmente in grado di competere con la Francia dal punto di vista turistico», ha sottolineato il ministro
Franceschini - non mancheranno gli effetti anche net comparto del business travel. Gli italiani preferiscono
le Ota Grazie a un mercato digitale del turismo che vale 9,5 miliardi di euro, anche per i nostri connazionali
non è più un problema acquistare viaggi tramite dispositivi mobile o attraverso il proprio pc. A dirlo è
l'analisi condotta dal Politecnico di Milano nelsuo Osservatorio di Digital Innovation 2015, secondo cui
nell'ultimo anno è aumentato il peso della componente digitale sul mercato complessivo del turismo in
Italia, passato dal 17 al 19 per cento. E non è tutto, perché se i trasporti godono ancora di un ruolo
dominante nel mercato digitale (72 per cento di market share), le strutture ricettive crescono a un tasso
decisamente superiore, con un + 14 per cento rispetto al 2014. Al loro interno, poi, il transato derivante dai
canali diretti online - i siti dei singoli hotel, i servizi di trasporti e dei tour operator - registrano nel 2015 una
crescita del dieci per cento, mentre i canali indiretti, Ota e aggregatori, crescono invece del 14 per cento.
D'altra parte, che le agenzie online abbiano ormai un peso importante nel sistema turistico del Belpaese è
dimostrato anche da una ricerca di Phocus Wright, secondo cui nel 2015 garantiranno oltre quattro miliardi
di euro al settore, mentre la sola Booking.com ha portato in Italia oltre sette milioni di prenotazioni straniere.
«Un risultato ottenuto grazie agli investimenti che abbiamo potuto fare proprio grazie al parity rate», ha
detto recentemente Andrea D'Amico, country manager di Booking. «La nostra forza è proprio nella
commissione inferiore a quella richiesta dai tour operator. In cambio, però, offriamo un'enorme platea di
potenziali clienti: realizziamo testi e foto degli annunci che poi sono tradotti in 42 lingue, abbiamo un
servizio attivo 24 ore in modo che gli hotel siano sempre pubblicizzati e in cambio non chiediamo nulla.
Come capita quando qualcuno sceglie una sistemazione su Booking, ma poi prenota direttamente con
l'albergo». Chi ci guadagna e chi ci perde Sulla contrarietà delle Ota nei confronti del provvedimento, la
posizione di iorio è precisa: «La nuova situazione non piace alle agenzie online perché mina la possibilità di
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PARITY RATE
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essere i reali interlocutori con l'utente finale, soprattutto nel caso di hotel piccoli e indipendenti». Insomma,
con la nuova decisione della Camera per l'hòtellerie tricolore si tratterebbe di un passo in avanti verso la
concorrenza. «La forza delle Ota nel nostro Paese sta nella parcellizzazione dell'offerta: per me il pericolo
sta nell'avere un'offerta ricettiva in mano a due o tre attori intermediari che fanno leva sul cliente facendosi
forza sull'avere un prezzo migliore di altri», ha ribadito il manager. Anche perché, è sempre Federaberghi a
ribadirlo in una nota, il punto da chiarire è uno solo. «Per una camera d'albergo venduta su un portale a
cento euro il cliente paga cento e l'albergo riceve ottanta. Se l'albergo potesse mettere in vendita la stessa
camera sul proprio sito a novanta euro, il cliente pagherebbe novanta e l'albergo incasserebbe novanta:
entrambi guadagnerebbero dieci euro». Di tutt'altro avviso il numero uno di Booking.com in Italia, secondo
cui la scelta presa dal Parlamento Finirà per danneggiare soprattutto i clienti e i piccoli alberghi. «Il novanta
per cento dei nostri clienti è fatto di strutture con meno di trenta camere, che a differenza degli alberghi
internazionali non hanno possibilità di fare investimenti per la visibilità e la promozione che facciamo noi al
posto loro, e quindi saranno i primi a essere danneggiati. Avere tariffe competitive è per noi fondamentale
per continuare a effettuare un tale tipo di servizio». Adesso, però, la parola spetta al Senato. Che dovrà
ratificare, o meno, il nuovo quadro legislativo.
I prò e i contro Parity rate: perché sì? garantisce alle grandi Ota di continuare a dominare il mercato
poiché i nuovi player si insidieranno difficilmente senza poter applicare una strategia di marketing incentrata
sul prezzo per differenziarsi garantisce la brand equity a favore soprattutto delle grandi catene alberghiere,
che possono usare questa clausola per evitare una guerra al ribasso delle tariffe permette una facile
gestione su tutti i canali online poiché le tariffe proposte devono essere uguali dovunque. ai consumatori,
offre fiducia e garantisce che non esista su nessun'altro canale -online e offline - una tariffa più bassa
garantisce agli hotel adeguate politiche di web marketing cui altrimenti dovrebbero provvedere da soli.
Parity rate: perché no? • costringe gli hotel a non poter differenziare le tariffe e quindi a perdere margini di
ricavi quando la loro prenotazione avviene tramite le Ota (le commissione da corrispondere alle agenzie
online sono in media del 15%). • per il consumatore, la strategia di "parità di prezzi" non permette la
concorrenza e quindi un eventuale ribasso dei costi.
«Questa decisione restituisce agli hotel la possibilità di avere un rapporto pieno con i propri clienti». La
pensa così Renzo Iorio, presidente di Federturismo e amministratore delegato di Accor Italia
«Considerato che i clienti non potranno essere certi dove troveranno la migliore tariffa, si creerà
incertezza sul mercato», sostiene Flavio Ghiringhelli, Managing Director Italy di HRS
Che cosa cambia per il business travel? Molte le questioni in campo, per caprine di più abbiamo chiesto
a Flavio Ghiringhelli, Managing Director Italy di HRS, quali potrebbero essere le conseguenze
dell'abolizione della parità tariffaria sul complesso mondo dei viaggi d'affari. «Fondamentalmente la parity
rate nel b2b non è mai esistita in quanto si è sempre negoziato a seconda delle esigenze della singola
azienda e sempre più si andrà nella direzione in cui sarà l'azienda che fisserà il prezzo. Dal nostro punto di
vista, poi, l'accezione reale di business travel è riferita alle aziende di grandi dimensioni e per questo
segmento la parity rate ha effetti limitati in quanto a fare la differenza sono tutti i servizi costruiti intorno al
"search&book" e che possono garantire efficienza, saving di processo, trasparenza e soddisfazione del
viaggiatore». Ma l'abolizione della parity rate significa maggiore o minore trasparenza per i viaggiatori
d'affari? «Considerato che i clienti non potranno essere certi dove troveranno la migliore tariffa, si creerà
incertezza sul mercato. In questa situazione, poter abbinare le tariffe negoziate dell'azienda, che
garantiscono un prezzo competitivo, alte tariffe scontate negoziate direttamente da HRS, molto più basse
della Bar (Best available rate) pubblica, di centinaia di migliaia di hotel, sia di catena sia indipendenti, è un
elemento centrale e di estremo valore per le aziende». E nei confronti dell'intermediazione, cosa cambia?
«Sul lato aziende, oltre ai servizi accessori, fanno la differenza anche i costi di processo ed è dimostrato
che gestire le prenotazioni offline sia totalmente sia parzialmente crea dispersione, poca adesione alla
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travel policy, perdita di capacità negoziale e tempi di prenotazione più lunghi. Sul lato hotel, il trade-off tra il
miglior prezzo che la struttura potrà fornire a chi prenota direttamente, e i vantaggi che l'intermediazione
crea in termini di semplificazione e raggiungibilità dell'utenza, gioca sempre a favore dell'intermediazione».
Quali sono le conseguenze per un portale come il vostro? «HRS ha un importante orientamento verso la
consulenza volta a soddisfare tutte le esigenze di ottimizzazione dei flussi, razionalizzazione dei portafogli
hotel, integrazione dei processi, servizi pre-durante-post viaggio e innovazione a favore di travel manager e
viaggiatori. Per cui, il vantaggio che offriamo ai clienti aziendali è la copertura di tutta la catena del valore
del viaggio d'affari con un beneficio chiaro per gli hotel di incremento dei tassi di riempimento tra l'altro con
clienti aziendali di qualità e alto spendenti. Gli impatti che pertanto prevedo per HRS saranno quelli di dover
spiegare quanto sopra alle aziende, aggiungendo ulteriore contenuto alla consulenza che offriamo ai nostri
clienti».
Foto: Anche per nostri connaziona non è più un acquistare viaggi dispositivi mobile o attraverso il proprio pc
Foto: Nell'ultimo anno è aumentato il peso della componente digitale sul mercato complessivo del turismo
in Italia, passato dal 17 al 19 per cento
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MEGLIO ESSERE GRANDI
Nel settore dell'ospitalità del terzo millennio a vincere saranno le economie di scala, unico modo per battere
la concorrenza di colossi della sharing economy come Airbnb e HomeAway
Giovanni Fassola
L'ultima notizia la dice lunga. Secondo quanto ha affermato poche seti timane fa il Wall Street Journal, il
Carlson Rezidor Hotel, gruppo che gestisce quasi 1.400 hotel in giro per il mondo con marchi prestigiosi
come quello Radisson e Park Inn, sta valutando quale strategia intraprendere - vendita, fusione,
partnership o acquisizione - per sviluppare il core-business della holding. La mossa di Marriott Del resto,
che il settore dell'hòtellerie stesse attraversando una fase di consolidamento lo si era capito negli scorsi
mesi, quando Marriott International aveva annunciato l'acquisizione di Starwood Hotels & Resorts
Worldwide per la cifra record 12,2 miliardi di dollari, dando vita al primo gruppo alberghiero mondiale (al
secondo posto, Hilton Worldwide, al terzo Ihg): un colosso da 5.500 alberghi, con oltre un milione di camere
in più di cento Paesi. Marriott aveva iniziato a valutare un accordo già nei primi mesi dell'anno scorso,
quando Starwood aveva annunciato di stare esplorando "opzioni strategiche" per il futuro della catena. Tra
le varie ipotesi circolate nei mesi successivi c'era stata anche quella di un merger con Intercontinental
Hotels Group, mentre negli ultimi tempi era spuntata anche la possibilità di un accordo con Hyatt Hotels.
«Ci siamo convinti dei vantaggi dell'unione delle due società», ha spiegato l'amministratore delegato di
Starwood, Arne Sorenson, sottolineando che l'unione mette insieme un totale di trenta brand. Da una parte
quelli di Marriott International, come Courtyard, Ritz-Crlton, Renaissance, JW Marriott e Gaylor, a cui si
aggiungono quelli di alta gamma di Starwood, tra cui St Regis, W, Westin, Le Méridien, Sheraton. Stando
agli analisti, prima del deal di Marriott l'ultimo boom di scalate nel settore alberghiero risaliva addirittura al
2007, quando tra fusioni e acquisizioni si raggiunse la quota record di 75,2 miliardi di dollari (nel 2015,
invece, si arriva a malapena a cinquanta miliardi), ben 26 dei quali impiegati dal fondo di private equity
Blackstone Group per rilevare Hilton. Il consolidamento non si ferma Oltre a Marriott e, come detto, al
gruppo Carlson Rezidor Hotel, la febbre del consolidamento promette di continuare anche nel 201 6, dopo
un 201 5 dove la maggior parte dei colossi appartenenti alla top ten mondiale (vedi box) sono stati
protagonisti di operazioni di Merger 6- Acquisition. Ad aprire le danze era stato Ihg, che sul finire del 2014
aveva comprato l'intero pacchetto di Kimpton Hotels, leader nei boutique hotel indipendenti. Poche
settimane dopo era stata la volta del gruppo cinese Jin Jiang ad acquisire dapprima la catena francese
Louvre Hotels, e poi i due gruppi cinesi Vienna Hotels e Plateno. In questo modo, la holding di Shanghai
occupa adesso la settima posizione a livello mondiale, grazie alle sue quasi 500mila camere, tra proprietà e
gestione. È passato invece dal sesto al quinto posto del ranking globale AccorHotels, il marchio francese
che ha acquisito la catena upscale Fairmont Raffles Hotels International, proprietaria di brand come
Fairmont, Raffles e Swissotel; costo dell'operazione, 2,9 miliardi di dollari, che hanno consentito alla catena
transalpina di rafforzare la sua posizione in un segmento, quello del lusso, particolarmente dinamico. Tanto
che anche Wyndham Hotels Group ha deciso di buttarsi nel mondo luxury con lo shopping di Dolce Hotels
& Resorts. Insomma, se il 201 5 ha segnato un certo movimento nel mondo dell'hòtellerie globale, tutto
lascia pensare che il trend non possa che continuare anche durante l'anno appena iniziato. Il motivo? La
concorrenza di nuove forme di accomodation, insieme all'ascesa inarrestabile delle Olta, fanno assumere
alle economie di scala un'importanza fondamentale. I trend del 2016 A gettare una luce attendibile su quali
saranno veramente i trend del settore alberghiero durante il 201 6 ci ha pensato uno studio di Euromonitor,
secondo il quale l'intera industria dell'ospitalità dovrebbe continuare a crescere, soprattutto in alcuni Paesi
come la Cina (Global-Growth-GDP-and-Hotels-Sales-2009-201 9; Source: Euromonitor International). Sul
fronte MErA, poi, dopo la mossa di Marriott di aumentare la propria potenza di fuoco per poter competere
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Economia
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con agenzie online come Booking.com o Expedia, e piattaforme peer-to-peer come Airbnb, con tutta
probabilità altri big dell'ospitalità mondiale scenderanno in campo. Dopo i rumor che i sono susseguiti nei
mesi scorsi, infatti, potrebbe essere la volta di Hyatt e InterContinental Hotels Group a buttarsi nella
mischia, per non parlare di ciò che potrebbe accadere sul mercato cinese, dove la parte del compratore
potrebbe toccare sia ad holding cinesi interessate a fare shopping di player occidentali, sia viceversa. Altro
fronte caldo dei prossimi mesi sarà senza dubbio quello riguardante gli effetti che l'esplosione della sharing
economy sta producendo sul comportamento dei consumatori, business traveller compresi. La
dimostrazione che qualcosa è cambiato in seguito al boom di Airbnb è venuta dalla decisione presa da
Expedia di acquisire HomeAway, dando di vita, di fatto, alla più grande offerta di appartamenti in affitto
disponibile sul web: in tutto, pi.ù di 1.2 milioni sparsi a ogni angolo del globo. Attenzione, però. Perché
molto presto Airbnb potrebbe decidere di incominciare a vendere altre cose rispetto al suo core-business
tradizionale: non più solo l'affitto di appartamenti privati, ma anche di case-vacanze o delle cosiddette indestination experience. La prova? Al momento il re della sharing economy ha già incominciato a
collaborare con Virgin America per offrire un prodotto end-to-end, tanto che per il 201 6 sono in molti a
pronosticare l'inizio della commercializzazione della camere d'albergo su Airbnb. E rendere più
effervescente il quadro ci sarà anche l'evoluzione del rapporto tra le famose Olta e big digitali come
TripAdvisor e Google. Entrambe decise a entrare direttamente nel processo di prenotazione alberghiero - la
prima attraverso l'accordo valido solo per il mercato Uk con Priceline Group, la seconda estendendo le
funzionalità di Book on Google - diventando cosi veri e propri competitor di Expedia e dei suoi emuli.
La febbre del consolidamento promette di continuare anche nel 2016, dopo un 2015 dove la maggior parte
dei colossi appartenenti alla top ten mondiale sono stati protagonisti di operazioni finanziarie
Marriott e Starwood, che cosa accadrà? È vero che diventerà effettivo solo a partire dalla prossima
estate ma già oggi gli effetti del merger tra Marriott e Starwood stanno turbando il sonno di molti player
dell'ospitalità mondiale. In alcune città, infatti, la joint-venture tra i due colossi porterà la nuova società a
controllare circa il 56 per cento di tutte le camere disponibili, con inevitabili riflessi sui prezzi, oltre ad
aumentare in modo significativo la propria presenza in Asia e Medio Oriente. Tutto da decifrare, poi, il
destino dei trenta brand che si troveranno a far parte della stessa famiglia, alcuni dei quali in diretta
concorrenza tra loro dal punto di vista del servizio e del prezzo, come ad esempio Marriott e Sheraton. In
questo caso specifico, Marriott potrebbe decidere in diversi modi. Ecco alcuni esempi. Prima possibilità,
investendo per ringiovanire il marchio acquisito, seconda aumentare la propria offerta con una semplice
operazione di restyling o, ancora, la terza, mettere in vendita il brand Sheraton, un'operazione che certo
troverebbe molti potenziali interessati. Ma ciò cui gli addetti ai lavori guardano con maggiore curiosità è la
sfida che il nuovo colosso lancerà alle Olta. «Il Ceo di Marriott crede che la migliore offensiva verso
Expedia e Airbnb siano le dimensioni», ha detto recentemente Barry Sternlicht, fondatore ed ex-Ceo di
Starwood Hotels Er Resorts. «Nei prossimi anni mi aspetto di assistere ad ancora nuove operazioni di
consolidamento tra compagnie alberghiere, anche perché le Olta continuano a essere viste come
un'autentica minaccia. Dal punto di vista dell'industria alberghiera, Booking.com è stato un vero e proprio
disastro».
La concorrenza di nuove forme di accomodation, insieme all'ascesa inarrestabile delle Olta, fanno
assumere alle economie di scala un'importanza fondamentale
La risposta di Accor «La tendenza è questa. In un mercato globale ormai prevale il consolidamento. Che
può passare da merger come quello tra Marriot e Starwood, o da forma di franchising o, ancora, da una
soluzuione come quella che abbiamo adottato noi: un marketplace per hotel indipendenti», ha detto poche
settimane fa Renzo Iorio, amministratore delegato di AccorHotels Italia, commentando la notizia della joint
venture tra i due big Usa. In attesa di valutare altre opzioni, infatti, il gruppo francese ha siglato un accordo
con FastBooking che permette ai clienti del gruppo di scegliere la propria struttura all'interno di un ventaglio
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più ampio, tutte rintracciabili semplicemente collegandosi e prenotando sul portale AccorHotels.com. Fino a
ora del resto, la piattaforma è stata lanciata solo in quattro mercati a livello europeo - Italia, Francia,
Spagna e Inghilterra - ma le cifre parlano già chiaro: se in Italia, in pochi mesi, hanno già aderito più di un
centinaio di hotel, a livello globale nel giro di due o tre anni saranno circa diecimila gli alberghi che sarà
possibile trovare all'interno del portale.
Foto: Molto presto Airbnb potrebbe decidere di incominciare a vendere altre cose rispetto al suo corebusiness tradizionale: non più solo l'affitto di appartamenti privati ma anche le cosiddette in-destination
experience
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26/02/2016
Pag. 16
diffusione:141637
tiratura:195317
Le Méridien torna a Roma
Il marchio Le Méridien ritorna in Italia grazie all'accordo siglato da Starwood Hotels & Resorts con il gruppo
Toti. Entro fine anno l'insegna apparirà sullo storico Visconti Palace Hotel che verrà completamente
ristrutturato e prenderà il nome di Méridien Visconti di Roma (situato nel quartiere Prati vicino al Vaticano,
Castel Sant'Angelo e a via Cola di Rienzo) a gestione e proprietà del gruppo Toti. «Siamo impazienti di
stabilire una relazione a lungo termine e reciprocamente vantaggiosa con il gruppo Toti» dichiara Michael
Wale, presidente di Starwood Hotels & Resorts, Europa, Africa e Medio Oriente, «ed entusiasti di riportare
Le Méridien in Italia».
SCENARIO TURISMO E TOUR OPERATORS - Rassegna Stampa 26/02/2016
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MARCHI STORICI/In breve
26/02/2016
Pag. 11
L'Unità
diffusione:22216
tiratura:57915
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Spiagge, la Corte europea contro le mega concessioni italiane
L'avvocato generale contesta la proroga fino al 2020 senza bando. La protesta dei balneari Volontà
bipartisan: serve una riforma che cambi le norme ma tuteli le imprese concessionarie
Massimo Franchi
Il sistema - assai peculiare - di gestione delle concessioni per le nostre spiagge rischia di essere bocciato
dall'Europa. Sotto accusa sono le proroghe automatiche per gli attuali concessionari e la mancanza di
bandi di gara per un bene comune che non può essere privatizzato a vita. Per ora si tratta del parere
dell'avvocato generale della Corte di giustizia europea, Maciej Szpunar. Gli avvocati generali assistono la
Corte. Essi hanno il compito di presentare, in piena imparzialità e indipendenza, un parere giuridico,
denominato «conclusioni», nelle cause di cui sono investiti. Ma quasi sempre la Corte conferma il giudizio
dell'avvoca to generale e dunque è come se le possibilità che il parere diventi una sentenza vincolante
sono molto alte. Tanto che le reazioni danno tutte per scontato il verdetto della Corte di giustizia europea.
Per Szpunar, avvocato 44enne polacco la direttiva europea Bolkenstein sui servizi «impedisce alla
normativa nazionale di prorogare in modo automatico la data di scadenza delle concessioni per lo
sfruttamento economico del demanio pubblico marittimo e lacustre». Il pro nunciamento dell'avvocato
generale fa seguito ai ricorsi presentati dai Tribunali amministrativi regionali (Tar) di Sardegna e Lombardia,
che hanno sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue contro i vari decreti legge emessi dal 2009 al
2012 e convertiti in legge con cui l'Italia ha previsto la proroga automatica della durata delle concessioni
demania li marittime per attività turistico-ricreative dapprima fino al 31 dicembre 2012 e poi fino al 31
dicembre 2020. Oltre alla incompatibilità con la direttiva servizi, per Szpunar, l'automatismo della pro roga
«parrebbe contrario ai principi di libertà di stabilimento e protezione della concorrenza», in quanto tramite
estensione automatica delle concessioni «si sottraggono al mercato, per un periodo irragionevolmente
lungo (undici anni), delle concessioni di beni sicuramente molto importanti sul piano economico». D'altra
parte la proroga delle concessio ni aveva già incassato il 'No' della Commissione europea, in quanto
contrasta con la direttiva che per le concessioni demaniali prevede l'assegnazione tramite asta pubblica.
Secondo l'Ue, si tratta di «servizi su suolo pubblico» e in quanto tali devono essere aperti alla libera
concorrenza come stabilito dal la direttiva Bolkestein, una norma del 2006 entrata in vigore in Italia nel
gennaio del 2010. Le reazioni delle associazioni dei concessionari e di gran parte della politica è di
condanna. E di annuncio di una nuova legge, una nuova riforma che superi la sentenza contraria, data per
scontata. «Seria preoccupazione» viene espressa da parte di Assobalneari che fa parte di Federturismo
Confindustria. «Credo che mai come ora - dichiara in una nota il presidente di Assobalneari, Fabrizio
Licordari - sia necessario che il gover no italiano, che ha da poco nominato il nuovo ministro per gli Aari
Regionali Costa, si rechi a Bruxelles per negoziare con la Commissione europea un perio do transitorio non
inferiore ai trent'anni come avvenuto in Spagna e Portogallo per tutelare il lavoro degli addetti delle 30.000
imprese balneari italiane». Sulla stessa lunghezza d'onda Sergio Pizzolante di Ap. «La prospettiva della
sentenza ci obbliga a fare una legge subito che è già allo studio del nuovo ministro per gli Aari Regionali
Enrico Costa e dei sottosegretari Sandro Gozi, Pier Pao lo Baretta e Dorina Bianchi. Per quanto mi
riguarda, la legge dovrà essere impostata sui seguenti punti - continua Pizzolante -: gare per le aree dove
non c'è impresa o vi siano concessioni senza impresa; prevedere un congruo periodo di transizione per le
imprese esistenti come compensazione per il cambio di regime; nelle aste il canone deve essere definito
prima senza oerte al rialzo; dopo la fase di transizione, ogni modello di adamento delle concessioni nel
rispetto del principio di concorrenza previsto dall'Europa, deve partire dal riconoscimento del valore di
impresa e delle competenze acquisite negli anni. Le 30mila imprese - conclude Pizzolante - non sono nate
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26/02/2016
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L'Unità
diffusione:22216
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abusivamente ma sulla base di una legge dello stato che lo con sentiva e non possono essere chiuse per
legge». Stessa posizione per l'assessore al Turismo delle Regione Marche Moreno Pieroni che parla di
«intervento a gam ba tesa per penalizzare il nostro Paese e un sistema economico basato sul turismo: una
delle voci più rilevanti per la crescita. Questo parere negativo ci deve sollecitare ad un maggiore sforzo
unitario da parte delle Regioni e del governo perché dia una risposta ferma e decisa».
Foto: «Prevede un periodo di transizione come compensazione del cambio di regime»
Foto: Un business redditizio. La spiaggia ligure di Taggia, in provincia di Imperia. Foto: Ansa Claudio
Onorati
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Edizione del: 26/02/16
Estratto da pag.: 43
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Edizione del: 26/02/16
Estratto da pag.: 19
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Spiagge, proroga concessioni verso il no Ue
Nel mirino il rinvio automatico della scadenza per lo sfruttamento del demanio NELLE CONCLUSIONI Al
legislatore italiano la possibilità di valutare le aspettative di rinnovo per il titolare che ha fatto investimenti
Guglielmo Saporito
Concessioni demaniali marittime nel mirino dell'Avvocato generale presso la Corte di giustizia dell'Unione
europea, quanto meno nell'aspetto delle proroghe ingiustificate. Questoè il contenuto delle conclusioni del
25 febbraio su due questioni sorte in Sardegna e sul lago di Garda, ma comuni a tutte le coste marittime e
lacuali. La situazione Diventa così incandescente la situazione dei concessionari che fruiscono di una
proroga fino al 31 dicembre 2020 (decreto legge 179/2012) dopo due rinvii (al 2012, articolo 1 del decreto
legge 194/2009, e poi al 2015 con la legge 25/2010). L'Unione europea aveva già avviato una proced u r a
d i i n f r a z i o n e (2008/4908 del 29 gennaio 2009) e oggi le conclusioni dell'Avvocato generale giungono
puntuali nel ricordare l'obbligo (direttiva Bolkestein 2006/123) di gare imparziali e trasparenti. Tra il 2009 e il
2012, lungo le varie proroghe, l'attività turistico-ricettiva sul demanio si è evoluta passando dal "diritto di
insistenza" previsto dal Codice della navigazione all'ampliamento delle attività praticabili sul demanio
marittimo, anche ai fini di una sua valorizzazione (articolo 1, comma 18 del decreto legge 194/2009). Le
conclusioni Le conclusioni dell'Avvocato generale prendono atto di tale evoluzione, e infatti non sono tanto
severe rispetto a quanto ci si poteva attendere con l'esperienza di precedenti elusioni da impegni
comunitari. La critica dell'Avvocato generale al legislatore italiano si indirizza infatti verso l'automatismo
della proroga, ma nel paragrafo 92 lascia aperta la possibilità che il legislatore valuti, attraverso elementi
concreti, le aspettative del titolare al rinnovo della propria autorizzazione, avendovi effettuato i relativi
investimenti. La direttiva Bolkestein Questa precisazione richiama il contenuto dell'articolo 12 della direttiva
2006/123 (Bolkestein), che consente agli Stati membri di tener conto, nello stabilire le regole di una
procedura di selezione, degli obiettivi di politica sociale, salute e sicurezza dei lavoratori dipendenti e
autonomi, protezione dell'ambiente e salvaguardia del patrimonio culturale. Inoltre, la recente legge
11/2016 (recepimento delle direttive 23, 24 e 25/2014 su appalti e concessioni) contiene principi di
valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilità ambientale, utilizzo di personale locale, valutazione
delle ricadute occupazionali: questi principi, insieme all'articolo 13 dello Statuto delle imprese (legge
180/2011) e all'articolo 1, lettera ccc della legge 11/2016 (miglioramento delle condizioni di accesso alle
gare delle piccole e medie imprese) lasciano spazio a misure che possano garantire opportunità di
continuità ai concessionari. Lo scenario Tutto ciò peraltro prima del 2020, perché, anche se la pronuncia
della Corte di giustizia (se sarà conforme al parere dell'Avvocato generale) avrà effetto solo tra le parti
litiganti in Sardegna e Lombardia, è prevedibile a breve una procedura di infrazione, applicabile a tutte le
concessioni demaniali marittime.
Foto: ITALYPHOTOPRESS
Foto: Non solo mare. La materia del contendere coinvolge tutte le coste marittime e lacuali
SCENARIO INDUSTRIA TURISTICA - Rassegna Stampa 26/02/2016
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Corte di giustizia. Le conclusioni dell'avvocato generale su vicende sorte in Sardegna e sul Garda ma
comuni a tutte le coste
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