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Montanari, una deportazione silenziosa
Internet via satellite,
lassù sulle montagne
L'erosione dei servizi fondamentali per chi abita la montagna
Deportazione è una parola difficile: vengono in mente colonialismo, nazismo, stalinismo, ideologie che
hanno reso possibili crudeli deportazioni con la violenza sugli uomini, sulle cose. Ma c’è anche un altro tipo
di deportazione: quella di chi organizza una società in modo da allontanare la popolazione da un territorio.
E anche la violenza può essere sottile, molto sottile.
La prima organizzazione per attuare l’esodo dalla montagna bellunese ha un nome: si chiama Alcide
De Gasperi di Trento. Fu questo Presidente del Consiglio a inventare, nell’immediato dopoguerra, la Provincia speciale di Trento, la Provincia speciale di Bolzano e la Regione speciale Trentino Alto-Adige che le
racchiude. Fu lui a inventare la Regione speciale Friuli, con l’obiettivo di “agganciare” la Venezia Giulia
(una volta placata la bramosia della Jugoslavia su Trieste). Mossa di altissimo livello politico, di rango internazionale. Così ha stretto nella morsa quel triangolo con la punta verso l’Austria, che fu la Provincia di
Belluno. A sud era mantenuta un’apertura per consentire l’accesso della pianura veneta al “parco giochiDolomiti” (ma, per fortuna, anche ai molti amici dei montanari). A nord, l’isola d’oro dell’Alto Adige,
incominciò a fiorire.
Nonostante le proteste dei parlamentari locali, nessuna pietà per i bellunesi, che molto avevano combattuto per la costruzione dello Stato (1848-66), della sua attuale configurazione geografica (1915-18) e della
Repubblica (1943-45), e che avevano dato anche per la liberazione dell’Alto Adige dai nazisti di dentro e di
fuori. Non era certo per punire nessuno, era solo per premiare qualcuno: era il primo passo per la silenziosa
deportazione dei bellunesi.
In particolare veniva a realizzarsi “l’enclave montana” Agordino, Alpago, Cadore e Zoldo con il corollario del Feltrino e della pianura bellunese. Iniziava, dapprima molto lentamente, ma nel corso degli anni
sempre più accentuata, quella che impropriamente (subdolamente) era chiamata “(nuova) emigrazione”,
che oggi chiamiamo “deportazione”, agevolata da tutti i governi succedutisi.
Da subito e nel corso dei decenni la massa di aiuti, agevolazioni, facilitazioni, vantaggi, riduzioni di oneri si è moltiplicata e ha raggiunto oggi, specie per Trento e Bolzano, livelli nauseanti: trattengono percentuali elevatissime di Irpef, Iva, sul consumo di energia elettrica, Imu, Bollo e Registro, tasse di circolazione
e altre provvidenze di cui è iperbolico l’elenco. Loro li chiamano “presunti privilegi”. I primi tre vantaggi,
pur se in percentuali inferiori, sono prerogativa anche del Friuli-Venezia Giulia.
Sono gli anni in cui i parlamentari bellunesi propongono una legislazione speciale per il Bellunese: un
progetto di legge costituzionale per l’autonomia (1978), una legge ordinaria con consistenti e organici
finanziamenti per lo sviluppo del Bellunese (1985): naturalmente non approvate.
L’Alto Adige tuttavia, con la sua spietata concorrenza, specie turistica, ha una marcia in più: non l’etnia,
non l’amore per la propria terra (che pure ci sono), ma la SVP! Trattasi della Südtiroler Volkspartei, partito
popolare che raccoglie i voti dell’etnia sud-tirolese e manda i suoi deputati al Parlamento italiano ed europeo: elettori ed eletti uniti nella ferrea (e riuscita) determinazione di difendere le prerogative, i vantaggi e
i privilegi del loro territorio.
La deportazione oggi continua attraverso il lento erodere dei servizi fondamentali per chi abita la montagna veneta: la soppressione di servizi clinici negli ospedali o la loro chiusura; la soppressione dei Tribunali zonali e degli Uffici del Giudice di Pace; la soppressione degli Uffici postali frazionali e per il Bellunese,
in particolare, anche la destrutturazione del servizio ferroviario verso Longarone, Zoldo e tutto il Cadore.
Belluno è nel Veneto? si chiedevano vanamente gli studenti a fine anni ‘60 in uno splendido convegno
con pubblicazione. La risposta oggi è la stessa: Belluno non è nella Regione Veneto, avversaria se non nemica della montagna.
Tuttavia conoscere il proprio nemico è il primo passo per affrontarlo efficacemente. Questo è il compito
dei giovani: perché studino e conoscano i loro diritti, si prestino ad amministrare i loro Comuni, combattano le divisioni interne favorendo le unioni locali, protestino in tutte le sedi dove per omissione i montanari
sono negletti. Il compito dei meno giovani e di tutti gli elettori è quello di non essere servili del potere,
esercitato contro i montanari, dall’apparato politico e burocratico regionale.
Emanuele D’Andrea
Sezione Cadorina - Auronzo
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Squarci di modernità tra le vette del Bellunese
Testo e immagini di Giovanna Mariotto - Pentastudio Srl
L’iniziativa, promossa dalla Regione Veneto con il coinvolgimento del Cai e la partnership di Open Sky, ha consentito di dotare una serie di rifugi delle Dolomiti bellunesi
del collegamento a internet via satellite. Con tutti i vantaggi che questa tecnologia porta
con sé: l’affidabilità del collegamento alla velocità fino a 20 Mega dà la possibilità di
navigare in internet, avere le previsioni meteo in tempo reale, avvertire prontamente i
soccorsi… Ecco le testimonianze di chi l’ha installato e usato quotidianamente.
Non più isolati
Si sale verso la vetta; si incede lungo i sentieri più dolci e le vie impervie, anche con la
fatica che appaga, mentre l’aria si fa via via più rarefatta e il silenzio avvolge ogni cosa:
per chi abita a valle e soprattutto nelle città frementi e chiassose, il senso di isolamento
è un’esperienza che non pochi hanno definito “mistica”, neanche esagerando. Che si
rinnova ogni volta che lo spettacolo delle Dolomiti si manifesta nel suo splendore: è
impossibile abituarcisi del tutto. Poi, infine, ecco il rifugio dove riposarsi, ristorarsi, anche trascorrere la notte. Visto che la tecnologia ha ormai invaso la nostra quotidianità,
verrebbe la tentazione di condividere con gli altri l’esperienza fatta, la totale immersione nella natura, magari utilizzando i social network. Lassù, tuttavia, l’isolamento non
Rifugio Mario
Vazzoler.
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Rifugio Baion - Elio
Boni.
Rifugio Città di Carpi.
è solo uno stato d’animo, è totale, specie per la connessione a internet. «Era totale»,
puntualizza Daniele Castellaz, con Ginetta gestore del rifugio Bruno Boz, quota 1718
metri, situato in Neva nel gruppo del Cimònega, uno dei due rifugi del Cai - Sezione di
Feltre. «Dallo scorso anno – spiega Daniele – grazie al sistema di internet via satellite
Tooway, il web, la posta elettronica e Skype hanno reso la vita del rifugio meno isolata».
I primi 7 rifugi
Il collegamento a internet via satellite è infatti la novità per una serie di rifugi delle Dolomiti Unesco; questa novità si deve all’iniziativa – promossa dalla Regione Veneto con
il coinvolgimento del Cai e la partnership di Open Sky, distributore ufficiale di Tooway,
– per fornire gratuitamente l’hardware per la connessione a internet via satellite ai rifugi
delle Dolomiti con uno stanziamento di diverse migliaia di euro. Nella prima fase internet via satellite è stato installato in 7 rifugi “pilota”, che hanno sperimentato con successo la grande opportunità del servizio. I primi rifugi coinvolti sono stati: VII Alpini a
Belluno, sulla Schiara; Berti a Comelico Superiore in Vallon Popèra; Boz nel Feltrino in
Val Noana; Nuvolau a Cortina d’Ampezzo sul monte omonimo; Padova a Domegge di
Cadore in Pra di Toro; Sommariva al Pramperet nel Longaronese-Zoldano; Vandelli a
Cortina d’Ampezzo sul Sorapis.
Oltre alla parabola per il collegamento a internet, in alcuni rifugi sono stati installati
anche due Access Point (uno interno e uno esterno al rifugio) per il collegamento anche in modalità wireless, con una webcam che permette di apprezzare le immagini del
rifugio in tempo reale.
Il telefono VoIP a prova di nevicata
Connessi, dunque. La banda larga è arrivata in quota, nel mezzo delle Alpi, alla ragguardevole velocità fino a 22 Mega, sempre affidabile, senza il bisogno di linea telefonica, tralicci, scavi, quindi ecologica. Lassù, dove altri sistemi di collegamento non
arrivano, naturalmente utilissima non solo per aumentare il comfort degli ospiti, ma
per comunicare in caso di emergenze. Come nel caso della straordinaria nevicata che ha
colpito Cadore e Comelico nel dicembre scorso. «Dico solo che se non avessi avuto internet con VoIP – ha scritto su Facebook Paolo De Lorenzo, gestore del rifugio Padova
– sarei dovuto scendere. La mamma di 80 anni a casa senza corrente, il suocero, 80 anni
anch’esso, gravemente malato, io con due bambini piccoli isolato con più di 40 piante
sradicate per strada. W il Cai Veneto e il telefono VoIP». Per chiarire, VoIP significa
Voice over Internet Protocol: tecnologia che dà la possibilità di telefonare sfruttando la
connessione internet, senza il bisogno della tradizionale linea telefonica.
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Rifugio Alfonso
Vandelli.
Rifugio 7o Alpini.
Al rifugio Padova, la parabola dipinta di marrone, raffinato dettaglio per un connubio tra tecnologia, tradizione e
rispetto per l’ambiente circostante, è tornata a veder la luce
dopo la necessaria operazione di spalatura per alleggerire
il tetto. Un amico del Padova ha scattato delle foto con
lo smartphone e, utilizzando il wireless della connessione
satellitare che il rifugio mette gratuitamente a disposizione
dei clienti, ha spedito le immagini sul suo profilo Facebook e le ha condivise con la fan page del rifugio. Da casa, a
valle, Paolo De Lorenzo ha visto il suo rifugio e il metro
abbondante di neve che lo circondava e, sempre, da casa,
in attesa del 25 aprile, giorno della riapertura al pubblico,
ha potuto verificarne le condizioni generali e il funzionamento della turbina ad acqua. La
telesorveglianza è un’altra funzione importante offerta dal collegamento via satellite.
Curare da remoto, la telemedicina
Alla riapertura primaverile, anche i clienti del rifugio VII Alpini hanno trovato a loro
disposizione il Wi-Fi gratuito. Dopo l’esperienza positiva dell’anno precedente, il gestore Michele Bellenzier ha infatti deciso di offrire questo servizio supplementare: i
turisti possono per esempio consultare le previsioni meteo aggiornate in tempo reale
e programmare in sicurezza le loro escursioni. Al rifugio Alfonso Vandelli, quota 1926
metri, gestito dalla famiglia Pais, i vantaggi di avere la connessione alla banda larga via
satellite vengono considerati anche da una prospettiva “pratica”: la possibilità di gestire
le prenotazioni via mail direttamente in loco ed effettuare operazioni di home banking,
evitando così una lunga camminata (almeno 1 ora e mezza) per scendere a valle e fare
i pagamenti dovuti.
Al Vandelli si arriva solo a piedi, ma non manca la piazzola d’atterraggio per l’elicottero. È una presenza fondamentale, soprattutto per la sicurezza dei turisti: è qui
che atterra nei casi di emergenza l’elicottero del Suem. Spesso, infatti, il primo soccorso avviene proprio al rifugio e i gestori hanno compreso bene quanto importante
sia il collegamento online col medico. E il dottor Giovanni Cipolotti, coordinatore del
Suem di Pieve di Cadore, conferma quanto sia importante visualizzare il paziente con
la webcam, per gestire la situazione da remoto e poter dare le corrette indicazioni fino
all’arrivo dei soccorsi. La telemedicina, l’insieme di tecniche mediche ed informatiche
che permettono la cura di un paziente a distanza, è un dettaglio della massima importanza, che può contribuire a salvare vite umane. Ma attraverso la webcam si possono
fare cose anche molto più dilettevoli: godere semplicemente le bellezze delle Dolomiti
comodamente seduti davanti al PC, progettando il ritorno in cima. E per conoscere i
rifugi dotati di webcam basta consultare il sito www.caiveneto.it alla sezione rifugi.
Gli altri 18 rifugi dal 2013
Ai 7 rifugi della prima ora, la scorsa estate se ne sono aggiunti altri 18: Bajon “ElioBoni” a Domegge sul Pian dei Buoi; Bianchet a Sedico a Pian dei Gat; Bosconero in Val
Bosconero a Forno di Zoldo; Carducci ad Auronzo in alta Val Giralba; Città di Carpi
sulla Forcella Maraia ad Auronzo; Coldai a Zoldo Alto; Dal Piaz sul Passo delle Vette
Grandi, Sovramonte; Fonda Savio ai Cadini di Misurina; Galassi sulla Forcella Piccola a Calalzo; Lavaredo alle Tre Cime; Mulaz a Falcade; Pian de Fontana a nord della
Schiara, Longarone; San Marco a Col de chi da Os, San Vito; Tissi al Col Rean, Alleghe;
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Tita Barba in Vedorcia a Pieve di Cadore; Torrani sulla Civetta, Zoldo Alto; Vazzoler al
Col Negro di Pelsa, Taibon Agordino; Venezia sui Campi di Rutorto a Vodo di Cadore.
Sulle Dolomiti bellunesi. l’investimento della Regione con la collaborazione del Cai e
di Open Sky ha quindi reso possibile la creazione di una rete diffusa di rifugi connessi,
offrendo a gestori, scalatori, semplici appassionati di montagna, al personale dedito al
soccorso uno strumento di comunicazione che oggi è di fatto imprescindibile, anche
lassù dove, stando ai puristi, dovrebbe regnare la “poesia” incontaminata del silenzio e
dell’isolamento. Tania Ossi che si occupa del San Marco con la mamma Iva, appartiene
con orgoglio ai puristi e dice: «Specie i più giovani, non sanno più rinunciare all’uso
degli smartphone. Figuriamoci la loro gioia quando vengono a sapere che abbiamo il
collegamento Wi-Fi! Io invece penso che chi viene in montagna deve avere altri obiettivi. Detto ciò, il fatto di essere connessi anche in quota ci ha liberati dalla dipendenza
con la valle, per le prenotazioni, giusto per fare un semplice esempio».
Offrire tutto
Se Tania Ossi valuta la connessione satellitare tra il pro della performance e della praticità della tecnologia e il contro della pervasività della stessa, Rodolfo Molin, che assieme
alla moglie Sabrina De Florian, gestisce il Città di Carpi, esprime un giudizio pragmatico: «Oggi chi viaggia è ormai abituato ad avere tutto, ad essere comodo. Anche noi al
rifugio ci dobbiamo quindi attrezzare per offrire tutto nei limiti della nostra collocazione». In questo tutto, ricorda Molin, rientra anche la telemedicina, servizio di cui spera
di essere dotato in futuro anche il Città di Carpi. Una sicurezza in più che l’affidabilità
del collegamento internet via satellite garantisce.
Un’affidabilità sperimentata positivamente anche al rifugio Tita Barba sull’Alta Via
delle Dolomiti n. 6, come spiega Daniele Baccichet. «Nel corso di tutta l’estate scorsa, il
collegamento non ha mai dato problemi, webcam e wireless compresi. Un po’ sorpresi i
clienti nell’avere la possibilità di connettersi. Nessuno, in effetti, sapeva di questa novità: si abitueranno col tempo che anche in quota potranno navigare, controllare la mail,
volendo anche lavorare… chi l’avrebbe mai detto che si arriva fin quassù per lavorare?»
E probabilmente, nessuno avrebbe mai detto che il Tita Barba sarebbe stato dotato anche dei servizi di telemedicina. Eppure è così, anche questo rifugio rientra infatti nella
realizzazione del progetto.
Un'incredibile immediatezza
Per quanto romantica ed antica resti in molti la percezione della montagna, il satellite
ha portato squarci di modernità tra l’immanenza monumentale delle vette del Bellunese, fra le più ammirate al mondo. Un’inedita immediatezza nelle informazioni e nelle
comunicazioni che via via salendo si affievoliva fino a sparire del tutto. A Dino Nassivera, gestore del Bajon, la cosa è piaciuta molto. «Inizialmente l’aspetto che più m’interessava – racconta – era il collegamento satellitare per il telefono VoIP, poi ho imparato
ad apprezzare tutto il resto: la gestione delle prenotazioni, i contatti con i fornitori,
l’home banking, il Wi-Fi, la disponibilità dei pagamenti Pos. Anche i clienti apprezzano
e apprezzeranno la prossima estate».
Fermo restando che il servizio di internet satellitare di Open Sky non conosce limiti o
barriere, coprendo il 100% del territorio nazionale. Quindi: valli, pianure, coste, isole.
Potente fino a 22 Mega in download, adatto sia per gli usi professionali come anche
domestici. Veloce, ovunque, per tutti.
Per saperne di più, numero verde gratuito 800 667020 o www.opensky.it
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Scout: fare strada,
natura e montagna
A contatto con la natura e con la realtà umana e sociale
Testo e immagini di Sandro Mazzon - Sezione Belluno, Gruppo Agesci Belluno 3
Gli scout e la montagna: un binomio che nella stagione estiva troppo spesso evoca racconti di scampati pericoli e rischi inutili. Da un lato la realtà dei fatti è spesso influenzata dal sensazionalismo ricercato dai giornali, e dall’altro è necessario un serio percorso
di maggiore preparazione e autodisciplina delle associazioni scoutistiche e giovanili, ma
anche da parte di tutti i frequentatori della montagna.
Il movimento scout coinvolge in Italia oltre 150.000 ragazzi con attività continuative
e frequentemente a contatto con la natura, in ambiente “non protetto” (non in un’aula,
in un campo recintato o in una palestra) con lo scopo di farli crescere consci delle proprie capacità e dei propri limiti, mediante esperienze vissute in prima persona.
Ho contribuito alle attività giovanili di entrambe le associazioni, Cai e Agesci, e ho
constatato che si tratta di due realtà diverse, con metodi e procedure diversi. Ma in
entrambe la passione degli adulti per ciò che viene proposto ai ragazzi è notevole e
l’obiettivo ultimo, la loro crescita, è comune.
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