La cappella funeraria del Granduca Leopoldo II ai SS. Apostoli a

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La cappella funeraria del Granduca Leopoldo II ai SS. Apostoli a
Maurizio Bettoja
La cappella funeraria del Granduca Leopoldo II
ai SS. Apostoli a Roma
Il Granduca Leopoldo II, che nel 1859 aveva abdicato a favore del figlio Ferdinando IV, si recò a
Roma nel 1870 per assistere al Concilio Vaticano I, e morì nel palazzo Campanari, di cui occupava
l’appartamento nobile, nella notte del 29 Gennaio 1870, e precisamente mezz’ora dopo la
mezzanotte, secondo l’atto di morte. 1 Il palazzo sorgeva sul clivo del monte Quirinale, presso il
palazzo Colonna, avendo allora il prospetto principale su via della Tre Cannelle nella parrocchia dei
SS. Apostoli, mentre attualmente la facciata principale si affaccia su via 4 Novembre, ma con un
assetto ed un apparato architettonico molto diverso rispetto al 1870, avendo subito una parziale
demolizione per l’apertura della nuova via negli anni ’80 del XIX sec.
La salma rimase esposta nel palazzo Campanari per i consueti tre giorni; il terzo, alle sei del
pomeriggio, e quindi in ora già notturna come usava per i funerali di alto rango, il corteo funebre
“maxima et vere regia funebri pompa, ut par erat”, si mosse alla volta della chiesa parrocchiale, che
per il palazzo Campanari era la vicina basilica dei SS.Apostoli.
Il cerimoniale seguito per il funerale fu quello per i Sovrani, attribuendogli quindi la qualità Regia. 2
Secondo una cronaca contemporanea “La funebre pompa fu assai splendida. Aperta da drappelli di
milizia a cavallo e a piedi, il cadavere era portato in carrozza, circondato da grande numero di
famigliari vestiti a bruno con torchi, e seguito dai cocchi di Corte. Venivano appresso S. E. il
generale Kanzler, pro-ministro della armi, coi generali e con gli ufficiali degli Stati Maggiori e di
diversi corpi delle milizie ponteficie. Sotto gli ordini del generale De Courten spiegavansi in seguito
le truppe di fanteria e cavalleria con le artiglierie, e il corteggio chiudevasi da numeroso seguito
delle carrozze mandata dai ministri di Stato e dai signori che avevano attinenza coll’augusto
defunto.
Fra immensa calca di popolo di ogni condizione il corteo, scendendo dalla via delle Tre Cannelle
percorse le contrade di San Romualdo, del Corso, dei Condotti, dei Due Macelli, e per quella
dell’Angelo Custode e della Pilotta andò a far capo alla predetta chiesa”
Si notano qui gli elementi del cerimoniale funebre principesco, quali i numerosi “familiari”, cioè
servitori con torce, la bara trasportata in una carrozza e non in un carro funebre (che forse nella
Roma conservatrice degli ultimi tempi del potere temporale dei Papi nemmeno esisteva), seguita
dalle carrozze di corte e da quelle, vuote, del corpo diplomatico, delle casate e dei personaggi legati
al Granduca, e della nobiltà; il seguito di truppe precedute dagli alti ufficiali dell’esercito Pontificio,
chiuso dalle artiglierie, come nel funerale Papale. Mancano, almeno nella cronaca da cui traiamo
questi passi, le confraternite e gli ordini di religiosi consueti nei funerali di personaggi di questo
rango, e ci si avvicina piuttosto, ma con molte amplificazioni, ai cosiddetti “funerali privati”
spettanti all’altissima aristocrazia.
Raggiunta la basilica, il clero prese in consegna la salma, in attesa della funzione funebre prevista
per l’indomani: allora la Messa non veniva celebrata dopo mezzogiorno.
Il corpo del Granduca fu ”regum more expositum” nella basilica, apparata convenientemente: “La
chiesa era maestosamente e riccamente parata di gramaglie, e ai piedi del letto funereo erano le
insegne delle quali andava distinto l’augusto defunto”, cioè la corona Regia e le decorazioni. Si noti
che la salma fu esposta non su un catafalco, ma su un letto di duolo, riservato ai personaggi di rango
Sovrano ed ai cardinali, equiparati a principi del sangue.
1
Si veda A. PANAJIA, L’ultima visita a Roma di Ferdinando IV di Toscana, in: Nobiltà, n. 83, 2008, approfondita
descrizione del quadro storico e delle circostanze nelle quali si svolsero gli ultimi giorni del Granduca di Toscana
Leopoldo II e la visita del figlio, il Granduca Ferdinando IV a Roma nel 1870.
2
Per i funerali Regali, si veda M. BETTOJA, Il funerale more nobilium, in Quaderni di Vivant, 2008, pp. 59 e sgg.
1
La cerimonia funebre, alla presenza di papa Pio IX, fu solennissima e fastosa e una delle ultime
grandi cerimonie della Roma papale, ed alla quale, oltre alla Corte Pontificia, al collegio
cardinalizio, ed ai vescovi presenti a Roma per il Concilio Vaticano I, assistettero Principi di tutte le
Case spodestate dall’unificazione Italiana.
“La Santità di nostro Signore, con la sua nobile Anticamera, si è recata alle ore dieci al predetto
sacro tempio, e ha assistito in trono alla solenne messa di requie che è stata cantata
dall’eminentissimo e reverendissimo signor cardinale Schwarzemberg, arcivescovo di Praga. Dopo
la messa Sua Santità ha fatto l’assoluzione sul feretro.
“Alla sacra espiatoria funzione hanno prestato assistenza gli eminentissimi e reverendissimi signori
cardinali, i patriarchi, i primati, gli arcivescovi, i vescovi, gli abati, il principe assistente al Soglio, il
vice-camerlengo di Santa Chiesa, il senatore col magistrato romano, i diversi collegi della Prelatura,
e tutti gli altri che nelle cappelle papali godono l’onore del posto.
“In separate tribune vi hanno assistito S.A.I.R. la Granduchessa Antonietta con S.A.R. la Contessa
di Trapani, consorte e figlia dell’augusto defunto. Durante le esequie è sopraggiunto, arrivato di
Germania, S.A.I.R. il figlio Arciduca Carlo. Inoltre Sua Maestà il Re del Regno delle Due Sicilie e
S.A.R. il Duca di Parma, nonchè le Loro AA.RR. il Conte e la Contessa di Trani, Conte e Contessa
di Caserta, Conte e Contessa di Girgenti, il Conte di Bari, la Principessa Donna Maria Immacolata
ed il Conte di Trapani cò suoi figli. Inoltre i membri dell’Ecc.mo Corpo diplomatico accreditato
presso la Santa Sede, ed, in altri posti distinti, gli addetti delle Corti d’Austria, di Napoli e di
Toscana”.
La grande cerimonialità riaffermava la sovranità del Pontefice, il rango Sovrano del Principe
defunto e dei Principi presenti che ancora mantenevano e manterranno anche dopo il 20 Settembre,
perduti gli stati su cui regnavano, una rappresentanza diplomatica presso la S. Sede.
Ulteriori notizie sulla sepoltura del Granduca, su i suoi funerali, sulla sua cappella funeraria e sul
suo trasporto a Vienna quarantaquattro anni dopo è emersa da una ricerca nell’archivio dei Frati
Minori Conventuali dei SS. Apostoli a Roma.
Dopo la solenne funzione la salma del defunto Granduca, deposta in quattro casse, due in legno, una
in rame ed una in zinco, l’esterna lignea chiusa con due chiavi (la chiusura della cassa con chiavi
anch’essa tipiche dei funerali Regali), e sigillata con nastri serici chiusi da sigilli in ceralacca, venne
deposta temporaneamente nella cappella del SS. Crocifisso, alla destra dell’altar maggiore. La
cappella è a tre piccole navate, la cui porta apre verso la cappella Odescalchi, l’ultima a destra sulla
navata, e quindi era adatta ad accogliere temporaneamente il feretro.
Il figlio e successore del defunto Granduca, il Granduca Ferdinando IV, giunse a Roma solo a
funerali avvenuti, e fu accolto con gli onori spettanti ad un Sovrano. 3
L’11 Marzo seguente il feretro venne traslato in una piccola cappella, fino ad allora utilizzata anche
come Sacrario, 4 annessa alla sacrestia della basilica.
Erano presenti alla cerimonia il figlio del Granduca Leopoldo II, il Granduca di Toscana
Ferdinando IV, suo fratello l’Arciduca Carlo Salvatore, la Granduchessa Maria Antonietta (seconda
moglie del defunto Granduca) e la figlia Arciduchessa Isabella, Contessa di Trapani, con i loro
seguiti, l’esecutore testamentario cavaliere Florenzo Guagnoni, il Padre Lodovico Marangoni,
Generale dei Minori Conventuali, il Padre Bernardo Clari, Guardiano del Convento dei XII
Apostoli, ed i frati, oltre al Parroco, Padre Giovanni Antonio Bonelli, ed alla presenza di due
testimoni, Matteo ed Antonio Bicchierai. Data l’assoluzione al feretro, si formò una processione che
accompagnò la salma fino alla cappella presso la Sacrestia, nella quale era stato precedentemente
ricavato un sepolcro o loculo nella parete sinistra entrando. Si noti che il loculo era sopra terra,
privilegio riservato ai personaggi di rango Reale, e non a terra.
3
cfr. A. PANAJIA, L’ultima visita a Roma di Ferdinando IV di Toscana, in: Nobiltà, n. 83, 2008, p. 199: “L’occasione
darà modo al Granduca di rendere omaggio a Sua Santità, che lo ricevette con tutti gli onori di un Sovrano regnante alla
presenza del Cardinale Antonelli Segretario di Stato”.
4
Il Sacrario era un luogo ove si gettavano le abluzioni del calice ed il primo risciacquo dei purificatoi e corporali, che
dovevano essere dispersi nella terra, e si distruggevano o depositavano oggetti sacri non più in uso.
2
Ivi deposta la cassa, compiuti i riti funebri, il sepolcro fu richiuso da una lastra marmorea. Le chiavi
della cassa vennero consegnate dal cavaliere Guagnoni al P. Generale Marangoni ed al P.
Guardiano Clari.
La tomba era concepita come temporanea, stante la volontà del Granduca di essere sepolto a
Firenze, e quindi per i primi anni della permanenza del feretro, l’aspetto della cappella doveva
essere piuttosto semplice.
Tuttavia le speranze di una restaurazione o comunque della possibilità dell’auspicata inumazione
nelle tombe Granducali in S. Lorenzo a Firenze o in Toscana dovette nel tempo affievolirsi, e la
Casa Granducale finì per considerare quello che nelle intenzioni era un deposito temporaneo, come
collocazione permanente. Nel 1880 la Famiglia Granducale riprese la questione della tomba di
Leopoldo II e furono discusse due soluzioni: la prima prevedeva il trasporto della salma a S.
Lorenzo a Firenze, la seconda prevedeva il restauro completo della cappella ove si trovava la
tomba. 5 La prima proposta avrebbe incontrato difficoltà burocratiche non indifferenti e la necessità
di ricorrere al Governo italiano, 6 la seconda era facilmente fattibile per quanto riguardava i restauri,
ma presentava l’incognita della concessione dell’esclusiva utilizzazione della cappella, usata come
sacrario della basilica, come cappella sepolcrale. 7 Il giorno dopo l’Arciduca Carlo Salvatore,
fratello del Granduca Ferdinando IV, decideva con Don Amerigo Antinori, duca di Brindisi (1828 +
1902), Mandatario Generale del Granduca, il restauro della cappella rimandando ad occasione
opportuna la traslazione della salma a Firenze. 8 Il restauro doveva rendere più degna la cappella
dandogli un nobile apparato architettonico, pittorico, e decorativo, adeguato al rango del defunto.
Appariva invece più difficile ottenere il giuspatronato sulla cappella, ma Antinori raggiunse un
accordo col P. Bonelli, Parroco dei SS. Apostoli, “avendo ottenuto che la Cappella ove è depositata
la Venerata Salma del Granduca Leopoldo Secondo di q: m: venga ceduta in Giuspatronato alla I: e
R: Famiglia Granducale di Toscana”; nella medesima lettera, in merito ai restauri, aggiungeva “A
proposta del Cav: Bersani feci chiamare l’Ingegnere Cav. Carimini, quello stesso che fu incaricato
dalle LL.AA. della costruzione dell’Urna Marmorea, e che dal Padre Bonelli ebbe lo incarico del
grandioso Restauro della Chiesa dei SS. Apostoli, così ben riuscito, e manifestatogli le mie idee lo
pregai a volermi rimettere un progetto relativo alla riduzione dell’Altare, al riordinamento della
Cappella, pavimento, ecc. unitamente ad un preventivo.”; nella cappella “Una iscrizione latina o
Italiana, come piacerà a V.A., avrei stabilito che dovesse ricordare il Giuspatronato dell’A.S., e li
stemmi Granducali sarebbero posti e sul Cancello, sui candellieri”. 9
5
L’archivio della Casa Granducale è depositato presso l’Archivio Nazionale a Praga (Národní archiv), nel fondo
Archivio Familiare degli Asburgo Lorena di Toscana. Questo fondo archivistico è stato approfonditamente studiato
dalla Curatrice dott.sa Eva Gregorovicova (che ringrazio per la cortesia con cui ha favorito le mie ricerche), per il quale
si veda E. GREGOROVICOVA, L´Archivio familiare degli Asburgo Lorena a Praga. Struttura, valore documentario,
progetti di digitalizzazione, in Quaderni Stefaniani, A. 33°, Pisa 2014, pp. 145 – 179. Il carteggio relativo ai restauri ed
al patronato della Casa Granducale della cappella funeraria del Granduca Leopoldo II si trova in: fondo Archivio
familiare Asburgo Lorena, segn. 25, Inv. Nr. 354, Cartone 53. Desidero ringraziare particolarmente il dott. Jan Kahuda,
Archivio Nazionale Praga, per la cortesia con la quale mi ha inviato la scannerizzazione del fondo archivistico. I
documenti di seguito citati verranno indicati come ANP AAL.
6
ANP AAL, nota datata Vienna, 1-5-1880: “Parere Pecchioli sul trasporto – Necessità di legge ad hoc – Propone
utilizzare il § 79 che concede facoltà ai Prefetti pei trasporti di Salme da Cimitero a Cimitero ed officiare il Governo
onde faciliti la cosa”
7
ANP AAL, nota datata Vienna, 1-5-1880: “Proposta di prendere la Cappella a Roma – Pulirla tutta – far Pavimento di
marmo – Cancellata e tutta metterla in Ordine – Chiave consegnata al Priore”
8
Il Granduca ne dava notizia alla madre con lettera datata da Neuburg il 5-5-1880 (ANP AAL), descrivendo i lavori:
“1° d’accordo col priore di S. Apostoli restaurata la Cappella - 2° messo n cancello alla porta costando così che non vi
ha da fare l’utilizzo come deposito o come magazzino - 3° fatte le provviste necessarie pel culto, candellieri 6 - 4° fatto
pavimento di marmo…” in merito al trasferimento della salma a Firenze, scriveva: “Quanto al trasporto occorrono
molte formalità e legge forse a posta con concessione Governativa per cui Carlo ha deciso che i lavori di restauro siano
fatti e subito”, aggiungendo che Antinori sarebbe andato a Roma a metà maggio per parlare col Parroco e un ingegnere
e stabilire tutto.
9
ANP AAL, lettera di A. Antinori al Granduca datata Antinoro, 23-6-1880. Il Granduca, con lettera 27 Giugno 1880,
approvava l’operato di Antinori: “Benissimo quanto ha combinato per la Cancellata; per li stemmi Granducali da
3
L’atto di costituzione del giuspatronato venne inviato da Antinori al Granduca e da lui approvato,
con la precisazione che il giuspatronato sarebbe stato esercitato dopo di lui dal futuro Granduca o
“Capolinea della famiglia di Toscana”. 10 Venne quindi stipulata una convenzione 11 tra il
Mandatario Generale del Granduca, S.E. Don Amerigo Antinori e il Rev.mo Padre Maestro
Bonaventura Maria Soldati, Generale dell’Ordine dei Minori Conventuali insieme al Rev.mo Padre
Giovanni Antonio Bonelli, Parroco e Rettore della basilica dei SS. XII Apostoli in Roma e
Superiore della Comunità Religiosa dei Minori Conventuali per formalizzare il Giuspatronato che di
fatto esisteva sin dal 1870 sulla cappella sepolcrale, poiché “per considerazioni di famiglia, non
trovandosi opportuno di togliere ancora dal luogo di deposito la Salma Suddetta e desiderando
S.A.I. e R. il Granduca Ferdinando IV di custodire con a maggior convenienza possibile le ceneri
del Suo Augusto e ben amato Genitore, erasi determinato di migliorare le condizioni della Cappella
onde renderla più adatta all’oggetto cui deve servire, e volendo d’altronde le parti confermare in
diritto quanto fu convenuto e stabilito di fatto fin dal Febbraio 1870”. 12 Nell’atto si stabiliva inoltre
che la cappella sarebbe abbellita “facendovi tutti quei lavori, che saranno a ciò necessari e che
saranno eseguiti sotto la direzione dell’Architetto cav. Carimini di Roma”. 13
Era stato chiamato, per la progettazione dell’assetto architettonico della cappella, uno dei più
celebri architetti romani dell’epoca, Luca Carimini (Roma, 1830 + 1890), 14 mentre la decorazione
pittorica fu affidata al pittore perugino Domenico Bruschi (Perugia 1840 + Roma 1910). 15 Entrambi
avevano già lavorato ai SS. Apostoli: del Carimini era la neorinascimentale cappella del Crocifisso
(1858), ove il Bruschi eseguì gli affreschi (1875), e la confessione (1873 - 4). 16 La proposta del cav.
Bersani dovette certo tener conto della conoscenza che i Minori Conventuali avevano dell’architetto
Carimini e del Bruschi, ma forse anche l’appartenenza del Carimini al gruppo di architetti romani di
orientamento conservatore legati alla Corte Pontificia già da prima del 1870. L’architetto del resto
era già noto alla Casa Granducale ed era stato creato cavaliere ufficiale dell’Ordine del Merito
Civile e Militare di Toscana nella promozione del 1870, in occasione della visita a Roma di
Ferdinando IV. 17
mettersi su di esse e sui candellieri; per la fornitura di Arredi Sacri, e per l’incarico dato allo Ing. Cav. Carimini del
progetto, preventivo, restauro.”
10
ANP AAL, lettera di Antinori al Granduca in data 10-7-1880, risposta del Granduca ad Antinori in data 19-7-1880.
11
L’atto si trova in trovano in Archivio della basilica dei SS. XII Apostoli, Tumulazione e traslazione del corpo del
Granduca Leopoldo II
12
Si veda Archivio della basilica dei SS. XII Apostoli, Tumulazione e traslazione del corpo del Granduca Leopoldo II,
Cessione di Gius Patronato e Convenzione, 21-2-1881, Premessa.
13
Si veda Archivio della basilica dei SS. XII Apostoli, Tumulazione e traslazione del corpo del Granduca Leopoldo II,
Cessione di Gius Patronato e Convenzione, 21-2-1881, art. III
14
Nato a Roma nel 1830 e ivi morto nel 1890, Luca Carimini fu uno dei più significativi architetti romani
dell’Ottocento ed esponente del “Classicismo Romantico” che declinò in forme attentamente riprese dal Quattrocento
romano e toscano. Architettura e stile, che coinvolse anche le arti figurative, tipicamente romano e con forti significati
ideologici conservatori e tradizionali. Per la sua opera si veda G. PRIORI, M. TABARRINI, Luca Carimini 1830 –
1890, Modena 1993, p. 17: “… gli operatori privilegiati della Corte papale (Andrea Busiri Vici ed Andrea Vespignani
prima, i rispettivi figli Carlo e Francesco poi), impegnati nella continuità della tematica purista…. In questa cosiddetta
“ala clericale” dell’architettura romana va letta l’opera dell’architetto Carimini con la sua tarda adozione di quel
quattrocentismo primitivo che si era affermata intorno alla metà del secolo sulla scorta di un Romanticismo moderato”;
nel volume la cappella sepolcrale di Leopoldo II non è menzionata tra le opere del Carimini.
15
Artista altamente stimato al suo tempo, fu allievo di Ussi a Firenze e aderì, pur senza abbandonare una gravitas di
matrice classica, ad una maggiore aderenza a vero ed un colorismo più intenso; fu autore di numerose commesse
ufficiali e religiose come frescante, ma non trascurò la pittura da cavalletto. Per Domenico Bruschi si veda A.M.
DAMIGELLA, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 14, 1972, http://www.treccani.it/enciclopedia/domenicobruschi_%28Dizionario-Biografico%29/
16
Si veda Luca Carimini, cit., p. 123.
17
Si veda A. PANAJIA, L’ultima visita a Roma di Ferdinando IV di Toscana, in: Nobiltà, n. 83, 2008, p. 205.
4
La corrispondenza tra il Granduca ed Antinori continua con l’invio di due progetti e la stima dei
costi, 18 con la scelta di un progetto e con osservazioni del Granduca su elementi del partito
decorativo: “Le drapperie dipinte al muro mi sembrano adattate allo stile… per quella cappella” e la
scelta del disegno del cancello; chiede di cercare candelieri meno costosi; infine affidava ad
Antinori la responsabilità di seguire e decidere in merito al progetto di restauro. Nelle lettere il
Granduca si preoccupava inoltre dell’ufficiatura funebre delle tombe Granducali nella cripta di S.
Lorenzo a Firenze e dell’accesso alle tombe dei suoi genitori. 19
Antinori continuò ad aggiornare il Granduca sull’andamento dei lavori e chiese istruzioni sulla
dedicazione della cappella; il Granduca, sentiti i familiari, decise la dedica alla B. V. Addolorata, la
cui immagine sarebbe stata dipinta dal Bruschi, che sottopose alcuni disegni. 20
La cappella, ora in gran parte non più esistente in seguito a modifiche attuate circa cinquant’anni fa,
era di grande qualità architettonica ed artistica, ed è opera finora inedita di Carimini, nello stile
neorinascimentale caro all’architetto romano. Nonostante le piccole dimensioni dell’ambiente, il
Carimini riuscì a creare un’opera di grande dignità architettonica e di ricchezza artistica, che
intendeva comunicare un senso di solennità regale. Sono senz’altro da attribuirsi al Carimini il
disegno degli arredi, di cui sopravvivono il magnifico armadio dell’anticappella ed il cancello, e
delle vetrate, di cui ne sopravvive solo una ed in cattive condizioni.
Il Bruschi arricchì la cappella di pitture di elevata qualità, che comprendevano, oltre alla solenne
Addolorata dell’altare (molto deteriorato; l’affresco sopravvive in pessimo stato e pressoché
ignorato nella sala parrocchiale.), la composizione sopra l’arcosolio della tomba con angeli
sostenenti lo stemma Granducale (ora non più esistente), il gruppo di angioletti con il festone di
cipresso sopra la porta (tuttora esistente), oltre probabilmente all’ideazione del partito decorativo e
dei chiaroscuri di gusto eclettico-rinascimentale che arricchiscono gli ambienti. Purtroppo la
superstite decorazione pittorica di Domenico Bruschi, eseguita a tempera e del tutto trascurata, ha
sofferto molto.
Una serie di foto contemporanee documentano l’aspetto originario della cappella, purtroppo
distrutta negli anni ’60 circa, e di cui non sopravvivono che l’anticappella e pochi altri elementi. 21
18
ANP AAL, lettera di Antinori al Granduca in data 18-8-1880: “Restauro Cappella ai SS. XII Apostoli \ 18 Agosto –
Rapporto Antinori \ Allegato A progetto 10,905.50 Carimini \ B osservazioni Antinori \ C controprogetto 6982 \ Non
compresi nella perizia Occorrono poi i Candellieri 800 \ E tutti li arredi sacri 1000”; il 2-11-1880 Antinori chiede al
Granduca istruzioni su quale dei progetti di Carimini vada adottato e con quali eventuali varianti.
19
ANP AAL, lettera di Antinori al Granduca datata “il dì dei morti” 1880, nella quale assicura per la cripta di S.
Lorenzo il “consueto apparato di Lumi nell’occasione della Benedizione dei Tumuli che sono anco visitati dal Pubblico
che suole accorrervi numeroso”; lettera del Granduca ad Antinori datata Salisburgo 5-1-1881: “Quanto ai restauri quello
che ella desidera sarà certo buono e savio e a lei pure rilascio tutta la scelta dei disegni ed il merito dell’opera: ella ha
buon gusto e sul posto è molto più facile giudicare quello che meglio conviene. Giacché siamo in questi parlari, forse
ella potrebbe utilizzare la gita sua, se occorre appoggiandosi all’Inviato Austro Ungherese, prendendo d’assalto la
questione accesso alla Cripta a S. Lorenzo: ora il Gotti non ha più l’incarico antico, e se non erro, il nuovo conservatore
è persona non ignota a noi: 22 anni sono passati dalla partenza nostra, e non è uso e stile della famiglia nostra di usare i
morti come bandiera e leva per disordini di piazza, ma solo si desidera venerarli, rispettarli e pregare non lontano da
essi.”
20
ANP AAL, lettera di Antinori al Granduca datata Firenze 24-5-1881: “Il pavimento in marmo è ora ultimato, si sta
presentamente collocando l’Altare. Sarebbe necessari l’A.V. destinasse qual immagine deve essere dipinta nel quadro
che dovrà essere a buon fresco. Da quell’Immagine prenderà nome questa Cappella”; lettera del Granduca ad Antinori,
datata Lindau 5-6-1881: “Sono ora in grado di pregarla in nome di noi tutti di far dipingere sull’Altare la immagine
della SS. Vergine Addolorata, e di autorizzarla a permettere che quel nome sia dato alla Cappella. Uno schizzo della
composizione mi sarà gradito avanti che sia cominciata la pittura”; lettera di Antinori al Granduca datata Antinoro 30-71881: “mi pregio trasmettere all’A.V.I. e Reale tre bozzetti del prof. Bruschi di Roma per l’affresco da dipingersi nella
Cappella dei SS. XII Apostoli di Patronato dell’A.V., e che per Sovrana Sua disposizione dovrà rappresentare Maria SS.
Addolorata. Vorrà degnarsi V.A. dirmi se fra questi ne trova uno che Le piaccia sia eseguito, e ritornandomeli con le
Sue istruzioni mi farò un dovere dare li ordini relativi nella gita che conto fare a Roma”.
5
La cappella funeraria consisteva in un’anticappella, che si apriva sulla sacrestia con un arco chiuso
da uno splendido cancello in ferro battuto sormontato dalle armi Granducali, ora spostato davanti
all’ascensore nel chiostro. Sul lato destro si apre una finestra, chiusa da una vetrata in vetri dipinti,
con lo stemma Granducale e le armi delle città di Firenze, Siena ed Arezzo; a sinistra l’armadio che
racchiudeva gli arredi della cappella, dalla ricca decorazione imitante le tarsie rinascimentali e
comprendente il giglio di Firenze. La decorazione pittorica è costituita da architetture dipinte in
grisaille a tempera. Sopra la porta di ingresso si legge: DOMINICUS BRUSCHI PERUSINUS
PINXIT A.D. MDCCCLXXXII.
Nel pavimento si leggeva, in lettere di bronzo, IN QUESTA CAPPELLA DI PATRONATO
DELLA R. CASA DI LORENA / E’ DEPOSTA LA SPOGLIA MORTALE DI LEOPOLDO II
GRANDUCA DI TOSCANA UNDECIMO / CHE NATO IN FIRENZE IL III OTTOBRE
MDCCLXXXVII / E MORTO IN ROMA IL XXIX GENNAIO MDCCCLXX / REGNO’
TRENTACINQUE ANNI E PASSO’ IN ESILIO GLI ULTIMI UNDICI DELLA SUA VITA.
Da questo ambiente si accedeva attraverso un arco alla cappella funeraria, che aveva a sinistra
l’arcosolio col sepolcro di Leopoldo II, sul cui sarcofago marmoreo era l’iscrizione QUI E’
DEPOSTA LA SALMA DI S.A.R. e I IL GRANDUCA LEOPOLDO II DI TOSCANA.
PREGATE PER L’ANIMA SUA. 22 La lastra era sormontata dalla raffigurazione ad affresco delle
grandi armi della Casa Granducale di Lorena Toscana, sostenute da due angeli, e da una bella
maiolica policroma di gusto Robbiano, con la B.V. col Bambino, anch’essa ora sopra la porta
dell’ascensore nel chiostro. Sulla sinistra si aprivano due finestre, anch’esse con vetrate dipinte con
le armi dei Lorena Toscana; sul fondo l’altare di gusto Rinascimentale, dalla mensa sostenuta da
due balaustri, impreziosito da un ricco apparato di marmi policromi, tipicamente romano; sopra la
mensa l’immagine dell’Addolorata era incorniciata da due colonne in marmo nero, sostenenti una
trabeazione con frontone triangolare. Su una colonna marmorea ardeva una lampada perpetua. La
cappella conteneva inoltre le suppellettili necessarie al culto, fra cui un inginocchiatoio in noce
scolpito con lo stemma Granducale, la muta dei candelieri e delle cartegloria, un calice d’argento
con lo stemma Granducale, ed i paramenti e i lini; per questi arredi era stato previsto l’armadio
dell’anticappella.
Gli ambienti erano piuttosto ridotti, ma impreziositi dal raffinato apparato decorativo, architettonico
e figurativo e dagli arredi.
I lavori dovevano essere terminati il 21 Febbraio 1881, quando la cappella venne dedicata
all’Addolorata; tuttavia gli affreschi del Bruschi sono datati 1882.
La cappella sepolcrale verso il 1960 venne demolita ed inglobata nella sala parrocchiale, mentre
venne conservata l’anticappella; oggi un tramezzo divide i due ambienti. L’aspetto originario della
cappella è però testimoniato dalle fotografie scattate a lavori ultimati.
Nella cappella era presentata con molta evidenza una ricca decorazione araldica comprendente le
armi Granducali e delle città toscane, quest’ultime con chiaro riferimento al Granducato; la
presenza significativa degli stemmi Granducali era stata decisa sin dall’inizio della progettazione
della cappella, come evidenzia la corrispondenza tra Antinori ed il Granduca Ferdinando IV. Il
primo stemma era quello sul cancello che chiudeva la cappella: magnifico, finissimo lavoro in ferro
battuto, lo stemma a testa di cavallo porta un inquartato di Ungheria, Boemia, Borgogna e Bar con
21
Le foto si trovano in Archivio della basilica dei SS. XII Apostoli, Tumulazione e traslazione del corpo del Granduca
Leopoldo II
22
La lastra è tutt’ora esistente e trasferita nel chiostro ove sono murate altri reperti e iscrizioni; all’epitaffio vennero
aggiunte altre due iscrizioni: IL DI’ 26 FEBBRAIO 1914 \ LA SALMA CHE QUI GIACEVA \ FU TOLTA E
TRASPORTATA \ A VIENNA NEL SEPOLCRETO DI FAMIGLIA e IL DI’ 25 FEBBRAIO 1914 \ CESSO’ IL
PATRONATO DELLA \ SER. CASA DI LORENA \ SU QUESTA CAPPELLA. Si veda anche A. PANAJIA, L’ultima
visita a Roma di Ferdinando IV di Toscana, in: Nobiltà, n. 83, 2008, p. 207.
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sul tutto uno scudetto interzato in palo di Lorena, Asburgo e Medici, 23 timbrato da una corona
Reale; lo scudo è sormontato dalla corona Regia. Accollata allo scudo la croce dell’Ordine di S.
Stefano, il tutto circondato dal collare del Toson d’Oro; una lista verso la punta dello stemma porta
il motto IUSTITIA FIDES. Le punte del cancello sono costituite da gigli fiorentini, motivo questo
che si ritroverà più volte ripetuto nella decorazione della cappella.
Nell’anticappella a sinistra si trova ancora l’armadio per gli arredi sacri, che porta su quattro
pannelli il giglio di Firenze, mentre a destra la finestra è chiusa, sebbene in pessime condizioni di
conservazione, da una ricca vetrata dipinta recante al centro un tondo con le armi Lorena Toscana,
mentre sulla fascia decorata che contorna il campo tre tondi contengono rispettivamente in cima
all’arco lo stemma di Firenze, a sinistra lo stemma di Siena, a destra lo stemma di Arezzo.
Oltre l’arco interno dell’anticappella si apriva la cappella sepolcrale con l’altare; le pareti
apparivano decorate da un finto broccato nel quale compariva ancora il giglio di Firenze. E’
verosimile che le altre due finestre che illuminavano la cappella fossero chiuse da vetrate con gli
stemmi Lorena e delle altre città toscane.
Sulla sinistra si apriva l’arco contenente la tomba del Granduca; sulla cornice dell’arco era ancora
ripetuto il giglio di Firenze, e sopra l’arco un affresco raffigurava due angeli in atto di aprire una
cortina dalla quale apparivano le grandi armi dei Lorena Toscana in un ovato, sostenuto da quattro
angioletti. Lo stemma è il medesimo del cancello (inquartato di Ungheria, Boemia, Borgogna e Bar
con sul tutto uno scudetto interzato in palo di Lorena, Asburgo e Medici, timbrato da una corona
reale); lo scudo, circondato dal Tosone, è accollato alla croce Stefaniana; alla destra araldica pende
l’Ordine di S. Giuseppe di Toscana, alla sinistra l’Ordine del Merito Civile e Militare; sotto lo
scudo appare il breve col motto IUSTITIA FIDES. L’ovato con lo scudo è sormontato dalla corona
Regia, da cui muove un manto di velluto rosso, soppannato d’ermellino.
E’ da segnalare che la realizzazione della cappella funebre, dal tono architettonico e decorativo
assai solenne, e che ostenta le grandi armi Granducali nella loro pienezza quali appartenenti a Casa
Sovrana, avveniva in pieno Regno d’Italia: ma l’intercorsa pace tra il Regno d’Italia e l’Impero
d’Austria (1866) aveva fatto sì che anche tra la Casa di Savoia e la Casa Granducale (del resto legati
da molteplici rapporti di parentela, si ricordi che la nonna del Re Umberto I era Maria Teresa di
Lorena, figlia del Granduca Ferdinando III) i rapporti fossero ritornati distesi e non più segnati da
tensioni politiche. L’ostentazione pubblica delle insegne Sovrane dei Lorena nella capitale del
nuovo Stato Unitario rappresenta una eloquente ed incontestata riaffermazione, nella grande
famiglia dei Sovrani d’Europa, dello status Regale della casa Granducale di Toscana, sebbene non
più regnante: sebbene la cappella si trovasse nella sacrestia della basilica dei SS. Apostoli, si
trattava di una sacrestia nobile e molto più frequentata di quanto possiamo oggi pensare, mutate
oggi le condizioni sociali ed i riti religiosi. Certamente una delle principali finalità della cappella
funebre era prettamente dinastica, e questa finalità era espressa attraverso la ricca ed insistita
decorazione araldica: uno stemma è infatti la raffigurazione visiva di una realtà giuridica.
L’araldica, con la raffigurazione delle grandi armi della dinastia dei Lorena di Toscana, era il mezzo
per comunicare un messaggio preciso: la continuità delle prerogative Sovrane dei Lorena Granduchi
di Toscana.
La raffigurazione così completa e solenne delle armi della Casa Granducale di Toscana,
comprendente anche gli Ordini dinastici dei Lorena Toscana appare così una esplicitazione del
rango Sovrano – benché non più regnante – della Casa nel 1880. 24 La presenza abbastanza
inconsueta, oltre allo Stefaniano, che è sempre annesso alle raffigurazioni dello stemma
Granducale, degli Ordini di S. Giuseppe e dell’Ordine del Merito Civile e Militare rimanda
23
Lo stemma Medici non era solamente un’arma di possesso territoriale: i Lorena avevano sangue Medici attraverso il
matrimonio di Leopoldo, Duca di Lorena, con Elisabetta Carlotta d’Orleans, la cui bisnonna era la Regina di Francia
Maria dé Medici, consorte del Re Enrico IV:
24
La Casa di Lorena Toscana, infatti, lasciò il Granducato senza subire o accettare la debellatio, e protestando
pubblicamente di mantenere illesi tutti i propri diritti.
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chiaramente alla continuità del conferimento dei suoi Ordini da parte del Granduca Ferdinando IV
dall’esilio. Nel XIX sec. l’esercizio della Regia Prerogativa attraverso il conferimento degli Ordini
dinastici ed, in maniera più ristretta, di titoli nobiliari, rappresentò, per i Sovrani in esilio e non più
regnanti ed i loro successori nella titolarità della loro Casa, la principale espressione del
mantenimento dello status Sovrano, accompagnato dall’attribuzione di quei trattamenti cerimoniali
che ne manifestavano la qualità Regia.
Il Granduca Ferdinando IV infatti, mantenne fino alla morte nel 1908 il titolo, rango e le prerogative
Granducali, concedendo i suoi Ordini dinastici non solo ai benemeriti della sua Casa ed alla nobiltà
sia toscana che straniera, ma anche a Sovrani e Principi di Case Reali regnanti, la cui accettazione
delle decorazioni dinastiche toscane rappresentava una conferma della continuità dello status
Regale del Granduca, pur non regnante. Tra i decorati dell’Ordine di S. Giuseppe, ricordiamo il
Principe Reale Ludwig di Baviera (1863), il Re Milan I di Serbia (1882), il Granduca del Baden
(1886), il Re Carlo I del Wurttemberg (1882), il Principe Ereditario Federico Guglielmo di Prussia
(1887); tra i cardinali, Rampolla del Tindaro, Ledochowski, Mocenni; e molti Arciduchi austriaci,
compreso il Gran Principe Ereditario Arciduca Rodolfo (1867); concessioni degli Ordini toscani
vennero fatte, ma in misura assai ristretta, dal suo figlio e successore il Granduca Pietro Ferdinando
(Salisburgo 1874 + St. Gilgen 1948). 25
Nel 1913, quando il Granduca Ferdinando IV era già morto, e ormai tramontato il progetto di
seppellire il Granduca Leopoldo II a Firenze, la Casa di Lorena Toscana decise la traslazione del
corpo del Granduca nella cripta dei Cappuccini a Vienna, il sepolcreto della casa d’Asburgo.
Vennero avviati contatti tramite l’ambasciata d’Austria col Vicariato che ne informò il Vicario
Generale dei Minori Conventuali Padre Francesco Maria Dall’Olio - a cui succedette Padre
Domenico Tavani - ed il parroco dei SS. XII Apostoli, Padre Tommaso Rori, che scrissero al Card.
Vicario: “Abbiamo da codesto Ven. Vicariato di Roma ricevuto informazione della intenzione che
la I. R. Famiglia d’Austria Toscana ha di trasferire altrove la Salma del defunto Granduca Leopoldo
II, sepolto in una Cappella adiacente alla Sacrestia di questa Basilica dei SS. XII Apostoli. In pari
tempo siamo stati informati del desiderio della detta Augusta Famiglia di essere esonerata da
qualsiasi diritto ed impegno contratto per il Patronato di detta Cappella”. Vennero avviati contatti
tra i PP. Tavani e Rori ed il conte Maurizio Pàlffy Consigliere dell’Ambasciata d’Austria; da parte
dei Padri si richiese che “l’Augusta Casa d’Austria - Toscana” provvedesse al restauro della
cappella dopo la traslazione ed inoltre che “Le epigrafi attuali del loculo e del pavimento siano
trasportate nel corridoio lapidario dei SS. Apostoli, nel quale si conservano altre preziose iscrizioni
e monumenti tolti dalla Basilica – affinché rimanga alla Basilica stessa questa nobile e importante
memoria della sua storia”.
Il 25 febbraio 1914 si addivenne all’atto di risoluzione del Giuspatronato tra “L’Ill.mo Signor
Colonnello Teobaldo Barone di Seyffertitz, Ciambellano di S.M.I. e R. Apostolica, Capo di Corte e
facente funzione di Gran Maggiordomo di S.A. Serenissima I. e R. Giuseppe Ferdinando, Principe
25
Si veda, per un elenco dei Sovrani, Principi e cardinali decorati degli Ordini toscani, D. SERLUPI CRESCENZI
OTTOBONI, A. PANAJIA, Le concessioni dell’Ordine di S. Giuseppe dal 1859 al 1908, in: Nobiltà, n. 76, 2007, pp.
59 – 76. Il Granduca Ferdinando IV effettuò concessioni anche dello Stefaniano oltre che dell’Ordine del Merito Civile
e Militare. Per quest’ultimo si veda E. GREGOROVIČOVÁ, Toskánský civilní a vojenský záslužný řád. Historie –
Statuta – Seznamy vyznamenaných (L´Ordine del merito civile e militare di Toscana, Stroria - Statuti - Elenchi dei
decorati), in KAPITOLY Z DĚJIN RODINNÉHO ARCHIVU TOSKÁNSKÝCH HABSBURKU (i Capitoli della storia
dell´Archivio familiare degli Asburgo Lorena), Narodni archiv, Praha 2013. Per le concessioni del Granduca Pietro
Ferdinando, si veda M. MATTEUCCI, Ferdinando IV ultimo Granduca di Toscana, Pontedera, 2013, p. 177: “furono
insigniti… i figli Goffredo e Giorgio ed il genero Filippo Alberto duca di Wurttemberg”. La pro.sa Gregorovicova oltre
allo studio sull’Ordine del Merito Civile e Militare citato, ha pubblicato uno studio sull’Ordine di S. Giuseppe: E.
GREGOROVIČOVÁ, Toskánský záslužný Řád svatého Josefa. Historie – Statuta – Prameny - Seznamy
vyznamenaných. (Ordine del merito di S. Giuseppe. Storia - Statuti - Fonti - Elenchi dei decorati). In KAPITOLY
Z DĚJIN RODINNÉHO ARCHIVU TOSKÁNSKÝCH HABSBURKU (Capitoli della storia dell´Archivio familiare
degli Asburgo Lorena), Narodni archiv, Praha 2013
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Imperiale ed Arciduca d’Austria, Principe Reale d’Ungheria e Boemia ecc. ecc., [nella qualità di]
Rappresentante degli Eredi del defunto Granduca Leopoldo II di Toscana”, 26 ed i Padri Tavani e
Rori, nel quale si accoglievano le richieste formulate dai religiosi. La lastra sepolcrale del Granduca
Leopoldo II può infatti vedersi nel chiostro della basilica.
Il 26 febbraio seguente ebbe luogo l’estrazione della cassa dal corridoio retrostante alla cappella,
alla presenza del colonnello barone Teobald von Seyffertitz, di Mons. Carlo Respighi (nipote del
card. Pietro Respighi), Cerimoniere Pontificio, Delegato dell’E.mo Vicariato di Roma, del Padre
Domenico Tavani, Vicario Generale dell’Ordine dei Minori Conventuali, del Padre Tomaso Mori,
Parroco dei SS. XII Apostoli, del conte Pàlffy von Erdod, Ciambellano di S.M.I. e R. Apostolica
Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario, Agente per gli Affari Ecclesiastici e Consigliere
dell’I. e R. Ambasciata d’Austria-Ungheria, del Avv. Attilio Boschi-Huber, Consulente legale delle
I. e R. Ambasciate d’Austria-Ungheria. La cassa venne ritrovata intatta e trasportata
processionalmente “nella cappella espiatoria…
Nel mezzo è collocato un cataletto bianco, su cui si dispone la cassa ricoperta da una coltre nera e a
ricami d’oro. Anche vi è posato sopra un ricco cuscino. E comincia la Messa funebre celebrata dal
parroco D. Rori. Vi assistono tutti coloro che hanno presenziato l’esumazione del feretro. Terminata
la funzione viene letto e firmato il processo per il riconoscimento della salma.” Vennero inoltre
riconsegnate le due chiavi della cassa al barone von Seyssertitz, delegato a prendere in consegna la
salma e accompagnarla a Vienna; per il trasporto funebre “il nostro Governo ha concesso tutte le
facilitazioni, considerandolo come quello della salma di un regnante”. 27
E’ interessante notare che la Casa di Lorena, che aveva mantenuto e manterrà sempre la sua
individualità di linea dinastica distinta all’interno della Casa d’Austria, come appare dalla
corrispondenza ed anche dall’iscrizione aggiunta alla lastra sepolcrale di Leopoldo II, nel 1914
conservava anche una sua Corte con un “Capo di Corte e facente funzione di Gran Maggiordomo”.
Si concludeva, pochi mesi prima della grande Guerra che avrebbe travolto l’Impero asburgico, la
breve vicenda della tomba romana del Granduca Leopoldo II di Toscana.
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L’Arciduca Giuseppe Ferdinando era nel 1914 il Capo della Casa di Lorena Toscana, ma per motivi politici non
usava il titolo di Granduca. Egli rinunciò nel 1919 ai suoi diritti dinastici Austriaci per non essere costretto all’esilio
dall’Austria e subire la confisca del patrimonio privato; nel 1921, a seguito del suo matrimonio morganatico, rinunciò
esplicitamente anche ai suoi diritti dinastici Toscani in favore del fratello minore, l’Arciduca Pietro Ferdinando il quale
era in esilio in Svizzera sin dal 1918 non avendo rinunciato ai suoi diritti dinastici Austriaci; quest’ultimo era rimasto
molto legato all’Imperatore B. Carlo. Si veda, per l’astensione dall’uso del titolo Granducale e la rinuncia ai diritti
dinastici austriaci di Giuseppe Ferdinando, B. HAMANN, Die Habsburger – Ein biographisches Lexikon, Wien 1988,
p. 194: “Den Titel eines Grossherzog von Toskana, den seiner Vater auch im Exil noch trug, nahm er jedoch nicht mehr
an” e “1918 unterschrieb der Erherzog die von der Republik geforderte Verzichtserklarung und blieb in Osterreich” e si
veda anche D. McINTOSH, The unknown Habsburgs - Tuscany, Falkoping, 2000, p. 22; per la rinuncia ai diritti
dinastici toscani, M. MATTEUCCI, cit., p. 174: “Giuseppe Ferdinando in seguito e, precisamente, il 2 febbraio 1921,
rinuncia anche alla successione toscana in favore del fratello Pietro Ferdinando per sposare morganaticamente, il 2
maggio 1921, Rosa Kaltenbrunner”; per il Granduca Pietro Ferdinando si veda B. HAMANN, cit., p. 382: “1918 zog
das Paar zunachts in die Schweiz, kehrte aber in der Schuschingg-Zeit nach Osterreich zuruck, wo der fruhere Erherzog
eine geringe Ehrenpension erhielt” e D. McINTOSH, cit, p. 25: “Peter Ferdinando and Maria Christina… were very
friendly with Emperor Karl and Empress Zita and after the fall of the Monarchy also went into exile in Switzerland.
Their property in Salzburg was confiscated whithout compensation.”. Il Granduca Leopoldo, nipote del Granduca Pietro
Leopoldo e padre dell’attuale Granduca Sigismondo, nel 1993 anch’egli abdicò al titolo Granducale a seguito del suo
matrimonio morganatico.
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Da articolo del Giornale d’Italia del 26 febbraio 1914.
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apparato fotografico
immagine 1
Roma, SS. Apostoli, cappella sepolcrale del Granduca Leopoldo II, foto d’epoca, altare e tomba
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immagine 2
Roma, SS. Apostoli, cappella sepolcrale del Granduca Leopoldo II, foto d’epoca, anticappella e cancello
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immagine 3
Roma, SS. Apostoli, cappella sepolcrale del Granduca Leopoldo II, foto d’epoca,
tomba del Granduca Leopoldo II
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immagine 4
Roma, SS. Apostoli, cappella sepolcrale del Granduca Leopoldo II, foto d’epoca, scattata dalle Principesse
di Toscana Margherita figlie del Granduca Ferdinando IV, Anna e Germana durante il loro viaggio in Italia nel
1900. L´album, intitolato ROMA-NAPOLI_FIRENZE-1900, è conservato nell’Archivio Nazionale a Praga
(Národní archiv), nel fondo Archivio Familiare degli Asburgo Lorena di Toscana, RAT, Fotografie, Album
1900
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immagine 5
Roma, SS. Apostoli, chiostro, cancello già nella cappella sepolcrale del Granduca Leopoldo II
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Immagine 6
Roma, SS. Apostoli, chiostro, armadio per gli arredi sacri, nell’atrio della cappella sepolcrale
del Granduca Leopoldo II
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immagine 7
Roma, SS. Apostoli, chiostro, finestra con vetrata dipinta, nell’atrio della cappella sepolcrale
del Granduca Leopoldo II
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immagine 8
Roma, SS. Apostoli, chiostro, tondo in ceramica alla Robbiana già nella cappella sepolcrale
del Granduca Leopoldo II
immagine 9
Roma, SS. Apostoli, chiostro, lastra della tomba del Granduca Leopoldo II, con iscrizioni aggiunte nel 1914,
già nella cappella sepolcrale del Granduca Leopoldo II
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