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Armi storiche
Garand “Iwo Jima”
Un M-1 per Iwo Jima
La recente uscita di un film nelle sale cinematografiche e la versione commemorativa di una
fra le armi militari più raccontate della storia recente offrono un pretesto ideale per celebrare
l’ultima grande battaglia sul fronte del Pacifico, e il fucile che ne fu indiscusso protagonista: il
Garand M1. Realizzata dalla Springfield Armory in edizione limitata su 1945 esemplari, quella
che trovate nelle illustrazioni di queste pagine è la riproduzione del fucile che combatté ad Iwo
Jima, con incisioni celebrative sul calcio e sul fusto, consegnata in una spartana
scatola di legno contenente una foto storica della battaglia. Per l’appassionato
collezionista-storico, un’occasione da non perdere
di Pierangelo Tendas
N
el febbraio del 1945, la Seconda Guerra Mondiale
era ormai agli sgoccioli. In
maggio le truppe sovietiche sarebbero entrate a Berlino, e il suicidio di Adolf Hitler avrebbe posto fine
al nazi-fascismo in Europa. Sul fronte
dell’Oceano Pacifico, invece, la situazione era ancora molto calda. Le truppe
giapponesi, convinte della natura divina
dell’imperatore che le guidava e del loro
destino di dominio sull’Asia come “razza ele�a”, osservavano il ferreo codice
d’onore di guerra degli antichi Samurai
che vedeva la disfa�a come un terribile
disonore lavabile solo col suicidio rituale degli sconfi�i (mediante la tecnica
del Seppuku o Karakiri), e riservava una
considerazione di quasi-santità ai comba�enti che si immolavano in ba�aglia.
Le condizioni del Giappone, ormai disperate, sembravano non importare ai
suoi capi militari, che imponevano alle
truppe una resistenza stoica, o forse folle, e cercavano di compensare la scarsità
di materiale bellico con un aumento di
fanatici a�acchi Kamikaze. Questo era il
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tipo di resistenza ad oltranza che i vertici
americani sapevano di dover affrontare,
quando lanciarono, il 16 di febbraio, la
“Operazione Detachment”, nome in codice per la prima vera invasione di una
parte di territorio giapponese: l’isola di
Iwo Jima. Situata a circa 500 miglia a sud
della baia di Tokyo, l’isola era fornita di
una stazione radio e di due campi d’aviazione a lungo usati dagli aerei giapponesi per bombardare la flo�a americana;
secondo i piani USA, l’isola doveva divenire base per una serie di a�acchi aerei
sul Giappone, preludio ad una massiccia invasione di terra. Sebbene i vertici
militari la considerassero un bersaglio
secondario rispe�o alle isole di Taiwan e
ad Okinawa, in realtà Iwo Jima era d’importanza fondamentale per mantenere
la supremazia degli Alleati sul Pacifico
e per tenere il Giappone so�o costante
pressione militare, nella speranza di
spingerlo alla resa. D’altro canto, dopo
la ba�aglia di Guadalcanal, i giapponesi
avevano iniziato a prendere molto sul
serio la possibilità di un’invasione americana della loro madrepatria; e sapevano
che l’arcipelago Ogasawara, di cui Iwo
Jima è l’isola più importante, sarebbe
stata probabilmente la prima porta a cui
il nemico avrebbe voluto bussare. So�o
il comando del generale Tadamichi Kuribashi, l’isola era stata pesantemente
fortificata in base ad uno schema fuori
dai canoni della classica do�rina militare
giapponese: messi al bando gli a�acchi
in massa al grido di “Banzai”, il piano
prevedeva la predisposizione di diverse linee di difesa concentriche fa�e di
campi minati, bunker con mitragliatrici,
carri armati mimetizzati, e un sistema di
casema�e e pezzi di artiglieria in punti
strategici a poca distanza dalla costa e
sul monte Suribachi, la cima più importante dell’isola. Le postazioni dovevano
essere in grado di comunicare tra loro
tramite una rete di gallerie scavate lungo
tu�a la superficie dell’isola e all’interno
del monte, simili a quelle già usate dalle truppe italiane e austro-tedesche sui
monti del Carso durante la 1a GM, o a
quelle che, una ventina d’anni più tardi,
i Vietcong avrebbero usato per dare del
filo da torcere alle truppe USA.
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Armi storiche
Il generale Kuribashi voleva che le sue
truppe, al riparo dai bombardamenti,
lasciassero che i Marines sbarcassero e
si addentrassero nella fi�a vegetazione
dell’isola per poi sterminarli in una serie di agguati, mentre l’arrivo di rinforzi
sarebbe stato bloccato dall’artiglieria.
Kuribashi, così facendo, aveva in effe�i
previsto in gran parte lo schema d’a�acco americano, elaborato tra gli altri dal
generale Douglas McArthur e dall’ammiraglio Chester Nimitz, che prevedeva
il supporto dell’artiglieria navale e dei
bombardieri B-29 per lo sbarco del 5to
Corpo Anfibio e di tre divisioni di Marines supportate dai carri armati del 4to e
5to Ba�aglione, a est ed ovest dell’isola.
Lo sbarco iniziò alle 2 del ma�ino del
19 febbraio, dopo un intenso bombardamento da parte della flo�a americana che nei tre giorni precedenti aveva
circondato l’isola. Una squadra di cento
bombardieri B-29 spazzò Iwo Jima in aggiunta all’artiglieria navale, distruggendo a terra gli aerei stazionati sull’isola,
e per le 8:30 del ma�ino era ini-
Garand “Iwo Jima”
Sopra, lato destro del calcio con la stilizzazione della
celebre foto dell'alzabandiera sul monte Suribachi.
Sotto, il tamburo di deriva delle mire metalliche
ziato lo sbarco dei 30’000 Marines, che
sarebbe stato completato per il pomeriggio. Le difese giapponesi, o�imamente
preparate, crearono subito dei problemi.
Il monte Suribachi, obie�ivo primario in
quanto sede della base radio e del più
importante dei due campi d’aviazione
dell’isola, era tu�o un nido di bunker di
mitragliatrici e di postazioni d’artiglieria che scatenarono subito un autentico
inferno contro la flo�a americana e le
truppe da sbarco. I Marines lo�avano in
un ambiente inospitale, il cui suolo di
natura vulcanica rendeva difficile la salita e quasi impossibile lo scavo di buche
d’appostamento. Lo sbarco del primo
corpo di spedizione,
seguito nei giorni successivi da una forza aggiuntiva di altri 40’000 uomini, avvenne so�o un intenso fuoco giapponese
che li costrinse ad avanzare metro per
In alto, sul receiver il numero di serie del Garand con i marchi del costruttore
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metro. Non è affa�o un’esagerazione sostenere che la conquista
dell’isola avvenne, le�eralmente, palmo
a palmo, in una cruenta ba�aglia fa�a di
scontri a distanza ravvicinata. L’inefficacia dell’artiglieria e dei bombardamenti
aerei contro le gallerie dei giapponesi
costrinsero i Marines ad espugnarle con
un uso massiccio e brutale di lanciafiamme e bombe a mano.
La fi�a vegetazione perme�eva alle
truppe americane di avvicinarsi moltissimo alle casema�e, da cui venivano
però fa�i subito ogge�o di letale fuoco
di mitragliatrici.
Nondimeno, in quanto a potenza di fuoco, la situazione era decisamente favorevole agli Alleati. Le truppe giapponesi
erano sin dall’inizio della guerra scarsamente armate ed equipaggiate: si
calcola che, per ogni singolo soldato,
l’industria giapponese producesse
due chili scarsi di equipaggiamento, in
ossequio al principio per cui il combattente doveva bastare a se’ stesso e vincere le ba�aglie agendo in base all’antico
codice di guerra.
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Armi storiche
Garand “Iwo Jima”
Volata dell'arma con il
mirino e il tappo della
presa gas
Ogni singolo soldato americano, invece,
aveva a disposizione dai venti ai quaranta chili di equipaggiamenti e rifornimenti; senza contare che la flo�a americana circondava Iwo Jima, impedendo
alle truppe nemiche di ricevere rifornimenti. I soldati giapponesi utilizzavano
mitragliatrici fisse di tipo Lewis, e i lunghi fucili a ripetizione Arisaka Modello
38 e Modello 99 che erano di concezione
disperatamente obsoleta sia in confronto alle armi americane, sia rispe�o agli
Standard delle altre potenze combattenti: fa�i per lunghi tiri di precisione,
in conformità con una certa do�rina
militare che voleva il soldato capace di
arrestare l’avanzata nemica con scariche
di fucileria anche a più di un chilometro
di distanza; e specificamente ideati per
l’utilizzo in campo aperto, per assalti
alla baione�a, la versione “modernizzata” delle cariche con la spada degli
antichi Samurai. I Marines americani si
avvantaggiavano del volume di fuoco
semi-automatico ed automatico delle
loro armi più ada�e a scontri ravvicinati: potevano seminare lo scompiglio in
un bunker nemico con i proie�ili calibro
45 delle pistole M1911-A1, con i mitra
Thompson e M3 Grease Gun o con la carabine�a .30 M1, nonché con armi meno
comuni quali il fucile a pompa M-1897 o
i mitra Reising; si videro anche i Johnson.
Ma il protagonista indiscusso della battaglia, forse il migliore fucile di tu�a la
2a GM (e sicuramente il miglior semiautomatico!), e presente in enormi quantità nelle mani dei soldati americani, fu
lo M1 calibro .30-06, la creatura di John
Cantius Garand, che tanta fortuna era
destinato ad avere anche per molti anni
dopo la fine del confli�o, per la sua diffusione in tu�o il mondo (anche presso
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In alto a sinistra, la guardia del grilletto con la sicura. Sopra, l'otturatore in
apertura e in chiusura; sull'asta di armamento si notano le scritte
commemorative. Sotto, sul lato sinistro del calcio
troviamo una citazione dell'Ammiraglio
Nimitz al tempo, comandante in
capo della flotta del
Pacifico
le nostre Forze Armate), il
lungo utilizzo
in patria (come
fucile per la Guardia Nazionale USA fino a tu�i gli anni
‘60), e i suoi “figli” negli anni ‘50 (il fucile americano M-14 e il nostrano “Fal”
BM-59). Con l’adozione del Garand
nel 1932, le forze USA erano divenute
le prime in tu�o il mondo ad ado�are
un’arma individuale dal funzionamento
semiautomatico a presa di gas. Il sistema di funzionamento Garand è connotato da grande semplicità e robustezza;
sebbene inizialmente camerato per la innovativa cartuccia calibro .276 Pedersen,
il Garand fu ado�ato in .30-06: il mantenimento in servizio di questa cartuccia,
ado�ata all’inizio del secolo, se da una
parte aveva soddisfa�o le truppe che ne
ammiravano le prestazioni e la potenza,
dall’altra aveva permesso agli Stati Uniti,
finanziariamente stremati dalla Grande
Depressione, di evitare spese aggiuntive
insostenibili grazie all’uso di munizioni
stoccate in grandi quantità dai tempi
della 1a GM. Certo, non tu�e le cara�eristiche del Garand erano ben viste dai
soldati: il fucile può essere ricaricato solo quando è completamente scarico ed
espelle la Clip di caricamento vuota assieme al bossolo dell’ultimo colpo esploso; la mancata vista dell’emissione della
Clip esaurita, nelle fasi concitate della
ba�aglia, poteva comprome�ere tentativi di fuoco, e la stessa espulsione della
Clip produce un suono cara�eristico che
in ba�aglia, specie contro i giapponesi,
spingeva il nemico ad uscire allo scoperto e a�accare dire�amente i malcapitati
con l’arma scarica.
Flags of Our Fathers
Il 2006 sembra essere stato l’anno del revival per questa epica
battaglia. Clint Eastwood, il mitico attore e regista americano, ha
girato due capolavori sulla conquista di Iwo Jima: Flags of our
Fathers è già nelle sale, mentre Letters from Iwo Jima, che riprende
la storia dal punto di vista giapponese, uscirà nel febbraio del 2007
di Sandra Salvato
Ha il colore del piombo questo lungometraggio su Iwo Jima, battaglia tra le tante
battaglie che la storia recente ricorda solo grazie ad un clic. Da quella istantanea di
Joe Rosenthal, fotoreporter della Associated Press che è già una firma simbolo dei
tanti eroismi caduti sotto la mira del destino, sono passati molti anni e un lungo
lavoro di recupero. Della memoria, dei luoghi, degli uomini, dei loro padri soldati e
di un senso presto smarrito nella babele di croci su quelle terre. Il film, voluto con
insistenza da Eastwood e Spielberg, scivola sulle corde di un infinito crepuscolo
senza finestre sull’alba. E il domani, che giunge vestito del solito buonismo
americano, ha i volti nascosti sotto gli elmetti, di modo che il rumore del sacrificio
e della paura passi sopra con lo stessa velocità di uno sparo. Un impegno per un
cast di oltre 700 persone, un lavoro che ha già un sequel in produzione e non
ha ancora finito di dire la sua. Unico neo il continuo sbalzo temporale su cui si
snoda la mattanza e ha il solo lo scopo di confondere lo spettatore che avrà negli
occhi la guerra e nella mente tasselli sparsi di un puzzle troppo complicato per
far conoscere il quadro d’insieme. Rispetto a Salvate il Soldato Ryan molta meno
retorica e più crudo realismo. Non sarà un capolavoro, ma serve a non dimenticare.
Scheda
Titolo originale: Flags of Our Fathers
Soggetto: Tratto dal libro di James Bradley e Ron Powers
Regia: Clint Eastwood
Interpreti: Ryan Philippe, Adam Beach, Jesse Bradford
Sceneggiatura: William Broyles Jr
Fotografia: Tom Stern
Prodotto da: Clint Eastwood e Steven Spielberg
Distribuito da: Warner Bros Italia
Durata: 130’
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Armi storiche
Garand “Iwo Jima”
A sinistra, particolare del Bolt Lock .
A destra, sull'asta di armamento si leggono la
data e il luogo che l'arma commemora. le scritte
commemorative.
Al centro delle due pagine, la cima del monte
Suribachi, punto più alto di Iwo Jima, ieri e oggi.
Sotto, la dotazione di accessori e manuali fornita
assieme all'arma
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Sopra, particolare del gruppo presa gas con la maglietta per la cinghia e l'attacco per la baionetta .
Sotto, la caratteristica scatola in legno in cui viene consegnata l'arma
fa�i prigionieri, gli altri preferendo il
suicidio al disonore.
La durezza ba�aglia di Iwo Jima
rimandò l’a�acco ad un’altra importante isola giapponese, Okinawa, la
cui invasione sarebbe dovuta iniziare solo due giorni dopo il 19 febbraio, e che fu invece rimandata ad
Aprile. Ma nessuno ha mai messo in
discussione la crucialità della conquista. Fino alla fine della guerra,
Iwo Jima fu usata come base aerea
per il rifornimento dei bombardieri
B-29 in missione sul Giappone. Ancora oggi, Iwo Jima ospita una base
navale americana ed un memoriale
sulla cima del monte Suribachi.
Scheda tecnica
Senza contare la possibilità, sempre incombente, di schiacciarsi il pollice quando il completo inserimento della lastrina
di proie�ili all’interno della finestra di
caricamento manda l’o�uratore automaticamente in chiusura.
Ciononostante, il Garand aveva reso le
forze americane padrone di un terrificante vantaggio sul campo, che mantennero per tu�a la 2a GM e che fecero
valere anche durante la ba�aglia di Iwo
Jima. Il 23 febbraio, qua�ro giorni dopo
lo sbarco, fu raggiunta la cima del monte Suribachi. Fu issata una piccola bandiera americana, che fu poi sostituita da
una più grande anche per perme�ere al
ba�aglione di tenere l’originale. Fu in
quel momento che il fotografo Joe Rosenthal della Associaded Press sca�ò la
fotografia che sarebbe divenuta il simbolo storico della ba�aglia.
La conquista del monte Suribachi non
concluse la ba�aglia. Iwo Jima fu dichiarata “sicura” solo il 23 marzo, dopo un
ultimo contra�acco al secondo campo di
volo dell’isola; ma furono necessari altri
due mesi per scovare gli ultimi soldati
giapponesi nascosti nella giungla e rido�i alla guerriglia. In cinque se�imane
di ba�aglia, su un totale di centomila
uomini impiegati, gli americani ne avevano persi quasi se�emila e subito ventimila feriti; mentre dei circa ventunmila
soldati giapponesi che dovevano difendere l’isola solo 1083 sopravvissero alla
ba�aglia, e di questi appena 281 furono
Costruttore Produttore Springfield Armory, Geneseo (IL) USA - www.
springfield-armory.com
Distributore Prima Armi - Viale Kennedy, 8 - 10064 Pinerolo (TO) - Telefono:
0121-321422 - www.primarmi.it
Modello M1 Garand “IWO JIMA”
Catalogo nazionale 6725
Tipologia Fucile semiautomatico a recupero di gas con pistone a corsa
lunga, otturatore rotante con chiusura a due alette
Calibro .30-06 Springfield
Canna 610 mm; passo rigatura 1 in 10”
Caricatore 8+1
Scatto Singola azione a cane interno
Sicure Manuale sulla catena di scatto
Organi di mira Diottra regolabile in alzo e deriva; mirino fisso; base ottica II
Generazione (Opzionale)
Finiture Calciatura in noce; parti metalliche parkerizzate
Lunghezza totale 1.092 mm
Peso a vuoto 4.100 g
Prezzo 3.389,00 euro, IVA inclusa
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