Elezioni presidenziali in Argentina e doppio turno
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Elezioni presidenziali in Argentina e doppio turno
ISSN 2037-6677 DPCE online 2015-3 Elezioni presidenziali in Argentina e doppio turno di Víctor Enrique Ibáñez Rosaz Lo scorso 25 ottobre 2015, gli argentini, ancora una volta dopo la ritrovata legittimità costituzionale nel 1983, sono stati chiamati ad eleggere il loro Presidente. Il sistema argentino, infatti, a partire dalla riforma costituzionale del 1994, prevede l’elezione diretta del Presidente della Nazione e del Vicepresidente, attraverso un sistema a doppio turno, o ballottaggio, a circoscrizione unica nazionale. Se uno dei ticket presidenziali (Presidente e Vicepresidente) ottiene più del 45% dei voti validamente espressi verrà dichiarato vincitore al primo turno. Lo stesso accade qualora i consensi ottenuti si attestino fra il 40% e il 45% e lo scarto rispetto al duo immediatamente successivo per numero di voti sia di almeno dieci punti percentuali. In ogni altro caso, è previsto il ricorso ad un secondo turno elettorale che avrà luogo nei trenta giorni successivi e che segnerà la vittoria del duo presidenziale che abbia ottenuto la maggioranza semplice dei voti. È bene ricordare che prima del 1994 la riforma del 1972 aveva introdotto nella Costituzione argentina un sistema di ballottaggio alla francese che esigeva, per www.dpce.it 1 DPCE online 2015-3 evitare il secondo turno, che il ticket formato da Presidente e Vicepresidente avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi, ossia più del 50%. Vigente questo sistema, nell’anno 1973, la formula Cámpora - Solano Lima (con il 49,59% dei consensi) si impose sul duo Balbín - Gamond, che, avendo ottenuto il 21,30%, rinunciò preventivamente al secondo turno. Nel settembre dello stesso anno, a seguito delle dimissioni di Cámpora e Solano Lima, i cittadini furono nuovamente chiamati ad esprimersi. I candidati alla presidenza e alla vicepresidenza Juan Domingo Perón e María Estela Martínez de Perón ottennero più del 60% dei voti, evitando così di dover affrontare un secondo turno elettorale. Questa riforma elettorale però venne ben presto privata di ogni effetto, dal momento che tornò ad imporsi il sistema precedentemente introdotto dalla Costituzione storica argentina che prevedeva un’elezione indiretta del Presidente da parte di un collegio elettorale. Due decenni più tardi, il sistema elettorale presidenziale fu uno degli aspetti su cui si concentrò l’accordo Menem - Alfonsin – meglio noto come Pacto de Olivos – antecedente immediato della riforma costituzionale che venne portata a compimento nell’anno 1994 e che reintrodusse in Argentina l’elezione diretta del Presidente a doppio turno, ma secondo i particolari criteri che sono stati descritti all’inizio di questa breve nota. Fu così che il Presidente Carlos Menem ottenne la sua rielezione nell’anno 1995 e che Fernando De la Rúa trionfò nel 1999; entrambi furono eletti al primo turno, essendosi concretati i requisiti che consentono di evitare il secondo. Diversamente, alle elezioni presidenziali dell’aprile 2003, quando Carlos Menem e Néstor Kirchner, entrambi candidati alla presidenza, non avendo soddisfatto le condizioni necessarie alla loro immediata elezione, dovettero accedere ad un secondo turno elettorale, che avrebbe dovuto realizzarsi domenica 18 maggio di quell’anno, ma che non ebbe mai luogo, poiché Menem ritirò la sua candidatura e Kirchner ebbe accesso automaticamente alla carica con solo il 22% dei consensi elettorali. www.dpce.it 2 DPCE online 2015-3 Il 28 ottobre 2007 furono eletti Cristina Fernández de Kirchner e Julio Cobos, con un consenso pari al 45,29% dei voti espressi, mentre nell’anno 2011 – con candidati selezionati per mezzo di elezioni primarie aperte, simultanee ed obbligatorie, realizzate per la prima volta nella storia dell’Argentina – Cristina Fernández de Kirchner fu rieletta con oltre il 54% dei consensi. Ho sostenuto in più di un’occasione che l’ingovernabilità di Paesi come l’Argentina si fonda sulla vocazione egemonica fomentata tanto dalle forze di governo, quanto dai partiti all’opposizione; su uno stato di costante disputa fra le formazioni all’opposizione; sulla mancanza di meccanismi costituzionali in grado di decomprimere e sbloccare situazioni di grave crisi istituzionale, spesso accompagnate da un persistente malcontento popolare. Il rapporto fra maggioranza di governo ed opposizione finisce così per ridursi ad un gioco a somma zero, che scoraggia qualunque forma di accordo e di responsabilità condivise, dimenticando che una democrazia stabile si nutre proprio di politiche condivise fra tutte le forze politiche rappresentate, ma anche, e per mezzo di loro, dal Legislativo e dall’Esecutivo. Il regime argentino si mantiene partitocratico, iperpresidenzialista, estraneo a tutti quegli istituti costituzionali che caratterizzano i sistemi semipresidenziali e parlamentari, che se introdotti nell’attuale testo costituzionale sarebbero capaci, è l’opinione di chi scrive, di modificare quel gioco politico a somma zero di cui abbiamo detto. D’altra parte, qualcosa nello scenario politico sembra cambiare. Nell’elezione dello scorso 25 ottobre, il duo, sostenuto dall’uscente forza di governo, rappresentata dal candidato alla presidenza Daniel Scioli ha ottenuto il 36,86% delle preferenze, immediatamente seguito dallo sfidante Mauricio Macri con il 34,33% dei voti: il che apre la strada ad un secondo turno che si celebrerà il prossimo 22 novembre. Se rileggiamo i precedenti storici e se prestiamo attenzione al fatto che nei (due) casi in cui avrebbe dovuto celebrarsi il secondo turno, questo fu evitato per espressa rinuncia di uno dei candidati, appare chiaro che lo scenario che si presenta oggi rispetto al secondo turno nelle elezioni del 2015 risulta del tutto nuovo e deve indurre a riflettere sul valore dell’introduzione del sistema elettorale argentino delle www.dpce.it 3 DPCE online 2015-3 primarie, aperte, simultanee e obbligatorie e sulla crescente coscienza civica dell’elettorato, che rappresenta sicuramente il prodotto di 32 anni di democrazia ininterrotta. Pare, dunque, essere giunto il momento di aprire un dibattito serio sul concetto voto utile rispetto alla concreta possibilità di un doppio turno nelle elezioni presidenziali argentine. www.dpce.it 4