Appena ha saputo di essere sterile Gerard, giovane dirigente d
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Appena ha saputo di essere sterile Gerard, giovane dirigente d
A000944, 1 A000944 FONDAZIONE INSIEME onlus. Da IODONNA del 9/9/06 pag. 119 <<MIO FIGLIO NATO DAL SEME DI UN ALTRO>> di Anna Maria Battistin, psicoanalista e psicoterapeuta Per la lettura completa del pezzo sui rimanda al settimanale citato. Appena ha saputo di essere sterile Gerard, giovane dirigente d’azienda a Parigi, non ne ha fatto un mistero con nessuno. Ne ha parlato con i familiari, amici, perfino con i colleghi. <<E’ una malattia come un’altra>> dice. <<Non c’è nulla di cui vergognarsi>>. E’ stato lui a convincere la moglie a ricorrere alla fecondazione artificiale con seme di donatore anonimo invece che all’adozione, per non privarla dall’esperienza della gravidanza e del parto e poterla condividere con lei. <<Era lei ad avere più dubbi>> spiega. <<Temeva che in futuro, in caso di difficoltà, potessi tirarmi indietro e dirle “Occupati tu di tuo figlio”. D’altra parte anche lei potrebbe dire “E’ mio figlio, non tuo”. Ma francamente non credo succederà mai>>. L’interferenza di un altro uomo, uno sconosciuto che mette incinta la moglie con il suo seme, sia pure indirettamente, non lo preoccupa: è un dono simbolico che lui stesso fa alla donna che ama per interposta persona, al punto da identificarsi quasi con fecondatore fantasma. <<Essendo anch’io donatore di sangue>> dice <<non esiterei a donare il mio sperma, se non fossi sterile>>. Alla paternità dà un significato molto ampio: qualsiasi bambino in fondo potrebbe diventare suo figlio, anche un neonato abbandonato nel cassonetto. <<Il vero padre è quello che educa il figlio, lo ama, lo aiuta a crescere, lo mantiene. La genealogia mi interessa poco. Ho il senso della vita più che del passato. E la vita va sempre avanti>> osserva Allegro, dinamico, con l’aria di uno che sta bene nella propria pelle. Gerard parla con un misto di nonchalance e ottimismo, da vero cultore del “pensiero positivo”, della decisione di avere un figlio con l’inseminazione eterologa. <<Per lui la sterilità non rappresenta una ferita narcisistica, non intacca la sua idea di virilità né evoca il fantasma dell’impotenza, come avviene di solito. E’ un dato di fatto, una “malattia come tante altre”, non una perdita, un lutto che richiede di essere elaborato. Ma di parlarne urbi et orbi con un’attitudine un po’ esibizionista ha tutta l’aria di un efficace meccanismo di difesa contro il dolore e le angosce che, almeno a livello inconscio, provoca la scoperta di essere sterile>> commenta la psicoanalista Genevieve Delaisi de Perseval, che da trent’anni accompagna le coppie sterili nel cammino verso la procreazione assistita e ha dedicato gran parte del suo ultimo libro (La part du pere, Seuil) a quella più controversa: la fecondazione con seme di un donatore anonimo ammessa dalla legge francese che vieta la donazione dell’ovulo in caso di sterilità femminile. <<L’inseminazione eterologa rappresenta una nuova declinazione affettiva e sociale della paternità, in cui l’uomo decide di “adottare” un figlio prima ancora del concepimento>> dice de Perseval. A000944, 2 <<Già in questa scelta viene assunto un ruolo paterno, che si rafforza durante la gravidanza quanto più viene vissuta insieme alla moglie in modo quasi speculare>>. In base alla sua lunga esperienza clinica come consulente del Cecos (il primo Centro per lo studio e la conservazione dello sperma umano, fondato a Parigi nel 1973) gli uomini che vivono meglio questo tipo di paternità sono proprio quelli che hanno saputo investire di significati e di affetti positivi il periodo della gravidanza, pur sapendo che le loro compagne erano “tecnicamente” incinte di un altro, il donatore anonimo. Una realtà che non si può negare né banalizzare. E che per molti resta difficile da metabolizzare, soprattutto durante la gravidanza. <<Quando mia moglie era incinta non riuscivo quasi più a sfiorarla, e mi rifiutavo di toccarle la pancia per sentire i movimenti del bambino, come lei mi chiedeva>> confessa Luca, giovane architetto di Torino. In Italia la legge 40 sulla procreazione assistita entrata in vigore nel febbraio 2004 vieta l’inseminazione eterologa, che ormai da decenni veniva effettuata privatamente. Con il risultato di incrementare vistosamente il “turismo procreativo” verso paesi dalle legislazioni più liberali: come il Belgio, dove anche Luca e sua moglie si sono recati. <<E’ stata lei ad insistere quando è stata diagnosticata la mia sterilità>> racconta. <<Trattandosi però di oligospermia, che comporta la presenza limitata di spermatozoi, non l’assenza totale, esisteva la possibilità che potessi diventare padre col tempo. Ma lei non voleva aspettare. E alla fine ho accettato di ricorrere a questa tecnica>>. Una forzatura che non ha certo lenito la ferita della sterilità, accentuando il senso di impotenza e di depressione che colpisce spesso i “padri eterologi”. Non appena la moglie è rimasta incinta, ha cominciato ad allontanarsi da lei, come se la gravidanza fosse frutto di un tradimento, sia pure tecnologico. <<Temevo che il bambino somigliasse al padre biologico>> dice. <<Invece somiglia alla madre e, stranamente, un pochino anche a me. Così abbiamo cominciato a fantasticare che fosse davvero mio figlio, chissà, avrebbe potuto essere stato concepito da uno dei miei pochi spermatozoi …>>. Ma il momento magico creato da questa fantasia non è bastato a far superare i conflitti di coppia scoppiati durante la gravidanza. E, ora che la moglie ha deciso di separarsi, quello che più lo addolora è doversi staccare dal figlio, che adora. <<In molti casi sono le donne a proporre l’inseminazione eterologa, spinte da un forte desiderio di maternità>> dice la psicoanalista Paola Golinelli, responsabile del Comitato europeo di psicoanalisi e cultura. <<Ma quando insistono trascurando o sottovalutando le resistenze del compagno, rivelano spesso tratti caratteriali che le rendono castranti nei suoi confronti, tanto più quando tendono ad idealizzare la figura del donatore anonimo che nelle fantasie assume contorni del “grande fecondatore”: un amante misterioso, spesso con componenti incestuose che evocano l’immagine paterna>>. A000944, 3 Con l’inseminazione eterologa l’incesto, mimetizzato dalla tecnoscienza, può anche irrompere nella realtà. E’ il caso di un uomo che, scoprendosi sterile, accetta insieme alla moglie la proposta del padre di utilizzare il suo sperma per fecondarla, in modo da salvaguardare il patrimonio genetico familiare. Un escamotage procreativo il cui aspetto incestuoso viene completamente rimosso dalla famiglia in nome dell’eredità biologica, che con il seme di donatore anonimo rimane un’incognita a volte inquietante: come il recente caso, riscontrato negli Stati Uniti, di 5 bambini concepiti con il seme dello stesso donatore, tutti affetti da autismo. Ma ancora più inquietante è l’incognita della eredità psicologica che si trasmette al bambino quando non si tiene conto dell’interdizione all’incesto nelle sue varie forme>> osserva Golinelli. <<Nel groviglio di nodi familiari che si creano è ancora più difficile separare la paternità biologica da quella giuridica. E la domanda “Chi è il vero padre?” rischia di risvegliare fantasmi angosciosi non solo nella coppia ma anche nel bambino, quando pone i primi interrogativi sulla sua nascita>>. Rivelare o meno al figli che nelle sue origini biologiche e quindi anche la sterilità del padre? E’ un problema che si pone sempre, con l’inseminazione eterologa. E se alcuni sono disposti a parlare con il figlio della duplice paternità, per altri invece si tratta di un segreto da condividere solo con la propria compagna. E da non rivelare nemmeno al più diretto interessato, il figlio. O i figli, come nel caso di Ivan, 34 anni, in procinto di diventare padre per la seconda volta con l’inseminazione eterologa. <<Deve rimanere un segreto per tutti, anche per loro>> dice. <<E’ un problema di coppia troppo doloroso, troppo personale per poterlo condividere con altri. Senza contare i commenti della gente. Per i cattolici, si sa, questo tipo di fecondazione è un atto contro natura. Altri potrebbero mettere in dubbio la mia virilità>>. Per gli psicologi invece non c’è dubbio che la verità è il minore dei mali. Bisogna parlarne, dicono, altrimenti si crea un segreto di famiglia attorno al quale il figlio costruisce fantasie molto più angoscianti della verità. Che prima o poi verrà comunque a sapere in modo certo più traumatico. <<Non è tanto il timore dei pregiudizi degli altri, che pure esistono, a indurre il “padre eterologo” a mantenere il segreto. Ma i dubbi sulla propria identità di uomo e di padre dovuti ad una mancata elaborazione della sterilità e del dolore che provoca. Il modo di vivere questa paternità è soggettivo e si riflette sui figli: le loro difficoltà sono o specchio di quelle dei genitori a riconoscersi padri e a investire affetti ed energie sul figlio come su un progetto vitale, che sentono come proprio. Come per le nascite “naturali” anche quelle teologhe dipende solo dai genitori il fatto che i figli crescano più o meno felici>>.