lavoro - ASL CN1

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lavoro - ASL CN1
Giovani & Lavoro
giovedì 9 luglio 2015
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Infermieri con la valigia pronta
Ieri era una laurea con lavoro assicurato, oggi non più. Le storie di tre giovani
Fino a qualche anno fa
la professione di infermiere
non era a rischio
disoccupazione: venivano
reclutati subito dopo la laurea
ed anche vicino a casa.
Ora per trovare lavoro sono
pronti a fare le valigie
e ad emigrare all’estero.
Succede anche nel Saluzzese...
Il blocco delle assunzioni
nella sanità pubblica, ha spinto
i giovani infermieri, per non
buttare alle ortiche anni di studio
e la possibilità di fare il lavoro
che li appassiona, a partire
per l’Inghilterra. Oppure fanno
i pendolari transfrontalieri e
vanno a lavorare nelle zone
montane al confine con l’Italia.
MARA DELLERBA é par
tita per l’Inghilt
erra nell’aprile 20
14 INFERMIERI
partita
l’Inghilterra
201
«Qui c’é più competizione»
Da oltre un anno vive a
Stockport, una cittadina a
pochi chilometri da Manchester, dove lavora come
infermiera in una struttura
assistenziale della Four
Seasons Health Care,
compagnia privata di servizi assistenziali britannica. Mara Dellerba, 25
anni, saluzzese, è partita
per l’Inghilterra nell’aprile del 2014, dopo un periodo di lavoro precario in
Italia. «Sono felice della
mia decisione e conto di
rimanere in Inghilterra
ancora a lungo» dice
Mara.
É stata la precarietà .
la molla che ha fatto scattare la decisione di partire?
«Sì, dopo la laurea nel
2013, ho lavorato presso
alcune case di riposo ma
con contratti precari, per
cui ho cominciato a cercare lavoro all’estero, in
Svizzera, Germania, Inghilterra e Francia. Tramite un annuncio di
un’agenzia interinale inglese, sono stata selezionata dalla Four Seasons».
Quale iter bisogna
seguire perpoter lavorare in Inghilterra?
«Il processo è abbastanza lungo. Ho dovuto
ottenere il riconoscimento del mio titolo di studio e
l’iscrizione all’albo degli
infermieri britannico.
Come zona di lavoro mi
hanno sconsigliato Londra per i prezzi troppo elevati degli alloggi, così ho
scelto Manchester. Ho firmato il contratto in Italia e
poi sono partita il 1°aprile
dell’anno scorso, con volo
e primo mese di alloggio
pagati dall’azienda. Per il
primo anno mi hanno proposto un contratto di prova, mentre ora sono assunta a tempo indeterminato».
Con te è partito anche il tuo fidanzato, Matteo...
«Sì, anche lui si è messo in gioco. Dopo i primi
mesi passati a lavorare
come barista, ha frequentato un apposito corso e
poi si è aperto un’attività
come idraulico, insieme
ad un ragazzo inglese
conosciuto qua. Se hai
voglia di fare e di formarti,
qui ci sono davvero le
opportunità per crescere
e migliorarsi professionalmente».
Com’è la struttura
nella quale lavori?
«La struttura è composta da quattro reparti, io
sono in quello dei malati
terminali, chiamato “end
of life”, che conta una ventina di posti letto e faccio il
turno di notte. C’è tanta
documentazione da compilare. Il lavoro è stressante, proprio per le varie
formalità che si devono
seguire. C’è un diario assistenziale che bisogna
tenere aggiornato ogni
giorno. Il controllo sull’efficienza della struttura è
molto puntuale. In caso di
problemi, anche solo di
natura burocratica, si rischiano gravi sanzioni.
Per esempio, di recente,
è stata chiusa una struttu-
Mara lavora nel reparto “end life”
per malati terminali di una
struttura assistenziale di una
compagnia privata britannica
ra assistenziale qui vicino, perché non avevano
tenuto aggiornato correttamente la documentazione».
Com’è il rapporto con
i colleghi?
«Dopo i primi mesi di
ambientamento e le difficoltà linguistiche iniziali,
periodo in cui ero seguita anche da un tutor, ora
mi trovo bene. Qui c’è più
individualismo e più concorrenza tra colleghi, ma
devo dire che, comunque, mi hanno aiutato,
soprattutto con la lingua.
La competizione può nascere, in particolare, con
i “care assistance”, che
corrispondono ai nostri
operatori sociosanitari, i
quali, dopo un periodo di
sette anni di lavoro nella
stessa struttura e uno
specifico training, possono fare carriera e arrivare anche a somministrare i farmaci, in pratica,
sostituendosi in parte
agli infermieri, quindi può
sorgere un po’ di conflitto».
Quali differenze hai
notato tra il sistema di
formazione britannico e
quello italiano?
«L’università italiana,
nel nostro settore, è all’avanguardia. Abbiamo
un’ottima preparazione
generale di base, migliore di quella inglese. Qui,
però, ti permettono di lavorare in modo stabile e ti
garantiscono una formazione continua. Ho fatto
già alcuni corsi, tra cui un
corso di inglese per perfezionare la lingua e altri
corsi tecnici. Il sistema
inglese ti offre tante opportunità di formazione. Il
mio obiettivo sarebbe
quello di poter lavorare in
ospedale, per questo frequenterò appositi training
in università».
Come ti trovi a
Stockport?
«L’affitto, in questa
zona, è accessibile. Una
casa con giardino, da
queste parti, costa come
una stanza a Londra.
Stockport è una cittadina
di provincia, ovviamente,
essendo uno dei sobborghi di Manchester, non
posso dire che sia bella.
Inoltre, la gente è un po’
chiusa e diffidente verso
gli stranieri. In ogni caso,
noi abbiamo trovato un
alloggio in una zona residenziale e tutto sommato
ci troviamo bene».
Avete conosciuto altri italiani?
«Sì, purtroppo, però,
abbiamo sperimentato
poca solidarietà tra gli italiani che vivono qui. Mentre altre comunità, come
quella pachistana o nigeriana, sono più unite, qui
gli italiani, a parte pochi
casi, tendono a non aiutarsi. É emblematica una
pagina facebook che, in
teoria, è stata creata per
scambiare informazioni
utili tra chi vive qui, dove la
maggior parte delle risposte alle domande di chi
chiede informazioni è del
tipo: “cercatelo da solo,
come ho fatto io quando
sono arrivato”. Bisogna,
inoltre, fare attenzione alle
fregature...».
Stipendi medi
a confronto
In Gran Bretagna il salario
medio di un infermiere va dalle
12 alle 14 sterline all’ora (lordi), per una media di 36 ore
settimanali di lavoro. Un infermiere, in media, guadagna
circa 2.016 sterline al mese,
pari a 2.838 euro (lordi) per 13
mensilità. Gli stipendi variano
a seconda del livello contrattuale degli infermieri, del settore in cui si è impiegati e delle
zone dove si lavora, per via
del caro vita.
In Francia lo stipendio medio
mensile è circa di 1.948 euro
al mese lordi (Fonte: Ipasvi).
In Italia lo stipendio medio di
un infermiere appena assunto si aggira su 1.500 euro netti.
Asl: si torna
ad assumere
Nell’Asl Cn1 al 30 giugno scorso erano in servizio 1.279 infermieri.
Nel 2014 sono stati collocati a
riposo 21 infermieri, 9 nei primi quattro mesi di quest’anno.
Nei primi sei mesi del 2015
l’Asl Cn1 ha assunto 4 infermieri a tempo indeterminato e
38 con mobilità endoregionale 118. È in corso l’assunzione di 25 infermieri a tempo
determinato con incarico di
durata annuale.
MAR
CO COLOMBERO a settembre lascia l’Italia
MARCO
«In cerca di stabilità»
Il saluzzese Marco
Colombero, 26 anni, é
uno dei tre infermieri
piemontesi
selezionati dal
National Health
Service britannico (il
servizio sanitario del
Regno Unito)
per operare
in un ospedale
del Midwest inglese.
Marco partirà
alla volta
di Birmingham
per iniziare la sua
nuova avventura
lavorativa in
Inghilterra, come
hanno già fatto altri
giovani infermieri
della zona
Marco Colombero ha trovato lavoro in Inghilterra grazie
al servizio Eures; nella foto il giovane saluzzese con
Sabrina Rabbia, referente del servizio presso il centro per
l’impiego di Saluzzo
dopo la laurea infermieristica Stefano Fornero ha lavorato un anno come apprendista operaio e poi...
Pendolare in val Roya
Turni di lavoro
di 12 ore al giorno,
36 ore di lavoro
la settimana:
il 25enne
infermiere
di San Chiaffredo
Tarantasca
ha lavorato prima
a Sospel ed ora
presso il Centro
ospedaliero
di Tenda
Da dicembre del 2013 fa
la spola tra l’Italia e la Francia come lavoratore transfrontaliero. Stefano Fornero, 25 anni, giovane infermiere di San Chiaffredo, frazione di confine tra Busca e
Tarantasca, dopo un’esperienza di alcuni mesi presso
l’ospedale di Sospel, vicino
a Breil-sur-Roya, ora è assunto in pianta stabile presso il Centro ospedaliero di
Tenda.
«Non posso dire di essermi trasferito all’estero. Il
mio è un caso di pendolarismo tra l’Italia e il confine
francese che, considerando i chilometri di distanza da
casa, circa una cinquantina, tutto sommato, per me, è
stato un buon compromesso».
Come hai trovato lavoro in Val Roya?
«Dopo la laurea presso
la Facoltà di scienze infermieristiche di Cuneo nel
novembre 2012, non avendo trovato impiego nel mio
settore, per circa un anno ho
lavorato come apprendista
operaio per un’azienda metalmeccanica di Busca. Intanto continuavo a cercare
lavoro come infermiere. Da
alcuni miei ex compagni di
corso che avevano iniziato
un’esperienza Oltralpe, ho
saputo che in Francia c’era
molta richiesta di infermieri.
Ho cominciato a cercare sui
siti web delle agenzie interinali della Costa Azzurra che
gestiscono queste offerte di
lavoro: Menton, per esempio, era già “occupata” dagli
infermieri liguri, così sono
finito a Sospel dove l’ospedale era più piccolo rispetto
a Tenda, con una ventina di
posti letto di medicina generale e l’annessa Casa di
riposo. Dopo quattro mesi
ho chiesto l’avvicinamento
a Tenda».
Quale iter hai dovuto seguire per poter iniziare a
lavorare in Francia?
«Ho dovuto chiedere il
riconoscimento del mio titolo di studio italiano. Poi ho
dovuto sostenere un test di
lingua e prendere l’abilitazione all’esercizio della professione infermieristica in
Francia, iscrivendomi al
Collegio francese degli infermieri».
Com’è la struttura dove
lavori attualmente?
« A Tenda il Centro ospedaliero è composto da 2 reparti, uno di riabilitazione e
uno di lunga degenza per
chi è affetto da patologie
neurodegenerative, più una
casa di riposo. In totale ci
sono circa 120 posti letto. La
struttura era una vecchia
caserma della Guardia di
frontiera italiana. Negli anni
’60, è stata trasformata in
ospedale ed ora dipende
dal Centro ospedaliero universitario di Nizza. I turni di
lavoro sono di 12 ore al giorno, per un totale di 36 ore
settimanali, che concentro
in tre giorni consecutivi, in
modo da fermarmi solo parte della settimana. Quando
sono a Tenda, alloggio in
una casa concessa dall’ospedale: é una struttura
abitativa universitaria che
condivido con altri lavoratori italiani. Siamo una decina, tutti del cuneese, molti
dei quali ex compagni di
università».
Com’è l’ambiente di lavoro?
«Con i colleghi francesi
ho un ottimo rapporto. Certo, loro non ci risparmiano le
battute sulle nostre differenze, ma basta saper incassare nel modo giusto, a volte
controbattere con ironia, si
ride e si scherza sui reciproci stereotipi. Con la crisi economica, negli ultimi anni, ci
sono stati anche per loro dei
cambiamenti nei contratti di
lavoro, a volte, quindi, si
possono creare delle ten-
sioni e delle diffidenze verso i lavoratori italiani. Ma, in
generale, comunque, c’è
una buona accoglienza. Bisogna considerare anche il
fatto che questi posti liberi al
confine si sono creati perché nessuno degli infermieri francesi da Nizza voleva
salire a Tenda».
Quali differenze hai notato tra il sistema di formazione francese e quello italiano?
«Noi siamo molto formati
sulla teoria, mentre loro hanno un approccio pratico invidiabile. L’Università francese non sforna infermieri a
ciclo continuo, ma si tende a
verificare la reale necessità
del territorio. Una volta operativi, inoltre, ti viene garantita una formazione continua, per essere sempre
aggiornati. Per esempio, di
recente, ho seguito un corso di aggiornamento sulle
lesioni cutanee. In Francia,
poi, tanti infermieri scelgono la libera professione. In
Val Roya ci sono almeno
quattro studi infermieristici
di liberi professionisti che
sono molto quotati. Quanto
alle modalità di lavoro, nel
centro dove opero attualmente, ogni settimana si tiene una riunione di coordinamento interdisciplinare
tra tutti gli operatori sanitari
che lavorano in struttura, con
i quali si fa il punto della
situazione, cosa che ritengo molto utile per confrontarci e per migliorare il nostro lavoro quotidiano».
Perché hai deciso di
cercare lavoro all’estero?
«Sono laureato da un
anno e mezzo e dopo
aver avuto qualche esperienza lavorativa qui nei
dintorni, come dipendente di una cooperativa, ho deciso di cercare
un’occupazione più stabile. A causa dei tagli al
settore sanitario italiano,
le assunzioni in ospedale sono pressoché bloccate, nonostante il crescente bisogno di operatori. I concorsi pubblici
banditi dalle aziende
sanitarie locali sono molto rari e ad essi, ovviamente, si iscrivono migliaia di infermieri, con la
disponibilità di uno o due
posti di lavoro in tutta la
struttura, per cui la possibilità di essere assunti è
veramente minima. Anche in strutture private,
come le case di riposo,
l’infermiere non ha vita
facile, perché presta servizio per poche ore e,
spesso, è costretto ad
aprirsi la partita Iva, per
cui essere economicamente indipendenti risulta abbastanza difficile».
Perché hai scelto l’Inghilterra?
«Tramite altri colleghi
e dai miei ex-compagni
di corso sapevo che all’estero c’è molta richiesta di infermieri, specialmente in Inghilterra e
Germania. Per questo
l’operatrice dell’Informagiovani di Savigliano,
Mariella Carta, che avevo conosciuto durante la
formazione del servizio
civile, mi ha consigliato
di consultare gli annunci
di lavoro pubblicati sul
sito web dell’Eures che
si rivolge ai candidati interessati a trovare un lavoro in Europa. Mi sono
imbattuto in un annuncio
molto interessante riguardante l’assunzione
di infermieri in Inghilterra. Poichè esso dava
solo le informazioni necessarie alla candidatura e pochi dati riguardanti l’esperienza lavorativa
offerta, mi sono rivolto,
per i dettagli, al servizio
Eures del Centro per l’Impiego di Saluzzo. La referente del servizio, Sabrina Rabbia, mi ha dato
tutte le informazioni necessarie e mi ha messo
in contatto con l’ufficio
Eures di Torino, dove si è
svolta la giornata di reclutamento da parte di
una commissione del
National Healt Service».
In che cosa consisteva la selezione dei candidati?
«L’esame consisteva
in due prove scritte: nella
prima era richiesto lo
svolgimento di calcoli
relativi alla somministrazione di farmaci, mentre
nella seconda veniva
chiesto di redigere un
report sulle azioni da intraprendere riguardo a
un caso infermieristico.
Al colloquio, invece, si
doveva rispondere a 12
domande standard che
indagavano il comportamento del candidato, sia
a livello personale, sia
professionale: le esperienze di tirocinio e quelle lavorative e le motivazioni della scelta di lavorare all’estero. Ad interrogarci sono stati i caposala e i direttori sanitari di alcune strutture ospedaliere del Midwest inglese».
Una volta selezionato, cosa ti hanno offerto?
«Mi è stato offerto un
contratto a tempo indeterminato al Queen Elisabeth Hospital di Birmingham. Lavorerò nel
reparto di medicina generale. Oltre al contratto,
mi sono stati offerti anche un corso di inglese e
un piano di preparazione per l’inserimento nella realtà in cui ho deciso
di abitare. Inoltre, i primi
sei mesi, sarò anche seguito, in reparto, da un
tutor. Nonostante sia la
prima esperienza all’estero, mi sento molto
tranquillo, anche perché
il Centro Eures, attraverso il servizio “My first
Eures Job”, si è attivato
per ottenere un ulteriore
sostegno economico per
i costi di trasferimento nel
Regno Unito, quindi mi
sta dando un forte appoggio nel poter concretizzare questa mia nuova esperienza lavorativa».
servizi a cura di
daniela vismara