Progetto di studio sulla lepre bianca (Lepus

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Progetto di studio sulla lepre bianca (Lepus
SETTORE RISORSE AMBIENTALI
Servizio Caccia e Pesca
PROGETTO DI STUDIO SULLA LEPRE BIANCA
(Lepus timidus varronis)
Relazione finale
(2005 - 2008)
A cura di:
Elisa Masseroni, Francesco Bisi e Mosè Nodari
Coordinamento scientifico:
Guido Tosi, Adriano Martinoli
2
Progetto di studio sulla lepre bianca
(Lepus timidus varronis)
Relazione finale
(2005 - 2008)
A cura di:
Elisa Masseroni1, Francesco Bisi2, Mosè Nodari2
Coordinamento scientifico:
Guido Tosi2, Adriano Martinoli2
Supervisore scientifico e responsabile: Prof. G. Tosi2
1
2
Istituto Oikos Onlus, via Crescenzago 1, 20134 Milano
Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento Ambiente-Salute-Sicurezza, Unità di Analisi
e Gestione delle Risorse Ambientali, via J. H. Dunant 3, 21100 Varese
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4
Indice
RINGRAZIAMENTI
7
INTRODUZIONE
9
OBIETTIVI
10
1. STUDIO DELL’ECOLOGIA DELLA LEPRE BIANCA IN AMBIENTE ALPINO
11
1.1. STUDIO DELL’USO DELLO SPAZIO E DELLE PREFERENZE AMBIENTALI
AREA DI STUDIO
METODI UTILIZZATI
RISULTATI RAGGIUNTI
1.2. DINAMICA DI POPOLAZIONE E PARAMETRI DEMOGRAFICI
STIMA DELLA DENSITÀ
ANALISI DELLA SOPRAVVIVENZA
STIMA DEL SUCCESSO RIPRODUTTIVO
11
11
12
22
37
37
40
42
2. INCREMENTO DELLE CONOSCENZE SULLO STATUS DELLE POPOLAZIONI
52
2.1.
DEFINIZIONE DELLO STATUS DELLA SPECIE SUL TERRITORIO PROVINCIALE CON ELABORAZIONE
52
DI MODELLI DISTRIBUTIVI
52
METODI UTILIZZATI
RISULTATI RAGGIUNTI
52
3. DEFINIZIONE DI IDONEE STRATEGIE DI CONSERVAZIONE E GESTIONE
55
3.1.
DEFINIZIONE DI IDONEE TECNICHE SPEDITIVE E STANDARDIZZATE PER IL MONITORAGGIO DELLA
55
SPECIE SUL TERRITORIO PROVINCIALE
METODI UTILIZZATI
55
RISULTATI RAGGIUNTI
57
CONSIDERAZIONI
58
4. DIVULGAZIONE
61
TESI DI LAUREA
TESI DI DOTTORATO DI RICERCA
TESI DI MASTER
POSTER, COMUNICAZIONI A CONVEGNI E PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE
61
61
62
62
5. PROPOSTE DI PROSEGUIMENTO DEL LAVORO
63
6. BIBLIOGRAFIA
65
5
6
Ringraziamenti
Gli autori desiderano ringraziare per il loro fondamentale apporto:
ƒ
il Dirigente del Settore Risorse Ambientali della Provincia di Sondrio Dr. Daniele Moroni, il
responsabile del Servizio Agricoltura Caccia e Pesca della Provincia di Sondrio Geom. Cesare
Mitta, il Tecnico Faunistico Dr.ssa Maria Ferloni e l’ex Comandante della Polizia Provinciale di
Sondrio Andrea Vanotti;
ƒ
gli agenti del Corpo di Polizia Provinciale Italo Armanasco, Enos Bernardara, Remo Bongini,
Giuseppe Bongiolatti, Alberto Bresesti, Lucio Cusini, Guglielmo Ghilotti, Vincenzo Giumelli,
Giorgio Gusmerini, Luciano Levi, Fausto Luciani, Ettore Mozzetti, Ivo Naritelli, Massimiliano
Pasini Valerio Quadrio, Antonio Ronconi, Benito Rovedatti, Mario Sertori, Giambattista Silvestri,
Sandro Vanossi, Enzo Vanotti;
•
il Presidente del Parco Nazionale dello Stelvio, Ferruccio Tomasi;
•
Luca Pedrotti, Alessandro Gugiatti e Massimo Favaron del Parco Nazionale dello Stelvio;
•
il responsabile del Coordinamento Territoriale presso il Parco Nazionale dello Stelvio Dr.
Alberto Ricci;
ƒ
le guardie forestali Gerardo Urbani, Ivan Brancazi, Emilio Martinelli, Miriam Monzani,
Francesca Rastelli, Giacomo Regazzoni e gli operai del Consorzio del parco Nazionale dello
Stelvio Andrea Zanoli e Dario Rini;
ƒ
il dr. Damiano Preatoni e il dr. Luc Wauters per il fondamentale apporto nella pianificazione
delle attività e nell’analisi dei dati raccolti in campo;
ƒ
il dr. Alessandro Bianchi per il supporto veterinario durante tutte le fasi del progetto;
ƒ
il dr Guido Grilli, la dr.ssa Viviana Ferrazzi ed Elisa del Maffeo, del Dipartimento di Patologia
Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, per la
collaborazione nell’indagine sulla biologia riproduttiva;
ƒ
il Sig. Antonio Sosio, il Toni, per l’appoggio logistico e le innumerevoli attenzioni;
•
don Renato Corona, don Lino Urbani, don Giovanni Rapella e la Comunità parrocchiale
S.Martino di Pedenosso per l’appoggio logistico;
•
i cacciatori dei Comprensori Alpini della Provincia di Sondrio per la partecipazione ed il
supporto durante le catture in battuta, nonché per la collaborazione nella raccolta dei campioni
ai centri di controllo;
•
i Dirigenti dell’Azienda Elettrica Municipale (AEM) ed i guardiani della diga di S. Giacomo di
Fraele per il supporto logistico;
•
Marco Testa e la Provincia di Como per il prestito delle reti utilizzate per le catture;
•
i tesisti Serena Storaci, Davide Bressan, Manuela Boggio, Valentina Casella, Nuno Oliveira,
Diana Rodrigues, Cristina Rota, Federico Ossi, Bruno de Angelis, Luca Perlasca, Elena Trizio,
Pietro Bertoglio, Lorenzo Tarenghi e Andrea Guizzardi, per il notevole contributo nella fase di
raccolta dati sul campo, e Ambrogio Molinari e Alessio Martinoli per il supporto pratico nelle
attività di cattura.
7
8
Introduzione
La lepre bianca (Lepus timidus) è una specie a distribuzione artico-alpina, presente sia
nelle regioni nord europee, sia nelle catene montuose dell’Europa meridionale, con la
presenza
di
una
tipica
disgiunzione
dell’areale.
Tale
peculiarità
distributiva
è
conseguenza dei fenomeni glaciali del quaternario. Attualmente le popolazioni di lepre
bianca appaiono in lento ma generalizzato declino in molte zone dell’areale alpino.
Mentre la specie viene assiduamente studiata nelle regioni del nord Europa, il ruolo
ecologico della lepre bianca in ambiente alpino rimane tuttora poco indagato e
approfondito, con due soli studi effettuati nel Canton Ticino (Svizzera) (Gamboni, 1997)
e nel Parco Naturale Adamello-Brenta (Barbieri, 1998). Per sopperire alla quasi totale
mancanza di informazioni a livello nazionale sulla specie ha avuto inizio, nel 2005, il
presente Progetto di studio, che vede impegnati la Provincia di Sondrio, il Parco
Nazionale dello Stelvio, Istituto Oikos e l’Università degli Studi dell’Insubria. Il Progetto
si propone, nell’arco della sua durata, di approfondire le conoscenze sulla specie
attraverso indagini sull’autoecologia e sulle preferenze ambientali, al fine di identificare
idonee strategie di gestione e conservazione; si propone inoltre la definizione di
protocolli speditivi di monitoraggio della presenza e dell’abbondanza della specie,
nonché l’elaborazione di modelli in grado di predirne la distribuzione sull’intero arco
alpino, considerando l’area individuata come importante “caso di studio” di interesse
più generale.
Il lavoro svolto in Alta Valtellina nell’ambito del Progetto, negli anni compresi tra il 2005
ed il 2008, ha permesso di raggiungere un livello di conoscenze soddisfacenti in merito
alla biologia e all’autoecologia della specie, con particolare riferimento a dimensione e
struttura dell’home-range e alle preferenze ambientali, indagate mediante cattura,
marcatura e monitoraggio, con tecniche di radiotracking, di 43 individui complessivi, dei
quali 12 nell’area di studio situata all’interno del Comprensorio Alpino Alta Valtellina,
denominata “Vezzola”. I risultati di queste indagini, di notevole valenza, anche in
relazione alla scarsità di informazioni scientifiche sulla biologia di questa specie, sono
stati presentati sia in congressi nazionali che internazionali, suscitando notevole
interesse.
Il Progetto ha permesso inoltre la messa a punto e l’avvio di nuove linee di ricerca
inerenti
diversi
aspetti
della
dinamica
di
approfondimenti.
9
popolazione,
meritevoli
di
ulteriori
La presente relazione intende costituire un compendio complessivo del lavoro svolto nei
tre anni intercorsi dall’avvio del Progetto, che metta in evidenza le diverse tematiche
affrontate, le azioni intraprese, i metodi utilizzati ed i risultati raggiunti. I risultati
conseguiti nell’ambito del Progetto promosso e finanziato dalla Provincia di Sondrio
vengono in questa sede integrati con i risultati relativi al Progetto parallelo, promosso e
finanziato dal Parco Nazionale dello Stelvio, condotto nel medesimo periodo all’interno
dell’area protetta. Il prodotto finale, risultante dall’integrazione di quanto emerso
nell’ambito dei due Progetti paralleli, costituirà per entrambi i promotori del Progetto,
Provincia di Sondrio e Parco Nazionale dello Stelvio, una sintesi complessiva ed
organica del lavoro svolto, utile alla pianificazione delle attività future ed alla definizione
di idonee strategie di conservazione e gestione della specie.
Obiettivi
Gli obiettivi generali del Progetto possono essere riassunti nei seguenti punti:
1. Studio dell’ecologia della lepre bianca in ambiente alpino
2. Incremento delle conoscenze sullo status delle popolazioni presenti
3. Definizione di idonee strategie di conservazione e gestione
In particolare, nel corso dell’intera durata del Progetto, sono stati perseguiti i seguenti
obiettivi specifici:
1.1.
Studio dell’uso dello spazio e delle preferenze ambientali;
1.2.
Studio della dinamica di popolazione e dei parametri demografici;
2.1.
Definizione dello status della specie sul territorio provinciale con elaborazione di
modelli distributivi;
3.1.
Definizione di idonee tecniche speditive e standardizzate per il monitoraggio della
specie sul territorio provinciale.
10
1. Studio dell’ecologia della lepre bianca in ambiente alpino
1.1. Studio dell’uso dello spazio e delle preferenze ambientali
L’indagine sull’ecologia della specie è stata condotta mediante la cattura e la marcatura
di individui di lepre bianca, che sono stati poi monitorati utilizzando tecniche di
radiotracking al fine di indagarne l’uso dello spazio e le preferenze ambientali.
Area di studio
Lo studio finalizzato all’approfondimento dell’ecologia della specie è stato condotto in
un’area situata in Val Vezzola, a nord dell’abitato di Semogo, denominata appunto
“Vezzola”. L’area di studio “Vezzola” è situata in comune di Valdidentro, ad un’altitudine
di circa 2000 m s.l.m.; la vegetazione è rappresentata da bosco misto di abete rosso
(Picea excelsa), pino cembro (Pinus cembra), pino mugo (Pinus mugo) e larice (Larix
decidua), intervallato da pascoli. Il sottobosco è costituito da erica (Erica carnea),
ginepro (Juniperus communis), mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) e rododendro
(Rhododendron ferrugineum e Rhododenron hirsutum) (Figura 1).
Figura 1 - Area di studio “Vezzola”
L’area nella quale è in corso il Progetto parallelo, che vede impegnato il Parco Nazionale
dello Stelvio insieme a Istituto Oikos e Università degli Studi dell’Insubria, denominata
“San Giacomo”, è invece situata nei pressi della località S. Giacomo di Fraele, all’interno
del Parco, nei pressi dei Laghi di Cancano, ed è caratterizzata dalla netta prevalenza di
una omogenea foresta di pino mugo (Pinus mugo).
Le aree di studio (Figura 2) sono state scelte sulla base dei risultati forniti da uno studio
precedente, condotto nel 2003–2004 (Programma per la conoscenza e la conservazione
11
dell’aquila reale, della lepre bianca e dello stambecco nel Parco delle Orobie
bergamasche e nelle Alpi lombarde) che, relativamente alla presenza della specie,
mostrava valori di Indici Chilometrici di Abbondanza (IKA) molto elevati nella zona
dell’Alta Valtellina, e del Bormiese in particolare (Carlini et al., 2004). L’esatta
definizione delle aree di cattura (“S. Giacomo di Fraele” e “Vezzola”) è invece il risultato
di quanto emerso in occasione di sopralluoghi mirati al rilevamento ed alla
quantificazione dei segni di presenza di lepre alpina effettuati nelle suddette aree nei
mesi di Gennaio e Febbraio 2005.
Figura 2 - Aree di studio: "S. Giacomo di Fraele" a Nord e "Vezzola" a Sud
Metodi utilizzati
Di seguito sono illustrati i metodi utilizzati nell’ambito delle attività di cattura,
manipolazione e monitoraggio degli individui di lepre bianca, nonché di analisi dei dati
raccolti in campo, finalizzate all’indagine dell’uso dello spazio e delle preferenze
ambientali.
Catture
Nel corso dell’intero Progetto, a partire dalla primavera del 2005, nell’area di Vezzola le
catture sono state effettuate con due differenti metodi: esecuzione di battute con
impiego di apposite reti (Angerbjorn & Hjernquist, 1984; Angerbjorn, 1986 e 1989;
Dahl 2005) e utilizzo di trappole Tomahawk, appositamente studiate per catturare
animali vivi (Trappola 66 x 23 x 23 cm, model 205; Tomahawk Live Trap Co.,
Tomahawk, WI).
La tecnica delle catture in battuta è stata utilizzata due volte, esclusivamente nel primo
anno di attività, il 17 maggio 2005 e l’11 ottobre 2005. Le battute sono state precedute
da
un
sopralluogo,
volto
all’accertamento
12
della
presenza
della
specie
tramite
rinvenimento su transetto di segni di presenza (Krebs et al., 2001) ed alla
determinazione dell’esatta posizione in cui disporre il fronte delle reti, di lunghezza
variabile tra i 200 ed i 500 m. Ci si è serviti di reti apposite, a tremaglio, che vengono
normalmente utilizzate per catturare le lepri all’interno di allevamenti (Figura 3).
Figura 3 - Reti posizionate nell’area di Vezzola (foto C. Tattoni)
La rete interna è costituita da maglie di cotone di 6 cm; le due reti esterne hanno
maglia più larga, di 30 cm di lato; l’altezza complessiva delle reti è di 110 cm (Figura
4).
Figura 4 - Rete a tremaglio utilizzata per le catture in battuta (foto A. Bianchi)
La sera precedente ogni battuta le reti sono state posizionate lungo la linea di fronte
stabilita, fissate a pali metallici provvisti di appositi ganci per il sostegno di anelli
presenti sulle reti; sono state quindi abbassate al suolo per evitare l’accidentale impatto
di animali nelle reti durante la notte. Le reti sono state disposte linearmente lungo la
13
fascia ecotonale tra il bosco e le aree di pascolo, per una lunghezza complessiva del
fronte di reti di circa 500 m il 17 maggio 2005, e di circa 600 m l’11 ottobre 2005.
Immediatamente prima dello svolgimento della battuta le reti sono state aperte, in
presenza degli operatori incaricati di estrarre gli animali catturati. Il fronte dei battitori
si è disposto parallelo al fronte delle reti (Figura 5), ad una distanza di alcune centinaia
di metri, quindi, sotto la guida di personale esperto, sono avanzati in maniera sincrona
spingendo gli animali nelle reti.
Figura 5 - Fronte dei battitori nell’area di Vezzola (foto S. Mastrota)
L’area interessata dalle battute è stata di circa 11,5 ha il 17 maggio 2005 (Figura 6) e
di 16 ha l’11 ottobre 2005 (Figura 7); per le catture in battuta sono stati impiegati ogni
volta circa 30 battitori e 10 addetti al prelievo degli animali catturati lungo le reti.
Figura 6 - Area di battuta (in verde), 17/05/2005; in rosso il fronte delle reti
14
Figura 7 - Area di battuta (in verde), 11/10/2005; in rosso il fronte delle reti
Le caratteristiche orografiche, e ancor più quelle vegetazionali, delle aree scelte per le
catture in battuta si è dimostrata, in entrambe le occasioni, idonea all’impiego di tale
tecnica. L’alternanza di aree aperte, costituite essenzialmente da prati pascolo, e di
aree caratterizzate da bosco di conifere, in particolare abete rosso e larice, ha infatti
permesso un ottimale posizionamento delle reti; il portamento eretto di queste conifere
permette inoltre una buona efficienza nelle catture, dal momento che non consente alle
lepri presenti nell’area di battuta di trovare rifugio sotto i rami più bassi, senza quindi
raggiungere le reti; ciò accade invece in aree boscate fitte quali i boschi di pino mugo
che caratterizzano l’area di studio situata all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio.
La tecnica delle catture con impiego di trappole Tomahawk è stata utilizzata in ogni
periodo invernale interessato dal Progetto; ogni anno sono state utilizzate 25 trappole
Tomahawk, che sono state collocate a terra, disposte secondo una griglia (Mills et al.,
2005) di maglia 70 m, in un’area di accertata presenza delle lepri, nella medesima zona
in cui erano state effettuate le battute nei mesi di maggio e ottobre 2005 (Figura 8).
15
Figura 8 - Posizione delle 25 trappole Tomahawk nell’area di Vezzola
Contestualmente al posizionamento al suolo, le trappole sono state innescate con erba
medica essiccata e provviste di un fermo che ne impedisse la chiusura, dando in questo
modo inizio al periodo cosiddetto di prebaiting, nel quale gli animali hanno il tempo di
abituarsi alla presenza delle trappole innescate e di entrarvi indisturbati, raggiungendo
l’esca; ogni trappola è stata inoltre provvista di una copertura che impedisse alla neve
di sommergerla e di far deteriorare l’esca (Figura 9); a partire dall’inverno 2007-2008
ogni trappola è stata inoltre rivestita con una rete metallica di maglia 1 cm, per evitare
eventi di predazione da parte di volpe.
Figura 9 - Trappola Tomahawk in prebaiting
Dopo il periodo di prebaiting, ogni anno, le trappole sono state attivate rimuovendo il
fermo e sono rimaste attive per i periodi indicati nella Tabella 1; in Tabella è riportato
anche, per ogni anno, lo sforzo di cattura, espresso in notti–trappola.
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Tabella 1 - Periodi di attivazione delle trappole nell’area “Vezzola”
Anno Periodo di attivazione Trappole attive Notti-trappola
17 gennaio
20
1
18-19 gennaio
25
2
22 marzo
23
1
23 marzo
25
1
29 marzo
5
1
30-31 marzo
25
2
5-7 aprile
25
3
6-7 febbraio
24
2
20 febbraio
23
1
21 febbraio
24
1
7-8 marzo
24
2
9 gennaio
24
1
10 gennaio
25
1
23 gennaio
4
1
24 gennaio
21
1
25 gennaio
25
1
5-7 febbraio
25
3
2006
2007
2008
Sforzo di cattura
248
143
174
Manipolazione
Le lepri catturate sono state manipolate come previsto dal protocollo appositamente
approntato, che prevede:
•
determinazione del sesso, mediante osservazione dei genitali esterni;
•
determinazione della classe d’età, mediante palpazione del tubercolo di Stroh;
•
valutazione dello stato riproduttivo, in base all’osservazione dello sviluppo dei
testicoli, dello sviluppo delle ghiandole mammarie e della presenza di feti
nell’addome (al tatto).
Sono quindi stati rilevati e riportati su un’apposita scheda di campo (Figura 10) i
seguenti parametri morfometrici:
•
peso dell’animale;
•
lunghezza del piede posteriore;
•
lunghezza dell’orecchio.
17
Figura 10 - Scheda di rilevamento dati biometrici
Ad ogni animale catturato è stato inoltre effettuato un prelievo di tessuto per le analisi
genetiche (biopsia dall’orecchio) ed un prelievo di sangue per le analisi sanitarie. Al fine
di permettere il riconoscimento individuale dell’animale catturato e di effettuare il
monitoraggio mediante radiotracking, ad ogni individuo è stata applicata una marca
auricolare metallica (TAG mod. 1005-1 National Band and Tag Co.) ed un radiocollare
(Figura 11).
Figura 11 - Alcune fasi della manipolazione
Monitoraggio
Tutti gli individui di lepre bianca catturati nell’area “Vezzola” sono stati provvisti di
radiocollare con sensore di mortalità (Advanced Telemetry Systems, mod. M1930); è
stato quindi possibile monitorarli utilizzando tecniche di radiotracking. Sono state
utilizzate due tecniche: l’homing-in, che permette di localizzare l’animale seguendo
direttamente il segnale, utilizzata nei momenti immediatamente successivi al rilascio
per controllare che il collare fosse posizionato in modo corretto e non interferisse nelle
18
normali attività della lepre, e la tecnica della triangolazione, utilizzata per il
monitoraggio di routine (White & Garrot, 1990); questa seconda tecnica permette
infatti di effettuare le misurazioni restando distanti dall’animale, senza influenzarne il
comportamento. Il protocollo di monitoraggio ha previsto, nella prima fase del Progetto,
l’attuazione di quattro turni di radiotracking di 6 ore l’uno (00:00-06:00; 06:00-12:00;
12.00-18:00; 18:00-00:00), effettuati su quattro giorni, al fine di coprire l’intero arco
delle 24 ore. In seguito all’analisi dei primi dati raccolti, e confermata così la
predominanza dell’attività delle lepri nella fascia notturna, si è deciso nella seconda
parte del Progetto di concentrare lo sforzo nelle ore notturne, senza escludere però il
monitoraggio, seppur meno intenso, anche in quelle diurne. A partire da gennaio 2007
il protocollo ha quindi previsto la raccolta di un totale di 30 fix al mese per ogni
individuo marcato, di cui 20 distribuiti nelle ore notturne e 10 nelle ore diurne. I
rilevamenti sono stati effettuati da due operatori posizionati in due punti distinti, con
coordinate note, che in contemporanea hanno registrato la direzione di provenienza del
segnale (bearing) su un’apposita scheda di campo, riportando per ogni misurazione
anche l’ora in cui è stata effettuata e se l’animale fosse fermo o in movimento (Figura
12).
Figura 12 - Scheda di rilevamento dati di radiotracking
Analisi dei dati
Tutti i dati rilevati in campo in entrambe le aree di studio sono stati riportati su Sistema
Informativo Territoriale (GIS) ARC/INFO 8.2.1 (ESRI, 2000), in modo da poter disporre
di uno strumento finalizzato ad elaborazioni quantitative sull’uso dello spazio, nonché
alla produzione di cartografia numerica sintetica delle informazioni acquisite.
Per effettuare le triangolazioni, a partire dai dati di bearing raccolti in campo, è stato
utilizzato il software LOCATE III (Nams, 2005), che ha permesso di ricavare le
localizzazioni degli animali. Le localizzazioni così ottenute sono state utilizzate per
19
calcolare le aree vitali (home range) di ogni individuo per ogni periodo di monitoraggio
in entrambe le aree di studio; tutte le analisi sono state effettuate utilizzando il
software R (R Development Core Team, 2007), ed in particolare le funzioni aggiuntive
del pacchetto adehabitat (Calenge, 2006).
Al fine di disporre di un campione di dati sufficientemente rappresentativo per poter
effettuare considerazioni generali sulla specie indagata, nelle analisi sono stati utilizzati
i dati relativi ad entrambe le aree di studio.
Dei diversi metodi disponibili per la stima degli home range, la metodologia Kernel è
quella più frequentemente utilizzata; si basa sulla distribuzione della densità delle
localizzazioni (Worton, 1989) e fornisce quindi una stima del grado di utilizzazione delle
aree occupate dagli individui (Kernel density estimation, KDE). Questa tecnica prevede
il calcolo anche di un fattore di smoothing (h), per il quale esistono due metodologie di
calcolo: la prima è denominata reference smoothing factor (href), mentre l’altra è detta
least-squares cross-validation (hlscv); il valore di h, e quindi anche la tecnica utilizzata
per calcolarlo, hanno notevole influenza sulla forma e la dimensione degli home range
stimati (Worton, 1989), quindi per il calcolo di h è stato utilizzato il metodo proposto da
Wauters et al. (2007), che prevede la stima di h attraverso il rapporto dei valori
ottenuti dall’applicazione delle due metodologie sopra esposte.
Il calcolo degli home range è stato effettuato su base stagionale, suddividendo l’anno
solare in tre periodi, in base alle peculiarità dell’ambiente alpino ed alle caratteristiche
biologiche della specie, relative soprattutto al fenomeno della muta:
•
Inverno: dicembre-marzo;
•
Stagione riproduttiva (Pe, primavera-estate): aprile-agosto;
•
Autunno: settembre-novembre.
Sono stati inoltre calcolati gli home range notturni e diurni di ogni individuo in tutti i
periodi analizzati, assegnando ad ogni localizzazione l’appartenenza alla fascia notturna
e diurna in base agli orari di alba e tramonto, calcolati attraverso la funzione proposta
da Teets (2003) e opportunamente modificata.
Il primo passo nell’analisi degli home range è stata la verifica della distribuzione
normale dei valori delle aree ottenute, mediante l’applicazione del test di Shapiro-Wilk
(1965); in caso contrario, la distribuzione è stata trasformata in scala logaritmica. Le
dimensioni degli home range sono state confrontate tra loro per rilevare eventuali
differenze
significative
relative
ai
fattori
sesso
(maschio/femmina),
età
(subadulto/adulto) e stagione (stagione riproduttiva/autunno/inverno), utilizzando la
tecnica del General Linear Model (GLM). Per determinare il modello che meglio si
20
adattasse ai dati è stata adottata una metodologia stepwise, che permette di verificare
attraverso l’Akaiki Information Criterion (AIC) quale modello fornisca il maggior numero
di informazioni per le variabili analizzate (Akaike, 1974). Tutte le analisi statistiche
sono state effettuate utilizzando il software R (R Development Core Team 2007).
Per approfondire gli schemi di utilizzo dello spazio della lepre alpina si è inoltre cercato
di determinare l’effettiva esistenza della core area (centro di attività) all’interno dei
singoli home range; a tale scopo è stata applicata l’Incremental Kernel Analysis
(Kenward et al., 2001 e 2003).
È
stata
inoltre
calcolata
la
sovrapposizione
degli
home
range;
l’area
di
sovrapposizione è stata espressa come percentuale di sovrapposizione dell’home range
di una lepre con l’home range di tutte le altre lepri presenti nella medesima area di
studio. Sono state comparate tutte le combinazioni di sesso: maschi con maschi,
femmine con maschi, femmine con femmine.
Inoltre, per valutare i ritmi di attività giornaliera e stagionale è stata calcolata, per
ogni ora, la proporzione di fix attivi rispetto ai fix totali determinati; l’analisi è stata
effettuata utilizzando la proporzione di fix attivi per ovviare al problema della possibile
disomogeneità del monitoraggio in diverse fasce orarie. Successivamente al calcolo
delle suddette proporzioni, è stata indagata la disuguaglianza delle stesse tra ore
consecutive, applicando un mix model con ID animale come misura ripetuta, per
verificare possibili differenze nella proporzione di fix attivi nell’arco delle 24 ore.
Sono state valutate le differenze nella distribuzione dell’attività anche a livello
stagionale applicando lo stesso modello, ma considerando la proporzione di fix attivi su
base stagionale anziché oraria. Lo stesso tipo di analisi è stato condotto anche
considerando l’interazione tra i fattori orario e stagione, per capire se in stagioni
diverse,
nelle
medesime
fasce
orarie,
vi
fossero
differenze
significative
nella
distribuzione dell’attività.
Per lo studio delle preferenze ambientali è stata utilizzata la carta dell’uso del suolo
ad orientamento vegetazionale contenuta nella cartografia digitale Geoambientale
fornita dalla Regione Lombardia, opportunamente modificata. Lo studio della selezione
dell’habitat è stato condotto mediante l’analisi composizionale proposta da Aebischer et
al. (1993). Questa tecnica consiste in un'indagine statistica parametrica che permette
di valutare se l'utilizzo di un determinato habitat da parte di un individuo sia o meno
casuale. Oltre agli home range dei singoli animali, è stato quindi necessario calcolare
un’area che racchiudesse gli habitat disponibili; quest’area è stata definita calcolando
l’MCP (Minimum Convex Polygon) al 100% di tutte le localizzazioni raccolte.
21
Per permettere l’avvio di uno studio sull’alimentazione della lepre bianca è stato inoltre
calcolato il potere calorifico, attraverso l’utilizzo della bomba calorimetrica, delle
specie appetibili per la lepre bianca più rappresentate all’interno dell’area di studio. Per
ogni campione vegetale l’analisi è stata ripetuta 5 volte, allo scopo di ottenere un
valore medio maggiormente attendibile.
Risultati raggiunti
Catture con reti
Nelle battute effettuate in data 17 maggio 2005 sono stati catturati 2 individui di lepre
bianca, entrambi maschi adulti (ID 2004, ID 2005). Nelle battute dell’11 ottobre 2005
sono stati catturati 3 individui di lepre bianca, un maschio adulto e due femmine
giovani (ID 2006, ID 2007, ID 2008) ed un individuo, femmina adulta, di lepre comune
(Lepus europaeus), marcata con ID 2050.
Catture con trappole
Nel corso delle sessioni di cattura del 2006 sono stati catturati due nuovi individui di
lepre bianca, entrambi maschi adulti (ID 2051, ID 2022); si è inoltre verificata la
ricattura di un individuo (ID 2004) catturato nella battuta del 17 maggio 2005. Con uno
sforzo
di
cattura
pari
a
248
notti–trappola,
gli
eventi
di
cattura
realizzati
complessivamente nelle sessioni di cattura del 2006 ammontano a 6 (2 catture, 4
ricatture), determinando un successo di cattura pari a 2,42/100 notti–trappola.
Nel corso delle sessioni di cattura del 2007 sono stati catturati due nuovi individui di
lepre bianca (ID 2033, ID 2035), un maschio giovane ed un maschio adulto; si è inoltre
verificata la ricattura di un individuo (ID 2051) catturato nella sessione di cattura del
2006. Con uno sforzo di cattura pari a 143 notti-trappola, gli eventi di cattura realizzati
complessivamente nelle sessioni di cattura del 2007 ammontano a 8 (2 catture, 6
ricatture), determinando un successo di cattura pari a 5,59/100 notti–trappola.
Nel corso delle sessioni di cattura del 2008 sono stati catturati 3 nuovi individui (ID
2036, ID 2037, ID 2038), due femmine adulte ed una femmina giovane; sono stati
inoltre ricatturati due individui catturati nella sessione del 2007. Lo sforzo di cattura è
stato pari a 174 notti–trappola per un totale di 8 eventi di cattura, con un successo pari
a 4,60/100 notti–trappola.
Complessivamente, nell’area di Vezzola, sono stati quindi realizzati 24 eventi di cattura,
riferiti a 12 individui diversi; per ogni soggetto catturato sono stati rilevati il sesso,
l’età, lo stato riproduttivo e le biometrie (Tabella 2).
22
Tabella 2 - Biometrie degli individui catturati
ID
Stato
riproduttivo
Peso
(Kg)
Sesso
(M/F)
2004
2005
2006
2007
2008
2022
2033
2035
2036
2037
2038
2051
Riproduttivo
Riproduttivo
Non riproduttivo
Non riproduttivo
Non riproduttivo
Non riproduttivo
Non riproduttivo
Indeterminato
Indeterminato
Indeterminato
Indeterminato
Non riproduttivo
2.20
1.95
2.60
1.60
2.60
1.95
1.96
1.96
2.51
2.16
2.86
2.40
M
M
M
F
F
M
M
M
F
F
F
M
Età alla
cattura
(S/A)
A
A
A
S
S
A
S
A
A
S
S
A
Piede
posteriore
(mm)
164
145
145
146
170
145
147
150
141
142
145
145
Orecchio
(mm)
110
113
128
106
98
107
95
123
110
112
106
115
Home range
Le superfici degli home range calcolati su base stagionale con il metodo kernel (al
95%), per ogni individuo indagato nell’area “Vezzola”, sono illustrate in Tabella 3.
Tabella 3 - Dimensione degli home range e numero di localizzazioni, su base stagionale
ID
Stagione e anno
Home range (ha)
N° localizzazioni
2004
Pe 2005
51.1
655
2004
Au 2005
35.2
353
2004
In 2006
16.1
70
2004
Pe 2006
10.4
38
2005
Pe 2005
63.9
82
2006
Au 2005
112.9
245
2006
In 2006
59.0
66
2006
Pe 2006
95.2
189
2006
Au 2006
51.9
30
2006
In 2007
124.4
30
2006
Pe 2007
84.4
82
2006
Au 2007
15.7
20
2007
Au 2005
79.0
141
2007
In 2006
36.2
62
2007
Pe 2006
22.4
71
2007
Au 2006
1.3
20
2007
In 2007
41.2
44
2007
Pe 2007
16.4
111
23
2007
Au 2007
5.0
46
2008
Au 2005
74.9
269
2008
In 2006
125.1
54
2008
Pe 2006
102.6
190
2008
Au 2006
52.4
32
2008
In 2007
150.8
26
2008
Pe 2007
55.8
85
2008
Au 2007
17.9
46
2008
In 2008
26.8
23
2033
In 2007
85.8
48
2033
Pe 2007
50.9
118
2033
Au 2007
48.7
63
2035
Pe 2007
35.1
120
2035
Au 2007
18.7
56
2035
In 2008
70.4
33
2035
Pe 2008
53.6
30
2036
Pe 2008
52.1
24
2037
In 2008
99.5
32
2037
Pe 2008
61.1
29
2038
In 2008
57.5
31
2038
Pe 2008
87.2
21
2051
Pe 2006
52.0
210
2051
Au 2006
17.6
27
2051
In 2007
36.9
46
2051
Pe 2007
21.5
116
2051
Au 2007
42.6
49
2051
In 2008
18.4
44
È importante evidenziare che i risultati relativi al calcolo degli home range sono
presentati solo come home range al 95%, mentre non viene presentato alcun risultato
inerente la core area (generalmente calcolata con il metodo MCP o kernel al 50%); la
scelta è dovuta a quanto emerso nell’IKA (Incremental Kernel Analysis), che mostra
come all’interno dello spazio vitale non vi siano aree di utilizzo intensivo (centri di
attività), e come quindi, per la specie in oggetto, l’esistenza di una reale core area
non possa essere contemplata; dall’osservazione della Figura 13 risulta evidente
come la prima differenza significativa tra coroplete successive ricada infatti tra l’85 e il
90%, mentre non esiste nessuna differenza tra coroplete inferiori.
24
Figura 13 - Incremental Kernel Analysis; l’assenza di differenze significative tra le superfici
relative a coroplete inferiori all’85% indica l’assenza di una reale core area
Le dimensioni degli home range calcolati nelle due aree di studio (valore medio pari
a 54.24 ha) sono paragonabili a quelle calcolate nella prima fase di lavoro del presente
Progetto (Nodari, 2006), in cui gli home range annuali risultavano mediamente di
dimensioni pari a 45 ha; risultano invece di dimensioni maggiori rispetto a quanto
rilevato in un altro studio condotto sulle Alpi svizzere (valore medio pari a 38.1 ha)
(Genini-Gamboni et al., in press). Confrontando i valori ottenuti con quelli di numerosi
studi condotti in altre aree d'Europa emergono notevoli differenze, che sono
probabilmente da mettere in relazione alla presenza di differenti adattamenti adottati
dalla specie nei diversi habitat in cui vive. In Scozia, dove l’habitat normalmente
frequentato dalle lepri bianche è dominato dalla brughiera, intervallata da ristrette zone
di pascoli, gli home range hanno dimensioni medie nettamente superiori; poiché le
lepri, qualora possibile, preferiscono non nutrirsi esclusivamente di brugo (Calluna
vulgaris) compiono escursioni piuttosto lunghe per raggiungere le zone di pascolo, dove
trovano altre specie erbacee di cui nutrirsi. Inoltre nell’ambiente di brughiera i ripari per
nascondersi dai predatori sono scarsi, se confrontati con quelli disponibili in habitat di
tipo forestale; pertanto le lepri che vivono in queste aree presentano home range di
dimensioni maggiori sia a causa della necessità di compiere notevoli spostamenti per
reperire le risorse alimentari di cui necessitano, sia di trovare luoghi dove ripararsi
durante il giorno (Hewson & Hinge, 1990). Le notevoli differenze che si osservano poi
nella stessa area geografica (Scozia) nello studio condotto da Rao et al. nel 2003 sono
25
di nuovo dovute all’habitat indagato, che è in questo caso costituito da una zona
semiforestale: in quest’area, data la disponibilità di cibo e l’abbondanza di rifugi, le lepri
hanno home range di dimensioni decisamente inferiori, a conferma dell’importanza
dell’habitat nel determinare questo aspetto della biologia della lepre. Un’ulteriore
conferma di questa considerazione deriva dal lavoro svolto da Hulbert et al. nel 1996,
nel quale sono state valutate le differenze tra le dimensioni degli home range di lepri
che occupavano habitat di tipo diverso: le lepri che occupavano una zona dominata
dalla brughiera avevano home range di dimensioni maggiori rispetto a quelle che
risiedevano in una zona forestale, o di pascolo; il valore riportato, in questo caso pari a
22 ha, è risultante dalla media tra gli home range calcolati nelle diverse zone. Anche
nello studio svolto in Irlanda le lepri possiedono home range di dimensioni inferiori
rispetto a quanto riscontrato in Scozia; in questo caso l’habitat utilizzato è la prateria di
pianura, in cui le risorse sono decisamente più abbondanti e distribuite più
uniformemente rispetto alla brughiera scozzese (Wolfe & Hayden, 1996).
Le dimensioni degli home range determinate sulle Alpi Lombarde, nell’ambito del
pres4nte Progetto, mediante l’applicazione della tecnica “Kernel fisso” (Nodari, 2006)
sono decisamente inferiori rispetto a quanto riscontrato con la stessa tecnica in Svezia:
anche in questo caso la differenza è dovuta al differente tipo di habitat presente; nella
foresta boreale scandinava le risorse sono infatti decisamente limitate, quindi le lepri
devono compiere notevoli spostamenti per reperire sufficienti risorse trofiche (Dahl,
2005). Sulle Alpi invece l’ambiente eterogeneo, caratterizzato dall’alternanza di boschi
e pascoli, presenta risorse più abbondanti e meglio distribuite, che permettono alla
lepre di ridurre notevolmente gli spostamenti per la ricerca del cibo (Nodari, 2006).
Per quanto riguarda il confronto delle dimensioni degli home range tra differenti
classi di età e sesso, emerge che i subadulti occupano home range più ampi rispetto
agli adulti (media ± SD, subadulti 71.51 ± 43.24 ha, adulti 46.57 ± 22.76 ha,
F1,68=4.28, p<0.04) (Figura 14).
26
Figura 14 - In rosso l’home range di un subadulto, in verde quello di un adulto
Questo risultato è in linea con quanto già emerso in precedenza nella stessa area di
studio (Nodari, 2006) (subadulti 51.0 ha, adulti 39.9 ha); una possibile spiegazione è
data dal fatto che i subadulti, a causa della scarsa conoscenza del territorio, dovuta
all'inesperienza, devono esplorarne porzioni più ampie per reperire le risorse di cui
hanno bisogno.
Non emergono invece differenze significative delle dimensioni degli home range tra
maschi e femmine (maschi, 47.44 ± 26.85 ha, femmine 45.46 ± 17.45 ha, F1,68=0.04,
p=0.85); questo risultato suggerisce quindi l’assenza di comportamenti particolarmente
diversi tra i due sessi, anche se studi effettuati in altri paesi europei mostrano risultati
parzialmente differenti. In Scozia, ad esempio, le dimensioni degli home range non
differiscono tra i due sessi secondo quanto riportato da Rao et al. (2003), mentre in
altri casi differiscono soltanto durante la stagione riproduttiva (Flux, 1970; Hewson &
Hinge, 1990); in primavera si assiste infatti ad una riduzione delle dimensioni dell’home
range delle femmine, che cercano di conservare le energie per riprodursi e curare la
prole (Flux, 1970), e ad un aumento delle dimensioni dell’home range dei maschi,
causato dall’incremento degli spostamenti legati alle attività di ricerca di partner
(Hewson & Hinge, 1990). Anche in Irlanda si evidenzia una situazione analoga, con
dimensioni degli home range che durante l’anno non differiscono tra i due sessi, fatta
eccezione per il bimestre maggio-giugno, al culmine della stagione riproduttiva, per gli
stessi motivi riportati negli studi scozzesi (Wolfe & Hayden, 1996).
Dall’analisi degli home range notturni e diurni risulta che gli home range notturni sono
più ampi rispetto a quelli diurni (giorno 41.38 ha, notte 46.81 ha, F1,85=4.88, p=0.03)
(Figura 15).
27
Figura 15 - In rosso l’home range diurno di un individuo, in blu quello notturno
La differenza rilevata va ricondotta al fatto che durante la notte le lepri si spostano
notevolmente, sia per cercare cibo, sia per interagire con altri individui, muovendosi sia
all'interno dei boschi sia sui pascoli che caratterizzano l'habitat alpino; durante il giorno
occupano invece aree più ristrette, all'interno dei boschi, dove i ripari sono più
abbondanti. Anche in questo caso è interessante notare come in altri studi, condotti in
aree differenti, siano emersi risultati notevolmente diversi: in Scozia, in zone
caratterizzate da habitat di brughiera, gli home range notturni risultano di dimensioni
inferiori rispetto a quelli diurni (Flux, 1970; Hewson & Hinge, 1990); ciò può essere
dovuto al fatto che le risorse alimentari in quel caso non sono distribuite in modo
uniforme sul territorio, a differenza di quanto si verifica nell’area di Vezzola, e che
quindi durante la notte le lepri si concentrano nelle zone di pascolo, dove le risorse
sono più abbondanti, mentre durante il giorno occupano aree più vaste cercando siti di
riparo dai predatori.
L’importanza dell’habitat nel determinare quindi non solo le dimensioni degli home
range, ma anche le eventuali differenze tra home range diurni e notturni si deduce
anche da quanto emerso in un altro studio condotto in Scozia (Rao et al., 2003):
questa ricerca è stata condotta in habitat semiforestale, dove le risorse sono distribuite
in modo maggiormente uniforme rispetto all’habitat di brughiera; in questo caso non
emergono differenze significative tra le dimensioni degli home range diurni e notturni.
Un ulteriore conferma di ciò è fornita dallo studio irlandese di Wolfe e Hayden (1996),
nel quale si osserva un andamento opposto, sebbene statisticamente non ci siano
differenze significative nelle dimensioni degli home range diurni e notturni: in Irlanda
l’habitat utilizzato dalla lepre bianca in zone pianeggianti è la prateria, nella quale le
28
risorse trofiche sono distribuite uniformemente e dunque non si assiste a concentrazioni
di lepri in piccole zone caratterizzate da abbondanza di cibo, come accade invece nel
caso della brughiera scozzese. Inoltre il grado di antropizzazione, superiore rispetto alla
realtà scozzese, causa una riduzione delle aree a disposizione delle lepri per il ricovero
durante il giorno, con un conseguente restringimento degli home range diurni.
Ritmi di attività giornaliera e stagionale
È noto come la lepre bianca sia un animale di abitudini prevalentemente notturne
(Angerbjörn & Flux, 1995); mancano però studi nei quali sia stata indagata in modo
approfondito la distribuzione dell’attività di questa specie, sebbene Rao, in uno studio
condotto in Scozia nel 2003, evidenziò che l’81% delle localizzazioni notturne
riguardava lepri in movimento, mentre durante il giorno solo il 4 % delle localizzazioni
si riferiva ad individui in spostamento (Rao et al., 2003). Si è pertanto ritenuto
opportuno, nel presente studio, investigare più approfonditamente questo aspetto della
biologia della lepre bianca; a tale scopo è stata effettuata l’analisi della distribuzione
della percentuale di fix attivi sul totale nel corso delle 24 ore.
I risultati ottenuti evidenziano tre variazioni statisticamente significative in tre fasce
orarie: tra le 6 e le 7 (p<0.0001), tra le 7 e le 8 (p=0.004) e tra le 17 e le 18
(p=0.0004). Quanto emerso è in linea con le aspettative: nella fascia oraria compresa
tra le 6 e le 8, che corrisponde al momento della giornata in cui compare la luce,
l’attività delle lepri cala significativamente; gli individui cercano un rifugio dove
nascondersi durante le ore di luce e riducono la loro attività. Analogamente, ma in
senso opposto, si spiega l’incremento significativo dell’attività tra le 17 e le 18 (Figura
16).
29
Figura 16 - Ritmi di attività della lepre bianca nelle 24 ore
Per quanto riguarda l’andamento dei ritmi di attività tra stagioni diverse (Figura 17)
differenze significative si rilevano tra autunno e stagione riproduttiva (t=3.80; df=37;
p<0.01) e tra autunno e inverno (t=4.76; df=39; p<0.01), mentre non ci sono
differenze tra inverno e stagione riproduttiva (p>0.05). Questo risultato indica come
l’autunno si differenzi rispetto alle altre stagioni, con una percentuale maggiore di fix
attivi; ciò potrebbe essere legato alla necessità, per le lepri, in autunno, di reperire una
quantità di risorse trofiche che permettano loro di accumulare riserve energetiche in
vista dell’inverno imminente. In inverno il livello di attività rilevato è inferiore, dal
momento che le lepri tendono a ridurre gli spostamenti a causa delle avverse condizioni
climatiche che caratterizzano l’inverno alpino, risparmiando così energia. Il fatto che
anche durante la stagione riproduttiva si osservi un livello di attività simile a quello
invernale è probabilmente legato alla ridotta durata della notte, che fa sì che, date le
abitudini notturne della specie, il numero di fix attivi rispetto al totale sia minore
rispetto all’autunno: pertanto la percentuale di fix attivi risulta inferiore, e paragonabile
a quella rilevata in autunno.
30
Figura 17 - Ritmi di attività della lepre bianca nelle stagioni (au=autunno, in=inverno,
pe=primavera–estate, periodo riproduttivo)
E’ stata inoltre valutata l’esistenza di differenze significative nei ritmi di attività, a parità
di orario, in stagioni diverse; in linea teorica è infatti lecito attendersi variazioni
notevoli, dal momento che, nelle diverse stagioni, la durata del giorno e della notte
cambia in modo considerevole. In inverno e in autunno sono stati rilevati due variazioni
significative nei ritmi di attività: in entrambe le stagioni si assiste ad un calo
significativo nella percentuale di fix attivi tra le 6 e le 7 (autunno: t=2.51; df=1298;
p=0.01; inverno: t=5.13; df=1197; p<0.01). E’ emersa invece una differenza tra
autunno e inverno riguardo al momento del giorno in cui si registra un aumento
significativo del livello di attività: in autunno si verifica un aumento importante
dell’attività sia tra le 16 e le 17 (t=2.32; df=1281; p=0.02), sia tra le 17 e le 18
(t=2.20; df=1269; p=0.03), mentre in inverno il livello di attività cresce in modo
significativo sia tra le 17 e le 18 (t=3.14; df=1204; p<0.01), sia tra le 18 e le 19
(t=2.28; df=1218; p=0.02). Tale differenza conferma quanto già evidenziato nel
confronto dei ritmi di attività tra le diverse stagioni. La distribuzione graduale osservata
invece durante la stagione riproduttiva non deve sorprendere più di tanto, dal momento
che già in precedenti studi effettuati in Scozia (Angerbjörn & Flux, 1995) era emerso
che in estate, quando la durata della notte è minore, le lepri iniziano l’attività dedicata
al foraggiamento già 2-3 ore prima del tramonto e la concludono 1-2 ore dopo l’alba; i
momenti di inizio e fine dell’attività notturna sono di conseguenza distribuiti in modo
più graduale rispetto a quanto si osserva nelle altre stagioni (Figura 18).
31
Figura 18 - Confronto dei ritmi di attività della lepre bianca nelle 24 ore tra stagioni diverse
Sovrapposizione degli home range
L’analisi effettuata evidenzia un notevole grado di sovrapposizione, maggiormente
accentuato nella stagione invernale (F5,68=4.23, p<0.01); il risultato va ricondotto al
fatto che in inverno, più che nelle altre stagioni, le lepri tendono a stare nelle zone di
bosco, dove è più facile reperire alimenti e la coltre nevosa è meno spessa, mentre
nelle altre stagioni gli home range sono meno sovrapposti perché le risorse alimentari
sono distribuite in aree più vaste. Dall’analisi relativa al livello di sovrapposizione
intersessuale e intrasessuale, risulta che la sovrapposizione intersessuale tra maschi e
femmine (pari all’85%), è maggiore di quella intrasessuale tra maschi (59%); tra le
femmine non si notano invece differenze significative tra le due tipologie di
sovrapposizione, sebbene il livello di sovrapposizione intersessuale (88%) risulti
maggiore di quello intrasessuale (77%). Dunque sembra esserci, da parte dei maschi,
la tendenza ad occupare aree esclusive, non occupate da altri individui dello stesso
sesso; tale comportamento potrebbe essere un adattamento eco-etologico mirato alla
riduzione della competizione intrasessuale. Questo risultato è emerso in entrambe le
aree di studio (F1,68=0.03, p>0.05), nonostante le densità siano notevolmente differenti
(circa 3 lepri/km2 a Vezzola e circa 10 lepri/km2 a S.Giacomo), suggerendo
un’indipendenza della sovrapposizione degli home range dai valori di densità.
32
Preferenze ambientali
Nel complesso, nell’area di Vezzola, gli individui di lepre bianca tendono a preferire gli
ambienti chiusi, quali il bosco a “Pino mugo” e il bosco “Misto di Conifere con Cembro
dominante”, rispetto ad ambienti completamenti aperti, come le “Praterie alpine”, gli
“Affioramenti
rocciosi”
e
le
“Frane”.
In
particolare,
a
Vezzola,
agli
ambienti
completamente aperti sono preferiti quelli semi-aperti (“Pascoli” e “Prati permanenti
asciutti”), cioè habitat aperti ma limitrofi a zone chiuse. La preferenza della lepre
bianca per gli ambienti chiusi può essere spiegata considerando il fatto che questa
specie, essendo preda, ha come priorità assoluta quella di nascondersi dai predatori;
tende quindi a scegliere habitat la cui struttura sia favorevole a tale scopo, a discapito
di zone in cui potrebbe disporre di una maggiore disponibilità trofica, ma di minore
protezione. In alcuni casi, come rilevato in altri studi, la mancanza di ambienti chiusi da
utilizzare come siti di riparo spinge la specie alla ricerca di habitat alternativi; in Scozia
ad esempio le lepri cercano riparo nella brughiera, o presso massi. A Vezzola la
presenza di habitat aperti e, al contempo, limitrofi a zone chiuse (“Pascoli” e “Prati
permanenti asciutti”) permette alla lepre bianca di frequentare aree probabilmente più
ricche dal punto di vista trofico rispetto alle zone chiuse, e più sicure rispetto alle aree
completamente aperte. L’analisi composizionale ha evidenziato come la categoria
maggiormente selezionata sia il bosco “Misto di Conifere a prevalenza di Cembro” ,
mentre l’habitat più evitato sia quello delle praterie alpine; la graduatoria fornita
dall’analisi è riportata in Tabella 4.
Tabella 4 - Rank di preferenza delle categorie ambientali; al valore di rank più elevato
corrisponde la selezione maggiormente positiva (*p<0.05)
Categoria ambientale
Rank di preferenza
Misto conifere a prevalenza Cembro
7
Pino mugo*
6
Pascoli*
5
Conifere*
4
Prati permanenti asciutti*
3
Affioramenti rocciosi*
2
Frane*
1
Prateria alpina
0
Alla luce delle differenze emerse nella dimensione degli home range notturni e diurni, si
è ritenuto opportuno verificare l’esistenza, tra giorno e notte, di differenze anche nelle
33
preferenze ambientali. In effetti una leggera differenza nella scelta degli habitat è stata
riscontrata (Tabella 5); durante il giorno risultano preferiti soprattutto gli ambienti
chiusi, a cui fanno seguito le zone semi-aperte, ed in ultimo le aree completamente
aperte. Tra gli habitat chiusi, il “Bosco misto di conifere con prevalenza di Cembro”, è
quello maggiormente scelto dalla specie, seguito da “Pino mugo” e “Conifere”. Tra gli
ambienti semi-aperti troviamo i “Pascoli”, seguiti dai “Prati permanenti asciutti”, ed
infine tra quelli completamente aperti sono compresi, in ordine di preferenza
“Affioramenti rocciosi”, “Frane” e “Praterie alpine”.
Tabella 5 - Rank di preferenza delle categorie ambientali di giorno e di notte (*p<0.05)
GIORNO
NOTTE
Categoria ambientale
Rank
Categoria ambientale
Rank
Misto conifere a prevalenza Cembro
7
Misto conifere a prevalenza Cembro*
7
Pino mugo*
6
Pino mugo
6
Conifere
5
Pascoli*
5
Pascoli
4
Prati permanenti asciutti
4
Prati permanenti asciutti
3
Conifere*
3
Affioramenti rocciosi*
2
Affioramenti rocciosi
2
Frane*
1
Frane*
1
Prateria alpina
0
Prateria alpina
0
E’ stata infine indagata l’esistenza di differenze nella selezione dell’habitat nelle diverse
stagioni, al variare quindi della disponibilità trofica; in questo caso non è emersa alcuna
variazione significativa, ad ulteriore conferma di come il fattore più importante, per la
lepre bianca, sia la necessità di assicurarsi il riparo dai predatori, e solo in secondo
luogo intervengano meccanismi di selezione verso habitat con buona qualità trofica.
Dalle analisi condotte in questa fase preliminare dello studio sull’alimentazione delle
lepre bianca, un elemento sicuramente interessante riguarda le misure calorimetriche
effettuate sulle diverse specie vegetali considerate, scelte perché maggiormente
rappresentative dell’area di studio. Le specie indagate risultano caratterizzate da valori
calorici unitari, riferiti al peso secco, notevolmente simili tra loro; la differenza
complessiva tra i valori di potere calorifico risultanti dai diversi campioni vegetali è pari
a 1.13 Kcal/g. I valori di potere calorifico dei campioni vegetali indagati, come emersi
dalle analisi calorimetriche, sono riportati in Figura 19.
34
5,89
5,9
5,71
5,7
5,61
aghi ginepro
5,45
5,5
Kcal/g
rametti ginepro
5,59
5,25
5,23
5,3
rametti pino mugo
5,14
5,1
aghi pino mugo
corteccia pino mugo
rametti erica
fiori erica
4,9
foglie mirtillo
4,73
rametti mirtillo
4,7
4,5
Campioni
Figura 19 - Valori di potere calorifico dei campioni vegetali esaminati
Sono stati inoltre effettuati confronti sulle caratteristiche del paesaggio nelle due
aree di studio (Vezzola e S.Giacomo); questo approccio di studio si basa sulla
considerazione che ogni “paesaggio” può essere considerato come un mosaico formato
da entità discrete, le cosiddette macchie (patches), ognuna delle quali ha una forma,
una dimensione e delle connessioni con altre macchie. Per l'analisi del paesaggio è
stato utilizzato il software FRAGSTATS, che ha permesso di calcolare le statistiche
spaziali di landscape, cioè indici quantitativi utili a descrivere le variazioni di
composizione, configurazione e struttura del paesaggio sia a livello di classi di habitat
(diverse tipologie di patches), sia del complessivo mosaico ambientale.
Dall’analisi degli indici quantitativi calcolati con FRAGSTATS è emersa una sostanziale
differenza paesaggistica tra le due aree di studio, sia dal punto di vista del grado di
frammentazione del territorio, sia di ricchezza di habitat; l'area di Vezzola infatti
presenta una maggiore frammentazione del paesaggio (analizzata prendendo in esame
il numero di patches presenti nel territorio, la loro dimensione e forma) ed un più
elevato grado di ricchezza in habitat; il numero di patches dell’area di Vezzola è infatti
maggiore rispetto a S.Giacomo, e i patches sono caratterizzati da dimensioni inferiori e
forma più compatta e irregolare di quelli di S. Giacomo. Dall’analisi è quindi emersa una
maggiore diversificazione del paesaggio nell’area di Vezzola, che presenta un maggior
numero di tipologie ambientali rispetto all’area di S.Giacomo, che è invece più
omogenea. Risulta chiaro come l’area di Vezzola, maggiormente eterogenea e
diversificata, e caratterizzata da valori di densità di popolazione inferiori, sia nel
complesso più rappresentativa dell’intero arco alpino italiano rispetto all’area di
35
S.Giacomo, nella quale si riscontrano valori di densità di popolazione notevolmente
superiori e caratterizzata da caratteristiche vegetazionali non facilmente riscontrabili sul
resto delle Alpi.
36
1.2. Dinamica di popolazione e parametri demografici
Una buona conoscenza dei parametri legati alla dinamica di popolazione della lepre
bianca risulta di estrema rilevanza, soprattutto in rapporto all’interesse gestionale che
la specie riveste sul territorio provinciale, dove è oggetto di prelievo venatorio. In
quest’ottica, lo studio della dinamica di popolazione si è incentrato principalmente su
tre parametri di notevole importanza per la specie: la densità di popolazione, il
successo
riproduttivo
e,
grazie
alla
radiomarcatura
dei
soggetti
catturati,
la
sopravvivenza. Per tutti questi aspetti non sono in effetti disponibili, in letteratura, studi
effettuati sulla specie in ambiente alpino; si è quindi ritenuto opportuno indirizzare gli
sforzi nella definizione di questi parametri.
Stima della densità
Nei tre anni di lavoro è stato avviato un protocollo per la stima di densità delle
popolazioni di lepre bianca basato sul metodo CMR (Cattura-Marcaggio-Ricattura), che
permette non solo di valutare il trend delle popolazioni monitorate, ma anche, a lungo
termine, di verificare l’esistenza di cicli di popolazione, descritti per le forme
nordamericane (Hodges et.al., 1999; Krebs et.al., 2001) e mai verificati in ambito
alpino.
Metodi utilizzati
La consistenza della popolazione è stata stimata utilizzando il metodo di CatturaMarcaggio-Ricattura (CMR) che prevede, per ogni singola sessione di trappolaggio, la
cattura, mediante trappole disposte secondo una griglia, di individui che vengono
marcati e quindi rilasciati in modo da rendere possibile la loro ricattura. Il metodo si
basa sul principio secondo il quale è possibile stimare il numero totale degli individui
presenti in un’area, a partire dalla proporzione fra individui marcati e non marcati
presenti fra i soggetti catturati nelle sessioni successive di trappolaggio: se n1 è il
numero di animali marcati e rilasciati nella prima sessione, n2 il numero di individui
catturati nella seconda sessione, m2 il numero di animali marcati catturati nella seconda
occasione e N la consistenza della popolazione, allora:
N=(n1n2)/m2
Tutti i metodi di Cattura-Marcaggio-Ricattura si sviluppano a partire da questo concetto
base, dopodiché ogni metodo si sviluppa con differenti assunzioni e calcoli statistici che
permettono di ottenere la stima della consistenza di popolazione. Il presupposto più
importante, comune a tutti i metodi, è che tutti gli animali della abbiano la stessa
probabilità di essere catturati; se così non fosse, la popolazione risulterebbe
37
notevolmente sottostimata. Anche l’influenza e l’effetto delle trappole possono risultare
importanti: in seguito ad una cattura, infatti, l’animale può diventare diffidente ed
essere riluttante ad entrare nuovamente nella trappola, ed in caso estremo può
addirittura abbandonare l’area; al contrario gli animali possono in alcuni casi sviluppare
nei confronti delle trappole un’eccessiva confidenza. Entrambi gli effetti possono essere
temporanei o permanenti, ma in ogni caso influenzano l’affidabilità del metodo: la
diffidenza
determina
solitamente
una
sovrastima
della
popolazione,
mentre
la
confidenza comporta una sottostima. La maggior parte dei metodi di CatturaMarcaggio-Ricattura, inoltre, considerano le popolazioni oggetto di studio come
“chiuse”; si assume cioè che, nel corso dello studio, non si assista né ad incrementi
legati a nascite o ad eventi di immigrazione, né a decrementi legati a decessi o ad
eventi di emigrazione. Nel momento in cui si applica un metodo adatto a “popolazioni
chiuse” è quindi importante minimizzare le possibilità di incrementi o perdite,
concentrando l’indagine in un periodo breve e possibilmente nel quale nascite, decessi
ed eventuali spostamenti siano ridotti al minimo. Ogni metodo è adatto a situazioni
caratterizzate da circostanze specifiche, corrispondenti alle assunzioni proprie del
metodo stesso; la scelta definitiva del metodo da utilizzare dipende quindi dalle
assunzioni che più si confanno alla popolazione indagata, nonché da considerazioni
pratiche legate alle attività di campo.
Nel presente lavoro la stima di consistenza di popolazione (N), effettuata mediante
l’applicazione della tecnica di Cattura-Marcaggio-Ricattura, è stata condotta utilizzando
tre
diversi
metodi
statistici:
Lincoln-Petersen,
Schnabel
e
Burnham-Overton
(Sutherland, 1996). Il metodo Lincoln-Petersen è il metodo più semplice, basato su due
sole sessioni di cattura: la prima di cattura e marcaggio, la seconda di ricattura;
differenze nella proporzione della popolazione catturata nelle due occasioni non
producono effetti di sorta sulla stima. Il metodo Schnabel comporta le medesime
assunzioni del metodo Lincoln-Petersen, ma risulta più appropriato in situazioni nelle
quali le catture degli animali vengano effettuate in più di due occasioni; si basa sulla
valutazione della proporzione tra gli animali marcati nelle catture (che aumentano al
susseguirsi delle sessioni) e gli animali marcabili; nel momento in cui questo rapporto
risulta uguale ad 1, il numero totale di individui precedentemente marcati corrisponde
alla consistenza della popolazione. Il metodo Burnham-Overton risulta adatto nel caso
in cui si abbia la certezza di indagare una popolazione chiusa; le informazioni utilizzate
per stimare la consistenza di popolazione, in questo caso, sono date dal numero di
volte che ciascun animale viene catturato nell’arco dell’intero studio. Un’assunzione
38
notevolmente importante per il successivo utilizzo dei dati raccolti in campo è che le
probabilità di cattura non cambino nel tempo; risulta quindi determinante mantenere
costante lo sforzo di cattura ed adottare procedure che minimizzino l’influenza delle
trappole (eccessive confidenza o diffidenza).
Per ottenere una stima della densità della popolazione, il valore di consistenza (N)
ricavato deve essere rapportato alla dimensione dell’area (A); questo secondo
parametro è fortemente legato alla capacità di spostamento ed al comportamento
spaziale della specie indagata. Nel presente studio l’area (A) è stata considerata pari
alla superficie interessata dalla presenza della griglia di trappole, con l’aggiunta di un
margine esterno (buffer) di ampiezza pari al raggio dell’home range medio relativo al
sesso caratterizzato dall’home range più piccolo (Dice, 1938), nel nostro caso le
femmine.
Per migliorare l’affidabilità della stima, é stato inoltre utilizzato il metodo illustrato da
Millspaugh e Marzluff (2001), caratterizzato da un approccio innovativo che permette di
utilizzare il dato relativo al numero di animali radiomarcati per stimare la densità di
popolazione. Nel periodo successivo alle catture, nel quale cioè le trappole non sono più
attive né innescate e dunque non rappresentano una fonte di attrazione per gli animali,
gli individui marcati vengono monitorati, per valutare in che misura essi frequentino
l’area di trappolaggio. In questo modo risulta possibile calcolare la probabilità (pi) che
una localizzazione ricada all’interno della griglia di trappolaggio (comprensiva del
buffer): pi = gi/Gi, dove gi è il numero di localizzazioni di un individuo che ricadono
all’interno dell’area di cattura, mentre Gi rappresenta il numero complessivo di
localizzazioni di tale individuo. Il valore di probabilità medio (pm), dato dalla media dei
valori delle pi degli individui monitorati, viene utilizzato per correggere il valore della
consistenza della popolazione (N), stimato con i diversi metodi CMR descritti
precedentemente. Si ottiene così una stima della densità di popolazione data dalla
formula D = Npm/A.
Risultati raggiunti
I tre differenti metodi utilizzati hanno portato a risultati simili (Tabella 6); in base alle
caratteristiche del presente studio si suggerisce di adottare, come metodo più idoneo, il
metodo Schnabel, che permette di ottenere stime di consistenza anche nel caso di
popolazioni piccole e di studi nei quali il numero delle sessioni di cattura sia superiore a
due, come in questo caso. Si consiglia comunque, nel caso in cui lo studio preveda
anche la disponibilità di dati derivanti da radiotracking, di applicare il correttore sopra
39
descritto, che permette di minimizzare l’errore legato alla dimensione della griglia di
trappole ed alla sua capacità attrattiva nei confronti degli animali.
Il confronto effettuato tra i valori di densità stimata nei tre anni di studio non ha
evidenziato alcuna differenza significativa, ad indicare una sostanziale stabilità della
popolazione indagata nel corso dei tre anni di Progetto.
Tabella 6 - Valori di densità di lepre bianca (ind/km2), calcolati a Vezzola nei tre anni di
Progetto con i diversi metodi statistici
Anno
LincolnPetersen
Schnabel
Burnham
-Overton
LincolnPetersen
(corretto RT)
Schnabel
(corretto RT)
BurnhamOverton
(corretto RT)
2006
2.47
2.82
-
2.43
2.78
-
2007
2.47
2.16
1.41
2.35
2.06
1.34
2008
4.12
4.12
-
3.67
3.67
I valori così calcolati vanno a colmare una lacuna conoscitiva per quanto riguarda le
informazioni pregresse relative alla densità di questa specie. Il valore di densità
ottenuto per l’area di Vezzola, pari a circa 3 lepri/km2, risulta inferiore a quello ottenuto
nell’area di S.Giacomo, pari a circa 10 lepri/km2, area nella quale si rileva il valore
massimo per la specie in Provincia di Sondrio. Altre stime di densità erano state in
precedenza effettuate da Scherini e Tosi (1995) che riportavano, per la Provincia di
Sondrio, valori medi di 0.3-0.4 lepri/km2; pochi altri lavori sono disponibili in
letteratura, e per la maggior parte fanno riferimento al numero di individui totali in
Regione Lombardia (750-1200 lepri; Prigioni et al., 2001). Il risultato ottenuto riveste
quindi notevole importanza, soprattutto dal momento che è stato ottenuto utilizzando
metodi robusti (CMR) e che fornisce la possibilità di essere rapportato ad indici di
presenza indiretta, permettendo così di effettuare stime di densità (seppur con un certo
grado di errore) in altre aree di indagine (come meglio esplicitato in seguito, nella
presente relazione).
Analisi della sopravvivenza
Un altro parametro di notevole importanza nella comprensione delle dinamiche delle
popolazioni è la sopravvivenza; disponendo di individui provvisti di radiocollare in
entrambe le aree di studio è stata avviata una procedura di analisi di questo parametro,
mediante la stima della curva di sopravvivenza, utilizzando il metodo Kaplan-Meier
(Kaplan & Meier, 1958); è stata inoltre indagata l’esistenza di eventuali differenze tra
sessi diversi.
40
L’analisi della curva di sopravvivenza ha permesso di verificare la probabilità di
sopravvivenza delle lepri a partire dal giorno della cattura (Figura 20), ed ha mostrato
come non esista alcuna differenza significativa nelle probabilità di sopravvivenza tra
maschi e femmine (Likelihood ratio test=0.15 con 1 df, p=0.699 n=31).
Figura 20 - Curva di sopravvivenza calcolata in base alla sopravvivenza degli individui provvisti
di radiocollare nelle due aree di studio
I risultati mostrano come la probabilità di sopravvivenza non subisca variazioni di
rilievo fino al raggiungimento, dopo 30 mesi, di una probabilità di sopravvivenza di
circa 0.5; il limite temporale dei due anni e mezzo è dovuto al fatto che non è stato
possibile monitorare uno stesso individuo per un tempo superiore; coincide infatti con il
valore massimo di durata dei radiocollari utilizzati. Altri studi sono stati effettuati sulla
sopravvivenza della lepre bianca (Windberg & Keith, 1976; Hodges, 1999), soprattutto
inerenti la specie presente in Nord America (Lepus americanus), nota come “snowshoe
hare”. Anche in questi studi non si evidenzia nessuna differenza nella sopravvivenza tra
sessi, in accordo con quanto riscontrato nel presente Progetto; i valori di sopravvivenza
riportati sono invece inferiori, corrispondenti cioè ad un anno o anche a periodi di pochi
mesi. Il motivo di tale differenza è probabilmente da ricercare nel valore di densità
delle popolazioni considerate: in condizioni di elevate densità, come quelle che
caratterizzano le popolazioni di snowshoe hare indagate (fino a 10 lepri/ha), la
sopravvivenza delle lepri è decisamente inferiore rispetto a quanto si verifica nelle
nostre aree di studio, caratterizzate da valori di densità notevolmente più basse.
41
Stima del successo riproduttivo
Come già evidenziato in altri ambiti, anche le informazioni relative alla biologia
riproduttiva della lepre alpina (Lepus timidus) sono ad oggi disponibili per le sottospecie
presenti nelle regioni del Nord Europa, mentre sono quasi completamente assenti per la
sottospecie alpina, Lepus timidus varronis. Analogamente, sono stati condotti numerosi
studi finalizzati alla determinazione dei parametri riproduttivi in Lepus europaeus, ma
nessuno studio ha finora indagato specificamente la situazione della specie in ambito
alpino. Il coinvolgimento della lepre comune nell’indagine è stato quindi ritenuto
necessario non solo ai fini della conoscenza della biologia riproduttiva della lepre
comune in ambiente alpino, ma soprattutto nell’ottica della conservazione della lepre
bianca, dal momento che le popolazioni di quest’ultima potrebbero subire un pesante
condizionamento a seguito dell’innalzamento delle quote interessate dalla presenza di
popolazioni di lepre comune, nonché delle operazioni di ripopolamento talvolta condotte
anche in aree alto alpine, con conseguente ampliamento delle aree di simpatria. Studi
effettuati in Nord Europa su popolazioni scandinave, ed in Italia su popolazioni trentine,
hanno inoltre rilevato l’interfecondità, con conseguente produzione di ibridi fertili, tra
lepre alpina e lepre comune (Thulin et al., 2003 e 2006; Pecchioli et al., 2006); le
conoscenze
relative
alla
biologia
riproduttiva
delle
due
specie
devono
quindi
necessariamente essere integrate con quelle relative agli aspetti genetici di entrambe.
E’ noto peraltro come, all’interno del genere Lepus, esistano notevoli variazioni nei
parametri riproduttivi (es. dimensione della cucciolata) non solo al variare della
latitudine, ma anche dell’altitudine; le strategie riproduttive sono infatti strettamente
legate alle condizioni ambientali, come rilevato da Flux nel 1981, e qui mostrato in
Figura 21. Il grafico illustra come differenze nella temperatura media annua siano
strettamente legate a differenze notevoli nella dimensione media della cucciolata in
diverse specie del genere Lepus, testimoniando l’esistenza di specifici adattamenti nella
biologia riproduttiva di specie appartenenti allo stesso genere: all’equatore le femmine
partoriscono cucciolate di piccole dimensioni durante tutto l’anno, mentre nella zona
artica partoriscono una singola cucciolata all’anno, di dimensioni nettamente superiori.
La stessa esistenza di una stagionalità riproduttiva, presente in specie quali L.
europaeus, L. timidus, L. arcticus e L. americanus, tipicamente legate a climi
mediamente rigidi, ed assente in altre specie, quali L. granatensis e L. capensis, tipiche
dei climi caldi, è ulteriore conferma dell’avvenuto sviluppo di tali adattamenti.
42
Figura 21 - Dimensione media della cucciolata in diverse specie del genere Lepus, al variare
della temperatura media annua
L’approfondimento degli aspetti relativi alla biologia riproduttiva di entrambe le specie
(Lepus timidus varronis e Lepus europaeus) è quindi di notevole importanza, sotto
molteplici aspetti:
-
Conoscenza approfondita dei parametri riproduttivi di Lepus timidus varronis,
oggetto del presente studio, per la quale le informazioni sono ad oggi scarsissime;
-
Verifica dell’esistenza di differenti strategie riproduttive della lepre comune in
ambiente alpino rispetto a quanto rilevato in ambienti planiziali o collinari, a
conferma della presenza di specifici adattamenti;
-
Valutazione dell’esistenza di variazioni dei parametri riproduttivi nel tempo, legate
alle modificazioni climatiche, in particolar modo a carico della lepre bianca;
-
Valutazione delle caratteristiche relative alla biologia riproduttiva negli individui
ibridi, frutto dell’incrocio tra lepre bianca e lepre comune;
-
Definizione di strategie gestionali basate sulla conoscenza specifica del tasso
riproduttivo della specie oggetto di prelievo e sul successo riproduttivo dell’anno
precedente.
L’approfondimento degli aspetti relativi alla biologia riproduttiva di entrambe le specie
(Lepus timidus varronis e Lepus europaeus) risulta quindi di notevole importanza, sotto
molteplici aspetti.
L’indagine sulla biologia riproduttiva di lepre bianca (Lepus timidus varronis) e,
secondariamente, di lepre comune, è stata effettuata applicando un metodo di indagine
43
indiretto, basato sul conteggio delle cicatrici uterine. La tecnica di analisi si basa sulla
possibilità di rilevare la presenza di cicatrici sulla parete uterina, dovute al distacco
delle singole placente e riconducibili all’ultima stagione riproduttiva. Per l’applicazione
del metodo sono stati utilizzati i campioni (uteri) provenienti dai capi abbattuti
nell’ambito dell’attività venatoria negli anni 2005, 2006 e 2007, e pervenuti ai centri di
controllo istituiti presso ogni Comprensorio Alpino, grazie al coordinamento della
Provincia di Sondrio. L’analisi dei campioni, effettuata in collaborazione con il
Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università
degli Studi di Milano, ha permesso di valutare il successo riproduttivo della specie in
termini di numero di piccoli prodotti per parto, numero di parti, numero di piccoli
prodotti all’anno e distribuzione temporale delle nascite. I parametri riproduttivi rilevati
sono stati messi in relazione con i dati relativi all’abbattimento, rilevati al centro di
controllo (quota, peso ed età, stimata in base al peso secco del cristallino) e sono stati
confrontati con i valori riportati in letteratura per le due specie.
Grazie alla collaborazione dei tecnici addetti ai centri di controllo, dei cacciatori afferenti
ai cinque Comprensori Alpini coinvolti (Figura 22) ed al coordinamento della Provincia di
Sondrio, negli anni 2005 - 2006 – 2007, è stato possibile raccogliere un campione
complessivo di 111 uteri, dei quali 42 di lepre bianca e 74 di lepre comune.
Figura 22 - I cinque CAC coinvolti nella raccolta dei campioni di lepre bianca e lepre comune
Informazioni anatomiche
Nelle lepri l’utero viene definito bipartito, costituito cioè da due corni ben distinti (Figura
23). Gli impianti della placenta sono tutti situati sulla medesima faccia dei corni uterini,
e costituiscono associazioni molto intime con la mucosa uterina (endometrio); la
placenta, proprio per questa stretta associazione tra i tessuti materni e quelli fetali,
44
viene definita emocoriale. Tale associazione comporta che, nel momento del parto,
l’espulsione dei ogni placenta coinvolga anche una parte dell’endometrio, che si strappa
e provoca una locale emorragia. La successiva fase di guarigione dell’endometrio
comporta l’instaurarsi di un processo di cicatrizzazione relativamente complesso, nel
quale interviene un gran numero di leucociti macrofagi, ricchi di emosiderina. Al
termine di ogni stagione riproduttiva, e prima dell’inizio della successiva (periodo di
anestro), le cellule dell’endometrio si rigenerano completamente, e questo processo
cancella tutte le cicatrici derivanti dai parti dell’anno passato. Sull’endometrio di una
lepre abbattuta prima di dicembre (nel periodo venatorio) sono pertanto osservabili le
cicatrici corrispondenti esclusivamente all’ultima stagione riproduttiva.
Figura 23 - Ovaie e utero bicorne di lepre bianca (foto A. Bianchi)
Metodi utilizzati
Prelievo dei campioni
I campioni sono stati raccolti prelevando gli uteri dei capi di lepre bianca e lepre
comune, di sesso femminile, abbattuti nel corso delle stagioni venatorie 2005, 2006 e
2007. A tale scopo, prima dell’apertura di ogni stagione venatoria, è stato organizzato,
in collaborazione con la Provincia di Sondrio, un incontro con i tecnici addetti ai centri di
controllo dei cinque CAC della provincia, in cui sono state illustrate le corrette modalità
di prelievo e conservazione dei campioni, secondo quanto previsto dall’apposito
protocollo predisposto (tratto da Bray et al., 2003) e di seguito riportato:
Protocollo di prelievo degli uteri di lepre bianca e comune
PRELIEVO
- da effettuare in autunno, 4-12 ore dopo la morte del soggetto -
Incisione del ventre;
45
-
Rimozione dell’intero apparato digerente (intestino, stomaco, fegato);
-
Prelievo di ovaie e utero bicorne (Figura 24);
-
Inserimento dell’apparato riproduttore in un boccetto, con apposita etichetta;
-
Ricopertura con acqua;
-
Chiusura e congelamento immediato del boccetto.
MATERIALE
-
Barattoli di plastica – vetro;
-
Bisturi mono-uso;
-
Acqua;
-
Etichette;
-
Scheda di accompagnamento.
CONSERVAZIONE
In freezer; non scongelare fino al momento dell’analisi.
Figura 24 - Prelievo di ovaie e utero bicorne di lepre bianca (foto A. Bianchi)
Metodi di indagine
I campioni congelati, conferiti dai tecnici dei centri di controllo, sono stati quindi
analizzati, grazie alla collaborazione del Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e
Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, sulla base dell’apposito
protocollo appositamente predisposto (tratto da Bray et al., 2003) e di seguito
riportato.
Protocollo di analisi degli uteri di lepre bianca e comune
Analisi:
-
Scongelamento dei campioni sotto acqua corrente fredda;
-
Rimozione di ovaie, ovidutti, mesometrio, tessuti connettivi;
46
-
Taglio longitudinale dei corni uterini con una sonda scanalata (fluted probe) e forbici
da dissezione in posizione opposta al mesometrio, al fine di evitare danneggiamenti
alle cicatrici placentali; il taglio opposto alla zona di attacco del mesometrio fa sì che
i crateri siano posizionati al centro del corno;
-
Colorazione dei tessuti (colorazione di Salewsky, 1964):
-
immersione degli uteri per 10 minuti in una soluzione fresca al 10% di solfuro
d’ammonio (H8N2S) e risciacquo a fondo in acqua corrente;
-
immersione degli uteri per 10 minuti in una soluzione composta in parti uguali da
acido cloridrico 1% e da una soluzione al 20% di potassio esacianoferrato
(K4[Fe(CN)6]3H2O).
Ne
risulta
che
i
macrofagi,
contenenti
emosiderina,
assumono una colorazione blu-nera. Le soluzioni usate sono corrosive, è dunque
essenziale risciacquare bene gli uteri dopo il secondo bagno e mantenerli umidi.
-
Analisi delle cicatrici (entro le 2 ore successive alla colorazione per evitare
modificazioni delle loro caratteristiche).
Successivamente alla preparazione sopra descritta, ogni corno uterino deve essere
esaminato utilizzando un binoculare stereoscopico 7–30X; ad un primo sguardo la
cicatrice appare come un cratere che rompe la linea longitudinale del corno uterino, sul
lato del mesometrio; si può identificare anche come una banda bianca tra due bande
nere attraverso l’utero. La colorazione bianca del cratere e nera dei macrofagi fornisce
un netto contrasto con il giallo-marroncino traslucido dell’apparato uterino. Si procede
al conteggio delle cicatrici presenti su ogni corno uterino, quindi le si raggruppa in base
a differenze minime, per determinare il numero e la dimensione delle cucciolate (dei
parti). Man mano che invecchiano, infatti, l’aspetto delle cicatrici cambia: la dimensione
e il rilievo dei crateri diminuiscono; i macrofagi si allontanano progressivamente dai
crateri e migrano verso l’interno del tessuto, determinando quindi una riduzione della
larghezza e del contrasto delle due bande laterali; le depressioni antimesometriali si
riducono e si schiariscono. In sostanza le cicatrici, dapprima molto scure, diminuiscono
progressivamente in dimensione e intensità di colore. Questa evoluzione graduale del
loro aspetto nel tempo permette quindi di classificare l’insieme delle cicatrici contate in
uno stesso utero in base al loro grado di somiglianza, poi di raggrupparle in
sottoinsiemi corrispondenti a cicatrici della stessa età e dunque a diversi parti. Inoltre
dal numero di embrioni impiantati è possibile determinare la dimensione ed il numero
dei parti corrispondenti.
Per classificare ogni cicatrice ci si basa su sette differenti variabili: dimensione della
lesione (cratere), profondità del cratere, colore del cratere, colorazione dei bordi,
47
abbondanza dei macrofagi, colorazione dei macrofagi, colorazione della depressione
antimesometriale. Ogni singola cicatrice, in base a queste caratteristiche, viene
classificata in sei categorie d’età, sulla base della lunghezza media della gestazione: 42
giorni per la lepre comune e 50 giorni per la lepre bianca.
Risultati raggiunti
Per quanto concerne i parametri legati alla biologia riproduttiva della lepre bianca
(Lepus timidus varronis) le dimensioni medie della cucciolata sono risultate pari a
(media ± SD) 2.48 ± 1.23 piccoli/parto; il numero medio di parti all’anno è risultato
pari a 2.71 ± 0.75 parti/anno/femmina adulta; la produttività, intesa come numero
medio di piccoli prodotti in un anno da una femmina adulta, è risultata pari a 6.68 ±
1.47 piccoli; i valori relativi ai parametri rilevati sono in linea con quanto riportato in
letteratura (Hoglund, 1957; Naumov, 1960; Hewson, 1970; Angerbjorn & Flux, 1995;
Hacklander, 2007).
Per quanto riguarda i parametri legati alla biologia riproduttiva della lepre comune
(Lepus europaeus) in ambiente alpino, le dimensioni medie della cucciolata sono
risultate pari a 2.85 ± 1.61 piccoli/parto; il numero medio di parti all’anno è risultato
pari a 1.83 ± 1.30 parti/anno/femmina adulta; la produttività, intesa come numero
medio di piccoli prodotti in un anno da una femmina adulta, è risultato pari a 7.43 ±
2.58 piccoli. I valori relativi ai parametri rilevati si discostano notevolmente dai valori
riportati in letteratura per la specie in ambiente planiziale (Flux, 1967; Pielowski, 1976;
Bray et al., 2003; Trocchi & Riga, 2005), mentre si avvicinano ai valori relativi alla
biologia riproduttiva della lepre comune in Patagonia (Amaya et al., 1979). Il numero di
gravidanze in particolare, indicato pari a 3-4 per le popolazioni dell’Europa centrale
(Pielowski, 1976) e pari a 4.59 per le popolazioni della Nuova Zelanda (Flux, 1967), si
riduce a soli 1.77 parti all’anno nei territori estremi della Patagonia (Amaya et al.,
1979).
I parametri riproduttivi rilevati per entrambe le specie sono stati messi in relazione con
i dati relativi all’abbattimento, rilevati al centro di controllo (quota, peso ed età, stimata
in base al peso secco del cristallino); in particolare, mediante l’utilizzo del software R,
sono state effettuate analisi di regressione per verificare l’influenza:
-
della quota;
-
dell’età della madre;
-
del peso della madre.
48
Secondo quanto emerso in uno studio presentato da Hackländer (2007), infatti, i
fenomeni legati ad adattamenti nella biologia riproduttiva della lepre bianca non
sarebbero
solo
frutto
di
un
effetto
della
latitudine
(Flux,
1981),
ma
anche
dell’altitudine; secondo questo studio, all’aumentare della quota, si assisterebbe ad un
incremento nella dimensione della cucciolata, e parallelamente ad una diminuzione del
numero di parti. L’analisi effettuata sulla variazione della dimensione della cucciolata
nel presente studio, pur non evidenziando significatività statistiche, mostra per
entrambe le specie un andamento analogo a quello descritto da Hackländer (Figura 25),
suggerendo di incrementare il campione per rendere più significativo il risultato.
Figura 25 - Effetto della quota sulla dimensione della cucciolata in L. europaeus e L. timidus
La valutazione dell’effetto dell’età della madre sui parametri riproduttivi è legata a
quanto evidenziato in precedenti studi per entrambe le specie (Bray, 1998; Flux,
1970), nei quali risulta che sia la dimensione della cucciolata, sia il numero di parti,
nelle lepri adulte raggiungono valori maggiori rispetto alle giovani. Nel caso del nostro
studio, con i dati ad oggi a disposizione, non emergono variazioni significative nei
parametri indagati all’aumentare dell’età della madre, ma soltanto tendenze in linea
con quanto atteso, suggerendo anche in questo caso di incrementare il campione, per
rendere il risultato eventualmente significativo.
La valutazione dell’effetto del peso della madre sui parametri riproduttivi è legata anche
in questo caso a quanto evidenziato in precedenti studi per la lepre bianca (Flux, 1970;
Pehrson et al., 1984; Iason, 1990), nei quali risulta che sia il valore relativo alla
dimensione della cucciolata, sia quello relativo al numero di parti, aumentano
49
all’aumentare del peso della madre. Nel caso del nostro studio, per quanto riguarda sia
la dimensione della cucciolata, sia il numero dei parti, emergono solamente tendenze in
linea con quanto atteso; per quanto concerne invece la produttività, intesa come
numero medio di piccoli prodotti in un anno da una femmina adulta, l’influenza del peso
della madre (Figura 26) risulta nel caso della lepre bianca statisticamente significativa
(t=2.8; p=0.007).
Figura 26 - Effetto del peso della madre sulla produttività (numero di piccoli prodotti in un anno
da una femmina adulta) in L. europaeus e L. timidus
Dal momento che, grazie al prelievo del cristallino delle femmine esaminate, è stato
possibile disporre del valore preciso dell’età, e dal momento che il metodo di analisi
delle cicatrici uterine permette di attribuire un’età in giorni anche ad ogni singola
cicatrice, si è potuta indagare la distribuzione delle nascite delle due specie in ambiente
alpino.
Nel caso della lepre bianca, il maggior numero di parti, e conseguentemente anche il
maggior numero di piccoli partoriti, si concentra nel mese di giugno, calando poi
bruscamente nei mesi di luglio e agosto, per azzerarsi a settembre (Figura 27).
50
Figura 27 - Distribuzione delle nascite nella lepre comune e nella lepre bianca.
Quanto emerso ben si allinea con quanto presente in letteratura per altre aree
geografiche (Flux, 1970; Trocchi & Riga, 2005), laddove si riportano per la specie i
massimi valori relativi alle nascite tra aprile e giugno.
Nel caso della lepre comune, il maggior numero di parti, e conseguentemente anche il
maggior numero di piccoli partoriti, si concentra nel mese di giugno, ma anche nel
mese di aprile, evidenziando due picchi (Figura 27). Dopo giugno si assiste, anche in
questo caso, ad un nettissimo calo nei mesi di luglio e agosto, per azzerarsi, anche in
questo caso, a settembre. Quanto emerso di nuovo ben si allinea con quanto presente
in letteratura per altre aree geografiche (Trocchi & Riga, 2005), in cui sono riportati per
la specie i massimi valori relativi alle nascite tra aprile e giugno, e le prime nascite già
alla fine di gennaio.
L’indagine ha portato a risultati interessanti sul successo riproduttivo della specie sia
sotto il profilo scientifico, sia gestionale; la significatività degli stessi è ancora però
limitata dallo scarso numero di campioni raccolti. Si ritiene di fondamentale importanza
proseguire quindi in futuro nella linea di ricerca avviata, incentivando la collaborazione
di tutti i Comprensori Alpini.
51
2. Incremento delle conoscenze sullo status delle popolazioni
2.1. Definizione dello status della specie sul territorio provinciale con
elaborazione di modelli distributivi
Lo status della lepre bianca sul territorio provinciale è stato definito partendo
innanzitutto dalla ricostruzione del quadro distributivo : a questo fine sono state
raccolte le informazioni relative agli avvistamenti diretti o indiretti della specie (dati
secondari), ed è stato così possibile definire l’area di presenza della specie in provincia
di Sondrio.
Metodi utilizzati
La distribuzione della specie sul territorio provinciale è stata ad oggi indagata mediante
la raccolta dei dati secondari sopra citati, grazie alla collaborazione degli Agenti del
Corpo di Polizia Provinciale, che hanno messo a disposizione le loro conoscenze relative
ad avvistamenti diretti o a segni di presenza, permettendo la costruzione di un quadro
distributivo di presenza della specie e la successiva elaborazione di un modello
distributivo.
Risultati raggiunti
Il coinvolgimento degli Agenti del Corpo di Polizia Provinciale, nonché di operatori
impegnati sul territorio a titolo diverso, ha permesso di raccogliere complessivamente
321 segnalazioni relative alla specie, che sono state georeferenziate su Sistema
Informativo Territoriale. Rispetto al totale, 105 segnalazioni (32.7%) sono relative ad
avvistamenti diretti di individui, mentre 216 (67.3%) sono relative al rilevamento di
tracce riconducibili alla specie. L’elaborazione dei dati raccolti, utilizzati come segni di
presenza certa della specie, integrati con altri dati di presenza certa relativi alle regioni
Piemonte e Valle d’Aosta, ha permesso la realizzazione di un modello distributivo di
presenza - assenza della specie sull’arco alpino italiano, che costituisce un utile
strumento conoscitivo e gestionale (Petrussa, 2006).
L’analisi è stata effettuata utilizzando il modello statistico GLM (Modello Lineare
Generalizzato), applicando in particolare una regressione logistica ai dati di presenzaassenza della specie (dove i dati di assenza sono stati generati in maniera casuale
utilizzando il programma Random Point Generator 1.3 per ArcView), e classificando il
risultato
ottenuto
in
termini
di
presenza
e
assenza
utilizzando
il
package
PresenceAbsence creato per il software R. Il modello è stato elaborato utilizzando
52
variabili
ambientali
relative
all’uso
del
suolo
ed
alla
copertura
vegetazionale,
unitamente a dati topografici derivati dal modello digitale del terreno (DEM), nonché ad
alcune variabili climatiche. La tecnica statistica utilizzata mette in relazione l’incidenza
della specie con le variabili ambientali relative all’area considerata (Osborne et al.,
2001; Rushton et al., 2004; Johnson et al., 2004); ne risulta che questo approccio
modellistico richiede la creazione di due insiemi di dati: il primo relativo alle
segnalazioni di presenza della specie, il secondo relativo alle variabili ambientali
indipendenti che si ritiene possano influire nella determinazione delle aree adatte alla
presenza della specie.
Di quattro diversi modelli prodotti, il modello II (Figura 28) è risultato il più
verosimigliante, sulla base di quanto emerso mediante sia l’applicazione dell’analisi
della curva ROC (Receiver Operating Characteristic), indice delle capacità predittive, e
del criterio di informazione di Akaike (AIC, Akaike Information Criterion) (Rushton et
al., 2004), indice del criterio di parsimonia nel numero di variabili implicate (Brotons et
al., 2004).
Figura 28 - Modello distributivo di presenza-assenza della lepre bianca sull’arco alpino italiano
A causa della scarsità delle conoscenze pregresse inerenti la distribuzione della specie,
sarebbe auspicabile integrare i dati raccolti con quelli derivanti dalla georeferenziazione
degli abbattimenti di lepre bianca realizzati sull’intero territorio provinciale, per ottenere
un quadro sempre più completo della presenza della specie, e permettere la costruzione
di modelli sempre più robusti e affidabili.
Un ulteriore elemento di estrema rilevanza per la definizione dello status della specie
riguarda la conoscenza degli aspetti genetici delle popolazioni, non solo a livello
53
provinciale, ma anche regionale e transalpino, per poter valutare eventuali fenomeni di
frammentazione, monitorare il fenomeno di ibridazione con la lepre comune e fornire
indicazioni utili per la gestione e la conservazione di questa specie. Si è ritenuto quindi
utile iniziare ad indagare questo aspetto all’interno del Progetto, raccogliendo campioni
di tessuto degli individui di lepre bianca catturati per poterne effettuare l’analisi del
DNA, attualmente in corso, in collaborazione con il Centro di Ecologia Alpina (CEA).
Parallelamente,
grazie
al
coordinamento
della
Provincia
di
Sondrio
ed
alla
collaborazione dei Comprensori Alpini di Caccia, sono stati raccolti campioni di tessuto
anche degli individui di lepre bianca (e lepre comune) abbattuti nell’ambito dell’attività
venatoria negli anni 2005, 2006 e 2007.
54
3. Definizione di idonee strategie di conservazione e gestione
3.1. Definizione di idonee tecniche speditive e standardizzate per il
monitoraggio della specie sul territorio provinciale
Metodi utilizzati
Allo scopo di mettere a punto tecniche speditive che permettano di monitorare la specie
sull’intero territorio provinciale, nel corso del Progetto è stato avviato un protocollo di
monitoraggio mediante esecuzione di transetti volti a rilevare i segni indiretti di
presenza della specie, con conseguente calcolo, per ogni area indagata, di indici
chilometrici di abbondanza (IKA). I transetti sono stati svolti grazie alla collaborazione
degli Agenti del Corpo di Polizia Provinciale, sia in fase di definizione dei percorsi, sia
nelle fasi operative.
Sulla base delle caratteristiche ecologiche e comportamentali della specie, della sua
difficile contattabilità e della necessità di sviluppare un protocollo la cui realizzazione,
anche in una successiva fase applicativa, fosse il più semplice possibile, è stato scelto di
effettuare i rilevamenti in periodo invernale, dal momento che, grazie alla presenza di
neve al suolo, risulta più immediato il reperimento dei segni di presenza della specie.
Sono state dunque identificate 11 aree di indagine, anche sulla base del lavoro svolto
nel 2004 nell’ambito del Programma per la conoscenza e la conservazione dell’aquila
reale, della lepre bianca e dello stambecco nel Parco delle Orobie bergamasche e nelle
Alpi lombarde (Carlini et al., 2004), nelle quali sono stati percorsi i transetti di
rilevamento (Tabella 7).
Tabella 7 - Transetti percorsi e indici registrati
DATA
12/03/2008
29/04/2004
13/03/2008
30/04/2004
14/05/2004
09/05/2004
30/03/2007
30/03/2008
03/05/2004
29/03/2007
29/03/2008
27/05/2004
18/04/2007
19/01/2008
18/01/2008
26/05/2004
LOCALITA'
Corno D'Aola
Monte Calvo
Monte Calvo
Monte Pianaccio
Valle di Grom
Bivacco Leguj
Bivacco Leguj
Bivacco Leguj
Monte Baitridana
Monte Baitridana
Monte Baitridana
Bassa Val Morta
Bassa Val Morta
Cascate del Serio
Cime Alte
Lago Barbellino
AREA
Adamello
Adamello
Adamello
Adamello
Adamello
Albaredo
Albaredo
Albaredo
Albaredo
Albaredo
Albaredo
Alta Val Seriana
Alta Val Seriana
Alta Val Seriana
Alta Val Seriana
Alta Val Seriana
IKA_TRANS
8.67
2.81
3.24
17.07
2.17
5.70
3.23
16.00
4.04
0.78
4.61
13.38
2.19
9.32
11.21
4.83
55
IKA_AREA
5.96
5.40
5.96
5.40
5.40
4.90
2.00
10.31
4.90
2.00
10.31
9.20
13.78
10.26
10.26
9.20
LUNGHEZZA (m)
1614.27
4622.43
4938.66
1581.42
4139.19
5264.70
2786.79
2437.48
5203.04
2578.82
4338.26
4034.76
2743.05
2038.87
1159.62
5386.54
19/04/2007
15/04/2004
21/02/2008
14/04/2004
22/02/2008
05/10/2005
09/02/2005
29/04/2005
07/02/2007
09/01/2008
10/01/2008
24/01/2008
06/02/2008
13/02/2008
15/02/2008
14/02/2008
15/05/2004
12/06/2008
16/05/2004
13/06/2008
20/10/2005
12/12/2006
02/02/2007
27/02/2007
29/01/2008
30/01/2008
05/02/2008
15/02/2008
27/02/2008
06/03/2008
31/03/2004
17/05/2004
08/12/2004
04/04/2007
25/01/2008
18/06/2004
07/12/2004
03/04/2007
24/01/2008
19/06/2004
14/03/2008
14/03/2008
25/03/2005
23/05/2008
22/05/2008
Lago Barbellino
Malga Palabiona
Malga Palabiona
Val di Campo
Val di Campo
Baite Vezzola
Semogo
Val Vezzola
Val Vezzola
Val Vezzola
Val Vezzola
Val Vezzola
Val Vezzola
Val Vezzola
Alpe Giumellini
Entova
Sobretta
Sobretta
Valle di Cedec
Valle di Cedec
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Cancano Mugheta
Lago delle Scale
S. Giacomo di Fraele
Alpe di Frondaglio
Alpe di Frondaglio
Alpe di Frondaglio
Alpe Groppera
Lago azzurro
Lago Azzurro
Lago Azzurro
Pian Dei Cavalli
Alpe Rosello
Dosso del Giustadur
Val Grigna
Baroncia
Valterzana
Alta Val Seriana
Belviso
Belviso
Belviso
Belviso
Bormio
Bormio
Bormio
Bormio
Bormio
Bormio
Bormio
Bormio
Bormio
Chiesa Valmalenco
Chiesa Valmalenco
Gavia-Sobretta
Gavia-Sobretta
Gavia-Sobretta
Gavia-Sobretta
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Laghi di Cancano
Val Chiavenna
Val Chiavenna
Val Chiavenna
Val Chiavenna
Val Chiavenna
Val Chiavenna
Val Chiavenna
Val Chiavenna
Val Grigna
Val Grigna
Val Grigna
Valmasino
Valmasino
25.38
1.72
14.49
4.46
22.97
26.11
29.65
26.51
21.85
10.07
24.04
10.96
2.14
16.91
18.36
22.74
1.77
5.72
8.41
6.37
42.80
31.58
35.04
85.54
27.47
67.64
8.54
50.56
60.43
22.58
55.01
20.00
5.52
11.88
3.74
1.06
17.59
8.45
12.94
0.88
3.86
12.71
6.14
12.77
13.03
13.78
3.10
18.73
3.10
18.73
27.42
27.42
27.42
21.85
12.82
12.82
12.82
12.82
12.82
20.55
20.55
5.10
6.04
5.10
6.04
42.80
31.58
60.29
60.29
39.54
39.54
39.54
39.54
39.54
39.54
37.50
37.50
11.56
0.00
8.34
0.90
11.56
0.00
8.34
0.90
8.29
8.29
6.14
12.90
12.90
1930.56
8704.76
4210.35
5386.17
4049.31
1876.99
3305.70
3130.47
1006.72
1092.33
707.12
1186.52
1399.95
1123.93
2940.97
3342.18
6781.44
6117.38
6655.07
6912.78
1588.63
1389.59
941.72
397.49
2147.53
1212.35
585.76
1562.43
926.70
2036.80
818.07
4549.23
6154.93
3366.18
6414.01
7547.88
2785.60
3788.54
3013.66
6824.46
5440.86
3225.71
7660.67
2662.27
3607.09
La verifica dell’esistenza di differenze tra gli indici rilevati in aree diverse è stata
effettuata tramite analisi della varianza e successivo test post-hoc. Per verificare se vi
fossero differenze nel corso degli anni di monitoraggio è stato necessario utilizzare un
sottocampione costituito dai dati relativi al 2004 e al 2008, anni in cui sono stati
effettuati transetti in quasi tutte le aree indagate; questo sottocampione è stato
56
sottoposto ad un’analisi statistica non parametrica (Wilcoxon signed rank test). Infine,
per verificare la relazione tra IKA e valori di densità, stimate con i metodi CMR nelle
aree di cattura, è stata utilizzata una regressione lineare. Tutte le analisi sono state
svolte con il software R (R Development Core Team, 2007).
Risultati raggiunti
Tra il 2004 e il 2008 nelle stagioni invernale e primaverile sono stati effettuati 61
transetti in 11 aree diverse. Sono stati registrati e georeferenziati 2498 segni di
presenza di lepre bianca e, a partire dal 2008, anche di volpe (Vulpes vulpes), suo
principale predatore. Per ogni transetto è stato calcolato l’IKA; mediante analisi della
varianza è stato verificato
che
il fattore AREA
è
marginalmente
significativo
(F10,18=2.054; p=0.08) e, mediante l’applicazione del test di Tukey, è emerso che la
marginale significatività è dovuta all’area di S.Giacomo, che presenta valori di IKA
significativamente superiori a quasi tutte le altre aree indagate, fino ad un massimo di
60 segni/km percorso. Non si registrano invece differenze tra le altre aree, dove
ritroviamo valori di IKA che vanno dai 2 segni/km percorso della Valle Albaredo fino ad
un massimo di 27 per la Val Vezzola. L’analisi condotta sugli anni 2004 e 2008 ha
evidenziato come non vi siano differenze significative tra questi anni (p=0.15); ne
consegue che anche sull’intero territorio provinciale, e non soltanto nelle due aree in cui
sono state effettuate le catture, la presenza della lepre è sembrata rimanere stabile nel
corso dei tre anni di Progetto (Figura 29).
57
Figura 29 – Confronto tra gli indici chilometrici di abbondanza rilevati mediante transetti su
neve nel 2004 e nel 2008, nelle 11 aree indagate (AD=Adamello; BE=Belviso; BO=Bormio;
CA=Cancano; CH=Chiavenna; CV=Chiesa Valmalenco; GA=Albaredo; GS= Gavia Sobretta;
MA=Valmasino; SE=Alta Val Seriana; VG=Val Grigna)
Lo svolgimento ripetuto dei transetti su neve, utilizzando le medesime metodologie
previste dal protocollo, anche nelle aree interessate dalle catture su griglia di lepre
bianca (Vezzola e S.Giacomo), e le relative stime di densità di popolazione, hanno
permesso, mediante un’analisi di regressione, di ottenere un coefficiente che,
moltiplicato per il valore di IKA rilevato in un’area, permette di stimare la densità della
popolazione di lepre bianca presente nell’area indagata; tale coefficiente è pari a 0.18.
Questo valore ha il difetto di essere però ricavato da un numero di ripetizioni ancora
relativamente ridotto (15 transetti totali percorsi nelle aree di cattura), e anche i valori
di densità stimati in ogni anno sono ancora soltanto 3 per ognuna delle due aree; per
ottenere un fattore di conversione più preciso e robusto è perciò necessario aumentare
ulteriormente il campione.
Considerazioni
L’obiettivo finale di quest’area di indagine è la definizione e la contestuale validazione di
un protocollo speditivo che permetta di valutare la distribuzione della specie sul
territorio, la selezione dell’habitat e il trend delle popolazioni nel corso degli anni,
nonché di restituire, per ogni area indagata, una stima della densità della specie, anche
58
al fine di fornire indicazioni gestionali più mirate e precise. Al termine dei tre anni di
Progetto si ritiene opportuno, al fine di raggiungere pienamente l’obiettivo prefissato,
apportare alcune modifiche al protocollo di monitoraggio: si ritiene auspicabile
continuare ad effettuare transetti nella stagione invernale, ma effettuarne uno per area
anche nella stagione estivo-autunnale; complessivamente si suggerisce quindi di
individuare due transetti per ogni Comprensorio Alpino di Caccia, a partire da quelli già
percorsi nel corso del Progetto, i quali dovranno essere percorsi due volte all’anno.
Il mantenimento del transetto invernale, infatti, è importante in quanto la presenza del
manto nevoso rende più facile l’individuazione dei segni di presenza, sia di lepre bianca,
sia di volpe; inoltre, su neve, risulta più facile reperire fatte recenti, utili per effettuare
le analisi genetiche. I transetti effettuati in periodo estivo-autunnale, in assenza di
neve, permetterebbero invece, mediante il conteggio e la rimozione delle fatte rilevate,
di ottenere valori assoluti di IKA più precisi, che non risentirebbero delle variazioni
dovute al fattore meteorologico (es. numero di giorni dall’ultima nevicata). Inoltre, una
ripetizione più frequente dei transetti in ogni area, associata all’analisi genetica di
campioni fecali prelevati durante lo svolgimento degli stessi, permetterebbe di applicare
il metodo di Cattura-Marcaggio-Ricattura anche ai segni di presenza indiretti, e non più
solo sui dati ottenuti dalle catture. Ciò ovvierebbe alla necessità di effettuare catture
(logisticamente complesse) per ottenere le stime di densità, permettendo al contempo
di aumentare il campione e di conseguenza la precisione delle stime di densità a partire
dagli indici chilometrici di abbondanza (IKA), metodologia più speditiva e attuabile
anche da personale non altamente specializzato.
59
60
4. Divulgazione
Il presente Progetto ha reso possibile la realizzazione di numerosi eventi quali serate
divulgative, comunicazioni a convegni, tesi di laurea e pubblicazioni scientifiche; il
Progetto “Lepre bianca” è stato inoltre protagonista di un servizio televisivo andato in
onda all’interno del Telegiornale di Rai2 e di La7 nel mese di Febbraio 2007; le riprese
hanno illustrato le finalità del Progetto, le tecniche di cattura e di monitoraggio della
lepre bianca in alta Valtellina.
Tesi di Laurea
•
Francesco Bisi. La lepre alpina (Lepus timidus) nelle alpi lombarde: analisi degli
home range e selezione dell’habitat. Università degli Studi dell’Insubria. A.A. 20042005.
•
Andrea Guizzardi. Dinamiche spazio-temporali della lepre alpina (Lepus timidus) in
provincia di Sondrio. Università degli Studi di Milano. A.A. 2005-2006.
•
Pietro Bertoglio. La lepre bianca (Lepus timidus) in ambiente alpino: variazioni
stagionali nella selezione dell’habitat e nell’uso dello spazio. Università degli Studi di
Milano. A.A. 2005-2006.
•
Lorenzo Tarenghi. Uso dello spazio e selezione dell’habitat in ambienti alto alpini: il
caso della lepre bianca (Lepus timidus) in alta Valtellina. Università degli Studi
dell’Insubria. A.A. 2005-2006.
•
Bruno De Angelis. Indagine sulla valenza trofica delle aree di foraggiamento per la
lepre bianca (Lepus timidus) in habitat alpino. Università degli Studi di Milano. A.A.
2006-2007.
•
Luca Perlasca. Applicazioni metodologiche allo studio delle popolazioni di lepre
bianca (Lepus timidus) presenti in Alta Valtellina. Università degli Studi di Milano.
A.A. 2006-2007.
•
Federico Ossi. Dinamiche di utilizzo dello spazio in lepre bianca (Lepus timidus):
analisi degli home range e dei ritmi di attività. Università degli Studi di Milano. A.A.
2007-2008.
•
Cristina Rota. Analisi della selezione dell’habitat della lepre bianca (Lepus timidus) in
alta Valtellina. Università degli Studi di Milano. A.A. 2007-2008.
Tesi di Dottorato di ricerca
•
Mosè Nodari. Ecological role of mountain hare (Lepus timidus) in the alpine
ecosystems. Tesi di Dottorato, Università degli Studi dell’Insubria. Dicembre 2006.
61
Tesi di Master
•
Alessia Petrussa. Elaborazione di un modello predittivo della distribuzione della
Lepre Alpina (Lepus timidus) sulle Alpi italiane. Università degli Studi di Pavia. A.A.
2005-2006.
Poster, Comunicazioni a Convegni e Pubblicazioni scientifiche
•
Nodari M., Masseroni E., Preatoni D.G., Wauters L.A., Tosi G., Martinoli A. 2005.
Live-trapping success of the mountain hare (Lepus timidus) in the southern Italian
Alps. Hystrix. 16:143-148.
•
Nodari M., Masseroni E., Martinoli A., Preatoni D.G., Tosi G. 2005. Il ruolo della
lepre alpina (Lepus timidus) come potenziale indicatore ambientale. Poster.
Convegno ATIT. Arezzo, novembre 2005.
•
Nodari M., Masseroni E., Bisi F., Preatoni D.G., Wauters L.A., Martinoli A., Tosi G.
Home range size and social organisation of mountain hare (Lepus timidus) in the
Italian Alps. Poster. 5th Eupean Congress of Mammalogy. Siena, September 2007.
•
Grilli G., Del Maffeo E., Bianchi A., Ferrazzi V., Masseroni E., Ferloni M., Nodari M.,
Bisi F., Preatoni D.G., Martinoli A., Tosi G. Biologia riproduttiva di lepre alpina
(Lepus
timidus)
e
lepre
comune
(Lepus
europaeus)
in
ambiente
alpino.
Comunicazione. Convegno ATIT Cles, Aprile 2008.
•
Masseroni E., Bisi F., Nodari M., Preatoni D. G., Wauters L., Martinoli A., Tosi G.
Stima di densità di popolazione di Lepre bianca (Lepus timidus) in ambiente alpino
con metodi di Cattura Marcatura Ricattura (CMR). Poster. Convegno ATIT Cles,
Aprile 2008.
•
Bisi F., Masseroni E., Nodari M., Molinari A., Preatoni D., Wauters L.A., Martinoli A.,
Tosi G. Approccio multidisciplinare allo studio di popolazioni di lepre alpina (Lepus
timidus) e scoiattolo comune (Sciurus vulgaris) al margine dell’areale. Poster.
Convegno ATIT Cles, Aprile 2008.
•
Tosi G., Masseroni E. Il progetto “Lepre bianca” sulle Alpi lombarde. Comunicazione.
43° Assemblea Nazionale U.N.C.Z.A., Valtournenche (AO), Luglio 2008.
62
5. Proposte di proseguimento del lavoro
In relazione all’interesse gestionale che la lepre bianca riscuote all’interno dell’area
considerata, dove è oggetto di prelievo venatorio, si ritiene di estrema importanza
approfondire ulteriormente i parametri legati alla dinamica di popolazione. Oltre
all’impatto esercitato dall’attività venatoria, la specie, così indissolubilmente legata
all’ambiente alpino, potrebbe subire l’effetto delle variazioni climatiche in corso; negli
ultimi anni si è infatti dimostrato come queste comportino effetti - sovente negativi sugli areali, sull'uso dell'habitat e sul comportamento di numerose specie; tali effetti si
manifestano anche sulla struttura delle comunità e sul funzionamento degli ecosistemi
(Davis et al., 1998; Stenseth et al., 2002; Walther et al., 2005; Thomas et al., 2006).
In particolare, il riscaldamento globale può causare contrazioni dell'area di distribuzione
o estinzioni locali in specie stenoecie (Thomas et al., 2006). Popolazioni al margine
dell'areale, già maggiormente soggette a pressioni ecologiche e genetiche rispetto alle
popolazioni centrali (Holt & Keitt, 2005), risultano particolarmente esposte a tali
variazioni (Bridle & Vines, 2007). Tuttavia, se tali effetti negativi sono stati dimostrati,
esistono anche numerosi studi che evidenziano come il riscaldamento globale possa
avere effetti anche positivi sui tassi di accrescimento, che porterebbero ad innalzamenti
delle capacità portanti e quindi a consistenze maggiori (Post & Stenseth, 1999; Saether
et al., 2000). Risulta quindi di estremo interesse proseguire nelle linee di indagine già
avviate nel triennio di lavoro, finalizzate alla valutazione del trend delle popolazioni di
lepre bianca nell’area di studio individuata, ma anche sull’intero territorio provinciale; in
particolare meritano di essere portate avanti le seguenti azioni:
-
Stima di densità delle popolazioni di lepre bianca, basato sul metodo CMR (CatturaMarcaggio-Ricattura),
che
permette
non
solo
di
valutare
l’andamento
delle
popolazioni monitorate, ma anche, a lungo termine, di verificare l’esistenza di cicli di
popolazione.
-
Verifica e validazione del protocollo di monitoraggio della specie sull’intero territorio
provinciale mediante esecuzione di transetti volti a rilevare i segni indiretti di
presenza della specie, con conseguente calcolo, per ogni area indagata, di indici
chilometrici di abbondanza (IKA); il protocollo permetterà di proseguire nell’indagine
sulla distribuzione della specie sul territorio, sulla selezione dell’habitat attuata dalla
specie nelle diverse aree indagate, sul trend delle popolazioni nel corso degli anni,
nonché di restituire, per ogni area indagata, una stima della densità della specie,
basata su quanto rilevato nelle aree campione soggette a CMR, anche al fine di
63
fornire indicazioni gestionali più mirate e precise. A questo proposito si suggerisce di
apportare al protocollo le modifiche sopra descritte.
-
Aggiornamento del modello distributivo della specie sul territorio provinciale,
mediante
integrazione
dei
dati
già
raccolti
con
quelli
derivanti
dalla
georeferenziazione degli abbattimenti.
-
Approfondimento dei parametri legati alla biologia riproduttiva di lepre bianca e
lepre comune mediante l’analisi delle cicatrici uterine delle femmine abbattute sul
territorio provinciale.
Sulla base di quanto esposto, risulta di estremo interesse dare continuità alle specifiche
linee di indagine sopra descritte, in un’ottica di medio - lungo termine; in tal senso va
rilevato come il territorio della provincia di Sondrio rappresenti un’area di interesse
prioritario per realizzare programmi di ricerca a medio termine sulla lepre bianca,
comprendendo una porzione molto significativa dell’areale della specie in Lombardia, ed
essendo
caratterizzato
da
popolazioni
con
parzialmente quantificate).
64
elevata
consistenza
(ancorché
solo
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