Progetto di studio sulla lepre bianca (Lepus
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Progetto di studio sulla lepre bianca (Lepus
SETTORE RISORSE AMBIENTALI Servizio Caccia e Pesca PROGETTO DI STUDIO SULLA LEPRE BIANCA (Lepus timidus varronis) Relazione finale (2005 - 2008) A cura di: Elisa Masseroni, Francesco Bisi e Mosè Nodari Coordinamento scientifico: Guido Tosi, Adriano Martinoli 2 Progetto di studio sulla lepre bianca (Lepus timidus varronis) Relazione finale (2005 - 2008) A cura di: Elisa Masseroni1, Francesco Bisi2, Mosè Nodari2 Coordinamento scientifico: Guido Tosi2, Adriano Martinoli2 Supervisore scientifico e responsabile: Prof. G. Tosi2 1 2 Istituto Oikos Onlus, via Crescenzago 1, 20134 Milano Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento Ambiente-Salute-Sicurezza, Unità di Analisi e Gestione delle Risorse Ambientali, via J. H. Dunant 3, 21100 Varese 3 4 Indice RINGRAZIAMENTI 7 INTRODUZIONE 9 OBIETTIVI 10 1. STUDIO DELL’ECOLOGIA DELLA LEPRE BIANCA IN AMBIENTE ALPINO 11 1.1. STUDIO DELL’USO DELLO SPAZIO E DELLE PREFERENZE AMBIENTALI AREA DI STUDIO METODI UTILIZZATI RISULTATI RAGGIUNTI 1.2. DINAMICA DI POPOLAZIONE E PARAMETRI DEMOGRAFICI STIMA DELLA DENSITÀ ANALISI DELLA SOPRAVVIVENZA STIMA DEL SUCCESSO RIPRODUTTIVO 11 11 12 22 37 37 40 42 2. INCREMENTO DELLE CONOSCENZE SULLO STATUS DELLE POPOLAZIONI 52 2.1. DEFINIZIONE DELLO STATUS DELLA SPECIE SUL TERRITORIO PROVINCIALE CON ELABORAZIONE 52 DI MODELLI DISTRIBUTIVI 52 METODI UTILIZZATI RISULTATI RAGGIUNTI 52 3. DEFINIZIONE DI IDONEE STRATEGIE DI CONSERVAZIONE E GESTIONE 55 3.1. DEFINIZIONE DI IDONEE TECNICHE SPEDITIVE E STANDARDIZZATE PER IL MONITORAGGIO DELLA 55 SPECIE SUL TERRITORIO PROVINCIALE METODI UTILIZZATI 55 RISULTATI RAGGIUNTI 57 CONSIDERAZIONI 58 4. DIVULGAZIONE 61 TESI DI LAUREA TESI DI DOTTORATO DI RICERCA TESI DI MASTER POSTER, COMUNICAZIONI A CONVEGNI E PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE 61 61 62 62 5. PROPOSTE DI PROSEGUIMENTO DEL LAVORO 63 6. BIBLIOGRAFIA 65 5 6 Ringraziamenti Gli autori desiderano ringraziare per il loro fondamentale apporto: il Dirigente del Settore Risorse Ambientali della Provincia di Sondrio Dr. Daniele Moroni, il responsabile del Servizio Agricoltura Caccia e Pesca della Provincia di Sondrio Geom. Cesare Mitta, il Tecnico Faunistico Dr.ssa Maria Ferloni e l’ex Comandante della Polizia Provinciale di Sondrio Andrea Vanotti; gli agenti del Corpo di Polizia Provinciale Italo Armanasco, Enos Bernardara, Remo Bongini, Giuseppe Bongiolatti, Alberto Bresesti, Lucio Cusini, Guglielmo Ghilotti, Vincenzo Giumelli, Giorgio Gusmerini, Luciano Levi, Fausto Luciani, Ettore Mozzetti, Ivo Naritelli, Massimiliano Pasini Valerio Quadrio, Antonio Ronconi, Benito Rovedatti, Mario Sertori, Giambattista Silvestri, Sandro Vanossi, Enzo Vanotti; • il Presidente del Parco Nazionale dello Stelvio, Ferruccio Tomasi; • Luca Pedrotti, Alessandro Gugiatti e Massimo Favaron del Parco Nazionale dello Stelvio; • il responsabile del Coordinamento Territoriale presso il Parco Nazionale dello Stelvio Dr. Alberto Ricci; le guardie forestali Gerardo Urbani, Ivan Brancazi, Emilio Martinelli, Miriam Monzani, Francesca Rastelli, Giacomo Regazzoni e gli operai del Consorzio del parco Nazionale dello Stelvio Andrea Zanoli e Dario Rini; il dr. Damiano Preatoni e il dr. Luc Wauters per il fondamentale apporto nella pianificazione delle attività e nell’analisi dei dati raccolti in campo; il dr. Alessandro Bianchi per il supporto veterinario durante tutte le fasi del progetto; il dr Guido Grilli, la dr.ssa Viviana Ferrazzi ed Elisa del Maffeo, del Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, per la collaborazione nell’indagine sulla biologia riproduttiva; il Sig. Antonio Sosio, il Toni, per l’appoggio logistico e le innumerevoli attenzioni; • don Renato Corona, don Lino Urbani, don Giovanni Rapella e la Comunità parrocchiale S.Martino di Pedenosso per l’appoggio logistico; • i cacciatori dei Comprensori Alpini della Provincia di Sondrio per la partecipazione ed il supporto durante le catture in battuta, nonché per la collaborazione nella raccolta dei campioni ai centri di controllo; • i Dirigenti dell’Azienda Elettrica Municipale (AEM) ed i guardiani della diga di S. Giacomo di Fraele per il supporto logistico; • Marco Testa e la Provincia di Como per il prestito delle reti utilizzate per le catture; • i tesisti Serena Storaci, Davide Bressan, Manuela Boggio, Valentina Casella, Nuno Oliveira, Diana Rodrigues, Cristina Rota, Federico Ossi, Bruno de Angelis, Luca Perlasca, Elena Trizio, Pietro Bertoglio, Lorenzo Tarenghi e Andrea Guizzardi, per il notevole contributo nella fase di raccolta dati sul campo, e Ambrogio Molinari e Alessio Martinoli per il supporto pratico nelle attività di cattura. 7 8 Introduzione La lepre bianca (Lepus timidus) è una specie a distribuzione artico-alpina, presente sia nelle regioni nord europee, sia nelle catene montuose dell’Europa meridionale, con la presenza di una tipica disgiunzione dell’areale. Tale peculiarità distributiva è conseguenza dei fenomeni glaciali del quaternario. Attualmente le popolazioni di lepre bianca appaiono in lento ma generalizzato declino in molte zone dell’areale alpino. Mentre la specie viene assiduamente studiata nelle regioni del nord Europa, il ruolo ecologico della lepre bianca in ambiente alpino rimane tuttora poco indagato e approfondito, con due soli studi effettuati nel Canton Ticino (Svizzera) (Gamboni, 1997) e nel Parco Naturale Adamello-Brenta (Barbieri, 1998). Per sopperire alla quasi totale mancanza di informazioni a livello nazionale sulla specie ha avuto inizio, nel 2005, il presente Progetto di studio, che vede impegnati la Provincia di Sondrio, il Parco Nazionale dello Stelvio, Istituto Oikos e l’Università degli Studi dell’Insubria. Il Progetto si propone, nell’arco della sua durata, di approfondire le conoscenze sulla specie attraverso indagini sull’autoecologia e sulle preferenze ambientali, al fine di identificare idonee strategie di gestione e conservazione; si propone inoltre la definizione di protocolli speditivi di monitoraggio della presenza e dell’abbondanza della specie, nonché l’elaborazione di modelli in grado di predirne la distribuzione sull’intero arco alpino, considerando l’area individuata come importante “caso di studio” di interesse più generale. Il lavoro svolto in Alta Valtellina nell’ambito del Progetto, negli anni compresi tra il 2005 ed il 2008, ha permesso di raggiungere un livello di conoscenze soddisfacenti in merito alla biologia e all’autoecologia della specie, con particolare riferimento a dimensione e struttura dell’home-range e alle preferenze ambientali, indagate mediante cattura, marcatura e monitoraggio, con tecniche di radiotracking, di 43 individui complessivi, dei quali 12 nell’area di studio situata all’interno del Comprensorio Alpino Alta Valtellina, denominata “Vezzola”. I risultati di queste indagini, di notevole valenza, anche in relazione alla scarsità di informazioni scientifiche sulla biologia di questa specie, sono stati presentati sia in congressi nazionali che internazionali, suscitando notevole interesse. Il Progetto ha permesso inoltre la messa a punto e l’avvio di nuove linee di ricerca inerenti diversi aspetti della dinamica di approfondimenti. 9 popolazione, meritevoli di ulteriori La presente relazione intende costituire un compendio complessivo del lavoro svolto nei tre anni intercorsi dall’avvio del Progetto, che metta in evidenza le diverse tematiche affrontate, le azioni intraprese, i metodi utilizzati ed i risultati raggiunti. I risultati conseguiti nell’ambito del Progetto promosso e finanziato dalla Provincia di Sondrio vengono in questa sede integrati con i risultati relativi al Progetto parallelo, promosso e finanziato dal Parco Nazionale dello Stelvio, condotto nel medesimo periodo all’interno dell’area protetta. Il prodotto finale, risultante dall’integrazione di quanto emerso nell’ambito dei due Progetti paralleli, costituirà per entrambi i promotori del Progetto, Provincia di Sondrio e Parco Nazionale dello Stelvio, una sintesi complessiva ed organica del lavoro svolto, utile alla pianificazione delle attività future ed alla definizione di idonee strategie di conservazione e gestione della specie. Obiettivi Gli obiettivi generali del Progetto possono essere riassunti nei seguenti punti: 1. Studio dell’ecologia della lepre bianca in ambiente alpino 2. Incremento delle conoscenze sullo status delle popolazioni presenti 3. Definizione di idonee strategie di conservazione e gestione In particolare, nel corso dell’intera durata del Progetto, sono stati perseguiti i seguenti obiettivi specifici: 1.1. Studio dell’uso dello spazio e delle preferenze ambientali; 1.2. Studio della dinamica di popolazione e dei parametri demografici; 2.1. Definizione dello status della specie sul territorio provinciale con elaborazione di modelli distributivi; 3.1. Definizione di idonee tecniche speditive e standardizzate per il monitoraggio della specie sul territorio provinciale. 10 1. Studio dell’ecologia della lepre bianca in ambiente alpino 1.1. Studio dell’uso dello spazio e delle preferenze ambientali L’indagine sull’ecologia della specie è stata condotta mediante la cattura e la marcatura di individui di lepre bianca, che sono stati poi monitorati utilizzando tecniche di radiotracking al fine di indagarne l’uso dello spazio e le preferenze ambientali. Area di studio Lo studio finalizzato all’approfondimento dell’ecologia della specie è stato condotto in un’area situata in Val Vezzola, a nord dell’abitato di Semogo, denominata appunto “Vezzola”. L’area di studio “Vezzola” è situata in comune di Valdidentro, ad un’altitudine di circa 2000 m s.l.m.; la vegetazione è rappresentata da bosco misto di abete rosso (Picea excelsa), pino cembro (Pinus cembra), pino mugo (Pinus mugo) e larice (Larix decidua), intervallato da pascoli. Il sottobosco è costituito da erica (Erica carnea), ginepro (Juniperus communis), mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) e rododendro (Rhododendron ferrugineum e Rhododenron hirsutum) (Figura 1). Figura 1 - Area di studio “Vezzola” L’area nella quale è in corso il Progetto parallelo, che vede impegnato il Parco Nazionale dello Stelvio insieme a Istituto Oikos e Università degli Studi dell’Insubria, denominata “San Giacomo”, è invece situata nei pressi della località S. Giacomo di Fraele, all’interno del Parco, nei pressi dei Laghi di Cancano, ed è caratterizzata dalla netta prevalenza di una omogenea foresta di pino mugo (Pinus mugo). Le aree di studio (Figura 2) sono state scelte sulla base dei risultati forniti da uno studio precedente, condotto nel 2003–2004 (Programma per la conoscenza e la conservazione 11 dell’aquila reale, della lepre bianca e dello stambecco nel Parco delle Orobie bergamasche e nelle Alpi lombarde) che, relativamente alla presenza della specie, mostrava valori di Indici Chilometrici di Abbondanza (IKA) molto elevati nella zona dell’Alta Valtellina, e del Bormiese in particolare (Carlini et al., 2004). L’esatta definizione delle aree di cattura (“S. Giacomo di Fraele” e “Vezzola”) è invece il risultato di quanto emerso in occasione di sopralluoghi mirati al rilevamento ed alla quantificazione dei segni di presenza di lepre alpina effettuati nelle suddette aree nei mesi di Gennaio e Febbraio 2005. Figura 2 - Aree di studio: "S. Giacomo di Fraele" a Nord e "Vezzola" a Sud Metodi utilizzati Di seguito sono illustrati i metodi utilizzati nell’ambito delle attività di cattura, manipolazione e monitoraggio degli individui di lepre bianca, nonché di analisi dei dati raccolti in campo, finalizzate all’indagine dell’uso dello spazio e delle preferenze ambientali. Catture Nel corso dell’intero Progetto, a partire dalla primavera del 2005, nell’area di Vezzola le catture sono state effettuate con due differenti metodi: esecuzione di battute con impiego di apposite reti (Angerbjorn & Hjernquist, 1984; Angerbjorn, 1986 e 1989; Dahl 2005) e utilizzo di trappole Tomahawk, appositamente studiate per catturare animali vivi (Trappola 66 x 23 x 23 cm, model 205; Tomahawk Live Trap Co., Tomahawk, WI). La tecnica delle catture in battuta è stata utilizzata due volte, esclusivamente nel primo anno di attività, il 17 maggio 2005 e l’11 ottobre 2005. Le battute sono state precedute da un sopralluogo, volto all’accertamento 12 della presenza della specie tramite rinvenimento su transetto di segni di presenza (Krebs et al., 2001) ed alla determinazione dell’esatta posizione in cui disporre il fronte delle reti, di lunghezza variabile tra i 200 ed i 500 m. Ci si è serviti di reti apposite, a tremaglio, che vengono normalmente utilizzate per catturare le lepri all’interno di allevamenti (Figura 3). Figura 3 - Reti posizionate nell’area di Vezzola (foto C. Tattoni) La rete interna è costituita da maglie di cotone di 6 cm; le due reti esterne hanno maglia più larga, di 30 cm di lato; l’altezza complessiva delle reti è di 110 cm (Figura 4). Figura 4 - Rete a tremaglio utilizzata per le catture in battuta (foto A. Bianchi) La sera precedente ogni battuta le reti sono state posizionate lungo la linea di fronte stabilita, fissate a pali metallici provvisti di appositi ganci per il sostegno di anelli presenti sulle reti; sono state quindi abbassate al suolo per evitare l’accidentale impatto di animali nelle reti durante la notte. Le reti sono state disposte linearmente lungo la 13 fascia ecotonale tra il bosco e le aree di pascolo, per una lunghezza complessiva del fronte di reti di circa 500 m il 17 maggio 2005, e di circa 600 m l’11 ottobre 2005. Immediatamente prima dello svolgimento della battuta le reti sono state aperte, in presenza degli operatori incaricati di estrarre gli animali catturati. Il fronte dei battitori si è disposto parallelo al fronte delle reti (Figura 5), ad una distanza di alcune centinaia di metri, quindi, sotto la guida di personale esperto, sono avanzati in maniera sincrona spingendo gli animali nelle reti. Figura 5 - Fronte dei battitori nell’area di Vezzola (foto S. Mastrota) L’area interessata dalle battute è stata di circa 11,5 ha il 17 maggio 2005 (Figura 6) e di 16 ha l’11 ottobre 2005 (Figura 7); per le catture in battuta sono stati impiegati ogni volta circa 30 battitori e 10 addetti al prelievo degli animali catturati lungo le reti. Figura 6 - Area di battuta (in verde), 17/05/2005; in rosso il fronte delle reti 14 Figura 7 - Area di battuta (in verde), 11/10/2005; in rosso il fronte delle reti Le caratteristiche orografiche, e ancor più quelle vegetazionali, delle aree scelte per le catture in battuta si è dimostrata, in entrambe le occasioni, idonea all’impiego di tale tecnica. L’alternanza di aree aperte, costituite essenzialmente da prati pascolo, e di aree caratterizzate da bosco di conifere, in particolare abete rosso e larice, ha infatti permesso un ottimale posizionamento delle reti; il portamento eretto di queste conifere permette inoltre una buona efficienza nelle catture, dal momento che non consente alle lepri presenti nell’area di battuta di trovare rifugio sotto i rami più bassi, senza quindi raggiungere le reti; ciò accade invece in aree boscate fitte quali i boschi di pino mugo che caratterizzano l’area di studio situata all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. La tecnica delle catture con impiego di trappole Tomahawk è stata utilizzata in ogni periodo invernale interessato dal Progetto; ogni anno sono state utilizzate 25 trappole Tomahawk, che sono state collocate a terra, disposte secondo una griglia (Mills et al., 2005) di maglia 70 m, in un’area di accertata presenza delle lepri, nella medesima zona in cui erano state effettuate le battute nei mesi di maggio e ottobre 2005 (Figura 8). 15 Figura 8 - Posizione delle 25 trappole Tomahawk nell’area di Vezzola Contestualmente al posizionamento al suolo, le trappole sono state innescate con erba medica essiccata e provviste di un fermo che ne impedisse la chiusura, dando in questo modo inizio al periodo cosiddetto di prebaiting, nel quale gli animali hanno il tempo di abituarsi alla presenza delle trappole innescate e di entrarvi indisturbati, raggiungendo l’esca; ogni trappola è stata inoltre provvista di una copertura che impedisse alla neve di sommergerla e di far deteriorare l’esca (Figura 9); a partire dall’inverno 2007-2008 ogni trappola è stata inoltre rivestita con una rete metallica di maglia 1 cm, per evitare eventi di predazione da parte di volpe. Figura 9 - Trappola Tomahawk in prebaiting Dopo il periodo di prebaiting, ogni anno, le trappole sono state attivate rimuovendo il fermo e sono rimaste attive per i periodi indicati nella Tabella 1; in Tabella è riportato anche, per ogni anno, lo sforzo di cattura, espresso in notti–trappola. 16 Tabella 1 - Periodi di attivazione delle trappole nell’area “Vezzola” Anno Periodo di attivazione Trappole attive Notti-trappola 17 gennaio 20 1 18-19 gennaio 25 2 22 marzo 23 1 23 marzo 25 1 29 marzo 5 1 30-31 marzo 25 2 5-7 aprile 25 3 6-7 febbraio 24 2 20 febbraio 23 1 21 febbraio 24 1 7-8 marzo 24 2 9 gennaio 24 1 10 gennaio 25 1 23 gennaio 4 1 24 gennaio 21 1 25 gennaio 25 1 5-7 febbraio 25 3 2006 2007 2008 Sforzo di cattura 248 143 174 Manipolazione Le lepri catturate sono state manipolate come previsto dal protocollo appositamente approntato, che prevede: • determinazione del sesso, mediante osservazione dei genitali esterni; • determinazione della classe d’età, mediante palpazione del tubercolo di Stroh; • valutazione dello stato riproduttivo, in base all’osservazione dello sviluppo dei testicoli, dello sviluppo delle ghiandole mammarie e della presenza di feti nell’addome (al tatto). Sono quindi stati rilevati e riportati su un’apposita scheda di campo (Figura 10) i seguenti parametri morfometrici: • peso dell’animale; • lunghezza del piede posteriore; • lunghezza dell’orecchio. 17 Figura 10 - Scheda di rilevamento dati biometrici Ad ogni animale catturato è stato inoltre effettuato un prelievo di tessuto per le analisi genetiche (biopsia dall’orecchio) ed un prelievo di sangue per le analisi sanitarie. Al fine di permettere il riconoscimento individuale dell’animale catturato e di effettuare il monitoraggio mediante radiotracking, ad ogni individuo è stata applicata una marca auricolare metallica (TAG mod. 1005-1 National Band and Tag Co.) ed un radiocollare (Figura 11). Figura 11 - Alcune fasi della manipolazione Monitoraggio Tutti gli individui di lepre bianca catturati nell’area “Vezzola” sono stati provvisti di radiocollare con sensore di mortalità (Advanced Telemetry Systems, mod. M1930); è stato quindi possibile monitorarli utilizzando tecniche di radiotracking. Sono state utilizzate due tecniche: l’homing-in, che permette di localizzare l’animale seguendo direttamente il segnale, utilizzata nei momenti immediatamente successivi al rilascio per controllare che il collare fosse posizionato in modo corretto e non interferisse nelle 18 normali attività della lepre, e la tecnica della triangolazione, utilizzata per il monitoraggio di routine (White & Garrot, 1990); questa seconda tecnica permette infatti di effettuare le misurazioni restando distanti dall’animale, senza influenzarne il comportamento. Il protocollo di monitoraggio ha previsto, nella prima fase del Progetto, l’attuazione di quattro turni di radiotracking di 6 ore l’uno (00:00-06:00; 06:00-12:00; 12.00-18:00; 18:00-00:00), effettuati su quattro giorni, al fine di coprire l’intero arco delle 24 ore. In seguito all’analisi dei primi dati raccolti, e confermata così la predominanza dell’attività delle lepri nella fascia notturna, si è deciso nella seconda parte del Progetto di concentrare lo sforzo nelle ore notturne, senza escludere però il monitoraggio, seppur meno intenso, anche in quelle diurne. A partire da gennaio 2007 il protocollo ha quindi previsto la raccolta di un totale di 30 fix al mese per ogni individuo marcato, di cui 20 distribuiti nelle ore notturne e 10 nelle ore diurne. I rilevamenti sono stati effettuati da due operatori posizionati in due punti distinti, con coordinate note, che in contemporanea hanno registrato la direzione di provenienza del segnale (bearing) su un’apposita scheda di campo, riportando per ogni misurazione anche l’ora in cui è stata effettuata e se l’animale fosse fermo o in movimento (Figura 12). Figura 12 - Scheda di rilevamento dati di radiotracking Analisi dei dati Tutti i dati rilevati in campo in entrambe le aree di studio sono stati riportati su Sistema Informativo Territoriale (GIS) ARC/INFO 8.2.1 (ESRI, 2000), in modo da poter disporre di uno strumento finalizzato ad elaborazioni quantitative sull’uso dello spazio, nonché alla produzione di cartografia numerica sintetica delle informazioni acquisite. Per effettuare le triangolazioni, a partire dai dati di bearing raccolti in campo, è stato utilizzato il software LOCATE III (Nams, 2005), che ha permesso di ricavare le localizzazioni degli animali. Le localizzazioni così ottenute sono state utilizzate per 19 calcolare le aree vitali (home range) di ogni individuo per ogni periodo di monitoraggio in entrambe le aree di studio; tutte le analisi sono state effettuate utilizzando il software R (R Development Core Team, 2007), ed in particolare le funzioni aggiuntive del pacchetto adehabitat (Calenge, 2006). Al fine di disporre di un campione di dati sufficientemente rappresentativo per poter effettuare considerazioni generali sulla specie indagata, nelle analisi sono stati utilizzati i dati relativi ad entrambe le aree di studio. Dei diversi metodi disponibili per la stima degli home range, la metodologia Kernel è quella più frequentemente utilizzata; si basa sulla distribuzione della densità delle localizzazioni (Worton, 1989) e fornisce quindi una stima del grado di utilizzazione delle aree occupate dagli individui (Kernel density estimation, KDE). Questa tecnica prevede il calcolo anche di un fattore di smoothing (h), per il quale esistono due metodologie di calcolo: la prima è denominata reference smoothing factor (href), mentre l’altra è detta least-squares cross-validation (hlscv); il valore di h, e quindi anche la tecnica utilizzata per calcolarlo, hanno notevole influenza sulla forma e la dimensione degli home range stimati (Worton, 1989), quindi per il calcolo di h è stato utilizzato il metodo proposto da Wauters et al. (2007), che prevede la stima di h attraverso il rapporto dei valori ottenuti dall’applicazione delle due metodologie sopra esposte. Il calcolo degli home range è stato effettuato su base stagionale, suddividendo l’anno solare in tre periodi, in base alle peculiarità dell’ambiente alpino ed alle caratteristiche biologiche della specie, relative soprattutto al fenomeno della muta: • Inverno: dicembre-marzo; • Stagione riproduttiva (Pe, primavera-estate): aprile-agosto; • Autunno: settembre-novembre. Sono stati inoltre calcolati gli home range notturni e diurni di ogni individuo in tutti i periodi analizzati, assegnando ad ogni localizzazione l’appartenenza alla fascia notturna e diurna in base agli orari di alba e tramonto, calcolati attraverso la funzione proposta da Teets (2003) e opportunamente modificata. Il primo passo nell’analisi degli home range è stata la verifica della distribuzione normale dei valori delle aree ottenute, mediante l’applicazione del test di Shapiro-Wilk (1965); in caso contrario, la distribuzione è stata trasformata in scala logaritmica. Le dimensioni degli home range sono state confrontate tra loro per rilevare eventuali differenze significative relative ai fattori sesso (maschio/femmina), età (subadulto/adulto) e stagione (stagione riproduttiva/autunno/inverno), utilizzando la tecnica del General Linear Model (GLM). Per determinare il modello che meglio si 20 adattasse ai dati è stata adottata una metodologia stepwise, che permette di verificare attraverso l’Akaiki Information Criterion (AIC) quale modello fornisca il maggior numero di informazioni per le variabili analizzate (Akaike, 1974). Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il software R (R Development Core Team 2007). Per approfondire gli schemi di utilizzo dello spazio della lepre alpina si è inoltre cercato di determinare l’effettiva esistenza della core area (centro di attività) all’interno dei singoli home range; a tale scopo è stata applicata l’Incremental Kernel Analysis (Kenward et al., 2001 e 2003). È stata inoltre calcolata la sovrapposizione degli home range; l’area di sovrapposizione è stata espressa come percentuale di sovrapposizione dell’home range di una lepre con l’home range di tutte le altre lepri presenti nella medesima area di studio. Sono state comparate tutte le combinazioni di sesso: maschi con maschi, femmine con maschi, femmine con femmine. Inoltre, per valutare i ritmi di attività giornaliera e stagionale è stata calcolata, per ogni ora, la proporzione di fix attivi rispetto ai fix totali determinati; l’analisi è stata effettuata utilizzando la proporzione di fix attivi per ovviare al problema della possibile disomogeneità del monitoraggio in diverse fasce orarie. Successivamente al calcolo delle suddette proporzioni, è stata indagata la disuguaglianza delle stesse tra ore consecutive, applicando un mix model con ID animale come misura ripetuta, per verificare possibili differenze nella proporzione di fix attivi nell’arco delle 24 ore. Sono state valutate le differenze nella distribuzione dell’attività anche a livello stagionale applicando lo stesso modello, ma considerando la proporzione di fix attivi su base stagionale anziché oraria. Lo stesso tipo di analisi è stato condotto anche considerando l’interazione tra i fattori orario e stagione, per capire se in stagioni diverse, nelle medesime fasce orarie, vi fossero differenze significative nella distribuzione dell’attività. Per lo studio delle preferenze ambientali è stata utilizzata la carta dell’uso del suolo ad orientamento vegetazionale contenuta nella cartografia digitale Geoambientale fornita dalla Regione Lombardia, opportunamente modificata. Lo studio della selezione dell’habitat è stato condotto mediante l’analisi composizionale proposta da Aebischer et al. (1993). Questa tecnica consiste in un'indagine statistica parametrica che permette di valutare se l'utilizzo di un determinato habitat da parte di un individuo sia o meno casuale. Oltre agli home range dei singoli animali, è stato quindi necessario calcolare un’area che racchiudesse gli habitat disponibili; quest’area è stata definita calcolando l’MCP (Minimum Convex Polygon) al 100% di tutte le localizzazioni raccolte. 21 Per permettere l’avvio di uno studio sull’alimentazione della lepre bianca è stato inoltre calcolato il potere calorifico, attraverso l’utilizzo della bomba calorimetrica, delle specie appetibili per la lepre bianca più rappresentate all’interno dell’area di studio. Per ogni campione vegetale l’analisi è stata ripetuta 5 volte, allo scopo di ottenere un valore medio maggiormente attendibile. Risultati raggiunti Catture con reti Nelle battute effettuate in data 17 maggio 2005 sono stati catturati 2 individui di lepre bianca, entrambi maschi adulti (ID 2004, ID 2005). Nelle battute dell’11 ottobre 2005 sono stati catturati 3 individui di lepre bianca, un maschio adulto e due femmine giovani (ID 2006, ID 2007, ID 2008) ed un individuo, femmina adulta, di lepre comune (Lepus europaeus), marcata con ID 2050. Catture con trappole Nel corso delle sessioni di cattura del 2006 sono stati catturati due nuovi individui di lepre bianca, entrambi maschi adulti (ID 2051, ID 2022); si è inoltre verificata la ricattura di un individuo (ID 2004) catturato nella battuta del 17 maggio 2005. Con uno sforzo di cattura pari a 248 notti–trappola, gli eventi di cattura realizzati complessivamente nelle sessioni di cattura del 2006 ammontano a 6 (2 catture, 4 ricatture), determinando un successo di cattura pari a 2,42/100 notti–trappola. Nel corso delle sessioni di cattura del 2007 sono stati catturati due nuovi individui di lepre bianca (ID 2033, ID 2035), un maschio giovane ed un maschio adulto; si è inoltre verificata la ricattura di un individuo (ID 2051) catturato nella sessione di cattura del 2006. Con uno sforzo di cattura pari a 143 notti-trappola, gli eventi di cattura realizzati complessivamente nelle sessioni di cattura del 2007 ammontano a 8 (2 catture, 6 ricatture), determinando un successo di cattura pari a 5,59/100 notti–trappola. Nel corso delle sessioni di cattura del 2008 sono stati catturati 3 nuovi individui (ID 2036, ID 2037, ID 2038), due femmine adulte ed una femmina giovane; sono stati inoltre ricatturati due individui catturati nella sessione del 2007. Lo sforzo di cattura è stato pari a 174 notti–trappola per un totale di 8 eventi di cattura, con un successo pari a 4,60/100 notti–trappola. Complessivamente, nell’area di Vezzola, sono stati quindi realizzati 24 eventi di cattura, riferiti a 12 individui diversi; per ogni soggetto catturato sono stati rilevati il sesso, l’età, lo stato riproduttivo e le biometrie (Tabella 2). 22 Tabella 2 - Biometrie degli individui catturati ID Stato riproduttivo Peso (Kg) Sesso (M/F) 2004 2005 2006 2007 2008 2022 2033 2035 2036 2037 2038 2051 Riproduttivo Riproduttivo Non riproduttivo Non riproduttivo Non riproduttivo Non riproduttivo Non riproduttivo Indeterminato Indeterminato Indeterminato Indeterminato Non riproduttivo 2.20 1.95 2.60 1.60 2.60 1.95 1.96 1.96 2.51 2.16 2.86 2.40 M M M F F M M M F F F M Età alla cattura (S/A) A A A S S A S A A S S A Piede posteriore (mm) 164 145 145 146 170 145 147 150 141 142 145 145 Orecchio (mm) 110 113 128 106 98 107 95 123 110 112 106 115 Home range Le superfici degli home range calcolati su base stagionale con il metodo kernel (al 95%), per ogni individuo indagato nell’area “Vezzola”, sono illustrate in Tabella 3. Tabella 3 - Dimensione degli home range e numero di localizzazioni, su base stagionale ID Stagione e anno Home range (ha) N° localizzazioni 2004 Pe 2005 51.1 655 2004 Au 2005 35.2 353 2004 In 2006 16.1 70 2004 Pe 2006 10.4 38 2005 Pe 2005 63.9 82 2006 Au 2005 112.9 245 2006 In 2006 59.0 66 2006 Pe 2006 95.2 189 2006 Au 2006 51.9 30 2006 In 2007 124.4 30 2006 Pe 2007 84.4 82 2006 Au 2007 15.7 20 2007 Au 2005 79.0 141 2007 In 2006 36.2 62 2007 Pe 2006 22.4 71 2007 Au 2006 1.3 20 2007 In 2007 41.2 44 2007 Pe 2007 16.4 111 23 2007 Au 2007 5.0 46 2008 Au 2005 74.9 269 2008 In 2006 125.1 54 2008 Pe 2006 102.6 190 2008 Au 2006 52.4 32 2008 In 2007 150.8 26 2008 Pe 2007 55.8 85 2008 Au 2007 17.9 46 2008 In 2008 26.8 23 2033 In 2007 85.8 48 2033 Pe 2007 50.9 118 2033 Au 2007 48.7 63 2035 Pe 2007 35.1 120 2035 Au 2007 18.7 56 2035 In 2008 70.4 33 2035 Pe 2008 53.6 30 2036 Pe 2008 52.1 24 2037 In 2008 99.5 32 2037 Pe 2008 61.1 29 2038 In 2008 57.5 31 2038 Pe 2008 87.2 21 2051 Pe 2006 52.0 210 2051 Au 2006 17.6 27 2051 In 2007 36.9 46 2051 Pe 2007 21.5 116 2051 Au 2007 42.6 49 2051 In 2008 18.4 44 È importante evidenziare che i risultati relativi al calcolo degli home range sono presentati solo come home range al 95%, mentre non viene presentato alcun risultato inerente la core area (generalmente calcolata con il metodo MCP o kernel al 50%); la scelta è dovuta a quanto emerso nell’IKA (Incremental Kernel Analysis), che mostra come all’interno dello spazio vitale non vi siano aree di utilizzo intensivo (centri di attività), e come quindi, per la specie in oggetto, l’esistenza di una reale core area non possa essere contemplata; dall’osservazione della Figura 13 risulta evidente come la prima differenza significativa tra coroplete successive ricada infatti tra l’85 e il 90%, mentre non esiste nessuna differenza tra coroplete inferiori. 24 Figura 13 - Incremental Kernel Analysis; l’assenza di differenze significative tra le superfici relative a coroplete inferiori all’85% indica l’assenza di una reale core area Le dimensioni degli home range calcolati nelle due aree di studio (valore medio pari a 54.24 ha) sono paragonabili a quelle calcolate nella prima fase di lavoro del presente Progetto (Nodari, 2006), in cui gli home range annuali risultavano mediamente di dimensioni pari a 45 ha; risultano invece di dimensioni maggiori rispetto a quanto rilevato in un altro studio condotto sulle Alpi svizzere (valore medio pari a 38.1 ha) (Genini-Gamboni et al., in press). Confrontando i valori ottenuti con quelli di numerosi studi condotti in altre aree d'Europa emergono notevoli differenze, che sono probabilmente da mettere in relazione alla presenza di differenti adattamenti adottati dalla specie nei diversi habitat in cui vive. In Scozia, dove l’habitat normalmente frequentato dalle lepri bianche è dominato dalla brughiera, intervallata da ristrette zone di pascoli, gli home range hanno dimensioni medie nettamente superiori; poiché le lepri, qualora possibile, preferiscono non nutrirsi esclusivamente di brugo (Calluna vulgaris) compiono escursioni piuttosto lunghe per raggiungere le zone di pascolo, dove trovano altre specie erbacee di cui nutrirsi. Inoltre nell’ambiente di brughiera i ripari per nascondersi dai predatori sono scarsi, se confrontati con quelli disponibili in habitat di tipo forestale; pertanto le lepri che vivono in queste aree presentano home range di dimensioni maggiori sia a causa della necessità di compiere notevoli spostamenti per reperire le risorse alimentari di cui necessitano, sia di trovare luoghi dove ripararsi durante il giorno (Hewson & Hinge, 1990). Le notevoli differenze che si osservano poi nella stessa area geografica (Scozia) nello studio condotto da Rao et al. nel 2003 sono 25 di nuovo dovute all’habitat indagato, che è in questo caso costituito da una zona semiforestale: in quest’area, data la disponibilità di cibo e l’abbondanza di rifugi, le lepri hanno home range di dimensioni decisamente inferiori, a conferma dell’importanza dell’habitat nel determinare questo aspetto della biologia della lepre. Un’ulteriore conferma di questa considerazione deriva dal lavoro svolto da Hulbert et al. nel 1996, nel quale sono state valutate le differenze tra le dimensioni degli home range di lepri che occupavano habitat di tipo diverso: le lepri che occupavano una zona dominata dalla brughiera avevano home range di dimensioni maggiori rispetto a quelle che risiedevano in una zona forestale, o di pascolo; il valore riportato, in questo caso pari a 22 ha, è risultante dalla media tra gli home range calcolati nelle diverse zone. Anche nello studio svolto in Irlanda le lepri possiedono home range di dimensioni inferiori rispetto a quanto riscontrato in Scozia; in questo caso l’habitat utilizzato è la prateria di pianura, in cui le risorse sono decisamente più abbondanti e distribuite più uniformemente rispetto alla brughiera scozzese (Wolfe & Hayden, 1996). Le dimensioni degli home range determinate sulle Alpi Lombarde, nell’ambito del pres4nte Progetto, mediante l’applicazione della tecnica “Kernel fisso” (Nodari, 2006) sono decisamente inferiori rispetto a quanto riscontrato con la stessa tecnica in Svezia: anche in questo caso la differenza è dovuta al differente tipo di habitat presente; nella foresta boreale scandinava le risorse sono infatti decisamente limitate, quindi le lepri devono compiere notevoli spostamenti per reperire sufficienti risorse trofiche (Dahl, 2005). Sulle Alpi invece l’ambiente eterogeneo, caratterizzato dall’alternanza di boschi e pascoli, presenta risorse più abbondanti e meglio distribuite, che permettono alla lepre di ridurre notevolmente gli spostamenti per la ricerca del cibo (Nodari, 2006). Per quanto riguarda il confronto delle dimensioni degli home range tra differenti classi di età e sesso, emerge che i subadulti occupano home range più ampi rispetto agli adulti (media ± SD, subadulti 71.51 ± 43.24 ha, adulti 46.57 ± 22.76 ha, F1,68=4.28, p<0.04) (Figura 14). 26 Figura 14 - In rosso l’home range di un subadulto, in verde quello di un adulto Questo risultato è in linea con quanto già emerso in precedenza nella stessa area di studio (Nodari, 2006) (subadulti 51.0 ha, adulti 39.9 ha); una possibile spiegazione è data dal fatto che i subadulti, a causa della scarsa conoscenza del territorio, dovuta all'inesperienza, devono esplorarne porzioni più ampie per reperire le risorse di cui hanno bisogno. Non emergono invece differenze significative delle dimensioni degli home range tra maschi e femmine (maschi, 47.44 ± 26.85 ha, femmine 45.46 ± 17.45 ha, F1,68=0.04, p=0.85); questo risultato suggerisce quindi l’assenza di comportamenti particolarmente diversi tra i due sessi, anche se studi effettuati in altri paesi europei mostrano risultati parzialmente differenti. In Scozia, ad esempio, le dimensioni degli home range non differiscono tra i due sessi secondo quanto riportato da Rao et al. (2003), mentre in altri casi differiscono soltanto durante la stagione riproduttiva (Flux, 1970; Hewson & Hinge, 1990); in primavera si assiste infatti ad una riduzione delle dimensioni dell’home range delle femmine, che cercano di conservare le energie per riprodursi e curare la prole (Flux, 1970), e ad un aumento delle dimensioni dell’home range dei maschi, causato dall’incremento degli spostamenti legati alle attività di ricerca di partner (Hewson & Hinge, 1990). Anche in Irlanda si evidenzia una situazione analoga, con dimensioni degli home range che durante l’anno non differiscono tra i due sessi, fatta eccezione per il bimestre maggio-giugno, al culmine della stagione riproduttiva, per gli stessi motivi riportati negli studi scozzesi (Wolfe & Hayden, 1996). Dall’analisi degli home range notturni e diurni risulta che gli home range notturni sono più ampi rispetto a quelli diurni (giorno 41.38 ha, notte 46.81 ha, F1,85=4.88, p=0.03) (Figura 15). 27 Figura 15 - In rosso l’home range diurno di un individuo, in blu quello notturno La differenza rilevata va ricondotta al fatto che durante la notte le lepri si spostano notevolmente, sia per cercare cibo, sia per interagire con altri individui, muovendosi sia all'interno dei boschi sia sui pascoli che caratterizzano l'habitat alpino; durante il giorno occupano invece aree più ristrette, all'interno dei boschi, dove i ripari sono più abbondanti. Anche in questo caso è interessante notare come in altri studi, condotti in aree differenti, siano emersi risultati notevolmente diversi: in Scozia, in zone caratterizzate da habitat di brughiera, gli home range notturni risultano di dimensioni inferiori rispetto a quelli diurni (Flux, 1970; Hewson & Hinge, 1990); ciò può essere dovuto al fatto che le risorse alimentari in quel caso non sono distribuite in modo uniforme sul territorio, a differenza di quanto si verifica nell’area di Vezzola, e che quindi durante la notte le lepri si concentrano nelle zone di pascolo, dove le risorse sono più abbondanti, mentre durante il giorno occupano aree più vaste cercando siti di riparo dai predatori. L’importanza dell’habitat nel determinare quindi non solo le dimensioni degli home range, ma anche le eventuali differenze tra home range diurni e notturni si deduce anche da quanto emerso in un altro studio condotto in Scozia (Rao et al., 2003): questa ricerca è stata condotta in habitat semiforestale, dove le risorse sono distribuite in modo maggiormente uniforme rispetto all’habitat di brughiera; in questo caso non emergono differenze significative tra le dimensioni degli home range diurni e notturni. Un ulteriore conferma di ciò è fornita dallo studio irlandese di Wolfe e Hayden (1996), nel quale si osserva un andamento opposto, sebbene statisticamente non ci siano differenze significative nelle dimensioni degli home range diurni e notturni: in Irlanda l’habitat utilizzato dalla lepre bianca in zone pianeggianti è la prateria, nella quale le 28 risorse trofiche sono distribuite uniformemente e dunque non si assiste a concentrazioni di lepri in piccole zone caratterizzate da abbondanza di cibo, come accade invece nel caso della brughiera scozzese. Inoltre il grado di antropizzazione, superiore rispetto alla realtà scozzese, causa una riduzione delle aree a disposizione delle lepri per il ricovero durante il giorno, con un conseguente restringimento degli home range diurni. Ritmi di attività giornaliera e stagionale È noto come la lepre bianca sia un animale di abitudini prevalentemente notturne (Angerbjörn & Flux, 1995); mancano però studi nei quali sia stata indagata in modo approfondito la distribuzione dell’attività di questa specie, sebbene Rao, in uno studio condotto in Scozia nel 2003, evidenziò che l’81% delle localizzazioni notturne riguardava lepri in movimento, mentre durante il giorno solo il 4 % delle localizzazioni si riferiva ad individui in spostamento (Rao et al., 2003). Si è pertanto ritenuto opportuno, nel presente studio, investigare più approfonditamente questo aspetto della biologia della lepre bianca; a tale scopo è stata effettuata l’analisi della distribuzione della percentuale di fix attivi sul totale nel corso delle 24 ore. I risultati ottenuti evidenziano tre variazioni statisticamente significative in tre fasce orarie: tra le 6 e le 7 (p<0.0001), tra le 7 e le 8 (p=0.004) e tra le 17 e le 18 (p=0.0004). Quanto emerso è in linea con le aspettative: nella fascia oraria compresa tra le 6 e le 8, che corrisponde al momento della giornata in cui compare la luce, l’attività delle lepri cala significativamente; gli individui cercano un rifugio dove nascondersi durante le ore di luce e riducono la loro attività. Analogamente, ma in senso opposto, si spiega l’incremento significativo dell’attività tra le 17 e le 18 (Figura 16). 29 Figura 16 - Ritmi di attività della lepre bianca nelle 24 ore Per quanto riguarda l’andamento dei ritmi di attività tra stagioni diverse (Figura 17) differenze significative si rilevano tra autunno e stagione riproduttiva (t=3.80; df=37; p<0.01) e tra autunno e inverno (t=4.76; df=39; p<0.01), mentre non ci sono differenze tra inverno e stagione riproduttiva (p>0.05). Questo risultato indica come l’autunno si differenzi rispetto alle altre stagioni, con una percentuale maggiore di fix attivi; ciò potrebbe essere legato alla necessità, per le lepri, in autunno, di reperire una quantità di risorse trofiche che permettano loro di accumulare riserve energetiche in vista dell’inverno imminente. In inverno il livello di attività rilevato è inferiore, dal momento che le lepri tendono a ridurre gli spostamenti a causa delle avverse condizioni climatiche che caratterizzano l’inverno alpino, risparmiando così energia. Il fatto che anche durante la stagione riproduttiva si osservi un livello di attività simile a quello invernale è probabilmente legato alla ridotta durata della notte, che fa sì che, date le abitudini notturne della specie, il numero di fix attivi rispetto al totale sia minore rispetto all’autunno: pertanto la percentuale di fix attivi risulta inferiore, e paragonabile a quella rilevata in autunno. 30 Figura 17 - Ritmi di attività della lepre bianca nelle stagioni (au=autunno, in=inverno, pe=primavera–estate, periodo riproduttivo) E’ stata inoltre valutata l’esistenza di differenze significative nei ritmi di attività, a parità di orario, in stagioni diverse; in linea teorica è infatti lecito attendersi variazioni notevoli, dal momento che, nelle diverse stagioni, la durata del giorno e della notte cambia in modo considerevole. In inverno e in autunno sono stati rilevati due variazioni significative nei ritmi di attività: in entrambe le stagioni si assiste ad un calo significativo nella percentuale di fix attivi tra le 6 e le 7 (autunno: t=2.51; df=1298; p=0.01; inverno: t=5.13; df=1197; p<0.01). E’ emersa invece una differenza tra autunno e inverno riguardo al momento del giorno in cui si registra un aumento significativo del livello di attività: in autunno si verifica un aumento importante dell’attività sia tra le 16 e le 17 (t=2.32; df=1281; p=0.02), sia tra le 17 e le 18 (t=2.20; df=1269; p=0.03), mentre in inverno il livello di attività cresce in modo significativo sia tra le 17 e le 18 (t=3.14; df=1204; p<0.01), sia tra le 18 e le 19 (t=2.28; df=1218; p=0.02). Tale differenza conferma quanto già evidenziato nel confronto dei ritmi di attività tra le diverse stagioni. La distribuzione graduale osservata invece durante la stagione riproduttiva non deve sorprendere più di tanto, dal momento che già in precedenti studi effettuati in Scozia (Angerbjörn & Flux, 1995) era emerso che in estate, quando la durata della notte è minore, le lepri iniziano l’attività dedicata al foraggiamento già 2-3 ore prima del tramonto e la concludono 1-2 ore dopo l’alba; i momenti di inizio e fine dell’attività notturna sono di conseguenza distribuiti in modo più graduale rispetto a quanto si osserva nelle altre stagioni (Figura 18). 31 Figura 18 - Confronto dei ritmi di attività della lepre bianca nelle 24 ore tra stagioni diverse Sovrapposizione degli home range L’analisi effettuata evidenzia un notevole grado di sovrapposizione, maggiormente accentuato nella stagione invernale (F5,68=4.23, p<0.01); il risultato va ricondotto al fatto che in inverno, più che nelle altre stagioni, le lepri tendono a stare nelle zone di bosco, dove è più facile reperire alimenti e la coltre nevosa è meno spessa, mentre nelle altre stagioni gli home range sono meno sovrapposti perché le risorse alimentari sono distribuite in aree più vaste. Dall’analisi relativa al livello di sovrapposizione intersessuale e intrasessuale, risulta che la sovrapposizione intersessuale tra maschi e femmine (pari all’85%), è maggiore di quella intrasessuale tra maschi (59%); tra le femmine non si notano invece differenze significative tra le due tipologie di sovrapposizione, sebbene il livello di sovrapposizione intersessuale (88%) risulti maggiore di quello intrasessuale (77%). Dunque sembra esserci, da parte dei maschi, la tendenza ad occupare aree esclusive, non occupate da altri individui dello stesso sesso; tale comportamento potrebbe essere un adattamento eco-etologico mirato alla riduzione della competizione intrasessuale. Questo risultato è emerso in entrambe le aree di studio (F1,68=0.03, p>0.05), nonostante le densità siano notevolmente differenti (circa 3 lepri/km2 a Vezzola e circa 10 lepri/km2 a S.Giacomo), suggerendo un’indipendenza della sovrapposizione degli home range dai valori di densità. 32 Preferenze ambientali Nel complesso, nell’area di Vezzola, gli individui di lepre bianca tendono a preferire gli ambienti chiusi, quali il bosco a “Pino mugo” e il bosco “Misto di Conifere con Cembro dominante”, rispetto ad ambienti completamenti aperti, come le “Praterie alpine”, gli “Affioramenti rocciosi” e le “Frane”. In particolare, a Vezzola, agli ambienti completamente aperti sono preferiti quelli semi-aperti (“Pascoli” e “Prati permanenti asciutti”), cioè habitat aperti ma limitrofi a zone chiuse. La preferenza della lepre bianca per gli ambienti chiusi può essere spiegata considerando il fatto che questa specie, essendo preda, ha come priorità assoluta quella di nascondersi dai predatori; tende quindi a scegliere habitat la cui struttura sia favorevole a tale scopo, a discapito di zone in cui potrebbe disporre di una maggiore disponibilità trofica, ma di minore protezione. In alcuni casi, come rilevato in altri studi, la mancanza di ambienti chiusi da utilizzare come siti di riparo spinge la specie alla ricerca di habitat alternativi; in Scozia ad esempio le lepri cercano riparo nella brughiera, o presso massi. A Vezzola la presenza di habitat aperti e, al contempo, limitrofi a zone chiuse (“Pascoli” e “Prati permanenti asciutti”) permette alla lepre bianca di frequentare aree probabilmente più ricche dal punto di vista trofico rispetto alle zone chiuse, e più sicure rispetto alle aree completamente aperte. L’analisi composizionale ha evidenziato come la categoria maggiormente selezionata sia il bosco “Misto di Conifere a prevalenza di Cembro” , mentre l’habitat più evitato sia quello delle praterie alpine; la graduatoria fornita dall’analisi è riportata in Tabella 4. Tabella 4 - Rank di preferenza delle categorie ambientali; al valore di rank più elevato corrisponde la selezione maggiormente positiva (*p<0.05) Categoria ambientale Rank di preferenza Misto conifere a prevalenza Cembro 7 Pino mugo* 6 Pascoli* 5 Conifere* 4 Prati permanenti asciutti* 3 Affioramenti rocciosi* 2 Frane* 1 Prateria alpina 0 Alla luce delle differenze emerse nella dimensione degli home range notturni e diurni, si è ritenuto opportuno verificare l’esistenza, tra giorno e notte, di differenze anche nelle 33 preferenze ambientali. In effetti una leggera differenza nella scelta degli habitat è stata riscontrata (Tabella 5); durante il giorno risultano preferiti soprattutto gli ambienti chiusi, a cui fanno seguito le zone semi-aperte, ed in ultimo le aree completamente aperte. Tra gli habitat chiusi, il “Bosco misto di conifere con prevalenza di Cembro”, è quello maggiormente scelto dalla specie, seguito da “Pino mugo” e “Conifere”. Tra gli ambienti semi-aperti troviamo i “Pascoli”, seguiti dai “Prati permanenti asciutti”, ed infine tra quelli completamente aperti sono compresi, in ordine di preferenza “Affioramenti rocciosi”, “Frane” e “Praterie alpine”. Tabella 5 - Rank di preferenza delle categorie ambientali di giorno e di notte (*p<0.05) GIORNO NOTTE Categoria ambientale Rank Categoria ambientale Rank Misto conifere a prevalenza Cembro 7 Misto conifere a prevalenza Cembro* 7 Pino mugo* 6 Pino mugo 6 Conifere 5 Pascoli* 5 Pascoli 4 Prati permanenti asciutti 4 Prati permanenti asciutti 3 Conifere* 3 Affioramenti rocciosi* 2 Affioramenti rocciosi 2 Frane* 1 Frane* 1 Prateria alpina 0 Prateria alpina 0 E’ stata infine indagata l’esistenza di differenze nella selezione dell’habitat nelle diverse stagioni, al variare quindi della disponibilità trofica; in questo caso non è emersa alcuna variazione significativa, ad ulteriore conferma di come il fattore più importante, per la lepre bianca, sia la necessità di assicurarsi il riparo dai predatori, e solo in secondo luogo intervengano meccanismi di selezione verso habitat con buona qualità trofica. Dalle analisi condotte in questa fase preliminare dello studio sull’alimentazione delle lepre bianca, un elemento sicuramente interessante riguarda le misure calorimetriche effettuate sulle diverse specie vegetali considerate, scelte perché maggiormente rappresentative dell’area di studio. Le specie indagate risultano caratterizzate da valori calorici unitari, riferiti al peso secco, notevolmente simili tra loro; la differenza complessiva tra i valori di potere calorifico risultanti dai diversi campioni vegetali è pari a 1.13 Kcal/g. I valori di potere calorifico dei campioni vegetali indagati, come emersi dalle analisi calorimetriche, sono riportati in Figura 19. 34 5,89 5,9 5,71 5,7 5,61 aghi ginepro 5,45 5,5 Kcal/g rametti ginepro 5,59 5,25 5,23 5,3 rametti pino mugo 5,14 5,1 aghi pino mugo corteccia pino mugo rametti erica fiori erica 4,9 foglie mirtillo 4,73 rametti mirtillo 4,7 4,5 Campioni Figura 19 - Valori di potere calorifico dei campioni vegetali esaminati Sono stati inoltre effettuati confronti sulle caratteristiche del paesaggio nelle due aree di studio (Vezzola e S.Giacomo); questo approccio di studio si basa sulla considerazione che ogni “paesaggio” può essere considerato come un mosaico formato da entità discrete, le cosiddette macchie (patches), ognuna delle quali ha una forma, una dimensione e delle connessioni con altre macchie. Per l'analisi del paesaggio è stato utilizzato il software FRAGSTATS, che ha permesso di calcolare le statistiche spaziali di landscape, cioè indici quantitativi utili a descrivere le variazioni di composizione, configurazione e struttura del paesaggio sia a livello di classi di habitat (diverse tipologie di patches), sia del complessivo mosaico ambientale. Dall’analisi degli indici quantitativi calcolati con FRAGSTATS è emersa una sostanziale differenza paesaggistica tra le due aree di studio, sia dal punto di vista del grado di frammentazione del territorio, sia di ricchezza di habitat; l'area di Vezzola infatti presenta una maggiore frammentazione del paesaggio (analizzata prendendo in esame il numero di patches presenti nel territorio, la loro dimensione e forma) ed un più elevato grado di ricchezza in habitat; il numero di patches dell’area di Vezzola è infatti maggiore rispetto a S.Giacomo, e i patches sono caratterizzati da dimensioni inferiori e forma più compatta e irregolare di quelli di S. Giacomo. Dall’analisi è quindi emersa una maggiore diversificazione del paesaggio nell’area di Vezzola, che presenta un maggior numero di tipologie ambientali rispetto all’area di S.Giacomo, che è invece più omogenea. Risulta chiaro come l’area di Vezzola, maggiormente eterogenea e diversificata, e caratterizzata da valori di densità di popolazione inferiori, sia nel complesso più rappresentativa dell’intero arco alpino italiano rispetto all’area di 35 S.Giacomo, nella quale si riscontrano valori di densità di popolazione notevolmente superiori e caratterizzata da caratteristiche vegetazionali non facilmente riscontrabili sul resto delle Alpi. 36 1.2. Dinamica di popolazione e parametri demografici Una buona conoscenza dei parametri legati alla dinamica di popolazione della lepre bianca risulta di estrema rilevanza, soprattutto in rapporto all’interesse gestionale che la specie riveste sul territorio provinciale, dove è oggetto di prelievo venatorio. In quest’ottica, lo studio della dinamica di popolazione si è incentrato principalmente su tre parametri di notevole importanza per la specie: la densità di popolazione, il successo riproduttivo e, grazie alla radiomarcatura dei soggetti catturati, la sopravvivenza. Per tutti questi aspetti non sono in effetti disponibili, in letteratura, studi effettuati sulla specie in ambiente alpino; si è quindi ritenuto opportuno indirizzare gli sforzi nella definizione di questi parametri. Stima della densità Nei tre anni di lavoro è stato avviato un protocollo per la stima di densità delle popolazioni di lepre bianca basato sul metodo CMR (Cattura-Marcaggio-Ricattura), che permette non solo di valutare il trend delle popolazioni monitorate, ma anche, a lungo termine, di verificare l’esistenza di cicli di popolazione, descritti per le forme nordamericane (Hodges et.al., 1999; Krebs et.al., 2001) e mai verificati in ambito alpino. Metodi utilizzati La consistenza della popolazione è stata stimata utilizzando il metodo di CatturaMarcaggio-Ricattura (CMR) che prevede, per ogni singola sessione di trappolaggio, la cattura, mediante trappole disposte secondo una griglia, di individui che vengono marcati e quindi rilasciati in modo da rendere possibile la loro ricattura. Il metodo si basa sul principio secondo il quale è possibile stimare il numero totale degli individui presenti in un’area, a partire dalla proporzione fra individui marcati e non marcati presenti fra i soggetti catturati nelle sessioni successive di trappolaggio: se n1 è il numero di animali marcati e rilasciati nella prima sessione, n2 il numero di individui catturati nella seconda sessione, m2 il numero di animali marcati catturati nella seconda occasione e N la consistenza della popolazione, allora: N=(n1n2)/m2 Tutti i metodi di Cattura-Marcaggio-Ricattura si sviluppano a partire da questo concetto base, dopodiché ogni metodo si sviluppa con differenti assunzioni e calcoli statistici che permettono di ottenere la stima della consistenza di popolazione. Il presupposto più importante, comune a tutti i metodi, è che tutti gli animali della abbiano la stessa probabilità di essere catturati; se così non fosse, la popolazione risulterebbe 37 notevolmente sottostimata. Anche l’influenza e l’effetto delle trappole possono risultare importanti: in seguito ad una cattura, infatti, l’animale può diventare diffidente ed essere riluttante ad entrare nuovamente nella trappola, ed in caso estremo può addirittura abbandonare l’area; al contrario gli animali possono in alcuni casi sviluppare nei confronti delle trappole un’eccessiva confidenza. Entrambi gli effetti possono essere temporanei o permanenti, ma in ogni caso influenzano l’affidabilità del metodo: la diffidenza determina solitamente una sovrastima della popolazione, mentre la confidenza comporta una sottostima. La maggior parte dei metodi di CatturaMarcaggio-Ricattura, inoltre, considerano le popolazioni oggetto di studio come “chiuse”; si assume cioè che, nel corso dello studio, non si assista né ad incrementi legati a nascite o ad eventi di immigrazione, né a decrementi legati a decessi o ad eventi di emigrazione. Nel momento in cui si applica un metodo adatto a “popolazioni chiuse” è quindi importante minimizzare le possibilità di incrementi o perdite, concentrando l’indagine in un periodo breve e possibilmente nel quale nascite, decessi ed eventuali spostamenti siano ridotti al minimo. Ogni metodo è adatto a situazioni caratterizzate da circostanze specifiche, corrispondenti alle assunzioni proprie del metodo stesso; la scelta definitiva del metodo da utilizzare dipende quindi dalle assunzioni che più si confanno alla popolazione indagata, nonché da considerazioni pratiche legate alle attività di campo. Nel presente lavoro la stima di consistenza di popolazione (N), effettuata mediante l’applicazione della tecnica di Cattura-Marcaggio-Ricattura, è stata condotta utilizzando tre diversi metodi statistici: Lincoln-Petersen, Schnabel e Burnham-Overton (Sutherland, 1996). Il metodo Lincoln-Petersen è il metodo più semplice, basato su due sole sessioni di cattura: la prima di cattura e marcaggio, la seconda di ricattura; differenze nella proporzione della popolazione catturata nelle due occasioni non producono effetti di sorta sulla stima. Il metodo Schnabel comporta le medesime assunzioni del metodo Lincoln-Petersen, ma risulta più appropriato in situazioni nelle quali le catture degli animali vengano effettuate in più di due occasioni; si basa sulla valutazione della proporzione tra gli animali marcati nelle catture (che aumentano al susseguirsi delle sessioni) e gli animali marcabili; nel momento in cui questo rapporto risulta uguale ad 1, il numero totale di individui precedentemente marcati corrisponde alla consistenza della popolazione. Il metodo Burnham-Overton risulta adatto nel caso in cui si abbia la certezza di indagare una popolazione chiusa; le informazioni utilizzate per stimare la consistenza di popolazione, in questo caso, sono date dal numero di volte che ciascun animale viene catturato nell’arco dell’intero studio. Un’assunzione 38 notevolmente importante per il successivo utilizzo dei dati raccolti in campo è che le probabilità di cattura non cambino nel tempo; risulta quindi determinante mantenere costante lo sforzo di cattura ed adottare procedure che minimizzino l’influenza delle trappole (eccessive confidenza o diffidenza). Per ottenere una stima della densità della popolazione, il valore di consistenza (N) ricavato deve essere rapportato alla dimensione dell’area (A); questo secondo parametro è fortemente legato alla capacità di spostamento ed al comportamento spaziale della specie indagata. Nel presente studio l’area (A) è stata considerata pari alla superficie interessata dalla presenza della griglia di trappole, con l’aggiunta di un margine esterno (buffer) di ampiezza pari al raggio dell’home range medio relativo al sesso caratterizzato dall’home range più piccolo (Dice, 1938), nel nostro caso le femmine. Per migliorare l’affidabilità della stima, é stato inoltre utilizzato il metodo illustrato da Millspaugh e Marzluff (2001), caratterizzato da un approccio innovativo che permette di utilizzare il dato relativo al numero di animali radiomarcati per stimare la densità di popolazione. Nel periodo successivo alle catture, nel quale cioè le trappole non sono più attive né innescate e dunque non rappresentano una fonte di attrazione per gli animali, gli individui marcati vengono monitorati, per valutare in che misura essi frequentino l’area di trappolaggio. In questo modo risulta possibile calcolare la probabilità (pi) che una localizzazione ricada all’interno della griglia di trappolaggio (comprensiva del buffer): pi = gi/Gi, dove gi è il numero di localizzazioni di un individuo che ricadono all’interno dell’area di cattura, mentre Gi rappresenta il numero complessivo di localizzazioni di tale individuo. Il valore di probabilità medio (pm), dato dalla media dei valori delle pi degli individui monitorati, viene utilizzato per correggere il valore della consistenza della popolazione (N), stimato con i diversi metodi CMR descritti precedentemente. Si ottiene così una stima della densità di popolazione data dalla formula D = Npm/A. Risultati raggiunti I tre differenti metodi utilizzati hanno portato a risultati simili (Tabella 6); in base alle caratteristiche del presente studio si suggerisce di adottare, come metodo più idoneo, il metodo Schnabel, che permette di ottenere stime di consistenza anche nel caso di popolazioni piccole e di studi nei quali il numero delle sessioni di cattura sia superiore a due, come in questo caso. Si consiglia comunque, nel caso in cui lo studio preveda anche la disponibilità di dati derivanti da radiotracking, di applicare il correttore sopra 39 descritto, che permette di minimizzare l’errore legato alla dimensione della griglia di trappole ed alla sua capacità attrattiva nei confronti degli animali. Il confronto effettuato tra i valori di densità stimata nei tre anni di studio non ha evidenziato alcuna differenza significativa, ad indicare una sostanziale stabilità della popolazione indagata nel corso dei tre anni di Progetto. Tabella 6 - Valori di densità di lepre bianca (ind/km2), calcolati a Vezzola nei tre anni di Progetto con i diversi metodi statistici Anno LincolnPetersen Schnabel Burnham -Overton LincolnPetersen (corretto RT) Schnabel (corretto RT) BurnhamOverton (corretto RT) 2006 2.47 2.82 - 2.43 2.78 - 2007 2.47 2.16 1.41 2.35 2.06 1.34 2008 4.12 4.12 - 3.67 3.67 I valori così calcolati vanno a colmare una lacuna conoscitiva per quanto riguarda le informazioni pregresse relative alla densità di questa specie. Il valore di densità ottenuto per l’area di Vezzola, pari a circa 3 lepri/km2, risulta inferiore a quello ottenuto nell’area di S.Giacomo, pari a circa 10 lepri/km2, area nella quale si rileva il valore massimo per la specie in Provincia di Sondrio. Altre stime di densità erano state in precedenza effettuate da Scherini e Tosi (1995) che riportavano, per la Provincia di Sondrio, valori medi di 0.3-0.4 lepri/km2; pochi altri lavori sono disponibili in letteratura, e per la maggior parte fanno riferimento al numero di individui totali in Regione Lombardia (750-1200 lepri; Prigioni et al., 2001). Il risultato ottenuto riveste quindi notevole importanza, soprattutto dal momento che è stato ottenuto utilizzando metodi robusti (CMR) e che fornisce la possibilità di essere rapportato ad indici di presenza indiretta, permettendo così di effettuare stime di densità (seppur con un certo grado di errore) in altre aree di indagine (come meglio esplicitato in seguito, nella presente relazione). Analisi della sopravvivenza Un altro parametro di notevole importanza nella comprensione delle dinamiche delle popolazioni è la sopravvivenza; disponendo di individui provvisti di radiocollare in entrambe le aree di studio è stata avviata una procedura di analisi di questo parametro, mediante la stima della curva di sopravvivenza, utilizzando il metodo Kaplan-Meier (Kaplan & Meier, 1958); è stata inoltre indagata l’esistenza di eventuali differenze tra sessi diversi. 40 L’analisi della curva di sopravvivenza ha permesso di verificare la probabilità di sopravvivenza delle lepri a partire dal giorno della cattura (Figura 20), ed ha mostrato come non esista alcuna differenza significativa nelle probabilità di sopravvivenza tra maschi e femmine (Likelihood ratio test=0.15 con 1 df, p=0.699 n=31). Figura 20 - Curva di sopravvivenza calcolata in base alla sopravvivenza degli individui provvisti di radiocollare nelle due aree di studio I risultati mostrano come la probabilità di sopravvivenza non subisca variazioni di rilievo fino al raggiungimento, dopo 30 mesi, di una probabilità di sopravvivenza di circa 0.5; il limite temporale dei due anni e mezzo è dovuto al fatto che non è stato possibile monitorare uno stesso individuo per un tempo superiore; coincide infatti con il valore massimo di durata dei radiocollari utilizzati. Altri studi sono stati effettuati sulla sopravvivenza della lepre bianca (Windberg & Keith, 1976; Hodges, 1999), soprattutto inerenti la specie presente in Nord America (Lepus americanus), nota come “snowshoe hare”. Anche in questi studi non si evidenzia nessuna differenza nella sopravvivenza tra sessi, in accordo con quanto riscontrato nel presente Progetto; i valori di sopravvivenza riportati sono invece inferiori, corrispondenti cioè ad un anno o anche a periodi di pochi mesi. Il motivo di tale differenza è probabilmente da ricercare nel valore di densità delle popolazioni considerate: in condizioni di elevate densità, come quelle che caratterizzano le popolazioni di snowshoe hare indagate (fino a 10 lepri/ha), la sopravvivenza delle lepri è decisamente inferiore rispetto a quanto si verifica nelle nostre aree di studio, caratterizzate da valori di densità notevolmente più basse. 41 Stima del successo riproduttivo Come già evidenziato in altri ambiti, anche le informazioni relative alla biologia riproduttiva della lepre alpina (Lepus timidus) sono ad oggi disponibili per le sottospecie presenti nelle regioni del Nord Europa, mentre sono quasi completamente assenti per la sottospecie alpina, Lepus timidus varronis. Analogamente, sono stati condotti numerosi studi finalizzati alla determinazione dei parametri riproduttivi in Lepus europaeus, ma nessuno studio ha finora indagato specificamente la situazione della specie in ambito alpino. Il coinvolgimento della lepre comune nell’indagine è stato quindi ritenuto necessario non solo ai fini della conoscenza della biologia riproduttiva della lepre comune in ambiente alpino, ma soprattutto nell’ottica della conservazione della lepre bianca, dal momento che le popolazioni di quest’ultima potrebbero subire un pesante condizionamento a seguito dell’innalzamento delle quote interessate dalla presenza di popolazioni di lepre comune, nonché delle operazioni di ripopolamento talvolta condotte anche in aree alto alpine, con conseguente ampliamento delle aree di simpatria. Studi effettuati in Nord Europa su popolazioni scandinave, ed in Italia su popolazioni trentine, hanno inoltre rilevato l’interfecondità, con conseguente produzione di ibridi fertili, tra lepre alpina e lepre comune (Thulin et al., 2003 e 2006; Pecchioli et al., 2006); le conoscenze relative alla biologia riproduttiva delle due specie devono quindi necessariamente essere integrate con quelle relative agli aspetti genetici di entrambe. E’ noto peraltro come, all’interno del genere Lepus, esistano notevoli variazioni nei parametri riproduttivi (es. dimensione della cucciolata) non solo al variare della latitudine, ma anche dell’altitudine; le strategie riproduttive sono infatti strettamente legate alle condizioni ambientali, come rilevato da Flux nel 1981, e qui mostrato in Figura 21. Il grafico illustra come differenze nella temperatura media annua siano strettamente legate a differenze notevoli nella dimensione media della cucciolata in diverse specie del genere Lepus, testimoniando l’esistenza di specifici adattamenti nella biologia riproduttiva di specie appartenenti allo stesso genere: all’equatore le femmine partoriscono cucciolate di piccole dimensioni durante tutto l’anno, mentre nella zona artica partoriscono una singola cucciolata all’anno, di dimensioni nettamente superiori. La stessa esistenza di una stagionalità riproduttiva, presente in specie quali L. europaeus, L. timidus, L. arcticus e L. americanus, tipicamente legate a climi mediamente rigidi, ed assente in altre specie, quali L. granatensis e L. capensis, tipiche dei climi caldi, è ulteriore conferma dell’avvenuto sviluppo di tali adattamenti. 42 Figura 21 - Dimensione media della cucciolata in diverse specie del genere Lepus, al variare della temperatura media annua L’approfondimento degli aspetti relativi alla biologia riproduttiva di entrambe le specie (Lepus timidus varronis e Lepus europaeus) è quindi di notevole importanza, sotto molteplici aspetti: - Conoscenza approfondita dei parametri riproduttivi di Lepus timidus varronis, oggetto del presente studio, per la quale le informazioni sono ad oggi scarsissime; - Verifica dell’esistenza di differenti strategie riproduttive della lepre comune in ambiente alpino rispetto a quanto rilevato in ambienti planiziali o collinari, a conferma della presenza di specifici adattamenti; - Valutazione dell’esistenza di variazioni dei parametri riproduttivi nel tempo, legate alle modificazioni climatiche, in particolar modo a carico della lepre bianca; - Valutazione delle caratteristiche relative alla biologia riproduttiva negli individui ibridi, frutto dell’incrocio tra lepre bianca e lepre comune; - Definizione di strategie gestionali basate sulla conoscenza specifica del tasso riproduttivo della specie oggetto di prelievo e sul successo riproduttivo dell’anno precedente. L’approfondimento degli aspetti relativi alla biologia riproduttiva di entrambe le specie (Lepus timidus varronis e Lepus europaeus) risulta quindi di notevole importanza, sotto molteplici aspetti. L’indagine sulla biologia riproduttiva di lepre bianca (Lepus timidus varronis) e, secondariamente, di lepre comune, è stata effettuata applicando un metodo di indagine 43 indiretto, basato sul conteggio delle cicatrici uterine. La tecnica di analisi si basa sulla possibilità di rilevare la presenza di cicatrici sulla parete uterina, dovute al distacco delle singole placente e riconducibili all’ultima stagione riproduttiva. Per l’applicazione del metodo sono stati utilizzati i campioni (uteri) provenienti dai capi abbattuti nell’ambito dell’attività venatoria negli anni 2005, 2006 e 2007, e pervenuti ai centri di controllo istituiti presso ogni Comprensorio Alpino, grazie al coordinamento della Provincia di Sondrio. L’analisi dei campioni, effettuata in collaborazione con il Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, ha permesso di valutare il successo riproduttivo della specie in termini di numero di piccoli prodotti per parto, numero di parti, numero di piccoli prodotti all’anno e distribuzione temporale delle nascite. I parametri riproduttivi rilevati sono stati messi in relazione con i dati relativi all’abbattimento, rilevati al centro di controllo (quota, peso ed età, stimata in base al peso secco del cristallino) e sono stati confrontati con i valori riportati in letteratura per le due specie. Grazie alla collaborazione dei tecnici addetti ai centri di controllo, dei cacciatori afferenti ai cinque Comprensori Alpini coinvolti (Figura 22) ed al coordinamento della Provincia di Sondrio, negli anni 2005 - 2006 – 2007, è stato possibile raccogliere un campione complessivo di 111 uteri, dei quali 42 di lepre bianca e 74 di lepre comune. Figura 22 - I cinque CAC coinvolti nella raccolta dei campioni di lepre bianca e lepre comune Informazioni anatomiche Nelle lepri l’utero viene definito bipartito, costituito cioè da due corni ben distinti (Figura 23). Gli impianti della placenta sono tutti situati sulla medesima faccia dei corni uterini, e costituiscono associazioni molto intime con la mucosa uterina (endometrio); la placenta, proprio per questa stretta associazione tra i tessuti materni e quelli fetali, 44 viene definita emocoriale. Tale associazione comporta che, nel momento del parto, l’espulsione dei ogni placenta coinvolga anche una parte dell’endometrio, che si strappa e provoca una locale emorragia. La successiva fase di guarigione dell’endometrio comporta l’instaurarsi di un processo di cicatrizzazione relativamente complesso, nel quale interviene un gran numero di leucociti macrofagi, ricchi di emosiderina. Al termine di ogni stagione riproduttiva, e prima dell’inizio della successiva (periodo di anestro), le cellule dell’endometrio si rigenerano completamente, e questo processo cancella tutte le cicatrici derivanti dai parti dell’anno passato. Sull’endometrio di una lepre abbattuta prima di dicembre (nel periodo venatorio) sono pertanto osservabili le cicatrici corrispondenti esclusivamente all’ultima stagione riproduttiva. Figura 23 - Ovaie e utero bicorne di lepre bianca (foto A. Bianchi) Metodi utilizzati Prelievo dei campioni I campioni sono stati raccolti prelevando gli uteri dei capi di lepre bianca e lepre comune, di sesso femminile, abbattuti nel corso delle stagioni venatorie 2005, 2006 e 2007. A tale scopo, prima dell’apertura di ogni stagione venatoria, è stato organizzato, in collaborazione con la Provincia di Sondrio, un incontro con i tecnici addetti ai centri di controllo dei cinque CAC della provincia, in cui sono state illustrate le corrette modalità di prelievo e conservazione dei campioni, secondo quanto previsto dall’apposito protocollo predisposto (tratto da Bray et al., 2003) e di seguito riportato: Protocollo di prelievo degli uteri di lepre bianca e comune PRELIEVO - da effettuare in autunno, 4-12 ore dopo la morte del soggetto - Incisione del ventre; 45 - Rimozione dell’intero apparato digerente (intestino, stomaco, fegato); - Prelievo di ovaie e utero bicorne (Figura 24); - Inserimento dell’apparato riproduttore in un boccetto, con apposita etichetta; - Ricopertura con acqua; - Chiusura e congelamento immediato del boccetto. MATERIALE - Barattoli di plastica – vetro; - Bisturi mono-uso; - Acqua; - Etichette; - Scheda di accompagnamento. CONSERVAZIONE In freezer; non scongelare fino al momento dell’analisi. Figura 24 - Prelievo di ovaie e utero bicorne di lepre bianca (foto A. Bianchi) Metodi di indagine I campioni congelati, conferiti dai tecnici dei centri di controllo, sono stati quindi analizzati, grazie alla collaborazione del Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano, sulla base dell’apposito protocollo appositamente predisposto (tratto da Bray et al., 2003) e di seguito riportato. Protocollo di analisi degli uteri di lepre bianca e comune Analisi: - Scongelamento dei campioni sotto acqua corrente fredda; - Rimozione di ovaie, ovidutti, mesometrio, tessuti connettivi; 46 - Taglio longitudinale dei corni uterini con una sonda scanalata (fluted probe) e forbici da dissezione in posizione opposta al mesometrio, al fine di evitare danneggiamenti alle cicatrici placentali; il taglio opposto alla zona di attacco del mesometrio fa sì che i crateri siano posizionati al centro del corno; - Colorazione dei tessuti (colorazione di Salewsky, 1964): - immersione degli uteri per 10 minuti in una soluzione fresca al 10% di solfuro d’ammonio (H8N2S) e risciacquo a fondo in acqua corrente; - immersione degli uteri per 10 minuti in una soluzione composta in parti uguali da acido cloridrico 1% e da una soluzione al 20% di potassio esacianoferrato (K4[Fe(CN)6]3H2O). Ne risulta che i macrofagi, contenenti emosiderina, assumono una colorazione blu-nera. Le soluzioni usate sono corrosive, è dunque essenziale risciacquare bene gli uteri dopo il secondo bagno e mantenerli umidi. - Analisi delle cicatrici (entro le 2 ore successive alla colorazione per evitare modificazioni delle loro caratteristiche). Successivamente alla preparazione sopra descritta, ogni corno uterino deve essere esaminato utilizzando un binoculare stereoscopico 7–30X; ad un primo sguardo la cicatrice appare come un cratere che rompe la linea longitudinale del corno uterino, sul lato del mesometrio; si può identificare anche come una banda bianca tra due bande nere attraverso l’utero. La colorazione bianca del cratere e nera dei macrofagi fornisce un netto contrasto con il giallo-marroncino traslucido dell’apparato uterino. Si procede al conteggio delle cicatrici presenti su ogni corno uterino, quindi le si raggruppa in base a differenze minime, per determinare il numero e la dimensione delle cucciolate (dei parti). Man mano che invecchiano, infatti, l’aspetto delle cicatrici cambia: la dimensione e il rilievo dei crateri diminuiscono; i macrofagi si allontanano progressivamente dai crateri e migrano verso l’interno del tessuto, determinando quindi una riduzione della larghezza e del contrasto delle due bande laterali; le depressioni antimesometriali si riducono e si schiariscono. In sostanza le cicatrici, dapprima molto scure, diminuiscono progressivamente in dimensione e intensità di colore. Questa evoluzione graduale del loro aspetto nel tempo permette quindi di classificare l’insieme delle cicatrici contate in uno stesso utero in base al loro grado di somiglianza, poi di raggrupparle in sottoinsiemi corrispondenti a cicatrici della stessa età e dunque a diversi parti. Inoltre dal numero di embrioni impiantati è possibile determinare la dimensione ed il numero dei parti corrispondenti. Per classificare ogni cicatrice ci si basa su sette differenti variabili: dimensione della lesione (cratere), profondità del cratere, colore del cratere, colorazione dei bordi, 47 abbondanza dei macrofagi, colorazione dei macrofagi, colorazione della depressione antimesometriale. Ogni singola cicatrice, in base a queste caratteristiche, viene classificata in sei categorie d’età, sulla base della lunghezza media della gestazione: 42 giorni per la lepre comune e 50 giorni per la lepre bianca. Risultati raggiunti Per quanto concerne i parametri legati alla biologia riproduttiva della lepre bianca (Lepus timidus varronis) le dimensioni medie della cucciolata sono risultate pari a (media ± SD) 2.48 ± 1.23 piccoli/parto; il numero medio di parti all’anno è risultato pari a 2.71 ± 0.75 parti/anno/femmina adulta; la produttività, intesa come numero medio di piccoli prodotti in un anno da una femmina adulta, è risultata pari a 6.68 ± 1.47 piccoli; i valori relativi ai parametri rilevati sono in linea con quanto riportato in letteratura (Hoglund, 1957; Naumov, 1960; Hewson, 1970; Angerbjorn & Flux, 1995; Hacklander, 2007). Per quanto riguarda i parametri legati alla biologia riproduttiva della lepre comune (Lepus europaeus) in ambiente alpino, le dimensioni medie della cucciolata sono risultate pari a 2.85 ± 1.61 piccoli/parto; il numero medio di parti all’anno è risultato pari a 1.83 ± 1.30 parti/anno/femmina adulta; la produttività, intesa come numero medio di piccoli prodotti in un anno da una femmina adulta, è risultato pari a 7.43 ± 2.58 piccoli. I valori relativi ai parametri rilevati si discostano notevolmente dai valori riportati in letteratura per la specie in ambiente planiziale (Flux, 1967; Pielowski, 1976; Bray et al., 2003; Trocchi & Riga, 2005), mentre si avvicinano ai valori relativi alla biologia riproduttiva della lepre comune in Patagonia (Amaya et al., 1979). Il numero di gravidanze in particolare, indicato pari a 3-4 per le popolazioni dell’Europa centrale (Pielowski, 1976) e pari a 4.59 per le popolazioni della Nuova Zelanda (Flux, 1967), si riduce a soli 1.77 parti all’anno nei territori estremi della Patagonia (Amaya et al., 1979). I parametri riproduttivi rilevati per entrambe le specie sono stati messi in relazione con i dati relativi all’abbattimento, rilevati al centro di controllo (quota, peso ed età, stimata in base al peso secco del cristallino); in particolare, mediante l’utilizzo del software R, sono state effettuate analisi di regressione per verificare l’influenza: - della quota; - dell’età della madre; - del peso della madre. 48 Secondo quanto emerso in uno studio presentato da Hackländer (2007), infatti, i fenomeni legati ad adattamenti nella biologia riproduttiva della lepre bianca non sarebbero solo frutto di un effetto della latitudine (Flux, 1981), ma anche dell’altitudine; secondo questo studio, all’aumentare della quota, si assisterebbe ad un incremento nella dimensione della cucciolata, e parallelamente ad una diminuzione del numero di parti. L’analisi effettuata sulla variazione della dimensione della cucciolata nel presente studio, pur non evidenziando significatività statistiche, mostra per entrambe le specie un andamento analogo a quello descritto da Hackländer (Figura 25), suggerendo di incrementare il campione per rendere più significativo il risultato. Figura 25 - Effetto della quota sulla dimensione della cucciolata in L. europaeus e L. timidus La valutazione dell’effetto dell’età della madre sui parametri riproduttivi è legata a quanto evidenziato in precedenti studi per entrambe le specie (Bray, 1998; Flux, 1970), nei quali risulta che sia la dimensione della cucciolata, sia il numero di parti, nelle lepri adulte raggiungono valori maggiori rispetto alle giovani. Nel caso del nostro studio, con i dati ad oggi a disposizione, non emergono variazioni significative nei parametri indagati all’aumentare dell’età della madre, ma soltanto tendenze in linea con quanto atteso, suggerendo anche in questo caso di incrementare il campione, per rendere il risultato eventualmente significativo. La valutazione dell’effetto del peso della madre sui parametri riproduttivi è legata anche in questo caso a quanto evidenziato in precedenti studi per la lepre bianca (Flux, 1970; Pehrson et al., 1984; Iason, 1990), nei quali risulta che sia il valore relativo alla dimensione della cucciolata, sia quello relativo al numero di parti, aumentano 49 all’aumentare del peso della madre. Nel caso del nostro studio, per quanto riguarda sia la dimensione della cucciolata, sia il numero dei parti, emergono solamente tendenze in linea con quanto atteso; per quanto concerne invece la produttività, intesa come numero medio di piccoli prodotti in un anno da una femmina adulta, l’influenza del peso della madre (Figura 26) risulta nel caso della lepre bianca statisticamente significativa (t=2.8; p=0.007). Figura 26 - Effetto del peso della madre sulla produttività (numero di piccoli prodotti in un anno da una femmina adulta) in L. europaeus e L. timidus Dal momento che, grazie al prelievo del cristallino delle femmine esaminate, è stato possibile disporre del valore preciso dell’età, e dal momento che il metodo di analisi delle cicatrici uterine permette di attribuire un’età in giorni anche ad ogni singola cicatrice, si è potuta indagare la distribuzione delle nascite delle due specie in ambiente alpino. Nel caso della lepre bianca, il maggior numero di parti, e conseguentemente anche il maggior numero di piccoli partoriti, si concentra nel mese di giugno, calando poi bruscamente nei mesi di luglio e agosto, per azzerarsi a settembre (Figura 27). 50 Figura 27 - Distribuzione delle nascite nella lepre comune e nella lepre bianca. Quanto emerso ben si allinea con quanto presente in letteratura per altre aree geografiche (Flux, 1970; Trocchi & Riga, 2005), laddove si riportano per la specie i massimi valori relativi alle nascite tra aprile e giugno. Nel caso della lepre comune, il maggior numero di parti, e conseguentemente anche il maggior numero di piccoli partoriti, si concentra nel mese di giugno, ma anche nel mese di aprile, evidenziando due picchi (Figura 27). Dopo giugno si assiste, anche in questo caso, ad un nettissimo calo nei mesi di luglio e agosto, per azzerarsi, anche in questo caso, a settembre. Quanto emerso di nuovo ben si allinea con quanto presente in letteratura per altre aree geografiche (Trocchi & Riga, 2005), in cui sono riportati per la specie i massimi valori relativi alle nascite tra aprile e giugno, e le prime nascite già alla fine di gennaio. L’indagine ha portato a risultati interessanti sul successo riproduttivo della specie sia sotto il profilo scientifico, sia gestionale; la significatività degli stessi è ancora però limitata dallo scarso numero di campioni raccolti. Si ritiene di fondamentale importanza proseguire quindi in futuro nella linea di ricerca avviata, incentivando la collaborazione di tutti i Comprensori Alpini. 51 2. Incremento delle conoscenze sullo status delle popolazioni 2.1. Definizione dello status della specie sul territorio provinciale con elaborazione di modelli distributivi Lo status della lepre bianca sul territorio provinciale è stato definito partendo innanzitutto dalla ricostruzione del quadro distributivo : a questo fine sono state raccolte le informazioni relative agli avvistamenti diretti o indiretti della specie (dati secondari), ed è stato così possibile definire l’area di presenza della specie in provincia di Sondrio. Metodi utilizzati La distribuzione della specie sul territorio provinciale è stata ad oggi indagata mediante la raccolta dei dati secondari sopra citati, grazie alla collaborazione degli Agenti del Corpo di Polizia Provinciale, che hanno messo a disposizione le loro conoscenze relative ad avvistamenti diretti o a segni di presenza, permettendo la costruzione di un quadro distributivo di presenza della specie e la successiva elaborazione di un modello distributivo. Risultati raggiunti Il coinvolgimento degli Agenti del Corpo di Polizia Provinciale, nonché di operatori impegnati sul territorio a titolo diverso, ha permesso di raccogliere complessivamente 321 segnalazioni relative alla specie, che sono state georeferenziate su Sistema Informativo Territoriale. Rispetto al totale, 105 segnalazioni (32.7%) sono relative ad avvistamenti diretti di individui, mentre 216 (67.3%) sono relative al rilevamento di tracce riconducibili alla specie. L’elaborazione dei dati raccolti, utilizzati come segni di presenza certa della specie, integrati con altri dati di presenza certa relativi alle regioni Piemonte e Valle d’Aosta, ha permesso la realizzazione di un modello distributivo di presenza - assenza della specie sull’arco alpino italiano, che costituisce un utile strumento conoscitivo e gestionale (Petrussa, 2006). L’analisi è stata effettuata utilizzando il modello statistico GLM (Modello Lineare Generalizzato), applicando in particolare una regressione logistica ai dati di presenzaassenza della specie (dove i dati di assenza sono stati generati in maniera casuale utilizzando il programma Random Point Generator 1.3 per ArcView), e classificando il risultato ottenuto in termini di presenza e assenza utilizzando il package PresenceAbsence creato per il software R. Il modello è stato elaborato utilizzando 52 variabili ambientali relative all’uso del suolo ed alla copertura vegetazionale, unitamente a dati topografici derivati dal modello digitale del terreno (DEM), nonché ad alcune variabili climatiche. La tecnica statistica utilizzata mette in relazione l’incidenza della specie con le variabili ambientali relative all’area considerata (Osborne et al., 2001; Rushton et al., 2004; Johnson et al., 2004); ne risulta che questo approccio modellistico richiede la creazione di due insiemi di dati: il primo relativo alle segnalazioni di presenza della specie, il secondo relativo alle variabili ambientali indipendenti che si ritiene possano influire nella determinazione delle aree adatte alla presenza della specie. Di quattro diversi modelli prodotti, il modello II (Figura 28) è risultato il più verosimigliante, sulla base di quanto emerso mediante sia l’applicazione dell’analisi della curva ROC (Receiver Operating Characteristic), indice delle capacità predittive, e del criterio di informazione di Akaike (AIC, Akaike Information Criterion) (Rushton et al., 2004), indice del criterio di parsimonia nel numero di variabili implicate (Brotons et al., 2004). Figura 28 - Modello distributivo di presenza-assenza della lepre bianca sull’arco alpino italiano A causa della scarsità delle conoscenze pregresse inerenti la distribuzione della specie, sarebbe auspicabile integrare i dati raccolti con quelli derivanti dalla georeferenziazione degli abbattimenti di lepre bianca realizzati sull’intero territorio provinciale, per ottenere un quadro sempre più completo della presenza della specie, e permettere la costruzione di modelli sempre più robusti e affidabili. Un ulteriore elemento di estrema rilevanza per la definizione dello status della specie riguarda la conoscenza degli aspetti genetici delle popolazioni, non solo a livello 53 provinciale, ma anche regionale e transalpino, per poter valutare eventuali fenomeni di frammentazione, monitorare il fenomeno di ibridazione con la lepre comune e fornire indicazioni utili per la gestione e la conservazione di questa specie. Si è ritenuto quindi utile iniziare ad indagare questo aspetto all’interno del Progetto, raccogliendo campioni di tessuto degli individui di lepre bianca catturati per poterne effettuare l’analisi del DNA, attualmente in corso, in collaborazione con il Centro di Ecologia Alpina (CEA). Parallelamente, grazie al coordinamento della Provincia di Sondrio ed alla collaborazione dei Comprensori Alpini di Caccia, sono stati raccolti campioni di tessuto anche degli individui di lepre bianca (e lepre comune) abbattuti nell’ambito dell’attività venatoria negli anni 2005, 2006 e 2007. 54 3. Definizione di idonee strategie di conservazione e gestione 3.1. Definizione di idonee tecniche speditive e standardizzate per il monitoraggio della specie sul territorio provinciale Metodi utilizzati Allo scopo di mettere a punto tecniche speditive che permettano di monitorare la specie sull’intero territorio provinciale, nel corso del Progetto è stato avviato un protocollo di monitoraggio mediante esecuzione di transetti volti a rilevare i segni indiretti di presenza della specie, con conseguente calcolo, per ogni area indagata, di indici chilometrici di abbondanza (IKA). I transetti sono stati svolti grazie alla collaborazione degli Agenti del Corpo di Polizia Provinciale, sia in fase di definizione dei percorsi, sia nelle fasi operative. Sulla base delle caratteristiche ecologiche e comportamentali della specie, della sua difficile contattabilità e della necessità di sviluppare un protocollo la cui realizzazione, anche in una successiva fase applicativa, fosse il più semplice possibile, è stato scelto di effettuare i rilevamenti in periodo invernale, dal momento che, grazie alla presenza di neve al suolo, risulta più immediato il reperimento dei segni di presenza della specie. Sono state dunque identificate 11 aree di indagine, anche sulla base del lavoro svolto nel 2004 nell’ambito del Programma per la conoscenza e la conservazione dell’aquila reale, della lepre bianca e dello stambecco nel Parco delle Orobie bergamasche e nelle Alpi lombarde (Carlini et al., 2004), nelle quali sono stati percorsi i transetti di rilevamento (Tabella 7). Tabella 7 - Transetti percorsi e indici registrati DATA 12/03/2008 29/04/2004 13/03/2008 30/04/2004 14/05/2004 09/05/2004 30/03/2007 30/03/2008 03/05/2004 29/03/2007 29/03/2008 27/05/2004 18/04/2007 19/01/2008 18/01/2008 26/05/2004 LOCALITA' Corno D'Aola Monte Calvo Monte Calvo Monte Pianaccio Valle di Grom Bivacco Leguj Bivacco Leguj Bivacco Leguj Monte Baitridana Monte Baitridana Monte Baitridana Bassa Val Morta Bassa Val Morta Cascate del Serio Cime Alte Lago Barbellino AREA Adamello Adamello Adamello Adamello Adamello Albaredo Albaredo Albaredo Albaredo Albaredo Albaredo Alta Val Seriana Alta Val Seriana Alta Val Seriana Alta Val Seriana Alta Val Seriana IKA_TRANS 8.67 2.81 3.24 17.07 2.17 5.70 3.23 16.00 4.04 0.78 4.61 13.38 2.19 9.32 11.21 4.83 55 IKA_AREA 5.96 5.40 5.96 5.40 5.40 4.90 2.00 10.31 4.90 2.00 10.31 9.20 13.78 10.26 10.26 9.20 LUNGHEZZA (m) 1614.27 4622.43 4938.66 1581.42 4139.19 5264.70 2786.79 2437.48 5203.04 2578.82 4338.26 4034.76 2743.05 2038.87 1159.62 5386.54 19/04/2007 15/04/2004 21/02/2008 14/04/2004 22/02/2008 05/10/2005 09/02/2005 29/04/2005 07/02/2007 09/01/2008 10/01/2008 24/01/2008 06/02/2008 13/02/2008 15/02/2008 14/02/2008 15/05/2004 12/06/2008 16/05/2004 13/06/2008 20/10/2005 12/12/2006 02/02/2007 27/02/2007 29/01/2008 30/01/2008 05/02/2008 15/02/2008 27/02/2008 06/03/2008 31/03/2004 17/05/2004 08/12/2004 04/04/2007 25/01/2008 18/06/2004 07/12/2004 03/04/2007 24/01/2008 19/06/2004 14/03/2008 14/03/2008 25/03/2005 23/05/2008 22/05/2008 Lago Barbellino Malga Palabiona Malga Palabiona Val di Campo Val di Campo Baite Vezzola Semogo Val Vezzola Val Vezzola Val Vezzola Val Vezzola Val Vezzola Val Vezzola Val Vezzola Alpe Giumellini Entova Sobretta Sobretta Valle di Cedec Valle di Cedec Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Cancano Mugheta Lago delle Scale S. Giacomo di Fraele Alpe di Frondaglio Alpe di Frondaglio Alpe di Frondaglio Alpe Groppera Lago azzurro Lago Azzurro Lago Azzurro Pian Dei Cavalli Alpe Rosello Dosso del Giustadur Val Grigna Baroncia Valterzana Alta Val Seriana Belviso Belviso Belviso Belviso Bormio Bormio Bormio Bormio Bormio Bormio Bormio Bormio Bormio Chiesa Valmalenco Chiesa Valmalenco Gavia-Sobretta Gavia-Sobretta Gavia-Sobretta Gavia-Sobretta Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Laghi di Cancano Val Chiavenna Val Chiavenna Val Chiavenna Val Chiavenna Val Chiavenna Val Chiavenna Val Chiavenna Val Chiavenna Val Grigna Val Grigna Val Grigna Valmasino Valmasino 25.38 1.72 14.49 4.46 22.97 26.11 29.65 26.51 21.85 10.07 24.04 10.96 2.14 16.91 18.36 22.74 1.77 5.72 8.41 6.37 42.80 31.58 35.04 85.54 27.47 67.64 8.54 50.56 60.43 22.58 55.01 20.00 5.52 11.88 3.74 1.06 17.59 8.45 12.94 0.88 3.86 12.71 6.14 12.77 13.03 13.78 3.10 18.73 3.10 18.73 27.42 27.42 27.42 21.85 12.82 12.82 12.82 12.82 12.82 20.55 20.55 5.10 6.04 5.10 6.04 42.80 31.58 60.29 60.29 39.54 39.54 39.54 39.54 39.54 39.54 37.50 37.50 11.56 0.00 8.34 0.90 11.56 0.00 8.34 0.90 8.29 8.29 6.14 12.90 12.90 1930.56 8704.76 4210.35 5386.17 4049.31 1876.99 3305.70 3130.47 1006.72 1092.33 707.12 1186.52 1399.95 1123.93 2940.97 3342.18 6781.44 6117.38 6655.07 6912.78 1588.63 1389.59 941.72 397.49 2147.53 1212.35 585.76 1562.43 926.70 2036.80 818.07 4549.23 6154.93 3366.18 6414.01 7547.88 2785.60 3788.54 3013.66 6824.46 5440.86 3225.71 7660.67 2662.27 3607.09 La verifica dell’esistenza di differenze tra gli indici rilevati in aree diverse è stata effettuata tramite analisi della varianza e successivo test post-hoc. Per verificare se vi fossero differenze nel corso degli anni di monitoraggio è stato necessario utilizzare un sottocampione costituito dai dati relativi al 2004 e al 2008, anni in cui sono stati effettuati transetti in quasi tutte le aree indagate; questo sottocampione è stato 56 sottoposto ad un’analisi statistica non parametrica (Wilcoxon signed rank test). Infine, per verificare la relazione tra IKA e valori di densità, stimate con i metodi CMR nelle aree di cattura, è stata utilizzata una regressione lineare. Tutte le analisi sono state svolte con il software R (R Development Core Team, 2007). Risultati raggiunti Tra il 2004 e il 2008 nelle stagioni invernale e primaverile sono stati effettuati 61 transetti in 11 aree diverse. Sono stati registrati e georeferenziati 2498 segni di presenza di lepre bianca e, a partire dal 2008, anche di volpe (Vulpes vulpes), suo principale predatore. Per ogni transetto è stato calcolato l’IKA; mediante analisi della varianza è stato verificato che il fattore AREA è marginalmente significativo (F10,18=2.054; p=0.08) e, mediante l’applicazione del test di Tukey, è emerso che la marginale significatività è dovuta all’area di S.Giacomo, che presenta valori di IKA significativamente superiori a quasi tutte le altre aree indagate, fino ad un massimo di 60 segni/km percorso. Non si registrano invece differenze tra le altre aree, dove ritroviamo valori di IKA che vanno dai 2 segni/km percorso della Valle Albaredo fino ad un massimo di 27 per la Val Vezzola. L’analisi condotta sugli anni 2004 e 2008 ha evidenziato come non vi siano differenze significative tra questi anni (p=0.15); ne consegue che anche sull’intero territorio provinciale, e non soltanto nelle due aree in cui sono state effettuate le catture, la presenza della lepre è sembrata rimanere stabile nel corso dei tre anni di Progetto (Figura 29). 57 Figura 29 – Confronto tra gli indici chilometrici di abbondanza rilevati mediante transetti su neve nel 2004 e nel 2008, nelle 11 aree indagate (AD=Adamello; BE=Belviso; BO=Bormio; CA=Cancano; CH=Chiavenna; CV=Chiesa Valmalenco; GA=Albaredo; GS= Gavia Sobretta; MA=Valmasino; SE=Alta Val Seriana; VG=Val Grigna) Lo svolgimento ripetuto dei transetti su neve, utilizzando le medesime metodologie previste dal protocollo, anche nelle aree interessate dalle catture su griglia di lepre bianca (Vezzola e S.Giacomo), e le relative stime di densità di popolazione, hanno permesso, mediante un’analisi di regressione, di ottenere un coefficiente che, moltiplicato per il valore di IKA rilevato in un’area, permette di stimare la densità della popolazione di lepre bianca presente nell’area indagata; tale coefficiente è pari a 0.18. Questo valore ha il difetto di essere però ricavato da un numero di ripetizioni ancora relativamente ridotto (15 transetti totali percorsi nelle aree di cattura), e anche i valori di densità stimati in ogni anno sono ancora soltanto 3 per ognuna delle due aree; per ottenere un fattore di conversione più preciso e robusto è perciò necessario aumentare ulteriormente il campione. Considerazioni L’obiettivo finale di quest’area di indagine è la definizione e la contestuale validazione di un protocollo speditivo che permetta di valutare la distribuzione della specie sul territorio, la selezione dell’habitat e il trend delle popolazioni nel corso degli anni, nonché di restituire, per ogni area indagata, una stima della densità della specie, anche 58 al fine di fornire indicazioni gestionali più mirate e precise. Al termine dei tre anni di Progetto si ritiene opportuno, al fine di raggiungere pienamente l’obiettivo prefissato, apportare alcune modifiche al protocollo di monitoraggio: si ritiene auspicabile continuare ad effettuare transetti nella stagione invernale, ma effettuarne uno per area anche nella stagione estivo-autunnale; complessivamente si suggerisce quindi di individuare due transetti per ogni Comprensorio Alpino di Caccia, a partire da quelli già percorsi nel corso del Progetto, i quali dovranno essere percorsi due volte all’anno. Il mantenimento del transetto invernale, infatti, è importante in quanto la presenza del manto nevoso rende più facile l’individuazione dei segni di presenza, sia di lepre bianca, sia di volpe; inoltre, su neve, risulta più facile reperire fatte recenti, utili per effettuare le analisi genetiche. I transetti effettuati in periodo estivo-autunnale, in assenza di neve, permetterebbero invece, mediante il conteggio e la rimozione delle fatte rilevate, di ottenere valori assoluti di IKA più precisi, che non risentirebbero delle variazioni dovute al fattore meteorologico (es. numero di giorni dall’ultima nevicata). Inoltre, una ripetizione più frequente dei transetti in ogni area, associata all’analisi genetica di campioni fecali prelevati durante lo svolgimento degli stessi, permetterebbe di applicare il metodo di Cattura-Marcaggio-Ricattura anche ai segni di presenza indiretti, e non più solo sui dati ottenuti dalle catture. Ciò ovvierebbe alla necessità di effettuare catture (logisticamente complesse) per ottenere le stime di densità, permettendo al contempo di aumentare il campione e di conseguenza la precisione delle stime di densità a partire dagli indici chilometrici di abbondanza (IKA), metodologia più speditiva e attuabile anche da personale non altamente specializzato. 59 60 4. Divulgazione Il presente Progetto ha reso possibile la realizzazione di numerosi eventi quali serate divulgative, comunicazioni a convegni, tesi di laurea e pubblicazioni scientifiche; il Progetto “Lepre bianca” è stato inoltre protagonista di un servizio televisivo andato in onda all’interno del Telegiornale di Rai2 e di La7 nel mese di Febbraio 2007; le riprese hanno illustrato le finalità del Progetto, le tecniche di cattura e di monitoraggio della lepre bianca in alta Valtellina. Tesi di Laurea • Francesco Bisi. La lepre alpina (Lepus timidus) nelle alpi lombarde: analisi degli home range e selezione dell’habitat. Università degli Studi dell’Insubria. A.A. 20042005. • Andrea Guizzardi. Dinamiche spazio-temporali della lepre alpina (Lepus timidus) in provincia di Sondrio. Università degli Studi di Milano. A.A. 2005-2006. • Pietro Bertoglio. La lepre bianca (Lepus timidus) in ambiente alpino: variazioni stagionali nella selezione dell’habitat e nell’uso dello spazio. Università degli Studi di Milano. A.A. 2005-2006. • Lorenzo Tarenghi. Uso dello spazio e selezione dell’habitat in ambienti alto alpini: il caso della lepre bianca (Lepus timidus) in alta Valtellina. Università degli Studi dell’Insubria. A.A. 2005-2006. • Bruno De Angelis. Indagine sulla valenza trofica delle aree di foraggiamento per la lepre bianca (Lepus timidus) in habitat alpino. Università degli Studi di Milano. A.A. 2006-2007. • Luca Perlasca. Applicazioni metodologiche allo studio delle popolazioni di lepre bianca (Lepus timidus) presenti in Alta Valtellina. Università degli Studi di Milano. A.A. 2006-2007. • Federico Ossi. Dinamiche di utilizzo dello spazio in lepre bianca (Lepus timidus): analisi degli home range e dei ritmi di attività. Università degli Studi di Milano. A.A. 2007-2008. • Cristina Rota. Analisi della selezione dell’habitat della lepre bianca (Lepus timidus) in alta Valtellina. Università degli Studi di Milano. A.A. 2007-2008. Tesi di Dottorato di ricerca • Mosè Nodari. Ecological role of mountain hare (Lepus timidus) in the alpine ecosystems. Tesi di Dottorato, Università degli Studi dell’Insubria. Dicembre 2006. 61 Tesi di Master • Alessia Petrussa. Elaborazione di un modello predittivo della distribuzione della Lepre Alpina (Lepus timidus) sulle Alpi italiane. Università degli Studi di Pavia. A.A. 2005-2006. Poster, Comunicazioni a Convegni e Pubblicazioni scientifiche • Nodari M., Masseroni E., Preatoni D.G., Wauters L.A., Tosi G., Martinoli A. 2005. Live-trapping success of the mountain hare (Lepus timidus) in the southern Italian Alps. Hystrix. 16:143-148. • Nodari M., Masseroni E., Martinoli A., Preatoni D.G., Tosi G. 2005. Il ruolo della lepre alpina (Lepus timidus) come potenziale indicatore ambientale. Poster. Convegno ATIT. Arezzo, novembre 2005. • Nodari M., Masseroni E., Bisi F., Preatoni D.G., Wauters L.A., Martinoli A., Tosi G. Home range size and social organisation of mountain hare (Lepus timidus) in the Italian Alps. Poster. 5th Eupean Congress of Mammalogy. Siena, September 2007. • Grilli G., Del Maffeo E., Bianchi A., Ferrazzi V., Masseroni E., Ferloni M., Nodari M., Bisi F., Preatoni D.G., Martinoli A., Tosi G. Biologia riproduttiva di lepre alpina (Lepus timidus) e lepre comune (Lepus europaeus) in ambiente alpino. Comunicazione. Convegno ATIT Cles, Aprile 2008. • Masseroni E., Bisi F., Nodari M., Preatoni D. G., Wauters L., Martinoli A., Tosi G. Stima di densità di popolazione di Lepre bianca (Lepus timidus) in ambiente alpino con metodi di Cattura Marcatura Ricattura (CMR). Poster. Convegno ATIT Cles, Aprile 2008. • Bisi F., Masseroni E., Nodari M., Molinari A., Preatoni D., Wauters L.A., Martinoli A., Tosi G. Approccio multidisciplinare allo studio di popolazioni di lepre alpina (Lepus timidus) e scoiattolo comune (Sciurus vulgaris) al margine dell’areale. Poster. Convegno ATIT Cles, Aprile 2008. • Tosi G., Masseroni E. Il progetto “Lepre bianca” sulle Alpi lombarde. Comunicazione. 43° Assemblea Nazionale U.N.C.Z.A., Valtournenche (AO), Luglio 2008. 62 5. Proposte di proseguimento del lavoro In relazione all’interesse gestionale che la lepre bianca riscuote all’interno dell’area considerata, dove è oggetto di prelievo venatorio, si ritiene di estrema importanza approfondire ulteriormente i parametri legati alla dinamica di popolazione. Oltre all’impatto esercitato dall’attività venatoria, la specie, così indissolubilmente legata all’ambiente alpino, potrebbe subire l’effetto delle variazioni climatiche in corso; negli ultimi anni si è infatti dimostrato come queste comportino effetti - sovente negativi sugli areali, sull'uso dell'habitat e sul comportamento di numerose specie; tali effetti si manifestano anche sulla struttura delle comunità e sul funzionamento degli ecosistemi (Davis et al., 1998; Stenseth et al., 2002; Walther et al., 2005; Thomas et al., 2006). In particolare, il riscaldamento globale può causare contrazioni dell'area di distribuzione o estinzioni locali in specie stenoecie (Thomas et al., 2006). Popolazioni al margine dell'areale, già maggiormente soggette a pressioni ecologiche e genetiche rispetto alle popolazioni centrali (Holt & Keitt, 2005), risultano particolarmente esposte a tali variazioni (Bridle & Vines, 2007). Tuttavia, se tali effetti negativi sono stati dimostrati, esistono anche numerosi studi che evidenziano come il riscaldamento globale possa avere effetti anche positivi sui tassi di accrescimento, che porterebbero ad innalzamenti delle capacità portanti e quindi a consistenze maggiori (Post & Stenseth, 1999; Saether et al., 2000). Risulta quindi di estremo interesse proseguire nelle linee di indagine già avviate nel triennio di lavoro, finalizzate alla valutazione del trend delle popolazioni di lepre bianca nell’area di studio individuata, ma anche sull’intero territorio provinciale; in particolare meritano di essere portate avanti le seguenti azioni: - Stima di densità delle popolazioni di lepre bianca, basato sul metodo CMR (CatturaMarcaggio-Ricattura), che permette non solo di valutare l’andamento delle popolazioni monitorate, ma anche, a lungo termine, di verificare l’esistenza di cicli di popolazione. - Verifica e validazione del protocollo di monitoraggio della specie sull’intero territorio provinciale mediante esecuzione di transetti volti a rilevare i segni indiretti di presenza della specie, con conseguente calcolo, per ogni area indagata, di indici chilometrici di abbondanza (IKA); il protocollo permetterà di proseguire nell’indagine sulla distribuzione della specie sul territorio, sulla selezione dell’habitat attuata dalla specie nelle diverse aree indagate, sul trend delle popolazioni nel corso degli anni, nonché di restituire, per ogni area indagata, una stima della densità della specie, basata su quanto rilevato nelle aree campione soggette a CMR, anche al fine di 63 fornire indicazioni gestionali più mirate e precise. A questo proposito si suggerisce di apportare al protocollo le modifiche sopra descritte. - Aggiornamento del modello distributivo della specie sul territorio provinciale, mediante integrazione dei dati già raccolti con quelli derivanti dalla georeferenziazione degli abbattimenti. - Approfondimento dei parametri legati alla biologia riproduttiva di lepre bianca e lepre comune mediante l’analisi delle cicatrici uterine delle femmine abbattute sul territorio provinciale. Sulla base di quanto esposto, risulta di estremo interesse dare continuità alle specifiche linee di indagine sopra descritte, in un’ottica di medio - lungo termine; in tal senso va rilevato come il territorio della provincia di Sondrio rappresenti un’area di interesse prioritario per realizzare programmi di ricerca a medio termine sulla lepre bianca, comprendendo una porzione molto significativa dell’areale della specie in Lombardia, ed essendo caratterizzato da popolazioni con parzialmente quantificate). 64 elevata consistenza (ancorché solo 6. Bibliografia AEBISCHER N.J., KENWARD R.E. and ROBERTSON P.A., 1993. Compositional analysis of habitat use from animal radio-tracking data. Ecology, 74 (5): 1313–1325. AKAIKE H., 1974. A new look at the statistical model identification. IEEE Transactions on Automatic Control 19 (6): 716–723. AMAYA J.N., ALSINA M.G., BRANDANI A.A., 1979. Ecologìa de la Liebre europea (Lepus europaeus p.), Parte II. Reproducion y peso corporal de una poblaciòn del àrea de San Carlos de Bariloche. Serie Ecologìa y Control de la Fauna Silvestre INTA E E R A Bariloche 9: 1-36. ANGERBJÖRN A., 1986. Reproduction of Mountain hares (Lepus timidus) in relation to density and physical condition. J. Zool. Lond. (A) 208, 559-568. ANGERBJÖRN A., 1989. Mountain hare populations on islands: effects of predation by red fox. Oecologia 81: 335-340. ANGERBJÖRN A., HJERNQUIST B., 1984. A rapid summer decline in a mountain hare population on an island. Acta theriologica. 6: 63-75. ANGERBJÖRN A., FLUX J., 1995. Lepus timidus. Mammalian species. 495, 1-11. BARBIERI F., 1998. Indagine sulla Lepre variabile (Lepus timidus Linnaeus, 1758) nel Parco Adamello – Brenta – Relazione conclusiva. Dip. di Biologia Animale Università degli studi di Pavia. Albatros s.c.a.r.l. BRAY Y., 1998. Vers une meilleure connaissance des flux démographiques chez le lièvre d’Europe. Tesi di dottorato, Università di Bourgogne. 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