Diagnostica di laboratorio per le malattie epatiche del cavallo

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Diagnostica di laboratorio per le malattie epatiche del cavallo
2014
Diagnostic
Update
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO PER LE MALATTIE
EPATICHE DEL CAVALLO
Il fegato, l’organo metabolico più importante, è compreso fra il tratto digerente e la circolazione sistemica. In esso converge direttamente, per mezzo della circolazione portale, la maggior parte delle sostanze
assorbite dal tratto gastrointestinale. Qui ha luogo la regolazione del metabolismo dei carboidrati, dei
grassi e delle proteine.
Oltre a ciò il fegato è un organo di escrezione (bile, per la digestione dei grassi), di immagazzinamento (glicogeno, vitamine,
elementi traccia), di sintesi (albumina, fibrinogeno, protrombina)
ed è coinvolto nell’immunoregolazione (cellule di Kupffer). Quando più dell’80% del fegato è danneggiato la funzione epatica è
compromessa. Il fegato possiede tuttavia la singolare capacità di
continuare ad esercitare la sua funzione specifica anche mentre
viene riparato e rigenerato.
Eziologia
Le malattie epatiche sono relativamente frequenti nel cavallo,
anche se il loro decorso in genere non è accompagnato da una
sintomatologia clinica definita. Esse insorgono spesso a livello
secondario, vale a dire come conseguenza di altre malattie (infezioni di origine virale, batterica o parassitaria, steatosi epatica),
ma possono anche venir provocate o direttamente da alimenti
contaminati (micotossine) o da piante velenose. Ne consegue
che l’anamnesi del paziente è di grande importanza ai fini della
terapia.
Sintomi clinici
La sintomatologia clinica di una malattia epatica è spesso
aspecifica, quando non del tutto assente. Fra i possibili sintomi
citiamo: apatia, disturbi dell’appetito, perdita di peso, calo delle
prestazioni, opacità del mantello, dermatosi, sintomi neurologici,
ittero, fotosensibilizzazione, dolori addominali e disturbi della
coagulazione. Una sintomatologia tipica delle malattie epatiche
di particolare intensità è data dai disturbi del comportamento
riconducibili ad una mancata disintossicazione dall’ammoniaca
a seguito di un danno al fegato (sindrome epatoencefalica).
Tanto la gravità dei sintomi clinici quanto il decorso di una
malattia epatica possono variare considerevolmente a seconda
della distribuzione, della localizzazione e dell’entità del danno.
In linea di principio bisogna distinguere fra malattie reversibili
(p.es. ingrossamento, degenerazione grassa del fegato) e danni
irreversibili (necrosi): entrambe le patologie possono presentare
una distribuzione focale (ascessi, neoplasie) o zonale (centrolobulare). Un’epatite acuta generalizzata porta alla perdita
funzionale, accompagnata di regola da un ingrossamento del
fegato, mentre una fibrosi cronica generalizzata (di cui la cirrosi
è lo stadio terminale) non mostra sintomi clinici fino a che non ha
danneggiato almeno l’80% del fegato. Questo si presenta allora
diminuito di volume.
Diagnosi delle malattie epatiche
In molti processi patologici si ha un disturbo della permeabilità
della membrana cellulare. In questo modo è possibile che enzimi
attivi principalmente a livello intracellulare penetrino nel plasma,
dove è possibile rilevarli.
Enzimi epatici specifici nel cavallo
La γ-GT è localizzata soprattutto nelle strutture membranose del
sistema dei dotti biliari. Ha un periodo di vita medio di circa 3
giorni. In presenza di epatopatia viene rilasciata precocemente
e in caso di disturbi metabolici cronici del fegato essa è spesso
l’unico parametro ad aumentare. Il suo valore può continuare a
crescere per 1-2 settimane anche dopo la rimozione della causa
scatenante, così come può aumentare durante la convalescenza
in caso di affaticamento del cavallo. Si può pertanto fare riferimento alla γ-GT per tenere sotto controllo il carico di lavoro
dell’animale.
La GLDH (glutammato deidrogenasi) è un enzima legato ai mitocondri delle cellule epatiche. Essa è attiva soprattutto a livello
centrolobulare, vale a dire reagisce in maniera molto sensibile
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in caso di epatopatie secondarie (colestasi, ipossiemia). Un
suo aumento di più di 3 volte del livello normale è sintomo di
epatopatia acuta con necrosi delle cellule epatiche. In caso di
infezioni, febbre o somministrazione di farmaci la sua crescita è
invece più contenuta. La GLDH ha un periodo di vita medio è di
circa 3 giorni.
epatiche, dal momento che i suoi valori possono salire non
solo in presenza di epatopatie, ma anche in caso di emolisi
(babesiosi, anemia infettiva, ittero neonatale), anoressia (ittero
da inanizione) e coliche. Nel cavallo sono stati osservati casi di
iperbilirubinemia persistente in animali altrimenti sani (morbo di
Gilbert-Meulengracht, sindrome di Crigler-Najjar).
Altri enzimi
L’ALP (fosfatasi alcalina) è un enzima legato alla membrana
mitocondriale, presente in numerosi organi (cellule epiteliali dei
dotti biliari, osteoblasti). In presenza di colestasi, ma anche in
seguito a somministrazione di alcuni farmaci il suo valore cresce. Data la maggiore attività del metabolismo osseo in animali
in fase di crescita il valore dell’ALP è fisiologicamente più alto in
animali giovani.
Le proteine plasmatiche vengono sintetizzate, ad eccezione
delle immunoglobuline, soprattutto nel fegato (l’albumina esclusivamente qui). Nella maggior parte delle malattie epatiche gravi
e/o croniche la sintesi di queste proteine è generalmente ridotta.
La loro misurazione permette di valutare l’attività della sintesi
epatica.
La concentrazione di albumina ha un significato diagnostico
limitato, in quanto la riduzione della sua sintesi ha luogo solo in
una fase avanzata della malattia epatica.
Inoltre si può avere una riduzione della concentrazione di
albumina anche in seguito a nefropatie, enteropatie, versamenti
cavitari o carenze alimentari.
In caso di disturbi epatici di grave intensità si può avere una
riduzione della sintesi dei fattori di coagulazione.
L’AST (aspartato aminotransferasi) ossia GOT (transaminasi
glutammico-ossalacetica) è presente, oltre che nei mitocondri e
nel citoplasma delle cellule epatiche, anche nelle cellule muscolari, sicché non può dirsi “specifico del fegato”. Un suo aumento rilevante è stato osservato nel corso di miopatie di particolare
intensità (mioglobinuria paralitica).
Interpretazione della funzione epatica
Gli acidi biliari vengono sintetizzati negli epatociti a partire dal
colesterolo. Nel cavallo essi vengono rilasciati senza interruzione nel duodeno (ca. 3l/100 kg p.c.), dove rendono possibile la
digestione dei lipidi, prima di venire parzialmente riassorbiti nella circolazione enteroepatica. In presenza di malattie epatiche si
verifica un accumulo degli acidi biliari in circolo. La loro determinazione permette quindi di valutare la funzione epatica, ma non
il tipo di malattia epatica in questione.
Analisi ulteriori
Oltre che dai sintomi clinici e dall’interpretazione degli esami di
laboratorio, si possono ottenere informazioni sulla gravità e sulla
prognosi della malattia per mezzo di analisi ecografiche o di
una biopsia epatica. Prima di effettuare una biopsia si consiglia
sempre di controllare i fattori di coagulazione.
L’ammoniaca è una sostanza neurotossica che origina dalla
digestione delle proteine nell’intestino. Attraverso la vena porta
essa perviene al fegato, dove viene convertita in urea, sì da
poter venire espulsa attraverso i reni. In caso di disturbi della
funzione epatica la sintesi dell’urea è compromessa e i valori
dell’ammoniaca nel sangue crescono. Data la sua neurotossicità, esiste il rischio di un danno alle funzioni del sistema nervoso
centrale (sindrome epatoencefalica). A causa dell’instabilità
dell’ammoniaca nel sangue, la determinazione va effettuata su
plasma da sangue EDTA, centrifugato e congelato immediatamente dopo il prelievo.
La bilirubina è un prodotto di scarto, non solubile in acqua,
dell’emoglobina. Essa viene trasportata nel fegato legata all’albumina. Qui viene glucuronidata, per venire quindi secreta in
forma solubile nell’intestino assieme alla bile. Da qui può venire
espulsa con le feci o riassorbita nella circolazione enteroepatica. La bilirubina non è un indicatore specifico per le malattie
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