Affermazione e negazione del tempo in “La
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Affermazione e negazione del tempo in “La
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA Facoltà di Lingue e letterature straniere Dipartimento di Filologia moderna Atti del VII Convegno Internazionale Interdisciplinare su Testo, metodo, elaborazione elettronica Tempo Catania, 9-10 maggio 2011 a cura di Sabrina Costanzo e Domenico Antonio Cusato Andrea Lippolis Editore Indice 4 CON IL CONTRIBUTO DI Facoltà di Lingue e letterature straniere Dipartimento di Filologia moderna Macelleria «Prima o poi» di Domenico Barranca, Siderno Marina (RC) Macelleria «La delizia» di Alfredo De Marco, Siderno Superiore (RC) Scavino Onoranze Funebri di Carmelo Messina, Messina (ME) ORGANIZZATORI D. A. Cusato (Università di Catania) D. Iaria (Università di Messina) R. M. Palermo (Università di Messina) COMITATO SCIENTIFICO D. A. Cusato (Università di Catania) R. Distilo (Università della Calabria) D. Iaria (Università di Messina) A. Melis (Università di Siena) R. M. Palermo (Università di Messina) G. Vanhese (Università della Calabria) ORGANIZZAZIONE DELLE GIORNATE CATANESI Sabrina Costanzo e Domenico Antonio Cusato Foto di copertina: Universidad de Catania di Lily Robres TUTTI I DIRITTI RISERVATI I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale. con qualsiasi mezzo (microfilm, copie fotostatiche …), sono riservati per tutti i Paesi. ISBN 978-88-86897-45-7 copyright © 2011 by Andrea Lippolis Editore Via Lungomare, 13 – 98162 S. Saba (Messina) www.lippoliseditore.it — [email protected] INDICE Presentazione ........................................................................................ p. 7 VIVIANA ABATE I livelli temporali di «El hijo» di Horacio Quiroga .............................. p. 9 DIANA ROSA BATTAGLIA El concepto de tiempo en Pasado perfecto de Leonardo Padura Fuentes: dualidad estructural y multiplicidad temática .......................................................................... p. 25 ANNALISA BONACCORSI Tempo, realtà e sogno in Llámame Brooklyn di Eduardo Lago ........ p. 39 SABRINA COSTANZO Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida di Leonardo Padura Fuentes ............................................................... p. 51 RAÚL CRISAFIO Roberto Raschella y Washington Cucurto: decires secretos de la literatura argentina en el pasaje al siglo XXI ........................... p. 67 DOMENICO ANTONIO CUSATO Ai tempi del bolero e ai tempi del cha cha cha: canti santeros e ritmi caraibici in Delito por bailar el chachachá di Guillermo Cabrera Infante .............................................................. p. 77 EMANUELE FADDA Il tempo della parole e il tempo del parler in Saussure ..................... p. 89 FEDERICA FRAGAPANE El tiempo a través de algunas perífrasis verbales en Nubosidad variable de Carmen Martín Gaite ............................... p. 101 6 Indice FABIO GALLINA Tempo dei militari, tempo dei civili. Retorica e violenza politica in Argentina durante gli anni della dittatura: 1976-1983 ................. p. 115 CECILIA GALZIO Al tempo di «Vallejo en los infiernos». Considerazioni sul romanzo di Eduardo González Viaña .................. p. 127 EVA GUTIÉRREZ PRADA Vestigios del tiempo, ruinas de la historia en Lope de Vega ............. p. 141 GAETANO LALOMIA Da «Roberto el diablo» a «hombre de Dios». Cronotopo e generi letterari ................................................................. p. 155 ANTONIO MELIS Tempi storici e tempo musicale in un romanzo nicaraguense contemporaneo ....................................................................................... p. 173 LAURA NANGANO Eduardo Mendoza e l’arte dell’indugio narrativo ............................... p. 185 ANTONIO PIOLETTI Esercizi sul cronotopo 8. Il Filocolo di Boccaccio e Diary of a Bad Year di Coetzee ......................................................... p. 197 VALERIA POLOPOLI Il Tempo e la Black Diaspora di Caryl Phillips .................................. p. 209 CARMEN RUIZ BARRIONUEVO Los animales como emblema de la temporalidad en la poesía de José Emilio Pacheco ......................................................................... p. 221 SEBASTIANO VECCHIO Pensare il tempo eventualmente ......................................................... p. 233 ANITA VIOLA Tempo oggettivo e tempo soggettivo in La soledad del anfitrión di José Antonio García Blázquez ......................................................... p. 247 SABRINA COSTANZO Università di Catania Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida di Leonardo Padura Fuentes In una lettera del 1824, indirizzata a uno zio, José María Heredia lamentava: «¿Por qué no acabo de despertar de mi sueño? ¡Oh!, ¿cuándo acabará la novela de mi vida para que empiece su realidad?»1. Sono queste parole del poeta, che oggi è considerato fondatore della sensibilità e dell’identità cubane, ad ispirare Leonardo Padura Fuentes per la stesura del suo romanzo dal titolo, per l’appunto, La novela de mi vida. Pubblicato nel 2001, il testo segna una svolta all’interno della produzione letteraria dello scrittore, la cui fama è stata, fin qui, legata al genere poliziesco e, in particolare, al personaggio di Mario Conde2. In La novela de mi vida, che pure conserva – come si vedrà – alcuni elementi tipici del giallo, Padura abbandona il detective in cui si è sovente riconosciuto un suo alter ego, per creare un’opera assai ambiziosa, avente per protagonista il padre della poesia cubana. Non è la prima volta che il romanziere mutua una figura di rilievo dal piano della realtà, per farne un personaggio di finzione. Già in Adiós, Hemingway, come suggerisce il titolo, egli aveva costruito l’intreccio intorno allo scrittore nordamericano Ernest Miller Hemingway. In quel testo, inoltre, la narrazione si articolava su due piani tempora- 1 La citazione è posta in epigrafe alla prima parte del romanzo di LEONARDO PADURA FUENTES, La novela de mi vida, La Habana, Unión, 2001 (ed cons. Barcelona, Tusquets, 2002). 2 Conde è protagonista dei romanzi che costituiscono la tetralogia dal titolo «Las cuatro estaciones» – Pasado perfecto, (1991), Vientos de cuaresma (1994), Máscaras (1995), Paisaje de otoño (1998) –, nonché dei successivi Adiós, Hemingway (2001), La cola de la serpiente (2001), La neblina del ayer (2005). 52 Sabrina Costanzo li distanti e indipendenti tra di loro ma, al tempo stesso, complementari3. La coesistenza di livelli temporali distinti e intercorrelati è riproposta, in maniera più ardita, in La novela de mi vida, dove le storie che si alternano e si intersecano non sono più due, bensì tre. Il romanzo – che consta di due parti, a loro volta suddivise in frammenti – si apre sul piano temporale più recente: nel 1998, dopo diciotto anni di esilio, Fernando Terry rientra temporaneamente a Cuba per cercare il presunto romanzo perduto di Heredia. Proprio quest’ultimo è il protagonista del secondo asse diegetico, che ripercorre i momenti più salienti della vita del poeta, dal suo primo ritorno a Cuba, nel 1818, alla morte avvenuta nel 1839. Infine, il terzo livello narrativo si colloca nella prima metà del XX secolo, più precisamente tra il 1921 e il 1939. Personaggio principale di questo ultimo piano è José de Jesús de Heredia, figlio legittimo del Cantor del Niágara. I tre intrecci creati da Padura si susseguono e si avvicendano all’interno del romanzo, conferendo allo stesso una struttura estremamente complessa e solo in apparenza priva di ordine. Il passaggio, ex abrupto, da un piano narrativo all’altro è, infatti, mediato da elementi – per lo più di natura tematica – e da personaggi che, mentre danno coerenza all’opera nella sua globalità, rivelano la rigida architettura soggiacente alla stessa. In proposito, è interessante rilevare la forte simmetria esistente tra le due parti di cui consta il testo. La prima si compone di trentuno frammenti, dei quali quattordici appartengono al primo piano temporale, undici al secondo e sei al terzo. La seconda sezione è costituita da trenta porzioni diegetiche, di cui quattordici afferiscono al primo livello, undici al secondo e cinque (invece che sei) al terzo. Sembra ragionevole sospettare che tale regolarità non sia frutto di mera casualità, ma piuttosto rivelazione del rigore formale su cui si regge l’opera. 3 Per un approccio formale al testo e per uno studio del personaggio di Hemingway rappresentato da Padura rinvio, rispettivamente, ai miei lavori La duplice dimensione spazio-temporale in «Adiós, Hemingway» di Leonardo Padura Fuentes, in «Scholae Praetoriatis», aprile 2005, pp. 17-22 e La doppia costruzione del personaggio di Hemingway. A proposito di «Adiós, Hemingway» di Leonardo Padura Fuentes, in «Scholae Praetoriatis», dicembre 2006, pp. 13-31. Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida 53 Il filo rosso che collega le tre storie concepite da Padura, assai diverse per protagonismo e collocazione temporale, è costituito dal romanzo della vita di Heredia a cui allude il titolo. L’autobiografia inedita è oggetto delle ricerche condotte da Fernando sul primo piano temporale; essa – come presto si sospetta, ma solo dalle pagine conclusive del romanzo si apprende – è in fieri nel secondo livello narrativo; il manoscritto è, infine, motore unico delle vicende narrate nel terzo nucleo, all’interno del quale sembra addirittura assurgere a vero e proprio protagonista. Invero, José de Jesús de Heredia, generalmente riconosciuto quale protagonista del terzo intreccio, è presente soltanto in sei degli undici frammenti di cui esso consta: la prima parte del romanzo si conclude con il decesso del personaggio; nella seconda parte, si assiste alle peripezie attraversate dallo scritto e dalle figure succedutesi nella custodia dello stesso, fino alla sua distruzione. Ancorché uniti da un comune denominatore, i piani diegetici che convivono all’interno del romanzo si contraddistinguono per uno stile e una natura del tutto propri. Il primo nucleo narrativo possiede un’organizzazione che rammenta l’inconfutabile affezione di Padura per la narrativa poliziesca. Nella costruzione della trama, che pure manca di un delitto nella sua forma canonica, l’autore adotta numerosi elementi tipici del giallo. Tra questi vi sono il mistero, la suspense e l’indagine condotta secondo quel metodo «documentario»4 – basato su lettere, diari, nonché sulla ricostruzione dei caratteri attraverso le opinioni dei personaggi – inaugurato da Wilkie Collins e consolidato con Arthur Conan Doyle. Il destino riservato agli scritti inediti di Heredia non è l’unico enigma che Fernando Terry tenta di sciogliere. Il ritorno a Cuba del personaggio ha lo scopo – non dichiarato e, tuttavia, prioritario – di far luce su un altro mistero: l’identità del suo delatore, di colui che – rivelando alle autorità cubane che egli era al corrente della fuga dall’Isola progettata dall’amico Enrique – ne ha decretato la condanna e l’esilio. 4 Cfr. ANTONIO SANTUCCI, Per una storia del romanzo giallo, in AA. VV., La trama del delitto. Teoria e analisi del racconto poliziesco, a cura di Renzo Cremante e Loris Rambelli, Parma, Pratiche Editrice, 1980, p. 122. 54 Sabrina Costanzo La duplice detection condotta da Fernando conferisce al nucleo di cui è protagonista una struttura dal carattere fortemente analettico. Da una parte, vi sono i recuperi della memoria dei numerosi personaggi incontrati dal professore, al fine di ricostruire le sorti degli scritti perduti di Heredia. D’altra parte, l’inizio in medias res della storia del protagonista e la volontà dello stesso di far chiarezza sul proprio passato rendono indispensabili i frequenti flashbacks che informano il lettore degli antefatti. Queste digressioni temporali – che Genette definisce «esterne»5 –ripercorrono, per lo più, gli ultimi mesi trascorsi da Fernando sull’Isola, quelli successivi alla denuncia subìta, e riferiscono delle umiliazioni, della frustrazione e dell’emarginazione da costui patite. Il ripetuto arresto del racconto in favore della rievocazione delle vicissitudini attraversate da Terry e il ristagno dell’azione a vantaggio della penetrazione dei suoi pensieri pongono in rilievo come, a mano a mano che la narrazione progredisce, la ricerca del romanzo di Heredia perda di importanza e l’attenzione si sposti sull’altra quest. A suggellare la prevalenza della seconda indagine sulla prima concorre la conclusione del nucleo: mentre il mistero relativo al destino delle carte di Heredia rimane irrisolto, la verità sulle accuse mosse a Fernando sembra finalmente svelata. Lo scioglimento voluto da Padura, tuttavia, non è di conforto al protagonista e tantomeno al lettore: le aspettative di entrambi sono frustrate dalla scoperta, quasi grottesca, che non vi è altro delatore che lo stesso Terry, vittima della trappola tesagli da un poliziotto ambizioso6. L’esistenza del manoscritto perduto di Heredia rimane, all’interno del primo nucleo narrativo, quale mera supposizione avallata, soltanto nelle pagine conclusive del romanzo, dall’ultima lettera che il poeta indirizza a Lola Junco e che una discendente di questa mostra a Fernando. I contenuti di quelle carte, brevemente sintetizzati nella missiva, rimangono, per lo più, ignoti al protagonista. 5 Il critico designa con tale attributo quelle anacronie la cui ampiezza globale si colloca al di fuori di quella propria al racconto in cui si inseriscono. Cfr. GÉRARD GENETTE, Figure III. Discorso del racconto, trad. Lina Zecchi, Torino, Einaudi, 1976, p. 97. 6 Cfr. La novela de mi vida, pp. 320-322. Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida 55 Ad essi ha, invece, accesso il lettore, per mezzo del secondo livello diegetico. I frammenti riconducibili a questo piano si distinguono dagli altri per due discriminanti. La prima – immediatamente percettibile – è il mutamento dell’enunciazione. Nel passaggio improvviso dalla terza alla prima persona narrativa, l’identità del soggetto dichiarante è, in un primo momento, taciuta. Soltanto qualche pagina più avanti – all’interno del secondo frammento afferente all’intreccio in esame – il personaggio si presenta, seppure in maniera indiretta, attraverso le parole dell’amico Domingo (del Monte): «¿Ves, José María, ves lo que es este país?7». Il secondo elemento di distinzione del presente nucleo è riconoscibile a posteriori. Soltanto nell’epilogo si apprende che ciò che si è letto è l’autobiografia inedita di Heredia e che quello compiuto dal poeta è non già un atto narrativo, come è lecito credere fino a questo momento, bensì un atto letterario e, pertanto, metatestuale. A tale riguardo, pare opportuno sottolineare che, come lo stesso Padura avvisa, quella di Heredia è un’autobiografia fittizia, non soltanto perché fittizio è l’autore, ma anche in quanto i fatti narrati, benché ispirati alla realtà, sono mediati dalla finzione: Aunque sustentada en hechos históricos verificables y apoyada incluso textualmente por cartas y documentos personales, la novela de la vida de Heredia […] debe asumirse como obra de ficción. La existencia real del poeta y de los personajes que lo rodearon […] ha sido puesta en función de un discurso en que las peripecias reales y las novelescas se entrecruzan libremente8. Se ne deduce che a dispetto della notevole attenzione prestata al contesto in cui si colloca il protagonista, dei continui riferimenti ad avvenimenti rimarchevoli nelle storie cubana e messicana dei primi decenni dell’Ottocento, nonché di una certa preoccupazione storiografica denunciata da una delle componenti paratestuali (nella «Noticia histórica» posta in coda al romanzo, Padura riferisce brevemente delle sorti toccate ad alcuni personaggi di spicco della vita politico-culturale cubana) sarebbe erroneo attribuire a La nove- 7 8 Ibidem, p. 28. «Agradecimientos», in ibidem, p. 11. Sabrina Costanzo 56 la de mi vida, e a questo livello diegetico in particolare, un valore storico9. Il secondo piano narrativo possiede, invero, un carattere prevalentemente autobiografico (o, meglio, pseudoautobiografico): l’interesse delle vicende rammentate risiede non già nella loro veridicità storica, talvolta confutabile, bensì nelle conseguenze, nelle ripercussioni, a volte semplicemente nelle reazioni che esse provocano in Heredia. La natura del nucleo si riflette e si manifesta nell’organizzazione interna allo stesso e, più precisamente, negli aspetti dell’ordine e della durata della temporalità. Per ciò che concerne il primo, questo piano narrativo, contrariamente al precedente, si caratterizza per un sostanziale rispetto della cronologia. Gli eventi sono, per lo più, riferiti in obbedienza alla loro successione temporale. Ciononostante, vi sono dei momenti in cui le asserzioni del narratore sembrano assumere valore predittivo. Non si tratta di vere e proprie prolessi, ma, piuttosto, di preannunci che – parafrasando quanto sostiene Genette – sono volti a creare attesa nello spirito del lettore10. Si veda il seguente esempio: Desde esa tarde venturosa la voz y la sonrisa de Lola Junco quedaron prendidas en mi mente […]. Nadie podría haber pensado entonces qué momentos de gozo viviríamos y cuanto se ensañaría la adversidad con nosotros, al punto de convertirnos en esclavos de la desdicha11. La presenza di simili elementi preparatori, oltre a generare suspense, sottolinea la necessità di distinguere tra i due soggetti Sull’impossibilità di ascrivere l’opera in esame al genere storico insiste Alejandro González Acosta. Tra gli aspetti che definisce «arduos y espinosos en esta novela», questi segnala la maniera in cui viene ritratta la figura di Domingo del Monte («[…] además de por lo grave de las acusaciones de convertirlo en un traidor, desconociendo su peso fundamental en la evolución histórica cubana […]»), nonché «La simplificación un tanto maniquea que el autor realiza del complejísimo panorama insular decimonónico […]». ALEJANDRO GONZÁLEZ ACOSTA, Heredia: iniciador de caminos, in «Encuentro de la Cultura Cubana», otoño/invierno de 2002-2003, nn. 26/27, pp. 283-294; le citazioni riportate sono tratte da p. 290. 10 Cfr. GÉRARD GENETTE, op. cit., p. 122. 11 La novela de mi vida, p. 65. 9 Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida 57 della narrazione: Heredia-narrante ed Heredia-narrato. Il primo appartiene al tempo del racconto o, più precisamente, della redazione. Nella conclusione del proprio scritto, il poeta fornisce degli elementi utili a collocarne la stesura nel periodo che intercorre tra il 1838 e il 3 maggio del 1839. Heredia-personaggio si situa, invece, nel tempo della storia. Questo ricopre un intervallo ben più ampio di quello occupato dal tempo della redazione, ma finisce, inevitabilmente, col ricongiungersi ad esso. Invero, nelle proprie memorie, il poeta ripercorre gran parte della sua vita, dal 1818 – anno in cui, ancora adolescente, rientra per la prima volta a Cuba – ai suoi ultimi giorni. Il divario temporale che separa Heredia-narratore da Heredia-protagonista si riduce, dunque, a mano a mano che il racconto procede, fino ad annullarsi del tutto nella fase conclusiva. Qui, l’abbandono dei tempi verbali del passato in favore del presente narrativo denuncia la finale convergenza delle due temporalità in gioco (quella del racconto e quella della storia) e, pertanto, la coincidenza dei due personaggi che in tali temporalità si collocano. Il protagonista-narratore, nell’epilogo di ciò che egli stesso definisce «la novela de mi vida»12, si rivolge al figlio mai conosciuto, che solo in questo momento si manifesta quale destinatario privilegiato del memoriale. A lui, José María confessa le ragioni e le intenzioni soggiacenti al proprio scritto: ¿Qué más te debo decir, hijo mío? […] Si has leído cada una de estas hojas, conocerás como nadie el hombre que fui y el que quise ser, pues descarnadamente, sin mentiras ni silencios, te he contado desde lo más escabroso a lo más personal o vergonzoso de mi vida, pues entendí que sólo sin enmascaramientos era posible tener este diálogo contigo y con los hombres del futuro a los que también me dirijo, y para los cuales, algún día, yo seré parte de la Historia…13. A confermare la priorità del dato biografico su quello storico, concorre il secondo aspetto della temporalità a cui si è fatto cenno: la durata. La storia riferita da Heredia possiede un carattere fortemente anisocrono: al suo interno, accelerazioni e vere e proprie 12 13 Ibidem, p. 338. Ibidem, p. 339. Sabrina Costanzo 58 ellissi si alternano agli indugi su episodi, privati o storici, determinanti nella vita e nella formazione del poeta. La massima evidenza della discontinuità della velocità narrativa è rintracciabile, sul piano della macrostruttura, nella sproporzione esistente tra le due parti del romanzo. Negli undici frammenti che afferiscono alla prima sezione, Heredia rievoca i pochi anni trascorsi a Cuba (18181819 e 1821-1823). In altrettanti frammenti della seconda parte, il poeta ripercorre il resto della propria esistenza (1824-1839). Se ne deduce che il fine primario dell’opera inedita del poeta è sì quello di ricostruire la propria esistenza, ma alla luce della complessa relazione che lo lega alla terra natìa. Se il secondo nucleo narrativo mette a disposizione del lettore i contenuti del manoscritto perduto, il terzo gli rivela il mistero insoluto del destino riservato allo stesso. Questo livello diegetico consente, dunque, di colmare quel vuoto temporale e di informazione che intercorre tra i restanti due. Al suo interno sono menzionate le intricate vicende e le numerose figure per mezzo delle quali l’autobiografia inedita di Heredia giunge dal suo autore al suo distruttore. La narrazione, condotta – come per il primo nucleo – in terza persona, si sviluppa in maniera diversa nelle due parti del romanzo. Nei frammenti della prima sezione, che si distinguono per la mediazione della prospettiva di José de Jesús, vi sono frequenti digressioni temporali. Esse ripercorrono episodi significativi degli ultimi anni di vita di Heredia e forniscono lumi sull’iter e sulle determinazioni toccati al manoscritto, prima che il figlio legittimo ne divenisse custode. Rispetto al secondo nucleo, questi brani possiedono, per lo più, una funzione completiva, giacché offrono dati altrimenti inaccessibili al lettore. In qualche caso, tuttavia, essi acquistano valore iterativo e, persino, predittivo: non soltanto forniscono informazioni presenti anche nel secondo intreccio, ma, in talune occasioni, le anticipano. Nel primo frammento afferente al piano narrativo in esame, ad esempio, si rende immediatamente nota la destinazione voluta da Heredia per le proprie memorie («[…] contarle los avatares de la novela de su vida a un hijo que nunca lo conocería»14) e rivelata, nel secondo nucleo, soltanto fra le righe conclusive. Ancor più significativa è – nel sesto frammento del presente 14 Ibidem, p. 35. Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida 59 livello diegetico – l’anticipazione del tradimento perpetrato da Domingo del Monte ai danni di Heredia: essa giunge inaspettatamente, spezzando la crescente tensione emotiva generata, nel secondo nucleo, dagli elementi preparatori disseminati dal poeta. I frammenti della seconda parte si caratterizzano per una maggiore linearità cronologica. Gli eventi, posteriori alla morte di José de Jesús, sono riferiti, per lo più, in obbedienza alla loro successione temporale. Essi mostrano, però, minore coerenza dal punto di vista della durata: il racconto presenta frequenti salti temporali, di ampiezza variabile, che designano, quale funzione fondamentale dei brani, quella meramente informativa delle sorti del manoscritto. I dati e i segmenti temporali prescindibili ai fini di tale ricostruzione sono, pertanto, elisi dalla narrazione, determinandone l’andamento fortemente sincopato. *** Le osservazioni fin qui proposte inducono a considerare La novela de mi vida un testo dal notevole dinamismo temporale, apprezzabile sia da un punto di vista macrostrutturale, nell’alternanza di piani diversi, sia sul livello della microstruttura, nella discontinuità dell’ordine e della durata della narrazione. A ben guardare, la complessa architettura creata da Padura pare possedere finalità ben più interessanti, seppur meno manifeste, del mero sfoggio di maestria da parte del romanziere. La costante affermazione del tempo, sul piano formale, sembra rispondere a una strategia messa in atto dall’autore e tesa sottolineare, per contrasto, la negazione dello stesso sul piano concettuale. I tre nuclei di cui consta il romanzo, a dispetto della diversità dei momenti storici in cui si collocano, sono legati dalle corrispondenze tra le vicende narrate. La riproposizione di circostanze analoghe in temporalità differenti crea all’interno dell’opera una sensazione di stasi, di immutabilità dei contenuti che contrasta con la vivacità della struttura. Ne risulta che La novela de mi vida è sì un omaggio reso al primo poeta d’America – secondo la definizione che di Heredia diede Sabrina Costanzo 60 José Martí – ma tale omaggio è, al contempo, un pretesto del quale Padura si serve per proporre una riflessione sulla realtà cubana. I fatti rammentati, mentre ricostruiscono la biografia del poeta, forniscono delle coordinate storico-politiche essenziali, alla luce delle quali interpretare e comprendere la società cubana contemporanea. In questa nuova ottica deve rileggersi anche il titolo dell’opera. La scelta di richiamare l’attenzione sul secondo nucleo narrativo – quello costruito intorno a Heredia – deve intendersi come una sorta di falso indizio (per mutuare dalla terminologia che attiene al genere prediletto da Padura). L’uso di un simile espediente rientra, certamente, nel disegno dell’autore di depistare il lettore meno attento ma, probabilmente, esso obbedisce anche all’esigenza di eludere il controllo e la riprovazione da parte del governo cubano. Quest’ultima necessità si evince altresì dalla maniera in cui è intessuta la narrazione. All’interno dei due piani temporali più remoti, che forniscono degli spaccati rispettivamente della Cuba coloniale e della dittatura di Gerardo Machado, gli spunti di denuncia sociale sono molteplici e manifesti. Sul terzo piano temporale, che offre un ritratto dell’Isola durante il governo di Fidel Castro, il discorso critico non viene meno, ma è condotto in maniera meno esplicita. La riflessione sociale è, insomma, demandata al lettore, inferita dai ripetuti parallelismi tra le situazioni descritte, che nel loro ciclico riproporsi sembrano eternare mali quali la repressione politica e l’assenza della libertà individuale. I personaggi del romanzo, seppur dislocati in tre epoche distanti tra loro, per ragioni e in maniere diverse subiscono il medesimo controllo da parte degli organi del potere. Quando Cristóbal Aquino, informato dell’imminente irruzione della polizia, trafuga l’autobiografia inedita dalla loggia massonica presso cui è custodita, non può fare a meno di ricordare che «[…] en días de Heredia otra policía especial, de otro sátrapa, había penetrado los secretos de la hermandad […]»15. Le simmetrie più ricorrenti e rilevanti sono quelle stabilite tra i due protagonisti dell’opera: Heredia e Fernando. Entrambi intellettuali, entrambi vittime della repressione politica e culturale, en- 15 Ibidem, p. 258. Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida 61 trambi costretti a un esilio interrotto soltanto da un breve ritorno sull’Isola. Nel parallelismo tra queste due esistenze, ciò che emerge con maggior forza è il dolore dovuto alla separazione dal Paese natale. L’esilio è rappresentato nella sua essenza più tragica, quale sradicamento dai propri affetti, privazione delle origini, nonché vera e propria perdita dell’identità. L’esigenza di ritrovare un contesto familiare e di recuperare se stesso è chiaramente espressa dal primo grande esule cubano, che nel proprio memoriale così ricorda il trasferimento dagli Stati Uniti al Messico: Salvado y feliz me sentí al poner pie en tierra de México […] la perspectiva de volver a un sitio conocido, donde se hablaba mi lengua, donde el frío no me mataría y donde ya tenía afectos y lugares con historias, me daba una sensación de pertenencia jamás sentido en los Estados Unidos16. Solo poche pagine più tardi, il medesimo disagio, la medesima necessità di riconoscersi e di riconoscere la realtà circostante, fin nei suoi aspetti più basilari – quello meteorologico, quello linguistico – riemerge attraverso la sintesi dell’iter migratorio seguito da Fernando: […] en Union City, New Jersey, […] tampoco dejó de ser hispanic y marielito, y debió soportar además el frío que en el largo invierno lo hería […]. Fueron tiempos vividos a la espera, dilatada cuatro años, de su permiso oficial de residencia en Estados Unidos, que, apenas llegado, le sirvió sólo para emprender un nuevo viaje, ahora hacia España, en busca de su yo perdido o, al menos, de otra atmósfera, otras costumbres y la sonoridad entrañable de su lengua17. Se la nostalgia cagionata dalla proscrizione è il leitmotiv di La novela de mi vida, ad essa si oppone, a tratti, il sentimento contrario: la frustrazione avvertita da chi, in maniera più o meno volontaria, non ha mai lasciato l’Isola. L’insoddisfazione di coloro che risiedono a Cuba è uno dei pochi elementi di denuncia esplicitati nel primo nucleo, ambientato in piena era castrista. Pertanto, essa si 16 17 Ibidem, p. 65. Ibidem, p. 228. Sabrina Costanzo 62 rappresenta, all’interno dell’opera, con un’intensità inversamente proporzionale alla prossimità temporale degli eventi riferiti. Si pensi alle parole con cui Tomás sintetizza le condizioni vissute in patria alla fine degli anni Novanta: […] ¿tú sabes lo que es ser profesor de la bicentenaria y benemérita Universidad de La Habana y tener que desayunar con un cocimiento de hojas de naranja? ¿Tú has comido picadillo de cáscaras de plátano? […] ¿Y has tenido miedo de que tu hija termine metiéndose a puta? ¿O sabes lo que es reírle las gracias y servirle de chofer a un extranjero comemierda que hace lo mismo que tú pero gana cien veces más dinero que tú? […] yo lo he aguantado todo y no tengo nada […]18. I toni divengono più esacerbati nel flash-back che ricostruisce l’ultima conversazione, avvenuta alla fine degli anni Settanta, tra Fernando ed Enrique. Quest’ultimo, perseguitato per via della propria omosessualità, assurge a rappresentante di coloro che sono rimasti a Cuba, sebbene avversi e invisi al governo castrista. La concezione disforica dello spazio interno apportata da Enrique, il quale si definisce «preso en las cuatro paredes de esta isla»19, si oppone alla visione euforica di Heredia, che dichiara «mi cárcel […] era el ancho mundo, porque […] mi espacio de libertad y vida estaba en el territorio de la isla donde había nacido»20. Anche in tale contrasto, a ben guardare, risiede la critica politica e sociale che si desume dal testo: esso pone in rilievo la contraddittorietà di un Paese che pare condannare alla frustrazione tanto coloro che decidono di risiedervi, quanto chi sceglie l’espatrio. Veicolo principale della riflessione indotta dal romanzo rimangono, tuttavia, le simmetrie che collegano i protagonisti e i contesti in cui essi operano. Come non ricordare, in proposito, i topoi della paura e della delazione. Terry, come Heredia, è costretto ad abbandonare Cuba per via di un tradimento subìto. Per entrambi il breve ritorno nell’Isola assume il valore di un’esperienza catartica, attraverso la quale fare i conti con le proprie ossessioni e con il proprio passato. Ibidem, p. 267. Ibidem, p. 134. 20 Ibidem, p. 211. 18 19 Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida 63 Ciascun personaggio si confronta con una realtà a lungo rimpianta, eppure ormai estranea; ciascuno dei due riceve, durante la propria permanenza in patria, le confessioni e le giustificazioni di coloro che hanno assistito inermi al bando, giustificazioni diverse e, tuttavia, accomunate da un medesimo denominatore: il timore delle conseguenze; in ultimo, ciascuno finisce per scoprire l’identità del proprio accusatore. Pur scorrendo in maniera parallela, i percorsi cognitivi intrapresi dai protagonisti approdano a conclusioni opposte. Mentre José María apprende, inaspettatamente, che a denunciarlo è stato l’amico Domingo del Monte, Fernando scopre che i sospetti da sempre nutriti nei confronti dei compagni sono infondati. Se su un piano temporale si assiste, dunque, a una vera e propria abiura dell’amicizia, su un altro si ha la rivalutazione della stessa. Ad accomunare le esperienze e i contesti vissuti dai due personaggi vi è, infine, un tema trattato quasi en passant nel romanzo, eppure evidentemente caro all’autore: il complicato rapporto che, nell’Isola, intercorre tra letteratura e politica. A proposito della sospirata edizione cubana delle proprie poesie, Heredia ricorda: […] me plegué a la más lamentable de las censuras: la de autocensurarme y suprimir del libro todos los poemas que de alguna manera más o menos directa se refirieran a la libertad de Cuba. Al aceptar aquella castración, tan inevitable como definitivamente cruel, estaba yo iniciando […] la triste modalidad de la censura en la literatura cubana, aunque presentía que mi ejemplo iba a tener, a lo largo de los años, muchos seguidores21. Il presentimento espresso dal poeta trova conferma, sul piano temporale più recente, nello scambio di battute tra gli amici di Fernando. Coloro che un tempo avevano dato vita al gruppo letterario dei Socarrones, dopo aver, per lo più, rinunciato alle proprie aspirazioni, si interrogano adesso sul valore e sulla funzione della letteratura all’interno della società. Le limitazioni imposte agli scrittori cubani sono magistralmente sintetizzate nel sarcastico interrogati- 21 Ibidem, p. 213. Sabrina Costanzo 64 vo, di eco shakespeariana, posto da Álvaro : «¿Me autocensuro o me censuran?, ésa es la cuestión»22. Le forti analogie sin qui rintracciate contribuiscono, evidentemente, a creare l’atmosfera di immutabilità dello status quo che domina La novela de mi vida23. D’altra parte, l’iterazione di motivi quali l’esilio, la paura, la delazione e la censura, all’interno dei diversi piani temporali presenti nel romanzo, getta le basi per quella critica indiretta a cui ci si è riferiti. Basti pensare alle considerazioni di José María, sull’esilio e sul suo significato politico: Yo no sé si en el futuro otros hombres sufrirán igual condena que la mía y vivirán por años como desterrados, siempre añorando la patria, eternamente extranjeros, lejos de la familia y los amigos, con mil historias inconclusas y perdidas a las espaldas, hablando lenguas extrañas y muriendo de deseos de volver: si así fuera, desde mi lecho de muerte los compadezco, pues padecerán el más cruel de los castigos que pueden prodigar quienes, desde el poder, ejercen como dueños de la patria y el destino de sus ciudadanos24. Altrettanto significativa, è l’invettiva pronunciata dal primo poeta cubano, nel suo ultimo viaggio a Cuba, contro il capitano generale Tacón: […] pienso que usted cumple su misión, pero ha impuesto el terror, la censura y la delación como forma de vida en este país. […] Usted Ibidem, p. 165. In proposito, RENÉE CLÉMENTINE LUCIEN sostiene che «[…] La novela de mi vida aurait bien pu s’intituler La novela de nuestra vida car les récits de vie se reflétant l’un dans l’autre et la réflexion de l’écrivain observant sa propre création face au pouvoir répressif paraissent se déployer dans un continuum dans lequel s’écrit l’histoire de Cuba […]» («La novela de mi vida», de Leonardo Padura: une variation sur la trahison et la censure, in http://www.crimic.paris-sorbonne.fr/actes/dc/lucien. pdf, p. 6). Di tutt’altro avviso è González Acosta, il quale ritiene che all’interno del romanzo di Padura «[…] a través de una lectura esquemática y empobrecedora del siglo XIX cubano se está induciendo y propiciando implícitamente la legitimación de un discurso autoritario y dictatorial como parte consustancial de la esencia insular: llevado hasta sus últimas consecuencias, se trata nada menos que de condenar Cuba a un estado eterno de represión» (ALEJANDRO GONZÁLEZ ACOSTA, op. cit., p. 290). 24 La novela de mi vida, p. 270. 22 23 Affermazione e negazione del tempo in La novela de mi vida 65 es enemigo de la inteligencia, impone la demagogia y, como todos los dictadores, pide a cambio que lo amen25. In virtù delle corrispondenze riscontrate, le valutazioni asprese da Heredia sembrano travalicare i limiti della realtà a egli coeva, per estendersi alle altre temporalità rappresentate nel romanzo e, in particolare, a quella in cui si colloca Fernando, vale a dire alla Cuba contemporanea. *** In conclusione, con La novela de mi vida, Leonardo Padura Fuentes dà ancora una volta prova della destrezza – già evidente nei romanzi della serie «Las cuatro estaciones» – con cui congegna le proprie opere. Il discorso narrativo è concepito in modo che ogni elemento – nella specie il tempo, e più precisamente il contrasto tra l’affermazione formale e la negazione concettuale dello stesso – divenga non soltanto funzionale, ma addirittura essenziale alla decifrazione del messaggio codificato dall’autore. 25 Ibidem, p. 313.