Dott.ssa Irene Petruccelli - Behavioral Addictions Research Team
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Dott.ssa Irene Petruccelli - Behavioral Addictions Research Team
I NUOVI RISCHI DEL WEB: IL GROOMING Dr.ssa Irene Petruccelli, Università di Enna “Kore” Dr.ssa Laura Iannucci, Università “Tor Vergata” di Roma Nuovi media: internet e cellulari Cosa rappresentano per i giovani: ✤ ✤ ✤ ✤ aspetto esistenziale importante parte integrante della loro quotidianità opportunità di crescita favoriscono processi di integrazione, partecipazione e relazione con il mondo circostante Effetti dannosi per i giovani: non colgono le implicazioni dei loro comportamenti online si crea terreno fertile in cui i rischio possono diventare concreti si possono imbattere in interlocutori che violano la sfera intima di soggetti più vulnerabili Definizione di grooming: Deriva dall’inglese “to groom” che significa “curare, prendersi cura”. Letteralmente si riferisce a quel comportamento osservato in diversi primati, tra cui gli scimpanzé e i bonobo, per cui un animale provvede a ripulire un suo simile dai parassiti (per igiene o per affetto). In ambito psicologico, indica l’insieme dei comportamenti volontariamente intrapresi da un adulto per suscitare la simpatia, carpire la fiducia e stabilire un rapporto di tipo emozionale con un minore, riducendone le difese e la capacità di autocontrollo, con il proposito di instaurare una relazione intima e/o sessualizzata (Piccione, 2012) Attualmente, quando si parla di grooming ci si riferisce all’adescamento online, ovvero un lento processo interattivo attraverso il quale il cyberpredatore sviluppa una relazione intima e duratura con una giovane vittima, “prendendosi cura” del suo mondo psicologico (Pisano, 2011). Processo attraverso il quale il potenziale abusante “cura” (to “grooms”) la possibile vittima inducendola gradualmente a superare le proprie resistenze attraverso tecniche di manipolazione psicologica e seduzione affettiva al fine di poter ottenere un incontro offline a scopo sessuale. L’adescatore dimostra inizialmente al minore un interesse di tipo sentimentale e, facendo progressivamente scivolare i contenuti della relazione su argomenti di tipo sessuale, riesce ad ottenere il massimo controllo della situazione. Talvolta, l’affezione dell’abusante è sincera (a causa della propria immaturità emotiva) trova soddisfacente interagire con il minore. In altri casi l’interesse dell’abusante è esclusivamente finalizzato a vincere le resistenze del minore ed ottenere un incontro sessuale offline (Save the Children, 2012) Diffusione del fenomeno ✤ ✤ ✤ ✤ nel 2012 su un campione di oltre 25.000 bambini e adolescenti (9-16 anni) provenienti da 25 paesi europei, il 30% ha riferito di avere conosciuto persone estranee attraverso internet (il 23% ha riferito di averne conosciute 5 o più) (Eukids, 2012) nel 9% dei casi, al contatto online è seguito un incontro offline, ma solo l’1% ha riferito di essersi sentito preoccupato o turbato per questi incontri, mostrando una sottostima dei possibili rischi connessi all’incontro con persone sconosciute (Eukids, 2012) su 5862 segnalazioni pervenute al Centro Nazionale di Ascolto del Telefono Azzurro nel periodo gennaio-dicembre 2014 (sia via telefono che via chat) il 3,2 % ha riguardato situazioni di abuso sessuale e pedofilia sono in aumento preoccupante rispetto al 2013 i casi con motivazione prevalente episodi di adescamento online e pedopornografia, corrispondenti rispettivamente al 14,2% e all'8% delle segnalazioni totali di abusi sessuali su bambini e adolescenti giunte al Telefono Azzurro (Telefono Azzurro, 2014) Legislazione 25 ottobre 2007: Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali (Lanzarote,): 1 luglio 2010: la Convenzione ha disciplinato i casi di grooming e di turismo sessuale (art. 600-quinquies), oltre a quelli di abuso sessuale, prostituzione infantile (art. 600-bis), pedopornografia (art. 600-ter) e partecipazione coatta di bambini a spettacoli pornografici. 1 Ottobre 2012: la Legge n. 172, art. 609-undecies introduce il reato di adescamento di minori, ovvero il compimento di qualsiasi atto volto a carpire la fiducia di un minore di età inferiore a sedici anni per scopi sessuali, attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante Internet o altre reti o mezzi di comunicazione. Il reato si configura anche se l’incontro con il minore non avviene: l’adescatore sollecita il minore ad impegnarsi in attività sessuali online, a parlare o dare informazioni personali di carattere sessuale anche dietro prestazioni economiche (ad esempio ricariche telefoniche). Nell’ordinamento italiano, la pena prevista per questo reato è la reclusione da 1 a 3 anni (Vizzari, 2010-2015) Caratteristiche Gli attori di questo fenomeno sono due: ✤ il soggetto attivo: l’adescatore ✤ il soggetto passivo: il minore coinvolto. Gli adulti abusanti utilizzano Chat, social network e servizi di istant-messaging per entrare in contatto con le potenziali vittime e conquistarne gradualmente la fiducia. Tali mezzi possono veicolare rapporti umani estremamente intimi, neutralizzando quei gap generazionali e culturali che normalmente limitano o selezionano le comunicazioni dirette tra minori e adulti Il comportamento dei minori online appare tendenzialmente meno inibito, i rapporti telematici sono spesso privi di elementi identificativi aggiuntivi e l’identità dichiarata può essere verosimilmente falsa. L’adulto cerca di scoprire il più possibile sulla potenziale vittima valutando rischi e probabilità di avvicinamento al ragazzo. In caso di pochi rischi, egli isolerà la vittima, facendo ricorso a lusinghe e promesse, oppure a minacce e ricatti, al fine di ottenerne il totale controllo. In caso di abuso sessuale, il processo manipolativo caratteristico di questa tecnica può contribuire ad inibire la vittima dal raccontare la violenza a persone di riferimento. Profilo socio-psicologico del pedofilo on-line italiano (Save the Children, 2011) Sesso: maschio (92%) femmina (8%) Stato Civile: 32% non ha al momento una relazione sentimentale stabile; 30% ha una relazione sentimentale stabile e convive. Ha figli conviventi? No 86% Si 14% Età: - fino a 30 anni: 13% - dai 31 ai 40 anni: 25% - dai 41 a 50 anni: 26% dai 51 ai 60 anni: 21% - oltre i 60 anni: 15% Professione: - 15% libero professionista - 14% professioni di contatto con minori: religiosi, educatori, medici, insegnanti - 13% operaio - 6% impiegato pubblico - 4% tecnico informatico Titolo di studio: - licenza elementare/media (39%) - diploma liceale (51%) - laurea (10%) Regione di residenza: tutte, con una prevalenza nelle grandi città Precedenti penali: 11% degli indagati, di questi - 60% precedenti specifici (violenza sessuale su minori, pedopornografia, ecc); - 40% altri reati Orario di connessione: il pomeriggio e la notte Fattori di vulnerabilità e caratteristiche delle vittime dell’adescamento online (Crimes against Children Research Center, 2014) - il 99% delle vittime aveva un’età compresa tra i 13 e 17 anni; - nessuna delle vittime aveva un’età inferiore ai 12 anni; - il 75% delle vittime era di sesso femminile, il 25% maschile; - il 76% degli abusanti aveva un’età media di 26 anni; il 47% aveva almeno 20 anni in più rispetto all’età delle vittime. La maggior parte degli abusanti non ha nascosto il fatto di essere più vecchio delle vittime e le sue intenzioni; - il 73% delle vittime ha incontrato offline gli abusanti più di una volta. Di queste, il 13% almeno due volte e il 39% più volte; - il 50% delle vittime non si percepiva come tale e nutriva forti sentimenti di affetto/amore verso l’adulto; - il 5% dei casi registrati ha previsto una qualche forma di violenza e il 16% una forma di coercizione da parte dell’abusante. Aspetti di vulnerabilità: A. minori con storie di abusi fisici o sessuali e con esiti psicopatologici; B. minori con problemi di solitudine, depressione, con problemi relazionali e con difficoltà nella relazione con i genitori, che trovano nella Rete uno strumento utile per far fronte ai loro problemi, soprattutto di relazione; C. minori maschi e femmine omossessuali o con incertezze sulla loro identità sessuale, che utilizzano la Rete per cercare contatti e informazioni su un tema ancora molto stigmatizzato socialmente; D. minori che - non necessariamente rientrano nelle tipologie precedenti utilizzano la Rete in modo spregiudicato: caricano online foto di se stessi/ e allusive o esplicite sul piano sessuale, accettano di parlare in chat di sesso o avviano sessioni di cybersex con sconosciuti (anche dietro una ricompensa), ecc. Le 5 fasi dell’adescamento (O’Connel, 2003; Faccioli 2015) Fase dell’amicizia: a seguito del primo contatto, l’abusante inizia ad instaurare un rapporto con il minore e, nella maggior parte dei casi, si fa inviare una sua foto (anche non sessualmente esplicita); per fare ciò l’adulto può fingersi una donna o un coetaneo, modificare la propria età, inventare un lavoro che preveda l’invio di foto e video (ad esempio, talent scout di modelle/i). Il groomer entra nella discussione come un normalissimo utente e da lì, poco alla volta, parlando degli argomenti più gettonati tra i giovani, nasce l'amicizia virtuale. Fase della solidificazione del rapporto: l’adulto inizia a manipolare il minore al fine di instaurare un rapporto di fiducia e comincia a carpire informazioni sulla sua vita privata. Si instaura così un clima di fiducia, in cui l’adescatore tende a diventare il migliore amico, parlando lo stesso linguaggio anche nella scrittura (utilizzando per esempio le K, le abbreviazioni e le emoticons). Fase della valutazione del rischio: l’abusante inizia ad indagare sulle possibilità di essere scoperto, interrogando il minore sulla posizione del computer in casa, sulla presenza in casa dei genitori e sugli eventuali controlli da parte loro. Il groomer valuta l'opportunità di spingersi oltre, volendo spesso passare da un contatto meramente virtuale ad una conoscenza reale del piccolo interlocutore. Utilizza domande specifiche e generiche che hanno l’obiettivo di non insospettire il minore. Fase dell’esclusività del rapporto: si cerca di costruire un legame affettivo e si instaura una profonda intimità virtuale. L’adulto cerca di indurre il minore a confidarsi per poi procedere con l’abuso. Egli inizia a scavare nella personalità del minore al fine di sondarne i gusti, i desideri e le aspirazioni sessuali. Fase sessuale: l’abusante inizia ad esplorare la sfera affettivo-sessuale del minore. Per superare le sue inibizioni, il groomer si affida ad una serie di espedienti ed artifizi caratterizzati da una comune matrice a sfondo sessuale: Per esempio, l’abusante potrebbe: ✤ introdurre conversazioni sessualmente esplicite; ✤ inviare materiale fotografico raffigurante adulti e minori nudi o in atteggiamenti libidinosi; ✤ inviare immagini sessualmente esplicite riguardanti la sua persona e chiederne a sua volta; ✤ indurre il minore a praticare autoerotismo davanti ad una webcam; ✤ hiedere il numero di telefono per poi pianificare telefonicamente un incontro a fine sessuale. Indicatori di abuso e possibili conseguenze Il fenomeno può avere effetti iniziali, a medio termine ed a lungo termine che variano in relazione a diversi fattori: il grado di vulnerabilità individuale della vittima, l’età della vittima; le caratteristiche e la durata dell’evento traumatico; la capacità di protezione della famiglia e delle agenzie sociali. Gli indicatori di abuso sessuale possono essere (Parise, 2013): cognitivi: per valutare l’attendibilità del minore, occorre indagare il livello di coerenza delle dichiarazioni, l’elaborazione fantastica, la distinzione tra vero e falso, il giudizio morale e la chiarezza semantica fisici: la deflorazione; psicologici (comportamentali ed emotivi): sentimenti di paura, sintomi depressivi, disturbi del sonno e dell’alimentazione (anoressia e bulimia), comportamenti ipervigilanti, sintomi psiconevrotici (ansia, fobia, ossessione, ipocondria), comportamenti autodistruttivi, con tendenze suicidarie. Principali conseguenze psicologiche disturbi della sfera emotiva (depressione ed ansia); disturbi psicosomatici (nausea, cefalea, mal di stomaco, disturbi del sonno, anoressia); disturbo post traumatico da stress (disorganizzazione, sentimenti di vulnerabilità, sintomi depressivi, pianti, incubi, sfiducia negli altri); amplificazione dei vissuti post traumatici (vissuto di impotenza: senso di vulnerabilità, incapacità di controllare gli eventi negativi e di proteggersi, senso di vergogna); disturbi sul piano sessuale (sessualizzazione traumatica: il minore impara ad usare il comportamento sessuale per soddisfare bisogni non-sessuali); stigmatizzazione (percezione della diversità, rinforzata dalla reazione esterna alla scoperta dell’esperienza traumatica); senso di colpa (il minore sviluppa spontaneamente tale vissuto oppure è spinto dall’abusante che, convincendolo di essere l’artefice, ne ottiene il silenzio); vergogna (l’angoscia legata all’idea di essere esposti alla visione di tutti può portare il minore a strutturare idee suicidarie); paura (minaccia di mostrare le immagini come strumento di ricatto per mantenere il silenzio del minore). Il minore vive una forma di vittimizzazione, principalmente connessa alla distribuzione delle immagini online. Le conseguenze principali sono (Marotta, 2012): assenza di rispetto per se stesso; responsabilità personale e convinzione di non essere visto come vittima; paura per chi vedrà le proprie foto, per il giudizio dei pari e della famiglia, per l’anonimato dell’adescatore; coscienza che le sue immagini costituiranno l’eccitazione sessuale di vari soggetti e consapevolezza di non poter uscire da tale condizione. Oltre alle conseguenze già precedentemente approfondite, si evidenziano anche alterazioni nel rendimento scolastico, nella vita sociale ed affettiva del minore, in particolare sfiducia e diffidenza verso il prossimo ed incapacità di stabilire relazioni positive con i compagni, tendendo all’isolamento sociale. La prevenzione In un’ottica di prevenzione occorre muoversi su una dimensione educativa per intervenire sul comportamento dei giovani nell’utilizzo dei Nuovi Media, tenendo conto da un lato dei loro bisogni affettivi, sociali, di riferimento e di conoscenza e dall’altro, dei loro diritti, primo fra tutti il senso di appartenenza (Livingstone et al., 2012). I genitori non sempre dispongono di conoscenze necessarie per accompagnare bambini e ragazzi nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Il 42% dei genitori dichiara di saper utilizzare il pc “abbastanza”, il 34,9% afferma “poco” o “per niente”. Ciò comporta un’evidente sottovalutazione dei pericoli on line (Telefono Azzurro - Eurispes, 2011) Per questo occorre che anche la scuola si faccia carico del problema, come ambito “istituzionale” di intervento. Consigli utili per evitare le trappole tese da pedofili e adescatori (Winped, 2014): non fornire mai informazioni personali ad uno sconosciuto, anche se mostra un atteggiamento amichevole; mai recarsi ad un appuntamento con una persona che non si conosce; ascoltare e lasciare liberi i propri figli di poter sfogare eventuali disagi o ansie, in modo tale da cogliere i sintomi che possano mettere sull’avviso i genitori; in presenza di bambini più piccoli, usare dei software di protezione per monitorare l’uso che viene fatto di Internet. Inoltre, controllare periodicamente il contenuto dell’hard disk, verificando la “cronologia” dei siti web visitati; assicurarsi che i figli siano consapevoli che le persone incontrate online non sono sempre quelle che dicono di essere; parlare apertamente del rischio di imbattersi durante le attività online in potenziali malintenzionati; non entrare mai in siti “a pagamento” o dove è scritto “accesso vietato ai minori”; informare circa la possibilità di rivolgersi alle Autorità o ad associazioni di tutela dei minori, in caso di necessità. Intervento multidisciplinare Si sottolinea la necessità di collaborazione ed integrazione tra servizi e professionisti diversi, che deve avvenire sia sul piano dell’intervento su ogni singolo caso che sul piano dell’interazione istituzionale, utilizzando le reti già presenti nei vari territori e le forme di collaborazione individuate (linee guida, protocolli, ecc.). Occorre quindi attuare momenti di confronto tra la Polizia Postale, l’Autorità Giudiziaria e i Servizi territoriali socio-sanitari preposti alla tutela dei minori, per stabilire insieme percorsi, tempi e modalità di azione, in ogni fase dell’intervento. Può essere utile adottare un modello di intervento multidisciplinare che prevede (Jonsoon et al., 2009): interventi terapeutici familiari (in caso di abuso extrafamiliare, si rivela indispensabile il sostegno della vittima da parte dell’intero nucleo; in presenza di un abuso intrafamiliare, l’intervento sarà rivolto ai familiari protettivi e al genitore non abusante); interventi motivazionali (attivare delle strategie di rafforzamento della motivazione per incoraggiare le vittime ad accettare un percorso di cura, accompagnandole alla consapevolezza dell’abuso subìto); interventi terapeutici sulla vittima (elaborazione del trauma e ripristino della funzione di controllo su pensieri, ricordi, comportamenti e stati psicofici, in relazione a se stessi e agli altri); interventi terapeutici di gruppo (rivolti alle vittime e ai genitori per contrastare l’idea di essere soli, condividere le proprie esperienze e sostenersi a vicenda). 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