VOLUMI DI SFERE E CILINDRI: DA ARCHIMEDE AL CALCOLO
Transcript
VOLUMI DI SFERE E CILINDRI: DA ARCHIMEDE AL CALCOLO
VOLUMI DI SFERE E CILINDRI: DA ARCHIMEDE AL CALCOLO INTEGRALE “Anche quando certe conoscenze matematiche si sono obliate del tutto, rimane saldo l'abito del rettamente ragionare, il gusto per le dimostrazioni eleganti, il disinteresse e l'indipendenza nel giudicare, il pensiero logico disciplinato, lo spirito scientifico acuito, la precisione dell'espressione, la saldezza dei convincimenti, il senso del vero.” Giovanni Antonio Colozza (1857-1943) GIOVANNI KEPLERO Keplero, anche se viene spesso ricordato per le sue famose “Tre Leggi” sul moto dei pianeti, fu un eccellente matematico i cui studi spaziarono dai poliedri semiregolari e stellati al calcolo dei volumi dei solidi di rotazione. Nella sua opera Stereometria archimedea (Nova stereometria doliorum vinariorum, 1615) Keplero dimostra alcuni teoremi di Archimede. Vediamo come dimostra la Proposizione 34 contenuta nell’opera archimedea Sulla sfera e il Cilindro, ossia che “il rapporto tra il volume del cilindro e della sfera inscritta è 3/2”. C.H. Edwards scrive:” Kepler's approach in [his Stereometria was] to dissect a given solid into an … infinite number of infinitesimal pieces, or solid 'indivisibles', of a size and shape convenient to the solution of the particular problem” Keplero divide il solido, di cui vuole calcolare l’area o il volume, in un “infinito” numero di elementi infinitesimi (indivisibili). Con riferimento alla figura, egli considera la sfera di diametro GB costituita da infiniti coni retti aventi il centro nel centro A della sfera e le basi, piccole a piacere, poste sulla superficie della sfera. Se tali coni vengono posti uno vicino all’altro si ottiene un cono BDC, che ha per base un cerchio equivalente alla superficie della sfera (perché formato dalle basi dei coni precedentemente considerati) e altezza pari al raggio della sfera. Quindi il volume della sfera di diametro GB sarà pari al volume del cono così costruito BDC: Poiché la superficie di una sfera è quadrupla del cerchio di raggio massimo, della sfera stessa, il raggio BH del cerchio di base del cono deve essere doppio del raggio AG della sfera; infatti se ( ) { Ma il volume di un cono è 1/3 del volume del cilindro che ha uguale raggio di base e uguale altezza, per cui risulta: Osservando che il cilindro AICB ha raggio doppio di quello del cilindro NKL (e dunque area di base quadrupla) ma altezza pari alla metà di quelli del cilindro NKL, si può dedurre che il volume del cilindro AICB è doppio del volume del cilindro NKL: ( ) Inoltre: Keplero osserva poi che “dividendo il cilindro AICB in 6 parti, dalla metà di queste, ovvero 3 parti, si ottiene il cilindro KLB, invece da un terzo di queste 6, ovvero 2 parti si ottiene la sfera GB. Dunque il cilindro KLB sta alla sfera in esso inscritta GB come 3 sta a 2”. Per spiegare tale affermazione osserviamo che: : è metà delle 6 parti in cui potrei dividere AICB : è un terzo delle 6 parti in cui dividerei AICB Ossia { Quindi il volume del cilindro NKL circoscritto alla sfera di raggio AG è pari ai 3/2 del volume della sfera stessa: CAVALIERI E GLI INDIVISIBILI La moderna teoria dell’analisi infinitesimale e dell’uso degli integrali per il calcolo di aree e volumi, si presenta come una continuazione da un lato dell’antico metodo di esaustione di Eudosso e di Archimede e dall’altro di quella eccellente combinazione di ragionamenti meccanici, infinitesimali e geometrici che troviamo all’interno Metodo. Infatti Archimede, riprendendo la teoria atomica di Democrito, all’interno del Metodo, aveva pensato ogni figura composta o riempita da tutti i suoi elementi, gli “indivisibili”, a cui poi aveva attribuito un “peso reale”, considerando quindi linee e piani paralleli come “fili” e “lastre pesanti”; dall’analisi delle condizioni necessarie per il loro equilibrio, con una leva, Archimede aveva dedotto la misura di superfici (come l’area di un segmento parabolico) e volumi (sfera e cilindro). Archimede nella Quadratura della parabola aveva poi trovato l’area di un segmento parabolico “riempiendo” la figura con triangoli sempre più piccoli e nell’opera Sulla sfera e il Cilindro aveva trovato l’area della superficie sferica e il suo volume considerando dapprima un numero sempre maggiore di poligoni inscritti e circoscritti ad una circonferenza e poi calcolando i volumi dei solidi ottenuti dalla loro rotazione. Non c’è, ovviamente, al termine di tali costruzioni nessun moderno “passaggio al limite”: la dimostrazione dell’uguaglianza tra aree o volumi viene fatta utilizzando il metodo di esaustione. L’analisi infinitesimale, che si può perciò pensare iniziata con Archimede, viene portata avanti nel 1600 da Evangelista Torricelli (1608-1647) e da Bonaventura Francesco Cavalieri (1598-1647). Il Teorema Fondamentale del calcolo integrale viene solitamente attribuito a Torricelli e all’inglese Isaac Barrow (1630-1677), anche se in realtà Torricelli calcolò solo alcuni integrali utilizzando le primitive di una funzione e Barrow non riuscì a generalizzare quanto trovato in alcuni calcoli con le tangenti. Bonaventura Cavalieri, 1598-1647, fu un religioso milanese che si dedicò alla matematica dopo la lettura dei Libri di Euclide e dopo un incontro con Galileo di cui si considerava discepolo. Cavalieri elaborò proprio le idee di Galilei e di altri matematici e introdusse il Metodo degli indivisibili, per il calcolo di aree e volumi, pubblicandolo nell’opera Geometria indivisibili bus continuo rum nova quandam ratione promota (1635). La teoria sviluppata da Cavalieri si basa sull’idea che una figura piana convessa sia formata da tante corde, che essa intercetta su un fascio di rette parallele; in seguito ciascuna di tali corde è pensata come un rettangolo avente per base la corda stessa e un'altezza piccolissima (sono gli indivisibili di area). Analogamente una figura solida convessa è pensata formata dalle sezioni piane che essa intercetta su un sistema di piani paralleli; in seguito ciascuno di questi piani è pensato come un cilindro avente come base la sezione e un’altezza piccolissima (sono gli indivisibili di volume). Cavalieri utilizza questa teoria per calcolare aree e volumi, come somma di un “numero sufficientemente grande” di indivisibili. Il noto Principio di Cavalieri (degli indivisibili) sintetizza la teoria sviluppata dal matematico italiano: "Se due solidi hanno uguale altezza e se le sezioni tagliate da piani paralleli alle basi e ugualmente distanti da queste stanno sempre in un dato rapporto, anche i volumi dei solidi staranno in questo rapporto." In particolare se le sezioni tagliate da piani paralleli alle basi e ugualmente distanti da queste sono equivalenti (cioè hanno la stessa area) allora anche i volumi dei due solidi, aventi uguali altezze, saranno uguali. Per esempio, con riferimento alla figura, il volume di un prisma a base triangolare è uguale a quello di un cilindro avente la stessa altezza e area di base pari a quella del triangolo. E’ dunque possibile calcolare il volume di un solido sommando un numero sufficientemente grande di questi indivisibili di volume (cilindri avente come base la sezione e un’altezza piccolissima) e dedurre il volume di altri solidi sfruttando proprio l’equivalenza degli indivisibili di volume che li costituiscono. LA SCODELLA DI GALILEO GALILEI Galileo Galilei (1564-1642) nei Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze (1638), descrive la costruzione di un solido che chiama scodella, considerando una semisfera di raggio r e il cilindro ad essa circoscritto. La scodella si ottiene togliendo la semisfera dal cilindro. Egli dimostra che la scodella ha volume pari al cono avente il vertice O coincidente con il centro della base superiore del cilindro e la base coincidente con l’altra base del cilindro. Galileo, riguardo la scodella, scrive così: “La specolazione mi par tanto gentile e peregrina, che io, quando ben potessi, non me gli vorrei opporre, ché mi parrebbe un mezzo sacrilegio lacerar sì bella struttura, calpestandola con qualche pedantesco affronto: però per intera sodisfazione recateci pur la prova, che dite geometrica, del mantenersi sempre l’egualità tra quei solidi e quelle basi loro, che penso che non possa esser se non molto arguta, essendo così sottile la filosofica meditazione che da tal conclusione depende.” Per dimostrare anche noi, che la scodella ha volume pari al cono avente il vertice O coincidente con il centro della base superiore del cilindro e la base coincidente con l’altra base del cilindro, utilizziamo il moderno linguaggio geometrico e il Principio di Cavalieri. Con riferimento alla figura sia AH=OH=r il raggio del cilindro e della semisfera in esso inscritta. Tracciamo un piano parallelo alla base del cilindro passante per un punto P dell’asse OH del cilindro stesso, e posto OP=h, e dimostriamo che la sezione del cono e quella della scodella con tale piano sono equivalenti. La sezione del cono con tale piano ha un’area pari a . Il triangolo OHA è un triangolo rettangolo isoscele, avendo i cateti congruenti, e quindi i suoi angoli acuti misurano 45°. Il triangolo OPQ è simile al triangolo OHA, poiché hanno gli angoli in H e in P retti, l’angolo in O in comune e gli angoli acuti alla base congruenti ( le rette parallele AH e PQ tagliate dalla trasversale OA formano angoli corrispondenti congruenti). Quindi il triangolo OPQ è isoscele, da ciò possiamo dedurre che Perciò l’area della sezione del cono è : La sezione della scodella con tale piano è una corona circolare. Per calcolarne l’area facciamo la differenza fra l’area A del cerchio di raggio PM e l’area A1 del cerchio di raggio PN. Quindi . Ma e √ √ [ Quindi (√ ) all’area della sezione del cono, come volevamo dimostrare. ( )] cioè pari La scodella e il cono possono essere pensati “riempiti” dalle loro sezioni. Avendo i due solidi la stessa altezza r, il Principio di Cavalieri ci permette di concludere che la scodella ha volume pari al cono avente il vertice O. IL MODERNO CALCOLO INTEGRALE L’analisi infinitesimale, sviluppata da Cavalieri, è stata poi portata avanti da Isaac Newton (1643-1727) e G.W. Leibniz (1646-1716) con l’uso sistematico del Teorema Fondamentale del calcolo integrale, mostrando lo stretto legame tra integrazione e derivazione e aprendo la via all’uso delle equazioni differenziali come strumento matematico più adatto ad esprimere le leggi della fisica. Leibniz introduce il segno d’integrale che noi oggi utilizziamo, ingrandimento della lettera S, che ricorda proprio che un integrale definito è la “somma” di rettangoli infinitesimi Nel corso del XVIII i matematici Bernulli, Eulero, D’Alambert e Lagrange si occupano soprattutto della ricerca degli integrali indefiniti. All’inizio del 1800 Augustin Louis Cauchy (1879-1857), oltre a dare importanti contributi sulle equazioni differenziali, dimostra in modo rigoroso i teoremi dell’analisi infinitesimale, utilizzando i concetti di limite di una funzione e di continuità. In seguito il matematico tedesco George Friedrich Bernhard Riemann (1826-1866) generalizza la nozione d’integrale in modo da poterla applicare a funzioni che presentino qualche discontinuità. Gli indivisibili di area di Cavalieri possiamo pensarli, con il moderno linguaggio dell’analisi, come delle figure piane geometriche di spessore infinitesimo la cui area è calcolata come l’area del rettangolo di base f(x) e altezza dx, ed è quindi rappresentato dal prodotto f(x)dx (vedi nella sezione Quadratura della parabola) Analogamente gli indivisibili di volume di Cavalieri possiamo pensarli, con il moderno linguaggio dell’analisi, come delle figura geometriche solide di spessore infinitesimo, il cui volume è calcolato come il volume di un cilindro avente raggio di base f(x) e altezza dx, ed è quindi rappresentato dal prodotto πf2(x)dx. Vediamo il loro utilizzo nel calcolo del volume di un solido di rotazione. Consideriamo una funzione y=f(x) di grafico , continua in un intervallo [a; b], in cui f(x)>0. Chiamiamo trapezoide T la parte di piano delimitata dal grafico , dall’asse x e dalle rette x=a e x=b. Se facciamo ruotare il trapezoide attorno all’asse delle x di 360° otteniamo un solido, di cui vogliamo calcolare il volume V. Dividiamo l’intervallo [a; b] in un numero n “sufficientemente” grande di parti uguali, di ampiezza e indichiamo con mi e Mi rispettivamente il minimo e il massimo assunto dalla funzione in ciascuno di tali intervalli (osserviamo che essendo la funzione continua in un intervallo chiuso e limitato [a; b] e quindi anche in ciascuno di tali intervalli, per il Teorema di Weierstrass ammette in essi massimo e minimo assoluti). Costruiamo quindi il plurirettangolo inscritto nel trapezoide: esso è formato da n rettangoli che hanno come base e altezza ( ) essendo xi l’ascissa del punto di minimo mi. La sua area approssimerà per difetto l’area del trapezoide T. Costruiamo poi il plurirettangolo circoscritto al trapezoide: esso è formato da n rettangoli che hanno come base e altezza ( ) essendo x’i l’ascissa del punto di massimo Mi. La sua area approssimerà per eccesso l’area del trapezoide T. Se ruotiamo di 360° attorno all’asse x i due plurirettangoli otteniamo due pluricilindri, rispettivamente inscritto e circoscritto, di volume Vn e V’n, che approssimano rispettivamente per difetto e per eccesso il volume V del solido ottenuto dalla rotazione del trapezoide attorno all’asse x. Il pluricilindro inscritto è formato da n cilindri che hanno come base dei cerchi di raggio ( ) e quindi di area ( ) e altezza Il pluricilindro circoscritto è formato da n cilindri che hanno ( come base dei cerchi di raggio ( ) e quindi di area altezza . Riconosciamo in essi gli indivisibili di volume di Cavalieri. ∑ Risulta: ( ) ∑ ∑ ( ) ) e ∑ con Aumentando il numero n degli intervalli e quindi considerando cilindri di altezza sempre più piccola, il volume del pluricilindro inscritto aumenta e quello del pluricilindro circoscritto diminuisce, approssimando sempre meglio il volume V del solido. Si possono perciò costruire due successioni i cui termini generali sono, rispettivamente, Vn e V’n; esse sono, rispettivamente, crescenti e decrescenti e anche superiormente e inferiormente limitate da V. Le due successioni convergono, “per n che tende a infinito”, ad un valore comune che è il volume V cercato: ∑ ( ) ∑ ∫ ( ) ( )