4 - TÜV Italia

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4 - TÜV Italia
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TÜV SÜD Journal
Il cuore pulsante della tecnologia 4
Imprese senza confini 15
Fedegari, l’industria dei pezzi unici 16
Bonfiglioli, internazionalizzare è sano 20
Sacmi, da Imola al Guangdong 25
www.tuv.it
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www.tuev-sued.com
Caro lettore,
Il settore sanitario è un mercato in crescita a livello
internazionale. Le previsioni dell’OCSE, l’Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico, indicano che
l’incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo
passerà dal 9% al 15% entro il 2020 negli stati membri,
esclusi gli Stati Uniti. Le aziende del settore sanitario sono
note per le loro capacità innovative, superiori rispetto alla
media e investono in R&D circa il 9% del loro fatturato.
E questo impegno ripaga: malattie che sembravano
incurabili fino ad alcuni decenni fa, oggi possono essere
trattate efficacemente. Molti progressi sono stati compiuti in
ambito chirurgico grazie alle nuove tecniche e tecnologie: 20
anni fa, i tempi medi di un ricovero per un’operazione di ernia
erano di circa tre settimane, oggi dura solo pochi giorni.
La nostra storia di copertina esplora le nuove tendenze
tecnologiche che il settore sanitario sta adottando (p. 4-8).
Il tema è stato selezionato per una buona ragione: TÜV SÜD
offre un’ampia gamma di servizi per il settore sanitario sia
nell’ambito dei Sistemi di Gestione che in quello della
certificazione di prodotto per i dispositivi medici.
Nello svolgere le nostre attività facciamo del nostro meglio
per proteggere la salute delle persone dalle malattie e per
guarirle. È un lavoro carico di responsabilità. Dopo tutto, ci
sono migliaia di malattie, ma la salute è una sola.
Spero che questo numero sia di suo gradimento.
4 Hi tech in medicina
Storia di copertina
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Dr. Ing. Axel Stepken
Presidente del Consiglio d’Amministrazione
TÜV SÜD AG
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Medicina hi tech: da robot chirurgici ed ospedali del futuro
a cellule umane rinnovabili
Italia, il futuro è già qui
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www.tuv.it
14 L’industria dei pezzi unici
18 Internazionalizzare è sano
Sezione italiana
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L’opinione di Andrea Vivi
Fedegari Autoclavi, l'industria dei pezzi unici
Bonfiglioli Riduttori, internazionalizzare è sano
Sacmi, da Imola al Guangdong
News
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23 Da Imola al Guangdong
TÜV Italia accreditata ISO/IEC 20000-1
A TÜV Italia il Child Guardian Award di Terre des Hommes
TÜV SÜD Cina verifica le turbine per un’energia eolica sicura
TÜV SÜD America ha firmato un contratto annuale con Ford
Le attività di TÜV SÜD
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Energia per il futuro
ALCANTARA S.p.A. è “Carbon Neutral”
info
EDITORE:
TÜV Italia Srl
Via G. Carducci, 125 pal. 23
20099 Sesto San Giovanni (MI)
REDAZIONE:
Via G. Carducci, 125 pal. 23
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supervisione generale:
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PUBBLICATO TRIMESTRALMENTE:
Copie, inclusi gli estratti, solo su
concessione dell’editore.
DIRETTORE RESPONSABILE:
Emilia Pistone
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IMMAGINI:
Andreas Kühlken (Copertina, 2), Corbis
(4, 5, 7, 8, 11, 12), Experimental - OP
Tübingen (6), Novatec Biosol (30, 31),
Stock.xchng (28), archivio TÜV SÜD (9).
FOTO DI COPERTINA:
la medicina hi tech diventa realtà nella
sala operatoria sperimentale di Tübingen.
TIPOGRAFIA:
Gam Edit Srl
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24035 Curno (BG)
IMPAGINAZIONE:
TÜV Italia Srl
Via G. Carducci, 125 pal. 23
20099 Sesto San Giovanni (MI)
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Storie I Hi tech in medicina
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Il cuore pulsante
della tecnologia
La medicina moderna diventa sempre più tecnologica: robot chirurgici manovrano bisturi con una precisione
inimmaginabile. Cellule cutanee e ossee vengono coltivate artificialmente in laboratorio e gli esperti sottopongono
i dispositivi medicali a speciali procedure di controllo nell’unica sala chirurgica sperimentale al mondo.
L
Oggi le tecniche chirurgiche sono
molto poco invasive. Gli strumenti
endoscopici permettono di
compiere piccolissime incisioni.
a scena in una sala chirurgica di Monaco sembra
quella di un romanzo di fantascienza. Il paziente giace
sul tavolo, coperto da un lenzuolo verde. Tre piccoli tubicini
emergono dal corpo del paziente. A pochi metri di distanza un
chirurgo è in piedi su una piattaforma dotata di console, dinanzi
a lui due monitor. Lentamente, il chirurgo manovra la leva di
controllo con una mano e con l’altra porta lo zoom
sull’immagine della cavità addominale del paziente, un’area di
un rosso intenso. Il vero lavoro - tagliare, plasmare e suturare viene effettuato da qualcun altro: il “Da Vinci”, un robot
chirurgico che oggi viene utilizzato con grande successo in
urologia, ci racconta il Prof. Dott. Hubertus Fußner della
Klinikum rechts der Isar.
minimo. Tuttavia, a Fußener non piace usare qui la parola
“robot”. Preferisce parlare di Mechatronic Assistance Systems
(sistemi di assistenza “mechatronic”). E questo è comprensibile
visto che il debutto dei robot nella storia della medicina non è
stato particolarmente un successo. Alla metà degli anni ‘90 il
“Robodoc” ha cominciato ad eseguire interventi di trapianto
dell’anca sull’uomo. Solo in Germania sono stati eseguiti 6000
interventi di questo tipo. I pazienti operati da “Robodoc” hanno
avuto esiti peggiori rispetto a quelli operati da chirurghi umani.
Muscoli e tessuti circostanti risultavano danneggiati, ricorda il
Dott. Fußner. Oggi “Robodoc ha perso la licenza ad operare in
quasi tutti gli ospedali.
Nemmeno il “Da Vinci” ha avuto subito successo. Non è
stato all’altezza né in chirurgia cardiaca né in quella
Questo collega “HI Tech” ha una serie di punti di forza: non addominale. Ma poi, quando è stato utilizzato in urologia ha
si stanca mai e mantiene il tremore tipico della mano umana al avuto successo. Grazie alla sua precisione, i danni alle fasce
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Storie I Hi tech in medicina
Un cuore ad alta tecnologia: i Mechatronic Assistant Systems come il robot chirurgico “Da Vinci” già operano sui pazienti in sedi quali l’Università del Chicago Medical Center. Per garantire sterilità,
le braccia del robot sono avvolte in pellicole di plastica. L’intervento viene mostrato su diversi monitor, e gli infermieri rimangono in attesa per porgere gli strumenti che si rendono necessari.
nervose della regione pelvica - una regione sensibile - possono
essere evitati. Ma l’apparecchiatura è costosa, un “Da Vinci”
costa circa € 1,5 milioni e i costi di manutenzione sono a
cinque cifre.
Il chirurgo continuerà a svolgere un ruolo cruciale
In futuro la chirurgia verrà eseguita in maniera totalmente
automatizzata tramite sistemi assistiti? “No” dice Fußner con
certezza. “I chirurghi umani continueranno a svolgere un ruolo
cruciale in futuro”. I pazienti ripongono la propria fiducia nel
chirurgo. “Dopo tutto vi sono limiti all’intelligenza dei
dispositivi. Il sistema di assistenza dipende dalla bravura del
chirurgo che lo manovra” dice Fußner. “Questo particolare
sistema di assistenza Mechatronic avrà successo soltanto se
collocato in un contesto intelligente”. E questo richiede
sempre l’aiuto umano. Gli assistenti ad alta tecnologia per
esempio non saranno mai in grado di scambiarsi gli
strumenti da soli. Sarà sempre necessaria l’assistenza di
infermieri. Anche nell’operazione di sutura delle incisioni i
robot richiederanno un diretto supporto umano.
Fußner attualmente sta conducendo ricerche sulla
chirurgia del futuro. Con NOTES, un sistema di endoscopia,
sarà normale eseguire interventi di chirurgia all’addome
senza fare incisioni. Tre tubicini insieme a due braccia ad
“artiglio” ed un braccio con telecamera utilizzeranno gli orifizi
naturali del corpo - bocca, naso e ano - come accesso per i
chirurghi. I tubicini verranno inseriti nel corpo e l’intervento
sarà eseguito endoscopicamente. NOTES è ancora nella fase
di sviluppo, e Fußner è ottimista: niente più incisioni, tempi
contatto
Prof. Dr. Sabine Kloth
TÜV SÜD Product Services
+49-89-5008-4439
+49-89-5008-4003
[email protected]
www.tuev-sued.de/magazine
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Storie I Hi tech in medicina
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di recupero più brevi e niente più cicatrici. Ancora però si
rendono necessari collaudi approfonditi prima che questi
dispositivi sofisticati possano essere utilizzati sui pazienti.
Un Check-Up completo
I collaudi delle attrezzature medicali Hi-Tech vengono
effettuati a Tübingen, una città della Germania meridionale.
L’unica sala chirurgica sperimentale al mondo è stata allestita
in una ex fabbrica alla periferia della città universitaria. Una
struttura all’avanguardia, le cui attrezzature medicali possono
essere testate in condizioni di reale operatività. Sul vetro della
porta che conduce nell’ufficio dei Dott. Ulrich Matern e Martin
Sherrer si legge: “Germania - paese delle idee, Selected Site
2008”. Matern, durante la visita alla struttura, ci dice: “Quello
che abbiamo qui è tecnologia pura allo stato dell’arte”. La sala
è dotata di attrezzature per un valore di € 4 milioni.
Il settore della tecnologia medicale sta vivendo il suo
boom, e la ricerca avviene a ritmi molto elevati. La metà di
tutti i prodotti tecnico - medicali ha meno di due anni. In
Germania vi sono circa 1.000 aziende attive in questo settore,
che danno lavoro a 250.000 persone. Il continuo sviluppo della
tecnologia presenta un’importante sfida per molti medici. “I
dispositivi diventano sempre più complessi, e funzioni sempre
nuove sono studiate per assistere il personale chirurgico”, dice
Matern. Ad un certo punto della sua carriera il chirurgo ha
cominciato a provare frustrazione per le condizioni di non
praticità della sala chirurgica e per le difficoltà di utilizzo delle
attrezzature. Ha quindi deciso di studiare la possibilità di
rendere più ergonomiche, più pratiche o semplicemente
migliori le sale operatorie. Oggi i produttori possono collaudare
i propri dispositivi presso la struttura del Dott. Matern e dei
suoi colleghi.
L’ospedale del futuro
“Per me la sala operatoria del futuro è un luogo in cui sarà
facile lavorare”, dice Matern. Purtroppo la realtà è spesso
molto diversa. Gli ospedali sono pieni di una quantità enorme
di macchine e attrezzature. “Ogni sala chirurgica è dotata di
circa 50 dispositivi tutti prodotti da aziende diverse. Io vorrei
che le sale fossero dotate di un unico sistema che fosse
certificato.” continua Matern e conclude: “La nostra visione è
di avere un unico sigillo di approvazione sulla porta della sala
operatoria”.
Attualmente, Matern sta sviluppando le norme per
l’utilizzo dei dispositivi medicali. “I problemi di facilità d’uso
spesso cominciano a manifestarsi soltanto dopo che
l’apparecchiatura è stata installata”, dice Dirk Buchel,
assistente alla ricerca. Quasi il 50% di tutti i problemi
riguardanti l’operatività dei dispositivi medicali segnalati
all’Istituto Tedesco dei Farmaci e dei Dispositivi Medicali negli
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Storie I Hi tech in medicina
In una sala operatoria sperimentale a Tübingen,
in Germania, i produttori testano i loro dispositivi
medicali in condizioni reali (a sinistra).
Nella biologia molecolare, viene coltivato in vitro
tessuto umano ingegnerizzato (a destra).
di ritardo e correttezza di dosaggio del farmaco. Tutti questi
problemi potrebbero rivelarsi questioni di vita o di morte se si
verificassero durante le condizioni di stress di un vero
intervento chirurgico. Il collaudo nella sala chirurgica
sperimentale ha fatto emergere questi problemi e siamo così
stati in grado di trovare la soluzione”, conclude Buchel.
Il boom delle biotecnologie
ultimi sei anni riguardano l’aspetto dell’utilizzo.
Un esempio di questo tipo di problema è quello di un
dispositivo creato per manovrare le siringhe testato
recentemente qui a Tübingen. La pompa è stata progettata per
la somministrazione di farmaci di importanza vitale per il
paziente in momenti critici nel corso dell’intervento chirurgico.
Durante il collaudo sono stati riscontrati problemi
nell’inserimento della siringa. Si sono verificati anche problemi
Uno studio esaustivo pubblicato dal Ministero
dell’Istruzione e della Ricerca in Germania nel 2005 ha
individuato tre importanti tendenze nella tecnologia medica.
La prima è l’aumento dell’informatizzazione, la seconda è la
tendenza alla miniaturizzazione, in altre parole all’utilizzo di
tecniche e dispositivi sempre più sofisticati, e la terza è la
molecolarizzazione, ovvero l’uso di biotecnologie.
I progressi compiuti nell’area della medicina rigenerativa
sono stati straordinari negli ultimi anni. Un esempio è la
coltivazione in laboratorio di cellule cutanee e condrociti umani.
La spinta del progresso medico
Una nuova tecnologia ha salvato la vita di Arne Larsson nel 1958. Questo paziente
Monaco, la tecnologia medica è al primo posto tra i settori con il più elevato numero
svedese è stata la prima persona a ricevere un pacemaker cardiaco. Durante
di invenzioni con oltre 15.700 brevetti. Un altro aspetto che non va dimenticato sono
l’intervento i chirurghi hanno aperto il torace di Larsson e suturato gli elettrodi
gli interessi economici nel settore della sanità. Gli occupati in questo settore sono 4,4
direttamente al muscolo cardiaco. I dispositivi riuscivano ad emettere impulsi elettrici
milioni e la spesa sanitaria è di € 245 miliardi. “C’è poi un altro aspetto da ricordare:
al cuore per sole 24 ore prima di dovere essere sostituiti.
nella ricerca ogni quesito a cui si trova una risposta genera a sua volta altri due
Oggi i dispositivi salvavita sono dotati di congegni ad alta tecnologia e sono
quesiti”, dice il professore.
estremamente efficienti. Inoltre le tecniche chirurgiche utilizzate per l’impianto sono
“Noi professionisti della
molto poco invasive. E questo è un esempio del rapido progresso compiuto in ambito
medicina
medico. ”La spinta principale al progresso medico ha a che fare con una questione
certamente non
etica. Il nostro compito è di curare meglio i nostri pazienti”, dice il Prof. Dott. Ing.
ci annoieremo
Marc Kraft dell’Istituto delle tecnologie mediche alla Technische Universitat di Berlino.
in futuro”.
La tecnologia medica, settore innovativo e dinamico, svolge un ruolo importante a
questo riguardo. Le aziende di tecnologia medica investono circa il 9% del loro
fatturato in ricerca e sviluppo. Secondo il parere dell’Ufficio Europeo dei Brevetti di
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Storie I Hi tech in medicina
TÜV SÜD: al servizio della salute
Collaudi di prodotto
Ricerca clinica
I dispositivi medicali, gli impianti e i prodotti per la diagnosi in vitro devono
Prima di essere inviato alle farmacie, un farmaco deve superare anni di
soddisfare norme molto rigorose prima di potere essere immessi sul mercato.
collaudo. TÜV SÜD Life Science assiste le aziende farmaceutiche nella
Uno dei più importanti enti di certificazione al mondo, TÜV SÜD Product
pianificazione, esecuzione e valutazione degli studi clinici.
Service, determina la soddisfazione dei requisiti di approvazione per prodotti
quali pacemaker, siringhe, cateteri e sistemi di risonanza magnetica.
Gestione sanitaria in azienda
Le aziende sono fortemente interessate a ridurre il tasso di assenteismo sul
Gestione qualità
posto di lavoro. TÜV SÜD Life Science assiste le aziende nel creare sistemi di
Sul mercato molto competitivo della sanità, i processi di lavorazione ottimizzati
gestione sanitaria globali per la salute fisica e psicologica dei propri
e una migliore assistenza generano vantaggi competitivi e una maggiore
dipendenti.
sicurezza per il paziente. Il legislatore richiede sempre più che gli ambulatori
medici e gli ospedali creino sistemi di gestione della qualità. In questo ambito,
Formazione iniziale e specialistica
TÜV SÜD Management Service è un partner qualificato in grado di costituire e
TÜV SÜD Academy offre corsi per i professionisti del settore sanitario su
certificare sistemi di gestione della qualità.
argomenti quali la prevenzione, le biotecnologie e la protezione da radiazioni.
“Con l’aiuto delle cellule staminali si potranno sviluppare
metodi terapeutici tradizionali. L’organismo non riconosce le
prodotti per la sostituzione dei tessuti malati o danneggiati”,
cellule prodotte in laboratorio come geneticamente diverse in
dice la Prof. Dott. Sabine Kloth, specialista nella gestione della
quanto derivate dal corpo stesso del paziente. Non c’è rigetto
qualità dei prodotti clinici alla TÜV SÜD Product Services. Il
e il trapianto in generale si rivela un successo. L’epidermide si
processo si chiama ingegnerizzazione dei tessuti. Queste
rigenera così come la crescita ossea. “Però, questo tipo terapia
tecniche vengono già utilizzate per la produzione dell’epidermide
cellulare è molto costosa”, dice Kloth.
o per sostituire condrociti e tessuti ossei distrutti. L’impianto di
protesi ben presto sarà cosa del passato.
La visione degli scienziati è quella di sviluppare organi
Sono necessari fino a tre mesi per la crescita dei tessuti.
I prodotti frutto di ingegneria tissutale costano – a seconda del
tipo e dimensione – tra i € 10.000 e € 100.000. “Proviamo ad
pienamente funzionali che potranno essere trapiantati sui
immaginare il risultato, se fosse possibile sottoporre i pazienti
pazienti. La coltura di valvole cardiache e di trachee è già una
a terapia impiantando i condrociti. Ciò significherebbe evitare
realtà in fase sperimentale. Le terapie che si avvalgono dei
ai pazienti lunghe e costose terapie del dolore. Un risultato di
tessuti del paziente presentano molti vantaggi rispetto ai
grande valore per il paziente”.
Costoso da produrre, ma efficace per il paziente: tessuto ingegnerizzato.
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Nel nostro Paese la chirurgia robotica ha compiuto dieci anni, nel mondo siamo secondi solo agli Stati Uniti.
Opportunità, limiti, regole: la parola al chirurgo ed esperto di Qualità in Sanità Stefano Bartoli.
Italia, dopo gli Stati Uniti, è il primo paese nel mondo, non
solo per numero di robot installati in ambito chirurgico attualmente sono 41 - ma anche per numero e qualità degli
interventi eseguiti, pertanto il futuro è già qui. Il percorso è partito
dal rivoluzionario concetto di “mini-invasività” che, vanificando
l’aforisma “grande taglio grande chirurgo”, ha portato allo sviluppo
di tecnologie sempre più avanzate culminate, per il momento, nella
“chirurgia robotica”, che permette di realizzare tutti i tipi di
interventi, soprattutto quelli più complessi e, grazie ad un sistema di
filtrazione del tremore umano ed una scala di precisione dei
movimenti, di rendere l’atto chirurgico oltre l’estrema precisione e
delicatezza proprie dell’uomo chirurgo.
Un pioniere, il Professor Pier Cristoforo Giulianotti della
University of Illinois di Chicago, ha aperto il suo intervento alla
serata di celebrazione del Decennale della chirurgia robotica in Italia,
che si è tenuta a Milano lo scorso 1° dicembre, ricordando che “La
chirurgia robotica, o meglio, “robot-assistita”, consente ai chirurghi
di affrontare gli interventi più complessi della chirurgia generale e di
quelle specialistiche, mantenendo la mini-invasività, con indubbi
benefici per il paziente, permettendo una chirurgia “cosmetica”,
selettiva, mini-traumatica e di massima precisione. Con la chirurgia
robotica si è aperta, dunque, una strada senza ritorno verso un
futuro che riserva infinite possibilità in termini di evoluzione
tecnologica, a beneficio della salute dei pazienti”.
I traguardi della chirurgia robotica sono evidenti in chirurgia
generale, cardiochirurgia, urologia, chirurgia toracica, chirurgia
ginecologica, otorinolaringoiatria, chirurgia pediatrica e nei trapianti:
nel dicembre del 2008, utilizzando il robot “Da Vinci”
(www.abmedica.it), è stato effettuato il primo trapianto di un rene
da donatore vivente in Italia e il secondo in Europa, presso l’Azienda
Ospedaliero-Universitaria Sant’Anna di Pisa. Ma la chirurgia robotica
è anche l’inizio della virtualizzazione totale: apre le porte a un futuro
prossimo di interventi eseguiti a distanza, fra diverse città, diversi
paesi e diversi continenti, attraverso una “connessione di
comunicazione” che media a vario livello le azioni.
Tuttavia, nella chirurgia robotica formazione ed esperienza
specifica, insieme con la valutazione della qualità dei risultati, sono
L’
requisiti necessari per poter garantire il beneficio delle cure
promesso. A fronte di questa crescente evoluzione tecnologica, la più
importante sfida del futuro è quindi l’adeguamento del training,
stimolato anche dall’aumentata richiesta di formazione in chirurgia
robot-assistita. In tal senso, in Italia è presente un modello di
eccellenza: la Scuola ACOI (Associazione dei Chirurghi Ospedalieri
Italiani), inaugurata a Grosseto nel 2004 dal Professor Giulianotti,
primo esempio di Scuola Internazionale di Chirurgia Robotica in
Europa, e tuttora principale punto di riferimento per chi desiderasse
accostarsi a questa disciplina. L’ACOI - spiega in una nota Rodolfo
Vincenti, Presidente dell’Associazione - ha da tempo sentito la
necessità di fornire ai chirurghi un percorso di apprendimento delle
tecnologie robotiche più avanzate, strutturata su due differenti livelli,
di base ed avanzato, con percorsi di partecipazione alle attività di
sala operatoria e di esercitazioni pratiche su modelli sperimentali su
animale e in laboratorio. I discenti hanno così la possibilità di
affrontare la conoscenza della tecnologia e di applicare tale
conoscenza con le differenti tecniche necessarie.
Ogni avanzamento della ricerca può portare ad un beneficio, ma
mette nelle mani dell’uomo strumenti sempre più sofisticati e
potenti, potenzialmente pericolosi. Anche la chirurgia “robotassistita”, dove il robot non è un assemblatore, ma un “mediatore di
gesti umani”, presenta sfide non solo nella sua applicabilità alle
diverse patologie, alla sua validazione gestionale, nell’ottica di un
equilibrio tra costi e benefici, ma anche nel campo del diritto e
dell’etica. La scienza deve necessariamente porsi domande sul valore
sociale di ciò che fa, sul suo impatto ambientale ed economico,
politico ed etico: una scienza “socially accountable” ovvero
socialmente responsabile del suo operare, si realizza negoziando e
discutendo attraverso una “corretta” e non sensazionalistica
comunicazione.
All’”International Conference on Robotics and Automation” del
2007, venne introdotto il concetto di “Robo-etica”, partendo dalla
costatazione “Ubiquitous Robotica“, ovvero la capillare presenza degli
automi nella nostra società e la grande possibilità di applicazioni nei
campi più diversi, con abilità fino a qualche decennio prima neppure
immaginabili. È verosimile che con il tempo si genereranno robot con
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Storie I Hi tech in medicina
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capacità di autoapprendimento sempre maggiori. Avremo robot
capaci di “decidere“, condizione condivisa con l’essere umano.
È immediato che in medicina, uno dei problemi possa essere
quello di stabilire il limite tra organismo umano e “meccatronico”,
esistono già micro automi usati per sondare il corpo umano e protesi
cibernetiche da impiantare e connettere direttamente al sistema
nervoso. Ancora, fino a che punto si possono sostituire organi a una
persona con parti cibernetiche perché non si snaturi la sua umanità?
E il cervello? Oggi è già possibile impiantare chip sui topi e renderli
“schiavi”.
Con l’introduzione, sempre più rapida di tecnologie
rivoluzionarie, la pratica chirurgica, si complica nei suoi aspetti legali,
aprendo nuove problematiche nella professione, come la definizione
di “responsabilità” per l'eventuale inadeguatezza della risposta del
robot di fronte ad un evento. Fino a che il robot viene considerato
alla stregua di una macchina, la responsabilità ricade sul suo
proprietario/gestore, ma se il robot ha una grossa capacità di
autoapprendimento e interazione col mondo esterno, e da un punto
di vista sociale è ormai condivisa l’idea di una condizione di
autonomia operativa dei robot, si potrebbe complicare la valutazione
delle responsabilità. Inoltre le azioni relazionali pre- e postoperatorie, non possono essere sottovalutate né essere alienate.
Tali valutazioni, in ambito chirurgico, si complicano
ulteriormente se con la rapida introduzione di tecnologie
rivoluzionarie, pensiamo alla telepresenza, mediata attraverso la
chirurgia robotica, che si sta progressivamente integrando nelle
pratiche di assistenza sanitaria. Questo impone uno sforzo “etico”
per definire le modalità di informazione al paziente, la “certificazione”
delle dotazioni di sicurezza e dell’affidabilità degli strumenti utilizzati,
anche a distanza, l’applicazione personalizzata e mai “automatizzata”
di una tecnologia che mai potrà modificare il valore del rapporto
medico-paziente anche se “a distanza”. Al fine di comprendere e
utilizzare le nuove tecnologie, i chirurghi devono essere preparati ad
un approccio sempre più tecnicistico, ma senza violare l’”umanità”
del proprio gesto. L’influenza pervasiva della tecnologia non può e
non deve rendere requisiti alienabili le competenze, l’istruzione, la
formazione e la valutazione delle necessità.
Il costo della chirurgia robotica e la mancanza di una
definizione della diffusione di tali sistemi possono limitarne i benefici
promessi, ricordando quanto recentemente affermato dal presidente
della Commissione d’inchiesta sul SSN che “(…) è urgente
l’introduzione di criteri di valutazione e verifica basati su indicatori
scientifici per premiare il merito ed evitare inefficienze e inadeguata
gestione delle risorse”. Non si dovrà mai prescindere pertanto dal
monitoraggio, che consente la raccolta delle informazioni utili per la
valutazione dei rischi; dalla stesura ed applicazione di
“raccomandazioni”, che elaborate sulla base delle informazioni
raccolte tramite il monitoraggio, hanno lo scopo di fornire
indicazioni agli operatori circa le azioni da intraprendere per
migliorare la qualità dell’assistenza; dalla formazione del personale,
con lo scopo di incrementare la conoscenza degli operatori rispetto
ai metodi e agli strumenti per una loro applicazione “in sicurezza”.
Ma ciò non potrà produrre alcun risultato se non si considererà
colui che dovrebbe essere al centro del sistema: il cittadino. Egli
dovrà non solo essere partecipato alle iniziative in atto, ma, e direi
soprattutto, essere “istruito” alle enormi problematiche che tali
processi di rinnovamento epocale comportano e su quanto la sua
conoscenza e disponibilità alla partecipazione attiva sia
fondamentale per la realizzazione degli obiettivi. Sarebbe
auspicabile, come ha ricordato Rodolfo Vincenti in un recente
editoriale, che il chirurgo ed il cittadino, facciano “insieme” un
percorso informativo e formativo, capace da un lato di garantire
quanto più possibile la qualità dell’assistenza erogata e dall’altro di
consentire serenità ed autonomia, per quanto possibile, ai
protagonisti di una professione così complessa e coinvolgente quale
è la chirurgia.
STEFANO BARTOLI
48 anni, dal giugno 2002 Responsabile dell’attività di Chirurgia Vascolare d’Urgenza della ASL RM C. Dal 1999 si occupa di
certificazione ISO per TÜV Italia in qualità di esperto tecnico e auditor per il settore Sanità. Ha svolto negli anni diversi stage clinici
presso strutture Internazionali di rilievo, quali il Karolinska Hospital di Stoccolma (Svezia), il Servizio di Chirurgia vascolare dell’Ospedale
de La Pitie-Salpetriere di Parigi (Francia). “Visiting Professor” per 13 mesi consecutivi presso il Baylor College of Medicine, Divisione di
Chirurgia Cardiovascolare, Houston, Texas, USA. Ha partecipato in qualità di relatore a congressi di chirurgia nazionali e internazionali
con una produzione di 80 pubblicazioni scientifiche edite su riviste nazionali e internazionali recensite. Da anni progetta ed eroga in
qualità di docente, corsi di informatica applicata alla medicina, Qualità in sanità e Risk Management Clinico.
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Un decennio di successi
L’ottagono TÜV SÜD festeggia quest’anno il suo decimo
compleanno. “Oggi - dice Thomas Oberst, della divisione
Corporate Communication di TÜV SÜD - il gruppo utilizza
l’ottagono come marchio di certificazione e logo”.
L’ottagono è stato l’elemento unificante di tutte le società
del gruppo TÜV SÜD, nel mondo, dal 2004. “Grazie al
successo e alla riconoscibilità dell’ottagono tutti i
dipendenti dell’ente vi si identificano”. Oberst aggiunge:
“Con il posizionamento dell’ente come partner a valore
aggiunto, il logo è stato modificato, passando da due a tre
dimensioni”.
Contatto: [email protected]
News
TÜV SÜD Cina verifica le turbine
per un’energia eolica sicura
Dubai migliora la sicurezza del traffico
Attraverso una partnership con TÜV SÜD Middle East,
TÜV SÜD Auto Services sta lavorando su tre progetti per
l’agenzia del traffico di Dubai, la Roads and Transport
Authority (RTA). L’emirato vuole modernizzare le tecniche
utilizzate nelle ispezioni sui veicoli e TÜV SÜD fornisce
all’agenzia consulenza nel processo decisionale dei tecnici,
oltre ad attività di certificazione, formazione annuale per
tutti gli istruttori di guida e per gli ispettori, nonché la
certificazione di aziende partner di RTA relativamente alle
ispezioni sui veicoli, patenti di guida e prove.
Contatto: [email protected]
Controlli della temperatura all’interno
della metropolitana di Londra
TÜV SUD Product Service Ltd., con sede nel sud
dell’Inghilterra, sta lavorando con la Transport for London
(TfL), società di trasporto pubblico della capitale britannica,
ad un progetto che ha come obiettivo il miglioramento del
sistema di abbassamento della temperatura all’interno della
metropolitana di Londra. I tecnici del “Cooling the Tube
Programme” forniscono servizi di consulenza e di
valutazione sul nuovo sistema di ventilazione installato nella
metro. Le alte temperature sono un grave problema per la
“Tube”, la più antica e lunga rete metropolitana del mondo.
Inoltre, TfL ha in programma di aumentare la sua capacità
del 25% e questo comporta un incremento del calore
prodotto da passeggeri e veicoli. Il progetto mette una
particolare attenzione al problema della sostenibilità.
Il sistema di raffreddamento della rete dovrebbe essere il
più “verde” possibile. Per questo impegno di TfL, il
programma ha già ricevuto due premi.
Contatto: [email protected]
Il Worldwatch Institute afferma che oggi nel
mondo quasi il 2% dell’energia elettrica
proviene da impianti eolici. Per questo motivo
è estremamente importante per gli operatori
del settore utilizzare turbine affidabili, che
impieghino strutture che abbiano conseguito la
certificazione di tipo. Zhejiang Windey, uno dei
principali produttori di turbine eoliche dello
Zhejiang, ha chiesto a TÜV SÜD China di
effettuare una valutazione del progetto dei
suoi prodotti, per garantire ai mercati
internazionali che la sua produzione soddisfa le
normative internazionali in materia. L’attività
dei tecnici dell’ente, che durerà una decina di
mesi, riguarda la verifica delle turbine
compreso il rotore, i sistemi di sicurezza, i
componenti elettrici, le carlinghe e i manuali.
Inoltre, saranno testati prototipi di scatole
cambio e verranno eseguite prove di sicurezza
e prove funzionali.
Le analisi e i test sono effettuati in conformità
alle Linee Guida per la certificazione delle
turbine eoliche, una norma internazionalmente
riconosciuta per la certificazione di tipo di
questi prodotti.
Contatto: [email protected]
Erdgas Schwaben certificata “climate neutral”
La sostenibilità è diventato un fattore
importante nei processi decisionali di molte
aziende clienti.
Il fornitore di gas Erdgas Schwaben è stato
certificato da TÜV SÜD Industrie Service come
“climate neutral” nelle sue attività distributive
di gas. Questo vuol dire che la società non
eccede nelle emissioni di CO2 più di quanto ne
risparmia. Per arrivare a questo risultato sono
state considerate tutte le emissioni generate
dalle sue attività, comprese quelle
amministrative nonché quelle dovute agli
impianti elettrici utilizzati nella distribuzione
del gas ai clienti. La certificazione ha coperto
anche gli spostamenti dei 250 dipendenti della
Erdgas Schwaben, compresi il pendolarismo
quotidiano ed i viaggi di lavoro.
Per compensare i gas serra emessi, l’azienda
ha deciso di investire nella produzione di
calore ed elettricità rinnovabile. I clienti
ricevono un supporto in termini di progetti di
ristrutturazione edilizia e nell’uso di
tecnologie, compreso il gas a pompe di calore.
Erdgas Schwaben ha investito anche in una
“fattoria del vento” in Turchia che alimenta
più di 40 megawatt di potenza ogni anno. Ciò
equivale a circa 113.000 tonnellate di
risparmio di CO2.
Contatto: [email protected]
news_int_12_13_News_Amerika_Asien 04/06/2010 16.44 Pagina 12
News
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Test per prodotti tessili e calzature
per le aziende dell’area NAFTA
TÜV SÜD ha ampliato il range di prove e servizi
certificativi sui prodotti tessili e le calzature per le aziende
della regione NAFTA (North American Free Trade
Agreement). In questo modo le strutture che operano in
quest’area possono avantaggiarsi con le soluzioni tecniche
e i programmi formativi proposti dall’ente, che coprono
un’ampia gamma di argomenti.
TÜV SÜD già dal 2006 fornisce questi servizi alle aziende
europee del settore. TÜV SÜD America è diventato
membro delle maggiori associazioni tecniche americane
del settore e Kent Slaby, Direttore Business Development
di TÜV SÜD America, è il responsabile di questa divisione,
avendo un’esperienza ultraventennale nell’ambito della
garanzia di qualità e nella produzione di capi di
abbigliamento e calzature.
Contatto: [email protected]
TÜV SÜD America ha firmato un contratto annuale con Ford
Nell’ambito di un contratto annuale,
TÜV SÜD America fornirà supporto a
Ford presso le varie sedi USA della
casa automobilistica. Obiettivo
dell’azienda è far sì che le
autovetture nuove non presentino
rumori indesiderati, come i cigolii,
prima della loro immissione sul
mercato. Per raggiungere questo
risultato sono utilizzati due sistemi
sviluppati da Ford, appositamente
per rilevare questo tipo di rumori.
TÜV SÜD America è responsabile del
personale tecnico che esegue queste
prove e della gestione e del
funzionamento di questi sistemi, le
cui sigle sono TEFP e TAFP.
I tecnici di TÜV SÜD America
fungono anche da “valutatori
responsabili”.
Attraverso queste attività, Ford
vuole aumentare la soddisfazione del
cliente e, in quest’ottica, ha firmato
una serie di contratti per
l’effettuazione di prove su strada e
su pista, utilizzando entrambi i
sistemi. Attraverso queste prove,
oltre ai periodici controlli qualità
fatti in fabbrica, Ford si aspetta una
diminuzione di circa un terzo dei
reclami.
Contatto: [email protected]
Rafforzate le competenze nel settore della chimica
TÜV SÜD sta ampliando i servizi destinati
all’industria chimica e petrolchimica.
Il 1° luglio 2009 l’ente ha acquisito la divisione
tecnica di controllo di Dow Olefinverbund GmbH,
con sede a Schkopau, e con questa acquisizione
rafforza la sua posizione nell’offerta di servizi per il
settore chimico, particolarmente per quelle aziende
locate nel centro della Germania e per quelle che
lavorano in ambito internazionale.
Contemporaneamente alla vendita di questa
divisione tecnica, Dow Olefinverbund GmbH ha
firmato un contratto con TÜV SÜD Chemical
Services, che le fornirà attività di prova e ispezioni.
Tutti i dipendenti della divisione tecnica, che hanno
già lavorato nelle sedi Dow a Schkopau, Böhlen,
Leuna e Teutschenthal, sono stati mantenuti nei
loro incarichi e integrati nella struttura di TÜV SÜD
Chemical Services.
“Vicinanza e familiarità con i clienti giocano un ruolo
importante nella qualità dei servizi di prova, in
particolare nell’industria chimica e petrolchimica” ha
detto Hans-Jürgen Petersen, che guiderà la nuova
unità di TÜV SÜD. Petersen ha detto che l’obiettivo
di lungo termine è quello di “espandere il business e
creare nuovi posti di lavoro nella regione.”
L’Amministratore Delegato di TÜV SÜD Chemical
Services, Dr.Ing. Hans- Nicolaus Rindfleisch, ha
sottolineato l’approccio globale dell’ente nella
fornitura di attività ispettive: “Dalle nostre sedi,
possiamo seguire i nostri clienti in qualunque parte
del mondo si trovino. Tre anni fa, l’ente ha
acquistato la società americana Petrochem servizi di
controllo e ha aperto una filiale a Singapore.”.
Contatto: hans-jü[email protected]
editoriale_vivi_TJ 04/06/2010 17.10 Pagina 13
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Editoriale I Imprese senza confini
Sezione italiana
Imprese senza confini
Dalla centralità del prodotto a quella dei servizi post-vendita. Come cambiano, quali
scelte fanno e come guardano al futuro le aziende italiane che passano dal vecchio
modello fondato sulle esportazioni alla nuova fase dell’internazionalizzazione.
S
e c’è un aspetto che la difficile congiuntura
relazione con le competenze a 360 gradi di TÜV Italia).
ANDREA VIVI
economica internazionale di questi ultimi due anni ha
Come sempre, sono emersi dei punti comuni: se non a tutti,
Amministratore Delegato
evidenziato al di là di ogni ragionevole dubbio, è il legame di
a molti. Il primo di questi punti è certamente una fiducia
TÜV Italia
interdipendenza ormai consolidato tra i mercati internazionali.
condivisa nel ruolo trainante dei mercati che fino a ieri si
Intendiamoci: esistono ancora, a dispetto della forza
consideravano emergenti, in particolare di quelli asiatici, e
crescente degli accordi globali sul libero commercio, residui
che oggi sono decisivi per lo sviluppo di qualsiasi strategia
strumenti protezionistici, più o meno camuffati. Così come
imprenditoriale. Il secondo può essere indicato nel
resistono sensibili differenze tra i mercati dei diversi
superamento della vecchia concezione della centralità del
continenti e, in una certa misura, delle singole nazioni:
prodotto e quindi nell’importanza crescente che assume il
tipologie di prodotti, normative da rispettare, standard
servizio post-vendita, nelle sue varie declinazioni: dall’analisi
qualitativi.
dei rischi all’assistenza tecnica, alla ricambistica. Tutte
E tuttavia, è innegabile che la dimensione delle imprese in
funzioni che richiedono una presenza sui mercati, vicino ai
generale sia sempre più collocata su uno scenario globale: per
clienti ovunque questi siano localizzati. Di grande rilievo sono
gli approvvigionamenti, la localizzazione delle strutture di
anche i percorsi avviati per implementare sistemi organizzativi
produzione, la clientela.
omogenei negli stabilimenti situati in continenti diversi, e
multinazionali, ma anche molte imprese di dimensioni medie,
Ma c’è anche chi invece considera più conveniente tarare la
contatto
è in atto da tanti anni ed è stata forse esaltata
qualità del prodotto a seconda del mercato cui è destinato.
Andrea Vivi
Questa trasformazione, che non tocca solo i giganti
eccessivamente, quando non mitizzata. Ma molti imprenditori
garantire standard qualitativi uniformi sui prodotti.
Strategie a confronto, tutte destinate ad essere misurate
+39 - 02-241301
italiani sono oggi consapevoli del fatto che il mondo del dopo-
alla prova dei fatti, in definitiva del fatturato. Ma che hanno
+39 - 02-24130399
crisi non potrà che accelerare in questa direzione.
un denominatore comune: le aziende alle quali abbiamo
[email protected]
E ci trasmettono la convinzione che saranno all’altezza della
dedicato stavolta la nostra attenzione sono tutte italiane, ma
www.tuv.it
sfida le aziende che sapranno affrontare i molteplici problemi
il campo dove si gioca la loro partita è il mondo intero.
che la dimensione internazionale pone. Nell’esplorare, come
sempre facciamo con il TÜV Journal, le esperienze di alcune
aziende italiane su un tema specifico, questa volta ci siamo
concentrati proprio su quello dei processi di
internazionalizzazione in corso. Sulla trasformazione dell’antico
modello dell’impresa esportatrice in impresa globalizzata.
Come sempre, abbiamo scelto un “campione” di imprese
assai eterogeneo (tutte, naturalmente, in qualche modo in
Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 14
Editoriale I Oltre la crisi
14
Sezione italiana
Fedegari Autoclavi,
l’industria dei pezzi unici
Cura artigianale, innovazione, certificazioni, design: filosofia di un’azienda con radici in Italia e clienti in tutto
il mondo. Con molto più che un piede in Estremo Oriente. Parla l’amministratore delegato Paolo Fedegari.
ualcosa si muove, all’estero, in Asia..”. Comincia con una
nota di ottimismo sulla ripresa dei mercati, di questi tempi
merce rara tra gli imprenditori, l’intervista a Paolo Fedegari che
con il fratello Giuseppe guida il gruppo Fedegari Autoclavi SPA.
L’azienda è leader di un’importante nicchia di mercato: apparecchi
di sterilizzazione per l’industria farmaceutica e chimica (produttori
di farmaci, vaccini, eccetera). È un’industria ma fa pezzi unici.
Rivendica sul suo sito “la tenacia e l’esperienza dell’artigiano–
imprenditore”, ma produce sistemi ad alta tecnologia ed ha
adottato “una struttura organizzativa in costante evoluzione”.
“Q
Innovare per sopravvivere
Che si tratti di un’azienda un po’ particolare lo testimonia la
filosofia che Fedegari illustra: “L’innovazione è alla base della
nostra sopravvivenza – spiega – noi produciamo macchine per
l’industria: la nostra è una nicchia specializzata. La sterilizzazione è
un po’ una rogna, non sono in tanti nel mondo quelli che ci
lavorano”.
A testimonianza di questo anche il viavai di compratori che
vengono a sincerarsi di persona dei sistemi produttivi adottati qui
ad Albuzzano, in provincia di Pavia. “I clienti vengono tutti qua, e
questo ci consente di avere un feedback continuo sul prodotto.
Oggi ci sono i malesi in visita, ieri c’era un gruppo di cinesi.
L’innovazione, dicevo: se vogliamo essere produttori di macchine in
Europa e in Italia, oggi, o riusciamo a vendere la tecnologia che
non è la macchina ma il prodotto finito, dall’idea al software alla
realizzazione fino al manuale, e riusciamo a fare tutto questo
proponendo qualcosa di nuovo o veniamo fagocitati dai cinesi.
Faccio un esempio: abbiamo perso un ordine nel Sud Est asiatico,
dove un cliente ha acquistato due macchine piccole da noi, perché
aveva una parte della produzione, che doveva assolutamente
certificare per l’esportazione, ma la macchina grossa, per fare i
grandi quantitativi, l’ha presa dal concorrente cinese, a un prezzo di
oltre il 60% inferiore rispetto al nostro! Noi dobbiamo quindi
riuscire a motivare il prezzo, a caratterizzare la nostra macchina.
La nostra macchina nasce non solo in officina: facciamo noi il
software, cosa fondamentale per un processo speciale qual è la
sterilizzazione, che è completamente convalidato e dunque il cliente
Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 15
15
Storie I Imprese senza confini
Sezione italiana
può verificare i nostri processi di sviluppo e di convalida in
qualsiasi momento, attraverso audit programmati o senza
preavviso. Ancora oggi alcuni concorrenti sostengono di disporre di
un software validato, ma qual è la base di sviluppo di quel
software? Su quale sistema operativo si appoggia? Uno dei
principali gruppi farmaceutici alcuni anni fa si prese la briga di
convalidare sistemi operativi molto diffusi ed utilizzati per svariate
applicazioni; i risultati furono disastrosi.
Questa convinzione sulla necessità di dare certezze al cliente e
sul valore della ricerca tecnologica viene dalla storia dell’azienda,
nata da Giampiero e Fortunato Fedegari, artigiani del metallo, nel
1953, e dal 1961 dedita esclusivamente agli impianti di
sterilizzazione: “Tanti anni fa papà è stato il primo a portare un po’
di innovazione nel mondo della sterilizzazione. È stato il primo a
voler regolare in pressione e controllare in temperatura, tutti gli
altri hanno sempre regolato e controllato in temperatura,
all’interno dell’autoclave. È stato il primo a sviluppare un computer
customizzato, specifico per l’autoclave con un proprio software”.
Risale al 1982 il primo sterilizzatore dotato di controllore di
processo elettronico. “Abbiamo sempre scelto la strada più
difficile, ma che ci ha premiato rispetto ai concorrenti. Poi è chiaro
che per arrivare a poter sopravvivere producendo in Europa, e
soprattutto in Italia, bisogna ingegnarsi. Facciamo tutto
internamente, partiamo dalla lavorazione delle lamiere e
costruiamo su nostro progetto anche le valvole, che sono un
elemento basilare per la regolazione dei processi condotti dalle
nostre autoclavi.
Anche la progettazione elettrica è nostra, nell’assemblaggio ci
aiuta qualche storico fornitore cresciuto nel tempo insieme a noi.
Noi riusciamo perché, sviluppando tutti i nostri componenti
all’interno (recipienti in pressione, impianti idraulici, valvole,
movimentazioni e soprattutto software) riusciamo ad avere una
grossa flessibilità, un controllo sui costi e questo ci permette di
guadagnare in termini di marginalità. Soprattutto abbiamo
sviluppato internamente dei componenti che ci permettono di
realizzare la macchina come vogliamo, accorciando i tempi di
produzione. Dobbiamo concentrarci su questi aspetti per recuperare
marginalità e avere costi accettabili”.
Per puntare sull’innovazione servono investimenti, capitolo che
Fedegari affronta con la flessibilità tipica dell’impresa italiana a
capitale familiare: “Noi continuiamo a investire in Ricerca &
Sviluppo e non smettiamo mai, pianifichiamo gli investimenti ma
non smettiamo di seguire il nostro istinto: quando vediamo qualcosa
che riteniamo valga la pena di sviluppare, ci guardiamo in faccia e
lo facciamo, senza porci troppi problemi. Abbiamo un vantaggio:
siamo piccoli, possiamo decidere in maniera molto rapida e
soprattutto autofinanziamo tutto quello che riguarda la nostra
azienda. Non abbiamo bisogno di chiedere niente a nessuno. Quello
che riteniamo di dover fare lo facciamo, ogni tanto qualcosa va
bene, qualcosa va male, ma fa parte del rischio d’impresa. Facciamo
addirittura fatica a chiudere tutti i progetti che abbiamo in essere:
abbiamo un progetto aperto da due anni di una macchina che non
riusciamo a completare perché continuiamo a mettergli davanti
qualcosa che è più urgente, spesso abbiamo constatato che è
meglio sviluppare internamente certi prodotti. Abbiamo valutato
l’acquisizione di aziende produttrici di macchinari affini ai nostri,
sempre per uso farmaceutico, ma hanno cercato d’impormi delle
condizioni, allora abbiamo fatto da soli e i risultati stanno
arrivando”.
Quanto alla ricerca, “abbiamo alcuni rapporti con scuole e
università, non molti purtroppo. A volte le iniziative che ci
propongono sono un po’ estemporanee, manca la continuità per
creare un ponte fra università e azienda”.
Il design, tradizione italiana
A parte la struttura familiare della proprietà e la peculiare
miscela di cura artigianale e innovazione tecnologica, un’altra
caratteristica di Fedegari Autoclavi la rende un’azienda tipicamente
Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 16
Storie I Imprese senza confini
16
Sezione italiana
italiana: il valore che viene attribuito al design, in definitiva alla
bellezza. Anche se non si tratta certo di prodotti destinati a finire
in vetrina in un negozio: “È vero, è una tradizione molto italiana.
Il design industriale – sottolinea l’Amministratore Delegato – lo
vede anche sulle macchine per officina. Ho comprato due torni da
un’importante azienda del settore, che ha dedicato del tempo a
fare delle belle macchine. Il design a mio giudizio ha una doppia
funzione: dare il colpo d’occhio, e far sì che si riconosca che una
certa macchina è Fedegari”. C’è un’eredità familiare anche in
questo, perché il presidente Fortunato Fedegari ha sempre
coltivato la cultura e l’arte, e lo si vede anche da certi oggetti
esposti nello stabilimento, frutto di antichi rapporti con artisti
locali, in passato ospitati a “creare” anche in officina, con l’aiuto
dei saldatori di Fedegari. “Ci deve essere gusto nel lavorare e nel
fare qualcosa di bello. Produrre una macchina che, oltre che
funzionale, è anche gradevole esteticamente, dà soddisfazione. E
noi lavoriamo anche per questo: del resto, il nome sulla macchina
è quello della nostra famiglia. Ci vuole passione, divertimento nel
lavoro. Noi arriviamo in officina prima delle otto del mattino e si
sta qui fino a sera tardi, la maggior parte della giornata la
passiamo in azienda ed è bello viverla con un po’ di passione, di
gusto. Penso che la prima macchina realizzata in collaborazione
con un designer l’abbia presentata mio padre trent’anni fa. Ma
non siamo solo noi a farlo, ormai, se facciamo un giro in officina
vedrà le linee della macchina per il taglio laser. E direi che ormai
non è più una cura solo italiana, si stanno muovendo tanti in
questa direzione”.
Mercati globali e protezionismo
PAOLO FEDEGARI
Già da ragazzo intervallava
gli studi effettuati all’estero
con periodi di intensa
attività effettuati nei
reparti aziendali, dove ha
maturato una concreta
esperienza sui processi
produttivi e sull’innovazione
tecnologica.
È Amministratore Delegato
del gruppo e, insieme al
fratello Giuseppe, ne
coordina gli aspetti
operativi e gestionali.
Dall’Italia però Fedegari Autoclavi si è proiettata verso i
mercati globali. Non è tutto oro quello che luccica, e Paolo
Fedegari non ha peli sulla lingua: “Per ottenere le certificazioni
necessarie per la Cina, gli ispettori del Ministero cinese ci hanno
controllato anche i cassetti dei saldatori. In Europa e soprattutto
in Italia, non siamo in grado di arginare il flusso di prodotti che
arrivano da Paesi dove i controlli non sono sufficienti. I cinesi
mandano gli ispettori e qualificano solo aziende che realmente
dimostrano di saper costruire i prodotti con i dovuti standard
qualitativi e di sicurezza. I costi delle certificazioni sono tutti a
carico dell’azienda manifatturiera e sono molto elevati.
Gli americani fanno la stessa cosa da anni. In Europa basta
mettere il marchio CE sulla targhetta. Eppure abbiamo enti statali
preposti al controllo del mercato. Speriamo di non dover attendere
qualche incidente sul lavoro prima che ci si accorga che qualcosa
deve essere fatto.
I nostri politici sottoscrivono accordi bilaterali per favorire il
commercio, ma dal nostro osservatorio vediamo che altri paesi
hanno in atto una politica di protezionismo volta a penalizzare le
importazioni, specie di apparecchiature con elevato tasso
tecnologico.
Ci piacerebbe vedere interventi concreti orientati a favorire la
penetrazione della piccola e media impresa italiana in mercati in
via di sviluppo, le procedure per l’ottenimento di un visto per la
visita di un cliente o la mancanza di un supporto per partecipare ad
un evento fieristico sono indicatori che ci fanno comprendere
quanto la politica sia ancora distante dall’impresa.”
Ma nonostante questo, la strada è tracciata: “Noi dobbiamo
essere vicino a questi mercati, stanno crescendo, e non solo la
Cina. Anche Singapore, l’India, tutti i paesi Sud Est asiatico,
adesso abbiamo preso una commessa per l’Università di Giacarta.
E loro vogliono che l’azienda sia presente sul posto con il proprio
personale di supporto tecnico, assistenza commerciale”. Fedegari
ha scelto Singapore come porta per l’Oriente: “Lì la forza lavoro
parla sia cinese che inglese, non abbiamo problemi di visti per la
Cina né problemi con il personale. Ecco perché tanti europei vanno
a lavorare laggiù. Ma per sopravvivere Fedegari deve gestire un
processo integrato. La macchina che vendiamo è un mezzo per
arrivare alla completa gestione di un processo: occorre offrire
anche i servizi dove c’è sempre più bisogno di tecnici locali a costi
locali. Stare nel paese è l’unico modo per stare vicino ai nostri
clienti, che lo richiedono. Una nostra macchina che si ferma in
un’azienda farmaceutica crea un fermo di produzione, un costo.
Sapere che Fedegari, azienda piccola, azienda di famiglia, non è più
un artigiano, ma ha una piccola struttura che copre dall’America a
Singapore è rassicurante. Oggi il cliente può chiamarci in qualsiasi
momento perché trova una risposta immediata: questo è
fondamentale. Man mano che i nostri clienti si spostano vogliono
che le nostre macchine e i nostri servizi li seguano.
La sopravvivenza di questa impresa è fondata sul rapporto con il
cliente, e da Singapore, in particolare, possiamo andare in Cina, in
Corea, in India, in Giappone”.
Sicurezza e certificazioni
Andare all’estero però non basta: con macchine che svolgono
funzioni delicatissime come gli sterilizzatori per l’industria
farmaceutica occorre rispettare una quantità di norme nazionali e
internazionali, e più di tutto occorre garantire la sicurezza assoluta
del rispetto di questi standard. Ecco perché Fedegari è tra le
aziende più “dotate” in fatto di certificazioni di qualità: “Ne
abbiamo bisogno, il settore le richiede con molta severità e noi
Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 17
17
Storie I Imprese senza confini
Sezione italiana
speriamo che possano fare da barriera tecnologica verso i
competitor, anche se non sempre funziona in questo senso.
Diciamo che è stata un po’ una volontà mia quella di essere una
delle prime aziende italiane ad essere certificata secondo il modulo
H della Direttiva PED, come produttore di recipienti in pressione e
di generatori di vapore.
Se vogliamo essere i primi per la tecnologia dobbiamo esserlo
anche in questo ambito, ma non per il gusto di esserlo: la nostra
capacità deve essere quella di capire prima di altri dove va il
mercato e capire prima dei competitor quali sono i requisiti che
richiede il mercato. Sicuramente quando abbiamo scelto TÜV,
molti anni fa, lo abbiamo fatto perché era un ente di collaudo tra i
più diffusi sul territorio europeo e dunque conosciuto anche dai
nostri clienti. Abbiamo sempre lavorato molto anche in Germania.
Ogni tanto la Francia crea ancora qualche problemino, magari ci
richiede il rispetto di normative francesi, ma in generale sono
convinto che abbiamo fatto la scelta giusta. Quella del TÜV è stata
sicuramente una scelta strategica, avevamo bisogno di qualcuno
che fosse riconosciuto come leader nel suo settore a livello
mondiale, come riteniamo di essere noi.”. Riccardo Boatti,
responsabile Qualità di Fedegari, precisa: “La scelta viene da
lontano, l’abbiamo fatta nel 2001. Prima aggiungevamo le
certificazioni come tanti mattoncini, una alla volta, con enti
diversi. Ma l’ente più accreditato per più aspetti era proprio TÜV
SÜD, che conoscevamo da 30 anni, perché già con le prime
macchine che richiedevano il collaudo TÜV per la Germania,
ricevavamo la visita dei tecnici da Monaco. Erano dei pionieri nei
controlli, ma hanno comunque lasciato un messaggio positivo,
nonostante le diversità linguistiche e i regolamenti diversi da quelli
italiani che noi conoscevamo. Ora è tutto cambiato, le informazioni
sono più semplici da reperire ed il livello di preparazione dei nostri
collaboratori è cresciuto, così come è aumentata la loro
consapevolezza. Anche le competenze degli organismi notificati si
sono ampliate.”
“Dopo qualche anno di confronti – interviene Fedegari –
abbiamo raggiunto un buon livello di collaborazione, non sempre è
stato facile ma noi non molliamo. Ricordo i primi risultati sui calcoli
visti col TÜV, noi dicevamo ma siete matti, se fossero veri le
nostre macchine avrebbero dovuto rompersi da anni. Ma abbiamo
sempre avuto anche delle risposte, noi abbiamo provocato,
abbiamo portato avanti i nostri discorsi e dall’altra parte, dal TÜV,
abbiamo trovato delle risposte, non una chiusura.” In ogni caso, qui
ad Albuzzano la sicurezza è una priorità assoluta: “Non
dimentichiamoci che costruiamo apparecchi in pressione, andiamo
in tutto il mondo e io devo avere l’assoluta garanzia che qualsiasi
cosa succeda su un corpo in pressione non sia colpa nostra. Può
essere una manomissione, può essere qualsiasi cosa, ma non ci
deve essere il minimo difetto sia nel calcolo sia nella realizzazione.
Noi vendiamo in America dove vige ancora il danno punitivo: cioè
se dovesse scoppiare una delle nostre macchine, l’azienda potrebbe
essere condannata a pagare una cifra esorbitante per essere di
monito agli altri produttori. La voce più importante dei nostri
contratti assicurativi è la responsabilità civile”.
contatto
Paolo Marcone
+39 - 02-241301
+39 - 02-24130399
[email protected]
www.tuv.it
Bonfiglioli_TJ 04/06/2010 16.46 Pagina 18
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Internazionalizzare è sano
Rivoluzione organizzativa, innovazione di prodotto, studio approfondito dei mercati e dei Paesi nei quali
si stabilisce una unità produttiva: la strategia di Bonfiglioli Riduttori. Intervista all’Ad, Sonia Bonfiglioli
onfiglioli Riduttori è leader italiana, con il 22,6 % del
mercato di riduttori e motoriduttori, e terzo produttore
europeo. Ha avviato il suo processo di internazionalizzazione nel
1982, con l’obiettivo di aprire filiali dirette sui mercati
dell’esportazione. I suoi prodotti hanno applicazioni estremamente
diversificate, dai sistemi industriali all’energia, alle macchine per
l’edilizia. Il fatturato 2008 del gruppo è stato di oltre i seicento
milioni di euro, circa tremila gli addetti, dei quali oltre la metà in
Italia, ha una crescente presenza di stabilimenti di produzione e di
centri di montaggio in tutto il mondo: dal 1999 in India, dal 2001
in Germania, dal 2005 in Slovacchia, dal 2008 in Vietnam, per
citarne alcuni. È quindi un’impresa molto legata al tema principale
di questo numero del TÜV Journal, dedicato appunto
all’internazionalizzazione delle imprese italiane.
B
Certificazioni strumento globale
Sonia Bonfiglioli è Amministratore Delegato dell’omonima
impresa di proprietà della sua famiglia, fondata a Bologna nel
1956 per iniziativa del suo attuale Presidente, Clementino
Bonfiglioli.
Con lei non c’è bisogno di grandi preamboli per condurre il discorso
sulla qualità e sul valore aggiunto delle certificazioni: “Da noi il
processo di certificazione va avanti da più di quindici anni, abbiamo
adottato le doppie certificazioni e stiamo continuando. Perché?
Perché la nostra azienda è nata in Italia ma si è via via sviluppata
anche all’estero, prima con il concetto della filiale, che oggi si è già
evoluto nel concetto di centro di assemblaggio”. Bonfiglioli non è
un caso isolato, ma è certamente un caso di scuola: per l’uso delle
certificazioni nello sviluppo internazionale dell’impresa, come
strumento di uniformità organizzativa e di conseguenza di
standardizzazione della qualità della produzione. “Anche in
quest’ambito – spiega l’imprenditrice – nei prossimi mesi andremo
a completare le certificazioni di questi centri di assemblaggio in
giro per il mondo. Su questa strada dell’internazionalizzazione
abbiamo avuto un’accelerata della produzione, siamo stati obbligati
sicuramente dai nostri clienti, che sono localizzati sempre più nei
mercati emergenti. Oggi molti paesi, correttamente, spingono per
avere la produzione in loco, per favorire l’occupazione locale.
Ci sono politiche che incentivano la produzione in Cina, in India, in
America così come in Europa. La nostra azienda, oltre ai centri di
assemblaggio, ha quattro stabilimenti di produzione all’estero: in
Germania per l’elettronica; in Slovacchia per la meccanica pesante;
quello localizzato in India che si sta specializzando sull’eolico e il
construction, e quindi sulle forniture per le macchine movimento
terra, considerando che l’India avrà un forte sviluppo nel settore
dell’edilizia, delle strade e delle infrastrutture; in Vietnam dove
Bonfiglioli_TJ 04/06/2010 16.46 Pagina 19
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Storie I Imprese senza confini
Sezione italiana
abbiamo localizzato lo stabilimento per i motori e infine stiamo
partendo con uno stabilimento in Cina. È chiaro che tutte queste
sedi produttive hanno già conseguito le certificazioni, in alcuni
casi hanno già avuto gli audit da parte dei clienti, quindi il nostro
processo di certificazione continua per i centri di assemblaggio e
per i riconoscimenti da parte della clientela. Un esempio è
Caterpillar, per la quale siamo da alcuni mesi “preferred partner”,
fornitore preferenziale. Ovviamente le certificazioni per noi sono la
base, poi siamo continuamente sottoposti a audit da parte dei
clienti, il cui obiettivo è verificare che la nostra performance
rispetti i loro parametri. Proprio in questi mesi c’è stato un forte
cambiamento dovuto a questo passaggio da fornitore a partner,
che non riguarda solo Caterpillar ma molte altre grandi imprese
clienti. Veniamo tutti da una storia, negli ultimi dieci anni, di forte
crescita, soprattutto nei settori delle macchine movimento terra e
nell’eolico, che abbiamo affrontato con un forte stoccaggio dei
magazzini. La domanda – racconta Sonia Bonfiglioli – cresceva ma
dietro non c’era un’economia reale altrettanto in crescita, si è
riusciti a sopperire quindi creando magazzini e facendoli creare ai
nostri fornitori e ai nostri clienti. C’era il timore da parte dei
clienti di non riuscire a reperire i motoriduttori o gli inverter sul
mercato. Quello che è chiaro, in questa nuova fase, è che i nostri
clienti non vogliono più “fare magazzino”, ma non vogliono
nemmeno che lo facciamo noi. Quindi c’è una verifica delle
logiche delle procedure produttive e di approvvigionamento, che
va oltre la verifica di conformità. Quello che si vuole oggi è un
allineamento di tutta la supply chain in una logica di risposta
rapida e di magazzini contenuti. Si deve uniformare tutta la
catena, dal fornitore originario all’end user. È anche in questo
quadro che noi stiamo facendo la certificazione corporate”.
La scelta delle business unit
Bonfiglioli non è un’impresa statica. Il rallentamento globale
dell’economia non l’ha sorpresa a sedere sugli allori, come tiene a
precisare la nostra interlocutrice: “In termini di innovazione
organizzativa siamo reduci, da circa un anno, da un cambio
organizzativo importante. Abbiamo preso atto delle specificità
degli attuali mercati, venivamo da un’organizzazione funzionale e
trasversale: avevamo il responsabile della produzione corporate, il
responsabile operation a livello corporate, il responsabile
commerciale corporate. Questo non è più coerente con l’attuale
situazione, ci siamo resi conto che diversi mercati richiedono
approcci differenziati. Noi abbiamo quattro principali settori di
riferimento: industriale, construction, eolico e fotovoltaico.
Quando parliamo di industriale in realtà parliamo di centinaia di
settori: packaging, legno, tessile, ceramico, food & beverage,
insomma impianti industriali in generale. All’interno di questo
settore includiamo anche le biomasse, quindi una parte delle
energie rinnovabili. Poi abbiamo il settore construction,
rappresentato da prodotti come escavatori, miniescavatori, gru per
l’edilizia, piattaforme aeree, macchine per la battitura dell’asfalto,
betoniere, perforatrici. Nell’eolico ci rivolgiamo ai produttori di
pale, on e off shore, qui arriviamo ormai fino a progetti di 5 Mw
per pala. Infine il fotovoltaico, il settore più recente, sul quale
operiamo da quattro anni. Attenzione: quando parliamo di
Bonfiglioli parliamo di meccanica, ma anche di elettronica; quindi
qui forniamo gli strumenti per la rotazione e il sistema di
monitoraggio e di software. Ma il prodotto principale è l’inverter,
l’elemento che trasforma in corrente alternata, pronta per essere
immessa in rete, la corrente continua generata dal pannello. È
importante sottolineare che questi passaggi generano una
dispersione, quindi tanto più è alto il rendimento dell’inverter,
minore è la dissipazione di energia. Soprattutto nei parchi
fotovoltaici: quando abbiamo realizzato nel 2009 quello da 50 Mw
a Puertollano in Spagna, che in quel momento era il più grande del
mondo, abbiamo vinto la gara perché garantivamo un punto
percentuale di dispersione in meno rispetto alla concorrenza”.
“Tornando alla nostra organizzazione: questi quattro settori –
dice ancora Sonia Bonfiglioli – richiedono ciascuno un diverso
approccio. Ad esempio, quando parliamo con un cliente del settore
industriale, che sono migliaia per ogni settore, possono essere di
grandi dimensioni con fatturati di uno o due milioni di euro, spesso
hanno l’end user di un determinato prodotto che gli ha ordinato gli
impianti, quindi parliamo di migliaia di codici, migliaia di prodotti
finiti. Nel construction, dove i clienti sono aziende come NH,
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Storie I Imprese senza confini
Sezione italiana
Caterpillar, Jcb, etc., è il cliente stesso che definisce le specifiche
del prodotto, si lavora insieme un anno, occorrono mesi di lavoro
per la messa a punto, di prototipizzazione, di test. Il ciclo di vita
della macchina dura tre - cinque anni, e nel frattempo si riparte
con la progettazione. Anche sull’eolico lavoriamo con la logica
della coprogettazione, della partnership, studiamo con il cliente le
nuove macchine, in particolare per l’offshore, qui le potenze
stanno crescendo; in questo caso forniamo il motoriduttore,
approcciando la logica di fornire il sistema. Un diverso criterio è
quello utilizzato per il fotovoltaico. Tutto questo, tornando al
nostro cambiamento organizzativo, per spiegare che ci siamo dati
una organizzazione per business unit, riconoscendo specificità e
bisogni dei diversi mercati. Quindi abbiamo al momento due
business unit, una che comprende l’industriale e il fotovoltaico
(almeno fino a quando non avrà una massa critica sufficiente per
essere autonomo) e l’altra per construction ed eolico. È chiaro che
per il settore industriale abbiamo una catena molto più lunga,
perché abbiamo delle filiali che assemblano e dei distributori,
mentre nell’altra business unit la catena è molto più corta, perché
abbiamo cento importanti clienti con cui facciamo venti o trenta
milioni di fatturato ciascuno, e il rapporto è improntato alla
partnership, alla coprogettazione.
È un rapporto quotidiano con il cliente”.
“Questo assetto organizzativo è coerente con le accelerazioni
che certi mercati, come l’eolico e il fotovoltaico, stanno avendo.
Del resto tutti i manuali di organizzazione insegnano che il
passaggio storico dall’organizzazione funzionale a
quella per business unit si fa una volta raggiunta
una certa dimensione. Questo cambiamento ci
permette di portare avanti in parallelo progetti
ed energie e di avere un giusto approccio,
anche solo in termini di monitoraggio del
mercato e della concorrenza. Quando invece
si ragiona come azienda in termini generali si
perde questa capillarità, anche perché
abbiamo nei quattro settori dei concorrenti
molto diversificati. In questa nuova
configurazione organizzativa abbiamo un
occhio più attento su come si evolvono i
competitor nell’eolico, nel fotovoltaico, nel
settore industriale. L’imprenditore deve dotarsi
di un’organizzazione coerente con il mercato, e
poi le organizzazioni sono elementi vivi che si
modificano: è chiaro che se cambia il mercato,
cambia il contesto, deve cambiare anche
l’azienda e non è detto che quella di oggi sarà anche quella di
domani.
Ricerca, tecnologie, innovazione
Il tema dell’innovazione non riguarda, ovviamente, solo
l’organizzazione d’impresa: la sfida del mercato si vince anche su
altri terreni e quello della ricerca & sviluppo, dell’innovazione di
prodotto, è decisivo. “Nel settore del construction e dell’eolico,
ragionando con i principali player del settore, facciamo molta
coprogettazione, quindi siamo trainati dalle idee che il clientepartner ci suggerisce, quindi c’è molto lavoro anche con brevetti e
tecnologie specifiche e protette. Ma stiamo riscontrando
un’indiscussa tendenza: sempre di più le tecnologie sono integrate,
molto apprezzate da questo tipo di clienti. Abbiamo, per scelta,
investito in elettronica, facendo un’acquisizione strategica alla fine
degli anni Novanta (Bonfiglioli Vectron). Abbiamo al nostro interno
il know how dell’elettrotecnica, quindi quella su cui puntiamo è la
capacità di supportare il cliente suggerendo soluzioni non sul
singolo prodotto, ma sul sistema, per offrire qualcosa di diverso
come performance rispetto al semplice assemblaggio di tre
prodotti. L’obiettivo è semplificare la vita al cliente, fornire un
prodotto non solo vantaggioso in termini di costi ma di
performance”.
L’innovazione tecnologica impatta sul tanto discusso problema
del cambiamento climatico, ma dal punto di vista imprenditoriale:
“In Italia si sta lavorando poco sull’efficienza energetica rispetto ad
altri paesi come la Germania o la Danimarca, che sono più avanti
sui parametri 20/20/20 adottati in Europa per rispettare il
Protocollo di Kyoto: 20% dalle energie rinnovabili, 20% di
riduzione delle emissioni di CO2, 20% efficienza. Quindi ci
dobbiamo mettere in condizione di fornire motori elettrici o
inverter che rispettino questi criteri di riduzione, di dispersione.
Oggi l’energia è un elemento chiave dello sviluppo dei prodotti,
non è sufficiente che siano poco costosi e poco ingombranti. Tutto
il sistema che forniamo deve andare nella direzione indicata da
Kyoto. Per quanto riguarda il settore industriale, stiamo studiando
dei nuovi rotismi: anche qui ci sono analisi, progetti che vanno
nella direzione di una ricerca di maggiori rendimenti. Noi nasciamo
come azienda costruttrice di ingranaggi del sistema “vite senza
fine”, del resto le ruote dentate le hanno inventate gli Egizi, è un
concetto vecchio quanto il mondo ma oggi bisogna andare verso
ingranaggi più performanti. E questo può fare la differenza tra i
player europei e quelli dei paesi emergenti, dove queste nuove
tecnologie non sono state ancora sviluppate, anche se paesi come
Cina ed India stanno facendo molta ricerca in questo ambito.
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Storie I Imprese senza confini
Sezione italiana
Quindi se vogliamo restare competitivi nel mondo, dobbiamo porre
una forte attenzione al tema del rendimento energetico. Per la
nostra azienda è chiaro che i riduttori a vite senza fine
rappresentano ancora una quota di fatturato significativa ma non
può essere il futuro”. La ricerca paga, in Bonfiglioli ne sono
convinti: Ricerca & Sviluppo assorbono un centinaio di addetti,
sono cinque i centri dedicati, e l’investimento circa il 2% del
fatturato.
“In Germania, a Krefeld, dove c’è una tradizione molto forte delle
università in questo settore, abbiamo creato un centro ricerche
dedicato all’integrazione delle diverse tecnologie”.
La crisi e la ripresa
“La crisi – ammette Sonia Bonfiglioli – l’abbiamo sentita dopo
il crollo Lehman Brothers, attorno al mese di ottobre del 2008.
Fino ad allora non avevamo settori di mercato in sofferenza,
abbiamo continuato a crescere fino all’autunno 2008. L’acquisito
era in crescita, soprattutto nelle macchine movimento terra. Il
trend negativo è durato fino al marzo 2009 poi, con dinamiche
diverse per settore, abbiamo iniziato a vedere qualche segnale di
ripresa. Nel marzo 2009 abbiamo avuto il dato minimo
dell’acquisito e anche quello della nostra demoralizzazione.
Succede, quando cominci ad avere dei crolli come nel settore
construction, anche del 60%. Non puoi non porti una domanda:
dove abbiamo sbagliato? Poi, da buon ingegnere, mi sono fatta
l’idea che o si cresce o si cambia, rimanere fermi non ripaga. E
dall’industriale abbiamo avuto i primi segni di recupero a partire
dall’aprile 2009. In altri settori come l’eolico, in cui non ci
aspettavamo un rallentamento, in quel periodo ci sono stati segnali
di tensione finanziaria, i governi hanno cominciato a sostenere dei
nuovi progetti, ma il credit crunch ha messo in crisi alcuni clienti,
soprattutto quelli particolarmente esposti dopo aver fatto
importanti investimenti. Anche il fotovoltaico ha avuto dei
rallentamenti: noi eravamo particolarmente impegnati in Spagna,
che vive un periodo di forte crisi economica, mercato per noi oggi
quasi sparito. In Italia abbiamo intrapreso una serie di progetti che
però spesso si bloccano, magari per ragioni burocratiche. Dicevo
comunque che per fortuna dopo il marzo 2009, l’industriale ha
dato i primi segnali di recupero, e quindi l’eolico: da qui abbiamo
capito che il problema è congiunturale, che i progetti
riprenderanno, e anche il fotovoltaico sta vivendo un momento di
forte ripresa a livello internazionale: anche la Cina sta spingendo
massicciamente verso le energie rinnovabili e Pechino dopo le
Olimpiadi è diventata una città molto meno inquinata. Discorso
diverso per l’India: in Cina quello che si decide si fa, l’India è una
grande democrazia ma ha tempi di
maturazione più lunghi. Quello che sta
soffrendo davvero, e che ha
iniziato a dare timidi segnali di
ripresa solo nell’autunno
2009, è il settore delle
macchine movimento terra.
In Spagna, ad esempio, si è
costruito ben oltre la capacità
abitative del paese, l’edilizia ha
avuto un crollo del 90%, un
cliente con il quale ho parlato
recentemente lamenta un calo del 94%
sul fatturato! In Italia su strade e infrastrutture si
può ancora lavorare e abbiamo fatto già molto. In Europa non si
possono costruire case, ma lo si può fare in Cina, in India, ci sono
segnali interessanti dal Brasile, e quindi anche il mondo del
construction ha dato segnali di ripresa. Anche perché gli stock dei
nostri clienti, dopo essere cresciuti molto per via di mancanza di
sbocchi sul mercato, hanno raggiunto una dimensione molto più
contenuta”.
Non tutto è da buttar via, in questa fase di grandi difficoltà:
l’AD di Bonfiglioli Riduttori ci tiene a sottolineare i benefici che ne
possono derivare. “Certo non si potrà tornare ai volumi di prima, è
un mercato che comunque, usciti da questa fase di choc, avrà
dimensioni più legate all’economia reale. È quello che la crisi ha
insegnato. In ogni caso io credo che le crisi siano un momento di
accelerazione e di cambiamento e vanno colte come tali. Superato
il momento di disorientamento, adottata un’organizzazione più
coerente, si può guardare oltre la crisi, che fa crollare dei mercati,
ma ne fa emergere di nuovi. Occorre avere la vocazione per fare
l’imprenditore, mestiere sempre più complesso ma prima di tutto
un mestiere che vive della sfida, dell’ambizione, dei sogni. La crisi
impone una messa in discussione e delle scelte. È chiaro che
abbiamo di fronte un anno che impone razionalizzazioni, avendo
lucidità e prontezza nel capire quello che occorre eliminare”.
L’internazionalizzazione: problemi, sfide, opportunità
“La nostra azienda è partita – ricorda Sonia Bonfiglioli – con il
processo di internazionalizzazione intorno agli anni Settanta.
La prima esperienza è arrivata con l’apertura di una filiale
commerciale, e già allora produttiva, in Spagna. Successivamente
abbiamo aperto altre filiali in giro per il mondo. Ma il primo vero
salto verso l’internazionalizzazione produttiva, l’apertura di un plant
all’estero, risale al 1999, con la realizzazione di uno stabilimento in
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India. È stato un momento significativo per l’azienda e per me
personalmente. È sempre un momento epico quando un’azienda
legata al mercato domestico fa questa scelta, che va oltre la
semplice apertura di una filiale commerciale. Occorre capire cosa
andare a produrre, cosa chiede quel mercato. Innanzitutto abbiamo
dovuto riflettere sul perché andare proprio in India: noi non siamo
una multinazionale, per una azienda a dimensione familiare la
scelta di produrre all’estero doveva essere centrata. Non puoi
sbagliare: se l’investimento risulta sbagliato le conseguenze te le
porti dietro per anni. La base della scelta è stata una profonda
conoscenza del Paese e del mercato e quali clienti potevamo
soddisfare. Non c’è niente di più sbagliato nel dire: vado in Cina
perché il mio concorrente è andato là, o perché quel paese
crescerà, o perché i competitor vanno là. Un nostro cliente
dell’eolico forse chiuderà uno stabilimento in Cina: non perché
l’eolico lì non cresca, ma perché chi è andato in Cina in anni
passati ha potuto aggredire un certo mercato, oggi invece è
fortissima la presa di coscienza del governo cinese sulle aziende
locali e governative. Quindi arrivando in tempi recenti quelle
opportunità non sono state più disponibili. Allora può essere
coerente valutare una partnership con un costruttore cinese”.
“La nostra esperienza in India è quella di un processo di anni,
per riuscire a capire il paese, che è lento e che ha tutto un altro
senso del tempo. Suggerisco di cercare di conoscere il paese dove
si vuole andare a produrre e quindi, ovviamente, il prodotto, i
clienti, il business. La tendenza è quella di forti investimenti delle
multinazionali nei paesi a rapido sviluppo. Certi settori stanno
seguendo il processo che si è avuto nell’automotive: investimenti
in Cina, fornitori cinesi, tendenza soprattutto nei settori che
necessitano di forti investimenti. E la crisi ha accelerato tutto
questo, anche perché molti governi stanno favorendo questi
investimenti, per sostenere l’occupazione interna e la crescita
tecnologica di questi paesi. E non c’è alternativa: oggi ci sono
regole che impediscono di porre dazi, ma quando i materiali
rimangono fermi per due mesi alla dogana, questo è un bel dazio
da pagare! Io credo che il processo di internazionalizzazione di una
azienda sia un processo sano. Uno dei problemi in Italia è che le
aziende sono piccole e non hanno la massa critica necessaria per
affrontare questo passo, occorre crescere non per diventare grandi
aziende tutte italiane, ma per diventare aziende internazionali, per
essere presenti su quei mercati che si prevede in crescita. Poi è
chiaro che chi è al governo può fare delle leggi che difendono
l’occupazione e disincentivano la dismissione, ma il problema è
incentivare l’investimento in Europa e in Italia. Se si impedisce ad
un’azienda di delocalizzare, questa non sarà in grado di seguire il
cliente e perderà fatturato anche in Europa. Dobbiamo invece
stimolare le aziende, seguire i mercati ed essere loro vicino.
Esportare non sarà più un investimento vincente se certi clienti
affermano: devi essermi vicino in Cina, in India, in America, e per
esportare merci dall’Italia verso quei paesi occorrono tre mesi: i
clienti non ti aspettano”.
In conclusione, come guarda al futuro Bonfiglioli? “Una cosa
che sto facendo intensamente in questo periodo è cercare di
incontrare molti clienti, cercare di capire che scelte faranno. È il
momento di uscire dal guscio, chi fa impresa deve stare fuori
dall’azienda, cogliere gli stimoli, i cambiamenti, capire le intenzioni
del cliente, capire dove investire, in quali tecnologie e in quali
paesi. I prossimi dodici mesi saranno mesi importanti, quando la
crisi sarà superata sarà troppo tardi poter cogliere l’opportunità
del cambiamento. In questo momento occorrono grande rapidità e
flessibilità. Piuttosto che non fare una scelta, oggi è il momento di
farla e casomai, poi, correggerla”.
SONIA BONFIGLIOLI
Dopo la laurea in Ingegneria Meccanica presso Università di Bologna ed un MBA, nel 1992 entra nell’azienda di
famiglia dove, dopo un semestre passato in officina al montaggio dei riduttori, fa esperienza presso varie funzioni
aziendali tra cui la pianificazione, il commerciale, le relazioni sindacali, la progettazione e l’immagine aziendale.
Questo coinvolgimento in prima persona nei vari settori le permettono di mettere a punto e realizzare progetti
tendenti al miglioramento gestionale ed alla razionalizzazione della gamma prodotti, siglare accordi con importanti
fornitori, acquisire società all’estero e in Italia, mettere le basi per la costruzione e lo sviluppo di uno stabilimento
in India ed uno in Vietnam.
Molto attenta agli aspetti innovativi del lavoro, ha voluto e partecipato direttamente alla realizzazione di un
progetto di E-business per il miglioramento del servizio alla clientela, progetto premiato dal Ministero dell’Industria
per il suo forte carattere di innovazione.
Dal 2008 è Amministratore Delegato e Socio di Bonfiglioli Riduttori SpA.
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Storie I ??????
Da Imola al Guangdong
La cooperativa Sacmi di Imola è nata nel 1919, oggi è capofila di un gruppo globale con 3500 dipendenti.
Ma resta legata al territorio, come spiega il suo Responsabile Qualità Mauro Ferri.
a Sacmi Imola nasce nel 1919 da nove meccanici che
avevano in comune la fede nei principi dell’economia
cooperativa: “Si misero insieme, in un mondo che allora era
difficile per quel tipo di esperienza, ma l’azienda è arrivata fino
ad oggi, perché vive in un territorio fertile per questo tipo di
organizzazione, tanto che attorno a noi ce ne sono molte altre,
di rilevanza anche nazionale”.
A farci da guida, partendo dalla lunga storia di
quest’impresa così tipica di questa parte d’Italia, per arrivare al
tema di questo numero della nostra rivista dedicato alle sfide del
presente, l’internazionalizzazione e la globalizzazione, è Mauro
Ferri, Responsabile Qualità e Sicurezza della cooperativa Sacmi,
che oggi conta circa trecentocinquanta soci, ma è alla testa di
un gruppo di aziende presenti in Europa, America ed Asia, con
oltre tremilacinquecento dipendenti in tutto il mondo. “Fino alla
seconda guerra mondiale – racconta Ferri – la cooperativa
cresce in ambiti artigianali: l’agricoltura, la meccanica più
semplice. Dopo arriva la prima accelerazione, perché la
Cooperativa Ceramica, altra realtà produttiva imolese
L
d’importanza nazionale e internazionale che, a seguito dei
bombardamenti, si era ritrovata con gli impianti danneggiati,
chiese alla Sacmi un supporto per ripararli. Lì nasce l’idea di
costruire delle macchine per fare piastrelle avviando quello che
oggi è per Sacmi il business della ceramica, cuore della sua
produzione. In seguito nasce il secondo pilastro su cui si basa
l’azienda: attraverso l’acquisizione del brevetto di un artigiano
locale si avviò la produzione di macchine per la realizzazione di
tappi a corona in metallo e poi per la produzione dei tappi in
plastica. Il business nasce con il nome di “Tappi”, per divenire in
seguito Packaging, oggi Closures. Nel corso degli anni Sacmi è
divenuta leader mondiale nella progettazione e produzione di
macchine e impianti per l’industria ceramica, oltre che nella
progettazione e produzione di macchine ed impianti per la
produzione dei tappi.”.
Quali sono oggi le dimensioni del vostro gruppo?
Nel gruppo ci sono circa settantaquattro società,
subordinate alla capogruppo che è la Sacmi di Imola e alla
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Storie I Imprese senza confini
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Sezione italiana
holding che si chiama Hps spa. Siamo presenti con stabilimenti e
filiali in 23 paesi. In tutto il mondo sono in funzione migliaia di
macchinari Sacmi e il nostro giro d’affari è basato per l’86%
sull’export.
Fulcro storico dell’attività è la progettazione e la
realizzazione di macchinari per la ceramica, che però nel tempo
si è allargata: non si parla più solo di macchine ed impianti per
la produzione di piastrelle, ma anche sanitari, stoviglieria,
laterizi, tegole e refrattari. Quando si parla di ceramica, in realtà
dietro c’è un mondo di prodotti diversi; in questo settore sono
undici le società del gruppo che operano, fra marchi e aziende
italiane ed estere, principalmente tedesche, poiché
tradizionalmente la Germania era l’altro paese dove questo tipo
di tecnologia era molto forte.
Il secondo business è quello delle macchine e degli impianti per
la produzione di tappi e capsule, al quale si è aggiunto come
terzo pilastro il business del Beverage, ovvero la progettazione e
produzione di macchine e di impianti per la produzione, il
lavaggio, il riempimento, la chiusura e l’etichettatura delle
bottiglie, destinate a chi fa confezionamento di acqua, della
Coca-Cola, etc. Lì, oltre a Sacmi Imola, operano altre importanti
aziende come Sacmi Filling e Sacmi Labelling.
Il quarto pilastro del business è il Food processing, nato nel
2000 per una scelta di diversificazione fatta dal gruppo. Qui c’è
stata l’acquisizione di un’azienda, la Carle & Montanari, che fa
macchine e impianti per la produzione del cioccolato.
Infine il business del Plastics, realizzato attraverso una serie di
acquisizioni di aziende e marchi (Negri Bossi, Bm Biraghi e
Oima), che si occupa della progettazione, costruzione e
commercializzazione di macchine per lo stampaggio ad iniezione
delle materie plastiche. In questa evoluzione, nella
diversificazione delle linee di prodotto c’è anche la spiegazione
dell’enorme salto che si riscontra nei numeri: se nel 1995 si
fatturava l’equivalente di 457 milioni di euro con milletrecento
dipendenti, in gran parte impegnati nei due filoni tradizionali
della nostra produzione e commercializzazione, nel 2003 il
fatturato è quasi raddoppiato avvicinandosi ai 900 milioni e i
dipendenti quasi triplicati, superando le tremila unità. Nel 2007 il
fatturato è stato di un miliardo e trecento milioni, valore
confermato nel 2008.
Dal punto di vista tecnologico, cosa è cambiato per voi
con lo sviluppo di questi nuovi settori produttivi?
Per esempio, le macchine che realizzano i tappi in plastica,
prodotte nello stabilimento di Imola, utilizzano la tecnologia della
compressione, interamente sviluppata da Sacmi. In realtà la
tecnologia più utilizzata nel mondo è quella dello stampaggio ad
iniezione, ed è per questo che si è voluto realizzare il business del
Plastics: per poter offrire al cliente entrambe le tecnologie di
stampaggio, proponendosi così con una gamma completa di
Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 25
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Storie I Imprese senza confini
Sezione italiana
soluzioni. Lavoriamo con materiali come Pet, in Polietilene a
bassa o alta densità, in Pvc o in Abs. Ad esempio abbiamo
venduto di recente quattro macchine alla Fiat per stampare i
cruscotti delle Bravo, che sono in Abs. Poi insieme al nuovo
business del food processing sono state sviluppate diverse
tipologie di sistemi di ispezione, che non sono altro che dei
sistemi di visione e controllo che, attraverso l’ausilio di
telecamere, permettono di controllare la qualità del tappo o delle
piastrelle, prodotte praticamente in tempo reale sostituendo
l’attività manuale di scelta. Se si pensa che una macchina che fa
tappi in plastica a compressione produce 600-1200 tappi al
minuto, dieci o dodici tappi al secondo, è scontato che un
sistema destinato al controllo della qualità e della geometrica del
tappo in uscita dalla macchina debba essere per forza un sistema
ad alta tecnologia.
È stato inoltre sviluppato un sistema di “nasi”, un sistema
olfattivo: è un prodotto molto innovativo, la cui
industrializzazione è ancora un po’ lontana. I sistemi olfattivi
possono trovare la loro applicazione in diversi ambiti: nel campo
ambientale, nel medicale, nell’automotive, nel settore militare e
della sicurezza perché, per esempio, possono essere usati per
“annusare” e riconoscere gli esplosivi. Sono tutte cose che
richiedono tempo. Un po’ come la piastrella luminosa,
un’applicazione suggestiva, da architetti.
Sono oggetti di ricerca, ma nel campo dell’industrializzazione
stiamo cercando di sviluppare più che prodotti innovativi,
progetti di nuove macchine che vadano oltre l’aspetto ricerca. Va
citato forse anche il progetto H.E.R.O: le macchine dell’industria
ceramica sono estremamente energivore e questo progetto
prevede una loro ottimizzazione che, grazie ad una tecnica
innovativa che consente di operare in singola pressata, permette
una riduzione del consumo di energia elettrica fino al 9% nel
processo di formatura della piastrella.
Rispetto ad una normale società di capitali, una
cooperativa ha una struttura decisionale differente.
Ci spiega com’è organizzata la vostra?
La Sacmi Imola ha una struttura aziendale classica, con una
Direzione Generale ed una direzione per ogni business. La
struttura societaria è formata da un Consiglio di
Amministrazione, composto da cinque soci eletti ogni tre anni e
da un’Assemblea costituita da circa trecentoquaranta soci, parte
dei mille dipendenti. Ogni anno vengono selezionati dal Consiglio
di Amministrazione nuovi soci in base a criteri di competenza e
professionalità, ma anche di adesione ai valori cooperativi,
coprendo così il naturale turnover dovuto ai pensionamenti.
L’assemblea sociale si riunisce in tutti i momenti cruciali come
redazione del budget, verifiche trimestrali, bilancio, acquisizioni,
bilancio del gruppo, ecc.. Tutte le assemblee sono precedute da
attività di informazione verso i soci. Essere socio di cooperativa è
esattamente come avere un doppio rapporto di lavoro: al termine
delle otto ore di lavoro, il socio deve investire altro tempo per
informarsi e studiare per svolgere la sua funzione di imprenditore
e per essere in grado di seguire i lavori dell’Assemblea. La
complessità degli aspetti imprenditoriali è crescente: mercati e
prodotti, tecnologie, finanza e patrimonio, un gruppo
multinazionale come questo richiede un approccio molto più
approfondito rispetto al passato.
La collaborazione con TÜV Italia ha accompagnato in
anni recenti un’intensificazione del vostro lavoro già
consolidato sui temi della sicurezza e della qualità.
Cosa ha guidato le vostre scelte in questo campo?
La certificazione del sistema qualità risale al 1996, nel 2001
abbiamo integrato la certificazione ambientale e dal 2004 anche
quella per la sicurezza dei lavoratori. L’azienda, inizialmente, ha
visto nella certificazione di qualità un’opportunità sia di
organizzazione interna sia di approccio al mercato: erano gli anni
in cui la certificazione diventava indispensabile, soprattutto sul
mercato internazionale. All’inizio l’ottica era: mercato e
organizzazione interna. Già negli anni ‘90, con lo sviluppo della
concorrenza internazionale, la standardizzazione diventava
Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 26
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fondamentale.
Quando sono subentrato al collega come Responsabile
Qualità, avendo una competenza più tecnica, ho spinto l’azienda
a dotarsi della certificazione ambientale e di sicurezza, anche
perché Sacmi Imola ha da sempre avuto standard molto alti di
sicurezza, sia per la sua origine cooperativa, sia per l’attenzione
da sempre rivolta a questi tempi; era quindi possibile adeguarci a
quegli standard senza grossi investimenti: la certificazione
ambientale l’abbiamo conseguita anche con il supporto di un
collega che mi ha aiutato sulle procedure, ma dal punto di vista
dei requisiti richiesti eravamo già in regola in tutto. Non è molto
comune acquisire una certificazione solo mettendo a punto le
procedure. Un aspetto che ha aiutato l’azienda nel suo percorso
certificativo sono i forti investimenti infrastrutturali degli ultimi
quindici anni. Adesso stiamo realizzando 10.500 metri quadri di
nuovi capannoni destinati alla produzione e il montaggio di
macchine pesanti, che implica un investimento di 25 milioni di
euro. Avere un’azienda di qualità, in salute, sicura, è più facile
quando sono possibili investimenti importanti a supporto di
questi obiettivi.
Con TÜV Italia stiamo facendo un lavoro molto importante
nell’area della sicurezza prodotto, sia in termini di formazione
della cultura aziendale sia per la qualità del prodotto.
Ovviamente è un’area nella quale Sacmi Imola aveva già iniziato
ad operare fin dagli anni ‘80. Pur avendo già fatto un percorso
approfondito e accurato al momento dell’entrata in vigore della
prima edizione della Direttiva Macchine, in questi ultimi tre o
quattro anni abbiamo rivisitato con l’aiuto di TÜV Italia tutto
l’ambito sicurezza dei prodotti. Si cerca di avere un approccio
globale, che riguarda Sacmi Imola, ma anche le consociate e i
fornitori e spesso anche i nostri clienti ai quali spieghiamo cosa
abbiamo fatto per la sicurezza del prodotto o di cosa ha bisogno
la sua azienda per la sicurezza del prodotto. In particolare nel
mondo ceramico.
Com’è organizzata la vostra presenza all’estero? Quali
sono i compiti delle società che operano nel mondo?
Una parte delle società del gruppo è finalizzata ad attività
produttive, il resto invece al “global network” con aziende che
hanno specificamente il compito di sviluppare le vendite, di
costruire il business dei ricambi e coordinare l’assistenza tecnica,
fondamentale perchè è lì che si costruisce la relazione con il
cliente e da sempre Sacmi Imola rivolge molta attenzione e
risorse per la realizzazione ed il mantenimento di questo rapporto.
Quando si installano tante macchine e tanti impianti in giro
per il mondo, la vendita dei ricambi rappresenta una sorta di
assicurazione sulla redditività, che non è sempre garantita dalla
vendita delle singole macchine. Dal punto di vista
dell’internazionalizzazione della produzione l’attenzione si sta
concentrando su Cina e India. La Cina rappresenta un mercato di
dimensioni, capacità e volumi tali imprescindibile, ancora di più in
questo momento di crisi in cui tutti gli altri mercati sono statici.
Stesso discorso per l’India, ma con una velocità diversa dalla
Cina. In Cina è stata creata un’unità produttiva e si stanno
sviluppando una serie di prodotti, gli stessi che facciamo ad
Imola, ma rivisitati nell’ottica del mercato cinese. Tale attività
dovrà essere intensificata nei prossimi anni perché è un mercato
particolare, che è necessario conoscere anche attraverso attività
di marketing: bisogna capirne le esigenze per commercializzare
prodotti, anche diversi da quelli che vengono destinati al resto del
mondo.
Quali sono le difficoltà che avete incontrato in questo
approccio ai mercati dell’Estremo Oriente? Burocrazia,
barriere protezionistiche, formazione del personale?
Le difficoltà che lei cita ci sono tutte, ma in parte le
abbiamo anche in Italia. La formazione del personale, la relazione
con la pubblica amministrazione e la burocrazia rappresentano un
problema anche in Italia. Anche il reperimento sul mercato di
fornitori di qualità a prezzi concorrenziali è un tema decisivo su
qualunque mercato. Poi ovviamente bisogna conoscere le
normative del paese e costruire un rapporto con le autorità locali,
ma la sensazione è che queste cose stiano avendo un’evoluzione
positiva, soprattutto nelle aree industrializzate. A tutto questo si
sommano i problemi della lingua, della cultura; chi va in Oriente
deve quindi fare i conti con tutto questo. Ma la Cina è anche una
realtà estremamente dinamica. Ci sono stato nel luglio del 2009,
c’ero stato un anno e mezzo prima e ho trovato grandi
Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 27
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Storie I Imprese senza confini
Sezione italiana
cambiamenti. La Cina cresce molto velocemente, soprattutto
nello sviluppo delle infrastrutture: l’aeroporto di Canton è un
impianto mai visto in Italia o negli Stati Uniti, forse è
paragonabile a Monaco, Francoforte o Parigi. Personalmente
ritengo che, dal punto di vista delle infrastrutture, la Cina sia già
al nostro livello. Dal punto di vista industriale, invece, la qualità
delle lavorazioni non è ancora al nostro livello, e la stessa
considerazione vale per la competenza del personale.
La mia opinione personale è che molte lavorazioni possono
tornare a essere fatte in Europa, per avere una maggiore qualità,
ma i prodotti destinati al mercato cinese non possono che essere
fatti in loco, perchè quel mercato ha prodotti ed esigenze
particolari. Oggi si va in Cina per produrre per il mercato interno,
poi sarà possibile produrre lì per ridurre i costi dei prodotti da
esportare nel mondo, però, in questo caso, occorre porre molta
attenzione all’aspetto della qualità. Sacmi Imola, ad esempio,
presso lo stabilimento di Nanhai, vicino Canton nel Guangdong,
produce dei forni che non vengono venduti in tutto il mondo ma
nei paesi asiatici confinanti con la Cina: sono tarati per quei
mercati. Altro esempio: viene prodotta una pressa in Cina per il
mercato interno, ma viene comunque montato un kit realizzato
ad Imola perché la qualità è superiore rispetto a quello che
realizzerebbero fornitori locali.
Voi siete una cooperativa, quindi un’azienda che ha un
legame particolare con i suoi dipendenti e con il
territorio. Come affrontate l’internazionalizzazione
rispetto a questo aspetto piuttosto delicato?
Mantenendo un equilibrio tra Imola e le sedi estere. Certo
non è pensabile chiudere qui per produrre in Cina: per noi i mille
di Imola devono esistere sempre, in un certo senso sono la
ragione per la quale esistiamo, come cooperativa prima che
come gruppo. Inoltre il rapporto con il territorio è testimoniato
anche dai dati dell’indotto: i nostri acquisti sono ancora legati in
larghissima parte a Imola, all’Emilia Romagna e in misura minore
al mercato italiano, mentre le forniture estere restano
estremamente limitate. Questo anche ora che il Gruppo Sacmi è
presente in tutto il mondo: in questo senso restiamo una realtà
aziendale diversa.
MAURO FERRI
Bolognese, nel 1992, dopo la laurea in Ingegneria Chimica all'Università di Bologna, inizia la carriera professionale
in Enichem, presso l'ufficio Tecnico e Lavori dello stabilimento di Ferrara dove rimane fino al 1995. Entra quindi in
Sacmi, inizialmente come Responsabile Prevenzione e Protezione, per assumere successivamente anche la
responsabilità della Logistica. Dal 2003 è Responsabile Servizi al Patrimonio e del Servizio Qualità Sicurezza e
Gestione Processi, ruoli che ricopre ancora oggi.
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News
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Sezione italiana
Emesso il primo certificato per la norma UNI EN 15593
La UNI EN 15593:2008 “Imballaggi - Gestione dell’igiene nella produzione di imballaggi destinati ai prodotti alimentari - Requisiti”
descrive sia il sistema di gestione, sia le pratiche igieniche che i fabbricanti di imballaggi devono fare propri ed attuare, essendo parte della
filiera alimentare, a tutela degli utilizzatori finali. È il Sacchificio Veneto di Grezzana (VR) ad aver ricevuto il primo certificato emesso da TÜV
Italia secondo questa norma. Un risultato che premia la serietà di una azienda che ha nel suo DNA l’impegno verso i clienti e una politica
aziendale di trasparenza e la conferma di un percorso virtuoso iniziato con la certificazione di qualità ISO 9001 nel 2002, proseguito con la
certificazione ambientale ISO 14001, che trova con questa nuova certificazione un’ulteriore valorizzazione. Contatto: [email protected]
ALCANTARA S.p.A. è "Carbon Neutral"
ALCANTARA S.p.A., l’azienda che
produce l’omonimo materiale a marchio
registrato e propone soluzioni specifiche
ad alto contenuto tecnologico e stilistico,
grazie a ricerca e innovazione, ha ricevuto
questa certificazione che sancisce che
tutte le emissioni di gas serra dell’azienda
sono state annullate. L’iter certificativo di
ALCANTARA S.p.A. si è svolto secondo i
seguenti step:
- acquisto di energia interamente da fonti
rinnovabili, di fatto il primo, importante
passo compiuto dall’azienda per ridurre
significativamente le proprie emissioni;
- inventario da parte dell’azienda dei gas
serra emessi (carbon footprint);
- verifica da parte di TÜV Italia,
attraverso audit, della veridicità dei
dati forniti dall’azienda e certificazione
dell’inventario in accordo alla norma
internazionale ISO 14064;
- conseguimento della “Carbon
Neutrality” da parte di Alcantara S.p.A.
attraverso l’acquisto sul mercato di
crediti di riduzione di CO2 da progetti
certificati secondo standard ufficiali
internazionali.
La scelta dell’azienda è caduta su tre
progetti localizzati in tre diversi continenti
dei quali TÜV Italia ha provveduto a
verificarne il bilancio delle emissioni e che
i relativi crediti utilizzati fossero
“annullati”, cioè tolti dal mercato.
Con questa certificazione Alcantara
S.p.A. è la prima realtà manifatturiera al
mondo che può utilizzare il marchio
TÜV SÜD “Carbon Neutral”.
Contatto: [email protected]
TÜV Italia accreditata ISO/IEC 20000-1
TÜV Italia è il primo ente ad essere accreditato da Accredia
secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021:2006, per le certificazioni
dei sistemi di gestione dei servizi IT. L’importante risultato, frutto di più
di un anno di impegno di tutto il team che nell’ente si occupa delle
certificazioni ICT, permette di bissare il successo ottenuto qualche anno
fa con le prime certificazioni in Italia dei Sistemi di Gestione per la
Sicurezza delle Informazioni e poter in questo modo completare la
nostra ampia gamma di servizi ICT, destinati ad aziende sempre più
esigenti e sempre più competitive.
Sino ad oggi le certificazioni ISO/IEC 20000-1 erano rilasciate solo
a seguito del riconoscimento internazionale itSMF, che anche il gruppo
TÜV SÜD ha ottenuto a suo tempo e che gli hanno permesso di
emettere certificazioni di primaria importanza, prima fra tutte quella
rilasciata alla BCE, la prima banca centrale al mondo ad aver ottenuto
questa certificazione. Più di un anno fa, Accredia ha accolto le istanze di
alcuni Enti di Certificazione ed elaborato uno schema di accreditamento
secondo le tradizionali norme di riferimento che permettono il Mutuo
Riconoscimento delle certificazioni emesse. TÜV Italia ha seguito da
vicino questa evoluzione ed elaborato tempestivamente lo schema di
certificazione che ha permesso di condividere questo importante primato
con le prime aziende certificate, tra le altre Poste Italiane ed Euristica;
aziende di primaria importanza che hanno fatto dell’innovazione una delle
leve strategiche del proprio successo. Contatto: [email protected]
News_TJ 04/06/2010 16.49 Pagina 29
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News
Sezione italiana
TÜV Italia ad Ecomondo 2009
A TÜV Italia il Child Guardian Award di Terre des Hommes
Dal 20 al 31 ottobre a Rimini si è tenuto
l’annuale appuntamento con ECOMONDO,
l’evento fieristico più importante a livello
nazionale dedicato alle tecnologie verdi e ai
nuovi stili di vita, nonché luogo d’incontro
privilegiato tra l’industria dell’ambiente e della
sostenibilità e gli stakeholders istituzionali, le
associazioni di categoria, la Pubblica
Amministrazione, le ONG e tutte le tipologie
di industria e di produzione di beni. Un luogo
dove confrontarsi sui nuovi modelli di crescita
economica attraverso la lente d’ingrandimento
dell’innovazione, delle tecnologie pulite e di
un nuovo approccio all’urbanizzazione e ai
contesti sociali. Quest’anno la partecipazione
di TÜV Italia all’evento riminese è stata
caratterizzata, oltre che dal tradizionale stand,
anche da un’importante e qualificata presenza
ai convegni svoltisi nell’ambito della
manifestazione. L’ente ha promosso tre
incontri che hanno toccato argomenti diversi
ma sinergici tra loro e particolarmente
innovativi per favorire un approccio concreto
e positivo alle scelte “sostenibili” delle
aziende. Tutti e tre gli incontri hanno
registrato un’interessante partecipazione di
pubblico.
Nell’ambito del convegno “Finanza &
Sostenibilità: un obiettivo possibile”,
promosso con Unicredit Factoring e WWF e
con la presenza di relatori appartenenti ad
In occasione di una cerimonia
svoltasi a Palazzo Marino, sede del
Comune di Milano, il soggetto
“Bimbo” della nostra campagna ADV
“La realtà può essere un mondo
fantastico” ha ricevuto il Child
Guardian Award per la categoria
stampa/affissione, premio voluto da
Terre des Hommes Italia, una delle più
attive e riconosciute organizzazioni
non governative impegnate nella
difesa dei diritti dell’infanzia nei paesi
in via di sviluppo.
Il Child Guardian Award, premio
che vede come partner di Terre des
Hommes il Comune di Milano, il
gruppo ILSOLE 24ORE e Pubblicità
Progresso, ha come finalità principale
la valorizzazione di campagne
importanti società a livello nazionale, si sono
affrontati temi di business e sostenibilità concetti sempre più conciliabili - ed è stato
anche l’occasione per presentare il
“Sustainable Factoring Project”, già oggetto di
un articolo in un precedente numero della
rivista.
Nel secondo convegno “Con la BS EN
16001, il risparmio energetico si fa sistema”
pubblicitarie che hanno dimostrato di
saper offrire l’immagine più corretta
dei bambini, coniugando il rispetto dei
diritti dell’infanzia con un linguaggio
comunicativo efficace.
Contatto: [email protected]
TÜV Italia ha presentato questo nuovo
strumento normativo che le aziende hanno a
disposizione per il miglioramento dell’efficienza
energetica dei propri processi produttivi.
L’ultimo incontro dal titolo “Le Vie della
Sostenibilità: come conciliare competitività ed
eco compatibilità; la regia di Alta Eco, le
esperienze di Philips, Agfa e TÜV Italia” è
stato l’occasione per promuovere un progetto
innovativo sviluppato all’interno del settore
delle Arti Grafiche, che dimostra come sia
possibile intraprendere la strada di un
comportamento sostenibile, senza
“stravolgere” le logiche di mercato e gli
obiettivi di business.
Una partecipazione, quella di TÜV Italia ad
ECOMONDO 2009, tutta indirizzata a proporre
risposte concrete alle esigenze ambientali,
vitali per la sopravvivenza del pianeta.
Contatto: [email protected]
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Le attività di TÜV SÜD
Energia per il futuro
Nel marzo del 2009 la centrale elettrica solare-termico di
Puerto Errado, situata nei pressi di Murcia, nel sud della
Spagna, ha cominciato a immettere energia elettrica nella
rete. L’impianto, sviluppato dalla tedesca Biosol Novatec di
Karlsruhe, è il primo a ricorrere al principio di Fresnel: infatti
la luce solare è convogliata su una superficie fatta di lunghe
file di specchi regolabili. L’energia concentrata riscalda il
liquido contenuto in tubi, e il vapore generato dal processo
aziona la turbina per la generazione di corrente ambientalmente pulita e sicuramente sostenibile.
Hans Christian Schröder e il suo team di tecnici di TÜV SÜD
Industrie Service hanno lavorato a questo impianto innovativo
di produzione di energia elettrica fin dall’inizio, fornendo
consulenza nella fase di pianificazione, supporto nella
costruzione dell’unità centrale di controllo GPS e nella
valutazione tecnica generale degli apparecchi.
Gli specialisti di TÜV SÜD che lavorano sulle centrali elettriche
hanno esperienza nella produzione di energia ecocompatibile:
oltre agli impianti ad energia solare, intervengono su quelli
geotermici e sulle centrali eoliche.
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retro_TJ 04/06/2010 16.49 Pagina 32
TÜV Italia: partner d’impresa
in certificazione, ispezione, formazione.
Vicenza
Sesto San Giovanni (MI)
Italia
Scarmagno (TO)
Casalecchio di Reno (BO)
Firenze
TÜV Italia S.r.l.
Via G. Carducci, 125 pal. 23
20099 Sesto San Giovanni (MI)
+ 39-02-24130-1
+ 39-02-24130-399
Roma
Napoli
Bari
Catania
Sedi Internazionali
Germania:
TÜV SÜD AG
Westenstraße 199
D-80686 Monaco
+ 49-89-5791-0
+ 49-89-5791-1551
America-NAFTA:
TÜV SÜD America Inc
Cherry Hill Drive 5
01923 Danvers, USA
+ 1-978739-7000
+ 1-978777-8441
UE e Svizzera:
TÜV SÜD AG
Westendstraße 199
D-80686 Monaco
+ 49-89-5791-0
+ 49-89-5791-1551
Asia-Pacific:
TÜV SÜD Asia Pacific
3 Science Park Drive
#04-01/05 The Franklin
Singapore 118223
+ 65 6773 9731
+ 65 6872 4948