Libri - Dehoniane
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REGATT 20-2012 cop:REGATT 02-2010 14.17 !""" !"! cop.qxd 30/11/2012 !"! Pagina 4 EDB 50 anni col Concilio IL CONCILIO VATICANO II quindicinale di attualità e documenti 2012 EDIZIONE DEL CINQUANTESIMO POSTFAZIONE DI CHRISTOPH THEOBALD pp. 1940 - € 69,00 20 16 A CURA DI MARCO VERGOTTINI PERLE DEL CONCILIO DAL TESORO DEL VATICANO II INTRODUZIONE DI CARLO MARIA MARTINI E MARCO VERGOTTINI Attualità pp. 440 - € 20,00 FILIPPO RIZZI QUELLI CHE FECERO IL CONCILIO INTERVISTE E TESTIMONIANZE pp. 128 - € 9,90 GERARDO CARDAROPOLI IL CONCILIO VATICANO II 649 652 657 665 705 Politica in Italia Il vecchio e il vuoto Obama 2012: perdono i vescovi Il sinodo e l’evangelizzazione Internet in monastero Studio del Mese Il Sud del Concilio Congresso di Porto Alegre: un bilancio della teologia della liberazione 40 anni dopo L’EVENTO, I DOCUMENTI, LE INTERPRETAZIONI NUOVA EDIZIONE pp. 160 - € 13,00 EDB #"! !! ! ! Anno LVII - N. 1133 - 15 novembre 2012 - IL REGNO - Via Nosadella 6 - 40123 Bologna - Tel. 051/3392611 - ISSN 0034-3498 - Il mittente chiede la restituzione e s’impegna a pagare la tassa dovuta - Tariffa ROC: “Poste Italiane spa - Sped. in A.P. - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna” REGATT 20-2012 cop:REGATT 02-2010 cop.qxd 30/11/2012 14.17 Pagina 2 quindicinale di attualità e documenti "!!"#"!!!!!!"#"! UMBERTO MAZZONE A ttualità L’Ottantanove è lontano 15.11.2012 - n. 20 (1133) Caro lettore, 649 (G. Brunelli) presentandole questo nuovo numero de Il Regno – attualità la invitiamo ad accompagnarci anche nei prossimi mesi nel nostro lavoro d’informazione e ricerca. Le riconfermiamo, da parte nostra, il desiderio e l’impegno di accompagnare ciascuno di voi in questo anno, offrendo uno sguardo il più possibile documentato e incisivo sugli avvenimenti che costruiscono il cammino della Chiesa nella storia, un’interpretazione dell’attualità alla luce della fede, un aiuto alla formazione di una coscienza cristiana e responsabile. A ciascuno di voi chiediamo ancora una volta di esserci, rinnovando o sottoscrivendo l’abbonamento, perché la rivista la costruiamo insieme. R DAVIDE CALDIROLA ANTONIO TORRESIN I verbi del prete Forme dello stile presbiterale V erbi come «predicare», «benedire» e «ascoltare» accompagnano sempre i gesti e le azioni dei preti, dando così forma al loro stile presbiterale. In questo libro i due autori, parroci a Milano, ci restituiscono frammenti di vita e spunti di riflessione, interrogandosi sulla qualità evangelica del loro ministero. «CAMMINI DI CHIESA» www.dehoniane.it pp. 160 - € 11,50 Via Nosadella, 6 40123 Bologna Tel. 051 4290011 Fax 051 4290099 Italia – Politica: il vecchio e il vuoto { Dalla scomposizione del centrodestra alle primarie del PD } 652 (M. Faggioli) USA – Elezioni presidenziali: Obama 2012 { Un amaro risveglio per i vescovi } 656 (G. Mocellin) Benedetto XVI – Concistoro L’equilibrio mantenuto 657 (L. Bressan) Chiesa cattolica – XIII Sinodo: rinascere dall’alto { I temi e il dibattito } 658 (G. B.) Sinodo dei vescovi Primi passi 661 (D. Sala) Chiesa d’Inghilterra Nuovo leader, nuova crisi 662 (D. S.) Serbia-Croazia – Cattolici e ortodossi Di nuovo nemici 662 (D. S.) Italia – Evangelici Nello spazio pubblico 663 (M. B.) Santa Sede – Lefebvriani Attendismi e doppi binari 664 (M. B.) Santa Sede – Legionari Ridefiniti: vertici e carisma 665 (I. Jonveaux) Monachesimo – Media digitali: la rete nel chiostro… { …e il chiostro nella rete } 669 (M. Gronchi) Psicanalisi – Teologia: la parola fatta silenzio { Trascendenza e incarnazione } 671 (C. Manenti) Italia – Architettura sacra Sulle chiese del Concilio 672 (L. Berzano) Italia – Religione popolare: i nuovi pellegrini { Classe media, prevalenza dei sensi } Libri del mese 675 (I. Illich) Con gli occhi aperti sulla vita { Ricordando I. Illich e R. Fox } 681 694 (Caritas italiana) P. Beccegato, W. Nanni, F. Strazzari, Mercati di guerra 695 (G. Matti) Italia – Migrazioni: andata e ritorno { Migranti: il dossier statistico } 697 (M.C. Giorda) Egitto – Chiesa copta: Tawadros, il nuovo papa { Dopo Shenouda e dopo Moubarak } 699 (M.E. G.) Africa del Nord – CERNA Nel medesimo crocevia 700 (M.E. Gandolfi) Africa – Rep. dem. del Congo Ancora in guerra 701 (M. Castagnaro) Guatemala – Chiesa cattolica Una svolta autoritaria 701 (M. C.) Nicaragua – Chiesa cattolica Astensionismo e democrazia 702 (A. Speciale) Filippine – Fronte islamico Verso la pace a Mindanao 703 (D. Sala) 704 (L. Accattoli) «OGGI E DOMANI» Agenda vaticana pp. 192 - € 15,00 Studio del mese { Teologia della liberazione e Vaticano II } 705 (M. Matté, F. Strazzari) Il Sud del Concilio 707 (D. S.) Teologia della liberazione Sulla linea del tempo 710 (M. Matté, F. Strazzari) A colloquio con i protagonisti Roma-Brasile, domani 713 (M.A. Bazzocchi) Sul dolore e sull’amore: se il male ha principio { «Il tempo è un dio breve», romanzo di M. Veladiano } 715 (T. Subini) Ferite di ogni giorno { «Amour», film di M. Haneke } 717 (P. Stefani) Parole delle religioni Segnalazioni 693 (P. Stefani) Il grigio e il tiepido 719 (L. Accattoli) 693 (M.E. G.) «Benedicimi». La benedizione come liturgia del cristiano comune Nuovo Testamento e Salmi. Cinese - italiano PRESENTAZIONE DI PAOLO PRODI Diario ecumenico Schede (a cura di M.E. Gandolfi) R. Etchegaray, L’uomo a che prezzo? Chiese e società da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI Io non mi vergogno del Vangelo Colophon a p. 718 EDB $#"! ""!!!!!" !!!!"!! REGATT 20-2012 cop:REGATT 02-2010 cop.qxd 30/11/2012 14.17 Pagina 2 quindicinale di attualità e documenti "!!"#"!!!!!!"#"! UMBERTO MAZZONE A ttualità L’Ottantanove è lontano 15.11.2012 - n. 20 (1133) Caro lettore, 649 (G. Brunelli) presentandole questo nuovo numero de Il Regno – attualità la invitiamo ad accompagnarci anche nei prossimi mesi nel nostro lavoro d’informazione e ricerca. Le riconfermiamo, da parte nostra, il desiderio e l’impegno di accompagnare ciascuno di voi in questo anno, offrendo uno sguardo il più possibile documentato e incisivo sugli avvenimenti che costruiscono il cammino della Chiesa nella storia, un’interpretazione dell’attualità alla luce della fede, un aiuto alla formazione di una coscienza cristiana e responsabile. A ciascuno di voi chiediamo ancora una volta di esserci, rinnovando o sottoscrivendo l’abbonamento, perché la rivista la costruiamo insieme. R DAVIDE CALDIROLA ANTONIO TORRESIN I verbi del prete Forme dello stile presbiterale V erbi come «predicare», «benedire» e «ascoltare» accompagnano sempre i gesti e le azioni dei preti, dando così forma al loro stile presbiterale. In questo libro i due autori, parroci a Milano, ci restituiscono frammenti di vita e spunti di riflessione, interrogandosi sulla qualità evangelica del loro ministero. «CAMMINI DI CHIESA» www.dehoniane.it pp. 160 - € 11,50 Via Nosadella, 6 40123 Bologna Tel. 051 4290011 Fax 051 4290099 Italia – Politica: il vecchio e il vuoto { Dalla scomposizione del centrodestra alle primarie del PD } 652 (M. Faggioli) USA – Elezioni presidenziali: Obama 2012 { Un amaro risveglio per i vescovi } 656 (G. Mocellin) Benedetto XVI – Concistoro L’equilibrio mantenuto 657 (L. Bressan) Chiesa cattolica – XIII Sinodo: rinascere dall’alto { I temi e il dibattito } 658 (G. B.) Sinodo dei vescovi Primi passi 661 (D. Sala) Chiesa d’Inghilterra Nuovo leader, nuova crisi 662 (D. S.) Serbia-Croazia – Cattolici e ortodossi Di nuovo nemici 662 (D. S.) Italia – Evangelici Nello spazio pubblico 663 (M. B.) Santa Sede – Lefebvriani Attendismi e doppi binari 664 (M. B.) Santa Sede – Legionari Ridefiniti: vertici e carisma 665 (I. Jonveaux) Monachesimo – Media digitali: la rete nel chiostro… { …e il chiostro nella rete } 669 (M. Gronchi) Psicanalisi – Teologia: la parola fatta silenzio { Trascendenza e incarnazione } 671 (C. Manenti) Italia – Architettura sacra Sulle chiese del Concilio 672 (L. Berzano) Italia – Religione popolare: i nuovi pellegrini { Classe media, prevalenza dei sensi } Libri del mese 675 (I. Illich) Con gli occhi aperti sulla vita { Ricordando I. Illich e R. Fox } 681 694 (Caritas italiana) P. Beccegato, W. Nanni, F. Strazzari, Mercati di guerra 695 (G. Matti) Italia – Migrazioni: andata e ritorno { Migranti: il dossier statistico } 697 (M.C. Giorda) Egitto – Chiesa copta: Tawadros, il nuovo papa { Dopo Shenouda e dopo Moubarak } 699 (M.E. G.) Africa del Nord – CERNA Nel medesimo crocevia 700 (M.E. Gandolfi) Africa – Rep. dem. del Congo Ancora in guerra 701 (M. Castagnaro) Guatemala – Chiesa cattolica Una svolta autoritaria 701 (M. C.) Nicaragua – Chiesa cattolica Astensionismo e democrazia 702 (A. Speciale) Filippine – Fronte islamico Verso la pace a Mindanao 703 (D. Sala) 704 (L. Accattoli) «OGGI E DOMANI» Agenda vaticana pp. 192 - € 15,00 Studio del mese { Teologia della liberazione e Vaticano II } 705 (M. Matté, F. Strazzari) Il Sud del Concilio 707 (D. S.) Teologia della liberazione Sulla linea del tempo 710 (M. Matté, F. Strazzari) A colloquio con i protagonisti Roma-Brasile, domani 713 (M.A. Bazzocchi) Sul dolore e sull’amore: se il male ha principio { «Il tempo è un dio breve», romanzo di M. Veladiano } 715 (T. Subini) Ferite di ogni giorno { «Amour», film di M. Haneke } 717 (P. Stefani) Parole delle religioni Segnalazioni 693 (P. Stefani) Il grigio e il tiepido 719 (L. Accattoli) 693 (M.E. G.) «Benedicimi». La benedizione come liturgia del cristiano comune Nuovo Testamento e Salmi. Cinese - italiano PRESENTAZIONE DI PAOLO PRODI Diario ecumenico Schede (a cura di M.E. Gandolfi) R. Etchegaray, L’uomo a che prezzo? Chiese e società da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI Io non mi vergogno del Vangelo Colophon a p. 718 EDB $#"! ""!!!!!" !!!!"!! 649-651_art_brunelli:Layout 2 30-11-2012 11:09 Pagina 649 Politica I TA L I A i l vecchio e il vuoto E ra il 2011, anno 150° della nostra unità nazionale, l’anno nel quale il sistema politico italiano ha fatto naufragio. Tentare di descrivere la situazione politica italiana, a un anno dal fallimento politico del governo Berlusconi e dopo un anno di governo presidenziale guidato dal prof. Monti, è ancora compito difficile. Molto cose sono accadute da allora. La grande recessione e la crisi finanziaria non si sono placate. La crisi politica e istituzionale è irrisolta. Uscire dallo stato d’eccezione Siamo stati salvati da quel che c’è di Unione Europea, perché la nostra fine avrebbe trascinato con sé l’intero sistema. Per questo il tentativo di salvataggio dettatoci dall’esterno, una volta dichiarato nel novembre del 2011, a Bruxelles, il fallimento berlusconiano, ha seguito una via eterodossa su un piano istituzionale. La nostra era ed è una democrazia in stato d’eccezione. Non c’era tempo per elezioni politiche o altre soluzioni parlamentari. Il governo Berlusconi si è dimesso sulla sfiducia della Germania, degli Stati Uniti e dei mercati finanziari, non su un voto parlamentare. Il Quirinale ha imposto un suo governo d’emergenza nazionale, appoggiato in Parlamento dai partiti principali dell’ex maggioranza (Popolo della libertà – PDL) e dell’ex opposizione (Partito democratico – PD, Unione democratica di centro – UDC) per l’impossibilità di formare un qualsiasi governo politico. Il nuovo governo ha deciso nel primo Dalla scomposizione del centro-destra alle primarie del PD mese di vita un provvedimento di peso, come la riforma delle pensioni, poi ha proceduto a qualche taglio più o meno lineare sul capitolo della spesa pubblica (sanità, scuola, pubblico impiego) e ha aumentato le imposte (dirette e indirette). Per il resto, i provvedimenti governativi sono stati di minor peso o non sono ancora approdati a un voto parlamentare. Vedremo cosa produrranno le ultime settimane di legislatura. Ma di certo, dei cosiddetti «compiti a casa» imposti dall’Europa, il governo Monti ne ha fatti più o meno la metà. Un «blocco politico-amministrativogiudiziario», come ha osservato Panebianco, tiene in scacco il paese e impedisce quelle «riforme radicali» di cui esso ha bisogno e che ruotano tutte attorno alla ridefinizione del sistema pubblico (regioni, sanità, giustizia civile) che grava sulla società invece di sostenerla, nonché alle conseguenti (o antecedenti) riforme costituzionali. Se un governo che ha agito in stato d’eccezione, con la gran parte dei media a favore e il diretto coinvolgimento dell’ultima istituzione rimasta in piedi in questo paese, la Presidenza della Repubblica, è riuscito a produrre poco, c’è da chiedersi che cosa potrà produrre il prossimo, in condizioni non certamente migliori. La questione della crisi economico-finanziaria non riguarda evidentemente solo i temi specifici della crisi, l’epifenomeno, ma attiene più ampiamente, soprattutto nel nostro paese, a una crisi di legittimità delle nostre istituzioni. Qualcosa di ciclico nella nostra storia. E quello che un governo tecnico non può fare, e non ha fatto, è di riportare il paese dal piano inclinato della sfiducia dei cittadini verso le istituzioni pubbliche, del discredito dei ceti dirigenti e della complessiva delegittimazione della politica e dei suoi soggetti al piano retto di una nuova legittimità. Quella che viene rubricata come antipolitica e che si è in parte partitizzata nel Movimento 5 Stelle di Grillo, che nelle elezioni regionali siciliane ha ottenuto il 15% e nei sondaggi attuali è dato al 18%, è in realtà una profonda, ancorché scomposta, domanda di politica, rispetto alla quale l’offerta degli attuali soggetti politici risulta inadeguata: nessuno di essi è stato in grado di proporre un progetto per il paese. Per questo serve la politica. Ma una politica nuovamente credibile e autorevole. La combinazione drammatica della recessione economica internazionale e della crisi politico-istituzionale evidenzia assai bene la connessione tra i due ambiti: se non si interviene sul piano di una profonda ristrutturazione del sistema pubblico, attraverso una profonda ristrutturazione del sistema politico, ci attendono solo politiche recessive e una dinamica sociale antidemocratica: più tagli e più tasse, meno società e più disuguaglianze, meno sicurezza e meno investimenti, meno democrazia. Non avere voluto una coerente riforma elettorale in senso maggioritario (qui la responsabilità è di tutte le istituzioni, non solo dei partiti) fa oggi la differenza in tema di stabilità e governabilità. Presente e futura. Attorcigliarsi attorno a un Monti assai poco politico è solo il segno del procedere della crisi. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 649 649-651_art_brunelli:Layout 2 30-11-2012 11:09 Repubblica uno e due L’idea di fondo insita nei referendum dei primi anni Novanta conteneva in sé l’esigenza di un cambio dei modelli elettorali per determinare la ridefinizione del sistema politico e garantire la governabilità. Evocava cioè il tema della ristrutturazione del sistema politico. Il fallimento della prima repubblica, incentrata su uno sviluppo abnorme della partitocrazia (cioè della dilatazione della rendita politica dei partiti e della loro occupazione della società), e sulla conseguente stabile instabilità degli esecutivi, aveva determinato l’esplosione del debito pubblico fino alla sua insostenibilità e al rischio di fallimento dello stato. La seconda repubblica avrebbe dovuto incidere su quei mali divenuti strutturali, agendo sul rafforzamento del governo e sulla liberazione della società dall’occupazione e dai vincoli della politica. Non è riuscita a farlo: per incompiutezza delle riforme istituzionali e per fallimento della ristrutturazione politica. Nessuna riforma in grado di stabilizzare il nuovo corso è stata fatta. Basterà ricordare il fallimento della Commissione bicamerale, presieduta da D’Alema. Anzi, i partiti si sono rifinanziati surrettiziamente, nonostante i referendum vinti dai cittadini, attraverso regolamenti parlamentari e leggi ordinarie. Le modifiche costituzionali introdotte (del Titolo V) hanno aggravato disfunzionalità e costi dell’amministrazione pubblica, aumentando in particolare la spesa delle regioni. Molte cose hanno condizionato anche dal lato politico. In primo luogo l’anomalia berlusconiana. Una creazione politica formidabile, quella che Berlusconi ha posto in essere nel 1993-94, ridefinendo il campo elettorale del centro-destra in chiave post-fascista e allargando il bacino elettorale che era stato del pentapartito. Ma quello schieramento non è mai riuscito a produrre una visione, né a essere un modello politico liberale, né a operare riforme coerenti e l’intera vicenda è tristemente finita avviluppata in un mix di populismo, scontri istituzionali, conflitti di interesse e udienze in tribunale. Poi c’è la contraddizione leghista. Nel vuoto politico determinatosi col crollo della prima repubblica, il movimento di Bossi ha cercato di dare rappresentanza a legittimi interessi locali, ma lo ha fatto in forme puramente rivendicative, accom- 650 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 650 pagnandole con una cultura localistica dai tratti persino razzisti, tematizzando una ridistribuzione del potere tra centro e periferia non sostenuta da una visione istituzionale complessiva dello stato nazionale. Per beffarda ironia il fondatore della Lega è poi finito coinvolto in una dinamica familistica, e il partito in episodi di corruzione, fenomeni che la sociologia avrebbe tradizionalmente attribuito a tratti idealtipici del nostro Meridione, piuttosto che al Lombardo-Veneto. Ma ha soprattutto pesato il mancato superamento della stagione precedente da parte dei soggetti politici che provenivano dai partiti di massa. Il fallimento della seconda repubblica è in gran parte interno al fallimento dell’uscita da quella stagione. Su un piano politico, pur nel parziale passaggio a una nuova generazione, gli ex esponenti della prima repubblica (democristiani e comunisti) non sono mai davvero diventati post: coloro che provenivano dal Partito comunista italiano (PCI) per continuità della forma organizzativa del partito, alla quale hanno sacrificato ogni ipotesi politica di rinnovamento del paese; mentre coloro che provenivano dalla Democrazia cristiana (DC) per frammentazione di storie. Degli ex DC, quanti sono approdati al campo del centro-sinistra hanno velocemente rinunciato a determinare la fuoriuscita culturale e politica dei loro nuovi compagni di strada dalla loro stagione precedente. Solo gli ex popolari si sono sciolti e fusi nel nuovo contenitore. Non gli ex comunisti, che hanno proposto il vecchio contenitore come luogo del nuovo partito. Ai nuovi arrivati sono state offerte quote rilevanti, persino sovrastimate, di posti. Con ciò essi hanno rinunciato alla loro missione storica, consentendo alla vecchia visione egemonica della sinistra di riprodursi e finendo col determinare la loro stessa condizione di subalternità. Quando si dice di non mettere il vino nuovo in botti vecchie! Quanti invece sono andati inizialmente nel centro-destra hanno sperimentato un percorso analogo, ma rimanendo uniti. Non sono stati in grado di condizionare politicamente Berlusconi, nonostante l’appoggio iniziale delle gerarchie ecclesiastiche, poi hanno pensato più vantaggioso un solitario ritorno al centro. Una manovra che li ha parzialmente conservati, anche se con numeri residuali, ma che ha altresì impedito loro di svolgere un’azione politica significativa su un piano generale. Se i primi hanno sperperato, i secondi non hanno investito la loro ricchezza. Consumata la frattura con le culture storiche di riferimento, o riproposto il legame in forme meramente organizzative, i soggetti politici non sono stati in grado di rielaborare una visione di cultura politica dell’Italia e del suo futuro all’altezza del compito che li attendeva. La vicenda degli ultimi vent’anni non ci ha dunque liberato della partitocrazia, che in forme nuove si è riprodotta, facendosi nuovamente protagonista del sistema di corruzione (basterà ricordare la crisi gravissima di regioni come la Sicilia, il Lazio e la Lombardia, o gli innumerevoli protagonisti di indagini provenienti dalla pubblica amministrazione o da aziende più o meno statali). E ciò, nonostante la seconda repubblica avesse posto le premesse per vincere la scommessa, avendo prodotto un’idea di superamento della prima. Di quella stagione che cosa rimane in positivo? Tre cose: il sistema di elezione diretta dei sindaci (il solo sistema che regge le comunità locali); una propensione culturale al modello competitivo bipolare (adesione al sistema delle primarie e attenzione mediatica al modello americano); infine, sul piano del governo, l’aggancio dell’Italia al sistema Euro. Ricomincio da tre Quanto alla terza repubblica, che sin qui è stata evocata nelle intenzioni di un neo-movimento («Verso la Terza Repubblica» appunto), che raccoglie forze eterogenee, da Montezemolo al segretario della CISL Bonanni, al fondatore della Comunità di Sant’Egidio Riccardi, al presidente delle ACLI Olivero, non sembra ancora nata. Una piccola formazione di moderati neocentristi, di per sé, non risulta in grado di inverarla. Il nuovo movimento pare rappresentare una delle forme della crisi in atto, piuttosto che la definizione di un nuovo progetto politico. Ad esempio, la partecipazione di Bonanni in quanto segretario della CISL alla nuova formazione finisce per affondare definitivamente ogni ipotesi di autonomia del sindacato, vero manifesto dell’identità della CISL e sua funzione storica. In ogni caso, il nuovo movimento si pensa come forza neocentrista e antibipolare, che auspica il ritorno al propor- 649-651_art_brunelli:Layout 2 30-11-2012 zionale per poter rimanere in campo anche con un numero non eclatante di voti (i sondaggi gli accreditano un 4-5%); vede in Monti l’unico protagonista di riferimento per il governo della prossima legislatura; esprime, complessivamente, posizioni prossime se non sostanzialmente identiche a quelle dell’UDC di Casini. Il vero problema di una nuova fase politica appartiene ancora alla costruzione delle due grandi aree politiche. Il PDL che fu di Berlusconi si trova oggi in una situazione drammatica. Bloccato, anzi tenuto prigioniero, dal suo stesso fondatore-presidente. A fine ottobre, nel volgere di due giorni, Berlusconi ha proposto al suo partito e al futuro degli italiani due linee politiche opposte. Il 24 ottobre, con un comunicato scritto, ha dichiarato la propria disponibilità a lasciare la leadership del PDL e del centro-destra; ha proposto una linea europeista, appoggiando la prospettiva delineata dal governo Monti; ha indicato nella necessità di un rassemblement dell’area di centro-destra, posto sotto le insegne del Partito popolare europeo, la strada per contrapporsi a un centro-sinistra sempre più incline alla forma del vecchio progressismo. Il 26, all’indomani della sua condanna in primo grado a quattro anni di reclusione nell’ambito del processo Mediaset, Berlusconi ha rovesciato la linea politica precedente: ha affermato di rimanere in campo, dedicandosi prioritariamente alla lotta alla «magistratocrazia»; ha delegittimato il governo Monti definendolo come il segno della malattia e non la cura; ha rinviato l’ipotesi del Partito popolare europeo sezione italiana a data da destinarsi. Delle due anime del cavaliere prevale sempre quella più greve, che poi corrisponde ai suoi interessi. In questo frangente, il segretario Alfano ha avuto per un momento in mano il suo destino di leader e il destino politico del centro-destra. Avrebbe dovuto prendere le distanze da Berlusconi, mantenere fermo il tema delle primarie, formalmente già decise dal partito, e contrastare la schizofrenia di una linea che somiglia più alla dissoluzione di una storia che a un nuovo inizio. Ma Alfano non ha avuto sufficiente forza e determinazione. Da segretario del PDL, è ritornato a essere segretario del partito di Berlusconi; ma la fine di Berlusconi, sostanzialmente tragica, rischia di trasci- 11:09 Pagina 651 nare con sé quel che rimane del partito e dell’intero centro-destra, consegnando il paese all’instabilità e infragilendone ulteriormente la democrazia. Poiché il problema della crisi del sistema politico italiano si è posto proprio nello spazio del centro-destra, con l’esplosione della DC e del pentapartito, è in quello spazio che occorre agire. Legare il destino del partito al destino personale di Berlusconi determina l’impossibilità di una leadership vera di tutto il centro-destra da contrapporre a Bersani e al centro-sinistra alle prossime elezioni, consegnando il centro-destra al disastro e il paese a una crisi ancora più radicale. Le magnifiche sor ti e «progressiste» del PD Il PD vive giorni felici. La prova delle primarie imposta da Renzi, ma – occorre dirlo – accettata e salvaguardata da Bersani, di fronte all’intero gruppo dirigente del partito che non la voleva, ha ridato una qualche legittimazione al partito e recuperato alla partecipazione una quota di elettori di centro-sinistra. Tre milioni di partecipanti non sono molti in sé, ma moltissimi se si pensa da dove si ripartiva. Ma è l’esito del primo turno che ha reso verosimili e utili le primarie del PD, anche in mancanza di una legge elettorale coerente al modello delle primarie. Il combinato disposto tra la mancata vittoria di Bersani (45%) al primo turno e il risultato di Renzi (36%) mette capo a un confronto effettivo e nuovo dentro il PD e nel centro-sinistra. Alle primarie del 25 novembre si sono scontrate due visioni della politica, del centro-sinistra e del PD. Il segretario Bersani rappresenta l’ultimo tentativo di rinnovamento nella conservazione di una nomenclatura (composta da ex PCI e da ex Popolari) e di una forma partito (sostanzialmente erede del PCI) che ha perduto la sfida della riforma del paese dopo il 1989. Egli ha una visione socialdemocratica della politica e un approccio pragmatico da un punto di vista amministrativo. È un leader credibile: ha una personalità autentica. Le primarie e lo scontro con Renzi lo hanno rafforzato rispetto al gruppo dirigente e a D’Alema in particolare. Anzi, le resistenze scomposte alle primarie hanno di per sé contribuito a mettere fuorigioco una parte del vecchio gruppo dirigente (da Veltroni alla Bindi). Tuttavia, la sua vittoria condiziona non poco la defini- zione politica e la figura della coalizione di centro-sinistra. L’appoggio inevitabile di Vendola e la necessità di tenere unito il sindacato di riferimento (la CGIL) lo costringono nella vecchia figura politica del «progressismo». La sua vittoria ne rafforza la leadership, ma ne segna e ne determina politicamente la linea. Ed è una linea di ieri: andare uniti alle elezioni come fronte progressista e allearsi dopo con il centro di Casini. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Al PD sarebbe convenuto il ritorno alla legge Mattarella, non avendo voluto affrontare per tempo una riforma seria sul modello semipresidenzialista piuttosto che un «porcellum» qualsiasi, questo o un altro che sia. Ma come è accaduto per le primarie, il gruppo dirigente del PD ha sempre puntato sulla conservazione del partito in quanto partito, aggregando gli alleati di turno, e non è stato in grado di inserire il proprio legittimo interesse in quello del paese. Il sindaco Renzi è una figura nuova. È di formazione cattolica, ma non è riconducibile a nessuna delle due storie: né a quella comunista, né a quella democristiana. È il prodotto politico dell’elezione diretta dei sindaci. Di qui gli deriva la forza non velleitaria di sfidare nella nomenclatura del partito la forma stessa del partito e provare a superarla dall’interno. I risultati conseguiti nelle cosiddette zone rosse confermano che egli ha misurato una necessità reale e oggi condivisa dallo stesso elettorato di centro-sinistra. È di una generazione più giovane, ed è mosso da un vitalismo nuovo. Quanto sia in grado di indicare una linea politica all’altezza dei problemi del paese rimane ancora un’incognita. Non è detto che lo sia. Ma ha percorso con forza la strada che ha intrapreso, ha avuto coraggio e determinazione, mostrando doti di leadership. Un leader nascente, contemporaneo, non calante. Rimane aperto l’interrogativo sul disegno complessivo, che sembra ispirato più al modello democratico americano che a quello socialdemocratico tedesco. Non sappiamo se e come verrà impostata e risolta la crisi aperta da Renzi nel PD. Sappiamo del rischio che alle prossime politiche il confronto – complice la legge elettorale – sia tra il vecchio e il vuoto. Gianfranco Brunelli IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 651 652-655_art_faggioli:Layout 2 30-11-2012 11:11 Pagina 652 Elezioni presidenziali USA o bama 2012 Un amaro risveg lio per i vescovi e la «destra religiosa» B arack Obama è stato rieletto alla presidenza degli Stati Uniti d’America da una maggioranza di elettori diversa da quella che lo portò alla Casa Bianca quattro anni fa. Nel gruppo di coloro che vengono annoverati, oggi, tra l’opposizione al presidente degli Stati Uniti ci sono anche i vescovi guidati dal card. Dolan, che insieme al Partito repubblicano e alla «destra religiosa» americana sono i grandi sconfitti delle elezioni del 6 novembre 2012. I flussi elettorali mostrano somiglianze e differenze rispetto al 2008. Obama ha raccolto poco più della metà dei voti dei cattolici americani (il 50% contro il 48% di Romney), e ha perso quindi una quota percettibile di quel 54% dei voti dei cattolici che aveva ricevuto nel 2008. Obama ha perso ancora più voti tra i «cattolici bianchi»: questa emorragia di voti è stata compensata solo parzialmente dal voto dei «cattolici non bianchi» (afro-americani, ispanici, asiatici). Obama ha raccolto solo una piccola minoranza dei voti dei «protestanti bianchi» (specialmente gli evangelicals) e dei mormoni, ma ha avuto la maggioranza dei voti provenienti da tutti gli altri gruppi religiosi (musulmani ed ebrei, con questi ultimi in leggero calo rispetto al 2008) e circa il 70% di quelli degli elettori «non religiosi». Il voto degli elettori religiosi ha seguito linee di faglia etniche o «razziali», non confessionali o religiose: i protestanti afro-americani hanno votato Obama il doppio di quanto non lo ab- 652 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 biano votato i protestanti bianchi; il 79% degli evangelicals bianchi ha votato Romney, un bianco la cui Chiesa mormone è considerata da molte Chiese evangelicali una «setta» non cristiana.1 La Chiesa mormone ha superato un test importante: gli americani non hanno considerato la fede di Romney un elemento rilevante per giudicare il candidato, anche grazie alla riluttanza dell’interessato a parlare in pubblico della questione. Nel 1960 John Kennedy aveva «privatizzato» il suo cattolicesimo, ma dopo aver affrontato la questione cattolica esplicitamente più volte durante la campagna elettorale; Romney non ne ha mai parlato in pubblico, e la Chiesa mormone si è tenuta distante dalla pubblicità della campagna elettorale. Uno scontro aspro: tre i vincitori La campagna elettorale per le presidenziali del 2012, lunga un anno e mezzo, ha visto la Chiesa cattolica americana giocare un ruolo del tutto particolare. Nei due anni prima delle elezioni il confronto tra la Casa Bianca e la Conferenza episcopale, guidata dall’arcivescovo di New York e neo-cardinale Timothy Michael Dolan, ha assunto toni aspri come non mai nella storia americana. Dopo la stagione delle primarie repubblicane a lungo dominata da un cattolico tradizionalista come Il vescovo di Venice in Florida, mons. Frank Joseph Dewane, durante la manifestazione nazionale per la libertà religiosa dell’8 giugno 2012. 652-655_art_faggioli:Layout 2 30-11-2012 11:11 Pagina 653 Distribuzione del voto secondo l’appartenenza religiosa ed etnica (elaborazione del Pew Research Center) 2000 Gore Bush % % TOTALE. Protestanti/Altri cristiani Protestanti bianchi/Altri cristiani Rinati/evangelicali Non evangelicali Protestanti di colore/Altri cristiani Cattolici Cattolici bianchi Cattolici ispanici Ebrei Altre fedi Nessuna appartenenza Mormoni 48 42 35 92 50 45 65 79 62 61 - 48 56 63 7 47 52 33 19 28 30 - 2004 Kerry Bush % % 48 40 32 21 44 86 47 43 65 74 74 67 19 51 59 67 79 55 13 52 56 33 25 23 31 80 2008 Obama McCain % % 53 45 34 26 44 94 54 47 72 78 73 75 - 46 54 65 73 55 4 45 52 26 21 22 23 - Variazione 2012 votanti Obama Romney democratici % % 2008-2012 50 42 30 20 44 95 50 40 75 69 74 70 21 48 57 69 79 54 5 48 59 21 30 23 26 78 -3 -3 -4 -6 – +1 -4 -7 +3 -9 +1 -5 - Si noti che in questa tabella il termine «protestanti» si riferisce a coloro che agli exit poll si sono definiti «protestanti», «mormoni» o «altri cristiani»; tale classificazione è quella che meglio si avvicina ai dati degli exit poll riportati immediatamente dopo le elezioni dalle fonti di informazione. Si noti anche che alcune stime riguardanti il 2000, il 2004 e il 2008 differiscono leggermente dalle precedenti analisi del Pew Forum a causa di piccole modifiche nella codificazione dei dati. Quanto alle fonti, le stime del 2004 sui cattolici ispanici provengono dagli exit poll statali aggregati effettuati dal National Election Pool; altre stime provengono dagli exit poll nazionali effettuati dal Voter News Service / National Election Pool, mentre i dati del 2012 provengono da NBCNews.com e dalla National Public Radio. Rick Santorum, il panorama delle candidature presentava per la prima volta due cattolici candidati alla presidenza: Joe Biden, incarnazione del cattolicesimo americano vecchia scuola, e Paul Ryan, della nuova leva dei cattolici militanti animati da un neo-conservatorismo mercatista che si è lasciato alle spalle anche il «conservatorismo compassionevole» di George W. Bush. Le elezioni del novembre 2012 hanno rappresentato la fase suprema dello scontro maturato a partire dal 2010 tra i vescovi e Obama a causa sulla legge di riforma sanitaria che contiene un «mandato», per tutti i datori di lavoro, a fornire ai lavoratori polizze di assicurazione che coprano i costi per procedure mediche che la Chiesa cattolica considera immorali (nella fattispecie, aborto e contraccezione). Su tale questione la Casa Bianca aveva modificato la legge per venire incontro alle richieste dei vescovi circa la particolare situazione degli enti religiosi (comunità e monasteri); ma la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) non si è dichiarata soddisfatta e nella primavera del 2012 ha lanciato una campagna per la difesa della «libertà religiosa» in America.2 Questo confronto ha dominato l’atteg- giamento dei vescovi per tutta la campagna elettorale, e ha incitato alcuni singoli vescovi a paragonare Obama a Hitler e Stalin quanto a odio per la Chiesa. Intenzionata a non allargare lo sguardo ad altre questioni, la USCCB si era limitata a ripubblicare alla fine del 2011 Faithful Citizenship,3 il documento del 2007 elaborato ancora durante l’era Bush e pubblicato prima che iniziasse la più grave crisi economica e sociale dai tempi della «grande depressione». In un editoriale pubblicato due giorni prima delle elezioni, il National Catholic Reporter era stato facile profeta: al termine di una campagna elettorale in cui hanno giocato un ruolochiave la «dottrina sociale cattolica» e le sue diverse interpretazioni (quella democratica incentrata sulla giustizia sociale, e quella repubblicana sulle life issues e la libertà del mercato), i veri vincitori del 2012 sono le suore, il same sex marriage, e i latinos.4 Le suore americane, finite nel mirino dei repubblicani dopo che erano state oggetto di un’indagine vaticana e di una censura dei loro vescovi,5 hanno incarnato in queste elezioni la tradizione di pensiero e di azione cattolica che vede nello stato e nel governo una forza essenziale per riparare ai guasti del mercato. Il matrimonio omosessuale ha vinto per la prima volta tutti e quattro i referendum negli stati (Minnesota, Maryland, Washington e Maine) in cui si votava sulla questione, con la sconfitta delle Chiese cattoliche che erano state mobilitate e schierate dai loro vescovi in comitati di azione politica diretta. I latinos, ignorati (se non disprezzati) dalla campagna elettorale di Romney e Ryan, hanno giocato un ruolo decisivo negli Stati del Sud-est e del Sud-ovest, dando a Obama vittorie cruciali. Il caso dei latinos assume un’importanza particolare perché mostra la complessità di quello che si chiama facilmente «voto cattolico»: sebbene socialmente conservatori sui temi della famiglia e della protezione della vita, i latinos non sono single issue voters e scelgono sulle questioni di giustizia sociale e a favore di un governo garante del bene comune. Due gli sconfit ti I referendum votati in alcuni stati aiutano a comprendere meglio la nuova America, in cui la constituency bianca e protestante del Partito repubblicano si sta lentamente estinguendo sia dal punto di vista religioso sia da quello etnico. I referedum sul matrimonio omosessuale fanno del 2012 un anno di IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 653 652-655_art_faggioli:Layout 2 30-11-2012 11:11 svolta nella storia del movimento omosessuale in America; in Massachusetts il referendum pro-eutanasia è stato sconfitto di misura; la California ha detto no al ritorno della pena di morte; due stati hanno legalizzato l’uso «ricreativo» della marijuana; candidati anti-abortisti sono stati sconfitti nelle elezioni per il Senato. Questi risultati costituiscono una sconfitta non solo dei vescovi cattolici, ma anche della «destra religiosa» e delle faith coalitions nate tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Ma se la «destra religiosa», espressione della ex maggioranza WASP,6 può incolpare della sconfitta la demografia dei suoi attivisti, la Chiesa cattolica americana non ha questo alibi. Una volta il «Great Old Party» (GOP) repubblicano era il volto politico della crisi culturale dell’evangelicalismo americano; oggi diversi osservatori pensano che il disastro politico del GOP è anche la crisi culturale e intellettuale dei nuovi leader (chierici e laici) del cattolicesimo americano. In questi ultimi anni la gerarchia americana ha dato incautamente e surrettiziamente copertura a un Partito repubblicano privo di un’anima, se non quella della paura della fine della supremazia americana nel mondo e della supremazia bianca in America: i messaggi pre-elettorali dei vescovi americani sono stati seguiti solo dai cattolici bianchi. Non stupisce che l’appoggio dato dai vescovi americani a Romney (in alcuni casi in modo esplicito, come per esempio ha fatto l’arcivescovo Chaput di Philadelphia)7 e a un cattolico come Ryan abbia contribuito alla sconfitta elettorale, allontanando dal GOP gli elettori non ideologizzati, le donne, i giovani, le minoranze etniche: c’è da chiedersi se questo allineamento tra vescovi e Partito repubblicano non incoraggi l’allontanamento di queste medesime fasce di popolazione anche dalle Chiese cattoliche. Di fronte all’allineamento di molti vescovi americani all’ideologia antistato del Partito repubblicano invaso dal Tea Party, e in seguito al ralliement della Santa Sede alla USCCB sulle questioni politiche interne (dopo i cenni d’intesa tra la Segreteria di stato e la Casa Bianca del 2009),8 Obama e la sua campagna si sono adattati tentando 654 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 654 L’appoggio dato a Barack Obama dai vari gruppi religiosi 100% 75% 50% 25% 0% nov. gen. mar. mag. lug. set. nov. 2011-2012 Protestanti evangelicali bianchi Cattolici bianchi Protestanti bianchi Religiosamente non affiliati Protestanti di colore di conservare il loro elettorato cattolico, ma cercando anche un elettorato molto più «secolare». La demografia spiega parte di questo spostamento: ben un terzo di americani tra i 18 e i 22 anni oggi si dichiara non religioso, e il futuro del paese si prospetta ben più secolarizzato del suo recente passato. La simbologia della religione civile americana resta, ma gli interpreti e i contenuti cambiano. Un altro motivo di questo spostamento di Obama verso un elettorato più secolare è il disagio dei cattolici liberal nei confronti delle politiche di sicurezza, in particolare rispetto al regime di detenzione dei sospetti terroristi non processabili e alle esecuzioni extragiudiziali per mezzo di droni.9 L’America più secolare e la divisione dei cat tolici Tra gli elementi che emergono da queste elezioni del 2012 sui rapporti tra Chiesa e politica in America, vi è l’evidenza che la Chiesa non influenza le appartenenze politiche, ma al contrario le appartenenze politiche influenzano le visioni e le esperienze di Chiesa. Negli ultimi quarant’anni il si- stema bipartitico americano e la posizione dei due partiti sull’aborto hanno creato una Chiesa pericolosamente bipartitica. La questione dell’aborto è il richiamo identitario più importante, ma non l’unico: nell’America della crisi economica indotta dalla globalizzazione questioni di equità e solidarietà sociale giocano oggi un ruolo maggiore di venti o trent’anni fa. I «Catholic democrats» e i «cattolici repubblicani» hanno stili devozionali diversi, ecclesiologie diverse, e molto diverse interpretazioni della dottrina sociale della Chiesa. La questione è resa più grave dal fatto che la Chiesa pare soggetta, se non inconsapevolmente fautrice, alla stessa divisione dello spettro politico tra gruppi etnici: i bianchi da una parte, e tutti gli altri gruppi dall’altra. Pesa il silenzio dei vescovi americani di fronte ai toni chiaramente razzisti di parte del paese, che dal gennaio 2009 in poi ha tentato di delegittimare la presidenza Obama in vari modi: accusandolo di essere un criptomusulmano, di mentire sul suo vero luogo di nascita, di condurre il paese verso il comunismo, e via di questo passo. 652-655_art_faggioli:Layout 2 30-11-2012 11:11 Pagina 655 I due partiti hanno sfruttato e recepito opportunisticamente, sia nelle loro politics che nelle loro policies, le questioni teologiche ed ecclesiali più drammatiche nella Chiesa in America oggi – il gender e la «razza»: se il 6 novembre 2012 avessero votato solo i maschi bianchi, Romney sarebbe stato eletto presidente degli Stati Uniti a larghissima maggioranza. Gli Stati Uniti sono un paese in via di secolarizzazione, in gran parte a causa del declino della tradizione protestante:10 in un paese in cui la libertà ha assunto un valore teologico legato alla religione civile, i frutti della secolarizzazione assumono tratti più brutali che altrove. La tentazione di molti cattolici americani è di denunciare la cosiddetta «state-dominated logic» e di ritirarsi in un universo di tipo comunitarista, togliendo allo stato e al governo la legittimità della tutela del bene comune, in una sostanziale rimozione della visione di società e stato offerta dal magistero della Chiesa e dal concilio Vaticano II. Non è una tentazione che tocca solo alcuni ideologi: il messaggio che viene dai vescovi americani di fronte alla radicalizzazione della sfida del secolarismo in America sembra sognare il ritorno a un perbenismo piccolo borghese stile anni Cinquanta. Esemplari di questa cultura sono gli instant books pubblicati negli ultimi mesi dal card. Dolan e dal leader della Catholic League, Bill Donohue: un cattolicesimo che si appella a una tradizione «liberale» ottocentesca, che dice di rifarsi a Lord Acton e a John Henry Newman, ma che è stato definito come «un ibrido malconcepito di economia capitalistica e di benevolenza patriarcale che si poggia su concezioni sorpassate di ruoli di genere uomo/donna e di legge C ’è un «piano B»? La Conferenza episcopale, riunitasi a Baltimora tra il 12 e il 15 novembre, doveva rispondere all’inequivoca domanda posta, all’indomani del voto, dal noto analista T.J. Reese: «I vescovi hanno, sulla politica, un “piano B”?».12 L’assemblea ha avuto molta materia su cui dibattere, e ha mostrato il proprio disorientamento di fronte non solo al mutare dello scenario politico americano, ma anche di fronte alla crisi economica. Dall’inizio del collasso finanziario nel 2008 la USCCB non aveva mai pubblicato nessun documento pastorale sul tema della povertà e delle diseguaglianze sociali in America. L’assemblea di Baltimora avrebbe dovuto sanare questa mancanza, ma il documento elaborato da una Commissione ad hoc (guidata dall’arcivescovo Vigneron di Detroit, l’epicentro della deindustrializzazione in America) è stato respinto dai vescovi per il voto contrario di 84 vescovi e 9 astenuti contro 134 voti positivi (era ri- 1 Cf., sul sito del Pew Forum on Religion and Public Life (www.pewforum.org), l’analisi, datata 7.11.2012, «How the Faithful Voted». 2 Il testo del relativo documento La nostra prima, più cara libertà, diffuso il 12.4.2012, in Regno-doc. 9,2012,297; cf. il sito web della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti www.usccb.org alla sezione «Issues-and-action», aprendo la pagina «Religious liberty». 3 Con una Nota introduttiva del card. Dolan: cf. Regno-doc. 19,2011,624 e Regno-att. 18,2011,581. 4 Cf. «This election season has three winners», editoriale del National Catholic Reporter, 5.11.2012, anche sul sito web ncronline.org. 5 Cf. «Religiose americane: dall’inchiesta all’intervento», in Regno-att. 8,2012,263; «Roma e le teologhe», in Regno-att. 12,2012,378; «Lo spazio del discernimento», in Regno-att. 16,2012,521; i testi più rilevanti in Regno-doc. 9,2012,263 e 15,2012,458ss.463ss 6 Acronimo di White Anglo-Saxon Protestant, ovvero di «razza» bianca, di origine anglosassone e di fede protestante. 7 Cf. C.J. CHAPUT, «Figthing for Religious Freedom», column comparsa il 16.11.2012 nella sezione «On the square» del sito web di First Things, mensile dell’Institute on Religion and Public Life fondato da R.J. Neuhaus: www.firstthings.com. 8 Cf. F.X. ROCCA, «Four years later, Vatican takes a different approach toward Obama», in Catholic News Service, 9.11.2012. 9 Cf. «Obama’s Scandal», editoriale di America, 22.10.2012. 10 Lo si vede anche dalla composizione della classe politica a Washington: il numero dei parla- di natura. Incantati sia dal Medioevo sia dal mito della domesticità americana nella sua versione da villetta suburbana, i cattolici conservatori americani sono del tutto moderni, ma continuano ad accusare la modernità senzadio».11 L’idea di società, di ruoli di genere, di America proposta da Romney e dal suo candidato alla vicepresidenza, il cattolico Ryan, erano il sogno di un individualismo anti-stato addolcito dalla promessa di ritornare all’America precedente i Sixties. Quanto proposto dai vescovi americani e dai loro corifei non ha fatto altro, in queste ultime elezioni, che dare una copertura morale a questa ideologia repubblicana nutrita di nostalgia. chiesta una maggioranza qualificata dei due terzi). La bocciatura di un documento presentato all’assemblea plenaria è un fatto assai raro nella storia della USCCB, se solo si pensa alla compattezza mostrata dai vescovi in anni passati anche di fronte a documenti e risoluzioni controverse (come nel 2009 sulla nuova traduzione inglese del Messale). Il documento di 14 pagine dedicava attenzione scarsa o nulla alla tradizione del magistero sociale della Chiesa sull’economia (tra le assenze cospicue, l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate) e non menzionava neppure di sfuggita lo storico documento dei vescovi americani del 1986, Giustizia economica per tutti.13 Dal dibattito è emersa una spaccatura tra i vescovi più anziani e gli emeriti da una parte, preoccupati di tenere in vita una tradizione magisteriale impegnata a denunciare le ingiustizie sociali e che attribuisce allo stato e al governo ruoli essenziali nel moderare le storture del libero mercato, e i vescovi più giovani e conservatori dall’altra parte, convinti che non spetti ai vescovi parlare di questioni sociali e che debba essere la carità privata, e non il governo, a occuparsi della povertà in America. L’assemblea dei vescovi non è quindi riuscita ad approvare un documento pastorale sull’economia. Il fatto che alla stessa assemblea i vescovi abbiano dato la loro approvazione alla causa di beatificazione di Dorothy Day, avvocata dei poveri e cattolica anarchica, è solo apparentemente una contraddizione con l’evidente paralisi culturale dell’episcopato americano di fronte agli Stati Uniti di inizio secolo XXI. Massimo Faggioli mentari protestanti al Congresso è sceso dal 75% del 1961 al 56% di oggi; attualmente il 30% dei parlamentari è cattolico (91 tra deputati e senatori per i democratici, 70 per i repubblicani) contro il 19% del 1961: cf., ancora sul sito web del Pew Forum www.pewforum.org, l’analisi, datata 16.11.2012, «Government Faith on the Hill», sulla «composizione religiosa» del 113° Congresso degli Stati Uniti. 11 Cf. E. MCCARRAHER, «Morbid Symptoms», in Commonweal 23.11.2012. 12 Il commento è apparso sul sito web del National Catholic Reporter, www.ncronline.org, l’11.11.2012. 13 Giustizia economica per tutti. L’insegnamento sociale cattolico e l’economia degli Stati Uniti, apparso in traduzione italiana su Regnodoc. 3,1987,66ss e in un volumetto omonimo (EDB, Bologna 1987, pp. 240). IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 655 656_box_mocellin:Layout 2 B 30-11-2012 ENEDETTO XVI 13:38 Pagina 656 - Concistoro L’ equilibrio mantenuto I nuovi cardinali, «che rappresentano varie diocesi del mondo, sono da oggi aggregati, a titolo tutto speciale, alla Chiesa di Roma e rafforzano così i legami spirituali che uniscono la Chiesa intera, vivificata da Cristo e stretta attorno al Successore di Pietro. Nello stesso tempo, il rito odierno esprime il supremo valore della fedeltà. Infatti, nel giuramento che tra poco voi farete, venerati fratelli, stanno scritte parole cariche di profondo significato spirituale ed ecclesiale: “Prometto e giuro di rimanere, da ora e per sempre finché avrò vita, fedele a Cristo e al suo Vangelo, costantemente obbediente alla santa apostolica Chiesa romana”. E nel ricevere la berretta rossa sentirete ricordarvi che essa indica “che dovete essere pronti a comportarvi con fortezza, fino all’effusione del sangue, per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio”. Mentre la consegna dell’anello sarà accompagnata dal monito: “Sappi che con l’amore del Principe degli apostoli si rafforza il tuo amore verso la Chiesa”». Pronunciando queste parole, sabato 24 novembre scorso, a un mese esatto dall’annuncio, Benedetto XVI ha tenuto il quinto Concistoro ordinario pubblico del suo pontificato, per la creazione di 6 nuovi cardinali. Uno solo di loro è un arcivescovo impegnato nel servizio di curia: si tratta dello statunitense mons. James Michael Harvey, che lascia l’incarico di prefetto della Casa pontificia per diventare arciprete della basilica papale di San Paolo fuori le mura. Gli altri cinque sono tutti pastori, e pastori di Chiese extraeuropee: il libanese s.b. Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei maroniti; l’indiano s.b. Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei siro-malankaresi; il nigeriano mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja; il colombiano mons. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotà; il filippino mons. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila (Filippine). Chiesa universale Oltre alla provenienza extraeuropea ed extracuriale, i nuovi cardinali si caratterizzano per la giovane età: hanno mediamente 63 anni e comprendono un cinquantacinquenne, Tagle, e un cinquantatreenne, Thottunkal, che divengono i più giovani in un gruppo di cardinali cinquantenni davvero esiguo (con loro ci sono solo i tedeschi Woelki e Marx e l’olandese Ejik). Un altro tratto che accomuna alcuni di loro è il difficile contesto dei rapporti con l’islam che segna le loro Chiese, come è il caso del Libano del patriarca Raï e della Nigeria dell’arcivescovo Onaiyekan. Durante il rito, è stato lo stesso papa a sottolineare, in un discorso tutto dedicato a descrivere la cattolicità della Chiesa (in pochi minuti, i concetti di «cattolico» e «universale» sono ritornati 21 volte), che l’intero Collegio cardinalizio si colloca «nel solco e nella prospettiva dell’unità e universalità della Chiesa», espressa nella «varietà di volti» che esso presenta; ma che «attraverso questo Concistoro, in modo particolare» egli ha desiderato «porre in risalto che la Chiesa è Chiesa di tutti i popoli, e pertanto si esprime nelle varie culture dei diversi continenti. È la Chiesa di Pentecoste, che nella polifonia delle voci innalza un unico canto armonioso al Dio vivente». 656 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Già al momento dell’annuncio dei sei nomi, il 24 ottobre, la gran parte degli osservatori (confortati, tre giorni dopo, dalle parole rivolte da Benedetto XVI al Sinodo dei vescovi), aveva letto questo Concistoro come un «completamento» di quello del febbraio scorso, egemonizzato dalla presenza di prelati europei e di curia (cf. Regno-att. 2,2012,19). Tuttavia le percentuali che allora registravamo nella «geografia» dei cardinali elettori non risultano poi così diverse, oggi: su un totale che è tornato di 120 elettori (a febbraio erano saliti a 125) gli italiani sono adesso 28, il 23,3% (a febbraio erano 30, il 24%), e l’insieme degli europei 62 (dal 53,6% scendono al 51,6%); 35 gli americani (dal 29,6% al 29,2%), di cui 14 tra statunitensi e canadesi; 11 gli asiatici (dal 7,2% salgono al 9,2%), 11 gli africani (dall’8,8% al 9,2%) e 1 dall’Oceania (lo 0,8%). Ovvero, il saldo tra gli 11 cardinali usciti dal novero degli elettori dopo il 22 febbraio e i 6 entrati dal 24 novembre dice che è leggermente calata la quota degli europei a vantaggio degli asiatici, mentre il peso relativo dei cardinali degli altri continenti è rimasto immutato. Concistori frequenti Nemmeno considerando la quota dei cardinali impegnati nel servizio di curia rispetto all’insieme degli elettori appare un riequilibrio particolarmente evidente rispetto a febbraio: allora i «curiali» erano 43 su 125 (34,4%), oggi sono 41 su 120 (34,1%), per effetto, da un lato, del compimento degli 80 anni da parte dei cardd. Arinze e Martino e della morte del card. Baldelli, e dall’altro della «berretta» assegnata a mons. Harvey. Più che di completamento, si dovrebbe dunque parlare della conservazione di un equilibrio, perseguita tramite la scelta di intensificare i concistori: le ultime tre tornate di nomine cardinalizie di Benedetto XVI si sono concentrate in due soli anni (facendo sì che già a febbraio i cardinali elettori di nomina ratzingeriana, 63, superassero, sia pure di un’unità, quelli di nomina wojtyliana; mentre oggi sono saliti a 67), ma anche il totale di 5 dice di un Concistoro ogni anno e mezzo: un ritmo esattamente doppio di quello, triennale, che aveva caratterizzato il pontificato di Giovanni Paolo II. Entro la linea di Benedetto XVI di celebrare concistori con frequenza, mantenendo il più possibile prossimo al tetto dei 120 il numero dei cardinali elettori e in equilibrio geopolitico le loro proporzioni, diventa più facile spiegare anche le «nomine mancate»: il fatto cioè che vi siano prelati che, per l’incarico che svolgono in curia o per la tradizione della Chiesa di cui sono alla guida, possono legittimamente aspettarsi di diventare cardinali, ma ancora non lo sono diventati. Tra i vescovi che dopo il Concistoro di febbraio 2012 avevamo considerato «in attesa» non figurano più Tagle e Raï, ma vi rimangono, solo per citarne qualcuno, l’italiano Nosiglia (Torino), l’inglese Nichols (Londra), l’ucraino Schevchuk (Kiev), lo statunitense Chaput (Philadelphia). Tuttavia, di qui a un anno il gruppo dei cardinali elettori perderà sicuramente altri dieci membri, e dunque è prevedibile che anche per qualcun altro di questi l’attesa sia prossima alla fine. Guido Mocellin 657-660_art_bressan:Layout 2 CHIESA 30-11-2012 13:48 Pagina 657 XIII Sinodo dei vescovi C AT TO L I C A r inascere dall’alto C ome può accadere questo?» (Gv 3,10). L’immagine di Nicodemo, concentrato nello sforzo di entrare nella visione che Gesù gli sta aprendo davanti agli occhi – e allo stesso tempo sbalordito e confuso per la novità di ciò che sta apparendo con chiarezza alla sua mente –, mi è tornata alla mente più di una volta ripensando all’intensità e alla profondità dell’ascolto e del dialogo di cui sono stato testimone partecipando alla XIII assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Come per Nicodemo, la presenza del Signore è stata vissuta come un forte invito a lasciarsi guidare dallo Spirito in una fase nuova della vita della nostra fede, come già indicato dallo stesso tema messo al centro dell’assemblea: «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana» (cf. i testi di riferimento in Regno-doc. 5,2011,129ss; 13,2012,385ss e 19,2012,577ss). Carismaticità di Benedet to XVI Immaginare questa assise come una sorta di gestazione, di tempo dedicato alla raccolta di energie in vista dello sforzo di rinnovamento richiesto alla Chiesa, era l’intenzione del papa, espressa con chiarezza in modo costante durante la celebrazione del Sinodo, in tutte le sue prese di parola. Nell’omelia iniziale, quando della nuova evangelizzazione ha descritto l’ambito: la «nuova evangelizzazione, orientata principalmente alle persone I temi e il dibattito sinodale. Le questioni aperte e da approfondire che, pur essendo battezzate, si sono allontanate dalla Chiesa, e vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana. L’assemblea sinodale che oggi si apre è dedicata a questa nuova evangelizzazione, per favorire in queste persone un nuovo incontro con il Signore»; nella prima meditazione, quando della nuova evangelizzazione ha sottolineato il metodo: «Il cristiano non deve essere tiepido. L’Apocalisse ci dice che questo è il più grande pericolo del cristiano: che non dica di no, ma un sì molto tiepido. Questa tiepidezza proprio discredita il cristianesimo. La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere, diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione: “Accéndat ardor proximos”, che la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro. Solo in questo accendere l’altro attraverso la fiamma della nostra carità, cresce realmente l’evangelizzazione, la presenza del Vangelo, che non è più solo parola, ma realtà vissuta» (Regno-doc. 19,2012,580s); nell’omelia di chiusura, quando della nuova evangelizzazione ha indicato lo scopo, il rinnovamento della Chiesa: «In varie parti del mondo, la Chiesa ha già intrapreso tale cammino di creatività pastorale, per avvicinare le persone allontanate o in ricerca del senso della vita, della felicità e, in definitiva, di Dio». In ogni sua parola il papa non ha smesso di ricordare come la nuova Vaticano, 23 ottobre 2012: Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 657 657-660_art_bressan:Layout 2 30-11-2012 13:48 evangelizzazione sia anzitutto un appello alla Chiesa perché torni a recuperare quel dinamismo e quel calore originario della fede cristiana, dispersi in seguito al confronto non facile e anche logorante con le sfide di questo tempo postmoderno. Nuova evangelizzazione: i contorni Questo rinnovamento della Chiesa, questa riforma non tanto strutturale quanto piuttosto spirituale della comunità ecclesiale, è stata indicata in parecchi interventi come un obiettivo da mettere al cuore di ogni agenda pastorale. Una riforma anzitutto «logica»: le comunità cristiane, che non vivono in uno spazio astratto ma sono inserite nella cultura del mondo, hanno vissuto senza accorgersi più di un processo di «autosecolarizzazione» (per ri- SINODO Pagina 658 prendere una formula del papa riproposta in più di un intervento al Sinodo). È accaduto infatti che la secolarizzazione ha eroso il loro patrimonio linguistico, indebolendo il loro modo di comprendersi, privandole delle parole per la preghiera, svuotando del loro significato gli strumenti per mantenere attiva la loro relazione con Dio; e in questo modo si sono trovare prive del legame fondamentale che nutre e sostiene la loro fede e la loro identità. Una riforma poi, in un secondo momento, «organizzativa»: i forti movimenti di popolazione, la caduta della pratica religiosa hanno avuto come conseguenza l’indebolirsi e in più di un luogo il venir meno delle tradizionali forme di presenza della Chiesa tra la gente, in molti casi trasformando in sportelli fornitori di servizi quelli che una volta erano luoghi vitali in cui fare esperienze di fede. Al riguardo, il di- battito sinodale ha archiviato come ormai appartenente al passato la dialettica istituzione/movimenti: il cambiamento culturale con cui ci stiamo misurando è così forte da domandare ad ogni figura che rende visibile la Chiesa un processo di conversione e di rilancio. Una riforma infine «culturale»: la svolta nichilista impressa alla secolarizzazione che segna le culture occidentali ha prodotto come conseguenza che il fondamento antropologico sul quale si innesta la fede cristiana non sia più condiviso, ma al contrario sia oggetto di una quotidiana opera di decostruzione. Occorre perciò che le comunità cristiane si attrezzino per una testimonianza, per una buona apologetica di quelli che sono i cardini fondamentali dell’esperienza umana, del suo darsi dentro la storia: solo così si potrà comprendere appieno la bellezza/bontà del Vangelo cristiano. DEI VESCOVI Primi passi N on ha prodotto novità. Non arretramenti. Il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione (Vaticano, 7-28 ottobre 2012) ha manifestato la volontà della maggioranza dei padri di discutere apertamente del presente e del futuro della Chiesa. Di farlo con tono positivo anche di fronte a sfide nuove e preoccupanti poste alle comunità in ogni continente. È mancata una linea interna al Sinodo in grado di interpretare e intrecciare speranze e complessità. Si è avvertita talora una presenza sovradimensionata della curia romana, desiderosa di riprendere quello stile di sorveglianza sui temi da trattare e da non trattare abituale prima del Vaticano II. Ma non ha prevalso. Di buona fattura gli strumenti preparatori (Lineamenta e Instrumentum laboris); inservibile, secondo molti sinodali, la Relatio ante disceptationem (del card. Donald Wuerl, arcivescovo di Washington), più accettabile quella successiva al dibattito; descrittive le Propositiones; bello il Messaggio finale. La definizione più condivisa del tema è quella fornita dalla proposizione n. 7: «L’evangelizzazione può essere compresa sotto tre aspetti. Anzitutto l’evangelizzazione ad gentes è l’annuncio del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo. Secondariamente, comprende la maturazione progressiva della fede, cioè la vita ordinaria della Chiesa. Infine, la nuova evangelizzazione è diretta specialmente a coloro che si sono allontanati dalla Chiesa» (Regno-doc. 19,2012,592). Circa l’analisi del contesto storico e le preoccupazioni sulla scristianizzazione in atto in diversi parti del mondo e la desertificazione prodotta dai processi di secolarizzazione, il Messaggio afferma: «Non ci sentiamo intimoriti dalle condizioni dei tempi che viviamo. Il nostro è un mondo colmo di contraddizioni e di sfide, ma resta creazione di Dio, ferita sì dal male, ma pur sempre il 658 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 mondo che Dio ama, terreno suo, in cui può essere rinnovata la semina della Parola perché torni a fare frutto. Non c’è spazio per il pessimismo nelle menti e nei cuori di coloro che sanno che il loro Signore ha vinto la morte e che il suo spirito opera con potenza nella storia» (n. 6; Regno-doc. 19,2012,586). Oltre alla denuncia degli effetti di secolarismo e relativismo, occorre sapere tornare alle fonti della rivelazione cristiana. I temi prevalenti hanno riguardato il recupero della dimensione parrocchiale della vita comunitaria, più e oltre i movimenti. Poi la famiglia come nucleo basilare di tenuta della società e dell’annuncio. Infine la riforma della Chiesa intesa soprattutto come conversione, riforma interiore, secondo l’impostazione di Benedetto XVI. Su questo asse si sono mosse molte e diversificate sensibilità, tra le quali è apparsa originale la sottolineatura del tema della contemplazione come richiamo alla bellezza della fede che investe ogni dimensione del vivere. Da parte ecumenica (Bartolomeo I e R. Williams) sono giunti i richiami più insistiti a una ripresa della memoria del Vaticano II. Le testimonianze più commoventi sono state quelle sulla difficile convivenza con l’islam fondamentalista. Affido le parole conclusive a una suggestione di mons. Bruno Forte: «Questo Sinodo, nella memoria viva del Concilio, ci spinge a una conversione continua. Conversione non è solo dimensione individuale, ma anche conversione pastorale della Chiesa. Essa muove dall’incontro tra salvezza e storia. Per questo non siamo smarriti. Alle nuove generazioni, spesso costrette in situazioni caotiche, dobbiamo comunicare la fede lungo la via della bellezza. Non solo la verità e il bene, ma la fede come bellezza. Non possiamo amare senza bellezza». G. B. 657-660_art_bressan:Layout 2 30-11-2012 Nuova evangelizzazione: i contenuti Un simile rinnovamento, se da un lato presenta i tratti dell’urgenza e della globalità (tutta la Chiesa è chiamata a mettersi in gioco), d’altro lato e proprio per gli stessi motivi non può che fare del quotidiano il luogo della propria azione e della propria strategia. Non a caso le istituzioni maggiormente indicate come il perno di questa nuova evangelizzazione sono state la famiglia e la parrocchia. Facendo esercizio di realismo: nonostante le loro fatiche, anzi proprio attraverso le fatiche vissute ogni giorno queste istituzioni possono mostrare la gioia, la capacità di futuro e la forza di coesione della fede cristiana. Il Sinodo in questo è stato un buon esercizio di riaffermazione del valore della Chiesa locale: ha rimesso in gioco la figura del vescovo (i padri sinodali si sono interrogati in modo autocritico su come rileggere la loro figura alla luce di questo compito di nuova evangelizzazione), ha affermato in modo sostanziale il ruolo di ogni battezzato, ha registrato il bisogno di vocazioni che si prendano a cuore la vita delle comunità cristiana, cominciando dalla figura presbiterale. Il Sinodo è stata anche l’esperienza di una Chiesa che ha saputo raccontarsi nella sua varietà, nonché confrontarsi a partire da essa. Ci sono stati argomenti e temi che hanno registrato grandi convergenze; ci sono state questioni che hanno portato alla luce sfumature e modi differenti di affrontare da cristiani la situazione. In generale il dibattito ha permesso di registrare la vitalità della Chiese asiatiche, la serenità con cui affrontano le sfide di un cristianesimo ancora giovane che non ha paura di misurarsi con culture e religioni più antiche e strutturate; l’assemblea ha potuto registrare i segni di fatica delle Chiese europee e nordamericane; la durezza del confronto con le sette da parte delle Chiese africane, insieme alla lotta contro la povertà; la resistenza del tema del ripartire dai poveri nelle Chiese latinoamericane, unite al progetto di una missione continentale, lanciato dall’appuntamento di Aparecida, offerto dagli interventi di alcuni padri sinodali come carta d’identità 13:48 Pagina 659 che descriveva la loro specificità locale. È stata ascoltata con molta attenzione la testimonianza delle Chiese che vivono, soprattutto in Medio Oriente, in paesi a maggioranza islamica: ha creato forti emozioni il racconto delle testimonianze della fede che giungono anche al martirio, le domande che il confronto con l’islam pone al cristianesimo, la necessità di far evolvere la piattaforma dei diritti umani (chiedendo maggiore salvaguardia del versante soggettivo del diritto alla libertà religiosa, ovvero la libertà di coscienza, la libera scelta della religione che uno tiene per vera), le iniziative di dialogo riuscite, i racconti delle conversioni dall’islam al cristianesimo. Un contenuto è stato condiviso in modo praticamente unanime da tutti gli interventi: l’assoluta centralità dell’esperienza personale e comunitaria con il Signore risorto. È questo il cuore e il segreto della nuova evangelizzazione: una Chiesa che torna a fare della missione il proprio principio d’identità, è una Chiesa che rimette al cuore del suo esserci questa relazione con Dio, che allo stesso tempo custodisce l’unicità del cristianesimo dentro la storia, e ne specifica il compito. La Chiesa esiste per custodire gelosamente questa esperienza; e allo stesso tempo per condividerla con tutti gli uomini, contagiando in questo modo e trasformando il mondo. Come la samaritana al pozzo Il Sinodo avrebbe potuto trasformarsi in una sorta di stati generali della Chiesa, chiamata a difendersi dagli attacchi della cultura ipersecolarizzata del mondo occidentale – da un lato – e dalle pressioni che nascono dal confronto con le grandi religioni, in particolare con l’islam – dall’altro –. In parte il Sinodo ha avuto questa tentazione, ma ha saputo vincerla, perché si è lasciato guidare da un’immagine evangelica che – ricevuta dal magistero del papa espresso nel documento di indizione Porta fidei – ha attraversato per intero il dibattito ed è stata consegnata a tutta la Chiesa nel Messaggio finale. La samaritana al pozzo descrive bene il modo con cui la Chiesa intende vivere il suo rapporto con il mondo: «non c’è uomo o donna che, nella sua vita, non si ritrovi, come la donna di Samaria, accanto a un pozzo con un’anfora vuota, nella speranza di trovare l’esaudimento del desiderio più profondo del cuore, quello che solo può dare significato pieno all’esistenza. (…) Come Gesù al pozzo di Sicar, anche la Chiesa sente di doversi sedere accanto agli uomini e alle donne di questo tempo, per rendere presente il Signore nella loro vita, così che possano incontrarlo, perché lui solo è l’acqua che dà la vita vera ed eterna» (Messaggio finale, n. 1; Regnodoc. 19,2012,585). Come Gesù, anche la Chiesa vuole farsi prossima di un’umanità che porta in sé domande di senso e sete di felicità che sono incolmabili, finché non si incontra Gesù Cristo. Rendere possibile questo incontro, annunciare che esiste una risposta a domande che altrimenti producono disperazione, se lasciate in solitudine o non aiutate nella ricerca di una risposta: questa è la nuova evangelizzazione. La samaritana al pozzo consegna inoltre un altro elemento essenziale per decifrare il contenuto della nuova evangelizzazione: il contesto, ovvero il deserto. La Chiesa è invitata a vivere questa richiesta di forte cambiamento come l’esperienza del deserto vissuta dal popolo d’Israele, ci ha detto il papa. Un deserto che è luogo di intimità con Dio, oltre che di tentazione e di povertà; un deserto che chiede di prendere con sé soltanto le cose a cui la nostra fede non può rinunciare. «In questi decenni è avanzata una “desertificazione” spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, al tempo del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. È il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprat- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 659 657-660_art_bressan:Layout 2 30-11-2012 13:48 tutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. (…) Ecco allora come possiamo raffigurare questo Anno della fede: un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli apostoli inviandoli in missione (cf. Lc 9,3) –, ma il Vangelo e la fede della Chiesa» (Benedetto XVI, Omelia, 11.10. 2012; Regno-doc. 19,2012,579). Alcune consegne pratiche Pur non addentrandosi in analisi troppo dettagliate, il Sinodo ha toccato alcuni luoghi dell’azione ecclesiale che chiedono di essere meglio curati e ridefiniti dentro questa logica di nuova evangelizzazione. Tutto il capitolo dell’educazione, a livello umano come di fede, ha bisogno di maggiore cura e attenzione. Si è parlato di iniziazione cristiana, di scuola, di impegno dei genitori, di necessità di una cura maggiore degli spazi che abitiamo dentro le culture e le società per vivere e testimoniare la nostra fede. Le Propositiones testimoniano bene il modo con cui si è parlato di questi temi: più che cercare vie nuove, si è voluto evidenziare come il cuore della nuova evangelizzazione permetta di trovare energie e risorse per vivere con rinnovata vitalità compiti fondamentali della fede cristiana, oggi però in parecchi casi disattesi. Si è parlato di missione: si sente il bisogno di una sorta di «missione mondiale» che stimoli ogni cristiano e ogni comunità a sentirsi maggiormente responsabile dell’annuncio della nostra fede, in un momento in cui i cambiamenti che stiamo vivendo hanno indebolito se non frantumato molti strumenti tradizionali di trasmissione della fede. In tutti questi campi è stato proficuo l’ascolto delle Chiese e delle comunità cristiane che ci sono sorelle: l’ecumenismo è uno strumento indispensabile per vivere la nuova evangelizzazione. Si è parlato di come disegnare la figura della Chiesa locale alla luce della nuova evangelizzazione: nuova evangelizzazione vuol dire aiutare le comunità a vivere bene la loro fede (nutrita dalla Parola e dai sacramenti), a saperla testimoniare senza paura e falsi pudori; vuol dire 660 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 660 curare la qualità della vita comunitaria, perché sia fonte di fascino; vuol dire vivere con maggiore intenzione la carità come lo strumento che permette a ogni uomo di incontrare la gratuità dell’amore di Dio; vuol dire infine avere a cuore il futuro, prendendosi cura dei giovani e della loro educazione. Si è insistito sul bisogno di una nuova devotio, che permetta di rivivere in tempi di postmodernità quel rinnovamento spirituale che ha saputo trasformare la modernità, alla fine del Medioevo. Occorrono strumenti semplici ma allo stesso tempo profondi, capaci di parlare al cuore delle persone, e di trasformarli riaccendendo la loro capacità di essere luoghi in cui accogliere Dio. In questo contesto è stato più volte ripreso e riproposto il sacramento della riconciliazione: qualche intervento lo ha presentato come il sacramento della nuova evangelizzazione, proprio sottolineando la potenzialità di conversione che esso contiene, unitamente alla semplicità della sua celebrazione. Punti da approfondire ulteriormente Il carattere di gestazione e il tono di attesa che ho usato come metafore per descrivere il clima che ha caratterizzato il Sinodo – quasi una sorta di parto, come racconta san Paolo nella Lettera ai Romani (8,22) –, ci permettono anche di dire cosa è mancato in questo confronto, cosa deve essere ulteriormente approfondito dall’esortazione apostolica con la quale abitualmente il papa rilegge e sviluppa l’evento sinodale. Sostanzialmente due contenuti. Anzitutto un’analisi più rigorosa del rapporto tra fede e cultura, del modo con cui viene declinato nel nuovo orizzonte postmoderno che abitiamo. Sarà interessante vedere come dentro il grande capitolo della nuova evangelizzazione viene declinato il rapporto tra fede e scienza non soltanto come nodo specifico dell’azione pastorale, ma piuttosto come il luogo dentro il quale oggi costruiamo le categorie che dicono la credibilità della nostra fede di fronte al mondo, oltre che cercare i contenuti per esplicitare il senso della rivelazione di Dio. Un secondo tema che è stato davvero poco affrontato è la questione della trasmissione della fede. La dinamica sinodale si è concentrata molto sulla prima parte del tema dato come titolo, dedicando poco spazio e poche energie al secondo braccio del titolo. Eppure la grande sfida posta davanti alla Chiesa di oggi riguarda proprio il modo con cui trasmettere la fede cristiana. «Ritorna all’amore di prima!» «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo» (Ap 3,15). «Ho però da rimproverati di avere abbandonato il tuo primo amore» (Ap 2,4). Pur con tutti i limiti di una cronaca così breve, le parole dell’angelo dell’Apocalisse ci permettono di intuire il senso profondo, il motore della nuova evangelizzazione che il Sinodo ha analizzato, nell’intenzione di precisarla e consegnarla alla Chiesa. Si tratta di uno stimolo per evitare la mediocrità che rischia di contagiare la Chiesa, come conseguenza delle trasformazioni che il cambiamento culturale sta generando in noi. A trasformazioni così forti si risponde con un soprassalto di calore della nostra fede: ecco il senso della nuova evangelizzazione. Ecco anche l’utilità di uno strumento come l’Anno della fede. Il bisogno di tornare all’amore di un tempo è stato anche il contenuto che più spesso è tornato nelle parole dei delegati fraterni. Come il primate anglicano Rowan Wiliams ci ha limpidamente espresso (cf. Regno-doc. 19,2012,581ss), è solo con un rinnovato esercizio contemplativo che potremo davvero entrare nel mondo di oggi capaci di trasmettere il Vangelo e la fede. Una contemplazione intesa come atto umano totale, che ci permette di riconoscere i segni della presenza di Dio anche sotto le tracce di un mondo che sembra allontanarsi sempre più da lui: nuova evangelizzazione è anzitutto la riscoperta di una fedeltà che esige un caro prezzo, e che deve trasformarsi in esercizio di discernimento, non tanto logico ma pneumatico, delle tracce dell’amore di Dio che non si stanca di amare questo nostro mondo. Luca Bressan* * Don Luca Bressan, teologo pastoralista, è Vicario episcopale per la cultura, la carità, la missione e l’azione sociale nell’arcidiocesi di Milano; ha partecipato alla XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi (2012) in qualità di esperto (adiutor secretarii specialis) nominato dalla Santa Sede. 661_box_sala:Layout 2 C 30-11-2012 H I E S A D ’ I N G H I LT E R R A 11:13 Pagina 661 N uovo leader, nuova crisi I l nuovo primate anglicano avrà «il fisico di un bue e la scorza di un rinoceronte», auspicati da Rowan Williams pensando al proprio successore?1 Molti ne sembrano convinti. La scelta di Justin Welby come 105° arcivescovo di Canterbury indica la direzione e il passo con cui la Chiesa d’Inghilterra vuole entrare nel prossimo decennio. L’attuale vescovo di Durham (da neanche un anno, un difetto di esperienza che tuttavia non gli ha precluso la nomina) ha 56 anni. Figlio di un commerciante di whisky e nipote di un vice primo ministro conservatore, frequenta il college di Eton, dove studiano i membri della famiglia reale, e successivamente si laurea in storia e diritto a Cambridge. Per 11 anni è dirigente della multinazionale francese del petrolio Elf, finché nel 1983 la tragica scomparsa della prima figlia, di sette mesi, in un incidente stradale non lo conduce a una crisi profonda. Nel 1987 la decisione: diventare prete. La sua carriera di ecclesiastico lo ha visto parroco nella diocesi di Coventry, quindi decano della cattedrale di Liverpool dal 2007 al 2011, infine vescovo dell’antichissima sede di Durham. Nel frattempo ha avuto altri 5 figli e ha ricoperto incarichi di rilievo sia nella Chiesa d’Inghilterra, dove è direttore del Centro internazionale per la riconciliazione, sia nella società, come membro della Commissione di riferimento per i fondi etici di una grande compagnia d’investimenti della City; sia nello stato, nella Commissione parlamentare sugli standard bancari, che conduce un’inchiesta sul livello professionale e la cultura del settore bancario britannico, dopo lo scandalo dell’indice Libor truccato che nello scorso luglio ha macchiato l’immagine delle banche inglesi. Ora come arcivescovo di Canterbury assommerà in sé un numero impressionante di ruoli: vescovo della diocesi di Canterbury, nel Kent; metropolita della provincia omonima, che comprende le 30 diocesi dell’Inghilterra meridionale; primate di tutta l’Inghilterra; primus inter pares e simbolo dell’unità tra tutti i vescovi della sempre più divisa Comunione anglicana. Nei prossimi anni dovrà convocare e ospitare la Conferenza di Lambeth, il sinodo che ogni dieci anni raduna i vescovi anglicani (nel 2018). A quanto risulta dalle indiscrezioni, il ritardo di qualche settimana nella scelta dei candidati da parte della Crown Nomination Commission non era dovuto all’incertezza sul suo nome, che ha da subito convogliato la maggioranza dei consensi, ma su quello del secondo candidato. Welby è apparso adatto sia sotto il profilo personale, sia sotto quello teologico, sia per la linea pastorale. Un proget to di Chiesa Justin Welby è un evangelico, dunque appartiene alla corrente ecclesiale anglicana che si attendeva di produrre il prossimo arcivescovo di Canterbury – data la tradizionale alternanza tra un primate evangelico e uno anglo-cattolico, come Rowan Williams –. Inoltre dal punto di vista dottrinale è conservatore, caratteristica che lo rende maggiormente gradito alle province anglicane del Sud del mondo, che avversano le tendenze liberal di una parte dell’anglicanesimo occidentale specie sulle questioni legate all’omosessualità. Nel discorso che ha tenuto a Lambeth Palace il 9 novembre, dopo il comunicato ufficiale della nomina da parte del primo ministro, ha da un lato manifestato la propria contrarietà al matrimonio tra omosessuali,2 dall’altro affermato di dover «ascoltare molto attentamente le comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender; ndr), ed esaminare il mio pensiero nella preghiera. Sono sempre contrario al linguaggio dell’esclusione, quando ciò a cui siamo chiamati è amare come Gesù Cristo ci ama». Pur essendo un conservatore, tuttavia, si è espresso a favore dell’ordinazione delle donne all’episcopato, causa per la quale Rowan Williams ha svolto una paziente opera di mediazione tra le correnti contrapposte in seno alla Chiesa d’Inghilterra.3 Il ministero episcopale femminile è osteggiato dai tradizionalisti della componente anglo-cattolica e dai conservatori di quella evangelica, i primi a motivo della Tradizione e i secondi a motivo dell’autorità della Scrittura. Ma le misure per concedere la supervisione episcopale di un vescovo uomo alle parrocchie che ne faranno richiesta sono avversate, sia nella formulazione proposta nel luglio scorso sia in quella bocciata per un soffio al Sinodo generale del 19-21 novembre, anche da un certo numero di progressisti, soprattutto donne, che ritengono l’emendamento in questione4 una concessione umiliante, in quanto relegherebbe i vescovi donna in uno status di serie B. Probabilmente lo stop riportato alla Camera dei laici è dovuto a un’alleanza paradossale tra gli oppositori e i sostenitori più radicali delle donne vescovo. Per il nuovo arcivescovo di Canterbury dunque si tratta di una partenza in salita, per quella che si preannuncia come una gravissima crisi, per tentare di ricucire l’unità tra la maggioranza della sua Chiesa, favorevole alle donne vescovo, e la minoranza contraria. Gli saranno necessarie tutte le qualità personali di leadership, pragmatismo e humour che gli vengono unanimemente riconosciute. Molto vicino alla spiritualità benedettina, pur appartenendo alla corrente evangelica Welby ha culturalmente molto in comune con la Chiesa cattolica, e in particolare è affine alla sensibilità sociale che caratterizza la leadership cattolica dell’arcivescovo di Westminster Vincent Nichols. La scelta di Welby contiene anche una presa di posizione della Chiesa d’Inghilterra nei confronti del liberismo sfrenato e dello strapotere dell’alta finanza che la City di Londra simboleggia, e non è questione di poco conto se si pensa che la Chiesa d’Inghilterra è ancora Chiesa di stato, e la nomina del primate spetta al primo ministro e alla regina. L’esperienza di manager ha fatto di Welby un critico autorevole del capitalismo muscolare in più di un’occasione, dalla tesi di licenza su Can companies sin? (Le imprese possono peccare?) al suo intervento di qualche settimana fa alla Camera dei Lord sulla necessità di trasformare il settore bancario «dalle macerie di un disastro provocato dalla tracotanza al recupero del suo compito fondamentale di permettere alla società umana di fiorire davvero». E in questo si pone senza dubbio in continuità con Rowan Williams. Daniela Sala 1 Sull’arcivescovo di Canterbury uscente cf. Regno-att. 18,2012,578. Coerentemente con la risposta ufficiale della Chiesa d’Inghilterra alla consultazione proposta dal governo di David Cameron; cf. Regno-att. 16,2012,157; Regno-doc. 19,2012,627. 3 Cf. Regno-att. 14,2012,451. 4 Il cosiddetto «emendamento Appleby», steso dal vicario Janet Appleby in settembre e bocciato in Sinodo il 20 novembre, richiede che i vescovi e i preti uomini nominati ministri per parrocchie contrarie alle donne vescovo debbano essere scelti in modo da rispettare le ragioni per le quali vengono richiesti. La Camera dei vescovi ha approvato l’emendamento per 44 a 3, quella del clero per 148 a 45, mentre quella dei laici, con un 132 a 74 e 9 astenuti, per 6 voti non ha garantito la maggioranza dei due terzi in ciascuna Camera che sarebbe stata necessaria per approvare la legislazione. 2 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 661 662_info_sala:Layout 2 30-11-2012 11:13 Pagina 662 Serbia-Croazia Cattolici e ortodossi La riconciliazione difficile Di nuovo nemici H a suscitato reazioni contrapposte la sentenza della Corte d’appello del Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia. Il 16 novembre ha dichiarato Ante Gotovina e Mladen Markač non colpevoli di crimini contro l’umanità e violazioni delle leggi e delle convenzioni di guerra, ribaltando così la sentenza di primo grado del 15 aprile 2011. Un anno e mezzo fa i due militari croati erano stati condannati per le uccisioni e deportazioni di civili serbi durante l’«Operazione tempesta» (Oluja), con la quale dal giugno al settembre 1995 l’esercito croato riprese il controllo delle Krajne, le due regioni a maggioranza serba che nel 1991 avevano dichiarato l’indipendenza dalla Croazia: 24 anni a Gotovina, colonnello generale dell’esercito croato e responsabile dell’operazione, arrestato in Spagna il 7 dicembre 2005, 18 a Markač, comandante operativo delle forze speciali di polizia, consegnatosi al Tribunale dell’Aia l’11 marzo 2004. Secondo la sentenza d’appello non c’è stata associazione in impresa criminale, né deportazione degli abitanti di nazionalità serba, né un eccessivo bombardamento della città di Tenin. Il giorno stesso della sentenza il presidente della Conferenza episcopale croata Želimir Puljić, arcivescovo di Zara, ha convocato presso la sede dell’episcopio una conferenza stampa, durante la quale così si è espresso: «Gioisci, o terra di Croazia! Con l’atto di oggi terminano i tuoi lunghi anni di sofferenza durante la guerra di liberazione, il periodo postbellico e tutti i momenti difficili che abbiamo sopportato, non solo durante la pesante occupazione della guerra ma anche dopo, quando sono state diffuse diverse teorie sulla valutazione di quanto accadutoci. Davvero abbiamo il diritto di rallegrarci, perché con l’assoluzione dei generali croati Ante Gotovina e Mladen Markač è finalmente finita la guerra difensiva». E ancora: «Dio non ha permesso che il giudizio di primo grado rimanesse valido. Ne avremmo riportato per decenni uno stigma, da cui sarebbe stato difficile liberarci», e «Penso che questa sia opera di Dio», con l’annuncio di messe di ringraziamento il 24 e il 25 novembre con tanto di Te Deum. 662 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Di segno opposto la reazione dei vescovi ortodossi serbi, che hanno fortemente stigmatizzato l’esultanza manifestata dagli omologhi cattolici croati: «È stupefacente e assurdo che la maggioranza dei vescovi cattolici croati – se non tutti – associno questo verdetto a Dio e alla provvidenza divina, con qualcuno che si spinge fino a presentarlo come il risultato delle numerose messe e preghiere per i “difensori della Croazia” chieste da questi due generali “onesti” e – come ora sappiamo – “innocenti” della “guerra patriottica”. Il Santo Sinodo condanna fermamente questa sentenza “politica” della Corte d’appello del Tribunale dell’Aia grazie alla quale sono stati liberati questi generali croati, perché rappresenta uno schiaffo in faccia alla verità e, ancor peggio, permette a un crimine di proclamarsi “guerra difensiva” e ai criminali di guerra di pretendere di essere “vittime”» (19 novembre). Italia Evangelici Nello spazio pubblico E sprimere una voce protestante in uno spazio pubblico sempre più multiculturale e caratterizzato da una crescente pluralità di presenze è una delle maggiori sfide che ci stanno davanti». Il documento Gli evangelici nello spazio pubblico, approvato all’unanimità dalla XVI Assemblea della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI, Roma-Pomezia 1-4.11.2012), delinea il programma che i protestanti italiani si danno per il prossimo triennio, ispirandosi al versetto di Is 58,6 «Si spezzino le catene della malvagità». La FCEI è l’organismo che raduna le Chiese protestanti storiche italiane, in rappresentanza di circa 60.000 credenti ma con un peso sempre maggiore anche dei fedeli evangelici provenienti dall’immigrazione (cf. Regno-att. 16,2012,528). In questo documento programmatico tali Chiese, che hanno inscritto nel loro DNA tanto il riferimento prio- La sentenza è riuscita a unire le «due Serbie», quella nazionalista e ostile al percorso di adesione all’Unione Europea e quella filo-occidentale e sinora favorevole al Tribunale per l’ex Iugoslavia come strumento di giustizia e riconciliazione dopo le sanguinose guerre degli anni Novanta. La Serbia è da quest’anno un paese candidato all’ingresso nell’UE, e la cooperazione con il Tribunale penale internazionale è stata posta come un requisito indispensabile per il procedere dei negoziati: due anni fa, faticosamente, l’ala progressista ha sbloccato la situazione facendo esprimere dal Parlamento le scuse ufficiali per il massacro di Srebrenica e soprattutto consegnando Ratko Mladić, attualmente sotto processo all’Aia. Ora la riconciliazione è legata alla capacità che la giustizia croata saprà dimostrare di cercare e condannare i veri colpevoli dei crimini di guerra compiuti nelle Krajne, e alla disponibilità dei vescovi croati di riconoscere anche le vittime serbe. D. S. ritario alla Scrittura quanto l’impegno per la giustizia sociale come espressione necessaria della fede cristiana, raccolgono i fili del lavoro degli ultimi anni e li proiettano nel futuro sotto la cifra sintetica dell’apertura alla multiculturalità. Dalla messa in discussione del modello economico imperante consegue che «la vigilanza critica sulle scelte politiche ed economiche, lo schieramento dalla parte di chi più soffre le conseguenze della situazione in atto, la difesa di uno stato sociale efficiente e rigoroso, il lavoro giovanile costituiscono per noi priorità etiche e sociali da affermare e rivendicare nello spazio pubblico». «Restituire dignità e ruolo alla politica», rafforzare la libertà religiosa e aprirsi alla multiculturalità che sta cambiano irreversibilmente il panorama sociale e religioso italiano sono le priorità individuate, che si esprimeranno anche concretamente – come già nei mesi passati – nella mobilitazione per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza ai ragazzi nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri e in un’azione di sensibilizzazione a favore di una nuova legge sulla libertà religiosa. Sul piano ecumenico l’impegno della FCEI sarà di favorire la piena adesione degli avventisti, che attualmente partecipano all’organismo solo come osservatori, e la costituzione di luoghi permanenti d’incontro e confronto con le nuove importanti presenze religiose che si stanno radicando in Italia. D. S. 663-664_info_bernardoni:Layout 2 30-11-2012 13:39 Pagina 663 Santa Sede Lefebvriani Attendismi e doppi binari L a Pontificia commissione Ecclesia Dei «coglie l’occasione per annunciare che, nella sua più recente comunicazione (6.9.2012) la Fraternità sacerdotale di S. Pio X ha indicato di aver bisogno per parte sua di ulteriore tempo di riflessione e di studio, per preparare la propria risposta alle ultime iniziative della Santa Sede». Così l’ultima dichiarazione ufficiale proveniente da Roma (27.10.2012) ha confermato la situazione di stallo del negoziato con la Fraternità sacerdotale S. Pio X (FSSPX), il cui superiore generale, mons. Fellay, appare del tutto bloccato di fronte alle proposte vaticane del giugno scorso (una «dichiarazione dottrinale» e la proposta di una prelatura personale «per la normalizzazione canonica»; cf. Regno-att. 12,2012,379). La situazione è bloccata Mentre la Santa Sede resta «in attesa della risposta ufficiale» (come recita la stessa dichiarazione), la crisi interna alla Fraternità – già segnalata ad aprile dal duro scambio epistolare tra Fellay e gli altri tre vescovi della Fraternità, che si erano dichiarati contrari «a qualunque accordo pratico» con Roma (cf. Regno-att. 12,2012, 379) – si acuisce fino all’espulsione ufficiale di uno dei tre, mons. Williamson, per decisione del superiore generale e del suo Consiglio (4.10.2012). Il discusso vescovo inglese, già noto per le sue gravi dichiarazioni antisemite e negazioniste della Shoah, sarebbe stato espulso – si legge nel comunicato apparso sul sito web dell’agenzia ufficiale della Fraternità (24.10.2012) – a motivo della sua presa di distanza dal governo della FSSPX e per il suo rifiuto di «manifestare il rispetto e l’obbedienza dovuti ai suoi superiori legittimi». Dall’interno ci si è affrettati a dichiarare che «non è stato il problema delle nostre relazioni con Roma a essere la causa di ciò», ma un «problema di disciplina interna alla Fraternità che alla fine si è manifestato con una sorta di ribellione aperta contro l’autorità» (Fellay in un’omelia dell’11.11.2012; www.dici.org), e che «voler collegare questo triste avvenimento a una volontà di cedimento dottrinale nei confronti della “Chiesa conciliare” – accuse contenute in una lettera aperta dello stesso Williamson a Fellay (19.10.2012) – è puramente arbitrario, calunnioso e ingiustificabile» (comunicato del Distretto italiano, 25.10.2012; www.sanpiox.it). In ogni caso la presenza di Williamson nell’operazione-rientro avrebbe comunque comportato forti contraccolpi all’interno della Chiesa cattolica e nei rapporti con l’ebraismo. Difficile negarlo: l’attuale crisi della FSSPX costituisce un serio rischio per la ricomposizione auspicata da Roma dello scisma lefebvriano, un passaggio che tra maggio e giugno scorsi sembrava vicino a perfezionarsi. In un’omelia dello scorso 11 novembre, le dichiarazioni di Fellay denotano una vistosa marcia indietro rispetto alle posizioni precedenti, tanto da far pensare a un tentativo di evitare una probabile e consistente spaccatura interna in caso di accordo con Roma. Così il negoziato è in un vicolo cieco. «Dal mese di giugno le cose sono bloccate. È un ritorno al punto di partenza. Ci troviamo esattamente allo stesso punto di mons. Lefebvre negli anni 1974-1975», ha affermato il superiore generale facendo riferimento al chiarimento da lui personalmente richiesto al papa. «Scrivo al papa dicendogli questo: “Visto che lei conosce la nostra opposizione al Concilio e visto che nondimeno vuole riconoscerci, ne avevo dedotto che era disposto a mettere da parte o a rimandare a più tardi questi problemi del Concilio”. (…) Ho pensato: “Visto che fa questo gesto verso di noi (…) vuol dire che lei stima più importante dichiarare cattolica la Fraternità piuttosto che mantenere a ogni costo questo Concilio; ma poiché mi accorgo che, alla fine, lei stesso sembra imporre il Concilio, devo dedurne che mi sono sbagliato. Allora, ci dica, per favore, cos’è che lei vuole veramente”». Ambiguità a Roma? Il chiarimento si sarebbe reso necessario, stando a Fellay, a causa di un atteggiamento contraddittorio da parte romana, «che si manifesta nelle decisioni, nelle dichiarazioni della stessa autorità, cioè della Santa Sede, ma che proviene da diverse persone della Santa Sede, persone diverse che sostengono cose opposte e persino contraddittorie». Denunciando l’esistenza di un «doppio registro», Fellay può giustificare il suo attendismo e i suoi cambi di rotta con la difficoltà, «da diversi anni, di comprendere cosa voglia veramente il capo, cioè il santo padre». «Mentre da un lato – dal canale ufficiale della Congregazione della fede e della Commissione Ecclesia Dei – ci vengono consegnati dei documenti da firmare o da discutere, dall’altro riceviamo da persone che lavorano negli stessi ambienti, a Ecclesia Dei, o tramite un cardinale, un messaggio differente dalla linea ufficiale, più o meno in questi termini: “Fra poco il papa riconoscerà la Fraternità come ha fatto per le scomuniche, senza contropartita da parte della Fraternità”». «Una situazione – prosegue Fellay nell’omelia – che pone grossi problemi, perché tale messaggio non dice la stessa cosa del testo ricevuto. (…) Ai messaggi ufficiali, in cui ci si chiede di accettare quello che nei colloqui non abbiamo accettato, la nostra risposta è no. Ma nello stesso momento in cui riceviamo le risposte ufficiali, continuano messaggi di benevolenza, di cui è impossibile mettere in dubbio l’origine. (…) Potevamo ignorare totalmente questa seconda linea? Bisognava necessariamente verificarla, verificare la sua autenticità, la sua veridicità». Affermazioni che lasciano intendere lo IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 663 663-664_info_bernardoni:Layout 2 30-11-2012 13:39 Pagina 664 Santa Sede Legionari spirito con cui la Fraternità ha partecipato ai colloqui dottrinali con le Congregazioni romane degli ultimi anni. Il 30 giugno, stando ancora alle parole di Fellay, giunge la risposta di Benedetto XVI. «La lettera manifesta che è effettivamente lui, il papa, a essere intervenuto per obbligare ad accettare il Concilio, per reintrodurre nel testo tutto quello che io avevo tolto e che non potevamo firmare». Facendo sua la linea della Congregazione per la dottrina della fede, il papa avrebbe inoltre posto alla Fraternità tre condizioni per arrivare al riconoscimento giuridico: «Accettare che “il magistero è giudice della Tradizione”(…); accettare “che il Concilio fa parte di tale Tradizione”»; accettare la validità e la liceità della nuova messa. Venite sicuramente a Roma Tra gli accorati «messaggi di benevolenza» ricevuti in questi mesi da Fellay va probabilmente annoverata una lettera che don Nicola Bux, consultore della Congregazione per la dottrina della fede e dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del sommo pontefice, ha pubblicato (il 19.3.2012, in francese e italiano) sul sito web della Scuola Ecclesia mater, di cui è tra i fondatori (www.scuolaecclesiamater.org). «È indubbio che non pochi fatti del concilio ecumenico Vaticano II e del periodo successivo, legati all’elemento umano di questo avvenimento, abbiano rappresentato vere calamità e addolorato grandi uomini di Chiesa», scrive Bux. Quindi l’invito: «Con le parole di santa Caterina da Siena, possiamo dirvi: “Venite sicuramente a Roma”, presso la casa del padre comune, che ci è stato donato come perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità cattolica. (…) Il vostro rifiuto aumenterebbe lo spazio delle tenebre, non quello della luce. (…) Come non valutare l’apporto che potrete dare, grazie alle vostre risorse pastorali e dottrinali, alle vostre capacità e sensibilità, al bene di tutta la Chiesa?». «Questo è il momento opportuno, questa è l’ora favorevole per ritornare (…) non lasciatevi sfuggire l’occasione di grazia che il Signore vi offre, non lasciate che passi accanto a voi e non la riconosciate. Potrà il Signore concederne un’altra? (…) Il cuore del santo padre palpita: egli vi attende con ansia, perché vi ama, perché la Chiesa ha bisogno di voi per una comune testimonianza di fede in un mondo sempre più secolarizzato e che sembra volgere le spalle al suo Creatore e Salvatore». M. B. 664 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Con l’uscita di scena di Corcuera (ufficialmente «non si tratta di una dimissione dall’ufficio (…) ma di una specie di anno sabbatico chiesto e concesso al direttore generale») il vecchio gruppo dirigente legato al fondatore p. Maciel, la cui iniziale conferma da parte del delegato pontificio aveva suscitato critiche e malumori, subisce un secondo duro colpo (dopo quello di febbraio; cf. Regno-att. 4,2012,81) e perde ulteriore forza dentro la Legione. Il carisma esiste Ridefiniti: vertici e carisma N on mi è stato facile ammetterlo, ma per l’amore che nutro verso ognuno di voi ho visto davanti a Dio che non ho la salute e le energie necessarie per affrontare in modo responsabile le esigenze del governo generale nel momento storico attuale della Legione e del Regnum Christi». È il passaggio con cui, in una lettera datata 9 ottobre (apparsa l’11 sul sito web della congregazione), il direttore generale dei Legionari di Cristo, p. Álvaro Corcuera, annuncia la decisione concordata col delegato pontificio, card. Velasio De Paolis, di «non esercitare» più le sue funzioni di governo «fino alla convocazione del prossimo capitolo generale». In attesa del capitolo, previsto tra fine 2013 e inizio 2014, nel quale «si dovranno eleggere i nuovi superiori dell’Istituto e approvare le nuove Costituzioni», le funzioni di direttore generale sono state affidate al vicario, p. Sylvester Heereman, che rientra già tra le nomine di De Paolis. In una lettera che accompagna quella di Corcuera (pubblicata sullo stesso sito web), De Paolis parla dell’«invito» da lui fatto al direttore generale come di «una decisione dolorosa, che ha portato sofferenza a tutti», ma che «si è stimata necessaria per il bene della Legione e dello stesso p. Álvaro». Infatti, prosegue la lettera, «il suo impegno, svolto spesso in un clima di sofferenza e di incomprensione, ha debilitato le sue energie», al punto da far temere «che se avesse continuato (…) avremmo potuto compromettere la sua salute». Nel frattempo, il progetto di revisione delle Costituzioni dei Legionari e degli Statuti delle due componenti del Regnum Christi ha segnato un passo avanti decisivo. Il 19 ottobre, sul sito della congregazione, una lettera del delegato pontificio annunciava la pubblicazione degli «Elementi essenziali del carisma comune del Regnum Christi». Si tratta di un testo breve e «non definitivo», nato dall’ascolto di numerose «testimonianze personali di coloro che hanno vissuto il carisma del Regnum Christi», che «non intende innovare nulla circa il carisma stesso», ma si propone di «chiarirlo e approfondirlo». A conferma della scelta di Roma, intenzionata a riconoscere e salvare l’esperienza spirituale, nella lettera si legge un’affermazione importante: l’ascolto delle testimonianze «ci ha confermato nella consapevolezza che il carisma esiste, ed è vissuto da coloro che ne fanno parte». De Paolis ritiene inoltre utile precisare che «fa parte del carisma solo ciò che viene approvato dalla Chiesa», ma soprattutto «che il carisma non si identifica con la persona del fondatore, tanto meno con la sua santità o con il suo peccato»; essendo un dono fatto alla Chiesa, essa «mediante la sua legittima autorità, lo riconosce come suo». La pubblicazione degli Elementi essenziali del carisma segna l’inizio della seconda fase del processo di «profonda revisione» richiesto dal papa. A partire da esso, «ogni componente del movimento (legionari, persone consacrate, fedeli sposati o celibi), ciascuna secondo la propria condizione nella Chiesa, rivedrà la normativa che la regola», precisando «l’identità e quindi la distinzione di ogni gruppo». La cooperazione tra le singole componenti secondo il carisma comune, sarà l’obiettivo di una terza, successiva fase del percorso. M. B. 665-668_art_jonveaux:Layout 2 30-11-2012 11:15 Pagina 665 Media digitali MONACHESIMO l a rete nel chiostro... I l nuovo interesse da parte del mondo religioso per Internet e i media digitali viene attualmente studiato dalle scienze sociali, che si interrogano sulle modalità di questa inedita presenza online e degli eventuali tipi di pratica religiosa virtuale. Dalle religioni o dai gruppi reli- …e il chiostro nella rete: nuove chance, nuove sfide giosi che esistono solamente sul web,1 alle confessioni tradizionali che si sforzano di trovarvi gli accenti giusti, l’offerta religiosa su Internet sembra sterminata. I monasteri, in linea di principio «chiusi» e distaccati dal mondo, non sono estranei a questo slancio e frequentano in vari modi la rete. La pagina Facebook dell’abbazia benedettina di Göttweig, in Austria. Il complesso viene anche definito la «Montecassino austriaca». Fra reticenza ed entusiasmo l’impegno sul web non è tuttavia adottato in maniera uniforme nella vita consacrata cattolica e le comunità religiose lo praticano a livelli diversi secondo diverse variabili e a seconda dello scopo che si prefiggono. Qui non ci occuperemo soltanto dell’arrivo dei monasteri su Internet ma anche dell’entrata di Internet nei monasteri. Questo nuovo mezzo di comunicazione in effetti non è senza conseguenze per la vita monastica e il suo utilizzo chiama in causa alcuni dei suoi fondamenti. Cercheremo di vedere innanzitutto come Internet viene accolto nei monasteri e gli eventuali punti di tensione che può causare, e in seguito di considerare le modalità in cui i monaci e le monache lo utilizzano nel comunicare col mondo. Infine punteremo l’attenzione sulla rete sociale Facebook per vedere quali interrogativi possono nascere dalla presenza dei religiosi sulla rete e dal modo in cui vi presentano la propria identità religiosa. Basandosi su indagini e interviste realizzate nei monasteri soprattutto francesi e austriaci e sullo studio dei siti web delle comunità e delle pagine Facebook dei monaci, questo articolo intende interrogarsi sul modo monastico di frequentare Internet, sia dal punto di vista delle implicazioni del suo utilizzo, come nuovi comportamenti o cambiamenti nella vita monastica, sia dal punto di vista della presenza dei monaci su Internet e dei loro intenti nell’utilizzo di questo nuovo tipo di comunicazione con il mondo. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 665 665-668_art_jonveaux:Layout 2 30-11-2012 11:15 Internet in monastero: adat tare la vita monastica Rapida adozione ma differenze che persistono. Il mondo monastico ha generalmente adottato questo mezzo di comunicazione senza ritardi particolari rispetto alla società nel suo insieme. Su 55 abbazie francesi recensite sul sito abbaye.net, 6 hanno aperto il proprio sito fra il 1996 e il 1998, ossia prima dell’entrata massiccia di Internet nella vita quotidiana, e 28 fra il 1999 e il 2001. Tuttavia, il suo utilizzo è lungi dall’essere omogeneo nel mondo religioso, e all’origine di queste differenze vi sono le numerose variabili che caratterizzano le comunità. La prima è quella del genere poiché, come nella società in generale (sebbene lo scarto tenda a colmarsi), le donne e in questo caso le comunità femminili utilizzano di meno Internet in confronto agli uomini, come si può notare nella tabella 1. A questa prima variabile si aggiunge l’età, che spesso riguarda le medesime comunità, in quanto l’età media delle comunità femminili è in media più elevata di quella delle comunità maschili. Non avendo conosciuto questo mezzo di comunicazione nel mondo, e non avendolo utilizzato personalmente, è raro che le monache anziane vedano quale interesse avrebbe la loro comunità a essere presente sul web. Anche la clausura è una variabile notevole, in quanto le comunità ove la clausura è più stretta sono quelle meno presenti sul web. Questi tre elementi spesso si trovano riuniti nelle comunità femminili, e ciò ne spiega la minore presenza su Internet rispetto alle comunità religiose maschili. Un ultimo elemento da considerare è quello del tipo di attività che svolgono le comunità religiose e del loro livello di relazioni col mondo esterno. I monasteri austriaci, ad esempio, dalla riforma di Giuseppe II nel XVIII secolo che esigeva che i monasteri praticassero un’attività considerata «utile» per la società, sono molto impegnati nelle scuole o nelle parrocchie, e hanno dunque attività molto più esterne dei monaci francesi, i quali vivono di un’economia interna di produzione (tabella 2). La clausura riconsiderata. Portando il mondo intero all’interno del 666 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 666 Tabella 1: Comunità che hanno un sito web secondo il genere Uso di Internet Francia Austria Comunità maschili Comunità femminili Totale Hanno un sito web Totale Hanno un sito web 56 25 30 (53,6%) 24 (96%) 248 23 73 (29,4%) 12 (52,2%) Tabella 2: Comunità benedettine che hanno un sito web. Comunità benedettine Uso di Internet Totale Hanno un sito web Francia Italia Germania Belgio Austria Totale 80 208 66 28 22 404 41 (51,2%) 59 (28,4%) 51 (77,3%) 11 (39,3%) 18 (81,8%) 180 (44,6%) monastero, e permettendo ai monaci di esservi presenti talvolta da dentro la propria cella, Internet rimette in discussione quell’elemento fondamentale della vita monastica che è la clausura. Secondo Max Weber, il monachesimo è un’ascesi extramondana poiché «questa concentrazione [esclusiva dell’azione sull’opera della salvezza] può fare apparire come necessaria una separazione formale dal “mondo”, dai legami sociali e mentali della famiglia, del possesso, degli interessi politici, economici, artistici, erotici, di tutti gli interessi relativi alla realtà creata in generale, in quanto ogni implicazione pratica di questi legami appare un’accettazione del mondo, la quale allontana da Dio».2 I monaci non hanno lasciato il mondo perché questo è cattivo in sé – il che sarebbe in disaccordo con la teologia cattolica della creazione del mondo da parte di Dio – ma in quanto esso non permette di trovare la calma e la pace propizie all’introspezione e alla contemplazione. Ora Internet, varcando liberamente la clausura, è in grado di portare nel chiostro il mondo intero, e permette anche ai monaci di essere presenti nel mondo senza lasciare il monastero. Come afferma una monaca benedettina italiana, «inoltre Internet, mentre da una parte in qualche modo ha annullato la clausura (muraria), dall’altro paradossalmente la permette (pen- siamo alle nuove frontiere di lavoro, formazione ed evangelizzazione)».3 Trapassando i muri, il flusso dei dati annulla la clausura e può rimettere il monastero nel mondo, almeno virtualmente. Il controllo dell’at tività informatica Per salvaguardare l’opportuno ritiro dal mondo che li contraddistingue, i monaci fanno in modo di regolare questa pratica, sia attraverso il controllo comunitario del tempo e dello spazio, sia con una disciplina personale che si impongono in maniera individuale. Nelle abbazie francesi sono rari i monaci che hanno accesso a Internet dalla propria cella, se non è in ragione di una funzione particolare, come quella dell’abate o dell’economo. La cella, che è il luogo più recondito e più privato del monastero, dove in teoria solo il suo occupante può entrare, è anche un simbolo del deserto interiore della vita monastica. Così, il maestro dei novizi di Solesmes afferma: «Sarebbe evidentemente contraddittorio avere Internet nella cella». Numerosi monasteri francesi come La Pierre-qui-Vire, Solesmes o l’abbazia trappista di Tamié hanno installato delle sale di informatica, dove è possibile usufruire dell’accesso a Internet, e ciò permette un controllo sociale fra i monaci, poiché sarà facile notare chi vi passa lun- 665-668_art_jonveaux:Layout 2 30-11-2012 ghe ore o chi esplora contenuti poco degni del proprio stato di vita. In questi stessi monasteri l’abate toglie la connessione fra l’ultimo ufficio della sera e il primo ufficio del mattino, affinché i monaci non abbiano la tentazione di andarvi durante le ore destinate al riposo e rispettino così «il grande silenzio della notte» raccomandato da san Benedetto nella sua regola. Nei monasteri austriaci, meno separati dal mondo, non sono presenti queste discipline comunitarie; in compenso numerosi monaci mi hanno detto di imporsi una disciplina personale. Ad esempio, il maestro dei novizi dell’abbazia benedettina di Kremsmünster ha scelto di non tenere il computer nella propria cella – dove potrebbe quindi avere un accesso a Internet – e cerca per quanto è possibile di non andare in ufficio dopo compieta. Ognuno si costruisce dunque la propria pratica ascetica in relazione a Internet, rafforzata durante il tempo della Quaresima. Sembra anche affermarsi la tendenza a non andare su Internet dopo compieta per rispettare il «grande silenzio della notte». Altri adottano come giorni personali di «digiuno» da Internet i giorni di digiuno comunitario e di astinenza dalle carni, il mercoledì e il venerdì, talvolta il lunedì. Un giovane frate di Seitenstetten4 ha deciso anche di non visitare Facebook durante la Quaresima. Occorre precisare che per certi monaci impegnati nella pastorale, o docenti del liceo abbaziale, diventa quasi impossibile lavorare senza utilizzare Internet, strumento ormai imprescindibile, e dunque sarebbe loro impossibile rinunciarvi completamente. Le regole personali che ciascuno si impone, o le regole comunitarie nel caso della Francia, testimoniano dunque del potenziale pericolo che rappresentano i media digitali nel chiostro, ma parallelamente, poiché essi non vengono totalmente rifiutati, del loro carattere ormai irrinunciabile. Una nuova presenza nel mondo Una nuova visibilità per i monaci extramondani. Mentre i monaci nelle società secolarizzate moderne sono sempre meno visibili, perché non sono 11:15 Pagina 667 più presenti nei luoghi dove li si poteva trovare in precedenza (scuola, parrocchia), di rado indossano l’abito in pubblico, il loro numero assoluto è in calo, e infine semplicemente perché la gente non li va più a trovare, su Internet essi possono trovare una nuova visibilità in un luogo a priori religiosamente neutro, che colloca ogni realtà su un piano di uguaglianza. Internet è in effetti un luogo ugualitario nel senso in cui tutto vi è posto sullo stesso piano, senza distinzione, e potenzialmente può dunque permettere un pubblico più largo. A parte i siti delle comunità religiose che spesso attirano un pubblico già interessato (il 39% dei visitatori del sito dell’abbazia di Tamié vi accede direttamente, digitando l’indirizzo del sito),5 i monaci tentano altri tipi di presenza sulla rete per raggiungere un pubblico più largo. Così, i monaci di Heiligenkreuz in Austria hanno creato un monastic channel, ovvero dei video sulla loro vita monastica regolarmente caricati in due lingue su Youtube. Sebbene esista un canale equivalente cattolico (kathTube), i monaci hanno scelto positivamente di utilizzare Youtube per raggiungere coloro che spontaneamente non visiterebbero dei siti esplicitamente religiosi. Internet è dunque a priori uno strumento di comunicazione religiosamente neutro, tuttavia i monaci, per conservarvi la propria condizione monastica, devono affermare la propria differenza. In realtà una visita ai siti web delle abbazie mostra rapidamente che, se da una parte i monaci utilizzano gli stessi codici di comunicazione del resto della rete, dall’altra se ne distaccano per mostrare la propria identità. I siti monastici saranno così palesemente non commerciali, senza pubblicità né altri tipi di promozioni. Un monaco austriaco mi diceva anche l’importanza di non aggredire lo sguardo con messaggi che passano senza sosta o foto che cambiano rapidamente. Un nuovo mezzo d’evangelizzazione. La Chiesa cattolica ha ben presto considerato Internet un potenziale alleato per l’evangelizzazione. Papa Benedetto XVI, nel suo messaggio in occasione della XLV Giornata mon- diale delle comunicazioni sociali, ricorda che «anche in questo campo, noi [cristiani] siamo chiamati ad annunciare la nostra fede che Cristo è Dio, il Salvatore dell’uomo e della storia», e invita «i cristiani ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l’era digitale ha reso possibile».6 I monaci e le monache considereranno allora Internet un luogo più che un semplice mezzo, dove la gente passa del tempo, è disponibile a lasciarsi andare alla curiosità e alla scoperta, ed è aperta a nuove relazioni. Questa evangelizzazione è tuttavia limitata da due strettoie: da una parte i codici di Internet che, generalmente, non permettono un discorso teologico profondo, e dall’altra la difficoltà di valutare il pubblico realmente raggiunto. Sono così presenti sulla rete tante iniziative monastiche, a cominciare dalla dimensione spesso spirituale che viene conferita ai siti delle comunità. Per i monaci in effetti è importante non limitare il contenuto dei propri siti alle informazioni ma mostrare anche qualcosa della propria spiritualità. Talvolta è possibile iscriversi per ricevere quotidianamente il Vangelo del giorno sulla propria e-mail o sullo smartphone. Facebook o la rappresentazione del sé religioso Restare connessi con un pubblico giovane. Come dimostrano le indagini statistiche, per le fasce di età più giovani (adolescenti, giovani adulti) le reti sociali e particolarmente Facebook sono il primo mezzo di comunicazione e di informazione. Di conseguenza, se i monaci, specialmente per motivi pastorali, vogliono restare in contatto con quel pubblico occorre che utilizzino questi nuovi media. Uno studio tedesco mostra come, fra i partecipanti a un certo avvenimento ecclesiale, dal 10 al 20% ne sia venuto a conoscenza per mezzo di Facebook. 7 Ciò prova l’efficacia della presenza su questo mezzo. Certe comunità scelgono dunque di avere una pagina comunitaria – è il caso di 9 monasteri su 54 in Austria – o che rappresenta un gruppo particolare, IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 667 665-668_art_jonveaux:Layout 2 30-11-2012 11:15 Pagina 668 Tabella 3: Presentazione di monaci e monache su Facebook Profilo su Facebook Titolo religioso nel nome Foto in abito Entrambi 668 sì no 48% 90% 44% 52% 10% 46% dicando nel nome lo stato di vita e indossando, nella foto, l’abito (tabella 3). In questo caso, è proprio in quanto religiosi che essi frequentano queste reti sociali. come il Treffpunkt Benedikt, gruppo di giovani dell’abbazia di Kremsmünster. Alcuni monaci hanno anche una pagina personale, che utilizzano per fini privati oppure legati al proprio compito, a seconda delle persone che hanno fra i loro «amici». Se questi monaci vogliono continuare a restare in contatto con i segmenti di età che utilizzano questi mezzi di comunicazione, è essenziale che li impieghino essi stessi. Così un monaco tedesco, in una «apologia di Facebook» afferma: «In questo modo possiamo rivolgerci anche a persone che non possiamo più raggiungere con i nostri mezzi di comunicazione “classici” (periodici ecclesiali, bollettini parrocchiali…».8 Credibilità e incarnazione. Lo studio di 50 profili di monaci e monache austriaci e tedeschi (non ne ho praticamente trovati di francesi) fa balzare all’occhio un grande lavoro sulla credibilità. Per mezzo delle foto che vengono caricate o, come dice un monaco austriaco di Seitenstetten, mostrando i propri interessi, i monaci si presentano nella propria umanità, al di fuori del loro ruolo puramente religioso e possono per questo risultare presso un pubblico giovane maggiormente incarnati e credibili. Come abbiamo detto, i monaci sono in generale meno visibili nella società moderna: Facebook può mostrarli nella loro vita quotidiana e forse ridurre il divario di comprensione che può esistere fra essi e la società. In generale, i monaci e le monache si presentano su Facebook secondo la loro identità religiosa, in- Un pericolo per i monaci? Ma tale presenza monastica su Facebook non è esente da interrogativi. Quando, nei vari profili dei monaci austriaci, si osservano le loro foto al cinema, mentre giocano a calcio o fanno il bagno in costume nel Mar Morto, ci si può chiedere cosa vadano cercando su queste reti sociali. I sociologi, studiando questi media, hanno evidenziato che utilizza maggiormente Facebook chi è più alla ricerca di autostima.9 Quando i monaci mostrano le proprie attività su Facebook, stanno cercando un riconoscimento al di fuori della propria comunità? Si attendono da parte della società secolarizzata, a seconda di come essa approverà le loro foto e il loro stato di vita («mi piace»), una giustificazione della propria identità di monaci? Allo stesso modo, H.-T. Grace Chou ha mostrato come le persone più attive su Facebook siano quelle più propense a credere che la vita degli altri sia migliore della propria. In effetti spesso si esibirà sulle reti sociali quanto si ha di positivo, talvolta davvero per dimostrare agli altri di essere capaci di qualcosa di meglio. Ciò vale anche per i monaci, nei confronti dei loro «amici» laici? O inversamente, affermando su Internet la propria soddisfazione di essere religiosi, come una 1 Ad esempio «The Virtual Church of the Blind Chihuahua». Riguardo alle religioni virtuali, cf. M.T. HOJSGAARD, «Cyber-religion: on the cutting edge between the virtual and the real», in M. HØJSGAARD, M. WARBURG (a cura), Religion and Cyberspace, Routledge, London 2005. 2 M. WEBER, Sociologie des religions, traduzione di Jean-Pierre Grossein, Gallimard, Paris 1996, 194. 3 B. ZORZI, «La vita monastica a 40 anni dal Concilio. Valutando il post-concilio: istanze accolte e disattese, sfide e prospettive (di “genere”)», in E. LOPEZ-TELLO GARCÌA, B.S. ZORZI (a cura di), Church, society and monasticism, Studia Anselmiana, Roma 2009, 368. 4 Monastero benedettino in Bassa Austria/Niederösterreich. 5 Tamié è un’abbazia trappista maschile in Savoia, Francia. Queste cifre, generate automaticamente dal sito, riguardano l’anno 2008 e mi sono state fornite dal religioso responsabile del sito. 6 BENEDETTO XVI, messaggio Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale per la XLV Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24.1.2011. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 suora tedesca che afferma di essere «una felicissima suora del Carmelo», ci si attende che ciò abbia un effetto sulle persone laiche che potrebbero essere portate ad ammirare la vita monastica? La maniera in cui i monaci e le monache rappresentano la propria vita monastica sulle reti sociali stimola dunque l’interrogativo riguardo a che cosa vi ricerchino, come giustificazione esteriore alla vita religiosa. In conclusione, la maggior parte dei monasteri non è dunque assente dal mondo della rete, senza però dimenticare le piccole comunità femminili, sempre più anziane, che perdono ulteriormente dinamismo e visibilità a confronto delle altre in ragione dell’assenza dal web. Tutti questi fattori insieme rischiano di rendere ancora più difficile la loro sopravvivenza. Il mondo della rete, per la sua infinita diversità, comporta inoltre un senso di incertezza riguardo all’autenticità di ciò che vi si può trovare. Il mio obiettivo era focalizzato sulla presenza dei monasteri reali sul web, ma non tutte le presenze che si dichiarano «monastiche» promanano necessariamente da un monastero istituzionale, e può essere talvolta difficile per gli internauti distinguere l’autenticità del messaggio. Ricercando monasteri virtuali sul web, ci si può in realtà imbattere in siti creati da laici che si richiamano alla spiritualità monastica. Nel «monastero virtuale»,10 ad esempio, si afferma che «il sito è di proprietà di tutti gli uomini di buona volontà». L’esplorazione del web religioso dunque richiede sempre di vigilare sull’origine dei siti, naturalmente a seconda di ciò che vi si sta cercando. Isabelle Jonveaux 7 J. PELZER, «Implizit religiös, Soziale Netzwerke und ihre Rolle für die kirchliche Kommunikation», in Communicatio Socialis 45(2012), 32. 8 M. RUNGE, «Kleines Plädoyer für Facebook. Begegnungen mit der Popkultur (2)», in Erbe und Auftrag 87(2011) 2, 217. 9 C. CHRISTOPHE, «Narcissism on Facebook: Self-promotional and anti-social behavior», in Personality and Individual Differences 52(2012), 482-486. 10 www.monasterovirtuale.it. 669-671_art_gronchi:Layout 2 30-11-2012 11:15 Pagina 669 Te o l o g i a PSICANALISI l a parola fatta silenzio Q uanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere» – così, nella Prefazione al suo libro più noto, Ludwig Wittgenstein.1 Con il proposito di dar ascolto a questa preziosa indicazione, mi accingo a tratteggiare qualche linea intorno a quell’evento che va sotto il nome di «silenzio» – perché di accadimento si tratta. Infatti, sebbene lo si ritenga in certo senso condizione di possibilità della parola, versante dal quale essa si sporge, il silenzio è pur sempre qualcosa di cui facciamo esperienza, almeno come sospensione della parola, e perciò succede, avviene, quindi è evento. Per tale ragione, del silenzio si può parlare. Dal momento che ne fa esperienza, ognuno, a suo modo, ne sa qualcosa. La tradizione cristiana, nella sua antica radice ebraica, attribuisce un valore preminente alla parola, per la quale il Dio d’Israele crea l’universo e lo sostiene. Persino al suo vertice, come nuovo inizio, il cristianesimo considera Gesù di Nazaret la Parola primigenia (Logos, Verbo) che «carne si fece» (cf. Gv 1,14: «Logos sarx egheneto»). Tuttavia, il culmine della vicenda storica di quest’uomo venuto da Dio si consuma nel silenzio della morte, quando la sua voce vibrante è soffocata dall’ultimo grido. Da qui ha inizio la storia della fede cristiana, dal silenzio del Crocifisso. In questo breve intervento, mi soffermerò su alcuni nodi che il pensiero credente ha visto stringersi intorno al legame tra silenzio e parola, ovvero tra due eventi nei quali s’inscrive l’eventuale relazione tra l’uomo e il Dio di Gesù Cristo. Evidentemente, il discorso si svolge a due livelli in- Riprendendo i significati di trascendenza e incar nazione nel pensiero cristiano terconnessi: quello antropologico e quello teologico – con qualche cauto rimando alla psicoanalisi, con la speranza di entrare in dialogo. La parola non dice tut to Già in occasione del proficuo incontro col presidente dell’International Psychoanalytical Association, il dott. Stefano Bolognini (nell’ottobre 2011, alla Scuola Normale di Pisa) − a proposito del suo libro Lo Zen e l’arte di non sapere cosa dire (2010) −, ebbi modo di evidenziare il nesso tra potenza e fragilità della parola.2 Pur ammettendo l’importanza della capacità trasformante e vitale della parola, vi è anche un’altra dimensione, altrettanto essenziale, che appartiene alla prassi analitica e all’esperienza religiosa: si tratta della fragilità e inadeguatezza della parola rispetto alle cose, alle persone, al mistero di Dio. Proseguendo la riflessione, ci chiediamo se non si debba altrettanto valutare la potenza e la fragilità del silenzio. Appartiene a un pensiero corrente l’idea che il silenzio stia alla parola come l’ombra alla luce, ovvero come il suo rovescio, il lato oscuro di ciò che merita maggior apprezzamento. Tuttavia, l’esperienza rivela tutta l’ambiguità di tale luogo comune: il silenzio è doloroso quando è assenza, distacco, lontananza; come la tenebra, quando è disorientamento, cecità, buio profondo. Non così, quando il silenzio è pausa, riposo, ascolto; come quando l’ombra è frescura, riparo, refrigerio. Questa semplice osservazione può risultare utile se consideriamo la cultura odierna, in cui noi, nipoti dell’età dei Lumi, siamo persuasi che il nitore dei pensieri e la chiarezza delle parole valgano più del chiaroscuro, dell’insicurezza, dell’incertezza. Quella della luce, come pretesa assoluta della ragione onnipotente, diviene persino metafora tragica, talvolta sorgente di violenza, come attestano le grandi narrazioni ideologiche del Novecento. Eppure anche il sogno solare della ragione va incontro alla sua crisi, si estenua nella liquefazione, svanisce nell’inconcludente incomunicabilità (nonostante l’imperio dei media – la «mediumcrazia»). Mentre a questa deriva rischia di approdare la cultura odierna, la fede cristiana, da parte sua, ha imparato a mantenere la polarità tra parola e silenzio, all’interno della propria variegata tradizione di esperienza e di pensiero. Predicazione pubblica e vita claustrale, infatti, rappresentano le forme materiali della loro compossibilità, laddove si proclama il Verbo ad alta voce su tutta la terra e, d’altra parte, lo si ascolta in solitudine e in silenzio fuori dal mondo. A livello di riflessione, poi, convivono teologia catafatica e teologia apofatica: il mistero di Dio è in qualche misura percepibile e comunicabile, pur restando al tempo stesso inafferrabile e indicibile. In quest’ultimo senso, il credente sosta nell’epoché, ascolta il silenzio, si lascia penetrare da un raggio di tenebra. La consapevolezza espressa nell’adagio «Inter Creatorem et creaturam non potest similitudo notari, quin inter eos maior sit dissimilitudo»3 mette in guardia il pensiero cristiano dinanzi alla stessa pretesa di dire Dio in modo esaustivo. Lo stesso Tommaso d’Aquino ne era consapevole, affermando che: «Actus autem credentis non terminatur ad enuntiabile sed ad rem».4 In definitiva, come ricordava acu- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 669 669-671_art_gronchi:Layout 2 30-11-2012 11:16 tamente Nicolò Cusano, quella della fede è una «dotta ignoranza» del Deus absconditus.5 Paradossalmente, mentre si crede che Dio parli, si deve prender atto che nessuno ne ode la voce; egli rimane silenzioso sia per chi crede sia per chi non crede. Anzi, chi crede, ritiene di poter udire la sua Parola, ma più che nella solitaria percezione interiore, nella storia di Gesù di Nazaret. Perciò, questa parola abbreviata (il Verbum abbreviatum della tradizione medioevale) erompe dal silenzio e al silenzio ritorna, secondo quanto insegna Giovanni della Croce: «Il Padre pronunciò una parola, che fu suo Figlio e sempre la ripete in un eterno silenzio; perciò in silenzio essa deve essere ascoltata dall’anima».6 Certezza storica della parola divina umanizzata e incertezza della sua percezione e comprensione convivono. Nonostante possa apparire singolare, l’esperienza della fede cristiana custodisce nel suo patrimonio genetico il codice dell’esitazione, da cui procedono l’affidamento, la fiducia e, in definitiva, il credere stesso. Nondimeno, le esperienze religiose altre da quella cristiana sembrano abitare continenti affini, dal momento che la muta inaccessibilità del divino viene interrotta dai mediatori profetici − nelle tradizioni monoteistiche di radice abramitica (ebraismo, cristianesimo, islam) −, o penetrata dall’esperienza mistica dell’indistinzione cosmoteandrica – nelle religioni orientali (induismo, buddhismo, taoismo). All’interno di queste due prospettive, potremmo anche riferirci a una distinzione sul modo d’intendere il silenzio. Mentre per le religioni monoteistiche abramitiche «tacere» significa zittirsi in ascolto del divino che si rivela; in quelle mistiche asiatiche «silere» vale ad accostarsi alla realtà ultima partecipando dell’ineffabile. In certo senso, sulla soglia del silenzio, le religioni sembrano sostare insieme – e forse proprio su tale soglia trovano posto anche i non credenti. Dunque, sia che il mistero trascendente di Dio faccia spazio alla parola dei suoi interpreti, sia che si aspiri a raggiungerlo con la meditazione zen, comunque, il divino abita il silenzio. Il silenzio di Dio, più che un’ipotesi, si configura come la condizione di possibilità del suo eventuale uscirne, data la sua certa invisibilità e assoluta alterità. Noi uomini abbiamo la parola, per noi il silenzio è sospensione del discorso; per Dio vale il rovescio: egli è silenzio, e la sua parola non potrebbe es- 670 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 670 sere altro che sorprendente interruzione di esso. Su questa linea d’orizzonte, le diverse esperienze religiose prendono forma, assumendo il rischio di ascoltare parole inaudite e di sostenere verità inconoscibili. A questo paradosso, il cristianesimo tiene fede, nel momento in cui attribuisce a Dio la libertà di parlare e di tacere, nel vivere e nel morire di Gesù di Nazaret. Nasce da qui, intorno al senso di tale evento, la questione radicale del rapporto tra parola e silenzio. La questione del senso Da lungo tempo e da più parti, si ritiene che la questione di Dio sia risposta alla questione dell’uomo, al suo desiderio d’infinito e alla sua incompiutezza. Al contrario, non è piuttosto Dio l’inquietante domanda rivolta all’uomo, proprio grazie al suo silenzio? Noi umani, parlanti, sappiamo che è il silenzio a provocare la domanda di senso. Cosa vuol dire il tuo silenzio – chiede l’astante? Il silenzio suscita la domanda in chi lo incontra. Questa potrebbe essere l’origine dell’esperienza religiosa. Il silenzio dell’Uno suscita la domanda nell’altro: perché non mi parli? Davvero esisti, se taci? O non, invece, è solo della morte e del nulla il silenzio? Mentre il silenzio dell’uomo di fronte all’uomo suscita la domanda sulla relazione, sul suo senso e su che cosa cambia in essa, il silenzio di Dio di fronte all’uomo provoca la domanda sulla possibilità della relazione, se davvero possa darsi, o non piuttosto sia semplice desiderio, proiezione, illusione. Se consideriamo una tra le più spinose questioni religiose, ovvero la realtà del dolore umano, questa ipotesi diviene più chiara. Il Dio che si crede buono e amante dell’uomo risulta incomprensibile per la sua inazione di fronte al male – né vale come spiegazione sufficiente la ricerca di qualsivoglia colpevole. Dinanzi all’esistenza del dolore non ci sono parole utili di Dio, finché non sarà lui a parlare; anzi, meglio sarà il suo tacere di una spiegazione inaccettabile. Ed è proprio intorno a questo nodo cruciale che per la fede cristiana si dischiude la questione del senso, tra parola e silenzio. Guardando al crocifisso Gesù di Nazaret, il silenzio tra Dio e l’uomo si fa persino silenzio tra Dio e il suo Figlio. Si tratta dell’indifferente sottrazione di un «padrone assenteista», o dell’attento ascolto empatico di colui che accetta d’immergersi nel più profondo abisso umano, ri- nunciando alla replica? Il silenzio in Dio attesta la sua «assenza» o non piuttosto la sua «essenza»? Potrebbe avere un senso la risposta di Dio al dolore come silenziosa e amorevole compagnia, nella speranza di attraversare insieme la notte? Per i cristiani, è qui in atto l’effettiva decostruzione dell’immagine potente del Dio della parola creatrice. Attraverso l’inaudita onnipotenza dell’amore, che liberamente trasforma la cattura in offerta, la distanza in empatia, la distruzione in comunione, si compie un evento generativo: dal silenzio della morte germoglia una parola di vita nuova. Assumendo questa prospettiva complessa, non risolutiva, in attesa della risposta sempre sfuggente alla domanda di Dio, il credente diviene così capace di abitare umilmente l’incerto spazio del mistero, sostenuto da un pensiero che potremmo definire «crocifisso», la cui cifra è il silenzio. Se al centro della fede cristiana si staglia il Logos crocifisso, la Parola fatta silenzio, proclamata come speranza di vita, ciò significa che la duplice immagine di Dio, cara alla tradizione ebraico-cristiana, viene mantenuta. Silente trascendenza e verbale incarnazione permettono, al contempo, di tacère e silère; di porsi la mano alla bocca come Giobbe (cf. Gb 40,4), per sostare in un silenzio non vuoto, ma abitato da una presenza – non più davanti a «quell’orientale avido di onori e di incensi nella sua sede celeste» (F. Nietzsche), ma al cospetto del fragile amore crocifisso. Il silenzio può essere così pensato come condizione di possibilità, e parimenti esito, della forma empatica della relazione, in cui si offre spazio all’altro, in ragione della reciproca libertà. La penombra e il balbet tio Con questo rapido sguardo sul silenzio, si è voluto evidenziarne il carattere integrativo rispetto alla parola, senza voler celebrare primati, ma solo annotandone la complementarietà, e persino l’ambivalenza. Da un lato, c’è un modo di tacere, compiacente di se stesso, superbo, offensivo, e, dall’altro, c’è un silenzio che ha il potere di chiarificare, di purificare, di concentrarci su ciò che è essenziale. Il nucleo incandescente dell’esperienza cristiana − l’evento pasquale di Gesù di Nazaret − ha l’umile pretesa di lasciar brillare quella scintilla di silenzio, grazie alla quale si diparte l’avventuroso incedere del credente, nel chiaroscuro della fede. 669-671_art_gronchi:Layout 2 30-11-2012 11:16 Pagina 671 Italia Architettura sacra Come la terapia analitica conosce e apprezza la discreta pazienza di attendere, senza pretendere di saper subito che cosa dire, parimenti l’esperienza credente non può rinunciare alla sospensione propria della fede, a quello iato che avviene tra il parlare e il tacere, tra la luce e l’ombra, tra persona e persona, tra il Crocifisso e il Padre, tra l’uomo e Dio. Tale epoché, anziché significare il vuoto, costituisce spazio di libertà, che permette alle relazioni di formarsi e di trasformarsi, il cui esito riuscito potrà riconoscersi come pura grazia. Il che vuol dire vivere ogni relazione − tra cui anche la più pericolosa, quella con Dio − tra penombra e balbettìo, poiché stare da una parte sola è sempre troppo poco. Probabilmente, in quest’alveo è possibile comprendere la sopravvivenza di potenza e fragilità del silenzio, come della parola. In definitiva, a ben guardare, molte cose, nella vita − tra cui le relazioni −, si trasformano in silenzio, e ad esso sono provvidenzialmente debitrici. «In natura: non si sentono i fiumi scavare il loro letto o i venti abradere le cime dei monti, ma sono loro ad aver disegnato poco a poco il rilievo che abbiamo sotto gli occhi e a formare il paesaggio. (…) Allo stesso modo non ci accorgiamo che i nostri figli crescono; o noi stessi non ci accorgiamo d’invecchiare. (…) Quello che avremmo un tempo creduto impossibile, o che non avremmo mai potuto immaginare, è infine così ben risultato da questo svolgimento silenzioso che alla fine non ci sembra neppure più il caso di opporci a esso o anche soltanto sorprendercene».7 Maurizio Gronchi* * Maurizio Gronchi, che insegna alla Pontificia università urbaniana, ha tenuto la presente riflessione nel corso del Seminario psicanalitico 2012 (Firenze, 6.10.2012) dedicato a: «Il silenzio in psicanalisi». 1 L. WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus, Prefazione (Vienna 1918), Einaudi, Milano 1984, 3. 2 Cf. M. GRONCHI, «Interrogando la psicoanalisi. Come cambia il mondo interno quando si trasforma quello esterno», in Regno-att. 20,2011,695ss. 3 CONCILIO LATERANENSE IV, c. II. De errore abbatis Ioachim, in Denz 806. 4 TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae II-II, q. 1, a. 2, ad 2. 5 Cf. N. CUSANO, La dotta ignoranza. Le congetture, a cura di G. Santinello, Rusconi, Milano 1988. 6 GIOVANNI DELLA CROCE, Parole di luce e d’amore. Sentenze, 21, in ID., Opere, a cura di Ferdinando di S. Maria, Postulazione dei Carmelitani Scalzi, Roma ³1975, 1095. 7 F. JULLIEN, «Ogni cosa si trasforma in silenzio», in Il Sole 24 Ore 6.5.2012, 32. Sulle chiese del Concilio A 50 anni di distanza dal concilio Vaticano II è possibile fare un’analisi di quanto in campo architettonico è stato fatto fino ad oggi, per capire in che maniera il rinnovamento proposto dal Concilio sia stato interpretato e quali proposte potranno essere sviluppate per l’immediato futuro. Una riflessione sul Concilio e sui contenuti delle costituzioni dogmatiche, soprattutto in riferimento ai due temi cardine dell’ecclesiologia e dell’escatologia, risulta, infatti, essere il migliore punto di partenza per comprendere quale modalità di presenza l’edificio ecclesiale possa proporre nella realtà odierna, in un momento storico di profondi mutamenti sociali, fisici ed economici. Considerando che parlare di identità dell’edificio liturgico ecclesiale significa fare diretto riferimento alla necessità che la comunità cristiana ha di riconoscersi nelle forme fisiche dell’architettura, il quesito su quali siano le modalità che permettono alla Chiesa di esprimersi in forme materiche identitarie, contemporanee e accessibili, è una delle problematiche che costituiscono la base che accomuna i temi proposti per gli appuntamenti annuali del neonato Osservatorio sull’architettura sacra. Nella tendenza individualistica della cultura contemporanea e nell’accento posto sulle identità effimere del consumo e del virtuale, è essenziale che venga fatta una seria riflessione capace di cogliere le potenzialità e le proposte che la Chiesa può fare per manifestare la sua presenza nel mondo. Gli appuntamenti dell’Osservatorio intendono, quindi, affrontare da varie angolature la realtà dell’edifico ecclesiale nel contemporaneo, chiedendosi quali siano le possibilità di coniugare le espressioni locali all’interno di un panorama di riferimento universale e quali siano le forme idonee a presentare la chiesa come un luogo attraente senza scadere nella figura di facile consumo. Come l’edificio ecclesiale può essere disponibile e accogliente manifestando un’idea chiara di comunità e non un’immagine ecclesiale confusa e compromessa da un non ponderato desiderio di «modernità»? La liturgia è la principale azione della Chiesa e la motivazione prima dell’edificio ecclesiale, ma quali sono i mezzi e le modalità idonee perché quest’ultimo possa essere pienamente rispondente alle attese della comunità che celebra, ma sia anche capace di trasferire i contenuti profondi dell’azione rituale nelle forme materiche perché queste possano testimoniare le verità rivelate anche nei momenti in cui non è più in atto la celebrazione liturgica? Come la chiesa edificio si deve manifestare alla e nella città? La Chiesa e la cit tà Il primo incontro dell’Osservatorio si è tenuto a Bologna il 5 ottobre e ha avuto come oggetto di discussione: «La Chiesa e la sua presenza nella città». Configurato come un seminario a inviti, l’Osservatorio ha raccolto attorno al tema 35 persone, liturgisti, teologi e architetti, che si interessano dell’edificio ecclesiale a livello di ricerca scientifica. In merito all’argomento trattato è risultata evidente la marginalità attuale dell’edificio liturgico rispetto al contesto culturale e urbano della contemporaneità. Se un tempo la chiesa era considerata un punto di centralità e di riferimento nel paesaggio urbano, nel XX secolo l’interpretazione di una comunità cristiana presente in maniera discreta all’interno della società, ha modificato la modalità con la quale l’edificio ecclesiale si manifesta alla città. Diverse le posizioni espresse nell’ambito del seminario: da quelle tendenti a ribadire l’opportunità di una presenza cristiana poco visibile e lontana da volontà di egemonia, a quelle tendenti a una proposta di una più marcata visibilità della chiesa rispetto al panorama urbano delle città. Nell’ambito del seminario non sono state tratte conclusioni, ma sono state espressi pareri e punti di vista che probabilmente necessiteranno di ulteriori approfondimenti, incontri e ricerche, anche se la pubblicazione degli atti del primo incontro dell’Osservatorio poterà inevitabilmente a tracciare qualche considerazione generale. Tra gli intervenuti è emerso unanime il desiderio di continuare il confronto interdisciplinare proposto, rilevando come sia indispensabile lavorare in maniera congiunta allo sviluppo di una ricerca che ha condotto e accompagnato la riflessione architettonica in merito all’architettura sacra, dalle fasi pre-conciliari fino ad oggi. Claudia Manenti IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 671 672-673_art_barzano:Layout 2 30-11-2012 11:18 Pagina 672 Santuari e religione popolare I TA L I A i nuovi pellegrini Classe media, prevalenza dei sensi Q uali le conclusioni al Convegno sulla religione popolare svoltosi il 19 e 20 ottobre 2012 presso la basilica del Santo di Padova, con la partecipazione di sociologi e semiologi italiani e stranieri? La prima è sicuramente l’attualità della religiosità popolare quale ripresentazione, trasformazione, quasi IRIDE CONFICONI Preghiere a Maria Liberamente ispirate agli scritti di don Tonino Bello R iflettere su Maria è confrontarsi con una donna di 2000 anni fa e che si è fatta carico di realtà non così distanti da quella di molti contemporanei. Rivolgendosi alla Madre di Dio in modo spontaneo e diretto, l’autrice propone oltre 50 preghiere, originate dalle meditazioni di don Tonino Bello, per sentire Maria accanto nel quotidiano. «PREGHIERA VIVA» pp. 80 a due colori - € 3,80 www.dehoniane.it Via Nosadella, 6 40123 Bologna Tel. 051 4290011 Fax 051 4290099 un avatar o rinascita della religione di sempre. La seconda è la crescente presenza di pellegrini appartenenti alle classi medie ed elevate e al mondo giovanile, oltre che al mondo dei non credenti e dei credenti a religioni non cristiane. Infine, ciò che il convegno ha definito come «la generatività culturale e spirituale dei santuari». Si è trattato di orientamenti che non hanno fatto riferimento alle precedenti concezioni della religione popolare quale residuo del passato o forma pittoresca del religioso inautentico; e nemmeno, come direbbe Gramsci, solamente peculiare delle classi subalterne. At tualità della religione popolare Oltre le molte discussioni circa la scomparsa della religione nelle società moderne e il suo ritorno, la religione popolare è sempre rimasta salda e viva. Il detto di Galileo «eppur si muove» si sarebbe dovuto applicare anche alla religione popolare negli anni in cui si preconizzava l’eclissi del sacro. La religione popolare è sopravvissuta anche nei decenni nei quali maggiore è stato il primato accordato all’espressione intellettuale della fede professata e vissuta nella militanza storica. È sopravvissuta in una sorta di clandestinità, fuori dai sistemi teologici della razionalità e della tecnica annuncianti il trionfo della scienza e della laicità. E oggi, nella metamorfosi delle strutture materiali e simboliche delle società post-secolari, la religione popolare ritorna suggestiva per molteplici ragioni. Nella ricerca presentata durante il 672 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 convegno sui pellegrini alla basilica di Sant’Antonio a Padova, l’attualità della religione popolare emerge nella trasversalità sociale, culturale, anagrafica e anche religiosa dei pellegrini.1 I nuovi pellegrini sono giovani, adulti e anziani, donne e uomini con diversi livelli di istruzione, italiani e stranieri, cattolici praticanti e non praticanti, e, di recente, anche cristiani e non cristiani. Questa trasversalità dei pellegrini contrasta con l’idea della religione popolare propria solo delle classi con limitata cultura e sensibilità. È sulla base di questi dati che si comprende la grande varietà delle motivazioni che spingono i pellegrini alla devozione a sant’Antonio. Le pratiche del pellegrinaggio sono orientate in primo luogo alla protezione del singolo pellegrino e delle persone vicine, e inoltre ai problemi di salute, di lavoro e di rapporti con gli altri. Sono problemi presenti o che si teme possano porsi in futuro. La fonte della rassicurazione, nel caso di questa ricerca, è la figura di sant’Antonio, al quale il devoto si sente legato emotivamente e con il quale mantiene relazioni di ricordo, di lode, di riconoscenza con preghiere, visite e offerte. Tale legame si rafforza nelle situazioni di maggior rischio esistenziale. Tra i pellegrini ci sono sia quelli che partecipano per chiedere una grazia sia quelli che, avendola già ricevuta, sentono il bisogno di esprimere riconoscenza e rinsaldare il legame, la fiducia e la speranza di aiuti futuri. Dai dati presentati nella ricerca risulta che le motivazioni di aiuto e protezione sono il 47,9%, quelle di ringraziamento il 25,2%, quelle di devozione e attacca- 672-673_art_barzano:Layout 2 30-11-2012 mento il 22%, quelle di partecipazione casuale il 4,9%. Nella logica di queste motivazioni e delle pratiche conseguenti sta il rapporto tra il dono richiesto al Santo (la grazia) e il dono offerto dal devoto al Santo. Si tratta di un rapporto di scambio: il pellegrino presenta la sua richiesta e offre preghiere, promesse, ceri, fiori, ex voto, offerte in denaro. In questo rapporto di scambio, e nelle sue varie funzioni materiali di «rifare l’ordine» in una situazione di rischio esistenziale, non sono da rilevare unicamente le forme di preghiera tradizionale. Altre ricerche sui pellegrini ai grandi santuari terapeutici quali Fatima e Lourdes hanno evidenziato che la grazia ricevuta sta sia nella risoluzione del problema, sia nella forza ottenuta nell’affrontare e accettare la situazione di rischio. Non quindi l’uomo primitivo che attendeva la pioggia dopo aver eseguito il rituale previsto, ma l’uomo che ricerca con le sue pratiche la forza morale per affrontare e accettare il suo avvenire. Il diverso profilo del pellegrino La seconda conclusione è la maggiore presenza nei santuari di pellegrini della middle class piuttosto che della working class. L’indagine citata smentisce tutti i luoghi comuni sulla devozione popolare, quale religione di anziani, poco scolarizzati e a basso reddito. Non è più il popolo degli strati inferiori, ma è la società intera che, seppur in forme, tempi e modalità diverse partecipa alla vita dei santuari. Il profilo demografico vede individui di ogni età, genere, cultura e condizione socio-professionale. Anche il profilo religioso richiama la tipologia che si ritrova nelle altre ricerche di sociologia della religione in generale: credenti praticanti, credenti saltuari, credenti «a modo loro». La religione popolare rimane una religione dei sensi. Trascorrere un giorno in un santuario per osservare i pellegrini durante i riti individuali e collettivi conferma un ulteriore elemento. Non si tratta di una religione intellettuale, ma di una religione dei sensi. Tutte le pratiche della religione popolare hanno un forte riferimento ai sensi: il profumo degli incensi e della cera delle candele; mani che toccano i marmi, le balaustre e i reliquiari; i canti, il suono dell’organo e il 11:18 Pagina 673 sottofondo delle preghiere bisbigliate dai pellegrini; il pellegrino in piedi o in ginocchio, le mani alzate o giunte, il capo appoggiato al grande reliquiario che custodisce il corpo del Santo. Tutto nella religione popolare è per l’homo videns che guarda, contempla, si immerge nei diversi spazi della penombra, dei colori soffusi o della piena luce. Tutto si offre al pellegrino perché egli lo faccia suo, se ne appropri nei modi e forme che maggiormente lo emozionano. Per tutto ciò il pellegrino è contrario a quanto ridimensiona la prevalenza dei sensi; per questo è contrario alle candele elettriche che, pur conservando il simbolo della luce, sottraggono l’odore della cera che brucia e il calore della fiamma. Accendere meccanicamente con una moneta una candela che simula la fiamma, non produce l’emozione che si prova nell’accendere personalmente un cero dopo averlo scelto tra molti e averlo deposto nel luogo voluto davanti alla statua del santo o nel posto significativo per la propria devozione. Alla candela elettrica manca tutto ciò, oltre che il profumo della cera, la fiammella che si muove a ogni soffio, il fumo della cera che si brucia. Nel mondo dei simboli al quale appartengono anche i ceri, nulla è insignificante, soprattutto nelle cose minime. La religione popolare ha sempre seguito il principio secondo cui gli uomini conoscono l’invisibile attraverso il sensibile e il senso si imprime nelle pratiche corporali che risultano esse stesse di natura discorsiva. Ma la permanenza della materialità delle pratiche rituali non presuppone che nel tempo non si trasformi anche il loro significato. Come cambiano i santuari Introducendo il concetto di generatività dei beni della religione popolare, ci si chiede: in quali modi la religione popolare contribuisce a promuovere anche comunità e territori? È infatti di evidenza che valorizzare un antico santuario alpino, un’abbazia romanica, un santo popolare, un sacro monte, una croce campestre contribuisce a rigenerare un’intera vallata e anche a rilanciare l’economia di una comunità. Che cosa può ridare oggi nuovo fascino, valore e significato a questo grande patrimonio religioso? Non sono sufficienti le buone intenzioni per avere successo. Si tratta di un processo di valorizzazione che richiede modalità e capacità che non tutti hanno. A tal proposito, si direbbe che i beni della religione popolare attivano le loro risorse spirituali e anche economiche solo a condizione che la religione popolare sappia continuare a svolgere la sua propria e peculiare capacità sia di invenzione della vita quotidiana, sia di produzione di meta-narrazioni. L’in-venire della religione popolare – cioè tutto ciò che essa sa produrre e offrire al devoto – rappresenta una grande trasformazione, poiché essa, anziché critica del razionalismo e del funzionalismo, è la riscoperta e la pratica del «senso comune», cioè la koinè aistesis di cui parlava la tradizione greca che rinvia a tutti i sensi e al senso di tutti. La religione popolare è l’esperienza del mondo religioso in forma personale e collettiva, emotiva e intuitiva, creativa e orizzontale. L’invenzione della religione popolare è la religione che sa «essere all’altezza del quotidiano», come direbbe Max Weber. In due celebri conferenze il sociologo tedesco parlava della politica e della scienza che avrebbero dovuto «essere all’altezza del quotidiano» – cioè di ciò che sta in basso – del vivere insieme, dell’orizzontalità fraterna, dell’uomo in relazione con il gruppo, la natura, il sacro. La questione dell’invenzione della religione popolare richiama quella della generatività spirituale e culturale dei luoghi sacri, delle secolari tradizioni, dei grandi simboli, delle millenarie memorie dei santi, dei misteriosi reliquiari e delle stesse moltitudini di pellegrini post-moderni. Anche la costruzione di una metanarrazione attorno a un santo, a un santuario, a un miracolo – nonostante le tante dichiarazioni di scomparsa di tutte le meta-narrazioni – lo arricchisce di fascino e valore. Il plus-significato di un bene culturale e religioso dipende dalla cornice simbolica, estetica, mitica che gli si costruisce attorno. Luigi Berzano* * Luigi Berzano è professore ordinario all’Università degli studi di Torino, coordinatore nazionale dell’Associazione italiana di sociologia (AIS), sezione Sociologia della religione. Contatti: [email protected]. 1 A. CASTEGNARO, U. SARTORIO, Toccare il divino, Messaggero, Padova 2012. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 673 674_P:Layout 2 30-11-2012 11:18 Pagina 662 Bibbia per la formazione cristiana NUOVA EDIZIONE «BIBBIA E TESTI BIBLICI» pp. 2020 - € 33,00 U no strumento per leggere e capire la Sacra Scrittura utile a chi la conosce, indispensabile a chi vi si avvicina per la prima volta. Un percorso agile e immediato per la sintesi e la ‘semplificazione’ dei contenuti, la riflessione e lo studio, l’approfondimento e la preghiera. 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Illich commemora qui, a sua volta, la figura di un sacerdote cattolico, Robert Fox, l’uomo con cui nel 1967 compose quell’Invito a celebrare, rivolto ai giovani manifestanti in marcia verso il Pentagono, che in seguito egli mise a capo del suo primo volume di saggi (Celebration of awareness, 1970) e in certo modo a insegna di tutta la produzione successiva. I concetti (e le pratiche) di «consapevolezza» e di «celebrazione», centrali per l’intelligenza della vita umana alla luce dell’incarnazione in Illich, sono da lui restituiti qui a un’ispirazione da parte dell’amico, entro una vicenda di condivisioni e sovrapposizioni delle rispettive esperienze però, che consente all’autore di ripetere, anche, le ragioni della propria fede cristiana, e con esse i motivi di fondo della sua radicale critica della modernità. La presente Testimonianza, occorrenza di un genere letterario senz’altri riscontri nella scrittura di Illich, e nondimeno ignorata da tutte le bibliografie della sua opera, è apparsa originariamente in BEA MCMAHON (a cura di), Fox-Sight. Telling the Vision of Robert J. Fox, Our Sunday Visitor, Huntington (Indiana) 1989, col titolo «Commentary» (pp. 154-160); il copyright è di Valentina Borremans, che ringraziamo per l’autorizzazione a riprodurre il testo; la traduzione e le note d’accompagnamento sono di Fabio Milana, come pure i due riquadri biografici. Cara suor Bea, mi hai chiesto di scrivere un contributo per un libro in memoria del nostro amico Bob. Scrivendo di un uomo scomparso di recente, contravverrò a una regola che ho fin qui osservato rigorosamente per lo meno dal giorno in cui ho ascoltato la mia prima confessione. Ho deciso di trasgredirla ora: per ringraziare Bob di un’intuizione che egli mi ha concesso di condividere con lui il giorno del nostro primo colloquio, e per IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 675 675-680_LIBRI_R181-186:Layout 2 L 30-11-2012 11:19 Pagina CLXXXII ibri del mese Robert J. Fox (1930-1984) O rdinato nel 1955, dopo gli studi a Washington e Ponce lavorò per alcuni anni con le charities cattoliche dell’arcidiocesi di New York; nel 1963 divenne responsabile dell’apostolato per un milione e mezzo di ispanici della stessa arcidiocesi. Summer in the city fu la prima e la più nota delle attività che in tale veste egli ispirò, a partire dal 1964, in alcune parrocchie del Lower East Side, area storicamente interessata da tutte le successive ondate migratorie. Due anni più tardi l’iniziativa era diventata aconfessionale, era finanziata dalla municipalità di NYC e coinvolgeva tutte le zone popolari di Manhattan e del Bronx. Da questo ciclo di feste quotidiane, in cui artisti, suore, studenti si univano alle popolazioni di quartiere per toglierle dalla paura e dall’isolamento, liberarne le energie creative e la capacità di autodeterminazione, nacquero una quarantina di centri stabili con attività rivolte ai più giovani e da essi orientate. Da uno di questi centri, nell’estate 1967, quando le tensioni interraziali erano al loro apice in gran parte del paese, partì la processione di fiaccole, bandiere, fiori per i poliziotti, che restituì New York ai suoi cittadini. Nella primavera successiva, Thing in the Spring portò diecimila abitanti della inner city e dei suburbi a pulire, riparare, ridipingere edifici vuoti e fatiscenti dei loro quartieri. Mansight e più tardi Godsight erano esposizioni di immagini invitare altri a riflettere insieme a me su quel particolare genere di contemplazione del «ventre urbano» a cui mi ha condotto il suo folle esempio. Dopo gli studi accademici in Servizi sociali all’Università cattolica di Washington, don Robert Fox fu mandato dall’arcivescovo Maguire a Ponce, Puerto Rico, per passarvi l’estate a imparare lo spagnolo.1 Per questo arruolamento tardivo suor Joseph Lorraine McCormack chiese la mia approvazione. Era decana di Facoltà, aveva molte antenne, sapeva tutto, e quasi sempre la sua impressione era giusta. Ricordo ancora il suo sorriso, l’ammiccare degli occhi, la sua frase: «Sembra che sia una persona speciale». Il corso per preti e suore newyorchesi destinati al lavoro coi portoricani era condotto con un budget limitato, e in capo a una settimana fu chiaro che Fox rappresentava un problema finanziario. Dovette essergli assegnato un docente individuale, perché non si poteva integrarlo in nessun gruppo. Quando ascoltava, udiva molto di più degli altri. Ripeteva i pattern fone- 676 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 del «ventre urbano», della sua gente con le proprie attività, per incoraggiarla a vederle, appropriarsene, celebrarle. Nei primi anni Settanta Fox promosse l’acquisto e la ristrutturazione in forma cooperativa di due grandi caseggiati sulla East 102, con migliaia di volontari che si aggiungevano ai membri della cooperativa la sera, nei weekend o nei giorni di festa. Uno di loro testimoniò: «Ci è stato dato di condividere le nostre vite di poveri e marginali, di riflettere su ciò che succedeva nel nostro mondo e nelle nostre vite. Questo ci ha offerto il senso della bellezza delle persone in quanto persone». Mons. Fox fu inoltre a lungo impegnato nella National conference of catholic charities, di cui contribuì a modificare la tradizionale vocazione a offrire soltanto servizi; seguì per la diocesi di Chicago il processo di reintroduzione del diaconato permanente; svolse quotidianamente attività pastorale come assistente presso la parrocchia di St. Paul, East Harlem. Con tutto ciò, egli restava «l’uomo del faccia-a-faccia, tutto fuorchè un organizzatore», ha scritto p. Fitzpatrick: «Consapevole com’ero dell’enorme influenza di Illich su tutta quella generazione di giovani preti, trovavo in Bob qualcosa di più autenticamente newyorkese: di più radicato nel tumulto di questa città e nella sofferenza dei portoricani... qualcosa di più simile a Gesù che se ne va per le strade di East Harlem». F. M. tici con sorprendente facilità e, contrariamente ai più, non metteva mai in discussione lo spagnolo dell’insegnante né la sintassi inglese. Che ci crediate o meno, nel 1958 l’addestramento linguistico basato sulla comparazione strutturale piuttosto che sulla grammatica faceva ancora inarcare parecchi sopraccigli! Posso anche ricordare la prima volta in cui effettivamente lo incrociai. Ancora lo vedo, in compagnia della sua insegnante Carmen Olivieri, mentre scende per il sentiero fiancheggiato di ibisco che dalla biblioteca si dirige alla mensa di fortuna organizzata da Nora Duffy. Fui colpito dal modo rilassato con cui si sforzava di catturare l’intonazione portoricana della sua insegnante. Ebbi fiducia in lui prima ancora che scambiassimo due parole. Dio, nell’immondizia Deve essere stato un tre settimane più tardi che gli diedi un passaggio per San Juan, di là dalle montagne. René Voillaume era stato con me qualche giorno, e ora lo riaccompagnavo all’ae- roporto. Padre Voillaume è il fondatore, e a quel tempo era il priore, dei Piccoli fratelli di Gesù: contemplativi che in gruppi di due o tre vanno a stare nei peggiori slum, guadagnandosi da vivere tra i più poveri e dedicando lunghe ore all’adorazione silenziosa. Una presenza semplice, senza pretese, è il solo scopo della vita di un religioso del genere. Mentre passavamo attraverso St. Isabel, Voillaume espresse la sua perplessità per il fatto che non un solo nordamericano avesse fin lì trovato la sua strada dentro la Fraternità. Azzardò per questo la seguente spiegazione: che negli USA la povertà, come condizione permanente, non poteva essere capita. Quanti cercavano la povertà, finivano ogni volta per scoprire una condizione che si poteva alleviare, e mai uno stato in cui entrare una volta per tutte. Dal sedile posteriore dell’automobile, dopo un lungo silenzio, con la sua voce ferma e dolce Fox replicò: «Quando c’è così tanto benessere in giro, non devi cercare la povertà, puoi trovarla ovunque».2 CLXXXII 675-680_LIBRI_R181-186:Layout 2 30-11-2012 Sulla strada dall’aeroporto a San Juan, Bob e io ci fermammo per un piatto di riso e fagioli. Parlammo dello sforzo del governo dell’isola per finanziare degli orfanotrofi, sforzo che io consideravo fuorviante. Per secoli i portoricani avevano tradizionalmente accettato come dono del cielo (hijos de crianza) quanti erano rimasti senza tetto per una ragione o per l’altra, uragani o migrazioni che fossero. Fox era il primo assistente sociale laureato con cui parlassi di persona. Quando gli chiesi che cosa aveva studiato a Washington, rimase di nuovo in silenzio. Dopo un po’ rispose qualcosa del tipo: «Ho capito come vengono prodotti gli orfani». In quel suo modo dimesso, di fatto, già allora egli dava per scontato ciò che un coro di profeti avrebbe intonato a mo’ di litania dieci anni più tardi. La sera dopo, all’omelia quotidiana che preparavo per la comunità estiva di Ponce, cercai di partecipare ad altri ciò che avevo capito grazie a Fox. Ed Burke, di Brooklyn (si trovava là come prete anziano per proteggere dall’eresia i giovani da poco ordinati), potrebbe ricordarsene ancora, giacché mi contestò. Di colpo avevo capito che il samaritano non si era andato a cercare il suo giudeo. Nemmeno aveva sentito il bisogno di diventare come lui. Aveva semplicemente riconosciuto qualcuno che era stato derubato e accoltellato, per amore del quale abbandonare la propria strada, là dove lo scriba3 e il levita avevano visto solo l’ennesima vittima, e avevano tirato dritto per i fatti loro. Parlai della scelta tra diventare un samaritano – per quanto nobile e disinteressato – e una vita vissuta con occhi incondizionatamente aperti. Da Fox ho imparato così a parlare della fede come celebrazione del nostro vedere ciò che c’è: lasciando che Dio sia chi e cosa Dio è – per lo più «immondizia», come Fox avrebbe scoperto in venticinque anni passati per le strade di New York –. Puoi scegliere, come ha fatto lui, di attraversare la tua vita con gli occhi aperti all’esperienza sconvolgente di guardare le terribili conseguenze dell’incarnazione, poco importa se ti faccia sentir meglio o peggio. Ma puoi anche fuggire ed evitare tutto ciò: CLXXXIII 11:19 Pagina CLXXXIII puoi scegliere di commiserare caritatevolmente le esperienze che ascrivi ad altri – neri, storpi, donne stressate e tormentate, tossicomani –. Fox sapeva che solo con un’amicizia e una grazia profonde è possibile «lasciare che Dio sia chi e cosa Dio è». Molto per tempo era diventato esperto della tentazione di essere «costumati a riguardo di Dio, di volere che Dio sia ciò che noi possiamo permetterci Dio sia» e... di servirlo negli orfani che noi abbiamo prodotto. Molti anni dopo, quando ci incontrammo per uno spuntino in un bar del centro, capii dai suoi occhi che aveva scelto di vivere la vita che non ci possiamo permettere. E più che mai mi edificò. Non avevo più bisogno di chiedergli come fosse riuscito, col suo coraggio, a rimanere vulnerabile. Potevo vedere ora che c’era qualcosa di verginale nel suo rifiuto di brividi e pene vicarie. Non si era mai piegato all’organizzazione di progetti, ma solo di celebrazioni. C’era in lui qualcosa del principe Myshkin, l’idiota. Una volta, uno dei nostri comuni superiori ecclesiastici, un vecchio e coraggioso uomo di preghiera, mi confessò che non riusciva proprio a capire Fox, ma solo a credere in lui. Gli consigliai caldamente di leggere le ultime pagine di un libro in cui Romano Guardini parla de L’idiota. Il rispetto che per tutta la vita ha accompagnato don Fox è una testimonianza della vitalità dell’arcidiocesi di New York altrettanto sorprendente quanto il rispetto tributato per tutta la vita a Dorothy Day.4 Al tempo del nostro primo viaggio attraverso Cayey comunque, sulla strada per portare Voillaume all’aeroporto, Fox era ancora nei suoi vent’anni, e in linguaggio cattolico corrente la povertà era qualcosa di cui nelle parrocchie si occupava la San Vincenzo e da oltremare riferivano i missionari. Le «guerre» alla pover tà In grande maggioranza gli americani si sentivano come Hoover nel 1928 «più vicini che mai nella storia di qualunque paese alla vittoria finale sulla povertà». La «nuova posizione sulla povertà» di John Galbraith, esposta nell’Affluent Society, non era ancora stata resa di pubblico dominio. Michael Har- «Summer in the City», New York 1985. rington aveva appena vinto la borsa di studio grazie a cui, quattro anni più tardi, avrebbe mostrato come la povertà insidi la società opulenta in modi singolarmene minacciosi. Era due anni prima che Kennedy, in un discorso sugli Appalachi, dichiarasse «guerra alla povertà», e parecchi anni prima che gli accademici inaugurassero il linguaggio dei livelli di povertà, delle soglie di povertà, dei programmi contro la povertà, che da allora hanno assicurato prestigio a così tante burocrazie. Anche la parola «sottosviluppo» era all’epoca una nuova arrivata: era apparsa per la prima volta sul New York Times otto anni prima, in un resoconto dell’annuncio da parte di Truman di un programma in quattro punti. Vero: lo «sviluppo» era all’epoca già in agenda; e Puerto Rico era una delle vetrine per la nuova panacea. E siccome all’epoca c’erano così grandi disponibilità finanziarie, la professione di «economista dello sviluppo» era cresciuta in mezzo decennio da zero a un establi- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 677 675-680_LIBRI_R181-186:Layout 2 L 30-11-2012 11:19 Pagina CLXXXIV ibri del mese shment. Ma la Chiesa ancora non aveva investito nello sviluppo. L’enciclica papale Populorum progressio che tentava di porre la Chiesa al servizio della crescita economica era ancora in pectore, l’idea di scimmiottare i Peace corps con dei Papal volunteers non era ancora stata concepita, né si era ancora presentata l’opportunità di predicare ai poveri la coscientizzazione. L’originalità e la coerenza della contemplazione di Fox, quella che gli diede la forza di carattere di non investire in questo titolo, dovrebbero essere considerate in un simile contesto.5 Perché, nel giro di pochi anni, i «poveri» divennero di gran moda in patria e all’estero. La loro povertà divenne un «problema» da risolvere, o dall’alto per via manageriale, oppure unendosi a loro come educatori, esperti, consiglieri di guerrilla, organizzatori di comunità, protettori di professione. La povertà cominciò a essere vista come una piaga da curare. Il paradigma medico prese a prevalere: test, diagnosi e terapia a mezzo d’intervento chirurgico, d’infusione, di cambiamento metabolico, divennero riferimento comune al lessico economico e a quello militare. Tutti i tradizionali «mali» della condizione umana divennero altrettanti obiettivi, bersagli da attaccare. La nuova formula magica consisteva nel parlare dei mali come di «problemi», trasformandoli così in «bisogno di soluzioni». Le due parole, «problema» e «soluzione» agirono come amebe nel linguaggio delle opere pie cattoliche non meno che in quello delle agenzie pubbliche. Fox invitava i suoi amici a contem- plare questa immondizia verbale con la stessa pena e la stessa pazienza con cui doveva fronteggiare l’immondizia nelle scale dei caseggiati popolari. Ciò gli permetteva di partecipare a molti comitati e di «non perdere la fede», come ebbe a dire don Ed Burke. Don Fox stava là fino all’assurdo in rappresentanza di ciò che vedeva, e faceva il possibile. È questo probabilmente il motivo per cui il card. Spellmann, che nell’arte del possibile era un virtuoso, gli ottenne il titolo di monsignore all’età di trentatré anni.6 Celebrare la croce, accet tare la vita Fox era un Don Chisciotte, e gli si richiamava consapevolmente. Ma so che non si rendeva conto di quanto Ivan Illich (1926-2002) C ompì gli studi a Salisburgo e a Roma, dove venne ordinato sacerdote nel 1951. Trasferitosi quello stesso anno a New York, fu viceparroco all’Incarnation Church, a Washington Heights nel distretto di Manhattan. A contatto con la realtà dell’immigrazione portoricana, sperimentò uno stile pastorale innovativo, esercitato nella lingua e secondo le tradizioni religiose dei migranti stessi, aiutato in questa intuizione dal gesuita p. Joseph Fitzpatrick della Fordham University. Grazie al sostegno dell’arcivescovo card. Spellmann, i due riuscirono a estendere all’intera diocesi la loro esperienza. Nel 1956 fu inviato all’Università cattolica di Ponce, Puerto Rico, dove avviò tra l’altro un’attività di formazione linguistica, culturale, spirituale del clero e dei religiosi statunitensi destinati al lavoro pastorale con gli immigrati ispanici. Lasciata l’isola per dissapori con la gerarchia locale, promosse per conto delle diocesi di New York e Boston un nuovo Centro per la formazione interculturale, che fu accolto a Cuernavaca, in Messico, dal vescovo Sergio Mendez-Arceo. Qui il suo lavoro, presto condiviso da un prestigioso gruppo di pensatori e studiosi, acquisì un’intenzione polemica nei confronti della prassi missionaria corrente e dell’ideologia dello sviluppo tecnico-economico di cui quella rischiava ora di farsi veicolo o rimorchio. Nel 1966, a pochi mesi dalla chiusura del concilio Vaticano II di cui era stato un attore dapprima (a fianco del card. Suenens), poi un osservatore disincantato, Illich trasformò il suo Centro in un’istituzione di diritto civile (col nome di CIDOC), intensificando da un lato la battaglia all’interno della Chiesa e contro le società «avanzate» (quella statunitense in particolare), dall’altro gli studi sulla Chiesa e la religiosità tradizionale latino-americana, di cui intendeva illustrare la specificità storica e difendere l’autonomia culturale. 678 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Inquisito dalla Congregazione per la dottrina della fede, Illich preferì non sottoporsi a un procedimento che riteneva ispirato da dossier della CIA e dell’Opus Dei; scelse di abbandonare l’esercizio pubblico del sacerdozio, per dedicarsi a una critica militante delle moderne ideologie e istituzioni e a una parallela rivendicazione dei «valori vernacolari» – condotte entrambe «entro i limiti della sola ragione» – cui negli anni Settanta toccò una notevole fortuna internazionale (De-schooling Society, 1971; trad. it. Descolarizzare la società, 1972; Tools for Conviviality, 1973; trad. it. La convivialità, 1974; Energy and Equity, 1974; trad. it. Energia, velocità e giustizia sociale, 1974; Medical Nemesis, 1976; trad. it. Nemesi medica, 1977). Più tardi, venuta meno la plausibilità di una contestazione efficace dei modelli di sviluppo in auge, egli distanziò e radicalizzò la sua critica, orientandola sull’intera parabola del processo di modernizzazione in Occidente e sulle trasformazioni antropologiche da esso indotte (Shadow Work, 1981; trad. it. Lavoro ombra, 1985; Gender, 1983; trad. it. Il genere e il sesso, 1984; H2O and the Waters of Forgetfulness, 1985; trad. it. H20 e le acque dell’oblio, 1988; In the Mirror of the Past,1992; trad. it. Nello specchio del passato, 1992). Nei saggi e nelle conversazioni dell’ultimo decennio (raccolti nei due volumi postumi: La perte des senses, 2005; trad. it. La perdita dei sensi, 2009, e The Rivers North of the Future, 2005; trad. it. I fiumi a nord del futuro, 2009) la riflessione di Illich si amplia a considerare l’intero arco storico dell’evo cristiano, mentre i violenti contraccolpi del processo di «globalizzazione» in corso contribuiscono a restituire attualità alle sue diagnosi presso il grande pubblico e le nuove generazioni. F. M. CLXXXIV 675-680_LIBRI_R181-186:Layout 2 30-11-2012 11:19 Pagina CLXXXV MASSIMO GRILLI spesso ripeteva Ortega y Gasset, Yo soy yo y mi circumstancias, in ogni caso esprimendo attraverso queste ultime la sua fede nella presenza di Dio.7 Per gente che vive circondata dall’immondizia, immersa in essa, «per fare esperienza e impegnarsi c’è bisogno di entrare in contatto con la bellezza e la bontà che c’è ... allora convinci dei bambini a spiegare un foglio di carta sulla superficie di un tombino, e a sfregarci su una matita. Ora, quel tombino è stato progettato a fini commerciali, e chi l’ha fatto, l’ha fatto in vista di un profitto. Eppure ha linee che compongono triangoli che possono sembrare diamanti. E in certi suoi aspetti puramente funzionali, i buchi ad esempio che un tombino deve avere perché l’acqua possa defluirvi, sono cerchi, e i cerchi sono a loro volta oggetti di bellezza... e quando il disegno sul tombino affiora, all’improvviso la cosa che non significava niente per quel ragazzo o ragazza, significa qualcosa... è ora associato alla persona, perché è lei che ha fatto qualcosa di quel tombino... e lo ha fatto insieme ad altri... il Piccolo principe ha addomesticato quel tombino». Suor Bea, ti prego di non dimenticare che stiamo parlando della metà degli anni Sessanta: il tempo della «guerra alla povertà», della «guerra all’ignoranza», della malaria e dell’analfabetismo «estirpati», dell’assistenza tecnica, delle riforme di struttura, dell’analisi specialistica, perfino delle «strategie di pace» e delle «tattiche nonviolente». E nel bel mezzo di questa merda sociologica piena di pretese, attorno a un uomo laureato in «Servizi sociali» – nientemeno – un branco disparato di tossici e di suore appena sbarcate da Puerto Rico distribuisce macchine fotografiche ai bambini degli slum di New York per riprendere ciò che di bello c’è ad Harlem, e per cavar disegni dai tombini! A che scopo? «Per celebrare la nostra consapevolezza di quel che c’è». Questa è buona teologia, Bea: la celebrazione collettiva di quel che vediamo, e per questa via addomestichiamo – «rendiamo mansueto» sarebbe il modo più appropriato di tradurre l’«apprivoiser» di Saint-Exupéry –8, la celebrazione collettiva della CLXXXV croce che accettiamo come nostra è l’inizio della vita reale – e la presenza anche di uno solo, tra i celebranti, consapevole del fatto che la croce è la Croce di Cristo, porta in essere la Chiesa. Che privilegio per te e per me essere stati amici di un uomo che nei primi anni Sessanta dava un simile esempio di celebrazione. Sono al corrente di tutto il discredito di cui gli ideologi hanno coperto «Fox l’hippie», del know-how che ha permesso agli psicanalisti d’irridere l’attore mancato Fox, dei pastori che al pubblico intrattenimento organizzato da un Fox hanno contrapposto le cose concrete fatte nelle loro parrocchie. Però sono io che l’ho visto durante una visita che mi fece a Cuernavaca proprio mentre, radunati da padre Galilea di Santiago, gli allora pionieri e oggi patriarchi della teologia della liberazione erano miei ospiti.9 Non fu certo la sua formazione accademica – fu quella cosa che i teologi chiamano il sensus fidei (l’istinto della fede viva) a dargli una sicurezza sonnambolica nello scansare equamente l’uso del Vangelo come un manifesto per utopie economiche o politiche, e come un lasciapassare verso la palude romantica dei buoni sentimenti. No, non era certo un teologo. Ma a dispetto delle costruzioni teologiche, sociali, politiche di tendenza, egli ha fatto un’importante dichiarazione teologica con la sua vita. Ho visto Fox triste ma mai in collera quando veniva frainteso o denigrato. Era fin troppo consapevole della logica che finisce per trattenerti dal celebrare i tombini, i poliziotti antisommossa del sindaco Lindsay, la luce del sole sui mucchi di rifiuti.10 Quel che ti frena si chiama autodifesa, una cosa più che legittima da quasi tutti i punti di vista. «Sai per esperienza che se vai per strada e tieni gli occhi aperti alle esplosioni di bellezza e di gioia, se ne aspiri profondamente, pochi passi più in là tutto questo sarà esalato via e subentra una grande, grandissima dose di frustrazione. Allora ti convinci che se di quella gioia di prima non ti intridi tanto in profondità, nemmeno quella frustrazione scenderà così nell’intimo. Stabilisci una sorta di equilibrio mentre procedi per via, e vivi in modo un po’ meno che umano. Cristo per con- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 679 Sulla via dell’Incontro Commento alle letture domenicali e festive. Anno C L a «via» è un tema ricorrente nella Bibbia, perché ricorda la vita dell’uomo, dalla nascita fino al suo compimento. Seguendo questa metafora della condizione umana, l’autore propone una lettura sapienziale e spirituale dei testi, per avvicinare i fedeli al messaggio che la parola di Dio custodisce in ogni pagina. «PREDICARE LA PAROLA» www.dehoniane.it pp. 272 - € 19,00 Via Nosadella, 6 40123 Bologna Tel. 051 4290011 Fax 051 4290099 FRANCESCO LAMBIASI Sorpresi dalla gioia I vangeli delle domeniche e delle feste. Anno C C ommentando con acume e sapienza le letture dell’anno liturgico C, l’autore conduce verso l’incontro personale con Cristo, la vera gioia che «sorprende» lungo il cammino. La Parola entra così nella vita, per illuminare e trasformare le vicende che quotidianamente toccano ogni uomo. «PREDICARE LA PAROLA» www.dehoniane.it pp. 264 - € 19,00 Via Nosadella, 6 40123 Bologna Tel. 051 4290011 Fax 051 4290099 675-680_LIBRI_R181-186:Layout 2 L 680 30-11-2012 11:19 Pagina CLXXXVI ibri del mese tro sapeva vivere pienamente umano, pienamente dedito all’amore, e a una molteplicità di amori reali, e alla frustrazione, la paura, il fallimento, la solitudine». Questo è ciò che significava, per Bob, vivere: essere un persona disposta, ad ogni passo lungo la via, a intridersi con te in profondità di ogni cosa che c’è, inclusi la frustrazione, il fallimento, e un senso crescente di solitudine. Concepiva se stesso come un prete che celebra insieme ad altri la consapevolezza dell’estate e dell’immondizia, la generosità e la violenza spesso nella stessa persona. E per questa celebrazione egli era continuamente in cerca della strada, di una tribuna aperta, non di «un qualche scantinato da conventicola, o un grosso edificio scolastico, o un centro d’accoglienza o un qualche tipo di vasca da bagno, dove ognuno può canticchiare la sua canzoncina privata... ma nelle strade che andiamo rispettando, ciò che significa, letteralmente, che le andiamo guardando di nuovo, e poi di nuovo, e poi ancora di nuovo... ». «Ri-spettare» in questo modo «significa essere sempre di più una persona, insieme con l’altro, trasformando quel che c’è». Ciò che lo sfregamento della matita fa al tombino, la celebrazione di quel che c’è lo fa alla comunità. La sua capacità di «ri-spettare» immondizia, rifiuti, cianfrusaglie è ciò che mantenne don Fox all’interno del clero di New York, e altri insieme a lui. Dove alcuni dei suoi confratelli e sorelle si ritrassero dal puzzo del corpo della madre Chiesa, Fox lo vide, e ne parlò come di cosa analoga ai liquami morali di Wall Street o alle macerie e alla violenza nel barrio: come qualcosa che doveva essere ri-spettosamente celebrato, mimato a parodia, fatto oggetto di riso, e in tal modo rivelato come un aspetto del corpo di Cristo. Ho davanti agli occhi quattro pagine dattiloscritte, sue annotazioni in vista di un qualche discorso, datate a poco prima della morte. Sottolineano il diritto di appartenere al Dio che non possiamo permetterci, nonostante le pretese avanzate dalla Chiesa sul proprio personale; il diritto di vedere Dio incarnato nella feccia, malgrado le immagini ben pettinate del nostro legittimo prossimo quali la Chiesa le spaccia; e il diritto di udire il nome del Dio rivelato dalle labbra di coloro che ci sommergono col loro amore. 1 Mons. John Joseph Maguire (1904-1989) fu vescovo ausiliare (1959-1965) e arcivescovo coadiutore (1965-1980) dell’arcidiocesi di New York. I corsi di spagnolo erano organizzati da un Center for Intercultural Communication (CIC) creato da Illich (vicerettore dell’Università cattolica di Ponce tra 1956 e 1960) in collaborazione con p. Joseph Fitzpatrick sj della Fordham University, grazie al finanziamento delle diocesi di New York e Boston, le più interessate dal fenomeno dell’immigrazione di cattolici portoricani. 2 Rispettivamente «look for» e «see» nell’originale, in armonia con la dominante «visiva» che caratterizza tutto lo scritto. 3 Un «sacerdote» in Luca 10,31. 4 Dorothy Day (1897-1980), fondatrice negli anni Trenta del Catholic Worker Movement, si trovò più volte in contrasto col suo vescovo, il card. F. Spellmann, durante la Seconda guerra mondiale e poi negli anni Sessanta, a motivo della sua appassionata militanza pacifista; nel 2000 la stessa arcidiocesi ne ha intrapreso la causa di beatificazione. Il volume di Romano Guardini in precedenza citato è Religiöse Gestalten in Dostojewskijs Werke, 1947; trad. it. Il mondo religioso di Dostojewskij, Morcelliana, Brescia 1951. 5 L’espressione di Herbert Hoover è tratta dal suo discorso del 28 agosto 1928, di accettazione della nomination repubblicana per le elezioni presidenziali di quell’anno, in seguito da lui vinte; sono spesso ricordate come «le ultime parole famose» prima della Grande depressione. Di «underdeveloped areas» il presidente Truman parlò nel discorso inaugurale del suo mandato il 20 gennaio 1949, illustrando l’ultimo di quattro punti del suo programma di politica estera; il relativo Point Four Program, implementato a partire dal 1950, costituì una delle principali strategie statunitensi nel corso della Guerra fredda. La «New Position on Poverty» occupa il 23o capitolo del citato, classico volume di John Galbraith del 1958; del 1962 è l’altrettanto celebre The Other America: Poverty in the United States, il cui autore, Michael Harrington, già militante del Catholic Worker Movement, mostrava tra l’altro come circa un terzo della popolazione statunitense vivesse al di sotto della «soglia di povertà», con scarse prospettive di migliorare le proprie condizioni. Si ritiene comunemente che questa ricerca abbia influenzato le coeve politiche governative, in particolare l’«unconditional war on poverty» proclamata nel 1964 dal neopresidente Lyndon Johnson, sulla scia di un orientamento inaugurato da John F. Kennedy nel 1960 durante le primarie democratiche in West Virginia. Dello stesso Kennedy sarebbe stato, nel 1961, il varo dei Peace corps, un programma di volontariato internazionale promosso dal governo tramite un’agenzia indipendente, al triplice scopo di fornire assistenza tecnica ai paesi «in via di sviluppo», favorire in loco la conoscenza della cultura americana e, di rimando, la conoscenza della cultura locale negli Stati Uniti. Sempre nel 1961 debuttarono negli Stati Uniti e in Canada i Papal volunteers for Latin America (PAVLA), rispondendo all’appello di Giovanni XXIII per l’invio di missionari e volontari laici in aiuto alle Chiese latino-americane, storicamente carenti di vocazioni; il programma iniziale era di «versare» a queste Chiese una «decima» del personale religioso nordamericano entro dieci anni (una calcolata opposizione a queste iniziative, lette nel contesto della rivoluzione cubana del 1959, caratterizzò il Center for Intercultural Formation aperto da Illich a Cuernavaca in quello stesso 1961). «Coscientizzazione», o «presa di coscienza critica» è infine termine tecnico della pedagogia di Paulo Freire, che in proposito si è riconosciuto tributario di dom Helder Camara; considerata la durevole sintonia tra Freire e Fox, però, è preferibile pensare che l’autore si riferisca qui più in generale a contenuti e prassi della teologia della liberazione. 6 Francis Joseph Spellmann (1889-1967) fu arcivescovo di New York dal 1939 alla morte e, nello stesso arco di tempo, vicario castrense presso le forze armate statunitensi. Si noti che anche ad Illich egli procurò il titolo di monsignore all’età di 33 anni. 7 La nota sentenza di Ortega y Gasset, formulata nelle Meditationes del Quijote (1914), reca invero circunstancia; il riferimento è precisamente a «le cose mute che stanno più immediatamente intorno a noi». 8 Rispettivamente «to tame» e «to gentle». Non è facile cogliere il senso della precisazione di lllich in questo passo; il valore etimologico di «abituare alla mano», sottraendo all’estraneo senza per questo «impadronirsi» («creare legami» è l’equivalente offerto dalla volpe nel celebre dialogo col Piccolo principe), è quanto ci si è proposti qui di mettere in risalto. Questa sottolineatura sembra anche la più coerente con quel «celebrare la consapevolezza» che il testo reca poche righe sopra, e che ripete il titolo del primo libro di Illich, la Celebration of Awareness del 1970. 9 Padre Segundo Galilea (Santiago del Cile 1928-2010), sacerdote dal 1956, collaborò nei primi anni Sessanta con il Centro de Formación Intercultural (CIF) fondato da Illich a Cuernavaca; l’episodio qui rievocato dovrebbe risalire al 1965. Missionario e scrittore, è stato in seguito esponente, non tra i più radicali, della teologia della liberazione. 10 John V. Lindsay (1921-2000) fu sindaco di New York per due mandati, dal 1966 al 1973, in un periodo assai turbolento della convivenza nella metropoli (nel maggio 1968, tra altre agitazioni, lo sciopero di nove giorni della nettezza urbana sprofondò la città in un cumulo di rifiuti; andò peggio nel 1971, con lo sciopero degli addetti alle fognature e i liquami nelle strade di Harlem); per la rielezione, nel 1969, poté vantare un incremento di 6.000 unità nei corpi di polizia urbana. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Ivan Illich CLXXXVI L 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 30-11-2012 11:21 Pagina CLXXXVII L ibri del mese / schede I Libri del mese si possono ordinare indicando il numero ISBN a 13 cifre: per telefono, chiamando lo 049.8805313; per fax, scrivendo allo 049.686168; per e-mail, all’indirizzo [email protected] per posta, scrivendo a Centro Editoriale Dehoniano, via Nosadella 6, 40123 Bologna. Servizio a cura di Maria Elisabetta Gandolfi quentato dalle pubblicazioni in lingua italiana – del gesuita spagnolo Ignacio Ellacuría, rettore dell’Università cattolica di El Salvador, ucciso per il suo impegno «politico» a favore del «popolo crocifisso». Non si capisce la vicenda di E., scrive l’a., «senza comprendere le ragioni teoriche più profonde che lo condussero alle sue scelte esistenziali». Si giustifica così l’esigenza di un’indagine sul contributo teologico (e filosofico) «contestuale» del gesuita basco, che il vol. presenta con apprezzabile chiarezza. MAZZINGHI L., Il Pentateuco sapienziale. Proverbi Giobbe Qohelet Siracide Sapienza. Caratteristiche letterarie e etemi teologici, EDB, Bologna 2012, pp. 272, € 26,00. 9788810206645 rutto di un collaudato corso sui libri sapienziali, il vol. costituisce un’introF duzione alla letteratura sapienziale biblica. Descrive le caratteristiche letterarie e storiche proprie di ognuno dei libri esaminati e focalizza i temi teologici Sacra Scrittura, Teologia che vi emergono. Pensato anzitutto per un pubblico di studenti, è adatto a chiunque desideri intraprendere un primo approfondimento su testi biblici di grande interesse. AGOSTINO, Commento alla Lettera ai Galati. Introduzione, traduzione e note di F. Cocchini, EDB, Bologna 2012, pp. 207, € 19,00. 9788810453087 MINISSALE A., Ester. Nuova versione, introduzione e commento, Paoline, Milano 2012, pp. 350, € 38,00. 9788831541749 n Agostino non ancora vescovo porta a termine tra il 394 e il 395 un comel commentario curato dall’a., biblista scomparso nel luglio 2011, viene preU mento alla Lettera ai Galati. Al tempo già circolavano nell’Occidente latino N sentata per la prima volta la traduzione integrale e letterale delle tre versioi lavori di Caio Mario Vittorino, dell’Ambrosiaster e di Girolamo. Agostino co- ni che del libro esistono: il greco della Settanta – «dalla quale si era soliti estrarre nosce questi autori e da essi riprende «spunti interpretativi, chiarimenti testuali, sollecitazioni», entrando autorevolmente nella storia della recezione dello scritto paolino. Circa il tema cruciale della Lettera – che cosa si debba intendere per «grazia di Dio», che implica la condizione di «non essere più sotto la legge» – Agostino afferma che «si tratta del dono della fede, la quale, dal momento che opera per amore, non solo può sostituire la legge, ma soprattutto può far compiere le opere da essa richieste nell’unico modo che possa davvero risultare salvifico, ossia per amore». BOVATI P., Parole di libertà. Il messaggio biblico della salvezza, EDB, Bologna 2012, pp. 241, € 22,00. 9788810221648 ttraverso l’approfondimento del tema della libertà e della liberazione nelA l’AT, l’a. propone un coerente viaggio tematico e letterario, di grande attualità. All’interno dei tre blocchi testuali che strutturano l’AT, vengono esaminati sistematicamente prima il «racconto» e poi la «parola» che ne costituisce il commento interpretativo. Il racconto è la forma caratteristica della tradizione letteraria biblica, quella che attesta che il Dio d’Israele si rivela nella storia. Risulta perciò importante dare il dovuto rilievo alle narrazioni, così da coglierne il potente messaggio di liberazione. Accanto troviamo la parola che spiega e integra l’evento narrato, secondo una specifica modalità: abbiamo così l’aspetto normativo della «legge» nel Pentateuco, la lettura della storia nella «profezia» nei profeti, e negli scritti la «sapienza», che svela il senso perenne della vita, pur senza nasconderne il dramma e occultarne il mistero. DUNN J.D.G., Gli albori del cristianesimo. 2. Gli inizi a Gerusalemme. 1 – La prima fase. 2 – Paolo, apostolo dei gentili. 3 – La fine degli inizi, Paideia, Brescia 2012, pp. 1.368+, € 49,30 + 44,90 + 39,90. 9788839408266 – 9788839408327 – 9788839408334 3 voll. editi tra i supplementi della collana «Introduzione allo studio della BibIponderosa bia» sono la traduzione italiana del 2 vol. (Beginning from Jerusalem) di una trilogia (Christianity in the making) di cui manca ancora la III parte. o L’a., emerito all’Università di Durham, è uno degli studiosi di riferimento sul tema delle origini cristiane. Questa sezione della trilogia, concentrata sul periodo 30-70 d.C., rintraccia le caratteristiche fondamentali del movimento originato dalla predicazione di Gesù, con «particolare attenzione alle fonti primarie e ai dati storici disponibili provenienti da questo periodo». Assolutamente consigliabile per gli appassionati del tema; imprescindibile riferimento di studio per la profondità dell’analisi e la vastità della documentazione. FADINI G., Ignacio Ellacuría, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 160, € 13,00. 9788837226084 o della collana «Novecento teologico» che rilegge il percorso della teolo2logigia7piùvol.delsignificativi. secolo scorso attraverso una carrellata di brevi profili biografici dei teoIl vol. è dedicato all’itinerario teologico-spirituale – poco fre- CLXXXVII le cosiddette sei Aggiunte deuterocanoniche che in essa eccedevano rispetto al testo ebraico» –; il greco del cosiddetto Testo Alpha; il testo ebraico. Quest’ultimo – scrive il curatore – «ha provocato spesso un certo scandalo tra i suoi lettori, perché si presenta privo di espliciti riferimenti religiosi (…). Ma il testo ebraico deve essere accettato e valorizzato per quello che è: un libro drammatico in cui alla fase del panico e dell’afflizione segue quella finale del rasserenamento e della festa». MOSETTO F., Lettere di San Paolo. Vol. I Lettere ai Tessalonicesi, Lettere ai Corinzi. Vol. II Lettera ai Filippesi, Lettera ai Galati, Lettera ai Romani. Vol. III Lettere ai Colossesi, agli Efesini, a Timoteo, a Tito, a Filemone, Elledici, Cascine Vica (TO) 2012, pp. 272 + 214 + 208, € 19,00 + 14,00 + 14,00. 9788801046274 – 9788801046281 – 9788801050073 o scopo di questi 3 voll., elaborati da un biblista formatosi alla scuola del PonL tificio istituto biblico di C.M. Martini, I. de La Potterie, A. Vanhoye, U. Vanni e così via, è quello didattico di «aiutare il lettore – studente di teologia, oppure di scienze religiose, o comunque persona culturalmente preparata – ad accostare l’epistolario paolino in modo serio e intelligente, senza tuttavia le pesantezze dell’erudizione e senza problematizzare all’eccesso il pur necessario studio critico». Di ciascuna epistola si offre perciò un’Introduzione, con la bibliografia essenziale, e il testo della traduzione CEI 2008 con accurato commento. NOCETI S., CIOLI G., CANOBBIO G., Ecclesiam intelligere. Studi in onore di Severino Dianich, EDB, Bologna 2012, pp. 682, € 58,50. 9788810408353 l cuore della produzione teologica di Severino Dianich sta indubbiamente la A Chiesa, la sua ragion d’essere e la sua missione, la domanda sulla sua origine e sulla sua natura, l’interrogativo sulla sua vita e i suoi soggetti. Ecclesiam intelligere riassume l’impegno speculativo nella ricerca e un coinvolgimento esistenziale e pastorale sempre ragionato. La miscellanea comprende 38 contributi che evocano diversi ambiti su cui si è mossa la sua ricerca teologica: ecclesiologia, cristologia, teologia e arte. La I parte, «Apprendere dalla storia», e la II, «Interpretare il presente», sono articolate in 2 sezioni: le radici bibliche e la Tradizione ecclesiale. RESCIO M., La famiglia alternativa di Gesù. Discepolato e strategie di trasformazione sociale nel Vangelo di Marco, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 280, € 22,00. 9788837225155 «l’approccio esegetico tradizionale con i metodi e i modelli proveIlarentegrando nienti dalle scienze sociali, questo libro si propone (…) di ricostruire la particorappresentazione che Marco ci offre del rapporto tra Gesù, i suoi discepoli e quella che potremmo considerare come l’istituzione di base del mondo mediterraneo del I sec.: la “famiglia”». Il Vangelo di Marco manca di qualunque riferimenti al retroterra familiare di Gesù, il quale «decide d’abbandonare il luogo in cui è nato e cresciuto per aderire all’appello di un personaggio [il Battista] religioso “marginale” ed eccentrico. In questo esordio secco e improvviso (…) pos- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 681 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 30-11-2012 11:21 Pagina CLXXXVIII L UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO” ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “ITALO MANCINI” Anno Accademico 2012-2013 Corso biennale di alta specializzazione in Scienze religiose Direttore: Prof. PIERGIORGIO GRASSI Il Corso rilascia un titolo in Scienze religiose che è valido a tutti gli effetti per l’insegnamento della religione nelle scuole di ogni ordine e grado. Le finalità del Corso biennale di Alta Specializzazione sono: • la formazione di insegnanti di religione cattolica altamente qualificati per le scuole pubbliche (indirizzo pedagogico-didattico), • la ricerca scientifica nel campo delle discipline religiose e teologiche (indirizzo di introduzione alla ricerca). ibri del mese / schede siamo già intravedere la logica profonda della narrazione marciana, dove l’abbandono di una condizione di vita ordinaria e la scelta di seguire il maestro, attribuiti in prima istanza a Gesù, diventeranno il tratto distintivo dei suoi futuri discepoli». REY-MERMET T., Credere. Il Credo, i sacramenti, il Vaticano II, EDB, Bologna 2012, pp. 1136, € 55,00. 9788810940105 na solida e comprensibile trattazione, un inventario chiaro e completo degli U «strumenti» della fede e delle «verità da credere»: è ciò che intende offrire il teologo Rey-Mermet nei primi 3 voll. – qui riuniti per la prima volta – di una delle sue opere più importanti, pubblicata in Francia tra la metà degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta del Novecento e divenuta anche in Italia una specie di classico. La fede del Simbolo apostolico, quella celebrata nei sacramenti e quella riproposta dal concilio Vaticano II costituiscono i tre pilastri di una riflessione che assume come presupposto la convinzione che essa «non è tanto un fascio di credenze, quanto un legame personale e vitale con Gesù Cristo». STANDAERT B., Marco. Vangelo di una notte, Vangelo per la vita. Commentario, EDB, Bologna 2012, pp. 934, € 65,00. 9788810206652 l commentario di Standaert – qui in un unico vol. – è frutto di 15 anni di laIstintivi voro. A suo modo di vedere, sul piano letterario il testo contiene tutti i segni diche ne fanno un discorso convenzionale e un’azione drammatica, che richiede d’essere proclamata in una sola volta, d’un fiato. L’ipotesi guida della sua lettura è la seguente: Marco veniva letto durante la notte pasquale cristiana, nella veglia fra il sabato e la domenica. I suoi destinatari erano una comunità mista, a maggioranza di gentili. Per alcuni nuovi membri della comunità tale notte era il punto d’approdo della propria iniziazione: al termine della lettura integrale del racconto evangelico venivano battezzati e partecipavano per la prima volta al banchetto eucaristico. TOMASSONE L., Un vulcano nel vulcano. Mary Daly e gli spostamenti della teologia, Effatà, Cantalupa (TO) 2012, pp. 110, € 9,50. 9788874027422 rutto di un convegno tenutosi nel maggio 2010 in onore di Mary Daly – spenF tasi il 3 gennaio dello stesso anno – presso la Facoltà valdese di teologia di Roma con la partecipazione del Coordinamento delle teologhe italiane, il volumetto ne ripropone i contributi, nell’auspicio d’introdurre e invogliare alla lettura diretta dei testi della teologa femminista statunitense. Saggi di C. Zamboni, L. Percovich, E. Green, L. Tomassone, D. Di Carlo, L. Vantini, C. Simonelli. I docenti del Corso sono: Andrea Aguti; Khaled F. Allam; Marco Cangiotti; Gian Domenico Cova; Alberto Fabbri; Carlo Fantappié; Marco Gallizioli; Samuele Giombi; Franco Gori; Piergiorgio Grassi; Angelo Maffeis; Andrea Milano; Michele C. Minutiello; Gastone Mosci; Romano Penna; Giuseppe Pulcinelli; Graziano Ripanti; Maria Grazia Sassi; Manlio Sodi; Sofia Tavella; Natalino Valentini; Licia Zazzarini. Le iscrizioni si chiuderanno il 15 dicembre 2012. Saranno messi a disposizione degli iscritti, per concorso, assegni di studio. Per informazioni: Istituto Superiore di Scienze Religiose “I. Mancini” Tel 0722/303536 – Fax 0722/303537 [email protected] http://www.uniurb.it/scirel Pastorale, Catechesi, Liturgia BERGAMO A., Accompagnare i ministranti, EDB, Bologna 2012, pp. 80, € 6,90. 9788810710692 ercorso formativo per i ministranti che va oltre un intento meramente liturP gico-funzionale. L’esperienza del gruppo ministranti è infatti una vera e propria esperienza educativa, ricca di significato e coinvolgente. BOCCI V., Comunicare la fede ai ragazzi 2.0. Una proposta di catechesi comunic-attiva, Elledici, Cascine Vica (TO) 2012, pp. 243, € 15,00. 9788801051858 l libro, a firma del direttore generale di Elledici, trae spunto dalla nuova sensiIsmissione bilità comunicativa – sempre più incisiva sulle forme di organizzazione e tradelle conoscenze – impressa dalle tecnologie informatiche. Per superare l’attuale scoglio d’«immobilismo» didattico, anche nell’ambito della catechesi, l’a. ha indicato formule d’apprendimento più dinamico, multimediale e interattivo. Con un unico obiettivo: far giungere il messaggio del Vangelo alle nuove generazioni tramite l’ipertesto su carta, un format cartaceo ispirato al modello online capace di coinvolgere i ragazzi in maniera più dinamica e a loro più congeniale e familiare, favorendo il coinvolgimento cognitivo e motivazionale. BURANELLI F., CAPANNI F., Ventennale della Pontificia commissione per i beni culturali della Chiesa, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2011, pp. 99, € 10,00. 9788820985202 a ricorrenza, nel 2009, dei 20 anni dalla fondazione, con la costituzione apoL stolica Pastor bonus di Giovanni Paolo II, ha offerto alla commissione pontificia che si occupa dell’immenso patrimonio artistico della Chiesa cattolica l’oc- 682 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 CLXXXVIII 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 30-11-2012 11:21 Pagina CLXXXIX ANTONIO RUCCIA – MIMMA SCALERA casione per fare un bilancio di quanto fatto, ma soprattutto una riflessione strategica per il futuro. Di particolare interesse nel momento in cui, per la prima volta, essa annuncia la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2013. FAUSTI S., Il dono più grande. Novena di Natale, EDB, Bologna 2012, pp. 48, € 2,50. 9788810710715 Testimoni dell’educazione Per prepararsi e vivere il Natale a profondità dell’esegesi e l’esperienza di p. Fausti accompagnano nel mistero dell’incarnazione a partire dai testi dei Vangeli previsti dalla liturgia del giorno. L FERRARI G., La felicità inizia da te. I Padri della Chiesa parlano all’umanità. Proposta di un cammino interiore, Elledici, Cascine Vica (TO) 2012, pp. 80, € 7,00. 9788801050974 l percorso è rivolto particolarmente all’uomo della società consumistica, diviso tra anelito alla felicità e soddisfazioni effimere che lo allontanano da se stesso. I brani, tratti dalle ricche testimonianze dei padri della Chiesa, accompagnati da una lectio continua, dai commenti e dalle riflessioni dell’a., mirano a far intraprendere il progetto consapevole di un lungo viaggio interiore che ha per meta la conoscenza di sè, il rapporto con Dio e il bene dell’altro. I GHINI E., Il Vangelo dato e ricevuto. Lettura spirituale della Prima Tessalonicesi, EDB, Bologna 2012, pp. 74, € 7,50. 9788810211311 a Prima lettera ai tessalonicesi è il più antico scritto di Paolo a noi pervenuL to. Dopo un’Introduzione complessiva al contenuto della Lettera, il testo di quest’ultima viene proposto in brevi pericopi successive, con relativo commento teologico e tematico. Segue un suggerimento d’interiorità, in stile poetico-meditativo, per la preghiera e per la risonanza nella vita. L’a. ha fatto parte della squadra di firme che si sono avvicendate nella redazione dei «Sentieri paolini» di Avvenire, la rubrica di prima pagina resa particolarmente nota dai «Mattutini» del card. Ravasi. Il vol. è il frutto di quella esperienza. NOVENA U na novena che assume la prospettiva di coloro che hanno speso la propria vita nell’ottica dell’evangelizzazione: per accogliere Dio nella storia con l’impegno di prendersi cura di chi oggi è bimbo, adolescente, ragazzo, uomo. EDB GUGLIELMONI L., NEGRI F., Una grande gioia. Novena di Natale con il Vangelo di Luca, EDB, Bologna 2012, pp. 44, € 2,50. 9788810710685 LOHFINK G., Pregare ci dà una casa. Teologia e pratica della preghiera cristiana, Queriniana, Brescia 2012, pp. 314, € 22,50. 9788839908582 elle parrocchie “normali” non c’è stata e non c’è nessuna educazione al«N la preghiera e alla vita spirituale. (…) Dobbiamo quindi meravigliarci che si desiderino esperienze spirituali attingendo a fonti completamente diverse?». agili schede spiegano passo passo, con linguaggio semplice, i vari momenti 3vello6dellaculturale, messa, dai riti introduttivi fino al congedo. Fruibile da persone di ogni lilo strumento non rinuncia al rigore e alla precisione. MARCACCI F., Il Natale degli sposi. Per una spiritualità della tenerezza, EDB, Bologna 2012, pp. 80, € 5,00. 9788810511343 ercorso di formazione e spiritualità per sposi in preparazione al Natale che si P apre con un brano evangelico, prosegue con alcune riflessioni e si chiude con una preghiera e alcune domande rivolte alla vita di coppia. MARTINI C.M., L’itinerario spirituale dei dodici. Esercizi ignaziani alla luce del Vangelo di Marco, ADP – Apostolato della preghiera, Roma 2012, pp. 111, € 9,00. 9788873575436 CLXXXIX IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 683 www.dehoniane.it Il Lezionario domenicale gioia. LUGLI D., SIMIONATI R., A messa minuto per minuto, EDB, Bologna 2012, pp. 41, € 2,50. 9788810705360 Via Nosadella 6 - 40123 Bologna Tel. 051 4290011 - Fax 051 4290099 NORMAND BONNEAU li aa. traggono spunto dai personaggi e dagli avvenimenti del Natale quale G occasione per ricordare a ogni persona, famiglia e comunità che il Dio fattosi carne a Betlemme rimarrà sempre al nostro fianco: è lui la fonte della nostra L’a., esegeta e teologo, affronta alcune questioni oggi piuttosto diffuse anche tra i cristiani: a cosa serve pregare? Ha un senso la preghiera di domanda? Cos’è la meditazione cristiana? Ma soprattutto: come (e chi) si deve pregare? Una bella introduzione alla preghiera che si segnala per l’attenzione alla teologia, il riferimento costante alla Scrittura, un linguaggio accessibile e uno stile venato da tratti di piacevolissima ironia. Edizioni Edizioni Dehoniane Dehoniane Bologna Bologna «SUSSIDI PER I TEMPI LITURGICI» pp. 48 - € 2,50 Origine struttura teologia L a storia, lo scopo e la struttura del Lezionario domenicale continuano a essere poco conosciuti, anche dopo la riforma chiesta dal Vaticano II. L’autore tenta di colmare tale lacuna, illustrando il senso teologico e liturgico di uno strumento tanto prezioso nella vita della Chiesa. «STUDI E RICERCHE DI LITURGIA» Edizioni Edizioni Dehoniane Dehoniane Bologna Bologna pp. 224 - € 23,00 Via Nosadella 6 - 40123 Bologna Tel. 051 4290011 - Fax 051 4290099 www.dehoniane.it 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 L 30-11-2012 11:21 Pagina CXC ibri del mese / schede uesto vol. completa la collana di pubblicazioni in materia di esercizi spiriQ tuali ignaziani alla luce dei Vangeli di Matteo, Luca e Giovanni dettati da Carlo Maria Martini tra il 1974 e il 1976. Proponendo ora il Vangelo di Marco, il testo, rivisto in questa nuova edizione col consenso dell’a. e arricchito di note essenziali, ne propone una «lettura catechistica» che condensandosi intorno all’itinerario spirituale dei Dodici permette a ciascuno d’intravedere il senso del proprio cammino interiore. MAZZOLARI P., La Via crucis del povero. Edizione critica a cura di Giorgio Campanini, EDB, Bologna 2012, pp. 196, € 15,00. 9788810108895 ella vasta produzione di Mazzolari La Via crucis del povero – apparsa nel N 1939 e ripubblicata, con integrazioni, nel 1953 – occupa un posto particolare perché da una parte riflette la sua prolungata meditazione sulla Passione, dall’altra pone al centro il problema della povertà. Una celebrazione «tradizionale» che viene riproposta in una prospettiva rinnovata, quella del povero, che è insieme Cristo e, dopo di lui, ogni uomo che viene in questo mondo. OPERA MADONNINA DEL GRAPPA – CENTRO DI SPIRITUALITÀ, PILLONI F., I segni dello sposo. La Chiesa sposa di Cristo nella famiglia e nella vedovanza, Effatà, Cantalupa (TO) 2012, pp. 156, € 11,50. 9788874027804 l testo – raccogliendo, rielaborati, alcuni scritti nati per tempi e destinatari diIil rapporto versi – è scritto «da un architetto per gli architetti» come mano tesa a ricucire tra «la Chiesa e il mondo dell’architettura e dell’arte contemporanea» in particolare sul tema della progettazione delle nuove chiese. «Mi sono messo – afferma Santi nell’Introduzione – dal punto di vista del committente (…). È un punto di vista importante (…). Tanto più che – sostengono gli architetti – il committente ecclesiale, quando è interrogato, è o piuttosto taciturno o troppo loquace (…). Qualcuno doveva fargli da portavoce. L’ho fatto per molti anni, senza troppa difficoltà [da responsabile per i beni culturali della CEI, ndr]. Continuo a farlo». SCHMUCKI A., Formazione francescana oggi. Corso di teologia spirituale 11, EDB, Bologna 2012, pp. 514, € 40,00. 9788810541319 l vol. raccoglie una serie di contributi per la formazione alla vita spirituale, in Iaccostino particolare alla vita consacrata, in prospettiva francescana. Benché i vari aa. l’azione formativa dell’esperienza spirituale a partire da competenze differenti, tra le diverse prospettive si realizza una sorprendente convergenza. e riflessioni raccolte in questo vol. colgono insieme due orizzonti diversi di L quella «realtà essenziale della vita umana» che è la famiglia. La I parte affronta il tema delle nozze cristiane, offrendo meditazioni sulla famiglia intesa co- SEMINARIO ARCIVESCOVILE MILANO, Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? La novità della famiglia cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 278, € 28,00. 9788821573705 me Chiesa domestica, seguendo un itinerario che va dall’amore umano alla famiglia che scaturisce dal matrimonio, fino alla considerazione della Chiesa stessa come «famiglia di Dio». La II presenta il tema della vedovanza cristiana, considerata come un cammino spirituale che se da un lato mantiene salda l’esperienza del matrimonio vissuto, dall’altro apre sempre di più lo spazio all’amore trascendente verso Cristo, accolto e vissuto come unico Sposo. riprende un dossier, già apparso su La Scuola cattolica, curato da docenIglieltivol. del Seminario di Milano in vista del VII Incontro internazionale delle fami(Milano, 30.5-3.6.2012). La tesi di fondo è chiara: piuttosto che difendere «un PANZARINO R., ANGELINI M., Santi & simboli. Storia, miracoli, tradizioni e leggende nell’arte sacra, EDB, Bologna 2012, pp. 287, € 27,50. 9788810241233 a storia dell’arte cristiana è costellata di raffigurazioni di santi, comunemenL te accompagnati da un complesso di simboli e segni distintivi. Il vol. effettua il «restauro culturale» di un patrimonio prezioso, offrendo un repertorio di facile determinato modello che, per quanto possa essere dichiarato “naturale” rimane sempre culturalmente connotato», si preferisce annunciare la novità dell’amore (sponsale) di Cristo quale grazia per vivere gli affetti e i legami familiari in un’epoca di crisi dell’istituzione matrimoniale. Il vol. organizza i contributi lungo le tre dimensioni dell’amore di Cristo, secondo l’immagine di Ef 3,18-19: la famiglia nasce «dall’Alto» (altezza), l’amore di Cristo plasma le relazioni (profondità) e la famiglia vive nella Chiesa e nel mondo (ampiezza). consultazione e corredato da numerosissime immagini. STEVAN S., Incontrando Gesù. Lectio divina sul Vangelo, Monti, Saronno (VA) 2012, pp. 123, € 9,50. 9788884772466 PLANAS PAHISSA J., SALVÀ F., COZZI M.A., Nuovo messalino dei bambini. Il mio primo libro di preghiere, EDB, Bologna 2012, pp. 175, € 7,50. 9788810768136 otto la guida dello Spirito Santo e in ascolto della Parola – è il metodo della S lectio divina – le piste di lettura che il vol. offre diventano «sorgente di grazia, dialogo orante, appello alla conversione, proposta profetica e orizzonte di spe- mato dal pubblico e apprezzato da parroci e catechisti, il Messalino dei fanA ciulli torna in una nuova edizione: rinfrescato nella grafica, aggiornato nel lessico secondo la sensibilità di oggi, mantiene inalterato il contenuto e il formato, a misura di bambino, nonché le simpatiche illustrazioni a colori, che hanno contribuito al suo successo. REZZAGHI R., Il sapere della fede. Catechesi e nuova evangelizzazione, EDB, Bologna 2012, pp. 181, € 16,50. 9788810121061 ggi la catechesi ha un profilo conteso tra l’ambito teologico e quello pedagogico; tra trasmissione della fede e l’educazione religiosa; con un destinatario che un tempo era considerato soprattutto il minore, ma che oggi sempre più spesso si vorrebbe fosse l’adulto. Tuttavia – afferma l’a. – «Ci interessano di più i segni di speranza, i germi di bene (…) anche se ciò che Dio sta costruendo non è sempre proprio secondo le nostre attese». Messa a fuoco la costitutiva dimensione evangelizzatrice della catechesi, il testo si dedica a ripensare di conseguenza i soggetti, il metodo e gli esiti. O ranza» (dalla Presentazione di mons. E. dal Covolo, rettore della Lateranense). BORELLI P., CALVETTI E., Il mondo aspetta qualcuno? Un itinerario verso Natale, Elledici, Cascine Vica (TO) 2011, pp. 114, € 9,00. 9788801049268 CLARISSE DI CORTONA, I personaggi biblici dell’Avvento, Queriniana, Brescia 2011, pp. 102, € 8,00. 9788839932051 LOMURNO N., A me Dio non interessa. Come attirare a Gesù le persone indifferenti, Edizioni Segno, Feletto Umberto – Tavagnacco (UD) 2012, pp. 76, € 7,00. 9788861385528 MARTINI C.M., Invocare il Padre. Preghiere, EDB, Bologna 22012, pp. 228, € 12,00. 9788810108949 NOCETI S., TOSCHI N., Una speranza di giustizia e di pace. Ogni giorno di Avvento con Isaia, EMP – Edizioni Messaggero, Padova 2011, pp. 127, € 8,00. 9788825029604 SALVOLDI V., Respirare l’amore. Per una spiritualità di condivisione. Prefazione di Angelo Comastri, Paoline, Milano 2012, pp. 199, € 15,00. 9788831541206 SEMERARO D., Messa e preghiera quotidiana. Dicembre 2012. A cura di fratel MichaeDavide, EDB, Bologna 2012, pp. 350, € 3,90. 9788810713730 arlare di spiritualità della famiglia non vuol dire fare grandi ragionamen«P ti sui princìpi dottrinali, ma semplicemente rendersi conto che “là dove c’è amore, c’è Dio”». Scopo del libro è esaltare il quotidiano amore che si tra- Sindone. Vangelo, storia, scienza, Elledici, Cascine Vica (TO) 2010, pp. 295, € 16,00. 9788801044089 smette e si riceve in famiglia, una realtà, al tempo stesso umana e divina, che è possibile incrementare con un cammino di pazienza, sopportazione, fedeltà, perdono e ricerca della santità. All’apertura d’ogni c. fa da guida «La Parola», seguita poi da commenti, risonanze e testimonianze per aiutare a capire e introdurre finali momenti di preghiera. 684 SANTI G., L’architettura delle chiese in Italia. Il dibattito, i riferimenti, i temi, Qiqajon, Magnano (BI) 2012, pp. 138, € 16,00. 9788882273613 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 TOSCHI N., Glorificate Dio con la vostra vita. Novena di Natale, EMP – Edizioni Messaggero Padova, Padova 2011, pp. 63, € 4,00. 9788825025361 VENTURI G., La corona di Avvento. Attualità di una tradizione natalizia, EMP – Edizioni Messaggero, Padova 2011, pp. 63, € 3,90. 9788825029758 CXC 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 30-11-2012 11:21 Pagina CXCI www.edizionimessaggero.it Spiritualità AMIRANTE C., Solo l’amore resta. Nuovi orizzonti nell’inferno della strada, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2012, pp. 222, € 15,00. 9788838468254 a fondatrice della comunità «Nuovi orizzonti» (a oggi 174 centri d’accoL glienza e formazione, 153 équipe di servizio, 5 «cittadelle Cielo» in via di realizzazione, oltre 250.000 «cavalieri della luce», in vent’anni di vita) racconta la propria storia di credente, caratterizzata da un cieco affidamento a Dio e dall’impulso a portare la gioia del Risorto negli inferi dell’umanità. ANTONINO G., Padre Pio presenta San Francesco, EDB, Bologna 2012, pp. 76, € 6,90. 9788810507513 ei rapporti con le persone che si rivolgevano a lui e con i suoi confratelli alN l’interno dell’Ordine, padre Pio ha fatto spesso riferimento a san Francesco d’Assisi, come fondatore e modello di vita. Il vol. indaga l’immagine di san Francesco che emerge dagli scritti del santo di Pietrelcina, dai primi anni di convento all’età matura. L’immagine che egli consegna è in un certo senso «classica», molto somigliante a quella trasmessa sin dalle origini dell’Ordine francescano. Tuttavia nei suoi testi essa è «impregnata» di insegnamenti ascetici esemplari. Alessandro Castegnaro - Ugo Sartorio (a cura) Toccare il divino BAHARIER H., Qabbalessico, Giuntina, Firenze 2012, pp. 80, € 8,50. 9788880574484 Pag. 176 - € 16,00 sservazioni e annotazioni su fenomeni e fatti di cronaca, ponendoli in relaO zione con la riflessione mistica e spirituale della Qabbalà ebraica. «Io penso che la Qabbalà sia un dono per tutti; per tutti coloro che a essa sono in grado Il più recente e aggiornato studio sul fenomeno della religiosità popolare, condotto a partire dai dati dell’Ostensione del corpo di sant’Antonio del 2010. di elevarsi. Di certo alza più un sorriso, un’amara ironia, che un chilometro lineare di scaffalatura sull’argomento». BARROS M., Il Vangelo che libera. In dialogo attorno a Luca, EMI, Bologna 2012, pp. 300, € 15,00. 9788830719873 opo Il baule dello scriba (2010), a commento del Vangelo di Matteo, il preD sente vol. acquisisce la forma dialogica di un colloquio con l’evangelista Luca, immaginato presente alla lettura del suo testo in una comunità popolare del Brasile. Con l’obiettivo di capire il testo del Vangelo rendendolo, attraverso lo stile dell’oralità, accessibile anche ai giovani, l’a. propone i recenti risultati della ricerca biblica alla luce delle realtà quotidiane e nel contesto della cultura popolare latinoamericana. Il libro, «costruito come un dialogo tra persone di diversi contesti culturali e spirituali» raccoglie anche altre considerazioni che partono da punti di vista diversi e include preghiere e affermazioni di persone e mistici di altre tradizioni religiose. BOSSIS G., Lui e io. Diario intimo di una mistica del Novecento, Marietti, Milano 2012, pp. 192, € 15,00. 9788821118302 iario intimo di una mistica del Novecento (1874-1950), nota non solo come D attrice teatrale e scrittrice , ma oggi anche come un’autentica «eco» di Cristo. I resoconti qui annotati, dapprima in forma di brevi estratti poi via via diventati veri e propri colloqui di una relazione sublime col divino, sono stati scritti dall’a. a partire dal 1936 quando, durante una tourneè in Canada, la «voce» che già sentiva interiormente le chiese di scrivere questi discorsi. CALDIROLA D., TORRESIN A., I verbi del prete. Forme dello stile presbiterale, EDB, Bologna 2012, pp. 157, € 11,50. 9788810512111 i sono alcuni verbi che danno forma allo stile presbiterale. Uno stile che viene approfondito nel vol. attraverso gli articoli che due parroci di Milano hanno scritto per il periodico Settimana (EDB). Con il preciso avvertimento che «l’aura sacrale e la garanzia del ruolo sociale non servono più e non sono più raggiungibili». Fare i conti con i propri limiti e pregi, è un esercizio necessario per un prete, come per ogni uomo, perché «nessuno dei compiti a cui il sacerdote è chiamato esige una impossibile perfezione». V CARAMORE G., Nessuno ha mai visto Dio, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 77, € 10,00. 9788837226275 li scritti diversi che compongono il vol. sono caratterizzati dall’«indicazione G di un problema intensamente sentito, quello della difficoltà di “pensare” Dio e di “dire” Dio», in forma pressante «quasi (…) di un personale rovello». Il primo CXCI IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 685 Luigi Berzano (a cura) Credere è reato? Pag. 312 - € 24,00 Il confronto di giuristi, sociologi e semiologi sul grande tema della libertà religiosa in Italia: riflessioni sullo stato laico e sulla società multietnica e pluralista. 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 L 30-11-2012 11:21 Pagina CXCII ibri del mese / schede scritto pone a tema il silenzio in cui è avvolta la «parola di Dio e la nostra difficoltà ad ascoltarla, leggerla, interpretarla». Il secondo ha come oggetto l’invisibilità di Dio cui fa da controcanto la visibilità delle «tracce d’amore, per così dire, che si ritrovano nelle creature umane che lo invocano». Il terzo, infine, esemplifica una modalità concreta d’ascolto della Parola nell’«avere cura di chi è intorno a noi». GUSMITTA P.L., Cronache sacerdotali. Quale prete sogna Dio?, Effatà, Cantalupa (TO) 2011, pp. 92, € 9,00. 9788874027187 ccompagnare i sacerdoti nel loro cammino è gesto di premura delicata e attenzione allo Spirito Santo. Impegna ad ascoltare l’umanità concreta e la ferialità talvolta opaca. (…) Le pagine che seguono sono frutto di tale esperienza umile e ricca». Direttore dell’Istituto per la formazione permanente del clero di Vigevano, l’a. raccoglie brevi riflessioni scaturite da una «contemplazione» della vita sacerdotale (I parte) lungo il cammino di formazione condiviso coi giovani preti della sua diocesi. Stimoli per la riflessione, la lectio divina e la preghiera completano il vol. (II parte). «A MALERBA P., Il lavoro non è tutto. Festa e riposo nel tempo della flessibilità, Queriniana, Brescia 2012, pp. 155, € 11,00. 9788839931498 l «lavoro e la festa sono due categorie concettuali spesso considerate antitetiche Iè festivo... nella cultura comune: si fa festa quando non si lavora e il tempo del lavoro non Tuttavia, nella vita di ogni essere vivente questi due tempi sono strettamente connessi, anche se poi sono vissuti in modo antitetico, nel senso che uno non può fare a meno dell’altro» (dall’Introduzione). Le meditazioni di questo libro cercano di dare una risposta a un interrogativo di fondo: come vivere il tempo della festa e del lavoro nella attuale era della flessibilità e come accordarli fra loro. MOSCA MONDADORI A., Cristo nelle costellazioni, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 63, € 8,00. 9788837225711 telle che vegliano il silenzio delle costellazioni da loro stesse costruite come S una preghiera, un salmo, un canto volto a quella realtà che è nella sua essenza totalmente «cristica». Per raggiungerla bisogna invocare il sostegno di colui che è il solo in grado di uccidere il vecchio uomo, per far sorgere la nuova creatura da una seconda creazione: «Aiutami Signore a perdermi. Che rimanga solo la Vergine, e il suo silenzio». L’a. con questa sua intensa, radicale opera poetica riesce, senza mai perdere il ritmo di una musicalità tutta interna al testo stesso, a far vivere sulla pagina bianca l’incontro con il mistero della vita. Poesie simili a feritoie in cui Dio passa, tocca, ferisce come solo sa ferire un inno a Cristo e all’infinito racchiuso nel grembo di una Madre: «Le tue mani Cristo / al limite dell’universo. Perché i confini dell’universo / sono il tuo amore / che genera eternità / in ogni direzione./ Sei tu col tuo sguardo / a dilatare la beatitudine / e la materia». REBORA C., Meditazioni. A Villa Grazia di Giogoli (FI). 1o diembre 1953 - 30 maggio 1954. A cura di Carmelo Giovannini, La grafica, Mori (TN) 2011, pp. 210, s.i.p. vol. propone la trascrizione di alcune meditazioni tenute da p. Rebora tra il Ite adl1953 e il 1954 che seguono l’anno liturgico e che sono particolarmente attenalcune grandi figure femminili come s. Caterina da Siena o s. Maria Maddalena. La cura dei testi è di p. Carmelo Giovannini, studioso appassionato del pensiero reboriano. SCHÖNBORN C., Sulla felicità. Meditazioni per i giovani, ESD – Edizioni studio domenicano, Bologna 2012, pp. 231, € 15,00. 9788870947885 ono qui raccolti alcuni testi pronunciati in diverse occasioni dal card. ChriS stoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e tutti sul tema della felicità, perché noi «siamo creati per essere felici». Nella I parte si tratta della tendenza dell’uomo alla felicità e delle sue piccole e grandi esperienze di essa; nella II della rivelazione di Dio nella Bibbia, promessa originaria di felicità; nella III della tragedia del XX secolo, ossia di quando le ideologie promettono la felicità in terra; mentre l’ultima parte è dedicata alla lettura di brani di G. von le Fort, C.S. Lewis e W. Shakespeare. BOCCHINI S., LUSANI V., Il Natale è di tutti, EDB, Bologna 2012, pp. 30, € 2,50. 9788810707753 686 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 BOCCHINI S., LUSANI V., In silenzio, EDB, Bologna 2012, pp. 30, € 2,50. 9788810707760 BORDT M., Ciò che conta nelle crisi. Come può riuscire la vita, Queriniana, Brescia 2012, pp. 96, € 9,00. 9788839922946 CUCCI G., La lussuria. Una ricerca malata dell’assoluto, ADP – Apostolato della preghiera, Roma 2012, pp. 30, € 3,00. 9788873575528 DANISI P., Oltre i limiti, Levante, Bari 2012, pp. 110, € 14,00. 9788879496100 SARTORIO U., Tra notizia e spiritualità. Editoriali sul filo, Cittadella, Assisi 2012, pp. 126, € 10,50. 9788830812536 TENGBOM M., Quando si resta vedovi, EMP – Edizioni Messaggero, Padova 2010, pp. 63, € 6,00. 9788825026092 Storia della Chiesa CICCOPIEDI C., Diocesi e riforme nel Medioevo. Orientamenti ecclesiastici e religiosi dei vescovi nel Piemonte dei secoli X e XI, Effatà, Cantalupa (TO) 2012, pp. 142, € 16,00. 9788874027798 a medievistica più recente, che si è rivolta al tessuto locale delle diocesi, sta L superando la concentrazione della storiografia sull’azione politica episcopale nel Medioevo. Viene così a incrinarsi il pregiudizio su quei vescovi che per la loro opposizione alla riforma accentratrice di Gregorio VII sono stati a lungo ritenuti «filoimperiali, dipendenti dai poteri laici, quando non assimilati a quelli corrotti e davvero simoniaci». Il vol. è un esempio interessante di tale tendenza. Concentrandosi sulle diocesi piemontesi, lo studio dimostra l’esistenza di un vero e proprio movimento di «riforma vescovile» precedente la riforma gregoriana e riguardante l’azione «propriamente ecclesiastica e pastorale» dei vescovi (cura d’anime, sinodi, stile di vita dei chierici). HOLZHERR G., La regola di Benedetto. Introduzione alla vita cristiana, EDB, Bologna 2012, pp. 692, € 48,00. 9788810453063 a edizione qui presentata della Regola di san Benedetto – la 7 – permette un L’ approccio integrato e pluridimensionale al testo, fornendo al lettore gli strumenti critici secondo diversi livelli di approfondimento. L’Introduzione inquadra la Regola nel suo contesto storico, sociale e religioso, ne mette in risalto gli elementi innovativi e originali rispetto alle altre regole che comparvero nello stesso periodo e soprattutto mostra come essa venne recepita nell’ambito ecclesiale del Medioevo e dei secoli successivi. Il cuore del vol. è costituito dall’edizione critica del testo latino della Regola accompagnato dalla traduzione italiana, che si contraddistingue per precisione, per perfetta aderenza all’originale e, al tempo stesso, per uno stile estremamente scorrevole e leggibile. Il testo è corredato da un esauriente commento esplicativo che spiega la Regola parola per parola, ne esplicita i riferimenti biblici e patristici, mette a fuoco la teologia, la spiritualità e il pensiero di san Benedetto. MIELE M. (a cura di), Le relazioni ad limina dell’arcidiocesi di Napoli in età modera. A cura della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, sezione s. Tommaso d’Aquino, vol. 42 di Campania sacra, Napoli 2011, pp. 428, s.ip. testo – numero monografico della rivista Campania sacra – offre l’edizione inImaltegrale (solo latina) delle relazioni degli arcivescovi di Napoli presentate a Roin occasione delle periodiche visite ad limina dal Cinquecento al Settecento. Esse non solo forniscono un quadro esaustivo della Chiesa locale ma sottolineano anche il ruolo di primo piano che la diocesi partenopea ebbe in tutto il Sud d’Italia. TENTORIO M., Saggio storico sullo sviluppo dell’Ordine somasco dal 1569 al 1650. La Compagnia dei servi dei poveri dall’approvazione di Pio V all’inchiesta di Innocenzo X, Archivio storico dei Padri somaschi, Roma 2011, pp. 499. rchivista storico dei padri somaschi, l’a. traccia un profilo storico «metodiA co», non in forma di «apologia, conferenza o panegirico», della sua Congregazione – dedita al servizio dei poveri e degli orfani – dall’anno di nascita, con la professione dei primi sei padri (1569), al manoscritto sullo stato dell’ordine ste- CXCII 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 30-11-2012 11:21 Pagina CXCIII so per ordine di Innocenzo X nel 1650. «Non mi propongo d’esaurire tutta la materia – scrive l’a. nell’Introduzione – ma solo di ordinare il vasto materiale, per dare l’avviamento a un futuro studioso che voglia interessarsi di questo argomento storico». VINCENZO DE’ PAOLI, Opere/9. Conferenze alle figlie della carità, Centro liturgico vincenziano, Roma 2012, pp. 1107, € 65,00. 9788873671510 l IX vol. delle Opere di s. Vincenzo de’ Paoli, che contiene 120 conferenze teItraccia nute alle Figlie della carità tra il 1634 e il 1660 (con un ricco indice tematico), l’emergere nel Seicento di una rivoluzione nella vita consacrata femminile, con l’istituzione di un nuovo tipo di vita religiosa al tempo stesso contemplativa e attiva, religiosa e secolare al di fuori delle mura del convento, nel vasto mondo, ovunque ci siano poveri da servire. Molto di quanto si legge in queste conferenze restituisce ancora intatti il calore e la passione della carità espressi dal santo della carità. Attualità ecclesiale ALBANESE G., Missione extra large. Per un Vangelo senza confini, EMP – Edizioni Messaggero Padova, Padova 2012, pp. 134, € 12,00. 9788825029475 adre Giulio ripercorre, alla vigilia della celebrazione del Sinodo sulla nuova P evangelizzazione, la propria esperienza di giornalista missionario comboniano da oltre 25 anni per ritrovarne il nucleo centrale e per «provocare quel cristianesimo algido e ingessato, a volte paludato, fatto di candelabri e merletti, che sta allontanando soprattutto i giovani dalle nostre comunità». Infatti, prosegue, «oggi più che mai la Parola deve uscire dalle nostre sacrestie, per entrare, a pieno titolo, nelle vicende umane: a 360o, in misura… “extra large”». Prefazione di S. Zavoli. Cittadini della terra e del cielo Giovani, famiglia, politica e società Giorgio Fedalto Da Pasqua il tempo nuovo Questioni di cronologia ebraico-cristiana 400 pagine, € 30,00 128 pagine, € 14,00 Trenta tra i più noti specialisti tracciano un quadro della società e delle istituzioni del nostro Paese e agli “affamati di cultura” propongono gli strumenti per migliorare lo stato di salute della democrazia. Dall’esigenza di fissare un’unica data per celebrare annualmente la Pasqua, Dionigi il Piccolo cominciò a datare gli eventi a partire dall’incarnazione di Cristo. Avrebbe però sbagliato il calcolo per cui Gesù sarebbe nato 6 o 7 anni prima di Cristo. Una nuova rivisitazione dei documenti e il ricorso ai dati astronomici diffusi dall’U.S. Naval Observatory permette di proporre date più sicure sull’origine del Cristianesimo. Casa Editrice Mazziana Via San Carlo 5 – 37129 Verona Tel. e fax 045 912039 [email protected] DIANICH S., TORCIVIA C., Forme del popolo di Dio. Tra comunità e fraternità, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 230, € 24,00. 9788821573729 el vol. vengono in primo luogo analizzate dal punto di vista teologico le vaN rie forme in cui si declina il concetto di comunità ecclesile, termine venuto a imporsi negli ultimi decenni «per designare la Chiesa in un qualsiasi discorso che tratti della concretezza del suo vivere e del suo agire», affiancatosi alla figura del «popolo di Dio», alla base dell’ecclesiologia del Concilio. Successivamente il tema viene sviluppato e ampliato facendo ricorso agli strumenti offerti da sociologia, psicologia, filosofia e diritto. Viene così ridimensionata l’«emergenza imperiosa della figura dell’individuo», per lasciar spazio al concetto di fraternità. L’esperienza religiosa di Paolo Enchiridion Vaticanum/26. Documenti ufficiali della Santa Sede 2009-2010. A cura di L. Grasselli, EDB, Bologna 2012, pp. 2298, € 46,00. 9788810802502 Giovanni Tabacco o l 26 Enchiridion, dedicato al biennio 2009-2010, testimonia un periodo partiIquello colarmente ricco e intenso dell’attività della Santa Sede, dall’Anno paolino a sacerdotale, dall’enciclica Caritas in veritate all’esortazione apostolica Verbum Domini, dal Sinodo sull’Africa a quello sul Medio Oriente, fino ai viaggi di Benedetto XVI in Camerun e Angola, Repubblica Ceca, Terra Santa, Gran Bretagna e Spagna. Su questioni di grande importanza come i provvedimenti per il rientro di anglicani nella comunione con la Chiesa cattolica, la controversa questione dei vescovi lefebvriani, il dramma delle violenze sui minori, la riforma dell’ordinamento economico-finanziario del Vaticano, ma anche le modifiche all’ordinamento canonico e alla struttura della Curia romana, come per molti altri aspetti importanti, ma spesso meno noti, dell’attività della Santa Sede, i documenti pubblicati rappresentano una testimonianza irrinunciabile e al tempo stesso un’insostituibile chiave di lettura. GUASCO M., Carità e giustizia. Don Luigi Di Liegro (1928-1997), Il Mulino, Bologna 2012, pp. 337, € 25,00. 9788815240644 na «prima ricostruzione della biografia» di don Luigi Di Liegro (1928-1997) a partire dal suo archivio personale, ora presso la fondazione a lui dedicata, a opera dello storico Maurilio Guasco. Essa racconta «la storia non solo della diocesi di Roma ma della stessa città, almeno in alcuni dei suoi aspetti più significativi» e «il mondo spesso dimenticato (…) che venne al centro dell’attenzione grazie al contributo fondamentale dato proprio da don Luigi». Fondatore della Caritas di Roma, per la sua attività in favore dei più emarginati si scontrò sia con le autorità politiche sia con le gerarchie cattoliche della città, pur godendo della stima personale di Giovanni Paolo II. U CXCIII IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 687 Mauro Pesce La conversione, il culto, la politica pp. 160, € 14,00 La metamorfosi della potenza sacerdotale nell’alto medioevo a cura di Grado Giovanni Merlo pp. 136, € 14,00 Enrico Berti Studi aristotelici Nuova edizione riveduta e ampliata pp. 464, € 28,00 Donatella Caramia La Musica e oltre Colloqui con Ennio Morricone pp. 192, € 16,00 Edward Shils Tradizione e carisma a cura di Carlo Prandi pp. 152, € 14,00 Via G. Rosa 71 - 25121 Brescia - Tel. 03046451 - Fax 0302400605 www.morcelliana.com 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 L 30-11-2012 11:21 Pagina CXCIV ibri del mese / schede Le costituzioni del Vaticano II. Sacrosanctum Concilium, Lumen gentium, Dei verbum, Gaudium et spes, EDB, Bologna 2012, pp. 280, € 4,90. 9788810802526 l concilio Vaticano II (1962-1965) ha prodotto 16 documenti: 4 «costituzioni» Icostituzioni seguite da 9 «decreti» e da 3 «dichiarazioni». Il vol. riporta i testi italiani delle per una loro rapida e sintetica consultazione. MACCIANTELLI R., Mons. Mario Campidori. Vivere per fare la gioia, Dehoniana Libri, Bologna 2012, pp. 96, € 4,90. 9788889386590 uesto ritratto del fondatore dell’associazione bolognese Simpatia e amicizia, impegnata nell’accompagnamento di persone affette da handicap, è curato dall’attuale rettore del Seminario locale con l’esplicita volontà di valorizzare una delle «figure sacerdotali eminenti del presbiterio bolognese» che numerose animarono la vita ecclesiale e sociale della diocesi specialmente a partire dall’episcopato del card. Lercaro. Q MARTINELLI P., Nuova evangelizzazione e carisma francescano. Prospettive e testimonianze, EDB, Bologna 2012, pp. 140, € 12,50. 9788810541463 empre più strada si fa la convinzione che la nuova evangelizzazione non è anS zitutto una questione di strategie pastorali ma un evento spirituale. Quali risorse provengono dalle grandi spiritualità cristiane per questa sfida che sta di fronte alla Chiesa agli inizi del III millennio? E quale il contributo del carisma francescano all’annuncio del Vangelo oggi nella società postmoderna? A tali domande ha cercato di rispondere l’annuale giornata di studio promossa dall’Istituto francescano di spiritualità della Pontificia università Antonianum, tenutasi in preparazione della XIII Assemblea del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana. MAZZOLARI P., Un formatore di coscienze. A cura di G. Vecchio, La scuola, Brescia 2012, pp. 160, € 9,00. 9788835029564 opo aver proposto nella I parte del vol. una sintesi della biografia di MazD zolari, l’a. fa seguire la bibliografia vastissima delle sue opere – comprendente gli articoli, i saggi, le opere postume, i numerosi carteggi, i diari e gli studi a lui dedicati, organizzati dalla Fondazione Mazzolari – aggiornata sulla base di recenti studi. La II parte del vol. è un’antologia di brani ancora inediti del sacerdote, attraverso i quali è possibile intravederne la figura di un formatore di coscienze non solo sul piano della fede e della morale, ma anche su quello della professione e dell’impegno sociale e politico. Si tratta delle pagine iniziali del percorso educativo e formativo che é stato la sua vera missione. PANETTIERE G., Non solo vescovi. La gerarchia cattolica e le sfide della Chiesa, Il Segno dei Gabrielli, S. Pietro in Cariano (VR) 2012, pp. 128, € 13,00. 9788860991676 e 13 interviste ad altrettanti vescovi di diocesi italiane (con prevalenza del Nord) sono nate per la pubblicazione sul Quotidiano nazionale di cui l’a. è firma. Qui raccolte e opportunamente suddivise per aree tematiche, riconsegnano la freschezza e la varietà di prospettive di chi ricopre oggi nella Chiesa la non semplice funzione di governo. Come il card. Martini afferma nelle righe augurali scritte in prossimità della pubblicazione, qui la «storia concreta» di vescovi «buoni e generosi» emerge oltre la «nube grigia» che talora sembra stagliarsi nell’orizzonte degli appuntamenti ufficiali; qui, ribadisce mons. Soravito (Adria-Rovigo) nella Prefazione, si colgono «i problemi più scottanti» che i vescovi «devono affrontare nelle loro Chiese e nella società attuale». L QUINSON H., Degli uomini e degli dei. Il racconto del film Uomini di Dio, Jaca Book, Milano 2012, pp. 246, € 22,00. 9788816305168 hi ha conosciuto e amato la vicenda dei monaci di Tibhirine, rapiti e uccisi in Algeria nel 1996, e poi gustato il film a loro dedicato Uomini di Dio (uscito nel 2010) leggerà con interesse il racconto di Henri Quinson, già banchiere e poi monaco e consulente per la parte «ecclesiale» del regista Xavier Beauvois. In qualche modo gli attori e tutto il personale al lavoro per l’allestimento e le riprese rivivono gli interrogativi dei monaci nel farsi concreto del film; in una certa iniziale contrarietà dei familiari dei monaci; nei timori della comunità ecclesiale marocchina (le riprese sono state fatte in Marocco); nel calarsi nella parte dei vari attori, tra cui i magistrali Lambert Wilson e Michael Lonsdale. C RONCALLI M., Giovanni Paolo I. Albino Luciani, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 734, € 34,00. 9788821573200 (734 pp.) ricostruzione della figura di Giovanni Paolo I a cenL’ impegnativa t’anni dalla nascita (1912) è scritta da Marco Roncalli, saggista con all’atti- 688 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 vo una ventina di pubblicazioni sulla storia della Chiesa nel Novecento. Essa vuole «far emergere il profilo di Luciani dai differenti contesti in cui s’è trovato a operare» e punta a ricostruire «una storia prima di tutto come ricerca, conoscenza». Un’analisi condotta «nella libertà da pressioni istituzionali, accademiche, devozionali» che porta il lettore a formarsi un’idea a partire dai documenti al momento disponibili e che rende conto delle possibili e diverse interpretazioni – attualmente ancora plausibili – dei 33 giorni del suo pontificato. SICCARDI C., Giovanni Paolo I. Una vita per la fede, Paoline, Milano 2012, pp. 226, € 24,00. 9788831535007 alla feconda penna di Cristina Siccardi, che ha scritto numerosissime bioD grafie (da Madre Teresa al card. Newmann, da Mafalda di Savoia a Paolo VI), sgorga questa appassionata rilettura della vicenda terrena di papa Luciani che aveva scelto come motto episcopale la parola humilitas. Nel 2006 si è conclusa la fase diocesana di raccolta delle testimonianze in vista della sua canonizzazione e l’iter processuale passato a Roma è seguito da mons. Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia università lateranense. SVIDERCOSCHI G.F., Il ritorno dei chierici. Emergenza Chiesa tra clericalismo e Concilio, EDB, Bologna 2012, pp. 141, € 9,00. 9788810513248 a Chiesa cattolica sembra oggi avere due anime. La prima si sente deposiL taria esclusiva della verità che annuncia ed è segnata da un risorgente clericalismo, da un’autorità che degenera spesso in puro potere. La seconda, che si rifà al concilio Vaticano II, portatrice di tante novità e speranze, ma bloccata nella fase evolutiva dalle paure e dalle resistenze di una parte della gerarchia ecclesiastica. Dal confronto tra queste due anime si deciderà il futuro del cattolicesimo, che sta vivendo una profonda crisi di fede ma anche di leadership, di uomini, di progetti, di strutture, di linguaggi, di rapporti con la modernità. È possibile – si chiede l’a. – che, al miliardo e più di battezzati che costituiscono la fitta trama della cattolicità nelle più diverse realtà del mondo, continui ad arrivare l’eco di scandali, conflitti, «Vatileaks» e non un rinnovato e vivificante annuncio del Vangelo? VALLI A.M., Dai tetti in su, dai tetti in giù. Ovvero perché e come la famiglia cristiana può salvare il mondo, EMP – Edizioni Messaggero, Padova , pp. 221, € 17,00. 9788825031447 critto in forma di diario, il vol. è il racconto di una storia familiare cristiaS na (Valli è sposato con Serena e ha sei figli), in cui le vicende di vita quotidiana diventano spunto per riflessioni su argomenti attuali riguardanti gli stili di vita che il mondo propone. L’ampio raggio dei temi trattati permette all’a. di smascherare alcuni luoghi comuni, che nascono dal «soggettivismo radicale» prodotto dalla cultura dominante. Questioni complesse a cui l’a. risponde riportando al centro l’importanza di una coscienza morale da riscoprire in famiglia. Filosofia DONATI A., Alla ricerca di Dio, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2012, pp. 325, € 19,00. 9788849834482 uesto ponderoso vol. propone una nuova definizione dei fondamenti metaQ fisici della realtà, partendo dalla necessità di un superamento della «filosofia intellettualistica», rappresentata dall’eredità platonica e aristotelica, per sfociare nel riconoscimento dell’esistenza di «due culture», fondate sul primato accordato alla «scienza dell’essere» da un lato e alla «scienza del divenire», intesa alla luce delle sue moderne declinazioni scientifiche, dall’altro. Opera notevole per l’ampiezza di temi e orizzonti aperti, anche se rimane aperto l’interrogativo se sia lecito accordare ai rivestimenti filosofici della scienza moderna il valore di giudice della metafisica classica. DREON R., Fuori dalla torre d’avorio. L’Estetica inclusiva di John Dewey oggi, Marietti, Milano 2012, pp. 252, € 25,00. 9788821187124 ttraverso il confronto con tesi di filosofi e antropologi contemporanei, l’a. riA percorre la riflessione estetica di J. Dewey, intesa in senso estensivo rispetto ai confini assegnategli al momento della sua nascita come disciplina filosofica nel XVIII secolo. Per D., infatti, essa include l’intera gamma di interazioni con l’am- CXCIV 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 30-11-2012 11:21 Pagina CXCV GIAN FRANCO SVIDERCOSCHI biente circostante, e può quindi essere identificata con la stessa esperienza, intesa nei suoi primitivi aspetti qualitativi e irriflessi. Da questo approccio derivano una serie di conseguenze, quali il superamento del dualismo fra «belle arti» e «arti minori» e un avvicinamento fra etica ed estetica. GATTI R., Rousseau. Il male e la politica, Studium, Roma 2012, pp. 304, € 25,00. 9788838241598 del vol. è proporre un’interpretazione di alcuni punti essenziali del Ila ntento problema del male quale si presenta nel pensiero di Rousseau in relazione alpropria filosofia politica. Rivalutando l’antropologia e lo sfondo religioso in Il ritorno dei chierici Emergenza Chiesa tra clericalismo e concilio cui essa si colloca, l’a. intende ridimensionare la tesi secondo cui «il male viene prodotto attraverso la storia e la società, senza alterare l’essenza dell’individuo», sottolineando lo spazio accordato da R. alla debolezza e all’imperfezione connaturate all’uomo, sicché la società si configura non più come causa, bensì come occasione del male, da situare quindi all’interno dell’uomo, e non nella sua periferia. MORETTO G., Ermeneutica. A cura di Guido Ghia, Morcelliana, Brescia 2011, pp. 200, € 15,00. 9788837225025 ermeneutica viene intesa in questa raccolta di saggi come nuovo paraL’ digma filosofico, stimolato dall’Illuminismo e maturato con la riflessione idealista tedesca, teso a una compenetrazione di filosofia e teologia, nel contesto del superamento dell’antica distinzione fra ordine naturale e ordine soprannaturale. Non senza audacia (e consapevole dell’attrito con la prospettiva confessionale), l’a. legittima un’interpretazione filosofica dei testi sacri a partire dal «principio della libertà», in essi stessi contenuto e non inferiore al «principio della confessione», basandosi in particolare su Lessing e Schleiermacher. NODARI F., Il pensiero incarnato in Emmanuel Lévinas, Morcelliana, Brescia 2011, pp. 266, € 20,00. 9788837225766 n questo vol. viene approfondito il ruolo della corporeità nella filosofia di LéIdurante vinas, appoggiandosi ai suoi Carnets de captivité, raccolta di brevi testi redatti la prigionia presso un campo tedesco durante la Seconda guerra mondiale e rimasti inediti fino al 2009. L’approccio ermeneutico dell’a., di difficile comprensione, intende evidenziare il percorso compiuto da L. a partire da premesse fenomenologiche, poi superate, per giungere, «al di là dell’ego trascendentale e a-storico» husserliano e del «Dasein disincarnato» dell’Essere e tempo heideggeriano, a un «pensiero incarnato», cioè a un «io sono» «garante-con-lapropria-vita-per-l’altro». VOLPE G., La verità, Carocci, Roma 2012, pp. 144, € 11,00. 9788843065196 enza aver la pretesa d’«individuare un gioco linguistico più fondamentale di S altri», l’a. passa in rassegna le principali «teoria della verità», secondo una prospettiva analitica: da quella «della corrispondenza», fondata su un’intuizione realista e predominante nel corso della storia della filosofia, a quelle epistemiche («immanenza della verità alle nostre pratiche conoscitive»), dalla teoria semantica di Tarski, basata sulle «relazioni esistenti fra gli enunciati e gli oggetti di cui «parlano», alle concezioni deflazionistiche, con la loro intenzione di «dissolvere, anziché risolvere, la questione della natura della verità». L a Chiesa cattolica sembra oggi attraversata quasi da un muro: da un lato una Chiesa che si sente depositaria esclusiva della verità che annuncia, segnata da un risorgente clericalismo, da un’autorità che degenera spesso in puro potere; dall’altro la Chiesa «nata» 50 anni fa dal Vaticano II, portatrice di novità e speranze, ma bloccata da paure e resistenze di parte della gerarchia. Un giornalista affermato si interroga Storia, Saggistica sul confronto tra queste due anime, da cui dipenderà ACANFORA P., Un nuovo umanesimo cristiano. Aldo Moro e «Studium» (1945-1948), Studium, Roma 2011, pp. 143, € 15,50. 9788838241406 il futuro del cattolicesimo. l piccolo libretto è una densa analisi non solo del Moro direttore della rivista Itellettuali Studium ma soprattutto della complessiva linea editoriale di quel gruppo di inche furono protagonisti del «quadriennio esaltante in cui nacquero la «ITINERARI» democrazia italiana e la repubblica costituzionale e si realizzò la stessa, duratura, egemonia democristiana nel sistema politico» italiano. «Acanfora evidenzia le linee di fondo di un progetto collettivo piuttosto omogeneo, che affondava le sue radici nell’atteggiamento impostato già all’interno del regime totalitario», mettendone i luce anche le «problematicità»; esso si applicava non solo alla nascente democrazia ma serviva anche come modalità interpretativa del cristianesimo stesso (dalla Prefazione di G. Formigoni). pp. 144 - € 9,00 www.dehoniane.it Via Nosadella 6 40123 Bologna Tel. 051 4290011 Edizioni Dehoniane Bologna CXCV IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 689 Fax 051 4290099 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 L 30-11-2012 11:22 Pagina CXCVI ibri del mese / schede GRISONI F., Compagn. Prefazione di Giovanni Tesio. Postfazione di Giacomo Canobbio, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 162, € 18,00. 9788837225650 POLIERI P., Dio è tollerante? Il cristianesimo di fronte alla pluralità delle religioni e alla sfida etica globale, Stilo editrice, Bari 2011, pp. 395, € 35,00. 9788864790183 ata a Sirmione, dove vive e lavora, l’a. scrive i propri versi nel dialetto, o l mio obiettivo è criticare per migliorare. Decostruire per costruire». CoN forse sarebbe più corretto dire nella lingua del suo luogo di nascita. Con- «Isì l’a. presenta un vol. nel quale, con la sua formazione antropologicosiderata, a ragione, una delle voci più significative della poesia italiana con- culturale «costruita a partire dalla decostruzione delle strategie discorsive di temporanea, la sua poesia è stata spesso accostata ad quella della grande poetessa americana dell’Ottocento, Emily Dickinson, per la comune contemplazione della natura e di ciò che accade nella quotidianità vista come evento. Con questa sua ultima opera la vena poetica della Grisoni rende partecipe il lettore alla propria avventura vissuta nella carne e nello spirito. Un itinerarium mentis in Deum, nel cui percorso la poetessa si lascia guidare e modellare da colui/Colui che si rivela come la Verità. Il Compagn del titolo significa in italiano come. Con l’uso di questo semplice avverbio la poesia della Grisoni esplora la separazione tra l’uomo e gli animali, il tempo dettato dal «non ancora» da quello che «sarà», vale a dire la pienezza che vince la solitudine. GUARDINI R., Opera omnia XIX/2. La Divina Commedia di Dante. I principali concetti filosofici e religiosi. (Lezioni). A cura di Oreste Tolone, Morcelliana, Brescia 2012, pp. 659, € 50,00. 9788837225445 iunge per la prima volta al lettore italiano il principale lavoro dedicato da G Romano Guardini alla Divina commedia di Dante e al suo contenuto filosofico e religioso, anche se erano state pubblicate due raccolte di studi danteschi ora confluite nel vol. XIX/1 dell’Opera omnia, in corso di pubblicazione. Ne emerge una particolare predilezione del filosofo per l’Alighieri e la sua Commedia, con molti punti di affinità nel rispettivo pensiero filosofico, e insieme l’opera «ci restituisce un’immagine più corretta anche di Guardini e del suo rapporto con la letteratura, che appare ora ancora più nevralgico e strutturale all’interno del suo pensiero» (O. Tolone). HELLER A., I miei occhi hanno visto. Con Francesco Comina e Luca Bizzarri, Casa editrice Il Margine, Trento 2012, pp. 130, € 15,00. 9788860891013 autoaffermazione identitaria», critica i modelli teorici dominanti del cristianesimo occidentale, incapaci – a suo dire – di riconoscere «in termini di parità (…) l’esistenza e il valore dell’alterità», e dunque di farsi realmente carico della sfida del pluralismo religioso. La globalità della sfida del dolore e del male ha invece offerto a P. Knitter l’elaborazione di un pensiero dell’alterità innovativo, che l’a. analizza e assume come proposta per ridefinire le coordinate e i riferimenti tradizionali dell’identità cattolica davanti alle istanze del pluralismo. RICORDA R., La letteratura di viaggio in Italia. Dal Settecento a oggi, La scuola, Brescia 2012, pp. 407, € 22,00. 9788835029618 è una categoria che ha sempre affascinato scrittori, pensatori, poeIconlti«viaggio» di ogni tempo; vasta è, infatti, la produzione odeporica da essa scaturente. L’a. questo suo saggio suddiviso in due parti – la I di ordine metodologico e storico-critico, la II antologica con un’accurata scelta di testi – tratteggia un quadro inevitabilmente generale nel quale, però, si cerca d’evidenziare le intersezioni dei «fili elettrici» più interessanti in modo da suggerire stimoli, percorsi di lettura tali da permettere al lettore interessato d’intraprendere il proprio viaggio in una letteratura che è cronaca, testimonianza, memoria. Politica, Economia, Società ANTISERI D., PANIZZA G., Il dono e lo scambio, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2012, pp. 90, € 10,00. 9788849832761 L possibile addivenire a una sintesi tra solidarietà e profitto?» A partire «È da questo quesito si sviluppa il vol., breve ma ricco di richiami alla riflessione filosofica e al recente magistero pontificio, sulla possibilità di trovare NAEF S., La questione dell’immagine nell’islam, O barra O edizioni, Milano 2012, pp. 130, € 14,00. 9788887510966 GRASSO A., Invito alla televisione. A cura di C. Penati, La scuola, Brescia 2012, pp. 126, € 9,00. 9788835028369 ibro-intervista in cui viene ripercorsa la vita della filosofa, in un intreccio di storia personale e di storia intellettuale. Ricorrendo intenzionalmente a un linguaggio quotidiano, l’a. ripercorre le vicende che hanno concorso a definire la propria posizione intellettuale, dall’impatto traumatico degli eventi della Seconda guerra mondiale (sintetizzati in Auschwitz e Hiroshima) all’incontro con personalità del mondo intellettuale ungherese, primo fra tutti Lukács, sino alle varie tappe della carriera accademica, che hanno condotta H. all’insegnamento prima in Germania poi in Australia. un punto di contatto, se non una vera e propria conciliazione, fra l’etica cattolica e lo spirito del capitalismo. Abbandonando un’idea dualistica piuttosto diffusa («La solidarietà è sinonimo di virtù, il profitto invece di vizio, l’una manifesta l’altruismo, l’altra invece egoismo»), si cerca di delineare un’idea dello scambio e del profitto come complementari ai gesti di solidarietà, e in particolare al dono. siste davvero una questione dell’immagine nel mondo arabo? O anch’esso intento del volumetto, in cui C. Penati intervista il noto semiologo, è di «sotE è oggi colpito da quell’infatuazione nei confronti dell’immagine che perva- L’ trarre il piccolo schermo alla banalità in cui spesso viene confinato» e in 10 de la cultura globale? L’a., professore ordinario presso il Dipartimento di ara- sintetici cc. «offrire un primo approccio semplice ma approfondito alla televisiobistica dell’Università di Ginevra, tratteggia un percorso storico della figurazione nel mondo arabo a partire dall’VIII secolo e fino alle manifestazioni contemporanee. «Mettere a confronto l’importanza reale acquisita dall’immagine e la teorizzazione religiosa nei suoi riguardi dovrebbe permettere di verificare se è davvero l’opinione degli ulema a forgiare la società, come spesso si pretende, oppure se è l’evoluzione della società a costringere i capi religiosi a riformulare la legge in modo da legittimare almeno parzialmente quanto è già entrato nei costumi». NARO M., Sorprendersi dell’uomo. Domande radicali ed ermeneutica cristiana della letteratura. Presentazione di G. Ferroni, Cittadella, Assisi 2012, pp. 392, € 22,80. 9788830812475 cos’è l’uomo?» del Salmo 8 è la domanda radicale che l’a. indaga avenIranealdo«Cheperrelativamente sentieri alcune delle migliori pagine scritte dalla letteratura contempoal senso-non senso dell’esistenza umana. Si interrogano, pertanto, scrittori come Luigi Pirandello, Angelina Lanza Damiani, scrittrice mistica, o lo straordinario medico-scrittore Giuseppe Bonaviri o ancora la contemporaneità con il Cristo di un potente narratore quale era Mario Pomilio. Sono pagine di narratori che coinvolgono la teologia laddove l’artista pone, in modo impossibile da aggirare, le questioni di fondo a cui quest’ultima è costretta a dare una risposta a partire proprio dal Salmo 8. 690 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 ne come mezzo di comunicazione complesso e dotato di molti possibili livelli interpretativi». PETROSINO S., Soggettività e denaro. Logica di un inganno, Jaca Book, Milano 2012, pp. 75, € 9,00. 9788816411241 a. propone un’interpretazione del denaro innestato su una ben definita L’ struttura del soggetto, rispetto al quale è caratteristica l’impossibilità di pervenire a colmare definitivamente quella mancanza in cui propriamente consiste, opportunamente distinto dal bisogno, il desiderio. Di quest’ultimo viene osservata la capacità di generare strutture fantasmatiche a cui appoggiarsi per alimentare la propria perpetuazione, ed è da questa prospettiva che vengono riesaminati i principali assunti della filosofia del denaro che, a partire da Simmel, hanno cercato d’individuare i caratteri essenziali del più grande idolo dei nostri tempi. POSSENTI V., Nichilismo giuridico. L’ultima parola?, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2012, pp. 220, € 18,00. 9788849832556 engono qui esaminati e condannati, in prospettiva filosofica e storico-filosoV fica, gli assunti principali del nichilismo giuridico, considerato come «svuotamento» del diritto di qualsiasi contenuto veritativo ed esito finale del positivismo giuridico, il quale, negando l’esistenza del diritto naturale, concepito in senso «personalista», è giunto a rinchiudersi in un sistema formale autosufficiente e pri- CXCVI 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 30-11-2012 11:22 Pagina CXCVII vo di orizzonti ultimi. La presentazione della tesi non manca di aspetti problematici, a causa di un’apodittica assunzione di principi teologici non ben integrati rispetto al discorso filosofico più generale. RUSCONI G.E., Cosa resta dell’Occidente, Laterza, Roma – Bari 2012, pp. 290, € 19,00. 9788842098171 nalisi sui cosiddetti «valori occidentali» laddove l’essenza dell’Occidente A viene ravvisata nella «razionalità che ha acquistato significato e validità universali» secondo la prospettiva delineata da Max Weber nel primo Novecento. Cosa resta di essa in questo inizio di millennio sconvolto dalla tragedia del’11 settembre 2001? Cosa resta della razionalità che ha forgiato l’«isola occidentale» attraversata, interrogata, sfidata da altre culture, da altre antropologie, da altre religioni? Una paratia di fondo emerge dall’ultimo saggio di un a. noto per il rigore e la sistematicità nell’affrontare le questioni più spinose: recuperare proprio quella «razionalità» senza la quale l’Occidente resta privo di realtà. SCALFARO O.L., Lo stato è la casa di tutti. A cura di P. Naso e V. Mazza. Introduzione di D. Bognardi, Claudiana, Torino 2012, pp. 120, € 9,50. 9788870168662 l vol. raccoglie contributi pronunciati negli anni da Oscar Luigi Scalfaro, catImomento tolico convinto, padre costituente e presidente della Repubblica italiana in un particolarmente delicato della sua storia. I testi dei curatori – l’uno docente di Scienza politica all’Università La Sapienza, l’altro presidente emerito dell’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno – ripercorrono alcuni tratti salienti del suo percorso politico e umano, evidenziandone la difesa convinta dei principi costituzionali fondamentali e la pratica illuminata della laicità, intesa non come indifferenza o insofferenza delle istituzioni verso le religioni, ma come rispetto e attenzione per le convinzioni di tutti, anche di coloro che appartengono a confessioni minoritarie. SIGNORE M, CUCURACHI L. (a cura di), Libertà democratiche e sviluppo, Pensa multimedia, Lecce 2012, pp. 274, € 20,00. 9788882329327 l testo – dopo il primo, intitolato Libertà e laicità (Cluep, Padova 2001) – racIminario coglie gli interventi di studiosi di varie discipline pronunciati durante un seresidenziale organizzato nell’ambito del Progetto culturale della CEI in BETHAN JAMES - ANGELA JOLLIFFE collaborazione con il Centro studi filosofici di Gallarate sul tema «Libertà e responsabilità». «Nella pluralità dei punti di vista, nella ricchezza e nel rigore scientifico dei saggi che compongono il vol., si tenta di rileggere con taglio storico-critico impostazioni ormai classiche relative al tema della “democrazia” e della sua connessione problematica allo “sviluppo” e di progettare nuove possibili aperture». Il Natale TOSINI D., Martiri che uccidono. Il terrorismo suicida nelle nuove guerre, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 193, € 18,00. 9788815234810 del terrorismo suicida è esaminato in quanto accadimento di naIvonolturafenomeno collettiva, e quindi come il prodotto di un «retroscena» nel quale si muovari agenti che cooperano alla lotta armata, i quali operano in un contesto costituito da specifiche condizioni militari, politiche, culturali e psicologiche. Vengono quindi analizzate le principali campagne suicide dal 1981 al 2010; le principali condizioni militari, politiche e ideologiche in cui si sviluppa e consolida una campagna suicida; gli obiettivi militari e comunicativi che orientano a questa scelta; le condizioni sociali, culturali, psicologiche e i processi d’interazione che portano alla scelta individuale del suicidio terrorista. L’analisi offre interessanti ricadute sulle scelte che l’Occidente può e deve fare nella sua politica verso il Medio Oriente. URBINATI N., Liberi e uguali. Contro l’ideologia individualista, Laterza, Roma – Bari 2012, pp. 175, € 16,00. 9788842095408 arattere strutturale della società moderna e della democrazia, l’individualiC smo è spesso accusato d’egoismo antisociale e d’indifferenza verso gli altri e la politica. La nota politologa italiana, docente alla Columbia University di New York, difende in questo saggio il concetto d’individualismo democratico, distinguendolo dalla torsione in sentimento antisociale e tirannico, oppure apatico e indifferente verso i destini della comunità umana più ampia, dunque con un’incrinatura del legame tra libertà e uguaglianza. La via proposta è quella – sulla scia di de Tocqueville – di trattare l’individualismo come categoria politica e non morale, per intenderne e valorizzarne il significato nella società democratica, e insie- CXCVII IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 691 Gioca e impara I l volumetto cartonato propone ai bambini dai 4 ai 7 anni una serie di semplici domande sulla nascita di Gesù. Giocando a far scorrere una finestrella, i piccoli scopriranno sotto a ogni disegno la risposta corretta. Una simpatica idea-regalo per un primo approccio all’episodio evangelico della Natività. EDB Edizioni Dehoniane Bologna «PICCOLI IN ASCOLTO» pp. 12 a colori - € 9,90 www.dehoniane.it 681-692_LIBRI_R187-198:Layout 2 L 30-11-2012 11:22 Pagina CXCVIII ibri del mese / schede me vederne e criticarne le aberrazioni, proprio facendo centro sulla relazione tra libertà e uguaglianza. DAFFI G., PRANDOLINI C, Mio figlio è un bullo? Soluzioni per genitori e insegnanti, Erickson, Gardolo (TN) 2012, pp. 128, € 15,00. 9788861379923 VACCARI C., La politica online, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 280, € 25,00. 9788815238306 n libro che, rivolgendosi a insegnanti e genitori di «presunti bulli», vuole racU contare il bullismo non dalla parte delle vittime, ma dalla parte del bullo. Il vol., infatti, intende offrire alcune considerazioni di «ruolo» per affrontare la pro- uanto pesa il web nella vittoria di un candidato o di un partito? CertamenQ te oggi non c’è competizione elettorale che ne possa prescindere. L’a., che insegna comunicazione politica all’Università di Bologna e alla New York University di Firenze, mette a confronto l’esperienza italiana con quella di altri paesi occidentali, Stati Uniti in primis, considerando sia il lato dell’offerta, con un’analisi dei siti di partiti e candidati, sia quello della domanda, con uno studio su campioni di popolazione. Ne risulta una tendenza di Internet a modificare la politica in senso partecipativo, con molte interessanti ricadute – effettive e non solo virtuali – sulle scelte sia dei politici sia dei cittadini. ZANICHELLI M., Persone prima che disabili. Una riflessione sull’handicap tra giustizia ed etica, Queriniana, Brescia 2012, pp. 95, € 8,00. 9788839909893 libro offre una panoramica del percorso compiuto dalle società occidentali Ilivelloldegli ultimi decenni nel rapporto con le persone disabili, ossia nella capacità, a culturale e giuridico, di concepirle come soggetti portatori di diritti e tutelarne giuridicamente l’uguaglianza. Eppure questi approcci sono parziali e rimandano necessariamente alla concezione etico-antropologica più ampia, che le sottende. La condizione disabile in realtà ci aiuta a riflettere in modo profondo sull’essenza dell’umano: «È forse proprio nelle persone disabili che l’umanità sembra vicina a svelare il suo segreto», ossia la sua intrinseca dignità come la sua ineludibile vulnerabilità. Pedagogia, Psicologia BERNARD M.C., Genitori oggi. Un’avventura umana e spirituale, Elledici, Cascine Vica (TO) 2012, pp. 200, € 16,00. 9788801049916 a., teologa e antropologa, propone ai genitori una «mappa» orientativa su L’ cui segnare gli aspetti fondamentali dell’educazione dei figli. I temi affrontati prendono in esame innanzitutto la dimensione formativa del bambino nella sfera sociale: i figli come persone da allevare in un contesto rassicurante dal momento della nascita fino all’età adulta. Poi viene affrontata la questione dell’educazione cristiana: come condividere l’eredità cristiana con i propri figli, nel loro pieno rispetto? Vengono trattati il contenuto e il significato di una eventuale trasmissione della fede cristiana, che potranno essere adottati dai genitori lungo il cammino di crescita coi loro figli. CAMPANELLA M., DI NOTO F., Lettera a una bambina molestata. Prefazione di Gianfranco Fini, Gruppo editoriale Viator, Milano 2012, pp. 73, € 10,00. 9788896813539 di un fratello di una vittima di violenza sessuale è la forma letteraINonlriaracconto attraverso cui si raccontano alcuni episodi di questa terribile esperienza. solo esprimendo empatia nei confronti della vittima ma dando anche voce BERTAGNA G., CAPPELLETTI V., L’Università e la sua riforma, Studium, Roma 2012, pp. 178, € 13,00. 9788838241635 impulso degli studi di ordine superiore – nel nostro paese affidati alIturollaforte sola istituzione universitaria – fra i giovani è un fattore cruciale per il fudel nostro paese, e corre l’obbligo riflettere se il modello esistente e quello prefigurato dalla recente uniforma universitaria del ministro Gelmini possano essere all’altezza della sfida. Il libro propone gli Atti del convegno «L’idea di università» promosso nel 2011 dall’Istituto Paolo VI di Concesio-Brescia e dall’editrice Studium e ci aiuta a riflettere su storia, finalità e fisionomia dell’università del nostro paese a confronto con quella di altri paesi occidentali, in particolare europei. LAFORTUNE L., DOUDIN P.-A., PONS F., Le emozioni a scuola. Riconoscerle, comprenderle e intervenire efficacemente, Erickson, Trento 2012, pp. 192, € 19,00. 9788859000204 diversi contributi e i differenti approcci metodologici presentati nel vol. conImento, vergono sull’importanza della dimensione emotiva nel campo dell’apprenditroppo spesso trascurata a vantaggio di quella cognitiva. I programmi e i principi generali d’intervento proposti potranno essere un supporto utile a prevenire le difficoltà d’apprendimento e di comportamento, le manifestazioni di violenza e bullismo a scuola, gli effetti negativi dei maltrattamenti subiti da alcuni allievi, riuscendo a instaurare condizioni che favoriscono atteggiamenti aperti alle relazioni. MARZANO M., Cosa fare delle nostre ferite? La fiducia e l’accettazione dell’altro, Erickson, Trento 2012, pp. 100, € 8,00. 9788859000075 a., laureata alla Normale di Pisa, è direttrice del Dipartimento di ScienL’ ze sociali e docente di Filosofia morale alla Sorbona: il suo percorso non può che essere considerato di successo. Eppure umanamente ha dovuto affrontare e imparare ad accettare il proprio limite attraverso l’esperienza dell’anoressia, oggi diventata quasi un «sintomo sociale». L’a. non si vergogna di partire da questa sofferenza personale per condurre una critica lucida dei mali della nostra cultura contemporanea, che sacrifica al «mito» del controllo e dell’autonomia – intesa come autosufficienza – la capacità di leggere obiettivamente la realtà e riconciliarsi con le parti deboli e «imperfette» di sé stessi e degli altri. alla forte rabbia sperimentata dai famigliari. Da leggere per non pensare che ciò che qui si narra accade solo ad altri. AMBROSINI C., Il gioco nello sviluppo e nella terapia psicomotoria, Erickson, Gardolo (TN) 2012, pp. 184, € 19,50. 9788861373747 CAMPIONE F., La domanda che vola. Educare i bambini alla morte e al lutto, EDB, Bologna 2012, pp. 140, € 9,90. 9788810809426 FOGAROLO F., Il computer di sostegno. Ausili informatici a scuola, Erickson, Gardolo (TN) 2012, pp. 247, € 23,00. 9788861379879 n una cultura che tende a rimuovere il tema della morte, gli adulti hanno spesItrauma so timore di affrontarlo con i bambini, con l’esito di non aiutarli a elaborare il in maniera sana. L’a. accompagna i genitori a divenire consapevoli che, FREGONA R., QUARANTI C., Maschi contro femmine?. Giochi e attività per educare bambini e bambine oltre gli stereotipi, Erickson, Gardolo (TN) 2011, pp. 152, € 18,00. 9788861379350 per poter tentare con loro una qualche risposta, dovranno porre, anzitutto a sé stessi, molte domande. Nella I parte del vol. l’a. affronta le problematiche dell’educazione alla morte indicando e illustrando varie alternative. Nella II analizza, con esempi clinici, la concezione scientifica – anzitutto psicologica – dell’educazione alla morte e la concezione religiosa della stessa, soffermandosi non solo sulla concezione cristiana, ma anche su quella dell’ebraismo e di altre religioni. Nella III illustra la propria proposta di educazione alla morte, basandosi su ciò che la critica alle altre concezioni avrà evidenziato e sull’idea che la morte è destinata a sfuggire alle concettualizzazioni umane restando un «mistero» (desiderabile o indesiderabile), nell’intento di formulare un’indicazione educativa con un certo carattere di universalità. 692 blematica da punti di vista poco considerati: che cosa si dice dei bulli e delle loro famiglie; come accorgersi se nostro figlio ha comportamenti da bullo; come educarlo nel caso in cui lo fosse, ed esempi concreti della vita di tutti i giorni, come spunto di riflessione. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 GHISLANDI P., Comunità di pratica per l’educazione continua in sanità. Contributi al dibattito, Erickson, Gardolo (TN) 2011, pp. 303, € 24,00. 9788861379534 NERI M., Storie per 12 mesi. Racconti e attività ludiche per la scuola dell’infanzia e il biennio della scuola primaria, Erickson, Gardolo (TN) 2012, pp. 155, € 18,50. 9788861379688 PELLAI A., Il domatore del vento. Conoscere e superare le paure, Erickson, Gardolo (TN) 2012, pp. 55, € 13,50. 9788861371910 CXCVIII L 693-694_LIBRI_R199-200:Layout 2 30-11-2012 11:22 Pagina CXCIX L ibri del mese / segnalazioni R. ETCHEGARAY, L’UOMO A CHE PREZZO?, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 132, € 8,90. 9788821576966 S iamo di fronte a un libro di piccole dimensioni, composto da brevi capitoletti dedicati a temi tra loro anche piuttosto diversi; eppure nulla qui è occasionale. Se qualcuno li volesse giudicare frammenti li dovrebbe, in ogni caso, considerare ricomposti in un quadro unitario. L’insieme, oltre che con il presente titolo, potrebbe essere espresso anche con quello di un precedente libro di Etchegaray, Ho sentito battere il cuore del mondo (conversazioni con Bernard Lecomte, pubblicato sempre da San Paolo nel 2008). In ogni scritto del cardinale rimane alta e costante l’attenzione per quanto sta avvenendo sull’intera superficie del nostro pianeta. L’autore dichiara di aver composto le sue pagine di getto durante la Quaresima e la settimana di Pasqua di quest’anno, dopo due mesi d’incubazione, circondato da un numero immenso di libri e riviste accreditati della funzione tanto di campanelli d’allarme quanto di salvagente (cf. 9). La velocità di scrittura, dichiarata da Etchegaray nell’anno in cui sarebbe diventato novantenne, è indice dell’erompere quasi improvviso di un distillato di esperienze, di ricordi, di letture e soprattutto di fede che, lungi dall’essere ripiegato verso se stesso, prende il largo sulla rotta del mondo. Si comprende quindi la raccomandazione dell’autore di assorbire queste pagine a piccoli sorsi «assaporando il succo evangelico che ho cercato di deporvi» (9). È un po’ – aggiungiamo – come nel caso del detto evangelico che invita i discepoli a far risplendere la propria luce davanti agli uomini, comportamento da assumere a gloria del Padre e non già al fine di essere ammirati (cf. Mt 5,16). Il capitoletto dedicato al razzismo (20-23) inizia con parole valide, in un certo senso, per l’intero libro: «Siamo in un’epoca in cui le più elementari evidenze hanno bisogno di pubblicità per imporsi». La frase può essere intesa in modo basso sostenendo che, al giorno d’oggi, la propaganda la fa da padrona, oppure può essere compresa in maniera alta declinando il termine in senso pubblico e critico. In altre parole, le convinzioni troppo facilmente date per scontate hanno, oggi, bisogno di essere ribadite in maniera aperta; per evitare pe- CXCIX ricolose ambivalenze esse necessitano, inoltre, di una costante vigilanza. Le pagine di Etchegaray – a cominciare proprio da quelle dedicate al razzismo – indicano con chiarezza che è appunto il secondo il senso in cui vanno recepite. Il libro, quindi, può essere inteso anche come un riuscito tentativo di ridare spessore e autenticità a evidenze che hanno cessato di essere veramente tali proprio perché date per scontate: «La lotta antirazzista s’insabbia in una guerra di usura. Ha per oggetto l’uguaglianza innata tra gli uomini finendo per diventare una sorta di sfida dello spirito, poiché gli uomini sono più avidi di differenze che di uguaglianze. Non v’è niente di meno naturale che dire “ogni uomo è mio fratello” e vivere questa fraternità. (…) Se qualcuno vi dice: “Io non sono razzista”, non credetegli…, soprattutto se subito dopo aggiunge un “ma…”! In questa enorme ricerca della fraternità universale il Vangelo ha il compito di portare un “supplemento d’anima” per meglio vivere la verità che “ogni uomo è mio fratello”» (22-23). Il testo di Roger Etchegaray è battagliero. In esso, tra l’altro, sono frequenti le immagini di tipo militare. Esse sono impiegate, non a caso, pure nelle pagine dedicate alla non-violenza: «Un primo segno di originalità consisterebbe nel dire pacificamente: “no alla violenza” e violentemente: “sì, alla pace”! Questo semplice cambiamento di tono indicherebbe in quale senso vogliamo incanalare le nostre energie» (27). Il coraggio della lotta deriva dalla convinzione profonda di essere spronati dal Vangelo; ciò avviene anche in tempi in cui sono in atto troppi ripiegamenti («mi sembra che durante la mia giovinezza fossimo più sensibili e fiduciosi nella non-violenza»; 30). Gli argomenti toccati nel libro sono molteplici, vanno dall’ecologia all’emigrazione; dall’Europa (a cui sono dedicate pagine – da 41 a 44 – particolarmente intense) all’informazione, dalle religioni all’ecumenismo, al ruolo dei laici durante il Vaticano II e così via. In definitiva esse testimoniano lo sguardo planetario tipico di chi fu a lungo, in anni passati, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace. Ciò non significa però che esse non siano consapevoli dei mutamenti in corso. Di particolare rilievo in questo contesto alcune riflessioni sul concilio Vaticano II. Il suo «vero obiettivo» fu di «fare uscire dall’isolamento una Chiesa in stato di assedio per farne una città aperta a tutti i richiami del mondo». Certo in questi cinquant’anni molto è mutato e solo da questa consapevolezza può nascere un rilancio: «Il centro di gravità è scivolato da Dio verso l’uomo, non verso un uomo tentato di prendere il posto di Dio, ma verso un uomo che risente dolorosamente delle sue molteplici alienazioni. (…) Nell’ora in cui il Con- cilio sembra allontanarsi da un orizzonte che, a dire il vero, non è più lo stesso, la sola strada praticabile oggi è di entrarvi ancor più profondamente per prendere il largo, a partire dalla lettera e dallo spirito del Vaticano II» (123). In definitiva, è agevole ricondurre il multiforme libro del card. Etchegaray a una linea unitaria; essa attesta una pensosa inseparabilità tra la fiducia in Dio e quella riservata all’uomo. Lo dicono, tra l’altro, l’esergo e le ultime righe del testo; essi costituiscono una specie d’inclusione che aiuta a interpretare tutto quanto si trova nel mezzo: «Ho cercato la mia anima e non l’ho trovata. Ho cercato Dio e non l’ho trovato. Ho cercato mio fratello e ho trovati tutti e tre» (William Blake). «Il prezzo dell’uomo? È di essere senza prezzo. O meglio è di essere costato la vita stessa di Dio Salvatore che l’ha offerta in riscatto per lui, con il sangue prezioso di Cristo. (…) Più l’uomo si fa valutare a peso di denaro, meno è apprezzato dall’unità di misura dell’amore. Dio, il prezzo dell’uomo» (131-132). Piero Stefani LA SACRA BIBBIA. Nuovo Testamento e Salmi. Cinese – italiano Piccola famiglia dell’Assunta – TherAsia ONLUS – Amity Printing Company, Coriano (RN) – Roma – Nanjing 2012, XLVI+1.194, s.i.p. A i «fratelli cinesi che vivono in Italia» la Piccola famiglia dell’Assunta di Rimini e insieme l’ONLUS TherAsia di Roma donano – la distribuzione, infatti, è gratuita all’interno delle comunità cinesi – il testo della parola di Dio nella versione cinese di p. Gabriele Maria Allegra, missionario francescano siculo (1907-1976), di cui a fine settembre ad Acireale, sua diocesi natale, si è celebrata la beatificazione. La figura del biblista che ha dedicato la propria vita alla Cina (il suo motto era: «Dare Cristo alla Cina e la Cina a Cristo») è ricordata nell’Introduzione di p. Giuseppe Bellia, anch’egli biblista, dal titolo «Fra’ Gabriele Maria Allegra: uno scriba cristiano»(I-XLIV), in versione bilingue e tratta dal volume pubblicato in occasione della beatificazione per i tipi de Il Pozzo di Giacobbe (Trapani) Dio ama la parola dell’uomo. La storia di padre Allegra, scriba cristiano. Il testo biblico italiano, invece, è quello IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 693 693-694_LIBRI_R199-200:Layout 2 L 30-11-2012 Pagina CC ibri del mese / segnalazioni della nuova traduzione edita dalla Conferenza episcopale italiana nel 2008; in questo modo – afferma la Postfazione – nelle famiglie già da tempo in Italia con figli, quindi «che sanno la lingua italiana più della lingua cinese», si potrà pregare insieme. Ma soprattutto «sogniamo che questo testo sia usato in cenacoli di preghiera in ascolto della Parola del Maestro che uniscano i due popoli, così straordinariamente diversi, nella comune ricerca della verità», per «abbracciare – secondo le parole di Zhuangzi – la varietà delle differenze» e «testimoniare l’universalità del messaggio cristiano e la comunione ecclesiale. Passando attraverso quella “porta aperta” che Matteo Ricci ha lasciato in eredità alla Chiesa e alla Cina, e che è lo stesso Signore Gesù, Verbo incarnato» (dalla Prefazione). M.E. G. P. BECCEGATO, W. NANNI, F. STRAZZARI (A CURA DI), MERCATI DI GUERRA. Rapporto di ricerca su finanza e povertà, ambiente e conflitti dimenticati, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 276, € 20,00. 9788815240811 I l presente volume rappresenta la quarta tappa di un percorso di studio sui conflitti dimenticati, avviato dagli enti promotori [Caritas italiana, Famiglia cristiana e Il Regno; ndr] nel 2002, e che ha dato luogo a tre pubblicazioni.1 Con questo nuovo Rapporto Caritas italiana rinnova il suo impegno per la costruzione della pace e la lotta alla povertà, anche attraverso attività di analisi e di indagine, in linea con le finalità prevalentemente pedagogiche del suo mandato. Con questo spirito si presenta questa quarta ricerca sui conflitti dimenticati, frutto di un lungo lavoro di studio a cura di un gruppo ristretto di studiosi ed enti accreditati, sul rapporto tra guerre e ripresa mediatica delle stesse, tra violenza organizzata e opinione pubblica. Ma anche di analisi dei contesti che producono morte e devastazione. E povertà. (...) La presente edizione del Rapporto intende approfondire in modo specifico la progressiva centralità della dimensione economico-finanziaria nel determinare situazioni di tensione politica e conflittualità armata, sia nell’ambito dello scacchiere internazionale sia all’interno dei singoli stati. Per motivi di comparazione storica, il Rapporto continua comunque a mantenere un interesse sui temi toccati nei 694 11:22 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 precedenti: la situazione del terrorismo internazionale e dello «scontro di civiltà», il tema ambientale e delle risorse energetiche, la tendenza delle attuali situazioni di conflitto armato a configurarsi come «emergenze umanitarie complesse» ecc. La prima parte del Rapporto è di taglio descrittivo-analitico, e intende offrire uno spaccato dei fenomeni e delle tendenze in atto, con particolare riferimento allo scenario geopolitico dello scacchiere internazionale, alla situazione dell’intervento umanitario, alla centralità della dimensione economico-finanziaria nel produrre situazioni di conflitto e violenza. Sempre in questa parte del volume è riportata una mappatura aggiornata dei conflitti armati presenti nel mondo, elaborata in modo originale da Caritas italiana, sulla base del confronto incrociato di una serie di fonti statistiche, ufficiali e accreditate. La seconda parte del volume rappresenta il «cuore» dell’opera, in quanto presenta i principali risultati di una serie di rilevazioni sul campo, condotte appositamente per l’edizione 2012 del Rapporto. Anche quest’anno, pur in riferimento a un quadro complesso di fenomeni, è stata adottata una metodologia basata sulla selezione di specifici conflitti casistudio, rappresentati dai seguenti paesi: Libia, Somalia, Afghanistan, Filippine, Colombia (tali conflitti hanno costituito l’oggetto privilegiato di rilevazione del monitoraggio sulla programmazione radiotelevisiva nazionale, in riferimento all’intero quadriennio 2008-2011). Come gli anni precedenti, il Rapporto riporta inoltre i risultati di un sondaggio demoscopico sulla conoscenza dei conflitti tra la popolazione italiana. Da segnalare invece un’ampia sezione dedicata a esaminare, attraverso due rilevazioni innovative, realizzate ad hoc, la presenza delle guerre all’interno dei new media (Twitter) e della stampa gratuita (free press). Una terza e ultima parte, che conclude il Rapporto, è invece di taglio propositivo, e ha lo scopo di delineare alcune possibili prospettive di lavoro e di impegno, anche a partire da esperienze concrete, nell’ambito civile ed ecclesiale, con particolare riferimento al ruolo della Chiesa universale e alla specifica realtà Caritas. La crescente complessità delle guerre e delle nuove emergenze umanitarie a esse collegate rende molto più difficile l’intervento umanitario delle istituzioni internazionali, dei governi, delle organizzazioni private, oltre che della stessa Chiesa, locale e universale. Le guerre odierne richiedono infatti una risposta articolata e interdisciplinare, a cui deve contribuire tutta la comunità locale e internazionale. Si avverte una forte necessità di coordinamento tra i vari attori, ognuno in dovere di portare il suo contributo. Questo tipo di approccio implica necessariamente una visione olistica della situazione emergenziale, che tenga conto non solo dei bisogni immediati, ma anche di quelli di medio e lungo periodo; che tenga conto delle cause che hanno portato all’emergenza stessa (prevenire la guerra), ma anche dell’occasione di rinascita che può svilupparsi dalle violenze, vedendo, quindi, la comunità locale e le persone come protagonisti di questa rinascita e non solo come destinatari di un intervento. Nell’ultima parte del Rapporto vengono inoltre esposte alcune specifiche attenzioni alle prospettive di intervento legate alla dimensione economica e finanziaria, con riguardo alla necessità di combattere le speculazioni che generano povertà, alla possibilità di intervenire nella regolamentazione dei mercati finanziari e del sistema economico mondiale, nel sistema dei rapporti debitori tra stati, nel rispetto della legalità e dell’eticità negli scambi commerciali ecc. Grande attenzione viene dedicata al possibile ruolo – politico, educativo, culturale – della comunità e delle chiese locali e al livello micro delle responsabilità individuali, dirette o indirette. L’interesse di Caritas Italiana per il tema dei conflitti non si limita alla produzione periodica del presente rapporto di ricerca: il crescente coinvolgimento di tante comunità ecclesiali, che non si arrendono all’inevitabilità della guerra, ha spinto da alcuni anni Caritas italiana a elaborare un progetto di Osservatorio permanente sui conflitti dimenticati. L’idea, frutto della collaborazione tra Caritas Italiana e Pax Christi Italia, cerca anzitutto di offrire continuità e consolidamento all’impegno profuso dai due organismi promotori rispetto ai conflitti armati e alle loro tragiche conseguenze. Obiettivo del progetto è quello di rafforzare la linea di impegno verso una migliore informazione, rivolta prevalentemente alle realtà impegnate nello sforzo missionario e pastorale, e di svolgere un ruolo educativo nel porre le basi e le condizioni per una crescita della consapevolezza delle minacce alla pace e dei segnali di speranza che si accendono nelle situazioni di conflitto. Le attività dell’Osservatorio trovano una presentazione articolata all’interno di uno specifico sito Internet (www.conflittidimenticati.org), in cui sono disponibili informazioni dettagliate e aggiornamenti sui vari conflitti, oltre che una serie di utili strumenti per l’animazione pastorale delle comunità e la crescita di una cultura di pace. Caritas italiana* * Per gentile concessione dell’editore, si riproduce qui parte dell’Introduzione al volume (pp. 11-14). 1 CARITAS ITALIANA, I conflitti dimenticati, Feltrinelli, Milano 2003; ID., Guerre alla finestra, Il Mulino, Bologna 2005; ID., Nell’occhio del ciclone, Il Mulino, Bologna 2009. CC 695-696_art_matti:Layout 2 30-11-2012 13:39 Pagina 695 Migrazioni I TA L I A a ndata e ritorno Migranti: il dossier statistico 2012 L e migrazioni sono inarrestabili, non ingovernabili. Diverse, nelle loro modalità, talvolta nelle cause, sono uguali per i valori che agitano, che rivendicano, per i sogni e le delusioni, per la fatica di ricominciare. Questo andare è possibile perché saggi, pensatori e filosofi aprono percorsi impervi nella carne del pensiero dell’umanità. Cresce la conoscenza e la coscienza di sé, dei propri diritti, della propria dignità. In avanti. Lasciandosi dietro terre di pregiudizi, verso nuovi ideali. Ai percorsi lenti, difficili, succedono, purtroppo, balzi indietro, tremendi e ciò che era possibile diventa impossibile, quanto era di tutti diventa di pochi. Le persone sono catalogate, divise in classi: padroni, dipendenti, ricchi, poveri, uomini, donne. Ma le barriere e le fortezze, che frenano, ostacolano, non sono insormontabili. Neppure le leggi sigillano le frontiere.1 Vediamo alcuni dati, spigolando nel Dossier statistico immigrazione 2012. 22° Rapporto, curato per Caritas italiana e Fondazione Migrantes dal Centro studi e ricerche IDOS e presentato il 30 ottobre 2012. I numeri che contano Le stime degli organismi internazionali, nel 2010, hanno contato 214 milioni di migranti e di rifugiati, nel mondo. Dalla Seconda guerra mondiale, il numero di quanti sono in marcia verso i paesi industrializzati è in crescita. Ha subito un lieve flessione dal 2009. Ma non si arresta, nonostante le crisi economiche e politiche. L’Europa si conferma, con il Nord America, il polo di maggiore attrazione, con 33,3 milioni di presenze, nel 2010;2 880.000 più dell’anno precedente; il 6,6% della popolazione. Anche l’Asia sta diventando polo di attrazione. Il Brasile registra numeri significativi di immigrati qualificati professionalmente, provenienti dall’Europa, in particolare da Portogallo, Spagna, Italia. Le migrazioni dirette verso l’Europa si sono concentrate e si concentrano soprattutto in Francia, Germania, Inghilterra, Italia e Spagna. Ma la Polonia, accanto alla migrazione dei suoi cittadini vede ingrossarsi le fila degli immigrati,3 soprattutto dai paesi vicini. In un futuro non lontano si prevede, invece, un rallentamento dell’emigrazione dalla Romania. Le migrazioni sono alimentate dal bacino di 1,2 miliardi di esseri umani che fuggono da regimi dispotici, in 34 stati, e da 43 paesi dalle economie dissestate, contagiati da guerre, emergenze climatiche, povertà endemica. Le stesse cause, dal 1861 e per oltre un secolo, hanno provocato la «grande migrazione» italiana, diretta in America del Nord, Brasile, Argentina, Cile, Nord Africa. Dopo la Seconda guerra mondiale, assorbono manodopera italiana il Belgio, la Germania, la Svizzera. Ma a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, i flussi si invertono e, dal 1991, l’Italia diventa paese di «grande immigrazione». Alla fine del 2011, secondo la stima del Dossier, gli immigrati costituiscono l’8,2% della popolazione italiana, pari a 5 milioni, compresi i cittadini comunitari, stimati a 1.373.000 (27,4% del totale). Sono invece il 23,4% i cittadini europei non comunitari (in testa albanesi, ucraini, moldavi…). Provengono dall’Africa 1.105.826 persone, di cui i marocchini costituiscono oltre il 50%. Non raggiungono il milione, invece, gli immigrati provenienti dall’Asia, tra i quali i cinesi sono primi in classifica, seguiti dai filippini. Superano di poco i 400.000 gli americani, del Sud e del Nord. Agli immigrati in Italia, comunitari esclusi, le stime aggiungono circa mezzo milione di irregolari. La maggioranza dei residenti immigrati, nel nostro paese, si concentra per lo più in Lombardia, Triveneto, Emilia-Romagna, Toscana, cioè dove esistono maggiori possibilità di lavoro. Di questi, gli occupati sono 2,5 milioni, per lo più nei servizi alla persona (ucraini, romeni e moldavi), nell’edilizia, nei trasporti, nell’agricoltura e allevamento. La crisi economica ha avuto un duplice effetto negativo sugli immigrati: l’innalzamento della percentuale dei 310.000 disoccupati al 12,1% (4 punti in più della media nazionale), e la perdita di circa 320.000 permessi di soggiorno. Al tempo stesso, ha stimolato l’apertura di partite IVA, portando, nel 2011, i cittadini stranieri titolari d’impresa a 249.464. Con il loro lavoro, gli immigrati inviano, nei propri paesi, 7,4 miliardi di euro di rimesse e versano allo stato italiano 1,7 miliardi di euro di contributi e tasse varie.4 Le rimesse diminuiscono man mano che le famiglie si stabilizzano e si integrano socialmente, come conferma la comunità filippina. Scivolare nell’irregolarità Gli imprenditori sono concordi nell’affermare la necessità della forza lavoro IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 695 695-696_art_matti:Layout 2 30-11-2012 13:39 degli immigrati nell’economia nazionale. Ma questa «ricchezza» e disponibilità rischiano di assottigliarsi per colpa della crisi. Il Sole 24 Ore del 18 ottobre 2012 ha raccolto le dichiarazioni del ministro per la Cooperazione e l’integrazione, Riccardi: «L’ultimo censimento ISTAT parla di un milione di lavoratori in meno. Probabilmente – ha argomentato il ministro – è un dato sovrastimato. Tuttavia, sono sicuramente molti gli immigrati che, di fronte alla crisi, sono tornati nei paesi d’origine. Altri, invece, sono andati in altri stati europei, dove è più facile trovare lavoro e integrarsi. Si tratta, in generale di manodopera specializzata, molto richiesta dagli imprenditori e di persone che si sono bene integrate: è un fenomeno che rischia di tradursi in una perdita per il nostro paese». Il dato quantitativo, che non trova riscontro nel Dossier, indica forse una realtà peggiore. Non il ritorno al paese d’origine o la fuga in altri paesi europei, quanto lo scivolare nell’irregolarità. Chi non riesce a ritrovare un lavoro entro l’anno dalla scadenza del permesso di soggiorno, lo perde. Diventa «clandestino», nonostante anni di attività, di studio, di inserimento sociale. Oggi è impossibile pensare settori come l’edilizia e gli allevamenti (bovini, suini e polli), l’agricoltura e i trasporti, la concia delle pelli e il tessile senza il contributo dei lavoratori immigrati. Le percentuali più alte di immigrati, infatti, si registrano nei comuni ove sono insediate le attività meno attrattive per la manodopera nazionale. Imprescindibile il loro lavoro «nel settore domestico e familiare, con il crescente problema all’assistenza degli anziani; nel settore infermieristico, dove specialmente nelle regioni settentrionali e in alcuni comparti, come quello delle residenze protette per gli anziani e quello della sanità privata, l’apporto di professionisti stranieri è particolarmente cruciale».5 Non è un caso che, nonostante la xenofobia della Lega Nord, l’ex mini1 Nel giugno del 2012, il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’area Schengen, preoccupato per gli arrivi dal Nord Africa a seguito della cosiddetta «Primavera araba», ha modificato il Trattato e reintrodotto il controllo alle frontiere nazionali, in caso di pressioni straordinarie (cf. Caritas-Migrantes, Scheda di sintesi del Dossier statistico Immigrazione 2012). 2 Quasi 49 milioni, se si considerano i nati all’estero ma che hanno acquisito la cittadinanza nel paese di residenza. 696 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 696 stro Maroni abbia dato alle badanti la possibilità di regolarizzarsi. Altra deroga alla norma che impedisce agli immigrati di svolgere attività pubbliche, è l’assunzione regolare e stabile di 40.000 unità di infermieri immigrati, il 10% del totale. Quale integrazione? Se questo è l’apporto degli immigrati alla nostra società c’è da domandarsi quali siano gli strumenti legislativi, economici, sociali messi in campo per radicare la loro presenza nella nostra società. Il ministro Riccardi indica alcuni obiettivi: l’integrazione dei lavoratori stranieri nel territorio, «favorendo la legalità, rispetto delle leggi e reciproca comprensione e convivenza con gli italiani».6 In breve, il recupero del sommerso, evitando, anzitutto, che le persone scivolino nella «clandestinità» semplicemente perché perdono il lavoro. Poi l’emersione dalla palude dell’illegalità, territorio favorevole alla criminalità organizzata. Certo, il governo, quest’estate, quasi alla chetichella, ha fatto un’altra sanatoria. Difatti è più agevole regolarizzare chi è già sul posto, su richiesta degli imprenditori, piuttosto che prevedere e organizzare i flussi, l’accoglienza e l’integrazione. Pur dando atto al governo di avere raddoppiato il termine per la ricerca di un nuovo lavoro, di avere snellito le pratiche per l’acquisizione dei documenti di soggiorno, di averne prolungato la durata e diminuito il costo, è sempre più urgente il riordino legislativo complessivo del Testo Unico. È urgente dare maggiore razionalità e coerenza, soprattutto un’impronta europea, alla materia, individuando percorsi per giungere alla cittadinanza, ad alcune precise condizioni ed entro tempi prevedibili.7 Nel frattempo occorre applicare le leggi nazionali esistenti. Il rispetto delle norme di concorrenza nel mercato del lavoro. La ricerca della coesione sociale, della legalità. È noto che la mondializzazione può favorire correnti migratorie 3 Nel 2011 ha accolto 300.000 immigrati. In Emilia-Romagna il gettito contributivo e fiscale degli immigrati, che sono pari al 12,4% della popolazione, fornisce alla regione 1 miliardo e 332 milioni di euro di entrate. Secondo il Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, realizzato dalla Fondazione Leone Moressa (www.fondazioneleonemoressa.org), nel 2011, in Veneto, i lavoratori immigrati sono stati 247.000, l’11,6% in più dell’anno precedente. Gli imprenditori nati all’estero sono 39.000: cinesi, marocchini, romeni. Di questi, 4 contagiate da fenomeni criminali come la tratta di esseri umani, il commercio e lo spaccio di droga, il terrorismo. Se si creano quartieri monoetnici, siamo di fronte a un’occupazione. Se un’etnia minoritaria, in pochi anni, monopolizza un settore del commercio di una città, c’è qualcosa che non quadra. Se gli immigrati di un paese schiavizzano gli immigrati di un’altra nazione significa che lo stato è assente. Così nella scuola. I connotati del molteplice, delle culture di provenienza devono amalgamarsi nella cultura indigena della società di riferimento per costruire insieme la nuova polis, l’Italia dell’Europa. Ma se la struttura politica è malata e corrotta, se il tessuto culturale è sfilacciato, se settori sociali si contrappongono, l’integrazione sarà rovinosa e l’Italia non si rinnoverà. I primi a rimetterci saranno proprio gli immigrati. In questa prospettiva, le Chiese cristiane, in particolare la Chiesa cattolica, hanno da svolgere una missione unica. Oltre a chiedere rispetto e assistenza per gli immigrati, che non sono numeri, la gerarchia della Chiesa cattolica dovrebbe vedere con favore l’ipotesi di istituire nelle scuole un insegnamento di Storia della religioni, formulata recentemente dal ministro Profumo. Se non è sempre facile, e non so fino a che punto utile, nei centri di piccole dimensioni, avere la disponibilità di sacerdoti che provengono dai paesi d’origine degli immigrati, sarebbe opportuno celebrare i sacramenti nelle lingue europee più conosciute. L’ideale, tuttavia, parrebbe il coinvolgimento degli immigrati cristiani nei consigli pastorali e parrocchiali, nella catechesi, nella liturgia. Condividere responsabilità e governo, e prevedere l’intercomunione ove non esista la confessione di riferimento, dimostrerebbe che il 53,9% è un numero che conta. Tanti, infatti, sono i cristiani tra gli immigrati in Italia. Giacomo Matti il 34,1% opera nell’edilizia, il 27% nel commercio, il 13,3% nei servizi alla persona. Le loro imprese producono il 6,4% del PIL regionale. 5 Cf. ancora Caritas-Migrantes, Scheda di sintesi del Dossier statistico Immigrazione 2012. 6 Il Sole 24 Ore 18.10.2012. 7 A questo proposito, la proposta del sindaco di Bologna V. Merola di concedere la cittadinanza onoraria ai giovani nati in Italia, al compimento del loro 18° anno di età, nella sua provocazione rasenta la battuta. 697-699_art_giorda:Layout 2 30-11-2012 EGITTO 13:40 Pagina 697 Chiesa copta Tawadros, il nuovo papa Dopo Shenouda e dopo Moubarak T utti i media egiziani, pubblici e privati, musulmani e cristiani, hanno dato grande risalto all’evento dell’elezione di Tawadros come nuovo papa copto, trasmettendo in diretta la cerimonia sui loro canali televisivi. Dopo quasi otto mesi e una complicata procedura necessaria per eleggerlo, e dopo una riunione comune tra il Sinodo dei vescovi e un comitato di laici, i ministri cristiani e alcune tra le personalità più di spicco del mondo copto hanno iniziato le discussioni, gli scambi di idee, il confronto fino ad arrivare alla fase concreta delle elezioni: i tre candidati con il maggior numero di voti si sono riuniti, la scorsa domenica 4 novembre, per celebrare una messa comune, durante la quale un bambino ha scelto, estraendo fra i biglietti che riportavano i loro nomi, colui che sarebbe poi stato proclamato patriarca d’Alessandria. Così la scelta del fanciullo ha espresso – secondo la tradizione – «la volontà di Dio». Il suo nome è stato comunicato dal vescovo Pachomius che, in questo periodo, ha retto ad interim il patriarcato, dopo la morte del papa Shenouda. Ha preso in mano il foglio estratto dal bambino e lo ha letto ad alta voce di fronte alla folla di fedeli che si erano riuniti nella cattedrale di San Marco al Cairo per assistere alla proclamazione del loro nuovo capo religioso. L’eletto, l’abuna Tawadros, si è insediato il 18 novembre e ha assunto il titolo di papa di Alessandria, di tutta l’Africa e della santa sede di San Marco, salendo alla guida di una mi- noranza religiosa che è egiziana da sempre. Chi sono i copti? Occorre partire dal monachesimo egiziano del IV secolo, culla dei monachesimi cristiani orientali e occidentali, per tracciare le linee della storia dell’Egitto cristiano o del cristianesimo «copto» (l’aggettivo che è utilizzato in riferimento ai cristiani d’Egitto). Probabilmente, corrompendo il termine greco Aigúptios, «egiziano», gli arabi chiamarono gli egiziani nativi Qbt o Qpht, che divenne poi a sua volta cophto, e quindi copto, nelle lingue occidentali. Questo termine, nato intorno alla metà del VII secolo, avrebbe dunque avuto, almeno all’inizio, un significato esclusivamente etnico e solo nel tempo una connotazione spiccatamente religiosa. A partire dal Mille, quando la maggior parte della popolazione egiziana era diventata musulmana, «copto» finì con l’indicare gli egiziani rimasti aderenti al cristianesimo, e nel contempo la loro lingua. Le origini della Chiesa copta sono strettamente legate ai primi sviluppi del monachesimo egiziano, i cui protagonisti furono Antonio, considerato primo «padre del deserto», Pacomio, fondatore del cenobitismo (la forma comunitaria di vita monastica), e Shenute, nomi noti in questi mesi per il vescovo in reggenza e per il papa deceduto. Ma diversamente da Antonio e Pacomio, Shenute/Shenouda è molto meno ricordato al di fuori dell’Egitto perché i suoi monaci si staccarono dalle posizioni ufficiali della Chiesa bizantina, adottando la dottrina che avrebbe poi dato vita alla Chiesa copta maggioritaria che rifiutò il concilio di Calcedonia del 451, quando fu stabilita la dottrina cristologica relativa alle due nature (umana e divina) in una persona. La maggioranza della Chiesa egiziana riconobbe un’unica personanatura del Verbo incarnato, dotata di umanità e divinità perfette (dottrina impropriamente chiamata «monofisita», «una sola natura»). Tra i cristiani copti, da allora, vi sono i copti «monofisiti», detti anche copti ortodossi o semplicemente copti, e i copti melchiti (o, più sovente, greco-ortodossi) i quali, invece, aderirono alle definizioni di Calcedonia.1 Un predecessore rilevante Il nuovo papa copto, di 60 anni, fra i tre che erano in lizza per la guida dalla Chiesa egiziana è stato il secondo vescovo più votato. Egli dovrà fare i conti con l’enorme popolarità del predecessore, Shenouda III, amato e stimato non solo dai fedeli cristiani ma anche da moltissimi islamici. Senza dubbio, i conflitti e gli episodi di violenza che hanno attraversato la vita di Shenouda III fino alla sua morte (17 marzo 2012)2 sono un’utile lente di lettura dell’intera storia recente della Chiesa copta e delle sue complesse relazioni con il potere politico egiziano. Monaco dal 1954, diventato patriarca nel 1971, Shenouda III fu alfiere del risveglio spirituale e comuni- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 697 697-699_art_giorda:Layout 2 30-11-2012 13:40 tario dei copti, portavoce delle rivendicazioni e delle proteste dei suoi fedeli. Difficile fu il suo rapporto con Sadat, a partire dalle tensioni e dalle violenze del 1981, quando il patriarca fu destituito e e costretto a chiudersi nel monastero di Anba Bishoi. Il successivo presidente Moubarak adottò un tono fermo nei confronti degli estremisti islamici e con lui il confino di Shenouda III ebbe termine, il 31 dicembre 1984: questa dura prova contribuì a una nuova presa di coscienza della comunità, che si trovò unita attorno al suo patriarca, martire perseguitato e poi vittorioso. Shenouda divenne così ago della bilancia per la democrazia in Egitto: la sua figura fu sempre un punto di riferimento per mantenere in equilibrio i rapporti governativi egiziani con l’estero.3 Il rapporto con il predecessore pesa ancora di più nel delicato momento politico di transizione del paese, che si trova a essere traghettato dall’era Moubarak a una democrazia di matrice islamista. Quasi a segnare subito il confine, Tawadros ha annunciato alla televisione la sua intenzione di ripensare completamente l’atteggiamento politico del predecessore, che si era fatto portavoce dei fedeli dentro e fuori dalla sfera spirituale, sostenendo pubblicamente per anni l’ex presidente Moubarak e, alla resa dei conti, intimando ai copti di non partecipare alla rivoluzione di piazza Tahrir.4 Priorità spirituali, sensibilità interreligiosa «Il compito più importante della Chiesa è fare un passo indietro e vivere coerentemente all’interno dei confini spirituali secondo la sua missione», ha detto in un primo discorso ai monaci del suo monastero. E ancora: «Voglio iniziare un processo di ristrutturazione della casa dall’interno, immettendo sangue nuovo. La mia priorità è vivere insieme ai nostri fratelli musulmani; sono responsabile di preservare la nostra convivenza». Ha attribuito le tensioni tra copti e islamisti «alla politica della “porta aperta” che dal 1973 ha permesso a molti egiziani di recarsi a lavorare in Arabia Saudita, dove si pratica l’islam wahhabita. Ma questa tendenza – ha precisato – non ha molto spazio in Egitto, 698 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 698 dove la maggioranza è moderata. Da parte mia, il rapporto con l’islam sarà all’insegna della pace, dell’amore e di un grande rispetto». La rete di relazioni con l’islam è in effetti uno dei temi più importanti e urgenti quando si vuole misurare lo stato di salute della comunità copta: gruppi fondamentalisti islamici sono stati responsabili di numerosi attacchi armati e violenze ai danni della minoranza copta, incomprensioni, ambiguità, emarginazione di alcune personalità di spicco. Che i copti siano stati e siano discriminati è un dato che emerge anche dalla difficoltà della valutazione del loro numero: le cifre oscillano fra i 4 e gli 8 milioni, ovvero un 6-10% della popolazione, vicina agli 80 milioni di abitanti. L’imprecisione nel quantificare la minoranza è indice degli stessi tentativi di emarginare questa comunità religiosa. In gioco c’è, anche, la questione dell’identità egiziana. Senza dubbio la storia dei rapporti tra le comunità religiose, tra incidenti, conflitti violenti, soprusi e rivendicazioni, ha conosciuto una fase particolare durante le proteste. All’inizio né i Fratelli musulmani né i principali partiti politici d’opposizione, sia di sinistra sia liberali, si sono schierati a favore dei manifestanti, appoggiati e accompagnati in questo atteggiamento dalle autorità. Dopo qualche giorno, però, a mano a mano che le proteste guadagnavano consensi, si sono uniti anche loro, con l’eccezione dei salafiti, e si è potuto così assistere alla prima messa copta celebrata in piazza Tahrir con la protezione dei musulmani, alle preghiere dei musulmani con i cristiani al loro fianco, e in generale a scene di dichiarata unità del popolo egiziano contro ogni tentativo di dividerlo. Pietà reciproca, condivisione, comunione difficili da interpretare anche a distanza di tempo: si trattava di una contingenza, di una pressione politica forte quanto breve che ha investito le comunità religiose? L’unione coptimusulmani, nel ricordo dell’unione tra la croce e la mezzaluna del 1919, che ha giocato un ruolo importante a livello della memoria, è stata anche nell’immaginario collettivo una reazione forte e profonda rispetto agli incidenti interconfessionali gravi occorsi negli ultimi anni: una rivendicazione della dimensione pubblica della fede in un Dio unico – cristiano o musulmano – nel nome della Bibbia o del Corano. L’ennesimo effetto (collaterale) è stato poi il discredito subito a opera della base dei fedeli dalle autorità religiose, copte e musulmane, ree di aver sostenuto il regime e, ancor più interessante, la domanda crescente di una democrazia religiosa in cui tutte le correnti e i movimenti possano far sentire la loro voce. Pluralismo possibile? Possiamo guardare la composizione del nuovo governo del paese, presieduto da Hisham Qandil e formato da 35 membri, per riflettere se questo è avvenuto o no. Qandil, che aveva ricoperto il ruolo di ministro delle Risorse idriche e dell’irrigazione, aveva ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo il 24 luglio da Mohamed Mursi, il primo presidente dell’Egitto eletto dalla caduta di Hosni Moubarak. Nella conferenza stampa di presentazione, il nuovo primo ministro ha spiegato che il governo è stato scelto sulla base della competenza, che rappresenta tutto il popolo e che dovrà innanzitutto affrontare la crisi economica. Sette esponenti del governo uscente, che era stato nominato dalla giunta militare al potere, sono rimasti in carica; l’ex primo ministro Kamal el-Ganzouri è stato invece nominato consigliere presidenziale. Il maresciallo Hussein Tantawi, che è stato per vent’anni ministro della Difesa con Hosni Moubarak e ha guidato il Consiglio supremo delle Forze armate dopo la caduta del regime, è stato confermato in tale ruolo. Il generale Ahmed Gamal Eddin, ex capo del Dipartimento per la Sicurezza pubblica, è il ministro dell’Interno. Nessuno dei ministeri più significativi (Difesa, Interni, Esteri e Finanze) è stato assegnato a esponenti dei Fratelli musulmani, che guidano invece altri quattro ministeri: Informazione, Istruzione universitaria, Politiche abitative e Gioventù. Non è stato nominato ministro nessun personaggio vicino al movimento di piazza che ha portato alla caduta del regime. Non 697-699_art_giorda:Layout 2 30-11-2012 13:40 Pagina 699 Africa del Nord CERNA solo: ma nonostante le promesse di rappresentare tutto il popolo, dunque uomini e donne, del nuovo governo fanno parte solo due donne, una delle quali, Nadia Zakhary, è cristiana copta ed è ministro della Ricerca scientifica.5 I compiti del nuovo papa Gli analisti, e soprattutto gli attivisti e gli intellettuali copti, reputano che il nuovo papa possa intercettare i timori di coloro che, spaventati dalla deriva islamista della nuova democrazia egiziana, potrebbero preferire il disimpegno e che in realtà possa diventare un punto di riferimento della comunità copta, alle prese con una fitta quanto intricata nuova tessitura di rapporti con le correnti islamiche che negli ultimi mesi hanno di molto variato il loro assetto e il loro peso politico. I giovani della Maspero Youth Union, l’organizzazione nata all’indomani del massacro di Maspero (uno dei più cruenti episodi di violenza degli ultimi 50 anni. il 9 ottobre 2011, otto mesi dopo la cacciata di Moubarak, oltre 25 manifestanti furono uccisi durante gli scontri con l’esercito egiziano presso il Maspero, l’edifico sede della tv di stato, nel corso di una manifestazione pacifica per i diritti dei cristiani), si sono dichiarati soddisfatti dell’elezione. Il partito dei Fratelli musulmani Giustizia e libertà si è dichiarato aperto a una collaborazione con il nuovo papa e il gran imam di al-Azhar Ahmed el-Tayyeb ha dichiarato la sua speranza in una ricomposizione delle fratture e nella fine delle violenze.6 Bon gré mal gré, rispetto alle dichiarazioni e alle prime intenzioni di Tawadros di star fuori dalla politica, la complicata transizione egiziana non potrà prescindere dal peso sociale e politico della comunità copta. Maria Chiara Giorda 1 Cf. M.C. GIORDA, «L’abito fa il monaco», in Il Mulino, edizione on-line (www.rivistailmulino.it), pubblicato il 30.3.2012. 2 Cf. Regno-att. 6,2012,150. 3 Cf. GIORDA, «L’abito fa il monaco». 4 Cf. F. PACI, «Il nuovo papa copto, tassello fondamentale nel complesso mosaico dell’Egitto post Moubarak», in La Stampa, edizione on-line (www.lastampa.it), pubblicato il 5.11.2012. 5 Cf. «Il nuovo governo egiziano», in Il Post (www.ilpost.it), pubblicato il 3.8.2012. 6 Cf. PACI, «Il nuovo papa copto». cesi che ci offrono sacerdoti fidei donum e delle congregazioni – in particolare africane – che scelgono d’impiantarsi nella nostra regione». Gioie e interrogativi Nel medesimo crocevia S i è riunita in Italia a Mazara del Vallo (TP), dal 18 al 21 novembre, l’assemblea della Conferenza degli episcopati del Nord Africa (CERNA), su invito del vescovo locale, mons. Domenico Mogavero. «La Sicilia è tradizionalmente un crocevia di migrazioni – afferma infatti il comunicato finale dell’assemblea a firma di mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat (Marocco), riconfermato alla presidenza della CERNA – con una presenza significativa di musulmani e la diocesi di Mazara del Vallo, gemellata con quella di Tunisi, è molto attiva nel dialogo con l’islam e nell’accoglienza dei migranti». A un anno di distanza dall’assemblea che lo scorso anno prendeva atto, con preoccupazione ma anche con speranza, dei sommovimenti della cosiddetta «Primavera araba» (Regno-att. 20,2011,659), oggi la «CERNA constata che le tre sfide (religiosa, politica e socio-economica) che essa aveva individuato nel novembre 2011 sono sempre attuali, ma che le transizioni si rivelano più complesse e dolorose del previsto. La situazione del nostro vicino del Sud, il Mali, la difficile ricostruzione in Libia, l’incertezza sul futuro del processo di transizione in Tunisia ne sono segni evidenti». Per quanto riguarda la situazione delle Chiese locali, il comunicato esprime la propria soddisfazione «per la fedeltà delle comunità di religiosi e religiose che servono e pregano con perseveranza: rendiamo grazie per la vitalità e la stabilità che esse danno alle nostre Chiese. Esse spesso sono l’unico segno dell’amore di Cristo per le popolazioni presso le quali esse vivono. Le nostre sono Chiese modeste e fragili e la chiusura di alcune comunità religiose radicate da lungo tempo nel Maghreb, come la mobilità in continua crescita dei membri delle nostre parrocchie, ci portano a contare sempre più sulla solidarietà di altre Chiese; per questo rendiamo grazie per la generosità delle dio- «Gioiamo anche – proseguono i vescovi – per la presenza fervente di numerosi studenti, di migranti provenienti da tutta l’Africa, di fedeli trasferiti da lungo tempo, di famiglie di passaggio, di lavoratori esteri, di volontari: anch’essi contribuiscono alla vitalità delle nostre Chiese. In questo contesto geopolitico in movimento, ma anche nella dinamica del Sinodo sulla nuova evangelizzazione, desideriamo riprecisare il senso della testimonianza delle nostre comunità cristiane nel Maghreb: umanizzazione, incontro, dialogo, servizio, preghiera, contemplazione, fiducia, speranza… sono termini che ritornano spesso nelle fonti delle nostre Chiese. Gioiamo inoltre per lo spirito di responsabilità di cui danno prova i laici, i sacerdoti, le congregazioni religiose, i vescovi affinché le nostre Chiese esercitino la loro testimonianza: questa corresponsabilità è una realtà di cui certe comunità hanno preso più coscienza, come, per esempio, la Chiesa in Tunisia nell’attesa di un nuovo arcivescovo; la Chiesa in Marocco che si rallegra per il sensibile aumento della presenza dei francescani; la Chiesa in Algeria dove un certo numero di comunità hanno potuto quest’anno rinnovarsi; la Chiesa in Libia che beneficia dell’arrivo di numerosi operatori sanitari e insegnanti filippini e indiani, molto spesso cristiani». Il fatto di essersi riuniti in Sicilia – prosegue il comunicato –, «cuore del Mediterraneo, sottolinea l’urgenza del dialogo tra le culture, le civiltà e le religioni fra le tre rive di questo mare. Molte aspirazioni ma anche molti interrogativi sono condivisi dalle popolazioni di tutto il Mediterraneo e la guerra in Siria, la situazione del Nord del Mali, l’estremismo di alcuni gruppi religiosi intensificano le migrazioni forzate e rafforzano le paure». Mons. Mogavero, che è anche membro della Commissione CEI per le migrazioni, ha presentato la situazione degli immigrati in Italia, sollecitando a che questo fenomeno «non sia più considerato come un’emergenza, ma come un fenomeno culturale inerente l’uomo che da sempre è in movimento. La terra – conclude mons. Landel citando il vescovo di Mazara del Vallo – appartiene a tutti e non si darà mai un territorio precluso a certi gruppi di persone». M.E. G. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 699 700_box_gandolfi:Layout 2 A FRICA 30-11-2012 11:24 Pagina 700 - Repubblica Democratica del Congo A ncora in guerra L’ appello inviato a fine maggio dai presuli della regione di Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo (Regno-att. 12,2012,366), che si aggiungeva a una lunga serie di allarmi sul rischio che l’Est del paese ripiombasse in uno stato permanente di violenza e di depredazione del territorio, aveva purtroppo ragione. E infatti era stato seguito da numerosi altri, espressi da soggetti anche molto diversi tra loro: il 9 luglio il segretario della Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO) esprimeva il timore che il paese scivolasse in una «balcanizzazione» tra gruppi armati; il 26 settembre un gruppo di vescovi della regione dei Grandi laghi, a seguito di una visita condotta assieme a una delegazione della CENCO nell’Est del paese, condannava il clima di violenza che vi aveva constatato, in particolar modo a Bukavu; Benedetto XVI il 1o ottobre chiedeva che il vertice sulla regione riunito presso l’ONU garantisse stabilità e sicurezza per la popolazione locale; il rapporto dei primi d’ottobre a firma della missione dell’ONU nella regione (la Missione ONU per la stabilizzazione del Congo, MONUSCO, istituita il 1o luglio 2010) – una delle più grandi missioni dell’ONU, forte di 17.000 militari – individuava nel Ruanda e nell’Uganda i sostenitori materiali dei gruppi attualmente attivi nella regione, che sono circa una trentina; poi erano seguiti gli appelli per la liberazione di tre religiosi rapiti il 19 ottobre vicino a Beni (Kivu del Nord) e quelli del Jesuit refugee service (14 novembre) per le violenze subite dalla popolazione della regione di Masisi… Gli appelli sono caduti nel vuoto e, secondo modalità che sembrano ripetere schemi visti più volte in questi anni, l’Est del paese è nuovamente in fiamme. Secondo la ricostruzione fatta dall’International Crisis Group, la violenza nella regione del Kivu data almeno dall’aprile scorso, quando Bosco Ntaganda – colpito da mandato di cattura internazionale da parte del Tribunale penale internazionale dell’Aja – decide l’ammutinamento e la fondazione di un gruppo, chiamato M23, dalla data (23 marzo 2009) in cui il governo di Kinshasa firmava con il principale gruppo armato, il Consiglio nazionale per la difesa del popolo (CNDP), sostenuto dal Ruanda, un accordo di pace rimasto lettera morta. In base a esso i militari del CNDP avrebbero dovuto confluire nell’esercito nazionale. Tuttavia, in assenza di una riforma complessiva condivisa dell’esercito e di un reale dialogo politico tra le parti, l’unificazione non è mai decollata e i gruppi armati sono proliferati. Come il CNDP nel 2008, così l’M23 oggi ha creato nei fatti una propria amministrazione e un sistema di finanziamento autonomo, mentre i gruppuscoli dei mai-mai sono stati liberi di espandersi nelle aree rurali dove hanno commesso gravi violenze, alimentando le tensioni tra gruppi etnici. Goma, la preda In luglio, secondo un’ulteriore voce degli accordi del 2009, aveva preso vita la Conferenza internazionale per la regione dei Grandi laghi, ma la proposta di dispiegare una forza d’interposizione di 4.000 uomini lungo tutto il confine tra Ruanda e Congo si è rivelata irrealistica e le due maggiori parti in causa – Ruanda e Congo – non hanno mostrato interesse ad addivenire a una soluzione. 700 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Non riuscendo a estendere il proprio controllo nella ricca regione di Masisi e costretto dalla chiusura da parte dell’Uganda dei confini con il Congo, il 15 novembre l’M23 ha lanciato un’offensiva contro Goma, la capitale della provincia del Kivu del Nord. Dopo tre giorni di combattimento l’M23 ha avuto la meglio sulle forze armate del governo guidato da Joseph Kabila e della MONUSCO, che in pratica non si è opposta. Il 19 è stato proposto un negoziato in cui l’M23 chiedeva il ritiro dell’esercito e la demilitarizzazione della città e del suo aeroporto; la riapertura del confine con l’Uganda e un processo negoziale che coinvolgesse anche le opposizioni non armate presenti nel paese. In questo modo il gruppo tentava di mantenere la crisi sul piano di una questione interna al paese per impedire a Kinshasa d’allargare il negoziato a livello regionale attraverso la Conferenza internazionale. Sarebbe poi stato lo stesso Kabila a decidere all’ultimo di rinunciare ai colloqui perché ciò avrebbe significato riconoscere l’M23 come interlocutore. Il 20 novembre il gruppo si è quindi impadronito della città. L’allarme dei vescovi La scena ripete tragicamente quella vista nel 2008, ad appena cinque anni dalla fine di una delle più sanguinose guerre vissute dal continente (Regno-att. 14,2009,486), quando il CNDP di Laurent Nkunda prese Goma e, come oggi, fu la popolazione a pagare il prezzo più alto: gravi violazioni dei diritti umani; processi arbitrari, esecuzioni sommarie di coloro che si erano schierati contro l’M23; successive rappresaglie; il ritiro da parte di Kinshasa da Goma e il riaprirsi del conflitto con il Ruanda; il discredito sia dell’ONU sia della Conferenza internazionale, la cui azione risulta essere irrilevante. Allora Kabila fece un accordo con Kagame, il presidente ruandese, per un’azione militare congiunta contro il CNDP: l’operazione fallì l’obiettivo e l’alleanza strategica si chiuse immediatamente. Ma la popolazione continuava a subire violenze d’ogni tipo (cf. anche Regnoatt. 16,2010,523). «Migliaia di uomini, donne e bambini, vittime angosciate per questa guerra che è stata loro imposta, a Goma e dintorni sono abbandonati e gettati ancora una volta sulla strada in totale povertà. Sono preda delle intemperie, della fame, degli stupri e d’ogni sorta di esazione, compreso l’arruolamento dei bambini. Questa è un’offesa della loro dignità umana di figli di Dio»: è la dolorosa constatazione che ancora una volta alcuni presuli africani, riuniti a Kinshasa il 22 novembre per un incontro indetto da Caritas Africa, hanno messo per iscritto nel tentativo di far conoscere al mondo il dramma di queste popolazioni. Ma mentre il mondo non sembra particolarmente interessato a questo nuovo dramma, tanto più che le materie prime che si estraggono nella regione continuano nonostante tutto a fluire, l’M23 minaccia di marciare su Kinshasa. Frattanto vi sono, secondo alcune stime, almeno 120.000 persone che hanno bisogno di un aiuto urgente e la situazione sanitaria è destinata a peggiorare in maniera drastica, soprattutto per coloro (più di 700.000 persone) che ancora vivono nei campi profughi a motivo dei conflitti precedenti. Maria Elisabetta Gandolfi 701-702_info_castagnaro:Layout 2 30-11-2012 11:48 Pagina 701 Guatemala Chiesa cattolica Una svolta autoritaria S i registra una nuova conflittualità causata dall’incapacità dello stato di orientare al bene comune gli investimenti privati, poiché nella privatizzazione delle aziende pubbliche si è favorito il capitale privato, sono state varate leggi in materia economica a favore delle imprese e non del bene comune, non si è saputo suscitare l’appoggio della popolazione a programmi di sviluppo energetico ed educativo e si è speso denaro in politiche clientelari». Così, in novembre, la Conferenza episcopale del Guatemala ha interpretato la crescente tensione sociale culminata il 4 ottobre nella strage di 6 contadini quiché (con 35 feriti) compiuta dai militari a Totonicapán, mentre migliaia di persone protestavano contro l’aumento delle tariffe elettriche, la riforma della Costituzione (che, tra l’altro, disconoscerebbe le autorità tradizionali indigene), promossa dal presidente della Repubblica, il generale a riposo Otto Pérez Molina, e una modifica della professione docente giudicata funzionale alla privatizzazione del sistema scolastico. Perciò l’esecutivo, continuano i vescovi, «deve dissipare i sospetti di essere un governo militarista, incline a favorire l’iniziativa privata al di sopra del bene comune e che usa la forza per soffocare qualsiasi critica». Il governo con i privati Senza appello era stato, già all’indomani della strage, l’atto d’accusa dei 9 parroci della zona pastorale di Totonicapán, nell’arcidiocesi di Quetzaltenango: «Denunciamo la responsabilità del governo in questo massacro. E non si incolpino singoli soldati, che servono da capri espiatori per assolvere il governo dalla progressiva militarizzazione cui sta conducendo il paese. Non si tratta di un episodio, ma di una politica di stato sostenuta da gruppi di potere che discrimina i popoli indigeni». P. Antonio Calderón, amministratore apostolico della diocesi di San Marcos, ha ricordato altre recenti azioni repressive, come «lo sgombero violento della popolazione civile contraria all’attività mineraria a Santa Rosa», nonché «quanto accaduto a Santa Cruz Barillas». Qui, il 1° maggio, era stato ucciso un esponente del movimento (e altri due feriti) che lotta contro la costruzione della centrale idroelettrica Canbalam. L’uccisione, effettuata durante un’imboscata compiuta da alcuni uomini armati (risultati poi legati alla società spagnola Hidro Santa Cruz S. A., responsabile del progetto), ha avuto come effetto l’imposizione dello stato d’assedio da parte dell’esecutivo. Allora, mons. Rodolfo Bobadilla, vescovo (oggi emerito) di Huehuetenango, aveva stigmatizzato tanto «la prepotenza e il rifiuto del dialogo da parte dell’impresa» quanto lo «sproporzionato dispiegamento della forza» da parte delle autorità, che «ha provocato nella popolazione il timore di un ritorno alla situazione del conflitto armato» terminata nel 1996. «Prendiamo atto», aveva affermato il presule, «di come il governo abbia agito a favore della sicurezza di un’azienda privata» più che «garantire ai cittadini la vita, la libertà e la giustizia». Lanciava poi l’allarme sul fatto che la le ricchezze della regione «fanno gola ai settori economicamente forti del paese», i quali, insieme alle imprese transnazionali e con la complicità dei governi, mirano a «sfruttarne le risorse minerarie» e i corsi d’acqua (con la costruzione di 16 centrali idroelettriche) contro la volontà della popolazione e con un devastante impatto ambientale. Questa situazione si inserisce in un contesto nazionale segnato dalla «presenza di un’élite che si è mantenuta al potere per curare i propri interessi», dal narcotraffico e dalla criminalità organizzata «che si infiltrano nelle strutture di governo», nonché «dall’influenza delle imprese e dei governi stranieri impegnati a proteggere il capitale che investono nel paese». Perciò «le leggi vengono applicate a favore degli interessi dei potenti, criminalizzando e perseguitando la gente». Analoga la situazione denunciata a fine agosto dalla Pastorale sociale dell’ Ixcán nella diocesi del Quiché per le «intimidazioni da parte dell’esercito» in seguito «all’annuncio della gara pubblica per la costruzione della diga idroelettrica di Xalalá e la concessione di sette aree destinate all’estrazione di petrolio». Non a caso vari organismi della società civile, tra cui la Conferenza dei religiosi e delle religiose del Guatemala, hanno chiesto a Pérez Molina «la smilitarizzazione delle forze dell’ordine e il ritiro delle unità militari da compiti di pubblica sicurezza», richiesta cui l’esecutivo (che conta otto alti ufficiali tra i ministri) ha risposto disponendo che l’esercito non sia più impiegato in occasione di manifestazioni di piazza, mentre per l’eccidio di Totonicapán sono stati arrestati nove soldati. Mauro Castagnaro Nicaragua Chiesa cattolica Astensionismo e democrazia C ol 68% dei voti, il governativo Fronte sandinista di liberazione nazionale (FSLN) ha vinto nettamente le elezioni amministrative svoltesi in Nicaragua il 4 novembre scorso, conquistando 134 municipi su 153 e lasciandone alle due principali forze di opposizione, il Partito liberale indipendente e il Partito liberale costituzionalista dell’ex presidente della Repubblica, Arnoldo Aleman, rispettivamente 12 e 2, effetto di percentuali del 21% e dell’8% dei suffragi. Anche se alcuni organismi della società civile, come Etica e trasparenza, hanno accusato l’esecutivo di brogli e gli Stati Uniti hanno parlato di «allarmanti irregolarità», gli osservatori dell’Organizzazione degli stati americani hanno costatato «un progresso rilevante» nel sistema elettorale e, pur esprimendo varie critiche, anche per organismi nazionali poco indulgenti con l’esecutivo, come l’Istituto per la democrazia, «non ci sono segnali che possano mettere in dubbio la trasparenza e i risultati» della consultazione. Gran parte della polemica si è quindi concentrata sul tasso di astensionismo. Secondo il Consiglio supremo elettorale, dei cui magistrati le opposizioni, alcune organizzazioni civiche e i vescovi avevano chiesto inutilmente la sostituzione, i votanti sono stati 2,1 milioni, pari al 57,7% dei cittadini iscritti nelle liste «attive» (3,75 milioni), cioè già ripulite dai circa 750.000 cittadini che non avevano espresso il suffragio tra il 2006 e il 2011 (spesso perché emigrati all’estero), contando i quali a recarsi alle urne sarebbe stato il 47% degli aventi diritto, una percentuale di IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 701 701-702_info_castagnaro:Layout 2 30-11-2012 11:48 Pagina 702 Filippine Fronte islamico poco minore a quella del 2008. Inoltre il calo della partecipazione rispetto alle presidenziali dell’anno scorso avrebbe penalizzato soprattutto le opposizioni. Le critiche dei vescovi Di fronte ai risultati mons. Juan Abelardo Mata, vescovo di Estelí e vicepresidente della Conferenza episcopale, ha invitato la popolazione alla «resistenza davanti ad autorità illegittime», esercitando «il diritto a non obbedire, a non pagare imposte, a scioperare pur restando sul posto di lavoro». Mons. Silvio Báez, vescovo ausiliare di Managua, che aveva parlato della consultazione come di «un passo in più verso il consolidamento di un potere dittatoriale», ha invece affermato che «la grande sfiducia nelle autorità elettorali è stato il fattore principale che ha spinto molte persone a non votare», ricordando che ciò era già stato menzionato nella lettera pastorale pubblicata in settembre dalla Conferenza episcopale del Nicaragua. In quel documento l’episcopato aveva definito la vita politica del paese «dominata da uno stile autocratico e abusivo di esercizio dell’autorità, che si manifesta attraverso la concentrazione del potere e il desiderio incontenibile di perpetuarvisi, la manipolazione della legge e delle istituzioni e la distruzione dei principi fondamentali dello stato di diritto. Allo stesso modo i partiti politici di opposizione si dibattono in lotte interne e reciproche squalifiche che traggono origine dalla ricerca di maggiori spazi di potere e da ambizioni personali». I vescovi, quindi, avevano dichiarato di considerare «validamente fondate» tanto la scelta di votare quanto quella di non recarsi alle urne, poiché «l’esperienza delle municipali del 2008 e delle politiche del 2011, in cui sono state registrate serie denunce di atti fraudolenti e gravi irregolarità», aveva spinto molti ad annunciare l’intenzione di astenersi «per non diventare complici di un’altra grave offesa alla democrazia» e altri a scegliere di votare «per rafforzare la struttura democratica, non lasciare tutto lo spazio politico al partito di governo e rispondere alla forte domanda di partecipazione elettorale delle zone in cui l’opposizione è da sempre maggioritaria». Questo intervento era stato da alcuni letto come un appello all’astensione, interpretazione respinta da mons. Báez, che però non ha voluto rivelare se alla fine si sia recato alle urne. Lo ha fatto, invece, il card. Miguel Obando y Bravo, arcivescovo emerito di Managua, che a fine ottobre aveva ringraziato pubblicamente il presidente Daniel Ortega per i programmi sociali varati dal suo governo. M. C. 702 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Verso la pace a Mindanao C i sono voluti più di 40 anni di conflitto e almeno 100.000 morti su entrambi i fronti. Ma lo scorso 15 ottobre, con una cerimonia solenne nel Palazzo presidenziale di Malacanang a Manila, il governo delle Filippine e il Fronte islamico di liberazione Moro (MILF) hanno firmato un accordo di pace. Nel terreno di scontro tra le due parti, l’isola a maggioranza musulmana di Mindanao, sarà creata entro il 2016 una regione autonoma col nome di «Bangsamoro». Si tratta di un termine locale per identificare la comunità islamica, ed è un segno della volontà di Manila di riconoscere il dominio ancestrale delle terre da parte delle etnie di religione musulmana. La creazione della nuova regione semiautonoma sarà comunque sottoposta a referendum popolare, mentre il governo centrale manterrà il controllo della difesa e della sicurezza, nonché la gestione della politica estera ed economica. Il MILF è stato fondato nel 1977 con lo scopo di creare uno stato indipendente e si stima che oggi conti circa 12.000 militanti. Un primo accordo con il governo, con il quale si concedeva alle aree a maggioranza musulmana un certo grado di autonomia e veniva creata la Regione autonoma musulmana di Mindanao (ARMM), era già stato firmato nel 1996. Ma a causa degli scontri con l’esercito, nel 2001 gli accordi erano saltati. L’intesa attuale, frutto di 15 anni di negoziati mediati dalla Malaysia, prevede la creazione di una «Commissione di transizione» che dovrà elaborare le soluzioni legislative necessarie per realizzare nei fatti le novità introdotto dall’accordo, e sancisce che una pace definitiva dovrà essere firmata già entro la fine di quest’anno. Negli ultimi anni, infatti, in numerose occasioni i negoziati per l’autonomia dell’arcipelago a sud delle Filippine si sono bloccati per la recrudescenza delle violenze. In conseguenza delle violenze, l’isola di Mindanao è oggi particolarmente povera, malgrado la presenza di molte risorse natu- rali nell’area, soprattutto miniere d’oro. Le poche società che hanno provato a investire e ad avviare attività nell’isola in questi anni hanno subito attacchi continui da parte della guerriglia e sono state vittime di rapimenti a scopo di estorsione. La possibilità di una fine del conflitto con i ribelli islamici rappresenta quindi una grande opportunità economica per la popolazione, che potrà in futuro godere degli investimenti di paesi stranieri e agganciarsi alla ripresa economica delle Filippine, che crescono ad un ritmo annuale del 5,8%. La Chiesa prudente Intervistato dalla Radio Vaticana, p. Sebastiano D’Ambra, responsabile del dialogo cristiano-musulmano nella Conferenza episcopale filippina, che ha partecipato alla firma degli accordi, ha cercato però di smorzare, almeno in parte, gli entusiasmi. Il sacerdote ha sottolineato che non si tratta di un accordo di pace vero e proprio, in cui è «tutto stabilito». Ma, ha aggiunto, «ci sono le basi per poter continuare a parlare. Hanno fissato dei parametri su cui lavorare, però non tutti i gruppi hanno aderito». L’accordo raggiunto, quindi, è «senz’altro importante ma non è veramente la parola finale». Parole di prudenza sono arrivate anche da padre Angel Calvo, missionario clarettiano da quarant’anni nelle Filippine e membro dell’Interreligious Solidarity Movement for Peace a Zamboanga. «Il MILF – ha detto ad AsiaNews – rappresenta solo una parte del panorama estremista islamico che insanguina Mindanao dal 1972. Fra essi vi sono Abu Sayyaf, gruppo terrorista vicino ad al-Qaeda nato negli anni Novanta, e il Bansamoro Islamic Freedom Fighters (BIFF), gruppo creato nel 2011 da ex membri del MILF ostinati ad ottenere la piena indipendenza della regione». Tuttavia, per p. D’Ambra, dopo quarant’anni di conflitto la gente di Mindanao è pronta per la pace: «Tutti hanno capito che alla fine non è questa la via da seguire. Ci sono stati centinaia di migliaia di morti nel conflitto in questi 40 anni». Il governo di Benigno “Noynoy”Aquino – figlio dell’eroina della lotta contro la dittatura Corazon Aquino, poi diventata presidente dal 1986 al 1992 – gode di fiducia da parte di tutti gli attori in gioco. Tuttavia, per il rappresentante dei vescovi, nell’opinione pubblica filippina rimangono «molti dubbi e molte paure» nei confronti dei ribelli islamici e delle loro rivendicazioni. «La gente – ha spiegato p. D’Ambra – ancora è disorientata e quando si parla di pace tutti sperano che veramente arrivi e non capiti come per gli altri accordi di pace falliti che ci sono stati in passato». Alessandro Speciale 703_diario:Layout 2 30-11-2012 11:26 Pagina 703 diario ecumenico OTTOBRE Chiude l’agenzia ENI. Il 1° ottobre l’agenzia Ecumenical news international annuncia la sospensione delle pubblicazioni con effetto immediato, per reperire fondi d’emergenza per l’attività della restante parte dell’anno. «Questo passo ci dispiace, ma nonostante una massiccia riorganizzazione ENInews sente l’effetto dei profondi tagli operati dai suoi sostenitori storici e dei mancati pagamenti da parte di molti abbonati», dice il presidente di ENI David Harris. Fondata nel 1994, l’agenzia è finanziata dal Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC), dalla Federazione luterana mondiale (FLM) e dalla Comunione mondiale delle Chiese riformate, tutte con sede presso il Centro ecumenico di Ginevra. Già nel 2011 il dimezzamento dei finanziamenti da parte del CEC aveva provocato il licenziamento dello staff editoriale, pochi giorni dopo che l’Associated Church Press riconoscesse a ENInews il premio di migliore agenzia sui temi religiosi, e la sostituzione con un redattore a New York per il coordinamento dei 50 corrispondenti nelle varie parti del mondo. Chiesa russa – Preti in politica. Il 4 ottobre il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa stabilisce che i propri preti eccezionalmente possano candidarsi a cariche politiche, soprattutto quando ciò sia necessario per difendere la Chiesa da forze «scismatiche o di altre fedi». Ciò è già possibile in Ucraina, dove dal 2006 il vescovo di Odessa siede nel Parlamento regionale e sostiene una politica anti-ecumenica. Il 14 ottobre, in visita al presidente della Bielorussia Aleksander Lukaschenko, il patriarca di Mosca Cirillo I afferma che la Chiesa ortodossa Germania – Circoncisione. Dopo le polemiche sulla sentenza del Tribunale di Colonia, che aveva equiparato la circoncisione per motivi religiosi al reato di lesioni volontarie (cf. Regno-att. 14,2012,450), il governo Merkel raggiunge il 10 ottobre un’intesa su una proposta di legge per la questione, che colpisce principalmente le comunità ebraiche e islamiche. In base a essa non saranno punibili le operazioni di circoncisione sui minori praticate rispettando determinati standard medici. Le circoncisioni rituali potranno essere eseguite entro sei mesi dalla nascita del bambino anche da rappresentanti della comunità religiosa con competenze specifiche. I genitori dovranno essere informati delle conseguenze e dei possibili rischi dell’intervento, e dovrà essere utilizzata una «narcosi adeguata ed effettiva», mentre per i bambini più grandi si dovrà tenere in considerazione la loro volontà. I Consigli centrali della comunità ebraica e musulmana in Germania esprimono apprezzamento per l’equilibrio raggiunto dalla proposta di legge, che ora dovrà passare il vaglio del Parlamento. Di fronte alle accese proteste di tutte le comunità religiose per una sentenza che prefigurava un grave restringimento della libertà religiosa, il governo si era da subito impegnato a elaborare un quadro normativo che consentisse una composizione di tale diritto con i diritti dell’infanzia. Non solo per le nuove presenze religiose ma anche per quelle più antiche e stabili, si vanno moltiplicando nei paesi europei i casi nei quali la legislazione tenta di normare, in senso limitativo, le manifestazioni di appartenenza religiosa, sempre più avvertite in contrasto con i diritti civili. Prima della circoncisione c’erano state la questione della macellazione rituale nei Paesi Bassi e quella del velo in Francia. In questi casi le autorità ebraiche, islamiche e cattoliche hanno reagito avviando un’alleanza «trialogica». russa vuole favorire il processo d’integrazione tra Russia, Bielorussia e Ucraina, che in quanto costitutive della «santa Rus’» considera proprio territorio canonico (insieme a tutte le repubbliche un tempo parte dell’URSS, eccetto Georgia e Armenia). Morte di Torkom Manoogian. Il 12 ottobre si spegne all’età di 96 anni il primate del Patriarcato armeno di Gerusalemme Torkom II Manoogian, promotore di molte iniziative ecumeniche di pace in Terra santa e animatore per conto del CEC del Programma di accompagnamento ecumenico in Palestina-Israele (EAPPI). Nato in Iraq, era stato primate della Chiesa armena del Nord America. Poeta e teologo, ha offerto un significativo contributo alla riflessione sulla pace in Terra santa e alla storia del genocidio armeno. Pasqua comune in Terra santa. Tra due anni tutti i cattolici di rito orientale e latino delle diocesi di Terra santa adotteranno il calendario giuliano, in uso agli ortodossi, dopo la redazione del decreto definitivo e la sua approvazione da parte della Santa Sede. Nell’attesa i vescovi delle Chiese cattoliche di Terra santa possono scegliere di cominciare l’esperienza a partire dal 2013. È l’esito della decisione presa dall’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra santa (AOCTS), e così annunciata il 16 ottobre dal Patriarcato latino di Gerusalemme: «Questa decisione è segno di un passo concreto nell’ecumenismo. Essa è dovuta anche alla pressione esercitata dai fedeli. Infatti, numerose sono le famiglie cristiane in Terra santa costituite da matrimoni misti tra cattolici, ortodossi, protestanti. Molti dei loro membri non possono celebrare la Pasqua lo stesso giorno perché i cattolici seguono il calendario gregoriano e gli ortodossi quello giuliano». Dialogo luterani-anglicani. Viene pubblicato in ottobre To love and serve the Lord (Amare e servire il Signore), il rapporto finale della Commissione internazionale anglicana luterana (ALIC), che tra il 2006 e il 2011 ha condotto la terza fase di dialogo tra la FLM e la Comunione anglicana, centrata sul tema della diaconia, cioè del servizio della Chiesa nella società. Il dialogo tra luterani e anglicani è iniziato nel 1972. Italia – Dialogo cristiano-islamico. La IX Giornata del dialogo cristiano-islamico, che è stata istituita dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, si celebra a Roma il 27 ottobre sul tema «Islam, cristianesimo, Costituzione: cristiani e musulmani a confronto con la laicità dello stato». Vi aderiscono oltre cento associazioni e comunità di fede, promuovendo iniziative in tutto il territorio nazionale. Grecia – Chiesa ortodossa e crisi economica. «La nostra Chiesa entro due mesi non potrà più pagare i suoi dipendenti; se non si trovano i fondi necessari, dovrà licenziare più di 300 persone»: lo dichiara l’arcivescovo ortodosso di Atene Ieronymos nel corso di un’intervista televisiva diffusa il 26 ottobre. Nonostante le vive polemiche degli ultimi convulsi mesi per la ricchezza della Chiesa di stato – il secondo proprietario immobiliare dopo lo stato stesso – e per il suo tentativo di sottrarsi all’impopolare tassa sugli immobili (cf. Regno-att. 4,2012,92), le casse dunque sono vuote, perché – spiega il primate – alcuni immobili sono sfitti, altri sono affittati a gente impoverita che non riesce a pagare, mentre molti investimenti in fondi azionari si sono volatilizzati. Daniela Sala IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 703 a 704_agenda:Layout 2 30-11-2012 11:50 Pagina 704 agenda vaticana OTTOBRE Loreto. Il 4 ottobre il papa va pellegrino a Loreto «nell’anniversario dei 50 anni del pellegrinaggio in treno di papa Giovanni XXIII a Loreto e Assisi (4 ottobre 1962) e per affidare all’intercessione della vergine Maria i lavori del Sinodo dei vescovi e l’Anno della fede». «Corvo» condannato a tre anni. Il 6 ottobre – alla vigilia dell’apertura del Sinodo dei vescovi – il Tribunale vaticano condanna il «corvo» Paolo Gabriele a tre anni di carcere dimezzati in accoglimento di attenuanti, tra le quali viene segnalato «il convincimento soggettivo – sia pure erroneo – indicato dall’imputato quale movente della sua condotta». Il 23 ottobre viene pubblicata la motivazione della sentenza e due giorni dopo il condannato torna in carcere: «Dato che non sono stati proposti appelli contro la sentenza, essa è divenuta definitiva. Perciò, per mandato del presidente del Tribunale, il promotore di giustizia ha disposto questa mattina la reclusione in esecuzione della sentenza»: così il padre Lombardi il 25 ottobre. Un comunicato della Segreteria di stato afferma in tale data che la sentenza «mette un punto fermo su di una vicenda triste, che ha avuto conseguenze molto dolorose». Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Con due celebrazioni in San Pietro il papa apre il 7 ottobre e chiude il 28 ottobre la XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi su «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». Il Messaggio finale viene pubblicato il 26 ottobre e 58 Proposizioni il 27 ottobre. Cf. Regno-doc. 19,2012,577 e in questo numero a p. 657. Anno della fede e 50° del Vaticano II. Con una concelebrazione in San Pietro con i padri sinodali Benedetto avvia l’11 ottobre, nel 50° dell’apertura del Vaticano II, l’Anno della fede, che andrà fino al 24 novembre 2013. «In questi decenni – dice il papa all’omelia – è avanzata una “desertificazione” spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, al tempo del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. È il vuoto che si è diffuso» (Regno-doc. 19,2012,578s). La concelebrazione termina con la consegna a nuovi testimonial dei sette messaggi conclusivi del Vaticano II (ai governanti, agli uomini di scienza e di pensiero, agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri, ai giovani). La sera dello stesso giorno Benedetto si affaccia alla finestra per salutare i 40.000 partecipanti alla «fiaccolata» organizzata dall’Azione cattolica italiana, a ricordo di quella organizzata mezzo secolo prima dalla stessa associazione e salutata da papa Roncalli con il discorso della luna e della carezza ai bambini. «Anch’io ero in piazza – dice papa Ratzinger – con lo sguardo a questa finestra, eravamo felici e pieni di entusiasmo, sicuri che dovesse venire una nuova primavera, una nuova Pentecoste. Anche oggi siamo felici, ma di una gioia più sobria, umile». Guinea Equatoriale. Il 13 ottobre viene firmato a Mongomo un Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica di Guinea Equatoriale sulle relazioni tra la Chiesa cattolica e lo stato, nel quale «è riconosciuta la personalità giuridica della Chiesa e delle sue istituzioni; l’accordo riguarda anche il matrimonio canonico, i luoghi di culto, le istituzioni educative, l’assistenza spirituale ai fedeli cattolici negli ospedali e nelle carceri». Il Sinodo e la Siria. Il 18 ottobre viene annunciata una missione sinodale in Siria guidata dal card. Laurent Mosengwo Pasinya (Kinshasa), con la partecipazione dei cardd. Timothy Dolan (New York) 704 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 e Jean-Louis Tauran (Dialogo interreligioso). Il 22 ottobre il padre Lombardi informa che la «missione» è allo studio ma si farà dopo la chiusura del Sinodo per la mancanza – al momento – delle necessarie condizioni di sicurezza. Così infine il 7 novembre il papa all’udienza generale annuncerà l’accantonamento definitivo dell’idea: «Per manifestare la mia solidarietà e quella di tutta la Chiesa alla popolazione della Siria e la vicinanza spirituale alle comunità cristiane era mio desiderio inviare una delegazione di padri sinodali a Damasco, ma purtroppo diverse circostanze non hanno reso possibile l’iniziativa nelle modalità auspicate perciò ho voluto affidare una missione speciale al card. Robert Sarah presidente del Pontificio consiglio “Cor unum”, che da oggi fino al 10 novembre si trova in Libano dove incontrerà pastori e fedeli delle Chiese che sono presenti in Siria». Concistoro. Il 24 ottobre al termine dell’udienza generale Benedetto annuncia che il 24 novembre terrà un concistoro per la nomina di sei cardinali: James Michael Harvey, prefetto della Casa pontificia, che il papa ha «in animo di nominare arciprete della Basilica papale di San Paolo fuori le mura»; Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano); Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-malankaresi (India); John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Nigeria); Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá (Colombia); Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila (Filippine). Cf. in questo numero a p. 656. Williamson. Il 24 ottobre un comunicato della Fraternità sacerdotale San Pio X annuncia che «avendo preso le distanze dalla direzione e dal governo della Fraternità sacerdotale San Pio X da diversi anni, e rifiutando di manifestare il rispetto e l’obbedienza dovute ai suoi superiori legittimi, mons. Richard Williamson è stato dichiarato escluso dalla Fraternità con decisione del superiore generale e del consiglio il 4 ottobre 2012». Rende noto inoltre che Williamson ha reagito a un ultimo richiamo chiedendo con lettera aperta le dimissioni del superiore della Fraternità, il vescovo Fellay. Cf. in questo numero a p. 663. Lefebvriani. Il 27 ottobre un comunicato della Pontificia commissione «Ecclesia Dei» annuncia che il 6 settembre la Fraternità sacerdotale San Pio X «ha indicato di aver bisogno di ulteriore tempo di riflessione e di studio per preparare la propria risposta alle ultime iniziative della Santa Sede», che il comunicato così riassume: «Il 13 giugno 2012 la Commissione ha presentato alla Fraternità una dichiarazione dottrinale unitamente a una proposta per la normalizzazione canonica del proprio stato all’interno della Chiesa cattolica». Segue questo commento: «Dopo trent’anni di separazione, è comprensibile che vi sia bisogno di tempo per assorbire il significato di questi recenti sviluppi. Mentre il nostro santo padre Benedetto XVI cerca di promuovere e preservare l’unità della Chiesa mediante la realizzazione della riconciliazione a lungo attesa della Fraternità sacerdotale San Pio X con la Sede di Pietro – una potente manifestazione del munus petrinum all’opera – sono necessarie pazienza, serenità, perseveranza e fiducia». Cf. in questo numero a p. 663. Nuove competenze su seminari e catechesi. «Ho deciso di trasferire la competenza sui seminari dalla Congregazione per l’educazione cattolica alla Congregazione per il clero e la competenza sulla catechesi dalla Congregazione per il clero al Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione»: così Benedetto parlando il 27 ottobre all’ultima congregazione generale del Sinodo. Luigi Accattoli 705-712_dos:Layout 2 30-11-2012 13:40 Pagina 705 S studio del mese Cleus Andreatta Oscar Beozzo Frei Betto Leonardo Boff Te o l o g i a della liberazione e Vaticano II Il Sud del Concilio Victor Codina Jesus Garcia Gonzales Diego Irarrazaval Jon Sobrino Andrés Torres Queiruga José Maria Vigil Celebrare il giubileo del Vaticano II in America Latina significa, allo stesso tempo, fare le somme di un quarantennio di teologia della liberazione, che del Concilio è stato nel continente il momento recettivo e originale, effettivo e conflittuale. Nel Congresso continentale di teologia tenutosi a San Leopoldo, nei pressi di Porto Alegre (Brasile, 7-11 ottobre), 750 protagonisti di questa vicenda ne hanno tratto un bilancio. Alla fine della parabola di questa ricerca teologica, incorporata oggi in un modo di essere Chiesa, ne sono state ripercorse le tracce dal cuore del Concilio al cuore della realtà latinoamericana, con la sua storia d’ingiustizie e d’oppressione, in una critica inesausta delle sfide che oggi chiamano ancora in causa il «Dio liberatore». All’orizzonte si profila la prossima Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, che si terrà a Panama nel 2013. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 705 S tudio del mese 705-712_dos:Layout 2 30-11-2012 13:40 Pagina 706 I l giorno 11 ottobre, 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, il ritornello del salmo responsoriale diceva: «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato il suo popolo». Quella mattina abbiamo partecipato all’eucaristia in Porto Alegre (Brasile), all’inizio dell’ultimo giorno del Congresso continentale di teologia, organizzato dall’Unisinos (Università do Rio dos Sinos, dei gesuiti) a partire dal giorno 7. Il ritornello per lo stesso salmo recitava, in portoghese, «Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e liberato il suo popolo». Il Benedictus nella versione italiana dice: «... perché ha visitato e redento il suo popolo». La diversa traduzione può ben marcare l’indole dell’appuntamento culturale ed ecclesiale organizzato in occasione dell’anniversario del Vaticano II, sostanzialmente in coincidenza con i 40 anni della teologia della liberazione. Gustavo Gutiérrez, al quale si riconosce la paternità della controversa ermeneutica teologica, è stato tra i relatori del congresso, anche se in collegamento video da Notre Dame (Indiana, USA), non potendo spostarsi a causa di un trauma da caduta. Insieme a lui erano presenti quasi tutti gli esponenti più noti di questi 40 anni di teologia latinoamericana: L. Boff, J. Sobrino, V. Codina, O. Beozzo, C. Mesters... Essi stessi, al momento della foto-ricordo, si sono definiti ironicamente i «dinosauri» del «giurassico». Fra i 750 partecipanti si sono contati anche 17 vescovi, alcuni dei quali erano coordinatori di uno dei 21 talleres (laboratori) programmati nel pomeriggio. C’era mons. J.M. Pires, padre conciliare. L’ultimo giorno si è fatto presente per un saluto anche il vescovo di Novo Hamburgo, Z. Hastenteufel; aveva resistito a forti pressioni che volevano spingerlo a non autorizzare l’evento, e alla fine, costantemente informato sull’andamento dei lavori e ripetutamente invitato a prendervi parte, ha superato il timore e si è affacciato per una benedizione. La Unisinos non necessitava dell’autorizzazione dell’ordinario, dal momento che non dispone di una facoltà di teologia e ha promosso il congresso come attività culturale. È stato un lavoro contro vento perché, sia da Roma sia da alcune autorità e ambienti ecclesiastici del continente, si temeva pregiudizialmente un raduno animato da ostilità nei confronti del Vaticano e del magistero in generale. Lo svolgimento ha serenamente smentito le paure. Le adesioni hanno colmato le disponibilità e anzi, avendo chiuso il numero per le iscrizioni provenienti dal Brasile, sono state respinte circa 400 richieste. Il vescovo di Jales (Brasile) D. Valentini ha «inaugurato» il congresso –«Concilio Vaticano II e teologia della liberazione in dialogo» – richiamando le parole di Giovanni XXIII per il Concilio: «Serenità di spirito, concordia fraterna, moderazione delle proposte, dignità della discussione e prudenza nelle delibere». «Gaudet mater Ecclesia» si deve poter dire di ogni evento che raduna il popolo di Dio con i suoi pastori e i suoi teologi per riflettere, pregare, programmare. Recezione del Concilio Tornando al salmo responsoriale, in quell’«adattamento» di una traduzione v’è molto della creatività e 706 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 della modalità con le quali il Vaticano II è stato recepito in America Latina e nei Caraibi. Le conferenze generali dell’Episcopato latinoamericano, organizzate dal Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), in particolare Medellín (1968) e Puebla (1979), hanno marcato autorevolmente la recezione; la teologia della liberazione ne costituisce l’espressione più geniale; le comunità ecclesiali di base il progetto più ambizioso. Difficile immaginare le tre spinte disgiunte. «Abbiamo riaffermato che c’è un’intima e necessaria relazione tra teologia della liberazione e comunità ecclesiali di base», dice la Sintesi finale del congresso (di prossima pubblicazione su Regno-doc.). «La Chiesa in questo continente ha incoraggiato a vivere la fede, la speranza e l’amore in piccole comunità e in una comunione di esse». Nella risultante si sono assommate, ma anche compensate; in un equilibrio arduo ma non impossibile; intrinseco e dunque infirmato più che garantito da interventi esterni che pure avrebbero voluto puntellarlo. Assimilare il Vaticano II è operazione più vasta della sola recezione dei contenuti, perché il Concilio è stato magisteriale anche nella sua dinamica. L’apertura del Concilio corrispondeva alla «chiusura ufficiale di tutta un’epoca storica. Epoca decisiva per l’umanità, ma che aveva visto una Chiesa (auto)emarginata, con tendenza a chiudersi in sé stessa, eccessivamente lontana del processo generale che stava rinnovando dal fondo la cultura e la società. (...) Se personalmente dovessi riassumere in un solo punto la documentazione storica del Concilio, direi che consistette nel dare, in modo legittimo e ufficiale, libera uscita alle spinte di rinnovamento che, non solo nella teologia ma anche nello stesso corpo ecclesiale, giacevano da lungo tempo duramente represse» (A.T. Queiruga). Il Concilio ha dato fiato a una Chiesa che «preferisce l’arma della misericordia a quella della severità» (Giovanni XXIII), il dialogo aperto alle definizioni chiuse, l’invito al futuro piuttosto che la condanna del presente. In teologia, il Vaticano II preferì quello che Rahner chiamava il «tuziorismo del rischio»: è più sicuro essere azzardati nell’annuncio del Vangelo al mondo tutto (Mt 28,19) anziché sotterrare i talenti (Mt 25,25). Come l’assise, anche il dopo-Concilio è stato dominato da una forte dialettica fra spinte in avanti e pressioni alla restaurazione. Il Concilio aveva svuotato la terza opzione: dopo l’evento, essere conservatori avrebbe voluto dire comunque custodire qualcosa di profondamente nuovo; tentare di ingessare una reazione a catena ormai innescata. La Chiesa e la teologia in America Latina hanno assunto la dinamica propulsiva del Concilio, privilegiando gli elementi di novità rispetto a quelli di continuità. Per questo, ha sostenuto Queiruga, affermare che il Concilio sia all’origine dei mali della Chiesa attuale si basa sull’assunto «ingiusto» che la situazione attuale sia peggiore della precedente, «quando invece è certo che, con tutti i difetti, il clima attuale risulta incomparabilmente più respirabile, la vita ecclesiale ha un stile molto più sano e le possibilità di un’incarnazione autenticamente evangelica della vita di fede di molto superiori». La cura del clima globale, si sa, non può esaurirsi nell’attenzione al singolo uragano. 705-712_dos:Layout 2 TEOLOGIA 30-11-2012 13:40 Pagina 707 DELLA LIBERAZIONE Sulla linea del tempo 1 955, Rio de Janeiro (Brasile). La Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, riunita per la prima volta, erige il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) per avviare un processo d’integrazione delle Chiese del continente. 1968, Medellín (Colombia). La II Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano segna l’atto di nascita della teologia della liberazione, identificando come missione della Chiesa quella di portare i popoli del continente alla completa e definitiva liberazione in Cristo, anche relativamente ai problemi politici e sociali. Cf. Regno-doc. 20,1968,413ss.466ss. 1979, Puebla (Messico). La III Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano identifica l’opzione preferenziale per i poveri come chiave dell’agire cristiano. Cf. Regno-doc. 5,1978,98; 7,1978,165; 9,1978,234. 1984, Libertatis nuntius. La Congregazione per la dottrina della fede emana un’istruzione «su alcuni aspetti della “teologia della liberazione”», che condanna l’impropria assunzione della lettura marxista della società nel discorso teologico. Cf. EV 9/866-987. 1986, Libertatis conscientia. Viene pubblicata dalla Congregazione per la dottrina della fede una seconda istruzione, «su libertà cristiana e liberazione», che riconosce la legittimità di una riflessione teologica sviluppata a partire da una particolare esperienza d’impegno per la liberazione integrale dell’uomo, purché si mantenga «chiaramente e permanentemente l’unità e in- Recezione originale: la teologia della liberazione V. Codina ha qualificato la recezione del Concilio in America Latina come originale, effettiva, conflittuale. La teologia della liberazione è il frutto più polposo prodotto dall’innesto del Concilio nella realtà latinoamericana e insieme il più esportato nel più ampio spazio della teologia mondiale. Il Concilio ha liberato la Chiesa «semplicemente» aprendo le gabbie degli schemi concettuali e ponendola di fronte a una realtà già mutata e ancora in cambiamento perché ci dialogasse. La teologia della liberazione nasce da questo dialogo realizzato nella situazione latinoamericana, nelle condizioni di un popolo segnato dall’oppressione non soltanto sociale, ma perfino antropologica. Il brodo di coltivazione è la teologia della secolarità: «L’ingiustizia non è una disgrazia, ma opera delle mani dell’uomo» (Gutiérrez). Una teologia figlia del disincanto: «I fenomeni umani e sociali hanno ragioni interne alla realtà mondana» (Queiruga). I. Ellacuría interpretava la teologia come «intelligenza della realtà», realizzata in tre momenti successivi. 1) «Assumere la realtà», saperla almeno fotografare e descrivere. P. Casaldáliga scriveva: «Oggi c’è più ricchezza sulla Terra, ma c’è più ingiustizia». La realtà non è figlia del fato, l’ingiustizia è colpevole. Cosa dice questa realtà di Dio e cosa ha da dire Dio su questa realtà? 2) «Farsi carico della realtà». La finalità della teologia, diceva J. Sobrino, non si esaurisce nell’accrescere la conoscenza, ma continua nel «far evolvere la realtà. In una direzione precisa: quella della salvezza, della compassione, sieme la distinzione tra evangelizzazione e promozione umana» (n. 64; EV 10/281). 1987, Sollicitudo rei socialis. Giovanni Paolo II stabilisce nell’enciclica il collegamento necessario tra sviluppo e liberazione dal peccato e dalle «strutture di peccato» che producono ingiustizia. Cf. EV 10/2503ss. 1991, Centesimus annus. L’enciclica di Giovanni Paolo II assume e legittima l’opzione preferenziale per i poveri (n. 57; EV 13/251). 1992, Santo Domingo (Rep. Dominicana). La IV Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, nel V centenario della scoperta dell’America, affronta il tema dell’evangelizzazione inculturata e della promozione umana dei popoli dell’America Latina. Cf. Regno-doc. 21,1992,649ss. 2007, Aparecida (Brasile). La V Conferenza dell’episcopato latinoamericano si radica nella continuità con la storia recente della Chiesa in America Latina, attraverso la conferma del metodo «vedere, giudicare, agire», la recezione del concetto di «strutture di peccato», l’assunzione della dimensione cristologica della scelta preferenziale dei poveri e la conferma e il rilancio delle strutture partecipative interne. Cf. Regno-doc. 15,2007,505ss; 17,2007,540ss; 19,2007,623. D. S. della misericordia e dell’amore. La teologia è intellectus amoris». 3) «Portare il peso della realtà», quel peso che grava soprattutto «sugli anawim, gli oppressi di cui parla la Scrittura». J. Sobrino vi ha aggiunto un quarto momento: «Lasciarsi condurre dalla realtà». Lavorare e soffrire è grazia per chi fa teologia. «Il teologo sa di essere parte del popolo povero, non gli è esterno». La Sintesi del congresso – Di ci ha fatto visita in questi giorni – riconosce: «Il congresso ci ha spronati a una teologia (...) fatta di rigore e vigore, passione e coinvolgimento nella realtà. (...) Una teologia dinamica, sempre aperta a nuove tematiche e soggetti, che accoglie le nuove sfide storiche e dice la sua parola come atto secondo, preceduta dell’atto primo della prassi e del lavoro silenzioso in progetti alternativi, non schematici, generatori di vita abbondante». Medellín ha segnato la presa in carico della realtà, Puebla ha adottato l’approccio teologico: «Positivamente, Dio è essenzialmente un Dio liberatore. Difende e ama i poveri – in quest’ordine – per il semplice fatto che lo sono. Sia quella che sia la loro situazione personale e morale. Dialetticamente, Dio è essenzialmente un Dio della vita contro le divinità della morte» (Sobrino). In un paese come il Salvador ci sono 13 omicidi al giorno. Davanti a questa realtà, la questione su Dio diventa una priorità: «Dio ha a che fare con la vita o con la morte?». Recezione effet tiva: la Chiesa dei poveri Agli inizi del Concilio, il p. G. Hakim vuol far conoscere la riflessione di P. Gauthier Gesù, la Chiesa e i poveri IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 707 S tudio del mese 705-712_dos:Layout 2 708 30-11-2012 13:40 Pagina 708 e il 26 ottobre convoca una riunione dei primi dodici che costituiranno il «Gruppo della Chiesa dei poveri». Il card. P. Gerlier, allora vescovo di Lione, riassunse così quanto emerso dal primo confronto: «Il problema si pone sotto forme diverse, ma al fondo resta sempre lo stesso: quello della situazione dolorosa di un enorme numero di uomini, risultato di una ripartizione diseguale delle ricchezze. Ora l’efficacia del nostro lavoro è legata a questo problema. Se non l’affrontiamo eludiamo gli aspetti più attuali della realtà evangelica e umana… Tutto il resto rischia di restare inefficace…». Il card. G. Lercaro, nel suo intervento del 7 dicembre 1962, sollecitò: «Se in verità la Chiesa, come si è detto molte volte, è il tema di questo Concilio, si può allora affermare, in piena conformità con l’eterna verità del Vangelo, e nel medesimo tempo in perfetto accordo con la situazione storica presente: il tema di questo Concilio è la Chiesa nella misura in cui essa è specialmente “la Chiesa dei poveri”». La proposta non riuscì ad affiorare nei documenti conciliari, e tuttavia il diario dei lavori conferma la forza che essa aveva nella «mente» dell’assise, ben oltre il piccolo numero del Gruppo. La Chiesa e la teologia in America Latina hanno recepito il Concilio dando risalto e traduzione pastorale al progetto «Chiesa dei poveri». L’«irruzione dei poveri» – come dice G. Gutiérrez – nella consapevolezza della Chiesa, come l’irruzione della realtà nella teologia, modella nel profondo la percezione ecclesiale della sua missione. Il documento Sviluppo, giustizia e pace elaborato a Medellín apre il capitolo sulla giustizia dicendo: «In tutti [i documenti, ndr] si descrive la miseria che emargina grandi gruppi umani. Quella miseria, come fatto collettivo, è un’ingiustizia che grida al cielo. (...) Non possiamo ignorare il fenomeno di questa frustrazione di legittime aspirazioni quasi universale, al quale si deve il clima di angoscia collettiva che già stiamo vivendo». L’opzione preferenziale per i poveri, maturata a Medellín, alla Conferenza di Aparecida (2007) raggiunge – addirittura inaspettatamente – la sua più alta qualifica teologica e viene dichiarata connessa alla cristologia: «Tutto quanto ha a che fare con Cristo riguarda anche i poveri, e tutto quello che è relativo ai poveri richiama Gesù Cristo» (n. 393; Regno-doc. 19,2007,628). Le testimonianze hanno sottolineato come non sia stata tanto la teologia ad avviare il processo iniziato a Medellín, quanto piuttosto la traduzione di Medellín nel vissuto delle comunità ecclesiali e delle scelte ecclesiali ad alimentare un rinnovato approccio teologico, dal quale è nata anche la teologia della liberazione (insieme ad altre teologie). «Una teologia che sveli la “invisibilità” degli emarginati, degli esclusi, dei reietti e scopra così i nuovi volti, tracce e corpi di molti fratelli e sorelle che chiedono giustizia a fondamento di nuove relazioni umane, sociali e politiche. Dando priorità agli “ultimi” in quanto prediletti, come criterio ermeneutico, e come protagonisti della propria liberazione. (...) In questa teologia i poveri, i sofferenti, gli insignificanti per la società non sono argomenti sui quali si riflette, ma soggetti dotati della capacità di un pro- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 prio pensiero, secondo proprie categorie, miti e simboli» (Sintesi). Vicino a Dio... vicino ai poveri è il titolo del Messaggio finale del congresso. È il criterio formulato da mons. Oscar Romero («Sappiamo di stare vicini a Dio se stiamo vicini ai poveri»). È l’invito di G. Gutiérrez, secondo il quale la Chiesa non può accontentarsi di una riflessione astratta, perché il rigore le viene dalla partecipazione alla vita di comunità inserite nel mondo e che danno la vita per i poveri. «Dio come assoluto, l’esperienza dei poveri sofferenti come co-assoluto», dice la Sintesi parafrasando P. Casaldáliga. La povertà, o meglio i poveri, sfidano la nostra ermeneutica della fede: come parlare di Dio al povero? «Quale linguaggio è necessario verso coloro che non sono considerati esseri umani, persone, perché sappiano di essere figli di Dio? ... Di quale Dio stiamo parlando loro? ... Queste domande superano la nostra capacità di risposta, ma non possiamo evitarle» (Gutiérrez). La teologia articolata da una Chiesa dei poveri muove dal principio che Dio e il povero sono, per la scelta di Cristo, insperabilmente uniti: l’uno rimanda all’altro, l’uno «rivela» l’altro. Nel povero si fa visibile e destinatario della nostra azione colui che sta nella storia come l’Invisibile. E l’Invisibile Dio sollecita la nostra azione nella storia perché i tanti dimenticati e invisibili della storia vengano riconosciuti. La secolarizzazione ha estromesso Dio, lo ha reso insignificante per la nostra storia. La globalizzazione ha estromesso il povero e lo ha reso insignificante per una storia pilotata dai potenti. Per questo ci parlano l’uno dell’altro. La Chiesa è chiamata a promuovere questo riconoscimento reciproco, perché entrambi siano riconosciuti e si ridiano mutualmente significato. L. Boff ha piegato il titolo che gli era stato assegnato, per proporre la riflessione che da alcuni anni sta occupando per intero la sua opera di teologo. Ha classificato anche la nostra «madre Terra» fra i poveri che meritano la nostra attenzione preferenziale. Essa ci parla di Dio perché come lui ci dà la vita e subisce la nostra ingratitudine, anzi il nostro sfruttamento violento. Quando si minaccia la vita del povero, si minaccia l’intera umanità; così è per la Pacha-Mama (la Terra). Dobbiamo essere consapevoli che la violenza si ritorcerà contro chi la esercita: la Terra può fare a meno di noi, ma noi non possiamo fare a meno della Terra. Recezione conf lit tuale: i mar tiri «Cosa è successo, Maria Pilar, cosa è successo col tuo Julián? ... Di cosa lo accusano il tuo Julián, forse di preoccuparsi degli altri? ... Non ha mai impugnato altro che la sua bontà, il tuo Julián, Maria Pilar. ... Ci sono uomini giusti che ti aiuteranno, vedrai, Maria Pilar. Ci sono uomini giusti vero?». Il canto struggente nella voce matura e quasi rotta di Teresa Parodi ha aperto, come un inno, la liturgia quotidiana mattutina del mercoledì. «Vi invitiamo a onorare la memoria di tutti e tutte coloro che, prima e dopo questi cinquant’anni di vita postconciliare, han dato la vita perché avevano capito che le gioie e speranze sono saldate a dolori e angosce». E la preghiera proseguiva come una li- 705-712_dos:Layout 2 30-11-2012 13:40 Pagina 709 tania, recitando per diapositive successive i loro nomi; memoria di coloro che, in memoria del Cristo fattosi dono di vita, hanno fatto dono della loro vita. La «preghiera» di mons. Romero, che apriva la celebrazione eucaristica pronunciando i nomi di coloro che erano stati uccisi. La storia che l’annuncio del Vangelo ha intessuto con la terra latinoamericana è passione, nei suoi due significati: sentimento intenso e crocifissione; è storia di liberazione e di oppressione. Lo scontro inevitabile, il martirio. Accingendoci a parlare della vita del popolo e della Chiesa negli ultimi cinquant’anni – diceva V. Codina – «dobbiamo toglierci i sandali: siamo su un terreno sacro», per il sangue di tanti martiri che lo hanno bagnato. «La Chiesa dei poveri è una Chiesa perseguitata», diceva mons. Romero; «una Chiesa crocifissa», ha aggiunto J. Sobrino. Il martirio non ha segnato qui eroi solitari, ma comunità e popoli. «Sarebbe triste se in una patria dove si sta assassinando con tanto orrore non si contassero tra le vittime anche i sacerdoti» (Romero). La Chiesa dei poveri (fatta di poveri, a servizio dei poveri) ne vive il medesimo destino. Religiosi e religiose, sacerdoti, vescovi hanno incarnato numerosi questa solidarietà. «In Salvador sono state infrante non le regole del bene, ma quelle del male. Le regole del male dicono che non si uccide un prete» (Sobrino). Superati i regimi dittatoriali, oggi la «persecuzione» presenta altre modalità, meno cruente forse, ma non meno oppressive. «Veneriamo i nostri martiri, sono meta dei nostri pellegrinaggi, però non aspiriamo al martirio, che sarebbe desiderare l’esistenza di assassini; tuttavia, spronati dai martiri, accettiamo il prezzo della profezia del regno di Dio e della sua giustizia» (Sintesi). Segni dei tempi Tra le suggestioni conciliari di maggior successo, l’invito a riconoscere e discernere i segni dei tempi ha incontrato particolare accoglienza nella Chiesa latinoamericana, attraversata in anticipo da fremiti di futuro che i rigidi schemi ecclesiali e teologici degli anni Cinquanta non riuscivano a interpretare. La teologia della liberazione, l’impianto pastorale delle comunità ecclesiali di base, l’opzione preferenziale per i poveri nella progettualità dell’episcopato continentale hanno dato modo di comprendere e incanalare quegli aneliti. Il libro dell’Esodo ha offerto un paradigma biblico per capire la propria storia e riconoscerla come storia di salvezza, partecipata da Dio stesso. «I tempi sono cambiati. Questo ci ha condotti a riflettere e mettere in dialogo la nostra teologia latinoamericana con realtà e intuizioni non presenti alla riflessione del Vaticano II, e nemmeno agli albori della teologia della liberazione. Per noi sono nuovi appelli che vengono dai migranti, dalle donne, dagli indigeni e dagli afroamericani, dalle nuove generazioni e da tutti i nuovi volti dell’esclusione che stanno emergendo dall’invisibilità. (...) Abbiamo riaffermato la nostra convinzione che il cammino intrapreso a Medellín sia da seguire come cammino nostro di questi tempi. Abbiamo tuttavia preso coscienza delle esigenze di un nuovo contesto culturale, sociale, politico, economico, ecologico, religioso ed ecclesiale, oggi globalizzato, saccheggiato ed escludente. (...) Consapevoli che la “Chiesa deve scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo” (Gaudium et spes, n. 4), abbiamo voluto passare ai tempi dei segni e dar vita a un processo di maturazione comune che articoli il nostro pensare, sentire e agire» (Messaggio finale). Nel mondo globalizzato, dove perfino quelli di un continente sono confini stretti, emergono questioni nuove che chiedono di essere interpretate alla luce del Vangelo, per ricavarne la missione della Chiesa: biotecnologia, sfruttamento massiccio delle risorse ambientali, finanziarizzazione dell’economia, pervasività dei media, diritti soggettivi, identità di genere... La stessa teologia della liberazione sente il proprio fiato corto dinanzi a queste sfide. G. Gutiérrez ritiene siano tempi meglio interpretati dall’esperienza dell’esilio: la condizione permanente di estraneità al mondo, la necessità di convivere con la diversità, la pluralità delle culture, la vocazione a vivere la Parola senza il sostegno della terra-nazione, del tempio, della legge civile. E in questa condizione di esiliati operare la giustizia nella miseri-cordia: il cuore presso il povero. E Dio a vivere con noi, in questo mondo, la condizione di esiliato. Davanti ai segni dei tempi nuovi, che riflettono una nuova presenza dello Spirito, V. Codina prospetta una nuova pneumatologia latinoamericana: «Dal basso ci può aiutare a comprendere che la ricezione creativa del Vaticano II è un tema pneumatologico. La consuetudine dei pastori a Medellín ad ascoltare il grido dei poveri, la nascita delle comunità ecclesiali di base, la vita religiosa in mezzo ai poveri, l’esperienza spirituale del Signore nel volto dei poveri a fondamento della teologia della liberazione non sono proposte ideologiche, sono doni e frutti dello Spirito, che superano ogni calcolo logico e sconcertano quanti guardano da lontano e dall’alto, poiché lo Spirito è sempre sorprendente e nuovo, non sappiamo da dove viene né dove va». Il congresso ha messo in evidenza la fase di stanca del rinnovamento conciliare. C’è un problema di «personale»: la ricerca teologica fa ancora affidamento sui grandi nomi che stanno lasciando il testimone, ma non è ancora emerso a chi. Sul versante ecclesiale, per contro, le nomine episcopali mostrano di voler chiudere la fase creativa e riassicurare l’omologazione ai disegni di Roma. Quale futuro per quale Chiesa? Saranno rivelatrici le scelte in ordine ai ministeri (ordinati e non) e ai nuovi movimenti come gli Araldi del vangelo. Non sono orientamenti pastorali intrinsecamente alternativi, ma la preferenza, la priorità date all’uno o all’altro indicheranno il progetto di Chiesa che si intende promuovere. La rapida propagazione delle sette e delle matrici pentecostali e i già notevoli flussi di fedeli che abbandonano le Chiese tradizionali costituiscono una sfida di livello ormai allarmante. Si preferirà consolidare le comunità ecclesiali rinforzando la prassi ministeriale o si adotterà la politica conquistadora dei movimenti? La prossima Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano (Panama 2013) non mancherà di rispondere. Il congresso, per parte sua, ha riaffermato la speranza che «un altro mondo e un’altra Chiesa sono possibili». Marcello Matté, Francesco Strazzari IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 709 30-11-2012 13:41 Pagina 710 Porto Alegre, a colloquio con i protagonisti S tudio del mese 705-712_dos:Layout 2 Roma-Brasile, domani A bbiamo incontrato, in momenti successivi, alcuni protagonisti della vita ecclesiale e della ricerca teologica in America Latina (cf. riquadro qui sotto). Riportiamo intorno allo stesso tavolo di discussione, nello stile di un forum, le risposte date alle nostre domande. – La teologia della liberazione si pensava sfinita. In questo congresso se ne parla come di una corrente vitale. SUSIN: «Direi che adesso è più matura. Siamo capaci di articolare la teologia con maggiore profondità, perché disponiamo di categorie più complesse. Da quando ha accolto visioni diverse, come la femminista, o l’ecologia, si è arricchita. Ora sembra meno aggressiva. È sempre militante, ma è più realistica». VALENTINI: «Lasciando da parte ogni atteggiamento polemico, vogliamo una teologia che aiuti a comprendere i meccanismi di dominio nascosti nella realtà, familiare e sociale. Una riflessione che aiuti a dare ragioni alla nostra azione pastorale. C’è meno polemica, ma continuiamo a cercare nella pratica quello che per l’esperienza della Chiesa in America Latina è molto importante: assumere le cause del popolo, restare aperti, interessati, sensibilizzare i laici alla questione dei diritti umani nella diocesi... Evitiamo le facciate con la scritta “Qui si fa teologia della liberazione”». IRARRAZAVAL: «La cosa principale credo sia ascoltare: il grido della terra e quello del povero. E ascoltando questo grido, ascoltare il Dio della vita che ci parla attraverso queste mediazioni. In America Latina c’è grande passione per la parola di Dio che, come si è detto in questo congresso, è una parola “infangata”, incarnata nel cammino di questo popolo». Una Chiesa tut ta ministeriale – Il Concilio, la teologia della liberazione: quali effetti si vedono nella vita delle comunità cristiane? VALENTINI: «Tutta la Chiesa ha bisogno della teologia. Dice qual è il cammino da seguire, aiuta a capire la realtà, offre ragioni alla propria azione pastorale. Nella vita concreta delle nostre diocesi e parrocchie, ciò si traduce nell’importanza della formazione. È mia convinzione che la formazione debba avvenire in un contesto comunitario. Nella nostra scuola diocesana per animatori di comunità, possiamo sperare qualche effetto se lo studente fa nella scuola un’esperienza comunitaria. Nella nostra scuola i partecipanti trascorrono dieci fine settimana residenziali nell’arco di due anni e mezzo. Proponiamo cinque tappe: Bibbia, Chiesa, liturgia, sacramenti, azione pastorale. Ogni tappa prevede una convivenza di tre giorni nella scuola, durante la quale gli studenti si fanno carico del disbrigo delle faccende e degli altri aspetti concreti del vivere insieme. Le domande di fondo sono: quale teologia? per quale Chiesa? A 50 anni dal Concilio, perseguiamo l’ideale di Giovanni XXIII: una Chiesa paziente, benigna, piena di misericordia e bontà verso tutti, anche verso coloro che si sono allontanati da lei. Una Chiesa samaritana, accogliente, aperta, partecipativa, che preferisce la misericordia alla severità. Cerchiamo una Chiesa tutta ministeriale. Nella mia diocesi abbiamo fatto un lungo lavoro di riflessione sui ministeri, sul fondamento del ministero, perché il servizio è una dimensione essenziale del Vangelo. Una Chiesa che fa affidamento sui ministri, non solo quelli istituiti. Per piccola che sia, una comunità da noi ha almeno tre ministri istituiti, e di questi uno è donna. Troviamo difficoltà quando si propone di ordinare diaconi, perché le donne si sentono escluse in partenza. Per questo nella mia diocesi non ci sono diaconi permanenti. Nel nostro cammino, tutti si devono sentire chiamati a partecipare, uomini e donne; il ministero non deve essere occasione di discriminazione. La Chiesa non ha bisogno di fare miracoli, di avere ministri eccezionali. Roma pagherà caro non permettere che le comunità mature di America Latina, Africa o altre zone possano rispondere alla necessità più impellente: garantire i ministeri nelle comunità. Al momento siamo impediti di farlo. Ma quale Chiesa vogliamo? Questa resta la domanda». Voci dall’America Latina A genor BRIGHENTI, presbitero, è professore di Teologia sistematica all’Istituto teologico di Santa Catarina e presidente dell’Istituto nazionale di pastorale della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile. Victor CODINA, gesuita, è stato docente all’Università cattolica boliviana. Manoel GODOY, paolino, è professore di Teologia pastorale ed ecclesiologia, direttore dell’Istituto San Tommaso d’Aquino (Belo Horizonte, Brasile) e docente all’Istituto di teologia pastorale (ITEPAL) del CELAM (Bogotà, Colombia). 710 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Diego IRARRAZAVAL, presbitero, è docente presso l’Università cattolica Silva Henriquez di Santiago (Cile), vicepresidente e membro del Comitato internazionale di direzione della rivista Concilium. Luis Carlos SUSIN, cappuccino, è docente di Teologia sistematica alla Pontificia università cattolica del Rio Grande do Sul (Brasile) e membro del Comitato internazionale di direzione della rivista Concilium. Luiz Demétrio VALENTINI, vescovo di Jales (Brasile) dal 1982, ha pubblicato nel 2011 in Brasile il volume Rivisitare il concilio Vaticano II. 705-712_dos:Layout 2 30-11-2012 13:41 Pagina 711 BRIGHENTI: «In Brasile abbiamo vescovi giovani, coinvolti.... Alcuni loro interventi ci hanno ultimamente sorpreso. Qui al Congresso c’è il vescovo Edson Damian, che lavora in Amazzonia; c’è Esmeraldo Barreto, vescovo a Porto Velho... In una Chiesa grande come la nostra abbiamo bisogno di un episcopato con questa prospettiva per continuare il rinnovamento del Vaticano II. È un processo che in gran parte non dipende dai vescovi, ma un vescovo lo può condizionare. Noi contiamo molto sulle comunità di base, sul lavoro in ambito popolare. Abbiamo bisogno di una Chiesa più semplice, in fondo, non più grande. Quelle minoranze “abramitiche” delle quali parlava dom Hélder Câmara. Non è la quantità che fa grandi cose, ma è la qualità dei testimoni di santità che possono essere i precursori di trasformazioni e cambiamenti profondi e durevoli». – A 50 anni dal Concilio e dopo 40 anni di teologia della liberazione, quali sono le nuove sfide e come si sta rispondendo in America Latina? IRARRAZAVAL: «Si stanno rivedendo questioni fondamentali. Per esempio, nelle teologie latinoamericane (al plurale!) stiamo cercando come rispondere alle sfide della crisi di civiltà, non così evidenti nei decenni passati. La sfida fondamentale della povertà assume connotati diversi. S’impone con molta forza, almeno in alcuni settori, la prospettiva del genere. Ciò significa un cambiamento molto profondo. Si sta dedicando anche molta attenzione alla nostra condizione di creature nell’opera divina. È sorta prepotente una prospettiva eco-teologica, che andrà crescendo negli anni a venire». BRIGHENTI: «Le sfide maggiori si possono riassumere in tre gruppi. Un primo gruppo si raccoglie intorno all’emergere di una nuova razionalità. La razionalità moderna è valida, ma è corta, perché in gran parte prigioniera della ragione tecnico-strumentale. Una nuova razionalità deve saper interpretare le ragioni del cuore, saper leggere l’esperienza e dotarsi di comunicativa. Questo spinge a modelli nuovi il discorso teologico: più narrativo, più esperienziale, più sapienziale. Un secondo gruppo di sfide converge attorno al cosiddetto mondo dei significati. La povertà è realtà più complessa. Il povero di oggi non è semplicemente deprivato economicamente. La componente economica resta, ma ci sono altri tipi di impoveriti, di invisibili, di insignificanti nella società di oggi. Il genere, i giovani, i bambini, l’etnia sono realtà problematiche cui la teologia deve dare risposte. Un terzo gruppo è riferito al pluralismo. Si parla non più di cultura, ma di culture, e dunque non possiamo più parlare di teologia, ma di teologie, ognuna rapportata al suo contesto. Se i contesti sono differenti, anche le teologie sono differenti. Nel mondo di oggi è sempre più evidente il pluralismo delle religioni, sia quelle storiche – le grandi religioni – sia le religioni indigene dell’America Latina. Molte popolazioni dell’America Latina hanno conservato una loro cultura e una loro religione. Il cristianesimo deve cercare nella religione dell’altro tutto ciò che è compatibile con il Vangelo, rispettarlo e accoglierlo». IRARRAZAVAL: «È importante leggere la realtà con at- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 711 tenzione alla tecnoscienza. La civiltà digitale, con tutte le problematiche connesse, coinvolge molta gente, non solo le generazioni nuove. C’è un settore significativo della popolazione giovane che sta dedicando attenzione alla fisica quantistica, per dirne una, altri ai metodi e alle tecniche della comunicazione sociale. Questo sta influenzando il modo di rapportarsi con la rivelazione divina: come coglierla in una società marcata dall’informazione, dalla comunicazione, dall’interazione virtuale». Le nuove generazioni – Le nuove generazioni sono pronte a raccogliere il testimone? IRARRAZAVAL: «Nelle nuove generazioni si sta risvegliando l’identità collettiva, dalla quale fiorisce una nuova riflessione. Per esempio, nel caso degli afro-latinoamericani, l’identità di popolo marca il modo d’intendere l’insieme del messaggio biblico e della rivelazione cristiana. L’identità della donna, l’evoluzione della sua presenza nella società, il modo in cui organizza la sua lotta per la vita stanno segnando il pensiero teologico di molte donne. Le giovani generazioni sono dotate di ricchezza e creatività; non si limitano a ripetere quello che si diceva 20 o 30 anni fa e stanno proponendo riflessioni ricchissime su vari argomenti. Ma hanno scarse possibilità di diffondere la propria produzione, perché il mercato, al ANTONIO RUCCIA – MIMMA SCALERA Testimoni dell’educazione Per prepararsi e vivere il Natale NOVENA U na novena che assume la prospettiva di coloro che hanno speso la propria vita nell’ottica dell’evangelizzazione: per accogliere Dio nella storia con l’impegno di prendersi cura di chi oggi è bimbo, adolescente, ragazzo, uomo. EDB Edizioni Edizioni Dehoniane Dehoniane Bologna Bologna «SUSSIDI PER I TEMPI LITURGICI» pp. 48 - € 2,50 Via Nosadella 6 - 40123 Bologna Tel. 051 4290011 - Fax 051 4290099 www.dehoniane.it S tudio del mese 705-712_dos:Layout 2 30-11-2012 13:41 Pagina 712 momento fermo, privilegia solo poche opere e sicure; non rischia la novità. Per questo alcuni dicono: “Ci sono solo vecchi tra i teologi della liberazione”». CODINA: «Io penso che i giovani seguiranno il percorso tracciato, certo con alcune differenze; una più forte attenzione alla prospettiva degli indigeni e delle donne, ad esempio. I giovani sono un altro mondo. Dovranno trovare la loro risposta alle inquietudini di questi tempi. Credo che, in questo momento, le persone più attive siano le donne. Anche gli indigeni sono una componente molto vivace». SUSIN: «Tra i giovani c’è anche un movimento di ritorno a posizioni conservatrici. Un fenomeno curioso dal punto di vista sociologico, perché dai giovani ci si potrebbe aspettare una maggiore libertà. Subito dopo il Concilio, noi tenevamo una distanza critica nei confronti dell’autorità. Molti giovani sembrano affascinati dall’autorità. Preferiscono la sicurezza dell’autorità al rischio dei poveri. Questo è forse il riflesso di un mondo più insicuro, dove manca fiducia nella possibilità di agire con libertà. Per questo è bello vedere qui molti giovani e molti studenti di teologia. Va anche tenuto conto che le persone più libere hanno meno apparenza; i gruppi conservatori sono più efficienti, sanno servirsi della tecnologia, lavorano molto su Internet, sono abili con i mass media, dispongono di reti di comunicazione, anche televisiva». GODOY: «Si parla di “archaic fashion”, la capacità di combinare l’antico con una nuova estetica. In quanto giovani amano la tecnologia e la nuova estetica, il contenuto però è arcaico e conferisce per questo maggiore sicurezza. In morale, l’“archaic fashion” si manifesta come osservanza di facciata che legittima una pratica molto liberale». Continuare la ricerca – Qual è il valore di questo congresso? E perché tanti timori della vigilia? CODINA: «È la ripresa della prospettiva della teologia latinoamericana, dopo anni che, per circostanze diverse, era stata lasciata piuttosto in disparte. Quasi tutti i protagonisti della teologia della liberazione sono presenti. Molto interessante è la presenza numerosa di vescovi. Si sente una richiesta molto profonda di spiritualità (Sobrino, Boff, Gutiérrez...), che risponda alle sfide del tempo, come parlare di Dio al povero, perché il povero non soffra». BRIGHENTI: «Esistono posizioni ecclesiali, reazioni e tendenze diverse all’interno dell’episcopato. Ci sono molti vescovi santi e profeti, capaci di voce critica. Anche in questo congresso c’è un buon numero di vescovi. Ma la gente pensa che nella Chiesa istituzionale prevalga la cautela, a volte la censura nei confronti di certe realtà critiche. Noi ci ispiriamo molto ai nostri vescovi, che hanno rischiato, hanno rinunciato alla carriera, hanno assunto la causa dei più piccoli e con grande spirito di santità e onestà non hanno esitato a prendere posizione, dire una parola, rivendicare diritti. Speriamo che la Chiesa possa sempre contare su figure simili». SUSIN: «Quando studiavo a Roma e si parlava della teologia della liberazione, alcuni dicevano che questa im- 712 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 postazione fosse accettabile come proposta pastorale, ma non come teologia, perché per loro nelle categorie della teologia non entra la lettura teologica della realtà. Tra i motivi alla radice del timore di Roma c’è un difetto di conoscenza, una resistenza a conoscere la realtà da vicino. Inoltre, è piuttosto normale che ci sia timore nei confronti di un movimento o di un pensiero che propone una trasformazione. La parola stessa “liberazione” suona piuttosto dissacrante. E questo spaventa». GODOY: «Il metodo induttivo marca la teologia della liberazione. A Santo Domingo, la curia romana si preoccupò di cambiare il metodo, partendo dai principi e non dalla realtà. Perché quando si parte dalla realtà i problemi sono maggiori». VALENTINI: «In questo congresso c’è stato un clima di riflessione aperta. Ma ci sono timori pregiudiziali. Roma, ad esempio, ha paura che le comunità ecclesiali di base non vogliano il prete. Ma come? La festa più grande è quando arriva il sacerdote! Durante la mia prima visita ad limina nel 1985, la grande accusa di uno dei dicasteri era: “la gente, nelle comunità ecclesiali di base, vuole fare a meno del sacerdote”. Ma chi l’ha detto? Se non c’è il sacerdote, la gente sa pregare insieme e sanno farlo bene. Se viene il sacerdote, che festa! Mi sembra che Roma sia preoccupata non solo per la teologia della liberazione, ma per qualsiasi teologia che non sia europea. Si ha timore di una Chiesa autonoma e, in questo, di una teologia autonoma». CODINA: «In questo congresso c’è uno spirito molto ecclesiale, un desiderio che il Vaticano II prosegua il suo cammino nel solco di Medellín. Niente dei fantasmi antiromani tanto temuti. Credo che sulla teologia della liberazione corrano idee totalmente false, come se i suoi maestri fossero un gruppo di ribelli. È gente che lavora, evidentemente sviluppando un proprio senso critico; però sono assolutamente fedeli al Vangelo e alla Chiesa». BRIGHENTI: «La dialettica fra magistero e teologia negli ultimi tempi si è intensificata e questo è preoccupante, perché la teologia potrebbe sentirsi orfana della Chiesa; avere l’impressione che per fare teologia con rigore accademico e scientifico ci si debba allontanare dalle istituzioni. Le istituzioni hanno bisogno della teologia, l’istituzione ha bisogno della ragione teologica, lo spazio ecclesiale ne ha bisogno. È necessario quello che diceva Agostino: In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas. Questo conflitto fra magistero e teologi è più doloroso in America Latina, perché i nostri teologi più autorevoli meriterebbero un riconoscimento invece del sospetto per aspetti che sono parte della ricerca teologica». SUSIN: «Possiamo aspettarci una grande crisi. E solo una grande crisi potrà aprire una nuova discussione. Non so se si possa definire una “speranza”, ma avviamoci fiduciosi verso questa grande crisi, dalla quale potrà nascere una Chiesa più vera». a cura di Marcello Matté, Francesco Strazzari 713-716_art_bazzocchi+subini:Layout 2 CINEMA 30-11-2012 13:41 Pagina 713 S u l d o l o re e s u l l ’a m o re E L E T T E R AT U R A s e il male ha principio C’ è una scena di un bellissimo racconto lungo di Calvino, La giornata di uno scrutatore, che sembra essere – per antitesi profonda – all’origine del racconto con cui Mariapia Veladiano ci offre una perfetta (cioè completa) parabola intorno all’amore.1 Lo scrutatore di Calvino, uomo di fede marxista, si trova a dover trascorrere il periodo elettorale in un seggio montato all’interno dell’ospedale del Cottolengo, e qui, in un luogo dove il male s’incarna nel corpo, la sua dottrina ortodossa sembra soccombere sotto i colpi di un mondo dove non vigono le regole del mondo esterno. Dentro il Cottolengo l’umano arriva a un limite oltre il quale non è più umano. La donna senza gambe, gli uomini senza braccia, i bambini deformi e deficienti stanno a testimoniare che c’è un’altra possibilità di vita oltre a quella che siamo soliti considerare normale solo perché la nostra prospettiva è limitata a ciò che vediamo nel quotidiano. Amerigo, lo scrutatore, osserva con attenzione un nano che cerca di comunicare con un importante uomo politico democristiano, e si sente, improvvisamente, nella prospettiva del nano, poi osserva un padre che ogni giorno nutre con pazienza il figlio scemo: e capisce che l’umano arriva esattamente dove arriva l’amore. Ecco, da qui parte il discorso di Veladiano: per lei lo spazio del racconto è circoscritto nel luogo (o nei luoghi) in cui l’amore diventa eccesso, deve diventare eccesso e riesce così ad allargare «Il tempo è un dio breve», r o m a n z o d i M a r i a p i a Ve l a d i a n o senza tregua la giurisdizione dell’umano. Il suo racconto è permeato con la fede, esprime un pensiero intorno alla trascendenza, ma non dimentica mai che fede e trascendenza hanno un senso se calati dentro l’esperienza quotidiana dell’umano (che per lei è un’esperienza che non può essere contenuta da nessun limite, qualora si presenti come esperienza d’amore diretto verso il mondo). Ildegarda, moglie e madre Ildegarda, il personaggio creato da Veladiano, è una donna che conosce profondamente la teologia ma che grazie alla teologia ha instaurato un rapporto con il mondo che non è riconducibile a nessun pensiero astratto. Dalla madre ha imparato i segreti delle erbe, ama il mondo vegetale, e nel mondo vegetale (esattamente come la mistica da cui prende nome, Ildegarda di Bingen) sa leggere le tracce di messaggi nascosti che percorrono la realtà e la rendono capace di ascoltare un linguaggio dei sensi. La storia di Ildegarda è, molto semplicemente, la storia di un matrimonio che fallisce e di una madre che combatte per salvare il figlio dal contagio del male. Il male è nel mondo, è intorno a ogni creatura del mondo. Nel caso del figlio di Ildegarda, il male trova un varco passando attraverso la figura paterna, Pierre, che a sua volta ha assorbito il male dal corpo della propria madre. Pierre, uomo bello, colto, affascinante, è pieno del male ricevuto da una madre che gli ha trasmesso odio per il mondo. Pierre non è stato educato alla presenza del bene nel mondo, cioè all’amore. La ricca villa dove Ildegarda e Pierre trascorrono la prima fase del loro matrimonio è dominata dallo sguardo della suocera: è lei che ha mozzato, con rabbia, proprio la notte in cui ha saputo di essere incinta del figlio, le zampe dei mobili impero (uno sfregio contro il marito, che si chiama Leone?), è lei che ha fatto distruggere il bosco che circondava e proteggeva la villa. Nella figura di una mater dolorosa che deve proteggere il figlio (non a caso si chiama Tommaso, come l’apostolo incredulo, ma anche come il santo domenicano) dalla presenza del male, Veladiano non può non aver pensato alla fragile figura di Ida Ramundo che protegge il piccolo Useppe dalle bombe della guerra e dalla devastazione della violenza nazista. La Storia di Elsa Morante, dove scorre in non piccola parte il pensiero di Simone Weil, è il modello a cui guarda con attenzione Veladiano, riproponendo la parabola complessa di una madre che si sacrifica per il figlio. I padri qui non ci sono, oppure sono chiusi in un’inspiegabile assenza di coinvolgimento come Pierre (che non è colpevole per quello che fa, ma per quello che non riesce a fare). E quando spunta un padre sostitutivo, Dieter, sarà un padre destinato ad agire «al di là» di Ildegarda e a diventare padre-madre per Tommaso. Ma solo dopo che Ildegarda ha compiuto l’atto senza svolta di donare se stessa per la salvezza di Tommaso. E il sacrificio ha un valore proprio perché compiuto da chi conosce perfettamente IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 713 713-716_art_bazzocchi+subini:Layout 2 30-11-2012 il linguaggio del mondo, da chi sa quanto conoscere passa attraverso la cura del corpo. Non il linguaggio della cultura (che può essere complesso ma sterile) ma il linguaggio che parla dalle cose e che la cultura può aiutare a decifrare. Lo sguardo interiore I dialoghi di Ildegarda con il direttore editoriale per cui lei lavora sono esempi altissimi di un discorso che riguarda le figure della tradizione evangelica e biblica: Isacco, Giuditta ecc. compaiono nei loro discorsi come presenze mitologiche che sanno dare luce alle azioni degli uomini. E parlando con il direttore, Ildegarda rivela l’aspetto più inquietante che giustifica la sua scelta: «Maria ha perso un figlio adulto e consapevole», il Cristo ha accettato il compito che lo portava alla morte. Ma «con i bambini è un’altra cosa»: i bambini non scelgono. In loro il male appare con la sua faccia più terribile e insidiosa, non ha nessuna giustificazione. Come si fa a guardare dentro questo buio che sembra mettere in crisi ogni prospettiva umana e ogni giustificazione? Il direttore difende la teologia come pensiero che esprime una distanza da Dio e quindi mette l’uomo al riparo dal peccato d’onnipotenza che nasce dalla presunzione di essere come Dio. Ildegarda trova una soluzione diversa, una soluzione che va al di là di Lutero e di san Tommaso: «Quel che il suo amarci ha potuto fare per noi, anche noi forse lo possiamo fare». Questo è il nodo. Si tratta d’intraprendere ora un nuovo destino, e Ildegarda riceve dal suo sguardo interiore i messaggi che la mettono in rapporto con questo destino. Sono i sogni, che costellano l’avventura di Ildegarda esattamente come costellano l’avventura di Ida nella Storia. Ma Ida è una donna modesta, umile; in lei solo i sensi sostituiscono la vita intellettuale. In lei c’è una capacità animalesca (per Morante superiore a quella umana) di entrare in rapporto col mondo. Ildegarda possiede una vita intellettuale complessa, quella che la sua creatrice le ha prestato (o che ha messo alla prova attraverso di lei). E la vita intellettuale s’incarna nell’immagine che domina con prepotenza la seconda parte 714 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 13:41 Pagina 714 del racconto, la grande montagna di Croda di Luna, grazie alla quale il pensiero di Ildegarda riesce a trovare un accordo col male e a tenere il male lontano dal corpo di Tommaso. I sogni di Ildegarda sono sempre in rapporto con questa montagna, le indicano la strada con cui leggere la propria posizione nel mondo (o nel nuovo mondo che le si apre di fronte, un mondo che non coincide esattamente col nostro). Le visioni della montagna indicano un cammino di ascensione grazie al quale gettare sul mondo uno sguardo libero da legami malati. Sentire il mondo, amare tut to Ildegarda scopre la bellezza delle cose anche nel momento in cui accetta lei di assorbire il male che potrebbe devastare Tommaso. Se Tommaso manifesta i segnali dell’epilessia (esattamente come Useppe), la madre dona se stessa a Dio in cambio della salvezza del figlio. A Ida questo non era stato concesso. Per la Morante non c’era possibilità di scampo dentro la macchina infernale della Storia. Veladiano, invece, lascia aperto uno spiraglio per il suo personaggio, anche se questa apertura sbocca direttamente sulla faccia irrazionale del pensiero. C’è il sospetto del delirio nelle parole con cui Ildegarda confessa a Dieter il suo sacrificio? Il cervello di Ildegarda è già minato dal male al momento dell’offerta a Dio? E tutto questo racconto nasce dallo sguardo di chi vede ormai in un’«altra» realtà? Veladiano si muove su un crinale sottilissimo, ma è questo crinale che le consente di non cadere in un ordine prestabilito dettato da una posizione ideologica rigida. Quando Ildegarda spiega a Dieter le ragioni del suo darsi in cambio della salvezza di Tommaso, afferma quello che il personaggio di Calvino (chiuso in un rigido sistema di razionalità) non avrebbe potuto affermare, e cioè che non si deve aver paura di mettere a disposizione degli altri tutto l’amore di cui si è pieni. Quello che lei propone a Dio non è un banale scambio, ma «qualcosa che già c’è e va solo accolto». Non so se riesco a capire perfettamente le parole di Ildegarda. Credo però che le si possa leggere anche come il bisogno d’accettare la realtà nel suo essere in sé piena di valori, senza paure o limiti: questo è l’unico antidoto per evitare che il male abbia principio e si diffonda. Quando Ildegarda sogna d’addormentarsi dentro la cavità con cui culmina la grande montagna, in lei il pensiero della morte diventa capacità di accettare un nuovo ordine delle cose. Solo così, «sin otra luz o guìa sino la que en el corazòn ardìa», come scrive Juan de la Cruz («senza altra luce o guida se non quella che nel cuore ardeva»). Il pensiero di Ildegarda è saturo di dottrina. Non a caso il medico che la cura, e che compare nelle sue ultime visioni, si chiama Angelico, e doctor Angelicus è l’appellativo di san Tommaso d’Aquino. Ma la dottrina resta sempre in lei capacità di sentire il mondo. «Non desiderare nulla, amare tutto»: questo è l’approdo a cui arriva la mente di Ildegarda quando la malattia ormai l’ha circonfusa di un male diventato conoscenza, anzi conoscenza sempre in aumento. Oltre, sembra dire Veladiano, non si può andare. Marco A. Bazzocchi 1 M. VELADIANO, Il tempo è un dio breve, Einaudi, Torino 2012, pp. 232, € 17,00. 9788806212742. 713-716_art_bazzocchi+subini:Layout 2 30-11-2012 13:41 Pagina 715 f erite di ogni giorno «Amour», film di Michael Haneke P Jean-Louis Trintignant (nei panni di Georges) insieme a Emmanuelle Riva (Anne) e Isabelle Huppert (la figlia Eva) in due scene del film Amour. alma d’oro di Cannes 2012, nelle sale italiane a partire dalla fine di ottobre, Amour di Michael Haneke narra, con una ferocia e una tenerezza disarmanti, del sentimento che lega Georges e Anne, due colti e raffinati professori di musica in pensione. Un giorno Anne è vittima di un ictus, le cui conseguenze il film interroga nel corso di due ore di spietata indagine. Dal 1997, quando per la prima volta partecipa al festival di Cannes con un film in concorso – Funny Games, certamente la sua opera più problematica e discussa, celebrata dieci anni dopo dallo stesso regista con un remake americano –, Haneke sottopone i propri spettatori a film di non facile fruizione, duri, per certi versi indigeribili, quanto di più distante possa esserci dalla logica consumistica dell’entertainment cinematografico tradizionale. Quello di Haneke è un cinema votato alla messa in scena della contraddizione umana, della crisi, del limite, della violenza, pienamente cosciente delle proprie «responsabilità» nei confronti dello spettatore.1 Intervistato in una recente pubblicazione curata da un gruppo di ricerca dell’Institute of Fundamental Theology della Graz University (Austria), teso allo studio del cinema di Haneke quale riflessione etica «su ciò che va male in questa società globalizzata dei consumi e dei media», il regista si dichiara preoccupato per quella che a lui pare una generalizzata «guerra civile» attualmente in corso: «Credo che viviamo in un permanente stato di guerra civile. Con ciò non mi riferisco alla guerra di noi ricchi contro i poveri di questo mondo. (…) Quello a cui mi riferisco con «guerra civile» è la guerra della disattenzione e dell’inumanità, guerra alla quale tutti noi partecipiamo giorno dopo giorno. Le ferite giornaliere che ci procura questa guerra civile sono forse le vere ragioni che stanno dietro alle guerre cosiddette «vere». (…) Abbiamo chiuso gli occhi di fronte agli orrori della realtà, anzitutto per poterli sopportare. Questo occultamento è il peccato originale, in termini sia sociali, sia individuali».2 Il cinema di Haneke si pone come scopo principale proprio quello di fare cosciente il pubblico dei meccanismi di rimozione con cui ci nascondiamo la realtà. Ne consegue un cinema di forte impatto, straordinariamente autentico e vero. Malat tia lunga e terribile Anche questo suo ultimo film è terribilmente lucido e a tratti insopportabile. Il rigore dell’indagine, la spietatezza della struttura inquisitoria non producono, come ci si aspetterebbe, un film freddo, algido, scientifico: ci si trova piuttosto di fronte a un’opera che non lascia scampo, scuote, turba, scava nelle più intime convinzioni che lo spettatore ha della vita e della morte, le mette sotto pressione, le pone di fronte all’umanità dei personaggi, alle vicende e alle scelte che questi si trovano a vivere. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 715 713-716_art_bazzocchi+subini:Layout 2 716 30-11-2012 13:41 Pagina 716 Un giorno, durante la colazione, Anne si «incanta»: Georges le parla, ma lei non lo sente, è assente. Quando si riprende, non ricorda nulla. È l’inizio di una lunga e terribile malattia, che il film mostra nelle sue fasi discendenti. Inizialmente Anne e Georges hanno la sensazione di poter gestire il problema, ancora contenuto. Ma non ci mettono molto a prendere coscienza delle derive cui conduce l’inesorabile e veloce peggioramento della malattia. Un giorno in cui Georges si è assentato per assistere, non a caso, a un funerale, Anne prova, senza riuscirci, a togliersi la vita. È la svolta nella consapevolezza di entrambi che non c’è gestione possibile di un male così radicale. Nelle fasi più avanzate della malattia, quando Anne ha ormai perso ogni controllo sul suo corpo, dalla stanza in cui la donna giace proviene, impastato in un grido strozzato, il termine che designa il concetto al centro delle riflessioni di tutto il cinema di Haneke: «Male, male, male, male, male…». Non è il dolore fisico, non la percezione contingente della malattia, è piuttosto la consapevolezza di un male ontologico che affligge la condizione umana. È il problema della teodicea, ricondotto alle vicende di una coppia di ottantenni nella società contemporanea. Haneke lo affronta nella sua essenza: per questo motivo i due protagonisti appartengono a una classe sociale elevata, hanno la cultura e il denaro per gestire tutto ciò che è umanamente gestibile. Dalla casa transitano inservienti e badanti, insieme agli strumenti tecnici necessari alle cure; i due personaggi danno inoltre prova di avere una sensibilità non comune, raffinata da una vita trascorsa in contatto con l’arte, e un’in- tesa di coppia senz’altro figlia dell’amore che dà il titolo al film. Insomma, chi meglio di loro potrebbe affrontare il terribile evento che gli sta capitando? E in effetti lo spettatore non può non rendersi presto conto che tutto ciò che è umanamente fattibile per far fronte alla tragedia viene fatto. Ma il problema di cui si tratta qui sfugge alla gestione dell’uomo, anche dell’uomo meglio «attrezzato». 1 «Mi rifiuto di rendere consumabile la violenza al cinema. (…) L’unico che, a mio avviso, è riuscito a rappresentare la violenza in maniera responsabile, è stato Pasolini in Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). Lì la violenza era quello che è. E questa violenza non si può consumare, a meno che non si abbia qualche serio problema. Se ci si sente responsabili per il film come opera d’arte, questa è l’unica possibilità. Se, invece, il cinema è, per definizione, merce, allora è giustificato qualsiasi cinismo e tutto può essere rappresentato, tutto è legittimo e diventa solo una questione di bravura tecnica. Ma questa è una posizione con la quale non mi voglio neanche confrontare, perché la trovo fa- tale» (M. HANEKE, «“La negazione è l’unica forma d’arte che si possa prendere sul serio”. Colloquio con Michael Haneke», in A. HORWATH, G. SPAGNOLETTI (a cura di), Michael Haneke, Lindau, Torino 1998, 59). 2 Nostra traduzione da M. HANEKE, «We Live in a Permanent State of War», intervista a cura di Franz Grabner, in A. ORNELLA, S. KNAUSS (a cura di), Fascinatingly Disturbing. Interdisciplinary Perspectives on Michael Haneke’s Cinema, Pickwick Publications, Eugene (OR) 2010, 14-15. 3 Sul tema della religiosità, Haneke si è così espresso: «Se si affrontano certe questioni fon- IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Dalla violenza allo stupore Ad un certo punto, quando il male è divenuto insostenibile, dopo che Anne gli ha fatto più volte intendere il suo desiderio di morire, Georges trova la forza per uccidere la moglie: lo fa soffocandola con un cuscino, in una scena straziante che non risparmia allo spettatore la necessaria eppur inconcepibile violenza del gesto. Poi, dopo aver distrutto ogni più piccola illusione che lo spettatore poteva avere sull’amore nella malattia, il film ha un finale colpo d’ala, tanto commovente quanto erano terribilmente graffianti le immagini precedenti. Nell’ultima sequenza, liberando una tensione sottesa a tutto il testo, il film apre su una prospettiva ultraterrena. Dopo aver soffocato la moglie, Georges la prepara per il funerale: sceglie un vestito adatto, esce a comprare dei fiori, riordina la stanza, poi si corica. A un certo punto è risvegliato da alcuni rumori provenienti dalla cucina. Lo stupore che assale Georges da questo momento fino alla fine del film ha qualcosa di infantile, è lo stupore con cui si entra in una dimensione nuova, sconosciuta: fatica perfino a muoversi, prova ad alzarsi dal letto ma deve rifare il movimento due volte prima di riuscire a mettersi in piedi. Sul suo volto si legge un disorientamento che non significa difficoltà; piuttosto meraviglia di trovarsi catapultati in una «realtà» che non si immaginava possibile. Georges raggiunge la cucina e qui trova Anne che, con la naturalezza di sempre, sta lavando i piatti. Anne invita il marito a mettersi le scarpe, lei ha quasi terminato e a breve potranno andare. Georges, sempre più stupito, obbedisce, mosso da una forza misteriosa. Ora Anne è pronta, si mette il soprabito e si avvia verso l’uscita. Georges la guarda e fa per andarle dietro. Lei si gira e gli chiede: «Non prendi il cappotto?», quasi suggerendo che dove stanno andando non è poi molto diverso da dove sono ora, servono le scarpe, il cappotto, ecc. Lui obbedisce, nuovamente mosso da una forza misteriosa, indossa il cappotto e attraversa, con la moglie amata, la porta che separa questa vita dall’altra. Non c’è musica a commento dei titoli di coda, diversamente da come solitamente accade. Essi scorrono su uno sfondo scuro, nel silenzio di una sala pietrificata. Anche il pubblico evita di commentare, diversamente da come solitamente accade. Il mistero sulla morte, e dunque sulla vita, squadernato al termine di due ore di lucida e spietata indagine sulla condizione umana, mette la sala in uno stato di contemplazione, la cui intensità ha qualcosa di sacro, di non violabile.3 Uscendo dal cinema, mi rendo conto di aver assistito allo «spettacolo» (se così possiamo chiamarlo) con un pubblico non più giovane, all’interno del quale riesco a distinguere molte coppie di anziani, che vedo defluire verso le loro case, con i loro commenti trattenuti, tenendosi per mano. Tomaso Subini damentali, si finisce automaticamente a parlare di questioni religiose ed esistenziali. (...) Se si affronta il tema del suicidio (...) allora automaticamente si finisce per pensare a questioni etico-religiose. (...) “Trascendenza” è un termine dal significato ampio. Nel momento in cui un semplice contadino inizia a decorare la sua casa, egli sta facendo qualcosa che va oltre una mera utilità. Egli sente dentro di sé il desiderio di qualcosa di più che non semplicemente alzarsi, andare a lavorare e tornare a letto – ciò si può estendere a tutti i livelli dell’attività intellettuale. (...) Anche la religione è un prodotto culturale» (HANEKE, «We Live in a Permanent State of War», 30-31). p 717-718_parole:Layout 2 p arole 30-11-2012 11:38 Pagina 717 delle religioni Il grigio e il tiepido Primo Levi e Dostoevskij L’ espressione «zona grigia» è diventata, grazie alla penetrante onestà intellettuale di Primo Levi, una categoria morale. In questo caso, più delle parole evangeliche che invitano a non giudicare per non essere giudicati (Mt 7,1) o di quelle secondo cui solo chi è senza peccato può scagliare per primo la pietra (Gv 8, 1-11), va richiamato l’ammonimento rabbinico stando al quale bisogna essere cauti nel giudizio (Pirqè Avot 1, 1). Pensare di poter formulare giudizi solo in base al bianco o al nero significa ignorare la complessità tipica tanto delle situazioni collettive quanto dell’animo umano. Il grigio, lungi dall’essere un colore uniforme, è un variegato insieme di sfumature che vieta brutali dicotomie. Un giudizio color grigio Compiere tagli netti mettendo i buoni da una parte e i cattivi da quell’altra è tipico di uno spirito giovanile che non ha ancora compreso che il foglio della vita ha più piegature (proprio questo è l’etimo della parola «complesso»). Levi, per indicare la tendenza, anzi il bisogno di dividere i buoni dai cattivi, avanza un paragone: l’operazione equivarrebbe a «ripetere il gesto di Cristo nel Giudizio universale: qui i giusti, là i reprobi».1 La divisione tra pecore e capre è prerogativa del sommo giudice (cf. Mt 25,31-33). Anche quando, a partire dal XIII secolo, nella visione cristiana dell’aldilà venne introdotta la «zona grigia» del purgatorio,2 essa restò connotata dal suo essere condizione destinata a finire l’ultimo giorno. L’accesso all’eterno non conosce dimensioni intermedie. Tuttavia proprio la collocazione metastorica di quel giudizio attesta, per contrasto, che l’esercizio del giudicare, posto nell’ambito della condizione umana, non è in grado di stabilire nulla di definitivo. Il laico Levi non pensa però all’aspetto trascendente del Giudizio universale; a rendere palese che il suo orientamento è un altro è l’uso del verbo «ripetere». Quel che non è ancora avvenuto non è riproponibile. Se così si potesse dire, per Primo Levi gli affreschi michelangioleschi della parete della Sistina rappresentano l’unico Giudizio universale davvero pensabile. Va però ribadito che la loro grandiosità artistica indica quanto, sul piano etico, non dobbiamo fare. Il grigio è una realtà intermedia; non è colore primario, è frutto di una mescolanza. Lo stesso vale per il tiepido. Lo si può definire come ciò che non è né caldo, né freddo; oppure, al contrario, può essere presentato come quanto è sia caldo, sia freddo. È un po’ come il bicchiere: per alcuni è mezzo pieno, per altri mezzo vuoto. Tuttavia, a differenza di quest’ultimo caso in cui si sottolinea l’aspetto mancante, il tepore, non di rado, è collegato, sia nell’esperienza concreta sia nell’uso metaforico, a una valenza positiva. Esistono, peraltro, usi di segno contrario; per esempio, espressioni del tipo «ti vedo tiepido» connotano da parte dell’interlocutore una reazione ben diversa da quella auspicata. Ancor più drasticamente la tiepidezza può circoscrivere l’esistenza degli ignavi che vivono «sanza infamia e sanza lodo». Nell’Apocalisse, il libro in genere più legato all’idea del Giudizio, l’immagine del «tiepido» è connotata in maniera fortemente negativa. Essa, in luogo di rappresentare l’ambito ricco di oscillazioni e in parte di scusanti proprio della «zona grigia», addita quanto è da respingere nel modo più assoluto. Per comprenderne il perché vi sono molte strade, una di queste è di rivolgersi a una grande opera letteraria. Nella psiche moderna Dostoevskij termina il suo romanzo I demoni con un’appendice incentrata sul colloquio tra Stravoghin e il vescovo Tychon. Al centro dell’incontro si colloca l’angosciosa lettura dei foglietti in cui il protagonista narra di aver messo in atto, ad arte, una situazione che portò al suicidio una ragazzina undicenne. Stravoghin fu l’unica persona che vide i preparativi e intuì cosa stesse per avvenire. Poteva fermare il gesto estremo, ma attese e contò il tempo finché tutto fosse compiuto. Anni dopo scrisse la storia su dei fogli a stampa tirati in 300 copie che era in procinto di divulgare e mandare ai giornali. In effetti la fece leggere solo a Tychon e, alla fine, la divulgazione non avvenne mai. All’insegna dell’illusoria, perversa, dinamica secondo la quale chiodo scaccia chiodo sarà piuttosto aperta la porta a un altro delitto. La chiave ermeneutica del colloquio è data da una citazione dell’Apocalisse. Si tratta di un passo tratto dall’ultima delle sette lettere rivolte ad altrettante comunità dell’Asia: «All’angelo della Chiesa che è a Laodicea scrivi: “Così parla l’Amen. Il testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio. Conosco le tue opere: tu non sei né IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 717 717-718_parole:Layout 2 30-11-2012 11:38 Pagina 718 Parole delle religioni freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo...» (Ap 3, 14-17). Per il sentire ottocentesco, che rovesciò il senso classico della aurea mediocritas in grigia mediocrità, non vi fu nulla di più facile che far propria la superiorità del freddo sul tiepido. In qualunque direzione sia rivolto, un forte sentire è sempre meglio di un’insensibilità piatta e pavida. Non a caso subito prima Tychon aveva affermato che l’ateo è più prossimo alla fede dell’indifferente. L’ineguagliata capacità di penetrazione psicologica di Dostoevskij si muove però a ben altre profondità rispetto a queste prime osservazioni e lo fa rivelando, nel contempo, una straordinaria capacità di comprensione del brano biblico. Il cuore dell’appendice a I Demoni, testo che non può essere riassunto senza immiserirlo, sta nel fugace dischiudersi e nel repentino serrarsi della porta del pentimento. Si è di fronte a una possibilità sfumata. Stravoghin cita un proverbio ebraico stando al quale «la sozzura che viene da te stesso non puzza». In realtà, il perno su cui gira la questione non è questo; non ci si limita al semplice non accorgersi di quanto si è compiuto e neppure all’atto di fingere ai propri stessi occhi. Il discrimine sta nel non saper trarre le giuste conseguenze dall’essersi accorti di quanto si è effettivamente compiuto. Da qui nasce una paralisi che inizia dal morboso compiacimento di sciorinare in pubblico le proprie meschinità, presente nella decisione di Stravoghin di far tirare 300 copie a stampa (dinamica oggi trionfante in non pochi talk show), e perviene alla vergogna di ammettere a sé stessi di essersi pentiti delle proprie azioni. Ci si vergogna, dunque, non già delle propria malvagità, bensì del barlume di pentimento che era lì lì per lampeggiare. La tiepidezza sta nel fatto di aver avvertito il caldo della contrizione e di averlo poi annegato nel freddo di un’apparente imperturbabilità. Lo spiraglio che si era dischiuso viene così di nuovo sprangato. Dostoevskij, scavando nella psiche moderna, complica e tormenta quanto in nuce c’era già nell’Apocalisse. La Chiesa di Laodicea è tiepida non perché incapace di grandi beni o di grandi mali, ma perché non regge alla sfida di guardare a se stessa e aprire gli occhi sulla propria reale situazione: «Poiché dici: Sono ricco e mi sono arricchito e non manco di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo». Si è di fronte a una condizione estendibile ad altre Chiese e ad altri tempi. Non vi è tentazione maggiore di fingersi ricchi quando non lo si è; in questi casi la rovina è davvero dietro l’angolo. Il collirio dell’Apocalisse L’Apocalisse invita a comprare del collirio al fine di accorgersi di essere nudi (Ap 3,18). L’Amen sembra quindi voler dire: almeno foste come gli antichi progenitori i cui occhi si aprirono dopo il peccato cosicché si accorsero subito di essere nudi (Gen 3,7). Da quello sguardo potrebbe 718 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 nascere un processo in grado sfociare nell’essere rivestiti di vesti bianche (Ap 3,18), particolare che si sarebbe tentati di presentare come una specie di riproposizione salvifica delle tuniche di pelle con le quali il Signore Dio rivestì il primo uomo e la prima donna (Gen 3,21). Perché tutto ciò avvenga occorre però essere disposti a pagare il prezzo connesso a un autentico pentimento. Se si cela ai propri occhi quanto si è commesso o se lo si espone in pubblico in modo tale da mascherarlo a sé stessi resta precluso ogni pentimento. Il vicolo in cui ci si inoltra condurrà, quindi, senza scampo a un baratro. Analogo esito rovinoso è ipotizzabile allorché si affoga l’embrionale consapevolezza delle proprie colpe nei gorghi di un compiacimento narcisistico o di una vergogna che scambia per debolezza l’ammissione di aver sbagliato. Il collirio è davvero la più necessaria tra tutte le medicine. Piero Stefani 1 P. LEVI, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, 25. In proposito rimane classica l’opera di J. LE GOFF, La nascita del purgatorio, Einaudi, Torino 1982 e successive ristampe. 2 DIRETTORE RESPONSABILE Gianfranco Brunelli CAPOREDATTORE PER ATTUALITÀ Guido Mocellin CAPOREDATTORE PER DOCUMENTI p. Marco Bernardoni SEGRETARIA DI REDAZIONE Chiara Scesa REDAZIONE p. Marco Bernardoni / Gianfranco Brunelli / Alessandra Deoriti / p. Alfio Filippi / Maria Elisabetta Gandolfi / p. Marcello Matté / Guido Mocellin / p. Marcello Neri / p. Lorenzo Prezzi / Daniela Sala / Paolo Segatti / Piero Stefani / Francesco Strazzari / Antonio Torresin / Mariapia Veladiano EDITORE Centro Editoriale Dehoniano, spa PROGETTO GRAFICO Scoutdesign Srl IMPAGINAZIONE Omega Graphics Snc - Bologna STAMPA italia tipolitografia s.r.l. - Ferrara Registrazione del Tribunale di Bologna N. 2237 del 24.10.1957. 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Light, Brooklyn Buzz, Damiani, Bologna 2012. L’editore è a disposizione degli aventi diritto che non è stato possibile contattare, nonché per eventuali e involontarie inesattezze e/o omissioni nella citazione delle fonti iconografiche riprodotte nella rivista. 719-720_vergogno:Layout 2 30-11-2012 11:52 Pagina 719 «Benedicimi» La benedizione come liturgia quotidiana del cristiano comune “ IO NON MI VERGOGNO DEL VANGELO “ U n morente vede un mendicante, lo benedice e vuole esserne benedetto. Un prete chiede la benedizione all’infermiera che l’assiste. Una brasiliana trovandosi a un colloquio drammatico con il vescovo gli chiede di benedirla e gli dà la sua benedizione. Un anziano amico che veniva dalla Germania, in occasione dell’ultima venuta mi disse: «Porta al papa la mia benedizione». Vado a fare visita a un collega morente e ai saluti gli dico: «Dammi la tua benedizione» e gli do la mia. Sono del parere che vada rimessa in onore la «benedizione» come liturgia quotidiana del cristiano comune: non solo quella dei genitori ai figli, già frequente e oggi rara, ma ogni benedizione da persona a persona, nella coppia e in ogni relazione, compresi i figli che benedicono i genitori o il cristiano comune che benedice un consacrato. Comprese le relazioni della blogosfera. BENEDIRE CIOÈ INVOCARE IL SIGNORE SU QUALCUNO Questa convinzione mi è cresciuta dentro narrando i «fatti di Vangelo» e scoprendo come tanti cristiani pra- tichino anche oggi la «benedizione» e spesso in forme nuove rispetto allo schema ripetitivo che ci viene dalla tradizione familiare: «Papà dammi la benedizione», diceva il figlio, e il padre rispondeva: «Dio ti benedica». Riprendo i racconti abbozzati in apertura e ne aggiungo altri somiglianti. Il malato grave e il mendicante: si tratta di Stefano Bellan, di Casale Monferrato, che muore per tumore a 19 anni nel 2005 appena rientrato da Lourdes. Animatore dell’oratorio, Stefano vive da cristiano consapevole la veloce evoluzione della malattia. Narrando il viaggio a Lourdes, il papà Luciano che l’aveva accompagnato ricorda che nel tragitto dalla Grotta all’albergo «Stefano vide un mendicante, mi fece fermare: digli che lo benedico e che voglio la sua benedizione» (dalle pagine 53s del volumetto Stefano Bellan. Il fiore reciso di Porta Milano, Portalupi, Casale Monferrato 2009). Benedire qualcuno significa invocare su di lui la «benedizione» del Signore. Chi è vicino a morire e compie quell’avvicinamento sulle orme di Cristo ha chiaro quale sia la «benedizione» più preziosa: quella di chi meglio assomiglia al Signore. Da qui la scoperta della valenza evangelica del mendicante. E in che cosa egli, il malato, potrà ricambiare quel dono sacramentale se non invocando a sua volta sul mendicante la divina benedizione? Il secondo fatto, che attesta un’analoga intuizione da parte di una persona semplice che apprende dalla vita, riguarda il vescovo trentino Guido Zendron, missionario in Brasile (vescovo di Paulo Afonso – Bahia): investe con la sua automobile un uomo in bicicletta che muore sul colpo. Il fatto avviene senza responsabilità da parte del vescovo che tuttavia l’avverte come «ingiusto» e così in una lettera del 18 giugno 2010 al settimanale Vita trentina narra la conclusione della conversazione con colei che aveva reso vedova: «Abbiamo pianto insieme, ma dopo aver chiesto la mia benedizione lei stessa ha voluto darmi la sua. È il riconoscimento che alla radice della vita e della morte, alla radice di tutte le circostanze, non c’è il caso, ma un disegno buono del nostro Dio ricco in misericordia». «PORTA LA MIA BENEDIZIONE A GIOVANNI PAOLO II» Il vecchio amico che veniva dalla Germania si chiamava Klaus H. Arntz: è venuto l’ultima volta nell’anno 2000. Era un uomo del diritto e della finanza e veniva a Roma una volta all’anno – intorno a Pentecoste – per «aggiornamento». Qualcuno gli aveva suggerito di parlare con me per avere un aiuto a interpretare ciò che avveniva in Vaticano. Quell’ultima volta il Parkinson l’aveva costretto all’uso del bastone: «Se cado, cado in piedi», mi disse al momento di salutarci. «Sei cristiano Klaus?» gli ho chiesto. «Certo che lo sono. Quando incontri il papa digli che lo benedico». Io poco dopo vidi il papa ma non sapevo come dargli la benedizione di Klaus. Tutti chiedono la benedizione del «santo padre», Klaus invece gliela dava: cioè invocava il Signore perché lo proteggesse. Un’azione appropriata. Ma come dirla? Non la sappiamo dire perché abbiamo fatto della benedizione un gesto rituale ed ecclesiastico. La prima volta che mi trovai vicino a Giovanni Paolo – che era stanco e piegato su se stesso, a ogni evidenza bisognoso di benedizione – dissi a mezza voce: «Santità, Klaus H. Arntz la benedice». «Grazie», mormorò il papa tirando su un occhio. IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 719 30-11-2012 11:52 Nel condurre la mia indagine sulle benedizioni ho chiesto aiuto – come faccio spesso – ai visitatori del mio blog e uno di essi, che si firma Mattlar (Matteo Lariccia), mi ha segnalato un altro caso di qualcuno che benedice un papa: don Andrea Santoro nella lettera privata al papa Benedetto XVI, pubblicata dopo il suo martirio: «Santità, mi unisco a queste tre donne (la lettera è preceduta da uno scritto di tre donne georgiane che chiedono al papa di andare a Trabzon in occasione della visita in Turchia del 2006, ndr) per invitarla davvero da noi (…). La saluto e la ringrazio di tutto. I suoi libri mi sono stati di nutrimento durante i miei studi di teologia. Mi benedica. E che Dio benedica e assista anche lei». GLI RISPOSI CHE BENEDIRE ERA COMPITO DEI PRETI In un’altra lettera – questa indirizzata agli amici – don Andrea motiva così la benedizione da cristiano a cristiano, siano o no le nostre mani consacrate: «Ogni “cristiano”, come dice il nome, ha in sé lo “spirito di Cristo” perché partecipa della sua “unzione”, che lo consacra figlio di Dio e portatore della salvezza di Cristo. Per questo i genitori possono benedire i figli, i membri di una comunità possono benedire i propri fratelli e tutti possiamo benedirci a vicenda, invocando gli uni sugli altri la grazia di Dio e la potenza dello Spirito Santo» (Lettere dalla Turchia, Città nuova, Roma 2006, 18s). Qui è l’infermiera che cura per anni un prete a narrare come un giorno sia stata richiesta di benedirlo: «Gli risposi che dare le benedizioni era compito dei preti (…). Quando don Lorenzo è morto, ripensando a quella richiesta, ho capito. Ho capito che dobbiamo essere benedizione gli uni per gli altri. Io mi sono sentita benedetta da lui, che è stato per me, nel tempo della malattia, un padre e un saggio consigliere» (così Letizia Regazzoni a p. 178 del volume di Arturo Bellini Don Lorenzo Mazzola, il gusto della parola. Appunti per una biografia, Gamba, Verdello 2012). Accennavo in apertura a un caso capitato a me con il collega Dome- 720 IL REGNO - AT T UA L I T À 20/2012 Pagina 720 nico Del Rio quando gli feci visita per l’ultima volta al Gemelli e parlammo per tre ore con i toni espliciti del commiato. Mimmo era sereno e spesso sorridente. Gli ho detto: «Posso tornare». Mi ha risposto: «Questo era l’ultimo saluto». «Allora dammi la tua benedizione», gli ho detto e l’ha fatto con un gesto della mano. Sulla porta mi sono fermato a salutarlo con la mano e gli ho detto: «Addio Mimmo, anch’io ti benedico». Ha ricambiato il gesto della mano, visibilmente contento e ha ripetuto: «Saluta tutti». QUANDO È UN EBREO A BENEDIRE UN PRETE Altro mio caso con il vescovo Alberto Ablondi, dimissionario da tempo e con Parkinson avanzato. Nell’ultimo incontro – era il 2010, l’anno della sua morte – non riuscivo a capire che cosa mi dicesse dalla sedia a rotelle, agitato e balbettante. In forza dell’antica amicizia gli presi il viso tra le mani e gli dissi lentamente: «Scenda su di te, vescovo Alberto, la benedizione del Signore». Poi gli presi le mani per tenerle ferme, mi inginocchiai davanti alle ruote della sedia, posi quelle mani indocili sulla mia testa e gli dissi guardandolo negli occhi: «Grazie della tua benedizione». Era raggiante. Il mendicante, il sofferente, il morente sono ministri privilegiati della benedizione. Questa intuizione è anche nel Diario di un curato di campagna di George Bernanos, in questo passo che è stato segnalato anche nel blog: «“Vi prego di benedirmi”, ho continuato (…). Eravamo sulla soglia “ IO NON MI VERGOGNO DEL VANGELO “ 719-720_vergogno:Layout 2 della porta. “Tu sei in pena”, m’ha risposto. “Tocca a te benedirmi”. E ha preso la mia mano nella sua, l’ha alzata rapidamente sino alla sua fronte, e se n’è andato» (Oscar Mondadori, Milano 1984, 216). Ci può essere benedizione anche tra persone di diversa fede. Ecco un prete che la chiede a un ebreo: è di Ferrara, si chiama don Giovanni Camarlinghi e l’ebreo – Giorgio Bianchini – è anch’egli ferrarese. Chiamato alle armi nel 1915 il giovane Giorgio era andato dal rabbino che gli aveva imposto le mani e aveva pronunciato la preghiera che nel Benedizionale degli ebrei il nonno recita alla partenza del nipote e che dice all’incirca: «Angelo di Dio tu condottier del viver mio, guidalo e portalo tu sul sentier della virtù». Nel 1985 don Giovanni dovendo cambiare parrocchia va a salutare l’amico ebreo novantenne alla casa di riposo e gli chiede una benedizione. Giorgio commosso e lusingato mette la kippah, pone le mani sulla testa del prete e gli ripropone la benedizione che il rabbino aveva un tempo invocato su di lui: «Angelo di Dio tu condottier del viver mio, guidalo e portalo tu sul sentier della virtù». «BENEDITE COLORO CHE MALEDICONO» Vedi lettore quanto territorio siamo venuti ispezionando raccontando questa e quella benedizione dei nostri giorni. Tornerò sull’argomento, ché c’è altro da dire. C’è il Benedizionale della CEI, che è una miniera e andrebbe esplorata. E c’è la pratica della benedizione dei genitori ai figli, che ha una quantità di modi tradizionali e rinnovati. Ci sono le benedizioni negli epistolari, da Leopardi ai condannati a morte della Resistenza, ad Aldo Moro e a Ingrid Betancourt nelle lettere dal carcere delle Brigate Rosse e dalla giungla delle FARC. E le benedizioni che ognuno di noi può dare – e dà – a rimedio delle maledizioni che vede scagliate intorno: «Benedite coloro che maledicono». Luigi Accattoli www.luigiaccattoli.it REGATT 20-2012 cop:REGATT 02-2010 14.17 !""" !"! cop.qxd 30/11/2012 !"! Pagina 4 EDB 50 anni col Concilio IL CONCILIO VATICANO II quindicinale di attualità e documenti 2012 EDIZIONE DEL CINQUANTESIMO POSTFAZIONE DI CHRISTOPH THEOBALD pp. 1940 - € 69,00 20 16 A CURA DI MARCO VERGOTTINI PERLE DEL CONCILIO DAL TESORO DEL VATICANO II INTRODUZIONE DI CARLO MARIA MARTINI E MARCO VERGOTTINI Attualità pp. 440 - € 20,00 FILIPPO RIZZI QUELLI CHE FECERO IL CONCILIO INTERVISTE E TESTIMONIANZE pp. 128 - € 9,90 GERARDO CARDAROPOLI IL CONCILIO VATICANO II 649 652 657 665 705 Politica in Italia Il vecchio e il vuoto Obama 2012: perdono i vescovi Il sinodo e l’evangelizzazione Internet in monastero Studio del Mese Il Sud del Concilio Congresso di Porto Alegre: un bilancio della teologia della liberazione 40 anni dopo L’EVENTO, I DOCUMENTI, LE INTERPRETAZIONI NUOVA EDIZIONE pp. 160 - € 13,00 EDB #"! !! ! ! 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