sistema culture jamming
Transcript
sistema culture jamming
Politecnico di Milano Facoltà del Design Corso di Laurea in Disegno Industriale Ordinamento Comunicazione sistema culture jamming Relatore prof. Giovanni Baule Correlatore dott. Paolo Casati Gaia Scagnetti Matricola 186305 anno accademico 2004-2005 qualche anno fa il fidanzato di una delle mie amiche più care dovendo esprimere un giudizio su di me disse che pensava fossi riot non disse ribelle disse proprio riot era la prima volta che sentivo quel termine e da allora non mi è mai più uscito dalla testa a tutti i riot IMAGE FREE ZONE thinking space 5 Glossario Capitolo zero Effetti collaterali della pubblicità Che cos’è il culture jamming L’importanza del web Politico vs culturale I confini con l’arte Timeline ed evoluzione Mapping dei movimenti The subject way The format world Case history: Luther Blissett Adbusters Progetto Appendice: Database dei gruppi di culture jamming Note Bibliografia Ringraziamenti 6 10 14 20 24 30 34 40 44 52 58 62 68 72 74 76 78 Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie. E forse un secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi d’evitare le utopie e di ritornare a una società non utopistica, meno perfetta e più libera. Nicola Berdiaeff L’analisi del movimento di culture jamming ha permesso di osservare come il concetto di attivismo sia cambiato negli ultimi vent’anni e ha raccontato un nuovo modo di partecipare al cambiamento della nostra cultura. I movimenti di controcultura che si sono sviluppati nei diversi contesti sociali e culturali con la loro eterogeneità e disorganizzazione ci insegnano che se l’attivismo è qualcosa fatto insieme da molte persone, l’essenziale però non è essere più di uno ma il senso di solidarietà che si sviluppa attuando la trasgressione. C’è un senso d’identità comune, che nasce nel momento in cui si riconoscono negli altri la rabbia, la paura, la speranza o altri sentimenti suscitati dalla trasgressione. Una delle prime partecipanti dal raduno femminile di protesta contro i missili Cruise di Greenham in Gran Bretagna, ricordava di aver discusso del carattere della manifestazione con una delle organizzatrici: <Le ho chiesto se era una cosa femminista o religiosa. Lei mi ha detto no… no, sono solo donne come te>. Un gruppo di protesta nasce quando le persone ritrovano negli altri le proprie delusioni e aspirazioni, i propri desideri di trasgressione rispetto allo stato attuale del mondo. La solidarietà è il risultato di queste interazioni, il riconoscere l’esistenza di un noi composto da tanti distinti io. Solidarietà e trasgressione, collettivo e azione sono i fratelli gemelli dell’attivismo. È il riconoscere negli altri il proprio desiderio di cambiare il modo di vivere consueto. L’attivismo nasce quando le persone scoprono una nell’altra la volontà e il desiderio di mutare la quotidianità dell’esistenza. Che si rivendichi la fine del capitalismo globale o la presenza di aree verdi nel proprio quartiere, un’azione collettiva, per essere politica deve trasgredire lo stato di cose esistenti. <Mi trovavo nel parcheggio di un supermercato nei pressi di casa mia e stavo per inserire una moneta in un carrello per la spesa. Improvvisamente mi sono accorto di ciò che stavo facendo. Eccomi là, a pagare il mio tributo per il privilegio di entrare in un negozio in cui mi servo ogni settimana, ma che in realtà detesto, una filiale di una triste catena di supermercati che in genere non vende nemmeno prodotti locali. Che mi obbliga sempre a fare lunghe file per pagare e, alla fine, mi spinge a riportare il carrello della spesa nel posto esatto dove gli esperti hanno decretato, ad infilarlo in una serie di altri carrelli simili, riagganciarlo, premere il bottone rosso e riprendermi la mia dannata moneta. Una piccola valvola dentro di me ha cominciato a funzionare. Mi sono fermato. Mi sono guardato attorno per Capitolo zero assicurarmi che nessuno mi stesse osservando. Poi, ho pescato una vecchia moneta che avevo in tasca e l’ho infilata con quanta più forza potevo nella fessura per il rilascio dei carrelli. Quindi, con il ciondolo portafortuna a forma di Buddha del mio mazzo di chiavi, ho cominciato a battere con forza sulla moneta, fino ad incastrarla del tutto. Non mi sono posto nemmeno il problema se quello che stavo facendo fosse morale oppure no – ho solo lasciato fare alla rabbia che avevo dentro. Erano mesi che non mi sentivo così vivo>.(1) La trasgressione implica un cambiamento reale o simbolico di condizioni di normalità. Nel 1981, in Arizona, un gruppo di persone organizzò una protesta contro la costruzione di una diga sul Glen Canyon. Mentre qualcuno distraeva la polizia, altri srotolavano lungo il fronte della diga un nastro di polietilene con una crepa dipinta sopra, dando l’illusione che la diga si stesse spaccando. La trasgressione riguardava la solidità simbolica di quella costruzione, che è una caratteristica essenziale nel suo stato di esistenza normale: una diga con una crepa lunga cento metri non è certo accettabile come un fatto scontato. Gli attacchi alla pubblicità o le parodie degli spot funzionano allo stesso modo, trasgredendo i simboli che formano la Critical mass Lo straniamento funziona non solo come metodo distruttivo, ma anche come piccola guida ad una prassi di trasformazione sociale nostra esistenza quotidiana. Ogni esempio di culture jamming rappresenta un tentativo di ribaltare e di trasgredire il significato di codici culturali il cui scopo principale è quello di convincerci a comprare qualcosa o a conformarci a un certo modello. Non sono semplici azioni contro la pubblicità, perché i codici culturali contestati vanno da quelli che ci spingono ad acquistare un prodotto a quelli che formano bisogni e desideri collettivi. Sono codici controllati dalle grandi imprese private, il loro scopo è di generare stili di vita, forme d’identità e bisogni che siano al servizio di chi li ha finanziati. Quando i principali codici culturali vengono colonizzati da alcuni settori della società e adattati ai bisogni di questi, sfruttando le ingenti risorse creative a loro disposizione, anche l’attivismo si trova a dover resistere attraverso i simboli. I codici culturali delle grandi imprese hanno finito per prendere il sopravvento e costituiscono gran parte del panorama dei desideri, plasmando le nostre passioni e adeguandole alle loro esigenze. Il linguaggio del desiderio determinato da logiche d’impresa è un linguaggio che troppi di noi parlano in modo inconsapevole. Le attività dei culture jammer prendono le mosse proprio dalla consapevolezza di questo disastro culturale, riprendendone i linguaggi per volgerglieli contro. Con questo attacco si annulla la subordinazione dei nostri bisogni a quelli del profitto e si sviluppano nuovi linguaggi con cui le comunità e i singoli individui possano esprimere bisogni propri. <Dieci anni fa non ci curavamo molto della quantità di sostanze chimiche presenti nel nostro cibo, o degli inquinanti atmosferici. Pensavamo, senza ombra di dubbio, che queste fossero nei limiti consentiti. Ci sbagliavamo di grosso. Oggi potremmo compiere un simile errore a proposito dell’inquinamento mentale e continuare ad assorbirne passivamente enormi dosi senza curarcene più di tanto>. Se il punto di partenza del culture jamming è quello di riprendere, deformandoli, i codici culturali predominanti che permeano i nostri linguaggi del desiderio e del bisogno, il punto di arrivo è contemplare le rovine di questi codici e di assistere all’emergere di forme ancora inimmaginabili di produzione del desiderio. A differenza della politica tradizionale la trasgressione del nuovo attivismo è un attacco al modo in cui le norme sociali, le credenze, le oppressioni, le ineguaglianze si riproducono. Quella struttura organizzativa unica che talora si presenta all’interno dei movimenti operai, per esempio nell’universo gerarchico dei sindacati ufficiali non è applicabile alla maggior parte dei movimenti culturali. Può capitare che gli attivisti trasgressivi del XXI secolo formino organizzazioni, ma non sono mai soggetti ad un organizzazione unica. Così esaminando i vari movimenti che si ispirano al futuro si evidenzia la loro natura reticolare o disorganizzata. <In relazione agli articoli già pubblicati o di futura pubblicazione riguardo ai processi nei confronti dei leader di Reclaim the Streets questa organizzazione tiene a sottolineare di essere un gruppo non gerarchico, senza capi, con una struttura aperta e che agisce alla luce del sole. Non c’è 7 nessuno che pianifica le sue azioni, nessun cervello che le manovra. Le attività di RTS sono il frutto di un impegno volontario, non retribuito e cooperativo di tante persone che decidono con la propria testa e che si sforzano di lavorare insieme su un piano di assoluta parità>. L’attivismo adotta alcune forme di coordinamento che spesso sono definite con il termine disorganizzazione il cui elemento cruciale è l’impegno a creare strutture aperte con una gerarchia che definiamo paradossalmente piatta. Avere una rete orizzontale di coordinamento significa permettere di partecipare a chiunque lo desideri. Alla base c’è la convinzione che chi partecipa a una disorganizzazione ha qualche cosa da offrire e che il coordinamento deve tendere a ricavare il massimo possibile dal contributo di ognuno. Se questo sembra in apparenza annullare qualsiasi idea di coordinamento in realtà assicura che le decisioni prese non soffochino l’improvvisazione. Il fatto essenziale non è che la disorganizzazione metta in moto i principi di uguaglianza e giustizia, ma che così facendo proietti nel presente il futuro; la disorganizzazione è una politica prefigurativa che cerca di mostrare quanto di nuovo potrebbe apportare un cambiamento della società. Gli attivisti scegliendo di essere disorganizzati cominciano ad agire come se il mondo che vogliono fosse già esistente. Una politica prefigurativa significa comportarsi oggi come ci si vuole comportare in futuro. Tutte le azioni di sabotaggio culturale possono essere considerate politiche prefigurative, è ormai universalmente accettato che anche la pratica hacker Copyleft symbol Copyleft è una filosofia che si traduce in diversi tipi di licenze commerciali, la prima delle quali è stata la GPL [GNU Public License] del software libero, nata per tutelare quest'ultimo e impedire che qualcuno (Microsoft, per fare un nome a caso) si impadronisse, privatizzandoli, dei risultati del lavoro di libere comunità di utenti. Il proprietario di quest'opera utilizza questo potere per fare in modo che l'opera si possa copiare, diffondere, modificare, ma non brevettarla e fermarne la circolazione mettendoci un copyright. Quindi l’utilizzo no profit è libero da qualunque restrizione, mentre quello a scopo di lucro è tutelato dalla legge. non è più confinata all’ambito informatico, ma a tutti coloro che agiscono nel sociale, magari attraverso l’uso delle nuove opportunità che dà la tecnologia. La pratica hacker nata all’interno delle università è poi diventata un ben più esteso modus operandi. <Esprimiamo una visione dell'hacking come attitudine, non esclusivamente informatica. Il nostro essere hacker si mostra nella quotidianità anche quando non usiamo i computer, si mostra quando ci battiamo per far cambiare le cose che non ci piacciono, come l'informazione falsa e imposta, come l'utilizzo di tecnologie non accessibili e costose, come il dover recepire informazioni senza alcuna interattività.(2) La forma mentis dell'hacker non è ristretta all'ambito del software-hacking. Ci sono persone che mantengono un atteggiamento da hacker anche in altri campi, come l'elettronica o la musica, davvero, lo puoi trovare ai livelli più alti di qualsiasi scienza o arte>.(3) Lo stesso avviene per quanto riguarda il sabotaggio culturale; gli uomini politici, le grandi corporation e i comunicatori ritengono che per detenere il potere dei media occorra controllare due momenti della catena comunicativa: la fonte e il canale. In tal modo si crede di controllare il messaggio, e invece esso è solo una forma vuota che il destinatario riempirà con i significati che gli saranno suggeriti dal contesto in cui vive, dal proprio modello di cultura. In questa situazione chi riceve il messaggio ha un'unica libertà residua: quella di leggerlo e interpretarlo in modo diverso. Scrive Umberto Eco già nel 1967: <La battaglia per la sopravvivenza dell’uomo come essere responsabile nell’Era della Comunicazione, non la si vince là dove la comunicazione parte, ma là dove arriva. Per questo alla soluzione di strategia occorrerà applicare una soluzione di guerriglia. Se ho parlato di guerriglia è perché ci attende un destino paradossale e difficile: proprio mentre i sistemi di comunicazione prevedono una sola fonte industrializzata e un solo messaggio che arriverà ad un udienza dispersa in tutto il mondo, noi dovremo essere capaci di immaginare sistemi di comunicazione complementare che ci permettano di raggiungere ogni singolo gruppo umano, ogni singolo membro dell’udienza universale, per discutere il messaggio in arrivo alla luce dei codici di arrivo, confrontandoli con quelli di partenza. (…) L’universo della comunicazione tecnologica sarebbe attraversato allora da gruppi di guerriglieri della comunicazione che reintrodurrebbero una dimensione critica nella ricezione passiva>.(4) A differenza dei personaggi di 1984 di Orwell che risentono del fatto di essere controllati dal Grande Fratello, ma non riescono ad opporvisi, gli abitanti del Mondo Nuovo di Huxley partecipano volontariamente alla loro manipolazione. Prendono una droga distribuita dal governo detta soma che li fa stare bene, perché la ricerca della felicità immediata è il loro unico scopo. I consumi sono illimitati, il sesso libero e il controllo dell’umore è perfetto, la gente è estasiata e pensa di vivere ad Utopia. Solo il lettore e un paio di personaggi imperfetti (che in qualche modo hanno finito per ritrovarsi con delle vite vere) sanno che in realtà si tratta di Distopia. La società ricca in cui 8 viviamo è drammaticamente simile a quella descritta nel Mondo Nuovo, ma Huxley stesso nella sua prefazione ci indica una via per cambiare le cose: <Le utopie appaiono oggi assai più realizzabili di quanto non si credesse un tempo. E noi ci ritroviamo attualmente davanti ad una questione ben più angosciosa: come evitare la loro realizzazione definitiva? (…) Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie. E forse un secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi d’evitare le utopie e di ritornare a una società non utopistica, meno perfetta e più libera>.(5) Cartoon by Matt, 1999 Un’analisi dell’attività economica degli Stati Uniti ha rivelato nel marzo 2004, che il Prodotto Interno Lordo ha sovrastimato il buono stato dell’economia di 7 trilioni di dollari. Ironicamente uno dei fattori che hanno contribuito a questa sovrastima è la spesa derivata dagli scandali economici Enron, Wordcom e altri. 9 Noi non produciamo più per consumare ma consumiamo per produrre. Il meccanismo non è al nostro servizio, ma noi al suo, siamo i tubi digerenti, i lavandini, i water attraverso i quali deve passare il più velocemente possibile ciò che altrettanto rapidamente produciamo. Siamo il terminale uomo. Massimo Fini Il dibattito sugli effetti collaterali della pubblicità si è aperto a seguito della pubblicazione nel 1960 del libro I persuasori occulti di Vans Packard. Tale pubblicazione presentava per la prima volta al grande pubblico americano i metodi scientifici e i meccanismi occulti di persuasione utilizzati dalle grandi agenzie pubblicitarie che attraverso i metodi della Ricerca Motivazionale e delle analisi psicologiche studiavano i target di riferimento per comprenderne i meccanismi più nascosti e le spinte subconscie. I risultati di questi studi venivano poi utilizzati per creare nuovi bisogni che spingessero all'acquisto dei prodotti pubblicizzati. Pur con fasi alterne di maggiore o minore presenza il dibattito è continuato negli anni, ma nel 1986 col saggio The distorted mirror: Reflections on the Unintended Consequences of Advertising di Richard W. Pollay la discussione ha trovato nuova sintesi e approfondimento. Il saggio di Pollay analizza il quadro degli effetti socioculturali, involontari, non prestabiliti della pubblicità, nonché introduce il concetto di specchio distorto. La pubblicità rinforzando selettivamente determinati valori che possono essere più facilmente accettabili, poiché funzionali in termini commerciali, appiattendo verso il basso la cultura prevalente e trascurando la promozione di valori di più elevato ordine morale, è in sostanza uno specchio distorto della vita reale.(1) Il dibattito è tuttora controverso e destinato a non avere soluzioni fondate su elementi certi, univoci e tanto meno definitivi poiché mentre un effetto collaterale derivante dall'assunzione di un farmaco è immediatamente riscontrabile e comprovabile, gli effetti collaterali della pubblicità non sono stati ancora scientificamente né analizzati né quindi dimostrati. Ma poiché come in campo medico un effetto collaterale pur essendo secondario può assumere un'importanza maggiore di quello primario, la mancanza di ricerche sull'influenza dei media genera grandi preoccupazioni e alimenta la discussione. Come ha affermato Leo Bogart, esperto americano di strategia pubblicitaria: <La pubblicità è qualcosa di più di una semplice forza economica, ha anche una profonda influenza sulla cultura, sui valori e sulla qualità della vita>. Adriano Zanacchi in Pubblicità: effetti collaterali descrive la pubblicità come una tipica forma di comunicazione persuasiva, volta ad influenzare atteggiamenti e comportamenti attraverso la promozione della conoscenza, della notorietà, della rinomanza dei prodotti per indurre al loro acquisto e consumo. Essa tende a raggiungere i suoi obiettivi con l'esaltazione di ciò che promuove, magnificandone le qualità oggettive e, soprattutto, arricchendone la desiderabilità mediante l'associazione a valori simbolici, immaginari. Cogliendo di sorpresa i destinatari ne cattura l'attenzione e ripetendo i suoi messaggi a volte fino all'ossessione, si garantisce il contatto con tutti i componenti del target group prestabilito per favorire l'accettazione, la condivisione, l'introiezione delle sue affermazioni. Questo implica lo sfruttamento di tutti gli artifici della retorica e l'adozione in particolare, di un linguaggio in cui le qualità tecniche formali si fondono con la brevità, la sintesi, le lusinghe espressive (sorpresa, artifici suggestivi, trasgressioni), talvolta rasentando un inganno più o meno sottile.(2) Egli afferma, poi, che le critiche mosse alla pubblicità non riguardano la sua funzione primaria, quella di assicurare in modo leale e corretto, il collegamento tra mondo della produzione, della vendita e mondo dei consumatori; quanto le sue conseguenze collaterali più o meno volontarie o indesiderate. Queste, sostiene, sono in una certa misura inevitabili: la pubblicità non può non promuovere, e con particolare enfasi, il consumo. Toccherà, se mai, all'educazione, all'approfondimento culturale, procurare antidoti più o meno Effetti collaterali della pubblicità Chris Woods, McDonald’s Nation, 1996, adbusters.org I membri di questa setta religiosa usano parole e concetti che provengono dalla televisione e dalla pubblicità. Vestiamo uniformi, non delle camicie bianche ma maglie Tommy Hilfiger o scarpe Airwalk. Ci sono dati ruoli e schemi di comportamento che non abbiamo scelto consapevolmente. Il primo comandamento di una religione: non pensare. Il libero pensiero può rompere l’incantesimo. Kalle Lasn efficaci all'azione consumistica della pubblicità. Altre conseguenze invece, potrebbero essere se non evitate, attenuate, agendo sui contenuti dei messaggi (veridicità, rispetto per le idee e i sentimenti altrui, attenzione ai minori, ecc.) e sulle modalità della loro diffusione (intrusività, ripetitività, quantità, ecc.).(3) Voci di critica più radicali arrivano dai movimenti anticonsumistici e antipubblicitari. Christopher Lasch uno dei più importanti critici sociali americani ad esempio, afferma: <La pubblicità educa le masse a nutrire un'insaziabile avidità non solo di merci, ma di nuove esperienze e realizzazione personale. Propone il consumo come risposta alle secolari afflizioni che si accompagnano alla solitudine, alla malattia, alla noia, alla mancanza di appagamento sessuale, e crea parallelamente forme di malcontento nuove e peculiari del nostro tempo. Sfrutta subdolamente il disagio della civiltà industriale; si appunta sulla desolazione spirituale della vita moderna per proporci il consumo come rimedio. Non solo promette di mitigare quell'infelicità che da sempre è retaggio della carne; crea o esaspera nuove forme di infelicità - l'insicurezza personale, la preoccupazione per il proprio status sociale, nei genitori il timore di non riuscire a soddisfare i bisogni dei figli. Avete l'aria un po' dimessa in confronto ai vostri vicini? La vostra macchina è meno potente della loro? I vostri figli sono altrettanto robusti? Altrettanto benvoluti? A scuola vanno bene come i loro? La pubblicità istituzionalizza l'invidia e i suoi tormenti>.(4) La persuasione commerciale programma, quindi, non solo il nostro comportamento di acquisto, ma anche il nostro ruolo sociale, il linguaggio, gli obiettivi, i valori e tutto ciò che conta <Il consumismo è una forma di vita. Esso promette che la medicina per ogni problema ci aspetti in qualche negozio, e possa essere trovata dopo un'accurata ricerca. Gli effetti ritardati di tale promessa sono tre, tutti micidiali. Uno è la despecializzazione sociale, il disinteresse ad imparare a discutere e a negoziare con gli altri le vie d'uscita ai problemi, e la convinzione che farlo non sia davvero necessario perché la soluzione può essere ottenuta con minor sforzo e a minor prezzo alla prossima avventura in un supermercato. Un altro è la conclusione secondo cui affrontare i problemi della vita è come l'assimilazione dei beni di consumo, una faccenda solitaria che non guadagna in efficacia dalla collaborazione con gli altri. Il terzo effetto consiste, per così dire, nel sostituire la lotta contro i sintomi alla guarigione della malattia: per quanto si possa essere acquirenti furbi e astuti, nei negozi non c'è alcun rimedio alle cause sociali dei guai, ma solo la ricetta per addolcirne gli affanni e le tribolazioni (o semplicemente per dimenticare momentaneamente il guaio). L'ascesa del consumatore è la caduta del cittadino. Più abile è il consumatore, più inetto è il cittadino>.(5) Questa tesi sostenuta dal sociologo Zygmunt Bauman è dimostrata anche da alcune ricerche americane; uno studio del 1992 ha stabilito, infatti, che esiste una correlazione fra televisione, impegno civico e indifferenza elettorale: ad un maggior numero di ore trascorse davanti al teleschermo corrisponde una minore probabilità di esercitare il diritto di voto, di sentirsi coinvolti, come 11 cittadini, nella vita sociale della città, del paese e della realtà in cui si vive.(6) Questo accade a causa di quello che viene descritto nella teoria della personalità come oggettivazione dell'io, per cui una persona ha una visione di sé distaccata, e si vede e percepisce come un prodotto e non come un essere umano. Questa oggettivazione dell'io trova riscontro anche nella cultura verbale non solo delle aziende ma anche di tutti gli enti direttamente o indirettamente coinvolti (governi, sindacati, sociologi, studiosi, ecc.) quando usano espressioni quali: mercato del lavoro, risorse umane, manodopera riferendosi alle persone chiamate a svolgere una determinata attività. Dice Erich Fromm: <In questo modo di vedere le cose, l'individuo si sente come un oggetto, da impiegare con successo nel mercato. Egli non si sente come un elemento attivo, portatore di facoltà umane. È privato di queste facoltà; il suo scopo è di vendersi con successo sul mercato (…) Il corpo, la mente e l'anima sono il suo capitale e il suo compito nella vita è di investirlo nel modo giusto per ottenere profitto. Qualità umane, quali la cordialità, la cortesia, la gentilezza si trasformano in beni, qualità del pacchetto personalità, che contribuiscono ad alzare il prezzo nel mercato della personalità>.(7) Questo processo non avviene ovviamente consapevolmente, la dimostrazione delle proprietà del prodotto non convince nessuno, è la gratificazione che la magia del messaggio pubblicitario dà all'ascoltatore che esercita una profonda influenza sui suoi modi di agire, vestirsi, mangiare, impostare il rapporto con gli altri. Escape captivity, 2002 La battaglia in atto è la lotta di liberazione contro il processo di colonizzazione della mente da parte dei mass media che i gruppi e gli individui conducono per la loro autonomia, per la creazione di concatenazioni comunicative indipendenti dal dominio della merce. <Il consumatore non crede alla pubblicità, come il bambino non crede a Babbo Natale. Ma questo non gli impedisce di aderire ad una situazione infantile interiorizzata e di comportarsi di conseguenza. Da qui sorge l'efficacia reale della pubblicità, secondo una logica che, pur non essendo la logica del riflesso condizionato, non è certo meno rigorosa: la logica della fede e della regressione>.(8) (Baudrillard) Euforica ed euforizzante, la pubblicità mira a coinvolgere emotivamente, a ridurre lo spazio della razionalità per esaltare il sogno, fino a creare le premesse per un consumo evasione, un consumo emozione. Come ha teorizzato il pubblicitario Jacques Séguéla divenuto famoso per aver condotto con successo la campagna per il candidato alla presidenza François Mitterand: <Il nuovo consumatore ama adottare sogni. Compra un prodotto, certo per farne uso, ma più ancora per la magia che questo gli offre di primo acchito. I successi di oggi nascono dall'incontro tra utilità e immaginazione. I soli che ci offrano la realtà delle nostre fantasie. È il vecchio grido di Charles Revson, l'inventore di Revlon: In fabbrica produciamo prodotti di bellezza. Ma nei negozi vendiamo speranze>.(9) Rendendo romantici i prodotti si cerca di convogliare le esigenze e le ambizioni psicologiche verso comportamenti consumistici necessari agli obiettivi del sistema industriale; senza la persuasione massiccia e scaltra che accompagna la manipolazione della domanda, l'abbondanza crescente avrebbe potuto far diminuire l'interesse delle persone ad avere più beni. <Noi non produciamo più per consumare ma consumiamo per produrre. Il meccanismo non è al nostro servizio, ma noi al suo, siamo i tubi digerenti, i lavandini, i water attraverso i quali deve passare il più velocemente possibile ciò che altrettanto rapidamente produciamo. Siamo il terminale uomo. Anzi. Non siamo più nemmeno uomini, ma consumatori. E nemmeno consumatori coscienti e volontari, ma ranocchi che, opportunamente stimolati, devono saltare anche quando vorrebbero star fermi, per non inceppare l'onnipotente meccanismo che ci sovrasta>.(10) Questo atteggiamento romantico nei confronti dei prodotti è duramente condannato soprattutto quando l'utenza a cui si rivolge è quella costituita dalle fasce meno protette. Nel 1° Rapporto Nazionale sulla condizione dell'infanzia e della preadolescenza, realizzato da Eurispes e Telefono azzurro [diffuso senza data nel 2000] si afferma che il problema relativo all'azione persuasiva della pubblicità <è certamente allarmante poiché si può affermare che in qualche modo, assieme al prodotto, gli spot veicolano una pericolosa equazione, possesso = felicità, che certamente può influenzare negativamente lo sviluppo del bambino>.(11) Ma, forse uno dei più potenti effetti della pubblicità è quello di insegnare una tolleranza generale e generalizzata nei confronti della falsità, dell'esagerazione e della distorsione della verità, un'abitudine ad accettare tutto at face value senza porsi domande, senza mai mettere in discussione ciò che viene presentato. Immagini come quelle presentate nelle campagne pubblicitarie Benetton raffiguranti malati terminali di AIDS o cadaveri di soldati bosniaci (questo è solo un esempio, ce ne sarebbero molti altri) ci abituano al 12 dolore delle altre persone, erodono la nostra capacità empatica di condividere la sofferenza, di considerare seriamente le questioni sociali, di essere toccati dalle mostruosità. Rendendoci più distaccati, più freddi, più indifferenti ci rendono più cinici. <Una delle cose peggiori prodotte dai media è proprio il cinismo, quello che ci spinge a guardare troppa televisione e stare a casa alle elezioni; che ci fa accettare per anni interi lavori monotoni e insignificanti; che riempie di noia le nostre giornate, trasformandoci in acquirenti compulsivi>.(12) E la conseguenza di un cinismo estremo, del rifiuto o del dubbio circa tutti i valori proposti, è la carenza di norme sociali conosciuta come anomia. Si è portati a non credere a nessuno e a nulla di ciò che ci viene detto, e se ci manca la fiducia nelle parole e la fede nella verità, ci manca il collante della coesione sociale. She’s got your eyes, adbusters.org Negli Stati Uniti, tra il 1952 e il 1996, sono triplicati i suicidi di adolescenti e giovani adulti, dal 1980 al 1996 sono raddoppiati quelli fra quindici e diciannove anni. In Gran Bretagna l’1,3 percento dei piccoli tra i cinque e i dieci anni ha tentato di uccidersi o si è autoinflitto ferite. Corriere della Sera, 4 Ottobre 2002 13 La scritta recita: <Il capitalismo non si ferma davanti a niente>. Il messaggio lampeggia per due volte e poi lascia il posto alla destinazione del treno. Per qualche secondo, centinaia di persone si grattano la testa chiedendosi la stessa cosa: Che diavolo è successo? Sera. Una folla di pendolari è in attesa sul binario ferroviario di una stazione di San Francisco. Evitano di incrociare gli sguardi e di tanto in tanto gettano un'occhiata al monitor sopra le loro teste. D'un tratto, una folata d'aria indica l'arrivo imminente di un treno. La folla alza simultaneamente gli occhi verso gli schermi per controllare la destinazione. Il flusso dei messaggi pubblicitari si converte nei tipici caratteri che segnalano gli annunci ferroviari, ma la scritta recita invece: <Il capitalismo non si ferma davanti a niente>. Il messaggio lampeggia per due volte e poi lascia il posto alla destinazione del treno. Per qualche secondo, centinaia di persone si grattano la testa chiedendosi la stessa cosa: <Che diavolo è successo?> Quello che è appena successo è un perfetto esempio di culture jamming: conosciuto come sabotaggio mediatico, guerriglia informativa o terrorismo poetico, è un attacco alla pubblicità e alla cultura consumistica attraverso lo stravolgimento, la distorsione, il sovvertimento intenzionale dei messaggi dei media per svelarne i significati nascosti.(1) Il termine jamming, da to jam contiene in sé molteplici significati che gli vengono conferiti dalle sue diverse valenze. Nel linguaggio dei CB (Banda Cittadina), ad esempio, è la pratica di interrompere con oscenità, pernacchie e frasi stupide le conversazioni altrui, inserendosi tra mittente e destinatario per creare disturbo. Mentre una jam session è quel momento di improvvisazione tipico del jazz, in cui ogni musicista apporta il suo contributo di creatività su un tema musicale molto flessibile. Nell'accezione di comprimere, schiacciare e affollare, con riferimento al sostantivo jam (marmellata) si intuiscono le caratteristiche di molteplicità e pluralità che il movimento di culture jamming eredita. Esso contiene in sé molte realtà diverse, che si muovono con fini e scopi differenti, e con media quanto mai eterogenei. Nel 1983 la rock band artistica Negativland coniò il termine culture jamming riferendosi alla produzione dei primi cut up musicali. Tagliava jingle televisivi, talk show e brani musicali e li rimescolava tra loro creando inaspettati accostamenti. Interrompendo i messaggi originali con frammenti di altri suoni generava un risultato finale che dava vita a nuovi significati. Una tecnica simile a quella utilizzata da Enrico Ghezzi e dagli autori di Blob, i cui rimescolamenti di immagini e spezzoni televisivi creano messaggi politici e riflessioni su temi di attualità, e mettono in luce con ironia l'assurdità del prodotto televisivo. La pratica del culture jamming consiste nel decostruire i testi e le immagini dell'industria dei media attraverso tecniche di straniamento e détournement, spostare immagini dal loro contesto abituale per inserirle in un diverso contesto semantico. Il termine viene solitamente tradotto con interferenza culturale e i culture jammer definiti attivisti culturali o sabotatori culturali; nella lingua italiana vengono a perdersi però le altre valenze che il termine to jam include e questo motiva l'uso preferenziale del vocabolo anglosassone in questa tesi. Negli ultimi dieci anni, soprattutto dopo l'esplosione del movimento di Seattle e grazie all'influenza di teorici della comunicazione come Noam Chomsky che hanno parlato del controllo dei flussi di informazione da parte delle aziende, il termine culture jamming ha assunto una più complessa accezione. Esso è divenuto il sostantivo-ombrello sotto di cui si raccoglie un numero vastissimo di gruppi di attivisti dai background estremamente differenti. La sola ideologia che unisce l'intero spettro del culture jamming è che la libertà di parola non ha alcun senso se la cacofonia pubblicitaria ha raggiunto un tale livello che nessuno è più in grado di sentire. La concentrazione dei mezzi di informazione nelle mani di pochi ha inoltre svilito il concetto di libertà di Che cos’è il culture jamming to jam v.tr. 1 comprimere, premere, schiacciare, serrare, pigiare; affollare 2 bloccare; incastrare: 3 (mecc.) bloccare, inceppare; ostruire; puntellare 4 (rad.) disturbare, causare interferenze nelle trasmissioni v.intr. 1 comprimersi, premersi, schiacciarsi, serrarsi, pigiarsi; accalcarsi 2 bloccarsi, incastrarsi 3 (mecc.) bloccarsi; incepparsi; ostruirsi / to - on the brakes, frenare di colpo, inchiodare 4 improvvisare (nel jazz) 5 (fam. amer.) spassarsela, divertirsi 6 (sl. amer. volg.) andare a letto, scopare. parola e introdotto la problematica dell'accesso ai canali comunicativi. Le pratiche di culture jamming cercano di smuovere l'individuo dalla sua posizione di ricevente passivo e creando contesti insoliti gli suggeriscono un consumo più consapevole e critico. L'idea è quella di mostrare ad un pubblico ormai assuefatto all'invasione pubblicitaria l'assurdità del livello che essa ha raggiunto, sia per quanto riguarda i valori di consumismo sfrenato che comunica sia per la sua onnipresenza incontrollata. Nel dibattito che avviene all'interno della complessità del movimento di interferenza culturale, l'Adbusters Media Foundation gioca un ruolo di spicco e si dichiara periodico ufficiale di culture jamming. Non si occupa però esclusivamente dell'invasione di messaggi mediatici nell'ambiente fisico e culturale, ma discute soprattutto il problema dell'inquinamento dell'ambiente mentale come rivela il sottotitolo: Journal of Mental Environment. <La comunicazione di massa nell'epoca delle nuove tecnologie non agisce sulla mente cosciente, e la sua finalità non è più quella della persuasione, ma piuttosto quella della pervasione del tempo di attenzione sociale, l'occupazione degli spazi inconsapevoli, la creazione di automatismi psichici e comportamentali, e l'emanazione di un immaginario eterodiretto>.(2) Adbusters introducendo il concetto di errore di sistema attacca il consumismo capitalistico che si serve del linguaggio pubblicitario adoperandone l'ironia per mascherare lo sfruttamento, la violenza e la diffusione del malessere. Il direttore Kalle Lasn introduce con sicurezza un legame di causa effetto fra l'altissima diffusione tra la popolazione giovanile di malattie come depressione e panico e le caratteristiche dell'ambiente mediatico. Egli lega la nascita di un nuovo movimento di ambiente mentale alla consapevolezza da parte delle persone dell'interdipendenza tra le migliaia di messaggi che riceviamo ogni giorno e il modo in cui ci sentiamo. <Nel 1989 abbiamo dato vita ad Adbusters il giornale dell'ambiente mentale e da allora abbiamo esplorato questo ambito con l'obiettivo di attribuirgli la rispettabilità e l'importanza che merita. Abbiamo assistito all'evolversi della battaglia della mente, inaspritasi ad un punto tale che oggi migliaia di messaggi pubblicitari vengono scaricati quotidianamente nel cervello dell'uomo medio americano. Abbiamo seguito il progredire delle dipendenze, delle ansie e dei disturbi della personalità, fino a vederli sfociare in ciò che qualche ufficiale sanitario descrive ora come un'epidemia di disperazione. Abbiamo visto le megacorporation mediatiche fondersi tra loro, consolidarsi e integrarsi verticalmente ad un punto tale che oggi controllano l'intero flusso mondiale delle notizie e dell'intrattenimento. Nel corso di questo viaggio ci siamo stupiti del grado di adattabilità degli esseri umani. Quanto dovrà essere inquinato l'ambiente mentale perché sia oltrepassata la soglia tollerabile di psicotossicità, e la gente si ribelli e pretenda che i mass media siano meno caotici, più puliti e più democratici? Fino ad oggi, ciò non è avvenuto. Nessuno ha gettato il proprio televisore dalla finestra, sperando di farlo precipitare su Rupert Murdoch. Nessun 15 provvedimento legale è seguito alla fusione di AOL e Time Warner. Nessun movimento di riforma mediatica ha ancora preso forma. Il massimo che gli attivisti sono riusciti a conseguire si riduce o consiste in vacui dibattiti sulla democrazia dei media, l'accesso pubblico all'etere e un nuovo fondamentale diritto umano per la nostra epoca: il diritto di comunicare. Ma negli ultimi tempi sono apparsi numerosi studi psicosociologici che, per la loro forza provocatoria, potrebbero ravvivare il dibattito. Questi studi pionieristici sottolineano la crescente tossicità nella cultura americana e affermano che le tossine culturali hanno raggiunto livelli pericolosamente alti, e qui sta la spiegazione delle sparatorie nelle scuole, dell'esorbitante uso di droghe psicoattive legali o illegali, dei crescenti problemi di obesità, delle patologie psicosomatiche, dei raptus di follia nei luoghi pubblici, e del generale senso di cinismo e disillusione che permea ormai la nostra cultura>(3) spiega Kalle Lasn. La risposta al bombardamento mediatico si trova probabilmente nell'unica libertà che rimane al ricevente: la possibilità di reinterpretare i messaggi stessi e sostituire ad una ricezione passiva una dimensione critica. Per fare questo i culture jammer di tutto il mondo utilizzano svariate tecniche che funzionano secondo due principi fondamentali: lo straniamento e la sovraidentificazione. Lo straniamento si basa sullo slittamento di contesto che mette in luce significati nascosti e permette nuove interpretazioni. La sovraidentificazione consiste invece nell'esprimere apertamente dei concetti che sono considerati tabù Global Hell, 1999 No escape, 2000 Un’interferenza culturale ben riuscita è capace di far emergere la parte nascosta e sub conscia di una campagna, è una sorta di esame ai raggi x che porta alla luce non tanto il senso opposto del messaggio, quanto piuttosto la verità profonda nascosta sotto strati e strati di eufemismo pubblicitario. Naomi Klein nonostante la loro ovvietà. Il détournement è una delle pratiche più diffuse che si basa sul principio di straniamento, i billboard bandits ad esempio trasformano il senso dei cartelloni pubblicitari con lievi modifiche al layout originale generando nuovi significati, così lo slogan Go to Shell diviene facilmente Go to Hell o Sturbucks diviene Starsucks. La produzione di fakes invece è uno degli esempi più usati di tecniche di sovraidentificazione già utilizzate dagli Yippies; nel 1967 essi inscenarono una festa a New York diffondendo la notizia che la guerra del Vietnam era finita, anche la polizia che doveva disperdere i festeggiamenti divenne parte della festa. Questo costrinse il governo ad una smentita ufficiale e molte persone si trovarono a riflettere su quanto accaduto: <Chi era a favore della guerra si chiedeva invano come reagire a questa provocazione psicologica. Non la si poteva ignorare come s'era fatto coi cartelli Basta con la guerra!>(4) Nel 1993, Mark Dery ha scritto il breve saggio Culture jamming: Hacking, Slahing and Sniping in the Empire of Sign, pubblicato da Open Magazine Pamphlet Series che è diventato il manifesto originale del culture jamming. Nel saggio vengono citati moltissimi esempi di gruppi che hanno inventato modi per praticare l’interferenza culturale, dalle Guerriglia Girls che reclamano spazio per le donne nel mondo dell'arte, ai gruppi di billboard bandits come i BUGA UP (Billboard Utilizing Graffiti Against Unhealthy Promotion). Il movimento, infatti, ha come caratteristica peculiare una complessità di temi affrontati e traguardi da raggiungere, media utilizzati e tecniche impiegate (che verranno meglio spiegate a pagina 52) che Kalle Lasn delinea ne Il nuovo attivismo, Adbusters, 26, primavera 2000: <Noi sabotatori siamo un libero network globale di artisti, attivisti, imprenditori, ecologisti, maestri di alfabetizzazione mediatica, neoeremiti, sinistrorsi redivivi, perturbatori della merda liceale, agitatori universitari, studenti fuori corso, incorreggibili idealisti, filosofi, ecofemministe. Ci siamo tutti, dagli intellettuali moderati di centro alle frange di fanatici violenti, dai vecchietti arrabbiati che cantano stornelli alle manifestazioni, ai guerriglieri urbani che inscenano selvagge feste di strada. Siamo economisti ecologici, sabotatori televisivi, investigatori etici. Dipingiamo da soli le nostre piste ciclabili, riscattiamo le strade, inseriamo teschi nella pubblicità di Calvin Klein e attacchiamo adesivi con la scritta GRASSO sui tavoli e sui vassoi dei McDonald's. Organizziamo fiere del baratto, cambiamo la disposizione dei prodotti sugli scaffali dei supermercati, mettiamo il nostro software a disposizione in Rete e, in generale, ci proponiamo ogni giorno di costringere la cultura consumistica a mordersi la coda. Siamo idealisti, anarchici, tattici della guerriglia, creatori di falsi, burloni, neoluddisti, scontenti e punk. Siamo gli avanzi della marmaglia della cultura antagonista; ciò che è sopravvissuto all'impulso rivoluzionario nella logora atmosfera post moderna di fine millennio, dove la rivoluzione è stata definita impossibile. Ciò che ci accomuna è una rabbia irresistibile contro il capitalismo consumistico e la vaga sensazione che sia venuto il momento di agire come forza collettiva>.(5) 16 American Excess, 2002 Enjoy climate change, 2001 Per Mark Dery l’interferenza culturale è tutto ciò che combina arte, media, parodia e un atteggiamento da outsider, da osservatore esterno. Ma in tutte queste sottoculture vi è da sempre un attrito fra i due estremi, tra le due forze antitetiche: l’allegro burlone da un lato e il rivoluzionario intransigente dall’altro. Naomi Klein 17 Abrupt.org I grandi produttori di automobili, con i loro bilanci miliardari e la loro presenza sulle reti televisive hanno dato all’auto privata un’importanza centrale fra tutti i mezzi di trasporto non tenendo mai conto della realtà ecologica. Hanno ceduto in blocco alle generazioni future i costi in termini di danni ambientali preferendo ingannarci con ridicole campagne pubblicitarie. Da molto tempo ormai l’immaginario della pubblicità è cambiato. Inizialmente le promozioni avevano lo scopo di informare le persone sulle qualità del prodotto, ora raccontano storie, cantano canzoni e ritraggono non il prodotto ma le persone che lo usano e lo comprano. OPPOSITE BOTTOM 19 L'unico miracolo politico riuscito in questo secolo / è avere fatto in modo che gli schiavi si parlassero / si assomigliassero / perché così faceva comodo / per il mercato unico / Però così succede che gli schiavi si conoscono / si riconoscono / magari poi riconoscendosi / succede che gli schiavi si organizzano / e se si contano allora vincono. Daniele Silvestri Nel 1958 il presidente Eisenhower istituì, per promuovere e coordinare la ricerca scientifica, l'Advanced Research Projects Agency (ARPA) sotto la cui supervisione verso la metà degli anni '60 si formò una comunità di ricerca informatica, localizzata in alcune delle università americane più prestigiose e in alcuni grandi centri di calcolo. Alla fine del 1962 arrivò all'ARPA, J. C. R. Licklider, uno studioso di psicoacustica con forti conoscenze informatiche, che lavorando come ricercatore al MIT aveva elaborato una teoria radicale e visionaria per quei tempi: sosteneva infatti che i computer non fossero solo macchine da calcolo, ma una vera e propria estensione del sistema neuronale, strumento per amplificare l'intelligenza umana e le sue facoltà analitiche. Appena preso possesso del suo ufficio, Licklider si mise a contattare i centri di calcolo più all'avanguardia per proporre contratti di ricerca e trovò i migliori informatici del momento, ricercatori di Stanford, del MIT, dell'UCLA e di Berkeley, e alcune compagnie disposte a lavorare ai programmi avanzati che aveva in mente, Bob Taylor era uno di questi. Taylor era profondamente convinto della realizzabilità di una rete di computer che permettesse ad ogni università e centro di ricerca di focalizzare risorse e fondi su un aspetto diverso di un progetto in comune, comunicandone i risultati agli altri in tempo reale, indipendentemente dalla loro dislocazione geografica. Questa intuizione rappresentava lo sviluppo dell'idea di Licklider di amplificare le potenzialità dell'intelletto umano. Ma Taylor non era l'unico che aveva in mente il progetto di una rete di computer: fin dai primi anni '60 altri ricercatori, tra cui Paul Baran erano arrivati alle stesse conclusioni rivoluzionarie. Baran lavorava al Dipartimento di Computer Science della RAND Corporation, dove sviluppò un interesse particolare per lo studio delle condizioni di resistenza dei sistemi comunicativi in caso di attacco nucleare. A quel tempo, infatti, le reti di comunicazione di lunga distanza erano molto vulnerabili; ma nel 1964 Baran, trovò una soluzione a questo problema: fece il progetto di una rete di computer che non prevedeva nessun centro, nessuna autorità di gestione. Egli fu il primo a capire che l'unico modo di risolvere il problema della creazione di una rete più solida era il ricorso alla tecnologia digitale. L'idea era quella di una struttura parcellizzata e segmentata in molte parti indipendenti le une dalle altre, e con una pluralità di connessioni interne. La seconda idea di Baran era ancora più rivoluzionaria e riguardava la tecnica di trasmissione dei dati, frammentati in piccole porzioni, che chiamò message block. Questa modalità di trasmissione L'importanza del web dei dati, detta in seguito packet switching, è diventata uno dei caratteri distintivi del networking: i dati, prima di essere inviati, vengono scissi e spediti autonomamente a destinazione, dove vengono ricomposti. La tecnologia del packet switching, in virtù della condivisione delle linee, semplifica e razionalizza la trasmissione dei dati non permettendo a nessun utente di monopolizzare il canale di trasmissione. In un memorandum dal titolo On Distributed Communications Networks Baran afferma che <è tempo di cominciare a pensare a una nuova e non ancora esistente rete pubblica, un impianto di comunicazione (...) progettato specificamente per la trasmissione di dati digitali tra un vasto insieme di utenti>. Grazie a queste intuizioni la rete si è sviluppata diventando negli anni quello che è ora. Se originariamente internet era stata immaginata come un sistema di computer collegati, ognuno dotato di un archivio di informazioni, ora si può immaginare il Web come uno spazio virtuale aggregato, e allo stesso tempo disomogeneo, in cui galleggiano le informazioni. Da qui l'efficace metafora della ragnatela ipertestuale, che sembra avvolgere la rete e che disegna le connessioni in modo intricatissimo, anche se questa immagine non è del tutto rispondente alla realtà, in quanto 0100101110101101.org La nostra cultura ha accolto il web con enorme entusiasmo, persino prima di capire a cosa servisse esattamente, perché ha creduto che ci stesse ridando qualcosa che ci manca tantissimo: le nostre voci. David Weinberger la tela di ragno è simmetrica e ha un centro dal quale si dipana, mentre il Web è del tutto irregolare e non ha un centro unificante. Nell'aprile 2000 il centro di ricerca di Washington TeleGeography ha mappato l'architettura della rete concludendo che internet non è una ragnatela gigante ma un rete di hubs and spokes che richiama la struttura interna di una ruota formata da un mozzo e molti raggi: i mozzi sono i centri dell'attività; i raggi i legami con altri centri, autonomi ma interconnessi. Medesima struttura organizzativa è riconoscibile nel movimento New Global. I mozzi e i raggi sembrano una perfetta descrizione delle proteste di Seattle. Queste convergenze di masse erano mozzi di attivisti composti da centinaia di raggi autonomi. Durante le manifestazioni, i raggi prendevano la forma di gruppi di affinità composti dai cinque ai venti manifestanti, ognuno dei quali eleggeva un portavoce che lo rappresentasse agli incontri regolari del consiglio dei portavoce. Anche se i gruppi di affinità erano concordi nell'osservare una serie di principi non violenti funzionavano anche come unità separate con il potere di assumere le loro decisioni strategiche. A certi raduni gli attivisti indossavano vere e proprie reti per simboleggiare il loro movimento. Quando era il momento di un incontro stendevano la rete per terra, gridando tutti i mozzi sulla rete e la struttura diventava una sala riunioni a livello strada. Ognuna di queste proteste di massa era organizzata secondo principi di decentramento coordinato anziché presentare un fronte compatto piccole unità di attivisti circondavano l'obiettivo da ogni direzione. E anziché costruire complesse burocrazie nazionali ed internazionali allestivano strutture temporanee, una volta avvenuti, questi eventi non lasciavano praticamente nessuna traccia dietro di sé salvo un sito web archiviato.(1) Uniti da valori e scopi che si muovono nella stessa direzione, i movimenti antiglobalizzazione e di culture jamming possono essere legati fra loro come sottoinsiemi: le proteste di Seattle, Los Angeles o Genova non erano, infatti, le manifestazioni di un unico gruppo politico, ma piuttosto le convergenze di molti piccoli movimenti, ognuno impegnato in una campagna contro una specifica multinazionale, contro un particolare settore o una nuova iniziativa commerciale. Questi movimenti più piccoli e mirati, tra cui i gruppi di interferenza culturale, aderiscono ad una causa comune: condividono il principio che i vari problemi contro cui combattono derivino tutti dalla globalizzazione delle multinazionali che stanno concentrando il potere e la ricchezza in un numero di mani sempre più ristretto. In molti hanno osservato che anche le proteste di attivismo culturale sarebbero impossibili senza internet, ma si è sottovalutato come le tecnologie della comunicazione che ne permettono la diffusione e la visibilità stiano conferendo loro la stessa immagine a mozzi e raggi. Grazie alla rete il consenso forzato e i manifesti elaborati stanno passando in secondo piano, rimpiazzati da una cultura di costante, poco strutturato, a volte compulsivo scambio di informazioni. Ma se la struttura a rete è in parte un riflesso dell'organizzazione basata su internet, è anche una risposta alle realtà 21 politiche: il totale fallimento della politica dei partiti tradizionali che non hanno saputo rispondere con idealità e atti concreti alla richiesta di migliorare la qualità della vita con politiche di sviluppo eco-compatibili, di salvaguardia dei diritti umani, di solidarietà, di libertà, di rispetto dell'ambiente sia fisico che mentale. In queste condizioni i moderni attivisti non sono così ingenui da credere che il cambiamento uscirà dalle urne. La continua crescita dei flussi informativi transfrontalieri, infatti, ha portato alla consapevolezza che i problemi sociali e ambientali non sono solamente conseguenza di un'inetta gestione finanziaria dei singoli governi, ma sono gli effetti locali di una specifica politica economica globale elaborata a livello centrale da un ristretto gruppo di corporation e di istituzioni internazionali. Poiché la maggioranza dei problemi sociali e ambientali è cronica da decenni, questa consapevolezza può essere identificata come una delle ragioni chiave che hanno portato alla nascita di movimenti di contestazione ed è proprio alla globalizzazione che va il merito della loro diffusione così ampia e capillare. L'unico miracolo politico riuscito in questo secolo è avere fatto in modo che gli schiavi si parlassero si assomigliassero perché così faceva comodo per il mercato unico Però così succede che gli schiavi si conoscono si riconoscono magari poi riconoscendosi succede che gli schiavi si organizzano e se si contano Microsoft's Hidden Settings, 1998 Delle impostazioni quasi sconosciute di Microsoft Word 2000 includono <Infastidiscimi con quella schifosa graffetta in continuazione o quando meno me l’aspetto>. Per accedere a questo pannello premere CTRL+ALT+DEL e gridare più forte possibile <Bill Gates è Satana> allora vincono. Catene di catene, su catene di milioni di catene come fili di un lunghissimo telefono come reticolo pieno di traffico e nessunissimo bisogno di semaforo Sulla mia schiena è stato tatuato un numero La mia catena è come un filo del telefono. (Daniele Silvestri)(2) Il culture jamming è nato proprio dai caotici sentieri di internet. Nei suoi ranghi non c'è nessuna gerarchia verticale pronta a spiegare il piano generale, nessun leader universalmente riconosciuto. Le esperienze altrui sono condivise ma anche duramente criticate. Il fatto che queste campagne siano così decentralizzate non significa che siano incoerenti. Il decentramento è piuttosto un adattamento ragionevole e persino geniale sia alla preesistente frammentazione all'interno delle reti progressiste sia ai cambiamenti nella cultura più ampia. Come si fa a chiedere coerenza a un movimento pieno di anarchici la cui maggiore forza tattica è la sua somiglianza con uno sciame di zanzare? Come internet, forse il migliore approccio è imparare a navigare fra le strutture che stanno emergendo in modo organico. Forse ciò di cui c'è bisogno non è un unico movimento più omogeneo ma legami migliori tra i gruppi di affinità; anziché muoversi verso un maggiore accentramento, forse c'è bisogno di un ulteriore, radicale decentramento. 22 the opte project, 2003 Questa è la prima mappa completa di internet che utilizza un codice cromatico e una logica grafica. Graph Colors: Asia Pacific - Red Europe/Middle East/Central Asia/Africa - Green North America - Blue Latin American and Caribbean - Yellow RFC1918 IP Addresses - Cyan Unknown - White 23 È la generazione cresciuta per intero sotto il microscopio del marketing. Sono i ragazzi con sottoculture giovanili completamente comprate e vendute, a cui è stato detto che la loro massima aspirazione doveva essere diventare a diciotto anni il proprietario milionario di una dot.com o l'amministratore delegato della IO S.p.A. Naomi Klein L'attivismo culturale nasce dalla considerazione che l'ambiente mentale e culturale ha la stessa influenza sul benessere dell'uomo dell'ambiente fisico reale. L'ambiente psicologico e culturale nel quale viviamo ci permea, ci condiziona, ci influenza. Se viviamo ad esempio in un ambiente culturale dove l'altro è considerato sempre un nemico, un pericolo, probabilmente blinderemo le porte e le finestre della nostra casa, usciremo solo in gruppo, guarderemo con sospetto ogni cambiamento e forse compreremo un'arma con cui eventualmente difenderci, ecc. L'ambiente culturale si deteriorerebbe sempre di più, determinando così un abbassamento della qualità della vita nonché una perdita (nell'esempio appena citato) in termini di scambio, conoscenza, condivisione di valori insiti in una società aperta, libera e democratica. Quindi l'ambiente culturale deve essere non solo salvaguardato ma considerato un patrimonio comune, al pari dell'aria e dell'acqua, e al pari di esse va difeso dalle intrusioni non desiderate e da quelli che sono definiti inquinanti culturali. Come racconta un ragazzo intervistato per le strade di Seattle alla domanda perché stesse protestando: <Perché devo farlo> rispose. <Se non lo facessi non potrei vivere con me stesso. Io non sono una persona molto felice. Ero solito pensare che fosse una faccenda personale, ma ora comincio a rendermi conto che si tratta di un problema culturale. Sento che la mia vita è stata sottoposta ad un abuso psicologico, uno stupro mentale, e ora è venuto il momento della resa dei conti>. Indagando il rapporto tra attivismo politico e attivismo culturale si può affermare che l'attivismo culturale abbia aggiunto a quello politico dei livelli ulteriori di approfondimento, portando alla luce nuove questioni che vengono affrontate al pari di quelle politiche. Quando un tema profondamente politico, come ad esempio la difesa dei diritti dei lavoratori, si integra con le tematiche dell'attivismo culturale prende spesso nuova forma e nuovo impulso e sinergicamente esce dal particolare per assumere una dimensione più generale. Esemplare è il caso della Nike di Phil Knight una delle corporation più attaccate dagli attivisti politici. Vittima di infinite campagne di boicottaggio e proteste da parte del movimento new global, è inoltre bersaglio di azioni di attivismo culturale come billboard banditry e détournement, tanto da possedere il logo forse più ridisegnato, riutilizzato e camuffato tra tutte le corporation. Questo avviene certamente per motivi politici (le fabbriche Nike violano continuamente le leggi, tra cui quelle sul salario minimo, il lavoro Politico vs culturale minorile, gli orari di lavoro, gli straordinari, l'assicurazione, l'organizzazione sindacale e i licenziamenti) ma anche per motivi d'inquinamento dell'ambiente culturale, ovvero di diffusione di idee che distorcono la percezione della realtà (si investono milioni di dollari nella creazione del mito di cool diffondendo l'idea che solo con un paio di scarpe Nike ci si possa sentire veramente all'altezza, che siano i valori stessi dello sport ad essere marchiati Nike) ma ancora più inaccettabile per i culture jammers e ragione di un attacco così forte e prolungato è la sovrapposizione delle due questioni: che un paio di scarpe venga prodotto in condizioni di sfruttamento illegale del lavoro grazie alle quali il costo di produzione raggiunge gli 83 cent e poi vengano investiti milioni di dollari nell'ingaggio di celebrità per creare una forte identità di marchio che ne giustifichi il prezzo di vendita di 250 dollari. Si può affermare che l'attivismo culturale travalichi il confine dell'attivismo politico per aggiungervi nuovi livelli di analisi; partendo dagli stessi punti focali esso ha diramato le questioni e ha costituito una nuova rete di discussione in cui le tematiche maggiori sono collegate fra loro da dibattiti più sottili; i nuovi temi portati alla luce dall'attivismo culturale hanno Paul Vernon, UK, 1996 Genova è Bupyong, dove è scorso il sangue dei lavoratori della Daewoo Motors, è Ulsan, dove i lavoratori della Hyosung che protestavano contro la ristrutturazione sono stati minacciati con i coltelli. Genova è anche Yoido, dove gli autisti delle betoniere scesi in sciopero sono stati attaccati dalla polizia armata di asce e di mazze. Una cosa è certa, oggi: non esiste un compromesso possibile fra la globalizzazione neo liberista e la vita dei lavoratori e della gente. Hanno cominciato a sparare e a dichiarare guerra contro i popoli di tutto il mondo. Mi-Kyeong Ryu, segretario di un’associazione sindacale coreana funzionato da leganti tra le problematiche forti dell'attivismo politico. La struttura è, non a caso, la stessa a mozzi e raggi che è stata utilizzata per descrivere la Rete dal centro di ricerca di Washington Telegeography e poi ripresa da Naomi Klein per descrivere le connessioni tra gli attivisti del movimento new global.(1) Ad esempio la problematica della privatizzazione è molto sentita nell'attivismo politico; una volta abbracciata anche dall'attivismo culturale, la questione si allarga e si espande, la privatizzazione diviene non più solo un tentativo di fermare l'acquisto di società pubbliche ma necessità di riappropriazione degli spazi collettivi reali, opposizione all'invasione dei cartelloni pubblicitari ed esigenza di spazi non sponsorizzati nelle scuole, lungo le strade o nei posti di lavoro; liberazione di spazi virtuali e quindi diritto di accesso ai canali comunicativi che permetta la diffusione di punti di vista differenti da quelli della cultura dominante, libera circolazione delle idee, diritto ad un'informazione non censurata dagli interessi degli inserzionisti e questo esempio ci porta a ricollegare alla maglia un altro nodo caro all'attivismo politico: il problema della libertà di espressione. O ancora, la lotta per le pari opportunità tra uomo e donna diviene opposizione all'immagine della donna stereotipata dai media e alle conseguenze che questo ha sulla percezione del proprio corpo e della propria individualità, donna che solo attraverso l'acquisto di beni di consumo può affermarsi ma anche uomo che non può mai fallire o non essere all'altezza della società fittizia che viene presentata. Cosi per una rete di mozzi e raggi si snodano e si sovrappongono gli argomenti di dibattito che spingono sia all'attivismo politico che a quello culturale. Se gli argomenti e gli scopi che muovono attivismo politico e attivismo culturale possono essere collegati con questo schema diverso è il rapporto che lega direttamente i movimenti politici più tradizionali e i gruppi di culture jamming. Il culture jamming non ha partito, non si muove sotto un'unica bandiera ne può essere caratterizzato da un unico colore; proprio per le sue caratteristiche di eterogeneità non si riunisce sotto un'unica ideologia che possa riferirsi a quelle della politica tradizionale. Il caso del Luther Blissett Project ne è un esempio eclatante; nato da un gruppo di studenti bolognesi nella seconda metà degli anni novanta il Luther Blissett Project era un'azione di culture jamming che voleva sensibilizzare l'opinione pubblica rispetto al potere dei media e all'influenza che essi avevano sulla cultura dominante. L'idea fu quella di inventare una persona fittizia chiamata Luther Blissett il cui nome potesse essere utilizzato da chiunque per firmare qualsiasi atto di interferenza culturale (vedi capitolo 11). Il progetto non ebbe però la diffusione che avrebbe potuto avere, perché se da un lato essi mantennero l'anonimato e scrissero tutti i loro testi utilizzando questo pseudonimo, dall'altro nelle loro pubblicazioni veniva chiaramente dichiarato il loro schieramento politico (per altro piuttosto estremistico). La dichiarazione di queste idee politiche ha scoraggiato moltissimi culture jammer e attivisti culturali ad aderire al progetto, nonostante gli scopi e gli 25 argomenti fossero comuni. Ogni culture jammer difende con attenzione la propria identità politica, forse perché la lotta per non essere riassorbito da una qualunque cultura dominante è l'anima del suo attivismo. I rapporti con il movimento new global nato con le manifestazioni di Seattle sono invece molto più stretti. <Viviamo nell'era del feticcio dell'alta merce, per parafrasare Marx. I marchi di bevande e di computer svolgono nella nostra cultura il ruolo di divinità. Sono loro a creare la nostra iconografia più potente, a costruire i nostri monumenti più utopici, a riformulare la nostra esperienza: non le religioni, non gli intellettuali, non i poeti, non i politici. Oggi sono tutti alle dipendenze della Nike. Come risposta noi attraversiamo le prime fasi di una campagna politica organizzata per de-feticizzare le merci per dire: No, quella scarpa da ginnastica non è in realtà un simbolo di ribellione e trascendenza. È un pezzo di gomma e di pelle che qualcuno ha attaccato insieme e io ti dirò come e quanto questa persona è stata pagata per farlo e quanti sindacalisti sono stati licenziati per tenere giù il prezzo. De-feticizzare la merce è dire che i computer Mac non hanno nulla a che vedere con Martin Luther King jr., mentre hanno molto a che vedere con un'industria incline a costruire cartelli informatici [come dire che Gandhi non ha niente a che vedere con Telecom ndr]. È riconoscere che ogni pezzo della nostra patinata cultura consumistica viene da qualche altra parte. È seguire le reti di fabbriche subappaltatrici, il sistema di scatole cinesi e della manodopera esterna per scoprire dove sono fabbricati i singoli pezzi, sotto quali condizioni, quali lobby Demonstrate Against us Corporation, Paul Petard, UK, 1990 La popolazione diventa in fretta il nemico interno. Ogni segno di vita, di protesta e persino il semplice dubbio rappresenta una sfida pericolosa dal punto di vista della dottrina militare e della sicurezza nazionale. Sono stati messi a punto meccanismi di prevenzione e punizione complicati. Eduardo Galeano scrivono le regole del gioco e quali politici sono stati comprati lungo il percorso. In altre parole è radiografare la cultura della merce, decostruire le icone dell'era dello shopping e realizzare, strada facendo, vere connessioni globali: tra lavoratori, studenti, ambientalisti. (…) Ricordate, i giovani che contestano nelle strade il potere aziendale sono gli stessi che erano stati dati per spacciati, fuori da ogni possibile redenzione. Questa è la generazione cresciuta per intero sotto il microscopio del marketing. Sono i ragazzi con le pubblicità nelle loro classi, pedinati su internet da voraci ricerche di mercato; con sottoculture giovanili completamente comprate e vendute, a cui è stato detto che la loro massima aspirazione doveva essere diventare a diciotto anni il proprietario milionario di una dot.com e a cui è stato insegnato che, anziché essere cittadini, dovrebbero imparare a essere l'amministratore delegato della IO S.p.A. Certo, per alcuni è così. Ma molti stanno andando nella direzione opposta. Per questo motivo, se vogliamo costruire un movimento con un'ampia base, che metta in discussione la cultura del denaro, abbiamo bisogno di un attivismo che operi sul piano della politica concreta. Ma deve spingersi anche più in profondità e affrontare i bisogni culturali e umani creati dalla mercificazione della stessa identità. Si dovrà riconoscere il bisogno di esperienze non mercificate e risvegliare il nostro desiderio di spazi davvero pubblici e dell'eccitazione di costruire qualcosa collettivamente. Forse dovremmo cominciare a chiederci se il movimento per il software libero e Napster rientrino in questo fenomeno. Forse dobbiamo cominciare a liberare un numero maggiore di spazi privatizzati, come fa la carovana di attivisti ambulanti Reclaim the Streets, improvvisando feste sfrenate al centro di incroci affollati solo per ricordare alla gente che un tempo le strade erano spazi civici oltre che commerciali>.(2) Questo brano è tratto da un discorso pronunciato durante la Shadows Convention (convention parallela alla Convention Nazionale Democratica) nell’agosto del 2000. In esso Naomi Klein all'interno del dibattito sulle caratteristiche del movimento antiglobalizzazione sottolinea il fatto che alla politica è necessario anche accostare un attivismo che tenga conto dei bisogni culturali, Naomi Klein parla di culture jamming. I due movimenti hanno tantissime caratteristiche comuni: la stessa struttura decentralizzata a rete senza alcun tipo di gerarchia verticale, lo stesso carattere internazionale di movimento nato grazie ad internet e non ultima la stessa avversione per il capitalismo consumistico e le influenze che questo ha sull'ambiente reale e mentale. In un certo senso entrambi si sono allontanati dai sentieri della politica tradizionale pur ereditandone i metodi espressivi di contestazione. Ma mentre le manifestazioni di Genova, Washington o Seattle sono state il mezzo principale per portare all'attenzione dell'opinione pubblica le questioni dei new global, un aspetto che caratterizza l'attivismo culturale è il credere che i soli metodi tradizionali di azione politica abbiano dimostrato la loro inefficacia se tutto l'apparato culturale è organizzato per rinforzare e sostenere quelle abitudini e quei modi di 26 vita contro cui esso stesso combatte. Per questo motivo il culture jamming si è dato dei nuovi metodi per cercare di smuovere e modificare le situazioni che combatte. Questi nuovi modi (spiegati più dettagliatamente a pagina 52) affiancano ai metodi di protesta tradizionali, tecniche di distorsione dei normali modi di trasmissione culturale per alterare, sovvertire, bloccare, parodiare e distruggere i messaggi dei media dominanti. L'attivismo culturale è ad esempio la costruzione di forum indipendenti per l'espressione culturale, fuori dei limiti delle istituzioni e della commercializzazione o la nascita di gruppi mediatici che condividono attrezzature, costi e idee mentre cercano di organizzarsi per creare i propri sbocchi culturali. È una cultura attivista che cerca di guardare alle forme di potere sommerse che la costringono e si cerca un varco attraverso quelle costrizioni e controlli. Per fare ciò travalica persino le barriere tradizionali, abbracciando anche metodi illegali per ottenere i suoi scopi come i graffiti o il billboard banditry. Tutte queste pratiche contribuiscono alla nozione che ci deve essere un luogo per modi indipendenti di comunicazione e che l'espressione culturale dovrebbe essere controllata più democraticamente e fuori dai confini della commercializzazione. L'attivismo culturale è impegnato a guardare come i fattori fondamentali della cultura corrente contribuiscano ad ampliarne gli effetti negativi. Riguarda come gli individui interagiscono con il proprio ambiente e cerca di salvaguardare l'integrità culturale. Si può affermare che il focus dell'attivismo culturale sia maggiormente la cultura piuttosto che la adbusters.org REGIMI OPPRESSIVI: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia RELAZIONI SINDACALI: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi dall'esercito, i dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi. SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: i lavoratori della Nike ricevono un salario da fame, inferiore al salario minimo stabilito dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle colle, ai solventi, alle vernici, per 12 ore al giorno. (manitese.it) 27 politica ma ancora più correttamente si può dire che il suo campo d'azione è la politica della cultura. adbusters.org Quanto costa una scarpa Nike? Materiale $ 4,7 Manodopera $ 1,3 Profitti all’ingrosso $ 62 Profitti al dettaglio $ 57 Prezzo al pubblico $ 125 (manitese.it) 4% 1% 49% 46% 100% 28 Organize crime La radice principale del potere sta sotto la superficie; è l’obbedienza, la collaborazione, la collusione: la colla sociale che fa sì che ogni giorno si svolga come il precedente. Ognuno di noi ha il potere di dare o di rifiutare la propria partecipazione consapevole. Di riprodurre o di rimodellare la società. Alex Begg 29 Imagine a city where graffiti wasn't illegal, a city where everybody could draw wherever they liked. Where every street was awashed with a million colors and little phrases. Where standing at a bus stop where never boring. A city that felt like a living breathing thing which belonged to everybody, not just to estate agents and barons of big business. Immagine a city like that and stop leaning against the wall - it's wet. Banksy Barbara Kruger è forse l'artista il cui lavoro più si avvicina all'universo dell'attivismo culturale. I temi che tratta, i mezzi espressivi che adopera e non ultimo come riutilizza gli artifici della grafica e della retorica così peculiari del mondo del packaging e della pubblicità sono tipici dell'attivismo culturale dei culture jammer. Nelle opere più recenti ad esempio oppone un bianco e nero aggressivo a slogan brevi ed incisivi scritti in rosso, il colore della Coca-cola e delle sigarette Marlboro due tra le confezioni più efficaci dal punto di vista comunicativo. Invitata a realizzare un'opera per la città di Siena, ha deciso di utilizzare come supporto per il suo intervento i mezzi pubblici del trasporto urbano: un piccolo autobus che percorre le vie del centro storico e altri tredici di maggiori dimensioni. La superficie degli autobus è coperta da perentorie affermazioni: PENSA COME NOI, APPARI COME NOI, PARLA COME NOI, AMA COME NOI, ODIA COME NOI, TEMI COME NOI, PREGA COME NOI, VINCI COME NOI, PERDI COME NOI, RIDI COME NOI, PIANGI COME NOI, VIVI COME NOI, MUORI COME NOI. Questi imperativi occupano gli spazi solitamente dedicati alla pubblicità commerciale e allo stesso modo suggeriscono forme stereotipate di comportamento. L'artista utilizza una tecnica cara ai movimenti di culture jamming quella dello slittamento di contesto per creare un momento di sospensione della comprensione e generare una riflessione più ampia sul potere dei persuasori occulti. La mancanza di un chiaro riferimento ad un prodotto o ad un servizio insieme alla spavalderia delle frasi stesse generano un senso di inquietudine, di non finitezza come se si aspettasse un finale catartico che dia una spiegazione logica a questi messaggi e permetta di ripensarli quali ennesimo artificio retorico di un eccentrico pubblicitario. Ciò che nasce per suscitare convinzioni e certezze, ciò che dovrebbe recepirsi come stabile, insinua invece il dubbio, propone la riflessione, ammonisce senza pretendere di istruire. Sulla finzione estetica dei media si concentra da sempre l'operato di Barbara Kruger, consapevole del fatto che solo un intervento di natura analoga sia in grado di compiere quella destrutturazione necessaria per rivelare il recondito, il sottaciuto, l'implicito dei messaggi mediatici. Quella frizione che scaturisce dal sovrapporsi delle immagini e dei testi nei lavori realizzati attraverso una tecnica in qualche modo assimilabile al montaggio fotografico, in quello senese fatto di sole parole, emerge dalla chiarezza apparente I confini con l’arte dell'enunciato, dalla sua forza perentoria, che convivono con l'ambiguità e l'indeterminatezza. Barbara Kruger non stravolge il messaggio mediatico nella forma e non lo rovescia nel significato: lo fa apparire semplicemente in una prospettiva diversa offrendo così allo spettatore la possibilità di discuterne gli assunti, i sottintesi e i significati accettando o meno di aderirvi. Questo cambio di prospettiva si evidenzia in entrambi i filoni che si possono intravedere nella produzione dell'artista; da un lato nelle opere dal forte intento critico nei confronti della società moderna e del linguaggio dei media, che ha la massima espressione nell'opera I shop therefore I am, dall'altro in quello più intimo e legato all'universo femminile in cui vengono raccontati dei momenti delicati di vita come in Thinking of you. Nella decisione di uscire dall'ambito comune protetto della galleria c'è un elemento di ribellione al sistema dell'arte ai meccanismi della commercializzazione e della fruizione delle opere, ma allo stesso tempo l'artista non rifiuta di parteciparvi dichiarando che si può smontare un meccanismo solo agendo dentro di esso e non rifiutando le possibili interazioni: <Ho cominciato a capire che al di fuori Banksy E’ la lotta di poteri che si sono costituiti per la gestione dello stesso sistema socio-economico che si presenta come la contraddizione ufficiale, mentre appartiene di fatto all’unità reale; e ciò su scala mondiale come all’interno di ogni singola nazione. Guy Debord del mercato non c'è niente - né un pezzo di tela, né un maglione, né un tavolino da caffè, né un essere umano>.(1) Lo stesso spirito di ribellione al sistema della fruizione artistica è espresso con vigore e personalità da Banksy, noto pacifista virtuoso del graffito che riappropriandosi di spazi pubblici ha détournato moltissimi muri della capitale inglese. Con colori e mascherine egli è riuscito a raccontare la solitudine di una società improntata sulla corsa al successo dove il potere dei media, i messaggi consumistici e il controllo sempre più capillare di telecamere e sistemi di sicurezza generano un senso di straniamento e spingono all'indifferenza sociale; ma non fermandosi alla pura critica, Banksy suggerisce un diverso modo di immaginare la società dove gli spazi più quotidiani della città che rimangono solitamente inosservati e inutilizzati diventano luoghi di creatività liberamente fruibili. <Immagina una città dove i graffiti non sono illegali. Dove tutti possono disegnare dove vogliono. Dove ogni strada è inondata da milioni di colori e piccole frasi. Dove aspettare l'autobus non è mai noioso. Una città come un corpo vivo che respira e che appartiene ad ognuno di noi e non solo alle agenzie immobiliari e ai baroni del commercio e della pubblicità. Immagina una città così e smetti di appoggiarti al muro - la vernice è fresca>. Barbara Kruger e Bansky per le tematiche che affrontano e per i modi in cui le comunicano potrebbero essere considerati parte del mondo dell'attivismo culturale. Ma l'arte pur nei suoi intenti di sensibilizzazione e di diffusione di tematiche sociali si muove per scopi differenti dall'attivismo culturale e principalmente per l'espressione dell'artista in sé. Se anche si volesse ipotizzare che lo scopo di un artista possa essere quello di sovvertire il sistema, come avviene per i culture jammer, classificare l'arte come semplice mezzo per raggiungere questo traguardo sembra troppo riduttivo e macchinoso per essere accettabile. In un certo senso si può affermare che quello che distingue principalmente gli attivisti culturali dagli artisti è la scelta dell'anonimato. Questo rimanda alla questione del copyright e del diritto d'autore che ha spinto a considerare attivisti culturali tutti coloro la cui individualità non ha avuto nessuna importanza rispetto ai loro interventi di interferenza culturale, i cui atti sono riproducibili e replicabili e anzi acquistano maggiore forza dall'essere copiati e emulati, sia che si tratti di azioni di teatro invisibile, di stickers o magliette. Bisogna sottolineare però che il confine tra il mondo dell'arte - in special modo la cosiddetta political art e l'attivismo culturale è comunque molto labile e aperto ad essere spostato da ciascuno. Nel lavoro di mapping di tutti i movimenti di culture jamming di questa tesi si è volutamente scelto di escludere gli artisti, anche coloro che hanno fatto propri i temi dell'attivismo culturale. Queste scelte sono state giustificate dall'esigenza di limitare questa ricerca e di contenerla in un dato involucro ma non intendono creare distinzioni e classificazioni reali di un movimento le cui caratteristiche principali sono proprio quelle di multiformità e continuo instancabile mutamento. 31 Banksy L’utilizzo autonomo dello spazio pubblico è di per sè un’affermazione ricca di contenuto. A tale proposito si rivela particolarmente appropriata l’affermazione di Marshall McLuhan: Il mezzo è il messaggio. I graffiti criticano la funzione di rappresentanza dell’architettura e mettono in discussione il diritto ad una facciata integra e pulita. Allo stesso modo essi servono tanto alla riappropriazione simbolica dei luoghi quanto alla caratterizzazione del territorio. 32 I shop therefore I’m, Barbara Kruger Thinking of you, Barbara Kruger You are seduced by the sex appeal of the inorganic, Barbara Kruger Lavoro con immagini e parole perché insieme hanno la capacità di determinare chi siamo e chi non siamo. Barbara Kruger 33 Gli attivisti organizzarono un'entusiasmante partita di cricket con un raccolto sperimentale di patate geneticamente modificate, distruggendolo completamente. Il movimento di culture jamming si inserisce in un continuum rivoluzionario che ha come precedenti, andando a ritroso nel tempo, i primi ribelli punk, il movimento hippie degli anni sessanta, il gruppo di artisti intellettuali e concettuali che andavano sotto il nome di Internazionale Situazionista, i surrealisti, i dadaisti, gli anarchici e una moltitudine di altri agitatori sociali che nel corso dei secoli hanno messo in discussione e sfidato la mentalità dominante. I punk, così come gli yippie, i beat, gli anarchici, i dadaisti, i surrealisti e molti altri ribelli idealisti erano i portavoce di uno spirito di aperta sfida all'ordine istituito, ma è stato merito dei situazionisti applicare quello spirito di anarchia alla moderna cultura mediatica. I situazionisti, nati nel luglio del 1957 dall'incontro di otto giovani scrittori e artisti, in maggior parte europei, sono stati i primi a rendersi conto di come i media stessero lentamente corrodendo l'ambiente sociale e culturale. La visione surreale e provocatoria della realtà che prospettavano riuscì a dare vita a una spinta anarchica che un'intera generazione di studenti, artisti ed estremisti avrebbe preso come modello. Per riappropriarsi di un'esistenza autentica proponevano una serie di azioni provocatorie quali ad esempio l'abbattimento delle chiese e la conseguente costruzione di spazi dove i bambini potessero giocare in libertà o l'installazione di interruttori sui lampioni, in modo che la gente potesse controllare l'illuminazione delle strade. Per i situazionisti ognuno di noi in più di un'occasione si trova di fronte ad un bivio. La scelta allora, può essere quella di agire normalmente, automaticamente, o di comportarsi in maniera magari un po' folle e rischiosa ma spontanea. La nostra vita può trasformarsi così in un rifiuto morale, poetico, erotico e quasi spirituale di cooperazione con le richieste della cultura dei consumi. I situazionisti parlavano di spettacolo della vita moderna riferendosi ad ogni tipo di manifestazione: dai cartelloni pubblicitari alle mostre d'arte, dalle partite di calcio alla radio alla televisione. A grandi linee, il concetto chiave era quello della spettacolarizzazione dei consumi e della pubblicità nella società moderna. Tutto ciò di cui gli esseri umani facevano un tempo esperienza diretta si era trasformato in uno show manovrato da qualcun altro. Il vivere autentico era stato rimpiazzato da esperienze preconfezionate e da eventi pilotati dai media, l'immediatezza era scomparsa. Quello che rimaneva era mediatezza: un'esistenza filtrata da elementi estranei, una creazione dei media. Per i situazionisti il détournement era il mezzo che invertendo o rovesciando il significato di determinate immagini, ambienti ed eventi permetteva di riappropriarsi della propria vita. Il leader situazionista Guy Debord ad esempio volle che la copertina delle sue mémoires fosse in carta vetrata, così che ogni volta che il volume veniva riposto sulle mensole delle biblioteche distruggeva pian piano gli altri libri. Ciò che il movimento di culture jamming ha in comune con tutti i suoi predecessori - oltre una chiara ostilità verso l'autorità - è la forza di elaborare, proporre e spesso realizzare idee e progetti utopistici trasgressivi, a volte surreali ma sempre e comunque contro corrente per poter ribadire e conquistare ambiti di libertà. Dal 1968 ad oggi i gruppi di interferenza culturale si sono moltiplicati esponenzialmente e parallelamente alla crescita del movimento New Global. Per Malcolm Gladwell, giornalista e autore del libro The tipping point, ogni cambiamento sociale obbedisce alle stesse regole di un'epidemia. Idee e comportamenti sono virus che si diffondono grazie al vecchio ma efficace sistema del passaparola. Proprio come nelle epidemie, la diffusione di un libro, di un prodotto, di un'idea, conosce un momento in cui tutto cambia improvvisamente e si innescano Timeline ed evoluzione Fila, Paolo Sala, 2002 Sabato 23 marzo 2002 a Roma si è verificato un evento storico. Circa tre milioni di persone sono scese in piazza per manifestare il proprio dissenso e la propria opposizione ferrea alla proposta di eliminare l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e l'abbattimento dei contributi previdenziali per i nuovi assunti. Non si era mai vista nell'Italia repubblicana una manifestazione di queste dimensioni, composta, pacifica, rispettosa ma determinata. gigantesche reazioni a catena che modificano la situazione circostante. Questo momento è appunto il tipping point, il punto critico oltre il quale il fenomeno epidemico esplode e contagia masse enormi di individui. Il concetto alla base del tipping point è che cambiamenti di minima entità abbiano spesso conseguenze di notevole portata e che questo spieghi come mai mutamenti nati sovente dal nulla trasformino comunità, settori di attività e nazioni. Il punto critico dello sviluppo dei movimenti di culture jamming può essere individuato alla fine degli anni novanta dopo i quali la crescita non si è mai più rallentata e la sua diffusione ha raggiunto una dimensione globale. Studiare, osservare e capire un fenomeno in atto e comprendere i motivi che ne sottendono l'espansione non è ancora veramente fattibile ma si possono identificare degli eventi politici e sociali che ne hanno alimentato lo sviluppo, alcuni di importanza mondiale, altri che possono essere considerati i piccoli dettagli di cui tratta Malcolm Gladwell. Nel 1978 al congresso degli Stati Uniti il senatore Edward Kennedy solleva il problema della scorretta politica di marketing della Nestlè provocando una messa sotto accusa dei vertici della multinazionale: il latte in polvere viene venduto ad alto costo, ceduto gratuitamente agli ospedali del Terzo Mondo, senza illustrare i rischi di un utilizzo improprio, quali l'impiego di acqua non potabile, la mancata sterilizzazione delle tettarelle, ecc. <La sola Nestlé è responsabile del 25 per cento delle violazioni nei Paesi in via di sviluppo>, dicono all'International Baby Food Action Network. <Il Terzo Mondo è considerato una pattumiera. La Nestlé spaccia per aiuti la sua scorretta politica di marketing>, denuncia Dijbrill Diallo, ex consigliere speciale dell'Unicef. In seguito a queste denuncie in tutto il mondo sono nati migliaia di comitati per il boicottaggio della Nestlé che hanno partecipato alla diffusione di questa forma di attivismo internazionale autoorganizzata. In Gran Bretagna, dove al boicottaggio per un certo periodo aderì pure il Sinodo anglicano, i consumi del Nescafè calarono del tre per cento. Questo è uno dei primi casi di denuncia delle scorrettezze delle grandi corporation e ha dato il via ad una lunga serie. Un altro episodio molto importante avvenne nel 1995, quando la protesta contro la Shell Oil assunse per la prima volta portata mondiale in conseguenza dell'assassinio di nove attivisti ambientalisti che si opponevano alla distruzione ambientale da parte del governo nigeriano. Nel 1991 nacque il world wide web: Tim Berners Lee in cooperazione con il CERN, l'Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare che ha base in Svizzera, scrisse con Robert Cailliau il primo browser e lo chiamò World Wide Web. Già sei anni più tardi internet si dimostrò un ottimo strumento d'opposizione. Nel febbraio '97 ad esempio venne divulgata in rete una bozza del Multilateral Agreement on Investment (MAI), un accordo negoziato segretamente nel cosiddetto circolo dei ricchi ovvero l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Fino a quel momento le trattative si erano svolte in condizioni di relativa segretezza, ma dopo la pubblicazione si scatenò una campagna 35 mondiale di tale portata che l'accordo affondò prima ancora di essere approvato. Nello stesso anno anche sul fronte della lotta all'inquinamento si compirono grandi e piccoli passi: in Giappone viene redatto il protocollo di Kyoto che impegnava 150 paesi a diminuire, entro il 2010, le emissioni di anidride carbonica e altri gas del 5% rispetto ai valori registrati nel 1990. In Gran Bretagna, invece, nei pressi di Cambridge si svolse la prima azione (nota) contro gli OGM: un gruppo di attivisti organizzarono un'entusiasmante partita di cricket utilizzando un raccolto sperimentale di patate geneticamente modificate, distruggendolo completamente. Sempre nel Regno Unito terminò dopo trecentoquattordici giorni il caso McLibel, il processo per diffamazione più lungo nella storia dell'Inghilterra. La McDonald's aveva citato due attivisti per aver distribuito volantini che criticavano la multinazionale. La sentenza della corte stabilì che la McDonald's faceva leva sui bambini attraverso la pubblicità ingannevole, era colpevole di crudeltà sugli animali, avversava le attività sindacali e sottopagava i lavoratori. Tuttavia il giudice decise che gli attivisti colpevoli di diffamazione dovevano pagare un risarcimento di circa 98mila dollari. La McDonald's rinunciò poi a qualsiasi appello, avendo già speso oltre sedici milioni di dollari per il processo, avendo alimentato una campagna di solidarietà globale verso gli attivisti e una buona dose di pubblicità negativa. Quando nel settembre 1994 il sindaco leghista di Milano, dopo aver ordinato lo sgombero del centro sociale occupato Leoncavallo, dichiarò: <D'ora in poi gli programma per lo stesso anno. Nelle sei ore che i tecnici della multinazionale impiegarono per ripristinare la normalità, il sito degli attivisti venne visitato circa 900 mila volte. Dal 25 al 30 gennaio 2001 oltre 11mila attivisti esponenti dei movimenti sociali di centoventi paesi si riunirono, forti dell'idea che un altro mondo è possibile nella città brasiliana di Pôrto Alegre per il primo Word Social Forum, un raduno alternativo al Word Economic Forum che si teneva a Davos in Svizzera. Da questo momento in poi il dibattito sul capitalismo, alimentato anche dai crack economico finanziari di grandi società quali Enron, Cirio, Parmalat e dallo strapotere delle corporation e dei media divenne punto centrale dell'attivismo politico e culturale di tutto il mondo tanto che Michael Moore vince l'Oscar con Bowling for Colombine, un documentario che presenta cause ed effetti del culto-paranoia delle armi nella società statunitense. La più grande giornata di azione globale che sia mai stata organizzata in tutto il mondo è stata il 15 febbraio 2003, un mese prima che USA e Gran Bretagna reinvadessero l'Iraq e vi hanno preso parte venti milioni di persone. Quello che il New York Times scrisse in quei giorni è quasi un augurio per il futuro: <Le vaste dimostrazioni contro la guerra verificatesi in questo fine settimana in tutto il mondo ci ricordano che sulla terra ci possono ancora essere due superpotenze: gli Stati Uniti e l'opinione pubblica internazionale>. OPPOSITE occupanti abusivi non potranno fare altro che aggirarsi per la città come fantasmi!> gli attivisti reagirono con senso dell'umorismo: vagarono per le strade indossando spettrali tute bianche. Nacque così il movimento italiano delle tute bianche che come simbolo dell'invisibilità di tutti gli esclusi dal capitalismo, si diffusero nel mondo intero, dalla Finlandia al Messico. Ma è dopo le manifestazioni di Seattle del novembre 1999 che si cominciò a parlare di un vero e proprio movimento, e non di una semplice rete di associazioni. Nell'anno successivo a queste manifestazioni, che portarono le questioni della globalizzazione all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale, si assiste alla più alta impennata di nascita di movimenti di culture jamming. E lo stesso avviene dopo la pubblicazione nel 2000 di NOLOGO il primo saggio di Naomi Klein divenuto un bestseller internazionale tradotto in 23 lingue. La giornalista canadese ha articolato e messo in pagina i pensieri e gli interrogativi di un movimento, ne ha fotografato la presa di coscienza e le prime uscite pubbliche, accompagnandone il cammino e focalizzandone le proposte ed ha instancabilmente contribuito al dibattito sulla globalizzazione, sul suo impatto sulle economie minori e sul suo futuro. Sull'onda della contestazione verso i marchi e le grandi corporation, moltissimi gruppi di media attivisti (hactivists) cominciarono a sferrare nuovi attacchi come quello perpetrato da ignoti che nel giugno 2000 dirottò tutti i visitatori del sito della Nike automaticamente verso un sito anticapitalista creato per protestare contro il World Economic Forum in System error Progress, adbusters.org Andiamo avanti nei secoli. L’industria è in pieno sviluppo. Il mondo non ha mai conosciuto così tanta ricchezza. Ma adesso c’è il nuovo problema: chi comprerà tutta questa roba? Per tanto tempo il problema dell’economia è stato nella scarsità dei prodotti, adesso è la scarsità di domanda e di bisogno. Il tempo viene riconfigurato come metronomo del consumo. Le vacanze diventano giorni per comprare e si inventano nuove feste per fornirci nuove occasioni in cui obbligatoriamente fare acquisti. 36 L’attivismo culturale è costituito da molteplici piccoli movimenti che nascono, crescono e si sviluppano al di fuori dei canali istituzionali in contesti geografici e sociali molto diversi tra loro. Una delle problematiche emerse nel corso del lavoro di mapping dei movimenti di interferenza culturale, è stata la ricerca di un criterio con il quale analizzare, capire e quindi categorizzare l’ampio e variegato mondo del culture jamming. L’attivismo culturale è costituito da molteplici piccoli movimenti che nascono, crescono e si sviluppano al di fuori dei canali istituzionali in contesti geografici e sociali molto diversi tra loro. Questa caratteristica unita alla scarsità di letteratura specifica ha fatto sì che un primo criterio da cui partire fosse la presenza sul web; questo lavoro di mapping quindi, include solo i movimenti che hanno scelto di pubblicare sulla rete i contenuti, gli obiettivi e i messaggi del loro attivismo. Un secondo criterio è stato quello di escludere gli artisti e i gruppi di attivisti politici, come ampiamente spiegato a pagina 24 e 30. Durante questa ricerca si è frequentemente evidenziata la presenza di artisti che utilizzano le loro opere per mettere in discussione e contestare la società, ma se i temi sono risultati spesso comuni all’attivismo culturale i motivi che spingono alla contestazione hanno direttrici completamente diverse. Gli artisti sono mossi da un bisogno di esprimere se stessi, essi creano per sé e per realizzare la propria creatività ed è proprio questa peculiarità che fa sì che anche se politicamente impegnati non possano essere considerati culture jammer. L’artista infatti fa riferimento al proprio bisogno creativo mentre il culture jammer fa riferimento al proprio bisogno di cambiamento e di trasgressione delle regole. Parallelo è il discorso relativo all’attivismo politico, la sua specificità infatti richiede metodi di contestazione più istituzionalizzati e propone soluzioni differenti rispetto agli attivisti culturali. Il culture jammer crede che i soli metodi tradizionali di azione politica continueranno ad essere inefficaci finché non verrà messo in atto un contestuale cambiamento dell’apparato culturale. La raccolta dei dati effettuata in questa ricerca e filtrata dai criteri sopra esposti ha permesso la creazione di un database che contiene una serie di informazioni di tutti i movimenti mappati: nome, indirizzo web, anno, paese, subject e format. Si è specificatamente scelto di identificare i movimenti attraverso il loro nome piuttosto che i gruppi autoriali di riferimento in conseguenza sia della frequente impossibilità di reperire tale informazione sia per dare risalto e rispettare una caratteristica strutturale di questi movimenti cioè l’anonimato. L’anno di nascita è stato utile per elaborare una timeline e osservare come gli eventi politico-sociali più significativi hanno influenzato la diffusione di questo fenomeno. Si è proceduto poi all’analisi dei dati raccolti che ha permesso di identificare due categorie principali, due minimi comun denominatori fra tutti i gruppi: i subject e i format. Le tematiche di contestazione, gli argomenti affrontati e gli ambiti di azioni di dissenso emersi sono stati suddivisi in cinque categorie: Consumerism, Ecology, Politic, Reclaim the Media, Reclaim the City (vedi pagina 44). Mentre i mezzi per mettere in atto questa contestazione e i media utilizzati per raggiungere gli obiettivi dei vari gruppi sono stati organizzati in nove sottocategorie: Graphic, Information, Provocation, Alteration, Music, Video, Campaign, Acting, Software (vedi pagina 52). Mapping dei movimenti BOTTOM TOP The iBrator, USA, 1999 Quando un evento improvviso capovolge le regole date, le rende ridicole o le fa apparire assurde, un tale straniamento può valere da offerta: indica che l’impossibile è possibile, che l’adattamento alla normalità sociale è una scelta, non un’inevitabile necessità. insiemi, 2005 Schema rappresentativo dei rapporti fra attivismo politico tradizionale, mondo dell’arte, movimento new global e culture jamming. 41 La libertà di espressione non deve essere limitata da alcun mezzo o manovra traversa, quali ad esempio l'abuso del controllo governativo o privato sulla stampa, sulle trasmissioni radio o ogni altro mezzo che possa ostacolare la comunicazione e la libera circolazione di idee e opinioni. Articolo 13 dell'American Convention on Human Rights Consumerism Fenomeno degenerativo che si è sviluppato con la diffusione capillare dei media e la loro invasione da parte della pubblicità commerciale, il consumismo è divenuto nella nostra società imperativo morale irrinunciabile, senso di appartenenza, un motivo di vita. Kalle Lasn la definisce la nuova religione, il grande sogno. <Questo sogno è così seducente che tutti noi continuiamo, imperterriti, a sognare. Continuiamo a guidare la macchina fino al supermercato, a muoverci pigramente lungo i corridoi pieni di prodotti, a creare allegramente tonnellate di rifiuti ogni settimana, a credere che gli additivi nel nostro cibo non siano altro che inoffensivi agenti di conservazione. Continuiamo a tifare Visa piuttosto che Mastercard, ad acquistare scarpe da ginnastica che sappiamo essere prodotte da manodopera straniera sfruttata e sottopagata. La sera continuiamo a sedere immobili come sfingi di fronte alla televisione, per assorbire la nostra dose quotidiana di show consumistico. Le immagini ci prospettano un futuro nel quale il massimo piacere con il minimo sforzo sarà non solo possibile, ma inevitabile. Bramiamo la realizzazione di tale sogno. Lavoriamo e lottiamo per questa promessa, tentiamo di intrappolare il fiume in un secchio. Ma non vi riusciremo mai. Siamo diventati quella che il sociologo francese Henri Lefebvre ha chiamato una società burocratica di sprechi controllati. La nostra cultura si è evoluta in una cultura dei consumi, noi ci siamo trasformati da cittadini in consumatori. Il senso di riconoscenza di quel che abbiamo ha lasciato il posto al desiderio sempre più insistente per ciò che non abbiamo. Quanto ci basta? è stato sostituito da Quanto possiamo ancora avere? così continuiamo a consumare. I nostri corpi, le nostre menti, le nostre famiglie, le città, l'ambiente. Consumiamo ogni cosa>.(1) Siamo così presi da questo sogno che siamo rimasti e rimaniamo sordi a qualsiasi voce che si alza contro questa degenerazione, che ci chiama alla riflessione, che cerca di dirci che il re è nudo. <Dove lavoro io [un pubblicitario, ndr] circolano molte informazioni: così scopri, per caso, che esistono lavatrici indistruttibili che nessun produttore vuole lanciare sul mercato; che un tizio ha inventato una calza che non si smaglia e una grande marca di collant gli ha comprato il brevetto per distruggerlo; che anche il pneumatico antiforo resiste nei cassetti (a prezzo di migliaia di incidenti mortali ogni anno); che la lobby petrolifera fa tutto quanto in suo potere per ritardare la diffusione dell'auto elettrica; che il dentifricio è un prodotto inutile perché la pulizia dei denti dipende The subject way esclusivamente dalla spazzolatura, mentre la pasta serve solamente a rinfrescare l'alito; che i detersivi per lavastoviglie si equivalgono tutti, tanto è la macchina che fa il lavaggio; che la carta stagnola è più contaminata dell'amianto; che le campagne pubblicitarie della Nestlè per rifilare latte in polvere ai neonati del terzo mondo hanno provocato milioni di morti (perché i genitori mescolavano il prodotto con acqua non potabile)>(2) Sono le voci che si oppongono ai valori capitalistici di consumo sfrenato e necessario, al potere della marca come status sociale, allo sfruttamento di manodopera a basso costo nei paesi in via di sviluppo, alla diffusione di valori sessisti e non eguali tra uomo e donna, alla mistificazione dell'immagine rispetto alla persona, all'uso scorretto e subdolo del linguaggio pubblicitario e all'utilizzo indiscriminato di tutti i canali comunicativi nell'imposizione di messaggi pubblicitari. Reclaim the media L’articolo numero 13 dell’American Convention on Human Rights stabilisce che: <La libertà di espressione non deve essere limitata da alcun mezzo o manovra traversa, quali per esempio l’abuso del controllo governativo o privato sulla stampa, sulle trasmissioni radio o ogni altro mezzo che possa Bin The Planet, UK, 1995 Il dio denaro è solo un’illusione. Il capitalismo è cieco e barbaro, avvelena l’acqua e l’aria, distrugge qualunque cosa. A noi U’wa dice che siamo pazzi, ma vogliamo continuare a esserlo se ciò ci permette di vivere ancora sulla nostra amata madre terra. Dichiarazione degli U’wa della Colombia ostacolare la comunicazione e la libera circolazione di idee e opinioni>. Il 10 dicembre 1948 la libertà di informazione venne inserita a pieno titolo nella Universal Declaration on Human Rights, il cui articolo 19 ne definisce l’importanza: <Ciascun individuo ha diritto alla libertà di opinione ed espressione; tale diritto include la libertà di cercare, ricevere e comunicare informazioni e idee ovunque e con ogni mezzo>. Negli ultimi trent’anni si è fatto strada un particolare fenomeno che minaccia seriamente la democrazia e la libertà di espressione: l’emergere di un cartello globale delle comunicazioni. Il flusso dell’informazione è controllato da un numero sempre più ristretto di corporation transnazionali guidate da un ristretto gruppo di colossi – la TeleCommunication Inc., la Time Warner, la Disney, la Bertelsmann, la General Electric, la Viacom e il gruppo di Rupert Murdoch. L’immenso potere di questi colossi sta nella loro integrazione verticale. Quando ad esempio producono un film, possono distribuirlo direttamente attraverso la propria catena di sale cinematografiche, promuoverlo grazie alle proprie reti televisive, trasmetterne la colonna sonora sulle proprie stazioni radio, vendere i suoi gadget nei propri parchi dei divertimenti. Un prodotto può inserirsi in un simile schema verticale ad ogni livello ed essere spinto nella direzione desiderata o al contrario non trovare alcun canale d’accesso al sistema mediatico nel caso in cui non si riconosca nei valori delle grandi corporation. La mancanza della libertà d’espressione si estende ad ogni livello nei vari mezzi di comunicazione di massa. La massiccia presenza dei grandi inserzionisti influenza ogni minima decisione presa nelle strutture dell’informazione. Da uno studio del 1992 condotto dalla Marquette University(3) risulta che il novanta per cento dei capicronisti intervistati ha ammesso di aver subito <pressioni dirette> da parte di alcuni inserzionisti, intenzionati a influenzare i contenuti delle informazioni. Più di un terzo ha ammesso di aver ceduto alle pressioni di questi ultimi e di aver nascosto storie scomode dietro ad articoli più accondiscendenti. Il controllo delle informazioni da parte delle corporation non è uno strumento chiave solo nel settore mediatico ma anche nel mondo economico-finanziario. La finanza e le borse, infatti, lavorano sulla comunicazione (distribuzione prima di tutto di informazioni, di notizie su come andranno i mercati; previsioni e aspettative; giochi di anticipo sulle previsioni dell’altro); i mercati e la pubblicità lavorano seducendo, sviando, provocando. Ma non solo sul piano della pubblicità del prodotto: gli ultimi casi, gli scandali dell’economia statunitense, come quello Enron, ci mostrano che la manipolazione delle informazioni, le false notizie, lo sviamento, il lavoro sul segreto, sul ritardo della diffusione di informazioni, sulle false comunicazioni (in bilancio), sino allo spionaggio finanziario ed economico sono largamente impiegati, tollerati e ancora scarsamente regolamentati. Non si tratta di forme devianti di comunicazione, marginali rispetto al suo funzionamento standard; in guerra come in economia, tutto è permesso e la comunicazione è fatta soprattutto di voci, di dicerie, di rumors. La battaglia della comunicazione non è solamente una battaglia per 45 un’informazione vera, obiettiva e indipendente. La reale posta in gioco è riuscire a scardinare una delle macchine economiche che sostengono il capitale del pensiero unico, l’obiettivo è riappropriarsi dei media in quanto mezzi di produzione, piuttosto che mezzi di rappresentazione: mezzi di produzione economica, produzione dell’immagine del mondo, produzione di bisogni e desideri. Nella categoria Reclaim the Media sono stati inseriti non solo tutti coloro che portano avanti questa battaglia difendendo il libero accesso ai canali comunicativi e la libertà di informazione, ma anche i cosiddetti hactivists. Hactivismo è il termine che indica i pirati informatici (hackers) che si muovono con una motivazione politica alle spalle. La nascita dell’hactivismo non ha sostituito o cancellato la precedente politica degli hackers, ma l’ha riconfigurata in un panorama più ampio. Per molto tempo la politica degli hackers è stata strettamente legata agli aspetti più tecnici della rete: il cracking, lo sviluppo di strumenti utili a tale scopo, la difesa del diritto a comunicazioni private sicure. Con l’hactivismo i mezzi utilizzati dal movimento hacker sono stati applicati a fini di contestazione politica e si è verificata una trasposizione della disobbedienza civile e delle manifestazioni di piazza all’interno del sistema elettronico della rete. Così nel 1999, nel corso del meeting della WTO di Seattle, mentre i manifestanti occupavano le strade, gli hactivisti occupavano i siti web. Le proteste erano state organizzate da un gruppo chiamato ehippies che aveva realizzato un piccolo programma software inserito in una pagina web. Chiunque avesse Reclaim the streets, Street Party, 1996 Le strade sono il luogo dove il potere deve essere combattuto e dissolto, perché è nelle strade che vive, cresce e si svolge la quotidianità, dove ci si confronta e scontra con il potere, le strade devono essere trasformate nel regno dove la vita di tutti i giorni è goduta, creata e nutrita. Reclaim the Streets visitato quella pagina per prendere parte alla protesta, avrebbe scaricato automaticamente il programma sul proprio computer. Il software caricava in continuazione le pagine della rete del WTO sommergendola di richieste fino a farla bloccare. Questa azione si coniugava a quelle di strada che avevano lo scopo di bloccare la conferenza. Reclaim the city Immaginate una strada di Londra superaffollata: la gente si accalca per fare compere nella sottile striscia di marciapiede che separa le vetrine dalla trafficatissima carreggiata. Due auto sbandano e si scontrano, bloccando il traffico. I conducenti escono dall'abitacolo e si mettono a litigare. Uno dei due afferra un martello e inizia a distruggere l'auto dell'altro. I passanti non credono ai loro occhi. All'improvviso alcuni astanti escono dalla folla anonima e montano sui tetti delle auto, altri cominciano a spargere vernice multicolore dappertutto. Prima che qualcuno possa riprendersi, cinquecento persone escono dalla stazione metropolitana e invadono la strada: la rivendicano per il piacere della gente contro il commercio e il traffico. Un enorme striscione dispiegato su due veicoli distrutti recita: Rivendicate le strade, liberate la città dalle auto. Così è iniziata a Camden High Street nel maggio del 1995, la prima festa di Reclaim the Streets. La gente ha ballato per tutto il pomeriggio al suono di uno stereo azionato da una bicicletta. Tavolate imbandite di cibo gratuito sono state allestite in mezzo alla strada, mentre i bambini giocavano con uno scivolo posto al centro di un incrocio, ormai liberato. Questo è stato l'esordio delle feste di strada come azione di lotta, che si sono rapidamente diffuse in tutto il mondo, a volte coinvolgendo migliaia di partecipanti, altre centinaia.(4) Reclaim the Streets (RTS) è il movimento nato a Londra dalla campagna contro la costruzione della rampa di allargamento dell'M11, dai movimenti ambientalisti di azione diretta dei primi anni novanta e dall'insolita coalizione di ravers, migranti e manifestanti uniti nella protesta contro il Criminal Justice Bill(5) del 1994. Il loro agit-prop chiedeva: <Non sarebbe meglio avere strade senza automobili? Non se a sostituirle sono isole pedonali di consumismo o villaggi commerciali al riparo dalle intemperie. La lotta per conquistare spazi liberi dalle auto non va separata da quella contro il capitalismo globale>. L'audacia creativa di RTS si è dimostrata contagiosa. Alla fine degli anni novanta le feste di strada hanno cominciato a moltiplicarsi in tutto il nord del mondo e una nuova generazione di attivisti è stata indotta a ripensare l'azione politica. Reclaim the Street è un caso esemplare che ben racconta gli scopi e gli obiettivi dei movimenti che sono stati classificati sotto il termine di Reclaim the City. Esso include i gruppi il cui obiettivo è la riappropriazione degli spazi pubblici, rigenerazione di spazi degradati e più in generale tutti coloro che lottano contro la privatizzazione di aree metropolitane. Il movimento inglese concentra le proprie azioni dirette sulle strade trafficate della metropoli ma l'idea che sottende a questo genere di lotta è più in generale un'opposizione che innesca le istanze sociali e ambientaliste in una più ampia critica culturale alle privatizzazioni nate 46 da una politica capitalistica; come spiega un militante: <Vogliamo riappropriarci degli spazi pubblici e recintati e privatizzati. In parole povere, il nostro è un attacco alle automobili come fattore principale di recinzione. Contro l'uso esclusivo da parte delle auto, rivendichiamo le strade come spazio da condividere. Ma questo vale anche in senso più ampio: reclamiamo tutte le cose che sono state privatizzate dal capitalismo e vogliamo che tornino proprietà comune della collettività>. Lo stesso scopo perseguono i graffitisti quando mirano all'occupazione simbolica di luoghi che altrimenti avrebbero un carattere eminentemente funzionale: edifici, muri, segnaletica stradale, mezzi del trasporto pubblico. Consciamente o no, infatti, qualunque intervento nello spazio pubblico parte dal presupposto che quello spazio viene strutturato dall'architettura o da altri elementi in modo da esprimere fisicamente i rapporti di potere e dominio. Proprietari e committenti degli edifici modellano, insieme alle istituzioni burocratiche, agli urbanisti e agli amministratori, l'aspetto dello spazio pubblico; definiscono le possibilità e soprattutto le limitazioni del movimento e della vita al suo interno. La proprietà di edifici implica la pretesa a un effetto di rappresentanza pubblica. I movimenti inseriti nella categoria Reclaim the City mettono in atto proteste che rovesciano la grammatica culturale dello spazio pubblico, rendendo così possibile un confronto ludico con il potere. Politic Aristotele dava per scontato che una democrazia dovesse essere pienamente partecipativa (con alcune significative no oil Il détournement si realizza nel momento in cui dissociamo il segno dal suo significato abituale per indicare qualcosa di diverso o di opposto. E’ reso possibile da uno scarto tra l’immagine, la sua attribuzione e la cosa ritratta. eccezioni, come le donne e gli schiavi) e che dovesse porsi come obiettivo il bene comune. Per poter raggiungere un simile scopo doveva garantire una relativa uguaglianza, il possesso di beni in quantità misurata e adeguata e un benessere duraturo per tutti. In altre parole, Aristotele sapeva che in presenza di enormi disuguaglianze sociali non si può parlare seriamente di democrazia. Aristotele sosteneva inoltre che se in una democrazia perfetta esiste una minoranza di persone molto ricche e un grande numero di cittadini molto poveri, questi ultimi si sarebbero serviti dei loro diritti democratici per sottrarre le proprietà ai ricchi. Questo era considerato ingiusto da Aristotele che di conseguenza propose due possibili soluzioni. Ridurre la povertà (cosa che egli auspicava) o ridurre la democrazia. James Madison si pose lo stesso problema ma, a differenza di Aristotele, mirava a ridurre la democrazia, piuttosto che la povertà. Egli credeva che la prima funzione del governo fosse difendere la minoranza degli opulenti dalla maggioranza. Come amava dire John Jay, <i proprietari della nazione hanno il dovere di governarla>. Madison temeva che una parte crescente della popolazione che soffriva delle gravi ingiustizie della società, avrebbe segretamente aspirato a una più equa distribuzione dei suoi frutti. Se avessero potuto disporre di un potere democratico c’era il serio pericolo che avrebbero fatto qualcosa di più che aspirare a un equa distribuzione della ricchezza. Così architettò un sistema che rendeva impossibile un corretto funzionamento della democrazia. Affidò il potere a una classe migliore di persone, i depositari della ricchezza della nazione. Il resto dei cittadini doveva essere marginalizzato e diviso in modi che nel corso degli anni hanno assunto diverse connotazioni: fazioni politiche frammentate, barriere per contrastare le azioni unitarie e la cooperazione della classe operaia, sfruttamento dei conflitti etnici e razziali, e così via. A essere obiettivi Madison era un precapitalista e la sua classe migliore di persone avrebbe dovuto essere formata da statisti illuminati e filosofi benevolenti e non da investitori e dirigenti d’impresa che cercano di accrescere la propria ricchezza senza curarsi delle conseguenze per gli altri. È estremamente improbabile che quelli che oggi vengono definiti gli inevitabili effetti del mercato possano essere tollerati da una vera società democratica. Possiamo scegliere la via indicata da Aristotele e fare in modo che quasi tutti possiedano una quantità di beni misurata e adeguata, in altre parole quella che lui chiamava borghesia. Oppure possiamo seguire il percorso di Madison e porre dei limiti al funzionamento della democrazia. Nel corso della storia il potere politico è sempre stato nelle mani di coloro che possedevano la nazione. Secondo una stima di due economisti olandesi ognuna delle centinaia delle più grandi corporation transnazionali elencate sulla rivista Fortune’s ha tratto benefici dalla politica industriale della propria nazione e almeno venti di esse non sarebbero nemmeno sopravvissute se il governo non le avesse rilevate o elargito loro cospicue sovvenzioni quando erano in cattive acque. E spesso le politiche governative mirano all’interesse delle corporation piuttosto che dei cittadini. Racconta Noam 47 Chomsky: <Questa mattina sono andato a lavorare in automobile, le strade erano piene di buche e c’erano grossi ingorghi di traffico, ma è difficile servirsi del trasporto pubblico perché impiega troppo tempo ed è più dispendioso che usare l’auto. Privare la gente di un’alternativa a guidare la costringe a comprare più macchine e a spendere di più in benzina. Le buche sul manto stradale aumentano i guasti delle automobili e le vendite delle stesse. Un numero maggiore di auto in circolazione fa aumentare l’inquinamento e combattere gli effetti dell’inquinamento sulla salute fa spendere ancora più denaro. I disagi di tutta quella gente contribuiscono alla crescita del prodotto interno lordo e sono estremamente efficaci dal punto di vista delle corporation che sono proprietarie del paese. (…) Anche Los Angeles aveva una vasta rete di trasporti pubblici che fu semplicemente acquistata in blocco e smantellata; negli anni cinquanta il governo diede il via ad un gigantesco programma per la costruzione di autostrade chiamato National Defence Highway System (Rete Autostradale per la Difesa Nazionale) dovettero aggiungere la parola difesa per giustificare le ingenti somme di denaro che vennero spese nel progetto ma in realtà era un modo per passare dal trasporto pubblico, come le ferrovie , ad un sistema che utilizzasse più automobili, camion, benzina e pneumatici o aeroplani. Questo progetto fu avviato da una vera cospirazione. La General Motors, la Firestone Tire e la Standard Oil of California non fecero altro che acquistare in blocco e smantellare il sistema dei trasporti Reclaim the streets, Brixton High Street, 1998 Le strade sono un simbolo estremamente importante perché l’intero indottrinamento culturale è organizzato per tenerti lontano dalla strada, l’idea è quella che tutti rimangano in casa. Così quando tu vuoi sfidare il potere ti trovi inevitabilmente solo e ti domandi se non sarebbe meglio startene al sicuro sul marciapiede. Ma sono coloro che rischiano che alla fine cambiano la società. Reclaim the streets pubblici di Los Angeles per costringere la gente ad utilizzare i loro prodotti. La questione finì in tribunale, le corporation furono multate di poche migliaia di dollari>. (6) Sino alla fine del XIX secolo, le corporation dovevano attenersi a funzioni chiaramente determinate dalle concessioni statali. In America tale requisito scomparve, ad esempio, quando lo Stato del New Jersey si offrì di rinunciarvi. Le imprese iniziarono a costituirsi nel New Jersey invece che da altre parti costringendo anche gli altri Stati a rinunciare alle limitazioni imposte alle corporation e dando inizio ad una corsa al ribasso. Il risultato fu un sostanziale aumento del potere delle tirannie private che forniva ad esse una nuova arma per minare la libertà e i diritti umani e per amministrare i mercati nel loro esclusivo interesse. È la stessa logica che segue la General Motors quando decide di investire in Polonia o la Daimler Benz quando trasferisce la produzione dalla Germania, dove la forza lavoro è altamente retribuita all’Alabama dove invece non lo è. Mettendo l’Alabama in competizione con gli Stati vicini, la Daimler Benz ottenne sovvenzioni, mercati protetti e una protezione dai rischi derivanti dalla gente. Naturalmente è più facile fare questo gioco con i singoli Stati che con le nazioni. Questa categoria comprende tutti i movimenti di opposizione a questo genere di politiche governative quali ad esempio il gruppo Nobody for President che in vista delle elezioni americane suggeriva di votare per il candidato Nobody, sostenedo che fosse l’unico modo per far valere il proprio voto. Ecology Dei tre bilioni e mezzo di anni di storia della terra questo è il momento più critico. Dalla fine del cretaceo, 65 milioni di anni fa, non c’è mai stato un periodo di estinzione così intenso come quello a cui stiamo assistendo, una così drastica riduzione della biodiversità di questo pianeta. Da centinaia di anni, la nostra civiltà ha dichiarato guerra ai grandi mammiferi, inducendo alcuni rispettati ecologisti ad affermare che gli unici grandi mammiferi che sopravvivranno in futuro saranno quelli ai quali gli uomini avranno concesso la possibilità di vivere. Altri importanti biologi, scioccati dalla svendita devastante delle foreste tropicali e delle antiche foreste dei climi temperati che rapidamente accelera la desertificazione e dalla distruzione di una mega fauna carismatica dovuta alla devastazione dell’habitat e alla caccia di frodo, sostengono che la terra potrebbe perdere in pochi anni da un quarto a un terzo di tutte le specie viventi. Non solo questo attacco al mondo naturale sta distruggendo l’ecosistema e tutte le sue specie, ma le nostre attività stanno iniziando ad avere effetti sistemici fondamentali sull’intera struttura di supporto alla vita del pianeta, stravolgendo il clima, avvelenando gli oceani, distruggendo la fascia di ozono che ci protegge dalle eccessive radiazioni dei raggi ultravioletti, cambiando il rapporto della CO2 nell’atmosfera, rendendo acide le piogge e diffondendo la ricaduta radioattiva, pesticidi e contaminazioni industriali nella biosfera. Alcuni biologi affermano che grazie alle attività umane l’evoluzione dei vertebrati potrebbe essere giunta alla sua fine. 48 Chiaramente la battaglia per la conservazione non è semplicemente la protezione accorta di attività all’aria aperta o un fatto estetico elitario e neppure la gestione e l’uso oculato delle risorse naturali. È una battaglia per la vita stessa perché il flusso evolutivo possa continuare. Noi, la nostra generazione di umani è giunta al bivio più importante da quando siamo scesi dagli alberi sei milioni di anni fa. Sta a noi e sta a noi oggi, se la terra potrà continuare ad essere una meravigliosa oasi vivente nel buio dello spazio o se la mega fauna carismatica del futuro sarà formata solamente da ratti norvegesi e scarafaggi. Questo manifesto, scritto dagli attivisti di Earth First! contiene i principi a cui si ispirano i gruppi che fanno parte di questa categoria. Essi lottano per la difesa dell’ambiente naturale e per fermare l’indiscriminato sfruttamento della terra e i pregiudizi di superiorità umana che vi sottendono. Per sopravvivere sulla terra gli esseri umani hanno infatti bisogno della stabile e continuativa esistenza di un ambiente adeguato. Ormai è più che evidente che il nostro modo di vivere porta alla distruzione della sottile epidermide che garantisce la continuità della vita. Dal punto di vista biologico, gli esseri umani partecipano al sistema ambientale come parte sussidiaria del tutto, la società umana però si è prefissata di utilizzare l’ambiente come un tutto per produrre ricchezza. La funzione paradossale che abbiamo nel quadro dell’ambiente naturale – compartecipi e insieme sfruttatori come siamo – distorce necessariamente la nostra ottica. Così siamo portati a credere di esserci creati il nostro ambiente e di non essere più dipendenti Stay free!, Genetically modified stickers, 1998 Eravamo stanchi di aspettare che le aziende iniziassero a mettere l’etichette sul cibo geneticamente modificato, quindi abbiamo progettato le nostre etichette. Stay free! dalla natura. Nella ricerca affannosa dei benefici della scienza e della tecnologia moderna siamo rimasti presi in un’illusione molto pericolosa: che grazie alle macchine siamo potuti sfuggire alla dipendenza dall’ambiente naturale. Esso costituisce una macchina vivente, immensa ed enormemente complessa, che forma un sottile strato dinamico sulla superficie terrestre. Ogni attività umana dipende dall’integrità e dal funzionamento adeguato di questa macchina. Senza l’attività fotosintetica delle piante verdi non disporremmo di ossigeno per far funzionare i motori, le fonderie e le fornaci, tanto meno potremmo alimentare la vita umana e animale. Senza l’azione sinergica delle piante, degli animali e dei microrganismi che vivono nei laghi e nei fiumi non potremmo avere acqua pulita. Senza i processi biologici, che per millenni hanno avuto corso nel terreno, oggi non avremmo né raccolti, né petrolio, né carbone. Questa macchina è il nostro capitale biologico, l’apparato di base da cui dipende tutta la nostra produttività. Se la distruggiamo, anche la nostra tecnologia più avanzata risulterà del tutto inutile, e vedremo cadere tutti i sistemi economici e politici che dipendono da queste strutture. La crisi ambientale non è che un segnale premonitore di una catastrofe che dobbiamo evitare.(7) 49 Scegli tra più di 1500 tipi di identità o creane una tutta tua. È proprio come fare shopping, ma invece di un nuovo paio di scarpe da ginnastica in pelle sono delle nuove identità ad essere in vendita! Per cena diventa un incravattato burocrate ed emoziona e impressiona i tuoi amici. Dipende da te, le possibilità sono infinite! Graphic (Grafica) In questa categoria sono stati inseriti tutti i movimenti che realizzano artefatti comunicativi bidimensionali di tipo grafico come: - poster - postcard e leaflet - sticker - magazine, fanzine - t-shirt - banners Quindi tutti i movimenti, ad esempio, che producono spoof ads che utilizzano il détournement per trasformare campagne pubblicitarie istituzionali, che grazie alla diffusione delle tecniche della computer grafica hanno acquisito tali competenze da produrre artefatti grafici qualitativamente identici a quelli delle grandi corporation. Nei casi in cui alla produzione di poster e sticker si accompagnano campagne di affissione illegali, i movimenti sono stati inseriti anche nella categoria Alteration. Chi edita un magazine o una fanzine e quindi accosta alla produzione di immagini anche articoli e informazioni è anche inserito nella categoria Information. L’esempio più identificativo è forse l’archivio creato dal Gaffers Radical Arts Collective che riunisce un gran numero di annunci détournati da attivisti di tutto il mondo. Information (Informazione) Tutti i gruppi che operano per la diffusione dei motivi, dei mezzi e delle questioni relative alla pratica del culture jamming e del subvertising con mezzi come: - articoli - forum, blog, chat - siti informativi - magazine, fanzine - libri Sono stati selezionati solo gli autori che hanno scritto con evidente partecipazione e con intento divulgativo, che possono definire se stessi dei culture jammer come Mark Dery autore del breve saggio: Culture Jamming: Hacking, Slashing and Sniping in the Empire of Signs. The format world Acting (Azione e recita) Include tutte le forme politiche di intervento che trasformano nei modi più svariati lo spazio pubblico in palcoscenico o lo utilizzano come spazio di azione. Comprende inoltre tutte le azioni farsesche di offesa, le manifestazioni politiche e gli atti di truffa e derisione dei media come la diffusione di notizie false o l’interferenza in eventi mediatici. - teatro invisibile - flash mobbing - eventi, feste - lancio di torte - fakes, mistificazione, simulazione Un gruppo chiamato Black Mask a New York inscenò una speciale performance di teatro invisibile. Entrarono in un supermercato, travestiti da cassieri, clienti e sorveglianti e nessuno riuscì più a distinguere che era vero e chi no. In quella occasione la merce venne sparpagliata, regalata e rubata. Quando la polizia arrivò, arrestò numerosi clienti innocenti. In Inghilterra un altro gruppo stampò manifesti simili a quelli della pubblicità che annunciavano un Free Shopping Day e tappezzò i muri dei centri commerciali e dei negozi. Per i sorveglianti e per il personale dei negozi fu difficile convincere gli acquirenti che avrebbero dovuto pagare. Campaign (Campagne) L’Adbusters Media Foundation che ha ideato e organizzato Buy Nothing Day (Giorno del Non Acquisto) e la Turn-off Week (la Settimana Senza Televisione) è forse l’esempio più calzante di tutti i movimenti che propongono campagne di sensibilizzazione, manifestazioni politiche, eventi organizzati a livello internazionale, petizioni e raccolte di firme. Video Questa categoria comprende gli autori di lungometraggi e cortometraggi, le parodie di campagne pubblicitarie televisive, le controcampagne e i video promozionali per eventi come il Buy Nothing Day (Giorno del Non Acquisto) o lo Sciopero dei telespettatori. La rete è, per questo genere di media, l’unico canale distributivo possibile come dimostra il rifiuto delle quattro maggiori emittenti televisive canadesi alla richiesta dell’Adbusters Media Foundation di mandare in onda alcuni spot pubblicitari che affrontano temi come l’obesità, la distruzione dell’ambiente ed il consumo. Le risposte delle emittenti televisive sono quanto mai esplicative della problematica del libero accesso, Al Hudak direttore della CTV (Canada Television) ha detto: <Non credo che sarebbe nel nostro interesse mandare in onda le vostre pubblicità> <Non vorremmo in nessun modo offendere, insultare o far arrabbiare con ciò che mandiamo in onda i nostri maggiori inserzionisti che sono quelli che ci sostengono economicamente. Mi spiego, se capitasse che una pubblicità di McDonald’s fosse messa in onda subito dopo uno dei vostri spot, (ndr sull’obesità) scoppierebbe un putiferio> <Siamo in affari per far soldi; siamo in affari per vendere i prodotti dei nostri clienti. Perché mai dovremmo accettare di mandare in onda di vostri annunci?>. Le quattro emittenti televisive sono state citate in giudizio il 15 settembre 2004. Banksy Se hai costruito castelli in aria, il tuo lavoro non andrà perduto, perché è proprio lì che devono stare. Adesso mettici le fondamenta. Henry David Thoreau TV-B-Gone Un telecomando semplicissimo che non serve a cambiare canale o ad abbassare il volume. Tv-B-Gone ha infatti un solo pulsante che è in grado di spegnere in 70 secondi qualsiasi televisore diffuso sul mercato. Costa solo 15 dollari ed è pensato per tutte le occasioni in cui gli schermi tv diventano fastidiosi: sale d'attesa, bar, ristoranti, negozi... Provocation (Provocazione) Tutti quegli artefatti comunicativi atti a sensibilizzare attraverso il non-sense e la provocazione più estrema; Tv-B-Gone, ad esempio, è un telecomando semplicissimo che ha un solo pulsante in grado di spegnere in 70 secondi qualsiasi televisore diffuso sul mercato, ideato dalla Cornfield Electronics, Inc. di San Francisco costa solo 15 dollari. Sul sito di Hyper-Redundant-Mart, il cui slogan dice: Perché comprare il prodotto quando puoi comprare l’idea? si possono acquistare prodotti come la New Identity Series, un programma che permette di cambiare identità: <Scegli tra più di 1500 tipi di identità, o creane una tutta tua. E’ proprio come fare shopping, ma invece di un nuovo paio di scarpe da ginnastica in pelle sono delle nuove identità ad essere in vendita! Per cena diventa un incravattato burocrate ed emoziona e impressiona i tuoi amici. Dipende da te, le possibilità sono infinite!>. 53 I hate my job, sticker Non c’è modo di venirne fuori. E’ tutto sprangato, con il sorriso sulle labbra. Vi bloccano con crediti da rimborsare, mensilità, affitti da pagare. Avete qualche scrupolo? Milioni di disoccupati là fuori aspettano solo che lasciate libero il posto. Potrete prendervela finché volete, Churchill ha già dato la risposta, affermando: <E’ il sistema peggiore a eccezione di tutti gli altri>. Non ci ha ingannati. Non ha detto il sistema migliore, ha detto il peggiore. Frédéric Beigbeder Alteration (Alterazione) - sniping: billboard banditry e graffiti - stickering - affissioni illegali cioè tutte le pratiche di utilizzo illegale di superfici pubbliche <Gli sniper sono franchi tiratori semiotici. I loro attacchi non avvengono con armi da fuoco o congegni di puntamento, bensì con bombolette spray. Essi cambiano, commentano, correggono o spiegano i contenuti spesso inespressi di manifesti, monumenti, insegne e simili o anche détournare muri o facciate di edifici apparentemente privi di contenuto per mezzo di graffiti: la maggior parte degli attacchi degli sniper sono interventi illeciti nella proprietà privata. Il termine inglese sniping significa anche tagliuzzare. Lo sniper lavora con interventi grafici o testuali diversi, e spesso frammentari. Utilizza il materiale che trova nel cuore della notte sul terreno nemico, nei suoi spazi o sui suoi oggetti, lo completa o lo deforma coi suoi proiettili semiotici, con frammenti di testo, con simboli o immagini. Il messaggio originario viene straniato, ed eventualmente trasformato nel suo contrario. A questo proposito Mark Dery parla di terrorismo artistico>.(1) Music (Musica) Include tutti i movimenti che diffondono i propri valori attraverso la musica, i jingles o le tecniche di cutup. Il gruppo Negativland, remixando jingle commerciali e spezzoni di brani radiofonici e televisivi popolari ha fatto la storia del plagio. Dalla prima metà degli anni ’80 la band di Seattle ha stampato album come Dispepsi che contiene jingle Pepsi contraffatti e distorti. Una delle canzoni imita la pubblicità contrapponendo il nome del prodotto a una lista di immagini casuali e sgradevoli: <Sono stato licenziato dal capo. Pepsi. Ho inchiodato Gesù sulla croce. Pepsi. (…) Il puzzo schifoso del macinato per cani. Pepsi> o una versione di I still haven’t found degli U2 che gli costò una querela da parte dei legali del gruppo e l’obbligo alla distruzione di tutte le copie del disco. 54 Software Vengono inseriti coloro che praticano il culture jamming, disturbando e distorcendo i messaggi comunicati attraverso la rete con l’uso di free software progettati ad hoc e virus concepiti non per la distruzione del sistema informatico colpito ma per generare confusione nell’utente. Ad esempio il gruppo degli Yes Men ha creato Reamweaver che effettua automaticamente una copia di un sito che si vuole attaccare e ne monitora ogni aggiornamento riproducendolo in tempo reale sul sito clone. Mentre la grafica rimane la stessa è possibile operare una serie di sostituzioni testuali (ad esempio Bin Laden con Satana o George W. Bush con Leader) intervenendo su un file di testo. Un altro esempio è il gruppo italiano 0100101110101101.org che ha clonato il sito hell.com, famosa galleria di net.art, rendendolo disponibile a tutti, e non a pagamento come d'uso. Sorte simile per Art Teleportacia, ove le opere copiate sono state radicalmente mutate, oppure Jodi.org, a cui non è stata apportata alcuna modifica, rendendo evidente come la proprietà per un'arte perfettamente riproducibile sia qualcosa di obsoleto, che va superato. Hyper-Redundant-Mart, Identity Series Il campo della significazione viene a saturarsi a tal punto da rendere quasi impossibile discriminare il vero dal falso. Più nessuno si interroga sulla verità degli enunciati che lo circondano, quando questi sono parte di un flusso di comunicazione ingiudicabile perché troppo densa, troppo veloce per essere scomposta secondo modalità sequenziali. 55 Pilato si chiedeva cosa fosse la verità. Blissett si domanda cosa ce ne freghi. Non solo della risposta al problema, ma dei suoi stessi termini. Molti hanno provato a dare una soluzione all'enigma. Pochi hanno detto che esso, semplicemente, non ha alcuna ragion d'essere. Luther Blissett Tra gli anni ottanta e novanta del XX secolo d.C. un imprecisabile network di artisti senza opere, attivisti post-politici, operatori di media indipendenti come radio, BBS, ecc., nauseati dalle obsolete tecniche e strategie di comunicazione ancora in auge presso un immobile movimento e una scena europea tanto poco vivace da ricordare il teatro da camera espressionista, decisero di darsi metaforicamente alla macchia, avvolgersi di leggenda, scommettere sul meraviglioso. Non fu necessario riunire alcun comitato centrale: semplicemente, si decise (tale forma impersonale sarebbe risultata fatidica, poiché avrebbe dato forma a tutte le azioni a venire) di usare il potenziale dei nuovi media e il loro imminente impatto su quelli tradizionali, allo scopo di lanciare un nuovo prodotto, una merce intangibile, immateriale: un mito di lotta comune a tutte le tribù di rivoltosi. Tale mito doveva inserirsi in uno scenario di sconvolgimenti epocali, definito dalle sempre più frequenti ecocatastrofi, dalla tumultuosa fine dell'ordine mondiale bipolare e dall'emergere del cosiddetto lavoro immateriale post-fordista e dall'estendersi della rete.(1) Così descrive la nascita del suo progetto di culture jamming nel libro Totò, Peppino e la guerra psichica, il gruppo bolognese Luther Blissett. Sentendo pronunciare questo nome i più vicini al mondo del calcio penseranno immediatamente ad un ex calciatore di colore del Milan, ma l'attivismo culturale italiano si è appropriato di questo nome facendolo diventare sinonimo di un movimento tra i più innovativi del suo scenario. Questo gruppo in tutte le sue pubblicazioni non utilizza mai il termine culture jamming ma sceglie di definire guerriglia mediatica i propri mezzi di attacco al potere, intendendo con questa espressione un <metodo omeopatico di difesa dall'ingerenza dei media nell'immaginario collettivo e nella nostra vita. Rivoltando contro i media le loro stesse armi, e dando il più ampio margine di notorietà alla cosa, si pubblicizza un nuovo modo di fruire i media, interattivo e paritario, in cui la potenza dei grandi mezzi di comunicazione di massa viene ridimensionata, messa in ridicolo e la stupidità degli operatori del settore risulta lampante>.(2) La guerriglia comunicativa di Luther Blissett si muove attraverso il concetto di mitopoiesi: creazione di un mito che riadatta e saccheggia un antichissimo patrimonio di miti e archetipi comuni a tutte le società umane per poi rielaborarlo nell'arte e nella cultura di massa creando un personaggio fittizio. Gli archetipi a cui il gruppo si rifece furono soprattutto due: Luther Blissett l'eroe popolare e lo straniero. Il primo detto folk hero è un mito che rivive nelle epopee banditesche e del brigantaggio (come Fra' Diavolo), nell'odierna cultura di massa (da Zorro ai Supereroi dei fumetti) e nelle narrazioni guerrigliere (come Ho Chi Minh). Un preciso pattern che si può ritrovare in tutte le società storiche e che si perpetua con poche variazioni: quello del Waldganger, colui che si da alla macchia, il ribelle che va nel bosco e da lì combatte un potere usurpatore; in occidente il Waldganger più famoso è sicuramente Robin Hood. L'altro archetipo è quello dello straniero che compare come dal nulla in un territorio lacerato dai conflitti e ricorrendo alle armi del doppio gioco e della guerra psicologica risolve la situazione, che si ritrova ad esempio nei film di Akira Kurosawa o di Sergio Leone come Per un pugno di dollari. Proprio dal cinema, dal fumetto e dalla letteratura seriale il gruppo bolognese estrapolò queste figure topiche, per poi produrne una sintesi basata su un massimo comun denominatore: una reputazione intesa come opera aperta, costantemente rimanipolabile, basata sul maggior numero di ritocchi e interventi soggettivi, il multi-use name. Il nome scelto fu proprio Luther Blissett che divenne uno pseudonimo con il quale firmare liberamente azioni di Wu Ming, 2000 Nel dicembre 1999 termina il Piano Quinquennale del LBP. Tutti coloro che usano il nome dal 1994 eseguono un suicidio simbolico, chiamato Seppuku (suicidio rituale giapponese). La fine del LBP non implica in alcun modo la fine dello pseudonimo, che continuerà a essere adottato da molte persone in diversi paesi. Nel gennaio 2000 il gruppo originario del LBP si dà un nuovo nome: Wu Ming (anonimo in cinese mandarino). interferenza culturale e dietro il quale nascondersi. Luther Blissett è un condividuo. Ciò significa che un numero imprecisato, ma cospicuo, di persone usano questo nome per firmare le proprie azioni di attacco ai media tradizionali cercando di minarne l’autorevolezza attraverso il diffondersi di notizie non vere, ma verosimili, a cui far credere giornali e televisioni soprattutto su temi di attualità che suscitano grandi attenzioni ed isterie come prostituzione, AIDS, satanismo, pedofilia, ecc. Il racconto della ragazza misteriosa che dopo un rapporto sessuale lasciava all'alba il letto del malcapitato partner occasionale incidendogli con il rossetto sullo specchio del bagno la frase Benvenuto nel mondo dell'AIDS è l'esempio di una delle storie che tutti hanno sentito raccontata come vera ma che si è rivelata invece parto della fantasia di Luther Blissett. Il gruppo cercò di dimostrare che fare controinformazione non è sufficiente, perché non ci si libera dell'odiato scettro del potere, semplicemente lo si passa in mani più fidate e amiche. Non si sopprime il comando, lo si impartisce nuovamente: <non credere a quello, credi a questo>. Non basta fornire a chiunque gli strumenti per navigare in cerca di notizie, scavalcando le agenzie di stampa e le grandi testate giornalistiche. Dopo una simile rivoluzione occorre un passaggio ulteriore, per evitare che certe forme di comando si riproducano. Luther Blissett non vuole dimostrare che chiunque può ottenere le notizie che desidera, ma che ognuno può costituire lo scoop del giornale di domani. Il segreto è che la composizione chimica dell'infosfera può essere modificata. Fondamentale è conoscere i meccanismi della deformazione delle notizie e della disinformazione e dar prova di saperli utilizzare. Luther Blissett diede dimostrazione di questa capacità nel 1995 quando la redazione della trasmissione televisiva Chi l'ha visto? si interessò ad una notizia Ansa che denunciava la scomparsa di un artista inglese in Friuli, un certo Harry Kipper. L'appello per il ritrovamento della persona scomparsa partì da un gruppo di bolognesi che trasmettevano da una radio locale, amici di Kipper. Durante un giro in bicicletta con il quale tracciava la parola ART nel Nord Italia l'artista era scomparso. L'ultima apparizione era avvenuta a Udine, dove Kipper era stato ospite di alcuni conoscenti friulani, anch'essi attivisti di una radio. Chi l'ha visto? inviò una troupe a Bologna, quindi a Udine; intervistò gli amici di Kipper, i quali ricostruirono le tappe del suo percorso e ne descrissero il carattere. Infine la troupe RAI si spostò a Londra, dove incontrò gli amici inglesi di Kipper e filmò i luoghi frequentati da questo bizzarro personaggio, la sua casa, le sue opere. Il materiale ripreso venne montato e preparato per essere mandato in onda. Ma all'ultimo momento una provvidenziale telefonata all'ambasciata britannica e una ricerca anagrafica mirata costrinsero i responsabili della trasmissione a bloccare tutto. Risultò infatti che Harry Kipper non era mai esistito, era tutto falso, si era trattato di un inganno messo in pratica tra Bologna, Udine e Londra da un gruppo transnazionale di persone accomunate dall'uso della stessa sigla: Luther Blissett. Lo stesso che pochi giorni dopo rivendicò la beffa 59 svelandone tutti i retroscena ai quotidiani nazionali. Il punto più alto delle beffe mediatiche riguarda però l'episodio relativo agli avvenimenti di presunto satanismo a Viterbo: tra il 1996 e il 1997 la città viene percorsa da un'ondata di panico morale. Polizia e cronisti locali, preventivamente avvertiti da telefonate anonime e misteriosi messaggi murali, rinvengono nelle campagne viterbesi i resti di messe nere con vari ammennicoli satanici: gallinacci, candele, pentacoli e paccottiglia del genere. Negli stessi mesi pervengono ai giornali locali svariate lettere di cittadini che segnalano ulteriori tracce della presenza satanista nell'hinterland viterbese e gettano addirittura il sospetto che gli adoratori del demonio abbiano agganci nella giunta comunale. Ai giornalisti viene comunicata la nascita di un Comitato per la Salvaguardia della Morale i cui comunicati trovano spazio nelle pagine dei quotidiani locali. Il panico cresce, il clima si surriscalda, il vescovo di Viterbo è costretto a spendere più di una parola nelle sue omelie sul diffondersi del satanismo in città. E ancora lettere su lettere, articoli, scoop e controscoop: un anno di rassegna stampa. Poi alla redazione del Tg del Lazio e a quella di Studio Aperto (Italia I) perviene una videocassetta. È una ripresa rubata di nascosto ad un consesso satanista. Per la verità non si vede quasi niente: schermo nero frusciante, e un lumicino in lontananza con una cantilena in simil latino in sottofondo, interrotta dalle urla di una ragazza. La videocassetta è accompagnata da una lettera in cui l'anonimo videomaker Luther Blissett, Andrea Alberti ed Edi Bianco, 1994 Questa immagine è stata realizzata miscelando fotografie anni Trenta e Quaranta di prozii e parenti vari del gruppo. Diceva Quine: Se la verità è relativa ad un certo contesto, dov’è il punto di vista assoluto da cui giudichiamo questo fatto? rivela di aver seguito i satanisti fino al luogo del loro convegno, ma di non essersi potuto avvicinare di più per paura di essere scoperto. Il Tg regionale darà la notizia; Studio Aperto mostrerà il video con pesantissimi commenti. Una settimana più tardi al Tg 1, Gianluca Nicoletti mostra lo stesso filmato, ma nella versione integrale fattagli pervenire dal misterioso regista. Gli ingredienti sono gli stessi: buio lumicino, cantilena, urla ma la telecamera si avvicina sempre di più, fino ad entrare nella piccola costruzione, dove sta avendo luogo la messa nera: ci sono alcune figure incappucciate, intorno ad un fuoco. D'un tratto si tolgono i cappucci e si lanciano in una sfrenata tarantella, mostrando un poster di Luther Blissett. Nicoletti svela l'arcano. Le lettere ai giornali, il Comitato per la Salvaguardia della Morale, le scritte murali, i resti delle messe nere, fino al video rivelazione: tutto falso. Tutto orchestrato ad hoc dalla colonna laziale del Luther Blissett project.(3) Oltre a quello di mettere in ridicolo i media alimentando false leggende urbane Luther Blissett si pone come obiettivo l'abolizione del copyright, soprattutto su Internet, l'affermazione del concetto di identità multipla, la lotta all'individualità, indicato come il maggior male dell'occidente. Luther Blissett è la sigla collettiva di chi condivide l'obiettivo di portare il panico nei santuari del potere. Ma meglio di ogni descrizione può rendere l'idea uno dei manifesti che si trova in rete all'indirizzo del Luther Blissett Project: <Io sono Luther Blissett. Io mi rifiuto di 60 essere limitato da qualunque nome. Io ho tutti i nomi e sono tutte le cose. Incoraggio tutti i gruppi pop ad usare questo nome. Voglio vedere migliaia di gruppi con lo stesso nome. Nessuno possiede nomi. I nomi esistono per essere usati da tutti. I nomi, come tutte le parole, sono arbitrari. Io attacco il culto dell'individuo, gli egotisti, i tentativi di appropriarsi dei nomi e delle parole e farne un uso esclusivo. Io respingo il concetto di copyright. Prendi quello che puoi usare. Io respingo il concetto di genio. Gli artisti sono come tutti gli altri. L'individualità è l'ultimo e il più pericoloso mito dell'occidente. Io affermo che il plagiarismo é il metodo artistico realmente attuale. Il plagio è il crimine artistico contro la proprietà. È un furto e nella società occidentale il furto è un atto politico. Io voglio che tutti usino il mio nome. Usa questo nome perché è il tuo. Questo nome non appartiene a nessuno. Diventa anche tu Luther Blissett. Io cerco l'illuminazione attraverso la confusione. Io prospero sul caos. Io sarò prosaico. I miei significati saranno semplici. Non alluderò a secondi significati. I secondi significati sono la creazione di chi non è capace di dare piena corporeità alla realtà. Demolisci la cultura seria. E ricorda: se la vita fosse semplice non ci darebbe nessun piacere.> (Luther Blissett) (4) Ma l'episodio che più di tutti ha portato alla notorietà Luther Blissett è stato il processo penale che riguardava la performance psicogeografica svoltasi nella notte fra il 17 e il 18 giugno 1995, per la quale sono stati processati quattro dei partecipanti ad uno di questi giochi di psicogeografia, un concetto ereditato dal Situazionismo che propone di girare per le metropoli lasciandosi guidare solo dagli stati d'animo. L'obiettivo dell'happening era trasformare un tristissimo autobus notturno in un'occasione di festa. Così, secondo le indicazioni lanciate da Luther Blissett, ospite di una radio privata - Radio Città Futura - un centinaio di altri Luther Blissett s'è dato appuntamento al capolinea del mezzo. Chitarre, colori, strani vestiti e una videocamera. All'inizio nessun problema, Luther Blissett sostiene che nel gioco sono stati coinvolti anche gli autisti. Poi, però, l'arrivo della polizia, a causa dei biglietti. I Luther Blissett sostenevano di doverne pagare uno solo perché erano tutti la stessa persona. Questa tesi era risolvibile con una multa la situazione invece è degenerata: un agente ha sparato in aria e quattro Blissett sono finiti in Questura accusati di resistenza, oltraggio e violenza a pubblico ufficiale. Sono partite le denunce, accompagnate da un dettagliatissimo rapporto nel quale si spiega che i Luther Blissett altri non erano che autonomi e che la festa sull'autobus in realtà era <una manifestazione celebrativa di un filosofo marxista, tal Blissett>. Nel rapporto di polizia si dice che il gruppo di ragazzi è stato fermato per la natura delle idee politiche comuni a ciascuno degli individui che si sarebbero riuniti per commemorare la scomparsa di un ideologo di sinistra a nome di George Blissett. Ora, Enciclopedia Britannica alla mano, l'unico Blissett documentabile si chiama proprio George: non era un ideologo, ma un arcivescovo di età vittoriana. Sembra una barzelletta, o una beffa, ma stavolta Luther non Q, Luther Blissett Nel triennio 1996-98 quattro membri della colonna bolognese del LBP scrivono un romanzo storico, Q, pubblicato da Einaudi nel marzo 1999. Oltre per la complessità della trama e per il suo valore allegorico, il libro fa notizia perché pubblicato con la formula copyleft. Negli anni a seguire verrà tradotto in inglese, spagnolo, tedesco, olandese, francese, portoghese (brasiliano), danese e greco. c'entra e la polizia ha fatto tutto da sola. Luther Blissett ha fatto tanta presa nella comunità virtuale perché la cultura underground (soprattutto nella sua versione più avanzata, il cyber) ha da sempre fatto propri i movimenti d'avanguardia sia letteraria che artistica e internet inoltre è il media che si presta più degli altri alla non identificazione, alla falsa denominazione, concetti assolutamente propedeutici al concetto di identità multipla (e quindi non distinta) che è alla base di questo movimento. In una società dell'immagine un condividuo che rappresentando un'identità multipla non può venire iconizzato in un volto riconoscibile da tutti riesce a trovare spazio grazie a nuove tecniche come il morphing, che permette una fusione mixata tra varie immagini e che è stata utilizzata per realizzare un volto di Luther Blissett, assunto da tanti come icona ufficiale. Nel film Spartacus di Stanley Kubrick, tutti gli schiavi sconfitti e catturati da Crasso dichiarano di essere Spartaco, gli Zapatisti si dicono tutti Marcos; il nome collettivo non è solamente un'arma in mano ad un gruppo che deve resistere o combattere, ma ha anche una valenza fondativa, in quanto mira a costruire un mito aperto, elastico e ridefinibile dagli eventi. Il primo di questi miti collettivi fu l'identità multipla Klaos Oldanburg, propagata dall'artista inglese Stefan Kukowski e Adam Czarnowski a metà degli anni settanta. Cinque anni dopo, un altro artista americano, David Zack, propose Monty Cantsin come nome della prima pop star multipla di cui chiunque avrebbe potuto usare il nome. Sicuramente tracce del DNA di quest'idea del con-dividuo vanno ricercate nel situazionismo, il movimento estetico-politico nato negli anni '50 che si proponeva la destrutturazione delle forme artistiche e del linguaggio dei media per bocca del suo fondatore, Guy Debord che con la sua opera La società dello spettacolo nel '67 sostenne che la presenza continua ed invadente dei media in tutti gli ambiti della realtà potesse trasformarsi in un unica e grande mistificazione, a tutto vantaggio del potere politico ed economico (vedi pagina 34). I media, quindi, e con loro tutto l'establishment, per i situazionisti meritavano di <essere combattuti con le loro stesse armi>, misura per misura, falsità per falsità. Dice Luther Blissett stesso: <Pilato si chiedeva cosa fosse la verità. Blissett si domanda cosa ce ne freghi. Non solo della risposta al problema, ma dei suoi stessi termini. Molti hanno provato a dare una soluzione all'enigma. Pochi hanno detto che esso, semplicemente, non ha alcuna ragion d'essere>.(5) Q 61 Ci saranno tempi duri, soprattutto quando affronteremo la crisi economica che è già in atto, anche se continuamente si cerca di negarla mistificando i dati. Ma la cosa più importante è interrompere la trance mediatica nella quale siamo immersi, per riappropriarci della nostra mente, del nostro corpo, della nostra vita. Kalle Lasn Nel 1989 in Canada prese il via una campagna pubblicitaria milionaria commissionata, ad una delle più grandi agenzie di Vancouver, dall'industria di legnami della British Columbia, con l'intento di rassicurare gli abitanti che le loro foreste erano difese, protette e amministrate da persone competenti. Alle fermate degli autobus di tutta Vancouver erano comparsi poster con lo slogan Foreste per sempre e la televisione mandava continuamente in onda brevi spot che spiegavano quali fantastici benefici questa industria stesse portando alle foreste della zona. In realtà, le foreste della British Columbia e del nordovest americano avevano una storia terribile di malgoverno che si trascinava da anni. Le industrie del legname, amministrate secondo la logica che un albero non è altro che un pezzo di legno da sfruttare, avevano disboscato vaste zone in pochissimo tempo e le colline avevano finito per mostrare tagli netti. Un gruppo di attivisti tra cui Kalle Lasn progettarono una campagna, chiamata Foreste mistiche, con l'obiettivo di denunciare che l'industria stava disboscando a ritmi insostenibili e il futuro delle foreste della zona era in pericolo. Provarono ad acquistare spazi pubblicitari per i loro spot ma il responsabile della CBC respinse Foreste mistiche e continuò a vendere spazi televisivi alla campagna Foreste per sempre. Decisero quindi di reagire con forza: scrissero comunicati stampa, perseguitarono i giornalisti e protestarono di fronte ai quartieri generali delle compagnie di disboscamento. Comparvero i primi articoli sui giornali locali, le cronache dei telegiornali, i dibattiti sulle emittenti radiofoniche e immediatamente gli amministratori delegati delle industrie del legname cominciarono a fare marcia indietro. Centinaia di abitanti della British Columbia telefonarono negli uffici della CBC chiedendo a gran voce perché gli spazi televisivi erano stati concessi ad un industria disboscatrice ma non agli ambientalisti che difendono le foreste. Qualche settimana dopo inaspettatamente la CBC escluse la campagna Foreste per sempre dalla programmazione pubblicitaria. Molte persone cominciarono ad aver dei dubbi su quel che stava accadendo alle loro foreste e in più ad interrogarsi seriamente sulla credibilità della televisione. Racconta Lasn: <Avevamo battuto le industrie del legname con un budget irrisorio. Ci sentivamo euforici, vincenti. Fu in quegli anni di sensazionale entusiasmo che nacque l'Adbusters Media Foundation. Decidemmo di lavorare ad altre campagne televisive riguardanti alcuni dei più significativi problemi contemporanei, ancora allo Il caso Adbusters stato embrionale, e di insistere sul nostro diritto di utilizzare spazi pubblicitari televisivi. Nacque così la rivista di attivismo globale Adbusters>.(1) Grazie a questa prima vittoria, la rivista divenne il cuore dei jammer canadesi e di tutti coloro che si occupano di critica del sistema mediatico e particolarmente di critica della pubblicità. Abdusters infatti è l'unione di Ad (abbreviazione di advertisement, pubblicità o messaggio pubblicitario) e buster (da to bust, far fallire, rovinare). Verso la fine degli anni novanta il lavoro critico svolto dalla redazione di Adbusters si è trovato a convergere con un movimento di opinione sempre più ampio che ha messo sotto accusa le politiche economiche di tipo liberista, il potere sempre più aggressivo delle aziende multinazionali, l'estromissione della democrazia da parte di organismi internazionali non legittimati che esprimono solo l'interesse dei gruppi economici dominanti. Questo movimento di opinione è sfociato nel novembre 1999 in una contestazione di massa al vertice mondiale del World Trade Organizzation a Seattle, che ha segnato l'emergere delle posizioni che Adbusters aveva elaborato nel corso del decennio precedente. La città di Seattle è geograficamente vicina a Vancouver, e questo ha favorito la circolazione delle idee e degli stili comunicativi tra l'area dei culture jammer e l'area dei mediattivisti. Dopo l'esplosione di Seattle l'attenzione per la rivista ha continuato ad aumentare, e le pratiche di sovversione di cui Adbusters è stato promotore si sono diffuse in tutto il mondo. Alla fine del 2004 ottomila persone visitano ogni giorno il sito di Adbusters e il suo listserver conta settantacinquemila iscritti, la rivista si è diffusa a livello internazionale e ha aperto una sede a Londra. Ancora Lasn: <Abbiamo sempre creduto nel nostro lavoro, anche se costantemente in perdita, a parte gli ultimi due o tre anni. Siamo un gruppo no profit di cui fa parte anche l'agenzia di comunicazione Powershift, che si occupa di campagne per Greenpeace e per altre associazioni di questo tipo. Poi sono arrivati gli eventi di Seattle che ci hanno dato una maggiore visibilità, anche se in America eravamo già piuttosto seguiti a San Francisco, Boston, New York. Ora abbiamo una distribuzione molto più capillare, riusciamo a raggiungere Tokyo, Parigi e Londra. E presto sarà attivo un canale streaming, una piattaforma digitale, che permetterà di trasmettere in rete video realizzati dai Culture Jammer di tutto il mondo. Negli Stati Uniti dopo l'11 settembre il movimento di Seattle si è trovato in difficoltà. Ma ci sono fatti, penso ad esempio al caso Enron, che in qualche modo hanno riaperto i giochi. Mettendo in discussione un modello economico gonfiato, ma soprattutto mostrando per la prima volta che chi lavora all'interno delle corporation può porsi domande sulla validità del proprio operato. E questo malessere porterà anche a nuove forme di protesta. Non credo alla fine della Storia, penso invece si possa credere in una rivoluzione culturale che cambierà il nostro modo di vivere e pensare. Ci saranno tempi duri, soprattutto quando affronteremo la crisi economica che è già in atto, anche se continuamente si cerca di negarla mistificando i dati. Ma la cosa più importante è interrompere la trance mediatica nella quale siamo immersi, per riappropriarci della nostra mente, del nostro corpo, della nostra vita>.(2) Adbusters si autodefinisce nel suo sottotitolo Rivista per l'ambiente mentale. Il lavoro della rivista è partito dalla critica alla pubblicità ma attraverso questa si critica l'intera mutazione della società contemporanea: il diffondersi di psicopatie di origine sociale, l'epidemia di panico, di stress, di depressione, i disturbi dell'attenzione, particolarmente nell'età infantile e conseguentemente, l'enorme diffusione degli psicofarmaci e il ruolo centrale svolto dalle aziende farmaceutiche nell'influenzare le scelte della collettività (il caso del Prozac per la depressione e del Ritalin per i disturbi dell'attenzione infantile). Adbusters non è quindi soltanto una rivista di critica alla pubblicità, è anche un'occasione di ripensare l'intero ventesimo secolo come il secolo in cui è nata la necessità di una critica sulle questioni della mente collettiva. Nel lavoro di Adbusters si assiste al riemergere di segni e riferimenti che rimandano alle dichiarazioni di poetica e ai proclami politici dell'avanguardia storica e del movimento situazionisti. Ma altrettanto importante è il recupero dello stile grafico e delle tonalità ideologiche del manifesto di protesta fiorito in America negli anni sessanta e settanta, sull'onda del movimento contro la guerra del Vietnam. In quegli anni il patriottismo americano apparve come un artificio ipocrita sotto il quale si celavano le fattezze mortifere dell'imperialismo e dello sfruttamento economico. Eppure non venne mai meno il riferimento all'american dream, il sogno di un destino comune libertario, egualitario e internazionalista. E non venne mai recisa la comune radice delle diverse culture americane (quelle reazionarie, guerrafondaie e nazionaliste, ma anche quelle libertarie, pacifiste e cosmopolite) che si trova nella memoria del pionierismo e della frontiera, nella memoria di un’avventura di scoperta e di sfida verso un territorio incontaminato e aperto, metafora della modernità e del progresso senza confini. Questa mescolanza di una memoria dell'american dream e di un'amara consapevolezza del presente si ripresenta nel discorso e nello stile grafico di Adbusters. Ma il punto di partenza di Adbusters è radicalmente innovativo perché nuovo è il contesto in cui nasce la rivista. Il contesto è quello dell'economia virtualizzata che fornisce alla colonizzazione della mente nuovi strumenti e modalità. Nell'ultima parte del ventesimo secolo l'economia globale ha raggiunto una fluidità senza precedenti, perché l'informazione è diventata la merce più diffusa, trasportabile in ogni luogo in tempo reale. Le grandi corporation del tardo ventesimo secolo, come segnala Naomi Klein, sono essenzialmente delle macchine di produzione immaginaria, che hanno conquistato prima di tutto l'attenzione, il tempo mentale di enormi masse di uomini e donne in tutto il modo grazie al controllo del mediascape. La funzione del logo non è quella di indicare un oggetto, ma diversamente di Sfuma così un secolo di egemonia dell’avere, con il suo culto, il denaro, il suo segno esteriore, il successo, e il suo certificato, lo status sociale. Entra in scena l’essere, con la sua religione del piacere. Da qui in poi la sua ricerca è la realizzazione del Sè, la sua ricompensa l’inserimento sociale. Jacques Séguéla PREVIOUS SPREAD Obsession for woman Obsession for men Reality for men adbusters.org 64 predisporre lo spazio mentale entro il quale l'oggetto può essere commercializzato. Adbusters cerca di diffondere sovversione usando i principi capitalistici del marketing col motto di Beat them at their own game. L'antipubblicità è rivolta innanzitutto contro gli eccessi della società dei consumi: <La scommessa è vincere battaglie ambientali, culturali e ideologiche, e nel farlo creare nuovi paradigmi>. Chris Dixon, art director di Adbusters, assicura la qualità grafica e la sofisticazione progettuale della rivista con interventi di grandi maestri della fotografia contemporanea. Ma non mancano anche opere di designer emergenti che hanno individuato nel Creative Resistance Contest un concorso di idee dal taglio immaginifico e surreale, una palestra ideativa unica al mondo. Del resto Lasn è da sempre molto attento al linguaggio della comunicazione contemporanea e al ruolo del design nell'epoca del corporativismo globale: <I designer>, sostiene Lasn, <insieme ai comunicatori, sono i veri creatori del nostro ambiente mentale e del nostro principio di realtà. A differenza di molte altre professioni, il design è uno strumento chiave per la diffusione del sapere>. La rivista è stata premiata nel 1994 per la critica culturale con il Western Magazine Award for Magazine of the year. E nell'autunno del 1999 ha pubblicato insieme ad altre sei riviste di design (Eye and Blueprint in Inghilterra, the AIGA Journal in Nord America, Idea in Giappone, Items in Olanda e Form in Germania) il First Things First 2000 un manifesto che si rifà al First Things First promosso nel 1964 dal grafico inglese Ken Garland, firmatario anche di questa nuova edizione. La traduzione dall'inglese del documento qui riprodotto è di Giovanni Lussu. <Noi, qui sottoscritti, siamo progettisti grafici, art director e comunicatori visivi cresciuti in un mondo nel quale le tecniche e gli apparati della pubblicità ci sono stati persistentemente presentati come l'uso più lucrativo, efficace e desiderabile dei nostri talenti. Molti insegnanti e mentori promuovono questa credenza; il mercato la premia; una marea di libri e di pubblicazioni la rafforza. Incoraggiati in questa direzione, molti progettisti applicano quindi le loro capacità e la loro immaginazione a vendere biscotti per cani, caffettiere firmate, diamanti, detersivi, creme per capelli, sigarette, carte di credito, scarpe da jogging, birra leggera e fuoristrada. Il lavoro commerciale ha sempre pagato le fatture, ma molti grafici hanno ora lasciato che esso sia in larga misura tutto ciò che i grafici fanno. È questo il modo, d'altra parte, in cui il mondo percepisce la grafica. Il tempo e l'energia della professione sono usati per fabbricare domanda per cose che, al meglio, sono inessenziali. Molti di noi si trovano sempre meno a proprio agio con questo modo di vedere la progettazione. I progettisti che dedicano i loro sforzi alla pubblicità, al marketing e allo sviluppo delle brand image appoggiano, e implicitamente sottoscrivono, un ambiente mentale così saturo di messaggi commerciali da cambiare radicalmente il modo in cui il cittadino-consumatore parla, pensa, sente, reagisce e interagisce. In qualche misura stiamo tutti collaborando ad un codice pubblico di comunicazione riduttivo e incommensurabilmente dannoso. Ci sono applicazioni più valide, per le nostre competenze di risoluzione dei problemi di comunicazione. Situazioni critiche senza precedenti, ambientali, sociali e culturali, richiedono la nostra attenzione. Interventi culturali, campagne sociali, libri, riviste, mostre, strumenti educativi, programmi televisivi, film, cause di beneficenza e altri progetti basati sull'informazione richiedono urgentemente la nostra esperienza e il nostro aiuto. Proponiamo un rovesciamento delle priorità a favore di forme di comunicazione più utili, più durevoli e più democratiche - una svolta dal marketing di prodotto verso l'esplorazione e la realizzazione di un nuovo tipo di significato. Il campo di discussione si sta restringendo; esso deve espandersi. Il consumismo si propaga indisturbato; esso deve essere sfidato da altre prospettive, espresse almeno in parte per mezzo dei linguaggi visivi e delle risorse della progettazione. Nel 1964 ventidue comunicatori visivi firmarono l'appello originale per un'utilizzazione più valida delle nostre competenze. Con la crescita esplosiva della cultura commerciale globale, il loro messaggio è solo diventato più urgente. Oggi noi rinnoviamo il loro manifesto, auspicando che non passino altri decenni prima che esso sia assunto>. Buy Nothing Day, adbusters.org Per 24 milioni di persone in tutto il mondo non hanno partecipato. Hanno fatto una pausa. Hanno compiuto la piccola scelta di comperare niente. Si sono tirate indietro e goduto un po di calma. Insieme hanno detto alla Esso, alla Nike, alla Coca cola e a tutte le altre corporation: quando è troppo è troppo. E hanno partecipato alla costruzione di questo movimento che vuole ripensare al nostro consumo insostenibile. Adbusters 65 Turn off week, adbusters.org Lo Sciopero dei Telespettatori del 2004 ha raccolto anche in Italia migliaia di adesioni pubbliche e private: musei e teatri, associazioni culturali e biblioteche, negozi, ristoranti, alberghi e librerie hanno accolto l'invito concedendo visite gratuite, sconti, omaggi a chiunque si presentasse con il telecomando, mentre su tutto il territorio nazionale fiorivano iniziative e manifestazioni per ritrovarsi nei luoghi pubblici, nelle strade e nelle piazze. Nike, adbusters.org Lo sfruttamento dell’età, della paura e del desiderio di essere accettati dalla società sono elementi correlati in modo così stretto che è difficile scinderli allo scopo di esaminarli. Ma vengono davvero sfruttati, logorando spietatamente e continuamente l’immagine che abbiamo di noi attraverso l’equazione giovinezza=popolarità, popolarità=successo, successo=felicità. OPPOSITE BOTTOM 67 Il bisogno di un sistema che permetta il facile raggiungimento delle informazioni. Non esiste infatti ad ora un artefatto comunicativo, un sito internet o un portale o che permetta la condivisione di esperienze, tematiche e conoscenze tra i diversi gruppi di attivisti. Linee guida di progetto Grazie al lavoro di analisi svolto in questa tesi si sono evidenziati alcuni aspetti del movimento di culture jamming che sono divenuti le linee guida di un progetto. Primo fra tutti, il bisogno di un sistema che permetta il facile raggiungimento delle informazioni che si trovano al momento nei contenuti dei siti pubblicati da gruppi autoriali distinti e con collocazioni geografiche diverse. Non esiste infatti ad ora un artefatto comunicativo, un sito internet o un portale o che permetta la condivisione di esperienze, tematiche e conoscenze tra i diversi gruppi di attivisti. Parallelamente è emerso un bisogno di una maggiore visibilità che permetta agli attivisti di raggiungere la massa critica e diffondere il dibattito e alimenti la discussione. Per questo è stato elaborato un sistema cross media che consenta la diffusione e condivisione delle informazioni e dei contenuti prodotti dai singoli gruppi autoriali definiti culture jammer. Questo progetto consta di un portale web pensato come un contenitore interattivo capace di cercare e ricevere contenuti indicizzati secondo chiavi di lettura semantiche individuate da un data base. Il sistema si autoalimenta attraverso una contribuzione aperta basata sul Progetto format nato dalla ricerca di mapping e cerca di essere nella sua immagine coordinata quanto più lontano da un logica di brand o da una community politicamente schierata ma evolvere le proprie caratteristiche conseguentemente alla formazione di una community. Si è anche immaginato l’utilizzo di media diversi dalla rete per raggiungere gli stessi obiettivi, è stata quindi ipotizzata la progettazione di un approfondimento in quindici puntate applicabile ad un canale satellitare. Le puntate potrebbero seguire lo stesso schema di classificazione secondo le categorie format e subject precedute da una puntata introduttiva che racconti le linee generali del fenomeno culture jamming. Allo stesso modo si potrebbe dare vita ad una community che grazie alle nuove tecnologie dei cellulari permetterebbe di scambiare informazioni ed esperienze, e quindi foto immagini e video raccolte dagli utenti e condividerle con gli iscritti al gruppo. Il portale Il portale si compone di una home page che contenga link diretti a tutti contenuti del sito e ne permetta il facile raggiungimento. Il data base di siti internet relativi ai gruppi di culture jamming è stato riorganizzato e reso evidente da un interfaccia che li classifica nelle due principali categorie evidenziate precedentemente - subject e format - e nelle loro sotto categorie. All’interno delle pagine relative sono stati inseriti dei collegamenti diretti ai siti citati. I siti internet che vengono inseriti nel data base permettono la ripubblicazione dei loro contenuti che devono essere inviati dai gruppi autoriali stessi attraverso un format di contribuzione. È stata prevista una pagina di news che porterà in evidenza le notizie riguardanti il culture jamming e che potranno essere indicizzate attraverso l’inserimento di parole chiavi, data o con un meccanismo di indicizzazione casuale. L’analisi dell’utenza d’uso di questo portale ha permesso l’identificazione di tre categorie principali di fruitori: Un gruppo di culture jammer con un sito internet già on line che conosce il background di riferimento e che desidera pubblicare i propri contenuti e che il proprio sito sia direttamente 69 raggiungibile dalle pagine di subject e format. Un singolo che non ha un sito internet che però conosce la pratica del culture jamming e vuole condividere i propri artefatti comunicativi o le proprie esperienze. Un navigatore che non conosce l’esistenza dell’attivismo culturale ma che desidera conoscere questa realtà. Per soddisfare queste tre categorie di utenti è stata progettata una community che permetta diversi livelli di partecipazione: l’iscrizione ad una newsletter che permette di ricevere nella propria casella di posta elettronica le news pubblicate sul sito o qualunque evento di interesse; un blog a contribuzione aperta dove poter inviare i propri prodotti o discutere di tematiche o segnalare informazioni che possano interessare la comunità; un format di contribuzione che permetta di inserire il proprio sito nel data base e inviare i contenuti perché vengano indicizzati e ripubblicati. Il portale contiene una pagina di spiegazione che racconti il fenomeno del culture jamming e la progettazione del portale stesso. 71 ®tmark - www.rtmark.com 0100101110101101 - 0100101110101101.org aarrg - www.aarg.org abrupt culture jamming - www.abrupt.org adbusters culture jammers headquarters - www.adbusters.org advertisers Anonymous - www.critpath.org/illcompute/myfault.html ameriCON inc usa - www.lastminute-records.com/americon anti-trend - www.anti-trend.com are you generic? - www.areyougeneric.org artistici/inventati - www.inventati.org BAP brigade anti-pub - www.bap.propagande.org billboard liberation front - www.billboardliberation.com biotic baking brigade - www.bioticbakingbrigade.org bordergames - www.bordergames.org BUGA UP - www.bugaup.org cacophony society - cacophony.org california department of corrections – www.geocities.com/billboardcorrections/index.htm candida - www.candidatv.tv caspam - caspam.org/index.php casseurs de pub - www.casseursdepub.org chainworkers - www.chainworkers.org church of stop shopping - revbilly.com/index.php conglomco - conglomco.org consume hasta morir - www.consumehastamorir.com contempl8 - contempl8.net corporatewatch - www.corporatewatch.org.uk corpwatch - www.corpwatch.org crimethInc - www.crimethinc.com culture jamming - bam.nakedfella.com/index.shtml culturejam - www.culturejamthefilm.com datablob - www.datablob.com despair Inc - www.despair.com d-i-n-a - www.d-i-n-a.net dinero gratis - www.eldinerogratis.com disinformation - www.disinfo.com disinformazione - www.disinformazione.it dissidences-communes - www.dissidences-communes.net earth first! - /www.earthfirstjournal.org eglise de la tres sainte consommation - consomme.free.fr el horizontal - www.geocities.com/el_horizontal enjoy the sign - www.enjoythesign.com enormicom.com - www.enormicom.com erroneo - www.erroneo.org false advertising - parody.organique.com feed the mannequins - www.angelfire.com/ego/feedmanneqs franke stine - www.frankestine.com free words project - www.freewords.org freeway blooger - www.freewayblogger.com guerilla news network - gnn.stolendev.com guerriglia marketing - www.guerrigliamarketing.it guerrilla girls - www.guerrillagirls.com hyper-redundant-mart - www.trojanmedia.org/hypermart.html I’m changing the climate - www.changingtheclimate.com infiltration - www.infiltration.org infokiosques - infokiosques.net interdimensional pixie broadcast network – www.geocities.com/pixiewarp/index.html joey skaggs - www.joeyskaggs.com kill your television - www.turnoffyourtv.com Database US IT FR US CA US US US US IT FR US US ES AU US US IT FR FR IT US US/UK ES US UK US US AU CA US US IT/ES/US AR US IT FR US FR AR US IT US US US US US US IT US US US CA FR UK US US 72 la meute - lameute.org.free.fr FR landover baptist church - www.landoverbaptist.org US le publiphobe - www.indesens.org/publiphobe/le_publiphobe.htm FR luther blissett project - www.lutherblissett.it IT mark dery's pyrotechnic insanitarium - www.markdery.com US mayday - www.euromayday.org IT mc spotlight - www.mcspotlight.org UK mejor vida corp. - www.irational.org/mvc MX microsuck - www.fuckmicrosoft.com US modern TV - www.moderntv.com US motivados.org - www.motivados.org ES moutons moutardes - free.hostdepartment.com/a/antipub/heros.html FR negativland - www.negativland.com US new brainframes - www.newbrainframes.org IT new global vision - www.ngvision.org IT nobody for president - www.vote-nobody.com US obey giant - www.obeygiant.com US pantheresroses - www.pantheresroses.org FR paysagesdefrance - paysagesdefrance.free.fr FR people like us - www.peoplelikeus.org UK plagiarist - plagiarist.org US popaganda - www.popaganda.com US post consumer productions - www.postconsumerproductions.com US public space iniziative - www.action-tank.org/psi US R.A.P. résistance à l’agression publicitaire - antipub.net FR R.A.P., belgique - www.antipub.be BE reclaimthestreets - www.reclaimthestreets.net UK santarchy - santarchy.com US SCCPP sabotaje contra el capital pasándoselo pipa - www.sindominio.net ES sedentarialists - theantimovement.com US sexyshock - www.ecn.org/sexyshock/menu2.htm IT slumber inc - www.slumberinc.com US sniggle.net - www.sniggle.net US social activism - arts.abc.net.au/headspace/rn/bbing/trouble/default.htm AU society for a logo free tv - www.colossus.net/nologo.html US soy bomb nation - www.hiphopmusic.com/soybomb.html US states of control - www.statesofcontrol.com US stay free! - www.stayfreemagazine.org US stoppub - stoppub50.free.fr/main.html FR strano network - strano.net IT subvertise - www.subvertise.org UK tactical media crew - www.tmcrew.org IT target market - www.targetmarket.org US team 7 - www.geocities.com/soho/9959 IT the aesthetic meat foundation - www.amf.addr.com US/DE the complacent organization - www.complacent.org US the detroit project - www.detroitproject.com US the droplift project - www.droplift.org US the great sweatsuit revolution - www.thegreysweatsuitrevolution.com CA the institute for applied autonomy - www.appliedautonomy.com US the national cynical network - www.nationalcynical.com US the whirled bank - www.whirledbank.org US the white dot - www.whitedot.org/issue/iss_front.asp UK the yes men - theyesmen.org US/FI together we can defeat capitalism - www.twcdc.com US TV-B-Gone - www.tv-b-gone.com US unamerican activities - www.unamerican.com US urbanize.org - www.urbanize.org US vacuum cleaner - www.thevacuumcleaner.co.uk UK vancomolocos - www.vancomolocos.com ES world intellectual piracy organization - www.wipo.org.uk UK yomango - yomango.net AR/ES/CL 73 Capitolo zero 1 Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondadori, 2004, p. 14. 2 Dal manifesto dell’hackmeeting 2002, svolto al TPO (Teatro Polivalente Occupato), centro sociale bolognese. 3 Traduzione dal Jargon file su www.annozero.org. 4 Eco Umberto, Per una guerriglia semiologica (comunicazione al congresso Vision ‘67, New York, ottobre 1967) in Il costume di casa, Milano, Bompiani, 1973, pp. 297-298. 5 Huxley Aldous, Il mondo nuovo, Milano, Mondadori, 2005, p. 3. Effetti collaterali della pubblicità 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Zanacchi Adriano, Pubblicità: effetti collaterali, Roma, Editori Riuniti, 2004, p. 12. Zanacchi, op.cit., pp. 37-38. Zanacchi, op.cit., p. 21. Lasch Chistopher, La cultura del narcisismo. L'individuo in fuga dal sociale in un'età di disillusioni collettive, Milano, Bompiani, 2001, pp. 87-88. Bauman Zygmunt, Società, etica, politica, Milano, Cortina Editore 2002, p. 120. Morgan Michael e Shanahan James, Television Viewing and Voting 1957-1989, in Electoral Studies, 1992,11,1, pp. 3-20. Pollay Richard W., The distorted mirror: Reflections on the Unintended Consequences of Advertising, Journal of Marketing,1986 in Adriano Zanacchi, Pubblicità: effetti collaterali, Roma, Editori Riuniti, 2004, p. 208. Baudrillard Jean, Il sogno della merce, Milano, Editori di comunicazione, 1997, p. 91. Séguéla Jacques, Hollywood lava più bianco, Milano, Lupetti, 1985, p. 44. Fini Massimo, Il vizio oscuro dell'occidente, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 57-58. Zanacchi Adriano, op.cit., p. 77. Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondatori, 2004, p. 15. Che cos’è il culture jamming 1 2 3 4 5 Racconto tratto da Notes from Nowhere (a cura di), Siamo dappertutto, Milano, Marco Tropea, 2004, p. 244. "Bifo" Berardi Franco (a cura di), Errore di sistema, Milano, Feltrinelli Editore, p. 101. "Bifo" Berardi Franco, op. cit., p. 22. Blissett Luther et al., Comunicazione-guerriglia. Tattiche di agitazione gioiosa e resistenza ludica all'oppressione, Roma, DeriveApprodi 2001, pp. 46-47. Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondatori, 2004, pp. 171-172. L’importanza del web 1 Klein Naomi, Recinti e finestre, Milano, Baldini&Castoldi, 2003, p. 37. 2 Silvestri Daniele, Livre Transito, disc 1, Kunta Kinte, strofa II, Sony Music 2004. Politico vs culturale 1 Klein Naomi, Recinti e finestre, Milano, Baldini&Castoldi, 2003, p. 37. 2 Klein Naomi, op.cit., p. 48. I confini con l’arte 1 <I begun to understand that outside the market there is nothing - not a piece of lint, cardigan, a coffee table, a human being>. 2 <Immagine a city where graffiti wasn't illegal, a city where everybody could draw wherever they liked. Where every street was awashed with a million colors and little phrases. Where standing at a bus stop where never boring. A city that felt like a living breathing thing which belonged to everybody, not just the estate agents and barons of big business. Immagine a city like that and stop leaning against the wall - it's wet>. Da www.bansy.co.uk Note 74 The subject way Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondadori, 2004, pp. 102-103. Beigbeder Frèdèric, Lire 26.900, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 64-65 . Lasn Kalle, op.cit., p. 68. Racconto tratto da Notes from Nowhere (a cura di), Siamo dappertutto, Milano, Marco Tropea, 2004, p. 60. 5 il Criminal Justice Bill è la legge approvata nel 1995 dal governo inglese che criminalizza l’azione diretta, i rave e le occupazioni abusive, oltre a sopprimere il diritto a non rispondere di chi è agli arresti. 6 Chomsky Noam, Il bene comune, Milano, Edizioni Piemme, 2004, pp. 82-83. 7 De Martino Giulio (a cura di), Antologia del dissenso, Napoli, Intra Moenia, 2001, p. 405 1 2 3 4 The format world 1 Blissett Luther et al., Comunicazione-guerriglia. Tattiche di agitazione gioiosa e resistenza ludica all'oppressione, Roma, DeriveApprodi 2001, p. 65. Luther Blissett 1 2 3 4 5 Blissett Luther, Totò, Peppino e la guerra psichica 2.0, Torino, Einaudi, 2000, p. XI. Blissett Luther, op. cit., p. XXXI. Blissett Luther, op. cit., pp. XXV-XXVIII. www.lutherblissett.net Blissett Luther, op. cit., p. 52. Adbusters 1 Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondatori, 2004, p. 64. 2 Pignatti Lorenza,"Niente logo siamo adbusters", D. La repubblica delle donne, 6 luglio 2002, p. 28. 75 Azzone Giovanni, Innovare il sistema di controllo di gestione, Milano, Etas, 2003 Barry Max, Logo land, Casale Monferrato, Piemme, 2004 Baudrillard Jean, Il sogno della merce, Milano, Editori di comunicazione, 1997 Bauman Zygmunt, Società, etica, politica, Milano, Cortina Editore 2002 Beigbeder Frèdèric, Lire 26.900, Milano, Feltrinelli, 2001 Bello Walter, Il futuro incerto, Milano, Baldini e Castoldi, 2002 Berardi "Bifo" Franco (a cura di), Errore di sistema, Milano, Feltrinelli, 2003 Blissett Luther et al., Comunicazione-guerriglia. Tattiche di agitazione gioiosa e resistenza ludica all'oppressione, Roma, DeriveApprodi 2001 Blissett Luther, Q, Torino, Einaudi, 2000 Blissett Luther, Totò, Peppino e la guerra psichica 2.0, Torino, Einaudi, 2000 Bonfantini Massimo, Breve corso di semiotica, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000 Bonfantini Massimo et al., Segni sui corpi e sugli oggetti, Bergamo, Moretti&Vitali, 1999 Buchanan Mark, Nexus. Perché la natura, la società, l'economia, la comunicazione funzionano allo stesso modo, Milano, Mondatori, 2003 Castellini Luciana (a cura di), Il cammino dei movimenti, Napoli, Intra Moenia, 2003 Chomsky Noam, Herman Edward S., La fabbrica del consenso, Milano, Marco Tropea, 1998 Chomsky Noam, Il bene comune, Milano, Edizioni Piemme, 2004 De Martino Giulio (a cura di), Antologia del dissenso, Napoli, Intra Moenia, 2001 Deaglio Marco, Postglobal, Roma-Bari, Laterza, 2004 Debord Guy, La società dello spettacolo, Milano, Baldini e Castoldi Dalai, 2004 Eco Umberto, Per una guerriglia semiologica (comunicazione al congresso Vision '67, New York, ottobre 1967) in Il costume di casa, Milano, Bompiani, 1973 Falabrino Gian Luigi, Pubblicità serva padrona, Milano, Il Sole 24 ORE, 1999 Fawcett-Tang Roger, Mapping, Mies (SW), Rotovision, 2002 Fishel Catharine, Minimal graphic, Germany, Gingko Press, 1999 Fontana Walter, Non ho problemi di comunicazione, Milano, RCS Libri, 2004 Goffman Ken, Joy Dan, Controculture. Da Abramo ai no global, Roma, Fazi, 2004 Hillman James, Il potere, Milano, Rizzoli, 2002 Huxley Aldous, Il mondo nuovo, Milano, Mondadori, 2005 Johnson Steven, La nuova scienza dei sistemi emergenti, Milano, Garzanti, 2004 Jordan Tim, Azione diretta. Le nuove forme della disobbedienza radicale, Elèuthera, 2003 Kahn Paul, Lenk Krzysztof, Mapping web sites, Milano, Progetto Editrice, 2001 Kelly Kevin, Out of control, Milano, Apogeo, 1996 Kerckhove de Derrick, Brainframes. Mente tecnologia, mercato, Bologna, Baskerville, 1993 Klein Naomi, Recinti e finestre, Milano, Baldini&Castoldi, 2003 Klein Naomi, NO LOGO, Milano, Baldini&Castoldi, 2000 Lasch Chistopher, La cultura del narcisismo. L'individuo in fuga dal sociale in un'età di disillusioni collettive, Milano, Bompiani, 2001 Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondatori, 2004 McLuhan Marshall, Fiore Quentin, The medium is the massage, Germany, Gingko Press, 2001 Opere consultate 76 Militant A (Assalti Frontali), Il viaggio della parola. La potenza del linguaggio zapatista, Roma, 2001 Noble Ian, Bestley Russell, Experimental layout, UK, Rotovision, 2001 Notes from Nowhere (a cura di), Siamo dappertutto, Milano, Marco Tropea, 2004 Packard Vance, I persuasori occulti, Torino, Einaudi, 1989 Pasquinelli Matteo (a cura di), Media Activism, Roma, DeriveAprrodi, 2002 Pirella Emanuele, Il copywriter. Mestiere d’arte, Milano, Il Saggiatore, 2001 Pittèri Daniele, La pubblicità in Italia, Roma-Bari, Laterza, 2003 Séguéla Jacques, Hollywood lava più bianco, Milano, Lupetti, 1985 Stewart Jon et al., America, New York-Boston, Time Warner Book Group, 2004 Subcomandante Insurgente Marcos, Lybertad y dignidad, Roma, Datanews, 2004 Testa Annamaria, Le vie del senso, Roma , Carocci, 2004 Tufte Edward R., The Visual Display of Quantitative Information, Graphics Press, 2001 Tufte Edward R., Visual Explanations: Images and Quantities, Evidence and Narrative, Graphics Press, 1997 Tufte Edward R., Envisioning Information, Graphics Press, 1990 Vettese Angela et al., Barbara Kruger, Siena-Prato, Gli ori, 2002 Weinberger David et al., Cluetrain manifesto, Roma, Fazi Editore, 2001 Wolf Mauro, Gli effetti sociali dei media, Milano, Bompiani, 1998 Wurman Richard Saul, Understanding Usa, 1999 Zanacchi Adriano, Pubblicità: effetti collaterali, Roma, Editori Riuniti, 2004 77 78 Giovanni Baule per la conoscenza, la competenza e sopratutto per quel sorriso entusiasta jader per essere una di quelle persone da cui vengono sempre cose buone Paolo Casati per essere sempre un passo più avanti e fermamente convinto a trascinarti con sè ali per tutte le rassicurazioni, i trattamenti d’urto e per essere sempre presente soprattutto negli sconvolgimenti politici epocali mamma perchè è la terza volta che cambio questa frase senza trovare mai le parole adatte, forse perchè sei la persona più favolosa, insostituibile e stupenda che conosco, e sei pure mia mamma rt perchè mi fai stare meglio del prozac, perchè conosci la parola regalo anche se a natale sei sempre preoccupato e perchè se ci fossero più persone come te il mondo sarebbe un posto migliore shashi per il fatto di desiderare tanto essere in quinta posizione e perchè ho imparato che ciascuno di noi deve solo trovare la propria dimensione simo per essere la cosa che in assoluto più si avvicina ad un amico do perchè è una di quelle persone incredibili da cui ho veramente tanto da imparare viola perchè sa essere così cool senza essere mai antipatica, perchè di design ne sa un sacco ma fa finta di niente e perchè ha anche lei difficoltà con il genere femminile dade perchè è sempre presente da ancor prima che mi ricordassi il suo nome gabu per la fortuna, la fiducia e l’essere come me fudo perchè ha deciso di non ringraziare nessuno nella sua tesi e perchè secondo me sta organizzando Il Piano angela per i purtroppo pochi momenti in cui torniamo ad essere quelle di una volta e poi tutti i ragazzi della Bates, Daniele, Stanich, Paola, Rubens e gli altri, quelli che la pubblicità la fanno davvero (in che mani siamo capitati!) a Elena e Elsa che ultimamente mi sono state vicine e che mi sopportano anche se sono un po’ strana Iolanda e Elio Tomasoni che sono sempre forti ed energetici nei momenti felici e in quelli di difficoltà ai ragazzi Hal, Iori, Monte e tutti gli altri papi perchè questa volta mi ha preso veramente sul serio faber per l’incipit e per essere perennemente esempio di sana follia a Giampaolo, Anna, l’Andres, al mio Giacomo preferito, Sere e Andrè, Francesca cristina per tutti i pomeriggi sulle scale, per la continua lotta per un mondo migliore in cui crescere tuo figlio juan per tutti gli insegnamenti, il metodo e le perle di saggezza grafica come <tratta il testo come se fosse un’immagine> paolo perchè se ci fossi stato sarebbe stato più bello. Ringraziamenti