sistema culture jamming

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sistema culture jamming
 Politecnico di Milano
Facoltà del Design
Corso di Laurea in Disegno Industriale
Ordinamento Comunicazione
sistema culture jamming
Relatore
prof. Giovanni Baule
Correlatore
dott. Paolo Casati
Gaia Scagnetti
Matricola 186305
anno accademico 2004-2005
qualche anno fa
il fidanzato di una delle mie amiche più care
dovendo esprimere un giudizio su di me
disse che pensava fossi riot
non disse ribelle
disse proprio riot
era la prima volta che sentivo quel termine
e da allora non mi è mai più uscito dalla testa
a tutti i riot
IMAGE FREE ZONE
thinking space
5
Glossario
Capitolo zero
Effetti collaterali della pubblicità
Che cos’è il culture jamming
L’importanza del web
Politico vs culturale
I confini con l’arte
Timeline ed evoluzione
Mapping dei movimenti
The subject way
The format world
Case history: Luther Blissett
Adbusters
Progetto
Appendice: Database dei gruppi di culture jamming
Note
Bibliografia
Ringraziamenti
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20
24
30
34
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Le utopie sono realizzabili. La vita marcia verso le utopie.
E forse un secolo nuovo comincia; un secolo nel quale gli
intellettuali e la classe colta penseranno ai mezzi
d’evitare le utopie e di ritornare a una società non
utopistica, meno perfetta e più libera.
Nicola Berdiaeff
L’analisi del movimento di culture
jamming ha permesso di osservare
come il concetto di attivismo sia
cambiato negli ultimi vent’anni e ha
raccontato un nuovo modo di
partecipare al cambiamento della nostra
cultura. I movimenti di controcultura
che si sono sviluppati nei diversi
contesti sociali e culturali con la loro
eterogeneità e disorganizzazione ci
insegnano che se l’attivismo è qualcosa
fatto insieme da molte persone,
l’essenziale però non è essere più di uno
ma il senso di solidarietà che si sviluppa
attuando la trasgressione. C’è un senso
d’identità comune, che nasce nel
momento in cui si riconoscono negli altri
la rabbia, la paura, la speranza o altri
sentimenti suscitati dalla trasgressione.
Una delle prime partecipanti dal raduno
femminile di protesta contro i missili
Cruise di Greenham in Gran Bretagna,
ricordava di aver discusso del carattere
della manifestazione con una delle
organizzatrici: <Le ho chiesto se era una
cosa femminista o religiosa. Lei mi ha
detto no… no, sono solo donne come te>.
Un gruppo di protesta nasce quando le
persone ritrovano negli altri le proprie
delusioni e aspirazioni, i propri desideri
di trasgressione rispetto allo stato
attuale del mondo. La solidarietà è il
risultato di queste interazioni, il
riconoscere l’esistenza di un noi
composto da tanti distinti io. Solidarietà
e trasgressione, collettivo e azione sono
i fratelli gemelli dell’attivismo. È il
riconoscere negli altri il proprio
desiderio di cambiare il modo di vivere
consueto. L’attivismo nasce quando le
persone scoprono una nell’altra la
volontà e il desiderio di mutare la
quotidianità dell’esistenza. Che si
rivendichi la fine del capitalismo globale
o la presenza di aree verdi nel proprio
quartiere, un’azione collettiva, per
essere politica deve trasgredire lo stato
di cose esistenti.
<Mi trovavo nel parcheggio di un
supermercato nei pressi di casa mia e
stavo per inserire una moneta in un
carrello per la spesa. Improvvisamente
mi sono accorto di ciò che stavo
facendo. Eccomi là, a pagare il mio
tributo per il privilegio di entrare in un
negozio in cui mi servo ogni settimana,
ma che in realtà detesto, una filiale di
una triste catena di supermercati che in
genere non vende nemmeno prodotti
locali. Che mi obbliga sempre a fare
lunghe file per pagare e, alla fine, mi
spinge a riportare il carrello della spesa
nel posto esatto dove gli esperti hanno
decretato, ad infilarlo in una serie di
altri carrelli simili, riagganciarlo,
premere il bottone rosso e riprendermi
la mia dannata moneta.
Una piccola valvola dentro di me ha
cominciato a funzionare. Mi sono
fermato. Mi sono guardato attorno per
Capitolo zero
assicurarmi che nessuno mi stesse
osservando. Poi, ho pescato una vecchia
moneta che avevo in tasca e l’ho infilata
con quanta più forza potevo nella
fessura per il rilascio dei carrelli. Quindi,
con il ciondolo portafortuna a forma di
Buddha del mio mazzo di chiavi, ho
cominciato a battere con forza sulla
moneta, fino ad incastrarla del tutto.
Non mi sono posto nemmeno il
problema se quello che stavo facendo
fosse morale oppure no – ho solo
lasciato fare alla rabbia che avevo
dentro. Erano mesi che non mi sentivo
così vivo>.(1)
La trasgressione implica un
cambiamento reale o simbolico di
condizioni di normalità. Nel 1981, in
Arizona, un gruppo di persone organizzò
una protesta contro la costruzione di
una diga sul Glen Canyon. Mentre
qualcuno distraeva la polizia, altri
srotolavano lungo il fronte della diga un
nastro di polietilene con una crepa
dipinta sopra, dando l’illusione che la
diga si stesse spaccando.
La trasgressione riguardava la solidità
simbolica di quella costruzione, che è
una caratteristica essenziale nel suo
stato di esistenza normale: una diga con
una crepa lunga cento metri non è certo
accettabile come un fatto scontato.
Gli attacchi alla pubblicità o le parodie
degli spot funzionano allo stesso modo,
trasgredendo i simboli che formano la
Critical mass
Lo straniamento funziona non solo come metodo
distruttivo, ma anche come piccola guida ad una prassi di
trasformazione sociale
nostra esistenza quotidiana.
Ogni esempio di culture jamming
rappresenta un tentativo di ribaltare e di
trasgredire il significato di codici
culturali il cui scopo principale è quello
di convincerci a comprare qualcosa o a
conformarci a un certo modello.
Non sono semplici azioni contro la
pubblicità, perché i codici culturali
contestati vanno da quelli che ci
spingono ad acquistare un prodotto a
quelli che formano bisogni e desideri
collettivi. Sono codici controllati dalle
grandi imprese private, il loro scopo è di
generare stili di vita, forme d’identità e
bisogni che siano al servizio di chi li ha
finanziati. Quando i principali codici
culturali vengono colonizzati da alcuni
settori della società e adattati ai bisogni
di questi, sfruttando le ingenti risorse
creative a loro disposizione, anche
l’attivismo si trova a dover resistere
attraverso i simboli.
I codici culturali delle grandi imprese
hanno finito per prendere il sopravvento
e costituiscono gran parte del panorama
dei desideri, plasmando le nostre
passioni e adeguandole alle loro
esigenze. Il linguaggio del desiderio
determinato da logiche d’impresa è un
linguaggio che troppi di noi parlano in
modo inconsapevole. Le attività dei
culture jammer prendono le mosse
proprio dalla consapevolezza di questo
disastro culturale, riprendendone i
linguaggi per volgerglieli contro.
Con questo attacco si annulla la
subordinazione dei nostri bisogni a quelli
del profitto e si sviluppano nuovi
linguaggi con cui le comunità e i singoli
individui possano esprimere bisogni
propri. <Dieci anni fa non ci curavamo
molto della quantità di sostanze
chimiche presenti nel nostro cibo, o
degli inquinanti atmosferici. Pensavamo,
senza ombra di dubbio, che queste
fossero nei limiti consentiti. Ci
sbagliavamo di grosso. Oggi potremmo
compiere un simile errore a proposito
dell’inquinamento mentale e continuare
ad assorbirne passivamente enormi dosi
senza curarcene più di tanto>.
Se il punto di partenza del culture
jamming è quello di riprendere,
deformandoli, i codici culturali
predominanti che permeano i nostri
linguaggi del desiderio e del bisogno, il
punto di arrivo è contemplare le rovine di
questi codici e di assistere all’emergere di
forme ancora inimmaginabili di
produzione del desiderio.
A differenza della politica tradizionale
la trasgressione del nuovo attivismo è
un attacco al modo in cui le norme
sociali, le credenze, le oppressioni, le
ineguaglianze si riproducono.
Quella struttura organizzativa unica
che talora si presenta all’interno dei
movimenti operai, per esempio
nell’universo gerarchico dei sindacati
ufficiali non è applicabile alla maggior
parte dei movimenti culturali.
Può capitare che gli attivisti
trasgressivi del XXI secolo formino
organizzazioni, ma non sono mai
soggetti ad un organizzazione unica.
Così esaminando i vari movimenti che
si ispirano al futuro si evidenzia la loro
natura reticolare o disorganizzata.
<In relazione agli articoli già pubblicati o
di futura pubblicazione riguardo ai
processi nei confronti dei leader di
Reclaim the Streets questa
organizzazione tiene a sottolineare di
essere un gruppo non gerarchico, senza
capi, con una struttura aperta e che
agisce alla luce del sole. Non c’è
7
nessuno che pianifica le sue azioni,
nessun cervello che le manovra.
Le attività di RTS sono il frutto di un
impegno volontario, non retribuito e
cooperativo di tante persone che
decidono con la propria testa e che si
sforzano di lavorare insieme su un piano
di assoluta parità>.
L’attivismo adotta alcune forme di
coordinamento che spesso sono definite
con il termine disorganizzazione il cui
elemento cruciale è l’impegno a creare
strutture aperte con una gerarchia che
definiamo paradossalmente piatta.
Avere una rete orizzontale di
coordinamento significa permettere di
partecipare a chiunque lo desideri. Alla
base c’è la convinzione che chi partecipa
a una disorganizzazione ha qualche cosa
da offrire e che il coordinamento deve
tendere a ricavare il massimo possibile
dal contributo di ognuno. Se questo
sembra in apparenza annullare qualsiasi
idea di coordinamento in realtà assicura
che le decisioni prese non soffochino
l’improvvisazione. Il fatto essenziale non
è che la disorganizzazione metta in
moto i principi di uguaglianza e giustizia,
ma che così facendo proietti nel
presente il futuro; la disorganizzazione è
una politica prefigurativa che cerca di
mostrare quanto di nuovo potrebbe
apportare un cambiamento della società.
Gli attivisti scegliendo di essere
disorganizzati cominciano ad agire come
se il mondo che vogliono fosse già
esistente. Una politica prefigurativa
significa comportarsi oggi come ci si
vuole comportare in futuro.
Tutte le azioni di sabotaggio culturale
possono essere considerate politiche
prefigurative, è ormai universalmente
accettato che anche la pratica hacker
Copyleft symbol
Copyleft è una filosofia che si traduce in diversi tipi
di licenze commerciali, la prima delle quali è stata
la GPL [GNU Public License] del software libero,
nata per tutelare quest'ultimo e impedire che
qualcuno (Microsoft, per fare un nome a caso) si
impadronisse, privatizzandoli, dei risultati del
lavoro di libere comunità di utenti. Il proprietario di
quest'opera utilizza questo potere per fare in
modo che l'opera si possa copiare, diffondere,
modificare, ma non brevettarla e fermarne la
circolazione mettendoci un copyright.
Quindi l’utilizzo no profit è libero da qualunque
restrizione, mentre quello a scopo di lucro è
tutelato dalla legge.
non è più confinata all’ambito
informatico, ma a tutti coloro che
agiscono nel sociale, magari attraverso
l’uso delle nuove opportunità che dà la
tecnologia.
La pratica hacker nata all’interno delle
università è poi diventata un ben più
esteso modus operandi.
<Esprimiamo una visione dell'hacking
come attitudine, non esclusivamente
informatica. Il nostro essere hacker si
mostra nella quotidianità anche quando
non usiamo i computer, si mostra
quando ci battiamo per far cambiare le
cose che non ci piacciono, come
l'informazione falsa e imposta, come
l'utilizzo di tecnologie non accessibili e
costose, come il dover recepire
informazioni senza alcuna interattività.(2)
La forma mentis dell'hacker non è
ristretta all'ambito del software-hacking.
Ci sono persone che mantengono un
atteggiamento da hacker anche in altri
campi, come l'elettronica o la musica,
davvero, lo puoi trovare ai livelli più alti
di qualsiasi scienza o arte>.(3)
Lo stesso avviene per quanto riguarda il
sabotaggio culturale; gli uomini politici,
le grandi corporation e i comunicatori
ritengono che per detenere il potere dei
media occorra controllare due momenti
della catena comunicativa: la fonte e il
canale. In tal modo si crede di
controllare il messaggio, e invece esso è
solo una forma vuota che il destinatario
riempirà con i significati che gli saranno
suggeriti dal contesto in cui vive, dal
proprio modello di cultura. In questa
situazione chi riceve il messaggio ha
un'unica libertà residua: quella di
leggerlo e interpretarlo in modo diverso.
Scrive Umberto Eco già nel 1967: <La
battaglia per la sopravvivenza dell’uomo
come essere responsabile nell’Era della
Comunicazione, non la si vince là dove
la comunicazione parte, ma là dove
arriva. Per questo alla soluzione di
strategia occorrerà applicare una
soluzione di guerriglia. Se ho parlato di
guerriglia è perché ci attende un destino
paradossale e difficile: proprio mentre i
sistemi di comunicazione prevedono una
sola fonte industrializzata e un solo
messaggio che arriverà ad un udienza
dispersa in tutto il mondo, noi dovremo
essere capaci di immaginare sistemi di
comunicazione complementare che ci
permettano di raggiungere ogni singolo
gruppo umano, ogni singolo membro
dell’udienza universale, per discutere il
messaggio in arrivo alla luce dei codici
di arrivo, confrontandoli con quelli di
partenza. (…) L’universo della
comunicazione tecnologica sarebbe
attraversato allora da gruppi di
guerriglieri della comunicazione che
reintrodurrebbero una dimensione
critica nella ricezione passiva>.(4)
A differenza dei personaggi di 1984 di
Orwell che risentono del fatto di essere
controllati dal Grande Fratello, ma non
riescono ad opporvisi, gli abitanti del
Mondo Nuovo di Huxley partecipano
volontariamente alla loro
manipolazione. Prendono una droga
distribuita dal governo detta soma che li
fa stare bene, perché la ricerca della
felicità immediata è il loro unico scopo.
I consumi sono illimitati, il sesso libero e
il controllo dell’umore è perfetto, la
gente è estasiata e pensa di vivere ad
Utopia. Solo il lettore e un paio di
personaggi imperfetti (che in qualche
modo hanno finito per ritrovarsi con
delle vite vere) sanno che in realtà si
tratta di Distopia. La società ricca in cui
8
viviamo è drammaticamente simile a
quella descritta nel Mondo Nuovo, ma
Huxley stesso nella sua prefazione ci
indica una via per cambiare le cose:
<Le utopie appaiono oggi assai più
realizzabili di quanto non si credesse un
tempo. E noi ci ritroviamo attualmente
davanti ad una questione ben più
angosciosa: come evitare la loro
realizzazione definitiva?
(…) Le utopie sono realizzabili. La vita
marcia verso le utopie.
E forse un secolo nuovo comincia; un
secolo nel quale gli intellettuali e la
classe colta penseranno ai mezzi
d’evitare le utopie e di ritornare a una
società non utopistica, meno perfetta e
più libera>.(5)
Cartoon by Matt, 1999
Un’analisi dell’attività economica degli Stati Uniti ha rivelato nel
marzo 2004, che il Prodotto Interno Lordo ha sovrastimato il
buono stato dell’economia di 7 trilioni di dollari. Ironicamente
uno dei fattori che hanno contribuito a questa sovrastima è la
spesa derivata dagli scandali economici Enron, Wordcom e altri.
9
Noi non produciamo più per consumare ma consumiamo
per produrre. Il meccanismo non è al nostro servizio, ma
noi al suo, siamo i tubi digerenti, i lavandini, i water
attraverso i quali deve passare il più velocemente
possibile ciò che altrettanto rapidamente produciamo.
Siamo il terminale uomo.
Massimo Fini
Il dibattito sugli effetti collaterali della
pubblicità si è aperto a seguito della
pubblicazione nel 1960 del libro
I persuasori occulti di Vans Packard.
Tale pubblicazione presentava per la
prima volta al grande pubblico
americano i metodi scientifici e i
meccanismi occulti di persuasione
utilizzati dalle grandi agenzie
pubblicitarie che attraverso i metodi
della Ricerca Motivazionale e delle
analisi psicologiche studiavano i target
di riferimento per comprenderne i
meccanismi più nascosti e le spinte
subconscie. I risultati di questi studi
venivano poi utilizzati per creare nuovi
bisogni che spingessero all'acquisto dei
prodotti pubblicizzati.
Pur con fasi alterne di maggiore o
minore presenza il dibattito è
continuato negli anni, ma nel 1986 col
saggio The distorted mirror: Reflections
on the Unintended Consequences of
Advertising di Richard W. Pollay la
discussione ha trovato nuova sintesi e
approfondimento. Il saggio di Pollay
analizza il quadro degli effetti
socioculturali, involontari, non
prestabiliti della pubblicità, nonché
introduce il concetto di specchio
distorto. La pubblicità rinforzando
selettivamente determinati valori che
possono essere più facilmente
accettabili, poiché funzionali in termini
commerciali, appiattendo verso il basso
la cultura prevalente e trascurando la
promozione di valori di più elevato
ordine morale, è in sostanza uno
specchio distorto della vita reale.(1)
Il dibattito è tuttora controverso e
destinato a non avere soluzioni fondate
su elementi certi, univoci e tanto meno
definitivi poiché mentre un effetto
collaterale derivante dall'assunzione di
un farmaco è immediatamente
riscontrabile e comprovabile, gli effetti
collaterali della pubblicità non sono stati
ancora scientificamente né analizzati né
quindi dimostrati. Ma poiché come in
campo medico un effetto collaterale pur
essendo secondario può assumere
un'importanza maggiore di quello
primario, la mancanza di ricerche
sull'influenza dei media genera grandi
preoccupazioni e alimenta la discussione.
Come ha affermato Leo Bogart, esperto
americano di strategia pubblicitaria:
<La pubblicità è qualcosa di più di una
semplice forza economica, ha anche
una profonda influenza sulla cultura, sui
valori e sulla qualità della vita>.
Adriano Zanacchi in Pubblicità: effetti
collaterali descrive la pubblicità come
una tipica forma di comunicazione
persuasiva, volta ad influenzare
atteggiamenti e comportamenti
attraverso la promozione della
conoscenza, della notorietà, della
rinomanza dei prodotti per indurre al
loro acquisto e consumo. Essa tende a
raggiungere i suoi obiettivi con
l'esaltazione di ciò che promuove,
magnificandone le qualità oggettive e,
soprattutto, arricchendone la
desiderabilità mediante l'associazione a
valori simbolici, immaginari. Cogliendo
di sorpresa i destinatari ne cattura
l'attenzione e ripetendo i suoi messaggi
a volte fino all'ossessione, si garantisce
il contatto con tutti i componenti del
target group prestabilito per favorire
l'accettazione, la condivisione,
l'introiezione delle sue affermazioni.
Questo implica lo sfruttamento di tutti
gli artifici della retorica e l'adozione in
particolare, di un linguaggio in cui le
qualità tecniche formali si fondono con
la brevità, la sintesi, le lusinghe
espressive (sorpresa, artifici suggestivi,
trasgressioni), talvolta rasentando un
inganno più o meno sottile.(2)
Egli afferma, poi, che le critiche mosse
alla pubblicità non riguardano la sua
funzione primaria, quella di assicurare
in modo leale e corretto, il collegamento
tra mondo della produzione, della
vendita e mondo dei consumatori;
quanto le sue conseguenze collaterali
più o meno volontarie o indesiderate.
Queste, sostiene, sono in una certa
misura inevitabili: la pubblicità non può
non promuovere, e con particolare
enfasi, il consumo. Toccherà, se mai,
all'educazione, all'approfondimento
culturale, procurare antidoti più o meno
Effetti collaterali della pubblicità
Chris Woods, McDonald’s Nation, 1996, adbusters.org
I membri di questa setta religiosa usano parole e concetti
che provengono dalla televisione e dalla pubblicità.
Vestiamo uniformi, non delle camicie bianche ma maglie
Tommy Hilfiger o scarpe Airwalk. Ci sono dati ruoli e
schemi di comportamento che non abbiamo scelto
consapevolmente. Il primo comandamento di una religione:
non pensare. Il libero pensiero può rompere l’incantesimo.
Kalle Lasn
efficaci all'azione consumistica della
pubblicità. Altre conseguenze invece,
potrebbero essere se non evitate,
attenuate, agendo sui contenuti dei
messaggi (veridicità, rispetto per le idee e
i sentimenti altrui, attenzione ai minori,
ecc.) e sulle modalità della loro diffusione
(intrusività, ripetitività, quantità, ecc.).(3)
Voci di critica più radicali arrivano dai
movimenti anticonsumistici e
antipubblicitari. Christopher Lasch uno
dei più importanti critici sociali
americani ad esempio, afferma:
<La pubblicità educa le masse a nutrire
un'insaziabile avidità non solo di merci,
ma di nuove esperienze e realizzazione
personale. Propone il consumo come
risposta alle secolari afflizioni che si
accompagnano alla solitudine, alla
malattia, alla noia, alla mancanza di
appagamento sessuale, e crea
parallelamente forme di malcontento
nuove e peculiari del nostro tempo.
Sfrutta subdolamente il disagio della
civiltà industriale; si appunta sulla
desolazione spirituale della vita
moderna per proporci il consumo come
rimedio. Non solo promette di mitigare
quell'infelicità che da sempre è retaggio
della carne; crea o esaspera nuove forme
di infelicità - l'insicurezza personale, la
preoccupazione per il proprio status
sociale, nei genitori il timore di non
riuscire a soddisfare i bisogni dei figli.
Avete l'aria un po' dimessa in confronto
ai vostri vicini? La vostra macchina è
meno potente della loro? I vostri figli
sono altrettanto robusti? Altrettanto
benvoluti? A scuola vanno bene come i
loro? La pubblicità istituzionalizza
l'invidia e i suoi tormenti>.(4)
La persuasione commerciale
programma, quindi, non solo il nostro
comportamento di acquisto, ma anche il
nostro ruolo sociale, il linguaggio, gli
obiettivi, i valori e tutto ciò che conta
<Il consumismo è una forma di vita.
Esso promette che la medicina per ogni
problema ci aspetti in qualche negozio, e
possa essere trovata dopo un'accurata
ricerca. Gli effetti ritardati di tale
promessa sono tre, tutti micidiali. Uno è
la despecializzazione sociale, il
disinteresse ad imparare a discutere e a
negoziare con gli altri le vie d'uscita ai
problemi, e la convinzione che farlo non
sia davvero necessario perché la
soluzione può essere ottenuta con
minor sforzo e a minor prezzo alla
prossima avventura in un supermercato.
Un altro è la conclusione secondo cui
affrontare i problemi della vita è come
l'assimilazione dei beni di consumo, una
faccenda solitaria che non guadagna in
efficacia dalla collaborazione con gli
altri. Il terzo effetto consiste, per così
dire, nel sostituire la lotta contro i
sintomi alla guarigione della malattia:
per quanto si possa essere acquirenti
furbi e astuti, nei negozi non c'è alcun
rimedio alle cause sociali dei guai, ma
solo la ricetta per addolcirne gli affanni
e le tribolazioni (o semplicemente per
dimenticare momentaneamente il
guaio). L'ascesa del consumatore è la
caduta del cittadino. Più abile è il
consumatore, più inetto è il cittadino>.(5)
Questa tesi sostenuta dal sociologo
Zygmunt Bauman è dimostrata anche da
alcune ricerche americane; uno studio
del 1992 ha stabilito, infatti, che esiste
una correlazione fra televisione,
impegno civico e indifferenza elettorale:
ad un maggior numero di ore trascorse
davanti al teleschermo corrisponde una
minore probabilità di esercitare il diritto
di voto, di sentirsi coinvolti, come
11
cittadini, nella vita sociale della città, del
paese e della realtà in cui si vive.(6)
Questo accade a causa di quello che
viene descritto nella teoria della
personalità come oggettivazione dell'io,
per cui una persona ha una visione di sé
distaccata, e si vede e percepisce come
un prodotto e non come un essere
umano. Questa oggettivazione dell'io
trova riscontro anche nella cultura
verbale non solo delle aziende ma anche
di tutti gli enti direttamente o
indirettamente coinvolti (governi,
sindacati, sociologi, studiosi, ecc.)
quando usano espressioni quali: mercato
del lavoro, risorse umane, manodopera
riferendosi alle persone chiamate a
svolgere una determinata attività.
Dice Erich Fromm: <In questo modo di
vedere le cose, l'individuo si sente come
un oggetto, da impiegare con successo
nel mercato. Egli non si sente come un
elemento attivo, portatore di facoltà
umane. È privato di queste facoltà; il suo
scopo è di vendersi con successo sul
mercato (…) Il corpo, la mente e l'anima
sono il suo capitale e il suo compito
nella vita è di investirlo nel modo giusto
per ottenere profitto. Qualità umane,
quali la cordialità, la cortesia, la
gentilezza si trasformano in beni, qualità
del pacchetto personalità, che
contribuiscono ad alzare il prezzo nel
mercato della personalità>.(7)
Questo processo non avviene
ovviamente consapevolmente, la
dimostrazione delle proprietà del
prodotto non convince nessuno, è la
gratificazione che la magia del
messaggio pubblicitario dà
all'ascoltatore che esercita una
profonda influenza sui suoi modi di
agire, vestirsi, mangiare, impostare il
rapporto con gli altri.
Escape captivity, 2002
La battaglia in atto è la lotta di liberazione contro il
processo di colonizzazione della mente da parte dei
mass media che i gruppi e gli individui conducono per la
loro autonomia, per la creazione di concatenazioni
comunicative indipendenti dal dominio della merce.
<Il consumatore non crede alla
pubblicità, come il bambino non crede a
Babbo Natale. Ma questo non gli
impedisce di aderire ad una situazione
infantile interiorizzata e di comportarsi
di conseguenza. Da qui sorge l'efficacia
reale della pubblicità, secondo una
logica che, pur non essendo la logica del
riflesso condizionato, non è certo meno
rigorosa: la logica della fede e della
regressione>.(8) (Baudrillard)
Euforica ed euforizzante, la pubblicità
mira a coinvolgere emotivamente, a
ridurre lo spazio della razionalità per
esaltare il sogno, fino a creare le
premesse per un consumo evasione, un
consumo emozione. Come ha teorizzato
il pubblicitario Jacques Séguéla
divenuto famoso per aver condotto con
successo la campagna per il candidato
alla presidenza François Mitterand:
<Il nuovo consumatore ama adottare
sogni. Compra un prodotto, certo per
farne uso, ma più ancora per la magia
che questo gli offre di primo acchito.
I successi di oggi nascono dall'incontro
tra utilità e immaginazione. I soli che ci
offrano la realtà delle nostre fantasie.
È il vecchio grido di Charles Revson,
l'inventore di Revlon: In fabbrica
produciamo prodotti di bellezza. Ma nei
negozi vendiamo speranze>.(9)
Rendendo romantici i prodotti si cerca di
convogliare le esigenze e le ambizioni
psicologiche verso comportamenti
consumistici necessari agli obiettivi del
sistema industriale; senza la
persuasione massiccia e scaltra che
accompagna la manipolazione della
domanda, l'abbondanza crescente
avrebbe potuto far diminuire l'interesse
delle persone ad avere più beni. <Noi
non produciamo più per consumare ma
consumiamo per produrre.
Il meccanismo non è al nostro servizio,
ma noi al suo, siamo i tubi digerenti, i
lavandini, i water attraverso i quali deve
passare il più velocemente possibile ciò
che altrettanto rapidamente produciamo.
Siamo il terminale uomo. Anzi. Non siamo
più nemmeno uomini, ma consumatori.
E nemmeno consumatori coscienti e
volontari, ma ranocchi che,
opportunamente stimolati, devono
saltare anche quando vorrebbero star
fermi, per non inceppare l'onnipotente
meccanismo che ci sovrasta>.(10)
Questo atteggiamento romantico nei
confronti dei prodotti è duramente
condannato soprattutto quando l'utenza
a cui si rivolge è quella costituita dalle
fasce meno protette. Nel 1° Rapporto
Nazionale sulla condizione dell'infanzia e
della preadolescenza, realizzato da
Eurispes e Telefono azzurro [diffuso
senza data nel 2000] si afferma che il
problema relativo all'azione persuasiva
della pubblicità <è certamente allarmante
poiché si può affermare che in qualche
modo, assieme al prodotto, gli spot
veicolano una pericolosa equazione,
possesso = felicità, che certamente può
influenzare negativamente lo sviluppo
del bambino>.(11)
Ma, forse uno dei più potenti effetti della
pubblicità è quello di insegnare una
tolleranza generale e generalizzata nei
confronti della falsità, dell'esagerazione
e della distorsione della verità,
un'abitudine ad accettare tutto at face
value senza porsi domande, senza mai
mettere in discussione ciò che viene
presentato. Immagini come quelle
presentate nelle campagne pubblicitarie
Benetton raffiguranti malati terminali di
AIDS o cadaveri di soldati bosniaci
(questo è solo un esempio, ce ne
sarebbero molti altri) ci abituano al
12
dolore delle altre persone, erodono la
nostra capacità empatica di condividere
la sofferenza, di considerare seriamente
le questioni sociali, di essere toccati dalle
mostruosità. Rendendoci più distaccati,
più freddi, più indifferenti ci rendono più
cinici. <Una delle cose peggiori prodotte
dai media è proprio il cinismo, quello che
ci spinge a guardare troppa televisione e
stare a casa alle elezioni; che ci fa
accettare per anni interi lavori monotoni
e insignificanti; che riempie di noia le
nostre giornate, trasformandoci in
acquirenti compulsivi>.(12)
E la conseguenza di un cinismo estremo,
del rifiuto o del dubbio circa tutti i valori
proposti, è la carenza di norme sociali
conosciuta come anomia. Si è portati a
non credere a nessuno e a nulla di ciò che
ci viene detto, e se ci manca la fiducia
nelle parole e la fede nella verità, ci
manca il collante della coesione sociale.
She’s got your eyes, adbusters.org
Negli Stati Uniti, tra il 1952 e il 1996, sono triplicati i
suicidi di adolescenti e giovani adulti, dal 1980 al 1996
sono raddoppiati quelli fra quindici e diciannove anni. In
Gran Bretagna l’1,3 percento dei piccoli tra i cinque e i
dieci anni ha tentato di uccidersi o si è autoinflitto ferite.
Corriere della Sera, 4 Ottobre 2002
13
La scritta recita: <Il capitalismo non si ferma davanti a
niente>. Il messaggio lampeggia per due volte e poi lascia
il posto alla destinazione del treno. Per qualche secondo,
centinaia di persone si grattano la testa chiedendosi la
stessa cosa: Che diavolo è successo?
Sera. Una folla di pendolari è in attesa
sul binario ferroviario di una stazione di
San Francisco. Evitano di incrociare gli
sguardi e di tanto in tanto gettano
un'occhiata al monitor sopra le loro
teste. D'un tratto, una folata d'aria
indica l'arrivo imminente di un treno.
La folla alza simultaneamente gli occhi
verso gli schermi per controllare la
destinazione. Il flusso dei messaggi
pubblicitari si converte nei tipici
caratteri che segnalano gli annunci
ferroviari, ma la scritta recita invece:
<Il capitalismo non si ferma davanti a
niente>. Il messaggio lampeggia per due
volte e poi lascia il posto alla
destinazione del treno. Per qualche
secondo, centinaia di persone si grattano
la testa chiedendosi la stessa cosa: <Che
diavolo è successo?> Quello che è appena
successo è un perfetto esempio di culture
jamming: conosciuto come sabotaggio
mediatico, guerriglia informativa o
terrorismo poetico, è un attacco alla
pubblicità e alla cultura consumistica
attraverso lo stravolgimento, la
distorsione, il sovvertimento intenzionale
dei messaggi dei media per svelarne i
significati nascosti.(1)
Il termine jamming, da to jam contiene in
sé molteplici significati che gli vengono
conferiti dalle sue diverse valenze.
Nel linguaggio dei CB (Banda Cittadina),
ad esempio, è la pratica di interrompere
con oscenità, pernacchie e frasi
stupide le conversazioni altrui,
inserendosi tra mittente e destinatario
per creare disturbo.
Mentre una jam session è quel
momento di improvvisazione tipico del
jazz, in cui ogni musicista apporta il
suo contributo di creatività su un tema
musicale molto flessibile.
Nell'accezione di comprimere,
schiacciare e affollare, con riferimento
al sostantivo jam (marmellata) si
intuiscono le caratteristiche di
molteplicità e pluralità che il movimento
di culture jamming eredita. Esso
contiene in sé molte realtà diverse, che
si muovono con fini e scopi differenti, e
con media quanto mai eterogenei.
Nel 1983 la rock band artistica
Negativland coniò il termine culture
jamming riferendosi alla produzione dei
primi cut up musicali. Tagliava jingle
televisivi, talk show e brani musicali e li
rimescolava tra loro creando inaspettati
accostamenti. Interrompendo i messaggi
originali con frammenti di altri suoni
generava un risultato finale che dava
vita a nuovi significati. Una tecnica
simile a quella utilizzata da Enrico
Ghezzi e dagli autori di Blob, i cui
rimescolamenti di immagini e spezzoni
televisivi creano messaggi politici e
riflessioni su temi di attualità, e
mettono in luce con ironia l'assurdità
del prodotto televisivo.
La pratica del culture jamming consiste
nel decostruire i testi e le immagini
dell'industria dei media attraverso
tecniche di straniamento e
détournement, spostare immagini dal
loro contesto abituale per inserirle in un
diverso contesto semantico.
Il termine viene solitamente tradotto
con interferenza culturale e i culture
jammer definiti attivisti culturali o
sabotatori culturali; nella lingua italiana
vengono a perdersi però le altre valenze
che il termine to jam include e questo
motiva l'uso preferenziale del vocabolo
anglosassone in questa tesi.
Negli ultimi dieci anni, soprattutto dopo
l'esplosione del movimento di Seattle e
grazie all'influenza di teorici della
comunicazione come Noam Chomsky
che hanno parlato del controllo dei
flussi di informazione da parte delle
aziende, il termine culture jamming ha
assunto una più complessa accezione.
Esso è divenuto il sostantivo-ombrello
sotto di cui si raccoglie un numero
vastissimo di gruppi di attivisti dai
background estremamente differenti.
La sola ideologia che unisce l'intero
spettro del culture jamming è che la
libertà di parola non ha alcun senso se
la cacofonia pubblicitaria ha raggiunto
un tale livello che nessuno è più in grado
di sentire. La concentrazione dei mezzi
di informazione nelle mani di pochi ha
inoltre svilito il concetto di libertà di
Che cos’è il culture jamming
to jam
v.tr.
1 comprimere, premere, schiacciare, serrare, pigiare; affollare
2 bloccare; incastrare:
3 (mecc.) bloccare, inceppare; ostruire; puntellare
4 (rad.) disturbare, causare interferenze nelle trasmissioni
v.intr.
1 comprimersi, premersi, schiacciarsi, serrarsi, pigiarsi; accalcarsi
2 bloccarsi, incastrarsi
3 (mecc.) bloccarsi; incepparsi; ostruirsi / to - on the brakes, frenare di
colpo, inchiodare
4 improvvisare (nel jazz)
5 (fam. amer.) spassarsela, divertirsi
6 (sl. amer. volg.) andare a letto, scopare.
parola e introdotto la problematica
dell'accesso ai canali comunicativi.
Le pratiche di culture jamming cercano
di smuovere l'individuo dalla sua
posizione di ricevente passivo e creando
contesti insoliti gli suggeriscono un
consumo più consapevole e critico.
L'idea è quella di mostrare ad un
pubblico ormai assuefatto all'invasione
pubblicitaria l'assurdità del livello che
essa ha raggiunto, sia per quanto
riguarda i valori di consumismo sfrenato
che comunica sia per la sua
onnipresenza incontrollata.
Nel dibattito che avviene all'interno
della complessità del movimento di
interferenza culturale, l'Adbusters Media
Foundation gioca un ruolo di spicco e si
dichiara periodico ufficiale di culture
jamming. Non si occupa però
esclusivamente dell'invasione di
messaggi mediatici nell'ambiente fisico e
culturale, ma discute soprattutto il
problema dell'inquinamento
dell'ambiente mentale come rivela il
sottotitolo: Journal of Mental
Environment.
<La comunicazione di massa nell'epoca
delle nuove tecnologie non agisce sulla
mente cosciente, e la sua finalità non è
più quella della persuasione, ma
piuttosto quella della pervasione del
tempo di attenzione sociale,
l'occupazione degli spazi inconsapevoli,
la creazione di automatismi psichici e
comportamentali, e l'emanazione di un
immaginario eterodiretto>.(2)
Adbusters introducendo il concetto di
errore di sistema attacca il consumismo
capitalistico che si serve del linguaggio
pubblicitario adoperandone l'ironia per
mascherare lo sfruttamento, la violenza
e la diffusione del malessere. Il direttore
Kalle Lasn introduce con sicurezza un
legame di causa effetto fra l'altissima
diffusione tra la popolazione giovanile di
malattie come depressione e panico e le
caratteristiche dell'ambiente mediatico.
Egli lega la nascita di un nuovo
movimento di ambiente mentale alla
consapevolezza da parte delle persone
dell'interdipendenza tra le migliaia di
messaggi che riceviamo ogni giorno e il
modo in cui ci sentiamo.
<Nel 1989 abbiamo dato vita ad
Adbusters il giornale dell'ambiente
mentale e da allora abbiamo esplorato
questo ambito con l'obiettivo di
attribuirgli la rispettabilità e
l'importanza che merita. Abbiamo
assistito all'evolversi della battaglia
della mente, inaspritasi ad un punto tale
che oggi migliaia di messaggi
pubblicitari vengono scaricati
quotidianamente nel cervello dell'uomo
medio americano. Abbiamo seguito il
progredire delle dipendenze, delle ansie
e dei disturbi della personalità, fino a
vederli sfociare in ciò che qualche
ufficiale sanitario descrive ora come
un'epidemia di disperazione. Abbiamo
visto le megacorporation mediatiche
fondersi tra loro, consolidarsi e
integrarsi verticalmente ad un punto tale
che oggi controllano l'intero flusso
mondiale delle notizie e
dell'intrattenimento. Nel corso di questo
viaggio ci siamo stupiti del grado di
adattabilità degli esseri umani. Quanto
dovrà essere inquinato l'ambiente
mentale perché sia oltrepassata la soglia
tollerabile di psicotossicità, e la gente si
ribelli e pretenda che i mass media siano
meno caotici, più puliti e più democratici?
Fino ad oggi, ciò non è avvenuto.
Nessuno ha gettato il proprio televisore
dalla finestra, sperando di farlo
precipitare su Rupert Murdoch. Nessun
15
provvedimento legale è seguito alla
fusione di AOL e Time Warner. Nessun
movimento di riforma mediatica ha
ancora preso forma. Il massimo che gli
attivisti sono riusciti a conseguire si
riduce o consiste in vacui dibattiti sulla
democrazia dei media, l'accesso
pubblico all'etere e un nuovo
fondamentale diritto umano per la
nostra epoca: il diritto di comunicare.
Ma negli ultimi tempi sono apparsi
numerosi studi psicosociologici che, per la
loro forza provocatoria, potrebbero
ravvivare il dibattito. Questi studi
pionieristici sottolineano la crescente
tossicità nella cultura americana e
affermano che le tossine culturali hanno
raggiunto livelli pericolosamente alti, e qui
sta la spiegazione delle sparatorie nelle
scuole, dell'esorbitante uso di droghe
psicoattive legali o illegali, dei crescenti
problemi di obesità, delle patologie
psicosomatiche, dei raptus di follia nei
luoghi pubblici, e del generale senso di
cinismo e disillusione che permea ormai la
nostra cultura>(3) spiega Kalle Lasn.
La risposta al bombardamento
mediatico si trova probabilmente
nell'unica libertà che rimane al
ricevente: la possibilità di reinterpretare
i messaggi stessi e sostituire ad una
ricezione passiva una dimensione critica.
Per fare questo i culture jammer di
tutto il mondo utilizzano svariate
tecniche che funzionano secondo due
principi fondamentali: lo straniamento
e la sovraidentificazione.
Lo straniamento si basa sullo
slittamento di contesto che mette in
luce significati nascosti e permette
nuove interpretazioni.
La sovraidentificazione consiste invece
nell'esprimere apertamente dei
concetti che sono considerati tabù
Global Hell, 1999
No escape, 2000
Un’interferenza culturale ben riuscita è capace di
far emergere la parte nascosta e sub conscia di una
campagna, è una sorta di esame ai raggi x che porta
alla luce non tanto il senso opposto del messaggio,
quanto piuttosto la verità profonda nascosta sotto
strati e strati di eufemismo pubblicitario.
Naomi Klein
nonostante la loro ovvietà.
Il détournement è una delle pratiche più
diffuse che si basa sul principio di
straniamento, i billboard bandits ad
esempio trasformano il senso dei
cartelloni pubblicitari con lievi modifiche
al layout originale generando nuovi
significati, così lo slogan Go to Shell
diviene facilmente Go to Hell o Sturbucks
diviene Starsucks. La produzione di fakes
invece è uno degli esempi più usati di
tecniche di sovraidentificazione già
utilizzate dagli Yippies; nel 1967 essi
inscenarono una festa a New York
diffondendo la notizia che la guerra del
Vietnam era finita, anche la polizia che
doveva disperdere i festeggiamenti
divenne parte della festa. Questo
costrinse il governo ad una smentita
ufficiale e molte persone si trovarono a
riflettere su quanto accaduto: <Chi era a
favore della guerra si chiedeva invano
come reagire a questa provocazione
psicologica. Non la si poteva ignorare
come s'era fatto coi cartelli Basta con la
guerra!>(4)
Nel 1993, Mark Dery ha scritto il breve
saggio Culture jamming: Hacking,
Slahing and Sniping in the Empire of
Sign, pubblicato da Open Magazine
Pamphlet Series che è diventato il
manifesto originale del culture jamming.
Nel saggio vengono citati moltissimi
esempi di gruppi che hanno inventato
modi per praticare l’interferenza
culturale, dalle Guerriglia Girls che
reclamano spazio per le donne nel
mondo dell'arte, ai gruppi di billboard
bandits come i BUGA UP (Billboard
Utilizing Graffiti Against Unhealthy
Promotion). Il movimento, infatti, ha
come caratteristica peculiare una
complessità di temi affrontati e
traguardi da raggiungere, media
utilizzati e tecniche impiegate (che
verranno meglio spiegate a pagina 52)
che Kalle Lasn delinea ne Il nuovo
attivismo, Adbusters, 26, primavera
2000: <Noi sabotatori siamo un libero
network globale di artisti, attivisti,
imprenditori, ecologisti, maestri di
alfabetizzazione mediatica, neoeremiti,
sinistrorsi redivivi, perturbatori della
merda liceale, agitatori universitari,
studenti fuori corso, incorreggibili
idealisti, filosofi, ecofemministe. Ci siamo
tutti, dagli intellettuali moderati di centro
alle frange di fanatici violenti, dai
vecchietti arrabbiati che cantano stornelli
alle manifestazioni, ai guerriglieri urbani
che inscenano selvagge feste di strada.
Siamo economisti ecologici, sabotatori
televisivi, investigatori etici. Dipingiamo
da soli le nostre piste ciclabili, riscattiamo
le strade, inseriamo teschi nella pubblicità
di Calvin Klein e attacchiamo adesivi con
la scritta GRASSO sui tavoli e sui vassoi
dei McDonald's. Organizziamo fiere del
baratto, cambiamo la disposizione dei
prodotti sugli scaffali dei supermercati,
mettiamo il nostro software a
disposizione in Rete e, in generale, ci
proponiamo ogni giorno di costringere la
cultura consumistica a mordersi la coda.
Siamo idealisti, anarchici, tattici della
guerriglia, creatori di falsi, burloni,
neoluddisti, scontenti e punk. Siamo gli
avanzi della marmaglia della cultura
antagonista; ciò che è sopravvissuto
all'impulso rivoluzionario nella logora
atmosfera post moderna di fine millennio,
dove la rivoluzione è stata definita
impossibile. Ciò che ci accomuna è una
rabbia irresistibile contro il capitalismo
consumistico e la vaga sensazione che sia
venuto il momento di agire come forza
collettiva>.(5)
16
American Excess, 2002
Enjoy climate change, 2001
Per Mark Dery l’interferenza culturale è tutto ciò che
combina arte, media, parodia e un atteggiamento da
outsider, da osservatore esterno. Ma in tutte queste
sottoculture vi è da sempre un attrito fra i due
estremi, tra le due forze antitetiche: l’allegro burlone
da un lato e il rivoluzionario intransigente dall’altro.
Naomi Klein
17
Abrupt.org
I grandi produttori di automobili, con i loro bilanci miliardari e la
loro presenza sulle reti televisive hanno dato all’auto privata
un’importanza centrale fra tutti i mezzi di trasporto non tenendo
mai conto della realtà ecologica. Hanno ceduto in blocco alle
generazioni future i costi in termini di danni ambientali
preferendo ingannarci con ridicole campagne pubblicitarie.
Da molto tempo ormai l’immaginario della pubblicità è cambiato.
Inizialmente le promozioni avevano lo scopo di informare le
persone sulle qualità del prodotto, ora raccontano storie,
cantano canzoni e ritraggono non il prodotto ma le persone che
lo usano e lo comprano.
OPPOSITE
BOTTOM
19
L'unico miracolo politico riuscito in questo secolo / è avere
fatto in modo che gli schiavi si parlassero / si assomigliassero
/ perché così faceva comodo / per il mercato unico / Però
così succede che gli schiavi si conoscono / si riconoscono /
magari poi riconoscendosi / succede che gli schiavi si
organizzano / e se si contano allora vincono.
Daniele Silvestri
Nel 1958 il presidente Eisenhower istituì,
per promuovere e coordinare la ricerca
scientifica, l'Advanced Research
Projects Agency (ARPA) sotto la cui
supervisione verso la metà degli anni
'60 si formò una comunità di ricerca
informatica, localizzata in alcune delle
università americane più prestigiose e in
alcuni grandi centri di calcolo.
Alla fine del 1962 arrivò all'ARPA, J. C.
R. Licklider, uno studioso di psicoacustica
con forti conoscenze informatiche, che
lavorando come ricercatore al MIT aveva
elaborato una teoria radicale e visionaria
per quei tempi: sosteneva infatti che i
computer non fossero solo macchine da
calcolo, ma una vera e propria estensione
del sistema neuronale, strumento per
amplificare l'intelligenza umana e le sue
facoltà analitiche.
Appena preso possesso del suo ufficio,
Licklider si mise a contattare i centri di
calcolo più all'avanguardia per proporre
contratti di ricerca e trovò i migliori
informatici del momento, ricercatori di
Stanford, del MIT, dell'UCLA e di Berkeley,
e alcune compagnie disposte a lavorare ai
programmi avanzati che aveva in mente,
Bob Taylor era uno di questi.
Taylor era profondamente convinto della
realizzabilità di una rete di computer che
permettesse ad ogni università e centro di
ricerca di focalizzare risorse e fondi su un
aspetto diverso di un progetto in comune,
comunicandone i risultati agli altri in
tempo reale, indipendentemente dalla loro
dislocazione geografica.
Questa intuizione rappresentava lo
sviluppo dell'idea di Licklider di amplificare
le potenzialità dell'intelletto umano.
Ma Taylor non era l'unico che aveva in
mente il progetto di una rete di
computer: fin dai primi anni '60 altri
ricercatori, tra cui Paul Baran erano
arrivati alle stesse conclusioni
rivoluzionarie. Baran lavorava al
Dipartimento di Computer Science della
RAND Corporation, dove sviluppò un
interesse particolare per lo studio delle
condizioni di resistenza dei sistemi
comunicativi in caso di attacco nucleare.
A quel tempo, infatti, le reti di
comunicazione di lunga distanza erano
molto vulnerabili; ma nel 1964 Baran,
trovò una soluzione a questo problema:
fece il progetto di una rete di computer
che non prevedeva nessun centro,
nessuna autorità di gestione.
Egli fu il primo a capire che l'unico modo
di risolvere il problema della creazione di
una rete più solida era il ricorso alla
tecnologia digitale. L'idea era quella di una
struttura parcellizzata e segmentata in
molte parti indipendenti le une dalle altre,
e con una pluralità di connessioni interne.
La seconda idea di Baran era ancora più
rivoluzionaria e riguardava la tecnica di
trasmissione dei dati, frammentati in
piccole porzioni, che chiamò message
block. Questa modalità di trasmissione
L'importanza del web
dei dati, detta in seguito packet
switching, è diventata uno dei caratteri
distintivi del networking: i dati, prima di
essere inviati, vengono scissi e spediti
autonomamente a destinazione, dove
vengono ricomposti. La tecnologia del
packet switching, in virtù della
condivisione delle linee, semplifica e
razionalizza la trasmissione dei dati non
permettendo a nessun utente di
monopolizzare il canale di trasmissione.
In un memorandum dal titolo On
Distributed Communications Networks
Baran afferma che <è tempo di cominciare
a pensare a una nuova e non ancora
esistente rete pubblica, un impianto di
comunicazione (...) progettato
specificamente per la trasmissione di dati
digitali tra un vasto insieme di utenti>.
Grazie a queste intuizioni la rete si è
sviluppata diventando negli anni quello che
è ora. Se originariamente internet era
stata immaginata come un sistema di
computer collegati, ognuno dotato di un
archivio di informazioni, ora si può
immaginare il Web come uno spazio
virtuale aggregato, e allo stesso tempo
disomogeneo, in cui galleggiano le
informazioni.
Da qui l'efficace metafora della
ragnatela ipertestuale, che sembra
avvolgere la rete e che disegna le
connessioni in modo intricatissimo,
anche se questa immagine non è del
tutto rispondente alla realtà, in quanto
0100101110101101.org
La nostra cultura ha accolto il web con enorme
entusiasmo, persino prima di capire a cosa
servisse esattamente, perché ha creduto che ci
stesse ridando qualcosa che ci manca tantissimo:
le nostre voci.
David Weinberger
la tela di ragno è simmetrica e ha un
centro dal quale si dipana, mentre il Web
è del tutto irregolare e non ha un centro
unificante. Nell'aprile 2000 il centro di
ricerca di Washington TeleGeography ha
mappato l'architettura della rete
concludendo che internet non è una
ragnatela gigante ma un rete di hubs and
spokes che richiama la struttura interna
di una ruota formata da un mozzo e molti
raggi: i mozzi sono i centri dell'attività;
i raggi i legami con altri centri, autonomi
ma interconnessi.
Medesima struttura organizzativa è
riconoscibile nel movimento New Global.
I mozzi e i raggi sembrano una perfetta
descrizione delle proteste di Seattle.
Queste convergenze di masse erano
mozzi di attivisti composti da centinaia
di raggi autonomi. Durante le
manifestazioni, i raggi prendevano la
forma di gruppi di affinità composti dai
cinque ai venti manifestanti, ognuno dei
quali eleggeva un portavoce che lo
rappresentasse agli incontri regolari del
consiglio dei portavoce. Anche se i
gruppi di affinità erano concordi
nell'osservare una serie di principi non
violenti funzionavano anche come unità
separate con il potere di assumere le
loro decisioni strategiche. A certi raduni
gli attivisti indossavano vere e proprie
reti per simboleggiare il loro movimento.
Quando era il momento di un incontro
stendevano la rete per terra, gridando
tutti i mozzi sulla rete e la struttura
diventava una sala riunioni a livello
strada. Ognuna di queste proteste di
massa era organizzata secondo principi
di decentramento coordinato anziché
presentare un fronte compatto piccole
unità di attivisti circondavano l'obiettivo
da ogni direzione. E anziché costruire
complesse burocrazie nazionali ed
internazionali allestivano strutture
temporanee, una volta avvenuti, questi
eventi non lasciavano praticamente
nessuna traccia dietro di sé salvo un sito
web archiviato.(1)
Uniti da valori e scopi che si muovono
nella stessa direzione, i movimenti
antiglobalizzazione e di culture jamming
possono essere legati fra loro come
sottoinsiemi: le proteste di Seattle, Los
Angeles o Genova non erano, infatti, le
manifestazioni di un unico gruppo
politico, ma piuttosto le convergenze di
molti piccoli movimenti, ognuno
impegnato in una campagna contro una
specifica multinazionale, contro un
particolare settore o una nuova
iniziativa commerciale. Questi
movimenti più piccoli e mirati, tra cui i
gruppi di interferenza culturale,
aderiscono ad una causa comune:
condividono il principio che i vari
problemi contro cui combattono
derivino tutti dalla globalizzazione delle
multinazionali che stanno concentrando
il potere e la ricchezza in un numero di
mani sempre più ristretto.
In molti hanno osservato che anche le
proteste di attivismo culturale
sarebbero impossibili senza internet, ma
si è sottovalutato come le tecnologie
della comunicazione che ne permettono
la diffusione e la visibilità stiano
conferendo loro la stessa immagine a
mozzi e raggi. Grazie alla rete il
consenso forzato e i manifesti elaborati
stanno passando in secondo piano,
rimpiazzati da una cultura di costante,
poco strutturato, a volte compulsivo
scambio di informazioni.
Ma se la struttura a rete è in parte un
riflesso dell'organizzazione basata su
internet, è anche una risposta alle realtà
21
politiche: il totale fallimento della
politica dei partiti tradizionali che non
hanno saputo rispondere con idealità e
atti concreti alla richiesta di migliorare la
qualità della vita con politiche di sviluppo
eco-compatibili, di salvaguardia dei diritti
umani, di solidarietà, di libertà, di rispetto
dell'ambiente sia fisico che mentale. In
queste condizioni i moderni attivisti non
sono così ingenui da credere che il
cambiamento uscirà dalle urne.
La continua crescita dei flussi informativi
transfrontalieri, infatti, ha portato alla
consapevolezza che i problemi sociali e
ambientali non sono solamente
conseguenza di un'inetta gestione
finanziaria dei singoli governi, ma sono gli
effetti locali di una specifica politica
economica globale elaborata a livello
centrale da un ristretto gruppo di
corporation e di istituzioni internazionali.
Poiché la maggioranza dei problemi
sociali e ambientali è cronica da decenni,
questa consapevolezza può essere
identificata come una delle ragioni chiave
che hanno portato alla nascita di
movimenti di contestazione ed è proprio
alla globalizzazione che va il merito della
loro diffusione così ampia e capillare.
L'unico miracolo politico riuscito in
questo secolo
è avere fatto in modo che gli schiavi si
parlassero
si assomigliassero
perché così faceva comodo
per il mercato unico
Però così succede che gli schiavi si
conoscono
si riconoscono
magari poi riconoscendosi
succede che gli schiavi si organizzano
e se si contano
Microsoft's Hidden Settings, 1998
Delle impostazioni quasi sconosciute di Microsoft Word 2000
includono <Infastidiscimi con quella schifosa graffetta in
continuazione o quando meno me l’aspetto>.
Per accedere a questo pannello premere CTRL+ALT+DEL e
gridare più forte possibile <Bill Gates è Satana>
allora vincono.
Catene di catene, su catene di milioni di
catene
come fili di un lunghissimo telefono
come reticolo pieno di traffico
e nessunissimo bisogno di semaforo
Sulla mia schiena è stato tatuato un
numero
La mia catena è come un filo del
telefono. (Daniele Silvestri)(2)
Il culture jamming è nato proprio dai
caotici sentieri di internet. Nei suoi
ranghi non c'è nessuna gerarchia
verticale pronta a spiegare il piano
generale, nessun leader universalmente
riconosciuto. Le esperienze altrui sono
condivise ma anche duramente criticate.
Il fatto che queste campagne siano così
decentralizzate non significa che siano
incoerenti. Il decentramento è piuttosto
un adattamento ragionevole e persino
geniale sia alla preesistente
frammentazione all'interno delle reti
progressiste sia ai cambiamenti nella
cultura più ampia.
Come si fa a chiedere coerenza a un
movimento pieno di anarchici la cui
maggiore forza tattica è la sua
somiglianza con uno sciame di zanzare?
Come internet, forse il migliore
approccio è imparare a navigare fra le
strutture che stanno emergendo in
modo organico. Forse ciò di cui c'è
bisogno non è un unico movimento più
omogeneo ma legami migliori tra i
gruppi di affinità; anziché muoversi
verso un maggiore accentramento,
forse c'è bisogno di un ulteriore,
radicale decentramento.
22
the opte project, 2003
Questa è la prima mappa completa di internet che utilizza un
codice cromatico e una logica grafica.
Graph Colors: Asia Pacific - Red
Europe/Middle East/Central Asia/Africa - Green
North America - Blue
Latin American and Caribbean - Yellow
RFC1918 IP Addresses - Cyan
Unknown - White
23
È la generazione cresciuta per intero sotto il microscopio
del marketing. Sono i ragazzi con sottoculture giovanili
completamente comprate e vendute, a cui è stato detto
che la loro massima aspirazione doveva essere diventare
a diciotto anni il proprietario milionario di una dot.com o
l'amministratore delegato della IO S.p.A.
Naomi Klein
L'attivismo culturale nasce dalla
considerazione che l'ambiente mentale e
culturale ha la stessa influenza sul
benessere dell'uomo dell'ambiente fisico
reale. L'ambiente psicologico e culturale
nel quale viviamo ci permea, ci
condiziona, ci influenza. Se viviamo ad
esempio in un ambiente culturale dove
l'altro è considerato sempre un nemico,
un pericolo, probabilmente blinderemo
le porte e le finestre della nostra casa,
usciremo solo in gruppo, guarderemo
con sospetto ogni cambiamento e forse
compreremo un'arma con cui
eventualmente difenderci, ecc.
L'ambiente culturale si deteriorerebbe
sempre di più, determinando così un
abbassamento della qualità della vita
nonché una perdita (nell'esempio
appena citato) in termini di scambio,
conoscenza, condivisione di valori insiti
in una società aperta, libera e
democratica. Quindi l'ambiente culturale
deve essere non solo salvaguardato ma
considerato un patrimonio comune, al
pari dell'aria e dell'acqua, e al pari di
esse va difeso dalle intrusioni non
desiderate e da quelli che sono definiti
inquinanti culturali. Come racconta un
ragazzo intervistato per le strade di
Seattle alla domanda perché stesse
protestando: <Perché devo farlo>
rispose. <Se non lo facessi non potrei
vivere con me stesso. Io non sono una
persona molto felice. Ero solito pensare
che fosse una faccenda personale, ma
ora comincio a rendermi conto che si
tratta di un problema culturale. Sento che
la mia vita è stata sottoposta ad un abuso
psicologico, uno stupro mentale, e ora è
venuto il momento della resa dei conti>.
Indagando il rapporto tra attivismo
politico e attivismo culturale si può
affermare che l'attivismo culturale abbia
aggiunto a quello politico dei livelli
ulteriori di approfondimento, portando
alla luce nuove questioni che vengono
affrontate al pari di quelle politiche.
Quando un tema profondamente
politico, come ad esempio la difesa dei
diritti dei lavoratori, si integra con le
tematiche dell'attivismo culturale
prende spesso nuova forma e nuovo
impulso e sinergicamente esce dal
particolare per assumere una
dimensione più generale.
Esemplare è il caso della Nike di Phil
Knight una delle corporation più
attaccate dagli attivisti politici. Vittima
di infinite campagne di boicottaggio e
proteste da parte del movimento new
global, è inoltre bersaglio di azioni di
attivismo culturale come billboard
banditry e détournement, tanto da
possedere il logo forse più ridisegnato,
riutilizzato e camuffato tra tutte le
corporation. Questo avviene certamente
per motivi politici (le fabbriche Nike
violano continuamente le leggi, tra cui
quelle sul salario minimo, il lavoro
Politico vs culturale
minorile, gli orari di lavoro, gli
straordinari, l'assicurazione,
l'organizzazione sindacale e i
licenziamenti) ma anche per motivi
d'inquinamento dell'ambiente culturale,
ovvero di diffusione di idee che
distorcono la percezione della realtà (si
investono milioni di dollari nella
creazione del mito di cool diffondendo
l'idea che solo con un paio di scarpe
Nike ci si possa sentire veramente
all'altezza, che siano i valori stessi dello
sport ad essere marchiati Nike) ma
ancora più inaccettabile per i culture
jammers e ragione di un attacco così
forte e prolungato è la sovrapposizione
delle due questioni: che un paio di
scarpe venga prodotto in condizioni di
sfruttamento illegale del lavoro grazie
alle quali il costo di produzione
raggiunge gli 83 cent e poi vengano
investiti milioni di dollari nell'ingaggio di
celebrità per creare una forte identità di
marchio che ne giustifichi il prezzo di
vendita di 250 dollari.
Si può affermare che l'attivismo
culturale travalichi il confine
dell'attivismo politico per aggiungervi
nuovi livelli di analisi; partendo dagli
stessi punti focali esso ha diramato le
questioni e ha costituito una nuova rete
di discussione in cui le tematiche
maggiori sono collegate fra loro da
dibattiti più sottili; i nuovi temi portati
alla luce dall'attivismo culturale hanno
Paul Vernon, UK, 1996
Genova è Bupyong, dove è scorso il sangue dei
lavoratori della Daewoo Motors, è Ulsan, dove i
lavoratori della Hyosung che protestavano contro la
ristrutturazione sono stati minacciati con i coltelli.
Genova è anche Yoido, dove gli autisti delle
betoniere scesi in sciopero sono stati attaccati dalla
polizia armata di asce e di mazze. Una cosa è certa,
oggi: non esiste un compromesso possibile fra la
globalizzazione neo liberista e la vita dei lavoratori
e della gente. Hanno cominciato a sparare e a
dichiarare guerra contro i popoli di tutto il mondo.
Mi-Kyeong Ryu, segretario di un’associazione
sindacale coreana
funzionato da leganti tra le
problematiche forti dell'attivismo
politico. La struttura è, non a caso, la
stessa a mozzi e raggi che è stata
utilizzata per descrivere la Rete dal
centro di ricerca di Washington
Telegeography e poi ripresa da Naomi
Klein per descrivere le connessioni tra
gli attivisti del movimento new global.(1)
Ad esempio la problematica della
privatizzazione è molto sentita
nell'attivismo politico; una volta
abbracciata anche dall'attivismo
culturale, la questione si allarga e si
espande, la privatizzazione diviene non
più solo un tentativo di fermare
l'acquisto di società pubbliche ma
necessità di riappropriazione degli spazi
collettivi reali, opposizione all'invasione
dei cartelloni pubblicitari ed esigenza di
spazi non sponsorizzati nelle scuole,
lungo le strade o nei posti di lavoro;
liberazione di spazi virtuali e quindi
diritto di accesso ai canali comunicativi
che permetta la diffusione di punti di
vista differenti da quelli della cultura
dominante, libera circolazione delle idee,
diritto ad un'informazione non
censurata dagli interessi degli
inserzionisti e questo esempio ci porta a
ricollegare alla maglia un altro nodo
caro all'attivismo politico: il problema
della libertà di espressione.
O ancora, la lotta per le pari opportunità
tra uomo e donna diviene opposizione
all'immagine della donna stereotipata
dai media e alle conseguenze che questo
ha sulla percezione del proprio corpo e
della propria individualità, donna che
solo attraverso l'acquisto di beni di
consumo può affermarsi ma anche
uomo che non può mai fallire o non
essere all'altezza della società fittizia
che viene presentata. Cosi per una rete
di mozzi e raggi si snodano e si
sovrappongono gli argomenti di
dibattito che spingono sia all'attivismo
politico che a quello culturale.
Se gli argomenti e gli scopi che
muovono attivismo politico e attivismo
culturale possono essere collegati con
questo schema diverso è il rapporto che
lega direttamente i movimenti politici
più tradizionali e i gruppi di culture
jamming. Il culture jamming non ha
partito, non si muove sotto un'unica
bandiera ne può essere caratterizzato
da un unico colore; proprio per le sue
caratteristiche di eterogeneità non si
riunisce sotto un'unica ideologia che
possa riferirsi a quelle della politica
tradizionale. Il caso del Luther Blissett
Project ne è un esempio eclatante; nato
da un gruppo di studenti bolognesi nella
seconda metà degli anni novanta il
Luther Blissett Project era un'azione di
culture jamming che voleva
sensibilizzare l'opinione pubblica
rispetto al potere dei media e
all'influenza che essi avevano sulla
cultura dominante. L'idea fu quella di
inventare una persona fittizia chiamata
Luther Blissett il cui nome potesse
essere utilizzato da chiunque per
firmare qualsiasi atto di interferenza
culturale (vedi capitolo 11). Il progetto
non ebbe però la diffusione che avrebbe
potuto avere, perché se da un lato essi
mantennero l'anonimato e scrissero
tutti i loro testi utilizzando questo
pseudonimo, dall'altro nelle loro
pubblicazioni veniva chiaramente
dichiarato il loro schieramento politico
(per altro piuttosto estremistico).
La dichiarazione di queste idee politiche
ha scoraggiato moltissimi culture
jammer e attivisti culturali ad aderire al
progetto, nonostante gli scopi e gli
25
argomenti fossero comuni. Ogni culture
jammer difende con attenzione la
propria identità politica, forse perché la
lotta per non essere riassorbito da una
qualunque cultura dominante è l'anima
del suo attivismo.
I rapporti con il movimento new global
nato con le manifestazioni di Seattle
sono invece molto più stretti.
<Viviamo nell'era del feticcio dell'alta
merce, per parafrasare Marx. I marchi di
bevande e di computer svolgono nella
nostra cultura il ruolo di divinità. Sono
loro a creare la nostra iconografia più
potente, a costruire i nostri monumenti
più utopici, a riformulare la nostra
esperienza: non le religioni, non gli
intellettuali, non i poeti, non i politici.
Oggi sono tutti alle dipendenze della
Nike. Come risposta noi attraversiamo le
prime fasi di una campagna politica
organizzata per de-feticizzare le merci
per dire: No, quella scarpa da ginnastica
non è in realtà un simbolo di ribellione e
trascendenza. È un pezzo di gomma e di
pelle che qualcuno ha attaccato insieme
e io ti dirò come e quanto questa
persona è stata pagata per farlo e
quanti sindacalisti sono stati licenziati
per tenere giù il prezzo. De-feticizzare la
merce è dire che i computer Mac non
hanno nulla a che vedere con Martin
Luther King jr., mentre hanno molto a
che vedere con un'industria incline a
costruire cartelli informatici [come dire
che Gandhi non ha niente a che vedere
con Telecom ndr]. È riconoscere che
ogni pezzo della nostra patinata cultura
consumistica viene da qualche altra
parte. È seguire le reti di fabbriche
subappaltatrici, il sistema di scatole
cinesi e della manodopera esterna per
scoprire dove sono fabbricati i singoli
pezzi, sotto quali condizioni, quali lobby
Demonstrate Against us Corporation, Paul Petard, UK, 1990
La popolazione diventa in fretta il nemico interno. Ogni segno di
vita, di protesta e persino il semplice dubbio rappresenta una sfida
pericolosa dal punto di vista della dottrina militare e della
sicurezza nazionale. Sono stati messi a punto meccanismi di
prevenzione e punizione complicati.
Eduardo Galeano
scrivono le regole del gioco e quali
politici sono stati comprati lungo il
percorso. In altre parole è radiografare
la cultura della merce, decostruire le
icone dell'era dello shopping e
realizzare, strada facendo, vere
connessioni globali: tra lavoratori,
studenti, ambientalisti. (…) Ricordate, i
giovani che contestano nelle strade il
potere aziendale sono gli stessi che
erano stati dati per spacciati, fuori da
ogni possibile redenzione. Questa è la
generazione cresciuta per intero sotto il
microscopio del marketing. Sono i
ragazzi con le pubblicità nelle loro classi,
pedinati su internet da voraci ricerche di
mercato; con sottoculture giovanili
completamente comprate e vendute, a
cui è stato detto che la loro massima
aspirazione doveva essere diventare a
diciotto anni il proprietario milionario di
una dot.com e a cui è stato insegnato
che, anziché essere cittadini,
dovrebbero imparare a essere
l'amministratore delegato della IO S.p.A.
Certo, per alcuni è così. Ma molti stanno
andando nella direzione opposta.
Per questo motivo, se vogliamo
costruire un movimento con un'ampia
base, che metta in discussione la cultura
del denaro, abbiamo bisogno di un
attivismo che operi sul piano della
politica concreta. Ma deve spingersi
anche più in profondità e affrontare i
bisogni culturali e umani creati dalla
mercificazione della stessa identità.
Si dovrà riconoscere il bisogno di
esperienze non mercificate e risvegliare
il nostro desiderio di spazi davvero
pubblici e dell'eccitazione di costruire
qualcosa collettivamente. Forse
dovremmo cominciare a chiederci se il
movimento per il software libero e
Napster rientrino in questo fenomeno.
Forse dobbiamo cominciare a liberare
un numero maggiore di spazi
privatizzati, come fa la carovana di
attivisti ambulanti Reclaim the Streets,
improvvisando feste sfrenate al centro
di incroci affollati solo per ricordare alla
gente che un tempo le strade erano
spazi civici oltre che commerciali>.(2)
Questo brano è tratto da un discorso
pronunciato durante la Shadows
Convention (convention parallela alla
Convention Nazionale Democratica)
nell’agosto del 2000. In esso Naomi
Klein all'interno del dibattito sulle
caratteristiche del movimento
antiglobalizzazione sottolinea il fatto
che alla politica è necessario anche
accostare un attivismo che tenga conto
dei bisogni culturali, Naomi Klein parla
di culture jamming.
I due movimenti hanno tantissime
caratteristiche comuni: la stessa
struttura decentralizzata a rete senza
alcun tipo di gerarchia verticale, lo
stesso carattere internazionale di
movimento nato grazie ad internet e
non ultima la stessa avversione per il
capitalismo consumistico e le influenze
che questo ha sull'ambiente reale e
mentale. In un certo senso entrambi si
sono allontanati dai sentieri della
politica tradizionale pur ereditandone i
metodi espressivi di contestazione.
Ma mentre le manifestazioni di Genova,
Washington o Seattle sono state il
mezzo principale per portare
all'attenzione dell'opinione pubblica le
questioni dei new global, un aspetto che
caratterizza l'attivismo culturale è il
credere che i soli metodi tradizionali di
azione politica abbiano dimostrato la
loro inefficacia se tutto l'apparato
culturale è organizzato per rinforzare e
sostenere quelle abitudini e quei modi di
26
vita contro cui esso stesso combatte.
Per questo motivo il culture jamming si
è dato dei nuovi metodi per cercare di
smuovere e modificare le situazioni che
combatte. Questi nuovi modi (spiegati
più dettagliatamente a pagina 52)
affiancano ai metodi di protesta
tradizionali, tecniche di distorsione dei
normali modi di trasmissione culturale
per alterare, sovvertire, bloccare,
parodiare e distruggere i messaggi dei
media dominanti. L'attivismo culturale è
ad esempio la costruzione di forum
indipendenti per l'espressione culturale,
fuori dei limiti delle istituzioni e della
commercializzazione o la nascita di
gruppi mediatici che condividono
attrezzature, costi e idee mentre
cercano di organizzarsi per creare i
propri sbocchi culturali. È una cultura
attivista che cerca di guardare alle
forme di potere sommerse che la
costringono e si cerca un varco
attraverso quelle costrizioni e controlli.
Per fare ciò travalica persino le barriere
tradizionali, abbracciando anche metodi
illegali per ottenere i suoi scopi come i
graffiti o il billboard banditry. Tutte
queste pratiche contribuiscono alla
nozione che ci deve essere un luogo per
modi indipendenti di comunicazione e
che l'espressione culturale dovrebbe
essere controllata più democraticamente
e fuori dai confini della
commercializzazione. L'attivismo
culturale è impegnato a guardare come i
fattori fondamentali della cultura
corrente contribuiscano ad ampliarne gli
effetti negativi. Riguarda come gli
individui interagiscono con il proprio
ambiente e cerca di salvaguardare
l'integrità culturale. Si può affermare
che il focus dell'attivismo culturale sia
maggiormente la cultura piuttosto che la
adbusters.org
REGIMI OPPRESSIVI: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia
RELAZIONI SINDACALI: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali
e vengono repressi dall'esercito, i dirigenti sindacali sono
licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi.
SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: i lavoratori della Nike
ricevono un salario da fame, inferiore al salario minimo stabilito
dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle colle, ai
solventi, alle vernici, per 12 ore al giorno. (manitese.it)
27
politica ma ancora più correttamente si
può dire che il suo campo d'azione è la
politica della cultura.
adbusters.org
Quanto costa una scarpa Nike?
Materiale
$ 4,7
Manodopera
$ 1,3
Profitti all’ingrosso
$ 62
Profitti al dettaglio
$ 57
Prezzo al pubblico
$ 125
(manitese.it)
4%
1%
49%
46%
100%
28
Organize crime
La radice principale del potere sta sotto la superficie; è
l’obbedienza, la collaborazione, la collusione: la colla sociale che
fa sì che ogni giorno si svolga come il precedente. Ognuno di noi
ha il potere di dare o di rifiutare la propria partecipazione
consapevole. Di riprodurre o di rimodellare la società.
Alex Begg
29
Imagine a city where graffiti wasn't illegal, a city where
everybody could draw wherever they liked. Where every
street was awashed with a million colors and little phrases.
Where standing at a bus stop where never boring. A city
that felt like a living breathing thing which belonged to
everybody, not just to estate agents and barons of big
business. Immagine a city like that and stop leaning
against the wall - it's wet.
Banksy
Barbara Kruger è forse l'artista il cui
lavoro più si avvicina all'universo
dell'attivismo culturale. I temi che
tratta, i mezzi espressivi che adopera e
non ultimo come riutilizza gli artifici
della grafica e della retorica così
peculiari del mondo del packaging e
della pubblicità sono tipici
dell'attivismo culturale dei culture
jammer. Nelle opere più recenti ad
esempio oppone un bianco e nero
aggressivo a slogan brevi ed incisivi
scritti in rosso, il colore della Coca-cola
e delle sigarette Marlboro due tra le
confezioni più efficaci dal punto di
vista comunicativo.
Invitata a realizzare un'opera per la
città di Siena, ha deciso di utilizzare
come supporto per il suo intervento i
mezzi pubblici del trasporto urbano: un
piccolo autobus che percorre le vie del
centro storico e altri tredici di maggiori
dimensioni. La superficie degli autobus è
coperta da perentorie affermazioni:
PENSA COME NOI, APPARI COME NOI,
PARLA COME NOI, AMA COME NOI,
ODIA COME NOI, TEMI COME NOI,
PREGA COME NOI, VINCI COME NOI,
PERDI COME NOI, RIDI COME NOI,
PIANGI COME NOI, VIVI COME NOI,
MUORI COME NOI.
Questi imperativi occupano gli spazi
solitamente dedicati alla pubblicità
commerciale e allo stesso modo
suggeriscono forme stereotipate di
comportamento. L'artista utilizza una
tecnica cara ai movimenti di culture
jamming quella dello slittamento di
contesto per creare un momento di
sospensione della comprensione e
generare una riflessione più ampia sul
potere dei persuasori occulti.
La mancanza di un chiaro riferimento ad
un prodotto o ad un servizio insieme alla
spavalderia delle frasi stesse generano
un senso di inquietudine, di non
finitezza come se si aspettasse un finale
catartico che dia una spiegazione logica
a questi messaggi e permetta di
ripensarli quali ennesimo artificio
retorico di un eccentrico pubblicitario.
Ciò che nasce per suscitare convinzioni
e certezze, ciò che dovrebbe recepirsi
come stabile, insinua invece il dubbio,
propone la riflessione, ammonisce senza
pretendere di istruire.
Sulla finzione estetica dei media si
concentra da sempre l'operato di
Barbara Kruger, consapevole del fatto
che solo un intervento di natura analoga
sia in grado di compiere quella
destrutturazione necessaria per rivelare
il recondito, il sottaciuto, l'implicito dei
messaggi mediatici. Quella frizione che
scaturisce dal sovrapporsi delle
immagini e dei testi nei lavori realizzati
attraverso una tecnica in qualche modo
assimilabile al montaggio fotografico, in
quello senese fatto di sole parole,
emerge dalla chiarezza apparente
I confini con l’arte
dell'enunciato, dalla sua forza
perentoria, che convivono con
l'ambiguità e l'indeterminatezza.
Barbara Kruger non stravolge il
messaggio mediatico nella forma e non
lo rovescia nel significato: lo fa apparire
semplicemente in una prospettiva
diversa offrendo così allo spettatore la
possibilità di discuterne gli assunti, i
sottintesi e i significati accettando o
meno di aderirvi.
Questo cambio di prospettiva si
evidenzia in entrambi i filoni che si
possono intravedere nella produzione
dell'artista; da un lato nelle opere dal
forte intento critico nei confronti della
società moderna e del linguaggio dei
media, che ha la massima espressione
nell'opera I shop therefore I am,
dall'altro in quello più intimo e legato
all'universo femminile in cui vengono
raccontati dei momenti delicati di vita
come in Thinking of you.
Nella decisione di uscire dall'ambito
comune protetto della galleria c'è un
elemento di ribellione al sistema
dell'arte ai meccanismi della
commercializzazione e della fruizione
delle opere, ma allo stesso tempo
l'artista non rifiuta di parteciparvi
dichiarando che si può smontare un
meccanismo solo agendo dentro di esso
e non rifiutando le possibili interazioni:
<Ho cominciato a capire che al di fuori
Banksy
E’ la lotta di poteri che si sono costituiti per la
gestione dello stesso sistema socio-economico che
si presenta come la contraddizione ufficiale, mentre
appartiene di fatto all’unità reale; e ciò su scala
mondiale come all’interno di ogni singola nazione.
Guy Debord
del mercato non c'è niente - né un pezzo
di tela, né un maglione, né un tavolino
da caffè, né un essere umano>.(1)
Lo stesso spirito di ribellione al sistema
della fruizione artistica è espresso con
vigore e personalità da Banksy, noto
pacifista virtuoso del graffito che
riappropriandosi di spazi pubblici ha
détournato moltissimi muri della
capitale inglese. Con colori e mascherine
egli è riuscito a raccontare la solitudine
di una società improntata sulla corsa al
successo dove il potere dei media, i
messaggi consumistici e il controllo
sempre più capillare di telecamere e
sistemi di sicurezza generano un senso
di straniamento e spingono
all'indifferenza sociale; ma non
fermandosi alla pura critica, Banksy
suggerisce un diverso modo di
immaginare la società dove gli spazi più
quotidiani della città che rimangono
solitamente inosservati e inutilizzati
diventano luoghi di creatività
liberamente fruibili.
<Immagina una città dove i graffiti non
sono illegali. Dove tutti possono
disegnare dove vogliono. Dove ogni
strada è inondata da milioni di colori e
piccole frasi. Dove aspettare l'autobus
non è mai noioso. Una città come un
corpo vivo che respira e che appartiene
ad ognuno di noi e non solo alle agenzie
immobiliari e ai baroni del commercio e
della pubblicità. Immagina una città così
e smetti di appoggiarti al muro - la
vernice è fresca>.
Barbara Kruger e Bansky per le
tematiche che affrontano e per i modi in
cui le comunicano potrebbero essere
considerati parte del mondo
dell'attivismo culturale.
Ma l'arte pur nei suoi intenti di
sensibilizzazione e di diffusione di
tematiche sociali si muove per scopi
differenti dall'attivismo culturale e
principalmente per l'espressione
dell'artista in sé. Se anche si volesse
ipotizzare che lo scopo di un artista
possa essere quello di sovvertire il
sistema, come avviene per i culture
jammer, classificare l'arte come semplice
mezzo per raggiungere questo traguardo
sembra troppo riduttivo e macchinoso
per essere accettabile.
In un certo senso si può affermare che
quello che distingue principalmente gli
attivisti culturali dagli artisti è la scelta
dell'anonimato. Questo rimanda alla
questione del copyright e del diritto
d'autore che ha spinto a considerare
attivisti culturali tutti coloro la cui
individualità non ha avuto nessuna
importanza rispetto ai loro interventi di
interferenza culturale, i cui atti sono
riproducibili e replicabili e anzi
acquistano maggiore forza dall'essere
copiati e emulati, sia che si tratti di
azioni di teatro invisibile, di stickers o
magliette. Bisogna sottolineare però che
il confine tra il mondo dell'arte - in
special modo la cosiddetta political art e l'attivismo culturale è comunque molto
labile e aperto ad essere spostato da
ciascuno. Nel lavoro di mapping di tutti i
movimenti di culture jamming di questa
tesi si è volutamente scelto di escludere
gli artisti, anche coloro che hanno fatto
propri i temi dell'attivismo culturale.
Queste scelte sono state giustificate
dall'esigenza di limitare questa ricerca e
di contenerla in un dato involucro ma
non intendono creare distinzioni e
classificazioni reali di un movimento le
cui caratteristiche principali sono proprio
quelle di multiformità e continuo
instancabile mutamento.
31
Banksy
L’utilizzo autonomo dello spazio pubblico è di per sè
un’affermazione ricca di contenuto. A tale proposito si rivela
particolarmente appropriata l’affermazione di Marshall
McLuhan: Il mezzo è il messaggio. I graffiti criticano la funzione
di rappresentanza dell’architettura e mettono in discussione il
diritto ad una facciata integra e pulita. Allo stesso modo essi
servono tanto alla riappropriazione simbolica dei luoghi quanto
alla caratterizzazione del territorio.
32
I shop therefore I’m, Barbara Kruger
Thinking of you, Barbara Kruger
You are seduced by the sex appeal of the inorganic, Barbara Kruger
Lavoro con immagini e parole perché insieme hanno la capacità di
determinare chi siamo e chi non siamo.
Barbara Kruger
33
Gli attivisti organizzarono un'entusiasmante partita di
cricket con un raccolto sperimentale di patate
geneticamente modificate, distruggendolo
completamente.
Il movimento di culture jamming si
inserisce in un continuum rivoluzionario
che ha come precedenti, andando a
ritroso nel tempo, i primi ribelli punk, il
movimento hippie degli anni sessanta, il
gruppo di artisti intellettuali e concettuali
che andavano sotto il nome di
Internazionale Situazionista, i surrealisti, i
dadaisti, gli anarchici e una moltitudine di
altri agitatori sociali che nel corso dei
secoli hanno messo in discussione e
sfidato la mentalità dominante.
I punk, così come gli yippie, i beat, gli
anarchici, i dadaisti, i surrealisti e molti
altri ribelli idealisti erano i portavoce di
uno spirito di aperta sfida all'ordine
istituito, ma è stato merito dei
situazionisti applicare quello spirito di
anarchia alla moderna cultura mediatica.
I situazionisti, nati nel luglio del 1957
dall'incontro di otto giovani scrittori e
artisti, in maggior parte europei, sono
stati i primi a rendersi conto di come i
media stessero lentamente corrodendo
l'ambiente sociale e culturale. La visione
surreale e provocatoria della realtà che
prospettavano riuscì a dare vita a una
spinta anarchica che un'intera
generazione di studenti, artisti ed
estremisti avrebbe preso come modello.
Per riappropriarsi di un'esistenza
autentica proponevano una serie di
azioni provocatorie quali ad esempio
l'abbattimento delle chiese e la
conseguente costruzione di spazi dove i
bambini potessero giocare in libertà o
l'installazione di interruttori sui
lampioni, in modo che la gente potesse
controllare l'illuminazione delle strade.
Per i situazionisti ognuno di noi in più di
un'occasione si trova di fronte ad un
bivio. La scelta allora, può essere quella
di agire normalmente,
automaticamente, o di comportarsi in
maniera magari un po' folle e rischiosa
ma spontanea. La nostra vita può
trasformarsi così in un rifiuto morale,
poetico, erotico e quasi spirituale di
cooperazione con le richieste della
cultura dei consumi.
I situazionisti parlavano di spettacolo
della vita moderna riferendosi ad ogni
tipo di manifestazione: dai cartelloni
pubblicitari alle mostre d'arte, dalle
partite di calcio alla radio alla
televisione. A grandi linee, il concetto
chiave era quello della
spettacolarizzazione dei consumi e della
pubblicità nella società moderna. Tutto
ciò di cui gli esseri umani facevano un
tempo esperienza diretta si era
trasformato in uno show manovrato da
qualcun altro. Il vivere autentico era
stato rimpiazzato da esperienze
preconfezionate e da eventi pilotati dai
media, l'immediatezza era scomparsa.
Quello che rimaneva era mediatezza:
un'esistenza filtrata da elementi
estranei, una creazione dei media. Per i
situazionisti il détournement era il mezzo
che invertendo o rovesciando il
significato di determinate immagini,
ambienti ed eventi permetteva di
riappropriarsi della propria vita. Il leader
situazionista Guy Debord ad esempio
volle che la copertina delle sue mémoires
fosse in carta vetrata, così che ogni volta
che il volume veniva riposto sulle
mensole delle biblioteche distruggeva
pian piano gli altri libri.
Ciò che il movimento di culture jamming
ha in comune con tutti i suoi
predecessori - oltre una chiara ostilità
verso l'autorità - è la forza di elaborare,
proporre e spesso realizzare idee e
progetti utopistici trasgressivi, a volte
surreali ma sempre e comunque contro
corrente per poter ribadire e
conquistare ambiti di libertà.
Dal 1968 ad oggi i gruppi di interferenza
culturale si sono moltiplicati
esponenzialmente e parallelamente alla
crescita del movimento New Global.
Per Malcolm Gladwell, giornalista e
autore del libro The tipping point, ogni
cambiamento sociale obbedisce alle
stesse regole di un'epidemia. Idee e
comportamenti sono virus che si
diffondono grazie al vecchio ma efficace
sistema del passaparola. Proprio come
nelle epidemie, la diffusione di un libro,
di un prodotto, di un'idea, conosce un
momento in cui tutto cambia
improvvisamente e si innescano
Timeline ed evoluzione
Fila, Paolo Sala, 2002
Sabato 23 marzo 2002 a Roma si è verificato un evento
storico. Circa tre milioni di persone sono scese in piazza per
manifestare il proprio dissenso e la propria opposizione
ferrea alla proposta di eliminare l'articolo 18 dello Statuto
dei Lavoratori e l'abbattimento dei contributi previdenziali
per i nuovi assunti. Non si era mai vista nell'Italia
repubblicana una manifestazione di queste dimensioni,
composta, pacifica, rispettosa ma determinata.
gigantesche reazioni a catena che
modificano la situazione circostante.
Questo momento è appunto il tipping
point, il punto critico oltre il quale il
fenomeno epidemico esplode e contagia
masse enormi di individui. Il concetto alla
base del tipping point è che cambiamenti
di minima entità abbiano spesso
conseguenze di notevole portata e che
questo spieghi come mai mutamenti nati
sovente dal nulla trasformino comunità,
settori di attività e nazioni.
Il punto critico dello sviluppo dei
movimenti di culture jamming può essere
individuato alla fine degli anni novanta
dopo i quali la crescita non si è mai più
rallentata e la sua diffusione ha raggiunto
una dimensione globale.
Studiare, osservare e capire un fenomeno
in atto e comprendere i motivi che ne
sottendono l'espansione non è ancora
veramente fattibile ma si possono
identificare degli eventi politici e sociali
che ne hanno alimentato lo sviluppo,
alcuni di importanza mondiale, altri che
possono essere considerati i piccoli
dettagli di cui tratta Malcolm Gladwell.
Nel 1978 al congresso degli Stati Uniti il
senatore Edward Kennedy solleva il
problema della scorretta politica di
marketing della Nestlè provocando una
messa sotto accusa dei vertici della
multinazionale: il latte in polvere viene
venduto ad alto costo, ceduto
gratuitamente agli ospedali del Terzo
Mondo, senza illustrare i rischi di un
utilizzo improprio, quali l'impiego di
acqua non potabile, la mancata
sterilizzazione delle tettarelle, ecc.
<La sola Nestlé è responsabile del 25 per
cento delle violazioni nei Paesi in via di
sviluppo>, dicono all'International Baby
Food Action Network. <Il Terzo Mondo è
considerato una pattumiera. La Nestlé
spaccia per aiuti la sua scorretta politica
di marketing>, denuncia Dijbrill Diallo, ex
consigliere speciale dell'Unicef. In
seguito a queste denuncie in tutto il
mondo sono nati migliaia di comitati per
il boicottaggio della Nestlé che hanno
partecipato alla diffusione di questa
forma di attivismo internazionale autoorganizzata. In Gran Bretagna, dove al
boicottaggio per un certo periodo aderì
pure il Sinodo anglicano, i consumi del
Nescafè calarono del tre per cento.
Questo è uno dei primi casi di denuncia
delle scorrettezze delle grandi
corporation e ha dato il via ad una lunga
serie. Un altro episodio molto
importante avvenne nel 1995, quando la
protesta contro la Shell Oil assunse per
la prima volta portata mondiale in
conseguenza dell'assassinio di nove
attivisti ambientalisti che si opponevano
alla distruzione ambientale da parte del
governo nigeriano.
Nel 1991 nacque il world wide web: Tim
Berners Lee in cooperazione con il CERN,
l'Organizzazione Europea per la Ricerca
Nucleare che ha base in Svizzera, scrisse
con Robert Cailliau il primo browser e lo
chiamò World Wide Web. Già sei anni più
tardi internet si dimostrò un ottimo
strumento d'opposizione.
Nel febbraio '97 ad esempio venne
divulgata in rete una bozza del
Multilateral Agreement on Investment
(MAI), un accordo negoziato
segretamente nel cosiddetto circolo dei
ricchi ovvero l'Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico
(OCSE). Fino a quel momento le
trattative si erano svolte in condizioni di
relativa segretezza, ma dopo la
pubblicazione si scatenò una campagna
35
mondiale di tale portata che l'accordo
affondò prima ancora di essere
approvato. Nello stesso anno anche sul
fronte della lotta all'inquinamento si
compirono grandi e piccoli passi: in
Giappone viene redatto il protocollo di
Kyoto che impegnava 150 paesi a
diminuire, entro il 2010, le emissioni di
anidride carbonica e altri gas del 5%
rispetto ai valori registrati nel 1990.
In Gran Bretagna, invece, nei pressi di
Cambridge si svolse la prima azione
(nota) contro gli OGM: un gruppo di
attivisti organizzarono
un'entusiasmante partita di cricket
utilizzando un raccolto sperimentale di
patate geneticamente modificate,
distruggendolo completamente. Sempre
nel Regno Unito terminò dopo
trecentoquattordici giorni il caso
McLibel, il processo per diffamazione più
lungo nella storia dell'Inghilterra. La
McDonald's aveva citato due attivisti per
aver distribuito volantini che criticavano
la multinazionale. La sentenza della
corte stabilì che la McDonald's faceva
leva sui bambini attraverso la pubblicità
ingannevole, era colpevole di crudeltà
sugli animali, avversava le attività
sindacali e sottopagava i lavoratori.
Tuttavia il giudice decise che gli attivisti
colpevoli di diffamazione dovevano
pagare un risarcimento di circa 98mila
dollari. La McDonald's rinunciò poi a
qualsiasi appello, avendo già speso oltre
sedici milioni di dollari per il processo,
avendo alimentato una campagna di
solidarietà globale verso gli attivisti e
una buona dose di pubblicità negativa.
Quando nel settembre 1994 il sindaco
leghista di Milano, dopo aver ordinato lo
sgombero del centro sociale occupato
Leoncavallo, dichiarò: <D'ora in poi gli
programma per lo stesso anno. Nelle sei
ore che i tecnici della multinazionale
impiegarono per ripristinare la normalità,
il sito degli attivisti venne visitato circa
900 mila volte.
Dal 25 al 30 gennaio 2001 oltre 11mila
attivisti esponenti dei movimenti sociali di
centoventi paesi si riunirono, forti
dell'idea che un altro mondo è possibile
nella città brasiliana di Pôrto Alegre per il
primo Word Social Forum, un raduno
alternativo al Word Economic Forum che
si teneva a Davos in Svizzera.
Da questo momento in poi il dibattito sul
capitalismo, alimentato anche dai crack
economico finanziari di grandi società
quali Enron, Cirio, Parmalat e dallo
strapotere delle corporation e dei media
divenne punto centrale dell'attivismo
politico e culturale di tutto il mondo
tanto che Michael Moore vince l'Oscar
con Bowling for Colombine, un
documentario che presenta cause ed
effetti del culto-paranoia delle armi nella
società statunitense.
La più grande giornata di azione globale
che sia mai stata organizzata in tutto il
mondo è stata il 15 febbraio 2003, un
mese prima che USA e Gran Bretagna reinvadessero l'Iraq e vi hanno preso parte
venti milioni di persone.
Quello che il New York Times scrisse in
quei giorni è quasi un augurio per il
futuro: <Le vaste dimostrazioni contro la
guerra verificatesi in questo fine
settimana in tutto il mondo ci ricordano
che sulla terra ci possono ancora essere
due superpotenze: gli Stati Uniti e
l'opinione pubblica internazionale>.
OPPOSITE
occupanti abusivi non potranno fare
altro che aggirarsi per la città come
fantasmi!> gli attivisti reagirono con
senso dell'umorismo: vagarono per le
strade indossando spettrali tute
bianche. Nacque così il movimento
italiano delle tute bianche che come
simbolo dell'invisibilità di tutti gli esclusi
dal capitalismo, si diffusero nel mondo
intero, dalla Finlandia al Messico.
Ma è dopo le manifestazioni di Seattle
del novembre 1999 che si cominciò a
parlare di un vero e proprio movimento,
e non di una semplice rete di
associazioni. Nell'anno successivo a
queste manifestazioni, che portarono le
questioni della globalizzazione
all'attenzione dell'opinione pubblica
mondiale, si assiste alla più alta
impennata di nascita di movimenti di
culture jamming. E lo stesso avviene
dopo la pubblicazione nel 2000 di
NOLOGO il primo saggio di Naomi Klein
divenuto un bestseller internazionale
tradotto in 23 lingue. La giornalista
canadese ha articolato e messo in pagina
i pensieri e gli interrogativi di un
movimento, ne ha fotografato la presa di
coscienza e le prime uscite pubbliche,
accompagnandone il cammino e
focalizzandone le proposte ed ha
instancabilmente contribuito al dibattito
sulla globalizzazione, sul suo impatto sulle
economie minori e sul suo futuro.
Sull'onda della contestazione verso i
marchi e le grandi corporation,
moltissimi gruppi di media attivisti
(hactivists) cominciarono a sferrare
nuovi attacchi come quello perpetrato
da ignoti che nel giugno 2000 dirottò
tutti i visitatori del sito della Nike
automaticamente verso un sito
anticapitalista creato per protestare
contro il World Economic Forum in
System error Progress, adbusters.org
Andiamo avanti nei secoli. L’industria è in pieno sviluppo. Il
mondo non ha mai conosciuto così tanta ricchezza. Ma adesso
c’è il nuovo problema: chi comprerà tutta questa roba? Per
tanto tempo il problema dell’economia è stato nella scarsità dei
prodotti, adesso è la scarsità di domanda e di bisogno. Il tempo
viene riconfigurato come metronomo del consumo. Le vacanze
diventano giorni per comprare e si inventano nuove feste per
fornirci nuove occasioni in cui obbligatoriamente fare acquisti.
36
L’attivismo culturale è costituito da molteplici piccoli
movimenti che nascono, crescono e si sviluppano al di
fuori dei canali istituzionali in contesti geografici e sociali
molto diversi tra loro.
Una delle problematiche emerse nel
corso del lavoro di mapping dei
movimenti di interferenza culturale, è
stata la ricerca di un criterio con il
quale analizzare, capire e quindi
categorizzare l’ampio e variegato
mondo del culture jamming.
L’attivismo culturale è costituito da
molteplici piccoli movimenti che
nascono, crescono e si sviluppano al di
fuori dei canali istituzionali in contesti
geografici e sociali molto diversi tra
loro. Questa caratteristica unita alla
scarsità di letteratura specifica ha fatto
sì che un primo criterio da cui partire
fosse la presenza sul web; questo lavoro
di mapping quindi, include solo i
movimenti che hanno scelto di
pubblicare sulla rete i contenuti, gli
obiettivi e i messaggi del loro attivismo.
Un secondo criterio è stato quello di
escludere gli artisti e i gruppi di attivisti
politici, come ampiamente spiegato a
pagina 24 e 30.
Durante questa ricerca si è
frequentemente evidenziata la
presenza di artisti che utilizzano le loro
opere per mettere in discussione e
contestare la società, ma se i temi
sono risultati spesso comuni
all’attivismo culturale i motivi che
spingono alla contestazione hanno
direttrici completamente diverse.
Gli artisti sono mossi da un bisogno di
esprimere se stessi, essi creano per sé
e per realizzare la propria creatività ed è
proprio questa peculiarità che fa sì che
anche se politicamente impegnati non
possano essere considerati culture jammer.
L’artista infatti fa riferimento al proprio
bisogno creativo mentre il culture
jammer fa riferimento al proprio
bisogno di cambiamento e di
trasgressione delle regole.
Parallelo è il discorso relativo
all’attivismo politico, la sua specificità
infatti richiede metodi di contestazione
più istituzionalizzati e propone soluzioni
differenti rispetto agli attivisti culturali.
Il culture jammer crede che i soli metodi
tradizionali di azione politica
continueranno ad essere inefficaci finché
non verrà messo in atto un contestuale
cambiamento dell’apparato culturale.
La raccolta dei dati effettuata in questa
ricerca e filtrata dai criteri sopra esposti
ha permesso la creazione di un
database che contiene una serie di
informazioni di tutti i movimenti
mappati: nome, indirizzo web, anno,
paese, subject e format.
Si è specificatamente scelto di
identificare i movimenti attraverso il
loro nome piuttosto che i gruppi
autoriali di riferimento in conseguenza
sia della frequente impossibilità di
reperire tale informazione sia per dare
risalto e rispettare una caratteristica
strutturale di questi movimenti cioè
l’anonimato.
L’anno di nascita è stato utile per
elaborare una timeline e osservare
come gli eventi politico-sociali più
significativi hanno influenzato la
diffusione di questo fenomeno.
Si è proceduto poi all’analisi dei dati
raccolti che ha permesso di identificare
due categorie principali, due minimi
comun denominatori fra tutti i gruppi:
i subject e i format.
Le tematiche di contestazione, gli
argomenti affrontati e gli ambiti di azioni
di dissenso emersi sono stati suddivisi in
cinque categorie: Consumerism, Ecology,
Politic, Reclaim the Media, Reclaim the
City (vedi pagina 44).
Mentre i mezzi per mettere in atto
questa contestazione e i media
utilizzati per raggiungere gli obiettivi
dei vari gruppi sono stati organizzati in
nove sottocategorie: Graphic,
Information, Provocation, Alteration,
Music, Video, Campaign, Acting,
Software (vedi pagina 52).
Mapping dei movimenti
BOTTOM
TOP
The iBrator, USA, 1999
Quando un evento improvviso capovolge le regole date, le
rende ridicole o le fa apparire assurde, un tale straniamento
può valere da offerta: indica che l’impossibile è possibile,
che l’adattamento alla normalità sociale è una scelta, non
un’inevitabile necessità.
insiemi, 2005
Schema rappresentativo dei rapporti fra attivismo politico
tradizionale, mondo dell’arte, movimento new global e
culture jamming.
41
La libertà di espressione non deve essere limitata da
alcun mezzo o manovra traversa, quali ad esempio
l'abuso del controllo governativo o privato sulla stampa,
sulle trasmissioni radio o ogni altro mezzo che possa
ostacolare la comunicazione e la libera circolazione di
idee e opinioni.
Articolo 13 dell'American Convention on Human Rights
Consumerism
Fenomeno degenerativo che si è
sviluppato con la diffusione capillare dei
media e la loro invasione da parte della
pubblicità commerciale, il consumismo è
divenuto nella nostra società imperativo
morale irrinunciabile, senso di
appartenenza, un motivo di vita.
Kalle Lasn la definisce la nuova
religione, il grande sogno.
<Questo sogno è così seducente che tutti
noi continuiamo, imperterriti, a sognare.
Continuiamo a guidare la macchina fino
al supermercato, a muoverci pigramente
lungo i corridoi pieni di prodotti, a creare
allegramente tonnellate di rifiuti ogni
settimana, a credere che gli additivi nel
nostro cibo non siano altro che
inoffensivi agenti di conservazione.
Continuiamo a tifare Visa piuttosto che
Mastercard, ad acquistare scarpe da
ginnastica che sappiamo essere prodotte
da manodopera straniera sfruttata e
sottopagata. La sera continuiamo a
sedere immobili come sfingi di fronte
alla televisione, per assorbire la nostra
dose quotidiana di show consumistico.
Le immagini ci prospettano un futuro nel
quale il massimo piacere con il minimo
sforzo sarà non solo possibile, ma
inevitabile. Bramiamo la realizzazione di
tale sogno. Lavoriamo e lottiamo per
questa promessa, tentiamo di
intrappolare il fiume in un secchio.
Ma non vi riusciremo mai. Siamo
diventati quella che il sociologo francese
Henri Lefebvre ha chiamato una società
burocratica di sprechi controllati.
La nostra cultura si è evoluta in una
cultura dei consumi, noi ci siamo
trasformati da cittadini in consumatori. Il
senso di riconoscenza di quel che
abbiamo ha lasciato il posto al desiderio
sempre più insistente per ciò che non
abbiamo. Quanto ci basta? è stato
sostituito da Quanto possiamo ancora
avere? così continuiamo a consumare.
I nostri corpi, le nostre menti, le nostre
famiglie, le città, l'ambiente. Consumiamo
ogni cosa>.(1)
Siamo così presi da questo sogno che siamo
rimasti e rimaniamo sordi a qualsiasi voce
che si alza contro questa degenerazione,
che ci chiama alla riflessione, che cerca di
dirci che il re è nudo.
<Dove lavoro io [un pubblicitario, ndr]
circolano molte informazioni: così scopri,
per caso, che esistono lavatrici
indistruttibili che nessun produttore
vuole lanciare sul mercato; che un tizio
ha inventato una calza che non si
smaglia e una grande marca di collant gli
ha comprato il brevetto per distruggerlo;
che anche il pneumatico antiforo resiste
nei cassetti (a prezzo di migliaia di
incidenti mortali ogni anno); che la lobby
petrolifera fa tutto quanto in suo potere
per ritardare la diffusione dell'auto
elettrica; che il dentifricio è un prodotto
inutile perché la pulizia dei denti dipende
The subject way
esclusivamente dalla spazzolatura,
mentre la pasta serve solamente a
rinfrescare l'alito; che i detersivi per
lavastoviglie si equivalgono tutti, tanto è
la macchina che fa il lavaggio; che la
carta stagnola è più contaminata
dell'amianto; che le campagne
pubblicitarie della Nestlè per rifilare
latte in polvere ai neonati del terzo
mondo hanno provocato milioni di morti
(perché i genitori mescolavano il
prodotto con acqua non potabile)>(2)
Sono le voci che si oppongono ai valori
capitalistici di consumo sfrenato e
necessario, al potere della marca come
status sociale, allo sfruttamento di
manodopera a basso costo nei paesi in
via di sviluppo, alla diffusione di valori
sessisti e non eguali tra uomo e donna,
alla mistificazione dell'immagine rispetto
alla persona, all'uso scorretto e subdolo
del linguaggio pubblicitario e all'utilizzo
indiscriminato di tutti i canali
comunicativi nell'imposizione di
messaggi pubblicitari.
Reclaim the media
L’articolo numero 13 dell’American
Convention on Human Rights stabilisce
che: <La libertà di espressione non deve
essere limitata da alcun mezzo o
manovra traversa, quali per esempio
l’abuso del controllo governativo o
privato sulla stampa, sulle trasmissioni
radio o ogni altro mezzo che possa
Bin The Planet, UK, 1995
Il dio denaro è solo un’illusione. Il capitalismo è cieco e
barbaro, avvelena l’acqua e l’aria, distrugge qualunque
cosa. A noi U’wa dice che siamo pazzi, ma vogliamo
continuare a esserlo se ciò ci permette di vivere ancora
sulla nostra amata madre terra.
Dichiarazione degli U’wa della Colombia
ostacolare la comunicazione e la libera
circolazione di idee e opinioni>.
Il 10 dicembre 1948 la libertà di
informazione venne inserita a pieno
titolo nella Universal Declaration on
Human Rights, il cui articolo 19 ne
definisce l’importanza: <Ciascun
individuo ha diritto alla libertà di
opinione ed espressione; tale diritto
include la libertà di cercare, ricevere e
comunicare informazioni e idee ovunque
e con ogni mezzo>.
Negli ultimi trent’anni si è fatto strada
un particolare fenomeno che minaccia
seriamente la democrazia e la libertà di
espressione: l’emergere di un cartello
globale delle comunicazioni. Il flusso
dell’informazione è controllato da un
numero sempre più ristretto di
corporation transnazionali guidate da un
ristretto gruppo di colossi – la
TeleCommunication Inc., la Time
Warner, la Disney, la Bertelsmann, la
General Electric, la Viacom e il gruppo di
Rupert Murdoch. L’immenso potere di
questi colossi sta nella loro integrazione
verticale. Quando ad esempio producono
un film, possono distribuirlo direttamente
attraverso la propria catena di sale
cinematografiche, promuoverlo grazie
alle proprie reti televisive, trasmetterne
la colonna sonora sulle proprie stazioni
radio, vendere i suoi gadget nei propri
parchi dei divertimenti. Un prodotto può
inserirsi in un simile schema verticale ad
ogni livello ed essere spinto nella
direzione desiderata o al contrario non
trovare alcun canale d’accesso al sistema
mediatico nel caso in cui non si riconosca
nei valori delle grandi corporation.
La mancanza della libertà d’espressione
si estende ad ogni livello nei vari mezzi
di comunicazione di massa. La massiccia
presenza dei grandi inserzionisti
influenza ogni minima decisione presa
nelle strutture dell’informazione. Da uno
studio del 1992 condotto dalla
Marquette University(3) risulta che il
novanta per cento dei capicronisti
intervistati ha ammesso di aver subito
<pressioni dirette> da parte di alcuni
inserzionisti, intenzionati a influenzare i
contenuti delle informazioni. Più di un
terzo ha ammesso di aver ceduto alle
pressioni di questi ultimi e di aver
nascosto storie scomode dietro ad
articoli più accondiscendenti.
Il controllo delle informazioni da parte
delle corporation non è uno strumento
chiave solo nel settore mediatico ma
anche nel mondo economico-finanziario.
La finanza e le borse, infatti, lavorano
sulla comunicazione (distribuzione prima
di tutto di informazioni, di notizie su
come andranno i mercati; previsioni e
aspettative; giochi di anticipo sulle
previsioni dell’altro); i mercati e la
pubblicità lavorano seducendo, sviando,
provocando. Ma non solo sul piano della
pubblicità del prodotto: gli ultimi casi, gli
scandali dell’economia statunitense,
come quello Enron, ci mostrano che la
manipolazione delle informazioni, le
false notizie, lo sviamento, il lavoro sul
segreto, sul ritardo della diffusione di
informazioni, sulle false comunicazioni
(in bilancio), sino allo spionaggio
finanziario ed economico sono
largamente impiegati, tollerati e ancora
scarsamente regolamentati. Non si
tratta di forme devianti di
comunicazione, marginali rispetto al suo
funzionamento standard; in guerra come
in economia, tutto è permesso e la
comunicazione è fatta soprattutto di
voci, di dicerie, di rumors.
La battaglia della comunicazione non è
solamente una battaglia per
45
un’informazione vera, obiettiva e
indipendente. La reale posta in gioco è
riuscire a scardinare una delle macchine
economiche che sostengono il capitale
del pensiero unico, l’obiettivo è
riappropriarsi dei media in quanto mezzi
di produzione, piuttosto che mezzi di
rappresentazione: mezzi di produzione
economica, produzione dell’immagine del
mondo, produzione di bisogni e desideri.
Nella categoria Reclaim the Media sono
stati inseriti non solo tutti coloro che
portano avanti questa battaglia
difendendo il libero accesso ai canali
comunicativi e la libertà di informazione,
ma anche i cosiddetti hactivists.
Hactivismo è il termine che indica i pirati
informatici (hackers) che si muovono
con una motivazione politica alle spalle.
La nascita dell’hactivismo non ha
sostituito o cancellato la precedente
politica degli hackers, ma l’ha
riconfigurata in un panorama più ampio.
Per molto tempo la politica degli
hackers è stata strettamente legata agli
aspetti più tecnici della rete: il cracking,
lo sviluppo di strumenti utili a tale
scopo, la difesa del diritto a
comunicazioni private sicure.
Con l’hactivismo i mezzi utilizzati dal
movimento hacker sono stati applicati a
fini di contestazione politica e si è
verificata una trasposizione della
disobbedienza civile e delle
manifestazioni di piazza all’interno del
sistema elettronico della rete. Così nel
1999, nel corso del meeting della WTO di
Seattle, mentre i manifestanti
occupavano le strade, gli hactivisti
occupavano i siti web. Le proteste erano
state organizzate da un gruppo
chiamato ehippies che aveva realizzato
un piccolo programma software inserito
in una pagina web. Chiunque avesse
Reclaim the streets, Street Party, 1996
Le strade sono il luogo dove il potere deve essere combattuto
e dissolto, perché è nelle strade che vive, cresce e si svolge la
quotidianità, dove ci si confronta e scontra con il potere, le
strade devono essere trasformate nel regno dove la vita di
tutti i giorni è goduta, creata e nutrita.
Reclaim the Streets
visitato quella pagina per prendere parte
alla protesta, avrebbe scaricato
automaticamente il programma sul
proprio computer. Il software caricava in
continuazione le pagine della rete del
WTO sommergendola di richieste fino a
farla bloccare. Questa azione si
coniugava a quelle di strada che avevano
lo scopo di bloccare la conferenza.
Reclaim the city
Immaginate una strada di Londra
superaffollata: la gente si accalca per
fare compere nella sottile striscia di
marciapiede che separa le vetrine dalla
trafficatissima carreggiata. Due auto
sbandano e si scontrano, bloccando il
traffico. I conducenti escono
dall'abitacolo e si mettono a litigare.
Uno dei due afferra un martello e inizia
a distruggere l'auto dell'altro. I passanti
non credono ai loro occhi. All'improvviso
alcuni astanti escono dalla folla anonima
e montano sui tetti delle auto, altri
cominciano a spargere vernice
multicolore dappertutto. Prima che
qualcuno possa riprendersi, cinquecento
persone escono dalla stazione
metropolitana e invadono la strada: la
rivendicano per il piacere della gente
contro il commercio e il traffico. Un
enorme striscione dispiegato su due
veicoli distrutti recita: Rivendicate le
strade, liberate la città dalle auto. Così è
iniziata a Camden High Street nel
maggio del 1995, la prima festa di
Reclaim the Streets. La gente ha ballato
per tutto il pomeriggio al suono di uno
stereo azionato da una bicicletta.
Tavolate imbandite di cibo gratuito sono
state allestite in mezzo alla strada,
mentre i bambini giocavano con uno
scivolo posto al centro di un incrocio,
ormai liberato. Questo è stato l'esordio
delle feste di strada come azione di
lotta, che si sono rapidamente diffuse in
tutto il mondo, a volte coinvolgendo
migliaia di partecipanti, altre centinaia.(4)
Reclaim the Streets (RTS) è il
movimento nato a Londra dalla
campagna contro la costruzione della
rampa di allargamento dell'M11, dai
movimenti ambientalisti di azione
diretta dei primi anni novanta e
dall'insolita coalizione di ravers,
migranti e manifestanti uniti nella
protesta contro il Criminal Justice Bill(5)
del 1994. Il loro agit-prop chiedeva:
<Non sarebbe meglio avere strade senza
automobili? Non se a sostituirle sono
isole pedonali di consumismo o villaggi
commerciali al riparo dalle intemperie.
La lotta per conquistare spazi liberi
dalle auto non va separata da quella
contro il capitalismo globale>. L'audacia
creativa di RTS si è dimostrata
contagiosa. Alla fine degli anni novanta
le feste di strada hanno cominciato a
moltiplicarsi in tutto il nord del mondo e
una nuova generazione di attivisti è
stata indotta a ripensare l'azione
politica. Reclaim the Street è un caso
esemplare che ben racconta gli scopi e
gli obiettivi dei movimenti che sono stati
classificati sotto il termine di Reclaim
the City. Esso include i gruppi il cui
obiettivo è la riappropriazione degli
spazi pubblici, rigenerazione di spazi
degradati e più in generale tutti coloro
che lottano contro la privatizzazione di
aree metropolitane. Il movimento
inglese concentra le proprie azioni
dirette sulle strade trafficate della
metropoli ma l'idea che sottende a
questo genere di lotta è più in generale
un'opposizione che innesca le istanze
sociali e ambientaliste in una più ampia
critica culturale alle privatizzazioni nate
46
da una politica capitalistica; come
spiega un militante: <Vogliamo
riappropriarci degli spazi pubblici e
recintati e privatizzati. In parole povere,
il nostro è un attacco alle automobili
come fattore principale di recinzione.
Contro l'uso esclusivo da parte delle
auto, rivendichiamo le strade come
spazio da condividere. Ma questo vale
anche in senso più ampio: reclamiamo
tutte le cose che sono state privatizzate
dal capitalismo e vogliamo che tornino
proprietà comune della collettività>.
Lo stesso scopo perseguono i graffitisti
quando mirano all'occupazione
simbolica di luoghi che altrimenti
avrebbero un carattere eminentemente
funzionale: edifici, muri, segnaletica
stradale, mezzi del trasporto pubblico.
Consciamente o no, infatti, qualunque
intervento nello spazio pubblico parte
dal presupposto che quello spazio viene
strutturato dall'architettura o da altri
elementi in modo da esprimere
fisicamente i rapporti di potere e
dominio. Proprietari e committenti degli
edifici modellano, insieme alle istituzioni
burocratiche, agli urbanisti e agli
amministratori, l'aspetto dello spazio
pubblico; definiscono le possibilità e
soprattutto le limitazioni del movimento
e della vita al suo interno. La proprietà
di edifici implica la pretesa a un effetto
di rappresentanza pubblica. I movimenti
inseriti nella categoria Reclaim the City
mettono in atto proteste che rovesciano
la grammatica culturale dello spazio
pubblico, rendendo così possibile un
confronto ludico con il potere.
Politic
Aristotele dava per scontato che una
democrazia dovesse essere pienamente
partecipativa (con alcune significative
no oil
Il détournement si realizza nel momento in cui dissociamo il
segno dal suo significato abituale per indicare qualcosa di
diverso o di opposto. E’ reso possibile da uno scarto tra
l’immagine, la sua attribuzione e la cosa ritratta.
eccezioni, come le donne e gli schiavi) e
che dovesse porsi come obiettivo il bene
comune. Per poter raggiungere un simile
scopo doveva garantire una relativa
uguaglianza, il possesso di beni in
quantità misurata e adeguata e un
benessere duraturo per tutti. In altre
parole, Aristotele sapeva che in presenza
di enormi disuguaglianze sociali non si
può parlare seriamente di democrazia.
Aristotele sosteneva inoltre che se in una
democrazia perfetta esiste una
minoranza di persone molto ricche e un
grande numero di cittadini molto poveri,
questi ultimi si sarebbero serviti dei loro
diritti democratici per sottrarre le
proprietà ai ricchi. Questo era
considerato ingiusto da Aristotele che di
conseguenza propose due possibili
soluzioni. Ridurre la povertà (cosa che
egli auspicava) o ridurre la democrazia.
James Madison si pose lo stesso
problema ma, a differenza di Aristotele,
mirava a ridurre la democrazia, piuttosto
che la povertà. Egli credeva che la prima
funzione del governo fosse difendere la
minoranza degli opulenti dalla
maggioranza. Come amava dire John
Jay, <i proprietari della nazione hanno il
dovere di governarla>. Madison temeva
che una parte crescente della
popolazione che soffriva delle gravi
ingiustizie della società, avrebbe
segretamente aspirato a una più equa
distribuzione dei suoi frutti. Se avessero
potuto disporre di un potere democratico
c’era il serio pericolo che avrebbero fatto
qualcosa di più che aspirare a un equa
distribuzione della ricchezza.
Così architettò un sistema che rendeva
impossibile un corretto funzionamento
della democrazia. Affidò il potere a una
classe migliore di persone, i depositari
della ricchezza della nazione. Il resto dei
cittadini doveva essere marginalizzato e
diviso in modi che nel corso degli anni
hanno assunto diverse connotazioni:
fazioni politiche frammentate, barriere
per contrastare le azioni unitarie e la
cooperazione della classe operaia,
sfruttamento dei conflitti etnici e
razziali, e così via.
A essere obiettivi Madison era un
precapitalista e la sua classe migliore di
persone avrebbe dovuto essere formata
da statisti illuminati e filosofi
benevolenti e non da investitori e
dirigenti d’impresa che cercano di
accrescere la propria ricchezza senza
curarsi delle conseguenze per gli altri.
È estremamente improbabile che quelli
che oggi vengono definiti gli inevitabili
effetti del mercato possano essere
tollerati da una vera società
democratica. Possiamo scegliere la via
indicata da Aristotele e fare in modo che
quasi tutti possiedano una quantità di
beni misurata e adeguata, in altre parole
quella che lui chiamava borghesia.
Oppure possiamo seguire il percorso di
Madison e porre dei limiti al
funzionamento della democrazia.
Nel corso della storia il potere politico è
sempre stato nelle mani di coloro che
possedevano la nazione. Secondo una
stima di due economisti olandesi ognuna
delle centinaia delle più grandi
corporation transnazionali elencate sulla
rivista Fortune’s ha tratto benefici dalla
politica industriale della propria nazione
e almeno venti di esse non sarebbero
nemmeno sopravvissute se il governo
non le avesse rilevate o elargito loro
cospicue sovvenzioni quando erano in
cattive acque.
E spesso le politiche governative mirano
all’interesse delle corporation piuttosto
che dei cittadini. Racconta Noam
47
Chomsky: <Questa mattina sono andato
a lavorare in automobile, le strade
erano piene di buche e c’erano grossi
ingorghi di traffico, ma è difficile
servirsi del trasporto pubblico perché
impiega troppo tempo ed è più
dispendioso che usare l’auto. Privare la
gente di un’alternativa a guidare la
costringe a comprare più macchine e a
spendere di più in benzina. Le buche
sul manto stradale aumentano i guasti
delle automobili e le vendite delle
stesse. Un numero maggiore di auto in
circolazione fa aumentare
l’inquinamento e combattere gli effetti
dell’inquinamento sulla salute fa
spendere ancora più denaro. I disagi di
tutta quella gente contribuiscono alla
crescita del prodotto interno lordo e
sono estremamente efficaci dal punto
di vista delle corporation che sono
proprietarie del paese.
(…) Anche Los Angeles aveva una vasta
rete di trasporti pubblici che fu
semplicemente acquistata in blocco e
smantellata; negli anni cinquanta il
governo diede il via ad un gigantesco
programma per la costruzione di
autostrade chiamato National Defence
Highway System (Rete Autostradale per
la Difesa Nazionale) dovettero
aggiungere la parola difesa per
giustificare le ingenti somme di denaro
che vennero spese nel progetto ma in
realtà era un modo per passare dal
trasporto pubblico, come le ferrovie , ad
un sistema che utilizzasse più
automobili, camion, benzina e
pneumatici o aeroplani. Questo progetto
fu avviato da una vera cospirazione.
La General Motors, la Firestone Tire e la
Standard Oil of California non fecero
altro che acquistare in blocco e
smantellare il sistema dei trasporti
Reclaim the streets, Brixton High Street, 1998
Le strade sono un simbolo estremamente importante
perché l’intero indottrinamento culturale è organizzato
per tenerti lontano dalla strada, l’idea è quella che tutti
rimangano in casa. Così quando tu vuoi sfidare il potere ti
trovi inevitabilmente solo e ti domandi se non sarebbe
meglio startene al sicuro sul marciapiede. Ma sono coloro
che rischiano che alla fine cambiano la società.
Reclaim the streets
pubblici di Los Angeles per costringere
la gente ad utilizzare i loro prodotti.
La questione finì in tribunale, le
corporation furono multate di poche
migliaia di dollari>. (6)
Sino alla fine del XIX secolo, le
corporation dovevano attenersi a funzioni
chiaramente determinate dalle
concessioni statali. In America tale
requisito scomparve, ad esempio, quando
lo Stato del New Jersey si offrì di
rinunciarvi. Le imprese iniziarono a
costituirsi nel New Jersey invece che da
altre parti costringendo anche gli altri
Stati a rinunciare alle limitazioni imposte
alle corporation e dando inizio ad una
corsa al ribasso. Il risultato fu un
sostanziale aumento del potere delle
tirannie private che forniva ad esse una
nuova arma per minare la libertà e i diritti
umani e per amministrare i mercati nel
loro esclusivo interesse. È la stessa logica
che segue la General Motors quando
decide di investire in Polonia o la Daimler
Benz quando trasferisce la produzione
dalla Germania, dove la forza lavoro è
altamente retribuita all’Alabama dove
invece non lo è. Mettendo l’Alabama in
competizione con gli Stati vicini, la
Daimler Benz ottenne sovvenzioni,
mercati protetti e una protezione dai
rischi derivanti dalla gente. Naturalmente
è più facile fare questo gioco con i singoli
Stati che con le nazioni.
Questa categoria comprende tutti i
movimenti di opposizione a questo
genere di politiche governative quali ad
esempio il gruppo Nobody for President
che in vista delle elezioni americane
suggeriva di votare per il candidato
Nobody, sostenedo che fosse l’unico
modo per far valere il proprio voto.
Ecology
Dei tre bilioni e mezzo di anni di storia
della terra questo è il momento più
critico. Dalla fine del cretaceo, 65
milioni di anni fa, non c’è mai stato un
periodo di estinzione così intenso come
quello a cui stiamo assistendo, una così
drastica riduzione della biodiversità di
questo pianeta. Da centinaia di anni, la
nostra civiltà ha dichiarato guerra ai
grandi mammiferi, inducendo alcuni
rispettati ecologisti ad affermare che gli
unici grandi mammiferi che
sopravvivranno in futuro saranno quelli
ai quali gli uomini avranno concesso la
possibilità di vivere.
Altri importanti biologi, scioccati dalla
svendita devastante delle foreste
tropicali e delle antiche foreste dei climi
temperati che rapidamente accelera la
desertificazione e dalla distruzione di
una mega fauna carismatica dovuta alla
devastazione dell’habitat e alla caccia di
frodo, sostengono che la terra potrebbe
perdere in pochi anni da un quarto a un
terzo di tutte le specie viventi.
Non solo questo attacco al mondo
naturale sta distruggendo l’ecosistema e
tutte le sue specie, ma le nostre attività
stanno iniziando ad avere effetti
sistemici fondamentali sull’intera
struttura di supporto alla vita del
pianeta, stravolgendo il clima,
avvelenando gli oceani, distruggendo la
fascia di ozono che ci protegge dalle
eccessive radiazioni dei raggi
ultravioletti, cambiando il rapporto della
CO2 nell’atmosfera, rendendo acide le
piogge e diffondendo la ricaduta
radioattiva, pesticidi e contaminazioni
industriali nella biosfera. Alcuni biologi
affermano che grazie alle attività umane
l’evoluzione dei vertebrati potrebbe
essere giunta alla sua fine.
48
Chiaramente la battaglia per la
conservazione non è semplicemente la
protezione accorta di attività all’aria
aperta o un fatto estetico elitario e
neppure la gestione e l’uso oculato delle
risorse naturali. È una battaglia per la vita
stessa perché il flusso evolutivo possa
continuare. Noi, la nostra generazione di
umani è giunta al bivio più importante da
quando siamo scesi dagli alberi sei milioni
di anni fa. Sta a noi e sta a noi oggi, se la
terra potrà continuare ad essere una
meravigliosa oasi vivente nel buio dello
spazio o se la mega fauna carismatica del
futuro sarà formata solamente da ratti
norvegesi e scarafaggi.
Questo manifesto, scritto dagli attivisti
di Earth First! contiene i principi a cui si
ispirano i gruppi che fanno parte di
questa categoria. Essi lottano per la
difesa dell’ambiente naturale e per
fermare l’indiscriminato sfruttamento
della terra e i pregiudizi di superiorità
umana che vi sottendono.
Per sopravvivere sulla terra gli esseri
umani hanno infatti bisogno della stabile
e continuativa esistenza di un ambiente
adeguato. Ormai è più che evidente che
il nostro modo di vivere porta alla
distruzione della sottile epidermide che
garantisce la continuità della vita.
Dal punto di vista biologico, gli esseri
umani partecipano al sistema
ambientale come parte sussidiaria del
tutto, la società umana però si è
prefissata di utilizzare l’ambiente come
un tutto per produrre ricchezza.
La funzione paradossale che abbiamo
nel quadro dell’ambiente naturale –
compartecipi e insieme sfruttatori come
siamo – distorce necessariamente la
nostra ottica. Così siamo portati a
credere di esserci creati il nostro
ambiente e di non essere più dipendenti
Stay free!, Genetically modified stickers, 1998
Eravamo stanchi di aspettare che le aziende iniziassero a
mettere l’etichette sul cibo geneticamente modificato,
quindi abbiamo progettato le nostre etichette.
Stay free!
dalla natura. Nella ricerca affannosa dei
benefici della scienza e della tecnologia
moderna siamo rimasti presi in
un’illusione molto pericolosa: che grazie
alle macchine siamo potuti sfuggire alla
dipendenza dall’ambiente naturale.
Esso costituisce una macchina vivente,
immensa ed enormemente complessa,
che forma un sottile strato dinamico
sulla superficie terrestre. Ogni attività
umana dipende dall’integrità e dal
funzionamento adeguato di questa
macchina. Senza l’attività fotosintetica
delle piante verdi non disporremmo di
ossigeno per far funzionare i motori, le
fonderie e le fornaci, tanto meno
potremmo alimentare la vita umana e
animale. Senza l’azione sinergica delle
piante, degli animali e dei microrganismi
che vivono nei laghi e nei fiumi non
potremmo avere acqua pulita. Senza i
processi biologici, che per millenni
hanno avuto corso nel terreno, oggi non
avremmo né raccolti, né petrolio, né
carbone. Questa macchina è il nostro
capitale biologico, l’apparato di base da
cui dipende tutta la nostra produttività.
Se la distruggiamo, anche la nostra
tecnologia più avanzata risulterà del
tutto inutile, e vedremo cadere tutti i
sistemi economici e politici che
dipendono da queste strutture. La crisi
ambientale non è che un segnale
premonitore di una catastrofe che
dobbiamo evitare.(7)
49
Scegli tra più di 1500 tipi di identità o creane una tutta
tua. È proprio come fare shopping, ma invece di un nuovo
paio di scarpe da ginnastica in pelle sono delle nuove
identità ad essere in vendita! Per cena diventa un
incravattato burocrate ed emoziona e impressiona i tuoi
amici. Dipende da te, le possibilità sono infinite!
Graphic (Grafica)
In questa categoria sono stati inseriti
tutti i movimenti che realizzano artefatti
comunicativi bidimensionali di tipo
grafico come:
- poster
- postcard e leaflet
- sticker
- magazine, fanzine
- t-shirt
- banners
Quindi tutti i movimenti, ad esempio,
che producono spoof ads che utilizzano
il détournement per trasformare
campagne pubblicitarie istituzionali, che
grazie alla diffusione delle tecniche della
computer grafica hanno acquisito tali
competenze da produrre artefatti grafici
qualitativamente identici a quelli delle
grandi corporation.
Nei casi in cui alla produzione di poster e
sticker si accompagnano campagne di
affissione illegali, i movimenti sono stati
inseriti anche nella categoria Alteration.
Chi edita un magazine o una fanzine e
quindi accosta alla produzione di immagini
anche articoli e informazioni è anche
inserito nella categoria Information.
L’esempio più identificativo è forse
l’archivio creato dal Gaffers Radical
Arts Collective che riunisce un gran
numero di annunci détournati da
attivisti di tutto il mondo.
Information (Informazione)
Tutti i gruppi che operano per la
diffusione dei motivi, dei mezzi e delle
questioni relative alla pratica del culture
jamming e del subvertising con mezzi
come:
- articoli
- forum, blog, chat
- siti informativi
- magazine, fanzine
- libri
Sono stati selezionati solo gli autori che
hanno scritto con evidente
partecipazione e con intento divulgativo,
che possono definire se stessi dei
culture jammer come Mark Dery autore
del breve saggio: Culture Jamming:
Hacking, Slashing and Sniping in the
Empire of Signs.
The format world
Acting (Azione e recita)
Include tutte le forme politiche di
intervento che trasformano nei modi più
svariati lo spazio pubblico in palcoscenico
o lo utilizzano come spazio di azione.
Comprende inoltre tutte le azioni
farsesche di offesa, le manifestazioni
politiche e gli atti di truffa e derisione
dei media come la diffusione di notizie
false o l’interferenza in eventi mediatici.
- teatro invisibile - flash mobbing
- eventi, feste
- lancio di torte
- fakes, mistificazione, simulazione
Un gruppo chiamato Black Mask a New
York inscenò una speciale performance di
teatro invisibile. Entrarono in un
supermercato, travestiti da cassieri, clienti
e sorveglianti e nessuno riuscì più a
distinguere che era vero e chi no. In quella
occasione la merce venne sparpagliata,
regalata e rubata. Quando la polizia
arrivò, arrestò numerosi clienti innocenti.
In Inghilterra un altro gruppo stampò
manifesti simili a quelli della pubblicità
che annunciavano un Free Shopping Day
e tappezzò i muri dei centri commerciali
e dei negozi. Per i sorveglianti e per il
personale dei negozi fu difficile
convincere gli acquirenti che avrebbero
dovuto pagare.
Campaign (Campagne)
L’Adbusters Media Foundation che ha
ideato e organizzato Buy Nothing Day
(Giorno del Non Acquisto) e la Turn-off
Week (la Settimana Senza Televisione) è
forse l’esempio più calzante di tutti i
movimenti che propongono campagne di
sensibilizzazione, manifestazioni politiche,
eventi organizzati a livello internazionale,
petizioni e raccolte di firme.
Video
Questa categoria comprende gli autori
di lungometraggi e cortometraggi, le
parodie di campagne pubblicitarie
televisive, le controcampagne e i video
promozionali per eventi come il Buy
Nothing Day (Giorno del Non Acquisto) o
lo Sciopero dei telespettatori.
La rete è, per questo genere di media,
l’unico canale distributivo possibile
come dimostra il rifiuto delle quattro
maggiori emittenti televisive canadesi
alla richiesta dell’Adbusters Media
Foundation di mandare in onda alcuni
spot pubblicitari che affrontano temi
come l’obesità, la distruzione
dell’ambiente ed il consumo.
Le risposte delle emittenti televisive
sono quanto mai esplicative della
problematica del libero accesso, Al
Hudak direttore della CTV (Canada
Television) ha detto: <Non credo che
sarebbe nel nostro interesse mandare in
onda le vostre pubblicità>
<Non vorremmo in nessun modo
offendere, insultare o far arrabbiare
con ciò che mandiamo in onda i nostri
maggiori inserzionisti che sono quelli
che ci sostengono economicamente.
Mi spiego, se capitasse che una
pubblicità di McDonald’s fosse messa in
onda subito dopo uno dei vostri spot,
(ndr sull’obesità) scoppierebbe un
putiferio>
<Siamo in affari per far soldi; siamo in
affari per vendere i prodotti dei nostri
clienti. Perché mai dovremmo accettare
di mandare in onda di vostri annunci?>.
Le quattro emittenti televisive sono
state citate in giudizio il 15 settembre
2004.
Banksy
Se hai costruito castelli in aria, il tuo lavoro non andrà perduto,
perché è proprio lì che devono stare. Adesso mettici le
fondamenta.
Henry David Thoreau
TV-B-Gone
Un telecomando semplicissimo che non serve a cambiare canale
o ad abbassare il volume. Tv-B-Gone ha infatti un solo pulsante
che è in grado di spegnere in 70 secondi qualsiasi televisore
diffuso sul mercato.
Costa solo 15 dollari ed è pensato per tutte le occasioni in cui gli
schermi tv diventano fastidiosi: sale d'attesa, bar, ristoranti,
negozi...
Provocation (Provocazione)
Tutti quegli artefatti comunicativi atti a
sensibilizzare attraverso il non-sense e la
provocazione più estrema; Tv-B-Gone, ad
esempio, è un telecomando semplicissimo
che ha un solo pulsante in grado di
spegnere in 70 secondi qualsiasi
televisore diffuso sul mercato, ideato
dalla Cornfield Electronics, Inc. di San
Francisco costa solo 15 dollari.
Sul sito di Hyper-Redundant-Mart, il cui
slogan dice: Perché comprare il prodotto
quando puoi comprare l’idea? si possono
acquistare prodotti come la New Identity
Series, un programma che permette di
cambiare identità: <Scegli tra più di 1500
tipi di identità, o creane una tutta tua.
E’ proprio come fare shopping, ma invece
di un nuovo paio di scarpe da ginnastica
in pelle sono delle nuove identità ad
essere in vendita! Per cena diventa un
incravattato burocrate ed emoziona e
impressiona i tuoi amici. Dipende da te, le
possibilità sono infinite!>.
53
I hate my job, sticker
Non c’è modo di venirne fuori. E’ tutto sprangato, con il
sorriso sulle labbra. Vi bloccano con crediti da rimborsare,
mensilità, affitti da pagare. Avete qualche scrupolo? Milioni
di disoccupati là fuori aspettano solo che lasciate libero il
posto. Potrete prendervela finché volete, Churchill ha già
dato la risposta, affermando: <E’ il sistema peggiore a
eccezione di tutti gli altri>. Non ci ha ingannati. Non ha
detto il sistema migliore, ha detto il peggiore.
Frédéric Beigbeder
Alteration (Alterazione)
- sniping: billboard banditry e graffiti
- stickering
- affissioni illegali
cioè tutte le pratiche di utilizzo illegale
di superfici pubbliche
<Gli sniper sono franchi tiratori
semiotici. I loro attacchi non avvengono
con armi da fuoco o congegni di
puntamento, bensì con bombolette
spray. Essi cambiano, commentano,
correggono o spiegano i contenuti
spesso inespressi di manifesti,
monumenti, insegne e simili o anche
détournare muri o facciate di edifici
apparentemente privi di contenuto per
mezzo di graffiti: la maggior parte degli
attacchi degli sniper sono interventi
illeciti nella proprietà privata. Il termine
inglese sniping significa anche
tagliuzzare. Lo sniper lavora con
interventi grafici o testuali diversi, e
spesso frammentari. Utilizza il materiale
che trova nel cuore della notte sul
terreno nemico, nei suoi spazi o sui suoi
oggetti, lo completa o lo deforma coi
suoi proiettili semiotici, con frammenti
di testo, con simboli o immagini.
Il messaggio originario viene straniato,
ed eventualmente trasformato nel suo
contrario. A questo proposito Mark Dery
parla di terrorismo artistico>.(1)
Music (Musica)
Include tutti i movimenti che diffondono
i propri valori attraverso la musica, i
jingles o le tecniche di cutup.
Il gruppo Negativland, remixando jingle
commerciali e spezzoni di brani
radiofonici e televisivi popolari ha fatto
la storia del plagio. Dalla prima metà
degli anni ’80 la band di Seattle ha
stampato album come Dispepsi che
contiene jingle Pepsi contraffatti e
distorti. Una delle canzoni imita la
pubblicità contrapponendo il nome del
prodotto a una lista di immagini casuali
e sgradevoli: <Sono stato licenziato dal
capo. Pepsi. Ho inchiodato Gesù sulla
croce. Pepsi. (…) Il puzzo schifoso del
macinato per cani. Pepsi> o una versione
di I still haven’t found degli U2 che gli
costò una querela da parte dei legali del
gruppo e l’obbligo alla distruzione di
tutte le copie del disco.
54
Software
Vengono inseriti coloro che praticano il
culture jamming, disturbando e
distorcendo i messaggi comunicati
attraverso la rete con l’uso di free
software progettati ad hoc e virus
concepiti non per la distruzione del
sistema informatico colpito ma per
generare confusione nell’utente.
Ad esempio il gruppo degli Yes Men ha
creato Reamweaver che effettua
automaticamente una copia di un sito
che si vuole attaccare e ne monitora
ogni aggiornamento riproducendolo in
tempo reale sul sito clone. Mentre la
grafica rimane la stessa è possibile
operare una serie di sostituzioni testuali
(ad esempio Bin Laden con Satana o
George W. Bush con Leader)
intervenendo su un file di testo.
Un altro esempio è il gruppo italiano
0100101110101101.org che ha clonato il
sito hell.com, famosa galleria di net.art,
rendendolo disponibile a tutti, e non a
pagamento come d'uso. Sorte simile per
Art Teleportacia, ove le opere copiate
sono state radicalmente mutate, oppure
Jodi.org, a cui non è stata apportata
alcuna modifica, rendendo evidente
come la proprietà per un'arte
perfettamente riproducibile sia qualcosa
di obsoleto, che va superato.
Hyper-Redundant-Mart, Identity Series
Il campo della significazione viene a saturarsi a tal punto
da rendere quasi impossibile discriminare il vero dal
falso. Più nessuno si interroga sulla verità degli enunciati
che lo circondano, quando questi sono parte di un flusso
di comunicazione ingiudicabile perché troppo densa,
troppo veloce per essere scomposta secondo modalità
sequenziali.
55
Pilato si chiedeva cosa fosse la verità. Blissett si
domanda cosa ce ne freghi. Non solo della risposta al
problema, ma dei suoi stessi termini. Molti hanno provato
a dare una soluzione all'enigma. Pochi hanno detto che
esso, semplicemente, non ha alcuna ragion d'essere.
Luther Blissett
Tra gli anni ottanta e novanta del XX
secolo d.C. un imprecisabile network di
artisti senza opere, attivisti post-politici,
operatori di media indipendenti come
radio, BBS, ecc., nauseati dalle obsolete
tecniche e strategie di comunicazione
ancora in auge presso un immobile
movimento e una scena europea tanto
poco vivace da ricordare il teatro da
camera espressionista, decisero di darsi
metaforicamente alla macchia,
avvolgersi di leggenda, scommettere sul
meraviglioso. Non fu necessario riunire
alcun comitato centrale: semplicemente,
si decise (tale forma impersonale
sarebbe risultata fatidica, poiché
avrebbe dato forma a tutte le azioni a
venire) di usare il potenziale dei nuovi
media e il loro imminente impatto su
quelli tradizionali, allo scopo di lanciare
un nuovo prodotto, una merce
intangibile, immateriale: un mito di lotta
comune a tutte le tribù di rivoltosi.
Tale mito doveva inserirsi in uno
scenario di sconvolgimenti epocali,
definito dalle sempre più frequenti
ecocatastrofi, dalla tumultuosa fine
dell'ordine mondiale bipolare e
dall'emergere del cosiddetto lavoro
immateriale post-fordista e
dall'estendersi della rete.(1)
Così descrive la nascita del suo
progetto di culture jamming nel libro
Totò, Peppino e la guerra psichica, il
gruppo bolognese Luther Blissett.
Sentendo pronunciare questo nome i
più vicini al mondo del calcio
penseranno immediatamente ad un ex
calciatore di colore del Milan, ma
l'attivismo culturale italiano si è
appropriato di questo nome facendolo
diventare sinonimo di un movimento
tra i più innovativi del suo scenario.
Questo gruppo in tutte le sue
pubblicazioni non utilizza mai il termine
culture jamming ma sceglie di definire
guerriglia mediatica i propri mezzi di
attacco al potere, intendendo con
questa espressione un <metodo
omeopatico di difesa dall'ingerenza dei
media nell'immaginario collettivo e nella
nostra vita. Rivoltando contro i media le
loro stesse armi, e dando il più ampio
margine di notorietà alla cosa, si
pubblicizza un nuovo modo di fruire i
media, interattivo e paritario, in cui la
potenza dei grandi mezzi di
comunicazione di massa viene
ridimensionata, messa in ridicolo e la
stupidità degli operatori del settore
risulta lampante>.(2)
La guerriglia comunicativa di Luther
Blissett si muove attraverso il concetto di
mitopoiesi: creazione di un mito che
riadatta e saccheggia un antichissimo
patrimonio di miti e archetipi comuni a
tutte le società umane per poi rielaborarlo
nell'arte e nella cultura di massa creando
un personaggio fittizio. Gli archetipi a cui il
gruppo si rifece furono soprattutto due:
Luther Blissett
l'eroe popolare e lo straniero.
Il primo detto folk hero è un mito che
rivive nelle epopee banditesche e del
brigantaggio (come Fra' Diavolo),
nell'odierna cultura di massa (da Zorro
ai Supereroi dei fumetti) e nelle
narrazioni guerrigliere (come Ho Chi
Minh). Un preciso pattern che si può
ritrovare in tutte le società storiche e
che si perpetua con poche variazioni:
quello del Waldganger, colui che si da
alla macchia, il ribelle che va nel bosco e
da lì combatte un potere usurpatore;
in occidente il Waldganger più famoso è
sicuramente Robin Hood. L'altro
archetipo è quello dello straniero che
compare come dal nulla in un territorio
lacerato dai conflitti e ricorrendo alle
armi del doppio gioco e della guerra
psicologica risolve la situazione, che si
ritrova ad esempio nei film di Akira
Kurosawa o di Sergio Leone come Per
un pugno di dollari. Proprio dal cinema,
dal fumetto e dalla letteratura seriale il
gruppo bolognese estrapolò queste
figure topiche, per poi produrne una
sintesi basata su un massimo comun
denominatore: una reputazione intesa
come opera aperta, costantemente
rimanipolabile, basata sul maggior
numero di ritocchi e interventi
soggettivi, il multi-use name.
Il nome scelto fu proprio Luther Blissett
che divenne uno pseudonimo con il
quale firmare liberamente azioni di
Wu Ming, 2000
Nel dicembre 1999 termina il Piano Quinquennale del LBP. Tutti
coloro che usano il nome dal 1994 eseguono un suicidio
simbolico, chiamato Seppuku (suicidio rituale giapponese). La
fine del LBP non implica in alcun modo la fine dello pseudonimo,
che continuerà a essere adottato da molte persone in diversi
paesi. Nel gennaio 2000 il gruppo originario del LBP si dà un
nuovo nome: Wu Ming (anonimo in cinese mandarino).
interferenza culturale e dietro il quale
nascondersi. Luther Blissett è un condividuo. Ciò significa che un numero
imprecisato, ma cospicuo, di persone
usano questo nome per firmare le
proprie azioni di attacco ai media
tradizionali cercando di minarne
l’autorevolezza attraverso il diffondersi
di notizie non vere, ma verosimili, a cui
far credere giornali e televisioni
soprattutto su temi di attualità che
suscitano grandi attenzioni ed isterie
come prostituzione, AIDS, satanismo,
pedofilia, ecc.
Il racconto della ragazza misteriosa che
dopo un rapporto sessuale lasciava
all'alba il letto del malcapitato partner
occasionale incidendogli con il rossetto
sullo specchio del bagno la frase
Benvenuto nel mondo dell'AIDS è
l'esempio di una delle storie che tutti
hanno sentito raccontata come vera ma
che si è rivelata invece parto della
fantasia di Luther Blissett.
Il gruppo cercò di dimostrare che fare
controinformazione non è sufficiente,
perché non ci si libera dell'odiato scettro
del potere, semplicemente lo si passa in
mani più fidate e amiche. Non si
sopprime il comando, lo si impartisce
nuovamente: <non credere a quello,
credi a questo>. Non basta fornire a
chiunque gli strumenti per navigare in
cerca di notizie, scavalcando le agenzie
di stampa e le grandi testate
giornalistiche. Dopo una simile
rivoluzione occorre un passaggio
ulteriore, per evitare che certe forme di
comando si riproducano. Luther Blissett
non vuole dimostrare che chiunque può
ottenere le notizie che desidera, ma che
ognuno può costituire lo scoop del
giornale di domani. Il segreto è che la
composizione chimica dell'infosfera può
essere modificata. Fondamentale è
conoscere i meccanismi della
deformazione delle notizie e della
disinformazione e dar prova di saperli
utilizzare. Luther Blissett diede
dimostrazione di questa capacità nel
1995 quando la redazione della
trasmissione televisiva Chi l'ha visto? si
interessò ad una notizia Ansa che
denunciava la scomparsa di un artista
inglese in Friuli, un certo Harry Kipper.
L'appello per il ritrovamento della
persona scomparsa partì da un gruppo
di bolognesi che trasmettevano da una
radio locale, amici di Kipper. Durante un
giro in bicicletta con il quale tracciava la
parola ART nel Nord Italia l'artista era
scomparso. L'ultima apparizione era
avvenuta a Udine, dove Kipper era stato
ospite di alcuni conoscenti friulani,
anch'essi attivisti di una radio. Chi l'ha
visto? inviò una troupe a Bologna,
quindi a Udine; intervistò gli amici di
Kipper, i quali ricostruirono le tappe del
suo percorso e ne descrissero il
carattere. Infine la troupe RAI si spostò
a Londra, dove incontrò gli amici inglesi
di Kipper e filmò i luoghi frequentati da
questo bizzarro personaggio, la sua
casa, le sue opere. Il materiale ripreso
venne montato e preparato per essere
mandato in onda. Ma all'ultimo momento
una provvidenziale telefonata
all'ambasciata britannica e una ricerca
anagrafica mirata costrinsero i
responsabili della trasmissione a
bloccare tutto. Risultò infatti che Harry
Kipper non era mai esistito, era tutto
falso, si era trattato di un inganno
messo in pratica tra Bologna, Udine e
Londra da un gruppo transnazionale di
persone accomunate dall'uso della
stessa sigla: Luther Blissett. Lo stesso
che pochi giorni dopo rivendicò la beffa
59
svelandone tutti i retroscena ai
quotidiani nazionali.
Il punto più alto delle beffe mediatiche
riguarda però l'episodio relativo agli
avvenimenti di presunto satanismo a
Viterbo: tra il 1996 e il 1997 la città
viene percorsa da un'ondata di panico
morale. Polizia e cronisti locali,
preventivamente avvertiti da telefonate
anonime e misteriosi messaggi murali,
rinvengono nelle campagne viterbesi i
resti di messe nere con vari
ammennicoli satanici: gallinacci,
candele, pentacoli e paccottiglia del
genere. Negli stessi mesi pervengono ai
giornali locali svariate lettere di
cittadini che segnalano ulteriori tracce
della presenza satanista nell'hinterland
viterbese e gettano addirittura il
sospetto che gli adoratori del demonio
abbiano agganci nella giunta comunale.
Ai giornalisti viene comunicata la
nascita di un Comitato per la
Salvaguardia della Morale i cui
comunicati trovano spazio nelle pagine
dei quotidiani locali.
Il panico cresce, il clima si surriscalda,
il vescovo di Viterbo è costretto a
spendere più di una parola nelle sue
omelie sul diffondersi del satanismo in
città. E ancora lettere su lettere,
articoli, scoop e controscoop: un anno
di rassegna stampa.
Poi alla redazione del Tg del Lazio e a
quella di Studio Aperto (Italia I) perviene
una videocassetta. È una ripresa rubata
di nascosto ad un consesso satanista.
Per la verità non si vede quasi niente:
schermo nero frusciante, e un lumicino
in lontananza con una cantilena in simil
latino in sottofondo, interrotta dalle urla
di una ragazza.
La videocassetta è accompagnata da
una lettera in cui l'anonimo videomaker
Luther Blissett, Andrea Alberti ed Edi Bianco, 1994
Questa immagine è stata realizzata miscelando fotografie
anni Trenta e Quaranta di prozii e parenti vari del gruppo.
Diceva Quine: Se la verità è relativa ad un certo
contesto, dov’è il punto di vista assoluto da cui
giudichiamo questo fatto?
rivela di aver seguito i satanisti fino al
luogo del loro convegno, ma di non
essersi potuto avvicinare di più per
paura di essere scoperto.
Il Tg regionale darà la notizia; Studio
Aperto mostrerà il video con
pesantissimi commenti.
Una settimana più tardi al Tg 1, Gianluca
Nicoletti mostra lo stesso filmato, ma
nella versione integrale fattagli
pervenire dal misterioso regista.
Gli ingredienti sono gli stessi: buio
lumicino, cantilena, urla ma la
telecamera si avvicina sempre di più,
fino ad entrare nella piccola
costruzione, dove sta avendo luogo la
messa nera: ci sono alcune figure
incappucciate, intorno ad un fuoco.
D'un tratto si tolgono i cappucci e si
lanciano in una sfrenata tarantella,
mostrando un poster di Luther Blissett.
Nicoletti svela l'arcano. Le lettere ai
giornali, il Comitato per la Salvaguardia
della Morale, le scritte murali, i resti
delle messe nere, fino al video
rivelazione: tutto falso. Tutto
orchestrato ad hoc dalla colonna laziale
del Luther Blissett project.(3)
Oltre a quello di mettere in ridicolo i
media alimentando false leggende
urbane Luther Blissett si pone come
obiettivo l'abolizione del copyright,
soprattutto su Internet, l'affermazione
del concetto di identità multipla, la lotta
all'individualità, indicato come il
maggior male dell'occidente.
Luther Blissett è la sigla collettiva di chi
condivide l'obiettivo di portare il panico
nei santuari del potere. Ma meglio di
ogni descrizione può rendere l'idea uno
dei manifesti che si trova in rete
all'indirizzo del Luther Blissett Project:
<Io sono Luther Blissett. Io mi rifiuto di
60
essere limitato da qualunque nome. Io
ho tutti i nomi e sono tutte le cose.
Incoraggio tutti i gruppi pop ad usare
questo nome. Voglio vedere migliaia di
gruppi con lo stesso nome. Nessuno
possiede nomi. I nomi esistono per
essere usati da tutti. I nomi, come tutte
le parole, sono arbitrari.
Io attacco il culto dell'individuo, gli
egotisti, i tentativi di appropriarsi dei
nomi e delle parole e farne un uso
esclusivo. Io respingo il concetto di
copyright. Prendi quello che puoi usare.
Io respingo il concetto di genio.
Gli artisti sono come tutti gli altri.
L'individualità è l'ultimo e il più
pericoloso mito dell'occidente. Io
affermo che il plagiarismo é il metodo
artistico realmente attuale. Il plagio è il
crimine artistico contro la proprietà.
È un furto e nella società occidentale il
furto è un atto politico. Io voglio che
tutti usino il mio nome. Usa questo
nome perché è il tuo. Questo nome non
appartiene a nessuno. Diventa anche tu
Luther Blissett. Io cerco l'illuminazione
attraverso la confusione. Io prospero sul
caos. Io sarò prosaico. I miei significati
saranno semplici. Non alluderò a
secondi significati. I secondi significati
sono la creazione di chi non è capace di
dare piena corporeità alla realtà.
Demolisci la cultura seria. E ricorda: se
la vita fosse semplice non ci darebbe
nessun piacere.> (Luther Blissett) (4)
Ma l'episodio che più di tutti ha portato
alla notorietà Luther Blissett è stato il
processo penale che riguardava la
performance psicogeografica svoltasi
nella notte fra il 17 e il 18 giugno 1995,
per la quale sono stati processati quattro
dei partecipanti ad uno di questi giochi di
psicogeografia, un concetto ereditato dal
Situazionismo che propone di girare per
le metropoli lasciandosi guidare solo dagli
stati d'animo.
L'obiettivo dell'happening era
trasformare un tristissimo autobus
notturno in un'occasione di festa.
Così, secondo le indicazioni lanciate da
Luther Blissett, ospite di una radio
privata - Radio Città Futura - un
centinaio di altri Luther Blissett s'è dato
appuntamento al capolinea del mezzo.
Chitarre, colori, strani vestiti e una
videocamera. All'inizio nessun problema,
Luther Blissett sostiene che nel gioco
sono stati coinvolti anche gli autisti.
Poi, però, l'arrivo della polizia, a causa
dei biglietti. I Luther Blissett
sostenevano di doverne pagare uno solo
perché erano tutti la stessa persona.
Questa tesi era risolvibile con una multa
la situazione invece è degenerata: un
agente ha sparato in aria e quattro
Blissett sono finiti in Questura accusati
di resistenza, oltraggio e violenza a
pubblico ufficiale. Sono partite le
denunce, accompagnate da un
dettagliatissimo rapporto nel quale si
spiega che i Luther Blissett altri non
erano che autonomi e che la festa
sull'autobus in realtà era <una
manifestazione celebrativa di un filosofo
marxista, tal Blissett>. Nel rapporto di
polizia si dice che il gruppo di ragazzi è
stato fermato per la natura delle idee
politiche comuni a ciascuno degli
individui che si sarebbero riuniti per
commemorare la scomparsa di un
ideologo di sinistra a nome di George
Blissett. Ora, Enciclopedia Britannica
alla mano, l'unico Blissett documentabile
si chiama proprio George: non era un
ideologo, ma un arcivescovo di età
vittoriana. Sembra una barzelletta, o
una beffa, ma stavolta Luther non
Q, Luther Blissett
Nel triennio 1996-98 quattro membri della colonna bolognese
del LBP scrivono un romanzo storico, Q, pubblicato da Einaudi
nel marzo 1999. Oltre per la complessità della trama e per il suo
valore allegorico, il libro fa notizia perché pubblicato con la
formula copyleft. Negli anni a seguire verrà tradotto in inglese,
spagnolo, tedesco, olandese, francese, portoghese (brasiliano),
danese e greco.
c'entra e la polizia ha fatto tutto da sola.
Luther Blissett ha fatto tanta presa nella
comunità virtuale perché la cultura
underground (soprattutto nella sua
versione più avanzata, il cyber) ha da
sempre fatto propri i movimenti
d'avanguardia sia letteraria che artistica
e internet inoltre è il media che si presta
più degli altri alla non identificazione, alla
falsa denominazione, concetti
assolutamente propedeutici al concetto
di identità multipla (e quindi non distinta)
che è alla base di questo movimento.
In una società dell'immagine un condividuo che rappresentando un'identità
multipla non può venire iconizzato in un
volto riconoscibile da tutti riesce a
trovare spazio grazie a nuove tecniche
come il morphing, che permette una
fusione mixata tra varie immagini e che
è stata utilizzata per realizzare un volto
di Luther Blissett, assunto da tanti come
icona ufficiale.
Nel film Spartacus di Stanley Kubrick,
tutti gli schiavi sconfitti e catturati da
Crasso dichiarano di essere Spartaco, gli
Zapatisti si dicono tutti Marcos; il nome
collettivo non è solamente un'arma in
mano ad un gruppo che deve resistere o
combattere, ma ha anche una valenza
fondativa, in quanto mira a costruire un
mito aperto, elastico e ridefinibile dagli
eventi. Il primo di questi miti collettivi fu
l'identità multipla Klaos Oldanburg,
propagata dall'artista inglese Stefan
Kukowski e Adam Czarnowski a metà
degli anni settanta. Cinque anni dopo, un
altro artista americano, David Zack,
propose Monty Cantsin come nome della
prima pop star multipla di cui chiunque
avrebbe potuto usare il nome.
Sicuramente tracce del DNA di
quest'idea del con-dividuo vanno
ricercate nel situazionismo, il
movimento estetico-politico nato negli
anni '50 che si proponeva la
destrutturazione delle forme artistiche e
del linguaggio dei media per bocca del
suo fondatore, Guy Debord che con la
sua opera La società dello spettacolo nel
'67 sostenne che la presenza continua
ed invadente dei media in tutti gli ambiti
della realtà potesse trasformarsi in un
unica e grande mistificazione, a tutto
vantaggio del potere politico ed
economico (vedi pagina 34). I media,
quindi, e con loro tutto l'establishment,
per i situazionisti meritavano di <essere
combattuti con le loro stesse armi>,
misura per misura, falsità per falsità.
Dice Luther Blissett stesso: <Pilato si
chiedeva cosa fosse la verità. Blissett si
domanda cosa ce ne freghi. Non solo
della risposta al problema, ma dei suoi
stessi termini. Molti hanno provato a
dare una soluzione all'enigma. Pochi
hanno detto che esso, semplicemente,
non ha alcuna ragion d'essere>.(5)
Q
61
Ci saranno tempi duri, soprattutto quando affronteremo
la crisi economica che è già in atto, anche se
continuamente si cerca di negarla mistificando i dati. Ma
la cosa più importante è interrompere la trance mediatica
nella quale siamo immersi, per riappropriarci della nostra
mente, del nostro corpo, della nostra vita.
Kalle Lasn
Nel 1989 in Canada prese il via una
campagna pubblicitaria milionaria
commissionata, ad una delle più grandi
agenzie di Vancouver, dall'industria di
legnami della British Columbia, con
l'intento di rassicurare gli abitanti che le
loro foreste erano difese, protette e
amministrate da persone competenti.
Alle fermate degli autobus di tutta
Vancouver erano comparsi poster con lo
slogan Foreste per sempre e la
televisione mandava continuamente in
onda brevi spot che spiegavano quali
fantastici benefici questa industria
stesse portando alle foreste della zona.
In realtà, le foreste della British
Columbia e del nordovest americano
avevano una storia terribile di
malgoverno che si trascinava da anni.
Le industrie del legname, amministrate
secondo la logica che un albero non è
altro che un pezzo di legno da sfruttare,
avevano disboscato vaste zone in
pochissimo tempo e le colline avevano
finito per mostrare tagli netti.
Un gruppo di attivisti tra cui Kalle Lasn
progettarono una campagna, chiamata
Foreste mistiche, con l'obiettivo di
denunciare che l'industria stava
disboscando a ritmi insostenibili e il futuro
delle foreste della zona era in pericolo.
Provarono ad acquistare spazi
pubblicitari per i loro spot ma il
responsabile della CBC respinse
Foreste mistiche e continuò a vendere
spazi televisivi alla campagna Foreste
per sempre.
Decisero quindi di reagire con forza:
scrissero comunicati stampa,
perseguitarono i giornalisti e protestarono
di fronte ai quartieri generali delle
compagnie di disboscamento. Comparvero
i primi articoli sui giornali locali, le
cronache dei telegiornali, i dibattiti sulle
emittenti radiofoniche e immediatamente
gli amministratori delegati delle industrie
del legname cominciarono a fare marcia
indietro. Centinaia di abitanti della British
Columbia telefonarono negli uffici della
CBC chiedendo a gran voce perché gli
spazi televisivi erano stati concessi ad un
industria disboscatrice ma non agli
ambientalisti che difendono le foreste.
Qualche settimana dopo inaspettatamente
la CBC escluse la campagna Foreste per
sempre dalla programmazione
pubblicitaria. Molte persone cominciarono
ad aver dei dubbi su quel che stava
accadendo alle loro foreste e in più ad
interrogarsi seriamente sulla credibilità
della televisione.
Racconta Lasn: <Avevamo battuto le
industrie del legname con un budget
irrisorio. Ci sentivamo euforici, vincenti.
Fu in quegli anni di sensazionale
entusiasmo che nacque l'Adbusters
Media Foundation. Decidemmo di
lavorare ad altre campagne televisive
riguardanti alcuni dei più significativi
problemi contemporanei, ancora allo
Il caso Adbusters
stato embrionale, e di insistere sul
nostro diritto di utilizzare spazi
pubblicitari televisivi. Nacque così la
rivista di attivismo globale Adbusters>.(1)
Grazie a questa prima vittoria, la rivista
divenne il cuore dei jammer canadesi e
di tutti coloro che si occupano di critica
del sistema mediatico e particolarmente
di critica della pubblicità.
Abdusters infatti è l'unione di Ad
(abbreviazione di advertisement,
pubblicità o messaggio pubblicitario) e
buster (da to bust, far fallire, rovinare).
Verso la fine degli anni novanta il lavoro
critico svolto dalla redazione di
Adbusters si è trovato a convergere con
un movimento di opinione sempre più
ampio che ha messo sotto accusa le
politiche economiche di tipo liberista, il
potere sempre più aggressivo delle
aziende multinazionali, l'estromissione
della democrazia da parte di organismi
internazionali non legittimati che
esprimono solo l'interesse dei gruppi
economici dominanti. Questo movimento
di opinione è sfociato nel novembre
1999 in una contestazione di massa al
vertice mondiale del World Trade
Organizzation a Seattle, che ha segnato
l'emergere delle posizioni che Adbusters
aveva elaborato nel corso del decennio
precedente. La città di Seattle è
geograficamente vicina a Vancouver, e
questo ha favorito la circolazione delle
idee e degli stili comunicativi tra l'area
dei culture jammer e l'area dei
mediattivisti.
Dopo l'esplosione di Seattle l'attenzione
per la rivista ha continuato ad aumentare,
e le pratiche di sovversione di cui
Adbusters è stato promotore si sono
diffuse in tutto il mondo. Alla fine del 2004
ottomila persone visitano ogni giorno il
sito di Adbusters e il suo listserver conta
settantacinquemila iscritti, la rivista si è
diffusa a livello internazionale e ha aperto
una sede a Londra.
Ancora Lasn: <Abbiamo sempre creduto
nel nostro lavoro, anche se
costantemente in perdita, a parte gli
ultimi due o tre anni. Siamo un gruppo
no profit di cui fa parte anche l'agenzia
di comunicazione Powershift, che si
occupa di campagne per Greenpeace e
per altre associazioni di questo tipo.
Poi sono arrivati gli eventi di Seattle che
ci hanno dato una maggiore visibilità,
anche se in America eravamo già
piuttosto seguiti a San Francisco,
Boston, New York. Ora abbiamo una
distribuzione molto più capillare,
riusciamo a raggiungere Tokyo, Parigi e
Londra. E presto sarà attivo un canale
streaming, una piattaforma digitale, che
permetterà di trasmettere in rete video
realizzati dai Culture Jammer di tutto il
mondo. Negli Stati Uniti dopo l'11
settembre il movimento di Seattle si è
trovato in difficoltà. Ma ci sono fatti,
penso ad esempio al caso Enron, che in
qualche modo hanno riaperto i giochi.
Mettendo in discussione un modello
economico gonfiato, ma soprattutto
mostrando per la prima volta che chi
lavora all'interno delle corporation può
porsi domande sulla validità del proprio
operato. E questo malessere porterà
anche a nuove forme di protesta. Non
credo alla fine della Storia, penso invece si
possa credere in una rivoluzione culturale
che cambierà il nostro modo di vivere e
pensare. Ci saranno tempi duri,
soprattutto quando affronteremo la crisi
economica che è già in atto, anche se
continuamente si cerca di negarla
mistificando i dati. Ma la cosa più
importante è interrompere la trance
mediatica nella quale siamo immersi, per
riappropriarci della nostra mente, del
nostro corpo, della nostra vita>.(2)
Adbusters si autodefinisce nel suo
sottotitolo Rivista per l'ambiente mentale.
Il lavoro della rivista è partito dalla
critica alla pubblicità ma attraverso
questa si critica l'intera mutazione della
società contemporanea: il diffondersi di
psicopatie di origine sociale, l'epidemia
di panico, di stress, di depressione, i
disturbi dell'attenzione, particolarmente
nell'età infantile e conseguentemente,
l'enorme diffusione degli psicofarmaci e
il ruolo centrale svolto dalle aziende
farmaceutiche nell'influenzare le scelte
della collettività (il caso del Prozac per
la depressione e del Ritalin per i disturbi
dell'attenzione infantile).
Adbusters non è quindi soltanto una
rivista di critica alla pubblicità, è anche
un'occasione di ripensare l'intero
ventesimo secolo come il secolo in cui è
nata la necessità di una critica sulle
questioni della mente collettiva.
Nel lavoro di Adbusters si assiste al
riemergere di segni e riferimenti che
rimandano alle dichiarazioni di poetica e
ai proclami politici dell'avanguardia
storica e del movimento situazionisti.
Ma altrettanto importante è il recupero
dello stile grafico e delle tonalità
ideologiche del manifesto di protesta
fiorito in America negli anni sessanta e
settanta, sull'onda del movimento
contro la guerra del Vietnam. In quegli
anni il patriottismo americano apparve
come un artificio ipocrita sotto il quale
si celavano le fattezze mortifere
dell'imperialismo e dello sfruttamento
economico. Eppure non venne mai meno
il riferimento all'american dream, il
sogno di un destino comune libertario,
egualitario e internazionalista. E non
venne mai recisa la comune radice delle
diverse culture americane (quelle
reazionarie, guerrafondaie e
nazionaliste, ma anche quelle libertarie,
pacifiste e cosmopolite) che si trova
nella memoria del pionierismo e della
frontiera, nella memoria di un’avventura
di scoperta e di sfida verso un territorio
incontaminato e aperto, metafora della
modernità e del progresso senza confini.
Questa mescolanza di una memoria
dell'american dream e di un'amara
consapevolezza del presente si
ripresenta nel discorso e nello stile
grafico di Adbusters.
Ma il punto di partenza di Adbusters è
radicalmente innovativo perché nuovo è il
contesto in cui nasce la rivista. Il contesto
è quello dell'economia virtualizzata che
fornisce alla colonizzazione della mente
nuovi strumenti e modalità. Nell'ultima
parte del ventesimo secolo l'economia
globale ha raggiunto una fluidità senza
precedenti, perché l'informazione è
diventata la merce più diffusa,
trasportabile in ogni luogo in tempo reale.
Le grandi corporation del tardo
ventesimo secolo, come segnala Naomi
Klein, sono essenzialmente delle
macchine di produzione immaginaria,
che hanno conquistato prima di tutto
l'attenzione, il tempo mentale di enormi
masse di uomini e donne in tutto il modo
grazie al controllo del mediascape.
La funzione del logo non è quella di
indicare un oggetto, ma diversamente di
Sfuma così un secolo di egemonia dell’avere, con il suo culto, il
denaro, il suo segno esteriore, il successo, e il suo certificato, lo
status sociale. Entra in scena l’essere, con la sua religione del
piacere. Da qui in poi la sua ricerca è la realizzazione del Sè, la
sua ricompensa l’inserimento sociale.
Jacques Séguéla
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Obsession for woman
Obsession for men
Reality for men
adbusters.org
64
predisporre lo spazio mentale entro il
quale l'oggetto può essere
commercializzato.
Adbusters cerca di diffondere
sovversione usando i principi
capitalistici del marketing col motto di
Beat them at their own game. L'antipubblicità è rivolta innanzitutto contro
gli eccessi della società dei consumi:
<La scommessa è vincere battaglie
ambientali, culturali e ideologiche, e nel
farlo creare nuovi paradigmi>.
Chris Dixon, art director di Adbusters,
assicura la qualità grafica e la
sofisticazione progettuale della rivista
con interventi di grandi maestri della
fotografia contemporanea. Ma non
mancano anche opere di designer
emergenti che hanno individuato nel
Creative Resistance Contest un concorso
di idee dal taglio immaginifico e surreale,
una palestra ideativa unica al mondo.
Del resto Lasn è da sempre molto
attento al linguaggio della
comunicazione contemporanea e al
ruolo del design nell'epoca del
corporativismo globale: <I designer>,
sostiene Lasn, <insieme ai comunicatori,
sono i veri creatori del nostro ambiente
mentale e del nostro principio di realtà.
A differenza di molte altre professioni, il
design è uno strumento chiave per la
diffusione del sapere>.
La rivista è stata premiata nel 1994 per
la critica culturale con il Western
Magazine Award for Magazine of the
year. E nell'autunno del 1999 ha
pubblicato insieme ad altre sei riviste di
design (Eye and Blueprint in Inghilterra,
the AIGA Journal in Nord America, Idea
in Giappone, Items in Olanda e Form in
Germania) il First Things First 2000 un
manifesto che si rifà al First Things First
promosso nel 1964 dal grafico inglese
Ken Garland, firmatario anche di questa
nuova edizione. La traduzione
dall'inglese del documento qui
riprodotto è di Giovanni Lussu.
<Noi, qui sottoscritti, siamo progettisti
grafici, art director e comunicatori visivi
cresciuti in un mondo nel quale le
tecniche e gli apparati della pubblicità ci
sono stati persistentemente presentati
come l'uso più lucrativo, efficace e
desiderabile dei nostri talenti.
Molti insegnanti e mentori promuovono
questa credenza; il mercato la premia;
una marea di libri e di pubblicazioni la
rafforza. Incoraggiati in questa
direzione, molti progettisti applicano
quindi le loro capacità e la loro
immaginazione a vendere biscotti per
cani, caffettiere firmate, diamanti,
detersivi, creme per capelli, sigarette,
carte di credito, scarpe da jogging, birra
leggera e fuoristrada. Il lavoro
commerciale ha sempre pagato le
fatture, ma molti grafici hanno ora
lasciato che esso sia in larga misura
tutto ciò che i grafici fanno. È questo il
modo, d'altra parte, in cui il mondo
percepisce la grafica. Il tempo e
l'energia della professione sono usati
per fabbricare domanda per cose che, al
meglio, sono inessenziali. Molti di noi si
trovano sempre meno a proprio agio
con questo modo di vedere la
progettazione. I progettisti che dedicano
i loro sforzi alla pubblicità, al marketing
e allo sviluppo delle brand image
appoggiano, e implicitamente
sottoscrivono, un ambiente mentale così
saturo di messaggi commerciali da
cambiare radicalmente il modo in cui il
cittadino-consumatore parla, pensa,
sente, reagisce e interagisce. In qualche
misura stiamo tutti collaborando ad un
codice pubblico di comunicazione
riduttivo e incommensurabilmente
dannoso. Ci sono applicazioni più valide,
per le nostre competenze di risoluzione
dei problemi di comunicazione.
Situazioni critiche senza precedenti,
ambientali, sociali e culturali, richiedono
la nostra attenzione. Interventi culturali,
campagne sociali, libri, riviste, mostre,
strumenti educativi, programmi
televisivi, film, cause di beneficenza e
altri progetti basati sull'informazione
richiedono urgentemente la nostra
esperienza e il nostro aiuto. Proponiamo
un rovesciamento delle priorità a favore
di forme di comunicazione più utili, più
durevoli e più democratiche - una svolta
dal marketing di prodotto verso
l'esplorazione e la realizzazione di un
nuovo tipo di significato. Il campo di
discussione si sta restringendo; esso
deve espandersi. Il consumismo si
propaga indisturbato; esso deve essere
sfidato da altre prospettive, espresse
almeno in parte per mezzo dei linguaggi
visivi e delle risorse della progettazione.
Nel 1964 ventidue comunicatori visivi
firmarono l'appello originale per
un'utilizzazione più valida delle nostre
competenze. Con la crescita esplosiva
della cultura commerciale globale, il loro
messaggio è solo diventato più urgente.
Oggi noi rinnoviamo il loro manifesto,
auspicando che non passino altri
decenni prima che esso sia assunto>.
Buy Nothing Day, adbusters.org
Per 24 milioni di persone in tutto il mondo non hanno
partecipato. Hanno fatto una pausa. Hanno compiuto la piccola
scelta di comperare niente. Si sono tirate indietro e goduto un
po di calma. Insieme hanno detto alla Esso, alla Nike, alla Coca
cola e a tutte le altre corporation: quando è troppo è troppo. E
hanno partecipato alla costruzione di questo movimento che
vuole ripensare al nostro consumo insostenibile.
Adbusters
65
Turn off week, adbusters.org
Lo Sciopero dei Telespettatori del 2004 ha raccolto anche in
Italia migliaia di adesioni pubbliche e private: musei e teatri,
associazioni culturali e biblioteche, negozi, ristoranti, alberghi e
librerie hanno accolto l'invito concedendo visite gratuite, sconti,
omaggi a chiunque si presentasse con il telecomando, mentre su
tutto il territorio nazionale fiorivano iniziative e manifestazioni
per ritrovarsi nei luoghi pubblici, nelle strade e nelle piazze.
Nike, adbusters.org
Lo sfruttamento dell’età, della paura e del desiderio di essere
accettati dalla società sono elementi correlati in modo così
stretto che è difficile scinderli allo scopo di esaminarli. Ma
vengono davvero sfruttati, logorando spietatamente e
continuamente l’immagine che abbiamo di noi attraverso
l’equazione giovinezza=popolarità, popolarità=successo,
successo=felicità.
OPPOSITE
BOTTOM
67
Il bisogno di un sistema che permetta il facile
raggiungimento delle informazioni. Non esiste infatti ad
ora un artefatto comunicativo, un sito internet o un
portale o che permetta la condivisione di esperienze,
tematiche e conoscenze tra i diversi gruppi di attivisti.
Linee guida di progetto
Grazie al lavoro di analisi svolto in
questa tesi si sono evidenziati alcuni
aspetti del movimento di culture
jamming che sono divenuti le linee guida
di un progetto.
Primo fra tutti, il bisogno di un sistema
che permetta il facile raggiungimento
delle informazioni che si trovano al
momento nei contenuti dei siti
pubblicati da gruppi autoriali distinti e
con collocazioni geografiche diverse.
Non esiste infatti ad ora un artefatto
comunicativo, un sito internet o un
portale o che permetta la condivisione
di esperienze, tematiche e conoscenze
tra i diversi gruppi di attivisti.
Parallelamente è emerso un bisogno di
una maggiore visibilità che permetta
agli attivisti di raggiungere la massa
critica e diffondere il dibattito e alimenti
la discussione.
Per questo è stato elaborato un sistema
cross media che consenta la diffusione e
condivisione delle informazioni e dei
contenuti prodotti dai singoli gruppi
autoriali definiti culture jammer. Questo
progetto consta di un portale web
pensato come un contenitore interattivo
capace di cercare e ricevere contenuti
indicizzati secondo chiavi di lettura
semantiche individuate da un data base.
Il sistema si autoalimenta attraverso
una contribuzione aperta basata sul
Progetto
format nato dalla ricerca di mapping e
cerca di essere nella sua immagine
coordinata quanto più lontano da un
logica di brand o da una community
politicamente schierata ma evolvere le
proprie caratteristiche
conseguentemente alla formazione di
una community.
Si è anche immaginato l’utilizzo di
media diversi dalla rete per raggiungere
gli stessi obiettivi, è stata quindi
ipotizzata la progettazione di un
approfondimento in quindici puntate
applicabile ad un canale satellitare.
Le puntate potrebbero seguire lo stesso
schema di classificazione secondo le
categorie format e subject precedute da
una puntata introduttiva che racconti le
linee generali del fenomeno culture
jamming. Allo stesso modo si potrebbe
dare vita ad una community che grazie
alle nuove tecnologie dei cellulari
permetterebbe di scambiare
informazioni ed esperienze, e quindi
foto immagini e video raccolte dagli
utenti e condividerle con gli iscritti al
gruppo.
Il portale
Il portale si compone di una home page
che contenga link diretti a tutti
contenuti del sito e ne permetta il facile
raggiungimento. Il data base di siti
internet relativi ai gruppi di culture
jamming è stato riorganizzato e reso
evidente da un interfaccia che li
classifica nelle due principali categorie
evidenziate precedentemente - subject e
format - e nelle loro sotto categorie.
All’interno delle pagine relative sono
stati inseriti dei collegamenti diretti ai
siti citati.
I siti internet che vengono inseriti nel
data base permettono la ripubblicazione
dei loro contenuti che devono essere
inviati dai gruppi autoriali stessi
attraverso un format di contribuzione.
È stata prevista una pagina di news che
porterà in evidenza le notizie
riguardanti il culture jamming e che
potranno essere indicizzate attraverso
l’inserimento di parole chiavi, data o con
un meccanismo di indicizzazione
casuale.
L’analisi dell’utenza d’uso di questo
portale ha permesso l’identificazione di
tre categorie principali di fruitori:
Un gruppo di culture jammer con un sito
internet già on line che conosce il
background di riferimento e che
desidera pubblicare i propri contenuti e
che il proprio sito sia direttamente
69
raggiungibile dalle pagine di subject e
format.
Un singolo che non ha un sito internet
che però conosce la pratica del culture
jamming e vuole condividere i propri
artefatti comunicativi o le proprie
esperienze.
Un navigatore che non conosce
l’esistenza dell’attivismo culturale ma
che desidera conoscere questa realtà.
Per soddisfare queste tre categorie di
utenti è stata progettata una
community che permetta diversi livelli di
partecipazione: l’iscrizione ad una
newsletter che permette di ricevere
nella propria casella di posta elettronica
le news pubblicate sul sito o qualunque
evento di interesse; un blog a
contribuzione aperta dove poter inviare
i propri prodotti o discutere di
tematiche o segnalare informazioni che
possano interessare la comunità; un
format di contribuzione che permetta di
inserire il proprio sito nel data base e
inviare i contenuti perché vengano
indicizzati e ripubblicati.
Il portale contiene una pagina di
spiegazione che racconti il fenomeno
del culture jamming e la progettazione
del portale stesso.
71
®tmark - www.rtmark.com
0100101110101101 - 0100101110101101.org
aarrg - www.aarg.org
abrupt culture jamming - www.abrupt.org
adbusters culture jammers headquarters - www.adbusters.org
advertisers Anonymous - www.critpath.org/illcompute/myfault.html
ameriCON inc usa - www.lastminute-records.com/americon
anti-trend - www.anti-trend.com
are you generic? - www.areyougeneric.org
artistici/inventati - www.inventati.org
BAP brigade anti-pub - www.bap.propagande.org
billboard liberation front - www.billboardliberation.com
biotic baking brigade - www.bioticbakingbrigade.org
bordergames - www.bordergames.org
BUGA UP - www.bugaup.org
cacophony society - cacophony.org
california department of corrections –
www.geocities.com/billboardcorrections/index.htm
candida - www.candidatv.tv
caspam - caspam.org/index.php
casseurs de pub - www.casseursdepub.org
chainworkers - www.chainworkers.org
church of stop shopping - revbilly.com/index.php
conglomco - conglomco.org
consume hasta morir - www.consumehastamorir.com
contempl8 - contempl8.net
corporatewatch - www.corporatewatch.org.uk
corpwatch - www.corpwatch.org
crimethInc - www.crimethinc.com
culture jamming - bam.nakedfella.com/index.shtml
culturejam - www.culturejamthefilm.com
datablob - www.datablob.com
despair Inc - www.despair.com
d-i-n-a - www.d-i-n-a.net
dinero gratis - www.eldinerogratis.com
disinformation - www.disinfo.com
disinformazione - www.disinformazione.it
dissidences-communes - www.dissidences-communes.net
earth first! - /www.earthfirstjournal.org
eglise de la tres sainte consommation - consomme.free.fr
el horizontal - www.geocities.com/el_horizontal
enjoy the sign - www.enjoythesign.com
enormicom.com - www.enormicom.com
erroneo - www.erroneo.org
false advertising - parody.organique.com
feed the mannequins - www.angelfire.com/ego/feedmanneqs
franke stine - www.frankestine.com
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guerrilla girls - www.guerrillagirls.com
hyper-redundant-mart - www.trojanmedia.org/hypermart.html
I’m changing the climate - www.changingtheclimate.com
infiltration - www.infiltration.org
infokiosques - infokiosques.net
interdimensional pixie broadcast network –
www.geocities.com/pixiewarp/index.html
joey skaggs - www.joeyskaggs.com
kill your television - www.turnoffyourtv.com
Database
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IT
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CA
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US
US
72
la meute - lameute.org.free.fr
FR
landover baptist church - www.landoverbaptist.org
US
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FR
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AR/ES/CL
73
Capitolo zero
1 Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondadori, 2004, p. 14.
2 Dal manifesto dell’hackmeeting 2002, svolto al TPO (Teatro Polivalente
Occupato), centro sociale bolognese.
3 Traduzione dal Jargon file su www.annozero.org.
4 Eco Umberto, Per una guerriglia semiologica (comunicazione al congresso Vision
‘67, New York, ottobre 1967) in Il costume di casa, Milano, Bompiani, 1973,
pp. 297-298.
5 Huxley Aldous, Il mondo nuovo, Milano, Mondadori, 2005, p. 3.
Effetti collaterali della pubblicità
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Zanacchi Adriano, Pubblicità: effetti collaterali, Roma, Editori Riuniti, 2004, p. 12.
Zanacchi, op.cit., pp. 37-38.
Zanacchi, op.cit., p. 21.
Lasch Chistopher, La cultura del narcisismo. L'individuo in fuga dal sociale in
un'età di disillusioni collettive, Milano, Bompiani, 2001, pp. 87-88.
Bauman Zygmunt, Società, etica, politica, Milano, Cortina Editore 2002, p. 120.
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Electoral Studies, 1992,11,1, pp. 3-20.
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Zanacchi Adriano, op.cit., p. 77.
Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondatori, 2004, p. 15.
Che cos’è il culture jamming
1
2
3
4
5
Racconto tratto da Notes from Nowhere (a cura di), Siamo dappertutto, Milano,
Marco Tropea, 2004, p. 244.
"Bifo" Berardi Franco (a cura di), Errore di sistema, Milano, Feltrinelli Editore, p. 101.
"Bifo" Berardi Franco, op. cit., p. 22.
Blissett Luther et al., Comunicazione-guerriglia. Tattiche di agitazione gioiosa e
resistenza ludica all'oppressione, Roma, DeriveApprodi 2001, pp. 46-47.
Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondatori, 2004, pp. 171-172.
L’importanza del web
1 Klein Naomi, Recinti e finestre, Milano, Baldini&Castoldi, 2003, p. 37.
2 Silvestri Daniele, Livre Transito, disc 1, Kunta Kinte, strofa II, Sony Music 2004.
Politico vs culturale
1 Klein Naomi, Recinti e finestre, Milano, Baldini&Castoldi, 2003, p. 37.
2 Klein Naomi, op.cit., p. 48.
I confini con l’arte
1
<I begun to understand that outside the market there is nothing - not a piece of
lint, cardigan, a coffee table, a human being>.
2 <Immagine a city where graffiti wasn't illegal, a city where everybody could draw
wherever they liked. Where every street was awashed with a million colors and
little phrases. Where standing at a bus stop where never boring. A city that felt
like a living breathing thing which belonged to everybody, not just the estate
agents and barons of big business. Immagine a city like that and stop leaning
against the wall - it's wet>.
Da www.bansy.co.uk
Note
74
The subject way
Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondadori, 2004, pp. 102-103.
Beigbeder Frèdèric, Lire 26.900, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 64-65 .
Lasn Kalle, op.cit., p. 68.
Racconto tratto da Notes from Nowhere (a cura di), Siamo dappertutto, Milano,
Marco Tropea, 2004, p. 60.
5 il Criminal Justice Bill è la legge approvata nel 1995 dal governo inglese che
criminalizza l’azione diretta, i rave e le occupazioni abusive, oltre a sopprimere il
diritto a non rispondere di chi è agli arresti.
6 Chomsky Noam, Il bene comune, Milano, Edizioni Piemme, 2004, pp. 82-83.
7 De Martino Giulio (a cura di), Antologia del dissenso, Napoli, Intra Moenia, 2001,
p. 405
1
2
3
4
The format world
1
Blissett Luther et al., Comunicazione-guerriglia. Tattiche di agitazione gioiosa e
resistenza ludica all'oppressione, Roma, DeriveApprodi 2001, p. 65.
Luther Blissett
1
2
3
4
5
Blissett Luther, Totò, Peppino e la guerra psichica 2.0, Torino, Einaudi, 2000, p. XI.
Blissett Luther, op. cit., p. XXXI.
Blissett Luther, op. cit., pp. XXV-XXVIII.
www.lutherblissett.net
Blissett Luther, op. cit., p. 52.
Adbusters
1 Lasn Kalle, Culture jam, Milano, Mondatori, 2004, p. 64.
2 Pignatti Lorenza,"Niente logo siamo adbusters", D. La repubblica delle donne, 6
luglio 2002, p. 28.
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77
78
Giovanni Baule
per la conoscenza, la competenza e
sopratutto per quel sorriso entusiasta
jader
per essere una di quelle persone da cui
vengono sempre cose buone
Paolo Casati
per essere sempre un passo più avanti e
fermamente convinto a trascinarti con sè
ali
per tutte le rassicurazioni, i trattamenti
d’urto e per essere sempre presente
soprattutto negli sconvolgimenti politici
epocali
mamma
perchè è la terza volta che cambio
questa frase senza trovare mai le parole
adatte, forse perchè sei la persona più
favolosa, insostituibile e stupenda che
conosco, e sei pure mia mamma
rt
perchè mi fai stare meglio del prozac,
perchè conosci la parola regalo anche se
a natale sei sempre preoccupato e
perchè se ci fossero più persone come
te il mondo sarebbe un posto migliore
shashi
per il fatto di desiderare tanto essere in
quinta posizione e perchè ho imparato
che ciascuno di noi deve solo trovare la
propria dimensione
simo
per essere la cosa che in assoluto più si
avvicina ad un amico
do
perchè è una di quelle persone incredibili
da cui ho veramente tanto da imparare
viola
perchè sa essere così cool senza essere
mai antipatica, perchè di design ne sa un
sacco ma fa finta di niente e perchè ha
anche lei difficoltà con il genere femminile
dade
perchè è sempre presente da ancor
prima che mi ricordassi il suo nome
gabu
per la fortuna, la fiducia e l’essere come me
fudo
perchè ha deciso di non ringraziare
nessuno nella sua tesi e perchè secondo
me sta organizzando Il Piano
angela
per i purtroppo pochi momenti in cui
torniamo ad essere quelle di una volta
e poi tutti i ragazzi della Bates, Daniele,
Stanich, Paola, Rubens e gli altri, quelli
che la pubblicità la fanno davvero (in
che mani siamo capitati!)
a Elena e Elsa che ultimamente mi sono
state vicine e che mi sopportano anche
se sono un po’ strana
Iolanda e Elio Tomasoni che sono
sempre forti ed energetici nei momenti
felici e in quelli di difficoltà
ai ragazzi Hal, Iori, Monte e tutti gli altri
papi
perchè questa volta mi ha preso
veramente sul serio
faber
per l’incipit e per essere perennemente
esempio di sana follia
a Giampaolo, Anna, l’Andres, al mio
Giacomo preferito, Sere e Andrè,
Francesca
cristina
per tutti i pomeriggi sulle scale, per la
continua lotta per un mondo migliore in
cui crescere tuo figlio
juan
per tutti gli insegnamenti, il metodo e le
perle di saggezza grafica come <tratta il
testo come se fosse un’immagine>
paolo
perchè se ci fossi stato sarebbe stato
più bello.
Ringraziamenti