Le strategie europee per gestire il “rischio”

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Le strategie europee per gestire il “rischio”
Focus / Risk Management Ad Arezzo si è svolto il I Forum Risk Management
in Sanità, con una sessione specifica dedicata alla gestione del rischio clinico
in ambito infermieristico
Le strategie europee
per gestire il “rischio”
di Eva Antoniotti
U
n appuntamento con molti ospiti provenienti da tutta Europa, per affrontare un tema delicatissimo come quello del
Risk management confrontando le diverse strategie già attuate nei Paesi europei. Il Forum Risk Management di Arezzo, promosso dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità e
organizzato da Gutenberg-Sicurezza in sanità, è stata un’occasione davvero importante per fare il punto sullo stato
delle azioni messe in campo per rafforzare i sistemi
di sicurezza a vantaggio dei pazienti e dell’intero
Una giornata
sistema sanitario. E nel corso delle quattro giordedicata ad
nate del Forum molte sono state le occasioni
Infermieristica e
per sviluppare il tema in chiave infermieristiRisk Management
ca, con una giornata specificamente dedicata
ad Infermieristica e risk management organizzata
organizzata
dalla Federazione Ipasvi: un imdall’Ipasvi
pegno che testimonia come la cultura degli infermieri italiani, da
sempre orientata al rapporto diretto con il paziente e al “saper
fare”, possa dare un contributo
importante all’intero sistema sanitario per affrontare con energia i temi della sicurezza.
In tutto il mondo occidentale,
infatti, il problema della sicurezza in sanità si fa sempre più urgente, anche per arginare la crescita di un contenzioso legale che
trasferisce nelle aule giudiziarie
le situazioni di criticità che oppongono i cittadini agli operatori o alle strutture sanitarie.
La maggiore consapevolezza dei
propri diritti da parte dei cittadini-utenti, la tendenza dei media ad enfatizzare gli episodi di
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malasanità, i molti interessi economici che circolano intorno a questi temi sono tutti elementi che concorrono a rendere più complesso un tema che comunque esiste: quello della sicurezza nelle attività
sanitarie. Gli strumenti per fra crescere la sicurezza, e dunque per
“governare” il rischio, sono molteplici: le linee guida, innanzi tutto,
la diffusione della medicina e dell’infermieristica evidence based, la
creazione di apposite Unità operative di gestione del rischio, già istituite in molte strutture del nostro Ssn.
E la ministra della Salute Livia Turco, intervenuta alla conclusione dell’incontro di Arezzo, ha annunciato di aver appena siglato un decreto
che rafforza e riorganizza il Centro di riferimento nazionale sulla sicurezza dei pazienti e la gestione del rischio clinico. “La fortissima partecipazione di operatori e amministratori – ha sottolineato la ministra
intervenendo al Forum – dimostra quanto l’argomento sia sentito da
tutte le professioni sanitarie. E questo è un buon segnale. Vuol dire che
in tutti c’è la volontà di migliorare la qualità del sistema sanitario”.
Nelle pagine che seguono riproduciamo il contributo presentato ad
Arezzo da Monica Casati, ricordando che sul numero scorso de L’Infermiere abbiamo pubblicato il Glossario sulla sicurezza elaborato dal
ministero della Salute.
Il rapporto ministeriale
su assicurazioni e rischio
Il Ssn spende
in polizze oltre
mezzo miliardo
Nei mesi scorsi il ministero
della Salute ha pubblicato la
prima rilevazione nazionale
sulla copertura assicurativa
delle strutture sanitarie.
L’indagine, effettuata tramite
questionario rivolto a tutte le
Aziende del Servizio
sanitario nazionale, ha avuto
una percentuale di
rispondenza pari all’82% e
ha rilevato che il 28,2%
delle strutture sanitarie (91
strutture su 323) ha attivato
una Unità di Gestione del
rischio clinico, mentre ben il
90,1% delle strutture (291)
dichiara di avere istituito
un’Unità operativa di
gestione delle polizze
assicurative.
Complessivamente le strutture
sanitarie hanno versato nel 2004
alle Compagnie assicurative premi
per 538.076.789 di euro. E il
costo per l’acquisizione della
copertura assicurativa mostra, nel
corso degli ultimi anni, una
tendenza a crescere
progressivamente tanto da
rappresentare un aspetto sempre
più rilevante per la gestione del
sistema. Secondo il ministero
della Salute, anche se i valori dei
premi assicurativi del Ssn italiano
sono inferiori rispetto ad altri
Paesi, e in particolare agli Stati
Uniti, la tendenza fa presumere
che, per le Aziende sanitarie, il
tema delle assicurazioni nei
prossimi anni sarà sempre più
critico.
La maggior parte delle polizze
assicurative, rileva il rapporto,
prevede l’estensione di garanzie
aggiuntive, in particolare per
attività intramoenia e, in misura
minore, per tutela legale e colpa
grave. Nel dettaglio, la presenza di
Unità di gestione del rischio
clinico secondo l’area geografica
vede prevalere il Centro, con
l’attivazione nel 43,6% delle
strutture sanitarie. Segue il NordOvest (34,5%), il Nord-Est
(21,9%) e il Sud e le Isole
(14,8%).
Per quanto riguarda la tipologia di
struttura, Unità di gestione del
rischio clinico sono presenti nel
35% dei casi all’interno di
un’Azienda ospedaliera, nel 27,8%
nell’Asl, nel 22,9% negli Irccs, nel
20% dei casi nei Policlinici
Universitari, nel 16,7% dei casi in
un ospedale classificato.
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La documentazione clinica
per la gestione del rischio
di Monica Casati
Infermiera, Dottore Magistrale in Scienze infermieristiche ed ostetriche,
docente e consulente, libera professionista
L
a metodologia per la gestione del rischio clinico prevede proces- La cartella clinica, intesa come un fascicolo documentale relativo
si coordinati di identificazione, registrazione, segnalazio- ad una singola persona assistita che riguarda un evento di presa in
ne e analisi degli eventi non desiderabili, la sistematica carico, costituita dalla documentazione dei diversi professionisti che
identificazione e valutazione dei rischi presenti nelle attività ri- vi hanno contribuito, assume un ruolo determinante sia per la mevolte ai pazienti, la ricerca delle soluzioni e l’applicazione dei ri- todologia reattiva che proattiva, costituendo strumento da cui rilemedi individuati per la loro eliminazione o riduzione; essa pre- vare informazioni, piuttosto che strumento in cui inserire orientavede metodologie di natura reattiva e proattiva che si realizzano menti e promemoria strutturati, nelle diverse fasi del processo asanche attraverso l’utilizzo di strumenti informativi. La metodologia sistenziale-clinico, tesi a ridurre i rischi di mancata conoscenza/rireattiva si sviluppa dopo l’incidente e si basa su segnalazioni tra- cordo di informazioni e di inappropriata definizione progettuale
mite schede degli eventi avversi (reporting system); la metodolo- degli interventi.
gia proattiva consiste nella progettazione intenzionale e organiz- Gli ultimi due gruppi di strumenti, destinati a singoli gruppi di pazata della prevenzione degli errori e degli incidenti in un ottica zienti o a singole attività assistenziali, hanno una forte caratterizzasistemica, in cui la documentazione clinica gioca un ruolo
zione pro-attiva, sempre che il percorso di individuazione,
molto importante.
definizione e condivisione dei contenuti degli strumenLa documentazione clinica è oggi il crocevia di nuti sia tale da favorire l’adesione del contesto assistenMigliorare
merosi elementi del contesto in cui viene definita
ziale alle tecniche previste.
il sistema
e fornisce uno specchio, seppur non esaustivo, delL’insieme degli strumenti informativi clinici dola realtà sanitaria in cui viene utilizzata; i procesvrebbe avere un alto livello di integrazione e di
con tassonomie
si di governo clinico, di implementazione delle
coerenza interna, in modo da fornire un sistema
linguistiche
documentale idoneo agli scopi decisionali e operaevidenze scientifiche, di miglioramento della quae documenti
tivi diretti alla gestione assistenziale-clinica, e agli
lità e di gestione del rischio clinico si intersecano
standard
scopi epidemiologici e amministrativi.
costantemente con il sistema documentale clinico,
Affinché sia possibile la raccolta e l’analisi dei dati repermettendo l’analisi dei processi assistenziali esistenlativi ai fenomeni assistenziali sanitari, sfruttando la grosti, l’individuazione di percorsi assistenziali che assumono
pesi rilevanti sugli esiti clinici, la valutazione del grado di confor- sa spinta che l’informatizzazione in atto sta portando con sé, è necesmità ai principi di best practice, l’identificazione delle principali saria una compatibilità dei diversi linguaggi utilizzati e della strutnon conformità, la pianificazione e l’attuazione degli interventi di tura base dei documenti clinici; sono evidenti da più parti le importanti difficoltà di integrazione di tali aspetti che beneficerebbero di
miglioramento, la verifica e i feedback periodici.
Il sistema documentale clinico è articolato in strumenti destinati ai sin- tassonomie linguistiche e formati documentali standardizzati, a livello delgoli assistiti (cartella clinica), in strumenti destinati a gruppi di assisti- le singole professioni e a livello interdisciplinare.
ti (percorsi clinici, percorsi diagnostico-terapeutici, piani di assisten- Per fare ciò gli infermieri stanno molto lavorando a livello internaza standard, linee-guida locali o adottate) che facilitano l’applica- zionale al fine di ottimizzare l’utilizzo di una tassonomia della prazione di standard operativi raccomandati in talune situazioni clini- tica assistenziale infermieristica (la cosiddetta pan-tassonomia Nnn)
che, e in strumenti destinati a singole attività assistenziali (protocolli, che utilizzando un vocabolario comune, l’Icnp (International Clasprocedure, istruzioni operative) che facilitano un’appropriata ese- sification of Nursing Practice) prodotto dall’Icn (International Council of Nurses) già riconosciuto dalle principali banche dati biomecuzione della pratiche tecniche.
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diche e ad esse integrato, propone un’insieme di classificazioni dei
bisogni/problemi assistenziali (diagnosi infermieristiche della North
American Nursing Diagnosis Association - Nanda), degli interventi (Nursing Interventions Classification System - Nic), e degli esiti
dell’assistenza infermieristica (Nursing Outcomes Classification System - Noc).
Il lavoro in atto è di straordinaria importanza e sta richiedendo parecchio impegno alla professione; il problema sostanziale di tale assetto tassonomico è la validazione culturale in seno ai diversi contesti nazionali; a tal fine sarà indispensabile definire un grado di flessibilità della struttura linguistica e concettuale che, mantenendo
l’obiettivo di fornire standard di etichettatura della pratica nei suoi
diversi risvolti, permetta un certo grado di flessibilità e di adattamento locale.
In Italia alcune esperienze, in attesa di consolidamento, hanno permesso sperimentazioni di utilizzo dell’Icnp e hanno visto lo sviluppo di originali modelli per l’analisi della complessità assistenziale.
È estremamente rilevante, inoltre, disporre di un riassunto minimo
di assistenza infermieristica, quale repertorio minimo di informazioni assistenziali che, al pari del Nursing Minimum Data Set (Nmds)
utilizzato nei Paesi anglosassoni, o del Resumé Infirmier Minimum
(Rim) attualmente utilizzato in Belgio, o del francese Resumé Minimum des Soins Infirmiers (Rmsi), fornisca per ogni persona as-
È urgente
un sistema
di classificazione
degli eventi
di interesse nella
gestione del
rischio clinico
sistita un insieme di informazioni, con
definizioni e categorie uniformi concernenti le dimensioni specifiche dell’assistenza infermieristica, che soddisfi la necessità di utilizzare molteplici dati nel sistema di
cure sanitarie; verosimilmente tale flusso informativo minimo trova la sua naturale collocazione nell’attuale flusso informativo obbligatorio rappresentato dalle Schede di dimissione ospedaliera (Sdo).
Un sistema di classificazione degli eventi di interesse nella gestione del rischio clinico è altrettanto urgente per disporre di un punto di riferimento condiviso: una tassonomia valida a livello nazionale degli
eventi sentinella, degli errori, dei quasi errori e dei danni, formalmente condivisa dagli organi professionali, scientifici e istituzionali, porterebbe beneficio alle attività gestite dalle Unità di Gestione
del Rischio, che dovrebbe prevedere la presenza di un gruppo multiprofessionale e multidisciplinare, con finalità di analisi dei flussi
informativi del contesto, di coordinamento dei processi organizzativi, formativi, di ricerca, di consulenza relativi alla gestione del rischio clinico.
Ne dovrebbe seguire la definizione di una architettura dei flussi
informativi regionali e nazionali per la raccolta e l’analisi delle informazioni legate almeno alle metodologie reattive di gestione
del rischio clinico, che si basano sul sistema delle dichiarazioni e
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I processi
di formazione
devono trovare
contesti
organizzativi, sociali
e professionali
denunce che pervengono a tali Unità di Gestione del Rischio locali.
In qualsiasi caso determinante risulta essere la
connotazione culturale del team clinico e del contesto organizzativo: la cultura della sicurezza, del lavoro interdisciplinare e la cultura della documentazione clinica sono gli elementi per realizzare, nei diversi contesti, percorsi strutturati ed efficaci di gestione del rischio clinico.
La formazione dei professionisti sanitari, ai diversi livelli e nelle di-
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verse espressioni e responsabilità, è ampiamente
chiamata in causa. Ogni livello formativo di base,
post-base e permanente ha il dovere di creare e
rafforzare una forma mentis diffusa, idonea alla
gestione del rischio clinico.
È evidente che i processi di formazione, per essere
efficaci, devono trovare contesti organizzativi, sociali e
professionali alleati nel perseguimento della sicurezza delle persone assistite.
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