ANIMALI/Fototrappole - Corpo Forestale dello Stato

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ANIMALI/Fototrappole - Corpo Forestale dello Stato
ANIMALI / Fototrappole
A ME GLI OCCHI
Fototrappole e videotrappole per lo studio della fauna
e il controllo del territorio
di Paolo Forconi
a nascita delle fototrappole risale a circa un
secolo fa. Fu George Shiras III, appassionato fotografo naturalista, che nel 1888,
nello stato del Michigan, iniziò ad usare la
sua fotocamera a grande formato montata su
enormi treppiedi e con rumorosi flash, al fine di
fotografare la fauna di notte. Successivamente
Shiras mise a punto una tecnica grazie alla quale
poteva scattare foto a distanza, usando un lungo
cavo collegato alla fotocamera, ed infine riuscì a
fare in modo che alcuni animali, come il cervo
della Virginia, il bobcat (un parente della lince) e
L
Bracconieri in trappola
l Corpo forestale dello Stato impiega abitualmente le fototrappole sia per attività di
ricerca scientifica e monitoraggio faunistico (si pensi all’osservazione della lince nel
Tarvisiano o dell’orso Dino che è stato osservato così ancora in vita a giugno 2010
quando veniva dato per morto) che per contrastare il bracconaggio.
Esemplare a questo riguardo l’operazione di
polizia “Marsica Orientale” svoltasi qualche
mese fa sotto il coordinamento del Cta
(Coordinamento territoriale per l’ambiente)
di Castel di Sangro che ha portato all’arresto
di due bracconieri. L’operazione (cinque
mesi di indagini tra appostamenti e pedinamenti) è stata possibile proprio grazie a delle
fototrappole, collocate in luoghi strategici,
che hanno fornito immagini e filmati consentendo di smantellare una vera e propria
organizzazione. 13 i mandati di perquisizione
emessi dalla Procura di Avezzano, a carico di
cinque persone. Gravi le ipotesi di reato a
carico degli indiziati: detenzione illegale di
armi da fuoco, alcune delle quali con matricola abrasa, e il possesso di trofei di cervo e
capriolo che potrebbero essere stati uccisi
all’interno del parco regionale Sirente-Velino.
I
il procione (noto anche come orsetto lavatore), si
autofotografassero facendo scattare automaticamente la fotocamera.
Nel 1913 Shiras scriveva: “ho trovato che generalmente sia uno sforzo sprecato cercare di
scattare foto nel modo ordinario; anche se occasionalmente lo si fa con successo, la perdita di
tempo può essere evitata mediante l’uso di trappole fotografiche”.
Tutto ciò gli valse la vincita di numerosi premi
nonché diverse pubblicazioni sul National
Geographic tra il 1906 e il 1921.
Verso la fine degli anni Venti del secolo scorso,
Frank Chapman, un ricercatore del Museo di
Storia Naturale di New York, per studiare la
fauna delle foreste pluviali dell’America centrale
usò delle fotocamere di grande formato con un
flash che al momento dello scatto produceva
un’esplosione di luce accecante ed un suono
simile a quello di un piccolo cannone a circa 3
metri di distanza.
Questa doveva essere un’esperienza terrificante
per gli animali, come egli stesso riporta.
Oggi, lo sviluppo tecnologico ha permesso di
semplificare e miniaturizzare enormemente queste attrezzature, per cui attualmente l’uso delle
fototrappole è molto semplice.
Funzionano come un antifurto
Le attuali fototrappole possiedono un sensore ad
infrarosso passivo, simile a quelli che si usano
comunemente per i sistemi antifurto, che rileva
qualsiasi corpo caldo in movimento nel suo
campo di azione.
Esistono modelli silenziosissimi e l’uso del flash
può essere sostituito con led ad infrarossi che
permettono di ottenere foto o video di notte, in
bianco e nero. Tuttavia, anche se la luce infrarossa non è visibile all’occhio umano, guardando i
led si nota di notte il loro colore rosso. Per ovvia-
re a questo problema alcuni modelli di fototrappole hanno schermato questi led cosicché gli
animali (ma non tutti), ed anche gli umani, non si
accorgono di nulla.
Il loro limite principale è costituito dal ritardo di
scatto, cioè il ritardo tra il momento in cui il sensore rileva l’animale e lo scatto della fotocamera,
che può variare da 0,1-0,2 a 1-4 secondi.
È evidente come un ritardo superiore ad 1-2
secondi sia poco utile. Attualmente esistono moltissimi modelli ed ogni anno ne vengono prodotti
di nuovi.
Anche gli zoologi hanno capito l’enorme potenzialità offerta dal fototrappolaggio per accertare
la presenza di specie elusive o rare o ancora
distinguere tra specie con tracce di presenza simili (lupo e cane, gatto selvatico e domestico, faina
e martora). Non solo, si possono osservare individui che presentano un fenotipo atipico, oppure
esemplari affetti da patologie o menomazioni.
Grazie alle trappole gli zoologi studiano anche il
rapporto tra i sessi, il successo riproduttivo, la
struttura sociale, il ritmo d’attività e l’uso dell’habitat, l’uso delle tane o delle aree di alimentazione.
Oltre che a fine scientifico, le trappole sono
importanti per la sorveglianza del territorio, in
particolare per l’antibracconaggio. Ancora
meglio sono in questo caso le videotrappole, in
particolare quelle con i led schermati in caso di
uso notturno.
Numerose sono le ricerche scientifiche svolte
con l’uso delle fototrappole, in diverse parti del
mondo, per rilevare la presenza di specie animali
elusive o rare. Ad esempio, nell’ambito di una
ricerca che il Museo Tridentino di Scienze
Naturali sta svolgendo in Tanzania, è stata scoperta una nuova specie di mammifero, un
toporagno-elefante gigante, il più grande del suo
genere.
Per saperne di più: www.chasingame.com
La collocazione e la mimetizzazione sono 2 fasi molto
importanti nel montaggio delle fototrappole, la prima determina il successo nelle riprese e la seconda contribuisce ad
evitare che vengano rubate. A fianco, alcuni animali fotografati con fototrappole nella riserva naturale di Torricchio
(Macerata): lupo e orso bruno marsicano. In basso, un
esempio di applicazione delle fototrappole per il controllo
del territorio: bracconieri fotografati all’interno della riserva.
© P.Forconi e V.Di Martino (Ass. Smilax)
Il Forestale n. 62 - 31