Saggio in catalogo di Magdalena M. Moeller

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Saggio in catalogo di Magdalena M. Moeller
Il gruppo Die Brücke Saggio in catalogo di Magdalena M. Moeller La fondazione del gruppo Die Brücke, nel 1905 a Dresda, è da annoverarsi tra gli eventi più importanti nell’arte tedesca e internazionale del Novecento. Con il suo linguaggio pittorico e la sua posizione critica verso la pittura tradizionale e l’accademia, Die Brücke diede il via a un movimento poi battezzato “espressionismo”, che divenne inoltre manifestazione di una nuova visione della vita, a cui presto si ispirarono anche poeti, scrittori e compositori. Il nucleo del gruppo era formato da quattro studenti di architettura. Fritz Bleyl e Ernst Ludwig Kirchner si conobbero nel 1901, durante il loro primo semestre al Politecnico di Dresda. Bleyl descrive l’episodio nelle sue memorie: “Eravamo nel primo semestre, durante la lezione di geometria descrittiva nella Rohnsalle. Mentre ero intento a svolgere innocentemente i miei compiti, un compagno di corso mi si avvicinò e mi disse di raggiungerlo più indietro, al suo posto: un altro studente, di certo un artista, aveva riempito di disegni i bordi del suo foglio per gli appunti; dovevo assolutamente andare a vedere. Accorsi subito e scorsi quelle che mi sembrarono figure nate per colmare l’attesa improduttiva del professore o di uno dei suoi assistenti. L’autore era Ernst Ludwig Kirchner di Chemnitz, di cui volli immediatamente fare la conoscenza. Ci trovammo subito simpatici, e presto le nostre aspirazioni e gli intenti comuni favorirono lo sviluppo di una profonda amicizia. Stavamo sempre insieme, all’università, nei nostri appartamenti o durante le passeggiate serali al Großer Garten di Dresda. Carta e matita erano sempre a portata di mano”. La pittura e il disegno occupavano sempre di più i due giovani, mentre gli studi di architettura venivano messi da parte. Entrambi autodidatti, gli amici si diedero all’arte con spensieratezza ed entusiasmo. Se si esclude il semestre invernale dell’anno accademico 1903‐1904, in cui Kirchner frequentò i corsi della Scuola d’arte di Wilhelm von Debschitz e Hermann Obrist a Monaco, i due non sentirono il bisogno di seguire un percorso accademico specifico. Piuttosto, integravano la loro formazione con gli spunti che traevano dalle allora popolari riviste “Jugend” e “Simplicissimus”, che diffondevano i principi stilistici dello Jugendstil. Ma seguivano con attenzione anche gli sviluppi dell’arte francese: “Un giorno Kirchner riportò da una libreria un volume illustrato di Meier‐Graefe sugli artisti francesi moderni. Ne restammo entusiasti”, racconterà Bleyl in seguito. Il testo di Meier‐
Graefe, Entwicklungsgeschichte der modernen Kunst (Storia dell’evoluzione dell’arte moderna), avrebbe avuto un ruolo determinante non soltanto per Bleyl e Kirchner, ma per tutta la generazione degli espressionisti. Nel 1904 i due amici conobbero Erich Heckel e Karl Schmidt‐Rottluff, i quali nel 1901, ancora liceali, frequentavano a Chemnitz il circolo letterario “Vulkan”. Oltre alla poesia, scoprirono presto di condividere un’inclinazione per la pittura e il disegno. Nel semestre estivo del 1904 Heckel andò a studiare architettura a Dresda e dopo breve tempo il fratello maggiore gli presentò Kirchner e Bleyl. “Fu nel 1903, o forse qualche tempo dopo, che una nuova originale personalità entrò nella nostra stretta cerchia di amici. Vestito di un bizzarro abito grigio dal taglio particolare, con un cappello stondato di feltro nero, aveva la fronte alta e gli occhi intelligenti, chiari, che sembravano spesso attraversati da un bagliore: tutto nel suo temperamento lasciava presagire che avrebbe fatto cose importanti. La personalità artistica del nuovo arrivato si sarebbe presto rivelata”, dice Fritz Bleyl di Erich Heckel. E Kirchner, ricordando quei giorni: “E così un giorno un giovane salì le scale di casa mia declamando lo Zarathustra a gran voce, senza bavero né cappello, presentandosi come Erich Heckel”. 1 Nel 1904 giunse infine a Dresda anche Karl Schmidt – che in seguito avrebbe unito al suo il nome del paese natale, diventando noto come Schmidt‐Rottluff – e si iscrisse anche lui al Politecnico, benché solo per due semestri. Anni dopo l’urbanista Fritz Schumacher, professore di tutti e quattro gli amici, ricorderà così i suoi studenti: “Tutti i professori di architettura riconoscono nei propri studenti un’indole in costante e irrequieta ricerca, e i membri del gruppo Die Brücke non furono da meno: in Kirchner prese presto il carattere di un’amarezza piuttosto selvatica, in Heckel si esternava in forma di passione trattenuta. Non è facile per un insegnante capire in quale misura sia opportuno approfondire tale irrequietezza critica, poiché essa si accompagna spesso a quel talento autenticamente intellettuale che a sua volta è legato a una incapacità di rappresentazione. Fui pertanto molto soddisfatto allorché riuscii poco a poco a far sì che anche quegli elementi turbolenti si avvicinassero a una tecnica di disegno pulita e rispondente alla realtà. Questo percorso, tuttavia, non ebbe lunga durata, s’interruppe d’improvviso. Ricordo ancora la prima volta che Heckel iniziò a disegnare una pianta utilizzando ampiamente il bianco e nero tipico della xilografia: non si preoccupava dell’osservazione delle intersezioni e dei movimenti delle foglie, anzi fissava sulla carta qualcosa che somigliava solo lontanamente alla forma complessiva del modello da copiare. Quando gli dissi che non ero soddisfatto della fugacità del disegno, egli si appellò al diritto alla stilizzazione. Io argomentai che dapprima si doveva acquisire la capacità di disegnare correttamente, e soltanto poi ci si poteva concedere di stilizzare, e gli feci l’esempio di alcune foglie di William Nicholson e di altri suoi analoghi incisivi disegni in bianco e nero, che talora facevo vedere ai miei studenti per dimostrare che alla base c’era un approfondito studio della forma. Non rimasi sorpreso dal suo atteggiamento: ciò che contava per lui era soltanto cogliere l’aspetto generale, semplicemente questo”5. Sostenuti gli esami di architettura, nel 1905 Kirchner e Bleyl si dedicarono esclusivamente alla libera creazione insieme a Heckel e a Schmidt‐Rottluff, che avevano abbandonato gli studi. Il loro desiderio di essere artisti era diventato realtà, e l’idea di Kirchner di costituire un gruppo fu accolta con entusiasmo dagli amici. Come Heckel raccontò successivamente, fu Schmidt‐Rottluff a trovare il nome: “Schmidt‐Rottluff disse che avremmo dovuto chiamare il gruppo Brücke (ponte, N.d.T.): era una parola dai tanti significati, non avrebbe rimandato ad alcun programma preciso ma avrebbe per così dire condotto da una sponda all’altra”6. Il 7 giugno 1905 fu quindi fondato il “gruppo di artisti Die Brücke”. Dopo questo evento, il lavoro collettivo s’intensificò. Il nuovo impulso creativo, mirato soprattutto alla rappresentazione dell’essenziale, diede vita a immagini caratterizzate da forme e colori istintivi. L’assoluta naturalezza, la liberazione dell’uomo dalle proprie costrizioni borghesi, il rifiuto dello storicismo sottolineavano la tensione verso una rinvigorita, spontanea espressione del linguaggio figurativo. Da pittori gli amici potevano agire in maniera più individuale che da architetti e assecondare pienamente il loro spiccato estro. L’arte doveva essere un atto creativo, un prodotto del sentire interiore, a prescindere dal raggiungimento di uno stile specifico. Nel 1906 Die Brücke pubblicò il suo programma, inciso su legno da Kirchner e distribuito anche come volantino. Il testo era molto breve: “Con la fede nell’evoluzione e in una nuova generazione di creatori e di fruitori, chiamiamo a raccolta l’intera gioventù e, in quanto giovani portatori di futuro, intendiamo conquistare la libertà d’azione e di vita contro i vecchi poteri costituiti. È dei nostri chiunque riproduca con immediatezza e senza falsificazioni ciò che lo spinge a creare”. È qui chiaramente espressa la volontà di creare indipendentemente da uno stile. Indicativo è anche che Die Brücke includa nel suo programma sia i “creatori” sia i “fruitori”, ossia che ai membri attivi possano affiancarsi membri 2 passivi. Questi ultimi – fino al 1910 furono sessantotto i membri totali – dovevano corrispondere una quota annuale di dodici marchi, che successivamente salirono a venticinque. In cambio, ricevevano un portfolio annuale corredato di opere grafiche originali. Sebbene gli artisti collegati a Die Brücke realizzassero i propri dipinti, disegni e opere grafiche in maniera istintiva e indipendente, non mancavano di visitare con grande interesse la Pinacoteca di Dresda, il Kupferstichkabinett – che già ospitava opere di grafica moderna – nonché la collezione di stampe di Federico Augusto II, che annoverava tra gli autori Cranach, Dürer e Rembrandt. Nel museo etnografico Kirchner scoprì gli intagli degli abitanti dell’arcipelago di Palau, contemporaneamente all’interesse per le sculture africane sviluppato da Matisse e Picasso a Parigi. Nelle gallerie private di Dresda le mostre “progressiste” arrivarono con largo anticipo rispetto ad altre città tedesche. Nel 1905 la Galerie Arnold espose cinquanta dipinti di Van Gogh e nel 1906 più di cento opere dei neoimpressionisti belgi e francesi, tra cui Signac, Seurat, Cross, Bernard, Denis, oltre a opere di Gauguin e Vallotton. Nel 1907 il Sächsische Kunstverein presentò un cospicuo numero di dipinti del pittore norvegese Edvard Munch, che ebbe grande impatto soprattutto su Kirchner. Nel 1907 fu la volta dei lavori degli impressionisti Claude Monet, Alfred Sisley e Camille Pissarro. Nel 1908 fu nuovamente organizzata una grande mostra su Van Gogh al Kunstsalon Richter: una retrospettiva con cento dipinti. Nello stesso anno esposero anche i fauves: la libertà di approccio al mezzo artistico, evidente nelle opere di Van Dongen, Vlaminck, Guerin e Friesz, era paragonabile a quella degli artisti di Die Brücke, che come loro si avvalevano in modo nuovo di un tratto spontaneo e di un acceso vocabolario cromatico. Nel 1909‐1910 l’evoluzione stilistica di Die Brücke – dagli inizi ispirati allo Jugendstil, passando poi attraverso il pointillisme, il neoimpressionismo e Van Gogh, fino allo stile tipico del gruppo che verrà ricordato come espressionismo – era compiuta. Oltre alla pittura, mezzo d’elezione di questi artisti è la xilografia. Questa tecnica, che viene sviluppata soprattutto da Kirchner, Schmidt‐Rottluff e Heckel, consente di esprimere in maniera più rigorosa e sintetica i concetti figurativi in una caratteristica forma artistica. Queste le parole di Kirchner sul significato delle opere grafiche per il gruppo: “Ciò che spinge l’uomo al lavoro grafico è forse da un lato l’ambizione di plasmare in maniera salda e definitiva la fuggevole forma del disegno; dall’altro, le manipolazioni tecniche liberano forze, nell’artista, che nelle assai più delicate applicazioni del disegno e della pittura non vengono esaltate. Il processo meccanico del pressare sintetizza in un unicum le singole fasi del lavoro. La formatura può senza alcun pericolo essere prolungata fino a quanto si desidera. È affascinante che dopo settimane, mesi di lavoro e ritocchi, si raggiunga il culmine di espressività e rifinitura delle forme senza che la lastra ne perda in freschezza. Il misterioso fascino che nel Medioevo ammantava l’invenzione della stampa viene esercitato ancora oggi su chiunque si dedichi all’arte grafica con serietà, fin nei dettagli artigianali”. Dopo Albrecht Dürer questa tecnica, per lungo tempo abbandonata e quasi caduta nell’oblio, conosce una ripresa e viene portata ai vertici della produzione artistica. Le xilografie di Die Brücke sono una parte essenziale della storia dell’arte tedesca. Il gruppo di artisti formato da quattro studenti di architettura si sarebbe arricchito di nuovi membri già poco dopo la sua fondazione. Nel gennaio del 1906 Emil Nolde espose le sue opere alla Galerie Arnold di Dresda. La sua pittura poco ortodossa suscitò grande interesse nei giovani di Die Brücke, così il 4 febbraio Schmidt‐Rottluff gli spedì una lettera: “Sarò diretto, senza fare tanti giri di parole: il locale gruppo di artisti Die Brücke sarebbe onorato di poterla annoverare tra i suoi membri. Di certo lei saprà di Die Brücke tanto poco quanto noi sapevamo di lei prima della sua mostra da 3 Arnold. Dunque, una delle ambizioni del gruppo è attirare a sé tutti i soggetti rivoluzionari e in fermento – a questo si riferisce il nome ‘il ponte’. Inoltre ci occupiamo di organizzare diverse mostre ogni anno, che facciamo girare per la Germania, così da risparmiare l’onere al singolo artista. Un altro obiettivo è procurarci un nostro spazio espositivo, obiettivo per il momento soltanto ideale poiché siamo ancora sprovvisti di denaro. E ora, egregio signor Nolde, può pensare ciò che vuole. Con questa nostra lettera abbiamo voluto dimostrarle la nostra ammirazione per le sue tempeste di colore. Umilmente e ossequiosamente, il gruppo di artisti Die Brücke”. Per un anno e mezzo Nolde fece parte dell’associazione, ma ne uscì a causa di divergenze personali con gli altri membri. A tal proposito, nella sua biografia si racconta: “Non riuscivo a sopportare i dissidi personali e artistici che probabilmente erano inevitabili; rifuggivo l’omologazione dei giovani colleghi che spesso rendeva le opere troppo simili tra loro. Ripresi il mio percorso artistico da solo. Tuttavia a livello personale restai loro affezionato e in buoni rapporti sul piano artistico”. Nolde fece però tesoro della pur breve esperienza: la xilografia, tecnica a cui era stato avviato in questo periodo, avrebbe giocato un ruolo importante nella sua produzione. A loro volta, gli artisti di Die Brücke impararono da lui la tecnica dell’acquaforte. Nel 1906 si unì al gruppo Max Pechstein. Heckel lo conobbe in primavera, alla terza Kunstgewerbeausstellung (esposizione di artigianato artistico), che si tenne a Dresda dal 12 maggio al 31 ottobre: per questa occasione Pechstein aveva avuto l’incarico di dipingere alcuni spazi interni. Anche Heckel, che fino al 1907 continuò a lavorare come assistente dell’architetto Wilhelm Kreis, prese parte alla preparazione della mostra. Dopo un corso per decoratore d’interni dal 1900 al 1902, Pechstein aveva frequentato l’Istituto di arti applicate di Dresda, per poi proseguire la sua formazione – dal 1902 al 1906 – conseguendo la specializzazione presso l’Accademia di Belle Arti di Dresda, dove si era laureato con la qualifica di Meisterschüler. Inoltre gli era stato conferito il premio di pittura della Sassonia, il Rompreis, pertanto partiva avvantaggiato rispetto agli artisti autodidatti e ancora sconosciuti del gruppo Die Brücke. Cionondimeno, proprio come loro Pechstein era alla ricerca di nuovi mezzi di espressione e di un nuovo approccio al colore. “Fummo felici di scoprire la totale sintonia nell’urgenza di una liberazione, di un’arte che si proiettava in avanti e non si lasciava inibire dalle convenzioni”, scriverà nelle sue memorie. Sempre nel 1906, Die Brücke ottenne l’adesione del pittore svizzero Cuno Amiet. Dopo aver visto le sue opere alla Galerie Arnold, il 6 settembre 1906 Heckel gli scrisse: “Esimio signore! Abbiamo ammirato le sue opere con meraviglia ed entusiasmo, e ci permettiamo di domandarle se voglia entrare a far parte del nostro gruppo, Die Brücke. Abbiamo riconosciuto in maniera unanime in lei uno dei nostri e speriamo che voglia sostenere la nostra causa in quanto anelito verso obiettivi artistici comuni. Il nostro gruppo sarebbe oltremodo lieto di annoverarla tra i pionieri e compagni di lotta”. Tra i più rinomati artisti svizzeri dell’epoca, Amiet accettò l’invito senza indugi. Contemporaneo di Matisse e dei fauves, era più vecchio di circa quindici anni rispetto ai ragazzi di Die Brücke, e avvertì presto il divario tra la propria arte e quella degli altri membri del gruppo, tuttavia si adoperò molto in favore di quest’ultimo facilitando l’organizzazione di mostre in Svizzera, il che fece guadagnare a Die Brücke numerosi membri passivi. Amiet e gli artisti del gruppo si incontrano per la prima volta di persona alla mostra internazionale del Sonderbund Westdeutscher Kunstfreunde und Künstler (Lega di artisti e amatori della Germania occidentale), tenutasi nel 1912 a Colonia. Per Die Brücke l’incontro con la pittura di Amiet fu decisivo, in particolare per ciò che riguardava l’impatto del suo stile bidimensionale e ricco di colori intensi. Amiet restò membro del gruppo fino al suo scioglimento nel 1913. 4 Successivamente si aggiunsero all’associazione anche l’olandese Kees van Dongen, che Pechstein aveva conosciuto nel 1908 a Parigi, il finlandese Axel Gallen‐Kallela e l’olandese Lambertus Zijl. Grazie ai nuovi entrati, il gruppo guadagnò una certa internazionalità, ma nessuno di loro si distinse mai in maniera particolare a livello individuale. Gallen‐Kallela lavorò al portfolio annuale del 1909, e Kees van Dongen fu rappresentato solo una volta in una mostra di Die Brücke, con opere su carta. Edvard Munch non diede seguito alcuno all’invito di far parte del gruppo e anche il tentativo con Henri Matisse non ebbe successo. Nel 1908 fece parte brevemente del gruppo il pittore di Amburgo Franz Nölken: poco dopo si trasferì a Parigi, presumibilmente nel 1909, dove si aggregò alla scuola di Matisse. Alla fine del 1910 Otto Mueller si unì a Die Brücke e ne rimase un fiero componente fino all’ultimo. “Il primo incontro con le opere di Otto Mueller avvenne a Berlino, alla mostra degli artisti respinti dalla Secessione berlinese. Per ciascuno di noi quella fu una mostra significativa, un momento fruttuoso, e fu per tutti ovvio che Mueller da quell’istante faceva parte del gruppo”, scrive Erich Heckel sul primo incontro con Otto Mueller all’inizio del 1910. Nel settembre di quell’anno, Mueller partecipò come ospite alla grande mostra di Die Brücke alla Galerie Arnold di Dresda. Sulla sua affiliazione al gruppo così si espresse Kirchner nella Chronik del 1913: “La sensuale armonia tra la vita e l’opera di Mueller ne faceva un membro naturale del gruppo Die Brücke”. Infine, l’ultimo artista a farne parte fu il praghese Bohumil Kubišta, nel 1911, con il quale tuttavia i contatti non furono intensi. Già nel 1907 il cofondatore Bleyl si era allontanato per dedicarsi nuovamente e totalmente agli studi di architettura: si era infatti sposato e aveva dovuto procurarsi un impiego per mantenere la famiglia. Il gruppo di artisti trovò nell’organizzazione di mostre un modo molto efficace per far conoscere al pubblico la propria arte innovativa e guadagnare consensi. La prima importante esposizione del gruppo, che comprendeva dipinti, acquerelli e disegni, ebbe luogo nell’autunno del 1906 nella sala campioni della fabbrica di lampade K.F.M. Seifert di Löbtau, un quartiere di Dresda. Il contatto con la ditta l’aveva procurato Heckel il quale, dotato di talento organizzativo, era anche il coordinatore del gruppo. Karl‐Max Seifert aveva accettato di ospitare la mostra e contemporaneamente era entrato in Die Brücke come sostenitore. Nella sala dedicata alle vendite, piena di lampade e lampadari che pendevano dal soffitto, le pareti rivestite di stoffa erano sgombre e potevano essere utilizzate per appendervi i quadri. Nell’inverno 1906‐1907 si tenne nello stesso luogo anche il secondo evento, dedicato esclusivamente alle opere grafiche. I visitatori furono pochi, e anche la stampa parve quasi non accorgersi di una mostra di artisti sconosciuti dall’allestimento così eccentrico. Finalmente nel 1907 Die Brücke fece il salto di qualità e poté esporre nelle migliori gallerie d’arte di Dresda. Da ricordare sono per quell’anno la mostra al Kunstsalon Richter, che ottenne una certa visibilità, e per il 1910 quella alla Galerie Arnold, oggi citata tra le esposizioni più significative del XX secolo. Inoltre si organizzarono eventi itineranti in tutta la Germania, in Svizzera e anche in Scandinavia: fino al 1910 furono organizzate più di trenta mostre, senza contare le numerose partecipazioni come gruppo ospite. Con l’adesione alla rassegna internazionale del Sonderbund Westdeutscher Kunstfreunde und Künstler del 1912 a Colonia, Die Brücke raggiunse il massimo della popolarità. Fondamentale per la storia del gruppo fu anche la collaborazione alle mostre della Nuova secessione a Berlino. Dopo l’esposizione, nel 1909, di opere di Pechstein alla Secessione berlinese guidata da Max Liebermann, nel 1910 si sarebbe dovuta organizzare una mostra di tutto il gruppo. L’idea di una massiccia presenza della giovane avanguardia destò preoccupazioni e la Secessione, che stava prendendo una piega sempre più tradizionalista, vide le loro opere come un affronto al proprio programma. Gli artisti rifiutati – tra cui, oltre al nucleo del gruppo Die Brücke, Emil Nolde e Christian Rohlfs – fondarono quindi la Nuova secessione, presieduta da Max Pechstein. 5 Nell’autunno del 1911 Kirchner, Schmidt‐Rottluff e Heckel si trasferirono a Berlino. Pechstein, che viveva lì già dal 1908, aveva creato per il gruppo una vasta rete di contatti e ciò rendeva il trasferimento nella capitale ancora più appetibile. Così come a Dresda, anche a Berlino gli artisti scelsero di stabilire i propri atelier in zone vicine. Nonostante le regolari e reciproche visite, tuttavia, l’individualità dei singoli non tardò a emergere: ciascuno cominciò a sviluppare una personalità artistica specifica e tentò di intraprendere autonomamente la propria strada. Anche la metropoli, così tentacolare, febbrile, aggressiva, contribuì a questo allontanamento: ogni membro del gruppo Die Brücke reagì al nuovo ambiente in maniera diversa, tanto che il periodo berlinese vide la graduale fine dell’associazione, con il 1911 a segnare il passaggio più netto dallo stile comune a quello individuale. L’espressione più notevole di questo cambiamento si ritrova nelle “scene di strada” di Kirchner, in cui il morbido stile di Dresda si irrigidisce verso forme spigolose e appuntite. Per arginare il disfacimento del gruppo, che era già all’orizzonte, fu avanzata la proposta di uscire in blocco dalla Nuova secessione, ma Pechstein si oppose e abbandonò Die Brücke. Allora, per cercare di definirne nuovamente l’unità, si decise di pubblicare una Chronick der Künstlergruppe Brücke (Cronaca del gruppo di artisti Die Brücke) con testi di Kirchner, ma i suoi scritti rivelarono un atteggiamento prepotente che offese gli altri membri. Se la comunità artistica aveva già subito un duro colpo con l’uscita di Pechstein, la Chronick segnò la rottura definitiva, portando allo scioglimento del gruppo. In seguito Heckel spiegò: “Per il 1913 avevamo deciso di pubblicare una cronaca che avrebbe dovuto contenere stampe a mano e foto di quadri di ciascuno di noi (queste ultime scattate da Kirchner) e per la quale Kirchner avrebbe scritto il testo. Schmidt‐Rottluff, Otto Mueller e io ritenevamo che quest’ultimo non rispecchiasse i fatti né la nostra visione di gruppo contrario a ogni programma, quindi decidemmo di non pubblicare la cronaca. Ciascuno ricevette la propria stampa e la propria parte di testo. Poi, in Svizzera, Kirchner tagliò ulteriormente il frontespizio con le quattro immagini e assemblò alcuni esemplari”. Il 27 maggio 1913 i sostenitori del gruppo furono informati ufficialmente dello scioglimento di Die Brücke. Il messaggio era molto breve: “Con la presente vi comunichiamo che i sottoscritti hanno deciso di sciogliere il gruppo di artisti Die Brücke. I membri erano Cuno Amiet, Erich Heckel, E.L. Kirchner, Otto Mueller e Schmidt‐Rottluff”. Già in questa lettera manca la firma di Kirchner. La Chronick era stata soltanto il pretesto più evidente per una rottura che già si era compiuta da lungo tempo, fin dal trasferimento a Berlino. Lo scopo che Die Brücke si era posto nel 1905 di dare vita a un’arte nuova era stato raggiunto. Sulla base di ciò che avevano ottenuto insieme, i singoli membri potevano adesso continuare a evolversi liberamente, senza vincoli, e a sviluppare il proprio stile personale senza impedimenti. 6