i beni culturali e il turismo sono il futuro del

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i beni culturali e il turismo sono il futuro del
SINDACATO CULTURA LAVORO
NOTIZIARIO ON-LINE DI CARATTERE
GENERALE AD USO DEI QUADRI
SINDACALI
NUMERO XCVIII
APRILE 2014
00186—ROMA Via del Collegio Romano, 27 Tel. 06 67232348 Fax.06 6785552 e-mail. [email protected] - www.unsabeniculturali.it
I BENI CULTURALI E IL TURISMO SONO
IL FUTURO DEL NOSTRO PAESE
L’Italia come si sa, dispone dei beni culturali di valore inestimabile e ineguagliato, sia
in termini storici che
artistici. Questo patrimonio è ben oltre il
60% a livello mondiale
ed è, infatti, collocato
sul territorio nazionale
e costituisce, com’è
giusto che sia, l’identità culturale e la memoria storica della nostra nazione.
Questa risorsa costituisce sul piano culturale la materia prima e
il necessario volano
per far ripartire il paese, in quanto se ben
spesa, rappresenta la
sfida per la crescita
d’intere città e territori.
Infatti, tali prospettive
di sviluppo, se opportunamente
gestite,
rappresentano
una
fondamentale e potenziale risorsa anche dal
punto di vista economico.
Tanta bellezza e tanta
ricchezza
rischiano,
però, di essere la nostra condanna, soprattutto se si sottovaluta la portata e si
prende
sottogamba
questo immenso patrimonio e ci si illude
che questa eccezionale
dotazione possa esonerarci dal lavoro che
ci è imposto dal bisogno di crescere per
uscire dalla crisi.
TROPPO PRESSAPOCHISMO E LEGGEREZZA NELLA GESTIONE DEI BENI
CULTURALI.
Se consideriamo che
questa potenziale risorsa risulti assai poco valorizzata, nonostante la sua imponenza e la sua provata
capacità di attrarre
flussi turistici, dobbiamo per forza capacitarci che il ruolo del
Ministero
purtroppo
non è stato così forte
da scongiurare tale
disastro.
Occorre quindi, una
combinata azione sinergica per la piena
valorizzazione e fruizione dei beni storicoartistici; in quanto ciò
rappresenta senza alcun dubbio un ottimo
motore per lo sviluppo
economico del paese
ma, purtroppo, come
sta accadendo negli
ultimi
tempi,
non
sempre tali ragioni
prevalgono e spesso,
questi beni di incomparabile bellezza vengono
abbandonati
all’usura del tempo e
purtroppo gli interventi
da
parte
del
MiBACT, finora messi
in atto, non sono stati
in grado di assicurare
una
valorizzazione
economica dei beni
culturali con modalità
compatibili con le peculiarità di queste ri-
sorse e soluzioni sostenibili per i beni in
questione e per il contesto territoriale di riferimento.
Capita sovente di osservare, come all'estero, nella maggior parte
dei casi, anche con
poche cose d’interesse
archeologico e storicoartistico, siano in grado di “valorizzare” il
loro patrimonio, curarlo, metterlo in risalto e soprattutto farlo
diventare anche fonte
di produzione di reddito, pensando all’Italia
mi viene un po’ di
amaro e di dispiacere.
Da noi, infatti, spesso
succede esattamente il
contrario.
Tutto ciò, anche se si
vuol addossare tale
causa, al fatto che l’Italia possiede l’elevatissimo numero di beni culturali sparsi sul
territorio, questo, però, non giustifica, che
debba prevalere l’incuria o l’estrema leggerezza o superficialità
degli addetti ai lavori o
peggio ancora da parte
del vertice politico non
all’altezza della situazione, soprattutto poi,
se si riscontra la mancanza di mezzi e la
scarsa attenzione verso i nostri beni culturali e il Turismo.
Dobbiamo anche ammettere che
Continua →→
Giuseppe Urbino Segretario Nazionale
Confsal-Unsa Beni Culturali
Sommario:
•L’INTERVENTO
DEL MINISTRO FRANCESCHINI ALLA
COMMISSIONE CULTURA DELLA CAMERA
•4
•MIBACT-ANCI:
BENE PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATE
PER LA VALORIZZAZIONE DEL
PATRIMONIO CULTURALE
•6
•POLO
MUSEALE DI NAPOLI
RICHIESTA ESATTI ADEMPIMENTI DELLA CIRCOLARE
MINISTERIALE N. 201/13 –
CONTROLLO SULLE LIBERTÀ
SINDACALI PER LA PARTECIPAZIONE AL TAVOLO NEGOZIALE
•7
•C O N S I G L I O
GENERALE
CONFSAL 2-4 APRILE 2014
CONFSAL: LA SFIDA E L’IMPEGNO PER RILANCIARE LO
SVILUPPO, PROMUOVERE E
VALORIZZARE IL LAVORO
RENDERE EQUO IL FISCO,
RINNOVARE I CONTRATTI
•8
•BLOCCO
CONTRATTI!
•17
•Cassazione. Sentenza n. 7107
•18
DEI
ANZI, NO.
del 26 Marzo 2014. Giurisdizione del giudice ordinario e
principi generali applicabili al
pubblico impiego.
•Cassazione,
con sentenza n.
15490 del 7 aprile 2014. Non è
penalmente responsabile il
datore di lavoro per omessa
vigilanza sul lavoratore negligente.
•19
•Cassazione. Sentenza n. 1777
•20
del 28 gennaio 2014. Assenze
per lunghi periodi di malattia e
applicabilità del licenziamento.
•Cassazione: no al risarcimento
•21
dei danni per sovraccarico di
lavoro
•COVER
MATI
•22
•GRAND BUDAPEST HOTEL
•RAFFINATEZZA ED ELEGANZA
•25
ART:
KLARWEIN
ABDUL
PER RIDERE E PENSARE
•TUTTI I NUMERI DEL CINEMA
ITALIANO 2013.CINEMA, MIBACT:
AUMENTA PRODUZIONE, DIMINUISCE INVESTIMENTO
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nonostante
gli
sforzi
del
MiBACT, l’ingente patrimonio
culturale, non consente sempre
di poter essere operativi al
massimo, se si considera la
cronica mancanza di personale
e i continui tagli ai fondi al settore, che, di fatto, si traducono
poi in risultati alquanto negativi e quindi con siti archeologici
del tutto abbandonati e trascurati, anche se non sempre è
questa la solacausa, ma spesso
sono di tipo strutturale a cui
l’Amministrazione deve correre
ai ripari se vuole riuscire a conservare e a restaurare il patrimonio culturale italiano.
E’ certamente un problema di
efficienza di un sistema poco
coordinato e in cui si spende
non sempre secondo le giuste
priorità.
Infatti, se si pensa a Pompei,
senza entrare nella polemica
dei crolli, dei fondi mal spesi o
non spesi, della nomina o meno
del Commissario/Direttore Generale, lo stato di abbandono è
una ferita insanabile non solo
per il danno diretto al patrimonio culturale ma anche e soprattutto per il danno indiretto
che ne consegue in termine di
immagine del nostro Paese.
IL TURISMO CULTURALE,
QUESTIONE
CENTRALE
DELL’ITALIA
E’ vero, lo Stato deve affrontare
problemi più urgenti e non ha
risorse da investire nella valorizzazione del patrimonio artistico.
I numeri però rappresentano la
dura realtà, in Francia lo Stato
spende in beni culturali circa il
3% del Pil, in Italia quest’anno
circa lo 0.1 % e non è ovviamente
comparabile
la
“quantità” e la “qualità” di beni
culturali dei 2 paesi.
Sebbene l’Italia possieda il 60%
del patrimonio artistico mondiale, il giro d’affari del settore
perde quote anno dopo anno.
Secondo il rapporto commissionato da Confcultura e dalla
Commissione Turismo e Cultura di Federturismo di Confindustria, in cui si sono messe in
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relazione le risorse culturali
italiane con quelle dei principali competitori europei, e si evidenziano le opportunità derivanti dal patrimonio artistico
come fonte di generazione di
valore per il settore dell’industria creativa, per il turismo, in
particolare quello culturale, e
per l’economia italiana nel suo
complesso. L’Italia potrebbe
sviluppare un vantaggio competitivo sostenibile nei settori
legati alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale tenuto conto soprattutto
della diffusione di tale patrimonio (oltre 30.000 dimore storiche situate sul territorio Nazionale; oltre 3.400 musei, con
circa 2.000 aree e parchi archeologici e con 43 siti Unesco).
Come è stato fatto notare, tuttavia, esiste un gap competitivo
e la scarsa capacità di sviluppare il potenziale italiano.
Il RAC, un indice che analizza il
ritorno economico degli assetti
culturali sui siti Unesco, mostra come gli Stati Uniti, con la
metà dei siti rispetto all’Italia,
hanno un ritorno commerciale
pari a 7 volte quello italiano
(160 milioni di Euro contro i
nostri 21 milioni), in sintesi,
questo studio sostiene che gli
Italiani non sono in grado di
produrre ricchezza attraverso il
patrimonio culturale, mentre
altri Paesi sì. Infatti, il settore
culturale e creativo in Italia
raggiunge solo il 2,6% del PIL
nazionale (pari a circa 40 miliardi di Euro), rispetto al 3,8%
dell’Inghilterra (circa
73 miliardi di Euro) e 3,4% della Francia (circa 64 miliardi di
Euro).
PUBBLICO E PRIVATO: NECESSITA’ DI UNA PARTNERSHIP PER IL TURISMO CULTURALE
Il PIL del turismo culturale sul
totale del PIL dell’economia turistica italiana pesa il 33%, con
un valore pari a 54 miliardi di
Euro. Questo valore è inferiore
rispetto al 39% della Spagna
(pari a 79 miliardi di Euro) ma
superiore al 28% del Regno
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Unito (pari a 57 miliardi di Euro) e al 31% della Francia (pari
a 65 miliardi di Euro).
Pertanto, si deve sottolineare la
necessità di sviluppare un rapporto più stretto fra industria
turistica e patrimonio artistico
e culturale, e di avere una visione integrata, di filiera, delle
politiche del settore, auspicando risorse istituzionali e finanziarie, pubbliche e private, in
ottica di public and private
partnership in modo più efficace e coordinato, al fine di rivalutare i “core asset” disponibili
facendo leva sul relativo indotto
diretto e indiretto. Occorre
quindi, assicurare la corretta
fruizione del patrimonio culturale di cui si dispone, ponendo
molta attenzione in primis alla
sua funzione di testimonianza
del passato ma altresì a quella
di fonte di sviluppo economico.
Per raggiungere tali obiettivi è
necessaria la partecipazione
attiva delle forze della cultura e
di tutti coloro che svolgono un
ruolo attivo nella moderna società, favorendo una politica
che promuova l’interscambio
tra i beni, il loro territorio e la
collettività. Pertanto è necessario che i relativi provvedimenti
di tutela e valorizzazione siano
inquadrati in un contesto programmatico
sufficientemente
coordinato e orientato.
In questi ultimi anni lo Stato
ha investito sempre meno in
cultura e purtroppo guardando
i nostri dati economici questa
tendenza perdurerà anche nel
futuro. Per questo non è un
caso che ogni Ministro di turno, si chiede come fare per rendere possibile attivare maggiori
investimenti privati? Infatti, in
molti Paesi, ciò avviene con
una politica di defiscalizzazione
degli investimenti privati nella
cultura e nel sociale.
Dobbiamo ancora combattere
per affermare l’idea, ma più che
un’idea è un dato di fatto, che i
beni culturali costituiscono un
fattore di crescita, che non è
una spesa e un di più, ma è un
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N. 98 — APRILE — 2014
volano decisivo di sviluppo e di
competizione.
Gli studi e proiezioni di importanti economisti che hanno
valutato l’indotto economico
che la valorizzazione e lo sviluppo del patrimonio culturale
potrebbe avere nel territorio e
questo è stimato pari all’8%
del PIL.
Per questo quindi se avessimo
investito di più in cultura,
creatività e turismo probabilmente il tasso di crescita italiano sarebbe stato superiore a
quello comunitario.
Il marchio di qualità culturale
dell’Italia compensa largamente il gap di affidabilità in tanti
altri settori (lungaggini amministrative, costo della mano
d’opera, tassazione oramai insostenibile,
infrastrutture
scarse ed Obsolete.
Secondo linee tendenziali per
tutelare, valorizzare, fare conoscere e rendere fruibile al meglio il nostro patrimonio culturale, è assolutamente necessario creare una sinergia fra tutti
coloro che nei diversi ambiti,
se ne occupano e costruire così una rete tra Sovrintendenze,
Enti del Turismo, Istituzioni
centrali e locali, trasporti,
strutture alberghiere e ricettive, Banche, ecc, per poter rispondere, tutti assieme, alle
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esigenze del pubblico che ne
dovrà fruire.
In sostanza, in Italia, non si è
ancora riusciti a comprendere
e a “sfruttare” in maniera adeguata l’inestimabile patrimonio
culturale presente sul territorio nazionale, che necessità di
meccanismi di gestione sicuramente particolari, proprio in
virtù della sua specificità.
LA CULTURA COME RISORSA PER LO SVILUPPO
La cultura, dunque, non sembra più suscettibile di una visione del tutto estranea alle
logiche generali che governano
i fenomeni di sviluppo, ma costituisce, essa stessa, un fattore attivo di crescita socioeconomica di un territorio.
Si tratta quindi di orientare
l’azione di programmazione
verso processi che includano,
nella politica culturale, obiettivi non solo connessi alla tutela
ma anche alla valorizzazione e
alla promozione, e di puntare
su interventi in grado di coinvolgere mettendo a “sistema”
tutte le risorse, umane, materiali ed immateriali, disponibili
in tale ambito e su modelli di
gestione unitaria ed integrata
del patrimonio culturale, turistico e ambientale di un territorio.
Da tutte queste considerazioni
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emerge dunque la pressante
necessità di adottare un modello di sviluppo, nel quale valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale occupino
una nuova centralità all’interno delle politiche territoriali e
una rilevanza strategica nei
processi di organizzazione del
territorio.
Salvaguardia, conservazione e
valorizzazione dei beni culturali si impongono quindi per ragioni culturali e morali, ma
oggi, anche e soprattutto per le
implicazioni economiche e sociali che ne derivano. Infatti,
oltre a provocare un flusso di
consistenti masse di turisti,
sono altresì in grado di assorbire nuova occupazione e al
tempo stesso di garantire competitività al territorio nel contesto generale.
Per questo il coordinamento
nazionale la Confsal-Unsa Beni Culturali, è più volte intervenuto presso le competenti
sedi al fine di, sensibilizzare la
parte politica ed amministrative, per ottenere quella attenzione particolare che necessità
per un settore così strategico
ed importante per l’Italia.
Giuseppe Urbino
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
L’INTERVENTO DEL MINISTRO FRANCESCHINI
ALLA COMMISSIONE CULTURA DELLA CAMERA
Lunedì 14 aprile 2014 alle
ore 13, presso la Commissione Cultura della Camera dei
Deputati si è svolta l’audizione del Ministro Franceschini,
sulle linee programmatiche
del Ministero Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Riteniamo utile pertanto sintetizzare l’esito di detta audizione analizzandone i punti
cruciali.
Innanzitutto, per quanto riguarda il Cinema, il Ministro
Franceschini si è impegnato
ad aumentare il limite di 5
milioni di euro di investimenti per il tax credit al fine di
attrarre più investitori esteri.
Saranno inoltre rese meno
caotiche le norme per le quote degli investimenti tv sul
cinema aumentando le sanzioni per chi non le rispetta.
Inoltre, il Ministro ha ribadito
che in un prossimo Consiglio
dei Ministri il governo si prepara a parlare di spending
review con tagli aggiuntivi e
di questo, precisando che di
questa situazione generale
non si può non tenere conto
pur affermando di essere
pronto a fare di tutto per
"evitare nuovi tagli e portare
più risorse".
In particolare, vi sono una
serie di impegni per il cinema
che Franceschini si dice
pronto a discutere con le associazioni , come ad esempio
un lavoro per aumentare le
coproduzioni con l'estero "in
particolare con il Paesi Emergenti, che hanno forti flussi
di turismo verso l'Europa ma
non sempre verso l'Italia".
Per attrarre gli investimenti
stranieri, afferma il Ministro,
è importante anche un intervento sul limite di 5 milioni
per il tax credit "che ostacola
le grandi produzioni", basilare per il settore anche conseguire un rinnovo per il tax
credit almeno allo stesso livello dello scorso anno. Inoltre, il Ministro afferma che
nei prossimi giorni sarà varato il provvedimento per il tax
credit per l'audiovisivo.
Franceschini ribadisce tra
l’altro, per quanto riguarda
l'intervento per il settore per
le tv che le stesse devono dare un contributo fondamentale per mantenere il cinema
affermando la necessità di un
intervento per correggere le
norme per le quote di investimenti da parte della tv per il
settore del cinema aumentando le sanzioni e impegnandosi per vigilare che siano rispettate.
Novità anche per il Fondo
Unico per lo spettacolo poiché i componenti delle commissioni che decidono i contributi verranno selezionai
con un interpello pubblico e i
Direttori Generali di settore
non voteranno.
Franceschini ha poi spiegato
che la battaglia per l'eccezione culturale nella quale l'Italia si schiererà a fianco della
Francia, sottolineando che
tale eccezione “significa tenere fuori il mondo della cultura dalle semplici regole del
mercato''.
Infine anche un appello ai
produttori: ''Impegnatevi per
mostrare nei vostri film le
bellezze italiane - chiede il
ministro - sono cose che contano molto di più di una
campagna promozionale, cercate di mettere dentro ai vostri film queste meraviglie conclude- meglio se quelle
sconosciute''.
Successivamente, per quanto riguarda
l’assetto del MiBACT, il Ministro ha affermato che è indispensabile
modernizzarlo.
L’intenzione è quella di farlo
attraverso alcune “correzioni'
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N. 98 — APRILE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
rispetto alla precedente proposta di riforma anticipata da
Bray.
Peraltro Franceschini ha precisato che la Direzione Generale per l'Archeologia non può
essere accorpata. Esiste poi
l’esigenza di modernizzare il
MiBACT a seguito della nuova
delega per il Turismo.
Esiste poi la necessità di un
taglio di funzionari di prima
fascia imposto dalla spending
rewiev.
In tutto, precisa il Ministro, si
tratta di 32 persone (che andranno in pensione e non verranno sostituiti) tra funzionari
della struttura centrale, Soprintendenti e Direttori Regionali.
Conseguentemente ci sarà un
parziale accorpamento delle
Soprintendenze anche se sarà
il consiglio Superiore dei Beni
Culturali a stabilire le modalità.
Per ciò che concerne la situazione di Cinecittà, Franceschini ha affermato che è in arrivo
un progetto ''per salvarla
“come centro di produzione di
film, conciliando le esigenze
del personale e quelle dei privati''.
Esiste peraltro il discorso degli investitori stranieri e delle
coproduzioni visto che nel
2013 risultano in calo in Italia
secondo il rapporto Mibact
Anica.
Il ministro ha spiegato ai deputati che intende puntare ad
alzare il tetto di 5 milioni fissato per il tax credit, idea dicendo che 'potrebbe essere un
modo in più per far tornare le
produzioni a Cinecittà.
Per ciò che concerne il capitolo Expo, Franceschini ha affermato che è allo studio un
progetto, puntato molto sul
turismo, per la concessione
del marchio, precisando che
l’idea è quella di istituire una
commissione che avrà il compito di selezionare una serie
di
iniziative
meritevoli
(spettacoli, mostre, restauri,
etc.), alle quali concedere il
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marchio Expo per attrarre
tour operator e turisti. Per
quanto riguarda il Turismo, il
Ministro ha ammesso che l’Italia che e' stata per molti decenni in testa per attrattività
turistica, è scesa al quinto posto anche se è rimasta al primo per desideri di viaggio degli stranieri.
Pertanto, ha dichiarato il Ministro, avendo enormi potenzialità da sfruttare è più che
giusto avere un Ministero che
si occupi sia della Cultura che
del Turismo poiché i turisti,
quando vengono in Europa lo
fanno per l'offerta culturale
che questo continente propone.
Il Ministro ha poi concluso
affermando che c’é molto da
fare, a cominciare dalla ristrutturazione delle strutture
dello Stato che devono occuparsi di turismo e dalla rivisitazione del Titolo V con una
diversa impostazione delle
competenze.
A cura di Stefano Innocentini
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
MIBACT-ANCI: BENE PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATE PER
LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE
Il giorno 10 aprile u.s. si è svolto al Collegio Romano un incontro tra il ministro dei Beni e
delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, il
presidente dell'Anci, Piero Fassino ed una delegazione dei
sindaci delle città metropolitane composta da: il sindaco di
Roma, Ignazio Marino; il sindaco di Genova, Marco Doria; il
sindaco di Bologna, Virginio
Merola; il sindaco di Catania,
Enzo Bianco; il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni; ed il sindaco di Messina, Renato Accorinti.
Nel corso dell'incontro si è deciso di dar vita ad un tavolo permanente tra Stato e Comuni
per condividere ed integrare, a
livello nazionale e locale, le politiche di tutela e valorizzazione
dei beni culturali, di promozione della cultura e di rilancio
delle strategie per il turismo. I
Sindaci hanno apprezzato e
sollecitato l'intervento del ministro Franceschini per promuovere
partnership
pubblicoprivate nella valorizzazione del
patrimonio culturale, anche
con la adozione di forme di fiscalità di vantaggio e una normativa semplificata, per reperire risorse aggiuntive sia in Italia che all’estero.
L'Anci esprime inoltre la propria condivisione sull'intenzione, manifestata dal Ministro, di
procedere in tempi brevi a concludere il processo di attuazione della riforma dei criteri di
accesso al Fondo Unico per lo
Spettacolo, prevista dalla Legge
"Valore Cultura", secondo le
linee fondamentali che erano
state delineate insieme al precedente ministro Bray. E' stato
infine affrontato il tema delle
fondazioni lirico sinfoniche.
A riguardo, i Sindaci hanno
espresso vivo allarme per la
norma sulla stabilizzazione del
personale recentemente approvata al Senato - attualmente
all'esame della commissione
cultura della Camera – che, se
confermata, metterebbe a rischio l'equilibrio economico finanziario di tutte le fondazioni.
Si è anche sottolineata la necessità di completare gli strumenti applicativi della legge
‘valore cultura’, incluso l'ampliamento delle risorse messe a
disposizione per i piani di risanamento delle Fondazioni.
N. 98 — APRILE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
POLO MUSEALE DI NAPOLI RICHIESTA ESATTI ADEMPIMENTI DELLA
CIRCOLARE MINISTERIALE N. 201/13 – CONTROLLO SULLE LIBERTÀ
SINDACALI PER LA PARTECIPAZIONE AL TAVOLO NEGOZIALE
Si riporta la nota della Segreteria Provinciale di Napoli, inviata all’On.le Dario
Franceschini al Dott. Mario
Guarany, all’Arch. Antonia
Pasqua Recchia, all’Arch.
Gregorio Angelini, al Coordinamento Nazionale ConfsalUnsa, al Dipartimento Pari
Opportunità, Presidenza del
Consiglio dei Ministri, al Soprintendente PSAE per il
Polo Museale della Città di
Napoli e Reggia di Caserta.
La scrivente Segreteria Provinciale, al fine di ottenere
sostanziali diritti volti ad assicurare pari dignità nella
partecipazione del tavolo
territoriale,
chiede
alle
SS.LL. particolare attenzione, circa la verifica delle
presenze dei partecipanti sia
sindacali che dell’Amministrazione ai tavoli di contrattazione avvenuti alla Soprintendenza per il Patrimonio, Storico, Artistico ed Etnoantropologico, per il Polo
Museale di Napoli e Reggia
di Caserta, la quale ignora e
non attua quelle nozioni o
considerazioni a suo tempo
emanate con le Circolari Ministeriale la 201, 266, 303,
305, 378 e 394 dell’anno
2013. Si ritiene inoltre, far
presente alle SS.LL. che
questo Coordinamento Provinciale ha più volte segnalato tale anomala situazione, sia verbalmente in varie
riunioni, che per iscritto,
(alla presente si allegano le
note inviate da questa Segreteria Provinciale), le qua-
li, purtroppo a tutt’oggi, non
hanno avuto alcuna risposta, ad eccezione di una
semplice convocazione alle
OO.SS. per una riunione di
contrattazione pervenuta 12
ore prima a cui per impossibilità si è dovuta procrastinare ad altra data. Pertanto,
si chiede la verifica in merito alla legalità della presenza dei componenti del tavolo
di contrattazione, in quanto
come si dimostra la presenza di questa O.S. risulta fortemente penalizzata, dal
momento che come si può
evincere dai verbali non
sempre ha potuto presenziare per le discrasie che si sono verificate, soprattutto a
causa della disparità di trattamento che codesta Amministrazione (Polo Museale di
Napoli e Reggia di Caserta),
ha comportato circa il rispetto
delle
minoranze,
(diritto questo, sancito dalla
Costituzione Italiana). Va da
se che, il mancato controllo
delle libertà sindacali su
ciascun componente partecipante al tavolo delle trattative, può arrecare grave e
irreparabile pregiudizio alla
scrivente
Organizzazione
Sindacale ed altre, che oggettivamente e soggettivamente, non possono essere
presenti alla pari con talune
OO.SS. in quanto il mancato controllo sui permessi
sindacali, da parte dell’Amministrazione, consente di
raggirare quanto contenuto
nella Circolare 201/13. Ciò
si determina maggiormente
a seguito della decisione
unilaterale di codesta Amministrazione, di indire le
riunioni di contrattazione in
orario di servizio e questo di
fatto preclude la partecipazione ad altri componenti
del tavolo sia di parte sindacale che di parte amministrativa. La situazione sopra
segnalata, qualora suffragata da elementi probatori,
può determinare una irregolare posizione di aggravio
per i soggetti che si sono resi responsabili sia per quanto riguarda la presenza senza la dovuta autorizzazione
(permessi sindacali o permesso personale etc., etc.,)
causando un danno erariale
allo Stato per il mancato lavoro espletato, sia per l’omesso controllo da parte del
dirigente dell’ufficio. Si chiede pertanto, alle SS.LL. ciascuna per la propria competenza, di verificare quanto
sopra e all’uopo predisporre
gli opportuni adempimenti
per quanto concerne le presenze dei vari componenti al
tavolo contrattuale, nel pieno rispetto della legalità sulle libertà sindacali, sugli
orari della partecipazione
alle riunioni, al fine di consentire che la partecipazione
avvenga al di fuori dell’orario di lavoro per tutte le
RSU, le OO.SS. e l’Amministrazione nel dovuto rispetto, delle circolari ministeriali
su richiamate.
Antonio Brunetti
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
NOTIZIE DALLA CONFEDERAZIONE CONFSAL
CONSIGLIO GENERALE CONFSAL 2-4 APRILE 2014
CONFSAL: LA SFIDA E L’IMPEGNO PER RILANCIARE LO SVILUPPO, PROMUOVERE E
VALORIZZARE IL LAVORO RENDERE EQUO IL FISCO, RINNOVARE I CONTRATTI
Colleghe, Colleghi, amiche e amici,
questo nostro Consiglio Generale
cade in un momento politico e sociale complesso e di difficile lettura in
cui sembra sia in atto una svolta riformistica reale riscontrabile al momento da atti e da dichiarazioni di
intenti portate dal Governo davanti
alle massime istituzioni italiane ed
europee. Gli accadimenti politici
dell’ultimo mese sono stati caratterizzati dalla straordinarietà del passaggio dal governo Letta, che il 12
febbraio presentò il suo programma
di Governo “di servizio” con il documento “Impegno Italia”, al Governo Renzi, che il 24/25 febbraio, a
distanza di soli 12 giorni, chiese la
fiducia al Parlamento sulla base di
lineamenti programmatici per l’intera legislatura. La nostra Segreteria
Generale, riunitasi il 13 marzo, subito dopo il Consiglio dei Ministri del
12 marzo, ha avuto la possibilità di
valutare i contenuti delle prime decretazioni, delle anticipazioni su altri
provvedimenti legislativi e degli
annunci di alcune azioni di governo.
Effettivamente il 13 marzo si era
passati dalla nostra “doverosa attesa” espressa all’atto dell’insediamento del Governo all’altrettanto
doverosa valutazione della cosiddetta “svolta buona” del Premier Renzi
e del suo Governo. La Segreteria
Generale ha colto le ragioni della
sfida e per certi aspetti dell’impegno
del Governo per crescita economica,
lavoro e fisco, ma ha anche valutato
negativamente l’indeterminatezza,
l’incoerenza e le criticità della spending-review, il rinvio della questione evasione fiscale all’attuazione
della legge-delega sulla riforma e la
grave mancanza di ogni riferimento
al rinnovo dei contratti di lavoro.
Pertanto, la Segreteria Generale, sulla base dell’impegno ormai pluriennale della nostra Confederazione
sulle questioni centrali avvertite dai
lavoratori e dai pensionati italiani,
ha proposto a questo nostro Consi-
glio il tema: “La sfida, l’impegno rilanciare lo sviluppo; promuovere e
valorizzare il lavoro; rendere equo il
fisco; rinnovare i contratti”.
Il nostro impegno è costituito dalla
doverosa e naturale risposta alla
sfida dei lavoratori, dei disoccupati,
dei giovani e dei pensionati rivolta
al Governo italiano e alla Governance europea.
È la sfida dei cittadini italiani, i quali
chiedono con forza alla politica e alle
istituzioni della Repubblica fatti concreti e atti dovuti, la sola sfida che
può risolvere le gravi questioni sociali ed economiche avvertite dal
Paese.
L’Istat ha fornito il quadro degli indicatori macroeconomici per il 2013,
secondo il quale:
il rapporto deficit/Pil si è fermato a
quota 3%, allo stesso livello del 2012;
il Pil ha subìto una contrazione
dell’1,9%,
oltre
la
previsione
dell’1,7% del Documento economico
e finanziario - Def 2013;
l’avanzo primario, ovvero il saldo al
netto degli interessi, si è attestato al
2,2% contro il 2,5% del 2012;
il debito pubblico ha raggiunto il
livello-record del 132,6% del Pil;
le entrate fiscali sono diminuite dello 0,3% rispetto al 2012;
le uscite fiscali registrano una modesta contrazione dello 0,2%;
la pressione fiscale si è attestata al
43,8%, in diminuzione dello 0,2%
rispetto al 2012;
il calo dei consumi per i beni è del
4%, mentre per i servizi è dell’1,2%;
il tasso inflattivo è in calo rispetto al
2012, chiaro effetto della debolezza
della domanda interna.
Riguardo ai Patti Eurozona, il deficit
del 3% consente all’Italia di confermare il dato del 2012 e di stabilizzare, così, l’uscita dalla procedura per
disavanzo eccessivo disposta da
Bruxelles nel maggio dell’anno scorso. La Commissione Europea, però,
prevede per il 2014 un ulteriore incremento del debito fino al 133,7%,
stima che rende problematico un
allentamento della disciplina di bilancio.
Pertanto, le politiche di sostegno alla
crescita dovranno essere compensate
prevalentemente con contestuali
tagli alla spesa corrente. C’è anche
da tener presente che la Commissione Europea recentemente, e precisamente il 5 marzo 2014, ha lanciato
un “richiamo” all’Italia. L’Esecutivo
Comunitario nel Rapporto sugli
squilibri macroeconomici dell’Unione, ha ritenuto di inserire negli squilibri eccessivi l’elevato debito e la
bassa competitività dell’Italia. In
sintesi, in vigenza dei Patti di Maastricht e Lisbona, la situazione dell’Italia è caratterizzata da una finanza
pubblica con margini ristretti di manovra per il necessario sostegno alla
crescita. Pertanto, a parere della
Confsal, il Governo Renzi nei rapporti con la Governance Europea
dovrebbe seguire tre percorsi compatibili:
quello di breve periodo dell’osservanza “intelligente” dei patti vigenti
attraverso uno scambio fra una accelerazione delle riforme strutturali in
Italia e un rallentamento contenuto
del risanamento dei conti pubblici.
Pertanto, va assolutamente escluso il
superamento della soglia del 3% del
rapporto deficit/Pil, al fine di evitare le pesanti conseguenze del ritorno
alla procedura per deficit eccessivo.
Infatti l’uscita dalla procedura di
infrazione ha consentito all’Italia di
rifinanziarsi ad un tasso medio del
2% con un risparmio nel 2014 di
3miliardi di euro sul costo per il servizio del debito, destinandolo a investimenti;
quello di medio-breve periodo dello
scambio fra riforme strutturali in
fase di concreta realizzazione e concessioni per progetti di investimento
da finanziare anche con l’emissione
di debito garantito di livello europeo: project bond.
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N. 98 — APRILE — 2014
Entrambi i percorsi presuppongono
la stabilità politica e istituzionale in
Italia, che garantisca coerenza di
linea e responsabilità nelle scelte per
la necessaria credibilità in Eurozona
e in Unione Europea, ma anche una
nuova linea politica europea che
superi gli eccessi di una austerità
oggi improponibile.
Infine, rimane al Governo Italiano
un terzo percorso di medio periodo
da seguire con coraggio e perseveranza al fine di concorrere a modificare i Patti Europei in funzione dello
sviluppo
dell’economia
reale,
dell’occupazione, della diffusione
del benessere e della integrazione e
coesione sociale.
Si tratta di costruire l’altra auspicata
Unione Europea con il ruolo fondamentale di un’Italia più forte e credibile per effetto delle riforme e del
risanamento della finanza pubblica.
Questa prevedibilmente sarà la questione centrale delle prossime elezioni europee e la Confsal è pronta a
dare il suo contributo in termini propositivi.
La trattativa con Bruxelles potrebbe
avere margini per una nuova distribuzione nel tempo (timing) del rientro del debito e per conseguire l’obiettivo (target) del pareggio di bilancio in termini strutturali in cambio di un pacchetto di riforme, cui
attribuire
l’auspicato
effetto
“moltiplicatore” del Pil, su lavoro,
fisco e semplificazione burocratica.
Ritornando all’azione del Governo
Renzi dei prossimi mesi, la Confsal
valuta corretta la visione dinamica
del rapporto finanza pubblicaeconomia reale e condivide la scelta
di puntare su alcune mirate riforme
strutturali a cui attribuire l’aumento
del Pil. I campi prioritari di intervento sono lavoro e welfare, fisco,
servizi pubblici essenziali, da portare a livello Eurozona, razionalizzazione della spesa pubblica, investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione, energia, territorio e ambiente nonché grandi riforme istituzionali, inclusa quella della giustizia
civile e amministrativa. Il Governo
Renzi, a circa quindici giorni dal suo
insediamento, nel Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2014, ha approvato provvedimenti di legge in ma-
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
teria di lavoro (jobs - act), di debiti
della Pubblica Amministrazione e di
emergenza abitativa, quali:
un decreto-legge con la finalità di
alleggerire i vincoli sui contratti a
tempo determinato e sull’apprendistato al fine di favorire il rilancio
dell’occupazione e la semplificazione degli adempimenti a carico delle
imprese.
Per il contratto di lavoro a termine
viene prevista l’elevazione da 12 a
36 mesi della durata del primo rapporto di lavoro a tempo determinato
per il quale non è richiesto il requisito della causalità, fissando il limite
massimo del 20% per l’utilizzo
dell’istituto.
È prevista, inoltre, la possibilità di
prorogare anche più volte (fino a 8)
il contratto a tempo determinato
entro il limite dei tre anni, sempre
che sussistano ragioni oggettive e si
faccia riferimento alla stessa attività
lavorativa.
Per l’apprendistato si prevede il ricorso alla forma scritta per il solo
contratto e patto di prova e non, come attualmente previsto, per il piano formativo individuale e l’eliminazione delle attuali previsioni secondo cui l’assunzione di nuovi apprendisti è condizionata alla conferma in
servizio di precedenti apprendisti al
termine del percorso formativo.
È, inoltre, previsto che la retribuzione dell’apprendista, per le ore di
formazione, sia pari al 35% della
retribuzione del livello contrattuale
di inquadramento.
Per il datore di lavoro viene eliminato l’obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di
mestiere con l’offerta formativa pubblica, che diventa così elemento discrezionale.
Infine, viene smaterializzato il Durc;
un disegno di legge-delega in materia di riforma di:
•ammortizzatori sociali per assicurare un sistema di garanzia universale
per tutti i lavoratori che prevede
tutele uniformi e legate alla storia
contributiva dei lavoratori e per razionalizzare la normativa sull’integrazione retributiva;
•servizi per il lavoro per garantire la
fruizione dei servizi essenziali in
materia di politiche attive del lavoro
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su tutto il territorio nazionale;
semplificazione delle procedure di
costituzione e gestione dei rapporti
di lavoro e riduzione degli adempimenti a carico di cittadini e imprese;
•riordino delle forme contrattuali per
favorire l’ingresso nel mondo del
lavoro e rendere i contratti coerenti
con l’attuale e prospettico contesto
produttivo evoluto;
•conciliazione dei tempi di lavoro
con le esigenze genitoriali per contemperare i tempi di vita con i tempi
di lavoro dei genitori;
•un disegno di legge per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione alle imprese al fine di adeguare i tempi di pagamento a quelli
previsti dalla direttiva europea, favorire la cessione del credito al sistema bancario e accelerare il pagamento dei debiti arretrati;
•un
decreto-legge sull’emergenza
abitativa che prevede l’intervento
per 1miliardo e 441milioni di euro
per il sostegno all’affitto a canone
concordato, l’amplificazione dell’offerta di alloggi popolari, lo sviluppo
dell’edilizia residenziale locale;
un decreto-legge sulla “vigilanza
Banca d‘Italia”, un provvedimento
che riguarda il regolamento europeo
n. 1024 del 2013 per il passaggio della vigilanza sugli istituti di credito
dalla Banca d’Italia alla Banca Centrale Europea - Bce. Il Presidente del
Consiglio dei Ministri Renzi ha, tra
l’altro, annunciato:
•una detrazione Irpef in busta-paga
ai lavoratori dipendenti sotto i 25mila euro di reddito lordi, circa 10milioni di persone, dal 1° maggio prossimo, per un ammontare di circa
1000 euro netti annui a lavoratore;
•una detrazione del 10% sull’Irap
(Imposta sulle attività produttive)
compensata da una maggiore tassazione sulle rendite finanziarie. Il
Premier Renzi, infine, ha presentato
il disegno di legge costituzionale
“Disposizioni per il superamento del
bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la
soppressione del Cnel e la revisione
del Titolo V della II parte della Costituzione”. Il provvedimento prevede la riforma del Senato in assemblea delle autonomie, l’abolizione
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•
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
delle province, la modifica della legislazione concorrente fra Stato e
Regioni.
In sintesi, il Governo ha emanato
provvedimenti legislativi:
•già in vigore - decreti-legge in materia di lavoro a tempo, apprendistato,
casa (cedolare secca al 10% su affitti
e bonus mobili svincolato dalle ristrutturazioni);
•all’esame del Parlamento - disegni
di legge in materia di ammortizzatori sociali, centri per l’impiego, agenzia nazionale, contratti con tutele
crescenti, pagamento debiti Pubblica
Amministrazione e riforme costituzionali.
•Infine, ha annunciato interessanti
progetti su Irpef, Irap, energia
(riduzione del 10% su bollette energetiche per piccole e medie imprese),
costituzione di due strutture di missione per il dissesto idro-geologico e
per l’edilizia scolastica.
La Confsal, in merito alla disciplina
dei rapporti di lavoro, ha sempre
saputo leggere e interpretare la realtà occupazionale nelle diverse fasi
dell’economia reale, nella fase di
crescita, di stagnazione e di recessione, e ha saputo coniugare le fondate
ragioni dei lavoratori per la stabilità
del rapporto di lavoro con quelle
delle imprese per una sana flessibilità, partendo dalla ferma convinzione
che la fidelizzazione per l’impresa e
la sicurezza per il lavoratore costituiscono due valori preziosi da raccordare obbligatoriamente. Oggi, si
deve tener conto che dall’economia
fordista e della grande fabbrica si è
passati ad una economia globale,
delle professioni e della conoscenza.
Pertanto, non ci si può affidare completamente a due filosofie alternative, quella del “posto garantito per
sempre” e quella di una “flessibilità
anarchica” e senza tutele, che inevitabilmente sfocia nella precarietà
duratura. La Confsal ha sempre tenuto presente che la priorità assoluta
è costituita dall’occupazione ovvero
dalla diffusione del lavoro, soprattutto nei periodi di stagnazione economica e di recessione. Questo, però, non significa non tener conto del
valore della stabilità del rapporto di
lavoro e di non considerarlo obiettivo fondamentale, bensì di affermare
semplicemente la priorità dell’occupazione, rinunciando a qualche rigidezza, spesso inutile, in materia di
tutele.
Tanto premesso, ricordo con voi la
battaglia della Confsal riguardo ad
alcune criticità e illogicità della riforma Fornero (legge 28 giugno 2012 n.
92) come è giusto ricordare il nostro
contributo critico al disegno di legge
sullo “Statuto dei lavori”, sempre
alla ricerca della mediazione più alta
fra una regolazione rigida, che soffoca la propensione ad assumere delle
imprese e nega la protezione attiva
ai disoccupati, e l’affermazione della
garanzia delle tutele essenziali e
conseguentemente irrinunciabili per
i lavoratori. Considerando i provvedimenti del Governo Renzi sul Piano
Lavoro (jobs - act), con particolare
riferimento al decreto legge su contratto a termine e apprendistato, la
Confsal ritiene che la riforma Fornero vada sostanzialmente emendata
alla luce degli effetti occupazionali
devastanti della recessione di breve/
medio periodo e del livello dilagante
e finanziariamente insostenibile del
lavoro sommerso, con il 65% delle
imprese che utilizza “lavoratori irregolari”. Siamo convinti che la regolazione del rapporto di lavoro non crei
occupazione più di tanto (sono tanti
i fattori dell’occupazione), ma può
contribuire a ridurla sensibilmente,
come accaduto in Italia negli ultimi
due anni. Noi della Confsal nel 2012
avevamo paventato il rischio reale
che la riforma Fornero, calata in un
contesto economico recessivo, avrebbe contribuito ad aggravare la situazione occupazionale e il fenomeno
del lavoro sommerso. Allora, purtroppo, sono prevalse tesi diverse
portate avanti da altre confederazioni sindacali. Ma la storia, purtroppo,
ha dimostrato che noi non ci eravamo sbagliati. Ora, per valutare le
proposte del governo Renzi si rende
indispensabile farsi guidare da una
lettura corretta del dato occupazionale in un’economia che stenta a
manifestare una ripresa adeguata
della crescita. L’andamento della
disoccupazione dal gennaio 2008 al
gennaio 2014 è passata dal 6,4% al
12,9% (sud 20,5%, nord 11,5%, centro 8,9%), da 1milione e 600mila a
3milioni e 300mila unità, mentre la
disoccupazione giovanile (15/24
anni) ha raggiunto il record del
42,4%.
La Confsal ritiene che la “nuova”
flessibilità proposta per il contratto a
termine, riguardo alla acasualità,
alla possibilità di articolare i periodi
del contratto - si potranno sommare
e frazionare i 36 mesi con la sequenza di otto proroghe - ed alla conferma della soglia del 20%, possa essere
una proposta-base per migliorare
l’istituto in iter parlamentare. Il contratto a termine per livello retributivo, tutele previdenziali e diritti sindacali non si discosta dal contratto a
tempo indeterminato. Semmai sarebbe giusto occuparsi maggiormente delle questioni aperte delle false
partite Iva, dei co.co.pro. e degli associati in partecipazione senza tutele. Riguardo, poi, alla previsione per
la semplificazione dell’apprendistato, la Confsal, riconoscendo il medesimo quale contratto ideale per l’ingresso nel mercato del lavoro, condivide le modifiche all’istituto con
l’auspicio che se ne estenda l’utilizzo. In merito, inoltre, al riordino degli ammortizzatori sociali e delle
forme contrattuali, la Confsal condivide la scelta dello strumento della
legge-delega. Infatti, l’importanza
della materia, quali il riordino delle
politiche attive per i disoccupati e la
regolazione dei contratti di lavoro,
merita il ruolo centrale del Parlamento, in una prima fase nel precisare e approvare i criteri contenuti nella legge-delega e in una seconda fase
nell’accompagnare con il proprio
parere i decreti delegati. La Confsal
ritiene che il progetto di riforma degli ammortizzatori sociali debba essere fondato sulle politiche attive,
affinché l’obiettivo del sostegno al
reddito sia l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo. La Confsal,
inoltre, si batte da tempo per un sistema universale di ammortizzatori
con la contribuzione di imprese e
lavoratori. Soltanto così si può estendere il sostegno al reddito anche ai
precari, includendo tutte le tipologie
contrattuali subordinate e parasubordinate senza gravare sulla fiscalità generale.
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N. 98 — APRILE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
Su questa base la Confsal può fornire il suo contributo nel confronto
politico e istituzionale.
In merito ai progetti governativi annunciati in materia fiscale, oltre
all’attuazione entro un anno della
legge-delega, la Confsal è dell’avviso che una valutazione corretta ed
equilibrata si potrà fare allorquando
si conosceranno i termini di copertura della manovra finanziaria. La detrazione di imposta per una determinata fascia di lavoratori dipendenti
per l’ammontare di 10miliardi di
euro in ragione d’anno (6,5miliardi
di euro per gli otto mesi del 2014) e
la riduzione del 10% dell’Irap per le
imprese per 2,5miliardi di euro possono considerarsi un primo passo
significativo e condivisibile per la
crescita, attraverso il sostegno alla
domanda interna e la liberalizzazione di risorse per gli investimenti
aziendali.
Esiste, però, il rischio reale che per
trovare la copertura, il Governo intervenga con tagli lineari e irrazionali alla spesa corrente, con la conseguenza della riduzione dell’erogazione dei servizi pubblici primari e
dell’abbassamento del livello della
loro qualità.
Se poi si dovesse intervenire con
tagli alle pensioni ipotizzati dal
“Piano Cottarelli”, l’effetto inevitabile sarebbe la contrazione della domanda interna che andrebbe a compensare l’effetto positivo della detrazione di imposta destinata ai lavoratori. Sarebbe comunque una ulteriore grave iniquità fiscale e sociale a
danno dei pensionati destinatari di
assegni di valore basso e mediobasso.
La Confsal si opporrà con forza ad
un eventuale intervento di tagli alle
pensioni basse e medie, nonché alla
riduzione drastica di lavoratori pubblici attraverso il blocco totale triennale del turn-over.
La Pubblica Amministrazione non
potrebbe sopportare ulteriormente:
una riduzione del personale con organici al momento sottodimensionati rispetto alla media dell’Europa;
l’invecchiamento dei dipendenti con
la conseguente insufficiente propensione all’innovazione tecnologica e
con una ridotta disponibilità all’ag-
giornamento professionale;
la disomogeneità dei pensionati nei
diversi settori, senza la possibilità
del turn-over e in mancanza di un
serio progetto di mobilità professionale volontaria. La copertura finanziaria della manovra, a nostro avviso, può realisticamente realizzarsi
con la razionalizzazione e la riduzione della spesa pubblica (spendingreview) per 4miliardi di euro, con
minori interessi sul debito pubblico
per effetto del calo dello spread per
2,5miliardi di euro, con il maggior
gettito Iva per effetto dei pagamenti
da parte della Pubblica Amministrazione dei debiti alle imprese, se dovessero avvenire in buona parte nel
2014, per 4 miliardi di euro e con
l’aumento del prelievo delle rendite
finanziarie dal 20 al 26% per 2,5 miliardi di euro.
La manovra, quindi, troverebbe coperture finanziarie in minori spese
per 6,5miliardi di euro e in maggiori
entrate per 6,5milardi di euro, per
un totale di 13miliardi di euro. La
Confsal, pertanto, ritiene che queste
quattro maggiori voci, due di minori
spese e due di maggiori entrate, non
possano garantire la copertura finanziaria agli annunciati sgravi fiscali
per i lavoratori (Irpef) e per le imprese (Irap). Relativamente al margine del tetto deficit/Pil dal 2,6 al 3%,
per 4/5miliardi di euro ipotetici, mi
propongo di affrontare la questione
successivamente. Ritornando alle
voci di minore spesa, la Confsal
esprimerà il massimo impegno affinché la spending-review non assuma
per i tagli metodi irrazionali ed iniqui e punti ad eliminare effettivamente sprechi e ruberie nella Pubblica Amministrazione, anche per l’invasione della cattiva politica. Va sottolineato chiaramente che sia i pensionati che i dipendenti pubblici
hanno già pagato oltre ogni limite il
prezzo della crisi e conseguentemente la Confsal si dichiara assolutamente indisponibile a far passare un
ulteriore arretramento giuridico ed
economico delle due categorie. Riguardo, poi, alle voci di maggiore
entrata, con particolare riferimento
alla maggiore imposizione fiscale
sulle rendite, la Confsal ha sempre
valutato negativamente la tassazione
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del “piccolo risparmio” oltre un certo tetto per ragioni di equità. Pertanto, a nostro avviso, si rende indispensabile una classificazione rigorosa delle diverse categorie di rendite, differenziandone la tassazione
aggiuntiva. In altre parole per la
Confsal, a parte la marcata specificità dei titoli di Stato, va valutata approfonditamente la natura socioeconomica di un deposito, di un fondo pensioni, di una polizza assicurativa nonché di un’azione e di un’obbligazione. Pertanto, per la Confsal
sarà decisivo l’esito dell’iter parlamentare del provvedimento per dare alla discutibile questione un’equa
soluzione.
In conclusione la Confsal valuta la
manovra fiscale coraggiosa e non
priva di significato, ma fortemente
impegnativa.
Potrebbe avere effetti positivi sulla
domanda interna di beni e servizi
primari, anche se c’è da considerare
il possibile differimento della propensione al consumo, nonché sulla
liquidità delle imprese per effetto
dell’abbattimento del 10% dell’Irap
unito ai pagamenti delle Pubbliche
Amministrazioni.
Per la copertura finanziaria si è in
presenza di un’operazione politicamente e tecnicamente difficoltosa nel
trovare un giusto equilibrio fra i diversi interventi.
Rimanendo in tema di fisco la
Confsal ha chiesto ancora una volta
una seria verifica del nuovo carico
fiscale sulla casa. All’atto dell’introduzione del nuovo sistema fiscale
sulla casa avevamo paventato il rischio reale di un maggiore carico
fiscale. La Tari (tassa sui rifiuti) e la
Tasi (tributo sui servizi indivisibili)
costituiscono insieme un carico fiscale per i cittadini maggiore di quello
relativo al vecchio sistema di fiscalità locale. L’occasione dell’attuazione
entro un anno della delega fiscale,
soprattutto in relazione alla revisione del catasto e alla riduzione della
pressione fiscale, può essere preziosa per correggere e alleggerire il carico fiscale sulla casa. La Confsal,
come è noto, ha esercitato una forte
pressione sul Parlamento per la
pronta approvazione della
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
legge-delega per la riforma fiscale.
Il 27 febbraio 2014, la Camera ha
approvato in via definitiva la legge
fiscale a “modulazione libera”, ovvero con la previsione di un numero
non definito di decreti legislativi.
La Confsal prende atto, con soddisfazione della previsione di un sistema tributario meno complesso, più
equo, trasparente e orientato alla
crescita.
Pertanto, si può avviare un percorso
stabile e parallelo di riduzione del
debito e di lotta seria all’evasione,
attraverso il contrasto di interessi
fiscali tra contribuenti.
Per favorire l’emersione di base imponibile, si punta sul contrasto di
interessi e sul potenziamento della
tracciabilità con il potenziamento
della fatturazione elettronica.
La riduzione dell’alta pressione fiscale e del debito pubblico-record
può avvenire soprattutto rendendo
fisiologico e a livello di Eurozona il
fenomeno patologico dell’evasione
fiscale, il vero cancro della finanza
pubblica e dell’economia italiana. Su
41milioni di contribuenti, i sospetti
evasori sono circa 5milioni, il 12%
per un’evasione totale di 180milioni
di euro l’anno, vale a dire il 17,4%
del Pil. In merito, i dati ufficiali delle
dichiarazioni dei redditi 2013 sono
eloquenti per descrivere il grave e
immane fenomeno “tutto italiano”
dell’evasione, dell’elusione e dell’erosione fiscale.
Pertanto, la Confsal ritiene che la
puntuale e corretta attuazione della
delega fiscale costituisca la sfida cruciale per il risanamento dei conti
pubblici, per la lotta all’evasione e
per il reperimento delle risorse da
destinare agli investimenti per lo
sviluppo economico ed occupazionale. Intanto, è intervenuto in questi
ultimi giorni l’Accordo europeo fra i
28 Stati membri in merito allo scambio automatico di informazioni bancarie su sospetti evasori fiscali, che
sostanzialmente segna la fine del
segreto bancario in Unione Europea.
Si tratta di un serio contrasto all’evasione fiscale nascosta dietro la riservatezza dei paradisi fiscali.
La previsione della crescita del Pil in
Italia si attesta sullo 0,6% nel 2014 e
sull’1% nel 2015 che, in comparazio-
ne
con
quella
dell’Eurozona
dell’1,1% nel 2014 e dell’1,4% nel
2015, si rivela “lieve” e senza consistenti prospettive di sviluppo dell’economia reale e dell’occupazione.
L’Italia per “fare crescita” deve:
ridurre la spesa pubblica, salvaguardando un livello da eurozona dei
servizi pubblici primari, con una
nuova filosofia della spendingreview;
incrementare l’entrata fiscale, abbassando la pressione fiscale e contrastando seriamente e con sanzioni
penali l’evasione, l’elusione e l’erosione fiscale (legge-delega sulla riforma del fisco);
convincere la Governance dell’Eurozona e dell’Unione Europea sulle
nuove politiche economiche, industriali ed occupazionali da adottare,
superando la stagione dell’eccessiva
austerità.
L’importante svolgimento del ruolo
dell’Italia in Eurozona e nell’Unione
Europea dovrà partire da un’analisi
della situazione socio-economica
comunitaria caratterizzata da:
una bassa crescita economica;
un’elevata disoccupazione;
una preoccupante deindustrializzazione;
un consistente calo degli investimenti.
Conseguentemente, il Governo Renzi, soprattutto nel semestre 1 luglio31 dicembre 2014 a guida italiana,
dovrà operare affinché l’Eurozona
persegua obiettivi fondamentali
quali:
la riduzione dei costi dell’energia e
del gas;
l’apertura di nuovi mercati internazionali;
la promozione dell’innovazione;
l’aumento di investimenti e nuove
infrastrutture;
l’accesso al credito;
la riforma dei mercati del lavoro;
il miglioramento dell’istruzione e
della formazione professionale.
Il Governo italiano, inoltre, dovrà
pressare la Governance europea su
due priorità:
il completamento dell’unione bancaria;
le politiche energetiche e ambientali.
In merito alla priorità unione bancaria “compiuta”, già a maggio 2014 ci
N. 98 — APRILE — 2014
sarà l’attesa prova degli stress test di
resistenza alle crisi economiche di
124 grandi banche europee da parte
dell’Autorità Bancaria - Eba. Sui test
saranno coinvolte le 15 maggiori
banche italiane.
I risultati dei test saranno pubblicati
a ottobre 2014, poco prima dell’entrata in piena operatività dell’Autorità unica di vigilanza con la regia
della Banca centrale europea - Bce e
in pieno mandato di Presidenza italiana.
Intanto, si dovrebbe perfezionare
entro la corrente legislatura europea
la costituzione del Fondo Unico di
salvataggio delle banche (Salvabanche), sulla base di 55miliardi, la
cui attivazione decorrerà dal 1° gennaio 2015. Sulle politiche energetiche e ambientali va preso in considerazione l’andamento storico del costo energetico fra il 2005 e il 2012
che, in soli sette anni, è aumentato
del 37%, da comparare con quello
Usa che è sceso del 4%.
Pertanto, l’alto costo dell’energia in
Europa contribuisce ad allontanare
gli investimenti dall’Unione.
In particolare, il sistema economico
italiano subisce un elevato costo
dell’energia, nettamente superiore al
costo medio dell’Eurozona. Riguardo alle politiche ambientali, si rende
indispensabile affrontare la questione aperta della riduzione delle emissioni nocive entro il 2030, la cui soluzione deve necessariamente passare
attraverso un’intesa “globale”. Il
Governo Renzi, inoltre, dovrà confrontarsi, con pari dignità politica,
con la Governance Europea riguardo
al possibile allentamento, finanziariamente compatibile, dei vincoli dei
Patti europei, escludendo lo sfondamento unilaterale della soglia del 3%
del rapporto deficit/Pil per non tornare in procedura di infrazione.
È logico e opportuno tentare di concordare un percorso compatibile più
disteso di riduzione del debito pubblico (fiscal - compact).
La via possibile della crescita dell’economia italiana nel contesto Eurozona si può seguire a due livelli:
in Italia, la via di un equilibrato rigore con meno spesa attraverso un’autentica e adeguata spending-review
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N. 98 — APRILE — 2014
e di una maggiore entrata fiscale con
un serio contrasto all’evasione; è
anche indispensabile eliminare i privilegi dei settori protetti e dei centri
dei poteri forti, come ridurre significativamente la pressione fiscale per
lavoratori, pensionati e imprese;
in Eurozona la via delle politiche
moderatamente espansive, come da
tempo suggerisce il Fondo Monetario Internazionale alla Governance
Europea che dovrà superare l’eccessiva austerità ad ogni costo. L’Eurozona non può rimanere prigioniera
dei suoi eccessivi vincoli pattizi.
All’Unione Europea, come all’Italia,
non basta più la politica economica
dei piccoli passi. L’Unione Europea,
oggi, è da ricostruire come è da ricostruire l’Italia nella credibilità politica, nella capacità di sviluppo, di integrazione sociale e di aggregazione
del consenso interno ed esterno. Tutto questo potrà avvenire soltanto se
si comincia a registrare una ripresa
significativa della crescita economica
e occupazionale costruita sulla competitività del sistema comunitario e
dei sub-sistemi nazionali.
Riguardo, infine, alla “flessibilità
intelligente” dell’attuazione dei Patti
europei in Italia, il premier Renzi e il
suo Governo dovrebbero modificare
le modalità e i termini nel presentare
alla Governance Europea le ragioni
sostenibili della richiesta di un rientro più disteso del grande debito
pubblico. La Confsal ha preparato
una scheda in 10 punti che il Governo italiano potrebbe presentare per
chiedere alla Governance Europea
una certa flessibilità nell’osservanza
nei Patti “sotto la soglia” del rapporto deficit/PIL del 3%, portando il
rapporto dal 2,6% al 3% al fine di
reperire 4/5 miliardi di euro da destinare alla crescita economica in
Italia e precisamente a copertura
della manovra finanziaria del 12
marzo u.s.. Le ragioni da portare in
Eurozona sono le seguenti:
dal 1992 al 2013 l’Italia ha presentato
un avanzo statale primario (al netto
degli interessi) con la sola eccezione
del 2009 in cui si registrò un deficit
primario allo 0,8% del PIL;
dai primi anni ‘90 la “quota” di mercato dell’Italia rispetto al debito pubblico totale all’Eurozona è costante-
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
mente calata;
nel 2013 l’Italia ha presentato un
consistente avanzo pubblico primario, per di più conseguito in fase di
recessione;
nel quadriennio 2012/2015, a politiche invariate, il rapporto deficit/PIL
dell’Italia sarà sotto il 3%;
nel quadriennio 2012/2015 l’Italia
registrerà il più alto avanzo primario
rispetto al Pil dell’Eurozona;
dal 1996 al 2013 l’Italia ha generato il
più grande avanzo statale primario
cumulato dell’Occidente avanzato;
per la crisi dell’Eurozona l’Italia ha
assicurato aiuti per 55miliardi ai
Paesi membri in difficoltà, accrescendo il proprio debito;
il debito pubblico estero dell’Italia è
pari al 45% del Pil in linea con i Paesi virtuosi della Germania (43%),
della Finlandia (44%) e della Francia
(50%);
il debito pubblico interno dell’Italia
è gestibile per la ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane
(179% del Pil);
il riconoscimento della Commissione
europea secondo la quale “l’Italia
presenta il più basso profilo di rischio finanziario del debito pubblico
fra i Paesi dell’Unione Europea, anche per effetto dell’attuale sistema
pensionistico”.
Questi sono fatti comprovati, certificati e riconosciuti da portare dinanzi
alla Governance Europea, ma anche
dinanzi ai mercati, alle agenzie di
rating e a tutte le Istituzioni internazionali.
Certamente tutto questo è merito
soltanto dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie e delle imprese che
va valorizzato con abilità relazionale
in una corretta strategia politica.
La politica ha fatto mancare i tagli
alla spesa improduttiva, non ha eliminato gli sprechi, non ha perseguito le ruberie, non ha combattuto la
grande e diffusa evasione fiscale e
per di più non è riuscita a fare le
maggiori riforme strutturali, ad eccezione di quella previdenziale e
pensionistica, peraltro rivelatasi rigida e penalizzante per pensionandi
ed esodati.
È su questo punto che il Governo
Renzi dovrà guadagnare i suoi meriti, al momento in gran parte costitui-
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ti da interessanti annunci, quei meriti per i quali i lavoratori, i pensionati, i contribuenti onesti e le imprese
virtuose hanno già avuto il riconoscimento.
A Renzi e al suo Governo per fare
tutte queste cose non rimane molto
tempo. Su questo punto il decisionismo, o se vogliamo il “velocismo
buono”, potrà essere determinante.
Infatti, entro la metà di aprile 2014 il
Governo dovrà presentare a Bruxelles il Documento economicofinanziario - Def con annessi la Nota
di aggiornamento del programma di
stabilità e il Piano nazionale delle
riforme. Nel Def 2014 dovranno quadrare sconti fiscali, copertura finanziaria e impegni con l’Unione Europea.
Nel Def 2014 dovranno essere presenti, tra l’altro, 32miliardi di euro di
economie di bilancio, per il triennio
2014/2016.
L’eventuale ricorso a maggior deficit
2014 dal 2,6% al 3% al fine di coprire
la riduzione dell’imposizione fiscale
dovrà ottenere il preventivo via libera da parte della Commissione Europea nell’ambito del rispetto del pareggio di bilancio nel 2015. Il Governo, al fine di reperire ulteriori risorse
finanziarie, potrebbe ricorrere al
preannunciato Piano per le privatizzazioni di beni immobili e di valori
mobiliari. A nostro avviso, le privatizzazioni si devono basare obbligatoriamente sulla preventiva valutazione sociale ed economica del bene.
Se poi si dovesse optare per l’alienazione del bene immobile e del valore
mobiliare, il prezzo di vendita dovrà
corrispondere al prezzo di mercato,
al di fuori di ogni logica di svendita.
La crescita economica e l’occupazione giovanile in Italia dipende, oltre
che dalla riduzione del cuneo fiscale,
da qualche decimo di maggior deficit condiviso con la Governance Europea e dalla regolazione del rapporto di lavoro e del welfare, anche
da altri decisivi fattori della produzione e della competitività di sistema.
La vera grande emergenza italiana è
costituita dalla disoccupazione giovanile rappresentata dalla gravità
dei seguenti dati:
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un giovane su quattro sotto i 30anni
è disoccupato, pari al 25%;
la disoccupazione dei giovani sotto i
25anni si attesta ad un valore superiore al 40%;
circa un milione e mezzo di giovani
sono inattivi, ovvero non cercano
più lavoro.
Pertanto il Governo Italiano, preso
atto della pesante situazione della
disoccupazione giovanile, deve puntare su un nuovo concreto e garantito raccordo fra il sistema di istruzione e formazione e il sistema economico-produttivo per superare il gap
della difficile transizione scuolalavoro.
Le cause che continuano a frenare
l’occupazione, e come tali vanno
decisamente superate, sono costituite dalla scarsità di profili professionali in alcuni settori e distretti industriali e il livello di competenze
spendibili il più delle volte inadeguato alle esigenze del sistema produttivo.
Ma il salto di qualità va compiuto
sul fronte della ricerca di base e applicata e dell’innovazione tecnologica.
Negli anni del dopoguerra e negli
anni ’60 il miracolo economico fu
sostenuto dall’inventiva di un Popolo privo di grandi capitali, ma capace di creare industria con le sue scoperte.
Al contrario oggi nel nostro Paese
esistono soltanto 1100 start-up innovative per un totale di 110 milioni
investiti nel 2013.
Pertanto, a nostro avviso, si rendono
indispensabili almeno otto azioni
per rilanciare lo sviluppo, consistenti nel:
liberare dalle oppressioni e vessazioni di ogni genere i fondi di investimento privati, private equity, venture-capital;
prevedere una tassazione agevolata
sugli investimenti in ricerca e innovazione, con particolare riferimento
a quelli in conto capitale;
selezionare la ricerca “utile” a cui
destinare prioritariamente i finanziamenti;
collegare la ricerca al mercato e interagire con essa;
armonizzare l’attività delle università, degli istituti di ricerca e delle so-
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
cietà che finanziano la ricerca;
concentrare l’intervento finanziario
statale sulla ricerca di base, lasciando alle imprese o alle reti di impresa
la competenza e l’onere per il finanziamento della ricerca applicata e
della innovazione tecnologica;
difendere adeguatamente la proprietà intellettuale;
investire bene tutti i Fondi europei
per la ricerca.
A proposito di quest’ultima azione,
lo stanziamento europeo ammonta a
77miliardi di euro (progetto ricercaHorizon2020).
Il finanziamento è riservato ai progetti riguardanti la salute e i cambiamenti demografici, la sicurezza alimentare, l’agricoltura sostenibile e la
bioeconomia, l’energia sicura, pulita
e sostenibile, i trasporti integrati,
l’ambiente e i cambiamenti climatici,
l’uso efficiente delle risorse, nonché
l’inclusione sociale e la sicurezza.
Noi della Confsal abbiamo denunciato la grave mancanza dei progetti
sulla tutela e sulla conservazione dei
Beni culturali. Il Governo farebbe
bene ad adoperarsi affinché sia incluso il settore dei Beni culturali per
questa tipologia di finanziamento.
Per quanto riguarda sempre l’occupazione giovanile, è necessario guardare con molto interesse al Progetto
“Garanzia-giovani”. È il programma
europeo per aiutare i giovani in difficoltà offrendo loro entro quattro
mesi un’opportunità di lavoro e di
formazione. Il Ministro del Lavoro
ha annunciato recentemente che si
stanno definendo gli accordi con le
Regioni e preferibilmente si partirà il
1° maggio con la possibilità per i
giovani di registrarsi al programma.
Si punta a coinvolgere i giovani fino
a 29 anni e il Governo stima di intercettare così oltre 900mila soggetti.
L’offerta per loro potrà essere un
contratto di apprendistato, un tirocinio o stage, un’opportunità di svolgere un servizio civile. Sarà avviato
anche un portale che collegherà i
Centri per l’impiego pubblici e le
Agenzie per l’impiego privato.
Recentemente, nell’ambito dell’azione per la competitività del sistema
produttivo italiano, si è registrato il
provvedimento “Destinazione Italia”, condiviso dalla Confsal. Il de-
N. 98 — APRILE — 2014
creto, seppure nato nel contesto politico dei “piccoli passi” del Governo
Letta, incide su quattro importanti
fattori di competitività che sono:
il credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo;
la riduzione del costo dell’energia;
il voucher a favore delle piccole e
medie imprese per la digitalizzazione e l’ammodernamento tecnologico;
alcune azioni di supporto alla internazionalizzazione delle imprese e
all’attrazione in Italia di start-up
innovative.
C’è anche da tener presente che sulla
disoccupazione giovanile è in programma, nel prossimo luglio, un
Vertice tra i leader europei, i cui esiti
potrebbero costituire un atto politico
di vitale importanza per l’Unione
Europea.
Una grave e annosa questione al momento accantonata dal Governo
Renzi è costituita dal mancato rinnovo dei contratti. Nel primo trimestre
2014 due dipendenti su tre hanno
già da molto tempo il contratto di
lavoro scaduto ovvero da rinnovare
(dati Istat). Sono oltre 8milioni i lavoratori dipendenti senza contratto
rinnovato, il 60% circa della totalità.
I contratti collettivi da rinnovare
sono circa 50 nel settore privato per
più di 5milioni di lavoratori e 15 nei
comparti pubblici per 3milioni di
dipendenti. L’attesa del rinnovo per
i lavoratori con il contratto scaduto è
in media di due anni per l’insieme
dei dipendenti (media ponderata) e
di un anno per quelli del settore privato. Per il settore pubblico i contratti sono bloccati al 31 dicembre
2009 e pertanto sono scaduti da
quattro anni e tre mesi. Come è noto,
La Confsal, con le sue Federazioni
aderenti, ha sempre esercitato una
grande pressione politica sui Governi di turno e sul Parlamento, anche
con il ricorso alla mobilitazione dei
lavoratori e a manifestazioni rivendicative di protesta con esiti alterni
nel settore privato e purtroppo negativi nel settore pubblico.
Infatti nel settore privato si sono
sottoscritti importanti contratti e al
momento sono aperte numerose
trattative, seppure impegnative e
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N. 98 — APRILE — 2014
complesse. Per i pubblici dipendenti
i Governi che si sono succeduti dal
2010 al 2014 non hanno colpevolmente previsto in bilancio alcuna
copertura finanziaria per il rinnovo
dei contratti. Le Federazioni del
pubblico impiego aderenti alla
Confsal hanno seguito tutte le strade
percorribili per rivendicare il rinnovo dei contratti scaduti e in subordine il rispetto dei termini giuridici ed
economici previsti dai contratti vigenti per effetto di proroga automatica. Tra le tante azioni rivendicative
qualcuna ha avuto effetti soddisfacenti, come quella “politica” dello
Snals-Confsal per il recupero degli
scatti stipendiali per il personale
della scuola e quella della ConfsalUnsa dinanzi all’Autorità giudiziaria
per “l’incostituzionali-tà della normativa”, che blocca le retribuzioni e
la contrattazione collettiva. Ora, il
Governo Renzi deve prendere atto
della grave discriminazione subita
dai pubblici dipendenti che in questi
ultimi anni, hanno dovuto cedere,
tra l’altro, molti punti, in termini
assoluti e relativi, di potere d’acquisto. A parte la grave iniquità del sensibile arretramento delle retribuzioni
pubbliche, c’è da chiedersi: ma il
potere di acquisto di un pubblico
dipendente, sostiene la domanda
interna come quello di tutti gli altri
cittadini? Al Governo Renzi compete
una risposta precisa se vuole evitare
di continuare a rappresentare il peggiore datore di lavoro in Italia e in
Unione Europea. La Confsal ha chiesto l’apertura di un tavolo a Palazzo
Chigi per un franco confronto con il
“Governo collegiale”, affinché si
programmi e si “metta in conto”
un’adeguata copertura finanziaria
per il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti, sia per la parte normativa che per quella economica.
Per la Confsal, per passare da una
legittima e motivata rivendicazione
a forti e diffuse azioni di lotta, il
tempo è ormai breve. Anche questo
dovrà tener presente il Governo per
portare immediatamente a soluzione
la questione del rinnovo dei contratti
del settore pubblico.
Sulle pensioni il Governo Renzi è
chiamato a valutare con molta serietà e senso di equità quanto è stato
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
fatto dai precedenti Governi in termini di penalizzazioni e discriminazioni dei pensionati, dei pensionandi, degli esodati e dei dipendenti a
“quota 96”. Il potere di acquisito dei
pensionati italiani ha subito in 15
anni una forte e progressiva perdita,
stimata al 30% della retribuzione
reale. Il 50% dei pensionati italiani è
da tempo sotto la soglia di povertà,
il 44% si colloca nella fascia marginale dei consumatori di beni di prima necessità e di servizi essenziali.
Solo il 6% può permettersi un livello
di benessere dignitoso o buono, ma
in questa fascia certamente non sono
tutte pensioni d’oro. Pertanto, non è
proponibile, neanche sul Tavolo tecnico di Cottarelli, l’imposizione di
un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti pensionistici di
basso e medio livello. Al contrario
sul Tavolo politico di Palazzo Chigi
va posta con urgenza una seria questione, che è quella degli sgravi fiscali delle pensioni, almeno quelle
basse e medio-basse e di una modulazione più flessibile e intelligente
delle uscite dal lavoro, affinché si
cancellino le gravi illogicità e le numerose criticità della riforma Fornero che penalizzano i pensionandi e,
per l’effetto indotto del blocco del
turn-over, i giovani in cerca di occupazione.
Sulle riforme costituzionali, la
Confsal ritiene che oltre al necessario taglio del costo della politica, si
debba puntare a rendere più funzionali le Istituzioni del nuovo sistema
all’esercizio dei diritti costituzionali
e ad un’amministrazione pubblica
corretta, trasparente ed efficace. In
particolare, sulla riforma del Titolo
V della seconda parte della Costituzione, la Confsal auspica un nuovo
riequilibrio fra centro e periferia,
eliminando le costose sovrapposizioni di poteri e di funzioni.
In merito all’attacco politico e mediatico al ruolo del sindacato italiano quale corpo intermedio rappresentativo, la Confsal risponde con la
sua storia di sindacato libero e autonomo al servizio dei lavoratori e dei
pensionati italiani, ai quali spetta il
giudizio democratico e inappellabile
sul valore del nostro ruolo e della
nostra funzione presente e futura.
PAGINA 15
Riguardo,
poi,
alle
recenti
“cattiverie” mediatiche su Caf e Patronati, a noi della Confsal è chiaro
che vengono da quelle lobby che
considerano il servizio alla persona
come strumento di potere economico. I Caf organizzati dai sindacati, i
patronati e altri servizi assicurati ai
lavoratori e ai pensionati garantiscono la possibilità di accesso gratuito o
a basso costo all’assistenza. Tutto
questo confligge con gli interessi di
ben individuate lobby. Il Governo
Renzi, pertanto, non riduca le potenzialità organizzative e finanziarie dei
servizi sindacali alla persona al fine
di evitare che in un prossimo futuro
alcune lobby si assicurino un’area di
importanti servizi a danno dei lavoratori, dei pensionati e dei cittadini
utenti. Il Premier Renzi in un recente
passato e in più occasioni aveva
espresso l’intenzione di promuovere
un provvedimento di legge sulla
rappresentatività e sulla rappresentanza sindacale, trovando puntualmente la piena condivisione dell’iniziativa da parte della Confsal. Al
momento, esiste una ragione fondamentale in più per procedere rapidamente all’approvazione in Parlamento di una legge-quadro, potendo
recepire i contenuti degli accordi
sottoscritti tra la Confidustria e le
maggiori Confederazioni italiane,
inclusa la Confsal. In conclusione, la
Confsal ha fondate motivazioni e
forti ragioni per chiedere al Governo
Renzi la “svolta buona dei fatti” in
Italia e, per quello che può essere un
incisivo ruolo italiano, in Europa e
soprattutto di unire al coraggio del
cambio di passo la reale affermazione dell’equità sociale, non tenuta
sufficientemente presente dai Governi precedenti.
La Confsal non si è affrettata, come
altre confederazioni sindacali, ad
esprimere valutazioni più o meno
positive sui primi due decreti governativi, perché era allora ed è ancora
in fiduciosa attesa della preannunciata organica azione di Governo in
Italia e in Eurozona, da esplicarsi nei
primi cento giorni di Governo, prima dell’1 luglio, data di inizio del
semestre di Presidenza italiana
nell’Unione Europea.
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
È bene, però, affermare che la
Confsal non potrà mai condividere con il Governo Renzi la politica del “travaso” di risorse, finanziariamente “compensativa”
fra lavoratori e pensionati, in
special modo tra quelli che si collocano nelle vecchie e nelle nuove fasce di povertà.
La Confsal potrà condividere,
invece, un’azione governativa
organica e complessiva orientata
all’equità sociale e alla crescita
economica e occupazionale, ponendo sempre al centro dell’economia reale e della finanza pubblica il lavoro e della società civile la persona. Infine, intendo soffermarmi brevemente sullo stato
e sulla prospettiva di un grande
Progetto, il progetto europeo dei
padri costituenti, con l’obiettivo
dichiarato di “un’unica cittadinanza e di un’unica entità politica: l’Unione Europea dei Popoli”.
Quel grande progetto oggi è ridotto ad una unione di libero
scambio e, per alcuni Paesi, ad
una unione monetaria e ad un
unico sistema bancario, peraltro
ancora incompiuto e alquanto
precario.
Per molti giovani cittadini italiani e europei l’Unione Europea è
avvertita soltanto per le grandi
criticità del presente e non è assolutamente considerata una reale opportunità di lavoro e di be-
nessere.
Le scelte politiche di corto respiro da parte delle Governance europee che si sono succedute, soprattutto negli ultimi anni, hanno
diviso gli Stati membri fra virtuosi e non virtuosi, mortificando
la natura solidale e inclusiva del
progetto europeo.
La storia vissuta ha affermato
che “il rigore per il rigore” non è
funzionale
alla
costruzione
dell’Europa dei Popoli.
Siamo arrivati al punto che non
basta più affidarsi alla memoria
delle tragedie e delle miserie belliche per salvare il grande Progetto Europeo dalle spinte nazionalistiche e dal populismo dilagante. Per salvare il grande progetto si rende necessaria e urgente una decisa e radicale svolta
politica per costruire l’Europa
del lavoro e del benessere,
dell’integrazione e della coesione
sociale, della legalità diffusa e
della convivenza civile e solidale.
È indispensabile che la “nuova”
Governance Europea, che si insedierà nei prossimi mesi durante
il semestre a guida italiana, cambi la strategia dello sviluppo,
dell’occupazione e della sana finanza pubblica, che vuol dire
anche uscire dall’eccessiva austerità. Tutto questo deve avvenire
puntualmente nei prossimi mesi
se si vuole ancora realizzare il
N. 98 — APRILE — 2014
grande progetto dei padri fondatori di una vera e autentica Unione Politica Europea. A nostro avviso, non si può pensare ad una
prossima campagna elettorale,
per l’elezione delle Istituzioni
Europee, incentrata soltanto
sull’euro, che rimane uno strumento funzionale alla realizzazione del Progetto Europeo se
impiegato bene, ma che può anche costituire una “camicia di
forza” per una Unione destinata
a rimanere incompiuta e per certi
versi senza concrete prospettive.
La Confsal, nel confronto elettorale, non cadrà in un dibattito
angusto fra “euro-SI” ed “euroNO”: non è questo il dibattito
che merita il grande progetto dei
padri costituenti.
La Confsal, al contrario, è impegnata a presentare un organico
Manifesto per “l’altra Europa”,
quell’altra Unione Europea, la
sola che potrà essere condivisa,
partecipata e sostenuta dalle giovani generazioni. Sugli sviluppi
della nostra azione politicosindacale, la valutazione è affidata al Consiglio, che si esprimerà,
come di consueto, con un ampio
e proficuo dibattito e si concluderà con una articolata mozione
finale, che sarà inviata, quale nostro contributo, al Governo e al
Parlamento. W la Confsal!
Marco Paolo Nigi
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
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NOTIZIE DALLA FEDERAZIONE CONFSAL-UNSA
BLOCCO DEI CONTRATTI! ANZI, NO.
Quando nel 2008 scoppiò la terribile crisi economico-finanziaria, partita dagli Stati Uniti per poi espandersi a livello mondiale, qui in Italia si cominciò a cercarne i rimedi
con un certo ritardo.
Infatti a volte la nostra classe politica, pur di non ammettere “il disastro” che si stava per abbattere sui
cittadini, tendeva a minimizzare la
portata di quei tremendi “segnali”
e delle inevitabili conseguenze che
avrebbero avuto anche su di noi.
E fu così, quindi, che a crisi conclamata a livello globale, per tutti gli
italiani “normali”, ma non per quel
10% delle famiglie che detiene circa
il 50% della ricchezza del Paese (!),
cominciò un lunghissimo periodo
di “vacche magre” che ancora non
ha termine.
Fra le misure adottate dai nostri
governanti, quella che, a nostro
parere, risultò essere la più odiosa
fu il blocco del rinnovo dei contratti
di tutta la vasta area dell’impiego
pubblico, come se la causa di tutti i
mali fossero i circa tre milioni e
mezzo di pubblici dipendenti, che
ora dovevano fare da bancomat per
le casse dello Stato!
Per noi “ministeriali” significò, e
significa ancora, il blocco dei contratti al 31.12.2009 (data di scadenza dell’ultimo contratto sottoscritto) e che da quella data stiamo andando avanti con la “favolosa” indennità di vacanza contrattuale,
che sfiora addirittura la bellezza
di…13 Euro mensili, circa!
Ma siccome i guai non vengono
mai da soli, la data in cui avremmo
dovuto dotarci di un nuovo contratto è stata di volta in volta procrastinata con interventi legislativi
di dubbia lungimiranza. Eh si, perché se al mancato rinnovo dei contratti (e conseguente aggiornamento degli stipendi), si vanno ad aggiungere tasse e tributi, aumento
dell’inflazione, taglio di molti servizi di primaria importanza, rincaro
dei servizi “superstiti” e spaventosa perdita del potere d’acquisto
degli stipendi stessi (che ha raggiunto percentuali a due cifre!) si
capisce benissimo che il legislatore
non ha minimamente tenuto conto
che i suindicati provvedimenti, più
che produrre una significativa diminuzione della spesa pubblica,
hanno prodotto soprattutto un effetto recessivo che ha avuto riflessi
ancora peggiori sull’intera economia nazionale.
Basti considerare, a tal riguardo,
che svariati milioni di famiglie italiane sono entrate a pieno titolo (si
fa per dire…) nella terrorizzante
“soglia di povertà”, in cui si sono
ritrovati anche moltissimi dipendenti pubblici appartenenti alle
fasce retributive medio-basse.
E ancora non sappiamo se il precipitare a picco della situazione economica del Paese abbia finito di
produrre i suoi devastanti effetti,
oppure se dobbiamo addirittura
aspettarci di peggio.
Tuttavia, sembrerebbe (ma il condizionale è più che mai doveroso…)
che l’attuale governo intenda intraprendere una seppur timida inversione di marcia sia in ordine ad una
seria riforma della PA sia in ordine
ad una soluzione che consenta di
sbloccare l’odioso congelamento
del nostro contratto.
Ci riuscirà?
Presto per dirlo, perché al momento l’unico membro del governo che
si è espresso in tal senso è Marianna MADIA, ministra della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione, ed è notorio che la volontà di un solo ministro mal si concilia con decisioni che necessariamente devono essere collegiali e
quindi coinvolgere anche altri
membri del governo stesso ( ad
esempio il Ministro dell’Economia…) ed organismi di controllo
dello Stato. Comunque, ad esacerbare gli animi dei pubblici dipendenti, nei giorni scorsi, ci si è messa
anche una notizia, diffusa da tutti
gli organi di informazione, che
l’hanno desunta dalla lettura del
Documento di Economia e Finanza
(DEF) presentato nei giorni scorsi e
che riferiva di una proroga del
blocco dei nostri contratti fino a
tutto il 2020! Confsal-Unsa, in risposta a questo genere di ipotesi,
ha ritenuto di dover tempestivamente rendere noto al ministro Madia di essere pronta all’immediata
mobilitazione del personale, a ferma tutela del diritto al rinnovo del
contratto, scaduto dal 31 dicembre
2009.
Ma, con il comunicato stampa n. 95
dell’11 aprile 2014, il Ministero
dell’Economia ha categoricamente
smentito tale sciagurata ipotesi,
chiarendo che le previsioni contenute nel DEF 2014 sono elaborate
sulla base della legislazione vigente, che determina la spesa per redditi da lavoro delle amministrazioni pubbliche, e quindi costruite tenendo conto solo degli effetti economici conseguenti da leggi e norme già in vigore. Al di fuori del
linguaggio un po’ “politichese”, il
Ministero dell’Economia ha voluto
solo sottolineare che: Non esiste
ancora la norma che provvede allo
stanziamento delle risorse per il
rinnovo dei trienni contrattuali
2015-2017 e 2018-2020; Pertanto non
è tecnicamente possibile considerare i corrispondenti importi nello
scenario di previsione a legislazione vigente. In tale scenario si considera, perciò, solo l'indennità di vacanza contrattuale, in quanto erogata automaticamente per effetto di
norme già vigenti. Accogliamo
dunque la smentita “istituzionale”
circa le ipotesi di proroga del blocco contrattuale, smentita che avevamo formalmente sollecitato. Ma
rinnoviamo la richiesta di una soluzione prima di tutto politica e sociale della questione stipendiale del
pubblico impiego, che travalica dopo tutti questi anni di sacrifici le mere questioni economicocontabili.
Massimo Battaglia
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SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
RACCOLTA INFORMATIVA GIURIDICA—LEGALE
In questa rubrica pubblichiamo gli articoli che rivestono particolare importanza, per il loro
contenuto giuridico-legale a cura di M. Antonietta Petrocelli
Cassazione. Sentenza n. 7107 del 26 Marzo 2014.
Giurisdizione del giudice ordinario e principi
generali applicabili al pubblico impiego.
Nell'ambito del lavoro
pubblico contrattualizzato la pubblica amministrazione, in determinate circostanze, gode di
un certo margine di discrezionalità.
Salvo casi eccezionali (si
pensi a determinate categorie di lavoratori impiegati in ambiti particolari, come i magistrati)
in quanto a giurisdizione, pubblico impiego e
lavoro privato sono equiparati: competente a conoscere della causa tra
il dipendente e la pubblica amministrazione datore di lavoro è il giudice ordinario. Ciò è
espresso
chiaramente
all'art. 63 del d. lgs.
165/2001
(rubricato
"norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni
pubbliche";
nella specie, l'art. 63 riguarda la giurisdizione
nei rapporti di lavoro).
Il giudice ordinario ha
infatti il potere di emettere "sentenze di accertamento, di condanna e
costitutive nei confronti
della pubblica amministrazione", nei limiti tuttavia della "scelta fiduciaria", ambito riservato
alle scelte discrezionali
della pubblica amministrazione. Infatti "il giudice ordinario può emet-
tere una pronuncia costitutiva del rapporto di
pubblico impiego contrattualizzato soltanto si
tratti di attività vincolata
e non discrezionale e
non quando si tratti di
scelta fiduciaria".
Nel caso di specie è tuttavia legittimo che il dirigente, al quale sia stato preferito altro candidato, possa dolersi innanzi al giudice ordinario dell'adozione, da parte dei pubblici uffici, di
politiche discriminatorie.
Pur avendo discrezionalità la pubblica amministrazione deve infatti
pur sempre rispettare i
canoni generali vigenti
nel nostro ordinamento
e applicabili a qualsiasi
tipo di rapporto di lavoro; si tratta in particolare della buona fede e
della correttezza contrattuale, enunciati agli
articoli 1175 e 1375
cod. civ. e sicuramente
applicabili anche nel caso in oggetto.
N. 98 — APRILE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
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Cassazione, con sentenza n. 15490 del 7 aprile 2014.
Non è penalmente responsabile il datore di lavoro
per omessa vigilanza sul lavoratore negligente.
La Corte di Cassazione, con
sentenza n. 15490 del 7
aprile 2014, decidendo in
merito alla correttezza della
sentenza con cui la Corte
d'appello confermava la sentenza del GIP che dichiarava
il legale rappresentante di
una società colpevole del
reato di cui all'art. 589,
commi 1 e 2, cod. pen.,
avendo, per colpa generica e
specifica, causato la morte
del lavoratore dipendente
(deceduto a seguito delle
gravi ustioni riportate dopo
essere stato investito dalle
fiamme
improvvisamente
sviluppatesi dai vapori di
carburante, ancora presenti
all'interno di autoveicolo,
non bonificato, che il predetto era intento a demolire,
mediante l'uso di cannello
ossipropanico, senza che il
medesimo indossasse gli indumenti ignifughi di protezione e seguisse le procedure
di cautela del caso), ha affermato che "non è dubbia la
correttezza dell'incipit della
sentenza gravata: il datore di
lavoro è garante, fra l'altro,
del puntuale rispetto delle
misure prevenzionali, se del
caso, quando le dimensioni
aziendali ciò rendano inevitabile, delegando soggetto
all'uopo incaricato, dotato
dei necessari poteri e delle
specifiche competenze.".
Tuttavia la Suprema Corte
ha precisato che la Corte
territoriale, ignorando la rilevante circostanza che il legale rappresentante assumeva
risultare dall'organigramma
in atti, la presenza di un dipendente preposto al taglio
delle carcasse dei mezzi da
demolire, con ragionamento,
pertanto, gravemente illogico, in quanto ingiustificatamente apodittico, ha concluso semplicisticamente, per la
penale responsabilità del legale rappresentante che non
poteva discolparsi in quanto
"avere (...) adempiuto a tutti
gli obblighi di prevenzione
degli infortuni previsti dalla
legge (...) non lo esonerava
dall'obbligo di controllare e
garantire l'effettiva osservanza delle misure di prevenzione da parte dei lavoratori".
Accolto il motivo di ricorso
dell'imputato secondo il quale la Corte aveva offerto giustificazione illogica ed apparente in ordine alla penale
responsabilità per omessa
vigilanza finendo per condannare il ricorrente su basi
oggettive, a cagione della
mera posizione ricoperta.
"Ciò era irragionevole ed ingiusto, non potendosi pretendere dal datore di lavoro
la diuturna e assillante vigilanza sul rispetto da parte
dei dipendenti delle procedure di sicurezza previste.
Né, a tal fine, poteva pretendersi, quali che fossero le
dimensioni della struttura
aziendale, la nomina di un
controllore."
Evidente la severa inadeguatezza del costrutto motivazionale - affermano i giudici
di legittimità - non essendo
da esso consentito trarre i
necessari elementi valutativi
per misurare la dimensione
aziendale e, di converso, l'esigibilità del compito di sorveglianza personale posto
personalmente a carico del
datore di lavoro. La motivazione si mostra inoltre gravemente orfana dei dati di conoscenza
concernenti
le
competenze ed abilità del lavoratore
rimasto
vittima
dell'incidente.
Non è superfluo - si legge
nella sentenza - ricordare
che ove la dimensione e
complessità aziendale avessero reso necessario l'esercizio del dovere di vigilanza
mediante soggetto all'uopo
delegato, di quest'ultimo si
sarebbe reso necessario conoscere dei relativi poteri e
delle pertinenti competenze
e qualifiche, in definitiva,
delle concrete attitudini ad
impedire pericolosi scostamenti dalle procedure di sicurezza. In ogni caso, infine,
non poteva passare in silenzio l'attento scrutinio del sinistro, al fine di accertare se
esso sia dipeso da manovra
e/o procedura, oltre ad
eventuale mancata adozione
dei presidi individuali di sicurezza, non prontamente
ed efficacemente emendabile; o, seppure, esso ha finito
per incarnare e rendere tragicamente palpabile approssimativi e inadeguati procedimenti aziendali, affidamento di attività rischiose a
soggetti non adeguatamente
qualificati,
predisposizione
di sistemi di vigilanza non
perfettamente efficienti.
Dunque la Corte di Cassazione annulla la sentenza
impugnata rinviando per
nuovo esame, alla luce delle
osservazioni svolte, alla Corte d'Appello.
PAGINA 20
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
Cassazione. Sentenza n. 1777 del 28 gennaio 2014.
Assenze per lunghi periodi di malattia e
applicabilità del licenziamento.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1777 del 28 gennaio
2014, ha affermato che "l'art.
2110, c. 2, c.c. prevede che nel
caso di malattia del lavoratore il
datore possa recedere dal rapporto di lavoro solo dopo il decorso del periodo di conservazione
del posto di lavoro fissato dalla
legge e dai contratti collettivi. Le
disposizioni dell'art. 2110 c.c.,
infatti, impediscono al datore di
lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità
dell'assenza (cosiddetto comporto), nell'ambito di un contemperamento degli interessi confliggenti del datore stesso (a mantenere alle proprie dipendenze solo
chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo
periodo di tempo per curarsi senza perdere i mezzi di sostentamento e l'occupazione), così riversando sull'imprenditore il rischio della malattia del dipendente.".
La giurisprudenza di legittimità si legge nella sentenza - ha coordinato tale principio in relazione
alle varie fattispecie legali di recesso prevedendo che lo stato di
malattia: a) non preclude l'irrogazione del licenziamento per
giusta causa, non avendo ragion
d'essere la conservazione del posto durante la malattia in presenza di un comportamento che
non consente la prosecuzione
neppure temporanea del rapporto; b) parallelamente sospende
l'efficacia del licenziamento per
giustificato motivo o il decorso
del periodo di preavviso (se la
malattia sia intervenuta durante
tale periodo). Ne consegue che il
licenziamento, che non sia irrogato per giusta causa, durante lo
stato di malattia è sospeso fino
alla guarigione e da quel momento riprende la sua efficacia. Il
caso preso in esame dalla Suprema Corte ha come protagonista
un dipendente comunale, addetto all'ufficio legale, licenziato per
il suo atteggiamento assenteista
che aveva dato luogo ad un comportamento di gravità tale da
giustificare la sanzione espulsiva.
Il lavoratore, ricorrendo in Cassazione, contesta la sentenza
non definitiva della Corte d'Appello nella parte in cui ritiene
che, avendo ricevuto la contestazione in periodo di congedo per
malattia, il procedimento disciplinare doveva ritenersi sospeso
fino alla cessazione del congedo,
di modo che il termine per l'irrogazione della sanzione previsto
dalla norma collettiva (gg. 120
dalla contestazione) doveva ritenersi rispettato. Sostiene, invece,
parte ricorrente che non esiste
alcun automatismo tra la malattia e la sospensione del procedimento disciplinare e che tale sospensione avrebbe dovuto essere
frutto di un provvedimento esplicito dell'Amministrazione, da
emanare solo ove ne fosse stata
effettuata richiesta dal lavoratore
allo scopo di spiegare la sua difesa.
Nel caso di specie, precisano i
giudici di legittimità, il momento
di sofferenza del procedimento di
licenziamento irrogato al lavoratore va individuato non nella circostanza che l'addebito sia stato
contestato durante lo stato di
malattia, atteso che l'efficacia
della contestazione rimarrebbe a
sua volta sospesa fino al momento della guarigione, ma nella verifica dell'effettivo godimento delle garanzie apprestate dalla legge
e dalla norma contrattuale per
l'esercizio di difesa del lavoratore. "Al riguardo, infatti, la giurisprudenza di legittimità, proprio
con riferimento alla disposizione
contrattuale ora in esame, ha
enunziato il principio che qualora il contratto collettivo preveda
termini volti a scandire le fasi del
procedimento disciplinare e un
termine per la conclusione di tale
procedimento, solo quest'ultimo
é perentorio, con conseguente
nullità della sanzione in caso di
inosservanza, mentre Ì termini
interni sono ordinatori e la violazione di essi comporta la nullità
della sanzione solo nel caso in
cui l'incolpato denunci, con concreto fondamento, l'impossibilità
o l'eccessiva difficoltà della sua
difesa."
Secondo quanto accertato dal
giudice di merito e ribadito dal
ricorrente stesso con il ricorso, il
dipendente aveva fruito di un
periodo di malattia dal giorno 12
aprile 2000 al 20 agosto 2000, di
modo che la contestazione scritta
dell'addebito (inviata dal datore il
13 aprile e realizzatasi il 19 aprile con il ricevimento dell'atto
scritto) intervenne durante il periodo in cui il diritto di recesso
del datore è sospeso, ai sensi
dell'art. 2110, c. 2, c.c. Sempre
nel giudizio di merito è emerso
che dopo il 20 agosto il Comune
in data 23 agosto reiterò la
"convocazione scritta per la difesa" prevista dall'art. 24 del ccnl
(c. 3) già inviata il 26 aprile in
costanza del periodo di malattia.
"La contestazione fu, dunque,
validamente effettuata nel corso
del periodo di malattia, anche se
- a seguito della sospensione di
efficacia ex art. 2110 c.c. - divenne operante solo dal momento
della guarigione. Tale considerazione comporta che il lasso di
tempo intercorso tra la contestazione (rectius il momento di efficacia della contestazione) e la
irrogazione del licenziamento,
corrispondente alla durata massima del procedimento disciplinare scansita dall'art. 24 del
CCNL, deve essere fissato in misura pari al periodo 20 agosto
2000 - 22 settembre 2000, ovvero in termini largamente rientranti in quelli massimi indicati
dal sesto comma della disposizione collettiva".
N. 98 — APRILE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 21
Cassazione: no al risarcimento dei danni
per sovraccarico di lavoro
La Corte di Cassazione, con
sentenza n. 8804 del 15 aprile
2014, ha ricordato che "Al fine
dell'accertamento della responsabilità, di natura contrattuale, del datore di lavoro di cui
all'art. 2087 cod. civ., incombe
sul lavoratore che lamenti di
aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno
alla salute, l'onere di provare
l'esistenza di tale danno, come
pure la nocività dell'ambiente
di lavoro, nonché il nesso tra
l'uno e l'altro elemento, mentre
grava sul datore di lavoro - una
volta che il lavoratore abbia
provato le predette circostanze
- l'onere di provare di aver fatto
tutto il possibile per evitare il
danno, ovvero di aver adottato
tutte le cautele necessarie per
impedire il verificarsi del danno medesimo". Nel caso preso
in esame dalla Suprema Corte,
un dipendente della Regione
esponeva di aver subito un infarto al miocardio imputabile
ex art. 2087 c.c. al datore di
lavoro per il sovraccarico di
lavoro, le vessazioni di un superiore gerarchico configuranti
"mobbing" e la sottoposizione a
procedimenti penali - successivamente archiviati - collegati
all'attività lavorativa. Rientrato
al lavoro dopo l'assenza per
malattia - affermava il dipen-
dente - non era stato sottoposto a visite di controllo da parte della Regione e, accertata
un'invalidità del 50% all'esito
di due visite mediche presso la
USL da lui richieste, gli veniva
proposto il collocamento in
mansioni inferiori che non aveva accettato, sino a quando
veniva dispensato dal servizio e
illegittimamente collocato a
riposo anzitempo per inabilità
fisica. Chiedeva su tali basi la
condanna della Regione al risarcimento dei danni sotto il
profilo del danno biologico, da
lucro cessante, "da mobbing",
morale e alla vita di relazione.
La domanda, all'esito di prova
testimoniale e c.t.u. medicolegale, veniva respinta dal Tribunale, la cui pronuncia veniva confermata dalla Corte
d'Appello.mLa Corte di merito affermano i giudici di Piazza
Cavour - ha correttamente argomentato che "quello che rileva ai fini della valutazione di
responsabilità datoriale nella
determinazione dei danni di
cui si chiede il ristoro in causa
non attiene all'assolvimento
degli adempimenti imposti dal
D.Lgs 626 a titolo generale e
preventivo, ma al concreto rispetto degli obblighi di tutela e
prevenzione posti a suo carico
nei confronti del singolo lavo-
ratore. Ciò vale tanto più
quando, come nel caso in esame, non erano state realizzate
modificazioni del processo produttivo che imponessero una
revisione del documento di valutazione dei rischi e la patologia che ha determinato l'assenza del dipendente è di natura
multifattoriale e quindi non
automaticamente ricollegabile
a specifiche caratteristiche intrinseche di pericolosità dell'attività svolta. A fronte poi
dell'assenza nel D.lgs. 626 del
1994 all'epoca vigente di una
definizione del concetto di
"salute", non risulta possibile
imporre al datore di lavoro, in
assenza di evidenze epidemiologiche, di segnalazioni o indicazioni da parte dei lavoratori
interessati, la specifica analisi
nel documento di valutazione
dei rischi delle possibili cause
dello stress lavoro-correlato."
Inoltre la Corte d'Appello - si
legge nella sentenza - al fine di
concludere che l'amministrazione aveva tenuto una condotta conforme al dovere di protezione del dipendente ha valorizzato la circostanza che i
nuovi compiti furono ancora
rimodulati dopo la visita della
Commissione medica ed in
considerazione di quanto da
essa accertato, con la revoca
degli incarichi di responsabilità. Richiamando quanto già
affermato in precedenti pronunce, la Suprema Corte ha
poi ribadito che "la responsabilità del datore di lavoro per la
violazione dell'obbligo posto
dall'art. 2087 cod. civ. non ricorre per la sola insorgenza
della malattia del lavoratore
durante il rapporto di lavoro,
richiedendosi che l'evento sia
ricollegabile a un comportamento colposo dell'imprenditore che, per negligenza, abbia
determinato uno stato di cose
produttivo dell'infermità".
PAGINA 22
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
COVER ART: ABDUL MATI KLARWEIN
In quiescenza bisogna pure occuparsi di qualcosa! Personalmente, oltre al sociale e ad una
presenza ministeriale non trascurabile come Ispettore onorario di tre Regioni, trascurando
del tutto il fare architettura che
mi ha coinvolto per tanti anni,
ho privilegiato i miei hobby di
gioventù, la creatività artistica,
la musica e la storia dell’arte,
anche perché non pochi dipendenti del Mibact sono ugualmente portati per queste cose.
Riguardo quest’ultime dato che
da tanti anni scrivo recensioni,
faccio interviste e curo rubriche
su siti, giornali e riviste varie
riguardanti la musica (L’isola
che non c’era-Raro-Raropiù
etc.), anche qui, se gradito, vorrei parlare della Storia dell’arte
che spesso vediamo sulle copertine dei dischi, e di musica.
Una rubrica così la fece anche,
sulla rivista Rumore, il noto critico Luca Beatrice, anche se
per poco e comunque successi-
vamente al sottoscritto.
Iniziamo con un artista poco
conosciuto ma efficace nei suoi
lavori, Mati Klarwein e di due
dei suoi musicisti preferiti, Miles & Carlos. Abdul Mati è dunque L’artista che ha accompagnato sia Miles Davis che Carlos Santana nei loro più grandi
successi, per non parlare degli
Osibisa, degli Earth Wind &
Fire, e di un’altra cinquantina
di album e storici.
Parliamo solo di due fra i più
noti iniziando, marginalmente,
dal disco di Miles Davis, Bitches Brew perchè non credo
che oggi come oggi abbia ancora senso scriverne, è stato talmente importante e fondamentale per l’evoluzione della musica e con una copertina talmente nota (ci fecero ai tempi anche delle etichette per bottiglie
di vino) e che viene periodicamente celebrato, almeno ogni
dieci anni, con riedizioni allargate (foto 1) che ormai tutti lo
conoscono! Preferisco parlare
quindi di quello successivo,
quel Live Evil (foto 2) quasi tutto dal vivo, pure questo doppio
e riassemblato, ricomposto da
quel mostro di produttore che
fu Teo Macero. Un disco che
all’epoca forse vendette anche
di più del rivoluzionario, ipercelebrato e apripista Bitches, naturalmente era sulla sua scia, e
che accolse anch’esso nella
doppia copertina, un disegno,
anzi un quadro, di Mati Klarwein che all’epoca si faceva
chiamare Abdul, un artista tedesco di origine polacca e di
estrazione ebraica ma che si
sentiva profondamente arabo e
africano, almeno con il cuore.
Dicevamo del disco, anche qui
brani leggendari, anche se inferiori come qualità sia alla perfezione di In a silent way, il vero
inizio della fusion davisiana,
che all’orgiastica svolta di Bitches, più vicini a quell’inizio di
funk che troviamo in un disco
del ’68 Miles in the Sky (cover
di Victor Atkins), chiaramente
riferito alla Lucy in the Sky dei
Beatles del Sgt. Pepper’s. L’ensemble anche qui è da capogiro
anche se suddiviso in vari sestetti o ottetti: Corea, Zawinul,
Airto,
McLaghlin,
Hanckock,Cobham, Jarrett, Holland,
De Jonette, Carter, Grossman,
Shorter, Pascoal, Bartz, Hendersen, tutta gente che è salita
nell’Olimpo della musica e che
ha fatto la storia del jazz, della
fusion e del rock, nei decenni
successivi. E visto che li abbiamo citati tutti, citiamo anche il
sitarista che ebbe effettivamente più spazio solo nelle edizioni
complete, in quel The Cellar
Door Sessions pubblicato nel
2005, Khalil Balakrishna che
diede un tocco rileyano ad alcuni brani. I pezzi, un paio cortissimi e che ispirarono molto i
Weather Report degli esordi il
resto chilometrico, con uno in
particolare
Continua →→
N. 98 — APRILE — 2014
I pezzi, un paio cortissimi e che
ispirarono molto i Weather Report degli esordi il resto chilometrico, con uno in particolare
il cui titolo dice tutto Funky
Tonk in cui Davis usò per la
prima volta la tromba elettrica,
distorta al wah wah, avvicinando il suono della sua tromba in
modo impressionante ai gemiti
della chitarra di Hendrix. L’avvicinamento non fu casuale,
Davis avrebbe davvero voluto
collaborare con Jimi dopo il
concertone del ’70, a cui entrambi parteciparono, dell’isola
di Wight e forse prima o poi
qualcuno caccerà fuori le sessions private se furono registrate. Ed allora vai con un ritmo esasperato, con gli assoli e
le divagazioni che più funky
non si può. In pratica il brano
continua nella quarta facciata
tutta occupata da Inamorata in
cui gli assoli di tromba, elettrici
come non mai, arrivano allo
stremo e il ritmo si fa ancora
più incredibile con finale (si
può dire?) proprio alla Voodoo
Chile. C’è l’intermezzo narrato
di Conrad Roberts che attenua
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
il furore e ci riporta al clima del
disco n. 1, dove spicca la lunga
What i say in cui Airto fornisce
un’ampia prova di percussioni,
il piano è godibilissimo e gli assoli di sax soprano altrettanto
con una batteria che non può
non far venire a mente quella
di Ginger dei Cream di Weels
on fire. La copertina raffigura
‘la vita’ in una bellissima composizione etnico-surrealista che
in qualche modo si allaccia al
celebre predecessore e che sottolinea l’aspirata negritudine
dell’autore. Un drappo purpureo parte dallo scialle della nuda donna incinta e si trasforma
in un viso fiammeggiante, a cui
poi il nostro si ispirerà per una
delle numerose copertine per
Buddy Miles. Su uno sfondo
geometrico bianco e oro che
richiama il cufico geometrico
anticamente usato per decorare
le moschee, la figura centrale
spicca forse più dei due visi
centrali di Bitches mentre
un’altra misteriosa simbologia
scaligera circonda l’altro busto
di donna etiope che vediamo
sulla sinistra, nel velo acquati-
PAGINA 23
co, nei capelli e nella veste in
b/n mentre a destra vediamo
un gruppo di musici a cui si
ispirerà la copertina di un paio
d’anni dopo del Crossings di
Herbie Hancock. La vera bomba è la mostruosa figura del
retro (foto 3). Qui Davis voleva
una rana che rappresentasse il
male e Mati si ispirò ad una
foto di un personaggio che venne poi modellato, elaborato,
imparruccato, sventrato, quella
dell’odiato ex capo dell’Fbi Edgar J. Hoover, fatto diventare
un mostruoso uomo-donnabestia aliena. Lo stesso sfondo
decora anche questo quadro e
sulla sinistra l’anagramma di
Live, Evil, ovvero il male dal vivo, preceduto dal nome del musicista scritto a rovescio Selim
Sivad che poi sono i titoli di
due dei brani del disco, il lungo
Sivad che apre il lato 1 e il corto Selim del lato 3. All’interno
della doppia copertina tantissime foto in sequenza, in b/n,
del viso di Davis: del tutto ignorati gli altri musicisti. Mati ai
tempi stava già negli Stati Uniti
da un paio d’anni ma aveva già
fatto una cover jazz per un disco del ’63 di Eric Dolphy, Iron
man a cui probabilmente s’era
ispirato l’artista colorista e psichedelico di Miles in the sky.
Successivamente gli furono
commissionate altre copertine, alcune per artisti famosi
come gli Osibisa, ma non essenziali, che fra gli altri coinvolsero anche Roger Dean,
altre per artisti di nicchia che
non vendevano molto ma che
sono tutt’oggi pietre miliari
come quelle per John Hassel.
La sua arte, che era chiaramente ispirata a quella surrealista con venature fantastiche, è stata sempre apprezzata dagli illustratori, poco dalla
critica che ha preferito artisti
più consistenti come Ernst
Fucks che pure fu maestro di
Mati o il grande Dalì a cui si
ispirò per parecchi suoi quadri nonché per la celebratissima copertina di Bitches.
Continua →→
PAGINA 24
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
Eppure di un altro suo quadro dobbiamo necessariamente parlare, di quell’Annunziata
che venne usata per la copertina di Abraxas di Santana.
Partiamo dal nome, se gnostico-mitraico, sarebbe l’unione
fra l’uomo e Dio, per i Persiani, fra bene e male. Oppure
l’Eone, il sommo creatore del
mondo divino, mentre il Dio
del vecchio testamento sarebbe il creatore del mondo terreno, il Demiurgo. Abraxas corrisponderebbe al primo dei
365 cieli, a cui tende l’uomo
come anche racconta Hermann Hesse in Demian. Insomma un po’ di spiritualismo nel Santana degli esordi,
e anche dopo, non poteva
mancare, a partire dal titolo
di questo secondo album,
quello esploso dopo Woodstock che gli aveva dato la notorietà internazionale e che
venne superato, nelle vendite,
solo da quel Supernatural di
fine millennio riesumò nome e
chitarrista. Comunque già nel
primo lavoro un po’ di esoterismo tribale non mancava a
partire dal lunghissimo Soul
Sacrifice che più ritmato di
così non si poteva, qui si aggiunge all’africanesimo un bel
po’ di Sudamerica che col
tempo poi prevarrà fino a
stancare un po’. Brani corti,
senza assoli infiniti, orecchiabili e ballabili che fecero gridare ad un miracolo di equilibrio fino a far inserire quest’album fra i migliori del secolo e il nostro chitarrista al
ventesimo posto fra i più bravi
di sempre, oltre a far entrare
l’intera compagine degli esordi
nella Rock & Roll Hall of Fame, ma questo trent’anni dopo. Ancora oggi chi non ricorda la dolcissima Samba pa ti
o l’altra strumentale Incident
at Neshabur ? Chi non ha
amato la loro Black Magic Woman, che fra l’altro era un
brano di Peter Green uscito
come singolo dei Fleetwood
mac un paio di anni prima e
che con loro diventò un classico fra i classici? Chi non ha
ballato al ritmo di Oye como
va o di Se a cabo? Insomma
un album da portare sull’isola
deserta e con una copertina
fra le più misteriose e sfarzose
per quei tempi, con la riproduzione di un quadro di Abdul Mati Klarwein, il tedesco
che amava l’africa come aveva
ampiamente dimostrato con
la cover di Bitches Brew. Solo
che qui Santana scelse un dipinto già fatto di Mati, fin dal
1961, si chiamava L’Annunziata ovvero L’Annunciazione
(foto 4) e rappresentava, nelle
figure centrali una donna che
si sta appena svegliando, adagiata ma seduta, su drappeggi
esotici, nuda e nera e dall’enorme capigliatura nera con
un angelo calvo, ma femmina,
rossoblù e con grandi ali, anche queste una rossa e una
blu, a cavalcioni su un tamburo africano volante che indica con l’indice un microscopico volatile azzurro nel cielo
(lo Spirito Santo?). Certo riuscire a capire l’enorme e variegata simbologia di tutti gli
N. 98 — APRILE — 2014
elementi presenti in questo
quadro, che sarebbe
stato
bellissimo stampare anche
più in grande, per esempio in
un manifesto allegato, è quasi
impossibile ma qualcosa di
eclatante possiamo comunque
evidenziarlo. La grande sfera
in cielo che non è certamente
un sole, che ci fa un tempio
indù dietro i tre cantori africani bardati a festa e alla testa dell’omino occhialuto che
pare occidentale e al tavolo
imbandito, e ancora il tripudio di fiori e di colori dietro
l’Annunziata e via dicendo e
la colomba bianca in grembo…Insomma un quadro carico zeppo di significati, di elementi e simboli senza però
essere eccessivamente pesante come certe altre realizzazioni di Mati e che si rifà alla più
classica delle arti fantastiche,
in questo caso più a Max
Ernst (foto 4) che lo aveva introdotto allo studio dei fiamminghi, di Van Eyck in particolare. Il nostro è memore anche delle Annunciazioni del
Beato Angelico o dei ritratti
ispirati a quelli di Fucks, ma
non è lontano nemmeno, per
fantasia mistica, dal mondo
surreale di William Blake o da
un simbolismo erotico presente nel cinema surrealista,
in particolare in Bunuel. Questo quadro era il dirimpettaio
di un altro con donna nuda di
colore detta Nativity e l’artista
non è l’unico su quel tema
che ha fatto, che l’artista aveva collocato insieme ad altri
in una specie di cappella, il
“Santuario Aleph” ispirato al
celebre studiolo di Francesco
I, capolavoro del Manierismo
toscano. Ha fatto negli ultimi
tempi della sua carriera, è
morto nel 2002, anche ritratti
per celebrità, per la Monroe,
per J.F.Kennedy, per Jimi
Hendrix.
a cura di Nicola M. Spagnoli
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
PAGINA 25
RUBRICA DI CINEMA E CULTURA VARIA
GRAND BUDAPEST HOTEL
RAFFINATEZZA ED ELEGANZA PER RIDERE E PENSARE
Cast stellare per l’ ottavo film
del geniale Wes Anderson: Ralph
Fiennes, l’indimenticabile Monsieur Gustave - il concierge del
Grand Hotel -, Tony Revolori, F.
Murray
Abraham,
Mathieu
Amalric,Willem
Dafoe,
Jeff
Goldblum, Jude Law, Bill Murray, Edward Norton, Saoirse Ronan, Jason Schwartzman, Tilda
Swinton, Tom Wilkinson e Owen
Wilson senza scordare la nostra
brava Giselda Volodi nella parte
di una sorella del cattivo
(l’indovinatissimo Adrien Brody);
un vero piacere vederli tutti alle
prese con una trama veloce e
coloratissima.
Anderson si è ispirato alle storie
e memorie dello scrittore viennese Stefan Zweig che omaggia con
un vero tributo – a dir la verità
la cornice meno riuscita del film.
La commedia funambolesca nasconde, come sempre in questo
regista, il cui pregio è di poter
essere guardato a più livelli di
lettura, temi profondi e coinvolgenti.
Da vero direttore d’orchestra il
regista appaga la nostra incuriosita aspettativa, dandoci il piacere di assistere ad una partitura perfetta che armonizza le entrate di questi splendidi attori.
Due curiosità: il trailer unisce
l’espressione di stupore delle tre
sorelle all’ immagine del quadro
“osé” appeso alla parete in sostituzione di quello ereditato,
creando una gag che in realtà
nel film non esiste; Tilda Swinton, doveva passare almeno cinque ore al trucco e parrucco per
prepararsi ad interpretare l'ottantaquattrenne vedova, Madame D, perno di tutta la storia.
La costumista del film è la tori-
nese Milena Canonero vincitrice
di tre Oscar per Barry Lyndon,
Momenti di gloria e Marie Antoinette di Sophia Coppola (2007):
un motivo in più per godere della visione di quest’opera anche
nei dettagli.
Le scene che muovono al riso
vanno dalla comicità da film
muto, come il protagonista Zero
Moustafa che attende invano
l’apertura del grande portone del
carcere, mentre si aprirà la porticina accanto, a scene verbalmente elaborate come il compianto funebre dell’ottuagenaria
che sicuramente ha usato una
“crema invidiabile”.
Colori abbaglianti, particolari
inquadrature e colpi di scena
non ci distraggano dalla profondità del messaggio sotteso: da
est a ovest l’inciviltà incalza se
ci si abbandona ai vizi più triviali, come la rapacità.
Forse sa dare la vita per una
giusta causa chi è capace di godersela: un inno alle doti di
umanità e alle persone che riescono a conservarle, magari innaffiandosi di raffinato profumo,
nonostante il marciume che le
circonda.
Antonella D’Ambrosio
PAGINA 26
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 98 — APRILE — 2014
TUTTI I NUMERI DEL CINEMA ITALIANO 2013.
CINEMA, MIBACT: AUMENTA PRODUZIONE,
DIMINUISCE INVESTIMENTO
I dati sull’andamento del cinema italiano elaborati dal
MiBACT e dall’ANICA evidenziano quanto la produzione di
film di nazionalità italiana si
mantenga stabile registrando
un lieve aumento, nonostante
il calo del 27% degli investimenti nel settore, scesi a 358
milioni di euro. In diminuzione anche il costo medio delle
produzioni: i film 100% italiani hanno un budget medio di
1,7 milioni mentre quelli di
iniziativa italiana di 1,8 milioni. Diminuiscono soprattutto i
film ad alto budget mentre
aumentano soprattutto i film
a bassissimo budget. Per
quanto riguarda le fonti di investimento, la più importante
è quella degli apporti degli investitori esterni, pari a 42 milioni di euro, 9 milioni in meno rispetto al 2012. Anche le
altri componenti “storiche” –
FUS e credito d’imposta - sono in calo. Positivo l’aumento
dei fondi sovranazionali e dei
fondi regionali, questi ultimi
evidenziati per la prima volta
e giunti a circa 7 milioni di
euro. Il valore del credito
d’imposta richiesto, in parti-
colare, si contrae da 60 a 53
milioni, calo giustificato in
parte dalla riduzione dei budget di produzione di cui il credito è una percentuale, e diminuisce anche il numero dei
film per cui esso è richiesto.
Unico dato in controtendenza,
l’aumento del tax credit distribuzione, da 4 a 5 milioni.
Anche il numero dei passaggi
televisivi di film è in lieve calo, così come il numero dei
titoli. Il numero dei film italiani programmati dalle tv generaliste in prima serata aumenta da 140 a 164: migliorano Rai1, Rai3,Canale5 e Italia1. Cala invece La7. Spicca
Canale5 per il numero di titoli
italiani recenti programmati
in prima serata (oltre la metà): 36 film su 60 totali vs 11
di Rai3 (valore più alto per
Rai). Sull’intera giornata, sono solo 86 i passaggi di film
italiani prodotti dopo il 2010
programmati dalle reti generaliste. Oltre la metà dei passaggi si riferisce a titoli italiani di catalogo (1950-1979)
La fascia oraria più utilizzata
per i film italiani è quella notturna (dopo le 23). Tra le
top10 di film in tv, 5 sono titoli italiani. Maggiori successi
su Canale5 per titoli recenti,
Per Rai1 solo titoli Usa tranne
“La vita è bella” (1997)
Per quanto riguarda le reti
tematiche e satellitari, nel
2013 anche su Sky sono diminuiti passaggi e titoli unici.
Per i titoli italiani prevale di
gran lunga Mediaset (1073
titoli su 2081, pari al 62% dei
titoli italiani programmati),
con la parte del leone fatta da
Iris. La Rai si ferma a 584 titoli italiani su 1917. Sul fronte della distribuzione il primo
trimestre del 2014 indica un
aumento di presenze per i film
italiani rispetto al 2013 e al
2012, a parità di quota di
mercato del 33%, circa 10 su
30 milioni di biglietti venduti.
La distribuzione per mesi nel
2013 ha visto numeri migliori
rispetto al 2012 in quasi tutti
i mesi, escluso gennaio. Particolarmente positivo novembre. Da segnalare i risultati
dei mesi estivi. Infine la digitalizzazione degli schermi è
arrivata al 75%, anche qui
con una discreta differenza
tra territori.