i beni culturali e il turismo sono il futuro del
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i beni culturali e il turismo sono il futuro del
SINDACATO CULTURA LAVORO NOTIZIARIO ON-LINE DI CARATTERE GENERALE AD USO DEI QUADRI SINDACALI NUMERO XCVIII APRILE 2014 00186—ROMA Via del Collegio Romano, 27 Tel. 06 67232348 Fax.06 6785552 e-mail. [email protected] - www.unsabeniculturali.it I BENI CULTURALI E IL TURISMO SONO IL FUTURO DEL NOSTRO PAESE L’Italia come si sa, dispone dei beni culturali di valore inestimabile e ineguagliato, sia in termini storici che artistici. Questo patrimonio è ben oltre il 60% a livello mondiale ed è, infatti, collocato sul territorio nazionale e costituisce, com’è giusto che sia, l’identità culturale e la memoria storica della nostra nazione. Questa risorsa costituisce sul piano culturale la materia prima e il necessario volano per far ripartire il paese, in quanto se ben spesa, rappresenta la sfida per la crescita d’intere città e territori. Infatti, tali prospettive di sviluppo, se opportunamente gestite, rappresentano una fondamentale e potenziale risorsa anche dal punto di vista economico. Tanta bellezza e tanta ricchezza rischiano, però, di essere la nostra condanna, soprattutto se si sottovaluta la portata e si prende sottogamba questo immenso patrimonio e ci si illude che questa eccezionale dotazione possa esonerarci dal lavoro che ci è imposto dal bisogno di crescere per uscire dalla crisi. TROPPO PRESSAPOCHISMO E LEGGEREZZA NELLA GESTIONE DEI BENI CULTURALI. Se consideriamo che questa potenziale risorsa risulti assai poco valorizzata, nonostante la sua imponenza e la sua provata capacità di attrarre flussi turistici, dobbiamo per forza capacitarci che il ruolo del Ministero purtroppo non è stato così forte da scongiurare tale disastro. Occorre quindi, una combinata azione sinergica per la piena valorizzazione e fruizione dei beni storicoartistici; in quanto ciò rappresenta senza alcun dubbio un ottimo motore per lo sviluppo economico del paese ma, purtroppo, come sta accadendo negli ultimi tempi, non sempre tali ragioni prevalgono e spesso, questi beni di incomparabile bellezza vengono abbandonati all’usura del tempo e purtroppo gli interventi da parte del MiBACT, finora messi in atto, non sono stati in grado di assicurare una valorizzazione economica dei beni culturali con modalità compatibili con le peculiarità di queste ri- sorse e soluzioni sostenibili per i beni in questione e per il contesto territoriale di riferimento. Capita sovente di osservare, come all'estero, nella maggior parte dei casi, anche con poche cose d’interesse archeologico e storicoartistico, siano in grado di “valorizzare” il loro patrimonio, curarlo, metterlo in risalto e soprattutto farlo diventare anche fonte di produzione di reddito, pensando all’Italia mi viene un po’ di amaro e di dispiacere. Da noi, infatti, spesso succede esattamente il contrario. Tutto ciò, anche se si vuol addossare tale causa, al fatto che l’Italia possiede l’elevatissimo numero di beni culturali sparsi sul territorio, questo, però, non giustifica, che debba prevalere l’incuria o l’estrema leggerezza o superficialità degli addetti ai lavori o peggio ancora da parte del vertice politico non all’altezza della situazione, soprattutto poi, se si riscontra la mancanza di mezzi e la scarsa attenzione verso i nostri beni culturali e il Turismo. Dobbiamo anche ammettere che Continua →→ Giuseppe Urbino Segretario Nazionale Confsal-Unsa Beni Culturali Sommario: •L’INTERVENTO DEL MINISTRO FRANCESCHINI ALLA COMMISSIONE CULTURA DELLA CAMERA •4 •MIBACT-ANCI: BENE PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATE PER LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE •6 •POLO MUSEALE DI NAPOLI RICHIESTA ESATTI ADEMPIMENTI DELLA CIRCOLARE MINISTERIALE N. 201/13 – CONTROLLO SULLE LIBERTÀ SINDACALI PER LA PARTECIPAZIONE AL TAVOLO NEGOZIALE •7 •C O N S I G L I O GENERALE CONFSAL 2-4 APRILE 2014 CONFSAL: LA SFIDA E L’IMPEGNO PER RILANCIARE LO SVILUPPO, PROMUOVERE E VALORIZZARE IL LAVORO RENDERE EQUO IL FISCO, RINNOVARE I CONTRATTI •8 •BLOCCO CONTRATTI! •17 •Cassazione. Sentenza n. 7107 •18 DEI ANZI, NO. del 26 Marzo 2014. Giurisdizione del giudice ordinario e principi generali applicabili al pubblico impiego. •Cassazione, con sentenza n. 15490 del 7 aprile 2014. Non è penalmente responsabile il datore di lavoro per omessa vigilanza sul lavoratore negligente. •19 •Cassazione. Sentenza n. 1777 •20 del 28 gennaio 2014. Assenze per lunghi periodi di malattia e applicabilità del licenziamento. •Cassazione: no al risarcimento •21 dei danni per sovraccarico di lavoro •COVER MATI •22 •GRAND BUDAPEST HOTEL •RAFFINATEZZA ED ELEGANZA •25 ART: KLARWEIN ABDUL PER RIDERE E PENSARE •TUTTI I NUMERI DEL CINEMA ITALIANO 2013.CINEMA, MIBACT: AUMENTA PRODUZIONE, DIMINUISCE INVESTIMENTO 26 PAGINA 2 nonostante gli sforzi del MiBACT, l’ingente patrimonio culturale, non consente sempre di poter essere operativi al massimo, se si considera la cronica mancanza di personale e i continui tagli ai fondi al settore, che, di fatto, si traducono poi in risultati alquanto negativi e quindi con siti archeologici del tutto abbandonati e trascurati, anche se non sempre è questa la solacausa, ma spesso sono di tipo strutturale a cui l’Amministrazione deve correre ai ripari se vuole riuscire a conservare e a restaurare il patrimonio culturale italiano. E’ certamente un problema di efficienza di un sistema poco coordinato e in cui si spende non sempre secondo le giuste priorità. Infatti, se si pensa a Pompei, senza entrare nella polemica dei crolli, dei fondi mal spesi o non spesi, della nomina o meno del Commissario/Direttore Generale, lo stato di abbandono è una ferita insanabile non solo per il danno diretto al patrimonio culturale ma anche e soprattutto per il danno indiretto che ne consegue in termine di immagine del nostro Paese. IL TURISMO CULTURALE, QUESTIONE CENTRALE DELL’ITALIA E’ vero, lo Stato deve affrontare problemi più urgenti e non ha risorse da investire nella valorizzazione del patrimonio artistico. I numeri però rappresentano la dura realtà, in Francia lo Stato spende in beni culturali circa il 3% del Pil, in Italia quest’anno circa lo 0.1 % e non è ovviamente comparabile la “quantità” e la “qualità” di beni culturali dei 2 paesi. Sebbene l’Italia possieda il 60% del patrimonio artistico mondiale, il giro d’affari del settore perde quote anno dopo anno. Secondo il rapporto commissionato da Confcultura e dalla Commissione Turismo e Cultura di Federturismo di Confindustria, in cui si sono messe in SINDACATO– CULTURA—LAVORO relazione le risorse culturali italiane con quelle dei principali competitori europei, e si evidenziano le opportunità derivanti dal patrimonio artistico come fonte di generazione di valore per il settore dell’industria creativa, per il turismo, in particolare quello culturale, e per l’economia italiana nel suo complesso. L’Italia potrebbe sviluppare un vantaggio competitivo sostenibile nei settori legati alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale tenuto conto soprattutto della diffusione di tale patrimonio (oltre 30.000 dimore storiche situate sul territorio Nazionale; oltre 3.400 musei, con circa 2.000 aree e parchi archeologici e con 43 siti Unesco). Come è stato fatto notare, tuttavia, esiste un gap competitivo e la scarsa capacità di sviluppare il potenziale italiano. Il RAC, un indice che analizza il ritorno economico degli assetti culturali sui siti Unesco, mostra come gli Stati Uniti, con la metà dei siti rispetto all’Italia, hanno un ritorno commerciale pari a 7 volte quello italiano (160 milioni di Euro contro i nostri 21 milioni), in sintesi, questo studio sostiene che gli Italiani non sono in grado di produrre ricchezza attraverso il patrimonio culturale, mentre altri Paesi sì. Infatti, il settore culturale e creativo in Italia raggiunge solo il 2,6% del PIL nazionale (pari a circa 40 miliardi di Euro), rispetto al 3,8% dell’Inghilterra (circa 73 miliardi di Euro) e 3,4% della Francia (circa 64 miliardi di Euro). PUBBLICO E PRIVATO: NECESSITA’ DI UNA PARTNERSHIP PER IL TURISMO CULTURALE Il PIL del turismo culturale sul totale del PIL dell’economia turistica italiana pesa il 33%, con un valore pari a 54 miliardi di Euro. Questo valore è inferiore rispetto al 39% della Spagna (pari a 79 miliardi di Euro) ma superiore al 28% del Regno N. 98 — APRILE — 2014 Unito (pari a 57 miliardi di Euro) e al 31% della Francia (pari a 65 miliardi di Euro). Pertanto, si deve sottolineare la necessità di sviluppare un rapporto più stretto fra industria turistica e patrimonio artistico e culturale, e di avere una visione integrata, di filiera, delle politiche del settore, auspicando risorse istituzionali e finanziarie, pubbliche e private, in ottica di public and private partnership in modo più efficace e coordinato, al fine di rivalutare i “core asset” disponibili facendo leva sul relativo indotto diretto e indiretto. Occorre quindi, assicurare la corretta fruizione del patrimonio culturale di cui si dispone, ponendo molta attenzione in primis alla sua funzione di testimonianza del passato ma altresì a quella di fonte di sviluppo economico. Per raggiungere tali obiettivi è necessaria la partecipazione attiva delle forze della cultura e di tutti coloro che svolgono un ruolo attivo nella moderna società, favorendo una politica che promuova l’interscambio tra i beni, il loro territorio e la collettività. Pertanto è necessario che i relativi provvedimenti di tutela e valorizzazione siano inquadrati in un contesto programmatico sufficientemente coordinato e orientato. In questi ultimi anni lo Stato ha investito sempre meno in cultura e purtroppo guardando i nostri dati economici questa tendenza perdurerà anche nel futuro. Per questo non è un caso che ogni Ministro di turno, si chiede come fare per rendere possibile attivare maggiori investimenti privati? Infatti, in molti Paesi, ciò avviene con una politica di defiscalizzazione degli investimenti privati nella cultura e nel sociale. Dobbiamo ancora combattere per affermare l’idea, ma più che un’idea è un dato di fatto, che i beni culturali costituiscono un fattore di crescita, che non è una spesa e un di più, ma è un Continua →→ N. 98 — APRILE — 2014 volano decisivo di sviluppo e di competizione. Gli studi e proiezioni di importanti economisti che hanno valutato l’indotto economico che la valorizzazione e lo sviluppo del patrimonio culturale potrebbe avere nel territorio e questo è stimato pari all’8% del PIL. Per questo quindi se avessimo investito di più in cultura, creatività e turismo probabilmente il tasso di crescita italiano sarebbe stato superiore a quello comunitario. Il marchio di qualità culturale dell’Italia compensa largamente il gap di affidabilità in tanti altri settori (lungaggini amministrative, costo della mano d’opera, tassazione oramai insostenibile, infrastrutture scarse ed Obsolete. Secondo linee tendenziali per tutelare, valorizzare, fare conoscere e rendere fruibile al meglio il nostro patrimonio culturale, è assolutamente necessario creare una sinergia fra tutti coloro che nei diversi ambiti, se ne occupano e costruire così una rete tra Sovrintendenze, Enti del Turismo, Istituzioni centrali e locali, trasporti, strutture alberghiere e ricettive, Banche, ecc, per poter rispondere, tutti assieme, alle SINDACATO– CULTURA—LAVORO esigenze del pubblico che ne dovrà fruire. In sostanza, in Italia, non si è ancora riusciti a comprendere e a “sfruttare” in maniera adeguata l’inestimabile patrimonio culturale presente sul territorio nazionale, che necessità di meccanismi di gestione sicuramente particolari, proprio in virtù della sua specificità. LA CULTURA COME RISORSA PER LO SVILUPPO La cultura, dunque, non sembra più suscettibile di una visione del tutto estranea alle logiche generali che governano i fenomeni di sviluppo, ma costituisce, essa stessa, un fattore attivo di crescita socioeconomica di un territorio. Si tratta quindi di orientare l’azione di programmazione verso processi che includano, nella politica culturale, obiettivi non solo connessi alla tutela ma anche alla valorizzazione e alla promozione, e di puntare su interventi in grado di coinvolgere mettendo a “sistema” tutte le risorse, umane, materiali ed immateriali, disponibili in tale ambito e su modelli di gestione unitaria ed integrata del patrimonio culturale, turistico e ambientale di un territorio. Da tutte queste considerazioni PAGINA 3 emerge dunque la pressante necessità di adottare un modello di sviluppo, nel quale valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale occupino una nuova centralità all’interno delle politiche territoriali e una rilevanza strategica nei processi di organizzazione del territorio. Salvaguardia, conservazione e valorizzazione dei beni culturali si impongono quindi per ragioni culturali e morali, ma oggi, anche e soprattutto per le implicazioni economiche e sociali che ne derivano. Infatti, oltre a provocare un flusso di consistenti masse di turisti, sono altresì in grado di assorbire nuova occupazione e al tempo stesso di garantire competitività al territorio nel contesto generale. Per questo il coordinamento nazionale la Confsal-Unsa Beni Culturali, è più volte intervenuto presso le competenti sedi al fine di, sensibilizzare la parte politica ed amministrative, per ottenere quella attenzione particolare che necessità per un settore così strategico ed importante per l’Italia. Giuseppe Urbino PAGINA 4 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 L’INTERVENTO DEL MINISTRO FRANCESCHINI ALLA COMMISSIONE CULTURA DELLA CAMERA Lunedì 14 aprile 2014 alle ore 13, presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati si è svolta l’audizione del Ministro Franceschini, sulle linee programmatiche del Ministero Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Riteniamo utile pertanto sintetizzare l’esito di detta audizione analizzandone i punti cruciali. Innanzitutto, per quanto riguarda il Cinema, il Ministro Franceschini si è impegnato ad aumentare il limite di 5 milioni di euro di investimenti per il tax credit al fine di attrarre più investitori esteri. Saranno inoltre rese meno caotiche le norme per le quote degli investimenti tv sul cinema aumentando le sanzioni per chi non le rispetta. Inoltre, il Ministro ha ribadito che in un prossimo Consiglio dei Ministri il governo si prepara a parlare di spending review con tagli aggiuntivi e di questo, precisando che di questa situazione generale non si può non tenere conto pur affermando di essere pronto a fare di tutto per "evitare nuovi tagli e portare più risorse". In particolare, vi sono una serie di impegni per il cinema che Franceschini si dice pronto a discutere con le associazioni , come ad esempio un lavoro per aumentare le coproduzioni con l'estero "in particolare con il Paesi Emergenti, che hanno forti flussi di turismo verso l'Europa ma non sempre verso l'Italia". Per attrarre gli investimenti stranieri, afferma il Ministro, è importante anche un intervento sul limite di 5 milioni per il tax credit "che ostacola le grandi produzioni", basilare per il settore anche conseguire un rinnovo per il tax credit almeno allo stesso livello dello scorso anno. Inoltre, il Ministro afferma che nei prossimi giorni sarà varato il provvedimento per il tax credit per l'audiovisivo. Franceschini ribadisce tra l’altro, per quanto riguarda l'intervento per il settore per le tv che le stesse devono dare un contributo fondamentale per mantenere il cinema affermando la necessità di un intervento per correggere le norme per le quote di investimenti da parte della tv per il settore del cinema aumentando le sanzioni e impegnandosi per vigilare che siano rispettate. Novità anche per il Fondo Unico per lo spettacolo poiché i componenti delle commissioni che decidono i contributi verranno selezionai con un interpello pubblico e i Direttori Generali di settore non voteranno. Franceschini ha poi spiegato che la battaglia per l'eccezione culturale nella quale l'Italia si schiererà a fianco della Francia, sottolineando che tale eccezione “significa tenere fuori il mondo della cultura dalle semplici regole del mercato''. Infine anche un appello ai produttori: ''Impegnatevi per mostrare nei vostri film le bellezze italiane - chiede il ministro - sono cose che contano molto di più di una campagna promozionale, cercate di mettere dentro ai vostri film queste meraviglie conclude- meglio se quelle sconosciute''. Successivamente, per quanto riguarda l’assetto del MiBACT, il Ministro ha affermato che è indispensabile modernizzarlo. L’intenzione è quella di farlo attraverso alcune “correzioni' Continua →→ N. 98 — APRILE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO rispetto alla precedente proposta di riforma anticipata da Bray. Peraltro Franceschini ha precisato che la Direzione Generale per l'Archeologia non può essere accorpata. Esiste poi l’esigenza di modernizzare il MiBACT a seguito della nuova delega per il Turismo. Esiste poi la necessità di un taglio di funzionari di prima fascia imposto dalla spending rewiev. In tutto, precisa il Ministro, si tratta di 32 persone (che andranno in pensione e non verranno sostituiti) tra funzionari della struttura centrale, Soprintendenti e Direttori Regionali. Conseguentemente ci sarà un parziale accorpamento delle Soprintendenze anche se sarà il consiglio Superiore dei Beni Culturali a stabilire le modalità. Per ciò che concerne la situazione di Cinecittà, Franceschini ha affermato che è in arrivo un progetto ''per salvarla “come centro di produzione di film, conciliando le esigenze del personale e quelle dei privati''. Esiste peraltro il discorso degli investitori stranieri e delle coproduzioni visto che nel 2013 risultano in calo in Italia secondo il rapporto Mibact Anica. Il ministro ha spiegato ai deputati che intende puntare ad alzare il tetto di 5 milioni fissato per il tax credit, idea dicendo che 'potrebbe essere un modo in più per far tornare le produzioni a Cinecittà. Per ciò che concerne il capitolo Expo, Franceschini ha affermato che è allo studio un progetto, puntato molto sul turismo, per la concessione del marchio, precisando che l’idea è quella di istituire una commissione che avrà il compito di selezionare una serie di iniziative meritevoli (spettacoli, mostre, restauri, etc.), alle quali concedere il PAGINA 5 marchio Expo per attrarre tour operator e turisti. Per quanto riguarda il Turismo, il Ministro ha ammesso che l’Italia che e' stata per molti decenni in testa per attrattività turistica, è scesa al quinto posto anche se è rimasta al primo per desideri di viaggio degli stranieri. Pertanto, ha dichiarato il Ministro, avendo enormi potenzialità da sfruttare è più che giusto avere un Ministero che si occupi sia della Cultura che del Turismo poiché i turisti, quando vengono in Europa lo fanno per l'offerta culturale che questo continente propone. Il Ministro ha poi concluso affermando che c’é molto da fare, a cominciare dalla ristrutturazione delle strutture dello Stato che devono occuparsi di turismo e dalla rivisitazione del Titolo V con una diversa impostazione delle competenze. A cura di Stefano Innocentini PAGINA 6 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 MIBACT-ANCI: BENE PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATE PER LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE Il giorno 10 aprile u.s. si è svolto al Collegio Romano un incontro tra il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, il presidente dell'Anci, Piero Fassino ed una delegazione dei sindaci delle città metropolitane composta da: il sindaco di Roma, Ignazio Marino; il sindaco di Genova, Marco Doria; il sindaco di Bologna, Virginio Merola; il sindaco di Catania, Enzo Bianco; il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni; ed il sindaco di Messina, Renato Accorinti. Nel corso dell'incontro si è deciso di dar vita ad un tavolo permanente tra Stato e Comuni per condividere ed integrare, a livello nazionale e locale, le politiche di tutela e valorizzazione dei beni culturali, di promozione della cultura e di rilancio delle strategie per il turismo. I Sindaci hanno apprezzato e sollecitato l'intervento del ministro Franceschini per promuovere partnership pubblicoprivate nella valorizzazione del patrimonio culturale, anche con la adozione di forme di fiscalità di vantaggio e una normativa semplificata, per reperire risorse aggiuntive sia in Italia che all’estero. L'Anci esprime inoltre la propria condivisione sull'intenzione, manifestata dal Ministro, di procedere in tempi brevi a concludere il processo di attuazione della riforma dei criteri di accesso al Fondo Unico per lo Spettacolo, prevista dalla Legge "Valore Cultura", secondo le linee fondamentali che erano state delineate insieme al precedente ministro Bray. E' stato infine affrontato il tema delle fondazioni lirico sinfoniche. A riguardo, i Sindaci hanno espresso vivo allarme per la norma sulla stabilizzazione del personale recentemente approvata al Senato - attualmente all'esame della commissione cultura della Camera – che, se confermata, metterebbe a rischio l'equilibrio economico finanziario di tutte le fondazioni. Si è anche sottolineata la necessità di completare gli strumenti applicativi della legge ‘valore cultura’, incluso l'ampliamento delle risorse messe a disposizione per i piani di risanamento delle Fondazioni. N. 98 — APRILE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 7 RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO POLO MUSEALE DI NAPOLI RICHIESTA ESATTI ADEMPIMENTI DELLA CIRCOLARE MINISTERIALE N. 201/13 – CONTROLLO SULLE LIBERTÀ SINDACALI PER LA PARTECIPAZIONE AL TAVOLO NEGOZIALE Si riporta la nota della Segreteria Provinciale di Napoli, inviata all’On.le Dario Franceschini al Dott. Mario Guarany, all’Arch. Antonia Pasqua Recchia, all’Arch. Gregorio Angelini, al Coordinamento Nazionale ConfsalUnsa, al Dipartimento Pari Opportunità, Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Soprintendente PSAE per il Polo Museale della Città di Napoli e Reggia di Caserta. La scrivente Segreteria Provinciale, al fine di ottenere sostanziali diritti volti ad assicurare pari dignità nella partecipazione del tavolo territoriale, chiede alle SS.LL. particolare attenzione, circa la verifica delle presenze dei partecipanti sia sindacali che dell’Amministrazione ai tavoli di contrattazione avvenuti alla Soprintendenza per il Patrimonio, Storico, Artistico ed Etnoantropologico, per il Polo Museale di Napoli e Reggia di Caserta, la quale ignora e non attua quelle nozioni o considerazioni a suo tempo emanate con le Circolari Ministeriale la 201, 266, 303, 305, 378 e 394 dell’anno 2013. Si ritiene inoltre, far presente alle SS.LL. che questo Coordinamento Provinciale ha più volte segnalato tale anomala situazione, sia verbalmente in varie riunioni, che per iscritto, (alla presente si allegano le note inviate da questa Segreteria Provinciale), le qua- li, purtroppo a tutt’oggi, non hanno avuto alcuna risposta, ad eccezione di una semplice convocazione alle OO.SS. per una riunione di contrattazione pervenuta 12 ore prima a cui per impossibilità si è dovuta procrastinare ad altra data. Pertanto, si chiede la verifica in merito alla legalità della presenza dei componenti del tavolo di contrattazione, in quanto come si dimostra la presenza di questa O.S. risulta fortemente penalizzata, dal momento che come si può evincere dai verbali non sempre ha potuto presenziare per le discrasie che si sono verificate, soprattutto a causa della disparità di trattamento che codesta Amministrazione (Polo Museale di Napoli e Reggia di Caserta), ha comportato circa il rispetto delle minoranze, (diritto questo, sancito dalla Costituzione Italiana). Va da se che, il mancato controllo delle libertà sindacali su ciascun componente partecipante al tavolo delle trattative, può arrecare grave e irreparabile pregiudizio alla scrivente Organizzazione Sindacale ed altre, che oggettivamente e soggettivamente, non possono essere presenti alla pari con talune OO.SS. in quanto il mancato controllo sui permessi sindacali, da parte dell’Amministrazione, consente di raggirare quanto contenuto nella Circolare 201/13. Ciò si determina maggiormente a seguito della decisione unilaterale di codesta Amministrazione, di indire le riunioni di contrattazione in orario di servizio e questo di fatto preclude la partecipazione ad altri componenti del tavolo sia di parte sindacale che di parte amministrativa. La situazione sopra segnalata, qualora suffragata da elementi probatori, può determinare una irregolare posizione di aggravio per i soggetti che si sono resi responsabili sia per quanto riguarda la presenza senza la dovuta autorizzazione (permessi sindacali o permesso personale etc., etc.,) causando un danno erariale allo Stato per il mancato lavoro espletato, sia per l’omesso controllo da parte del dirigente dell’ufficio. Si chiede pertanto, alle SS.LL. ciascuna per la propria competenza, di verificare quanto sopra e all’uopo predisporre gli opportuni adempimenti per quanto concerne le presenze dei vari componenti al tavolo contrattuale, nel pieno rispetto della legalità sulle libertà sindacali, sugli orari della partecipazione alle riunioni, al fine di consentire che la partecipazione avvenga al di fuori dell’orario di lavoro per tutte le RSU, le OO.SS. e l’Amministrazione nel dovuto rispetto, delle circolari ministeriali su richiamate. Antonio Brunetti PAGINA 8 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 NOTIZIE DALLA CONFEDERAZIONE CONFSAL CONSIGLIO GENERALE CONFSAL 2-4 APRILE 2014 CONFSAL: LA SFIDA E L’IMPEGNO PER RILANCIARE LO SVILUPPO, PROMUOVERE E VALORIZZARE IL LAVORO RENDERE EQUO IL FISCO, RINNOVARE I CONTRATTI Colleghe, Colleghi, amiche e amici, questo nostro Consiglio Generale cade in un momento politico e sociale complesso e di difficile lettura in cui sembra sia in atto una svolta riformistica reale riscontrabile al momento da atti e da dichiarazioni di intenti portate dal Governo davanti alle massime istituzioni italiane ed europee. Gli accadimenti politici dell’ultimo mese sono stati caratterizzati dalla straordinarietà del passaggio dal governo Letta, che il 12 febbraio presentò il suo programma di Governo “di servizio” con il documento “Impegno Italia”, al Governo Renzi, che il 24/25 febbraio, a distanza di soli 12 giorni, chiese la fiducia al Parlamento sulla base di lineamenti programmatici per l’intera legislatura. La nostra Segreteria Generale, riunitasi il 13 marzo, subito dopo il Consiglio dei Ministri del 12 marzo, ha avuto la possibilità di valutare i contenuti delle prime decretazioni, delle anticipazioni su altri provvedimenti legislativi e degli annunci di alcune azioni di governo. Effettivamente il 13 marzo si era passati dalla nostra “doverosa attesa” espressa all’atto dell’insediamento del Governo all’altrettanto doverosa valutazione della cosiddetta “svolta buona” del Premier Renzi e del suo Governo. La Segreteria Generale ha colto le ragioni della sfida e per certi aspetti dell’impegno del Governo per crescita economica, lavoro e fisco, ma ha anche valutato negativamente l’indeterminatezza, l’incoerenza e le criticità della spending-review, il rinvio della questione evasione fiscale all’attuazione della legge-delega sulla riforma e la grave mancanza di ogni riferimento al rinnovo dei contratti di lavoro. Pertanto, la Segreteria Generale, sulla base dell’impegno ormai pluriennale della nostra Confederazione sulle questioni centrali avvertite dai lavoratori e dai pensionati italiani, ha proposto a questo nostro Consi- glio il tema: “La sfida, l’impegno rilanciare lo sviluppo; promuovere e valorizzare il lavoro; rendere equo il fisco; rinnovare i contratti”. Il nostro impegno è costituito dalla doverosa e naturale risposta alla sfida dei lavoratori, dei disoccupati, dei giovani e dei pensionati rivolta al Governo italiano e alla Governance europea. È la sfida dei cittadini italiani, i quali chiedono con forza alla politica e alle istituzioni della Repubblica fatti concreti e atti dovuti, la sola sfida che può risolvere le gravi questioni sociali ed economiche avvertite dal Paese. L’Istat ha fornito il quadro degli indicatori macroeconomici per il 2013, secondo il quale: il rapporto deficit/Pil si è fermato a quota 3%, allo stesso livello del 2012; il Pil ha subìto una contrazione dell’1,9%, oltre la previsione dell’1,7% del Documento economico e finanziario - Def 2013; l’avanzo primario, ovvero il saldo al netto degli interessi, si è attestato al 2,2% contro il 2,5% del 2012; il debito pubblico ha raggiunto il livello-record del 132,6% del Pil; le entrate fiscali sono diminuite dello 0,3% rispetto al 2012; le uscite fiscali registrano una modesta contrazione dello 0,2%; la pressione fiscale si è attestata al 43,8%, in diminuzione dello 0,2% rispetto al 2012; il calo dei consumi per i beni è del 4%, mentre per i servizi è dell’1,2%; il tasso inflattivo è in calo rispetto al 2012, chiaro effetto della debolezza della domanda interna. Riguardo ai Patti Eurozona, il deficit del 3% consente all’Italia di confermare il dato del 2012 e di stabilizzare, così, l’uscita dalla procedura per disavanzo eccessivo disposta da Bruxelles nel maggio dell’anno scorso. La Commissione Europea, però, prevede per il 2014 un ulteriore incremento del debito fino al 133,7%, stima che rende problematico un allentamento della disciplina di bilancio. Pertanto, le politiche di sostegno alla crescita dovranno essere compensate prevalentemente con contestuali tagli alla spesa corrente. C’è anche da tener presente che la Commissione Europea recentemente, e precisamente il 5 marzo 2014, ha lanciato un “richiamo” all’Italia. L’Esecutivo Comunitario nel Rapporto sugli squilibri macroeconomici dell’Unione, ha ritenuto di inserire negli squilibri eccessivi l’elevato debito e la bassa competitività dell’Italia. In sintesi, in vigenza dei Patti di Maastricht e Lisbona, la situazione dell’Italia è caratterizzata da una finanza pubblica con margini ristretti di manovra per il necessario sostegno alla crescita. Pertanto, a parere della Confsal, il Governo Renzi nei rapporti con la Governance Europea dovrebbe seguire tre percorsi compatibili: quello di breve periodo dell’osservanza “intelligente” dei patti vigenti attraverso uno scambio fra una accelerazione delle riforme strutturali in Italia e un rallentamento contenuto del risanamento dei conti pubblici. Pertanto, va assolutamente escluso il superamento della soglia del 3% del rapporto deficit/Pil, al fine di evitare le pesanti conseguenze del ritorno alla procedura per deficit eccessivo. Infatti l’uscita dalla procedura di infrazione ha consentito all’Italia di rifinanziarsi ad un tasso medio del 2% con un risparmio nel 2014 di 3miliardi di euro sul costo per il servizio del debito, destinandolo a investimenti; quello di medio-breve periodo dello scambio fra riforme strutturali in fase di concreta realizzazione e concessioni per progetti di investimento da finanziare anche con l’emissione di debito garantito di livello europeo: project bond. Continua →→ N. 98 — APRILE — 2014 Entrambi i percorsi presuppongono la stabilità politica e istituzionale in Italia, che garantisca coerenza di linea e responsabilità nelle scelte per la necessaria credibilità in Eurozona e in Unione Europea, ma anche una nuova linea politica europea che superi gli eccessi di una austerità oggi improponibile. Infine, rimane al Governo Italiano un terzo percorso di medio periodo da seguire con coraggio e perseveranza al fine di concorrere a modificare i Patti Europei in funzione dello sviluppo dell’economia reale, dell’occupazione, della diffusione del benessere e della integrazione e coesione sociale. Si tratta di costruire l’altra auspicata Unione Europea con il ruolo fondamentale di un’Italia più forte e credibile per effetto delle riforme e del risanamento della finanza pubblica. Questa prevedibilmente sarà la questione centrale delle prossime elezioni europee e la Confsal è pronta a dare il suo contributo in termini propositivi. La trattativa con Bruxelles potrebbe avere margini per una nuova distribuzione nel tempo (timing) del rientro del debito e per conseguire l’obiettivo (target) del pareggio di bilancio in termini strutturali in cambio di un pacchetto di riforme, cui attribuire l’auspicato effetto “moltiplicatore” del Pil, su lavoro, fisco e semplificazione burocratica. Ritornando all’azione del Governo Renzi dei prossimi mesi, la Confsal valuta corretta la visione dinamica del rapporto finanza pubblicaeconomia reale e condivide la scelta di puntare su alcune mirate riforme strutturali a cui attribuire l’aumento del Pil. I campi prioritari di intervento sono lavoro e welfare, fisco, servizi pubblici essenziali, da portare a livello Eurozona, razionalizzazione della spesa pubblica, investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione, energia, territorio e ambiente nonché grandi riforme istituzionali, inclusa quella della giustizia civile e amministrativa. Il Governo Renzi, a circa quindici giorni dal suo insediamento, nel Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2014, ha approvato provvedimenti di legge in ma- SINDACATO– CULTURA—LAVORO teria di lavoro (jobs - act), di debiti della Pubblica Amministrazione e di emergenza abitativa, quali: un decreto-legge con la finalità di alleggerire i vincoli sui contratti a tempo determinato e sull’apprendistato al fine di favorire il rilancio dell’occupazione e la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese. Per il contratto di lavoro a termine viene prevista l’elevazione da 12 a 36 mesi della durata del primo rapporto di lavoro a tempo determinato per il quale non è richiesto il requisito della causalità, fissando il limite massimo del 20% per l’utilizzo dell’istituto. È prevista, inoltre, la possibilità di prorogare anche più volte (fino a 8) il contratto a tempo determinato entro il limite dei tre anni, sempre che sussistano ragioni oggettive e si faccia riferimento alla stessa attività lavorativa. Per l’apprendistato si prevede il ricorso alla forma scritta per il solo contratto e patto di prova e non, come attualmente previsto, per il piano formativo individuale e l’eliminazione delle attuali previsioni secondo cui l’assunzione di nuovi apprendisti è condizionata alla conferma in servizio di precedenti apprendisti al termine del percorso formativo. È, inoltre, previsto che la retribuzione dell’apprendista, per le ore di formazione, sia pari al 35% della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento. Per il datore di lavoro viene eliminato l’obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l’offerta formativa pubblica, che diventa così elemento discrezionale. Infine, viene smaterializzato il Durc; un disegno di legge-delega in materia di riforma di: •ammortizzatori sociali per assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori che prevede tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori e per razionalizzare la normativa sull’integrazione retributiva; •servizi per il lavoro per garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro PAGINA 9 su tutto il territorio nazionale; semplificazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro e riduzione degli adempimenti a carico di cittadini e imprese; •riordino delle forme contrattuali per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro e rendere i contratti coerenti con l’attuale e prospettico contesto produttivo evoluto; •conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali per contemperare i tempi di vita con i tempi di lavoro dei genitori; •un disegno di legge per il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione alle imprese al fine di adeguare i tempi di pagamento a quelli previsti dalla direttiva europea, favorire la cessione del credito al sistema bancario e accelerare il pagamento dei debiti arretrati; •un decreto-legge sull’emergenza abitativa che prevede l’intervento per 1miliardo e 441milioni di euro per il sostegno all’affitto a canone concordato, l’amplificazione dell’offerta di alloggi popolari, lo sviluppo dell’edilizia residenziale locale; un decreto-legge sulla “vigilanza Banca d‘Italia”, un provvedimento che riguarda il regolamento europeo n. 1024 del 2013 per il passaggio della vigilanza sugli istituti di credito dalla Banca d’Italia alla Banca Centrale Europea - Bce. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Renzi ha, tra l’altro, annunciato: •una detrazione Irpef in busta-paga ai lavoratori dipendenti sotto i 25mila euro di reddito lordi, circa 10milioni di persone, dal 1° maggio prossimo, per un ammontare di circa 1000 euro netti annui a lavoratore; •una detrazione del 10% sull’Irap (Imposta sulle attività produttive) compensata da una maggiore tassazione sulle rendite finanziarie. Il Premier Renzi, infine, ha presentato il disegno di legge costituzionale “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della II parte della Costituzione”. Il provvedimento prevede la riforma del Senato in assemblea delle autonomie, l’abolizione Continua →→ • PAGINA 10 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 delle province, la modifica della legislazione concorrente fra Stato e Regioni. In sintesi, il Governo ha emanato provvedimenti legislativi: •già in vigore - decreti-legge in materia di lavoro a tempo, apprendistato, casa (cedolare secca al 10% su affitti e bonus mobili svincolato dalle ristrutturazioni); •all’esame del Parlamento - disegni di legge in materia di ammortizzatori sociali, centri per l’impiego, agenzia nazionale, contratti con tutele crescenti, pagamento debiti Pubblica Amministrazione e riforme costituzionali. •Infine, ha annunciato interessanti progetti su Irpef, Irap, energia (riduzione del 10% su bollette energetiche per piccole e medie imprese), costituzione di due strutture di missione per il dissesto idro-geologico e per l’edilizia scolastica. La Confsal, in merito alla disciplina dei rapporti di lavoro, ha sempre saputo leggere e interpretare la realtà occupazionale nelle diverse fasi dell’economia reale, nella fase di crescita, di stagnazione e di recessione, e ha saputo coniugare le fondate ragioni dei lavoratori per la stabilità del rapporto di lavoro con quelle delle imprese per una sana flessibilità, partendo dalla ferma convinzione che la fidelizzazione per l’impresa e la sicurezza per il lavoratore costituiscono due valori preziosi da raccordare obbligatoriamente. Oggi, si deve tener conto che dall’economia fordista e della grande fabbrica si è passati ad una economia globale, delle professioni e della conoscenza. Pertanto, non ci si può affidare completamente a due filosofie alternative, quella del “posto garantito per sempre” e quella di una “flessibilità anarchica” e senza tutele, che inevitabilmente sfocia nella precarietà duratura. La Confsal ha sempre tenuto presente che la priorità assoluta è costituita dall’occupazione ovvero dalla diffusione del lavoro, soprattutto nei periodi di stagnazione economica e di recessione. Questo, però, non significa non tener conto del valore della stabilità del rapporto di lavoro e di non considerarlo obiettivo fondamentale, bensì di affermare semplicemente la priorità dell’occupazione, rinunciando a qualche rigidezza, spesso inutile, in materia di tutele. Tanto premesso, ricordo con voi la battaglia della Confsal riguardo ad alcune criticità e illogicità della riforma Fornero (legge 28 giugno 2012 n. 92) come è giusto ricordare il nostro contributo critico al disegno di legge sullo “Statuto dei lavori”, sempre alla ricerca della mediazione più alta fra una regolazione rigida, che soffoca la propensione ad assumere delle imprese e nega la protezione attiva ai disoccupati, e l’affermazione della garanzia delle tutele essenziali e conseguentemente irrinunciabili per i lavoratori. Considerando i provvedimenti del Governo Renzi sul Piano Lavoro (jobs - act), con particolare riferimento al decreto legge su contratto a termine e apprendistato, la Confsal ritiene che la riforma Fornero vada sostanzialmente emendata alla luce degli effetti occupazionali devastanti della recessione di breve/ medio periodo e del livello dilagante e finanziariamente insostenibile del lavoro sommerso, con il 65% delle imprese che utilizza “lavoratori irregolari”. Siamo convinti che la regolazione del rapporto di lavoro non crei occupazione più di tanto (sono tanti i fattori dell’occupazione), ma può contribuire a ridurla sensibilmente, come accaduto in Italia negli ultimi due anni. Noi della Confsal nel 2012 avevamo paventato il rischio reale che la riforma Fornero, calata in un contesto economico recessivo, avrebbe contribuito ad aggravare la situazione occupazionale e il fenomeno del lavoro sommerso. Allora, purtroppo, sono prevalse tesi diverse portate avanti da altre confederazioni sindacali. Ma la storia, purtroppo, ha dimostrato che noi non ci eravamo sbagliati. Ora, per valutare le proposte del governo Renzi si rende indispensabile farsi guidare da una lettura corretta del dato occupazionale in un’economia che stenta a manifestare una ripresa adeguata della crescita. L’andamento della disoccupazione dal gennaio 2008 al gennaio 2014 è passata dal 6,4% al 12,9% (sud 20,5%, nord 11,5%, centro 8,9%), da 1milione e 600mila a 3milioni e 300mila unità, mentre la disoccupazione giovanile (15/24 anni) ha raggiunto il record del 42,4%. La Confsal ritiene che la “nuova” flessibilità proposta per il contratto a termine, riguardo alla acasualità, alla possibilità di articolare i periodi del contratto - si potranno sommare e frazionare i 36 mesi con la sequenza di otto proroghe - ed alla conferma della soglia del 20%, possa essere una proposta-base per migliorare l’istituto in iter parlamentare. Il contratto a termine per livello retributivo, tutele previdenziali e diritti sindacali non si discosta dal contratto a tempo indeterminato. Semmai sarebbe giusto occuparsi maggiormente delle questioni aperte delle false partite Iva, dei co.co.pro. e degli associati in partecipazione senza tutele. Riguardo, poi, alla previsione per la semplificazione dell’apprendistato, la Confsal, riconoscendo il medesimo quale contratto ideale per l’ingresso nel mercato del lavoro, condivide le modifiche all’istituto con l’auspicio che se ne estenda l’utilizzo. In merito, inoltre, al riordino degli ammortizzatori sociali e delle forme contrattuali, la Confsal condivide la scelta dello strumento della legge-delega. Infatti, l’importanza della materia, quali il riordino delle politiche attive per i disoccupati e la regolazione dei contratti di lavoro, merita il ruolo centrale del Parlamento, in una prima fase nel precisare e approvare i criteri contenuti nella legge-delega e in una seconda fase nell’accompagnare con il proprio parere i decreti delegati. La Confsal ritiene che il progetto di riforma degli ammortizzatori sociali debba essere fondato sulle politiche attive, affinché l’obiettivo del sostegno al reddito sia l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo. La Confsal, inoltre, si batte da tempo per un sistema universale di ammortizzatori con la contribuzione di imprese e lavoratori. Soltanto così si può estendere il sostegno al reddito anche ai precari, includendo tutte le tipologie contrattuali subordinate e parasubordinate senza gravare sulla fiscalità generale. Continua →→ N. 98 — APRILE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO Su questa base la Confsal può fornire il suo contributo nel confronto politico e istituzionale. In merito ai progetti governativi annunciati in materia fiscale, oltre all’attuazione entro un anno della legge-delega, la Confsal è dell’avviso che una valutazione corretta ed equilibrata si potrà fare allorquando si conosceranno i termini di copertura della manovra finanziaria. La detrazione di imposta per una determinata fascia di lavoratori dipendenti per l’ammontare di 10miliardi di euro in ragione d’anno (6,5miliardi di euro per gli otto mesi del 2014) e la riduzione del 10% dell’Irap per le imprese per 2,5miliardi di euro possono considerarsi un primo passo significativo e condivisibile per la crescita, attraverso il sostegno alla domanda interna e la liberalizzazione di risorse per gli investimenti aziendali. Esiste, però, il rischio reale che per trovare la copertura, il Governo intervenga con tagli lineari e irrazionali alla spesa corrente, con la conseguenza della riduzione dell’erogazione dei servizi pubblici primari e dell’abbassamento del livello della loro qualità. Se poi si dovesse intervenire con tagli alle pensioni ipotizzati dal “Piano Cottarelli”, l’effetto inevitabile sarebbe la contrazione della domanda interna che andrebbe a compensare l’effetto positivo della detrazione di imposta destinata ai lavoratori. Sarebbe comunque una ulteriore grave iniquità fiscale e sociale a danno dei pensionati destinatari di assegni di valore basso e mediobasso. La Confsal si opporrà con forza ad un eventuale intervento di tagli alle pensioni basse e medie, nonché alla riduzione drastica di lavoratori pubblici attraverso il blocco totale triennale del turn-over. La Pubblica Amministrazione non potrebbe sopportare ulteriormente: una riduzione del personale con organici al momento sottodimensionati rispetto alla media dell’Europa; l’invecchiamento dei dipendenti con la conseguente insufficiente propensione all’innovazione tecnologica e con una ridotta disponibilità all’ag- giornamento professionale; la disomogeneità dei pensionati nei diversi settori, senza la possibilità del turn-over e in mancanza di un serio progetto di mobilità professionale volontaria. La copertura finanziaria della manovra, a nostro avviso, può realisticamente realizzarsi con la razionalizzazione e la riduzione della spesa pubblica (spendingreview) per 4miliardi di euro, con minori interessi sul debito pubblico per effetto del calo dello spread per 2,5miliardi di euro, con il maggior gettito Iva per effetto dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione dei debiti alle imprese, se dovessero avvenire in buona parte nel 2014, per 4 miliardi di euro e con l’aumento del prelievo delle rendite finanziarie dal 20 al 26% per 2,5 miliardi di euro. La manovra, quindi, troverebbe coperture finanziarie in minori spese per 6,5miliardi di euro e in maggiori entrate per 6,5milardi di euro, per un totale di 13miliardi di euro. La Confsal, pertanto, ritiene che queste quattro maggiori voci, due di minori spese e due di maggiori entrate, non possano garantire la copertura finanziaria agli annunciati sgravi fiscali per i lavoratori (Irpef) e per le imprese (Irap). Relativamente al margine del tetto deficit/Pil dal 2,6 al 3%, per 4/5miliardi di euro ipotetici, mi propongo di affrontare la questione successivamente. Ritornando alle voci di minore spesa, la Confsal esprimerà il massimo impegno affinché la spending-review non assuma per i tagli metodi irrazionali ed iniqui e punti ad eliminare effettivamente sprechi e ruberie nella Pubblica Amministrazione, anche per l’invasione della cattiva politica. Va sottolineato chiaramente che sia i pensionati che i dipendenti pubblici hanno già pagato oltre ogni limite il prezzo della crisi e conseguentemente la Confsal si dichiara assolutamente indisponibile a far passare un ulteriore arretramento giuridico ed economico delle due categorie. Riguardo, poi, alle voci di maggiore entrata, con particolare riferimento alla maggiore imposizione fiscale sulle rendite, la Confsal ha sempre valutato negativamente la tassazione PAGINA 11 del “piccolo risparmio” oltre un certo tetto per ragioni di equità. Pertanto, a nostro avviso, si rende indispensabile una classificazione rigorosa delle diverse categorie di rendite, differenziandone la tassazione aggiuntiva. In altre parole per la Confsal, a parte la marcata specificità dei titoli di Stato, va valutata approfonditamente la natura socioeconomica di un deposito, di un fondo pensioni, di una polizza assicurativa nonché di un’azione e di un’obbligazione. Pertanto, per la Confsal sarà decisivo l’esito dell’iter parlamentare del provvedimento per dare alla discutibile questione un’equa soluzione. In conclusione la Confsal valuta la manovra fiscale coraggiosa e non priva di significato, ma fortemente impegnativa. Potrebbe avere effetti positivi sulla domanda interna di beni e servizi primari, anche se c’è da considerare il possibile differimento della propensione al consumo, nonché sulla liquidità delle imprese per effetto dell’abbattimento del 10% dell’Irap unito ai pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni. Per la copertura finanziaria si è in presenza di un’operazione politicamente e tecnicamente difficoltosa nel trovare un giusto equilibrio fra i diversi interventi. Rimanendo in tema di fisco la Confsal ha chiesto ancora una volta una seria verifica del nuovo carico fiscale sulla casa. All’atto dell’introduzione del nuovo sistema fiscale sulla casa avevamo paventato il rischio reale di un maggiore carico fiscale. La Tari (tassa sui rifiuti) e la Tasi (tributo sui servizi indivisibili) costituiscono insieme un carico fiscale per i cittadini maggiore di quello relativo al vecchio sistema di fiscalità locale. L’occasione dell’attuazione entro un anno della delega fiscale, soprattutto in relazione alla revisione del catasto e alla riduzione della pressione fiscale, può essere preziosa per correggere e alleggerire il carico fiscale sulla casa. La Confsal, come è noto, ha esercitato una forte pressione sul Parlamento per la pronta approvazione della Continua →→ PAGINA 12 SINDACATO– CULTURA—LAVORO legge-delega per la riforma fiscale. Il 27 febbraio 2014, la Camera ha approvato in via definitiva la legge fiscale a “modulazione libera”, ovvero con la previsione di un numero non definito di decreti legislativi. La Confsal prende atto, con soddisfazione della previsione di un sistema tributario meno complesso, più equo, trasparente e orientato alla crescita. Pertanto, si può avviare un percorso stabile e parallelo di riduzione del debito e di lotta seria all’evasione, attraverso il contrasto di interessi fiscali tra contribuenti. Per favorire l’emersione di base imponibile, si punta sul contrasto di interessi e sul potenziamento della tracciabilità con il potenziamento della fatturazione elettronica. La riduzione dell’alta pressione fiscale e del debito pubblico-record può avvenire soprattutto rendendo fisiologico e a livello di Eurozona il fenomeno patologico dell’evasione fiscale, il vero cancro della finanza pubblica e dell’economia italiana. Su 41milioni di contribuenti, i sospetti evasori sono circa 5milioni, il 12% per un’evasione totale di 180milioni di euro l’anno, vale a dire il 17,4% del Pil. In merito, i dati ufficiali delle dichiarazioni dei redditi 2013 sono eloquenti per descrivere il grave e immane fenomeno “tutto italiano” dell’evasione, dell’elusione e dell’erosione fiscale. Pertanto, la Confsal ritiene che la puntuale e corretta attuazione della delega fiscale costituisca la sfida cruciale per il risanamento dei conti pubblici, per la lotta all’evasione e per il reperimento delle risorse da destinare agli investimenti per lo sviluppo economico ed occupazionale. Intanto, è intervenuto in questi ultimi giorni l’Accordo europeo fra i 28 Stati membri in merito allo scambio automatico di informazioni bancarie su sospetti evasori fiscali, che sostanzialmente segna la fine del segreto bancario in Unione Europea. Si tratta di un serio contrasto all’evasione fiscale nascosta dietro la riservatezza dei paradisi fiscali. La previsione della crescita del Pil in Italia si attesta sullo 0,6% nel 2014 e sull’1% nel 2015 che, in comparazio- ne con quella dell’Eurozona dell’1,1% nel 2014 e dell’1,4% nel 2015, si rivela “lieve” e senza consistenti prospettive di sviluppo dell’economia reale e dell’occupazione. L’Italia per “fare crescita” deve: ridurre la spesa pubblica, salvaguardando un livello da eurozona dei servizi pubblici primari, con una nuova filosofia della spendingreview; incrementare l’entrata fiscale, abbassando la pressione fiscale e contrastando seriamente e con sanzioni penali l’evasione, l’elusione e l’erosione fiscale (legge-delega sulla riforma del fisco); convincere la Governance dell’Eurozona e dell’Unione Europea sulle nuove politiche economiche, industriali ed occupazionali da adottare, superando la stagione dell’eccessiva austerità. L’importante svolgimento del ruolo dell’Italia in Eurozona e nell’Unione Europea dovrà partire da un’analisi della situazione socio-economica comunitaria caratterizzata da: una bassa crescita economica; un’elevata disoccupazione; una preoccupante deindustrializzazione; un consistente calo degli investimenti. Conseguentemente, il Governo Renzi, soprattutto nel semestre 1 luglio31 dicembre 2014 a guida italiana, dovrà operare affinché l’Eurozona persegua obiettivi fondamentali quali: la riduzione dei costi dell’energia e del gas; l’apertura di nuovi mercati internazionali; la promozione dell’innovazione; l’aumento di investimenti e nuove infrastrutture; l’accesso al credito; la riforma dei mercati del lavoro; il miglioramento dell’istruzione e della formazione professionale. Il Governo italiano, inoltre, dovrà pressare la Governance europea su due priorità: il completamento dell’unione bancaria; le politiche energetiche e ambientali. In merito alla priorità unione bancaria “compiuta”, già a maggio 2014 ci N. 98 — APRILE — 2014 sarà l’attesa prova degli stress test di resistenza alle crisi economiche di 124 grandi banche europee da parte dell’Autorità Bancaria - Eba. Sui test saranno coinvolte le 15 maggiori banche italiane. I risultati dei test saranno pubblicati a ottobre 2014, poco prima dell’entrata in piena operatività dell’Autorità unica di vigilanza con la regia della Banca centrale europea - Bce e in pieno mandato di Presidenza italiana. Intanto, si dovrebbe perfezionare entro la corrente legislatura europea la costituzione del Fondo Unico di salvataggio delle banche (Salvabanche), sulla base di 55miliardi, la cui attivazione decorrerà dal 1° gennaio 2015. Sulle politiche energetiche e ambientali va preso in considerazione l’andamento storico del costo energetico fra il 2005 e il 2012 che, in soli sette anni, è aumentato del 37%, da comparare con quello Usa che è sceso del 4%. Pertanto, l’alto costo dell’energia in Europa contribuisce ad allontanare gli investimenti dall’Unione. In particolare, il sistema economico italiano subisce un elevato costo dell’energia, nettamente superiore al costo medio dell’Eurozona. Riguardo alle politiche ambientali, si rende indispensabile affrontare la questione aperta della riduzione delle emissioni nocive entro il 2030, la cui soluzione deve necessariamente passare attraverso un’intesa “globale”. Il Governo Renzi, inoltre, dovrà confrontarsi, con pari dignità politica, con la Governance Europea riguardo al possibile allentamento, finanziariamente compatibile, dei vincoli dei Patti europei, escludendo lo sfondamento unilaterale della soglia del 3% del rapporto deficit/Pil per non tornare in procedura di infrazione. È logico e opportuno tentare di concordare un percorso compatibile più disteso di riduzione del debito pubblico (fiscal - compact). La via possibile della crescita dell’economia italiana nel contesto Eurozona si può seguire a due livelli: in Italia, la via di un equilibrato rigore con meno spesa attraverso un’autentica e adeguata spending-review Continua →→ N. 98 — APRILE — 2014 e di una maggiore entrata fiscale con un serio contrasto all’evasione; è anche indispensabile eliminare i privilegi dei settori protetti e dei centri dei poteri forti, come ridurre significativamente la pressione fiscale per lavoratori, pensionati e imprese; in Eurozona la via delle politiche moderatamente espansive, come da tempo suggerisce il Fondo Monetario Internazionale alla Governance Europea che dovrà superare l’eccessiva austerità ad ogni costo. L’Eurozona non può rimanere prigioniera dei suoi eccessivi vincoli pattizi. All’Unione Europea, come all’Italia, non basta più la politica economica dei piccoli passi. L’Unione Europea, oggi, è da ricostruire come è da ricostruire l’Italia nella credibilità politica, nella capacità di sviluppo, di integrazione sociale e di aggregazione del consenso interno ed esterno. Tutto questo potrà avvenire soltanto se si comincia a registrare una ripresa significativa della crescita economica e occupazionale costruita sulla competitività del sistema comunitario e dei sub-sistemi nazionali. Riguardo, infine, alla “flessibilità intelligente” dell’attuazione dei Patti europei in Italia, il premier Renzi e il suo Governo dovrebbero modificare le modalità e i termini nel presentare alla Governance Europea le ragioni sostenibili della richiesta di un rientro più disteso del grande debito pubblico. La Confsal ha preparato una scheda in 10 punti che il Governo italiano potrebbe presentare per chiedere alla Governance Europea una certa flessibilità nell’osservanza nei Patti “sotto la soglia” del rapporto deficit/PIL del 3%, portando il rapporto dal 2,6% al 3% al fine di reperire 4/5 miliardi di euro da destinare alla crescita economica in Italia e precisamente a copertura della manovra finanziaria del 12 marzo u.s.. Le ragioni da portare in Eurozona sono le seguenti: dal 1992 al 2013 l’Italia ha presentato un avanzo statale primario (al netto degli interessi) con la sola eccezione del 2009 in cui si registrò un deficit primario allo 0,8% del PIL; dai primi anni ‘90 la “quota” di mercato dell’Italia rispetto al debito pubblico totale all’Eurozona è costante- SINDACATO– CULTURA—LAVORO mente calata; nel 2013 l’Italia ha presentato un consistente avanzo pubblico primario, per di più conseguito in fase di recessione; nel quadriennio 2012/2015, a politiche invariate, il rapporto deficit/PIL dell’Italia sarà sotto il 3%; nel quadriennio 2012/2015 l’Italia registrerà il più alto avanzo primario rispetto al Pil dell’Eurozona; dal 1996 al 2013 l’Italia ha generato il più grande avanzo statale primario cumulato dell’Occidente avanzato; per la crisi dell’Eurozona l’Italia ha assicurato aiuti per 55miliardi ai Paesi membri in difficoltà, accrescendo il proprio debito; il debito pubblico estero dell’Italia è pari al 45% del Pil in linea con i Paesi virtuosi della Germania (43%), della Finlandia (44%) e della Francia (50%); il debito pubblico interno dell’Italia è gestibile per la ricchezza finanziaria netta delle famiglie italiane (179% del Pil); il riconoscimento della Commissione europea secondo la quale “l’Italia presenta il più basso profilo di rischio finanziario del debito pubblico fra i Paesi dell’Unione Europea, anche per effetto dell’attuale sistema pensionistico”. Questi sono fatti comprovati, certificati e riconosciuti da portare dinanzi alla Governance Europea, ma anche dinanzi ai mercati, alle agenzie di rating e a tutte le Istituzioni internazionali. Certamente tutto questo è merito soltanto dei lavoratori, dei pensionati, delle famiglie e delle imprese che va valorizzato con abilità relazionale in una corretta strategia politica. La politica ha fatto mancare i tagli alla spesa improduttiva, non ha eliminato gli sprechi, non ha perseguito le ruberie, non ha combattuto la grande e diffusa evasione fiscale e per di più non è riuscita a fare le maggiori riforme strutturali, ad eccezione di quella previdenziale e pensionistica, peraltro rivelatasi rigida e penalizzante per pensionandi ed esodati. È su questo punto che il Governo Renzi dovrà guadagnare i suoi meriti, al momento in gran parte costitui- PAGINA 13 ti da interessanti annunci, quei meriti per i quali i lavoratori, i pensionati, i contribuenti onesti e le imprese virtuose hanno già avuto il riconoscimento. A Renzi e al suo Governo per fare tutte queste cose non rimane molto tempo. Su questo punto il decisionismo, o se vogliamo il “velocismo buono”, potrà essere determinante. Infatti, entro la metà di aprile 2014 il Governo dovrà presentare a Bruxelles il Documento economicofinanziario - Def con annessi la Nota di aggiornamento del programma di stabilità e il Piano nazionale delle riforme. Nel Def 2014 dovranno quadrare sconti fiscali, copertura finanziaria e impegni con l’Unione Europea. Nel Def 2014 dovranno essere presenti, tra l’altro, 32miliardi di euro di economie di bilancio, per il triennio 2014/2016. L’eventuale ricorso a maggior deficit 2014 dal 2,6% al 3% al fine di coprire la riduzione dell’imposizione fiscale dovrà ottenere il preventivo via libera da parte della Commissione Europea nell’ambito del rispetto del pareggio di bilancio nel 2015. Il Governo, al fine di reperire ulteriori risorse finanziarie, potrebbe ricorrere al preannunciato Piano per le privatizzazioni di beni immobili e di valori mobiliari. A nostro avviso, le privatizzazioni si devono basare obbligatoriamente sulla preventiva valutazione sociale ed economica del bene. Se poi si dovesse optare per l’alienazione del bene immobile e del valore mobiliare, il prezzo di vendita dovrà corrispondere al prezzo di mercato, al di fuori di ogni logica di svendita. La crescita economica e l’occupazione giovanile in Italia dipende, oltre che dalla riduzione del cuneo fiscale, da qualche decimo di maggior deficit condiviso con la Governance Europea e dalla regolazione del rapporto di lavoro e del welfare, anche da altri decisivi fattori della produzione e della competitività di sistema. La vera grande emergenza italiana è costituita dalla disoccupazione giovanile rappresentata dalla gravità dei seguenti dati: Continua →→ PAGINA 14 un giovane su quattro sotto i 30anni è disoccupato, pari al 25%; la disoccupazione dei giovani sotto i 25anni si attesta ad un valore superiore al 40%; circa un milione e mezzo di giovani sono inattivi, ovvero non cercano più lavoro. Pertanto il Governo Italiano, preso atto della pesante situazione della disoccupazione giovanile, deve puntare su un nuovo concreto e garantito raccordo fra il sistema di istruzione e formazione e il sistema economico-produttivo per superare il gap della difficile transizione scuolalavoro. Le cause che continuano a frenare l’occupazione, e come tali vanno decisamente superate, sono costituite dalla scarsità di profili professionali in alcuni settori e distretti industriali e il livello di competenze spendibili il più delle volte inadeguato alle esigenze del sistema produttivo. Ma il salto di qualità va compiuto sul fronte della ricerca di base e applicata e dell’innovazione tecnologica. Negli anni del dopoguerra e negli anni ’60 il miracolo economico fu sostenuto dall’inventiva di un Popolo privo di grandi capitali, ma capace di creare industria con le sue scoperte. Al contrario oggi nel nostro Paese esistono soltanto 1100 start-up innovative per un totale di 110 milioni investiti nel 2013. Pertanto, a nostro avviso, si rendono indispensabili almeno otto azioni per rilanciare lo sviluppo, consistenti nel: liberare dalle oppressioni e vessazioni di ogni genere i fondi di investimento privati, private equity, venture-capital; prevedere una tassazione agevolata sugli investimenti in ricerca e innovazione, con particolare riferimento a quelli in conto capitale; selezionare la ricerca “utile” a cui destinare prioritariamente i finanziamenti; collegare la ricerca al mercato e interagire con essa; armonizzare l’attività delle università, degli istituti di ricerca e delle so- SINDACATO– CULTURA—LAVORO cietà che finanziano la ricerca; concentrare l’intervento finanziario statale sulla ricerca di base, lasciando alle imprese o alle reti di impresa la competenza e l’onere per il finanziamento della ricerca applicata e della innovazione tecnologica; difendere adeguatamente la proprietà intellettuale; investire bene tutti i Fondi europei per la ricerca. A proposito di quest’ultima azione, lo stanziamento europeo ammonta a 77miliardi di euro (progetto ricercaHorizon2020). Il finanziamento è riservato ai progetti riguardanti la salute e i cambiamenti demografici, la sicurezza alimentare, l’agricoltura sostenibile e la bioeconomia, l’energia sicura, pulita e sostenibile, i trasporti integrati, l’ambiente e i cambiamenti climatici, l’uso efficiente delle risorse, nonché l’inclusione sociale e la sicurezza. Noi della Confsal abbiamo denunciato la grave mancanza dei progetti sulla tutela e sulla conservazione dei Beni culturali. Il Governo farebbe bene ad adoperarsi affinché sia incluso il settore dei Beni culturali per questa tipologia di finanziamento. Per quanto riguarda sempre l’occupazione giovanile, è necessario guardare con molto interesse al Progetto “Garanzia-giovani”. È il programma europeo per aiutare i giovani in difficoltà offrendo loro entro quattro mesi un’opportunità di lavoro e di formazione. Il Ministro del Lavoro ha annunciato recentemente che si stanno definendo gli accordi con le Regioni e preferibilmente si partirà il 1° maggio con la possibilità per i giovani di registrarsi al programma. Si punta a coinvolgere i giovani fino a 29 anni e il Governo stima di intercettare così oltre 900mila soggetti. L’offerta per loro potrà essere un contratto di apprendistato, un tirocinio o stage, un’opportunità di svolgere un servizio civile. Sarà avviato anche un portale che collegherà i Centri per l’impiego pubblici e le Agenzie per l’impiego privato. Recentemente, nell’ambito dell’azione per la competitività del sistema produttivo italiano, si è registrato il provvedimento “Destinazione Italia”, condiviso dalla Confsal. Il de- N. 98 — APRILE — 2014 creto, seppure nato nel contesto politico dei “piccoli passi” del Governo Letta, incide su quattro importanti fattori di competitività che sono: il credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo; la riduzione del costo dell’energia; il voucher a favore delle piccole e medie imprese per la digitalizzazione e l’ammodernamento tecnologico; alcune azioni di supporto alla internazionalizzazione delle imprese e all’attrazione in Italia di start-up innovative. C’è anche da tener presente che sulla disoccupazione giovanile è in programma, nel prossimo luglio, un Vertice tra i leader europei, i cui esiti potrebbero costituire un atto politico di vitale importanza per l’Unione Europea. Una grave e annosa questione al momento accantonata dal Governo Renzi è costituita dal mancato rinnovo dei contratti. Nel primo trimestre 2014 due dipendenti su tre hanno già da molto tempo il contratto di lavoro scaduto ovvero da rinnovare (dati Istat). Sono oltre 8milioni i lavoratori dipendenti senza contratto rinnovato, il 60% circa della totalità. I contratti collettivi da rinnovare sono circa 50 nel settore privato per più di 5milioni di lavoratori e 15 nei comparti pubblici per 3milioni di dipendenti. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di due anni per l’insieme dei dipendenti (media ponderata) e di un anno per quelli del settore privato. Per il settore pubblico i contratti sono bloccati al 31 dicembre 2009 e pertanto sono scaduti da quattro anni e tre mesi. Come è noto, La Confsal, con le sue Federazioni aderenti, ha sempre esercitato una grande pressione politica sui Governi di turno e sul Parlamento, anche con il ricorso alla mobilitazione dei lavoratori e a manifestazioni rivendicative di protesta con esiti alterni nel settore privato e purtroppo negativi nel settore pubblico. Infatti nel settore privato si sono sottoscritti importanti contratti e al momento sono aperte numerose trattative, seppure impegnative e Continua →→ N. 98 — APRILE — 2014 complesse. Per i pubblici dipendenti i Governi che si sono succeduti dal 2010 al 2014 non hanno colpevolmente previsto in bilancio alcuna copertura finanziaria per il rinnovo dei contratti. Le Federazioni del pubblico impiego aderenti alla Confsal hanno seguito tutte le strade percorribili per rivendicare il rinnovo dei contratti scaduti e in subordine il rispetto dei termini giuridici ed economici previsti dai contratti vigenti per effetto di proroga automatica. Tra le tante azioni rivendicative qualcuna ha avuto effetti soddisfacenti, come quella “politica” dello Snals-Confsal per il recupero degli scatti stipendiali per il personale della scuola e quella della ConfsalUnsa dinanzi all’Autorità giudiziaria per “l’incostituzionali-tà della normativa”, che blocca le retribuzioni e la contrattazione collettiva. Ora, il Governo Renzi deve prendere atto della grave discriminazione subita dai pubblici dipendenti che in questi ultimi anni, hanno dovuto cedere, tra l’altro, molti punti, in termini assoluti e relativi, di potere d’acquisto. A parte la grave iniquità del sensibile arretramento delle retribuzioni pubbliche, c’è da chiedersi: ma il potere di acquisto di un pubblico dipendente, sostiene la domanda interna come quello di tutti gli altri cittadini? Al Governo Renzi compete una risposta precisa se vuole evitare di continuare a rappresentare il peggiore datore di lavoro in Italia e in Unione Europea. La Confsal ha chiesto l’apertura di un tavolo a Palazzo Chigi per un franco confronto con il “Governo collegiale”, affinché si programmi e si “metta in conto” un’adeguata copertura finanziaria per il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti, sia per la parte normativa che per quella economica. Per la Confsal, per passare da una legittima e motivata rivendicazione a forti e diffuse azioni di lotta, il tempo è ormai breve. Anche questo dovrà tener presente il Governo per portare immediatamente a soluzione la questione del rinnovo dei contratti del settore pubblico. Sulle pensioni il Governo Renzi è chiamato a valutare con molta serietà e senso di equità quanto è stato SINDACATO– CULTURA—LAVORO fatto dai precedenti Governi in termini di penalizzazioni e discriminazioni dei pensionati, dei pensionandi, degli esodati e dei dipendenti a “quota 96”. Il potere di acquisito dei pensionati italiani ha subito in 15 anni una forte e progressiva perdita, stimata al 30% della retribuzione reale. Il 50% dei pensionati italiani è da tempo sotto la soglia di povertà, il 44% si colloca nella fascia marginale dei consumatori di beni di prima necessità e di servizi essenziali. Solo il 6% può permettersi un livello di benessere dignitoso o buono, ma in questa fascia certamente non sono tutte pensioni d’oro. Pertanto, non è proponibile, neanche sul Tavolo tecnico di Cottarelli, l’imposizione di un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti pensionistici di basso e medio livello. Al contrario sul Tavolo politico di Palazzo Chigi va posta con urgenza una seria questione, che è quella degli sgravi fiscali delle pensioni, almeno quelle basse e medio-basse e di una modulazione più flessibile e intelligente delle uscite dal lavoro, affinché si cancellino le gravi illogicità e le numerose criticità della riforma Fornero che penalizzano i pensionandi e, per l’effetto indotto del blocco del turn-over, i giovani in cerca di occupazione. Sulle riforme costituzionali, la Confsal ritiene che oltre al necessario taglio del costo della politica, si debba puntare a rendere più funzionali le Istituzioni del nuovo sistema all’esercizio dei diritti costituzionali e ad un’amministrazione pubblica corretta, trasparente ed efficace. In particolare, sulla riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione, la Confsal auspica un nuovo riequilibrio fra centro e periferia, eliminando le costose sovrapposizioni di poteri e di funzioni. In merito all’attacco politico e mediatico al ruolo del sindacato italiano quale corpo intermedio rappresentativo, la Confsal risponde con la sua storia di sindacato libero e autonomo al servizio dei lavoratori e dei pensionati italiani, ai quali spetta il giudizio democratico e inappellabile sul valore del nostro ruolo e della nostra funzione presente e futura. PAGINA 15 Riguardo, poi, alle recenti “cattiverie” mediatiche su Caf e Patronati, a noi della Confsal è chiaro che vengono da quelle lobby che considerano il servizio alla persona come strumento di potere economico. I Caf organizzati dai sindacati, i patronati e altri servizi assicurati ai lavoratori e ai pensionati garantiscono la possibilità di accesso gratuito o a basso costo all’assistenza. Tutto questo confligge con gli interessi di ben individuate lobby. Il Governo Renzi, pertanto, non riduca le potenzialità organizzative e finanziarie dei servizi sindacali alla persona al fine di evitare che in un prossimo futuro alcune lobby si assicurino un’area di importanti servizi a danno dei lavoratori, dei pensionati e dei cittadini utenti. Il Premier Renzi in un recente passato e in più occasioni aveva espresso l’intenzione di promuovere un provvedimento di legge sulla rappresentatività e sulla rappresentanza sindacale, trovando puntualmente la piena condivisione dell’iniziativa da parte della Confsal. Al momento, esiste una ragione fondamentale in più per procedere rapidamente all’approvazione in Parlamento di una legge-quadro, potendo recepire i contenuti degli accordi sottoscritti tra la Confidustria e le maggiori Confederazioni italiane, inclusa la Confsal. In conclusione, la Confsal ha fondate motivazioni e forti ragioni per chiedere al Governo Renzi la “svolta buona dei fatti” in Italia e, per quello che può essere un incisivo ruolo italiano, in Europa e soprattutto di unire al coraggio del cambio di passo la reale affermazione dell’equità sociale, non tenuta sufficientemente presente dai Governi precedenti. La Confsal non si è affrettata, come altre confederazioni sindacali, ad esprimere valutazioni più o meno positive sui primi due decreti governativi, perché era allora ed è ancora in fiduciosa attesa della preannunciata organica azione di Governo in Italia e in Eurozona, da esplicarsi nei primi cento giorni di Governo, prima dell’1 luglio, data di inizio del semestre di Presidenza italiana nell’Unione Europea. Continua →→ PAGINA 16 SINDACATO– CULTURA—LAVORO È bene, però, affermare che la Confsal non potrà mai condividere con il Governo Renzi la politica del “travaso” di risorse, finanziariamente “compensativa” fra lavoratori e pensionati, in special modo tra quelli che si collocano nelle vecchie e nelle nuove fasce di povertà. La Confsal potrà condividere, invece, un’azione governativa organica e complessiva orientata all’equità sociale e alla crescita economica e occupazionale, ponendo sempre al centro dell’economia reale e della finanza pubblica il lavoro e della società civile la persona. Infine, intendo soffermarmi brevemente sullo stato e sulla prospettiva di un grande Progetto, il progetto europeo dei padri costituenti, con l’obiettivo dichiarato di “un’unica cittadinanza e di un’unica entità politica: l’Unione Europea dei Popoli”. Quel grande progetto oggi è ridotto ad una unione di libero scambio e, per alcuni Paesi, ad una unione monetaria e ad un unico sistema bancario, peraltro ancora incompiuto e alquanto precario. Per molti giovani cittadini italiani e europei l’Unione Europea è avvertita soltanto per le grandi criticità del presente e non è assolutamente considerata una reale opportunità di lavoro e di be- nessere. Le scelte politiche di corto respiro da parte delle Governance europee che si sono succedute, soprattutto negli ultimi anni, hanno diviso gli Stati membri fra virtuosi e non virtuosi, mortificando la natura solidale e inclusiva del progetto europeo. La storia vissuta ha affermato che “il rigore per il rigore” non è funzionale alla costruzione dell’Europa dei Popoli. Siamo arrivati al punto che non basta più affidarsi alla memoria delle tragedie e delle miserie belliche per salvare il grande Progetto Europeo dalle spinte nazionalistiche e dal populismo dilagante. Per salvare il grande progetto si rende necessaria e urgente una decisa e radicale svolta politica per costruire l’Europa del lavoro e del benessere, dell’integrazione e della coesione sociale, della legalità diffusa e della convivenza civile e solidale. È indispensabile che la “nuova” Governance Europea, che si insedierà nei prossimi mesi durante il semestre a guida italiana, cambi la strategia dello sviluppo, dell’occupazione e della sana finanza pubblica, che vuol dire anche uscire dall’eccessiva austerità. Tutto questo deve avvenire puntualmente nei prossimi mesi se si vuole ancora realizzare il N. 98 — APRILE — 2014 grande progetto dei padri fondatori di una vera e autentica Unione Politica Europea. A nostro avviso, non si può pensare ad una prossima campagna elettorale, per l’elezione delle Istituzioni Europee, incentrata soltanto sull’euro, che rimane uno strumento funzionale alla realizzazione del Progetto Europeo se impiegato bene, ma che può anche costituire una “camicia di forza” per una Unione destinata a rimanere incompiuta e per certi versi senza concrete prospettive. La Confsal, nel confronto elettorale, non cadrà in un dibattito angusto fra “euro-SI” ed “euroNO”: non è questo il dibattito che merita il grande progetto dei padri costituenti. La Confsal, al contrario, è impegnata a presentare un organico Manifesto per “l’altra Europa”, quell’altra Unione Europea, la sola che potrà essere condivisa, partecipata e sostenuta dalle giovani generazioni. Sugli sviluppi della nostra azione politicosindacale, la valutazione è affidata al Consiglio, che si esprimerà, come di consueto, con un ampio e proficuo dibattito e si concluderà con una articolata mozione finale, che sarà inviata, quale nostro contributo, al Governo e al Parlamento. W la Confsal! Marco Paolo Nigi N. 98 — APRILE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 17 NOTIZIE DALLA FEDERAZIONE CONFSAL-UNSA BLOCCO DEI CONTRATTI! ANZI, NO. Quando nel 2008 scoppiò la terribile crisi economico-finanziaria, partita dagli Stati Uniti per poi espandersi a livello mondiale, qui in Italia si cominciò a cercarne i rimedi con un certo ritardo. Infatti a volte la nostra classe politica, pur di non ammettere “il disastro” che si stava per abbattere sui cittadini, tendeva a minimizzare la portata di quei tremendi “segnali” e delle inevitabili conseguenze che avrebbero avuto anche su di noi. E fu così, quindi, che a crisi conclamata a livello globale, per tutti gli italiani “normali”, ma non per quel 10% delle famiglie che detiene circa il 50% della ricchezza del Paese (!), cominciò un lunghissimo periodo di “vacche magre” che ancora non ha termine. Fra le misure adottate dai nostri governanti, quella che, a nostro parere, risultò essere la più odiosa fu il blocco del rinnovo dei contratti di tutta la vasta area dell’impiego pubblico, come se la causa di tutti i mali fossero i circa tre milioni e mezzo di pubblici dipendenti, che ora dovevano fare da bancomat per le casse dello Stato! Per noi “ministeriali” significò, e significa ancora, il blocco dei contratti al 31.12.2009 (data di scadenza dell’ultimo contratto sottoscritto) e che da quella data stiamo andando avanti con la “favolosa” indennità di vacanza contrattuale, che sfiora addirittura la bellezza di…13 Euro mensili, circa! Ma siccome i guai non vengono mai da soli, la data in cui avremmo dovuto dotarci di un nuovo contratto è stata di volta in volta procrastinata con interventi legislativi di dubbia lungimiranza. Eh si, perché se al mancato rinnovo dei contratti (e conseguente aggiornamento degli stipendi), si vanno ad aggiungere tasse e tributi, aumento dell’inflazione, taglio di molti servizi di primaria importanza, rincaro dei servizi “superstiti” e spaventosa perdita del potere d’acquisto degli stipendi stessi (che ha raggiunto percentuali a due cifre!) si capisce benissimo che il legislatore non ha minimamente tenuto conto che i suindicati provvedimenti, più che produrre una significativa diminuzione della spesa pubblica, hanno prodotto soprattutto un effetto recessivo che ha avuto riflessi ancora peggiori sull’intera economia nazionale. Basti considerare, a tal riguardo, che svariati milioni di famiglie italiane sono entrate a pieno titolo (si fa per dire…) nella terrorizzante “soglia di povertà”, in cui si sono ritrovati anche moltissimi dipendenti pubblici appartenenti alle fasce retributive medio-basse. E ancora non sappiamo se il precipitare a picco della situazione economica del Paese abbia finito di produrre i suoi devastanti effetti, oppure se dobbiamo addirittura aspettarci di peggio. Tuttavia, sembrerebbe (ma il condizionale è più che mai doveroso…) che l’attuale governo intenda intraprendere una seppur timida inversione di marcia sia in ordine ad una seria riforma della PA sia in ordine ad una soluzione che consenta di sbloccare l’odioso congelamento del nostro contratto. Ci riuscirà? Presto per dirlo, perché al momento l’unico membro del governo che si è espresso in tal senso è Marianna MADIA, ministra della Semplificazione e della Pubblica Amministrazione, ed è notorio che la volontà di un solo ministro mal si concilia con decisioni che necessariamente devono essere collegiali e quindi coinvolgere anche altri membri del governo stesso ( ad esempio il Ministro dell’Economia…) ed organismi di controllo dello Stato. Comunque, ad esacerbare gli animi dei pubblici dipendenti, nei giorni scorsi, ci si è messa anche una notizia, diffusa da tutti gli organi di informazione, che l’hanno desunta dalla lettura del Documento di Economia e Finanza (DEF) presentato nei giorni scorsi e che riferiva di una proroga del blocco dei nostri contratti fino a tutto il 2020! Confsal-Unsa, in risposta a questo genere di ipotesi, ha ritenuto di dover tempestivamente rendere noto al ministro Madia di essere pronta all’immediata mobilitazione del personale, a ferma tutela del diritto al rinnovo del contratto, scaduto dal 31 dicembre 2009. Ma, con il comunicato stampa n. 95 dell’11 aprile 2014, il Ministero dell’Economia ha categoricamente smentito tale sciagurata ipotesi, chiarendo che le previsioni contenute nel DEF 2014 sono elaborate sulla base della legislazione vigente, che determina la spesa per redditi da lavoro delle amministrazioni pubbliche, e quindi costruite tenendo conto solo degli effetti economici conseguenti da leggi e norme già in vigore. Al di fuori del linguaggio un po’ “politichese”, il Ministero dell’Economia ha voluto solo sottolineare che: Non esiste ancora la norma che provvede allo stanziamento delle risorse per il rinnovo dei trienni contrattuali 2015-2017 e 2018-2020; Pertanto non è tecnicamente possibile considerare i corrispondenti importi nello scenario di previsione a legislazione vigente. In tale scenario si considera, perciò, solo l'indennità di vacanza contrattuale, in quanto erogata automaticamente per effetto di norme già vigenti. Accogliamo dunque la smentita “istituzionale” circa le ipotesi di proroga del blocco contrattuale, smentita che avevamo formalmente sollecitato. Ma rinnoviamo la richiesta di una soluzione prima di tutto politica e sociale della questione stipendiale del pubblico impiego, che travalica dopo tutti questi anni di sacrifici le mere questioni economicocontabili. Massimo Battaglia PAGINA 18 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 RACCOLTA INFORMATIVA GIURIDICA—LEGALE In questa rubrica pubblichiamo gli articoli che rivestono particolare importanza, per il loro contenuto giuridico-legale a cura di M. Antonietta Petrocelli Cassazione. Sentenza n. 7107 del 26 Marzo 2014. Giurisdizione del giudice ordinario e principi generali applicabili al pubblico impiego. Nell'ambito del lavoro pubblico contrattualizzato la pubblica amministrazione, in determinate circostanze, gode di un certo margine di discrezionalità. Salvo casi eccezionali (si pensi a determinate categorie di lavoratori impiegati in ambiti particolari, come i magistrati) in quanto a giurisdizione, pubblico impiego e lavoro privato sono equiparati: competente a conoscere della causa tra il dipendente e la pubblica amministrazione datore di lavoro è il giudice ordinario. Ciò è espresso chiaramente all'art. 63 del d. lgs. 165/2001 (rubricato "norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"; nella specie, l'art. 63 riguarda la giurisdizione nei rapporti di lavoro). Il giudice ordinario ha infatti il potere di emettere "sentenze di accertamento, di condanna e costitutive nei confronti della pubblica amministrazione", nei limiti tuttavia della "scelta fiduciaria", ambito riservato alle scelte discrezionali della pubblica amministrazione. Infatti "il giudice ordinario può emet- tere una pronuncia costitutiva del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato soltanto si tratti di attività vincolata e non discrezionale e non quando si tratti di scelta fiduciaria". Nel caso di specie è tuttavia legittimo che il dirigente, al quale sia stato preferito altro candidato, possa dolersi innanzi al giudice ordinario dell'adozione, da parte dei pubblici uffici, di politiche discriminatorie. Pur avendo discrezionalità la pubblica amministrazione deve infatti pur sempre rispettare i canoni generali vigenti nel nostro ordinamento e applicabili a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro; si tratta in particolare della buona fede e della correttezza contrattuale, enunciati agli articoli 1175 e 1375 cod. civ. e sicuramente applicabili anche nel caso in oggetto. N. 98 — APRILE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 19 Cassazione, con sentenza n. 15490 del 7 aprile 2014. Non è penalmente responsabile il datore di lavoro per omessa vigilanza sul lavoratore negligente. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 15490 del 7 aprile 2014, decidendo in merito alla correttezza della sentenza con cui la Corte d'appello confermava la sentenza del GIP che dichiarava il legale rappresentante di una società colpevole del reato di cui all'art. 589, commi 1 e 2, cod. pen., avendo, per colpa generica e specifica, causato la morte del lavoratore dipendente (deceduto a seguito delle gravi ustioni riportate dopo essere stato investito dalle fiamme improvvisamente sviluppatesi dai vapori di carburante, ancora presenti all'interno di autoveicolo, non bonificato, che il predetto era intento a demolire, mediante l'uso di cannello ossipropanico, senza che il medesimo indossasse gli indumenti ignifughi di protezione e seguisse le procedure di cautela del caso), ha affermato che "non è dubbia la correttezza dell'incipit della sentenza gravata: il datore di lavoro è garante, fra l'altro, del puntuale rispetto delle misure prevenzionali, se del caso, quando le dimensioni aziendali ciò rendano inevitabile, delegando soggetto all'uopo incaricato, dotato dei necessari poteri e delle specifiche competenze.". Tuttavia la Suprema Corte ha precisato che la Corte territoriale, ignorando la rilevante circostanza che il legale rappresentante assumeva risultare dall'organigramma in atti, la presenza di un dipendente preposto al taglio delle carcasse dei mezzi da demolire, con ragionamento, pertanto, gravemente illogico, in quanto ingiustificatamente apodittico, ha concluso semplicisticamente, per la penale responsabilità del legale rappresentante che non poteva discolparsi in quanto "avere (...) adempiuto a tutti gli obblighi di prevenzione degli infortuni previsti dalla legge (...) non lo esonerava dall'obbligo di controllare e garantire l'effettiva osservanza delle misure di prevenzione da parte dei lavoratori". Accolto il motivo di ricorso dell'imputato secondo il quale la Corte aveva offerto giustificazione illogica ed apparente in ordine alla penale responsabilità per omessa vigilanza finendo per condannare il ricorrente su basi oggettive, a cagione della mera posizione ricoperta. "Ciò era irragionevole ed ingiusto, non potendosi pretendere dal datore di lavoro la diuturna e assillante vigilanza sul rispetto da parte dei dipendenti delle procedure di sicurezza previste. Né, a tal fine, poteva pretendersi, quali che fossero le dimensioni della struttura aziendale, la nomina di un controllore." Evidente la severa inadeguatezza del costrutto motivazionale - affermano i giudici di legittimità - non essendo da esso consentito trarre i necessari elementi valutativi per misurare la dimensione aziendale e, di converso, l'esigibilità del compito di sorveglianza personale posto personalmente a carico del datore di lavoro. La motivazione si mostra inoltre gravemente orfana dei dati di conoscenza concernenti le competenze ed abilità del lavoratore rimasto vittima dell'incidente. Non è superfluo - si legge nella sentenza - ricordare che ove la dimensione e complessità aziendale avessero reso necessario l'esercizio del dovere di vigilanza mediante soggetto all'uopo delegato, di quest'ultimo si sarebbe reso necessario conoscere dei relativi poteri e delle pertinenti competenze e qualifiche, in definitiva, delle concrete attitudini ad impedire pericolosi scostamenti dalle procedure di sicurezza. In ogni caso, infine, non poteva passare in silenzio l'attento scrutinio del sinistro, al fine di accertare se esso sia dipeso da manovra e/o procedura, oltre ad eventuale mancata adozione dei presidi individuali di sicurezza, non prontamente ed efficacemente emendabile; o, seppure, esso ha finito per incarnare e rendere tragicamente palpabile approssimativi e inadeguati procedimenti aziendali, affidamento di attività rischiose a soggetti non adeguatamente qualificati, predisposizione di sistemi di vigilanza non perfettamente efficienti. Dunque la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata rinviando per nuovo esame, alla luce delle osservazioni svolte, alla Corte d'Appello. PAGINA 20 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 Cassazione. Sentenza n. 1777 del 28 gennaio 2014. Assenze per lunghi periodi di malattia e applicabilità del licenziamento. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 1777 del 28 gennaio 2014, ha affermato che "l'art. 2110, c. 2, c.c. prevede che nel caso di malattia del lavoratore il datore possa recedere dal rapporto di lavoro solo dopo il decorso del periodo di conservazione del posto di lavoro fissato dalla legge e dai contratti collettivi. Le disposizioni dell'art. 2110 c.c., infatti, impediscono al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cosiddetto comporto), nell'ambito di un contemperamento degli interessi confliggenti del datore stesso (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi senza perdere i mezzi di sostentamento e l'occupazione), così riversando sull'imprenditore il rischio della malattia del dipendente.". La giurisprudenza di legittimità si legge nella sentenza - ha coordinato tale principio in relazione alle varie fattispecie legali di recesso prevedendo che lo stato di malattia: a) non preclude l'irrogazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragion d'essere la conservazione del posto durante la malattia in presenza di un comportamento che non consente la prosecuzione neppure temporanea del rapporto; b) parallelamente sospende l'efficacia del licenziamento per giustificato motivo o il decorso del periodo di preavviso (se la malattia sia intervenuta durante tale periodo). Ne consegue che il licenziamento, che non sia irrogato per giusta causa, durante lo stato di malattia è sospeso fino alla guarigione e da quel momento riprende la sua efficacia. Il caso preso in esame dalla Suprema Corte ha come protagonista un dipendente comunale, addetto all'ufficio legale, licenziato per il suo atteggiamento assenteista che aveva dato luogo ad un comportamento di gravità tale da giustificare la sanzione espulsiva. Il lavoratore, ricorrendo in Cassazione, contesta la sentenza non definitiva della Corte d'Appello nella parte in cui ritiene che, avendo ricevuto la contestazione in periodo di congedo per malattia, il procedimento disciplinare doveva ritenersi sospeso fino alla cessazione del congedo, di modo che il termine per l'irrogazione della sanzione previsto dalla norma collettiva (gg. 120 dalla contestazione) doveva ritenersi rispettato. Sostiene, invece, parte ricorrente che non esiste alcun automatismo tra la malattia e la sospensione del procedimento disciplinare e che tale sospensione avrebbe dovuto essere frutto di un provvedimento esplicito dell'Amministrazione, da emanare solo ove ne fosse stata effettuata richiesta dal lavoratore allo scopo di spiegare la sua difesa. Nel caso di specie, precisano i giudici di legittimità, il momento di sofferenza del procedimento di licenziamento irrogato al lavoratore va individuato non nella circostanza che l'addebito sia stato contestato durante lo stato di malattia, atteso che l'efficacia della contestazione rimarrebbe a sua volta sospesa fino al momento della guarigione, ma nella verifica dell'effettivo godimento delle garanzie apprestate dalla legge e dalla norma contrattuale per l'esercizio di difesa del lavoratore. "Al riguardo, infatti, la giurisprudenza di legittimità, proprio con riferimento alla disposizione contrattuale ora in esame, ha enunziato il principio che qualora il contratto collettivo preveda termini volti a scandire le fasi del procedimento disciplinare e un termine per la conclusione di tale procedimento, solo quest'ultimo é perentorio, con conseguente nullità della sanzione in caso di inosservanza, mentre Ì termini interni sono ordinatori e la violazione di essi comporta la nullità della sanzione solo nel caso in cui l'incolpato denunci, con concreto fondamento, l'impossibilità o l'eccessiva difficoltà della sua difesa." Secondo quanto accertato dal giudice di merito e ribadito dal ricorrente stesso con il ricorso, il dipendente aveva fruito di un periodo di malattia dal giorno 12 aprile 2000 al 20 agosto 2000, di modo che la contestazione scritta dell'addebito (inviata dal datore il 13 aprile e realizzatasi il 19 aprile con il ricevimento dell'atto scritto) intervenne durante il periodo in cui il diritto di recesso del datore è sospeso, ai sensi dell'art. 2110, c. 2, c.c. Sempre nel giudizio di merito è emerso che dopo il 20 agosto il Comune in data 23 agosto reiterò la "convocazione scritta per la difesa" prevista dall'art. 24 del ccnl (c. 3) già inviata il 26 aprile in costanza del periodo di malattia. "La contestazione fu, dunque, validamente effettuata nel corso del periodo di malattia, anche se - a seguito della sospensione di efficacia ex art. 2110 c.c. - divenne operante solo dal momento della guarigione. Tale considerazione comporta che il lasso di tempo intercorso tra la contestazione (rectius il momento di efficacia della contestazione) e la irrogazione del licenziamento, corrispondente alla durata massima del procedimento disciplinare scansita dall'art. 24 del CCNL, deve essere fissato in misura pari al periodo 20 agosto 2000 - 22 settembre 2000, ovvero in termini largamente rientranti in quelli massimi indicati dal sesto comma della disposizione collettiva". N. 98 — APRILE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 21 Cassazione: no al risarcimento dei danni per sovraccarico di lavoro La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8804 del 15 aprile 2014, ha ricordato che "Al fine dell'accertamento della responsabilità, di natura contrattuale, del datore di lavoro di cui all'art. 2087 cod. civ., incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro - una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze - l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo". Nel caso preso in esame dalla Suprema Corte, un dipendente della Regione esponeva di aver subito un infarto al miocardio imputabile ex art. 2087 c.c. al datore di lavoro per il sovraccarico di lavoro, le vessazioni di un superiore gerarchico configuranti "mobbing" e la sottoposizione a procedimenti penali - successivamente archiviati - collegati all'attività lavorativa. Rientrato al lavoro dopo l'assenza per malattia - affermava il dipen- dente - non era stato sottoposto a visite di controllo da parte della Regione e, accertata un'invalidità del 50% all'esito di due visite mediche presso la USL da lui richieste, gli veniva proposto il collocamento in mansioni inferiori che non aveva accettato, sino a quando veniva dispensato dal servizio e illegittimamente collocato a riposo anzitempo per inabilità fisica. Chiedeva su tali basi la condanna della Regione al risarcimento dei danni sotto il profilo del danno biologico, da lucro cessante, "da mobbing", morale e alla vita di relazione. La domanda, all'esito di prova testimoniale e c.t.u. medicolegale, veniva respinta dal Tribunale, la cui pronuncia veniva confermata dalla Corte d'Appello.mLa Corte di merito affermano i giudici di Piazza Cavour - ha correttamente argomentato che "quello che rileva ai fini della valutazione di responsabilità datoriale nella determinazione dei danni di cui si chiede il ristoro in causa non attiene all'assolvimento degli adempimenti imposti dal D.Lgs 626 a titolo generale e preventivo, ma al concreto rispetto degli obblighi di tutela e prevenzione posti a suo carico nei confronti del singolo lavo- ratore. Ciò vale tanto più quando, come nel caso in esame, non erano state realizzate modificazioni del processo produttivo che imponessero una revisione del documento di valutazione dei rischi e la patologia che ha determinato l'assenza del dipendente è di natura multifattoriale e quindi non automaticamente ricollegabile a specifiche caratteristiche intrinseche di pericolosità dell'attività svolta. A fronte poi dell'assenza nel D.lgs. 626 del 1994 all'epoca vigente di una definizione del concetto di "salute", non risulta possibile imporre al datore di lavoro, in assenza di evidenze epidemiologiche, di segnalazioni o indicazioni da parte dei lavoratori interessati, la specifica analisi nel documento di valutazione dei rischi delle possibili cause dello stress lavoro-correlato." Inoltre la Corte d'Appello - si legge nella sentenza - al fine di concludere che l'amministrazione aveva tenuto una condotta conforme al dovere di protezione del dipendente ha valorizzato la circostanza che i nuovi compiti furono ancora rimodulati dopo la visita della Commissione medica ed in considerazione di quanto da essa accertato, con la revoca degli incarichi di responsabilità. Richiamando quanto già affermato in precedenti pronunce, la Suprema Corte ha poi ribadito che "la responsabilità del datore di lavoro per la violazione dell'obbligo posto dall'art. 2087 cod. civ. non ricorre per la sola insorgenza della malattia del lavoratore durante il rapporto di lavoro, richiedendosi che l'evento sia ricollegabile a un comportamento colposo dell'imprenditore che, per negligenza, abbia determinato uno stato di cose produttivo dell'infermità". PAGINA 22 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 COVER ART: ABDUL MATI KLARWEIN In quiescenza bisogna pure occuparsi di qualcosa! Personalmente, oltre al sociale e ad una presenza ministeriale non trascurabile come Ispettore onorario di tre Regioni, trascurando del tutto il fare architettura che mi ha coinvolto per tanti anni, ho privilegiato i miei hobby di gioventù, la creatività artistica, la musica e la storia dell’arte, anche perché non pochi dipendenti del Mibact sono ugualmente portati per queste cose. Riguardo quest’ultime dato che da tanti anni scrivo recensioni, faccio interviste e curo rubriche su siti, giornali e riviste varie riguardanti la musica (L’isola che non c’era-Raro-Raropiù etc.), anche qui, se gradito, vorrei parlare della Storia dell’arte che spesso vediamo sulle copertine dei dischi, e di musica. Una rubrica così la fece anche, sulla rivista Rumore, il noto critico Luca Beatrice, anche se per poco e comunque successi- vamente al sottoscritto. Iniziamo con un artista poco conosciuto ma efficace nei suoi lavori, Mati Klarwein e di due dei suoi musicisti preferiti, Miles & Carlos. Abdul Mati è dunque L’artista che ha accompagnato sia Miles Davis che Carlos Santana nei loro più grandi successi, per non parlare degli Osibisa, degli Earth Wind & Fire, e di un’altra cinquantina di album e storici. Parliamo solo di due fra i più noti iniziando, marginalmente, dal disco di Miles Davis, Bitches Brew perchè non credo che oggi come oggi abbia ancora senso scriverne, è stato talmente importante e fondamentale per l’evoluzione della musica e con una copertina talmente nota (ci fecero ai tempi anche delle etichette per bottiglie di vino) e che viene periodicamente celebrato, almeno ogni dieci anni, con riedizioni allargate (foto 1) che ormai tutti lo conoscono! Preferisco parlare quindi di quello successivo, quel Live Evil (foto 2) quasi tutto dal vivo, pure questo doppio e riassemblato, ricomposto da quel mostro di produttore che fu Teo Macero. Un disco che all’epoca forse vendette anche di più del rivoluzionario, ipercelebrato e apripista Bitches, naturalmente era sulla sua scia, e che accolse anch’esso nella doppia copertina, un disegno, anzi un quadro, di Mati Klarwein che all’epoca si faceva chiamare Abdul, un artista tedesco di origine polacca e di estrazione ebraica ma che si sentiva profondamente arabo e africano, almeno con il cuore. Dicevamo del disco, anche qui brani leggendari, anche se inferiori come qualità sia alla perfezione di In a silent way, il vero inizio della fusion davisiana, che all’orgiastica svolta di Bitches, più vicini a quell’inizio di funk che troviamo in un disco del ’68 Miles in the Sky (cover di Victor Atkins), chiaramente riferito alla Lucy in the Sky dei Beatles del Sgt. Pepper’s. L’ensemble anche qui è da capogiro anche se suddiviso in vari sestetti o ottetti: Corea, Zawinul, Airto, McLaghlin, Hanckock,Cobham, Jarrett, Holland, De Jonette, Carter, Grossman, Shorter, Pascoal, Bartz, Hendersen, tutta gente che è salita nell’Olimpo della musica e che ha fatto la storia del jazz, della fusion e del rock, nei decenni successivi. E visto che li abbiamo citati tutti, citiamo anche il sitarista che ebbe effettivamente più spazio solo nelle edizioni complete, in quel The Cellar Door Sessions pubblicato nel 2005, Khalil Balakrishna che diede un tocco rileyano ad alcuni brani. I pezzi, un paio cortissimi e che ispirarono molto i Weather Report degli esordi il resto chilometrico, con uno in particolare Continua →→ N. 98 — APRILE — 2014 I pezzi, un paio cortissimi e che ispirarono molto i Weather Report degli esordi il resto chilometrico, con uno in particolare il cui titolo dice tutto Funky Tonk in cui Davis usò per la prima volta la tromba elettrica, distorta al wah wah, avvicinando il suono della sua tromba in modo impressionante ai gemiti della chitarra di Hendrix. L’avvicinamento non fu casuale, Davis avrebbe davvero voluto collaborare con Jimi dopo il concertone del ’70, a cui entrambi parteciparono, dell’isola di Wight e forse prima o poi qualcuno caccerà fuori le sessions private se furono registrate. Ed allora vai con un ritmo esasperato, con gli assoli e le divagazioni che più funky non si può. In pratica il brano continua nella quarta facciata tutta occupata da Inamorata in cui gli assoli di tromba, elettrici come non mai, arrivano allo stremo e il ritmo si fa ancora più incredibile con finale (si può dire?) proprio alla Voodoo Chile. C’è l’intermezzo narrato di Conrad Roberts che attenua SINDACATO– CULTURA—LAVORO il furore e ci riporta al clima del disco n. 1, dove spicca la lunga What i say in cui Airto fornisce un’ampia prova di percussioni, il piano è godibilissimo e gli assoli di sax soprano altrettanto con una batteria che non può non far venire a mente quella di Ginger dei Cream di Weels on fire. La copertina raffigura ‘la vita’ in una bellissima composizione etnico-surrealista che in qualche modo si allaccia al celebre predecessore e che sottolinea l’aspirata negritudine dell’autore. Un drappo purpureo parte dallo scialle della nuda donna incinta e si trasforma in un viso fiammeggiante, a cui poi il nostro si ispirerà per una delle numerose copertine per Buddy Miles. Su uno sfondo geometrico bianco e oro che richiama il cufico geometrico anticamente usato per decorare le moschee, la figura centrale spicca forse più dei due visi centrali di Bitches mentre un’altra misteriosa simbologia scaligera circonda l’altro busto di donna etiope che vediamo sulla sinistra, nel velo acquati- PAGINA 23 co, nei capelli e nella veste in b/n mentre a destra vediamo un gruppo di musici a cui si ispirerà la copertina di un paio d’anni dopo del Crossings di Herbie Hancock. La vera bomba è la mostruosa figura del retro (foto 3). Qui Davis voleva una rana che rappresentasse il male e Mati si ispirò ad una foto di un personaggio che venne poi modellato, elaborato, imparruccato, sventrato, quella dell’odiato ex capo dell’Fbi Edgar J. Hoover, fatto diventare un mostruoso uomo-donnabestia aliena. Lo stesso sfondo decora anche questo quadro e sulla sinistra l’anagramma di Live, Evil, ovvero il male dal vivo, preceduto dal nome del musicista scritto a rovescio Selim Sivad che poi sono i titoli di due dei brani del disco, il lungo Sivad che apre il lato 1 e il corto Selim del lato 3. All’interno della doppia copertina tantissime foto in sequenza, in b/n, del viso di Davis: del tutto ignorati gli altri musicisti. Mati ai tempi stava già negli Stati Uniti da un paio d’anni ma aveva già fatto una cover jazz per un disco del ’63 di Eric Dolphy, Iron man a cui probabilmente s’era ispirato l’artista colorista e psichedelico di Miles in the sky. Successivamente gli furono commissionate altre copertine, alcune per artisti famosi come gli Osibisa, ma non essenziali, che fra gli altri coinvolsero anche Roger Dean, altre per artisti di nicchia che non vendevano molto ma che sono tutt’oggi pietre miliari come quelle per John Hassel. La sua arte, che era chiaramente ispirata a quella surrealista con venature fantastiche, è stata sempre apprezzata dagli illustratori, poco dalla critica che ha preferito artisti più consistenti come Ernst Fucks che pure fu maestro di Mati o il grande Dalì a cui si ispirò per parecchi suoi quadri nonché per la celebratissima copertina di Bitches. Continua →→ PAGINA 24 SINDACATO– CULTURA—LAVORO Eppure di un altro suo quadro dobbiamo necessariamente parlare, di quell’Annunziata che venne usata per la copertina di Abraxas di Santana. Partiamo dal nome, se gnostico-mitraico, sarebbe l’unione fra l’uomo e Dio, per i Persiani, fra bene e male. Oppure l’Eone, il sommo creatore del mondo divino, mentre il Dio del vecchio testamento sarebbe il creatore del mondo terreno, il Demiurgo. Abraxas corrisponderebbe al primo dei 365 cieli, a cui tende l’uomo come anche racconta Hermann Hesse in Demian. Insomma un po’ di spiritualismo nel Santana degli esordi, e anche dopo, non poteva mancare, a partire dal titolo di questo secondo album, quello esploso dopo Woodstock che gli aveva dato la notorietà internazionale e che venne superato, nelle vendite, solo da quel Supernatural di fine millennio riesumò nome e chitarrista. Comunque già nel primo lavoro un po’ di esoterismo tribale non mancava a partire dal lunghissimo Soul Sacrifice che più ritmato di così non si poteva, qui si aggiunge all’africanesimo un bel po’ di Sudamerica che col tempo poi prevarrà fino a stancare un po’. Brani corti, senza assoli infiniti, orecchiabili e ballabili che fecero gridare ad un miracolo di equilibrio fino a far inserire quest’album fra i migliori del secolo e il nostro chitarrista al ventesimo posto fra i più bravi di sempre, oltre a far entrare l’intera compagine degli esordi nella Rock & Roll Hall of Fame, ma questo trent’anni dopo. Ancora oggi chi non ricorda la dolcissima Samba pa ti o l’altra strumentale Incident at Neshabur ? Chi non ha amato la loro Black Magic Woman, che fra l’altro era un brano di Peter Green uscito come singolo dei Fleetwood mac un paio di anni prima e che con loro diventò un classico fra i classici? Chi non ha ballato al ritmo di Oye como va o di Se a cabo? Insomma un album da portare sull’isola deserta e con una copertina fra le più misteriose e sfarzose per quei tempi, con la riproduzione di un quadro di Abdul Mati Klarwein, il tedesco che amava l’africa come aveva ampiamente dimostrato con la cover di Bitches Brew. Solo che qui Santana scelse un dipinto già fatto di Mati, fin dal 1961, si chiamava L’Annunziata ovvero L’Annunciazione (foto 4) e rappresentava, nelle figure centrali una donna che si sta appena svegliando, adagiata ma seduta, su drappeggi esotici, nuda e nera e dall’enorme capigliatura nera con un angelo calvo, ma femmina, rossoblù e con grandi ali, anche queste una rossa e una blu, a cavalcioni su un tamburo africano volante che indica con l’indice un microscopico volatile azzurro nel cielo (lo Spirito Santo?). Certo riuscire a capire l’enorme e variegata simbologia di tutti gli N. 98 — APRILE — 2014 elementi presenti in questo quadro, che sarebbe stato bellissimo stampare anche più in grande, per esempio in un manifesto allegato, è quasi impossibile ma qualcosa di eclatante possiamo comunque evidenziarlo. La grande sfera in cielo che non è certamente un sole, che ci fa un tempio indù dietro i tre cantori africani bardati a festa e alla testa dell’omino occhialuto che pare occidentale e al tavolo imbandito, e ancora il tripudio di fiori e di colori dietro l’Annunziata e via dicendo e la colomba bianca in grembo…Insomma un quadro carico zeppo di significati, di elementi e simboli senza però essere eccessivamente pesante come certe altre realizzazioni di Mati e che si rifà alla più classica delle arti fantastiche, in questo caso più a Max Ernst (foto 4) che lo aveva introdotto allo studio dei fiamminghi, di Van Eyck in particolare. Il nostro è memore anche delle Annunciazioni del Beato Angelico o dei ritratti ispirati a quelli di Fucks, ma non è lontano nemmeno, per fantasia mistica, dal mondo surreale di William Blake o da un simbolismo erotico presente nel cinema surrealista, in particolare in Bunuel. Questo quadro era il dirimpettaio di un altro con donna nuda di colore detta Nativity e l’artista non è l’unico su quel tema che ha fatto, che l’artista aveva collocato insieme ad altri in una specie di cappella, il “Santuario Aleph” ispirato al celebre studiolo di Francesco I, capolavoro del Manierismo toscano. Ha fatto negli ultimi tempi della sua carriera, è morto nel 2002, anche ritratti per celebrità, per la Monroe, per J.F.Kennedy, per Jimi Hendrix. a cura di Nicola M. Spagnoli SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 PAGINA 25 RUBRICA DI CINEMA E CULTURA VARIA GRAND BUDAPEST HOTEL RAFFINATEZZA ED ELEGANZA PER RIDERE E PENSARE Cast stellare per l’ ottavo film del geniale Wes Anderson: Ralph Fiennes, l’indimenticabile Monsieur Gustave - il concierge del Grand Hotel -, Tony Revolori, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric,Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Jude Law, Bill Murray, Edward Norton, Saoirse Ronan, Jason Schwartzman, Tilda Swinton, Tom Wilkinson e Owen Wilson senza scordare la nostra brava Giselda Volodi nella parte di una sorella del cattivo (l’indovinatissimo Adrien Brody); un vero piacere vederli tutti alle prese con una trama veloce e coloratissima. Anderson si è ispirato alle storie e memorie dello scrittore viennese Stefan Zweig che omaggia con un vero tributo – a dir la verità la cornice meno riuscita del film. La commedia funambolesca nasconde, come sempre in questo regista, il cui pregio è di poter essere guardato a più livelli di lettura, temi profondi e coinvolgenti. Da vero direttore d’orchestra il regista appaga la nostra incuriosita aspettativa, dandoci il piacere di assistere ad una partitura perfetta che armonizza le entrate di questi splendidi attori. Due curiosità: il trailer unisce l’espressione di stupore delle tre sorelle all’ immagine del quadro “osé” appeso alla parete in sostituzione di quello ereditato, creando una gag che in realtà nel film non esiste; Tilda Swinton, doveva passare almeno cinque ore al trucco e parrucco per prepararsi ad interpretare l'ottantaquattrenne vedova, Madame D, perno di tutta la storia. La costumista del film è la tori- nese Milena Canonero vincitrice di tre Oscar per Barry Lyndon, Momenti di gloria e Marie Antoinette di Sophia Coppola (2007): un motivo in più per godere della visione di quest’opera anche nei dettagli. Le scene che muovono al riso vanno dalla comicità da film muto, come il protagonista Zero Moustafa che attende invano l’apertura del grande portone del carcere, mentre si aprirà la porticina accanto, a scene verbalmente elaborate come il compianto funebre dell’ottuagenaria che sicuramente ha usato una “crema invidiabile”. Colori abbaglianti, particolari inquadrature e colpi di scena non ci distraggano dalla profondità del messaggio sotteso: da est a ovest l’inciviltà incalza se ci si abbandona ai vizi più triviali, come la rapacità. Forse sa dare la vita per una giusta causa chi è capace di godersela: un inno alle doti di umanità e alle persone che riescono a conservarle, magari innaffiandosi di raffinato profumo, nonostante il marciume che le circonda. Antonella D’Ambrosio PAGINA 26 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 98 — APRILE — 2014 TUTTI I NUMERI DEL CINEMA ITALIANO 2013. CINEMA, MIBACT: AUMENTA PRODUZIONE, DIMINUISCE INVESTIMENTO I dati sull’andamento del cinema italiano elaborati dal MiBACT e dall’ANICA evidenziano quanto la produzione di film di nazionalità italiana si mantenga stabile registrando un lieve aumento, nonostante il calo del 27% degli investimenti nel settore, scesi a 358 milioni di euro. In diminuzione anche il costo medio delle produzioni: i film 100% italiani hanno un budget medio di 1,7 milioni mentre quelli di iniziativa italiana di 1,8 milioni. Diminuiscono soprattutto i film ad alto budget mentre aumentano soprattutto i film a bassissimo budget. Per quanto riguarda le fonti di investimento, la più importante è quella degli apporti degli investitori esterni, pari a 42 milioni di euro, 9 milioni in meno rispetto al 2012. Anche le altri componenti “storiche” – FUS e credito d’imposta - sono in calo. Positivo l’aumento dei fondi sovranazionali e dei fondi regionali, questi ultimi evidenziati per la prima volta e giunti a circa 7 milioni di euro. Il valore del credito d’imposta richiesto, in parti- colare, si contrae da 60 a 53 milioni, calo giustificato in parte dalla riduzione dei budget di produzione di cui il credito è una percentuale, e diminuisce anche il numero dei film per cui esso è richiesto. Unico dato in controtendenza, l’aumento del tax credit distribuzione, da 4 a 5 milioni. Anche il numero dei passaggi televisivi di film è in lieve calo, così come il numero dei titoli. Il numero dei film italiani programmati dalle tv generaliste in prima serata aumenta da 140 a 164: migliorano Rai1, Rai3,Canale5 e Italia1. Cala invece La7. Spicca Canale5 per il numero di titoli italiani recenti programmati in prima serata (oltre la metà): 36 film su 60 totali vs 11 di Rai3 (valore più alto per Rai). Sull’intera giornata, sono solo 86 i passaggi di film italiani prodotti dopo il 2010 programmati dalle reti generaliste. Oltre la metà dei passaggi si riferisce a titoli italiani di catalogo (1950-1979) La fascia oraria più utilizzata per i film italiani è quella notturna (dopo le 23). Tra le top10 di film in tv, 5 sono titoli italiani. Maggiori successi su Canale5 per titoli recenti, Per Rai1 solo titoli Usa tranne “La vita è bella” (1997) Per quanto riguarda le reti tematiche e satellitari, nel 2013 anche su Sky sono diminuiti passaggi e titoli unici. Per i titoli italiani prevale di gran lunga Mediaset (1073 titoli su 2081, pari al 62% dei titoli italiani programmati), con la parte del leone fatta da Iris. La Rai si ferma a 584 titoli italiani su 1917. Sul fronte della distribuzione il primo trimestre del 2014 indica un aumento di presenze per i film italiani rispetto al 2013 e al 2012, a parità di quota di mercato del 33%, circa 10 su 30 milioni di biglietti venduti. La distribuzione per mesi nel 2013 ha visto numeri migliori rispetto al 2012 in quasi tutti i mesi, escluso gennaio. Particolarmente positivo novembre. Da segnalare i risultati dei mesi estivi. Infine la digitalizzazione degli schermi è arrivata al 75%, anche qui con una discreta differenza tra territori.