Capitolo terzo il pubblico ministero

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Capitolo terzo il pubblico ministero
Capitolo Terzo
Il pubblico ministero
Sommario: 1. Generalità. - 2. Organizzazione degli uffici. - 3. I contrasti fra P.M.
- 4. Funzioni del Pubblico Ministero. - 5. La Direzione Distrettuale Antimafia. - 6.
La Direzione Nazionale Antimafia. - 7. La figura del Procuratore Generale.
1.Generalità
La figura del pubblico ministero va studiata secondo una doppia angolatura temporale. Egli infatti è titolare della funzione di indagine nella fase
che precede il momento processuale, ed in essa ha la direzione della polizia
giudiziaria ed una serie di facoltà che lo pongono in una posizione di supremazia rispetto all’indagato. Quando però, terminata l’indagine, si presenta
al giudice per chiedere il rinvio a giudizio, il P.M. assume una veste di parte
in tutto simile a quella dell’imputato, anche se la sua caratterizzazione pubblica gli impone di svolgere accertamenti anche su fatti e circostanze favorevoli alla persona indagata (art. 358), per cui qualche autore sottolinea come
il P.M. debba sostenere «imparzialmente» il ruolo di parte (TAMBURINO).
Pur facendo parte della magistratura, il P.M. non è giudice, e la stessa Costituzione (art. 107) gli attribuisce uno status meno protetto rispetto a quello dei giudici.
Il nuovo codice gli ha tolto quei poteri che mal si accordavano con la sua qualità di
parte necessaria nel procedimento penale (facoltà di incidere sulla libertà personale, possibilità di acquisire prove valide nel dibattimento), ma gli ha riconosciuto
alcune funzioni che traggono origine dalla natura pubblicistica del ruolo svolto
(possibilità di disporre la liberazione dell’arrestato o del fermato ex art. 389; convalida delle perquisizioni ex art. 352 e dei sequestri ex art. 355).
2.Organizzazione degli uffici
I vari uffici del Pubblico Ministero sono strutturati in livelli organizzativi
paralleli a quelli dei corrispondenti uffici giudicanti.
A seguito della scomparsa dell’antica figura ibrida di un pretore P.M.,
che sotto la vigenza dell’abrogato codice svolgeva entrambe le funzioni, e
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poi della riforma del Giudice Unico di primo grado e della conseguente
soppressione delle procure della Repubblica presso le preture circondariali, vi sono, in primo grado, le Procure della Repubblica presso i Tribunali
ordinari e le Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni; in
appello le Procure generali presso le Corti di Appello; in sede di legittimità,
l’unica Procura generale presso la Corte di Cassazione.
Innanzi al Tribunale monocratico, a seguito di delega nominativa del procuratore
capo, le funzioni di accusa possono essere svolte anche da cd. delegati del P.M.: uditori giudiziari, vice procuratori onorari, personale in quiescenza da non più di due anni
che nei cinque precedenti abbia svolto funzioni di ufficiale di P.G, laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola di specializzazione per le professioni legali (art. 72 ordin. Giud. così come mod. dal D.L. 144/2005, conv. in L. 155/2005).
Tra i diversi uffici del P.M. non sussiste un rapporto di dipendenza gerarchica, ma una semplice relazione di mera sovraordinazione, collegata alla
progressione del processo al grado di giudizio successivo. In ciascun grado
di giudizio, legittimato ad esercitare le funzioni di P.M. è unicamente l’ufficio
costituito presso il corrispondente giudice, salvo le ipotesi espressamente
contemplate (e quindi eccezionali) di concorrente potere dell’ufficio sovraordinato (ad es., in materia di legittimazione ad impugnare, cfr. art. 594). In
fase di indagini preliminari, il Procuratore generale presso la Corte d’Appello
non ha poteri né di investigazione, né di esercizio dell’azione penale (art. 51),
salvo le ipotesi eccezionali di avocazione. Ciò si riflette anche nella mancata
previsione di sezioni di polizia giudiziaria presso la procura generale.
Il titolare di ogni singola procura ha un potere di organizzazione dell’ufficio e designa il sostituto che debba trattare un certo affare, ma ha limitati poteri di sostituzione (grave impedimento, rilevanti esigenze di servizio),
che può disporre con provvedimento motivato da comunicarsi al Consiglio
Superiore della Magistratura. Il sostituto, dal canto suo, ha piena autonomia
nello svolgimento delle sue funzioni in sede di udienza (art. 53).
Il D.Lgs. 20-2-2006, n. 106, attuativo della delega per la riorganizzazione dell’ufficio del P.M. di cui alla L. 25-7-2005, n. 150, specifica il ruolo del procuratore della
Repubblica preposto all’ufficio del P.M. e di esso sono analiticamente descritte le
attribuzioni, con la previsione della titolarità esclusiva dell’azione penale che esercita sotto la propria responsabilità. Il provvedimento conferma la possibilità per il
procuratore capo di delegare ad uno o più magistrati addetti all’ufficio la trattazione di uno o più procedimenti, stabilendo i criteri cui il delegato deve attenersi
nell’esercizio della delega e la cui inosservanza può giustificare un provvedimento
di revoca della stessa. Detti criteri direttivi, che valgono a comprimere notevolmen-
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te la sfera di autonomia del delegato, restano tuttavia relegati alla sola fase delle
indagini preliminari, ove si consideri la permanenza in vigore dell’art. 53 c.p.p., in
base al quale «nell’udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue
funzioni con piena autonomia».
La nuova normativa prevede ulteriori specifiche competenze del Procuratore
capo, il quale: detta i criteri di organizzazione dell’ufficio e quelli per l’assegnazione
dei procedimenti; presta il proprio assenso scritto al fermo disposto da un procuratore aggiunto o da un magistrato dell’ufficio ed alle eventuali richieste di misure
cautelari personali e reali; determina i criteri per l’utilizzo degli strumenti investigativi e quelli cui i magistrati devono attenersi nell’impiego della polizia giudiziaria.
In che consiste il potere di avocazione?
Per garantire l’obbligatorietà dell’azione penale di fronte ad eventuali ritardi od omissioni delle procure, in caso di obiettive situazioni di inerzia del P.M. designato o del suo dirigente, è contemplato un potere di avocazione delle indagini preliminari in testa al Procuratore Generale presso la Corte di appello.
In particolare, il potere di avocazione (che consente all’ufficio del Procuratore Generale di svolgere
le indagini ed ogni altra funzione in sostituzione della Procura della Repubblica) può essere esercitato nei seguenti casi:
— se in conseguenza dell’astensione od incompatibilità di un magistrato dell’ufficio del P.M. non
è possibile provvedere alla sua tempestiva sostituzione o il capo dell’ufficio, pur potendolo fare,
non abbia provveduto alla sostituzione (art. 372, c. 1: è un’ipotesi di avocazione obbligatoria);
— se le indagini collegate relative a gravi delitti (artt. 270bis, 280, 285, 286, 289bis, 305, 306,
416 e 422 c.p.) non sono state coordinate dai P.M. competenti (art. 372 c. 1bis: caso di avocazione obbligatoria);
— se non viene richiesta l’archiviazione od il rinvio a giudizio entro il termine di compimento delle indagini preliminari (art. 412: è un’ipotesi di avocazione obbligatoria);
— se il G.I.P. non accoglie una richiesta di archiviazione (artt. 409 e 412: è questa un’ipotesi di
avocazione facoltativa);
— se il G.U.P. nel corso dell’udienza, rilevando carenze investigative, trasmette gli atti al P.M., indicando le ulteriori indagini da svolgere e fissando il termine per la loro esecuzione (art. 421bis:
ipotesi di avocazione facoltativa).
A seguito dell’istituzione della Procura Distrettuale e Nazionale Antimafia è stata introdotta una
nuova ipotesi di avocazione disciplinata dall’art. 371bis. In particolare è consentito al Procuratore Nazionale Antimafia avocare le indagini relative a delitti cd. mafiosi, quando esse non sono state con effettività ed efficienza coordinate dai P.M. competenti.
3.I contrasti fra P.M.
Mentre la contrapposizione tra due giudici in ordine allo stesso reato
determina un «conflitto», quando tale vicenda riguarda i P.M. per procedimenti nella fase delle indagini preliminari, la loro contrapposizione viene
definita dal codice contrasto tra pubblici ministeri (artt. 54 e 54bis e ter).
Contrasto o conflitto non è invece ipotizzabile tra P.M. e giudice (es.
G.I.P.).
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Le ipotesi configurabili sono tre:
a) contrasto negativo, ricorrente quando un P.M., ricevuti gli atti da altro
P.M. ritenutosi incompetente allo svolgimento delle indagini, ritenga
invece che detta competenza spetti al P.M. che gli ha trasmesso gli atti
(art. 54). In tal caso il contrasto viene risolto dal procuratore generale
presso la corte di appello ove siedono i due magistrati, ovvero dal procuratore generale presso la cassazione, se essi si trovino in ambiti territoriali di corti d’appello diverse. Il P.G., assunte le necessarie informazioni, individuerà il P.M. a cui spetta la competenza per le indagini;
b) contrasto positivo, ricorrente quando per lo stesso fatto, contro la stessa persona, sono in corso diversi procedimenti presso P.M. di sedi diverse (art. 54bis). In tal caso uno dei P.M. può chiedere all’altro la trasmissione degli atti, rivendicando la propria competenza ad indagare.
Nel caso in cui il P.M. richiesto non intenda aderire, il contrasto viene
risolto dal procuratore generale secondo le modalità descritte sub a);
c) contrasti in materia di criminalità organizzata, che ricorre quando i
fenomeni descritti sub a) e b) intercorrono tra P.M. di diverse direzioni
distrettuali antimafia (art. 54ter). Anche in tal caso il contrasto è risolto
dai procuratori generali, come già descritto, ma deve prima essere sentito il procuratore nazionale antimafia se la decisione spetta al procuratore generale della cassazione. Se invece la risoluzione del conflitto
spetta al procuratore generale presso la corte di appello, il P.N.A. deve
solo essere informato dell’esito della decisione.
4.Funzioni del Pubblico Ministero
Le funzioni del P.M. hanno i caratteri della pubblicità ed obiettività.
Il primo è conseguenza della necessità di affidare la funzione di accusa
ad un organo pubblico che agisca nell’interesse della collettività. Infatti la
Costituzione affida le funzioni di P.M. a magistrati nominati a seguito di
concorso.
L’obiettività è sintetizzabile nella formula che il P.M. è terzo rispetto agli
interessi di libertà dell’indagato e di quelli patrimoniali relativi alle parti
private.
Al P.M. sono attribuite le seguenti funzioni:
A)Funzione inquirente nelle indagini preliminari
Il P.M. svolge personalmente l’attività di indagine, dando le opportune
direttive alla polizia giudiziaria, cui può delegare il compimento di specifici
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atti (la legge esclude la possibilità di delega solo per l’interrogatorio e il
confronto cui debba partecipare l’indagato in stato di detenzione, art. 370).
Tale attività comprende anzitutto l’acquisizione della notizia di reato. Da
tale momento il P.M., con l’ausilio della polizia giudiziaria, svolge tutti gli atti
investigativi diretti alla ricostruzione del fatto-reato e alla scoperta dei suoi
autori: svolgerà quindi accertamenti tecnici, perquisizioni, sequestri, assunzione di informazioni, individuazioni di persone o cose, interrogatorio
dell’indagato.
B)Funzione di incriminazione
Alla conclusione delle indagini il P.M. deve valutare il materiale raccolto
e, se lo ritiene sufficiente per sostenere l’accusa, chiedere al giudice il
provvedimento di rinvio a giudizio. Tale richiesta, ai sensi dell’art. 416 c.p.p.,
deve essere preceduta dall’avviso previsto dall’art. 415bis, nonché dall’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio ex art. 375, c. 3, qualora la
persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all’art. 415bis, c. 3.
Il nuovo codice ha fissato nella domanda di rinvio a giudizio il momento
in cui viene esercitata l’azione penale, facendo dipendere da essa anche
l’assunzione della qualità di imputato e il passaggio dal procedimento al
processo vero e proprio. Ne discendono conseguenze notevoli: il P.M., come
s’è detto, diventa una parte con poteri analoghi a quelli dell’imputato; possono entrare nel processo le altre parti eventuali che finora erano rimaste
assenti (parte civile, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena
pecuniaria), in quanto la loro presenza è condizionata alla sussistenza di
un «processo» penale; il reato attribuito ottiene una qualificazione non più
mutevole, in quanto, essendosi proceduto alla formale contestazione, ogni
mutamento sarà soggetto alle disposizioni del codice (art. 423).
La richiesta di rinvio a giudizio (con conseguente celebrazione dell’udienza
preliminare) non è l’unico modo di esercizio dell’azione penale (art. 405): infatti, a
seconda dei casi, il P.M. può disporre la citazione diretta a giudizio (art. 550), ovvero attivare uno dei procedimenti speciali (artt. 438 e segg.) di cui si parlerà in prosieguo.
Nel caso invece che il materiale raccolto non sia sufficiente per il rinvio
a giudizio, il P.M. deve valutare se richiedere una proroga dei termini previsti per l’indagine preliminare (art. 406) ovvero se richiedere l’archiviazione.
Questa verrà richiesta infatti tutte le volte che dalle indagini svolte emerga
la infondatezza della notizia di reato (tanto nella sua intrinsicità quanto
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nella sua riferibilità all’indagato art. 408) nonché nei casi di cui agli artt. 411
e 415. In tal caso al procedimento non seguirà il processo, in quanto l’azione penale non viene esercitata per difetto delle condizioni legittimanti.
C)Funzione requirente
Ottenuto il rinvio a giudizio dell’imputato, il P.M. svolge quale parte necessaria del rapporto processuale la cd. funzione requirente, che consiste
nel rivolgere al giudice, esattamente come fa l’imputato, una serie di istanze che possono riferirsi al rito (es. giudizio immediato, giudizio per decreto,
citazione di testi, periti o consulenti tecnici) ovvero al merito (es. applicazione della pena patteggiata, richiesta di condanna).
Come riconosciuto al difensore dell’imputato e delle altre parti private,
il P.M., nel dibattimento, può procedere all’esame diretto dei testi da lui richiesti e ha diritto di controesaminare i testi prodotti dalle altre parti (cd.
cross examination).
5.La Direzione Distrettuale Antimafia
Per arginare la crescente diffusione dell’attività criminale organizzata, mafiosa
e camorristica, sul territorio nazionale, il legislatore ha ritenuto opportuno concentrare in poche mani le indagini preliminari relative a tali tipi di reati, ampliando la
sfera di competenza territoriale delle maggiori Procure della Repubblica.
È stato perciò emanato il D.L. 20-11-1991, n. 367 (conv. in L. 20-1-1992, n. 8),
che ha creato le cd. superprocure, le cd. direzioni distrettuali antimafia (D.D.A.),
costituenti, a loro volta, articolazioni interne delle Procure della Repubblica presso
i tribunali aventi sede nei capoluoghi di distretto della Corte di Appello (v. ora art.
102, D.Lgs. 159/2011 (Codice antimafia) che riproduce l’art. 70bis ord. giud.).
È previsto, infatti, che allorché si proceda per i delitti consumati o tentati di cui
agli artt. 416, comma 6 e 7, 600, 601, 602 c.p.; ovvero artt. 416bis e 630 c.p. e per
altri delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416bis (i cd. reati
mafiosi), o per il delitto previsto dall’art. 74 del T.U. 309/90 (associazione per il traffico di stupefacenti), per il delitto di cui all’art. 291quater D.P.R. 43/1973 (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri) ovvero
per delitti commessi per finalità di terrorismo, ovvero ancora per i delitti di cui agli
artt. 414bis, 600bis, 600ter, 600quater, 600quinquies, 609undecies (Prostituzione e
pornografia minorile), lo svolgimento delle indagini preliminari sono affidate alla
Procura della Repubblica del capoluogo del distretto di Corte di Appello ove ha
sede il giudice competente.
In pratica, quando per le indagini relative ad un reato procede la Direzione distrettuale antimafia, che ha sede presso la procura del Tribunale del capoluogo
della Corte di appello ove è sito il giudice competente (art. 51, c. 3bis, quater e
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quinquies), le funzioni di giudice delle indagini preliminari sono svolte dal G.I.P.
presso il Tribunale del predetto capoluogo (art. 328, c. 1bis, c.p.p.). Dopo l’esercizio
dell’azione penale, anche le funzioni di giudice dell’udienza preliminare (G.U.P.)
devono essere svolte da un magistrato del Tribunale del capoluogo (per tornare
all’esempio fatto in precedenza, dal G.U.P. di Napoli). Inoltre, il decreto sicurezza
(D.L. 92/2008, conv. in L. 125/2008) ha esteso anche ai reati previsti dai commi
3quater e quinquies dell’art. 51, la competenza del G.I.P. e del G.U.P. distrettuali,
modificando il comma 1bis dell’art. 328, abrogando il comma 1ter ed aggiungendo
il comma 1quater.
6.La Direzione Nazionale Antimafia
La funzione di coordinamento esterno delle indagini tra le D.D.A. delle procure
distrettuali è esercitata dalla Procura Nazionale Antimafia (P.N.A.).
Il D.Lgs. 159/2011 (Codice antimafia) riproduce l’art. 76bis ord. giud. ove è prevista la costituzione, nell’ambito della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, della «Direzione nazionale antimafia».
Alla carica di «Procuratore nazionale antimafia» è preposto un magistrato di
cassazione dotato di specifiche capacità ed attitudini, scelto tra magistrati i quali
abbiano svolto per almeno dieci anni le funzioni di P.M. o di giudice istruttore. La
sua nomina è di competenza del C.S.M.
Presso la «direzione» le funzioni di «sostituto» sono svolte da magistrati di qualifica non inferiore a quella di magistrato di Corte d’Appello.
Il «decreto sicurezza» (D.L. 92/2008, conv. in L.125/2008), modificando il primo
comma dell’art. 371bis c.p.p., ha esteso le funzioni del Procuratore Nazionale antimafia, non solo ai reati di cui al comma 3bis dell’art. 51, ma anche ai procedimenti
di prevenzione antimafia.
A tali strutture giudiziarie corrispondono, sul piano degli organi investigativi di
P.G., la Direzione investigativa antimafia (D.I.A.) ed i Servizi speciali di polizia, centrali e regionali.
7.La figura del Procuratore Generale
La visione atomistica, orizzontale, fra i diversi uffici del P.M. trova il suo
correttivo in meccanismi di coordinamento, anche operativo, in sede di
indagini, e di scambio di atti e informazioni (art. 371). In tale quadro, un
ruolo importante è attribuito, al Procuratore Generale presso la Corte di
Appello dall’art. 118bis (introdotto nel corpo del codice di procedura penale dal D.Lgs. 12/1991). In particolare il P.G., quando riceve dai Procuratori
della Repubblica del suo distretto la notizia del corso di indagini per gravi
reati (previsti dall’art. 407, comma 2: es. associazione di tipo mafioso), se
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rileva trattarsi di indagini collegate ad altre svolgentesi in altri distretti, ne
dà notizia a competenti P.G. e procura, eventualmente stimolando riunioni
per il coordinamento delle investigazioni.
La posizione di preminenza del procuratore generale, all’interno della
strutturazione di «parte» del P.M., trova il suo riconoscimento nell’attribuzione a lui del potere di decidere sulle dichiarazioni di astensione del P.M.
sottoordinato (art. 52) e del potere di risolvere i contrasti negativi tra uffici
del P.M., su scala distrettuale o extra-distrettuale (art. 54). La stessa polizia
giudiziaria ha rapporti di dipendenza (per le sezioni di P.G.), ovvero di responsabilità (per i preposti ai servizi di P.G.), nei confronti del procuratore
della Repubblica (art. 59), mentre al procuratore generale, di norma estraneo
alle indagini preliminari e all’inizio dell’azione penale, spetta solo un generico potere di disponibilità (art. 58) e un’alta sorveglianza sulla diretta disponibilità della P.G. (art. 23 D.P.R. 449/1988).
Una vera e propria funzione di direzione delle indagini è, invece, affidata al procuratore della D.N.A.
In particolare il Procuratore Nazionale deve:
a) assicurare il collegamento investigativo tra le procure distrettuali, anche
a mezzo di propri sostituti;
b) garantire la flessibilità e mobilità dei magistrati antimafia, anche eventualmente attraverso applicazioni temporanee presso le procure distrettuali di magistrati della direzione nazionale;
c) acquisire ed elaborare notizie e dati relativi alla criminalità organizzata;
d) impartire ai procuratori distrettuali direttive per evitare contrasti e garantire il cocoordinamento delle indagini;
e) riunire i procuratori distrettuali in caso di conflitti che impediscano il
coordinamento delle indagini;
f) avocare le indagini per i delitti di mafia, allorché non abbiano dato esito
le riunioni per rendere effettivo il coordinamento e ciò per ingiustificata
inerzia o inosservanza delle direttive impartite.
Il Procuratore nazionale, per lo svolgimento delle sue funzioni ha la disponibilità della «Direzione investigativa antimafia» (cd. D.I.A.) e dei Servizi centrali ed interprovinciali delle forze di polizia.
Al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione spetta la sorveglianza sull’attività del Procuratore nazionale antimafia.
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Glossario
Astensione (del P.M.): è il meccanismo attivato dallo stesso magistrato (autoesclusione) per la
sua sostituzione. Per il P.M. l’unica ipotesi di (—) concerne la sussistenza di gravi ragioni di
convenienza (per l’(—) del giudice, vedi art. 36). Essa non è obbligatoria, presuppone una dichiarazione motivata ed è decisa dal Capo dell’ufficio o dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello o presso la Corte di Cassazione, se riguarda i Capi degli uffici. La sostituzione è
fatta con un magistrato appartenente al medesimo ufficio.
Azione penale: viene esercitata, in via esclusiva, dal P.M. al fine di perseguire i reati oggetto della
notitia criminis e di compiere le successive attività investigative. Espletate le indagini preliminari, il P.M. può richiedere l’archiviazione del procedimento o promuovere l’esercizio dell’(—) mediante la formulazione del capo d’imputazione, contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio o in
uno degli altri modi equipollenti ex artt. 60 e 405. L’atto di promovimento dell’(—) segna l’inizio
della fase processuale, del processo in senso stretto. Carattere dell’(—) sono la pubblicità, l’obbligatorietà, l’irretrattabilità.
Avocazione: consiste nella eccezionale autoassunzione, da parte del Procuratore Generale presso la Corte di Appello, della funzione investigativa e di promovimento dell’azione penale. È istituto di carattere eccezionale che ha il fine di garantire l’obbligatorietà dell’azione penale nel
caso di eventuali ritardi od omissioni delle Procure presso il Tribunale, nell’ipotesi di obiettive
situazioni di inerzia del P.M. designato o del suo dirigente. L’avocazione è obbligatoria nell’ipotesi di inerzia per scadenza dei termini (art. 412) e inerzia nella sostituzione del P.M. (artt.
53 e 372); è facoltativa, in quanto implica valutazioni discrezionali, allorché il G.I.P. comunica al Procuratore Generale di non aver ritenuto allo stato di accogliere la richiesta di archiviazione (artt. 409, 412).
Una nuova ipotesi di avocazione è stata introdotta dall’art. 371bis, in seguito alla istituzione
delle Procure distrettuali e di quella nazionale antimafia.
Delegazione: si configura quando un ufficio del P.M. trasferisce il potere di esercitare determinate funzioni che gli appartengono, ad un altro ufficio del P.M. per il compimento di determinate attività.