Bollettino 1-2011 - Diocesi di Ugento
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Bollettino 1-2011 - Diocesi di Ugento
Bollettino Diocesano S. Maria de Finibus Terrae Atti ufficiali e attività pastorali della Diocesi di Ugento - S. M. di Leuca Bollettino Diocesano S. Maria de Finibus Terrae Atti ufficiali e attività pastorali della Diocesi di Ugento - S. M. di Leuca Anno LXXIV n. 1 gennaio - giugno 2011 Direzione, redazione e amministrazione Curia Vescovile Ugento - S. M. di Leuca Piazza S. Vincenzo, 21 73059 Ugento Tel. 0833-555049 Fax 0833-955801 www. diocesiugento.org e-mail: [email protected] Direttore responsabile mons. Salvatore Palese Redazione ed edithing Gigi Lecci EDIZIONI VIVEREIN - 70043 Monopoli (Ba) - C.da Piangevino, 224/A - Tel. 0806907030 - Fax 0806907026 www.edizioniviverein.it - E–mail: [email protected] INDICE DOCUMENTI PONTIFICI Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione pag. 11 DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE Presentazione dei Lineamenta della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della Fede Cristiana” ” 17 DOCUMENTI E NOMINE DELLA CHIESA ITALIANA 63ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Comunicato finale ” 34 DOCUMENTI DELLA CHIESA PUGLIESE “I laici nella chiesa e nella società pugliese, oggi” ” 45 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO - OMELIE O amore ineffabile, dolcissimo Gesù “Tu es sacerdos crucis” Una fede ricca di memoria La via dell’esodo, del deserto, della croce “Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi eguali”. (Sal 45,8) Il mistero dell’unzione di Cristo, dei cristiani e dei sacerdoti “Surrexit Dominus vere, alleluja!” Questo è il giorno di Cristo Signore La speranza custodita nella tomba “Si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” (Lc 24,31) La fiaccola sotto la brocca e la cella vinaria ” ” ” ” 55 60 63 67 ” 73 ” 85 ” 90 ” 94 ” 101 ” 107 5 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO - LETTERE “Vi darò pastori secondo il mio cuore” (Ger 3,15) Ma il cielo è sempre più blu pag. 119 ” 127 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO - INTERVENTI La formazione permanente dei presbiteri Affettività, celibato e ministero pastorale ” 139 ” 142 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO - MESSAGGI Vide che era cosa molto bella! Grest 2011 ” 149 ” 150 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO - INTERVISTE Laici e trasmissione della fede ” 153 Al fianco dei giovani. Per loro una grande alleanza educativa ” 157 L’alfabeto della vita ” 165 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO - PRESENTAZIONI “Due orme sulla stessa impronta”. Presentazione del Vescovo del libro “Quadri di-versi “ di don Gianluigi Marzo e don Rocco Zocco “Tu sei bellezza”. Presentazione del Vescovo del libro “Tu sei bellezza” di Meo Castellano “La voce di San Rocco” ovvero un bollettino per dare voce alla pietà del popolo di Dio “ 184 NOTIFICAZIONI, DECRETI E NOMINE VESCOVILI - MINISTERI Notificazioni Esumazione e traslazione della salma della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro. Verbale del Cancelliere vescovile ” 189 Decreti Vescovili Cancelleria Ufficio Amminstrativo ” 196 ” 196 Nomine Vescovili ” 197 Ministeri ” 199 6 ” 177 ” 181 ATTIVITÀ PASTORALE DELLA DIOCESI Aggiornamento residenziale del clero presso la diocesi di Chieti-Vasto Seminario Verbale della riunione di Curia Verbale della riunione congiunta dei Consigli Diocesani Presbiterale e Pastorale pag. 203 ” 205 ” 220 “ 225 PER LA STORIA DELLA CHIESA DI UGENTO-S.MARIA DI LEUCA Recensione di mons. Salvatore Palese del libro “mons. Antonio De Vitis. Una vita per gli altri” ” 235 AGENDA PASTORALE Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno ” ” ” ” ” ” 241 243 245 247 250 252 7 DOCUMENTI PONTIFICI DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE1 Signori Cardinali, Venerati fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Cari Fratelli e Sorelle, quando lo scorso 28 giugno, ai Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo annunciai di voler istituire un Dicastero per la promozione della nuova evangelizzazione, davo uno sbocco operativo alla riflessione che avevo condotto da lungo tempo sulla necessità di offrire una risposta particolare al momento di crisi della vita cristiana, che si sta verificando in tanti Paesi, soprattutto di antica tradizione cristiana. Oggi, con questo incontro, posso constatare con piacere che il nuovo Pontificio Consiglio è diventato una realtà. Ringrazio Mons. Salvatore Fisichella per le parole che mi ha rivolto, introducendomi ai lavori della vostra prima Plenaria. Un saluto cordiale a tutti voi con l’incoraggiamento per il contributo che darete al lavoro del nuovo Dicastero, soprattutto in vista della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che, nell’ottobre 2012, affronterà proprio il tema “Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana”. Il termine “nuova evangelizzazione” richiama l’esigenza di una 1 Sala Clementina, Città del Vaticano, lunedì 30 maggio 2011. 11 rinnovata modalità di annuncio, soprattutto per coloro che vivono in un contesto, come quello attuale, in cui gli sviluppi della secolarizzazione hanno lasciato pesanti tracce anche in Paesi di tradizione cristiana. Il Vangelo è il sempre nuovo annuncio della salvezza operata da Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore e aprirla a un futuro di speranza affidabile e forte. Sottolineare che in questo momento della storia la Chiesa è chiamata a compiere una nuova evangelizzazione, vuol dire intensificare l’azione missionaria per corrispondere pienamente al mandato del Signore. Il Concilio Vaticano II ricordava che “i gruppi in mezzo ai quali la Chiesa si trova, spesso, per varie ragioni, cambiano radicalmente, così che possono scaturire situazioni del tutto nuove” (Decr. Ad Gentes, 6). Con sguardo lungimirante, i Padri conciliari videro all’orizzonte il cambiamento culturale che oggi è facilmente verificabile. Proprio questa mutata situazione, che ha creato una condizione inaspettata per i credenti, richiede una particolare attenzione per l’annuncio del Vangelo, per rendere ragione della propria fede in situazioni differenti dal passato. La crisi che si sperimenta porta con sé i tratti dell’esclusione di Dio dalla vita delle persone, di una generalizzata indifferenza nei confronti della stessa fede cristiana, fino al tentativo di marginalizzarla dalla vita pubblica. Nei decenni passati era ancora possibile ritrovare un generale senso cristiano che unificava il comune sentire di intere generazioni, cresciute all’ombra della fede che aveva plasmato la cultura. Oggi, purtroppo, si assiste al dramma della frammentarietà, che non consente più di avere un riferimento unificante; inoltre, si verifica spesso il fenomeno di persone che desiderano appartenere alla Chiesa, ma sono fortemente plasmate da una visione della vita in contrasto con la fede. Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, oggi appare più complesso che nel passato; ma il nostro compito permane iden12 tico come agli albori della nostra storia. La missione non è mutata, così come non devono mutare l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli Apostoli e i primi discepoli. Lo Spirito Santo che li spinse ad aprire le porte del cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cfr. At 2,1-4), è lo stesso Spirito che muove oggi la Chiesa per un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo. Sant’Agostino afferma che non si deve pensare che la grazia dell’evangelizzazione si sia estesa fino agli Apostoli e con loro quella sorgente di grazia si sia esaurita, ma “questa sorgente si palesa quando fluisce, non quando cessa di versare. E fu in tal modo che la grazia tramite gli Apostoli raggiunse anche altri, che vennero inviati ad annunciare il Vangelo… anzi, ha continuato a chiamare fino a questi ultimi giorni l’intero corpo del suo Figlio Unigenito, cioè la sua Chiesa diffusa su tutta la terra” (Sermo 239,1). La grazia della missione ha sempre bisogno di nuovi evangelizzatori capaci di accoglierla, perché l’annuncio salvifico della Parola di Dio non venga mai meno, nelle mutevoli condizioni della storia. Esiste una continuità dinamica tra l’annuncio dei primi discepoli e il nostro. Nel corso dei secoli la Chiesa non ha mai smesso di proclamare il mistero salvifico della morte e risurrezione di Gesù Cristo, ma quello stesso annuncio ha bisogno oggi di un rinnovato vigore per convincere l’uomo contemporaneo, spesso distratto e insensibile. La nuova evangelizzazione, per questo, dovrà farsi carico di trovare le vie per rendere maggiormente efficace l’annuncio della salvezza, senza del quale l’esistenza personale permane nella sua contraddittorietà e priva dell’essenziale. Anche in chi resta legato alle radici cristiane, ma vive il difficile rapporto con la modernità, è importante far comprendere che l’essere cristiano non è una specie di abito da vestire in privato o in particolari occasioni, ma è qualcosa di vivo e totalizzante, capace di assumere tutto ciò che di buono vi è nella modernità. Mi auguro che nel lavoro di questi 13 giorni possiate delineare un progetto in grado di aiutare tutta la Chiesa e le differenti Chiese particolari, nell’impegno della nuova evangelizzazione; un progetto dove l’urgenza per un rinnovato annuncio si faccia carico della formazione, in particolare per le nuove generazioni, e sia coniugato con la proposta di segni concreti in grado di rendere evidente la risposta che la Chiesa intende offrire in questo peculiare momento. Se, da una parte, l’intera comunità è chiamata a rinvigorire lo spirito missionario per dare l’annuncio nuovo che gli uomini del nostro tempo attendono, non si potrà dimenticare che lo stile di vita dei credenti ha bisogno di una genuina credibilità, tanto più convincente quanto più drammatica è la condizione di coloro a cui si rivolgono. È per questo che vogliamo fare nostre le parole del Servo di Dio Papa Paolo VI, quando, a proposito dell’evangelizzazione, affermava: “È mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41). Cari amici, invocando l’intercessione di Maria, Stella dell’evangelizzazione, perché accompagni i portatori del Vangelo e apra i cuori di coloro che ascoltano, vi assicuro la mia preghiera per il vostro servizio ecclesiale e imparto su tutti voi la Benedizione Apostolica. 14 DOCUMENTI DELLA CHIESA UNIVERSALE “LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE PER LA TRASMISSIONE DELLA FEDE CRISTIANA”2 1. Introduzione “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20, 21). Con queste parole Gesù Cristo risorto, vittorioso sul peccato e sulla morte, inviò i suoi discepoli al mondo intero a proclamare la Buona Notizia, dopo aver effuso su di loro lo Spirito Santo per il perdono dei peccati. Tale missione è ribadita anche dai sinottici nella conclusione dei loro Vangeli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15); “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19). Nel nome del Signore risorto “saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme” (Lc 24, 47). La Chiesa, radunata dallo Spirito Santo, cerca di compiere fedelmente tale mandato durante il suo pellegrinaggio terreno. Forte dell’accompagnamento del Signore glorioso, che ha promesso la sua presenza “fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19), essa desidera, con rinnovato entusiasmo, continuare tale missione anche nel tempo presente. Per tale ragione, il Santo Padre Benedetto XVI, Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa, ha convocato la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 7 al 28 ottobre 2012 sul te2 Presentazione dei Lineamenta della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Intervento di sua eccellenza mons. Nikola Eterovic, Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, Città del Vaticano, venerdì 4 marzo 2011. 17 ma La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Secondo il Santo Padre, che ha voluto annunciare personalmente la convocazione di tale importante evento ecclesiale nella solenne concelebrazione dell’Eucaristia di chiusura dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, essa dovrebbe essere un momento di verifica del cammino percorso, per riprendere con nuovo slancio l’urgente opera dell’evangelizzazione del mondo contemporaneo. La decisione del Sommo Pontefice è stata preceduta da due importanti eventi. In primo luogo, secondo la prassi ormai collaudata, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi ha chiesto, a nome del Santo Padre, ai 13 Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, alle 113 Conferenze Episcopali, ai 25 Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali, di segnalare per iscritto tre temi che avrebbero potuto essere presi in considerazione per una riflessione sinodale e cioè che avrebbero dovuto avere una rilevante importanza pastorale, interessare la Chiesa universale ed essere adatti per la discussione sinodale. Una volta ottenute le risposte degli organismi segnalati, con i quali il Sinodo dei Vescovi è in collaborazione istituzionale, esse sono state portate a conoscenza del Santo Padre dopo essere state attentamente valutate dal Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, composto di 15 membri, di cui 12 eletti nel corso della XII Assemblea Generale Ordinaria, svoltasi dal 5 al 26 ottobre 2008, e 3 nominati dal Sommo Pontefice. Nelle loro risposte, la maggioranza degli episcopati aveva proposto per la prossima Assise sinodale la questione della trasmissione della fede, processo che nei tempi recenti ha conosciuto non poche difficoltà dovute ai grandi cambiamenti di ordine sociale, culturale e religioso. Il secondo evento che ha influito sulla scelta definitiva del18 l’argomento sinodale è stata la decisione del Santo Padre di erigere il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Tale nuovo Dicastero è stato eretto il 21 settembre 2010, con il motu proprio Ubiqumque et semper del Papa Benedetto XVI. Pertanto, è risultata felice la decisione di Papa Benedetto XVI di inquadrare la menzionata inquietudine pastorale generalizzata sulla trasmissione della fede nella riflessione sulla nuova evangelizzazione che si impone, anche se in modi diversi, in tutta la Chiesa. 2. Procedura sinodale I Lineamenta che oggi vengono presentati, rappresentano una tappa importante nella preparazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Essi sono stati preparati dal Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, con l’aiuto di alcuni esperti. Nella redazione si è tenuto conto delle ragioni con le quali gli organismi interessati hanno motivato la loro proposta dei rispettivi temi sinodali. Una volta pubblicato il Documento con cui il Santo Padre ha eretto il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il Consiglio lo ha tenuto in grande considerazione, come pure gli altri interventi del Sommo Pontefice sul tema. Lo scopo dei Lineamenta è di suscitare la discussione sull’argomento sinodale a livello della Chiesa universale. Per tale motivo, i Lineamenta sono pubblicati in 8 lingue: latino, francese, inglese, italiano, polacco, portoghese, spagnolo e tedesco. La versione elettronica del documento si può trovare nel sito del Sinodo dei Vescovi. Inoltre, ogni capitolo è accompagnato da varie domande precise che dovrebbero facilitare la riflessione delle Chiese particolari e dei rispettivi organismi. Il Questionario è composto in tutto di 71 domande (4; 16; 22; 29). La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha provveduto al19 la distribuzione del Documento agli organismi interessati perché possano promuovere la riflessione nei singoli Paesi (diocesi, parrocchie, congregazioni, movimenti, associazioni, gruppi dei fedeli, ecc.), sintetizzare i loro contributi e far pervenire le risposte alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi entro il 1° novembre 2011, solennità di Tutti i Santi. Il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale non mancherà di studiare le risposte pervenute che saranno sintetizzate nell’Instrumentum laboris, Documento di lavoro della XIII Assemblea Generale Ordinaria. 3. Struttura dei Lineamenta I Lineamenta sono divisi in tre capitoli che riflettono il tema dell’Assemblea sinodale: 1) Tempo di nuova evangelizzazione; 2) Proclamare il Vangelo di Gesù Cristo; 3) Iniziare all’esperienza cristiana. Ovviamente, vi è una Introduzione, preceduta da una Prefazione. Il Documento, poi, si chiude con una breve Conclusione. Nella Prefazione si forniscono alcune idee pratiche circa la procedura sinodale e il significato dei Lineamenta. Inoltre, si mette in risalto la distinzione teorica tra l’evangelizzazione come attività regolare della Chiesa; il primo annuncio ad gentes, a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo; e la nuova evangelizzazione che è indirizzata principalmente a coloro che si sono allontanati dalla Chiesa, alle persone battezzate ma non sufficientemente evangelizzate. Nella prassi ecclesiale, le tre categorie spesso convivono nello stesso territorio, per cui le Chiese locali le devono praticare contemporaneamente, soprattutto a causa del fenomeno della globalizzazione e dello spostamento della popolazione tramite la migrazione e l’immigrazione. Nell’Introduzione si sottolinea che la XIII Assise sinodale si situa nel rinnovato impegno dell’evangelizzazione che la Chiesa ha intrapreso in seguito al Concilio Ecumenico Vaticano II. Con tale opera, promossa dai Pontefici Paolo VI, Giovanni Paolo II e 20 attualmente Benedetto XVI, la Chiesa auspica di vivere la gioia di essere comunità radunata da Gesù Cristo, per lodare Dio Padre, per mezzo dello Spirito, e di riproporre tale gioia ai vicini e ai lontani. Allo stesso tempo, con la nuova evangelizzazione si vorrebbe rispondere alle grandi sfide del mondo in accelerata trasformazione. Al riguardo, si offrono ragioni teologiche ed ecclesiali di tale azione. I motivi teologici procedono dal mistero di Dio Trino e Uno. “La Chiesa che annuncia e trasmette la fede imita l’agire di Dio stesso che si comunica all’umanità donando il Figlio, vive nella comunione trinitaria, effonde lo Spirito Santo per comunicare con l’umanità” (Lineamenta, in seguito, L 2). L’evangelizzazione dovrebbe essere l’eco della comunicazione divina. Pertanto, la Chiesa fondata per diffondere il Vangelo, deve lasciarsi plasmare dall’azione dello Spirito per essere conforme a Cristo crocifisso e risorto. Essa riscopre la sua missione materna, Ecclesia mater, di generare i figli al Signore, e cioè il dovere di evangelizzare. Dal punto di vista ecclesiologico occorre ribadire che l’evangelizzazione riguarda la natura stessa della Chiesa come pure tutta la sua attività. Pertanto, l’annuncio del Vangelo non è questione di strategie comunicative o di scelta di destinatari prioritari, come potrebbero essere i giovani. Essa riguarda la capacità della Chiesa di configurarsi “come reale comunità, come vera fraternità, come corpo e non come macchina o azienda” (L 2). Infatti, tutta la Chiesa è missionaria per sua natura. Essa esiste per evangelizzare. Per svolgere tale compito in modo adeguato, la Chiesa comincia con l’evangelizzare se stessa. Essa si riconosce oltre che agente, frutto dell’evangelizzazione, convinta che l’attore principale è Dio che la guida nella storia per mezzo dello Spirito del Suo Figlio Unigenito Gesù Cristo. L’evangelizzazione, pertanto, richiede azione di di21 scernimento. La Chiesa nell’insieme è chiamata all’ascolto, alla comprensione, alla revisione e alla rivitalizzazione del proprio mandato evangelizzatore, in particolare, di fronte ai grandi cambiamenti del mondo contemporaneo. In tale opera, essa non parte impreparata. Basti pensare alle Esortazioni Apostoliche Evangelii nuntiandi e Catechesi tradendae, risultato delle Assemblee sinodali del 1974 e del 1977, che hanno affrontato tali questioni offrendo alla Chiesa itinerari e modi tuttora validi. 4. Primo Capitolo: Tempo di “Nuova Evangelizzazione” Nel Primo Capitolo si descrive la nascita del concetto di nuova evangelizzazione e della sua diffusione nel corso dei Pontificati del Servo di Dio Giovanni Paolo II e del Papa Benedetto XVI. Per la prima volta, Giovanni Paolo II ha adoperato il termine il 9 giugno 1979 durante l’omelia nel Santuario di Santa Croce a Mogila, in Polonia: “È iniziata una nuova evangelizzazione, quasi si trattasse di un secondo annuncio, anche se in realtà è sempre lo stesso” (L 5). L’espressione si è poi affermata nel discorso ai partecipanti della XIX Assemblea del CELAM, a Port au Prince, Haiti, il 9 marzo 1983, in cui Giovanni Paolo II ha precisato che non si tratta di una rievangelizzazione, bensì di “una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni” (L 5). Lo sfondo di tale concetto si trova nell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi del Servo di Dio Paolo VI che viene spesso richiamata nei Lineamenta. Pur non trovando l’espressione già fatta, la Evangelii nuntiandi parla di “nuovi tempi d’evangelizzazione” (EN 2), di uno slancio nuovo (EN 2, 5), mentre il N. 24 del Documento porta il titolo “Far sorgere un nuovo apostolato”. Tali richiami si spiegano anche per il fatto che Karol Wojtyla, come Arcivescovo di Cracovia, fu nominato Relatore per la conclusione generale del Sinodo del 1974 sull’Evangelizzazione nel mondo moderno. 22 Il termine nuova evangelizzazione si trova innumerevoli volte nei documenti del suo Pontificato e i Lineamenta ne citano i più significativi, senza pretesa di farne una rassegna definitiva. I Lineamenta vorrebbero suscitare una discussione sul significato del concetto stesso. Esso è, per esempio, assai presente nelle Esortazioni Apostoliche Postsinodali delle Assemblee continentali, celebrate in preparazione del Grande giubileo del 2000. Infatti, con la nuova evangelizzazione spesso si è inteso il funzionamento dinamico, “lo sforzo di rinnovamento che la Chiesa è chiamata a fare per essere all’altezza delle sfide che il contesto sociale e culturale odierno pone alla fede cristiana” (L 5). Tali sfide sono indicate con 6 scenari che negli ultimi decenni interpellano la Chiesa ed esigono una adeguata risposta affinché anch’essi diventino luoghi di testimonianza dei cristiani che sono chiamati a trasformarli con l’annuncio del Vangelo. 1) Lo scenario della secolarizzazione occupa il primo posto e a esso è dedicato ampio spazio. Interessa principalmente il mondo occidentale, ma da esso si diffonde nel mondo intero. Anche se talvolta adopera toni anticristiani e antireligiosi, la secolarizzazione ha assunto perlopiù un tono dimesso che ha invaso la vita quotidiana delle persone, sviluppando una mentalità in cui Dio è di fatto assente. Si tratta della cultura del relativismo con gravi implicazioni antropologiche che influiscono anche nella vita della Chiesa. D’altra parte, oltre alla secolarizzazione, nel mondo vi è un risveglio religioso. Purtroppo, tanti aspetti positivi della ricerca di Dio e della riscoperta del sacro in varie religioni, “sono oscurati da fenomeni di fondamentalismo che non poche volte manipola la religione per giustificare la violenza e persino il terrorismo” (L 6). 2) Il secondo scenario indicato è il fenomeno migratorio che sta modificando “la geografia etnica delle nostre città, delle nostre na23 zioni e dei nostri continenti” (L 6). Esso ha varie cause ed è connesso con il fenomeno della globalizzazione, che ha aspetti positivi ma anche problematici e pertanto richiede un esigente lavoro di discernimento. 3) I mezzi di comunicazione, la rivoluzione informatica, rappresentano una delle grandi sfide della Chiesa. La cultura mediatica e digitale porta in sé molti benefici ma anche rischi il cui punto finale potrebbe diventare ciò “che viene chiamato la cultura dell’effimero, dell’immediato, dell’apparenza, ovvero una società incapace di memoria e di futuro” (L 5). 4) L’evangelizzazione della Chiesa è segnata anche dallo scenario economico, dalla crisi economica, dai crescenti squilibri tra Nord e Sud del mondo, “nell’accesso e nella distribuzione delle risorse, come anche nel danno al creato” (L 6). 5) La ricerca scientifica e tecnologica è un altro scenario che interpella l’azione evangelizzatrice della Chiesa. La scienza e la tecnica, infatti, rischiano di diventare i nuovi idoli del presente, una nuova religione, favorendo “nuove forme di gnosi, che assumono la tecnica come forma di saggezza, alla ricerca di una organizzazione magica della vita che funzioni come sapere e come senso” (L 6). Inoltre, assistiamo alla nascita di nuovi culti che indirizzano le pratiche religiose a scopi terapeutici, promettendo la prosperità e la gratificazione istantanea. 6) Occorre prendere in considerazione anche lo scenario politico, i cambiamenti epocali degli ultimi decenni: il crollo dell’ideologia comunista e la fine della divisione del mondo occidentale in due blocchi, che ha favorito la libertà religiosa e la riorganizzazione delle Chiese locali. Inoltre, si sta creando una situazione mondiale con nuovi attori politici, economici e religiosi, come il mondo asiatico e islamico. 24 Di fronte a questi nuovi scenari i cristiani oltre a fare un’opera di discernimento, sono chiamati a portare la domanda su Dio all’interno di essi, illuminandoli con la luce del Vangelo e portandovi la propria testimonianza. In tale nuovo contesto essi sono chiamati a dare sapore evangelico ai grandi valori della pace, della giustizia, dello sviluppo, della liberazione dei popoli, del rispetto dei diritti umani e dei popoli, soprattutto delle minoranze, come pure della salvaguardia del creato e del futuro del nostro pianeta. Si tratta della martyria cristiana nel mondo di oggi. Tale compito offre grandi possibilità al dialogo ecumenico con gli appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiali. Pertanto, la nuova evangelizzazione dovrebbe rispondere alla domanda di spiritualità che anche nel mondo attuale riemerge con rinnovato vigore. In tale contesto di grande aiuto può essere il dialogo interreligioso con denominazioni non cristiane, soprattutto con le grandi religioni orientali. Di fronte a tali sfide, la Chiesa dovrebbe individuare nuove espressioni dell’evangelizzazione, adatte ai contesti sociali e alle culture attuali in grande mutamento. Conservando la sua natura missionaria, la Chiesa dovrebbe mantenere la sua dimensione popolare, domestica, anche in contesti di minoranza o di discriminazione. Essa è chiamata ad allargare gli orizzonti, a oltrepassare i confini in quanto “la nuova evangelizzazione è il contrario dell’autosufficienza e del ripiegamento su se stessi, della mentalità dello status quo e di una concezione pastorale che ritiene sufficiente continuare a fare come si è sempre fatto” (L 10). 5. Secondo Capitolo: Proclamare il Vangelo di Gesù Cristo Lo scopo dell’evangelizzazione, e a maggior ragione della nuova evangelizzazione, è l’annuncio del Vangelo e la trasmissione della fede. Il Vangelo non è da intendere come un libro o una dottrina, 25 bensì come una persona: Gesù Cristo, Parola definitiva di Dio che si è fatta uomo. I cristiani sono invitati a stabilire un rapporto personale con il Signore Gesù, nella comunità dei fedeli, nella Chiesa. Egli ci porta al Padre per mezzo dello Spirito Santo. “L’obiettivo della trasmissione della fede è dunque la realizzazione di questo incontro con Gesù Cristo, nello Spirito, per giungere a fare esperienza del Padre suo e nostro” (L 11). La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive e che forma il suo annuncio, la sua testimonianza e la sua carità. La trasmissione della fede come incontro dei fedeli con Gesù Cristo, è guidata dallo Spirito Santo e si attua mediante la Sacra Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa. La Chiesa, continuamente rigenerata dallo Spirito, è il Corpo di Cristo, la cui espressione per eccellenza consiste nella celebrazione del sacramento dell’Eucaristia. A tali fondamenti della Chiesa, l’Eucaristia e la Parola di Dio, si sono dedicate le ultime due Assemblee Generali Ordinarie del Sinodo dei Vescovi, rispettivamente nel 2005 e nel 2008. La trasmissione della fede avviene tramite la preghiera, che è la fede in atto. La liturgia ne è il luogo privilegiato, con un ruolo pedagogico insostituibile, “nel quale il soggetto educante è Dio stesso e il vero educatore alla preghiera è lo Spirito Santo” (L 14). Sulla trasmissione della fede la Chiesa ha già riflettuto nel Sinodo su La catechesi nel nostro tempo, che ha avuto luogo nel 1977. I risultati dei lavori sinodali sono stati presentati nell’Esortazione Apostolica Catechesi tradendae, documento pubblicato nel 1979, assai citato nei presenti Lineamenta. Inoltre, i Lineamenta fanno abbondante riferimento al Direttorio Generale per la Catechesi, pubblicato dalla Congregazione del Clero nel 1997. Riprendendone gli argomenti principali, i Lineamenta cercano di applicarli alle attuali situazioni sociali ed ecclesiali. La Catechesi tradendae ha presentato il termine di pedagogia della fede, che include due strumenti fondamentali per la trasmissione della fede: la catechesi e il 26 catecumenato. La catechesi è intesa come “il processo di trasmissione del Vangelo, così come la comunità cristiana lo ha ricevuto, lo comprende, lo celebra, lo vive e lo comunica” (L 14). Il catecumenato battesimale, e cioè “la formazione specifica mediante la quale l’adulto convertito alla fede è portato alla confessione della fede battesimale durante la veglia pasquale” (Direttorio Generale per la Catechesi 59; cfr. L 14), deve ispirare le altre forme di catechesi per quanto riguarda sia gli obiettivi sia il dinamismo. Nei decenni passati, le Chiese locali si sono prodigate in questo campo. Basti pensare al numero dei cristiani, sacerdoti, religiosi, laici, catechisti, famiglie e comunità, gruppi e movimenti ecclesiali, che si sono impegnati in modo spontaneo e gratuito nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Tuttavia, “il clima culturale e la situazione di affaticamento in cui si trovano parecchie comunità cristiane rischiano di rendere debole la capacità di annuncio, di testimonianza e di educazione alla fede delle nostre Chiese locali” (L 15). Tale situazione richiede uno slancio nuovo, un rinnovato zelo, dono dello Spirito Santo, per riproporre con gioia e fervore l’annuncio della Buona Notizia. Si tratta del compito di tutta la Chiesa e di tutti i suoi membri. Esso diventa ancora più urgente, considerate le sfide della società attuale. I cristiani sono chiamati anche oggi a dare ragione della speranza che è in loro (cfr. 1 Pt 3, 15) con uno stile comunitario e personale nuovo, rispondendo “‘con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza’ (1 Pt 3, 16), con quella forza mite che viene dall’unione con Cristo nello Spirito e con quella determinazione di chi sa di avere come meta l’incontro con Dio Padre, nel suo Regno” (L 16). La testimonianza cristiana deve essere privata e pubblica, abbracciare il pensiero e l’azione, la vita interna delle comunità cristiane e il lo27 ro slancio missionario, la loro azione educativa, l’attività caritativa, la loro presenza nella società contemporanea, per comunicarle il dono della speranza cristiana. “Il frutto di tutto il processo di trasmissione della fede è l’edificazione della Chiesa come comunità dei testimoni del Vangelo” (L 17). Per poterlo fare secondo la volontà del Signore Gesù, la Chiesa stessa “ha bisogno d’essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo” EN 46; L 17). I Lineamenta vorrebbero aiutare le Chiese locali a riflettere sugli aspetti positivi ma anche sulle menzionate sfide e difficoltà nella trasmissione della fede. 6. Terzo capitolo: Iniziare all’esperienza cristiana Il Terzo capitolo ripropone la riflessione sugli strumenti della Chiesa per introdurre alla fede e, in particolare, sull’iniziazione cristiana: Battesimo, Cresima ed Eucaristia. Essi sono percepiti “come le tappe di un cammino di generazione alla vita cristiana adulta, all’interno di un percorso organico di iniziazione alla fede” (L 18). La riflessione sull’iniziazione cristiana ha conosciuto un promettente sviluppo negli ultimi decenni, ma ha anche aperto la discussione su vari aspetti da approfondire. Grazie al contributo delle Chiese giovani, in tale processo di introduzione alla fede spesso si assume come modello l’adulto e non il bambino. Inoltre, si è ridata importanza al sacramento del battesimo, assumendo la struttura del catecumenato antico per favorire una celebrazione più consapevole e, pertanto, più capace di garantire la vita cristiana dei battezzandi. Nel caso del battesimo dei bambini, si cerca di coinvolgere maggiormente i genitori e la comunità. Si fa pure ricorso alla mistagogia per assicurare percorsi di iniziazione che continuano anche dopo l’amministrazione del sacramento. La prassi delle comunità ecclesiali ha, però, suscitato varie que28 stioni, tra le quali i Lineamenta menzionano le seguenti. Nella revisione dell’amministrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, si è posto il problema dell’ordine dei sacramenti, soprattutto della Cresima. Al riguardo, nella Chiesa esiste una varietà di Tradizioni e di riti. Per quanto concerne l’ordine dei sacramenti d’iniziazione degli adulti, le consuetudini dell’Oriente coincidono con quelle dell’Occidente. La differenza riguarda l’amministrazione della Confermazione ai giovani. Trovare una collocazione condivisa del sacramento della Cresima, rimane una sfida per la Chiesa sulla quale occorre riflettere. Del resto, il Santo Padre Benedetto XVI ha già menzionato tale questione nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum caritatis (N. 18). Inoltre, occorre ridare contenuto ed energia alla dimensione mistagogica dell’iniziazione cristiana. Non è sufficiente delegare l’educazione alla fede eventualmente all’insegnamento della religione nelle scuole, dato che è missione propria della Chiesa annunciare il Vangelo e generare alla fede, soprattutto i giovani e gli adolescenti, tramite il catecumenato e la catechesi. Di fronte alle sfide attuali, la nuova evangelizzazione dovrebbe permettere ai fedeli di vincere le paure e di porre maggiore fiducia nello Spirito Santo che guida la Chiesa nella storia, per percepire con maggiore lucidità i luoghi e intendere i modi più appropriati attraverso i quali porre la questione di Dio al centro della vita degli uomini di oggi, intercettando le loro attese e ansie. In tale opera è indispensabile la catechesi che riguarda coloro che hanno già ricevuto il primo annuncio del Vangelo e credono in Dio rivelato dal Signore Gesù. La catechesi fa maturare tale conversione, educa alla fede il credente, inserendolo nella Chiesa, comunità dei cristiani. L’iniziazione alla fede è fortemente legata all’educazione che la Chiesa compie come suo servizio all’uomo e al mondo. Nella società odierna, ogni azione educativa appare assai difficile, al punto 29 che il Santo Padre Benedetto XVI ha parlato di emergenza educativa. Si fa sempre più fatica a trasmettere alle nuove generazioni i valori di fondo e un retto comportamento. Lo sperimentano in particolare i genitori, ma anche gli enti educativi e, in particolare, la scuola. Tale difficoltà è una conseguenza del diffuso relativismo che fa mancare la luce della verità. In un simile contesto, l’impegno della Chiesa nell’educazione alla fede assume più che mai un prezioso contributo per far uscire la società dalla crisi educativa. La Chiesa possiede in merito una grande tradizione di scuole, istituti d’educazione, risorse pedagogiche, persone specializzate, vari ordini religiosi maschili e femminili, in grado di offrire una presenza significativa nel mondo della scuola e dell’educazione. Dopo un appropriato discernimento di tale realtà, sottoposta anch’essa a mutamenti significati nelle trasformazioni sociali e culturali, la Chiesa potrà riportare come dono alla società la sua tradizione educativa, trovando il suo posto nello spazio pubblico, riproponendovi la questione di Dio, fondamento di ogni educazione cristiana. Si potrebbe affermare che l’obiettivo dell’educazione della Chiesa è la cosiddetta ecologia della persona umana, secondo l’espressione del Papa Benedetto XVI (cfr. Caritas in veritate 51; L 21), che fa tutt’uno con l’ecologia umana e quella dell’ambiente. La nuova evangelizzazione pure è chiamata a occuparsi dell’impegno culturale ed educativo della Chiesa. Ad ogni modo, essa ha bisogno più di testimoni che di maestri. “Qualsiasi progetto di ‘nuova evangelizzazione’, qualsiasi progetto di annuncio e di trasmissione della fede non può prescindere da questa necessità: uomini e donne che con la loro condotta di vita danno forza all’impegno evangelizzatore che vivono” (L 22). L’attuale emergenza educativa fa crescere la domanda di educatori che sappiano essere testimoni credibili di valori su cui si può fondare l’esistenza personale e il progetto della società umana per cui vale la pena impegnarsi. Nei Lineamenta so30 no indicati alcuni testimoni illustri della storia della Chiesa, nel campo dell’educazione, a cominciare da san Paolo, san Patrizio, san Bonifacio, san Francesco Saverio, i santi Cirillo e Metodio, san Turibio da Mongrovejo, san Damiano de Veuster, la Beata Madre Teresa di Calcutta. Grazie a Dio, il loro numero si potrebbe prolungare assai. Il loro esempio serve per sottolineare che la nuova evangelizzazione è soprattutto un compito spirituale di cristiani che perseguono la santità. Tale percorso presuppone la grazia di Dio e richiede educazione, fatica, perseveranza, preghiera. I testimoni intesi in tale senso sapranno adoperare un linguaggio comprensibile anche all’uomo contemporaneo, predicando soprattutto con l’esempio di una vita pienamente dedicata a Dio e al prossimo. 7. Conclusione Nella parte conclusiva, i Lineamenta riprendono alcune descrizioni della “nuova evangelizzazione”, senza pretesa di proporre una definizione precisa ed esaustiva, ma per facilitare la riflessione su tale tema. Si ribadisce che il fondamento della nuova evangelizzazione è lo Spirito Santo che il Signore risorto ha effuso sui discepoli nella Pentecoste. In mezzo a loro, nel cenacolo di Gerusalemme, era presente anche Maria, Madre di Gesù e Madre nostra. “Piena di grazia”, Ella è l’icona della Chiesa, la Madre che l’accompagna nell’evangelizzazione durante la sua storia bimillenaria. La nuova evangelizzazione dovrebbe diventare un nuovo cenacolo, un luogo ove sotto la grazia dello Spirito Santo la Chiesa troverà non un nuovo Vangelo, bensì “una risposta adeguata ai segni dei tempi, ai bisogni degli uomini e dei popoli di oggi, ai nuovi scenari che disegnano la cultura attraverso la quale raccontiamo le nostre identità e cerchiamo il senso delle nostre esistenze” (L 23). 31 La nuova evangelizzazione dovrebbe riaccendere nei cristiani lo slancio delle origini, una nuova missionarietà che coinvolga tutti i membri del Popolo di Dio, “un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani” (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 40; L 24). Preghiamo il Signore, per mezzo della Beata Vergine Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione, che la prossima Assemblea sinodale aiuti la Chiesa a riprendere con rinnovato vigore l’opera di evangelizzazione, annunciando con gioia ai vicini e ai lontani il Vangelo di Gesù Cristo, “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 16). 32 DOCUMENTI DELLA CHIESA ITALIANA 63A ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA ESPISCOPALE ITALIANA COMUNICATO FINALE3 “La comunione nello Spirito Santo è la condizione del giusto discernimento”. Queste parole, pronunciate dal Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, nell’omelia della Concelebrazione eucaristica in San Pietro, individuano con efficacia i tratti caratterizzanti la 63ª Assemblea Generale della CEI (Roma, 23-27 maggio 2011). A essa hanno preso parte 231 membri e 18 Vescovi emeriti, a cui si sono aggiunti 22 rappresentanti di Conferenze Episcopali europee, i delegati dei religiosi, delle religiose, degli Istituti secolari, della Commissione Presbiterale Italiana e della Consulta Nazionale delle aggregazioni laicali, nonché alcuni esperti, in ragione degli argomenti trattati. Uno spirito di comunione ha contraddistinto anzitutto la prolusione del Presidente, il Card. Angelo Bagnasco, che ha riletto, a partire dalla recente beatificazione, la figura e il magistero di Giovanni Paolo II, riproponendo la forza rigenerante dell’originalità cristiana, anche in un clima culturale segnato dal dilagare del secolarismo e del relativismo. Con fermezza, esprimendo “dolore e incondizionata solidarietà” alle vittime e alle loro famiglie, ha ribadito il dovere di affrontare l’infame piaga degli abusi sessuali perpetrati da sacerdoti; la preoccupazione per la crisi della vita pubblica e per l’individualismo indiscriminato che porta a ignorare le urgenze 3 Roma 23-27 maggio 2011. 35 sociali; il bisogno di tutelare la persona in ogni momento della vita e la famiglia, come nucleo primario della società; la necessità di qualificare la scuola e di una politica del lavoro che abbia a cuore il futuro dei giovani. L’anelito alla comunione ha indotto a varcare i confini del nostro Paese, per soffermarsi sulla situazione del Medio Oriente e del Nordafrica, con particolare attenzione alla Libia, chiedendo un “cessate il fuoco” che apra la strada alla diplomazia e a un diverso coinvolgimento dell’Unione europea. La comunione si è manifestata visibilmente nella celebrazione mariana del 26 maggio nella Basilica di S. Maria Maggiore, nella quale i Vescovi, riuniti in preghiera intorno al Santo Padre, hanno rinnovato l’affidamento dell’Italia alla Vergine Madre, nell’anno in cui ricorre il centocinquantesimo anniversario dell’unità politica. L’Assemblea Generale ha esercitato il suo discernimento in particolare riflettendo sulle modalità secondo cui articolare nel decennio corrente gli Orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo, approvati nel 2010. In quest’opera i Vescovi sono stati guidati da due relazioni magistrali, l’una volta ad approfondire cosa significhi introdurre e accompagnare all’incontro con Cristo nella comunità ecclesiale, e l’altra imperniata sulla sfida che il secolarismo pone all’universalità cristiana. Continuando l’opera iniziata nella precedente Assemblea Generale, tenuta ad Assisi nel novembre scorso, i Vescovi hanno esaminato e approvato la seconda parte dei materiali della terza edizione italiana del Messale Romano. Fra gli adempimenti di natura amministrativa, spicca l’approvazione della ripartizione e dell’assegnazione delle somme derivanti dall’otto per mille. A integrazione dei lavori, sono state svolte comunicazioni e date informazioni su alcune esperienze ecclesiali di rilevanza nazionale e sui prossimi eventi che coinvolgeranno le Chiese in Italia. 36 1. L’esperienza cristiana, via della bellezza L’educazione è il fulcro prospettico e l’impegno prioritario delle diocesi italiane nel decennio corrente: ciò impone un’attenta analisi delle dinamiche culturali in cui essa è chiamata a vivere. È fondamentale affrontare il discorso culturale per giungere a una proposta di fede, in una società nella quale il pensiero individualistico trasforma la libertà in privilegio del più forte e conduce alla deriva dell’indifferenza. Oggi la secolarizzazione costituisce la condizione normale per ciascuno. L’approfondimento dedicato al tema ha aiutato a recuperare la genesi storica di questa situazione, che ha visto anzitutto venire meno la fiducia che la singolarità di Cristo conferisca unità e senso a tutto ciò che è umano. Questa frattura ha aperto la strada alla privatizzazione della fede e alla costruzione di alternative culturali all’universalismo cristiano, sfociate nelle ideologie del Novecento. La critica radicale all’Assoluto ha portato con sé anche la negazione degli assoluti antropologici, con l’avvento dei particolarismi, della frammentarietà e della solitudine, fino alla deriva nichilista. Per non restare succubi e inerti, è indispensabile riproporre l’esperienza cristiana quale sintesi forte e bella, che individua nel Cristo il principio che ridona respiro a tutto l’umano. Educare alla fede diventa così la prima urgenza e il primo servizio a cui la Chiesa è chiamata, dando respiro e profondità all’impegno culturale e alla testimonianza della carità. 2. Con la forza di un incontro L’orizzonte della fede non muove da una dottrina o da un’etica, ma da un incontro personale. Nel dibattito in aula è emersa con forza la necessità di contestualizzare l’opera educativa della Chiesa 37 nel panorama culturale, consapevoli del fatto che è questo il momento per indicare strade che introducano e accompagnino all’incontro con Cristo. In tale ottica, il lavoro in gruppi di studio – finalizzato a individuare soggetti e metodi dell’educazione alla fede – ha evidenziato anzitutto l’imprescindibilità, per la trasmissione della fede, di relazioni profonde di prossimità e di accompagnamento, nella linea dell’icona evangelica dei discepoli di Emmaus. Molti hanno sottolineato come non manchino nelle nostre comunità sperimentazioni stimolanti e buone prassi, soprattutto nell’ambito dell’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi: un primo obiettivo operativo sarà quello di una mappatura delle esperienze, che ne consenta una conoscenza più diffusa in vista del discernimento. La famiglia – spesso integrata dall’apporto dei nonni – resta il soggetto educativo primario, nonostante le fragilità che la segnano. Un nuovo rilievo può essere assunto dai padrini, se scelti in quanto persone disponibili e idonee a favorire la formazione cristiana delle nuove generazioni. Accanto alla famiglia, rimane fondamentale il ruolo della parrocchia. Associazioni laicali, gruppi e movimenti vanno a loro volta valorizzati, verificandone con puntualità esperienze e proposte educative. Molto ci si attende dai sacerdoti: ribadendo la stima nei loro confronti, per la dedizione di cui danno prova, si chiede loro un salto di qualità, le cui basi devono essere poste sin dalla formazione in seminario. Educatore per eccellenza, il sacerdote non può a sua volta esimersi dal dovere della formazione permanente, antidoto al rischio di lasciarsi travolgere dalle esigenze del fare, perdendo i riferimenti complessivi del quadro culturale ed ecclesiologico, senza i quali l’attività pastorale si condanna alla sterilità. 38 I Vescovi hanno condiviso l’importanza di offrire una risposta accogliente e vitale in particolare ai cosiddetti “ricomincianti”: quanti, cioè, dopo un tempo di indifferenza o di distacco, maturano la volontà di riavvicinarsi alla pratica religiosa e di sentirsi parte della Chiesa. Un’attenzione specifica deve essere rivolta agli immigrati – specialmente alle giovani generazioni –, destinati a diventare parte integrante delle comunità ecclesiali e del Paese. 3. La carità politica nasce dalla santità La prolusione del Cardinale Presidente è stata apprezzata per l’impostazione, l’equilibrio e l’ampiezza di sguardo. In particolare, i Vescovi hanno condiviso la preoccupazione per la situazione di precariato lavorativo che mette a dura prova soprattutto i giovani, e per la contrazione dei servizi sociali – a partire dall’offerta sanitaria. Il doveroso contenimento della spesa pubblica non può, infatti, avvenire penalizzando il livello delle prestazioni sociali, che è segno di civiltà garantire a tutti. Unanime è l’impegno a investire energie per formare una nuova generazione di amministratori e di politici appassionata al bene comune. C’è bisogno in questo campo di luoghi, metodi e figure significative: tra esse, spicca per la sua esemplarità il Servo di Dio Giuseppe Toniolo, la cui prossima beatificazione costituirà un’opportunità per rilanciare un modello di fedele laico capace di vivere la misura alta della santità. Gli abusi sessuali compiuti da ministri ordinati sono una piaga infame, che “causa danni incalcolabili a giovani vite e alle loro famiglie, cui non cessiamo di presentare il nostro dolore e la nostra incondizionata solidarietà”: stringendosi intorno al Cardinale Presidente e facendone proprie le parole ferme, i Vescovi hanno ribadito che sull’integrità dei sacerdoti non si può transigere. 39 Condivisa è la certezza che chiarezza, trasparenza e decisione, unite a pazienza e carità, sono la via della perenne riforma della Chiesa. Profonda sintonia è emersa anche nella valutazione della drammatica situazione libica: i Vescovi hanno chiesto con fermezza che le armi cedano il posto alla diplomazia; che l’Europa avverta come il Nordafrica rappresenti oggi un appuntamento a cui è essa convocata dalla storia; che l’impegno di accoglienza dei profughi sia condiviso a livello comunitario. Particolare riconoscenza va alle Caritas diocesane e alle associazioni di volontariato che si stanno spendendo per fare fronte all’emergenza, forti di un’esperienza di integrazione da tempo quotidianamente condotta. 4. Sotto il manto della Vergine L’Assemblea Generale ha vissuto il suo momento più alto e toccante giovedì 26 maggio, stringendosi in preghiera intorno al Santo Padre per la recita del Rosario nella Basilica di S. Maria Maggiore. In questo modo – come ha ricordato il Cardinale Presidente nell’indirizzo di saluto – si è voluto affidare l’Italia a Maria nel centocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale, richiamando i tasselli di una memoria condivisa e additando gli elementi di una prospettiva futura per il Paese. Papa Benedetto XVI, osservando che a ragione l’Italia può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa, ha esortato i Vescovi a essere coraggiosi nel porgere a tutti ciò che è peculiare dell’esperienza cristiana: la vittoria di Dio sul male e sulla morte, quale orizzonte che getta una luce di speranza sul presente. In particolare, ha incoraggiato le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa e ha sostenuto gli sforzi di quanti 40 si impegnano a contrastare il precariato lavorativo, che compromette nei giovani la serenità di un progetto di vita familiare. 5. Liturgia, fulcro dell’educazione La liturgia costituisce il cuore dell’azione educativa della Chiesa. Continuando il lavoro intrapreso nella precedente Assemblea Generale (Assisi, 8-11 novembre 2010), i Vescovi hanno esaminato i materiali della seconda parte della terza edizione italiana del Messale Romano. Per completare l’opera, restano da affrontare gli adattamenti propri della versione italiana: essi saranno esaminati nella prossima Assemblea Generale, che si terrà a Roma nel maggio 2012. 6. Adempimenti amministrativi, comunicazioni e informazioni Come ogni anno, i Vescovi hanno provveduto ad alcuni adempimenti amministrativi, fra cui spicca l’approvazione dell’assegnazione e della ripartizione delle somme provenienti dall’otto per mille per il 2011. I dati, come sempre riferiti alle dichiarazioni dei redditi effettuate tre anni fa, cioè nel 2008, confermano l’ottima tenuta del meccanismo dell’otto per mille: all’aumento complessivo del numero dei firmatari, è corrisposta la perfetta tenuta della percentuale di quanti hanno espresso la propria preferenza per la Chiesa cattolica. Ciò induce a perseverare nell’impegno di trasparenza quanto all’utilizzazione e alla rendicontazione di queste somme. Si è data comunicazione degli esiti della rilevazione delle opere sanitarie e sociali ecclesiali presenti in Italia. È stato presentato il libro bianco informatico sulle opere realizzate grazie ai fondi dell’otto per mille, nonché il portale internet www. chiesacattolica.it. Si sono forniti ragguagli sul seminario di studio per i Vescovi sul 41 tema dei rapporti fra Chiesa, confessioni religiose e Unione europea (Roma, 14-16 novembre 2011). Altre informazioni hanno riguardato la Giornata per la Carità del Papa, la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, il Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona e l’Incontro Mondiale delle Famiglie di Milano. Infine, è stato approvato il calendario delle attività della CEI per l’anno pastorale 2011-2012. 42 DOCUMENTI DELLA CHIESA PUGLIESE I LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ PUGLIESE, OGGI4 1. Laici educatori La portata educativa della missione ecclesiale chiede alla comunità cristiana di porre al centro della sua azione la persona da accogliere nella sua interezza, favorendone la sua crescita integrale. Gli atteggiamenti da sviluppare sono l’ascolto e la disponibilità non invadente, espressione di un amore e di un rispetto profondo dell’uomo, immagine di Dio. La difficoltà di educare nella società contemporanea è superabile solo all’interno di un progetto educativo in rete tra famiglie, parrocchia, scuola e istituzioni locali, che condividano la responsabilità della cura e della crescita delle persone affidate. È forte l’esigenza di una parrocchia a dimensione di famiglia che sappia rimodulare i propri tempi, spazi e luoghi in rapporto ai ritmi e alle esigenze dei soggetti coinvolti. Allo stesso modo è urgente che la comunità cristiana ponga al primo posto la cura delle relazioni, divenendo spazio vitale nel quale si sperimenta l’accoglienza senza condizioni. Solo attraverso l’esperienza di un amore incondizionato, infatti, è possibile trasmettere la fede e suscitare il desiderio di un incontro con Dio, senza cedere a facili percorsi d’indottrinamento e a sbrigativi cammini di sacramentalizzazione. Il sogno che ci attende richiede un impegno di formazione permanente finalizzato alla edificazione di una comunità capace di riconoscere carismi, valorizzare competenze, condividere re4 Terzo Convegno Ecclesiale Regionale, San Giovanni Rotondo 27-30 aprile 2011. “Proposizioni finali consegnate ai Vescovi di Puglia il 30 aprile 2011”. 45 sponsabilità e operare un consapevole discernimento comunitario. 2. Alleanza educativa e scuola Ogni cristiano è chiamato per vocazione a prendersi cura dell’altro, a educare. Tutte le agenzie educative nel proprio specifico, per ragioni di continuità ed efficacia, possono costruire una rete di collaborazioni. I laici impegnati (in parrocchia, scuola, famiglia, aggregazioni laicali e istituzioni…), insieme ai sacerdoti e ai religiosi/e dovranno potenziare o creare luoghi di dialogo (osservatori, centri di ascolto, caffè pedagogici, incontri tematici, progetti formativi…) per realizzare una proposta unitaria (o patto educativo) che poggi sui valori condivisi e proponibili a tutti, per accompagnare le giovani generazioni a una vita adulta e piena. Si propone di sostenere con particolare cura la famiglia nella riscoperta e nel concreto esercizio del suo originario compito educativo, favorendo un lavoro di collaborazione senza deleghe con le istituzioni formative nel comune intento di aiutare la persona a conquistare la sua autonomia e la sua identità. La comunità cristiana deve guardare con rinnovata attenzione e fiducia alla scuola e all’università statale: i laici cristiani possono contribuire a renderle luoghi di formazione integrale e non di mero accumulo di informazioni e competenze operative. Essa, allo stesso modo, deve guardare alla scuola e all’università cattolica, considerandole un bene prezioso da promuovere con rinnovato vigore e deve riscoprirne le ragioni, a volte poco chiare anche per gli stessi credenti. 3. Parrocchia, famiglia e giovani A partire dalla consapevolezza della fragilità/risorsa di parrocchia, famiglia e giovani, riteniamo fondamentale: 46 – il recupero della dimensione dell’amore come metodologia comune – la promozione di una apertura in termini di ricerca di significati, di ascolto e narrazione di esperienze. Tutto questo va vissuto in un sogno/impegno di una parrocchia “famiglia di famiglie” che, nella corresponsabilità, curi le relazioni interpersonali, con sé e con Dio, tenendo presenti i tempi, le nuove condizioni di vita e le esigenze di tutti, soprattutto dei giovani, scegliendo i luoghi e le modalità più consoni, evitando che essa diventi solo una erogatrice di servizi, ma sia pienamente una comunità eucaristica. 4. Trasmissione della fede Gesù si fece compagno di viaggio per i discepoli di Emmaus. Anche noi a imitazione del Maestro ci facciamo compagni di viaggio degli uomini e delle donne del nostro tempo. Come popolo di Dio, nella diversità ministeriale e vocazionale che ci caratterizza, siamo chiamati ad annunziare “la vita buona del Vangelo” come risposta ai bisogni e alle attese della gente. Le sfide che ci attendono nella trasmissione della fede, come chiese di Puglia, sono quelle di: – rimettere al centro le Sante Scritture; – riconoscere i singoli carismi, perché la comunità cristiana sia sempre una comunità plurale; – valorizzare le competenze e condividere le responsabilità, per operare un consapevole discernimento. Perché tutto questo si realizzi nella corresponsabilità reciproca, sono necessari percorsi permanenti e differenziati, sia per i formatori dei formatori (aperti alla diversità dei ministeri e delle vocazioni), sia per gli operatori pastorali impegnati nell’area della catechesi e, più in generale, della trasmissione della fede. In questo senso 47 «ci sembra importante che la comunità sia coraggiosamente aiutata a maturare una fede adulta, “pensata”» (CVMC 50), capace di rendere conto della speranza che la abita (cfr. 1Pt 3,15). Così, assumendo stili e linguaggi nuovi e comprensibili, come nel dialogo ecumenico e interreligioso, per recuperare orizzonti di senso nella quotidianità, la nostra comunità ecclesiale pugliese riparte da questo terzo convegno senza indugio e con gioia, per raccontare la bellezza della fede. 5. Laici corresponsabili La corresponsabilità è espressione significativa e luminosa dell’ecclesiologia di comunione riproposta dal Concilio. Si attua nella comune presa in carico delle istanze provenienti dal mondo e dalla stessa vita ecclesiale mediante cammini condivisi. Per una crescita di corresponsabilità nelle Chiese di Puglia si auspica di: – sperimentare itinerari di formazione tra presbiteri, religiosi e laici, attuati con una metodologia di formazione degli adulti, liberamente scelti e condivisi nelle fasi di progettazione, di attuazione e di valutazione – porre attenzione a un’autentica riattivazione del “genio cristiano del laico” in Puglia. Per dare concretezza a un autentico “affectus” laicale, occorre una rinnovata stagione di confronto e di convergenza da accogliere in un permanente cammino sinodale del laicato pugliese, al fine di vivere in maniera corresponsabile la comune passione evangelica – realizzare un Direttorio Diocesano per gli organismi di comunione e partecipazione, sapendo tradurre nella storia di ogni Chiesa particolare il grande dono della “comunione”, che nell’Eucaristia pone una seria ipoteca sul nostro essere personale e comunitario – valorizzare una maggiore capacità di cittadinanza attiva, po48 nendo attenzione a tutte le risorse presenti sul territorio con cui realizzare percorsi di corresponsabilità. 6. I luoghi della corresponsabilità Formati in Cristo, accomunati dalla stessa vocazione battesimale, come membri del popolo di Dio presente nelle Chiese di Puglia, proponiamo percorsi formativi comuni rivenienti da un discernimento comunitario condiviso, fondato su una solida spiritualità di comunione per camminare insieme nel servizio, in fedeltà a Dio e all’uomo. I luoghi classici della corresponsabilità pastorale (ad intra: Consigli Pastorali parrocchiali e diocesani, Consigli degli Affari Economici, Gruppi, Associazioni, Movimenti, ecc.), oltre a valorizzare e qualificare il loro specifico, possono allargare gli orizzonti a una pastorale d’ambiente aperta al territorio e alle istanze della storia (ad extra: Amministrazioni pubbliche, scuole, organismi di partecipazione civile, ecc.). 7. Aggregazioni laicali Con la consapevolezza di dover riscoprire la bellezza della fede in Cristo, occorre prendere coscienza della profonda domanda di senso che ci pervade. Il metodo è quello di prendere sul serio la realtà in cui Dio ci chiama: nel nostro caso, le Chiese e la terra di Puglia. La relazione tra ministri ordinati, religiosi e laici, pur nella diversità dei carismi, è tuttavia segnata dalla difficoltà di comunicazione. Per superare questa difficoltà che, in grande misura, deriva dall’autoreferenzialità, è necessario che ogni aggregazione, pur nella sua propria identità, sia aperta alle altre per creare comunione, al fine del servizio a Cristo e alla Chiesa. La strada è quella di una vera e profonda conoscenza reciproca, di una reale fraternità fra laici e fra ministri ordinati, religiosi e laici, 49 con lo stile familiare dell’“essere a fianco”, del “prendersi cura” gli uni degli altri. Un ruolo importante, in questa direzione, è affidato alla Consulta delle Aggregazioni Laicali. 8. Itinerari di formazione condivisi fra presbiteri, religiosi e laici La bellezza dell’identità e della missione delle nostre Chiese pugliesi esige che, tra le molteplici vocazioni e ministeri, maturi un’autentica corresponsabilità. In ogni Diocesi gli organismi di partecipazione si preoccupino di educare al discernimento comunitario a partire dall’ascolto della Parola di Dio e dall’«estasi» eucaristica, e di promuovere la cultura della progettualità, che qualifichi e valorizzi l’identità di ciascuno a servizio della comunione. Pertanto si propone la costituzione, al loro interno e/o al di fuori di essi, di una commissione diocesana per la formazione, composta di ministri ordinati, religiosi e laici, che possa pensare, progettare e realizzare ordinariamente itinerari formativi comuni, concreti e verificabili a livello spirituale, culturale e sociale (ritiri comuni, esercizi spirituali da vivere insieme, seminari, ecc.). 9. Laici testimoni La diffusa insoddisfazione sui modi attuali della politica, le deficitarie modalità di partecipazione democratica e di inclusione interculturale rendono sempre più urgente una più coraggiosa testimonianza cristiana nella realtà socio-politica ed economica pugliese, nazionale e globale, al fine di conseguire più elevati livelli di giustizia sociale, di fraterna condivisione e integrazione del “diverso”, e di un più cosciente e responsabile perseguimento del bene comune. Di fronte alle carenze del vigente modello di democrazia rappresentativa, si propone l’introduzione di forme di democrazia “deliberativa” o “inclusiva” (TM21, sondaggi deliberativi, giurie di cit50 tadini, istituti di partecipazione) in cui siano valorizzati i luoghi di discernimento comunitario e in cui la società civile deliberi con effetto vincolante sulle questioni più rilevanti a livello locale. Occorre inoltre abbandonare le prassi di separazione e di assimilazione del “diverso”, per instaurare esperienze di dialogo e di integrazione (a partire dalla scuola) basate sul riconoscimento dei diritti inviolabili della persona e sull’attribuzione della cittadinanza agli stranieri e ai figli nati in Italia in tempi più brevi degli attuali. Allo scopo, si avverte l’esigenza di porre in essere una formazione integrale per il laicato, stabile e non occasionale, finalizzata ad acquisire la capacità di sviluppare una lettura culturale e sociopolitica delle problematiche del territorio, individuandone cause ed elaborando progetti lungimiranti. 10. Cittadinanza e interculturalità Constatando la fatica a dialogare e ad accogliere l’altro, si auspica il superamento della cultura dell’autosufficienza, dell’autoreferenzialità e il recupero del senso delle radici del nostro popolo. Suggeriamo a livello pratico-operativo: – il censimento delle risorse educative in ordine all’interculturalità e alla cittadinanza attiva – l’attivazione di percorsi storico-antropologici volti alla conoscenza della propria e dell’altrui cultura – la creazione di una “scuola di formazione alla cittadinanza attiva” che faccia riferimento agli ISSR pugliesi. Tale scuola dovrà formare una coscienza laicale, interagendo con le diocesi, le parrocchie e le realtà presenti nel territorio. 11. Etica ed economia L’attuale crisi economica (con la disoccupazione crescente, specie giovanile, e l’ampliarsi del divario tra fasce più ricche e più po51 vere della società) evidenzia il fallimento dell’attuale modello di sviluppo e postula con forza un modello etico fondato sulla centralità della persona. Tale modello dovrà essere perseguito innanzitutto attraverso la valorizzazione della risorsa fondamentale costituita dalla dottrina sociale della Chiesa – con opportuni percorsi informativi e formativi all’interno della prassi educativa ordinaria delle comunità ecclesiali – con prassi innovative risultanti da larghe alleanze fra soggetti e ambiti educativi diversi. Tali percorsi siano improntati a uno stile di accompagnamento autorevole da parte degli adulti verso le nuove generazioni. È in questo ambito che i laici possono operare in termini più diretti e immediati rispetto a quanto le irrinunciabili esigenze di prudenza ‘politica’ non consentano di fare alle autorità ecclesiastiche. A tal fine sarà bene partire da una sistematica opera di mappatura e di messa in rete delle numerosissime esperienze di economia solidale che con varie modalità (cooperazione, volontariato, progetto Policoro, finanza etica, micro-credito, commercio equo e solidale, banca del tempo, caritas, ecc…) vedono impegnate tante comunità ecclesiali del territorio pugliese. 12. Impegno socio-politico Le chiese di Puglia, radicate in Cristo e fedeli all’uomo, attraverso un discernimento comunitario e corresponsabile, si impegnano a formare e a sostenere donne e uomini capaci di operare scelte, in campo socio-politico, nello stile del dono e della gratuità. Si rende quindi necessario elaborare percorsi educativi radicati nella Parola e capaci di intercettare la vita concreta delle persone, valorizzando al meglio il patrimonio di cui dispongono. 52 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO OMELIE O AMORE INEFFABILE, DOLCISSIMO GESÙ5 O Amore ineffabile, dolcissimo Gesù! Sì, cara Suor Maria Letizia, ne siamo certi, è questo il grido d’amore che sgorga dal tuo cuore mentre ti accingi a esprimere pubblicamente davanti alla comunità monastica e alla Chiesa il desiderio di aderire al Signore nel dono totale della tua persona; dono offerto senza indugi e senza riserve. Il rito della professione temporanea è ricco di gesti che assumono il valore di segni. Nei primi tre gesti (il dialogo tra il celebrante e la candidata, la proclamazione della formula, l’abbraccio con la madre e le consorelle) si può cogliere la stessa natura dell’esperienza vocazionale, che si esprime come chiamata di Dio che implica una risposta. È il mistero dell’annunciazione che risuona in questa liturgia e si presenta nella tua vita. E tu, come Maria, sei chiamata ad ascoltare la voce del messaggero di Dio, a custodire nel cuore la sua Parola, a meditarla costantemente, acconsentendo alla chiamata e rispondendo “Sì!” con tutta la forza del cuore, della mente, della volontà. La vita consacrata si fonda su un dialogo d’amore tra l’anima innamorata e Dio, sorgente dell’amore. «Vieni con me, amica mia» (Ct 4,8), Lui esclama. E tu rispondi: «Una voce: il mio diletto che viene saltando sui monti, mi parla e dice al mio cuore. “Alzati e vieni”» (Ct 2,8.10). È un dialogo, questo, che fa appello alla responsabilità personale vissuta in un contesto comunitario. 5 Omelia nella Messa per la professione temporanea di suor Maria Letizia, Monastero Clarisse, Alessano 24 marzo 2011. 55 Gli altri tre gesti (l’imposizione del velo, l’offerta della Regola e delle costituzioni, la consegna del Crocifisso) esprimono la forma sponsale che la consacrazione deve assumere. Risuonano in questi gesti le parole dello sposo: «Sei per me un giardino chiuso, o sposa mia, sorella amata, giardino chiuso, fontana sigillata. Mettimi come sigillo sul tuo braccio, sul tuo cuore, perché l’amore è forte come la morte» (Ct 4,12; 8,6) Nel suo insieme, il rito mette in evidenza il primato dell’amore e, come sottolineava S. Teresa d’Avila, in questo dono di sé «la cosa più importante non è pensare troppo, ma amare molto»; per questo, alle sue consorelle ella ricordava: «Fate ciò che più vi spinge ad amare». Cara Suor Maria Letizia, questa sera tutti noi, stringendoci intorno a te, alla comunità monastica e alla tua famiglia ti esortiamo: rinnova il tuo sì all’Amato, accendi la tua lampada alla luce di Cristo, fornace ardente di carità, lasciati sospingere dal suo amore, segui i suoi impulsi, dirigi i tuoi passi lungo la via che egli ti mostra e compi ciò che il suo amore suggerisce al tuo cuore. All’amore infinito e ineffabile con il quale Gesù ti circonda, rispondi con tutto il trasporto dell’anima, perché sai bene che «amor con amor si paga, e chi con amor non paga, degno di amar non è». La tua consacrazione a Cristo, sancita dai voti di povertà, castità e obbedienza, quasi come un arcobaleno, faccia risplendere i colori dell’amore. Rivestiti di rosa come l’amore della sposa. Come fiaccola ardente, dalla solitudine della tua cella, irradia il luminoso chiarore della luce di Cristo. Sprigiona nel mondo un raggio purpureo del fuoco incandescente dello Spirito. E sii per tutti uno splendido riflesso del volto dell’Amato. 56 Vela il tuo capo e il tuo corpo con il colore della rosa, ossia con la bellezza della castità, manifestazione di un amore sponsale. E, in tal modo, accogli le esortazioni che Santa Chiara, con parole di incomparabile dolcezza, scriveva alla beata Agnese di Praga: «Amandolo, siete casta, toccandolo, sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine. La sua potenza è più forte, la sua generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni grazia più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose… e vi ha incoronata con una corona d’oro incisa con il segno della santità»6. Avvolgi la tua mente e il tuo cuore con il colore della luce aurorale ossia con lo sfolgorante splendore della povertà e del nascondimento. Prendi cioè come misura della tua vita il luminoso esempio di Santa Chiara. Di lei, il biografo racconta: «Quanto è vivida la potenza di questa luce e quanto forte è il chiarore di questa fonte luminosa. Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita claustrale e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto è vasto il mondo. Si custodiva dentro e si diffondeva fuori. Chiara, infatti, si nascondeva; ma la sua vita era rivelata a tutti. Chiara taceva, ma la sua fama gridava»7. Fascia i tuoi sentimenti e la tua volontà con il colore del fuoco ovvero con il sacrificio dell’obbedienza vissuta come un intenso rapporto di amicizia. Proprio di questo amore tesse l’elogio san Francesco di Sales quando scrive: «È bello poter amare sulla terra come si ama in cie6 7 Lettera prima: FF, 2862. FF, 3284. 57 lo, e imparare a volersi bene in questo mondo come faremo eternamente nell’altro. Non parlo qui del semplice amore di carità, perché quello dobbiamo averlo per tutti gli uomini; parlo dell’amicizia spirituale, nell’ambito della quale, due, tre o più persone si scambiano la devozione, gli affetti spirituali e diventano realmente un solo spirito»8. Sigilla la tua persona con la divina carità divenendo trasparenza di un amore che riflette, come in uno specchio, la tenerezza dell’Amato. Contemplando il suo volto, si rallegrerà il tuo cuore, sarai felice e godrai di ogni bene, sull’esempio di Santa Chiara che, immersa nell’amore di Cristo, nella quarta lettera inviata alla diletta figlia, la beata Agnese di Praga così scrive: «Felice certamente colei a cui è dato godere di questo sacro connubio, per aderire con il profondo del cuore [a Cristo], a colui la cui bellezza ammirano incessantemente tutte le beate schiere dei cieli, il cui affetto appassiona, la cui contemplazione ristora, la cui benignità sazia, la cui soavità ricolma, il cui ricordo risplende soavemente, al cui profumo i morti torneranno in vita e la cui visione gloriosa renderà beati tutti i cittadini della celeste Gerusalemme. E poiché egli è splendore della gloria, candore della luce eterna e specchio senza macchia, guarda ogni giorno questo specchio, o regina sposa di Gesù Cristo, e in esso scruta continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno… In questo specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità»9. Sì, cara Suor Maria Letizia, questa sera, in un impeto di gioia e di esultanza prendi su di te il giogo di Cristo, rivestiti della sua 8 9 FRANCESCO DI SALES, Introduzione alla vita devota, III, 19. Lettera quarta, FF, 2901-2903. 58 bellezza e dona a lui l’intera tua esistenza, consacrando in lui tutto l’amore: amore crocifisso e beatificante, amore donato e offerto, amore invocato e desiderato, amore esigente e liberante, amore arduo, ma non impossibile. Sì, l’amore è, insieme, leggero e gravoso, ma come diceva M. T. Cicerone «nulla è difficile per chi ama». 59 TU ES SACERDOS CRUCIS10 Chi è il festeggiato questa sera? La domanda sembra semplice e la risposta appare scontata! Certo, questa celebrazione liturgica è un momento di festa e di gioia per mons. Agostino Bagnato perché è il 30° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Questa sera egli ravviva la memoria di un evento che lo ha segnato in modo indelebile perché il dono del sacerdozio ricevuto 30 anni fa lo ha configurato a Cristo e lo ha reso servo della comunità. Lo Spirito, sceso su di lui per l’imposizione delle mani del vescovo, lo ha costituito guida e pastore della Chiesa di Dio. Per questo si tratta di una festa che coinvolge mons. Bagnato, la sua famiglia, i suoi genitori: il papà in cielo e la mamma, qui in mezzo a noi, gioiscono per il dono che il Signore ha fatto al loro figlio. Il vero festeggiato, però, è il Signore Gesù. È lui il sommo ed eterno sacerdote! Vorrei, cari fedeli, che cogliessimo questa profonda verità: in ogni sacerdote è sempre Cristo ad agire come buon pastore e sommo sacerdote. Ricordando il trentesimo anniversario di Don Agostino, festeggiamo l’eternità del sacerdozio di Cristo. L’elemento essenziale è il mistero sacerdotale di Gesù da cui ha origine il ministero e prende forma l’impegno pastorale. Sotto questo profilo, comprendiamo la bellezza della nostra celebrazione e ci uniamo in una maniera ancora più profonda alla persona di Don 10 Omelia nel trentesimo anniversario di ordinazione sacerdotale di mons. Agostino Bagnato, Patù 28 marzo 2011. 60 Agostino. In lui, non vediamo solo la sua figura umana, ma intravediamo i lineamenti del sacerdozio di Cristo. Gesù è sacerdote perché tutta la sua vita è stata un’offerta al Padre. Ricordate le splendide parole che leggiamo nella Lettera agli Ebrei: «Non hai voluto offerte e sacrifici, allora ho detto: ecco io vengo per fare la tua volontà» (Eb 10, 6-7). È l’atto di obbedienza di Cristo al progetto d’amore del Padre. Così si realizza l’incarnazione del Verbo e ha inizio il sacerdozio di Cristo. Egli infatti è sacerdote nel momento in cui si incarna, lo diviene in un modo ancora più esplicito nella sua morte e risurrezione, e nella sua glorificazione rimane sacerdote in eterno. Il sacerdozio di Gesù si realizza attraverso queste tre grandi fasi: l’incarnazione, l’offerta al Padre, la sua intronizzazione alla destra del Padre per intercedere a nostro favore. E da lì, dall’alto del suo trono celeste, attraverso i sacerdoti che sono nel mondo, realizza nel tempo e nello spazio l’opera della salvezza. Questa sera, attraverso la persona di don Agostino, fissiamo lo sguardo su Gesù, sommo sacerdote, per cogliere la profondità del mistero del sacerdozio cristiano. Vi è, però, un altro elemento da esplicitare. Questa sera celebriamo anche la festa della comunità parrocchiale e dell’intera Chiesa diocesana. La mia presenza sta proprio ad indicare il valore ecclesiale della celebrazione. Il dono del sacerdozio è conferito per il servizio da rendere alla comunità perché senza questo ministero la vita cristiana sarebbe molto fragile e, in molti casi, difficile da realizzare. Il senso di questa celebrazione è, dunque, cristologico ed ecclesiologico: festeggiamo Cristo sommo sacerdote e la Chiesa, sposa di Cristo e popolo sacerdotale. Ma qual è il compito del sacerdote nella Chiesa? Il sacerdote è l’uomo che rende presente l’amore di Dio in mezzo al popolo, attraverso la sua persona e il suo stile di vita. Egli 61 è “l’uomo della parola”, annunciata e spiegata al popolo di Dio per introdurre tutti i membri della Chiesa alla conoscenza della verità; è la persona attraverso la quale la grazia divina raggiunge gli uomini nei diversi momenti della loro vita; soprattutto, è il ministro che raccoglie il popolo di Dio intorno all’altare per celebrare i divini misteri. Ogni sacerdote possiede dei particolari doni, con i quali arricchisce il presbiterio e la Chiesa diocesana. Questi doni rendono ancora più forte l’annuncio e la missione della Chiesa nel mondo. In don Agostino, ammiriamo la sua rettitudine e la sua limpida coscienza; costatiamo anche il suo spirito di servizio alle comunità parrocchiali e alla diocesi, in qualità di cancelliere; evidenziamo la sensibilità a mettersi in sintonia con il popolo di Dio, non in modo astratto e teorico, ma in modo concreto e vitale. Si potrebbe dire che la sua è una fede semplice e profonda, perché la semplicità è la capacità di esprimere in modo comprensibile la profondità del mistero. Sono questi alcuni tratti della personalità di don Agostino. Per questo gli formuliamo gli auguri richiamando tre parole della Lettera a Timoteo: “Gratias agere”. Caro Don Agostino ti chiediamo di vivere in un continuo rendimento di grazie al Signore. “Resuscites gratiam Dei”, cioè ravviva in te il dono del sacerdozio che hai ricevuto per l’imposizione delle mani e conservalo in modo da assecondare l’opera della grazia. “Confortare in gratiam”. Rafforza il tuo impegno confidando nel conforto della grazia! Tutte e tre le espressioni contengono la parola “grazia”, perché come diceva Bernanos, “tutto è grazia!”. 62 UNA FEDE RICCA DI MEMORIA11 Eminenza Reverendissima, Le porgo il caloroso saluto e il sentimento di riconoscenza di tutta la comunità diocesana per aver accolto l’invito a presiedere questa liturgia eucaristica in memoria dell’amato mons. Vito De Grisantis, nell’anniversario della sua morte. Conosciamo l’affetto che Lei ha sempre nutrito per l’indimenticato Pastore che per dieci anni ha guidato con amorevolezza di padre questa Diocesi. La Sua presenza, Eminenza Reverendissima, ci fa sentire più vicina la persona del Sommo Pontefice. Il Santo Padre conserva un ricordo indimenticabile della diocesi Ugento-Santa Maria di Leuca e di mons. Vito De Grisantis. Ne ho avuto una personale conferma, quando in gennaio ho partecipato, insieme con mons. Gerardo Antonazzo all’udienza generale. Ammesso a salutare il Pontefice, mi sono presentato come il nuovo Vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca. Subito si è illuminato il suo volto e mi ha detto che durante la sua visita nella nostra Diocesi era stato colpito dalla bellezza del territorio, dalla fede del popolo di Dio e dalla nobile figura del Vescovo, mons. Vito De Grisantis. Rivolgo il mio pensiero anche a Lei, Eccellenza Reverendissima, mons. Carmelo Cassati, e Le esprimo la comune riconoscenza per la Sua squisita sensibilità a unirsi alla nostra preghiera. Questo gesto esprime la vicinanza con la quale segue il cammino della nostra diocesi e manifesta la Sua immutata stima verso mons. De Grisantis. 11 Saluto al card. De Giorgi nella Messa per l’anniversario della morte di mons. Vito De Grisantis, Cattedrale, Ugento 31 marzo 2011. 63 A voi, carissimi sacerdoti e fedeli, manifesto la mia sincera ammirazione. In questi primi mesi del mio ministero episcopale, ho potuto constatare personalmente l’amore che nutrite per mons. De Grisantis; un amore accompagnato dalla consapevolezza che egli, con la sua sapienza pastorale e la tenerezza di padre, ha tracciato un solco indelebile nella nostra diocesi facendo del suo motto, maior charitas, un grande progetto pastorale. Tra le numerose iniziative di carità che egli ha promosso, il “Progetto Tobia”, rappresenta quasi il coronamento del suo amore verso coloro che vogliono impegnarsi a intraprendere nuove esperienze di lavoro. È un progetto che gli stava molto a cuore. Le ultime parole scritte di suo pugno su un foglio consegnato a mons. Antonazzo fanno riferimento alla raccolta di fondi per la realizzazione di questo progetto. Con gioia, questa sera annuncio a tutta la comunità diocesana che, essendo state perfezionate le necessarie pratiche burocratiche, il “Progetto Tobia” passa dalla fase progettuale a quella attuativa. La presenza dei Sindaci esprime la partecipazione della comunità civile e testimonia, in modo eloquente, la risonanza e l’incidenza che il messaggio e l’opera pastorale di mons. De Grisantis hanno avuto nel cuore dei credenti e di tutti i cittadini dei nostri paesi. Un pensiero carico di intensa commozione rivolgo a voi, Zena, Margherita, Pino e Sabino, sorelle e fratelli di mons. De Grisantis, e a tutti i vostri familiari. Ho avuto modo di incontrarvi e di unirmi alla vostra preghiera il 31 ottobre 2010, quando insieme abbiamo sostato nel cimitero di Lecce presso la tomba del vostro amato congiunto. In quel momento, con la vostra preghiera avete accompagnato il simbolico passaggio di consegna della guida della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca da vostro fratello alla mia persona. La nostra diocesi si sente confortata dalla partecipazione a questo sacro rito dei fedeli della Parrocchia “Santa Rosa” in Lecce, ac64 compagnati dal parroco, mons. Antonio Montinaro. Carissimi, c’è un filo rosso che accomuna la vostra comunità parrocchiale con la nostra diocesi: l’amore per mons. De Grisantis. Siamo tutti testimoni del valore del suo ministero, che prima ha fecondato la vostra comunità parrocchiale e, poi, sulla scorta dell’intensa esperienza sacerdotale vissuta tra di voi, ha fatto crescere la fede del nostro popolo. Questa sera avvertiamo anche l’afflato spirituale di tutte le Chiese di Puglia. I vescovi pugliesi mi hanno fatto giungere la loro commossa partecipazione, assicurandomi la loro vicinanza nella preghiera. Questa celebrazione eucaristica è, dunque, espressione di una fede ricca di memoria, perché esprime la comune convinzione che la nostra vita si fonda su Gesù Cristo, morto e risorto. Si rende così ancora più vivo e intenso il legame con mons. De Grisantis. Dal letto del suo dolore, egli ha testimoniato in modo luminoso la sua fede in Cristo risorto. E nel messaggio inviato alla diocesi, il 31 marzo 2010, Mercoledì Santo, così scriveva: «Rinnovo davanti a Dio, in questo anno sacerdotale, la mia fedeltà al Signore, sostenuto dalla fedeltà di Cristo al Padre. Ora più di sempre sono convinto che la debolezza della malattia è il “crisma” che più “consacra”, unge, rende sacro, e santifica il nostro vivere, dal quale si sprigiona e si diffonde il prezioso profumo della fiducia, il “soave odore” dell’affidamento e della consegna nelle mani del Padre. Faccio mie le parole di Gesù crocifisso, per amore e non per sconfitta: “Padre nelle tue mani consegno la mia vita!”. Mi abbraccio alle sue mani crocifisse, per gridare, dal profondo della mia fragilità: “Quando sono debole, è allora che sono forte!” (2Cor 12,10). Quando si ama, si è sempre vincitori! Mai sconfitti. La Pasqua celebra la vittoria dell’Amore, e rende possibile la sconfitta di ogni egoismo; ci insegna il senso vero dell’esistenza cristiana, alla scuola 65 del Cenacolo, dove l’Amore riparte dalla lavanda dei piedi, dall’umiltà del servizio per tutti. La Pasqua ci renda capaci di un amore sempre più grande, sul modello del sacrificio pasquale di Cristo». Questa è stata la fede di mons. De Grisantis. Questa è la fede della Chiesa. Questa è la nostra fede. 66 LA VIA DELL’ESODO, DEL DESERTO, DELLA CROCE12 Cari sacerdoti e fedeli, abbiamo percorso un breve tragitto attraverso le strade del nostro paese accompagnando le spoglie mortali di Mirella Solidoro dal cimitero alla Chiesa parrocchiale. Si è trattato di un gesto semplice, dal profondo significato spirituale. Inserito nel clima della Quaresima, questo breve itinerario rappresenta la nostra statio quaresimale; un momento nel quale, come comunità parrocchiale di Taurisano, ma anche come fedeli provenienti da altre comunità, ci siamo riuniti nella casa del Signore per ascoltare la sua Parola, rafforzare il desiderio di una conversione più profonda e realizzare una maggiore immedesimazione nel mistero della morte e della risurrezione di Gesù. Il gesto del convenire nella casa del Signore ci pone delle domande: Qual è il significato che dobbiamo dare alla nostra vita cristiana? Che cosa vuol dire vivere il tempo quaresimale? Come vivere nel tempo di quaresima, e in tutta la nostra esistenza, la sequela di Cristo, morto e risorto? La liturgia che stiamo celebrando ci dà la giusta risposta. In modo particolare diventano significative le parole del prefazio: “Tu riapri alla Chiesa la strada dell’esodo attraverso il deserto quaresimale, perché ai piedi della santa montagna, 12 Omelia nella Messa per la traslazione dei resti mortali della serva di Dio Mirella Solidoro, parrocchia Santi Martiri G. Battista e M. Goretti, Taurisano 8 aprile 2011. 67 con il cuore contrito e umiliato, prenda coscienza della sua vocazione di popolo dell’alleanza, convocato per la tua lode nell’ascolto della tua parola, e nell’esperienza gioiosa dei tuoi prodigi”. Con queste parole, la liturgia ci istruisce sul significato del nostro cammino quaresimale e del percorso spirituale che dobbiamo compiere nella nostra vita. Se vogliamo comprendere veramente che cosa vuol dire essere cristiani, dobbiamo fare attenzione a tre qualità del cammino di sequela di Cristo; dobbiamo cioè percorrere la via dell’esodo, la via del deserto, la via della croce. Come il popolo d’Israele lasciò l’Egitto, terra di schiavitù, e compì un lungo percorso costituito da una molteplicità di tappe per arrivare alla terra promessa, così anche noi dobbiamo vivere un cammino esodale. L’immagine dell’esodo, presente non solo nel libro dell’Esodo, ma in tutta la Sacra Scrittura, è il paradigma fondamentale del cammino che il credente deve compiere. Si tratta di una categoria biblica così importante da essere richiamata anche nel Nuovo Testamento come criterio interpretativo della missione di Gesù. Nel racconto della trasfigurazione, l’evangelista Luca annota che Mosé ed Elia, i due personaggi che appaiono davanti agli occhi pieni di stupore degli apostoli, “discorrevano del suo esodo” (Lc 9,30). Cristo, infatti, realizza il suo esodo attraverso la sua morte e risurrezione! Il cammino dell’esodo diventa così il grande progetto di rinnovamento spirituale che ogni cristiano deve compiere nella sua vita. Un tale cammino richiede l’abbandono del peccato per vivere nella libertà dei figli di Dio mettendo tutta la vita a servizio del Signore; 68 esige la continua ricerca della volontà di Dio, per consegnare tutta la vita nelle sue mani; prescrive che si cerchi il primato di Dio, senza servire altri dei o lasciarsi fuorviare da altre immagini divine che si presentano sotto tante forme e che incatenano e rendono schiavi. “Ognuno – scrive l’apostolo Pietro – diventa schiavo di ciò che l’ha vinto” (2Pt 2,19). Se l’uomo si lascia vincere dal male, dai suoi desideri disordinati, dalle tendenze radicate nel suo cuore, ripete la stessa esperienza di peccato del popolo d’Israele nella terra d’Egitto. Il disegno di Dio, invece, è di seguire Cristo, il nuovo e vero Mosè per dare finalmente forma all’uomo nuovo, libero da ogni suggestione del peccato. Per il cristiano il cammino esodale ha inizio con la celebrazione del sacramento del Battesimo, perché esige la rinuncia al male e proclama la professione di fede nella Trinità. Naturalmente, ciò che si è realizzato sacramentalmente deve manifestarsi esistenzialmente. La via dell’esodo è, dunque, la prima connotazione della vita spirituale. Il prefazio, tuttavia, ricorda che occorre percorrere anche il cammino nel deserto. Stare nel deserto, terra inospitale, dura, difficile, non è certamente rimanere in un luogo comodo dove trascorrere tranquillamente il proprio tempo, ma significa imbattersi in numerose difficoltà e affrontare la tentazione per un periodo di quaranta giorni, ossia per un lasso di tempo abbastanza lungo, non chiuso in se stesso, ma aperto verso una meta: la terra promessa per il popolo d’Israele, la Pasqua di Cristo per il cristiano. La tappa nel deserto è ineliminabile. Anche Gesù viene condotto nel deserto per essere tentato dal diavolo. La prima domenica di quaresima, presentando le tentazioni di Gesù, sottolinea che la vita del seguace di Cristo è lotta e combattimento contro lo spirito del male. 69 Sull’esempio di Gesù il quale, di fronte alle tentazioni, prende forza dalla Parola di Dio (“Sta scritto”), occorre che il cristiano avverta l’urto delle forze negative e compia un atto di obbedienza a Dio, facendo della Scrittura il punto di forza della sua lotta contro lo spirito del male. In altri termini, la via del deserto è via di purificazione del cuore, dei sentimenti, della volontà, ossia proposito di coltivare il desiderio della santità, spronare la volontà a compiere sempre il bene, alimentare il desiderio a intraprendere un profondo rinnovamento interiore, nonostante le difficoltà e le molteplici insidie del maligno. Occorre camminare nel deserto, purificando il cuore da ogni forma di male, da ogni pensiero negativo e finalmente rendere l’anima semplice, pura, umile come quella di Cristo. Probabilmente all’esterno non si vede nulla del profondo rinnovamento interiore, tuttavia la purificazione del cuore è la premessa indispensabile del cammino esodale. D’altra parte, è noto che la vita cristiana non è fatta di episodi eclatanti, di cose straordinarie e prodigiose che toccano la sensibilità, ma di un lungo processo di rinnovamento spirituale. Occorre, poi, non lasciarsi abbagliare da facili illusioni o da miraggi fatui e inconsistenti. Il deserto deve servire a purificare l’anima da tutte le scorie del male senza lasciarsi suggestionare dalle sue lusinghe, percorrendo con pazienza, decisione e ferma volontà l’intero percorso per raggiungere la meta promessa. Il terzo aspetto, che in un certo senso raccoglie i due primi ai quali ho fatto riferimento, è la via della croce. La via crucis, con le sue diverse stazioni, prospetta un radicale rinnovamento della vita del credente. Questi deve incamminarsi sulle orme di Cristo. La via crucis è la via di Cristo e, per questo, è per eccellenza la via del cristiano. Certo, la via della croce prospetta un itinerario diverso da quel70 lo desiderato dal comune modo di sentire degli uomini, ma è proprio questo l’avvenimento decisivo della salvezza. Per tre volte Gesù predice il suo cammino di morte e di risurrezione e sempre gli apostoli incontrano notevoli difficoltà a comprendere e ad accettare lo scandalo della croce. Non dobbiamo perciò meravigliarci se anche noi facciamo fatica a comprendere il valore della croce. La prima lettura della liturgia di questa sera sottolinea che il mondo si coalizza contro il giusto, l’empio tende insidie e cerca di fargli del male, mettendo alla prova la sua fede. La via della croce è la via di Gesù. Egli, infatti, non è venuto per “essere servito, ma servire e offrire la vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). La via della croce è la via della liberazione totale attraverso la sofferenza e, insieme, è la prova suprema dell’amore. Per questo Gesù stesso dice: “Nessuno ha un amore più grande di colui che dona la propria vita per la persona amata” (Gv 15,13). Cristo non ci ha amati a parole o in modo sentimentale, ma con tutto se stesso, offrendo se stesso sulla croce come vittima sacrificale. Cari fedeli, la croce è il grande mistero dell’amore divino: un amore totale, gratuito, ineffabile. Occorrono, però, gli occhi della fede per comprendere la croce come segno d’amore, di offerta di sé, di totale donazione a Dio e agli altri. Di fronte ad essa sono possibili atteggiamenti di fastidio, rassegnazione, insofferenza. Occorre invece viverla come l’ha vissuta Gesù, con sentimenti di mitezza e di umiltà. Cristo, “come agnello condotto al macello” (Is 57, 7-8), non si ribella, ma prende su di sé il peccato del mondo, si immerge totalmente nel mistero del dolore e della morte e si abbandona con serena fiducia al Padre. Le parole che egli pronuncia dall’alto della croce sono di una sconcertante bellezza e consolazione: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23, 46). Che scena straordinaria! Nel momento del dolore 71 e della morte, Cristo vive con mitezza e docilità il suo abbandono nelle braccia del Padre. È questa la via dei forti; la forza di chi riesce a vivere la sofferenza come l’ha vissuta Gesù. Questo, cari fedeli, è stato il segreto della vita di Mirella. Come ha detto il Postulatore all’inizio della celebrazione eucaristica, quello che abbiamo compiuto questa sera è soltanto un atto di traslazione del corpo di Mirella, non un atto di culto pubblico. Tuttavia possiamo ammirare la bellezza della vita di Mirella, perché lei è stata capace di imitare Gesù percorrendo la via dell’esodo, del deserto e della croce. 72 “DIO, IL TUO DIO, TI HA CONSACRATO CON OLIO DI LETIZIA A PREFERENZA DEI TUOI EGUALI”(SAL 45,8)13 IL MISTERO DELL’UNZIONE DI CRISTO, DEI CRISTIANI E DEI SACERDOTI Carissimi sacerdoti, diaconi, consacrati, consacrate e fedeli laici, vi confesso candidamente che questo particolare momento della nostra vita diocesana suscita nel mio animo un’intima trepidazione e una grande commozione. In questi primi mesi del mio ministero episcopale vi sono stati molti eventi che mi hanno riempito di gioia: la visita agli ammalati, l’incontro con le comunità parrocchiali, i ritiri spirituali e i colloqui con i sacerdoti, le conversazioni con i consacrati, le consacrate e i laici, i due appuntamenti di preghiera e di festa vissuti con i giovani, le giornate di riflessione durante la settimana teologica. Questa celebrazione, però, è carica di una particolare intensità spirituale e assume per me e per tutta la Chiesa diocesana il valore di una gioiosa novità: è la prima Messa crismale che celebro come Vescovo di questa nobile Chiesa di Ugento-Santa Maria di Leuca! Non si tratta di un appuntamento tra gli altri o di una delle tante celebrazioni che costellano il ministero episcopale. È, invece, «una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio» e una chiara epifania della Chiesa, organicamente strutturata nei suoi ministeri e carismi. Dopo aver compiuto il cammino quaresimale sulle orme di Cristo, ora, come popolo santo di Dio ci raccogliamo in preghiera e, prima di rivivere il mistero della morte, se13 Omelia nella Messa crismale, Cattedrale, Ugento mercoledì 20 aprile 2011. 73 poltura e risurrezione del Signore, volgiamo il nostro sguardo verso di lui. Fissando la nostra attenzione su Cristo, sommo ed eterno sacerdote, celebriamo la festa del sacerdozio ministeriale, considerato all’interno di tutto il popolo sacerdotale. Sì, carissimi, il sacerdozio di Cristo costituisce il centro di quest’azione liturgica! La benedizione del sacro crisma e degli altri oli esprime il nostro rendimento di grazie al Padre, in Cristo e con Cristo, "consacrato per mezzo dell’unzione dello Spirito Santo". L’olio è una sostanza terapeutica, aromatica e conviviale: medica le ferite, profuma le membra, allieta la mensa. Allo stesso modo, lo Spirito del Padre sceso su Cristo risana, illumina, conforma, consacra e permea di doni e di carismi il corpo di Cristo che è la Chiesa. L’unzione spirituale (spiritalis unctio) di Cristo, capo della Chiesa, si diffonde in tutte le sue membra e si espande nel mondo come buon odore di salvezza e di liberazione. Come nella sinagoga di Nazaret, anche noi, in questa Cattedrale, teniamo fisso lo sguardo su Gesù Cristo (cfr. Lc 4,20), «autore e perfezionatore della fede» (Eb 12,2) «dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,16). È una convergenza degli occhi: Cristo è il vessillo elevato sul mondo e sulle nazioni affinché chiunque lo guarda con fede e amore sia liberato dal male e sperimenti nuovamente la gioia e il gusto della esistenza. È una comune direzione della mente: in Cristo, ogni uomo scopre la verità e ritrova la via della vita. È soprattutto un appassionato orientamento dell’anima: Cristo è l’amore e l’amato, la brama e lo struggimento del cuore. Dal suo capo si diffonde fino all’orlo della sua veste l’olio di letizia che consacra e lenisce le ferite. Come nella sinagoga di Nazaret, anche nella nostra assemblea 74 orante la profezia di Isaia ha rivelato pubblicamente e solennemente l’identità di Cristo, Messia inviato dal Padre per portare ai poveri il lieto annunzio della liberazione. Cristo interpreta la Scrittura e applica a sé stesso il passo del profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione» (Lc 4,18; cfr. Is 61,1). Alla voce del profeta, quasi all’unisono, si accorda la voce del salmista che esclama: «Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi eguali» (Sal 45,8). Con queste parole, la sposa canta la bellezza dell’amato e con voce melodiosa annuncia il fascino regale, la forza della profezia, la novità del sacerdozio. Chi è questa sposa e a chi si rivolge la sua voce? È la voce della Chiesa, sposa immacolata del Verbo incarnato, che canta la triplice unzione: l’unzione con olio di letizia che avvolge Cristo, lo sposo celeste; l’unzione con il crisma che rende figli di Dio i fedeli, rinati dall’acqua e dallo Spirito, e abilita i ministri ordinati a diventare servi di Cristo e della Chiesa. In questa Messa crismale celebriamo, dunque, l’unzione di Cristo, dei cristiani e dei ministri ordinati. L’unzione di Cristo La Chiesa-Sposa fissa, innanzitutto, il suo sguardo su Cristo, lo Sposo amato e a lui grida con gioia: «Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi eguali» (Sal 45,8). L’unzione di Gesù si realizza nel mistero dell’incarnazione e, in modo speciale, si manifesta nel giorno del battesimo presso il fiume Giordano. Anzi, secondo alcuni Padri della Chiesa, ancora prima vi era stata “l’unzione cosmica”, cioè l’unzione che il Verbo aveva ricevuto dal Padre in vista della creazione del mondo. 75 In Cristo si può, dunque, parlare di una triplice unzione: cosmica, temporale, battesimale. L’unzione cosmica “unge e orna ogni cosa” conferendo all’universo lo splendore e la bellezza propria del Figlio di Dio14. L’unzione temporale abbellisce e porta la natura umana alla pienezza della perfezione, conferendo ad essa non solo il suo originario splendore, ma la stessa forma del Verbo incarnato. Con l’unzione battesimale, rifulge nell’uomo la bellezza divina che conferisce il dono della figliolanza adottiva, la partecipazione alla comunione trinitaria e la missione di orientare ogni cosa verso Cristo per dare gloria e onore al Padre. L’unzione eterna del Verbo «ci rende benedetti con ogni benedizione spirituale […] per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi» (Ef 1,3-4). L’unzione temporale di Cristo fa di lui «il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti» (Col 1,18). L’unzione presso il fiume Giordano, riempie Gesù di Spirito Santo (cfr. Lc 4,1) «per annunciare ai poveri il lieto messaggio; per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e proclamare un anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19). Rivestito dello Spirito del Padre, Cristo affronta la difficile lotta contro lo spirito del male, proclama ai poveri la buona novella, guarisce i deboli e gli infermi e si incammina «decisamente verso Gerusalemme» (Lc 9,51). Ognuna di queste tre unzioni nasconde un aspetto dell’unico mistero e si esprime sempre come azione trinitaria. «Nel nome di “Cristo” – scrive sant’Ireneo – si sottintende colui che unse, colui che fu unto e la stessa unzione con cui fu unto. Difatti, il Padre unse, il Figlio fu Unto, mentre lo Spirito Santo era la stessa Unzio- 14 Cfr. IRENEO, Epideixis, 53. 76 ne»15. Anche san Basilio insiste sullo stesso concetto. Per il grande padre cappadoce «nominare Cristo vuol dire confessare tutta la Trinità: significa, infatti, mostrare Dio che ha unto, il Figlio che è stato unto e l’unzione che è lo Spirito Santo»16. Dal fianco squarciato sulla croce, Cristo dona il suo Spirito (cfr. Gv 19,30) e lo effonde su ogni creatura. Per questo, il Cantico dei Cantici paragona lo sposo all’olio: «Olio sparso è il tuo nome» (Ct 1,3). E san Bernardo di Chiaravalle, nel commento al Cantico dei Cantici, spiega: «C’è senza dubbio una somiglianza tra l’olio e il nome dello Sposo, e non a caso lo Spirito Santo ha paragonato l’uno all’altro. Questa somiglianza […] sta in una certa triplice qualità dell’olio, il quale dà luce, nutre e unge […]. Alimenta la fiamma, nutre la carne, lenisce il dolore; luce, cibo e medicina»17. Questa triplice qualità dell’olio manifesta l’identità della persona di Gesù e il significato della sua missione nel mondo. Egli viene come luce, pane e medico delle anime. Per questo, in un impeto di gioia, san Bernardo esclama: «O nome benedetto, olio sparso dappertutto! Fin dove? Dal cielo in Giudea, e al di là ha percorso tutta la terra e da tutta la terra la Chiesa esclama: Olio sparso è il tuo nome. Sparso davvero, in modo che, non solo ha riempito i cieli e la terra, ma è penetrato anche agli inferi, di modo che nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra e negli inferi, e ogni lingua confessi e dica: Olio sparso è il tuo nome […]. Come è caro quel nome, come è umile! Umile ma salutare. Se non fosse umile non sarebbe stato manifestato a me; se non fosse salutare, non mi avrebbe riscattato. Partecipe del nome, lo sono anche dell’eredità. Sono cristiano, fratello di Cristo. Se sono veramente quello che so15 ID., Adv. Haer., III, 18,3. BASILIO, De Spir. San., XII, PG 32, 116. 17 BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XV, 5. 16 77 no detto, sono erede di Dio, coerede di Cristo. E che meraviglia se è stato sparso il nome dello Sposo, dal momento che egli stesso si è effuso? Annientò infatti se stesso, prendendo la forma di schiavo. Egli dice poi: Come acqua sono stato versato (Sal 21,15). Si è riversata la pienezza della divinità (Col 2,9), abitando corporalmente sulla terra, onde potessimo tutti noi, che portiamo un corpo di morte, partecipare a quella pienezza, e ripieni dell’odore vitale dicessimo: Olio sparso è il tuo nome»18. L’unzione dei cristiani Cari fedeli, contemplando il mistero dell’unzione di Cristo, celebriamo anche la nostra unzione come rivestimento di Cristo nei sacramenti del battesimo e della cresima e come sostegno nella debolezza in quello degli infermi. A ciascun battezzato, invitato a partecipare alle nozze dell’Agnello, la Chiesa-Sposa ripete: «Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi eguali» (Sal 45,8). Riconosci, cristiano, la tua dignità. Unto con l’olio dello Spirito, sei reso partecipe di grandi doni: la fede che, come lampada, ti guida nella notte oscura della vita; la speranza che, allargando i confini e gli orizzonti, lascia intravedere la meta ultima del pellegrinaggio terreno; la carità, ossia, «l’amore di Dio, riversato nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che è stato dato» (Rm 5,5). E con le tre virtù teologali, hai ricevuto altri doni e carismi che abbelliscono la tua anima e ti danno la forza di testimoniare nel mondo la venuta del regno di Dio. Lasciati, dunque, ammaestrare dall’apostolo Giovanni il quale, nella sua Prima Lettera, scrive: «Quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno ci ammaestri; ma come la sua unzio18 Ibidem, XV, 4. 78 ne vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna» (1Gv 2,27). Commentando queste parole, sant’Ireneo afferma: «Lo Spirito di Dio è disceso su Gesù e lo ha unto, come aveva promesso nei profeti, affinché anche noi potessimo attingere alla pienezza della sua unzione e così essere salvati»19. Cari fedeli, ci chiamiamo “cristiani” perché siamo unti con l’olio di Dio. Questa è la comune convinzione dei Padri della Chiesa20. Secondo la loro spiegazione, il termine cristiano non significa tanto “seguaci di Cristo” quanto piuttosto “partecipi dell’unzione di Cristo”21. Questo è anche l’insegnamento del Concilio Vaticano II il quale, nel decreto Presbyterorum ordinis, asserisce: «Nostro Signore Gesù, “che il Padre santificò e inviò nel mondo” (Gv 10,36), ha reso partecipe tutto il suo corpo mistico di quella unzione dello Spirito che egli ha ricevuto: in esso, infatti, tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale, offrono a Dio ostie spirituali per mezzo di Gesù Cristo, e annunziano le grandezze di colui che li ha chiamati dalle tenebre nella sua luce meravigliosa. Non vi è dunque nessun membro che non abbia parte nella missione di tutto il corpo, ma ciascuno di essi deve santificare Gesù nel suo cuore e rendere testimonianza a Gesù con spirito di profezia» (Presbyterorum ordinis, 2). Sì, cari fedeli, tutti abbiamo ricevuto quella che san Bernardo chiama l’unzione maestra. Essa impegna ciascuno di noi a vivere con giustizia e verità, assecondando l’azione dello Spirito Santo e rispondendo docilmente ai suoi molteplici appelli. «Lo Spirito – scrive san Bernardo – opera incessantemente in noi con mirabile finezza e soavità. L’unzione maestra che ci istruisce su tutte le co19 IRENEO, Adv. Haer., III, 9,3. Cf. TEOFILO D’ANTIOCHIA, Ad Aut., I, 12. 21 Cf. CIRILLO DI GERUSALEMME, Cat. Myst., III, 1. 20 79 se, non ci venga mai tolta senza che noi ce ne accorgiamo […]. Occorre dunque vegliare e vegliare in continuazione perché non sappiamo l’ora in cui verrà lo Spirito, o di nuovo se ne andrà […]. Viene, infatti, e se ne va, come vuole; e nessuno conosce facilmente di dove venga e dove vada. Ma questo forse si può ignorare senza danno per la salute dell’anima; invece è assai pericoloso ignorare quando venga e quando se ne vada. Quando, infatti, non si bada con grande attenzione a questo alternarsi di presenze e di assenze in noi dello Spirito Santo, capita che non lo desideri quando è assente, né gli dai gloria quando è presente. Per questo, infatti, si allontana, per essere richiamato con più fervore; ma se non sai che è assente, come lo cerchi? E quando ritorna per consolare, come viene ricevuto in modo degno della sua maestà, se non si avverte la sua presenza? La mente, dunque, che non si accorge della sua partenza è aperta alla seduzione; e quella che non si accorge del suo ritorno, sarà ingrata al suo visitatore»22. L’unzione dei ministri ordinati Cari fedeli, se è vero che questa Messa crismale richiama il sacerdozio di tutti i battezzati, è ancor più vero che il cuore di questa celebrazione esalta in modo particolare il sacerdozio ministeriale. Anche nei riguardi di ogni ministro ordinato, la Chiesa-Sposa canta: «Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza dei tuoi eguali» (Sal 45,8). Sappiamo bene, infatti, che «il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i sacramenti dell’iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo sacerdote, in modo 22 BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XVII, 1-2. 80 da poter agire in nome di Cristo, capo della Chiesa» (Presbyterorum ordinis, 2). Cari presbiteri, la Chiesa celebra oggi il giorno della nostra nascita al sacerdozio di Cristo, il giorno della nostra consacrazione a lui, il giorno della missione insieme con lui. Nella Seconda Lettera ai Corinzi, l’apostolo Paolo illustra l’azione dello Spirito Santo nei ministri della nuova alleanza con il simbolo dell’unzione: «Or colui che con voi ci fortifica in Cristo e che ci ha unti, è Dio; egli ci ha pure segnati con il proprio sigillo e ha messo la caparra dello Spirito nei nostri cuori» (2Cor 1,21). Sant’Atanasio commenta così le parole dell’apostolo: «Lo Spirito è chiamato ed è unzione e sigillo […]. L’unzione è il soffio del Figlio, di modo che colui che possiede lo Spirito possa dire: “Noi siamo il profumo di Cristo”. Il sigillo rappresenta il Cristo, cosicché colui che è segnato dal sigillo possa avere la forma di Cristo»23. In quanto unzione, lo Spirito Santo ci trasmette il profumo di Cristo; in quanto sigillo, la sua forma o immagine. Non vi è, dunque, nessuna separazione tra il servizio di Cristo e il servizio dello Spirito, e nessuna dicotomia tra la vita del sacerdote e l’esercizio del suo ministero. La carità pastorale, cioè l’unzione dello Spirito di Cristo nella vita del ministro ordinato, conferisce profonda unità alla sua esistenza e al suo ministero. Per questo, cari sacerdoti, vi esorto: Siate nella Chiesa e nel mondo immagine di Cristo, sommo ed eterno sacerdote! Sia Cristo il vostro amico, il fratello amato, il vostro maestro, il vostro unico Signore. Vivete come lui, pensate come lui, agite come lui. Ascoltate l’ammonimento del Concilio Vaticano II che esorta: «Con il sacramento dell’ordine i presbiteri si configurano a Cristo sacerdote come ministri del capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il suo corpo che è la Chiesa, in qualità di cooperatori dell’ordine 23 ATANASIO, Lettere a Serapione, III, 3, PG 26,628 s. 81 episcopale. Già fin dalla consacrazione del battesimo, essi, come tutti i fedeli, hanno ricevuto il segno e il dono di una vocazione e di una grazia così grande che, pur nell’umana debolezza possono tendere alla perfezione, anzi debbono tendervi secondo quanto ha detto il Signore: «Siate perfetti così come il Padre vostro celeste è perfetto» (Mt 5,48). Ma i sacerdoti sono specialmente obbligati a tendere a questa perfezione, poiché essi – che hanno ricevuto una nuova consacrazione a Dio mediante l’ordinazione – vengono elevati alla condizione di strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote, per proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che ha restaurato con divina efficacia l’intera comunità umana. Dato che ogni sacerdote, nel modo che gli è proprio, tiene il posto di Cristo in persona, fruisce anche di una grazia speciale, in virtù della quale, mentre è al servizio della gente che gli è affidata e di tutto il popolo di Dio, egli può avvicinarsi più efficacemente alla perfezione di colui del quale è rappresentante, e la debolezza dell’umana natura trova sostegno nella santità di lui, il quale è diventato per noi il pontefice «santo, innocente, incontaminato, segregato dai peccatori» (Eb 7,26). Cristo, che il Padre santificò e consacrò inviandolo al mondo “offrì se stresso in favore nostro per redimerci da ogni iniquità e far di noi un popolo non più immondo, che gli appartenga e cerchi di compiere il bene”, e così, passando attraverso la sofferenza, entrò nella sua gloria. Allo stesso modo i presbiteri, consacrati con l’unzione dello Spirito Santo e inviati da Cristo, mortificano in se stessi le opere della carne e si dedicano interamente al servizio degli uomini; in tal modo possono progredire nella santità della quale sono stati dotati in Cristo, fino ad arrivare all’uomo perfetto» (Presbiterorum ordinis, 12). Quasi anticipando le parole del Concilio, padre Lacordaire ha tracciato un profilo del sacerdote cattolico che, nonostante il passare del tempo, rimane ancora attuale. Vi invito, cari sacerdoti, a 82 dare ascolto ai suoi saggi consigli con i quali egli esorta i presbiteri a «vivere in mezzo al mondo senza alcun desiderio per i suoi piaceri; essere membro di ogni famiglia, senza appartenere ad alcuna di esse; condividere ogni sofferenza, essere messo a parte di ogni segreto, guarire ogni ferita; andare ogni giorno dagli uomini a Dio per offrirgli la loro devozione e le loro preghiere, e tornare da Dio agli uomini per portare a essi il suo perdono e la sua speranza; avere un cuore d’acciaio per la castità e un cuore di carne per la carità; insegnare e perdonare, consolare e benedire ed essere benedetto per sempre. O Dio, che genere di vita è mai questo? È la tua vita, sacerdote di Gesù Cristo!»24. *** Concludendo questa mia esortazione, invito voi, cari fedeli, e voi, carissimi sacerdoti, affezionati collaboratori del ministero episcopale, a vivere conformi alla vocazione ricevuta. Consapevoli della specifica dignità sacerdotale di ognuno, con lo sguardo rivolto a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, invochiamo la sua grazia e a lui rivolgiamo la nostra preghiera con le accorate parole di san Bernardo: «Risanami, Signore, e sarò risanato, canterò e loderò il tuo nome e dirò: Olio sparso è il tuo nome […]. Olio cioè che, mentre galleggia sopra tutti i liquidi con i quali viene mescolato, designa chiaramente il nome che è al di sopra di ogni altro nome. O nome soavissimo e dolcissimo! O nome splendido, nobilissimo, altissimo e sopraesaltato nei secoli! O vero olio che fa brillare la faccia dell’uomo, che profuma il capo di colui che digiuna, perché non spanda l’odore dell’olio del peccatore. Questo nome nuovo, che la bocca del Signore ha nominato, che è stato chiamato dall’angelo 24 H. LACORDAIRE, cit. da D. Rice, Shattered Vows, The Blackstaff Press, Belfast 1990, p. 137. 83 prima che venisse concepito dall’utero. Non solo il Giudeo sarà salvo, ma chiunque invocherà questo nome, perché è stato sparso dappertutto. Questo nome l’ha dato il Padre al Figlio, sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore, che è benedetto nei secoli. Amen»25. 25 BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermoni sul Cantico dei Cantici, XVI, 15. 84 SURREXIT DOMINUS VERE, ALLELUJA!26 È il gioioso annuncio risuonato in questa veglia di Pasqua, la madre di tutte le veglie. L’ascolto di alcune pagine della Scrittura ha richiamato il filo conduttore della storia della salvezza: dall’inizio della creazione fino al suo compimento escatologico. Con una pedagogia sapiente, Dio ha preparato il suo popolo perché potesse accogliere e lasciarsi inondare dalla luce della resurrezione di Gesù. Con questo avvenimento pasquale ha inizio la grande festa della Chiesa! Da questa veglia fino alla domenica in Albis, la liturgia celebrerà questo avvenimento con una solennità tutta particolare. In questa notte e in tutta l’ottava, la Chiesa, in un tripudio di gioia, griderà la sua gioia incontenibile con una forza tale da far sentire la sua voce fino all’estremità della terra; una gioia che parte dal più profondo del cuore, e risuona come un’eco di regione in regione, di nazione in nazione, fino ai confini del mondo. Questo annuncio, cari fedeli, riecheggia da duemila anni, eppure non ha perso la sua novità e la sua efficacia. È un messaggio inaudito e inatteso, perché supera ogni desiderio e riempie il cuore di stupore. La resurrezione di Gesù è l’unico fatto nuovo nella storia umana: in quell’avvenimento è espressa la potenza rinnovatrice del Signore e sono sintetizzate tutte le sue grandi opere. Cosa vuol dire: «Il Signore è veramente risorto»? Questo annuncio pasquale significa che colui che era veramente morto, proprio lui, il crocifisso e sepolto, è risorto. La verità della 26 Omelia nella Veglia di Pasqua, Cattedrale, Ugento 23 aprile 2011. 85 morte è strettamente congiunta con la verità della resurrezione. E se Cristo è veramente risorto, tutta la realtà prende una nuova forma e un nuovo inizio. Cristo, infatti, non muore più, la morte non ha più alcun potere su di lui. La morte è sconfitta definitivamente e per sempre, per lui e per noi; incomincia una vita nuova, una nuova storia, un nuovo mondo. Cari fedeli, questa notte celebriamo il nuovo inizio del mondo! Noi siamo nel tempo finale, perché dopo la resurrezione di Gesù, non c’è più nessun altro avvenimento da attendere, se non il compimento della sua resurrezione in noi e in tutta la creazione. È una novità questa che tocca ogni credente: immerso nel Battesimo, egli partecipa della resurrezione di Cristo, fa parte di una nuova umanità che Cristo, nuovo Adamo, ha inaugurato. Come è bello pensare che la nostra vita è realmente immersa nella resurrezione di Gesù: quando veniamo battezzati siamo immersi nell’acqua, introdotti nella nuova atmosfera che Cristo ha realizzato con il suo mistero pasquale. Sì, certo, avvertiamo ancora le nostre fragilità, i nostri peccati sono ancora parte della nostra vita, ma ormai dentro di noi è stato piantato il germe della vita nuova. Portiamo l’uomo vecchio come un’eredità difficile da dismettere, ma la realtà nuova è già dentro di noi pronta a crescere, a germogliare, a fiorire, a portare frutti di opere buone. Per tutta l’umanità è incominciata una nuova era. La risurrezione di Gesù è il punto centrale del tempo e riempie tutta la storia del mondo: il passato, il presente e il futuro. Come una luce sfolgorante l’evento del Cristo risorto fa giungere i suoi raggi su tutta la storia: trasfigura il passato, illumina le nostre contraddizioni e le nostre difficoltà, lascia intravedere il mondo futuro. È un sole che brilla sul mondo e tutto illumina e rischiara. Il preconio pasquale, il grande annuncio della Pasqua, canta 86 questa meravigliosa realtà. Com’è significativo questo rito iniziale: il cero pasquale fa il suo ingresso trionfale nell’assemblea, simbolo di Cristo che avanza nella storia, dall’inizio fino al suo termine e al suo compimento: tutto ormai entra nella luce di Cristo. Dal cero pasquale, cioè da Cristo risorto, vengono accese le candele, come a dire che la luce di Cristo illumina ciascuno di noi, e tante luci si diffondono nel mondo. Ogni cosa è destinata a essere illuminata e a risplendere del fulgore di Cristo risorto, per diventare luce che rifulge nel mondo. Il cristiano, in modo particolare, si illumina della luce vera che è Cristo e diventa lui stesso un “illuminato” E così, comprendiamo tre grandi verità. La prima verità riguarda la creazione. Con la sua resurrezione, Cristo rigenera tutta la creazione, la fa ritornare al suo antico splendore. Uscita dalle mani di Dio, essa è modellata dallo Spirito ed è rigenerata dalla forza della resurrezione di Gesù. Contemplando il mondo, tutto quello che avviene e fa parte della nostra vita, vediamo lo splendore del Risorto che si diffonde in ogni cosa, anche nelle realtà più semplici e quotidiane. La resurrezione ripresenta la bellezza e la bontà della creazione. La seconda verità si riferisce alla storia. Con la resurrezione di Gesù, la storia del mondo ritrova finalmente il suo punto focale. Il cammino dell’umanità non è un dipanarsi senza senso, un insieme di avvenimenti senza un significato. Come un faro luminoso, Cristo illumina tutti i momenti della storia, anche quelli più oscuri. Il giorno di Cristo risorto è un centro e un evento che dà senso e significato a ogni avvenimento. La terza verità indica il compimento finale. La storia non va verso la catastrofe e la distruzione, ma verso la glorificazione. La resurrezione di Gesù ci conferma nella speranza che il cammino dell’umanità è sicuramente nelle mani di Dio e che la meta finale è 87 l’incontro con Cristo risorto, che raccoglie e ricapitola ogni cosa per consegnarla definitivamente nelle mani del Padre. In questa luce pasquale, che senso ha la vita? Qual è il punto caratterizzante l’esistenza del cristiano? Ancora una volta la liturgia ci dà la risposta, attraverso la triplice intonazione dell’alleluja da parte del Vescovo: la vita è e deve essere un continuo canto di lode al Signore Dio. Alleluja significa proprio questo: lodare e glorificare il Signore. Ma dobbiamo cantare questo alleluja in due modalità. Innanzitutto dobbiamo cantare con la vita, non soltanto con le parole. A tal proposito sant’Agostino afferma: «È piaciuto al Signore nostro Dio che, trovandoci con la nostra presenza fisica in questo luogo, cantassimo in suo onore, insieme alla vostra Carità, l’Alleluia che, tradotto in latino, significa: “Lodate il Signore”. Lodiamo dunque il Signore, fratelli, con la vita e con la lingua, col cuore e con le labbra, con la voce e con la condotta. Dio, infatti, vuole che gli si canti l’Alleluia senza che vi siano stonature in chi canta. La nostra lingua pertanto deve intonarsi con la vita, le labbra con la coscienza. Voglio dire: le voci siano in armonia con i costumi e non succeda, per ipotesi, che le parole buone suonino condanna dei costumi cattivi»27. E poi soggiunge: «Abbiamo infatti cantato l’Alleluia, e l’Alleluia è un canto nuovo. Ma questo canto nuovo lo canta l’uomo nuovo»28. Soltanto se ci rinnoviamo interiormente, allora il nostro canto sarà intonato non solo con le labbra, ma anche con la vita. In secondo luogo, dobbiamo sentirci pellegrini che cantano mentre camminano verso la meta finale, senza attardarci, disperderci o esaltare troppo le realtà di questo mondo, ma vivendo come viandanti che camminano verso l’eschaton, l’eternità, cantando il canto 27 28 AGOSTINO, Discorso 256. ID., Discorso 255/A, 1-2. 88 dei redenti. Ed è ancora sant’Agostino a sottolineare la condizione di itineranza del cristiano: «Noi cantiamo all’unisono questa parola e uniti attorno ad essa in comunione di sentimenti, ci sproniamo a vicenda alla lode di Dio. Dio però può lodarlo con tranquillità di coscienza colui che non ha commesso nulla per cui gli dispiaccia. Inoltre, per quanto riguarda il tempo presente in cui siamo pellegrini sulla terra, cantiamo l’Alleluia come consolazione per essere fortificati lungo la via; l’Alleluia che diciamo adesso è come il canto del viandante; tuttavia, percorrendo questa via faticosa, tendiamo a quella patria dove ci sarà il riposo, dove, scomparse tutte le faccende che c’impegnano adesso, non resterà altro che l’Alleluia»29. In questa prospettiva, la vita terrena e l’eternità formano un unico, grande e gioioso alleluja! Cambiano le forme di espressione, ma si tratta della stessa gioia. Per questo sant’Agostino scrive: «Oh felice alleluia, quello di lassù! Alleluia pronunciato in piena tranquillità, senza alcun avversario! Lassù non ci saranno nemici, non si temerà la perdita degli amici. Qui e lassù si cantano le lodi di Dio, ma qui da gente angustiata, lassù da gente libera da ogni turbamento; qui da gente che avanza verso la morte, lassù da gente viva per l’eternità; qui nella speranza, lassù nel reale possesso; qui in via, lassù in patria. Cantiamolo dunque adesso, fratelli miei, non per esprimere il gaudio del riposo ma per procurarci un sollievo nella fatica. Come sogliono cantare i viandanti, canta ma cammina; cantando consolati della fatica, ma non amare la pigrizia. Canta e cammina! Cosa vuol dire: cammina? Avanza, avanza nel bene, poiché, al dire dell’Apostolo ci sono certuni che progrediscono in peggio. Se tu progredisci, cammini; ma devi progredire nel bene, nella retta fede, nella buona condotta. Canta e cammina!»30. 29 30 Id., Discorso 255,1. Id., Discorso 256. 89 QUESTO È IL GIORNO DI CRISTO SIGNORE31 Il canto dell’Alleluja che questa notte è sgorgato in maniera prorompente dal cuore della Chiesa, ancora stupita e meravigliata del mistero di Cristo che risorge da morte, ci accompagnerà per tutto il tempo dell’anno liturgico, perché in questa piccola espressione è contenuto il sentimento più profondo della fede cristiana: la gioia, lo stupore, il ringraziamento perché la risurrezione di Cristo, avvenimento “unico” della storia, ci avvolge e ci introduce “dentro” nella profondità del mistero. Il ritornello del salmo responsoriale (“Questo è il giorno di Cristo Signore”) che ripeteremo per tutta l’ottava di Pasqua fino alla “domenica in Albis”, spalanca un orizzonte di speranza. Questa espressione indica il tempo e l’evento della risurrezione di Cristo. Il giorno di Cristo è “l’unico giorno” della storia: il giorno che racchiude tutti gli altri giorni e segna “la fine” del tempo e la sua “trasfigurazione” nell’eternità. Dopo questo giorno non ci saranno altri giorni. È l’unico giorno, il giorno eterno. L’oggi eterno di Dio che non muta e tutto raccoglie in sé. Non “uno” degli avvenimenti, ma l’evento che non tramonta e non si dilegua. La risurrezione di Gesù, infatti, è l’apice, il vertice, la sintesi, il centro di tutta la storia. Guardando la realtà dal punto di vista della risurrezione di Gesù, si può dire che la fine del mondo e della storia è già avvenuta. Certo, tutto è ancora sotto il segno del kronos, il tempo che scorre con i suoi avvenimenti, le sue vicende, i suoi personaggi. Ma il kairos, il tempo propizio, il tempo della grazia e della presenza del Signore è sopraggiunto e ha raccolto in sé ogni cosa. Tutto è radicato 31 Omelia nel giorno di Pasqua, Cattedrale, Ugento 24 aprile 2011. 90 nella Pasqua di Cristo. Ciò che doveva accadere è già avvenuto e ogni altro evento della storia è attirato dentro il vortice della risurrezione del Signore Gesù. Quando, perciò, la liturgia ci fa cantare, “Questo è il giorno di Cristo Signore”, è come se dicesse: siamo arrivati al punto culminante. Dopo questo giorno non c’è nient’altro da attendere, da sperare, da cercare. Il giorno di Cristo è il giorno della nuova creazione e della nuova nascita, l’inizio dell’eternità. Il Papa, Benedetto XVI, con una bellissima immagine paragona la risurrezione di Gesù alla “fissione nucleare” ossia allo scoppio di un’energia nuova, potentissima. Nel caso della fissione nucleare si tratta di un’energia che produce morte, nell’evento di Cristo risorto si tratta di un’energia divina che produce una vita eterna e meravigliosa. E mentre l’esalazione della bomba atomica si spande nel mondo e dove arriva porta morte, lo scoppio della potenza divina nella risurrezione di Gesù invade il mondo e tutto avvolge con la sua benefica atmosfera. Gli evangelisti affermano questa verità con la sobrietà che contraddistingue la loro narrazione. Il brano del vangelo di Giovanni e gli altri racconti pasquali ci fanno intuire i sentimenti che la Chiesa primitiva ha avuto di fronte all’annuncio pasquale della tomba vuota. Il vangelo di Giovanni descrive la scena in modo minuzioso: «Le bende per terra, il sudario piegato a parte, non con le bende». Ma questo cosa significa? La risposta è data dal grido dell’angelo: «Non è qui. È risorto!» Non bisogna più cercarlo tra i morti. Ormai la morte è stata definitivamente distrutta. Nel nostro mondo è iniziata la vita nuova che, come un fiume in piena, inonda ogni cosa. E anche noi siamo travolti da questa onda divina. E con noi l’intera storia dell’umanità. La risurrezione di Cristo provoca due effetti: uno di tipo personale e un altro di carattere sociale. Il primo è richiamato dal91 l’apostolo Paolo quando scrive: «Voi siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!» (Col 3,3). Con il Battesimo, infatti, il credente entra nel sepolcro di Cristo per risorgere con lui a vita nuova. La frase di Paolo è di una intensità mistica molto profonda. Certo, noi continuiamo a vivere. Ma ormai il senso della nostra esistenza è Cristo. Il tempo che scorre, gli anni che passano sono un fatto reale, ma il nucleo di questo tempo è tutto racchiuso nel mistero della Pasqua di Gesù. È come se fossimo morti. Viviamo, ma non viviamo. Siamo su questa terra, ma è come fossimo in cielo. Per questo il cristiano considera la morte come un passaggio e una trasformazione e non come una catastrofe. Vi è poi un effetto sociale. Tutta la storia è attraversata dalla forza e dalla potenza della risurrezione di Gesù. Certo, la storia continua il suo percorso. Si susseguono avvenimenti positivi ed eventi tragici, come quello che abbiamo vissuto in Italia in questi ultimi giorni per la tragedia che ha colpito un’intera regione. Quanto dolore e sofferenza! Ma anche quanta esplosione di solidarietà, di affetto, di commozione. E in tutti e due questi elementi è all’opera il mistero della Pasqua di Cristo. Forse nel contesto di questi giorni drammatici, le parole che abbiamo ascoltato ieri sera nell’ultima colletta della veglia pasquale risuonano con una particolare attualità. Mentre davanti ai nostri occhi e alla nostra mente scorrono le immagini di morte, quasi come sottotitolo, dovremmo mettere le parole della liturgia: «Ciò che è distrutto, si ricostruisce, ciò che è invecchiato, si rinnova e tutto ritorna alla sua integrità per mezzo di Gesù Cristo, che è principio di tutte le cose». È un nuovo inizio, un nuovo punto di partenza della storia, non più sottomessa al giogo del peccato, ma riscattata dalla forza della risurrezione di Gesù. Anche a noi, oggi, la liturgia pone il grande interrogativo: «Che 92 hai visto, Maria, sulla via?» Che cosa vediamo noi? Solo le immagini di morte e di dolore? Il dolore nostro e quello degli altri? Intravediamo solo ciò che perisce, crolla e si distrugge? Le parole della sequenza pasquale indicano ben altro. Maria risponde così: «Ho visto la tomba di Cristo vivente, la gloria del Signore risorto, il sudario e le sue vesti». Ho visto, cioè, i segni di morte (la tomba, il sudario, le vesti), che miracolosamente assomigliano a simboli di vita. Guardando gli eventi della storia dovremmo ripetere con la Maddalena: Cristo, mia speranza, è risorto! Davanti a tutti i dolori della società, del mondo e di ogni uomo, proprio nelle pieghe più profonde del dolore dobbiamo imparare a vedere con gli occhi della fede e a scoprire con l’intelligenza della grazia i segni di morte che annunciano una nuova vita. E a coloro che ci domandano: «Cosa vedi per le strade del mondo?», dovremmo rispondere: «Vedo case che crollano, guerre che dilagano, morte che avanza, ma soprattutto vedo Cristo che rinnova ogni cosa». Sì, Cristo, speranza del mondo, è veramente risorto! 93 LA SPERANZA CUSTODITA NELLA TOMBA32 Tutto ha inizio presso la tomba vuota di Gesù. Da lì la storia prende una svolta nuova e definitiva. La tomba vuota è il primo indizio della risurrezione di Cristo; segno oscuro e ambiguo, ma anche carico di una sconcertante novità. «Non è qui!», annunciano gli angeli; e il mistero si fa più sconcertante e incomprensibile. Mentre la notte avanza, aleggia nella città e nelle campagne una strana aria; ogni cosa è come sospesa nel vuoto e il sonno si fa ancora più affannoso e pesante. Di buon mattino (Gv 20,1), dall’interno della tomba, dal suo più segreto recesso, una voce melodiosa proclama ai quattro venti: «È risorto. Non è qui!». In molti avevano visto il luogo dove Giuseppe d’Arimatèa aveva deposto il corpo di Gesù: un orto non molto distante da Gerusalemme, dove si trovava «il sepolcro nuovo in cui nessuno era stato posto» (Gv 19, 41). Era sembrata la soluzione migliore. Nessuno sospettava che quell’orto sarebbe diventato il nuovo giardino dell’Eden e che, proprio da quella tomba, la vita sarebbe ripresa a fiorire. E così, il luogo della deposizione si trasforma nella sorgente della resurrezione. Il posto della fine diventa il sito dell’inizio. L’ambiente destinato ai morti si trasfigura nell’habitat riservato ai vivi. La zona del silenzio si converte nell’area in cui si intona il canto nuovo. Il punto collocato fuori della città diviene il centro del mondo. 32 Omelia nella Messa celebrata al cimitero di Alessano, presso la tomba di don Tonino Bello, nel XVIII anniversario della sua morte, martedì prima settimana di Pasqua, 26 aprile 2011. 94 A partire da quel momento, da quella precisa Ora, profetizzata dalle Sacre Scritture, scocca il nuovo inizio del tempo. Il ritmo della creazione, che era rimasto sospeso per un periodo di tempo che era sembrato interminabile, riprende il movimento con un nuovo passo di danza. Un’alba nuova sorge all’orizzonte. La luce che non tramonta spunta a Oriente. È «primo giorno della settimana» (Gv 20,1). Si leva nel cielo un nuovo mattino e la voce celeste proclama: Cristo è veramente risorto! «In Lui, – leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica – sorge un giorno di luce, eterno, che non si spegne più: la Pasqua mistica» (CCC 1165). E in quel giorno – canta un antico autore – brillano «i sacri raggi della luce di Cristo […]. Colui che è prima della stella del mattino e degli astri, Cristo, l’immortale, il grande, l’immenso, brilla su tutte le cose più del sole. Per questo, un grande, eterno, luminoso giorno senza tramonto si instaura tra noi […]: la Pasqua meravigliosa, prodigio della divina virtù, opera della sua potenza, vera festa, memoriale eterno, la nostra impossibilità di soffrire che deriva dalla sua passione, la nostra immortalità che scaturisce dalla sua morte, la nostra vita che sgorga dalla sua tomba, la nostra guarigione che è prodotta dalla sua piaga, la nostra risurrezione che proviene dalla sua caduta, la nostra risalita che è causata dalla sua discesa agli inferi. Così Dio compie grandi cose, così dall’impossibile egli opera prodigi, affinché si sappia che soltanto lui può fare tutto ciò che vuole»33. Gli amici dello Sposo, ancora increduli, si dirigono verso quella tomba. Si recano a vedere un fatto mai raccontato e a comprendere un avvenimento che mai avevano udito (cfr. Is 52,15). Sgomenti, ripetono tra sé che forse è solo un sogno, una pia illusione. Forse è un desiderio del cuore o il materializzarsi di fantasie coltivate a 33 Ps - IPPOLITO, Omelia sulla santa Pasqua, 1, 1-2. 95 lungo nell’immaginazione. Si sa: l’amore ha infinite risorse ed è capace di penetrare anche nella cupa penombra di una tomba e vedere ciò che non è presente, scambiando i miraggi per cose reali. L’amore ha la forza di rendere vivo ciò che ormai è avvizzito dal tempo; trasforma i sentimenti in realtà; annuncia improbabili novità. E, talvolta, si illude. Anzi desidera illudersi per sottrarsi al dolore insopportabile della triste realtà dei fatti. Ha inizio così un pellegrinaggio ininterrotto e inarrestabile che dura ormai da secoli, e non accenna a passar di moda. I primi a recarsi al sepolcro sono una donna e due uomini. Viene Pietro, il pescatore di Betsaida, con il suo passo pesante e il fiato ansimante. Entra nella tomba, vede ma non comprende (cfr. Gv 20,6-7). Viene Giovanni, il discepolo amato, con gli occhi d’aquila e, davanti ai segni inequivocabili del fatto inaudito, «vede e crede» (cfr. Gv 20,8). Viene soprattutto la Maddalena, simbolo dell’umanità peccatrice, ma anche tipo della sposa innamorata. San Gregorio di Nissa, uno dei tre grandi Padri cappadoci, considera la Maddalena come l’antitipo di Eva, la nuova madre di tutti i viventi! Per questo il giardino della tentazione dove Eva si allontana da Dio diventa il giardino della risurrezione dove la Maddalena, prima tra tutti i discepoli, vede e crede in Cristo risorto (cfr. Gv 20,11-18). Sulla stessa linea di pensiero si muove san Giovanni della Croce quando, in pagine di un’intensa commozione mistica, considera la figura della Maddalena come il simbolo del cammino dell’anima nella Notte oscura34. Il commovente racconto evangelico contiene una felice allusione al nostro tempo. La corsa al sepolcro dei due apostoli e della Maddalena si ripete ancora oggi, proprio sotto i nostri occhi. E noi 34 Per queste considerazioni vedi D. BARSOTTI, Il mistero cristiano nell’anno liturgico, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2004, pp. 264-269. 96 ne siamo i protagonisti. Sono, infatti, passati diciotto anni dalla morte di don Tonino. Ma il flusso di coloro che vengono a trovarlo non accenna a diminuire. Se mai aumenta. Vengono da ogni dove e con ogni mezzo. Percorrono strade diverse, ma il punto di approdo è sempre lo stesso: la tomba del Vescovo di Molfetta, Giovinazzo, Ruvo e Terlizzi sita nel cimitero di Alessano. Cosa cercano nel luogo dell’ultimo riposo e del silenzio, dove si ode solo il leggero soffio del vento che agitando i rami di ulivo compone un melodioso fruscio di foglie? Non cercano facili soluzioni agli enormi problemi che agitano le contraddittorie vicende del mondo. Cercano solo la speranza, l’immortale speranza custodita in una tomba, come un prezioso tesoro in uno scrigno d’oro! Oh, sì, cercano la speranza che non delude e non illude. Non la speranza che sa accendere solo fuochi fatui, ma quella che annuncia cieli nuovi e terra nuova e spalanca orizzonti infiniti i cui confini si perdono nel lontano orizzonte. Sono anime assetate di una speranza che soddisfi la brama di giustizia e di pace e dia nuovo vigore alla promessa di un mondo nuovo. Sono persone che vengono presso questa tomba a meditare sulle Sacre Scritture, a lasciarsi suggestionare dalle parole di fuoco del Vescovo, instancabile messaggero di pace e di amore ai poveri, a inseguire la speranza di Abramo: la speranza contro ogni speranza. Confidano nella fiduciosa attesa di Maria e si affidano alla Madre del bell’amore e della speranza perché sulla terra possa ricrearsi il paradiso perduto. Vengono anche i non credenti e i non praticanti, affascinati dalla forza del vangelo e dalla speranza radicata nella fede, carica di un’esplosiva e incontenibile energia che sprigiona una travolgente fantasia della carità. Come nella scena evangelica, un folto gruppo di cercatori di Dio accorrono in questo cimitero e sostano in atteggiamento pensoso e 97 orante, presso la tomba del Servo di Dio per carpire, una volta per tutte, il misterioso segreto della speranza che non muore: la speranza-bambina – secondo la felice immagine di Charles Peguy – che cammina tra le due sorelle più grandi, la fede e la carità, invincibile, sperduta e quasi invisibile tra le due sorelle maggiori. Ma è proprio lei a trascinare ogni cosa!35 Così, quasi per incanto, sembra di sostare presso la tomba di Cristo, mentre si tratta della tua tomba, carissimo don Tonino. E tu, Pastore dallo sguardo lungimirante, Angelo di questa nostra amata terra, che fai, immerso in un sonno vigile, immobile nel tuo silenzioso giaciglio? Sei volato in cielo con le tue possenti ali caro amico, fratello e padre, cristiano tutto d’un pezzo, uomo fino in fondo, santo fino in cima! Mentre noi siamo ancora qui, nel nostro quotidiano smarrimento con l’ala impigliata a rami frondosi, incapaci di spiccare il volo insieme con te. Siamo tuoi figli e fratelli, il popolo che tu hai amato, e dimoriamo in queste terre, le tue, che non hai mai dimenticato. Veniamo, pellegrini, presso la tua tomba, per combattere la routine sonnolenta, 35 Cfr. C. PEGUY, Il portico del mistero della seconda virtù, con testo a fronte in francese, a cura di G. Vigini, Mondadori, Milano 1993. 98 e attingere dal pozzo non l’acqua, ma il vino nuovo della speranza messianica. La tua tomba, caro Vescovo che ami cingere i tuoi fianchi con il grembiule del servo, è diventata la meta preferita. E tu, carissimo don Tonino, te ne stai lì, nella tua nuova casa, con il volto pensoso e sorridente e, pazientemente, ascolti le molteplici e insistenti domande, che noi, disorientati viandanti di una carovana che si allunga sempre di più, ti rivolgiamo in modo accorato. Cosa ne sarà di questo mondo, dove è ancora versato il sangue di Abele e nuovi emuli di Caino si aggirano cupi, incuranti del pianto degli umili? Quando verrà la vera giustizia che da tempo è stata promessa e con essa il mondo nuovo, e la nuova creazione? Quando il grido dei deboli e degli oppressi trapasserà le nubi, la verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo? Quando verrà il Regno di Dio a trasformare l’arido deserto in giardino, 99 finché non spunti il fiore di narciso e la palma dia frutti dolcissimi? Nel fruscìo del vento udiamo la tua risposta: «Cari fratelli, il futuro è già alle porte, vigilate nella notte, camminate e cantate la forza della vita. Seguite le orme del Signore Risorto, che per voi spezza il pane e la divina parola perché il cuore, tardo e indurito, arda nuovamente e trasfiguri ogni cosa. Non abbiate paura, non siete soli. Il Maestro è con voi e manda il suo Spirito, radiosa stella dalla scia luminosa, che tutto rinnova con forza divina. Povero tra i poveri, mi aggiro tra voi. Sono ancora qui. Guardate attentamente: sono proprio lì davanti a voi, soltanto pochi passi più in là con la mano protesa verso l’orizzonte a indicare la difficile rotta, le orme di Cristo, che ho gioiosamente calcato prima di voi, e che voi sospirate ardentemente di seguire. È la via maestra, il difficile, ma unico passaggio da questo mondo al Padre. Non abbiate paura, Cristo è con voi! Ed io – non dimenticatelo – vi voglio bene!». 100 “SI APRIRONO I LORO OCCHI E LO RICONOBBERO”36 Carissimi Andrea e Biagio, è giunto il momento di manifestare solennemente e pubblicamente il vostro desiderio di dedicarvi al servizio di Dio e del suo popolo perché venga ratificato autorevolmente dalla Chiesa. Davanti a me, alle vostre comunità parrocchiali guidate dai vostri due parroci, Don Paolo Congedi e Don Gianni Leo, e alla comunità diocesana, voi assumete l’impegno di portare a termine la preparazione al sacerdozio curando in modo particolare la formazione spirituale. Richiamando questo aspetto, la Chiesa non intende dire che non dovete prestare un’uguale attenzione alla formazione umana, culturale e pastorale. Vuole solo sottolineare che occorre trovare un centro attorno a cui dare unità alla vostra vita. Il centro – voi lo sapete – è Cristo! Per questo, carissimi, mentre i nostri cuori sono rivolti verso di voi per esprimervi la nostra vicinanza, il sincero affetto e i sentimenti di stima perché vi sentiamo parte della Chiesa diocesana, di quella comunità che, d’ora in poi, sarà la vostra nuova famiglia, i vostri occhi sono fissi su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Sia lui il fulcro della vostra vita, il compagno del vostro cammino, il fine dei vostri desideri! Il rito dell’Ammissione che tra poco celebreremo non è altro che l’attestazione pubblica del vostro amore a Cristo, un amore che 36 Omelia nella Messa per l’ammissione di Andrea Malagnino e Biagio Errico, Cattedrale, Ugento, mercoledì della prima settimana di Pasqua, 27 aprile 2011. 101 ha infiammato la vostra vita e che ora esprime la volontà di seguirlo fino in fondo, prendendo su di voi il suo giogo, e imparando da lui a essere miti e umili di cuore. I discepoli di Emmaus, paradigma della chiamata a seguire Gesù Il racconto evangelico dei discepoli di Emmaus traccia le linee portanti della vocazione sacerdotale. Il punto di avvio è l’iniziativa gratuita e inattesa del Risorto che si accosta al discepolo e percorre con lui la stessa strada (cfr. Lc 24,15). Vi è qualcosa di grandioso in questo gesto: un ineffabile mistero racchiuso in una piccola storia. Con l’approssimarsi di Cristo l’orientamento vocazionale è già segnato, ma il modo con cui vivere la chiamata è ancora vago e oscuro. Resta soprattutto il dovere di compiere un serio discernimento per valutare la consistenza e la verità della vocazione. L’incontro con Cristo segna una novità che ha bisogno di tempo per potersi esprimere chiaramente. Soprattutto è necessario imparare a interpretare i segni della chiamata e della volontà divina. Nel frattempo, il Risorto esorta e spiega le Scritture e la sua parola fuga i dubbi, le incertezze, i tentennamenti, illumina la strada da percorrere e dà significato alla vita. La Parola del Risorto sfocia nell’esperienza eucaristica. È l’evento decisivo. Ora il discepolo non solo ascolta il Maestro, ma ha la possibilità di toccarlo, vederlo e nutrirsi di lui. Il contatto reale con il Risorto dona una nuova certezza e una più chiara consapevolezza circa la propria chiamata. Finalmente gli occhi si aprono e la mente riconosce il Risorto come il Signore della propria vita (Lc 24,31). Così il cuore si infiamma e spinge la volontà a dare la risposta d’amore. 102 Ecco, carissimi Andrea e Biagio il paradigma della vocazione sacerdotale comprende tutti questi aspetti: l’accostarsi di Gesù, l’apertura degli occhi, il riconoscimento della mente, l’ardore del cuore. La vostra personale storia vocazionale Questi passaggi sono comuni a ogni vocazione. La vostra storia, però, si caratterizza per eventi personali che hanno dato una forma speciale al paradigma vocazionale. Carissimo Andrea, l’Ammissione per te è la risposta all’invito che Gesù ti ha rivolto fin da piccolo. Hai avvertito dalla più tenera età la vigorosa intensità della sua chiamata e, più volte lungo il corso degli anni, hai sentito la forza suadente della sua parola che ti sussurrava nell’intimo del cuore: “Seguimi!”. Come poter esprimere i sentimenti che la voce di Cristo ha suscitato e continua a risvegliare nel tuo giovane cuore? Si sono così alternati momenti diversi. E forse anche tu hai fatto l’esperienza di cui parla San Giovanni della Croce: «Più salivo in alto più il mio sguardo s’offuscava, e la più aspra conquista fu un’opera di buio; ma nella furia amorosa ciecamente m’avventai così in alto, così in alto che raggiunsi la preda». In realtà, nell’invito di Cristo, hai subito intravisto la domanda più radicale. La stessa che Gesù rivolse a Pietro prima di conferirgli 103 l’incarico di pascere il suo gregge: «Mi ami?». Hai subito compreso che la vocazione non è altro che la chiamata a un grande amore o, per meglio dire, a un amore più grande. Non ti è nemmeno sfuggito che la risposta da dare è impegnativa e carica di molte conseguenze per la tua vita. Ti sei accorto che si tratta di un amore esigente, non di una attrazione passeggera, che non ammette mezze misure, improvvisi tentennamenti, decisioni altalenanti. Cristo è geloso nel suo amore! Vuole tutto per sé, non ammette rivali. Soprattutto vuole conservare il primato su tutto e tutti. In cambio promette il centuplo e assicura l’esaudimento del desiderio di felicità, radicato nel profondo del cuore. Sì, questa esperienza d’amore contiene una promessa di beatitudine e costituisce la vera ragion d’essere della vocazione sacerdotale. Raimondo Lullo esprime il significato della chiamata con queste parole: «Il cuore dell’Amico volò verso le vette dell’Amato, per non avere impedimenti ad amare nell’abisso del mondo. E quando fu con l’Amato lo contemplò nella gioia; e l’Amato lo fece scendere nel mondo perché lo contemplasse nella pena e nella tribolazione». Anche per te, carissimo Biagio, il rito dell’Ammissione rappresenta il momento propizio per riconoscere pubblicamente come tu stesso, con grande sincerità, hai sottolineato nell’autopresentazione il tuo «povero amore» per Cristo e, insieme, manifestare il «desiderio di seguirlo umilmente nella sua Chiesa per servirlo». Sai bene che la sequela e il servizio non sono altro se non lo scoppio della fiamma viva dell’amore. Quella fiamma che San Giovanni della Croce canta con queste parole: «O fiamma d’amor viva, 104 che soave ferisci dell’alma mia nel più profondo centro! Poiché non sei più schiva se vuoi, ormai finisci; rompi la tela a questo dolce incontro». L’incontro d’amore deve ripetersi molte volte e cercare i molteplici modi che tengono desto l’ardore del sentimento e la tenerezza della relazione. Valgono anche per te queste espressioni di Raimondo Lullo: «L’Amico diceva all’Amato che molte erano le vie per le quali veniva nel suo cuore e si mostrava ai suoi occhi, e molti i nomi con i quali lo chiamava la sua lingua; ma l’amore con cui lo faceva vivere e morire non era che uno, uno solo». Ed è proprio questo dolcissimo e unico amore a dare consistenza a tutta l’esistenza. Per questo è molto appropriata la frase del sapiente dell’Antico Testamento che è diventata per te la stella polare del tuo cammino vocazionale: «Ciò che Dio fa, dura sempre; non c’è nulla da togliere e nulla da aggiungere» (Qo 3,14). Carissimi Andrea e Biagio, questo solenne momento si inscrive dentro una decisione che può dare una forma compiuta al vostro futuro. Occorre che caratterizziate il vostro impegno formativo secondo questi orientamenti: intendere l’esistenza come vocazione, non come professione; considerare il ministero non solo come un servizio da compiere, ma come una vita da donare; riconoscere che il vero pastore è Cristo mentre voi siete solo strumenti nelle sue mani; mantenere viva la consapevolezza di far parte del corpo ecclesiale che dovete servire con umiltà, povertà e obbedienza. Non dimenticate, carissimi, il motivo fondamentale della vostra scelta: l’amore di Cristo, l’amore a Cristo, l’amore per Cristo! Vi105 vendo la vostra chiamata come espressione di un invincibile amore porterete frutti abbondanti per voi e per il popolo che vi sarà affidato perché solo l’amore è credibile e solo l’amore salva! Vi invito, pertanto, a fare della vostra vita un’effusione d’amore per tutti. L’amore attira a sé la vita dell’amato e la rinnova profondamente. Ma ricordate: l’amore si paga a caro prezzo; a prezzo della propria vita! «Più grande è l’amore, più grande è la sofferenza dell’animo. Più intenso è l’amore, più intensa è la conoscenza di Dio. Più ardente è l’amore, più fervente è la preghiera. Più perfetto è l’amore, più santa è la vita» (Staretz Silvano). 106 LA FIACCOLA SOTTO LA BROCCA E LA CELLA VINARIA37 Rivolgo il mio più cordiale e sincero saluto a lei, Eccellenza reverendissima, al Rettore e agli educatori, al Preside e ai professori, a voi sacerdoti e seminaristi. Accogliendo l’invito del Rettore, ci ritroviamo oggi nel Seminario Regionale, nella ricorrenza della festa della Regina Apuliae, per celebrare il mistero del sacerdozio di Cristo quasi come un prolungamento dell’atto di affidamento a Maria che, ieri, il Papa e i Vescovi d’Italia hanno compiuto nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma. È una tradizione molto significativa per tutti: per voi, cari sacerdoti, che celebrate l’anniversario di presbiterato e per la comunità del Seminario che rende gloria al Signore per i frutti del vostro ministero pastorale. La circostanza ci invita a riaffermare l’importanza del Seminario come momento e ambiente formativo, ma anche come figura, simbolo, paradigma della vita e del ministero presbiterale. Il Seminario, infatti, non è solo il principale luogo nel quale si realizza il discernimento vocazionale e si consolidano le coordinate fondamentali della vita e del ministero pastorale, ma rappresenta anche uno stimolo continuo e un costante richiamo al modello e all’ideale sacerdotale al quale ispirare e conformare la propria vita. Per questo la celebrazione della Regina Apuliae, da una parte costituisce un’occasione propizia per fare memoria del tempo trascorso in Seminario e ricordare gli avvenimenti che hanno caratte37 Omelia nella Messa per la festa della Regina Apuliae, Seminario Regionale, Molfetta 27 maggio 2011. 107 rizzato il periodo della formazione al presbiterato, dall’altra, diventa una nuova opportunità per fissare lo sguardo su Cristo, modello del sacerdote, e riconfermare il desidero di conformare la nostra vita alla sua. Insomma, siamo venuti a venerare la Vergine, che riconosciamo come Regina Apuliae, per «ravvivare il dono ricevuto con l’imposizione delle mani» (2Tm 1,6). La funzione che il Seminario riveste per ogni sacerdote potrebbe essere rappresentata con due immagini bibliche: la fiaccola sotto la brocca e la cella vinaria. La fiaccola sotto la brocca Traggo la prima immagine dalla storia di Gedeone, perché è una delle più belle attestazioni della modalità con cui si esprime la divina economia. In questo racconto, come in altre parti della Sacra Scrittura, è ampiamente illustrata quella che potremmo definire la “metodologia pastorale” con cui Dio agisce nella storia, ossia la strategia della forza nella debolezza. Gedeone è il figlio più piccolo della casa di Joas, che era la famiglia più povera della tribù di Manasse la quale costitutiva la metà della casa di Giuseppe. Il nome “Gedeone” contiene un programma di vita perché il termine ebraico ghidh’òn, reso ghedeon in greco e latinizzato in Gedeon, significa “colui che spezza”, “che abbatte”, “l’abbattitore”; un nome riconducibile all’idea della forza necessaria per combattere e vincere coloro che si oppongono alla realizzazione di un progetto. Non si tratta, però, della forza dell’uomo, ma di quella di Dio. La vicenda si colloca in un periodo nel quale il popolo d’Israele non si trova più nel deserto dove veniva portato per mano dal Signore (cfr. Os 11,3-4), ma nella terra promessa, dove è necessario mettere in campo tutto il proprio impegno e fare uso di mezzi 108 umani, mezzi poveri perché tutti riconoscano che Dio è l’unico salvatore. Gedeone, accampato con trentaduemila uomini sui monti di Gelboe, rispedisce a casa ventiduemila, perché paurosi e “tremanti” (termine questo che in ebraico si dice “chared”, ossia coloro che sono presso la fonte del tremore “Charod”). I diecimila rimasti sono messi alla prova e fatti scendere nell’acqua. Ne rimangono solo trecento. Un numero del tutto sproporzionato per affrontare la battaglia. Inoltre, le uniche armi che essi hanno nelle mani sono le trombe fatte di corni di ariete e le brocche vuote con dentro le fiaccole. Si evidenzia ancora una volta la sproporzione tra il compito da svolgere e i mezzi di cui si dispone. L’uomo è chiamato a collaborare con Dio, ma il felice risultato dell’impresa dipende dalla forza di Dio! Gedeone raccoglie i suoi uomini, li divide in tre schiere e li dispone intorno al campo nemico. Al segnale convenuto, tutti suonano i corni che hanno nella mano destra, rompono le brocche, tenendo le fiaccole con la sinistra, e lanciano l’urlo di guerra: «La spada per JHWH e per Gedeone» (Gdc 7,20). L’esercito nemico viene messo in fuga e, nella fretta, i soldati volgono la spada contro il proprio compagno. In realtà, l’unica spada con cui JHWH combatte i nemici è quella con cui essi si auto-distruggono. Come non vedere in questo racconto un simbolo eloquente della vocazione e della missione del presbitero alla quale egli si prepara nel tempo della formazione in Seminario? L’attuale situazione socio-culturale non presenta gravi difficoltà per l’annunzio del Vangelo? D’altra parte, esercitare il ministero pastorale non significa – come afferma l’apostolo Paolo – «combattere la buona battaglia» (2Tm 4,7)? E con quali mezzi occorre farlo, se non quelli poveri perché nella debolezza del ministro si manifesti la potenza di Dio 109 (cfr. 2Cor 12,9)? Non sono forse le virtù della povertà, del riconoscimento della propria debolezza, della assoluta confidenza in Dio, dell’attesa dei suoi tempi le armi migliori e più adatte ad annunciare il Vangelo all’uomo del nostro tempo, distratto e indifferente? Come prepararsi a questo compito se non conservando la fiaccola accesa dentro la brocca per farla risplendere al tempo opportuno? Non occorre imparare a vivere il nascondimento in Dio prima di esporsi alle intemperie del ministero lasciando che la fiaccola continui ad ardere all’interno della brocca e rimanga accesa per tutto il tempo necessario a riscaldare il cuore per non spegnersi al primo soffio di vento? Sono questi i consigli che testimoni qualificati come san Carlo Borromeo offrivano ai loro sacerdoti: «Ascolta ciò che ti dico – afferma il santo vescovo di Milano –. Se già qualche scintilla del divino amore è stata accesa in te, non cacciarla via, non esporla al vento. Tieni chiuso il focolare del tuo cuore, perché non si raffreddi e non perda calore. Fuggi, cioè, le distrazioni per quanto puoi. Rimani raccolto con Dio, evita le chiacchiere inutili»38. Sono gli stessi consigli che i Padri spirituali e gli educatori del Seminario hanno più volte ripetuto durante il tempo della formazione al presbiterato. E voi, carissimi sacerdoti, in questi anni di ministero pastorale, non avete più volte constatato la necessità di accogliere questi suggerimenti per mantenere alto il livello della fedeltà al sacerdozio e ravviare continuamente il dono di grazia ricevuto? La cella vinaria La seconda immagine che, a mio parere, può costituire il simbolo del Seminario e indicare in modo più specifico la funzione che la 38 C. BORROMEO, Acta Ecclesiae Mediolanensis, Milano 1599, 1177-1178. 110 Vergine Maria, la Regina Apuliae, riveste nella vita dei sacerdoti pugliesi, la traggo da un versetto del Cantico dei Cantici nel quale la sposa canta: «Mi ha introdotto nella cella del vino e ordinò in me la carità» (Introduxit me in cellam vinariam, ordinavit in me caritatem Ct 2,4). La maggior parte dei targumim considerano il monte Sinai la cantina dove fin dalla creazione del mondo è stato tenuto in serbo per Israele il vino delizioso della Legge39. Di diverso avviso è Rashi, (acronimo di Rabbi Shelomò ben Jizchaq), grande commentatore ebreo dell’XI secolo, secondo il quale la casa del vino è «la tenda dell’incontro, in cui furono dati i particolari e le spiegazioni della Torà»40. Rispetto alle sue fonti, Rashi offre una spiegazione più plausibile dal punto di vista diacronico o dell’ordine dei fatti perché a suo parere il versetto «Mi baci con i baci della sua bocca» (Ct 1,2) si riferisce al dono della Torà, mentre l’espressione «Mi ha introdotta nella casa del vino» si riferisce alla tenda dell’incontro, all’obel mo’ed, che di solito si traduce “tenda del Convegno”. L’interpretazione dei Padri e dei medievali si muove secondo una molteplice direzione. Una prima linea interpretativa vede nella cella vinaria la santissima umanità del Verbo incarnato segnata dalle stimmate della sua passione (interpretazione cristologica). La Chiesa-Sposa viene introdotta nella cella vinaria quando medita e commemora la passione del Signore. Considerando le piaghe dell’umanità di Cristo, la Chiesa viene ordinata secondo la sua cari39 «Disse l’Assemblea d’Israele: il Santo – benedetto egli sia – mi ha condotto alla grande cantina del vino, cioè al Sinai, e là mi ha dato gli ordinamenti della Legge e i precetti e le opere buone,e con grande amore li accolsi» (Cantico Rabba, II, 12); «Mi condusse alla casa del vino: è il Sinai, dove è stata data la Legge, che è paragonata al vino: E bevete il vino che ho mesciuto - Prov. 9,5» (Numeri Rabba, II, 3). 40 RASHI DI TROYES, Commento al Cantico dei Cantici, Qiqajon, Magnano (BI) 2008, p. 64. 111 tà perché comprenda il grande amore con il quale il Padre l’ha amata e risvegli in lei sentimenti di riconoscenza verso Colui che effonde su di lei una molteplicità di doni. Secondo un’altra tradizione, che dai Padri della Chiesa giunge fino a san Tomaso d’Aquino, la cella vinaria è la Chiesa che custodisce il vino della dottrina evangelica e della letizia (interpretazione ecclesiologica). La cantina è qualificata come vinaria per l’analogia degli effetti che intercorrono tra il vino e la carità. Come il vino intenerisce e rallegra il cuore, tonifica le energie e, bevuto in abbondanza, fa uscire fuori di senno, così la carità di Cristo, non appena viene infusa dallo Spirito Santo nella Chiesa-Sposa, la pervade di divina dolcezza, la entusiasma e l’incoraggia a osare e a compiere imprese straordinarie e, nello stesso tempo, per l’ineffabile soavità dell’unzione che zampilla abbondantemente dentro di lei, la rapisce fuori di sé fino a renderla quasi morta al mondo, facendola riposare estatica unicamente in Dio. Per altri Padri, segnatamente per Origene, la casa del vino è l’anima del credente in cui Cristo riposa (interpretazione antropologica). Nel suo Commento al Cantico dei Cantici, Origene scrive: «Sia la Chiesa di Cristo sia l’anima che si tiene stretta al Verbo di Dio chiede che l’introducano nella casa del vino». In questa casa del vino, infatti, «si affretta a entrare sia la Chiesa sia ogni anima che desidera ciò che è perfetto, per godere della sapienza e dei misteri della scienza, quasi dolcezza del banchetto e gioia del vino»41. Infine, altri Padri e scrittori occidentali, come Ambrogio, Girolamo, Beda, Pascasio Radberto Gregorio Magno, Pier Damiani, riferiscono per brevi accenni la cella vinaria alla Vergine Maria (interpretazione mariologica). Ma è soprattutto Ruperto di Deutz a con41 ORIGENE, Commento al Cantico dei Cantici, III, 2,4. 112 sacrarla in modo eminente. Dopo di lui, sarà ripresa da una lunga serie di commentatori fino al teologo tedesco Mathias-Joseph Scheeben (1835-1888), la cui interpretazione avrà una grande ripercussione sulla mariologia moderna. Per Ruperto di Deutz – scrive mons. Mariano Magrassi – «il mistero della Vergine-Madre e della Chiesa-Madre sono un solo e unico mistero: non in forza di una analogia di funzioni più o meno esteriore, ma in forza di vincoli effettivi ed essenziali. Alla luce di queste grandi idee si comprende l’interpretazione mariologica del Cantico dei Cantici»42. Maria è, dunque, la cella vinaria per eccellenza perché in lei si sintetizza tutta la storia della salvezza. Lei, la Madre di Cristo, custodisce il vino nuovo che rallegra l’anima e infonde gioia e letizia al cuore; il nuovo Sinai dove viene conservata e donata la nuova Legge; la tenda del Convegno dove il Signore raccoglie e istruisce i suoi discepoli; il grembo materno dove lo Spirito tesse la santa umanità di Cristo; la personificazione della Chiesa; l’immagine perfetta, l’anima innamorata di Dio. Cari sacerdoti e seminaristi, la Regina Apuliae è la nostra cella vinaria. Per questo, la cappella, che custodisce la preziosa immagine della Vergine Maria, riveste un ruolo insostituibile nella vita del seminarista e del presbitero. La cella vinaria, infatti, – secondo san Bernardo – è la casa dell’orazione, il luogo nel quale si entra per mettersi alla presenza del mistero di Dio e lasciarsi trasformare dalla sua gloria. «Anche tu – egli afferma – se con spirito raccolto, mente sobria e libera dalle vane sollecitudini, entri da solo nella casa dell’orazione, e stando davanti al Signore a uno degli altari, tocchi con la mano del santo desiderio la porta del cielo, e ammesso ai cori dei santi dalla tua penetrante devozione (…), alla loro presenza 42 M. MAGRASSI, Teologia e storia nel pensiero di Ruperto di Deutz, Roma 1959, p. 62. 113 deplori umilmente le miserie e le calamità a cui vai soggetto, con frequenti sospiri e gemiti inenarrabili esponi le tue necessità, implori pietà; se farai questo, (…) non te ne andrai vuoto. E quando tornerai a noi pieno di grazia e di carità, non potrai, essendo fervente di spirito, dissimulare il dono ricevuto, che comunicherai senza invidia, e sarai a tutti, nella grazia che ti è stata data, non solo gradito, ma oggetto di ammirazione, e potrai anche tu dire con verità: Mi ha introdotto nella cella vinaria»43. La cappella della Regina Apuliae è la stanza della preghiera a Maria e con Maria. Ognuno di noi può raccontare la bellezza dei momenti di preghiera vissuti in questo “cuore pulsante di vita” del Seminario e riferire l’importanza che essi hanno avuto nel tempo della formazione al presbiterato e successivamente durante gli anni dell’esercizio del ministero pastorale. Venerare la nostra Patrona, rinsaldare il legame che ci unisce a lei e affidarci nuovamente alla sua materna intercessione è garanzia di fedeltà alla vocazione e di fecondità del ministero pastorale. Per questo, oggi, desidero rinnovare insieme con voi l’atto di affidamento a Maria. Lo faccio riprendendo alcuni versi di una poesia, dal titolo Nella cappella della Regina Apuliae, che avevo scritto durante gli anni della mia permanenza in Seminario come educatore. Mi sembrava, allora, e continuo a pensarlo ancora adesso, che la preghiera serale nella cappella della Regina Apuliae fosse il dolce abbandono nelle braccia materne di Maria e la consegna a lei delle aspirazioni e delle speranze di tutta la Chiesa pugliese. Con le parole di questa poesia intendo esprimere il ringraziamento di tutti noi alla nostra Madre celeste e riconfermare l’atto di affidamento delle nostre Chiese locali a Lei, la cella vinaria dei seminaristi e dei sacerdoti della Puglia. Scrivevo così: 43 BERNARDO DI CHIARAVALLE, Commento al Cantico dei Cantici, XLIX, 3. 114 «Anche questa sera brucia il nostro incenso (i desideri, i sensi) nell’arcana dimora davanti a te, Signora. (…) Sì, anche questa sera, arca di speranza e dolorosa attesa, rivestiamo ancora, luce nella notte, il paramento bianco logoro dall’uso e, silenziosi, stiamo accanto a te protesi, vigile sentinella dagli occhi inebrianti, piccoli nella sera, davanti a te, Beata. E tu, Immacolata, anche questa sera come in ogni era, avvolta di splendore e lino profumato, in umiltà seduta sul tuo antico seggio il Figlio nelle braccia serena pace infondi, Santissima, e attendi. La tua dolcezza, o Madre, è sole che ci attira 115 in questa oscura sera. E qui, dolce Signora, insieme ricordiamo, la tua corona in mano e il segreto amiamo. (…) Dolcissima Madonna, sublime nell’incanto, unisci i tuoi amanti sotto la tua Ombra. Nella segreta stanza eterna sia la danza. Se ci sarà un domani è ferma la speranza che tu ridonerai di nuovo un’altra sera a noi di fede incerta e a quanti ancor non sanno, ma, certo, ti ameranno e ti acclameranno Regina della Puglia e Stella della sera»44. 44 V. ANGIULI, L’Albero maestro e la vela grande, Ecumenica editrice, Bari 1994, p. 112-121. 116 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO LETTERE “VI DARÒ PASTORI SECONDO IL MIO CUORE”(GER 3,15) Cari fratelli e sorelle in Cristo, il versetto del profeta Geremia, letto nella sua completezza, così recita: «Vi darò pastori secondo il mio cuore, i quali vi guideranno con scienza e intelligenza». Se consideriamo con attenzione le parole del profeta, constatiamo che vi sono tre affermazioni fondamentali: Cristo è il vero e sommo Pastore; è lui a inviare pastori secondo il suo cuore; i pastori che egli invia devono essere dotati di scienza e intelligenza. Cristo è il supremo e buon Pastore! Le parole del profeta Geremia mettono in evidenza che Dio promette al suo popolo di non lasciarlo mai privo di pastori che lo radunino e lo guidino: «Costituirò sopra di esse (ossia sulle mie pecore) pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi» (Ger 23,4). E così avviene nella storia della salvezza. È Dio a inviare, come suoi rappresentanti, uomini che si prendono cura di guidare i fratelli secondo i suoi disegni. Ma è lui il vero Pastore del suo popolo. Per questo sant’Agostino esclama: «Fratelli, quale grande gioia essere il gregge di Dio! È un fatto che genera grande gaudio anche in mezzo alle lacrime e alle tribolazioni di questa terra […]. Egli vigila sopra di noi quando noi vegliamo, vigila anche quando noi dormiamo. Perciò se un gregge umano si ritiene sicuro sotto un pastore umano, quanto maggiore deve essere la nostra sicurezza allorché è Dio che ci pasce!» (Disc. 47, 3). La Chiesa sa che Gesù Cristo è il compimento vivo, supremo e definitivo della promessa di Dio. È lui «il buon pastore» (Gv 10,11), 119 «il Pastore grande delle pecore» (Eb 13,20). Egli stesso ha affidato agli apostoli e ai loro successori il ministero di pascere il gregge di Dio (cfr. Gv 21,15; 1Pt 5,2). Senza sacerdoti la Chiesa non potrebbe obbedire al duplice comando di Gesù: «Andate dunque e ammaestrate tutte le genti» (Mt 28,19) e «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; 1Cor 11, 24) ossia al comando di annunciare il Vangelo e di rinnovare ogni giorno il sacrificio offerto per la vita del mondo. Cristo costituisce e invia pastori secondo il suo cuore! I ministri ordinati sono «servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio» (1Cor 4,1-2). Il loro compito – per dirla con le parole di Sant’Agostino – è quello di «pascere Cristo, pascere per Cristo, pascere in Cristo, non pascere per sé al di fuori di Cristo» (Disc. 46, 30). Sotto questo profilo è utile ricordare quanto Benedetto XVI ha detto nella catechesi di mercoledì 26 maggio 2010, soffermandosi a spiegare il significato del munus regendi. «Attraverso i pastori della Chiesa – ha affermato il Santo Padre – Cristo pasce il suo gregge: è Lui che lo guida, lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente. Ma il Signore Gesù, Pastore supremo delle nostre anime, ha voluto che il Collegio Apostolico, oggi i Vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, e i sacerdoti, loro più preziosi collaboratori, partecipassero a questa sua missione di prendersi cura del popolo di Dio, di essere educatori nella fede, orientando, animando e sostenendo la comunità cristiana, o, come dice il Concilio, “curando, soprattutto, che i singoli fedeli siano guidati nello Spirito Santo a vivere secondo il Vangelo la loro propria vocazione, a praticare una carità sincera e operosa e a esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati” (Presbyterorum ordinis, 6). Ogni pastore, quindi, è il tramite attraverso il quale Cristo stesso ama gli uomini: 120 è mediante il nostro ministero – cari sacerdoti – è attraverso di noi che il Signore raggiunge le anime, le istruisce, le custodisce, le guida. Sant’Agostino, nel suo Commento al Vangelo di san Giovanni, scrive: “Sia dunque impegno d’amore pascere il gregge del Signore” (123,5); questa è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani (cf S. Agostino, Disc. 340, 1; Disc. 46, 15), delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza (cfr. Id., Lettera 95,1)». I pastori sono chiamati a essere guide sapienti e intelligenti del popolo di Dio! Il compito dei pastori è, dunque, quello di agire in nome di Cristo, nello stesso modo e con lo stesso stile con il quale egli guida il suo gregge. Per questo, con le parole dell’apostolo Pietro, anch’io «esorto i presbiteri che sono tra di voi, io che sono presbitero con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che deve essere manifestata: pascete il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo, ma volentieri secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; non come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come esempi del gregge. E quando apparirà il supremo pastore, riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1Pt 5,1-4). Facendo eco alle parole dell’apostolo Pietro, il Concilio Vaticano II ricorda ai presbiteri il fine del loro ministero e, nello stesso tempo, invita i fedeli a condividere con i loro pastori la fatica della missione e dell’evangelizzazione. «I presbiteri – afferma il documento Presbyterorum ordinis – si trovano in mezzo ai laici per condurre 121 tutti all’unità della carità, “amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza” (Rm 12,10). A loro spetta quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo. Essi sono i difensori del bene comune, che tutelano in nome del Vescovo, e sono allo stesso tempo strenui assertori della verità, evitando che i fedeli siano sconvolti da qualsiasi vento di dottrina. In modo speciale devono aver cura di quanti hanno abbandonato la frequenza dei sacramenti o forse addirittura la fede, e come buoni pastori non devono tralasciare di andare alla loro ricerca. […]. I fedeli, dal canto loro, abbiano coscienza del debito che hanno nei confronti dei presbiteri, e li trattino perciò con amore filiale, come loro pastori e padri; condividendo le loro preoccupazioni, si sforzino, per quanto è possibile, di essere loro di aiuto con la preghiera e con l’azione, in modo che essi possano superare più agevolmente le eventuali difficoltà e assolvere con maggiore efficacia i propri compiti» (Presbyterorum ordinis, 9). Questi insegnamenti della Scrittura e del Magistero della Chiesa, esortano tutti noi a maturare la convinzione che è necessario camminare insieme, superando ogni forma di individualismo, protagonismo, chiusura nel proprio recinto parrocchiale o di gruppo. Occorre, cioè, che emerga la dimensione interparrocchiale e diocesana della pastorale. I programmi delle parrocchie, dei gruppi, delle associazioni e dei movimenti devono modellarsi tenendo conto del cammino della Chiesa locale. Per questo occorre tener presente il seguente principio: Meglio rallentare il passo in modo da procedere insieme piuttosto che avventurarsi in iniziative settoriali sganciate dal cammino diocesano! Allo stesso modo, occorre che i ministri ordinati e gli operatori pastorali siano disponibili a cambiare il proprio compito pastorale qualora un attento discernimento da parte del Vescovo e della 122 Chiesa lo richieda. Sotto questo profilo, bisogna ricordare che il vero Pastore è Cristo. Noi siamo al suo servizio e siamo tutti “servi inutili”! Per questo bisogna ispirarsi al seguente principio: La missione richiede una consapevole e gioiosa libertà dai ruoli che si rivestono. Il primato spetta all’efficacia della missione, non al perdurare dei compiti. Cari fedeli, tenendo conto di queste considerazioni spirituali e pastorali, sono sicuro che comprenderete il motivo per il quale ho inteso procedere a un avvicendamento di alcuni parroci. Quando sono venuto in Diocesi, mi è stata riferita la volontà del mio venerato predecessore, Mons. Vito De Grisantis, di dare corso a un tale provvedimento. Mi è stato anche presentato un piano da lui predisposto che, ovviamente, egli non ha potuto attuare per il sopraggiungere della malattia e della morte. Tenendo conto anche della sua volontà e valutando il bene della nostra Chiesa locale ho chiesto ad alcuni sacerdoti la disponibilità ad assumere un nuovo incarico pastorale. In linea generale, devo confessare di aver riscontrato nei sacerdoti un grande senso di responsabilità e di generosità. Ci siamo confrontati e insieme abbiamo condiviso le scelte. D’altra parte, ho sempre consultato e fatto tesoro dei consigli del Vicario Generale con il quale ho mantenuto un dialogo constante. Mi sono anche premurato di ascoltare il Collegio dei Consultori il quale ha espresso il suo parere favorevole. Ho anche ritenuto opportuno ascoltare i membri del Consiglio Pastorale Diocesano e del Consiglio Presbiterale allargato a tutti i sacerdoti. Anche in questo caso vi è stata una condivisione del metodo con il quale ho proceduto. In sintesi, mi sembra che, agendo in questo modo, la nostra Chiesa locale abbia compiuto un vero discernimento comunitario! 123 Cari fedeli, conosco il bene e l’affetto che nutrite per i sacerdoti. Ho avuto modo di constatarlo di persona. Sono anche consapevole che i cambiamenti possono creare qualche dispiacere. Sono, però, sicuro che comprenderete che tutto è stato fatto per il bene della Chiesa, per l’efficacia della missione, per la gloria di Dio. In questa circostanza, mi sembra opportuno richiamare le parole di Don Tonino Bello: «I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui (il Signore) scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezza, ogni volta che sentiamo i suoi passi, evitiamo di incontrarlo, nascondendoci dietro la siepe, come Adamo tra gli alberi dell’Eden. Facci comprendere (Maria) che Dio, se ci guasta i progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace. E una volta che l’avremo ascoltato nel cuore, anche il nostro corpo brillerà della sua luce». Nello spirito di questa esortazione di don Tonino, vi comunico i cambiamenti previsti: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 124 Parrocchia Parroco Acquarica Barbarano Depressa Giuliano Leuca Marina Leuca Santuario Montesano Montesardo Morciano Presicce Ruffano-San Francesco Maglie Rocco Stendardo Giuseppe Carbone Andrea Carletta Pasquale Indino Giuseppe Antonazzo Gerardo Pecoraro Quintino Carluccio Pietro Caccetta Antonio Cazzato Francesco Nuzzo Beniamino 12. 13 14. 15. 16. 17. 18. 19. Salignano Specchia Supersano Torrepaduli Tricase Natività Ugento-Cattedrale Ugento-S. Cuore Ugento-S. G. Bosco De Santis Luca De Giorgi Antonio Cosi Oronzo Ciullo Mario Ferraro Flavio Zocco Rocco Turi Antonio Ancora Stefano Ringrazio ancora una volta i sacerdoti per la loro disponibilità. In particolare, desidero esprimere la stima e la riconoscenza di tutta la diocesi e mia personale a don Giuseppe Martella, don Rosario Stasi e don Pompilio Cazzato per l’impegno profuso con generosità, intelligenza e abnegazione nella guida delle comunità loro affidate. Esorto tutti voi, carissimi fedeli, a continuare ad amare, a pregare e ad accogliere i sacerdoti come ministri di Dio, nutrendo per essi stima e affetto, senza distinzioni e preferenze, consapevoli che il vero e unico pastore è Cristo. Egli ha promesso di rimanere con noi sempre, fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20). Sentiamo vicina la sua presenza. È lui a creare e mantenere tra noi il vincolo della carità e dell’unità. Lo Sposo, infatti, – scrive un autore della Chiesa antica – «non ha abbandonato la sua Sposa, perciò nessuno gliene può dare un’altra diversa. Solo a voi, infatti, che siete formati dall’unione di tutti i popoli, cioè a voi, Chiesa di Cristo, corpo di Cristo, sposa di Cristo, l’Apostolo dice: Sopportatevi a vicenda con amore e cercate di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace (cfr. Ef 4, 2). Vedete che dove comandò di sopportarci vicendevolmente, là pose l’amore. Dove constatò la speranza dell’unità, là mostrò il vincolo della pace. Questa è la casa di Dio, edificata con pietre vive, nella 125 quale, egli si compiace di abitare e dove i suoi occhi non debbano essere offesi da nessuna sciagurata divisione» (Autore africano del sec. VI, Disc. 8, 1-3). Sicuro che accoglierete con gioia i vostri nuovi parroci, vi benedico tutti con affetto paterno e fraterno. Ugento, 29 giugno 2011 Festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo. 126 MA IL CIELO È SEMPRE PIÙ BLU Cari giovani, conservo nel cuore un ricordo gioioso dell’esperienza di preghiera e di festa che insieme abbiamo vissuto a Ugento, il 31 gennaio, nella chiesa di San Giovanni Bosco. Ricordando i vostri volti giovanili, avverto ancora il desiderio di felicità presente in ognuno di voi e sento che tra noi si è instaurato un rapporto di amicizia e di stima reciproca. In quella circostanza, Federica, Veronica, Matteo, Salvatore e Rosamaria si sono fatti eco dei vostri interrogativi e, a nome di tutti, mi hanno rivolto alcune domande circa il cammino di fede e l’impegno a vivere la vita cristiana in un tempo, come il nostro, che contrappone non pochi ostacoli alla realizzazione di questo progetto. Davanti a tutti, mi sono impegnato a rispondere ai vostri quesiti. Ogni promessa è debito. E ora, mantengo fede alla parola data. Provvidenzialmente, la continuazione del nostro dialogo cade nel tempo favorevole della Quaresima, periodo nel quale tutti noi cristiani siamo impegnati a riscoprire il valore del battesimo per vivere in conformità con la grazia ricevuta. Possiamo considerare la Quaresima come il tempo nel quale porre le domande fondamentali e la Pasqua come la risposta ai nostri interrogativi. D’altra parte, è proprio dell’uomo interrogarsi su ciò che dà valore all’esistenza. Per questo il romanziere francese Honoré de Balzac scrive: «La chiave di tutte le scienze è indiscutibilmente il punto di domanda. Dobbiamo la maggior parte delle grandi scoperte al 127 ‘Come’? e la saggezza della vita consiste forse nel chiedersi, a qualunque proposito, ‘Perché’ ?”». Questo tempo quaresimale e pasquale è, dunque, il momento più opportuno per ascoltare le vostre domande e offrire qualche risposta. Non ho la pretesa di esaurire tutte le vostre richieste. Molto resta ancora da dire. Tuttavia è certamente molto bello dialogare e cercare insieme il significato umano e cristiano della vita. 1. Il mondo con le sue proposte attraenti, spesso ci distrae dalla vita buona del Vangelo. Molti nostri coetanei smettono di stare nella comunità cristiana. Come orientarci in un clima come questo? (Federica Vitali, parrocchia San Michele Arcangelo, Castrignano del Capo). Cara Federica, ti meravigli se il mondo tenta di distogliere il cristiano dalla vita buona del Vangelo? È stato così fin dall’inizio del genere umano, fin dal primo peccato. Ai nostri progenitori, Adamo ed Eva, l’albero della vita, che Dio aveva proibito di toccare, apparve come un albero “buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza” (Gn 3, 6). Anche a Gesù il diavolo “mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai” (Mt 4, 8-9). Per questo, cara Federica, e voi carissimi giovani, non meravigliatevi se ancora oggi il mondo tenta di suggestionarvi con le sue proposte che promettono una felicità a buon mercato e se, il più delle volte, il male appare più attraente del bene. Il mondo vuole solo dei conformisti! Mark Twain, scrittore americano ottocentesco, autore del celebre romanzo Avventure di Tom Sawyer, in uno 128 dei suoi aforismi scrive: «Un uomo non può permettersi di avere delle idee che potrebbero compromettere il modo in cui si guadagna il pane. Se vuole prosperare deve seguire la maggioranza. Altrimenti subirà danni alla sua posizione sociale, ai suoi guadagni negli affari… Conformarci è nella nostra natura. È una forza alla quale pochi riescono a resistere… Solo ai morti è permesso dire la verità». Il cristiano, invece, deve imparare a resistere alle lusinghe del mondo e andare controcorrente, non conformandosi alla mentalità e allo “spirito del tempo”. È il grande imperativo che San Paolo rivolge nella Lettera ai Romani: «Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare, rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). Cara Federica, giustamente ti interroghi su cosa bisogna fare per orientarti e non smarrire la via buona del Vangelo. Il mio consiglio è questo: cerca la verità e non stancarti di interrogarti su ciò che è bene e ciò che è male. La verità illumina e rende liberi! Per questo occorre cercare ciò che è vero, non ciò che è attraente. Certo, la ricerca della verità spesso appare un’impresa molto ardua e difficile. Oggi, sembra addirittura un compito impossibile da assolvere. In realtà, la verità è a portata di mano e ogni uomo può incontrarla e vivere in sintonia con essa. Gandhi soleva dire: «Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la non violenza sono antiche come le montagne». La ricerca della verità diventa ancora più esaltante se compiuta insieme con gli altri. La verità si offre a tutti e tutti la possono raggiungere. «La verità – soleva dire Pier Paolo Pasolini – non sta in un solo sogno, ma in molti sogni». Chi riesce a resistere alla facile at129 trattiva delle realtà sensibili, con sua grande meraviglia, scoprirà che la verità possiede una grande forza che attira il cuore. Per questo «chi ascolta attentamente l’autentica voce del cuore e della coscienza è illuminato dalla sua verità» (Hegel). Cara Federica e voi carissimi giovani, ricordate che non sempre ciò che attrae è vero, ma certamente ciò che è vero attrae. Per questo, non date ascolto alle lusinghe che le molteplici sirene di questo mondo vi propongono. Lasciatevi, invece, sedurre dalla Verità, ben sapendo che Cristo è «la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6). 2. La fede vacilla spesso a causa di vicende dolorose nella nostra vita e nel mondo. Cosa fare per avere una fede forte? (Veronica Russo, parrocchia S. Antonio, Depressa). Cara Veronica, mi congratulo con te e con tutti i giovani che, come te, sono alla ricerca di una fede forte. Gesù nel Vangelo afferma che è sufficiente avere una fede quanto un granellino di senape (Mt 13,31) per fare cose grandi e realizzare eventi che all’inizio sembrano difficili, se non impossibili e che, invece, per mezzo della fede diventano realtà. La fede, infatti, sposta le montagne! Sì, la fede muove la potenza di Dio e rende possibile che accadano miracoli inattesi e insperati. La fede è dono di Dio e si rafforza con la disponibilità ad accogliere la croce e a portarla insieme a Gesù. La fede si affina e si fortifica quando passa attraverso il fuoco della croce che, come un crogiuolo, elimina tutte le scorie e le imperfezioni e fa risplendere la vita cristiana di una luce nuova. Alla gloria si giunge attraverso la croce! Per questo san Leone Magno esorta: «Nessuno esiti a soffri130 re per la giustizia, nessuno dubiti di ricevere la ricompensa promessa, perché attraverso la fatica si passa al riposo e attraverso la morte si giunge alla vita. Avendo Cristo assunto le debolezze della nostra condizione, anche noi, se persevereremo nella confessione e nell’amore di lui, riporteremo la sua stessa vittoria e conseguiremo il premio promesso» (S. Leone Magno, Disc. 51,8). 3. Questo è il tempo in cui tutto sembra incerto e precario. Perché è così difficile trovare stabilità e dare un senso alle nostre vite? (Matteo Cosi, parrocchia S. Vincenzo, Miggiano). Caro Matteo, è vero, nel mondo tutto sembra fluido, inconsistente, debole e fragile. Oggi, questa sensazione di instabilità e di precarietà si è fatta ancora più evidente. Allora, giustamente, ti poni la domanda: come uscire da questa situazione di mancanza di solidità, di nebulosità e di estrema incertezza? Credo che un antidoto molto fruttuoso per operare una inversione di tendenza consista nell’esercitarsi a pensare, evitando di abbandonarsi al solo sentire. Oggi, vi è chi ha teorizzato la necessità di un “pensiero debole”, cioè di un pensiero che non cerca il fondamento della vita, ma si accontenta delle emozioni e delle suggestioni. A tal proposito, Mark Twain scrive: «Non facciamo altro che sentire, e l’abbiamo confuso col pensare. E da questo nasce un risultato che consideriamo una benedizione: il suo nome è Opinione Pubblica. Risolve tutto. Alcuni credono che sia la voce di Dio». Caro Matteo, bisogna ritornare a pensare e a dare credito a una riflessione maturata nel corso del tempo attraverso un continuo esercizio di ascolto e di dialogo. In un tempo in cui tutto è filtrato attraverso la 131 sensibilità e la sensazione, occorre imparare nuovamente - come diceva Hegel, il grande filosofo tedesco – “la fatica del concetto”. Inoltre, con le sagge parole con le quali Sant’Agostino ammoniva i suoi interlocutori, ti suggerisco un altro atteggiamento ugualmente utile per dare stabilità alla tua vita ed evitare di rimanere in superficie: “Non uscire fuori di te, rientra in te stesso; la verità sta nell’intimo dell’anima umana”. Caro Matteo, abbi cura di te stesso e della tua anima! Ama il silenzio e vivi momenti di solitudine per ascoltare le voci che sono dentro di te. Soprattutto, ascolta la voce di Dio che continuamente parla al tuo cuore (cfr. Os 2,16) non attraverso eventi eclatanti, ma con «il sussurro di una brezza leggera» (1Re 19,12). 4. Spesso nelle nostre giornate non c’è tempo per soffrire, non c’è tempo per aspettare e non c’è tempo per sperare. Come si può imparare a non aver fretta? Come gustare la bellezza delle piccole cose quotidiane? (Salvatore Ciurlia, parrocchia Trasfigurazione N.S.G.C., Taurisano). Caro Salvatore, intanto, è molto bello pensare, come fai tu, che vivere vuol dire avere tempo per soffrire, per sperare, per gustare. Questi tre verbi contengono il vero senso della vita e propongono le esperienze fondamentali che ogni persona dovrebbe assaporare per poter dire di vivere intensamente. Senza la sofferenza, la speranza e la gioia, la vita diventa irreale, banale, virtuale. Si vive senza vivere, si riempie il tempo di una molteplicità di emozioni, ma si percepisce che senza l’attitudine ad accettare il dolore, a orientarsi verso un avvenire pieno di speranza, ad assaporare la gioia delle piccole cose, la 132 vita «come pula portata dal vento, come schiuma leggera sospinta dalla tempesta, come fumo dal vento è dispersa, si dilegua come il ricordo dell’ospite di un solo giorno» (Sap 5,14). Certo, caro Salvatore e voi carissimi giovani, tutti facciamo esperienza del ritmo frenetico e inarrestabile del tempo. Per noi, il tempo è soprattutto kronos (tempo che scorre). Raramente facciamo esperienza del tempo che dura (kairos). Eppure, quando amiamo, il tempo si ferma, il movimento si arresta e ogni cosa ha quasi il sapore dell’eternità. E questo perché - come diceva sant’Agostino – «il tempo non esiste, è solo una dimensione dell’anima». Caro Salvatore, ama la vita, le cose che tocchi, le persone che incontri, gli avvenimenti che accadono quotidianamente; allora vedrai che il tempo si moltiplicherà, avrai sempre tempo perché il tempo si colorerà di eternità. La vita è tempo. Ma il tempo è distensione dell’anima, cioè amore. Per questo, è giusto dire che «si vive solo il tempo in cui si ama» (Claude-Adrien Helvetius). 5. Su quali esperienze forti puntare e con quali linguaggi è possibile annunciare e proporre il Vangelo anche a chi vive ai margini della comunità cristiana? (Rosamaria Scorrano, parrocchia San Carlo Borromeo, Acquarica del Capo). Cara Rosamaria, certo, per vivere bene è necessario fare “esperienze forti”, ma è anche molto importante saper vivere la vita quotidiana, la semplice ferialità dello scorrere del tempo, il normale avvicendarsi delle stagioni che si susseguono secondo un ritmo cadenzato dal regolare accadere degli eventi. Vi è una sapienza nelle cose semplici e ordi133 narie che spesso non sappiamo valorizzare. Non è forse bello ascoltare una voce amica, stringere la mano a una persona che ami, vedere il sorriso sul volto di uno sconosciuto che incroci lungo la via, accorgerti della tenerezza che vi è tra due innamorati, contemplare il sereno abbandono di un bambino nelle braccia della madre, osservare il volto scavato e pieno di rughe di un vecchio, scrutare dentro le emozioni di un adolescente? Cara Rosamaria, «non si deve misurare la virtù di un uomo dalla sua eccezionalità, ma dal quotidiano» (Blaise Pascal, Pensieri, 1670, postumo). Quanto al linguaggio più idoneo per annunciare il Vangelo, vale la pena di ricordare che il modo più consono per parlare di Dio all’uomo di oggi è testimoniare i valori in cui si crede. Il linguaggio più attraente è fatto di poche parole e molti fatti. I mass-media hanno trasformato il mondo in una pubblica piazza dove siamo tutti sottoposti a un bombardamento di informazioni, notizie, annunci. Per questo, oggi, il linguaggio più efficace non è quello di aggiungere parole a parole; se ne dicono tante, forse troppe per poter essere veramente ascoltate. L’esempio e uno stile di vita modellato sul Vangelo sono molto più eloquenti di tanti proclami vuoti e inconsistenti. Cara Rosamaria, se vivi il Vangelo, troverai le parole adatte per annunciarlo agli altri! Post scriptum. Cari giovani, spero di avere offerto qualche risposta utile per la vostra vita. Soprattutto nutro la speranza di aver iniziato con voi un dialogo pa134 terno e fraterno, fatto di amicizia e di reciproco ascolto, che sarebbe bello continuare nel prossimo futuro. Ci sono certamente molti altri aspetti della vita sui quali è utile conversare insieme. Devo, però, farvi notare che tutte le domande che mi avete rivolto contengono una piccola dose di malinconica tristezza. Sembra quasi che i problemi da affrontare siano insormontabili e che non vi siano le forze sufficienti per fronteggiarli. È come se, di fronte a una montagna da scalare, si rimane sgomenti per le difficoltà del percorso e dubbiosi circa la possibilità di arrivare in cima, fino al punto da accarezzare l’idea di rinunciare dall’intraprendere il difficile cammino. Occorre, invece, affrontare la vita con coraggio e con la consapevolezza che il bene, anche se nascosto e sconosciuto, è molto più diffuso del male che pure fa molto chiasso per la risonanza che ne danno i mass-media. Come ammonisce la parabola evangelica, la vita è come un campo dove insieme con l’erba buona vi è anche la zizzania (cfr. Mt 13,24-30). Non bisogna sgomentarsi di fronte al male che è ancora presente nel mondo, ma guardare più in profondità la realtà per scoprire i germi del Regno di Dio che avanza e, pian piano, conquista in modo più evidente il cuore e le menti degli uomini. Per il cristiano, la risurrezione di Cristo è come una “esplosione nucleare” che riversa in tutto l’universo la sua carica di bene e di novità. Sicuri di questa azione di Cristo risorto, siamo chiamati a partecipare alle gioie, alle speranze e ai dolori dell’umanità. Questo il nostro compito: amare anche chi non ci ama, soffrire con chi soffre, soccorrere chi è nel bisogno, sostenere chi è nella prova. In un momento, come il nostro, nel quale stanno avvenendo cambiamenti radicali, possiamo disinteressarci dell’immane catastrofe che ha colpito il Giappone? Possiamo fare a meno di pensare 135 agli eventi che travagliano la Libia e tutto il Nord-Africa e al fenomeno convulso di intere masse popolari che emigrano nelle nostre terre, cercando una migliore qualità della vita? Possiamo disinteressarci dei problemi che assillano l’Italia, e in particolare il nostro Sud nel quale viviamo? L’impegno nel mondo deve essere realizzato da cristiani, cioè nella consapevolezza che la risurrezione di Cristo è all’opera anche nel nostro tempo e che egli è l’unico Signore dell’universo e della storia. D’altra parte, anche gli uomini di buona volontà sanno bene che dietro le nubi risplende la luce del sole. Se ne fa interprete un cantautore, morto in giovane età, in una sua famosa canzone tornata alla ribalta nel nostro tempo, nella quale, tratteggiando le molteplici situazioni in cui gli uomini si dibattono, esplode in un inno alla bellezza della vita, ricordando a tutti che “il cielo è sempre più blu”. Sì, cari giovani, nonostante tutto, il cielo è sempre più blu! Se nella vostra vita incontrerete e imparerete ad amare Cristo, crocifisso e risorto, il cielo sarà sempre più blu! Chi trova Cristo, trova il vero tesoro della sua esistenza. E così, ogni frammento di vita (sofferenza e gioia, dolore e piacere, affanni e contentezza, amarezza e letizia) si riveste di luce per la sua presenza, e il grigiore del tempo si trasforma in un colore terso e limpido per lo splendore della sua risurrezione. Cari giovani, con Cristo, morto e risorto, il cielo è sempre più blu! Per questo con paterno affetto vi esorto a vivere un intenso cammino quaresimale e a sperimentare la gioia che sgorga dalla Pasqua di Cristo. Ugento, 20 marzo 2011. Seconda Domenica di Quaresima 136 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO INTERVENTI LA FORMAZIONE PERMANENTE DEI PRESBITERI45 1. La formazione permanente dei presbiteri non nasce solo dalle nuove emergenze storiche, ma è esigita dalla natura stessa del dono conferito con il sacramento dell’Ordine. È una risposta al dono di grazia ricevuto, alla necessità cioè di “ravvivare il dono conferito con l’imposizione delle mani”. 2. La formazione permanente non ha solo un carattere pastorale, ma è un processo di conversione continua. Si tratta di vivere la “seconda conversione”; «L’appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta al Chiesa» (CCC 1528). 3. Si potrebbe anche dire che la formazione permanente è rispondere alla “seconda chiamata” per scoprire la vocazione nella vocazione. Su questo tema hanno scritto cose interessanti René Voillaume La seconda chiamata e Renato Corti, L’età adulta e la seconda chiamata. Il coraggio della fragilità. Nella sua lettera pastorale mons. Corti così scrive: «Parto da una domanda: che succede, col passare degli anni, nella vita personale di noi preti? Quale esperienza va compiendosi dentro di noi? È giusto porsi questi interrogativi perché possono verificarsi in noi delle modificazioni non superficiali che occorre considerare, dato che possono indicare dei passi urgenti e importanti da compiere per maturare come uomini e come preti. Sappiamo che la prima risposta alla vocazione può essere difficile; spesso, però, non lo è nemmeno molto. Lo è invece quasi sempre la risposta che va data alla vocazione nel tempo in cui 45 Conversazione con i giovani sacerdoti della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, Ugento 28 gennaio 2011. 139 essa viene visibilizzata con l’esercizio del ministero. Voillaume ha parlato di una “seconda chiamata”, che non è propriamente un’altra rispetto alla prima, ma è il ritrovamento della prima e unica vocazione a un livello di maturità maggiore, passando attraverso il crogiuolo di molte vicende distese sugli anni spesi in missione». 4. La definizione fondamentale del presbitero è che egli è uomo del mistero. Questa definizione aiuta a comprendere le molteplici relazioni che il presbitero deve instaurare con Dio, con la Chiesa, con il Vescovo, con il presbiterio, con la comunità, con le persone. 5. La chiave interpretativa fondamentale della formazione permanente è la carità pastorale. 6. Occorre alimentare e armonizzare le diverse componenti della formazione permanente: umana, spirituale, intellettuale, pastorale. In particolare, non va dimenticato che l’umanità del prete è la normale mediazione quotidiana per l’azione pastorale e l’annuncio del vangelo. 7. Una attenzione particolare deve essere prestata all’età dei presbiteri. Ogni momento della vita ha il suo carico di opportunità da mettere a frutto per il bene globale della Chiesa. La formazione permanente mira a suscitare la stima reciproca tra i presbiteri, creando comunione tra le diverse generazioni e integrando i doni dell’uno con quelli dell’altro. 8. I giovani presbiteri sanno portare la capacità di dedizione e di entusiasmo anche se in loro può emergere la più facile stancabilità, il rischio di chiusura in un gruppo omogeneo e il ritorno a forme di tradizionalismo e di clericalismo. 9. I sacerdoti della cosiddetta seconda età, di solito, sono portatori di una buona sintesi tra esperienza e creatività pastorale, ma 140 possono correre il rischio del disincanto che trascina talvolta verso forme di abitudinarietà e scontatezza. 10. I sacerdoti anziani hanno bisogno di percepire il respiro della comunione fraterna di tutto il presbiterio e devono maturare l’attitudine all’incoraggiamento nei confronti dei confratelli che sono nel ministero attivo. Documenti e testi di riferimento: - COMMISSIONE EPISCOPALE DEL CLERO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, “La formazione permanente dei presbiteri nelle nostre Chiesa particolari”, Lettera ai sacerdoti, 18 maggio 2000. - R. GUARDINI, Le età della vita, Vita e Pensiero, MILANO 1986. - C. M. MARTINI, Le età della vita, Mondadori, Milano 2010. 141 AFFETTIVITÀ, CELIBATO E MINISTERO PASTORALE46 1. Tra scomposizione e integrazione Continuando la riflessione proposta negli ultimi due incontri ci soffermiamo a riflettere insieme sul tema Affettività, celibato e ministero pastorale. Nel precedente incontro, don Franco Castellana ha richiamato lo sfondo culturale contemporaneo che crea la scomposizione e la frammentarietà nella vita dell’uomo e ha sottolineato che Cristo è il principio di integrazione e di unificazione di tutte le dimensioni della persona umana. 2. L’identità del presbitero Partendo dalla considerazione che il ministero del prete è un dono di Dio che si esprime attraverso la sua umanità, vale la pena di ricordare quanto i vescovi italiani scrivono nella Lettera ai sacerdoti italiani (= LSI): «Il presbitero è anzitutto un uomo e la sua vita è chiamata a essere umana e umanizzata» (LSI 1). In questa prospettiva «per comprendere l’identità del prete, bisogna unire in modo vitale tre dimensioni complementari: quella dell’uomo, quella del discepolo e quella del presbitero; dall’interazione corretta di queste dimensioni può nascere il necessario equilibrio della vita, la desiderata “unità”» (LSI 1). 3. Dimensioni differenti e complementari «Queste tre dimensioni – uomo, discepolo, prete – esprimono diverse caratteristiche del soggetto concreto e per questo non 46 Conversazione con i giovani sacerdoti della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, Ugento 18 marzo 2011. 142 debbono mai essere considerate separate; ciascuna di esse si radica in quella precedente e la porta a perfezione in modo particolare. Il discepolo vive il dinamismo di autotrascendenza proprio di ogni uomo, ma lo vive a partire dall’incontro con Gesù che conferisce al dinamismo della sua coscienza umana una direzione precisa, un orizzonte nuovo. Il prete vive la sequela di Gesù come ogni discepolo, la vive attraverso un modo concreto di “seguire Gesù” che consiste nel servire i discepoli di Gesù annunciando loro la Parola, ponendo per loro i gesti sacramentali (soprattutto l’Eucaristia), raccogliendo la molteplicità dei discepoli nella comunione dell’unica Chiesa» (LSI 1). 4. Rischi «Non può essere autentico discepolo chi non vive correttamente il dinamismo umano della trascendenza di sé (rischierebbe di vivere il discepolato come “consumo” egocentrico della relazione con Gesù e andrebbe incontro a delusioni cocenti) […]. Così non è possibile essere autentico presbitero se una persona non ha sperimentato la conversione propria del discepolo e non vive una relazione di amicizia con Gesù (rischierebbe di vivere il ministero come una professione qualsiasi)» (LSI 1). 5. Opportunità «Per fortuna, ciascuna di queste dimensioni esercita una forza sanante nei confronti di quella su cui si innesta; naturalmente, non in modo automatico, ma attraverso un serio cammino spirituale di conoscenza di sé, di accoglienza benevola dei propri talenti e delle proprie debolezze, di impegno a lasciarsi attrarre e trasformare dai “desideri dello Spirito”. L’esperienza del discepolato (incontro personale con Gesù e amore fiducioso verso di lui) può sbloccare il dinamismo della coscienza personale quando questo dovesse essere 143 inceppato per esperienze negative che abbiano bloccato il cammino di superamento di se stessi. E l’esperienza del ministero può rendere più intenso l’amore concreto per Gesù, aiutando a riscattare e superare freddezze, incoerenze, infedeltà, cadute dolorose e umilianti)» (LSI 1). 6. Identità stabile «L’identità stabile è la capacità di vivere in modo unitario e con continuità la molteplicità di esperienze e di relazioni che hanno caratterizzato e caratterizzano la storia della persona, compiendo quello che il filosofo Ricoeur chiama “identità narrativa”. Si tratta di un punto decisivo per il futuro sacerdote, perché a partire da esso si riconoscono parametri fondamentali della personalità, come “la maturità affettiva, la capacità di relazione e di donazione, la capacità di guidare una comunità e fare giudizi sani”» (G. Cucci sj - H. Zollner sj, 579). 7. Maturità personale «La maturità di una persona può essere individuata sotto due aspetti fondamentali: a) come una fondamentale libertà interiore, capacità di apertura alla realtà e alle relazioni, b) come desiderio di crescere, di conoscersi sempre più, dal punto di vista intellettuale, spirituale, sociale, affettivo» (G. Cucci sj - H. Zollner sj, 577). 8. Distinzione tra affettività e sessualità «La distinzione previa tra sessualità e affettività è di notevole importanza: queste due componenti, pur strettamente connesse tra di loro, non coincidono: la sessualità, intesa come genitalità può essere manifestazione privilegiata dell’affetto, ma non necessariamente. La sessualità può anche essere vissuta in modo del tutto 144 sganciato dagli affetti, come nella perversione, in cui si cerca di ridurre l’altro a un oggetto su cui concentrare l’aggressività e la frustrazione. D’altra parte l’affettività può non avere espressioni sessuali, come è il caso della vita consacrata e del celibato, e trovare altre forme di espressione: le relazioni all’interno della vita comunitaria, i ministeri apostolici, l’amicizia» (G. Cucci sj - H. Zollner sj, 580). 9. Squilibrio tra frustrazione e compensazione «Il celibe viene a trovarsi in una situazione a rischio[…]. Il rischio è quello di uno squilibrio intrapsichico (tra frustrazione e gratificazione) […]. Si dà questo squilibrio quando, più concretamente, la scelta del celibato per il regno non è sorretta da una sufficiente motivazione personale e convinzione valoriale, non suscita una corrispondente testimonianza né si traduce in coerenza di vita» (A. Cencini, 44). 10. Meccanismo difensivo della compensazione «La compensazione è un meccanismo difensivo con il quale uno tenta di bilanciare le componenti negative di una qualche situazione di vita, come può essere una rinuncia legata a una scelta, cercando in altre situazioni una certa gratificazione, in modo più o meno incontrollato» (A. Cencini, 45). Testi di riferimento: - CEI, Lettera ai sacerdoti italiani, Roma, 19 maggio 2006. - G. CUCCI sj - H. ZOLLNER sj, Gli aspetti piscologici nella formazione integrata al presbiterato, “La Civiltà Cattolica”, 2010, IV, 576-586, quaderno 3852 (18 dicembre 2010). - CENCINI, Celibato e compensazione, “Tredimensioni”, 8, 2011, 43-52. 145 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO MESSAGGI VIDE CHE ERA COSA MOLTO BELLA! Cari turisti, guardando il mondo che aveva creato, Dio rimase talmente stupito e meravigliato per la bellezza che aveva impresso in ogni sua opera da ripetere con gioia all’apparire delle realtà animate e inanimate: «È una cosa molto bella!». Il mondo è il giardino di Dio, il riflesso della sua magnificenza! Anche voi, cari turisti, venuti in questa terra perché attratti dal fascino dei colori del mare, del cielo, dei campi, potete fare la stessa esperienza del Creatore e inneggiare a Lui per lo splendore riflesso nel creato. L’amenità della natura, però, rinvia all’avvenenza dell’anima. La bellezza esterna, infatti, non è che un riverbero di quella interna. «L’aspetto delle cose – scrive K. Gibran – varia secondo le emozioni; e così noi vediamo magia e bellezza in loro ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi». Per questo, ammirando lo splendore di questo territorio, siete invitati a interrogarvi sulla bellezza della vostra vita e della vostra anima. Non senza ragione R. W. Emerson afferma: «Anche se giriamo il mondo in cerca di ciò che è bello, o lo portiamo già in noi, o non lo troveremo». Cari turisti, questi giorni di riposo siano per voi il tempo propizio per scoprire il fascino della vita e ritrovare l’armonia nel corpo e nello spirito. Buone vacanze. Ugento, 15 giugno 2011 Festa di San Vito 149 GREST 2011 Cari ragazzi, il Grest 2011, intitolato Battibaleno - Insegnaci a contare i nostri giorni, presenta un interessante programma di attività e di giochi per imparare a scoprire il valore e il significato del tempo. Talvolta diciamo: Non ho tempo! Siamo così affaccendati in molte occupazioni da non avere il tempo per gli impegni più importanti della vita e da correre il rischio di disperderci in mille direzioni senza un ordine e una scala di priorità. Così può capitare di trascurare la preghiera, lo studio, l’attività fisica e molte altre attività necessarie per lo sviluppo armonico della persona. D’altra parte, è anche vero che in non pochi casi si perde tempo senza far nulla, standosene in ozio e lasciando scorrere le ore del giorno senza compiere i propri doveri quotidiani, vivendo, come si suol dire, alla giornata! Cari ragazzi, il Grest 2011, attraverso le attività di animazione, vuole stimolare le vostre abilità comunicative e aiutarvi a comprendere l’importanza del tempo come possibilità di dialogare con se stessi, con gli altri e con Dio. Vi invito a partecipare numerosi e, guidati dai vostri animatori, a vivere questa esperienza con amicizia e allegria! Ugento, 15 giugno 2011 Festa di San Vito 150 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO INTERVISTE LAICI E TRASMISSIONE DELLA FEDE47 Quali sono gli strumenti di una trasmissione efficace della fede? Fin dall’inizio, la Chiesa ha inteso la trasmissione della fede come una dimensione fondamentale della sua azione missionaria. Nella Seconda Lettera a Timoteo leggiamo questa esortazione: «Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso e che fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù» (2Tim 3, 14-15). Lungo il corso dei secoli, l’impegno a trasmettere la fede alle nuove generazioni è stato esercitato in diverse forme. Oggi, questo compito rimane uno degli aspetti più decisivi e importanti della vita della Chiesa, pur se non mancano gravi difficoltà per la sua realizzazione. I Lineamenta del prossimo Sinodo dei Vescovi disegnano lo scenario attuale con queste parole: «I tratti di un modo secolarizzato di intendere la vita segnano il comportamento quotidiano di molti cristiani, che si mostrano spesso influenzati, se non condizionati, dalla cultura dell’immagine con i suoi modelli e impulsi contraddittori. La mentalità edonistica e consumistica predominante induce in loro una deriva verso la superficialità e un egocentrismo che non è facile contrastare. La “morte di Dio” annunciata nei decenni passati da tanti intellettuali cede il posto a uno sterile culto dell’individuo. Il rischio di perdere anche gli elementi fondamentali della grammatica di fede è reale, 47 Intervista in preparazione al III Convegno Ecclesiale Regionale di San Giovanni Rotondo (27-30 aprile 2011) sul tema: “I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi”. 153 con la conseguenza di cadere in un’atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, o al contrario in forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo» (Sinodo dei Vescovi, XIII Assemblea generale ordinaria, La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, 6). Gli strumenti più efficaci per la trasmissione della fede sono la vita della comunità cristiana e la testimonianza personale di ogni cristiano. È in questo contesto che occorre far risplendere la bellezza del Vangelo nella vita ordinaria. Lo strumento da prediligere è quello della relazione interpersonale e del rapporto da persona a persona. Come ricorda Papa Paolo VI occorre «uno stile comunitario e personale; uno stile che interpella alla verifica le comunità nel loro insieme ma anche ogni singolo battezzato; accanto alla proclamazione fatta in forma generale del Vangelo, l’altra forma della sua trasmissione, da persona a persona, resta valida e importante. [...] Non dovrebbe accadere che l’urgenza di annunziare la buona novella a masse di uomini facesse dimenticare questa forma di annuncio mediante la quale la coscienza personale di un uomo è raggiunta, toccata da una parola del tutto straordinaria che egli riceve da un altro» (Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 46). Ovviamente un ruolo importante rivestono anche i mass media per la loro capacità di collegare nello spazio e nel tempo realtà diverse e lontane tra loro. Sapientemente usati, gli strumenti della comunicazione sociale possono concorrere a far conoscere il Vangelo a un vasto gruppo di persone. In quali ambiti è possibile? Va innanzitutto ricordato che l’impegno a trasmettere la fede investe ciascun cristiano. «Un simile compito di annuncio e di pro154 clamazione non è riservato a qualcuno, a pochi eletti. È dono fatto ad ogni uomo che risponde con fiducia alla chiamata alla fede. La trasmissione della fede non è un’azione specializzata, da appaltare a qualche gruppo o a qualche singolo individuo appositamente deputato. È esperienza di ogni cristiano e di tutta la Chiesa, che in questa azione riscopre continuamente la propria identità» (ivi, 12). Tutti gli ambiti in cui l’uomo vive sono ambienti nei quali è possibile far conoscere il Vangelo. Non vi sono condizioni o luoghi nei quali il Vangelo non possa essere annunciato come parola che libera e salva. Ambito primario, originario e privilegiato della trasmissione della fede è la famiglia, piccola chiesa domestica. «Nello spazio familiare può avvenire l’educazione alla fede essenzialmente nella forma di educazione alla preghiera del bambino. Pregare insieme al bambino serve ai genitori per abituarlo a riconoscere la presenza amante del Signore, permettendo loro di diventare testimoni autorevoli presso il bambino stesso» (ivi, 22). Poi c’è la scuola, il mondo del lavoro, e tutte le realtà in cui l’uomo vive. Esistono occasioni in cui si rischia un’ingerenza della Chiesa? Se la Parola viene annunciata con umiltà e con lo stile proprio del Vangelo non si può parlare di ingerenza perché l’annuncio cristiano sollecita la responsabilità della persona, lasciando piena libertà di adesione. La Parola di Dio viene dall’alto, è Parola rivelata da Dio per il bene l’uomo; essa va trasmessa con umiltà, senza alcuna imposizione. Si tratta di testimoniare la speranza che abita nel cuore, rispondendo «con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza» (1 Pt 3, 16), con quella forza mite che viene dall’unione con Cristo. Si tratta di annunciare il Vangelo con uno stile che abbraccia il pensiero e l’azione, i comportamenti personali e la testimonianza pubblica, l’attenzione educativa e la dedizione premurosa ai poveri. 155 Ci sono ambiti in cui la società pugliese è più carente nella trasmissione della fede? La società pugliese ha aspetti positivi che non si riscontrano in altre regioni dell’Italia e dell’Europa. Tra questi va annoverata la ricca pietà popolare, una realtà nella quale il Vangelo viene offerto costantemente al popolo di Dio con semplicità e concreta aderenza alla realtà. Tra gli aspetti problematici va annoverato l’istituto familiare. Anche in Puglia la famiglia vive una situazione di difficoltà e di crisi. Essa, tuttavia, rimane ancora una risorsa a cui attingere per trasmettere e testimoniare la fede in modo sincero e autentico. Educare alla fede vuol dire anche insegnare a ravvivarla ogni giorno. Come fare nei momenti di crisi che ciascuno affronta nel corso della propria esistenza? È necessario aiutare i singoli cristiani a mettere in pratica ciò che il Concilio Vaticano II ci ha insegnato, ovvero il primato dell’ascolto attento e obbediente della Parola di Dio. Non dimentichiamo che nell’ultima esortazione apostolica Verbum Domini, Papa Benedetto XVI sottolinea la centralità della Parola nella vita del cristiano e della comunità parrocchiale. In secondo luogo è importante la partecipazione attiva alla vita della comunità. In un contesto fortemente secolarizzato occorre mantenere vivo il contatto con la comunità cristiana in modo da non perdere l’ambito vitale in cui la fede è sostenuta e continuamente rigenerata. 156 AL FIANCO DEI GIOVANI PER LORO UNA GRANDE ALLEANZA EDUCATIVA48 Eccellenza, arriva per lei la prima fatidica scadenza dei cento giorni da Vescovo. È troppo presto per fare un bilancio. Ma sicuramente potrà raccontare ai lettori di TRINITÀ E LIBERAZIONE le prime impressioni e anche le prime sensazioni ed emozioni di questa nuova avventura ministeriale. Se vogliamo essere precisi circa il riferimento ai “cento giorni da Vescovo” dovremmo considerare il punto dal quale cominciamo a contare i giorni del mio episcopato. La mia nomina è stata resa pubblica il 2 ottobre 2010, sono stato ordinato il 4 dicembre 2010 e ho fatto il mio ingresso in Diocesi il 19 dicembre 2010. Sono consapevole che dal punto di vista mediatico i “cento giorni” rappresentano una data “fatidica” e che, alla sua scadenza, si è soliti fare un primo bilancio. Solo che essere Vescovo, in primo luogo, vuol dire essere un padre che ama i suoi figli, non il capitano di una industria o un allenatore di una squadra di calcio ai quali si chiede di verificare i risultati raggiunti. Non voglio, tuttavia, sottrarmi dal dare una risposta alla sua domanda, anche perché la “nuova avventura ministeriale” – per usare la sua espressione – è carica di una numerosa serie di emozioni e di sentimenti. In sintesi, mi sembra che in questo primo periodo del mio ministero episcopale si possano individuare tre fasi, ognuna delle quali si caratterizza per una particolare atmosfera emotiva. 48 Intervista a Vincenzo Paticchio, pubblicata sul periodico dei Trinitari d’Italia, Trinità e Liberazione, III, n. 3, 20 marzo 2011, pp. 14-17. 157 Prima dell’annuncio ufficiale della mia nomina, ho avvertito un senso di inadeguatezza circa il compito che mi veniva affidato. Mi sembrava vi fosse una sproporzione tra il dono dell’episcopato e la mia capacità di corrispondervi in modo adeguato. Subito dopo l’annuncio, è prevalso un sentimento di gioia, misto alla considerazione che mi veniva chiesto di assumere questo gravoso compito con un grande senso di responsabilità. A distanza di qualche mese dall’ordinazione constato quotidianamente che è Dio a condurre la mia vita e che è Lui a sorreggere la mia debolezza con una grazia speciale, quella che i teologi chiamano “grazia di stato”. Ora avverto in modo sempre più chiaro che ascoltare la sua chiamata, fidarsi e affidarsi alla sua volontà sia il modo migliore per dare spessore e qualità alla mia vita. Come è stato l’incontro con la terra del Capo di Leuca? Quali sono i problemi sociali più gravi che ha trovato? Ha già conosciuto le tante povertà? La permanenza per oltre un decennio nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, mi ha consentito di conoscere la realtà pugliese da un punto di vista sociale ed ecclesiale. Pertanto, prima di venire nella diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, avevo una certa conoscenza del territorio salentino. Naturalmente il contatto personale mi ha consentito di comprendere meglio la situazione attuale. Mi sembra che tra i problemi sociali più rilevanti vi sia la mancanza di lavoro e di occupazione, con la conseguente crescita del precariato e di nuove forme di povertà. In una recente indagine realizzata dal “Centro Servizi Volontariato Salento” dal significativo titolo Le sfide delle nuove povertà si segnalava un’accresciuta difficoltà della provincia di Lecce rispetto a quelle riscontrabile in altre regioni dell’Italia. Si calcola che il tasso di precarietà abbia raggiunto il 75% degli avviamenti registrati nel 2007 a tempo determinato. 158 Un secondo aspetto si riferisce alla necessità dei giovani di spostarsi in altre città e regioni per intraprendere gli studi universitari. Nell’attuale situazione, secondo l’indagine precedentemente citata, «l’emigrazione dei giovani nelle regioni del Nord spesso non li mette più al riparo dal bisogno di sostegno da parte della famiglia di origine. Mentre si contrae la capacità di risparmio delle famiglie – una capacità appannaggio solo dei redditi più elevati – le banche lanciano il mutuo “finalizzato alla liquidità». E dal punto di vista religioso, il popolo che il Signore le ha affidato, come lo ha trovato? Il popolo della diocesi ugentina si caratterizza innanzitutto per una forte carica di umanità. Virtù quali l’accoglienza, la disponibilità a venire incontro ai bisogni di coloro che sono nell’indigenza, la cordialità e la gentilezza nel tratto, la generosità nel mettere a disposizione le proprie risorse per il bene altrui sono caratteristiche largamente diffuse. Sul piano religioso, si nota una forte presenza della pietà popolare. La partecipazione alle feste religiose, ai riti, alle processioni, a tutte le altre manifestazioni della religiosità popolare è largamente sentita e, di solito, raccoglie l’intera comunità presente nei diversi paesi. Quali saranno i punti centrali del suo servizio nella Chiesa di Ugento-S. Maria di Leuca? A quali realtà saranno rivolte le sue prime attenzioni pastorali? Nel messaggio che ho inviato alla diocesi subito dopo la mia nomina ho sottolineato che ritenevo essere un aspetto significativo del mio ministero quello di “mettermi in ascolto”. Mi sembra che questa sia una priorità assoluta, prima di formulare qualsiasi tipo di 159 progettazione pastorale. Sono profondamente convinto che una Chiesa particolare abbia una sua storia, un suo cammino, una sua caratteristica e una sua originalità che occorre conoscere e, per certi versi, assecondare. Solo dopo essermi inserito vitalmente nel tessuto della comunità diocesana potrò formulare alcune indicazioni pastorali. Ciò però non significa vivere in una sorta di “limbo” o in una zona franca. Vi sono, infatti, aspetti che balzano subito all’attenzione e che si presentano come elementi portanti del cammino della Chiesa ugentina. Nella omelia durante la Messa di ingresso in diocesi ho fatto cenno a tre caratteristiche fondamentali che devono essere come “fari luminosi” del cammino diocesano: la dimensione popolare della fede, l’esempio e la testimonianza di Don Tonino Bello, la forte devozione per la Madonna, la Vergine de finibus terrae. Parliamo di giovani. Oltre che ai sacerdoti, ai religiosi e alle comunità parrocchiali, lei, all’inizio del suo episcopato a Ugento-S. Maria di Leuca ha inviato una “riservata” ai giovani. A ciascuno lei ha voluto offrire due suggerimenti: “cogli l’attimo fuggente” e “va’, dove ti porta il cuore”, invitandoli, fuori da ogni possibile equivoco, a cercare la gioia: quella che dura nel tempo e quella in grado di coniugare allo stesso tempo passioni, emozioni e intelligenza. E poi li ha invitati alla speranza e al coraggio del sacrificio, indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi personali. Che cosa pensa dei giovani di oggi? Devo innanzitutto congratularmi per la Sua attenzione alla Lettera che ho inviato ai giovani all’inizio del mio mandato. Effettivamente, li ho invitati a scoprire la vera gioia, quella che dura nel tempo e che non consiste nel rincorrere esperienze effimere e passeggere. Ritengo che i giovani siano lo specchio di una società che ha smarrito le radici cristiane e le evidenze etiche che sorreggeva160 no la vita, ha offuscato l’orientamento verso un futuro pieno di speranza e, tuttavia, cerca ansiosamente un senso all’esistenza e un fondamento che dia più solidità al singolo e alla società. Occorre prendere coscienza di questa situazione e cogliere tutte le aperture presenti nel cuore dei giovani per infondere in loro sentimenti di fiducia e di speranza circa la possibilità di creare le condizioni per un reale cambiamento dell’attuale stato delle cose. Non pensa che essi vivano in una sorta di “esilio” rispetto alle quotidiane preoccupazioni della politica e della società globali? Non crede che sia ormai urgente una svolta culturale radicale per fare in modo che la rotta del futuro viri a loro favore? Certo, nell’attuale situazione socio-culturale si nota nei giovani un riflusso nel privato e la ricerca di un bene-essere personale. Apparentemente sembra che essi siano disinteressati rispetto ai grandi problemi del mondo. In realtà, è presente in loro un grande anelito alla giustizia, alla pace, alla solidarietà. D’altra parte, le condizioni economiche e sociali hanno creato un senso di incertezza circa il futuro. I cambiamenti politici, sociali ed economici che si stanno verificando in seguito al fenomeno della globalizzazione sono repentini e radicali. E ciò rende difficile governarli e orientarli. In questo contesto, occorre una grande alleanza educativa per aiutare i giovani a discernere i fenomeni che si agitano nel mondo e ad affrontare con coraggio le sfide del tempo presente. A questo proposito, a quali traguardi mira “l’opzione educativa” della Chiesa per il prossimo decennio? Quale il ruolo delle comunità parrocchiali in questo compito così difficile? Innanzitutto, occorre sottolineare che è stata la Chiesa, più che ogni altra istituzione, a richiamare l’importanza della questione 161 educativa. Il grido di allarme che il Papa e i vescovi hanno lanciato circa il tema dell’emergenza educativa è certamente il segno di una grande sensibilità e di una preoccupazione per il bene della persona e della società. Il fine a cui tende “l’opzione educativa” può essere espresso con le stesse parole degli orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020: educare alla vita buona del Vangelo. Al fondo, vi è la consapevolezza che la prospettiva contenuta nel Vangelo sia una risposta ai bisogni fondamentali dell’uomo. E, pertanto, l’educazione dei giovani ai valori propugnati dal Vangelo costituisce la premessa indispensabile per dare qualità e bellezza alla vita. E dello stato di salute della famiglia in Italia cosa pensa? Non crede che già la mancanza di rispetto per la vita fin dal suo nascere, da parte della cultura contemporanea, sia, da un lato, un forte segnale di debolezza dell’istituto familiare e, dall’altro, l’evidenza di una grande disattenzione (per non dire altro) verso il valore della famiglia fondata sul matrimonio? Da diverso tempo, la Chiesa ha messo in guardia la società e le istituizioni circa il pericolo di assumere una cultura radicale che fondandosi su un accentuato individualismo e sul primato dei diritti individuali mette in discussione valori fondamentali della vita personale e familiare proponendo modelli di famiglia diversi da quella costituita dall’unione tra un uomo e una donna sul fondamento di un amore che si esprime attraverso il patto matrimoniale. L’allargamento dei diritti individuali al di fuori di un riferimento all’intenzione creatrice di Dio rischia di creare una profonda frattura con una visione oggettiva dell’ordine morale per esaltare bisogni ed emozioni soggettive. Continuamente la Chiesa ricorda che la famiglia è un bene sociale e che la salvaguardia di questo fonda162 mentale istituto costituisce una grande ricchezza per i singoli e per l’intera società. Per non trascurare i problemi economici che le famiglie affrontano quotidianamente lottando contro una crisi globale che non lascia in pace nessuno... Il piano etico si salda con quello sociale. Se l’istituto familiare è un bene, occorre salvaguardare la sua incolumità sia sul piano morale e normativo sia su quello economico e finanziario. La crisi dell’economia internazionale sta creando gravi difficoltà per i ceti più deboli. Proprio in un momento come questo occorre sostenere le fasce più deboli e le famiglie più in difficoltà, anche perché la famiglia è il più efficace ammortizzatore sociale. Nella sua diocesi, a Gagliano del Capo, vive e opera una comunità trinitaria che oltre alla parrocchia del paese cura anche un istituto che accoglie i disabili mentali. Fin dalla loro nascita i Trinitari si sono adoperati per la liberazione e la redenzione degli schiavi. Oggi, forse, gli schiavi in catene non esistono più. Esistono, però, tante nuove schiavitù che “costringono” l’uomo a false forme di libertà. Crede che il carisma trinitario sia ancora attuale? Colgo questa occasione per esprimere tutta la mia stima e la mia riconoscenza alla comunità dei PP. Trinitari per la loro significativa presenza nella Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca e per il loro servizio pastorale e socio-assistenziale. In un tempo nel quale, sulla scorta del Concilio Vaticano II, la Chiesa ha riscoperto il dogma trinitario come punto di riferimento per la riflessione teologica e la vita della comunità cristiana, il carisma dei PP. Trinitari è ridiventato molto attuale, tanto che dovrebbe costituire un elemento comune a tutti i membri della Chiesa. Anche perché non vi è niente 163 di più concreto di una “spiritualità trinitaria”. Lungi dal disinteressarsi delle concrete situazioni dell’uomo, il riferimento alla Trinità è il vero fondamento di una prassi pastorale che sa coniugare in modo mirabile azione e contemplazione. 164 L’ALFABETO DELLA VITA49 Da quando sono stati inventati i computer e la posta elettronica non vi è più spazio per la solitudine. Viene voglia di sospirare, come i monaci del Medioevo, O beata solitudo o sola beatituto! La “piazza informatica” accorcia le distanze, ma infrange la solitudine. Tuttavia, per essere al passo con i tempi, occorre imparare il nuovo linguaggio mediatico anche se, come avviene a ogni nuovo sviluppo del progresso scientifico, vi sono guadagni, ma anche fastidiosissimi inconvenienti. Mi sono industriato anch’io a cercare di maneggiare, in modo approssimativo, questi nuovi strumenti di comunicazione. E così mi ritrovo a dover leggere quotidianamente messaggi che arrivano sul mio pc (personal computer!). Un giorno, tra le altre e-mail (le parole sono tutte in inglese!) trovo il seguente messaggio: «Eccellenza, siamo alla vigilia dell’estate. E una Sua Parola, una PROPOSTA GIOVANE, possa trovare luogo di veicolazione nelle due pagine centrali del nostro mensile parrocchiale LA COMUNITÀ, ecc…». Il carissimo Antonio Andrea Ciardo, della parrocchia di Caprarica, mi chiede di offrire brevi messaggi seguendo le lettere dell’alfabeto. Potevo sottrarmi a questo invito? La riposta è scontata già nella domanda. No, non potevo sottrarmi! E così ho scritto queste semplici riflessioni. Si tratta di pensieri sparsi. Tuttavia le parole disposte in ordine alfabetico danno un certo ordine alle idee. Insomma, non imbrigliano la fantasia e, nello stesso tempo, presentano la riflessione in una forma più armonica. 49 Intervento pubblicato come inserto nel giornalino della parrocchia “San Andrea”di Tricase, La Comunità, I, n. 2, 29 maggio 2011. 165 A - Amare il mondo Ricordo un piccolo aneddoto della mia giovinezza. Un giorno, Mons. Michele Mincuzzi, a quel tempo Vescovo ausiliare di Bari, confessò candidamente a noi seminaristi che dalla finestra della sua stanza nella Curia diocesana ogni mattina ascoltava una canzone (nella città vecchia le canzoni sono proposte ad alto volume, per questo è impossibile non ascoltarle!), il cui il ritornello ripeteva questa frase: “Corriamo, corriamo, corriamo: il mondo ha bisogno di noi”. Manco a dirlo! Al Vescovo veniva la voglia di lasciare la sua stanza e andare per le strade della città a predicare il Vangelo. Era sua convinzione che il mondo avesse urgente bisogno di Cristo (pur se non sempre era ed è disposto ad ammetterlo!). Egli, però, era convinto che anche la Chiesa avesse bisogno del mondo: la Chiesa in ascolto del mondo, il mondo in ascolto della Chiesa. Mi sembra un buon modo di intendere la reciprocità! B - Buona notizia La “buona notizia” è il Vangelo! Il problema, però, è vedere se questa buona notizia è proposta in modo da essere intesa dai destinatari. Perché questo avvenga sono necessarie almeno tre cose: l’unità tra la parola annunciata e la vita vissuta; uno stile coraggioso e umile dell’annuncio e del dialogo; la proposta fatta con una gioia contagiosa. Insomma perché il Vangelo sia veramente inteso occorre la testimonianza della vita, la semplicità della parola, l’ardore missionario. C - Comunione Il Vangelo si può sintetizzare con l’incipit della Prima Lettera di Giovanni: «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo 166 contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1Gv 1,1-3). Caro lettore, cosa vuoi di più? Cristo promette di introdurci nella comunione con il Padre! Ci può essere un desiderio più grande di questo? D - Domenica “Domenica è sempre domenica”, ripeteva una canzone di qualche anno fa. Ad essa faceva eco un’altra: “La domenica andando alla Messa”. Non c’è bisogno di molte spiegazioni per comprendere il significato di queste due espressioni. Nella loro semplicità, esse sono la sintesi di un trattato di teologia circa il valore della domenica. Viene da domandarsi: noi, cristiani del terzo millennio, abbiamo compreso l’importanza della domenica? Abbiamo la stessa consapevolezza dei Martiri di Abitene i quali hanno donato la loro vita pur di non mancare alla celebrazione eucaristica domenicale? E - Eucaristia Se si parla di domenica, inevitabilmente, si richiama l’Eucaristia. Domenica ed Eucaristia sono strettamente unite, tanto che, in latino, per fare riferimento a esse viene usato un solo termine: Dominicum. Anzi, a ben vedere, Dominicum indica Cristo Risorto (il Signore), la celebrazione eucaristica, la comunità cristiana, il tempo e il luogo in cui ci si riunisce per celebrare i divini misteri. Insomma, il cristianesimo non è complicato: Basta dire solo una parola per indicare i contenuti fondamentali della fede cristiana! 167 F - Festa La celebrazione eucaristica domenicale è la festa cristiana per eccellenza perché la domenica è la Pasqua settimanale. Per il cristiano, parlare di festa vuol dire fare riferimento alla Pasqua. E, poiché Cristo è la nostra Pasqua, è lui la Festa e il Festeggiato! G - Gesti La festa si esprime attraverso gesti che esprimono la gioia di vivere. Si può celebrare una festa di matrimonio senza proporre gesti (baci, fiori, canti, strette di mano, abbracci…) che esprimono la letizia del cuore? I gesti sono movimenti di alcune parti del corpo (mani, capo…) con cui si accompagna il discorso o per mezzo del quale si esprime uno stato d’animo. Una persona che ha la gioia nel cuore non può tenerla segreta e non esprimerla attraverso alcuni gesti. Tanto più il cristiano, che per definizione è un uomo in festa, crede e vive la grande festa della risurrezione di Cristo! Senza gesti (di carità, di speranza, di misericordia…) la sua vita non sarebbe una festa e, di certo, sarebbe in stridente contraddizione con ciò che proclama con le parole e celebra nella liturgia. H - Handicap “Handicap” è un termine che indica difficoltà sensoriali o legate alla mobilità o alle relazioni con il prossimo. Per questo nel linguaggio corrente handicappato viene usato come sinonimo di disabile, parola recentemente contestata e sostituita con “diversamente abile” o “diversabile”. Sembra, però, che il significato etimologico contenga un valore positivo. Il termine handicap, infatti, deriva dalla parola inglese che nello sport indica uno svantaggio assegnato ai competitori più forti per rendere più interessante una gara. Insomma, per gareggiare bisogna avere le stesse possibilità di 168 vincere. Per questo occorre equilibrare le forze. Non si dovrebbe usare lo stesso criterio in tutti i campi della vita sociale dando ai più deboli un piccolo vantaggio rispetto allo strapotere di coloro che vivono nell’abbondanza di mezzi e di possibilità economiche? E se applicassimo questo criterio nei rapporti tra gli Stati, non dovremmo chiedere una penalizzazione degli Stati più ricchi rispetto a quelli più poveri? I - Insieme “Insieme” è parola che meglio di ogni altra esprime l’identità, la vita e la missione della comunità cristiana. La Chiesa è convocazione! Negli Atti degli Apostoli “insieme” indica il luogo dell’incontro (cfr. At 2,44), la messa in comune dei beni (cfr. At 4, 32), l’unità dei cuori (cfr. At 2, 46; 5,15). Nel contesto di una società occidentale, frammentata e individualista, l’omothumadòn (che tradotto alla lettera significa avere lo stesso modo di sentire, di pensare e di agire) non sarebbe il metodo migliore per evangelizzare una cultura secolarizzata, indifferente e ostile al cristianesimo? L - Laici Quante definizioni e dibattiti si fanno per esprimere il vero significato del termine laico. Biblisti, teologi, pastoralisti, ma anche illustri pensatori non cattolici si accapigliano per indicare la migliore definizione del termine. Forse è più semplice dire che “laico” è colui che ama il mondo come lo ama Dio e orienta verso Dio ogni realtà presente nel mondo! M - Maria De Maria numquam satis! Questo aforisma significa: Non si finisce mai di parlare di Maria! Infatti, sono numerosissimi i titoli con i 169 quali la tradizione cristiana esalta la Madonna. Al nostro scopo, basta solo invocarla come Madre, Vergine e Sposa. Cioè come vera immagine della donna, icona di ogni persona, modello dell’umanità intera. La Vergine Maria, infatti, è aurora del mondo nuovo, stella che indica il cammino, torre di rifugio contro tutti i nemici e gli avversari. N - Noi È la parola più opportuna per parlare del mistero della Santissima Trinità. Anzi Dio stesso utilizza questo pronome. Così avviene per la creazione dell’uomo («Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza», Gn 1,26). Così per il rapporto di amicizia con l’uomo («Entrerò e ceneremo insieme, io con lui e lui con me», Ap 3,20). Così addirittura per l’inabitazione nell’anima («Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui», Gv 14,23). Insomma, la Trinità è un Noi! L’umanità diventa un Noi se si relaziona con la Trinità. Si tratta di una relazione di vicinanza (noi e la Trinità), di dipendenza (noi dalla Trinità), di intimità (noi nella Trinità). Noi nella Trinità è anche il titolo di un bellissimo libro del Card. Spidlik. Caro lettore, ti consiglio di leggerlo nelle assolate giornate estive. Ti donerà un giusto riposo della mente e dello spirito. O - Orizzonti Orizzonte, dal greco horizon (“che delimita”), dal verbo horizein (“delimitare”) e da horos (“confine”). L’orizzonte rappresenta sempre un limite: il limite di una ricerca o di un concetto. Esso, però, è anche ciò che contiene ogni cosa entro di sé. Segna un confine, pone un limite e per questo delimita un certo significato, dà una definizione e consente di comprendere qualcosa. L’orizzonte è un limite aperto, un confine che unisce, una frontiera che non divide. 170 Orizzonte è lo spettacolo che si può vedere dalle coste pugliesi, la nostra amata terra, che è confine e frontiera cioè terra di accoglienza e di dialogo perché terra aperta a orizzonti sconfinati. P - Poesia Per Platone «la ποίησις è ciò per cui qualcosa passa dal nonessere all’essere, per questo - commenta Heidegger - la ποίησις è quella produzione che fa venire qualcosa dalla non-presenza alla presenza». In altri termini, la ποίησις (dal verbo ποιέω, poièo = faccio, creo) corrisponde all’originale atto creativo dell’autore. Questo sfondo etimologo, aiuta a comprendere che nel concetto di poesia c’è l’idea di produzione e l’idea di creazione. Il mondo prodotto da Dio in fondo non è che una grande poesia. Per questo il libro della Genesi racconta la creazione come fosse un inno poetico. Q - Quale vita Dimenticando il duplice valore e significato della ποίησις, il mondo contemporaneo ha posto tutto sotto il dominio della produzione e della tecnica svalutando l’importanza della poesia. Alla vita intesa come poesia, cioè creazione, si è sostituita la vita come produzione. Per l’uomo cybernetico, la vita nascente è solo un “prodotto” che scaturisce dalla sua abilità manipolatoria, non il miracolo di un inizio che riempie di stupore. Che imperdonabile caduta di stile: l’uomo come una macchina, non come un prodigio; l’uomo come un “bell’animale” e non come un essere “poco meno degli angeli” (cfr. Sal 8)! R - Risorto Per fortuna, alla fine di ogni considerazione si ritorna sempre al punto di partenza, al vero punto iniziale: a Cristo risorto. È lui, in171 fatti, la sintesi di tutti gli avvenimenti salvifici, il centro del tempo, il vertice della creazione, il punto omega della storia. La risurrezione di Cristo getta una luce nuova e incomparabile sulle vicende umane, le riscatta dall’insignificanza e le trasferisce nel gran mare del Regno di Dio. Il Risorto è il Regno di Dio che avanza nella storia. Chi si lascia afferrare da lui, vive da risorto e contribuisce a instaurare il Regno di Dio nel mondo. S - Sofferenza e Speranza Sperare e soffrire è quasi un’endiadi, due parole per dire lo stesso concetto. Un’endiadi difficile da tenere insieme perché è come dire che chi spera deve soffrire e chi soffre può diventare un maestro di speranza. Ammettiamolo candidamente: non è facile per nessuno soffrire e continuare a sperare! T - Testimoniare Abbiamo bisogno di testimoni, non di maestri! È la frase che molti ripetono stancamente in ogni riunione e Convegno, riprendendo un’idea, formulata in modo più circostanziato da Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, senza accorgersi che, se proposta in modo perentorio e assoluto, l’espressione pone una frattura insanabile tra parola e gesto, comunicazione e attestazione, verità e vita. Si dimentica, infatti, che nella Scrittura la vera testimonianza è data dalla stessa Scrittura e che il testimone prima di essere un custode e un annunciatore della Parola, è egli stesso custodito dalla Parola, la quale corre da sola e fa correre colui che si affida a essa. U - Ultimi È sempre un po’ difficile pronunziare la parola “ultimi”. Innanzitutto perché indica un concetto che va controcorrente. Chi di noi 172 vuole essere ultimo nella sua vita? È facile parlare o fare qualcosa per “gli ultimi”. Più difficile è sentirsi ed essere veramente “ultimi”, occupare gli ultimi posti, mettersi in fila partendo dal fondo. Non si sgomita un po’ troppo per raggiungere posti di onore? E, poi, chi sono “gli ultimi”? A chi si riferisce questa parola? Quale categoria di persona vuole indicare? Gli ultimi sono coloro che non possiedono denaro e sono nell’indigenza o coloro che pur avendo molto denaro sprecano inutilmente la loro vita? Il dilemma è difficile da risolvere! Per questo è meglio usare un altro criterio: servire tutti, senza distinzione e senza parzialità! Proprio come agisce Dio che non fa preferenza di persone e fa sorgere il sole sui giusti e sugli ingiusti, sui primi e sugli ultimi! V - Vescovo Alla fine dell’alfabeto si incontra la parola Vescovo che è come dire: il Vescovo è in fondo al gruppo! Non è forse un pressante appello all’umiltà rivolto a chi ha il compito e il dovere di presiedere e guidare la comunità cristiana? Più grande è il compito, più umile deve essere lo stile di vita. Esattamente come fece Gesù! Z - Zeta La lettera zeta corrisponde in ebraico alla lettera zain la cui forma è simile a uno scettro che il re stende verso coloro che egli vuole accettare. La lettera diventa così simbolo dell’accettazione del prossimo. Non è un buon messaggio che l’alfabeto lascia a ognuno di noi? ∗∗∗ In conclusione, mi sembra che queste semplici osservazioni mettano in rilievo il valore dell’alfabeto. Quando tutto viene meno, 173 esso viene in soccorso con parole essenziali per vivere una vita buona. Questo lascia intendere un aneddoto dal titolo: La preghiera dell’alfabeto. Si racconta, infatti, che «un contadino povero, nel rincasare la sera tardi dal mercato, si accorse di non avere con sé il suo libro di preghiere. Al suo carro si era staccata una ruota in mezzo al bosco ed egli era angustiato al pensiero che la giornata finisse senza aver recitato le preghiere. Allora pregò in questo modo: “Ho commesso una grave sciocchezza, Signore. Sono partito di casa questa mattina senza il mio libro di preghiere e ho così poca memoria che senza di esso non riesco a formulare neppure un’orazione. Ma ecco che cosa farò: reciterò molto lentamente tutto l’alfabeto cinque volte e Tu, che conosci ogni preghiera, potrai mettere insieme le lettere in modo da formare le preghiere che non riesco a ricordare”. Disse allora il Signore ai suoi angeli: “Di tutte le preghiere che oggi ho sentito, questa è senz’altro la più bella, perché è nata da un cuore semplice e sincero”». Caro lettore, nutro la speranza che l’alfabeto che abbiamo analizzato insieme possa costituire un utile vademecum per la tua vita cristiana e possa aiutarti a riflettere nei mesi estivi. Può essere utile tenerlo presente. Chiedo troppo? In tutti i casi, buone vacanze! 174 INSEGNAMENTI PASTORALI DEL VESCOVO PRESENTAZIONI DUE ORME SULLA STESSA IMPRONTA50 Non si va molto lontani dalla verità se si pensa che la vita dell’uomo si muove tra la ricerca della bellezza e l’attesa della sua manifestazione. «Viviamo – afferma Kahalil Gibran – solo per scoprire nuova bellezza. Tutto il resto è una forma d’attesa». Per questo riuscire a dare forma a un’idea, seguendo il flusso dell’intima ispirazione e cercando i moduli espressivi più efficaci, è come lasciarsi attirare da una luce che appare all’orizzonte e invita a seguirla senza indugio. Troppo allettante è la promessa di gioia che il luminoso fulgore di quella stella suscita nel cuore dell’uomo perché l’anima possa restare inerte e impassibile e non desiderare di afferrala o almeno di lasciarsi soggiogare da quel punto luminoso che appare in lontananza e tutto ricompone in una nuova visione delle cose. Irresistibile è il suo fascino e la sua “divina mania”. «Le stelle – scrive Antoine de Saint Exupéry – sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua». Quando però, per vie diverse e inseguendo la propria stella, due artisti si ritrovano in una comunanza di sentimenti e di emozioni e, con forme espressive differenti, si sentono raggiunti da un’unica fonte di ispirazione, quasi fosse un’identica sorgente dalla quale sgorga un’acqua limpida e pura al cui zampillo ognuno può dissetare la sua sete di infinito e di bellezza, allora il miracolo della creazione di un’opera d’arte diventa ancora più inspiegabile nella sua luminosa oscurità perché l’accordo dei cuori in una stessa me- 50 Presentazione del libro di G. Marzo - R. Zocco, Quadri di-versi, Mater Italia, Tricase, aprile 2011, pp. 7-9. 177 lodia è espressione di una divina armonia che sa trovare, in giochi di suoni e colori, la giusta tonalità all’umana e celeste sinfonia. Questo libro ne è una chiara testimonianza. Per vie diverse e con modalità espressive differenti, don Gianluigi Marzo e don Rocco Zocco hanno percorso uno stesso cammino di riflessione sul mistero della vita, del tempo, della morte. Don Gianluigi ha magistralmente impresso su tela, in un sapiente impasto di colori, le sue emozioni di fronte all’enigma della vita. Don Rocco, con un’abile leggerezza linguistica e con un implicito richiamo ai moduli poetici di Trilussa, ha saputo tratteggiare alcune dimensioni dell’esistenza e della sua apertura all’infinito. Quadri di-versi è il significativo titolo dato a questo libro. In realtà, la diversità dei quadri disegna un grande e comune affresco, dove la parola del dialetto salentino assurge a una sua dignità espressiva per leggere in profondità quanto i colori della pittura hanno impresso sulla tela. In tal modo, la vita non è più misurata dal tempo che scorre, ma dall’opera d’arte che fissa in un momento immobile una dolce emozione che scalda il cuore. Si realizza così quanto profetizzato da Pietro Metastasio: «La vita si misura dalle opere e non dai giorni». L’opera artistica prodotta da don Gianluigi e don Rocco, in fondo, è un atto di verità e di sincerità con se stessi e con il proprio modo di gustare la vita. Una decisa volontà di autocoscienza per scoprire il mistero delle cose al di là di ogni banale evidenza, senza infingimenti e ritrosie, senza la paura di guardare in faccia il segreto e l’arcano enigma dell’esistenza e senza passare incuranti davanti alle molteplici ambiguità che costellano la vita di ogni giorno. Non ci si può nascondere, né è possibile far finta di niente. La vita va affrontata con coraggio e con il desiderio di non mentire, mirando il proprio volto dentro lo specchio dell’anima con uno sguardo franco e onesto. «Nessuno – afferma Marguerite Yourcenar – 178 può a lungo avere una faccia per se stesso e un’altra per la folla, senza rischiare di non sapere più quale sia quella vera». In ultima analisi, il poeta e l’artista si affidano all’antico oracolo posto sul tempio di Delfi che invitava a non trascurare di indagare a fondo nella propria anima per scoprire, proprio nella profondità dell’animo umano, il segreto nascondiglio nel quale si rifugia il senso delle cose. «Conosci te stesso» è il vero destino affidato da Dio all’uomo, il grande imperativo nel quale la sapienza antica ha racchiuso il criterio e il giusto metro di misura dell’esistenza. L’arte divinamente ispirata e la sua bellezza non sono cose lontane da quella conoscenza di sé che, per l’oracolo, è l’unica cosa che conta davvero. Ma l’uomo è mistero a se stesso! Mistero impenetrabile per chi è disposto a svendere o a barattare la sua più vera ricchezza per l’acquisto di una felicità immediata, superficiale e passionale. Mistero, invece, che è disponibile a lasciarsi avvicinare da chi disdegna di trovare casa nel mondo dell’apparenza e dell’illusione e, mostrandosi pronto a lasciar cadere ogni maschera e finzione, con pudore e discrezione, alza il velo che tutto avvolge nella sua segreta opacità e si lascia abbagliare, almeno per un momento, dalla divina visione. «La più nobile specie di bellezza – suggerisce Friedrich Nietzsche – è quella che non trascina a un tratto, che non scatena assalti tempestosi e inebrianti (una tale bellezza suscita facilmente nausea), ma che si insinua lentamente, che quasi inavvertitamente si porta via con sé e che un giorno ci si ritrova davanti in sogno, ma che alla fine, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore, si impossessa completamente di noi e ci riempie gli occhi di lacrime e il cuore di nostalgia». L’artista e il poeta possono creare opere e dare forma alla bellezza solo se si trovano in quello stato di divina mania che li rende 179 “interpreti degli dei”, e non autori dei propri poemi. In un certo senso, essi sono trasportati altrove, si mettono fuori dall’area del mercato e, quasi fuori di senno, agiscono in stato di sogno. Uno strano enigma, come un invisibile mantello, li avvolge perché è la sorte divina a governare le parole e a dirigere la mano del pittore. Nel mistero dell’uomo è nascosto il mistero di Dio! Oh, sì! L’uomo, fragile vaso d’argilla, nasconde in sé un mistero più grande di sé. La natura umana «ha delle perfezioni per dimostrare che essa è l’immagine di Dio e ha dei difetti per mostrare che ne è solo un’immagine» (Blaise Pascal). Un’immagine debole e fragile ma adornata di infinità bellezza che altro non è se non «l’eternità che si mira in uno specchio» (Kahlil Gibran). 180 TU SEI BELLEZZA51 Saluto con una gioia tutta particolare questo libro di Meo Castellano che, fondendo insieme le sue creazioni artistiche con le luminose parole tratte dalle poesie e dai canti composti da don Tonino Ladisa, aggiunge bellezza a bellezza, arte che crea opere e arte che modula assonanze di segni e di suoni. Sì, perché l’arte è creazione e la creazione è manifestazione di bellezza: creare è far sorgere dal nulla ciò che esiste, produrre arte è dare bellezza alle cose. «La prima figlia della bellezza umana e della bellezza divina – scrive Friedrich Hölderlin – è l’arte. In essa l’uomo divino ringiovanisce e si rinnova. Egli vuole sentire se stesso e perciò pone di fronte a sé la bellezza». Creazione e arte, in fondo, esprimono lo stesso valore. Sono desiderio di realtà, appello all’esistenza, invocazione di vita, apparizione di un tempo non fugace. In entrambi i casi si tratta di un invito a desiderare la presenza e a sognare la grazia. Bello, kalòs, suggerisce Socrate nel Cratilo, deriva forse da kaleìn, che vuol dire chiamare, invocare, attrarre oltre i confini: bello è ciò che chiama a valicare un limite entro il quale l’esistenza, priva di qualcosa d’essenziale, rimane incompleta. I poeti e i creatori di bellezza, come tanti demiurghi, agiscono nell’orizzonte di libertà che si apre oltre i confini dell’oìkos, oltre le mura di casa entro cui si provvede solo al necessario, alle condizioni materiali del vivere. La bellezza, dunque, non ha a che fare col necessario, va oltre i bisogni e il mero vivere. E tuttavia: non è fuga 51 Presentazione del libro di M. Castellano, Hic manebimus optime. Qui staremo benissimo, Pubblicità e Stampa, Modugno, aprile 2011, pp. 5-6. 181 da ogni impegno, misura, limite o condizionamento, ma conduce al centro della città, all’agorà, allo spazio politico in cui la natura umana può trovare completa espressione. Una libertà che non esclude il necessario, ma lo abbraccia in sé, lo include come sua condizione interna. Per questo ogni cosa reale può diventare espressione di libertà se, liberata dal suo uso necessario, si libra nel regno della gratuità. Questa opera di liberazione si compie quando l’artista fa rifulgere il fascino intrinseco a ogni cosa. Così, il legno, la pietra, il gesso, il ferro, il rame e l’oro, e ogni altro materiale, modellato sapientemente dall’artista su tavola, lastra, lamina, diventano simulacro, figura ed effigie di bellezza. È quanto si può ammirare nelle opere di Meo Castellano, in parte raccolte in questo libro, nel quale vengono offerti modelli realizzati con tecnica mista su MDF, su cartone o su legno dipinto, dorato a foglia, ferro e carta. D’altra parte, la bellezza, è parola inscindibile dall’idea di armonia, di proporzione delle parti, di misura da cui scaturiscono anche la giustizia, il valore, la sapienza: kaloskagathos è la celebre crasi che unisce il bello e il buono. Si parla qui dunque, in primo luogo, di bellezza e di bontà di un uomo che vive fino in fondo ciò che è. Ciò non esclude che si possa parlare anche di una bellezza sensibile delle forme: la bellezza sensibile è anzi ricerca di perfetta armonia e corrispondenza delle parti. Essa, però, è soprattutto semplice figura che rinvia al suo modello: la bellezza creata rimanda alla bellezza increata. Per questo San Francesco si rivolgeva a Dio invocandolo con questa splendida implorazione: Tu sei Bellezza! Identificata con Dio, la bellezza raccoglie in sé numerosi doni: emana profumo di eternità, perché mentre le credenze si succedono l’una all’altra e le teorie si frantumano come la sabbia, «ciò che 182 è bello è una gioia per tutte le stagioni, e un possesso per tutta l’eternità» (O. Wilde); indica vie per raggiungere la verità perché strappa dall’egoismo e invita alla pura gratuità; infonde nuovo vigore, perché è la radice dalla quale sorgono il tronco della pace e i frutti della speranza. Parlando e raffigurando la bellezza, questo libro, omaggio di Meo Castellano a don Tonino Ladisa, riconcilia i sogni lungamente accarezzati con la dura realtà di tutti i giorni, riscatta il tempo dalla vuota banalità del momento che passa e dell’istante che fugge e aiuta a comprendere il senso della vita perché ricorda a tutti che sarà proprio la bellezza a salvare il mondo. 183 “LA VOCE DI SAN ROCCO” OVVERO UN BOLLETTINO PER DARE VOCE ALLA PIETÀ DEL POPOLO DI DIO Ho accolto volentieri l’invito che mi è stato rivolto a porgere il mio saluto e la mia parola a tutti i lettori del bollettino “La Voce di San Rocco”. In questi primi mesi della mia presenza nella Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca ho avuto modo di far visita al Santuario di Torrepaduli e di incontrare il Rettore, don Rocco Zocco, e la comunità parrocchiale. Sono stato profondamente colpito dalla festosa accoglienza che mi è stata riservata e dal clima di fraternità e di preghiera che si respira nei fedeli che solitamente frequentano il Santuario e sono presenti alle celebrazioni liturgiche. Di questa intensa vita di comunità, si fa eco il bollettino “La Voce di San Rocco”, che ormai da oltre 60 anni è l’organo ufficiale delle attività che si svolgono nel Santuario e lo strumento per raggiungere tutti i devoti di San Rocco che vivono in Italia e all’estero. Come è noto, il Bollettino incominciò a essere pubblicato nel 1948 (la stessa data della promulgazione della Costituzione italiana) grazie a una felice intuizione di Don Vito Lecci, allora Rettore del Santuario. Partecipando a incontri nazionali, organizzati da don Alberione, il fondatore della Società di San Paolo, don Vito comprese l’importanza di dare vita a un foglio di comunicazione per diffondere la devozione al Santo e tenere costantemente informati i devoti sulle attività pastorali che scandivano la vita del Santuario. Da allora, “La Voce di San Rocco” ha continuato a svolgere un 184 ruolo non secondario nella vita della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, contribuendo a tenere viva l’attenzione dei fedeli non solo sulla figura di San Rocco, ma soprattutto sull’importanza della pietà popolare nella vita della Chiesa e nella sua missione nel mondo, come è più volte richiamato nei documenti magistrali, in particolar modo nel Direttorio su pietà popolare e liturgia. E questo in un triplice senso: sostegno per la pratica della vita cristiana, elemento che facilita l’inculturazione della fede, nella promozione di nuove forme di evangelizzazione. La pietà popolare svolge, innanzitutto, il compito di sostenere i fedeli nell’osservanza degli insegnamenti del Vangelo in ogni situazione della vita. A tal proposito, giova ricordare che «la pietà popolare valorizza in modo particolare, suggerisce e alimenta: la pazienza e la rassegnazione cristiana nelle situazioni irrimediabili; l’abbandono fiducioso in Dio; la capacità di soffrire e di percepire il senso della croce nella vita quotidiana; il desiderio sincero di piacere al Signore, di riparare le offese a Lui arrecate e di fare penitenza; il distacco dalle cose materiali; la solidarietà e l’apertura agli altri, il senso di amicizia, di carità e di unione familiare» (Direttorio, n. 61). La pietà popolare, inoltre, rende possibile «la fusione armonica del messaggio cristiano con la cultura del popolo […]. Nelle manifestazioni più genuine della pietà popolare, infatti, il messaggio cristiano da una parte assimila i moduli espressivi della cultura del popolo, dall’altra permea di contenuti evangelici la sua concezione della vita e della morte, della libertà, della missione, del destino dell’uomo» (Direttorio, n. 63). Infine, la pietà popolare contribuisce alla conservazione della fede e all’assunzione di nuove iniziative di evangelizzazione. Sotto questo profilo, il Direttorio sottolinea “che la sana religiosità popolare, per le sue radici essenzialmente cattoliche, può essere un an185 tidoto contro le sette e una garanzia di fedeltà al messaggio della salvezza; che la pietà popolare è stata un provvidenziale strumento di custodia della fede, là dove i cristiani erano privi di assistenza pastorale; che dove l’evangelizzazione è stata insufficiente, la popolazione in gran parte esprime la propria fede soprattutto nella pietà popolare; che la pietà popolare costituisce un valido e imprescindibile punto di partenza per ottenere che la fede del popolo acquisti maturità e profondità» (Direttorio, n. 64). Tenendo conto di queste indicazioni del Magistero della Chiesa, si comprende il valore che i Santuari svolgono per alimentare e fortificare la fede del popolo di Dio attraverso forme semplici di devozione popolare. In questo contesto si situa l’attività pastorale promossa dal Santuario di Torrepaduli e, in questo senso, il bollettino “La Voce di San Rocco” diventa uno strumento idoneo per dare voce al sentimento religioso del popolo di Dio e nutrire la sua spiritualità e il suo desiderio di incontrare e ascoltare la voce di Dio. Per questo mi compiaccio con il Rettore, don Rocco Zocco per la saggezza pastorale con la quale guida questa porzione del popolo di Dio. Ringrazio per il loro impegno tutti coloro che operano nel Santuario e collaborano con il bollettino e auguro ogni bene a tutti i devoti del Santo sparsi in Italia e nel mondo. Su tutti invoco la benedizione del Signore. 186 NOTIFICAZIONI, DECRETI E NOMINE VESCOVILI MINISTERI ESUMAZIONE E TRASLAZIONE DELLA SALMA DELLA SERVA DI DIO ANTONIA MIRELLA SOLIDORO VERBALE DEL CANCELLIERE VESCOVILE Nel nome di Dio. Amen. Nell’anno del Signore 2011, il giorno otto del mese di aprile, alle ore 9.30, si sono riuniti nel cimitero di Taurisano mons. Gerardo Antonazzo, delegato da s. e. mons. Vito Angiuli, Vescovo di Ugento - S. Maria di Leuca, padre Cristoforo Aldo De Donno OFM, postulatore diocesano, don Marino Maccarelli, promotore di giustizia, don Mario Ciullo, notaio attuario, il dottor Eugenio Vilei, perito medico legale, i sigg. Antonio Gabrieli, muratore-marmista, Romeo Astore, falegname, e Augusto Di Seclì, stagnaio, per procedere alla esumazione e traslazione dei resti mortali della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro (Taurisano, 1964-1999). Io, cancelliere vescovile (il notaio), ho dato lettura del Decreto Vescovile n. 2/2011 del 17 febbraio 2011, col quale si designavano le persone che dovevano intervenire all’esumazione e traslazione. All’esumazione erano presenti, oltre alle persone già nominate, don Napoleone Di Seclì, parroco della parrocchia “Santi Martiri G. Battista e M. Goretti” di Taurisano, alcuni familiari della Serva di Dio: la madre Sanarica Maria Franza, i fratelli Antonio e Cosimo, le sorelle Anna Rita e Maria Lucia e altri parenti stretti. Era presente anche un ristretto gruppo di persone tra amici e conoscenti. 189 Il delegato vescovile, il promotore di giustizia, il perito medico e gli aiutanti avevano già prestato il seguente giuramento: “Io (delegato vescovile designato, promotore di giustizia, notaio attuario, perito medico, marmista, falegname, stagnaio) per l’esumazione e la traslazione dei resti mortali della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro (1964-1999) giuro su questi Santi Vangeli di compiere fedelmente il compito affidatomi. Che Dio mi aiuti. Io (firma di tutti e di ciascuno di coloro che hanno prestato giuramento) ho giurato”. Il postulatore diocesano, padre Cristoforo Aldo De Donno OFM, non ha prestato giuramento in ragione del suo ufficio. Poi, il delegato vescovile ha interrogato i testimoni sigg. Rocco Patisso, Anna Rosa Zippo e Antonia Montedoro, i quali hanno prestato il seguente giuramento: “Io Rocco Patisso (Anna Rosa Zippo, Antonia Montedoro) convocato dal rev.mo monsignor Cancelliere vescovile, alla tua presenza, mons. Gerardo Antonazzo, Vicario generale e delegato del vescovo s. e. mons. Vito Angiuli per l’esumazione e la traslazione dei resti mortali della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro (19641999), su questi Santi Evangeli giuro che i resti mortali della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro furono sepolti il 5 ottobre 1999 in questo cimitero comunale di Taurisano, blocco L, loculo 14, dove, da quel giorno, sono stati sempre custoditi fino alla data odierna, 8 aprile 2011, giorno dell’esumazione e della traslazione alla chiesa parrocchiale “Santi Martiri G. Battista e M. Goretti” in Taurisano”. (Firma di tutti e di ciascuno di coloro che hanno prestato giuramento). I tre testimoni sono stati concordi nell’affermare che i resti mortali si trovavano nel sepolcro situato nel cimitero comunale di 190 Taurisano blocco L – loculo n. 14, quarta fila da terra e terzo loculo da destra. Su mandato del delegato vescovile, ho descritto la parte esterna del sepolcro come segue: “Il sepolcro della Serva di Dio è posto al centro del blocco L., misura centimetri 72 di altezza, centimetri 213 di lunghezza e centimetri 95 di profondità. Sulla lapide, al centro e in alto, c’è la foto della Serva di Dio, a sinistra di questa si legge la data di nascita (13 - 7 - 1964) e a destra la data di morte (4 - 10 - 1999). In alto, a sinistra della data di nascita, su un nastro adesivo, si legge: “Solidoro Mirella” e subito sotto si nota un pezzo di marmo incollato con mastice su cui è scritta la frase: Solidoro Mirella ha incontrato nella pace il Signore Gesù, da lei ardentemente amato e servito sia nel mistero della sofferenza, sia nell’offerta di se stessa nella consacrazione che la legava spiritualmente alla Congregazione delle suore marcelline. Nella parte inferiore della lapide, sempre a sinistra, su un altro pezzo di marmo attaccato, si legge: Preghiamo per lei, invochiamo la sua protezione per tutti coloro che l’hanno conosciuta e amata. A destra della lapide, sotto la data di morte, su un pezzo di marmo attaccato con mastice, si legge la scritta Serva di Dio, a caratteri più grandi. Su un altro pezzo di marmo, nella parte inferiore della lapide e a destra, si legge: Se solo poteste vedere l’intensità dell’amore che copre 191 il cielo. Vi voglio tutti per me, e io sono tutta per voi. La mia luce vi illuminerà. Mirella il 4 – 6 – 98. Aiutami, o Signore, a capire con il cuore che tu sei Padre e ci ami con amore. Mirella. In alto, a sinistra, si nota un dipinto: si tratta del Crocefisso venerato a Galatone, e un adesivo raffigurante una farfalla colorata. Accanto al sepolcro sono stati trovati addobbi floreali e bigliettini devozionali che attestano la fama di santità della Serva di Dio”. Fatta la descrizione del sepolcro, alle ore 10.20 circa, è iniziata la prima fase dell’evento: l’esumazione. Il delegato vescovile ha ordinato ai necrofori di aprire la muratura del sepolcro. Ne è venuta fuori una cassa in legno ben conservata, che è stata estratta per ordine del delegato vescovile. La cassa è stata portata in processione nella chiesetta del cimitero, mentre gli assistenti recitavano i salmi e le antifone dei defunti. Deposta la cassa, il delegato vescovile ha dato a tutti i presenti l’ordine di non portare via di nascosto alcuna reliquia della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro. Si è cinta la cassa in larghezza con tre giri di nastro rosso, riservando il centrale all’ultimo sigillo impresso personalmente dal Vescovo, e con un altro giro la si è cinta in lunghezza. Le estremità sono state sigillate dal delegato vescovile con ceralacca. Il sigillo stampato nella ceralacca è di forma rotonda, di tre centimetri di diametro, con lo stemma del Vescovo al centro e intorno questa iscrizione: Viti Angiuli Episcopi Uxentini – S. M. Leucadensis – Sigillum. 192 La lapide è stata consegnata al signor Antonio Solidoro, fratello della Serva di Dio, il quale la custodisce insieme ad altre reliquie. Poi il delegato vescovile ha ordinato che si chiudesse la porta della chiesetta in cui erano custoditi i resti della Serva di Dio e che la chiave venisse consegnata al parroco mons. Napoleone Di Seclì. Alle ore 17.00 dello stesso giorno, 8 aprile 2011, il parroco mons. Napoleone Di Seclì ha aperto con la chiave avuta in custodia la porta della chiesetta e ha ordinato che si iniziasse la seconda fase dell’evento: la traslazione, e si avviasse la processione preceduta dalla croce e dai candelieri, mentre un sacerdote guidava la preghiera, recitando i salmi e le antifone dei defunti e i misteri dolorosi del rosario. Giunti in chiesa, si è deposta la salma accanto al sarcofago marmoreo; quindi è iniziata la concelebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo di Ugento - S. M. di Leuca, mons. Vito Angiuli. All’inizio della concelebrazione, il postulatore diocesano ha avvertito i presenti circa la normativa attuale che tutela il “non culto”. Il Vescovo e il clero presente, al termine della liturgia eucaristica quaresimale, si sono recati presso i resti mortali della Serva di Dio; quindi il postulatore, coadiuvato dal parroco, ha inserito la pergamena in un apposito tubo di plastica che è stato legato al nastro centrale e il Vescovo ha impresso l’ultimo suo sigillo sulle estremità del nastro di colore rosso che circondava la cassa nella sua larghezza. Il nuovo sepolcro è un sarcofago monoblocco in marmo bianco di Carrara, opera dello scultore Donato Minonni. Ai piedi del sarcofago, appoggiata a terra, è stata deposta una targhetta di marmo su cui è scritto: Mirella Solidoro (1964-1999) Serva di Dio. Da precisare che il contenuto della pergamena, A.P.R.M., è il seguente: 193 “Hic jacet corpus servae Dei Antoniae Mirellae Solidoro juvenis saecularis natae MCMLXIV mortalitatis exuvias deposuit die IV octobris MCMXCIX tubero in cerebro proprie dictu disgerminoma optico-chiasmatico * oratione humilitate charitate clarissima * per annos duodecim in sepulcreto taurisanensi MCMXCIX–MMXI jam servatas * auctoritate ordinarii Diocesis Uxentinae–Sanctae Mariae Leucadensis domini Viti Angiuli die VIII aprilis MMXI in paroecia taurisanensem ‘Santorum Martirum Joannis Baptistae ac Mariae Goretti’ traslatas * magno cum gaudio populo exultante * Pax *” (“Qui giace il corpo della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro, giovane secolare nata nel 1964, deposte le spoglie mortali il 4 ottobre 1999 per tumore al cervello, propriamente detto disgerminona ottoco-chiasmatico * famosa per orazione, umiltà, carità * le cui spoglie furono già tumulate nel cimitero di Taurisano per dodici anni 1999-2011 * per autorità del Vescovo della diocesi di Ugento Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli il giorno 8 aprile 2011 traslate nella parrocchia di Taurisano dei santi martiri Giovanni Battista e Maria Goretti * con grande gaudio del popolo esultante * Pace *”). Dopo la benedizione finale, mons. Vescovo ha ordinato al delegato vescovile, al postulatore diocesano, al parroco della parrocchia “Santi Martiri G. Battista e M. Goretti” di Taurisano, al promotore di giustizia, al notaio attuario, al perito medico e agli assistenti, di recarsi nella sacrestia dove il sottoscritto, cancelliere vescovile mons. Agostino Bagnato (notaio), ha letto il presente verbale. Infine s. e. mons. Vescovo ha firmato con i responsabili della Postulazione e con i membri del Tribunale per la traslazione: 194 mons. padre mons. don don dott. sig. sig. sig. Gerardo Antonazzo Cristoforo Aldo De Donno OFM Napoleone Di Seclì Marino Maccarelli Mario Ciullo Eugenio Vilei Antonio Gabrieli Romeo Astore Augusto Di Seclì delegato vescovile postulatore diocesano parroco promotore di giustizia notaio attuario perito medico marmista muratore carpentiere stagnaio. Di quanto sopra, io, cancelliere vescovile (notaio), ho firmato e timbrato con mio timbro d’ufficio. In fede di ciò. Dato in Taurisano l’8 del mese di aprile 2011. Il Cancelliere Vescovile 195 DECRETI VESCOVILI CANCELLERIA s. e. mons. Vescovo con Decreto: n. 1/2011 del 22 gennaio 2011 ha confermato nel loro incarico tutti i Responsabili dei diversi Uffici di Curia n. 2/2011 del 17 febbraio 2011 ha designato e nominato le persone che devono prestare il debito giuramento per compiere fedelmente il proprio ufficio in occasione della esumazione e traslazione dei resti mortali della Serva di Dio Antonia Mirella Solidoro. UFFICIO AMMINISTRATIVO s. e. mons. Vescovo con Decreto: n. 1/2011 n. 2/2011 196 del 1° febbraio 2011 ha autorizzato il legale rappresentante della parrocchia “Sant’Antonio da Padova”, in Depressa, ad alienare l’immobile al sig. Giuseppe Probo del 15 febbraio 2011 ha autorizzato il legale rappresentante dell’I.D.S.C. n. 3/2011 n. 4/2011 n. 5/2011 n. 6/2011 n. 7/2011 n. 8/2011 ad alienare un fondo agricolo al sig. Ernesto Abaterusso del 7 aprile 2011 ha autorizzato il legale rappresentante della parrocchia “Maria SS. Ausiliatrice”, in Taurisano, ad accettare in comodato gratuito un terreno dal Comune di Taurisano del 27 aprile 2011 ha autorizzato il legale rappresentante del I.D.S.C. ad alienare i fondi agricoli ai sigg. Stefano Cazzato e Fabio Cazzato del 12 maggio 2011 ha autorizzato il legale rappresentante della parrocchia “San Francesco di Assisi”, in Ruffano, ad accettare in comodato gratuito un lastricato solare dal Comune di Ruffano del 17 maggio 2011 ha autorizzato la vendita di una porzione di terreno della Pia Fondazione di Culto Alessandro Lopez y Royo ai sigg. Nicola Scarlino e Giuseppe Manco del 16 giugno 2011 autorizza il legale rappresentante della parrocchia “San Carlo Borromeo”, in Acquarica del Capo, ad accettare la donazione testamentaria della sig.ra Addolorata Coluccia del 16 giugno 2011 autorizza il legale rappresentante della parrocchia “Maria Assunta in cielo”, in Ugento, ad accettare la donazione della sig.ra Cosima Martinese. 197 NOMINE VESCOVILI s. e. mons. Vescovo ha nominato: in data 11.02.2011 don Antonio Riva, responsabile della segreteria vescovile, vice-direttore dell’Ufficio Confraternite e collaboratore del padre spirituale del Seminario vescovile l’ing. Giorgio Rocco De Marinis, responsabile dell’area tecnica dell’Ufficio dei Beni Culturali Ecclesiastici in data 10.05.2011 il Consiglio di Amministrazione della “Fondazione mons. Vito De Grisantis”. 198 MINISTERI In data 03.04.2011 il seminarista Stefano De Paola della Parrocchia “S. Antonio da Padova” in Tricase, ha ricevuto il Ministero del Lettorato nella Cappella del Seminario Regionale di Molfetta in data 27.04.2011 i seminaristi Biagio Errico, della Parrocchia “S. Sofia” in Corsano, e Andrea Malagnino, della Parrocchia “SS. Apostoli Pietro e Paolo” in Taurisano, hanno ricevuto l’Ammissione agli Ordini Sacri nella Chiesa Cattedrale di Ugento. 199 ATTIVITÀ PASTORALE DELLA DIOCESI AGGIORNAMENTO RESIDENZIALE DEL CLERO PRESSO LA DIOCESI DI CHIETI-VASTO Nei giorni 20-24 giugno 2011 il vescovo, s. e. mons. Vito Angiuli, e alcuni presbiteri della diocesi hanno vissuto l’annuale esperienza di formazione e aggiornamento del clero, visitando la Chiesa di Chieti-Vasto. Nella tarda mattinata di lunedì 20 giugno i sacerdoti, accompagnati dal Vescovo, sono giunti presso la casa di ospitalità della diocesi Chieti-Vasto a Francavilla al Mare. Dopo essersi rinfrancati dal viaggio e aver consumato il pranzo, nel pomeriggio hanno visitato la città, sostando presso la comunità di suore della casa “S. Maria di Nazareth”, un’opera che accoglie ragazze madri provenienti in gran parte dai paesi extracomunitari. Al termine dell’incontro, dopo aver condiviso anche una frugale merenda, i sacerdoti si sono spostati nella chiesa madre di Francavilla per celebrare l’Eucaristia. La giornata di martedì 21 giugno è stata caratterizzata dalla visita alla città di Chieti, durante la quale si è avuta la possibilità di conoscere la realtà della casa di accoglienza “Mater Populi Teatini”, di ammirare la Cattedrale, la chiesa “B. V. del Carmine” e di far visita al Seminario regionale. Nel pomeriggio la visita è proseguita con una sosta a “S. Maria Arabona” e al complesso del Santuario del “Volto Santo di Manoppello”. Qui il vescovo di Chieti-Vasto, s. e. mons. Bruno Forte, ha incontrato i sacerdoti della nostra diocesi e ha tenuto loro una interessante relazione. Terminato il momento formativo, ci si è spostati nel santuario per la celebrazione dell’Eucaristia. Mercoledì 22 giugno è stato dedicato totalmente alla visita del203 la città de L’Aquila. Il primo appuntamento è stato l’incontro con l’arcivescovo della città, s. e. mons. Giuseppe Molinari, e con il suo ausiliare, s. e. mons. Giovanni d’Ercole. I sacerdoti, visitando, poi, il centro storico della città e percorrendo le strade delle zone più colpite, hanno avuto modo di toccare con mano le disastrose conseguenze del terremoto. Soffermandosi a dialogare in questa specie di pellegrinaggio così particolare con gli abitanti della zona dove sorgono le nuove costruzioni del post-terremoto, hanno constatato, però, il forte desiderio e la decisa volontà di rinascita, espressa tanto dai giovani quanto dagli adulti. Desiderio e decisa volontà che i sacerdoti hanno avuto modo di leggere anche sul volto pieno di speranza delle Clarisse, incontrate al termine di questa visita. Il gruppo di sacerdoti della nostra diocesi giovedì 23 giugno è partito da Francavilla al Mare per recarsi a Roccamorice e visitare gli eremi celestiani: l’eremo di “S. Bartolomeo” e l’eremo di “Santo Spirito a Maiella”. Sempre nella mattinata si sono spostati a Casalbordino per visitare il santuario della “Madonna dei miracoli” e il monastero attiguo, dove si sono fermati per il pranzo. Nel pomeriggio, le mete di questo pellegrinaggio itinerante attraverso i luoghi dello spirito sono state l’abbazia di San Giovanni in Venere e il santuario del “Miracolo eucaristico” a Lanciano, nel quale il Vescovo e i sacerdoti hanno celebrato l’Eucaristia. Nell’ultimo giorno di aggiornamento, venerdì 24 giugno, i sacerdoti hanno vissuto a Fara san Martino due esperienze molto diverse tra loro ma tutte e due arricchenti. La prima è stata la visita al suggestivo complesso di “S. Martino in Valle” e la seconda la visita guidata ai pastifici del luogo: due splendide opere dell’uomo, dedicate rispettivamente allo spirito e al corpo, in una visione unitaria della persona umana. Dopo il pranzo all’hotel Camerlengo, i sacerdoti sono partiti per il rientro in diocesi. 204 SEMINARIO SEMINARISTI DELLA DIOCESI NEI DIVERSI SEMINARI DAL 2002 AL 2012 Anno scolastico 2002/03 Scuole medie - Ugento 1) Vincenzo Antonazzo 2) Santo De Icco 3) Simone Schiavano 4) Giuseppe Prete 5) Giuseppe Negro 6) Ino Skudrina 7) Andrea Malagnino 8) Davide Schiavano I media “ “ “ II media “ III media “ Scuole superiori - Lecce 9) Giuseppe Cazzato 10) Donato Lecci 11) Francesco Carangelo 12) Luca Maruccia 13) Francesco Prontera 14) Luigi Stendardo 15) Marco Annesi 16) Giancarlo Carbone I superiore “ II superiore III superiore “ “ V superiore “ 205 Seminario maggiore - Molfetta 17) Antonio Turi 18) Ippazio Nuccio 19) Pasquale Carletta 20) Gionatan De Marco 21) Salvatore Chiarello 22) Enzo Paolo Zecca 23) Massimiliano D’Aversa 24) Rocco Frisullo 25) Gianluigi Marzo 26) Luca De Santis 27) William Del Vecchio I teologia II teologia III teologia “ IV teologia “ V teologia “ “ VI teologia “ Educatori Seminario di Ugento don Antonio Morciano don Andrea Carbone teol. Luca De Santis don Mario Ciullo don Giorgio Inguscio pro rettore economo vicerettore confessore straordinario confessore straordinario Anno scolastico 2003/04 Scuole medie - Ugento 1) Vincenzo Antonazzo 2) Santo De Icco 3) Simone Schiavano 4) Giuseppe Prete 5) Giuseppe Negro 6) Ino Skudrina 206 II media “ “ “ III media “ (Roma) (Roma) Scuole superiori 7) Andrea 8) Davide 9) Giuseppe 10) Francesco 11) Daniele 12) Luca 13) Francesco 14) Luigi Malagnino Schiavano Cazzato Carangelo Cazzato Maruccia Prontera Stendardo I superiore “ II superiore III superiore “ IV superiore “ “ Seminario maggiore - Molfetta 15) Marco Annesi 16) Antonio Turi 17) Ippazio Nuccio 18) Pasquale Carletta 19) Gionatan De Marco 20) Salvatore Chiarello 21) Enzo Paolo Zecca 22) Massimiliano D’Aversa 23) Rocco Frisullo 24) Gianluigi Marzo I teologia II teologia III teologia IV teologia “ V teologia “ VI teologia “ “ Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Andrea Carbone teol. Gianluigi Marzo don Paolo Congedi pro rettore economo vicerettore confessore straordinario (Roma) (Roma) 207 Anno scolastico 2004/05 Scuole medie - Ugento 1) Luca Brigante 2) Michele Ciardo 3) Lucio Polimena 4) Giuseppe Prontera 5) Lorenzo Sammati 6) Marco Venuti 7) Flavio Troisio 8) Vincenzo Antonazzo 9) Santo De Icco 10) Simone Schiavano 11) Giuseppe Prete I media “ “ “ “ “ II media III media “ “ “ Scuole superiori - Lecce 12) Giuseppe Negro 13) Andrea Malagnino 14) Davide Schiavano 15) Francesco Carangelo 16) Daniele Cazzato 17) Luca Maruccia 18) Francesco Prontera 19) Luigi Stendardo I superiore (Ugento) II superiore “ IV superiore “ V superiore “ “ Seminari maggiori 20) Fabrizio 21) Giorgio 22) Antonio 23) Marco 24) Antonio I teologia “ “ II teologia III teologia 208 Gallo Margiotta Riva Annesi Turi 25) 26) 27) 28) 29) Ippazio Pasquale Gionatan Salvatore Enzo Paolo Nuccio Carletta De Marco Chiarello Zecca Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Enzo Paolo Zecca don Gianluigi Marzo don Paolo Congedi IV teologia V teologia “ VI teologia “ pro rettore economo vicerettore confessore straordinario Anno scolastico 2005/06 Scuole medie - Ugento 1) Andrea D’Oria 2) Luca Brigante 3) Michele Ciardo 4) Andrea Gugliersi 5) Lucio Polimena 6) Giuseppe Prontera 7) Lorenzo Sammati 8) Marco Venuti I media II media “ “ “ “ “ “ Scuole superiori – Ugento 9) Vincenzo Antonazzo 10) Antonio Mariano 11) Giuseppe Prete 12) Giuseppe Negro I superiore “ “ II superiore 209 13) 14) Andrea Francesco Malagnino Carangelo III superiore V superiore (Lecce) (Lecce) Seminario maggiore - Molfetta 15) Francesco Colona 16) Luca Maruccia 17) Luigi Stendardo 18) Fabrizio Gallo 19) Giorgio Margiotta 20) Antonio Riva 21) Marco Annesi 22) Antonio Turi 23) Ippazio Nuccio 24) Pasquale Carletta 25) Gionatan De Marco I teologia “ “ II teologia “ “ III teologia IV teologia V teologia VI teologia “ Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Paolo Congedi don Enzo Paolo Zecca don Gianluigi Marzo rettore padre spirituale economo vicerettore Anno scolastico 2006/07 Scuole medie - Ugento 1) Carlo Vincenti 2) Andrea D’Oria 3) Giorgio Casto 4) Luca Brigante 210 I media II media “ III media (Roma) 5) 6) 7) 8) 9) 10) Michele Andrea Lucio Giuseppe Lorenzo Marco Ciardo Gugliersi Polimena Prontera Sammati Venuti III media “ “ “ “ “ Scuole superiori - Ugento 11) Vincenzo Antonazzo 12) Antonio Mariano 13) Giuseppe Prete 14) Nicola Probo 15) Giuseppe Negro 16) Andrea Malagnino II superiore “ “ “ III superiore IV superiore (Lecce) Seminari maggiori 17) Pierluigi 18) Andrea 19) Luca 20) Luigi 21) Fabrizio 22) Giorgio 23) Antonio 24) Marco 25) Antonio 26) Ippazio I teologia “ II teologia “ III teologia “ “ IV teologia V teologia VI teologia Nicolardi Romano Maruccia Stendardo Gallo Margiotta Riva Annesi Turi Nuccio Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Paolo Congedi don Enzo Paolo Zecca don Gianluigi Marzo (Roma) rettore padre spirituale economo vicerettore 211 Anno scolastico 2007/08 Scuole medie - Ugento 1) Carlo Vincenti 2) Andrea D’Oria 3) Giorgio Casto II media III media “ Scuole superiori - Ugento 4) Luca Brigante 5) Cesare Buffelli 6) Michele Ciardo 7) Andrea Gugliersi 8) Lucio Polimena 9) Giuseppe Prontera 10) Lorenzo Sammati 11) Marco Venuti 12) Vincenzo Antonazzo 13) Antonio Mariano 14) Giuseppe Prete 15) Nicola Probo 16) Malagnino Andrea I superiore “ “ “ “ “ “ “ III superiore “ “ “ V superiore Seminario maggiore - Molfetta 17) Stefano De Paola 18) Biagio Orlando 19) Pierluigi Nicolardi 20) Andrea Romano 21) Luca Maruccia 22) Luigi Stendardo 23) Fabrizio Gallo 24) Giorgio Margiotta I teologia “ II teologia “ III teologia “ IV teologia “ 212 (Lecce) (Roma) 25) 26) 27) Antonio Marco Antonio Riva Annesi Turi Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Paolo Congedi don Enzo Paolo Zecca don Gianluigi Marzo “ V teologia VI teologia rettore padre spirituale economo vicerettore Anno scolastico 2008/09 Scuole medie - Ugento 1) Massimo De Maria 2) Andrea Branca 3) Carlo Vincenti I media II media III media Scuole superiori - Ugento 4) Andrea D’Oria 5) Giorgio Casto 4) Luca Brigante 5) Michele Ciardo 6) Andrea Gugliersi 7) Lucio Polimena 8) Giuseppe Prontera 9) Marco Venuti 10) Vincenzo Antonazzo 11) Antonio Mariano 12) Giuseppe Prete I superiore “ II superiore “ “ “ “ “ IV superiore “ “ 213 13) 14) Nicola Andrea Probo Sodero “ V superiore Seminario maggiore - Molfetta 15) Gabriele Ciardo 16) Biagio Errico 17) Fabrizio Mariano 18) Andrea Malagnino 19) Stefano De Paola 20) Biagio Orlando 21) Pierluigi Nicolardi 22) Andrea Romano 23) Luca Maruccia 24) Luigi Stendardo 25) Fabrizio Gallo 26) Giorgio Margiotta 27) Antonio Riva 28) Marco Annesi I teologia “ “ “ II teologia “ III teologia “ IV teologia “ V teologia “ “ VI teologia Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Paolo Congedi don Enzo Paolo Zecca teol. Marco Annesi rettore padre spirituale economo vicerettore Anno scolastico 2009/10 Scuole medie - Ugento 1) Giuseppe De Nuccio 2) Salvatore Nicolì 214 I media “ (Roma) 3) 4) 5) Massimo Alessandro Andrea De Maria Romano Branca II media “ III media Scuole superiori - Ugento 6) Giuseppe Piccinni 7) Carlo Vincenti 8) Andrea D’Oria 10) Luca Brigante 11) Michele Ciardo 12) Mattia Ciullo 13) Andrea Gugliersi 14) Lucio Polimena 15) Giuseppe Prontera 16) Marco Venuti 17) Vincenzo Antonazzo 18) Antonio Mariano 19) Giuseppe Prete 20) Nicola Probo I superiore “ II superiore III superiore “ “ “ “ “ “ V superiore “ “ “ Seminari maggiori 21) Davide 22) Michele 23) Gabriele 24) Biagio 25) Fabrizio 26) Andrea 27) Stefano 28) Biagio 29) Pierluigi 30) Andrea I teologia “ II teologia “ “ “ III teologia “ IV teologia “ Russo Sammali Ciardo Errico Mariano Malagnino De Paola Orlando Nicolardi Romano 215 31) 32) 33) 34) 35) Luca Luigi Fabrizio Giorgio Antonio Maruccia Stendardo Gallo Margiotta Riva Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Paolo Congedi don Enzo Paolo Zecca don Marco Annesi “ V teologia VI teologia “ “ rettore padre spirituale economo vicerettore Anno scolastico 2010/11 Scuole medie - Ugento 1) Francesco Capece 2) Alessandro Damiani 3) Giuseppe De Nuccio 4) Mattia Pezzulla 5) Massimo De Maria 6) Alessandro Romano II media “ “ “ III media “ Scuole superiori - Ugento 7) Andrea Branca 8) Giuseppe Piccinni 9) Andrea D’Oria 10) Luca Brigante 11) Michele Ciardo 12) Mattia Ciullo I superiore II superiore III superiore IV superiore “ “ 216 (Roma) 13) 14) 15) 16) 17) 18) Andrea Lucio Giuseppe Lorenzo Marco Andrea Seminari maggiori 19) Antonio 21) Giuseppe 22) Davide 23) Michele 24) Biagio 25) Andrea 26) Stefano 27) Biagio 28) Pierluigi 29) Andrea 30) Luca 31) Luigi Gugliersi Polimena Prontera Sammati Venuti Agosto “ “ “ “ “ V superiore Mariano Prete Russo Sammali Errico Malagnino De Paola Orlando Nicolardi Romano Maruccia Stendardo I teologia “ II teologia “ III teologia “ IV teologia “ V teologia “ “ VI teologia Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Paolo Congedi don Enzo Paolo Zecca don Marco Annesi don Giorgio Margiotta don Antonio Riva (Roma) rettore padre spirituale economo vicerettore educatore confessore straordinario 217 Anno scolastico 2011/12 Scuole medie - Ugento 1) Marco Carluccio 2) Francesco Capece 3) Vincenzo Carluccio 3) Alessandro Damiani 4) Giuseppe De Nuccio 5) Mattia Pezzulla II media III media “ “ “ “ Scuole superiori - Ugento 6) Matteo De Marco 7) Massimo De Maria 8) Alessandro Romano 9) Rocco Ruberti 10) Giuseppe Piccinni 11) Andrea D’Oria 12) Brigante Luca 13) Ciardo Michele 14) Giuseppe Prontera 15) Marco Venuti I superiore “ “ “ III superiore IV superiore V superiore “ “ “ Seminari maggiori 16) Antonio 17) Davide 18) Michele 19) Biagio 20) Andrea 21) Stefano 22) Biagio 23) Luca II teologia III teologia “ IV teologia “ V teologia “ “ 218 Mariano Russo Sammali Errico Malagnino De Paola Orlando Maruccia 24) 25) 26) Pierluigi Andrea Luigi Nicolardi Romano Stendardo Educatori Seminario di Ugento don Giorgio Inguscio don Paolo Congedi don Enzo Paolo Zecca don Salvatore Chiarello teol. Andrea Romano don Antonio Riva VI teologia “ “ (Roma) rettore padre spirituale economo vicerettore educatore confessore straordinario 219 VERBALI VERBALE DELLA RIUNIONE DI CURIA Il giorno 10 marzo 2011 alle ore 11.10, nella sala del trono della curia vescovile di Ugento, alla presenza del vescovo s. e. mons. Vito Angiuli e del vicario generale mons. Gerardo Antonazzo, ha inizio la riunione dei direttori degli uffici diocesani con i seguenti punti all’ordine del giorno: programmazione della Quaresima programmazione della Settimana Santa. All’incontro sono presenti 13 sacerdoti e 3 laici in rappresentanza dei diversi uffici. Dopo le parole iniziali del Vescovo improntate a sollecitare, da un lato il recupero di una comune e unitaria programmazione della pastorale, dall’altro la necessità che i programmi non siano “al di sopra” delle parrocchie ma orientati a sostenere e ad accompagnare il cammino delle comunità, sono chiamati a prendere la parola i diversi direttori degli uffici diocesani al fine di presentare la programmazione che ciascun ufficio ha approntato per la Quaresima. L’Ufficio Famiglia comunica di aver proposto per il 27 marzo, nel Santuario di Leuca, un ritiro spirituale per tutte le coppie della diocesi, soprattutto per quelle sposate negli ultimi cinque anni. Inoltre, è in fase di ultimazione un sussidio di Via Crucis per le famiglie. L’Ufficio Missionario propone per il 24 marzo una Via Crucis, “Con i missionari martiri”, attraverso l’utilizzo del materiale prepa220 rato dall’Ufficio Missionario Nazionale. Sia nel mese di marzo che in quello di aprile si incontreranno i giovani appartenenti al Movimento Giovanile Missionario; mentre tutti gli adottanti della diocesi si ritroveranno ad Acquarica per un ritiro spirituale. Anche l’Ufficio Catechistico vivrà una Via Crucis il 10 aprile con tutti i catechisti della diocesi. L’elaborazione delle riflessioni per le diverse stazioni sarà affidata ad alcune parrocchie. L’Ufficio Problemi Sociali e Lavoro, Giustizia e Pace e Custodia del Creato sottolinea la necessità, in questa Quaresima, di ridare linfa e visibilità al Progetto Tobia, anche attraverso la destinazione a favore del progetto della questua di domenica 10 aprile. Il Vescovo interviene aggiungendo che si sta lavorando perché, prima dell’anniversario della morte di mons. De Grisantis, si possa giungere alla creazione di una “fondazione” che gestirà il Progetto Tobia. Inoltre, in Avvento e in Quaresima, sarà necessario stabilire due obiettivi chiari e precisi che si desidera perseguire affinché si possano indicare anzitempo le domeniche in cui avverrà la raccolta delle offerte. Per quanto invece concerne il Progetto Policoro, che si avvale della collaborazione tra Caritas, Pastorale del Lavoro e Pastorale Giovanile, don Lucio Ciardo affronta il problema riguardante l’impiantistica sportiva, proponendo la possibilità di creare una cooperativa che possa gestire tali servizi. Inoltre, sempre all’interno del Progetto Policoro, si vuole fornire un’attenzione particolare a quei giovani delle nostre associazioni che per motivi di studio si trovano a Bologna. In maniera più concreta, l’istituto Santa Cristina di Bologna, attraverso don Ottorino Rizzi, ha dato la propria disponibilità nel pensare insieme un progetto di accoglienza fraterna per “10 migliori giovani” della nostra diocesi, ai quali verrà fornita 221 un’opportunità di vita comunitaria oltre che di conoscenza del pensiero sociale di Don Tonino Bello. L’ufficio di Pastorale Giovanile comunica di aver invitato tutti i giovani della diocesi a partecipare alla Celebrazione Eucaristica che si terrà in cattedrale il 31 marzo per il primo anniversario della morte di mons. De Grisantis. Risulta però problematico l’incontro della Scuola di Preghiera per giovani, fissato il 18 marzo ad Alessano, a motivo della settimana teologico-pastorale che si terrà in quei giorni. Il Vescovo interviene ribadendo il primato delle attività della diocesi su quelle degli uffici. Pertanto l’incontro della Scuola di Preghiera per giovani è annullato e i ragazzi invitati a partecipare alla settimana teologico-pastorale. L’ufficio Pastorale della Salute informa che verrà distribuito quanto prima il testo CEI della Via Crucis per gli ammalati. Inoltre, ogni venerdì di Quaresima, alcune parrocchie della diocesi animeranno la via Crucis nell’ospedale di Tricase. A tal proposito è annunciato che il 12 maggio si celebrerà la giornata diocesana del malato. L’ufficio Liturgico comunica che il 9 aprile ci sarà un incontro con quanti si preparano a essere Ministri Straordinari dell’Eucarestia mentre per il 10 aprile è stato fissato un ritiro spirituale rivolto ai Ministri Straordinari dell’Eucarestia e ai Lettori Istituiti. Il 14 aprile avverrà invece l’istituzione di nuovi Lettori. L’ufficio Confraternite prospetta la possibilità che il prossimo convegno regionale delle confraternite si svolga nella nostra diocesi. Si discute attorno ad alcuni problemi che potrebbero verificarsi, principalmente di natura logistica e finanziaria. Si comunica inoltre che Sergio Grimaldi, laico della nostra diocesi, è stato nominato responsabile per i confratelli del Salento a livello regionale. L’ufficio Economato conclude la prima parte dell’incontro, ri222 cordando che il 31 marzo scade il termine ultimo per la presentazione del bilancio delle parrocchie. Anche i diversi uffici di curia sono sollecitati a presentare il proprio bilancio consultivo. La seconda parte dell’incontro è incentrata sulla programmazione della Settimana Santa. Il Vescovo condivide con i direttori degli uffici diocesani quanto pensato insieme ai parroci delle parrocchie di Ugento, e cioè la possibilità che alcune celebrazioni del Triduo Pasquale siano vissute insieme, in modo che i fedeli delle tre parrocchie, in una realtà non grande come Ugento, abbiano l’opportunità di vivere un momento unitario e di incontro. Pertanto, le parrocchie di Ugento il Giovedì, Venerdì e Sabato Santo si ritroveranno in Cattedrale per la recita dell’Ufficio delle Letture e delle Lodi, così come la sera del Venerdì Santo per la Via Crucis. Le altre celebrazioni del Triduo Pasquale saranno vissute nelle singole parrocchie. Il Vescovo, inoltre, auspica che l’esigenza di vivere insieme alcuni momenti liturgici possa essere avvertita e realizzata anche in altri paesi della diocesi. Riguardo invece ad alcune forme di pietà popolare ben radicate nella nostra diocesi e che si svolgono durante i giorni della Settimana Santa - grazie anche alla presenza in ogni parrocchia di diverse confraternite - vengono fatte presenti al Vescovo alcune difficoltà di carattere logistico. In particolare il Giovedì Santo, oltre alla Messa In Coena Domini celebrata in parrocchia, in alcuni paesi il parroco deve celebrare anche un’altra Messa nella cappella della Confraternita. Per ovviare a questa difficoltà, ma anche per condividere un momento di unità, si suggerisce di invitare tutte le Confraternite a partecipare all’unica Messa del Giovedì Santo, quella In Coena Domini. Il Vescovo, dopo aver ascoltato le diverse opinioni, prende la parola per affermare che “la pietà popolare deve essere guardata 223 con attenzione, evitando di essere troppo rigidi oppure troppo lassisti. Alcune forme devozionali vanno mantenute mentre altre, col tempo, corrette”. Invita inoltre a guardare con rispetto alle diverse confraternite, grati a esse anche per quel recupero artistico delle Chiese loro affidate. Le ultime parole del Vescovo sono indirizzate ad affermare un concetto teologico determinante, dal quale scaturisce la nostra prassi pastorale: non è soltanto il Cristo Risorto ma tutto il Mistero Pasquale, tutti e tre i giorni del Triduo Pasquale, a essere contenuti nell’Eucarestia. Affinché la nostra prassi pastorale sia efficace è essenziale che tutti i fedeli vengano da noi aiutati a comprendere questo. Alle 12.35, con le parole di cordoglio espresse dal Vicario Generale al nostro Vescovo per la repentina morte del proprio cognato, termina la riunione dei direttori degli uffici diocesani. don Marco Annesi 224 VERBALE DELLA RIUNIONE CONGIUNTA DEI CONSIGLI DIOCESANI PRESBITERALE E PASTORALE Oggi, 29 giugno 2011, solennità dei SS. Pietro e Paolo, nell’Aula Magna del Seminario vescovile di Ugento, alle ore 20.30, con un momento di preghiera guidato dal Vescovo, ha inizio la riunione congiunta del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale Diocesano. L’incontro, per desiderio del Vescovo, è allargato a tutti i sacerdoti, i diaconi e i religiosi della diocesi. Il segretario del CPD fa l’appello dei componenti, per la presenza. Subito dopo prende la parola il Vescovo che illustra i tre punti all’ordine del giorno: elaborazione di un progetto pastorale per i prossimi anni, a partire dall’anno 2011-12 avvicendamento pastorale dei sacerdoti di alcune parrocchie della Diocesi azione pastorale nei mesi estivi, la cosiddetta pastorale del turismo. *** 1. Per quanto riguarda il primo punto, viene consegnato ai presenti un documento, preparato dallo stesso Vescovo, dal titolo “In vista dell’elaborazione del Progetto Pastorale 2012-2020”. Il documento è la sintesi di quanto emerso dalla Settimana Teologica Diocesana, svoltasi dal 14 al 18 marzo, dall’Assemblea del 225 clero del 20 maggio e dal Convegno Pastorale Diocesano, tenutosi dal 14 al 16 giugno. Nell’elaborare il nuovo Progetto pastorale, il documento parte dal cammino svolto in diocesi nel decennio precedente, 2000-2010. Nel primo quinquennio, 2000-2005, si è approfondito il documento Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, secondo la seguente scansione temporale e tematica: 2000-2001 In principio… la Parola 2001-2002 Comunicare la Parola 2002-2003 Per una fede adulta e pensata 2003-2004 Comunicare il Vangelo ai giovani d’oggi, dono di Dio per la Chiesa e per il mondo 2004-2005 Parrocchia e risveglio della fede nell’età adulta. Nell’anno pastorale 2005-2006, in vista del Convegno di Verona, si è approfondito il tema: “Riappropriarsi della fede battesimale nell’età adulta, oggi”. Negli anni successivi, 2007-2011, ci si è soffermati sui cinque ambiti presentati nel Convegno di Verona, secondo questa scansione temporale e tematica: 226 2006-2007 I fedeli laici oggi, a quarant’anni dal Concilio Vaticano II 2007-2008 Comunicare il Vangelo dell’amore nell’esperienza umana degli affetti 2008-2009 Prendersi cura dell’uomo: esperienza della fragilità, del limite, del dolore 2009-2010 Testimoni di speranza nel mondo del lavoro e nella città degli uomini 2010-2011 Educazione della persona e trasmissione della fede. Il Vescovo aggiunge che, nel voler progettare il cammino del prossimo decennio 2011-2020, non si può fare a meno di considerare alcuni momenti significativi che la Chiesa intera vivrà nei prossimi anni: a livello universale o la Giornata Mondiale della Famiglia a Milano, dal 30 maggio al 3 giugno 2012 o il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione a Roma, dal 7 al 28 ottobre 2012 a livello nazionale o il Congresso Eucaristico Nazionale ad Ancona, dal 3 all’11 settembre 2011 o l’avvio degli Orientamenti Pastorali per il decennio 2010-2020, Educare alla vita buona del Vangelo a livello regionale o il Documento che la Conferenza Episcopale Pugliese elaborerà nei prossimi mesi sui temi affrontati nel 3° Convegno Ecclesiale Regionale sui Laici, tenutosi dal 28 al 30 aprile ultimo scorso a livello diocesano o la necessità di delineare il quadro di riferimento pastorale per il decennio 2012-2020, tenendo conto degli Orientamenti Pastorali della CEI, sapendo che, come ha sottolineato il Segretario Generale della CEI al Consiglio Permanente del 24-27 gennaio scorso, “il Documento del decennio non costituisce il programma pastorale delle singole diocesi, ma rappresenta uno strumento pastorale organico di discernimento e programmazione, un quadro ermeneutico, una cornice di compatibilità dei percorsi che le singole Chiese si sentono chiamate a compiere. Per corri227 spondere all’identità e alla missione proprie di ciascuna nelle condizioni in cui vive e opera”. A questo proposito il Vescovo sottolinea come il Convegno Pastorale Diocesano, svoltosi nei giorni 14, 15 e 16 di questo mese, abbia dato l’avvio alla riflessione sugli Orientamenti della CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Pertanto, l’intera diocesi nella prima parte dell’anno 20112012, da settembre a gennaio, si dedicherà a una verifica del cammino compiuto negli ultimi cinque anni, approfondendo i nn. 7, 5354b di EVBV. Sono gli stessi Orientamenti della CEI a chiedere che, nell’ottica della corresponsabilità educativa della comunità ecclesiale, si realizzi “un’attenta verifica delle scelte pastorali sinora compiute” (EVBV 53) domandandosi “come le indicazioni maturate nel Convegno ecclesiale di Verona siano state recepite e attuate in ordine al rinnovamento dell’azione ecclesiale e alla formazione dei laici, chiamati a coniugare una matura spiritualità e il senso di appartenenza ecclesiale con un amore appassionato per la città degli uomini e la capacità di rendere ragione della propria speranza nelle vicende del nostro tempo (EVBV 54). Nella seconda parte, invece, dell’anno pastorale 2011-2012, da febbraio a giugno, la riflessione sarà rivolta alla progettazione del cammino diocesano, secondo le indicazioni dei nn. 52-55 di EVBV. In merito al tema specifico dell’educazione che costituisce il filo rosso del cammino del decennio, considerando che la pastorale ha sempre una tonalità vocazionale e missionaria, occorrerà considerare i seguenti aspetti: i fondamenti dell’educazione o la dimensione educativa della liturgia, con il primato del mistero nella vita di una persona e nella vita di una comunità (EVBV 39) 228 o l’osmosi tra liturgia, catechesi e carità, giacché l’unità tra le dimensioni fondamentali della vita cristiana è inscindibile (EVBV 39.54) i soggetti dell’educazione o la correlazione tra i due principali soggetti educativi, la parrocchia e la famiglia (EVBV 36.41) in alleanza educativa con la scuola (EVBV 46-49) le attenzioni educative o considerare l’importanza dell’iniziazione cristiana (EVBV 40.54) o prestare attenzione ai giovani, valorizzando gli oratori, ai fidanzati e alle coppie (EVBV 31-32.42) o collegare, nella pastorale giovanile, i grandi eventi della vita ordinaria o evidenziare la dimensione culturale della pastorale o risvegliare una maggiore responsabilità dei parroci e dei genitori o mettere al centro dell’educazione la persona e le relazioni personali o ribadire l’importanza della pietà popolare. Il Vescovo evidenzia come un’incisiva azione pastorale richiede sì una buona programmazione, ma esige anche che tutti gli operatori pastorali maturino due atteggiamenti: la convinzione circa la necessità di camminare insieme, superando ogni forma di individualismo, protagonismo, chiusura nel proprio recinto parrocchiale o di gruppo; deve emergere la dimensione interparrocchiale e diocesana della pastorale; i programmi delle parrocchie, dei gruppi, delle associazioni e dei movimenti devono modellarsi tenendo conto del cammino della Chiesa particolare; è necessario 229 tener presente il principio secondo il quale è meglio rallentare il passo in modo da procedere insieme, piuttosto che avventurarsi in iniziative settoriali sganciate dal cammino diocesano la disponibilità dei ministri ordinati e degli operatori pastorali a cambiare il proprio compito qualora, dopo un attento discernimento da parte della Chiesa e del Vescovo, sia richiesta; non bisognerebbe dimenticare che il vero Pastore è Cristo e che noi tutti siamo al suo servizio, dei “servi inutili”; per tale motivo bisogna ispirarsi al principio secondo il quale “la missione richiede una sana libertà dai ruoli che si rivestono e il primato spetta all’efficacia della missione, non al perdurare dei compiti”. *** 2. Per il secondo punto all’ordine del giorno, il Vescovo si rifà a una sua lettera, “Vi darò pastori secondo il mio cuore” (Ger 3,15), indirizzata alla Chiesa di Ugento-S. Maria di Leuca, nella quale vengono esposti i motivi che l’hanno portato a procedere all’avvicendamento di alcuni parroci. Quindi legge l’elenco dei parroci spostati e la parrocchia di destinazione nella quale andranno a prestare in nome e per conto della Chiesa la loro opera pastorale. Il Vescovo, terminata l’esposizione del primi due punti all’odg, invita i presenti a intervenire. Don Francesco Cazzato caldeggia, in ambito pastorale, la promozione della cultura e invita la diocesi a dare la giusta importanza alla commemorazione del terzo centenario della storica Visita pastorale di mons. De Rossi alla diocesi di Ugento. 230 La sig.ra Concettina Chiarello si augura che la pastorale non trascuri i temi della cultura attuale. La sig.na Ada Storella si chiede come la parrocchia dovrà concretizzare il progetto pastorale. Il sig. Luigi Russo sostiene che ai soggetti dell’educazione bisognerebbe aggiungere la Rete, la Tv. Il sig. Oronzo Nicolardi si augura che si faccia qualcosa in più per sensibilizzare la gente a partecipare maggiormente alla vita diocesana. La sig.ra Silvana Bramato, pur rilevando il buono stato di vita della pietà popolare nella nostra diocesi, invita tutti a impegnarsi maggiormente per far innamorare i ragazzi e i giovani a tali espressioni di religiosità. Nel rispondere il Vescovo illustra le modalità sia di spostamento dei parroci sia di attuazione del Progetto. Dalla fine di agosto e per tutto il mese di settembre avverrà l’insediamento dei nuovi parroci. Nel mese di ottobre il Vicario Generale, coadiuvato dai Direttori degli Uffici più interessati ai problemi della pastorale, incontrerà le singole foranie per presentare e illustrare una griglia preparata ad hoc per la verifica. Ogni parrocchia dovrà convocare nei tre mesi di ottobre, novembre e dicembre tutte le associazioni, tutti i gruppi, tutti i movimenti e, da ultimo, il Consiglio Pastorale Parrocchiale per analizzare il percorso compiuto dalla comunità parrocchiale e proporre delle indicazioni per il futuro. Nel mese di gennaio 2012 il Vicario Generale, coadiuvato sempre dai Direttori degli Uffici più interessati ai problemi della pastorale, ritornerà a incontrare le singole foranie per la programmazione. Alla fine risulterà un quadro capace di delineare un Piano Pa231 storale che si dovrà seguire negli anni seguenti. Tale Piano non vorrà essere una camicia di forza, ma un valido e pensato punto di riferimento comune. Circa la religiosità popolare il Vescovo informa che l’anno prossimo, nei giorni di sabato 19 e domenica 20 maggio, la nostra Chiesa Diocesana accoglierà a S. Maria di Leuca le Confraternite di Puglia per vivere insieme l’VIII Cammino di Fraternità. Al Convegno Regionale saranno presenti le Confraternite di tutte le diocesi delle Chiese di Puglia. *** 3. Il terzo punto all’ordine del giorno, che ha per argomento l’azione pastorale nei mesi estivi - pastorale del turismo, è illustrato da don Gionatan De Marco. Nei prossimi giorni saranno distribuiti alle parrocchie dei manifesti-locandine con il programma dettagliato di tutte iniziative che si svolgeranno nei mesi estivi. Le parrocchie avranno cura di esporli in modo diffuso, soprattutto nelle marine e nei centri di interesse turistico, in modo da far conoscere all’intera Diocesi quanto programmato per l’estate 2011. La riunione si conclude alle ore 22.00 con la preghiera finale e la benedizione del Vescovo impartita sui presenti. I Segretari don Antonio Morciano dott. Antonio Chiuri 232 PER LA STORIA DELLA CHIESA DI UGENTO - S. MARIA DI LEUCA RECENSIONE DI MONS. SALVATORE PALESE DEL LIBRO “MONS. ANTONIO DE VITIS. UNA VITA PER GLI ALTRI”52 Una coltre di silenzio si è depositata sulla figura di mons. Antonio De Vitis dopo la sua morte (11 luglio 2001). Subito ne scrissero Lucio Di Seclì in “Presenza Taurisanese” (19, 2001, n. 7) e Giuseppe Stendardo in “Verso l’avvenire” (settembre-ottobre 2001). Dieci anni dopo il sipario è stato riaperto e la personalità di mons. Vicario, come veniva chiamato, si ripose all’attenzione per il suo notevole ruolo sulla storia della diocesi ugentina nel secondo Novecento. Infatti, per il decennale della sua morte, i familiari hanno fatto pubblicare i suoi scritti inediti ed editi, insieme con testimonianze e ricordi ravvivati, corredati da un repertorio fotografico, in un volumetto dal sottotitolo significativo, curato da Giuseppe Gragnaniello. Ordinato prete il 13 luglio 1941, don Antonio fu inviato ad Acquarica del Capo come viceparroco, accanto all’anziano parroco don Carlo Briganti. Dall’autunno 1943 fu chiamato nel seminario vescovile di Ugento come vicerettore e poi rettore nel 1946, per un triennio. Dalla fine dell’ottobre 1949 fu nominato vicario adiutore del vecchio arciprete a Taurisano e dal giugno 1950 parroco, fino a tutto il settembre 1962. Di nuovo fu rettore del seminario vescovile, fino al 1974. Frattanto il vescovo Giuseppe Ruotolo, il 2 novembre 1957, l’aveva fatto vicario generale e così lo confermarono gli amministratori apostolici Gaetano Pollio (1968-1969) e Nicola Riez52 “Mons. Antonio De Vitis. Una vita per gli altri. Scritti, testimonianze, ricordi”. A cura di Giuseppe Gragnaniello. Ed. Insieme, Terlizzi 2011, pp. 230, € 10,00. 235 zo (1969-1974), arcivescovi di Otranto, nonché il vescovo Michele Mincuzzi (1974-1981) e Mario Miglietta (1981-1989) fino alle dimissioni del maggio 1990. L’ultimo decennio lo vide prima a Supersano e poi a Leuca presso il suo amatissimo santuario, fino alla morte. Altri incarichi gli furono affidati come nell’Azione Cattolica, presso l’Apostolato della preghiera, a Ugento nella chiesa di S. Antonio, dove ha sede l’omonima confraternita. Del suo stile di vita e della sua spiritualità, delle sue qualità personali si trovano non pochi elementi sul suo testamento spirituale (p. 141), sui testi riguardanti il cinquantesimo di sacerdozio (1991), (pp.99-101), nelle testimonianze e nei ricordi (pp. 143-183). È facile rilevare che la sua esistenza ha avuto quattro ruoli fondamentali: l’attività parrocchiale ad Acquarica (1941-1943) e a Taurisano (1949-1962), quella nel seminario vescovile per i futuri preti della diocesi (1943-1949, 1962-1974), il ruolo responsabile di vicario generale nel governo della diocesi (1957-1990) che rappresenta la parte preponderante del suo ministero, infine il ministero presbiterale degli ultimi anni. È importante quanto don De Vitis ha scritto nel 1983, sul seminario ugentino (pp. 73-75), anche se non ci dicono le turbolenze che si verificarono dopo che si concluse il rettorato di don Tonino Bello: un’avventura, per fortuna, molto breve. Illuminanti sono gli inediti “ricordi su mons. Giuseppe Ruotolo” (pp. 77-85) redatti nel luglio 1985: della sua spiritualità, dei suoi rapporti con le autorità fasciste, della sua preferenza per l’Azione Cattolica, del suo anticomunismo, del suo impegno per il seminario ugentino, del suo rapporto con gli ugentini, del suo amore per Leuca e per la diocesi. Si tratta di un ricordo ricco e veritiero su 236 quell’episcopato tra primo e secondo Novecento, tra sfacelo della guerra e ricostruzione del paese; iniziato nel 1937 con papa Ratti, Pio XI, che lo nominò e concluso nel 1968, a tre anni dalla chiusura del concilio Vaticano II (1962-1965), con dimissioni accettate dal papa Paolo VI. Per mons. Ruotolo, quel concilio, forse diverso da come lo immaginò al suo annuncio, fu “l’ora di Dio”. Sull’argomento egli ritornò con la testimonianza La spiritualità del vescovo divenuto trappista, edita nel volume Un vescovo meridionale tra primo e secondo Novecento Giuseppe Ruotolo a Ugento (19371968), a cura di Salvatore Palese (= società e religione 15, ed. Congedo, Galatina 1993, pp. 135-138). Sono pure rivelatrici di notizie riservate le carte inedite riguardanti la nomina episcopale di mons. Tonino Bello nel 1982, come il ricordo commosso di lui, composto nel dicembre 1998 (pp. 121135). Di particolare importanza per la storia della diocesi sono le carte inedite, riguardanti la richiesta del vescovo residenziale, rivolta da tutto il clero della diocesi, indirizzata al papa Paolo VI, nel settembre 1973 (pp. 63-64) e la lettera al cardinal prefetto della Congregazione dei vescovi dell’ottobre seguente (pp. 65-66). I testi del nuovo vescovo Michele Mincuzzi del 1 novembre 1974 e il saluto a lui rivolto 10 giorno dopo, erano già noti (pp. 67-71). Infine, sono importanti i testi che riguardano le sue dimissioni da vicario generale: la lettera al vescovo Miglietta, non datata (p. 83) e gli attestati di stima, affetto e gratitudine, ricevuti nel maggio 1990 (pp. 8596). La personalità di mons. Antonio De Vitis, come ho detto all’inizio, si ripropone all’attenzione di tutti. Nessuno può impedire che il suo ricordo si sbiadisca col passare del tempo. Può dispiacere a quanti hanno la memoria piena del suo ricordo, come me, depositario come alcuni altri, di confidenze e di notizie riservate. Egli 237 pregava molto e sempre, ascoltava tutti, soprattutto il Signore e gli autori che leggeva, conservava per sé confidenze e dolori, talvolta esprimeva l’ammirazione per tanti. Quanto egli scrisse, a Supersano, nel Natale 1990 (p. 5) può essere utile per chiunque, oggi. Montevergine, 28 luglio 2011 Salvatore Palese 238 AGENDA PASTORALE Gennaio 2011 1S 11,00 2D 3L 4 Ma 5 Me 6G udienze 11,00 7V 8S 9D 10 L 11 Ma 12 Me 13 G 14 V 15 S 16 D 17 L 18 Ma 19 Me 09,30 10,00 17,30 18,00 19,30 09,30 18,30 22 S 23D 24 L 25 Ma Solennità dell’Epifania di N. S. Gesù Cristo Pontificale - Cattedrale udienze 20 G 21 V Solennità di Maria SS. Madre di Dio Pontificale - Cattedrale 11,00 16,00 10,00 17,00 12,00 udienze ritiro del clero - Leuca Basilica udienze celebrazione eucaristica per il Corpo di Polizia Municipale Tricase - Matrice celebrazione eucaristica per la festa Patronale di “S. Ippazio” Tiggiano udienze celebrazione eucaristica parrocchia “SS. Martiri” - Taurisano Consulta per la Pastorale Familiare - Episcopio assemblea del clero - Leuca Basilica solennità di “S. Vincenzo diacono e martire” - Patrono della Città e della Diocesi di Ugento - Primi Vespri solenni - Cattedrale solennità di “S. Vincenzo diacono e martire” Pontificale - Cattedrale processione cittadina celebrazione eucaristica - Tricase - Matrice celebrazione eucaristica per la festa patronale di “S. Giovanni Elemosiniere” - Morciano celebrazione eucaristica e pranzo con gli anziani - Ruffano “S. Francesco d’Assisi” udienze 241 19,00 26 Me 18,00 27 G 17,30 28 V 29 S 30 D 09,30 31 L 19,30 242 10,00 17,30 celebrazione eucaristica per la chiusura della Settimana Ecumenica - Clarisse - Alessano celebrazione eucaristica parrocchia “S. M. delle Grazie” - Tricase udienze celebrazione eucaristica per la festa patronale di “S. Giovanni Crisostomo” - Giuliano incontro con i sacerdoti giovani della diocesi - Episcopio celebrazione eucaristica parrocchia “Madonna dell’Aiuto” Torre S. Giovanni celebrazione eucaristica parrocchia “Presentazione B. V. M.” Montesardo incontro con i giovani della diocesi - Ugento - Oratorio Febbraio 2011 1 Ma 17,30 18,30 2 Me 17,00 3G 17,30 4V 5S 6D 10,00 17,30 7L 18,00 20,00 8 Ma 9 Me 10 G 11 V 09,30 16,30 18,30 12 S 13 D 14 L 17,00 19,30 10,00 18,00 18,00 15 Ma 16 Me 17,30 17,30 udienze celebrazione eucaristica parrocchia “San Carlo Borromeo” Acquarica del Capo incontro operatori pastorali sanitari - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano celebrazione eucaristica per la festa della Presentazione e per la Giornata della Vita Consacrata - Depressa udienze celebrazione eucaristica per la festa patronale di “San Biagio” - Corsano Roma Roma celebrazione eucaristica parrocchia “ Maria Ausiliatrice” Taurisano celebrazione eucaristica per la “Giornata per la vita” - Leuca Basilica celebrazione eucaristica per l’Associazione A.V.O. - Hospice Tricase incontro con il Comitato di Coordinamento Diocesano delle Confraternite - Tricase - “S. M. delle Grazie” C.E.P. C.E.P. C.E.P. incontro con i seminaristi teologi - Episcopio incontro con mons. Nozza sul tema: “Il volontariato e il terzo settore”, a cura del Banco delle opere di carità - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano celebrazione eucaristica per la Giornata Mondiale del Malato - Tricase - Ospedale celebrazione eucaristica parrocchia “San Michele Arcangelo” Patù incontro di A. C. sul Laicato - Supersano celebrazione eucaristica parrocchia “SS. Apostoli” - Taurisano celebrazione eucaristica parrocchia “S. Cuore” - Ugento celebrazione eucaristica per i fidanzati della diocesi - Cattedrale udienze celebrazione eucaristica parrocchia “S. Elia” - Ruggiano celebrazione eucaristica parrocchia “M. SS. Immacolata”Montesano 243 20,00 17 G 19,30 18 V 19 S 09,30 08,00 20 D 17,00 09,30 12,00 21 L 22 Ma 16,30 23 Me 16,30 24 G 18,00 25 V 26 S 27 D 09,15 18,00 18,00 21,00 11,00 17,30 28 L 244 equipe diocesana A.C.G. - Episcopio udienze celebrazione eucaristica Seminario vescovile il Vescovo predica il ritiro al clero molfettese ritiro del clero – Leuca Santuario (segue pranzo) celebrazione eucaristica Monastero Clarisse Cappuccine – Alessano Assemblea Diocesana A. C. – Seminario vescovile celebrazione eucaristica per l’A. C. diocesana – Seminario vescovile celebrazione eucaristica per le Oblate di Cristo Re - Alessano Convento Cappuccini udienze celebrazione eucaristica “Casa d’accoglienza Don Tonino Bello” - Suore Compassioniste - Alessano celebrazione eucaristica “Casa di riposo” - Suore Compassioniste - Leuca Marina udienze celebrazione eucaristica “Cappella dell’Assunta” - Tiggiano e presentazione del libro sulla Confraternita di R. Margiotta incontro con i sacerdoti giovani della diocesi - Episcopio celebrazione eucaristica parrocchia “S. Eufemia” - Tricase celebrazione eucaristica parrocchia “S. Andrea” - Tricase incontro di preghiera “Roveto ardente” - Leuca Basilica celebrazione eucaristica parrocchia “Trasfigurazione” - Taurisano celebrazione eucaristica Santuario “San Rocco” - Torrepaduli Marzo 2011 1 Ma 2 Me 20,30 19,00 Udienze celebrazione eucaristica per la “Confraternita del Carmine” Ruffano - “S. Francesco d’Assisi” Croce Rossa Italiana - Ugento - Episcopio udienze celebrazione eucaristica per CL - Supersano G.A.D. - Episcopio 11,00 17,30 celebrazione eucaristica parrocchia “S. Vincenzo” - Arigliano celebrazione eucaristica “Chiesa del Crocefisso” - Ruffano 18,00 20,00 3G 4V 5S 6D 7L 8 Ma 9 Me 8,00 10 G 11 V 12 S 13 D 14 L 17,00 19,30 09,30 19,00 10,00 17,30 10,30 17,00 18,00 15 Ma 18,00 16 Me 11,00 18,00 17 G 18,00 18 V 09,30 18,00 19 S 18,00 19,30 non ci sono udienze Mercoledì delle Ceneri (digiuno e astinenza) celebrazione eucaristica - Cattedrale udienze celebrazione eucaristica parrocchia “S. Antonio” - Depressa Casa “Maior Caritas” - Tricase ritiro del clero - Leuca Santuario Scuola di formazione socio-politica - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano visita al Convento dei PP. Trinitari - Gagliano celebrazione eucaristica parrocchia “S. Rocco” - Gagliano cresime parrocchia “S. Ippazio” - Tiggiano cresime parrocchia “M. SS. Immacolata” - Montesano Settimana Teologica Diocesana - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano udienze Settimana Teologica Diocesana - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano celebrazione eucaristica “Città della Domenica”- Ruffano Settimana Teologica Diocesana - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano udienze Settimana Teologica Diocesana - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano incontro con i sacerdoti giovani della diocesi - Episcopio Settimana Teologica Diocesana - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano celebrazione eucaristica parrocchia “M. SS. Assunta”- Lucugnano 245 20 D 10,30 17,00 21 L 22 Ma 16,30 18,00 23 Me 24 G 17,00 18,30 25 V 07,30 09,30 p.gio 26 S 16,00 18,30 10,00 18,30 18,30 27 D 28 L 29 Ma 30 Me 31 G 19,30 246 presentazione libro sulla preghiera a cura del Parroco - Specchia cresime parrocchia ”S. Andrea” - Presicce cresime parrocchia “S. Francesco” - Gemini udienze a incontro con i fanciulli di I Comunione di Corsano - Cattedrale celebrazione eucaristica per il Volontariato Vincenziano Diocesano - Cattedrale udienze Convegno Diocesano A.dP. - Leuca Santuario professione temporanea di suor M. Letizia - Alessano - Suore Clarisse celebrazione eucaristica Suore Vincenziane - Ugento incontro del clero diocesano sul tema “Fidei donum” - Leuca Santuario 50° di sacerdozio di s. e. mons. Luigi Benigno Papa - Taranto concerto ragazzi Scuola Media Ugento - Cattedrale incontro di A.C. con mons. Sigalini - Supersano cresime parrocchia “Natività” - Tricase cresime parrocchia “Presentazione B. V. M.” - Montesardo celebrazione eucaristica per il 30° di sacerdozio di mons. A. Bagnato - Patù Udienze 2° anniversario morte mons. Ladisa - Molfetta udienze concelebrazione eucaristica nel 1° anniversario morte di s. e. mons. De Grisantis, presiede s. em. card. Salvatore De Giorgi - Cattedrale Aprile 2011 1V 07,30 2S 07,30 19,00 3D 10,00 17,00 18,30 20,30 4L 5 Ma 6 Me 08,30 07,30 18,00 7G 18,00 19,30 8V 09,30 17,30 20,00 9S 10 D 19,00 10,30 16,00 18,30 20,00 11 L 19,30 12 Ma 20,00 celebrazione eucaristica e visita agli ammalati parrocchia “S. G. Bosco” - Ugento celebrazione eucaristica e visita agli ammalati parrocchia “S. G. Bosco” - Ugento incontro di tutti i membri delle Aggregazioni Laicali Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano cresime parrocchia “Presentazione B. M. V.” - Specchia incontro Ufficio Missionario sul tema “Sostegno a distanza” Acquarica celebrazione eucaristica e inaugurazione del coro ligneo restaurato “Chiesa S. Domenico”- Tricase concerto del coro “Spirito d’Armonia” - Tricase - “S. Andrea” benedizione inizio lavori “Asilo S. Vincenzo” - Ugento non ci sono udienze celebrazione eucaristica e visita agli ammalati parrocchia “S. G. Bosco”- Ugento celebrazione eucaristica e processione con le reliquie di S. Antonio da Padova Tricase - “S. Andrea” udienze convegno su “Pastorale della Salute” - Acquarica aggiornamento su “Pastorale familiare” - don F. Lanzolla Auditorium “Benedetto XVI” – Alessano ritiro del clero - Leuca Santuario celebrazione eucaristica per la traslazione della Serva di Dio Mirella Solidoro Taurisano - “SS. Martiri” “Incontri per la pace” - Rettorato - Lecce cresime parrocchia “M. SS. Assunta” - Lucugnano Giornata a sostegno del “Progetto Tobia” cresime parrocchia “S. Michele Arcangelo” - Patù Via Crucis con i catechisti e gli educatori della diocesi - Leuca Basilica cresime parrocchia “SS: Apostoli” - Taurisano concerto “Hebdomada Sancta” del Coro Eratu’s di Specchia Cattedrale incontro con Padre Sorge sul suo ultimo libro “La Traversata” - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano udienze incontro con i Priori delle Confraternite - Seminario vescovile 247 13 Me 20,00 14 G 15,30 18,30 15 V 16 S 15,30 20,00 17 D 10,30 11,00 20,00 21,30 18 L S 19,00 21,00 19 Ma 20 Me 19,00 18,00 21 GS 08,00 18,30 23,00 22 VS 08,00 18,30 23 SS 08,00 09,30 23,00 24 D 11,00 25 L 26 Ma 248 adorazione eucaristica interparrocchiale - Taurisano - Chiesa Madre udienze incontro personale sanitario ospedale “Card. Panico” - Tricase istituzione Ministri Straordinari della Comunione - Leuca Basilica Giornata Diocesana della Gioventù - Cattedrale concerto “Via Crucis” di Metastasio - Supersano “S. Michele” Domenica delle Palme Benedizione delle Palme “Chiesa Confraternita dell’Assunta” - Ugento Pontificale - Cattedrale concerto “Stabat Mater” di Pergolesi - Specchia - “Presentazione” “Recital” - Ugento “S. Giovanni Bosco” “Penitenziale” - Ugento - “S. Giovanni Bosco” “Passione vivente” - Tricase - “S. Andrea” non ci sono udienze “Penitenziale” - Cattedrale S. Messa Crismale - Cattedrale Giovedì Santo Ufficio delle Letture e Lodi Mattutine per tutte le parrocchie di Ugento - Cattedrale S. Messa “In Coena Domini” - Cattedrale adorazione per tutte le parrocchie di Ugento - Cattedrale Venerdì Santo Ufficio delle Letture e Lodi Mattutine per tutte le parrocchie di Ugento - Cattedrale Azione liturgica “In Passione Domini” per tutte le parrocchie di Ugento - Cattedrale, al termine Via Crucis cittadina Sabato Santo Ufficio delle Letture e Lodi Mattutine per tutte le parrocchie di Ugento - Cattedrale ritiro dei Seminaristi teologi - Episcopio Solenne Veglia Pasquale “In Resurrectione Domini” - Cattedrale solennità della Pasqua di Resurrezione di N. S. Gesù Cristo Solenne Pontificale “In Resurrectione Domini” - Cattedrale non ci sono udienze 18,00 27 Me 20,00 28 G 29 V 30 S 18,30 celebrazione eucaristica per il XVIII° anniversario della morte del Servo di Dio don Tonino Bello - Alessano - Cimitero celebrazione eucaristica e ammissione agli Ordini Sacri dei teologi: Biagio Errico della parrocchia “S. Sofia” di Corsano e Andrea Malagnino della parrocchia “SS. Apostoli” di Taurisano - Cattedrale Convegno Regionale sul Laicato - San Giovanni Rotondo Convegno Regionale sul Laicato - San Giovanni Rotondo Convegno Regionale sul Laicato - San Giovanni Rotondo cresime parrocchia “S. Carlo Borromeo” - Acquarica 249 Maggio 2011 1D 2L 10,30 18,00 11,00 3 Ma 18,30 20,00 4 Me 5G 6V 7S 8D non ci sono udienze 11,00 18,30 20,00 10,30 18,30 20,30 9L 10 Ma 17,00 11 Me 12 G 18,30 13 V 14 S 15 D 16 L 17 Ma 18 Me 250 cresime parrocchia “S. Michele Arcangelo” - Supersano cresime parrocchia “SS. Salvatore” - Alessano celebrazione eucaristica per la festa della “Madonna del Casale” - Ugento - Casale udienze incontro con l’UCIIM - Episcopio incontro con il Coordinamento Diocesano delle Confraternite - Episcopio 09,30 18,00 18,00 20,00 10,00 12,00 18,30 19,30 celebrazione eucaristica per il Convegno Nazionale “Comunità Nuova Pentecoste” - Casarano - Euroitalia cresime parrocchia “Madonna dell’Aiuto” - Torre S. Giovanni Festa patronale “S. Nicola” - Specchia cresime parrocchia “S. Giovanni Bosco” - Ugento cresime parrocchia “Maria Ausiliatrice” - Taurisano presentazione di “Quadri di-versi” di don G. Marzo e don R. Zocco - Tricase - Aula Magna Ospedale udienze accoglienza della reliquia di S. Carlo Borromeo - Acquarica udienze Giornata diocesana del Malato: celebrazione eucaristica e rito del Sacramento dell’Unzione degli Infermi - Acquarica ritiro del clero - Acquarica cresime parrocchia “Annunziata” - Leuca Basilica cresime parrocchia “Cristo Re” - Leuca Marina processione con la Reliquia di S. Carlo - Acquarica cresime parrocchia “S. Antonio” - Tricase Convegno Diocesano Ministranti - Acquarica concelebrazione eucaristica per conclusione festeggiamenti presenza Reliquia di S. Carlo, presieduta da s. em. card. Salvatore De Giorgi - Acquarica “Incontri per la pace” con don Luigi Ciotti - Tricase - Palazzo Gallone Udienze 19 G 20 V 21 S 22 D 23 L 24 Ma 25 Me 26 G 27 V 28 S 29 D 30 L 31 Ma 18,30 09,30 16,00 18,30 20,30 10,00 12,00 18,00 udienze assemblea comunità parrocchiale - Gemini - “S. Francesco” assemblea del clero - Leuca Basilica (non seguirà pranzo) raduno diocesano dei “Ragazzi Missionari” - Taurisano - Oratorio “S. Giovanni Bosco” cresime parrocchia “S. Giovanni Crisostomo” - Giuliano Recital Scuola “S. Vincenzo” - Ugento - Oratorio cresime parrocchia “S. Cuore” - Ugento incontro Istituto di Scienze religiose di Lecce - Leuca Basilica cresime parrocchia “S. Andrea” - Salignano non ci sono udienze 11,00 18,00 10,00 18,30 17,30 19,00 non ci sono udienze celebrazione eucaristica nella Solennità della Regina Apuliae Molfetta cresime parrocchia “S. Eufemia” - Tricase cresime parrocchia “S. M. delle Grazie” - Tricase cresime parrocchia “S. Francesco” - Ruffano conclusione Scuola Teologica - Seminario vescovile udienze “Incontri per la pace” con il Vescovo - Seminario vescovile 251 Giugno 2011 1 Me 19,00 2G 10,30 16,00 18,30 3V 4S 5D 16,00 18,30 09,00 10,00 18,30 6L 7 Ma 19,00 8Me 18,00 9G 10V 11 S 12 D 18,30 20,00 09,30 10,30 18,00 13 L 09,00 18,30 14 Ma 19,00 15 Me 19,00 16 G 19,00 252 consegna attestati Scuola Socio-Politica - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano non ci sono udienze cresime parrocchia “S. Giovanni Elemosiniere” - Morciano Ordine Francescano Secolare - Alessano - Tomba don Tonino cresime parrocchia “S. Andrea” - Tricase vespro con i seminaristi e le famiglie per la chiusura dell’ Anno Formativo - Seminario vescovile cresime parrocchia “S. Rocco” - Gagliano saluto per la Festa Nazionale dello Sport - Ugento - “S. Cuore” cresime parrocchia “S. Vincenzo” - Miggiano cresime parrocchia “S. Michele” - Castrignano C.E.P. udienze presentazione libro “Le Suore d’Ivrea a Tricase e il primo asilo infantile” di E. Morciano - Tricase - Palazzo Gallone celebrazione eucaristica per il Convegno Diocesano dell’Apostolato della Preghiera - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano udienze saggio fine anno dell’ “Asilo S. Vincenzo” - Ugento - Oratorio Veglia Diocesana di Pentecoste - Cattedrale ritiro del clero - Leuca Santuario solennità di Pentecoste cresime parrocchia “Maria SS. Assunta” - Cattedrale celebrazione eucaristica e processione festa patronale “S. Antonio” - Ruffano - Chiesa Matrice celebrazione eucaristica “Confraternita S. Antonio” - Ugento celebrazione eucaristica parrocchia “S. Antonio” - Tricase udienze Convegno Pastorale Diocesano - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano Convegno Pastorale Diocesano - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano udienze Convegno Pastorale Diocesano - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano 17 V 18,30 21,30 18 S 20,30 19 D 10,00 18,30 21,00 20 L 21 Ma 22 Me 23G 24 V 25 S 26 D 27 L 19,00 19,00 19,00 28 Ma 16,30 19,30 29 Me 16,30 30 G 18,30 celebrazione eucaristica con s. ecc. mons. Pizzi, Vescovo di Forlì - Leuca Basilica incontro con i partecipanti del Convegno Regionale Caritas Alessano - tomba di don Tonino presentazione del libro: “Camminiamo a piedi nudi” di R. Margiotta - Tricase - Casa “Maior Charitas” cresime parrocchia “S. Nicola” - Salve celebrazione eucaristica e concerto per il 35° della Corale Taurisanase - Taurisano “Maria Ausiliatrice” inaugurazione organo a canne Chiesa “S. Antonio” - Tricase aggiornamento residenziale del clero presso la diocesi di Chieti-Vasto aggiornamento residenziale del clero presso la diocesi di Chieti-Vasto aggiornamento residenziale del clero presso la diocesi di Chieti-Vasto aggiornamento residenziale del clero presso la diocesi di Chieti-Vasto aggiornamento residenziale del clero presso la diocesi di Chieti-Vasto cresime parrocchia “S. Vincenzo” - Arigliano Solennità del Corpus Domini Pontificale - Cattedrale e Processione cittadina “Incontri per la pace” con Aldo Maria Valli - Auditorium “Benedetto XVI” - Alessano udienze “Laboratorio Catechistico” - Auditorium “Benedetto XVI” Alessano presentazione del libro di p. Ettore Marangi - S. Antonio a Fulgenzio - Lecce “Laboratorio Catechistico” - Auditorium “Benedetto XVI” Alessano non ci sono udienze 50° di sacerdozio di s. e. mons. Luciano Bux 253 EDIZIONI VIVEREIN C.da Piangevino, 224/A - Monopoli (Bari) E-mail: [email protected] - www.edizioniviverein.it Fotocomposizione e stampa giugno 2012 EVI s.r.l. Arti Grafiche E-mail: [email protected]