Le strategie comunicative adottate dagli operatori della Centrale

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Le strategie comunicative adottate dagli operatori della Centrale
Le strategie comunicative adottate dagli operatori
della Centrale Operativa del 118
Gabriele Prati*, Serena Petroncini** e Luca Pietrantoni*
Riassunto
Gli operatori del servizio 118 devono ottenere tutte le informazioni necessarie e hanno il
compito di allocare le risorse e di rispondere entro un minuto. Scopo di questo studio esplorativo era quello di analizzare le strategie comunicative adottate dagli operatori per recuperare le informazioni durante l’intervista telefonica. A tal fine sono state selezionate 217 telefonate da un campione di telefonate raccolte presso la sede della Centrale Operativa 118ReggioSoccorso. Tali conversazioni sono state analizzate tramite analisi del contenuto tematico. I risultati di questo studio qualitativo hanno mostrato che gli operatori del 118 hanno
utilizzato dieci tipologie di strategie comunicative: ascolto attivo, “disco rotto”, feedback di
rinforzo, rassicurazioni, utilizzo del nome del chiamante, reiterazione parziale, ipotesi/conferma, ripetizione, valorizzazione del comportamento del chiamante e riconoscimento dello
stato emotivo del chiamante. Nel contributo sono discusse le implicazioni dei risultati per la
teoria, la ricerca e la pratica professionale.
Parole chiave: comunicazione telefonica, emergenza, operatori del 118, strategie comunicative.
Summary
Communication strategies adopted by operators of the 118 emergency dispatch centre
Emergency dispatch operators are asked to obtain required key-information and are responsible for allocating resources and responding within a minute. The aim of this explorative study was to analyze the communications strategies that emergency dispatch operators
employ to recover information during the call. To this end, 217 emergency calls, were selected from a sample of calls collected at 118 ReggioSoccorso emergency dispatch centre
and were content analyzed. Results from the qualitative analysis showed that emergency
dispatch operators employed ten categories of communication strategies: active listening,
hypothesis-confirmation, partial reiteration, referring to caller’s name, repetition, “brokenrecord” technique, reinforcing feedback, reassurance, acknowledging the caller’s behavior
and emotional state. The implications for theory, research and professional practice resulting
from the present study are discussed.
Key words: telephone communication, emergency, dispatch operators, communications
strategies.
*
Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università degli Studi di Bologna.
Facoltà di Psicologia, Università degli Studi di Bologna.
**
Psicologia della Salute, n. 2/2010
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N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo
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Le situazioni di emergenza costituiscono una sfida per tutti quegli operatori che professionalmente sono chiamati a rispondere, poiché avvengono
in un ambiente non definibile a propri, complesso e in mutevole cambiamento (Pietrantoni e Prati, 2009). Generalmente la catena dei soccorsi viene attivata tramite la chiamata da parte dei cittadini ai servizi di emergenza.
L’espressione “emergenza sanitaria” denota una situazione clinica di gravità variabile, la cui insorgenza presenta carattere acuto e, per la maggior parte dei casi, improvviso (Radeschi e Rocca, 1995). Il sistema dell’emergenza
sanitaria svolge un ruolo fondamentale nell’ambito del Servizio Sanitario
Nazionale, da un lato rispondendo al bisogno immediato di assistenza sanitaria della popolazione, dall’altro ponendosi come un importante filtro ai
ricoveri ospedalieri. Il Sistema 118 e il Pronto Soccorso sono le componenti essenziali del complessivo sistema dell’emergenza sanitaria. Seppur integrate, svolgono funzioni differenti: il Sistema 118 opera nella fase di “allarme”, garantendo il coordinamento delle attività di soccorso per assicurare, 24 ore al giorno, l’intervento più appropriato nel più breve tempo possibile, nonché assicurando il tempestivo trasporto del paziente alla struttura
più appropriata; il Pronto Soccorso, invece, si adopera nella fase di “risposta”, per garantire l’assistenza necessaria attraverso l’inquadramento diagnostico del paziente con un suo eventuale ricovero.
Ciò su cui focalizza l’attenzione il presente elaborato è la fase di “allarme”, nella quale si verifica la telefonata di emergenza al numero telefonico
118 che consente al chiamante di segnalare una situazione di emergenza o
urgenza, e di richiedere i soccorsi adeguati. In ambito sanitario, quando si
parla di “emergenza” si intende una condizione improvvisa ed evolutiva di
pericolo o di danno a persone o cose, tale per cui soltanto l’intervento immediato permette di minimizzare un aggravamento ulteriore o l’insorgenza
di conseguenze irreparabili; tale termine si differenzia da “urgenza”, la quale si riferisce ad una condizione improvvisa di danno o di pericolo a persone o cose, che presenta una temporanea stabilità tale per cui risulta indispensabile un rapido intervento, ma nella quale vi è ancora il tempo affinché l’intervento sia eseguito nel modo più adeguato (Di Giacomo e Montalti, 2008). Ritardi eccessivi in una situazione di urgenza incrementano il rischio che essa si trasformi in emergenza.
La Centrale Operativa 118 rappresenta la location dove sono ricevute,
da parte di infermieri professionisti, le chiamate di soccorso provenienti dai
cittadini: essa costituisce, dunque, l’elemento principale nella gestione extra ospedaliera delle emergenze ed urgenze. Gli operatori di Centrale Operativa 118, occupandosi della ricezione e della gestione di telefonate di emergenza effettuate da cittadini, si trovano a svolgere un’attività particolarmente delicata poiché la loro prestazione è fondamentale per massimiz8
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zare le possibilità di salvaguardare salute e incolumità fisica del paziente.
Durante una telefonata di emergenza interagiscono due protagonisti distinti:
un utente che può presentare una richiesta di intervento, talvolta ansioso, o
impaziente o non desideroso di rispondere alle numerose domande poste
dall’operatore poiché percepite come inutili; e un operatore professionista
che deve gestire al meglio la comunicazione, sia da un punto di vista tecnico che relazionale, al fine di ottenere le informazioni necessarie per fornire
la risposta più adeguata ai bisogni del chiamante (Clawson e Sinclair, 2002;
Mistovich, Hafen e Karren, 2004).
L’efficacia e l’efficienza della professione di operatore di Centrale 118
risultano connesse a una bilanciata combinazione tra aspetti organizzativi,
tecnici e psicosociali: la mancanza o carenza di uno di essi può compromettere la piena riuscita dell’intervento in atto. Gli operatori di Centrale Operativa necessitano non solo di specifiche competenze tecniche che concernono l’applicazione di protocolli e procedure, ma anche di una gamma di
competenze psicosociali che non rientrano nell’expertise specifica della
propria professione ma si riferiscono ad abilità cognitive, comportamentali
e interpersonali (Flin et al., 2003; Flin, O’Connor e Crichton, 2008).
In questo specifico contesto professionale le competenze comunicative risultano essere cruciali. Tramite la telefonata, gli operatori possono, infatti,
mettere in atto strategie comunicative volte a facilitare la relazione con
l’utenza e permettere una migliore raccolta delle informazioni. La comunicazione telefonica non può però avvalersi, come elementi facilitatori, dei segnali
non verbali quali la gestualità o l’espressione del volto: ciò dimostra l’importanza, per gli operatori di Centrale Operativa, degli aspetti paraverbali della
comunicazione, al fine di rendere il più possibile esauriente il messaggio. La
capacità di persuasione dell’operatore aumenta se, oltre alle opportune istruzioni verbali, la voce comunica autorevolezza e insieme comprensione. La
possibilità di raccogliere le informazioni necessarie dal chiamante risulta,
dunque, correlata ad una disposizione positiva del tono vocale (Barrett, 2009).
Negli ultimi anni alcune ricerche hanno evidenziato i fattori di criticità
nelle chiamate telefoniche di soccorso tra i quali: difficoltà di comprensione, indefinitezza delle informazioni date dal chiamante (che può determinare una rappresentazione incerta della situazione da parte dell’operatore), e
immedesimazione con chi chiama con conseguente contagio emotivo (Forslund, 2007; Forslund, Kihlgren e Kihlgren, 2004). In particolare Forslund
e colleghi (2004) rilevano il bisogno espresso dagli operatori di avere dei
feedback rispetto alle strategie comunicative messe in atto. Ne deriva la necessità di studiare in profondità le strategie comunicative degli operatori
dell’emergenza.
In letteratura si possono rintracciare alcune indicazioni sulle tecniche
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comunicative da attuare nella conversazione telefonica di emergenza come
il “disco rotto”, i feedback di rinforzo o le rassicurazioni. Se l’operatore si
trova a gestire una telefonata con un chiamante in cui risulta piuttosto faticosa la raccolta delle informazioni necessarie, sono fondamentali interventi
a “disco rotto” (Radeschi e Rocca, 1995): si tratta di una tecnica consistente
nel ripetere più volte al chiamante le stesse istruzioni o richieste, in maniera
semplice e diretta e con l’utilizzo del medesimo tono di voce. Un altro aspetto fondamentale a livello comunicativo è rappresentato dal feedback,
ovvero informazioni di ritorno senza le quali risulterebbe difficoltoso capire
se un determinato messaggio sia stato o meno ricevuto. Il feedback di rinforzo riguarda quelle espressioni in cui l’operatore riproduce esattamente il
messaggio inviato dal chiamante, confermandogli che esso è stato riconosciuto e compreso (Flin et al., 2008); in particolare, l’operatore ripete le informazioni cruciali che il chiamante gli fornisce, come un’eco: tali informazioni possono consistere nell’indirizzo, o nella città o nei sintomi, al fine
di comunicare l’avvenuta comprensione del messaggio e ridurre il rischio
di inconvenienti nelle procedure successive. Infine, le rassicurazioni costituiscono una modalità comunicativa impiegata dall’operatore per tranquillizzare il chiamante aiutandolo, così, a proseguire il proprio discorso, trasmettendogli supporto e facilitando la raccolta di informazioni (Radeschi e
Rocca, 1995): esse possono riguardare l’esplicitazione dell’arrivo dei soccorsi o l’esplicitazione dello stato comunque non grave del paziente.
Un’abilità comunicativa, enfatizzata trasversalmente nelle cosiddette
professioni d’aiuto, è l’ascolto attivo (Rogers, 1970): al fine di ottenere un
miglioramento qualitativo della comunicazione telefonica risulta importante non solo ascoltare, ma anche farlo sapere all’interlocutore mediante segnali d’ascolto verbali o vocali, quali “Certo”, “Certamente”, “Capisco” o
da semplici suoni come “Hum...” (Chionetti e Melandri, 2007; Barrett,
2009). In tale modo l’operatore trasmette partecipazione attiva e concreta a
quanto l’interlocutore dice. Goldstein (1982) pone in evidenza la necessità
di comunicare al chiamante, attraverso le parole e il tono di voce, che la situazione è adeguatamente controllata dall’operatore. In letteratura emerge
l’importanza di evitare l’interruzione del chiamante con l’impiego di domande non necessarie ma, piuttosto, la necessità di intervenire guidandolo
verso le informazioni cruciali (Lanese, Keller G.B. e Keller M.D., 1977;
Banks e Romano, 1982). Radeschi e Rocca (1995) suggeriscono, infine,
nello svolgimento di una telefonata di emergenza, la richiesta del nome al
chiamante da utilizzare durante tutta la conversazione: ciò infonderebbe
all’utente la sensazione di essere all’interno di una relazione meno formale
trasmettendogli, così, una maggiore prossimità.
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Obiettivi e ipotesi
La presente ricerca esplorativa è volta ad indagare le principali modalità
comunicative utilizzate dagli operatori di Centrale 118 in un campione di
telefonate di emergenza effettuate da cittadini. L’attenzione sarà focalizzata
in specifico sui comportamenti comunicativi verbali dell’operatore e sul loro significato relazionale e non prettamente tecnico (es. l’adesione al protocollo di interrogazione previsto dal software o la correttezza da un punto di
vista clinico della domanda posta dall’operatore).
Sulla base di quanto discusso nella parte introduttiva, sono state formulate alcune ipotesi. Rispetto a quanto si evince dalla letteratura (Chionetti e
Melandri, 2007; Barrett, 2009) l’ascolto attivo risulta essere una componente importante per un’adeguata gestione della relazione telefonica con il
chiamante: nelle professioni di aiuto quale è quella degli operatori di Centrale 118, l’ascolto attivo trasmette una maggiore prossimità rispetto alla
condizione critica vissuta dall’utente. Ci aspettiamo, quindi, che tale modalità si possa riscontrare nel campione di telefonate considerato.
In secondo luogo, abbiamo visto come la tecnica del “disco rotto” sia utilizzata per l’effetto produttivo che ha nella relazione telefonica con i
chiamanti più ansiosi (Prati e Pietrantoni, 2009). Ci aspettiamo che tale
strategia comunicativa possa essere presente nel campione considerato.
Abbiamo ipotizzato, infine, di riscontrare la presenza di feedback di rinforzo, di rassicurazioni e dell’utilizzo del nome proprio del chiamante.
I feedback di rinforzo messi in atto dall’operatore sono volti a comunicare l’avvenuta comprensione del messaggio che il chiamante ha inviato,
attraverso una ripetizione (“eco”) dell’indirizzo, o dell’età del paziente, o
dei sintomi riscontrati (Flin et al., 2008).
Gli aspetti legati al conforto, alla rassicurazione del chiamante costituiscono modalità comunicative efficaci atte a trasmettere supporto emotivo
(Radeschi e Rocca, 1995): ci aspettiamo che tali rassicurazioni siano elargite dagli operatori qui considerati.
Infine, rispetto a quanto sostenuto da Radeschi e Rocca (1995) in merito
all’importanza di condurre la telefonata chiamando per nome l’utente, al
fine di comunicargli una maggiore vicinanza rispetto a ciò che sta vivendo,
possiamo aspettarci che tale modalità comunicativa sia riscontrabile nelle
telefonate considerate.
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Metodo
Procedura e strumenti
Nella ricerca sono state esaminate 217 telefonate di emergenza provenienti dalla Centrale Operativa 118-ReggioSoccorso avvenute in tre giornate differenti e scelte in modo casuale (9 novembre 2003; 6 dicembre 2003;
28 giugno 2004). Nell’arco di queste giornate sono stati scelti tre turni: dalle 24 alle 8, dalle 8 alle 16, dalle 16 alle 24. Le 217 telefonate sono state
selezionate sulla base della durata e degli scopi: per quanto concerne la durata, dato che le telefonate che si svolgono entro l’arco di un minuto possono rientrare nella routine operativa, l’attenzione è stata focalizzata sulle telefonate di durata superiore ai 60 secondi. Infatti, una buona regola stabilisce che l’operatore debba sapere rispondere alla richiesta entro 60 secondi,
limite usato come obiettivo e non come limite assoluto. Per quanto riguarda
invece gli scopi, abbiamo escluso dall’analisi le telefonate di trasporto programmato in ospedale del chiamante o una richiesta per un intervento di tipo veterinario oppure ancora chiamate provenienti da altri operatori
dell’emergenza (operatori di polizia, vigili del fuoco). Sulla base di questi
criteri sono state dunque eliminate le telefonate maggiormente di routine, al
fine di concentrare l’attenzione su quelle più delicate da un punto di vista
operativo.
Per quanto concerne il genere degli operatori, nel 58% delle telefonate
(n = 126) l’operatore era donna, mentre nel 42% (n = 91) l’operatore era
uomo.
Analisi dei dati
La metodologia di analisi impiegata in questa indagine è l’analisi del
contenuto, definita da Rositi (1988, p. 66) come «un insieme di metodi che
sono orientati al controllo di determinate ipotesi su fatti di comunicazione
(emittenti, messaggi, destinatari e loro relazioni) e che a tale scopo utilizzano procedure di scomposizione analitica e di classificazione, normalmente
a destinazione statistica, di testi e di altri sistemi simbolici». Tramite l’analisi del contenuto tematico (Smith, 2000) delle chiamate telefoniche al 118,
in linea con i criteri di esclusività, omogeneità ed esaustività, si è proceduto
a identificare le diverse categorie di comunicazione che esulano da aspetti
prettamente tecnici. Le categorie riscontrate tramite analisi del contenuto
sono state discusse tra gli autori. Si è ipotizzato l’esistenza di cinque categorie di comunicazioni: ascolto attivo, tecnica del “disco rotto”, feedback
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di rinforzo, rassicurazioni, utilizzo del nome del chiamante. Tuttavia si è
ritenuto che tali categorie non fossero esaustive per cui ci si aspettava di
riscontrarne altre.
Per ciò che concerne l’analisi dei dati, oltre alle statistiche descrittive è
stato utilizzato il “chi quadro” per verificare le differenze di genere nell’utilizzo delle categorie di strategie comunicative identificate.
Risultati
Dall’ascolto delle 217 telefonate di emergenza è stata rilevata la presenza delle cinque strategie comunicative individuate in partenza, ovvero ascolto attivo, “disco rotto”, feedback di rinforzo, rassicurazioni e utilizzo
del nome del chiamante confermando, quindi, le aspettative della presente
indagine. Tuttavia, nel corso dell’ascolto sono emerse ulteriori cinque strategie comunicative attuate dagli operatori che non rientravano tra le ipotesi
formulate: reiterazione parziale, ipotesi/conferma, ripetizione, valorizzazione del comportamento del chiamante e riconoscimento del suo stato emotivo. Le modalità comunicative riscontrate nel campione di telefonate
considerato sono, dunque, dieci e sono descritte nella tabella 1.
Ascolto attivo
Le espressioni verbali identificate come capaci di evidenziare la presenza di un ascolto attivo da parte dell’operatore sono le seguenti:
– “sì…”;
– “hum…”;
– “certo…”;
– “certamente...”;
– “capisco...”;
– “ho capito...”.
Esse sono pronunciate ripetutamente dagli operatori nel corso della conversazione con i chiamanti: in questo modo l’operatore supporta il chiamante nella conduzione del suo discorso trasmettendogli, quindi, la sensazione di essere ascoltato. Rare sono le telefonate in cui gli operatori sono
stati in totale silenzio e, nei casi in cui ciò è stato riscontrato, si è rilevato
come tali telefonate fossero maggiormente di routine o, comunque, inerenti
a situazioni meno gravi. Dall’analisi delle frequenze è emerso che la presenza di queste espressioni verbali, categorizzate come ascolto attivo, si riscontra nell’89% dei casi, ovvero in 193 telefonate su 217.
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Tab. 1 – Strategie comunicative adottate dagli operatori
Categoria
%
Parole/frasi chiave
1. Ascolto attivo
89% “si...”, “hum...”,
2. Rassicurazioni
77% Arriviamo, partiamo, è una cosa
normale, non c’è
niente, può succedere, state tranquilli,
non ti preoccupare
3. Feedback di rinforzo
72%
4. Disco rotto
5%
5. Utilizzo del nome del
chiamante
6. Ipotesi/conferma
5%
Signor...
18%
Quindi…
7. Domande multiple
8%
8. Valorizzazione del
comportamento del
chiamante
9. Reiterazione parziale
6%
Va bene, molto bene, ha fatto bene
3%
Mi diceva che..
10. Riconoscimento
dello stato emotivo del
chiamante
1%
Capisco, si sente…,
mi rendo conto…
Esempi di conversazione
“certo signore”, “capisco signora”
“L’ambulanza sta arrivando!”; “È
stato il movimento signora, sono
episodi che possono succedere...”;
“Lei stia tranquilla”; Ch: “Ma lo
sanno dov’è S. Nicola?” – Op:
“Certo… lo sanno dov’è signora...”
Op: “Dove?” – Ch: “Appena dopo la bonifica… incrocio con via
D’Este” – Op: “Appena dopo la
bonifica… incrocio con via
D’Este”; Op: “Dove ha male?” –
Ch: “Sul fianco destro” – Op: “Ha
male al fianco destro”
Op: “Cosa succede?” – Ch: “Ho
mia mamma che...” – Op: “cosa
succede?”
“Mi dica signor…”
Ch: “Parla in modo strano” – Op:
“Quindi praticamente non riesce a
formulare bene le parole”
“Da cosa è derivata questa tosse?
A cosa è dovuta la tosse?”; “Ma
era cosciente prima? È rimasto
cosciente prima?”
“Quello che ha fatto è correttissimo!”; “Va benissimo il ghiaccio!”
Ch: “È accaldato, non sudato…
(ulteriore
conversazione
del
chiamante)” – Op: “Mi diceva
che non è sudato, sudaticcio...”
“Mi rendo conto… capisco la sua
situazione...”
Nota. Op sta per operatore; Ch sta per chiamante.
L’analisi del “chi quadro” non ha evidenziato nessuna differenza di genere nell’utilizzo dell’ascolto attivo [ 2 (1, n = 217) = 1.66, p > 0.05].
Feedback di rinforzo
Il feedback di rinforzo è la ripetizione completa, da parte dell’operatore,
dell’informazione del chiamante, volta a confermare la corretta ricezione e
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comprensione. Nel campione considerato, sono emersi quattro tipi di informazioni che vengono riprodotti “ad eco”:
– l’indirizzo, che include la via, il numero civico, la città, la zona interessata;
– l’età del paziente;
– i sintomi del paziente;
– la dinamica dell’accaduto.
I feedback di rinforzo sono stati riscontrati nel 71% delle telefonate (n =
154). In particolare, in 54 casi su 154 è presente più di un tipo di informazione reiterata (da due a tre) all’interno di un’unica chiamata; in un solo caso sono state riscontrate tutte e quattro le tipologie.
Il feedback di rinforzo maggiormente utilizzato dall’operatore è relativo
all’indirizzo: esso risulta presente nel 51% delle telefonate (n = 111). Alcuni esempi di ripetizione dell’indirizzo (via, numero civico, città, zona interessata) sono i seguenti: Op: “Via?” – Ch: “Via Lovani, 14” – Op: “Lovani,
14”; Op: “Numero?” – Ch: “5/a” – Op: “5/a”; Op: “Località?” – Ch: “Montecchio” – Op: “Montecchio”.
Il feedback di rinforzo riguardante i sintomi del paziente è presente nel
27% delle telefonate (n = 58). Un esempio è il seguente: Op: “Che cos’ha?”
– Ch: “Ha un nodo stretto alla gola” – Op: “Ha un nodo stretto alla gola”.
I feedback di rinforzo riguardante l’età del paziente e la dinamica
dell’accaduto sono entrambi presenti nel 12% delle telefonate (n = 25). Alcuni esempi: Op: “Quanti anni ha?” – Ch: “67 anni” – Op: “67 anni”; Op:
“Cosa è successo?” – Ch: “Ho qua un ragazzo al quale è caduta addosso
un’ascia” – Op: “È caduta addosso un’ascia”.
L’analisi del “chi quadro” non ha evidenziato nessuna differenza fra operatori di sesso maschile o femminile nell’utilizzo del feedback in generale [ 2 (1, n = 217) = 1.18, p > 0.05], del feedback dell’indirizzo [ 2 (1, n =
217) = 0.02, p > 0.05], del feedback degli anni [ 2 (1, n = 217) = 0.05, p >
0.05] e nel feedback della dinamica dell’accaduto [ 2 (1, n = 217) = 0.05, p
> 0.05]. Si è trovata, invece, una differenza di genere nell’utilizzo del feedback dei sintomi del paziente [ 2 (1, n = 217) = 6.69, p = 0.01]; le donne li
utilizzano più frequentemente.
Rassicurazioni
La rassicurazione è un comportamento comunicativo volto a tranquillizzare i chiamanti preoccupati e ansiosi con un messaggio centrato sulla presa
in carico del problema e dirette esortazioni alla calma. Nel corso dell’analisi delle telefonate sono stati identificati quattro sottotipi di rassicurazione:
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– rassicurazione sull’invio dei soccorsi, volta a confermare al chiamante
l’immediata attivazione dei mezzi necessari dimostrando che si sta effettivamente agendo concretamente per aiutarlo;
– rassicurazione sullo stato del paziente, volta a ridurre la percezione di
gravità posseduta dal chiamante in merito alla situazione critica che sta
vivendo in prima o seconda persona;
– rassicurazione sulla qualità del servizio, volta a confortare il chiamante
sull’affidabilità del mestiere svolto dall’operatore nei casi in cui il primo
dubiti della professionalità del secondo per paura che la situazione non
si risolva;
– rassicurazione emotiva direttamente volta a trasmettere prossimità, vicinanza ed a ridurre il carico emotivo posseduto dal chiamante in merito a
ciò che sta vivendo.
La percentuale delle conversazioni in cui sono presenti rassicurazioni è
del 77% (n = 168). In particolare, in 19 telefonate su 168 sono presenti da
due a tre rassicurazioni all’interno di una stessa chiamata, mentre in nessun
caso sono presenti tutte e quattro le tipologie.
La tipologia di rassicurazione più utilizzata dagli operatori è quella relativa all’invio dei soccorsi: essa si è riscontrata nel 71% delle telefonate (n =
155). Alcuni esempi sono i seguenti: Op: “L’ambulanza sta arrivando!”;
Op: “L’ambulanza parte immediatamente!”; Op: “Tempo di fare la strada e
l’ambulanza arriva subito!”.
Nel 10% delle telefonate (n = 21) gli operatori hanno utilizzato rassicurazioni sullo stato di gravità del paziente, tra le quali: Op: “Non è in pericolo di vita quindi è il caso di tranquillizzarsi…”; Op: “È stato il movimento
signora, sono episodi che possono succedere...”; Op: “Per un crampo signora non si va in ospedale”.
Nel 5% dei casi (n = 11) è stata rilevata la presenza di rassicurazioni
emotive direttamente al chiamante tra le quali: Op: “Stia tranquillo”; Op:
“Non si preoccupi”.
Nel 2% dei casi (n = 4) gli operatori hanno messo in atto rassicurazioni
sulla qualità del proprio servizio, tra le quali: Op: “I medici di guardia medica sono dei medici laureati che vengono a casa...”; Op: “Noi lo sappiamo
fare il nostro mestiere, se io insisto è per aiutarla meglio...”.
L’analisi del “chi quadro” non ha evidenziato nessuna differenza di genere nell’utilizzo delle rassicurazioni in generale [ 2 (1, n = 217) = 1.29, p
> 0.05], della rassicurazione sull’invio dei soccorsi [ 2 (1, n = 217) = 0.37,
p > 0.05], della rassicurazione sullo stato del paziente [ 2 (1, n = 217) =
3.14, p > 0.05], della rassicurazione sulla qualità del servizio [ 2 (1, n =
217) = 0.11, p > 0.05] e della rassicurazione dello stato emotivo vissuto dal
chiamante [ 2 (1, n = 217) = 2.69, p > 0.05].
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Disco rotto
La tecnica del “disco rotto”, consistente nella ripetizione delle medesime istruzioni o richieste da parte dell’operatore, è stata riscontrata nel 5%
delle telefonate (n = 11). I turni verbali di tale tecnica sono i seguenti: operatore-chiamante-operatore. Ciò significa che, tra una ripetizione e l’altra
delle medesime richieste dell’operatore, vi è l’intervento del chiamante. Se
così non fosse, vale a dire se il chiamante non proferisse parola tra una ripetizione e l’altra dell’operatore, non si tratterebbe di “disco rotto”, bensì di
ripetizione semplice e consecutiva. La tecnica del “disco rotto” è utilmente
adottata quando l’operatore si rende conto che non sta ottenendo dal chiamante ciò di cui ha bisogno, nonché quando quest’ultimo usa interromperlo
frequentemente. Alcuni esempi riscontrati nelle telefonate considerate sono
i seguenti: Op: “Che colore?” – Ch: “Metallizzata” – Op: “Che colore?” –
“Metallizzata” – Op: “Ho capito metallizzata, ma che colore?”; Op: “Cosa
le han trovato?” – Ch: “Ho capito” – Op: “Cosa le han trovato?”; Op: “Prende delle medicine?” – Ch: “Prende le medicine che… prende quello che deve
prendere! Mi mandi l’ambulanza!” – Op: “Prende delle medicine?” – Ch:
“Ho detto di mandarmi l’ambulanza!” – Op: “Prende delle medicine?”.
L’analisi del “chi quadro” non ha mostrato nessuna differenza di genere
nell’utilizzo del “disco rotto” [ 2 (1, n = 217) = 2.24, p > 0.05].
Utilizzo del nome del chiamante
Dall’ascolto delle telefonate è emerso che nel 5% dei casi (n = 10) gli
operatori chiamano per nome il chiamante durante il corso della conversazione.
L’analisi del “chi quadro” non ha evidenziato nessuna differenza di genere nell’utilizzo del nome del chiamante [ 2 (1, n = 217) = 0.28, p > 0.05].
Ipotesi/conferma
Dall’ascolto delle telefonate è emerso come l’operatore, in alcuni casi,
metta in atto una sorta di ipotesi/conferma: sul piano pratico, l’operatore
formula un’ipotesi rispetto a quanto detto dal chiamante, chiedendogli poi
una conferma con un tono leggermente interrogativo. Questo permette
all’operatore di comprendere meglio quanto si sta verificando, dimostrando
al chiamante l’attenzione e l’interesse riposti verso la sua situazione. Nel
18% delle telefonate (n = 38) l’operatore ha attuato la modalità di ipote17
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si/conferma. Alcuni esempi emersi sono i seguenti: Ch: “È affannato” –
Op: “Quindi ha un respiro veloce”; Ch: “È coricato in terra e si tiene il cuore” – Op: “Quindi è cosciente”.
L’analisi del “chi quadro” non ha mostrato nessuna differenza di genere
nell’utilizzo della strategia comunicativa ipotesi/conferma [ 2 (1, n = 217)
= 0.15, p > 0.05].
Domande multiple
Le domande multiple riguardano quei casi in cui l’operatore ripete la
domanda in maniera consecutiva, senza l’intervento del chiamante. La ripetizione è stata riscontrata nell’8% delle telefonate (n = 18). Alcuni esempi
rilevati sono i seguenti: Op: “Quante auto sono coinvolte? Quanti mezzi
sono coinvolti?”; Op: “Il dolore ce l’ha da qualche parte? Di dolore ne
ha?”.
L’analisi del “chi quadro” non ha evidenziato nessuna differenza di genere nell’utilizzo della strategia comunicativa ipotesi/conferma [ 2 (1, n =
217) = 1.50, p > 0.05].
Valorizzazione del comportamento del chiamante
Per “valorizzazione del comportamento del chiamante” si intendono le
espressioni di supporto riguardo alle azioni già compiute dal chiamante per
migliorare la situazione, ovvero per ridurne la criticità. Si tratta di “conferme” che l’operatore elargisce al chiamante e che gli permettono di non percepirsi incapace di gestire l’evento critico. La valorizzazione del comportamento del chiamante è stata rilevata nel 6% delle telefonate (n = 12). Alcuni esempi di valorizzazione del comportamento del chiamante emersi
dall’ascolto sono i seguenti: Op: “Quello che può fare è quello che già sta
facendo!”; Op: “Quello che ha fatto è correttissimo!”.
L’analisi del “chi quadro” non ha mostrato nessuna differenza di genere
nella valorizzazione del comportamento del chiamante [ 2 (1, n = 217) =
0.00, p > 0.05].
Reiterazione parziale
La reiterazione parziale ha lo scopo di invitare il chiamante a fornire ulteriori spiegazioni circa un determinato aspetto, approfondendo ulteriormente
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quanto da lui già espresso: sul piano pratico, l’operatore identifica a sua discrezione uno o più elementi da indagare in maniera più profonda, riprendendo le parole pronunciate dal chiamante durante il suo racconto. Il tono di voce dell’operatore risulta essere lievemente interrogativo ed è seguito, poi, da
una pausa al fine di delineare il passaggio di turno conversazionale. Tale modalità è stata rilevata nel 3% delle telefonate (n = 6).
Alcuni esempi sono i seguenti: Ch: “C’è una ragazza che non si sente bene… (ulteriore conversazione del chiamante)” – Op: “Mi diceva che la ragazza non si sentiva bene...”; Ch: “Ha avuto un infarto… (ulteriore conversazione del chiamante)” – Op: “Quindi mi diceva che ha avuto un infarto...”.
L’analisi del “chi quadro” non ha mostrato nessuna differenza di genere
nell’utilizzo della reiterazione o riformulazione parziale [ 2 (1, n = 217) =
0.17, p > 0.05].
Riconoscimento dello stato emotivo
Il riconoscimento dello stato emotivo del chiamante include quelle espressioni di empatia in cui l’operatore rileva lo stato d’animo e comunica
il fatto di averlo riconosciuto: si tratta di una riformulazione dell’emozione
rispetto alla quale l’operatore comunica attenzione ai vissuti emotivi del
chiamante traducendo, in parole, il significato personale emotivo da lui
posseduto (Calvi, 2007). In tre casi è stata riscontrata la presenza di questa
modalità comunicativa: Op: “La metterà sicuramente in agitazione il ricovero di sua nonna… è giustificato...”; Op: “Mi rendo conto..capisco la sua
situazione...”; Ch: “Sono una persona molto ansiosa...” – Op: “La sento signora...”.
Sono state le operatrici di sesso femminile a riconoscere lo stato emotivo del chiamante in tutti e tre i casi.
Discussione
In questo studio ci eravamo posti l’obiettivo di investigare le strategie
comunicative messe in atto dagli operatori della Centrale Operativa del
118. Avevamo ipotizzato di riscontrare cinque categorie di strategie comunicative: ascolto attivo, tecnica del “disco rotto”, feedback di rinforzo, rassicurazioni e utilizzo del nome del chiamante. I risultati hanno mostrato
l’esistenza di queste strategie assieme alla presenza di altre cinque: reiterazione parziale, ipotesi/conferma, domande multiple, valorizzazione del
comportamento del chiamante e riconoscimento del suo stato emotivo.
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Il dato di maggiore evidenza è certamente rappresentato dall’ascolto attivo: tale strategia è stata adottata dagli operatori nel corso della conversazione con il chiamante nell’89% delle telefonate. L’ascolto attivo, tramite i
messaggi di accoglimento inviati dagli operatori ai chiamanti sotto forma di
espressioni verbali quali “Sì”, “Certo”, “Hum”, indicano la capacità e la volontà dei primi di seguire con attenzione i contenuti espressi dai secondi
comunicando loro interesse e partecipazione costanti. La presenza importante di questa strategia probabilmente sarebbe da ricondurre alla sua efficacia: è possibile che gli operatori abbiano appreso tale tecnica con
l’esperienza o in modo vicario poiché hanno esperito che favorisce una dinamica comunicativa tesa alla collaborazione e quindi più produttiva. Questa tecnica potrebbe rivelarsi ancora più utile nel lavoro in Centrale Operativa, rispetto ad altre realtà quali i call center, proprio perché si tratta di una
professione definibile come “high touch” (a contatto continuo) in quanto
comporta numerosi contatti diretti con persone in difficoltà (Maslach e Leiter, 2000).
Le altre due strategie utilizzate più frequentemente sono il feedback di
rinforzo e le rassicurazioni. Se l’ascolto attivo era presente in nove telefonate su dieci, il feedback di rinforzo e le rassicurazioni sono state riscontrate in sette telefonate su dieci. Il feedback di rinforzo costituisce un messaggio di ritorno al chiamante su quanto da lui o lei espresso. Tale modalità,
oltre ad avere un’utilità in termini di sicurezza operativa, poiché si ripetono
le informazioni essenziali fornite dal chiamante riducendo, così, la possibilità di errori di gestione, si può ipotizzare trasmetta all’interlocutore la percezione di essere ascoltato, aspetto come si è detto basilare all’interno di
una presa in carico. Il feedback di rinforzo, sia che riguardi la ripetizione
dell’indirizzo, degli anni del paziente, della dinamica dell’accaduto o dei
sintomi riscontrati, presenta dunque un duplice ruolo: per il chiamante è
importante in quanto mostra attenzione e precisione dell’operatore; per
quest’ultimo, serve in prima persona al fine di verificare se quanto udito dal
chiamante è corretto, consentendogli di compiere al meglio tutte le operazioni necessarie ad affrontare la situazione critica. Riguardo alle differenze
di genere, sono le donne in particolare a ripetere “ad eco” la sintomatologia
riscontrata; pertanto sembrerebbero, rispetto ai loro colleghi di sesso maschile, maggiormente propense a focalizzare l’attenzione verso ciò che
concerne l’aspetto legato al dolore e la descrizione delle motivazioni che
hanno indotto l’utente a chiamare.
La rassicurazione costituisce, come si è detto, un’altra frequente strategia adottata dagli operatori. L’obiettivo di questa strategia è chiaramente
rivolto a lenire l’ansia e le preoccupazioni riportate più o meno direttamente dai chiamanti. Tra quelle esaminate, l’invio tempestivo dei soccorsi è la
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più utilizzata anche perché il chiamante richiede un intervento immediato e
a volte è convinto erroneamente che l’invio dell’ambulanza avvenga alla
chiusura della telefonata.
La valorizzazione del comportamento del chiamante è presente in una
telefonata su venti. Questa strategia è volta a porre l’accento su quanto di
buono ha fatto il chiamante per gestire la criticità, per tranquillizzarlo e rinforzare le azioni compiute. Se la valorizzazione del comportamento del
chiamante si focalizza sul comportamento, il riconoscimento dello stato
emotivo ha l’obiettivo di esprimere empatia con lo stato d’animo da lui o
lei vissuto. Questa strategia è risultata poco frequente, essendo stata riscontrata solo tre volte nel nostro campione di telefonate. Inoltre riguarda esclusivamente operatrici di sesso femminile. Quest’ultimo dato sembra essere
in linea con meta-analisi di studi sulla personalità nella popolazione generale che hanno evidenziato una maggiore empatia nelle donne (Eisenberg e
Lennon, 1983; Feingold, 1994) e con i risultati di una meta-analisi sulle
modalità comunicative dei medici dalla quale emerge la maggiore presenza
di affermazioni tese al riconoscimento dello stato emotivo del paziente nelle operatrici di sesso femminile (Roter, Hall e Aoki, 2002).
Risultano poco utilizzate tecniche come il “disco rotto” che ha
l’obiettivo di formulare più volte una richiesta che non è ascoltata dal
chiamante. Le statistiche fornite dal numero di emergenza americano, il
911, hanno riportato che nel 4% dei casi gli operatori si trovano di fronte a
chiamanti caratterizzati da un carico emotivo talmente intenso da rendere
molto difficile l’adeguata gestione della telefonata (Goldstein, 1982). A tale
proposito, si può pensare che la tecnica del “disco rotto” e la messa in atto
di ripetizione consecutiva da parte degli operatori possano costituire delle
strategie opportune da applicare in queste circostanze per ottenere le informazioni indispensabili per il soccorso sanitario.
Appaiono poco utilizzate tecniche come la reiterazione parziale,
l’ipotesi/conferma e le domande multiple. In questo ultimo caso si tratta di
una formulazione che pone enfasi su determinate parole considerate importanti dall’operatore anche se può rappresentare un’inutile ridondanza.
Un dato interessante concerne la pratica degli operatori di domandare il
nome del chiamante e di utilizzarlo nel corso della telefonata: ciò è stato
riscontrato nel 5% dei casi. Vista l’importanza di tale pratica ai fini di un
incremento della prossimità nella relazione con il chiamante, considerate
importanti in circostanze delicate come quelle di emergenza, ci si aspettava
un suo maggiore utilizzo. La presenza di una percentuale elevata di ascolto
attivo può eventualmente compensare la scarsa numerosità dell’utilizzo del
nome del chiamante, in quanto entrambe le modalità sono comunque volte
a infondere vicinanza all’interlocutore. È probabile che la criticità della si21
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tuazione che gli operatori riscontrano nel corso delle numerose telefonate li
scoraggi a chiamare per nome l’interlocutore, in quanto centrati più sulla
risoluzione del problema; oppure che percepiscano l’uso del nome come
troppo “intimo” e quindi non professionale.
Sulla base dei risultati ottenuti ci si può chiedere quali siano le implicazioni pratiche. Come si è detto, lo studio ha preso spunto dal bisogno espresso dagli operatori di avere dei feedback rispetto alle strategie comunicative messe in atto (Forslund et al., 2004). Riteniamo che le categorie di
strategie comunicative possano essere presentate e discusse in corsi di formazione al fine di aiutare gli operatori di Centrale Operativa a comprenderne i pro e i contro. Non solo: queste strategie comunicative, assieme ad altri
elementi della comunicazione telefonica, costituiscono elementi utili, a nostro avviso, per creare una griglia di valutazione delle competenze comunicative degli operatori di Centrale Operativa. Interventi di valutazione e
formazione si potrebbero focalizzare principalmente sull’abilità di ascolto:
essa rappresenta, infatti, la risorsa principale, la condizione necessaria per
potere iniziare ad interagire e per porre le basi di un rapporto di fiducia con
il chiamante, senza il quale potrà risultare difficile, per l’operatore, essere a
sua volta ascoltato. Appare inoltre importante insistere sulla necessità di
accompagnare l’ascolto attivo alla pratica basata sull’utilizzo del nome del
chiamante durante la conversazione.
Se è importante aiutare gli operatori di Centrale Operativa a considerare
il piano emotivo dei chiamanti, risulta nel contempo determinante anche la
“tutela emotiva” degli operatori stessi, considerando gli eventuali rischi
psicosociali tipici delle helping professions: l’esperienza del burnout, ad
esempio, risulta essere un fenomeno di estremo interesse e preoccupazione
per le conseguenze negative che comporta soprattutto per le professioni di
aiuto. Se il chiamante è percepito esclusivamente come portatore di problemi da risolvere, o come una persona che riceve passivamente l’aiuto
dell’operatore senza attivarsi per intervenire nella propria situazione problematica, colui che offre l’aiuto sentirà maggiormente il peso della propria
responsabilità, con il rischio che ciò gli provochi, a lungo andare, un logoramento emotivo, rendendosi conto che il destino del chiamante è solo nelle
sue mani (Maslach, 1992). Si ritiene, dunque, essenziale informare gli operatori dell’esistenza di tali rischi ed eventualmente agire impiegando modalità preventive: esse potrebbero basarsi non solo sull’individuazione degli
aspetti positivi della professione ma, soprattutto, sul lavoro di équipe, creando ed alimentando il senso di squadra e di collaborazione che per gli operatori del 118 è basilare; condividendo poi la gestione del carico di lavoro e
le problematiche comuni alla professione con tutto il gruppo, attraverso un
sostegno interpersonale e reciproco.
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I risultati di questo studio esplorativo possono avere un’importanza dal
punto di vista teorico per arrivare a una definizione e classificazione delle
strategie comunicative messe in atto dagli operatori di Centrale Operativa.
Futuri studi potranno verificare se le categorie di strategie riscontrate nel
campione di telefonate investigate in questo studio possano essere generalizzabili ad altri contesti operativi o se debbano essere riformulate. Futuri
studi potranno, inoltre, focalizzarsi sulle strategie messe in atto dagli operatori con utenti particolari quali stranieri con scarsa padronanza dell’italiano
o minori.
Per quanto riguarda i limiti della presente ricerca, in primo luogo si può
affermare che i risultati ottenuti siano privi della capacità di rappresentare
un fenomeno generale e, dunque, non estendibili a tutta la popolazione considerata, ovvero a tutti gli operatori di Centrale Operativa 118. Di norma, i
risultati che si ottengono da questo tipo di analisi sono infatti definiti “profondi” e non “estesi” (Cicognani, 2002). In secondo luogo, il campione delle telefonate è stato reperito soltanto presso la Centrale Operativa di Reggio
Emilia: in questo modo, si può ipotizzare che gli operatori che hanno risposto alle telefonate siano più o meno sempre gli stessi e non vi sia una grande varietà. L’innegabile presenza di limiti effettivamente riscontrati nella
ricerca non nega, comunque, l’importanza dei risultati ottenuti: lo studio ha
messo in luce la presenza di dieci tipologie di strategie utilizzate con differente frequenza dagli operatori, evidenziando così la complessità della materia di indagine. Va sottolineata, infine, l’originalità dello studio che rappresenta il primo lavoro avente l’obiettivo di categorizzare le strategie comunicative utilizzate dagli operatori dell’emergenza al telefono.
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