La normativa antiriciclaggio e le sue implicazioni sull

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La normativa antiriciclaggio e le sue implicazioni sull
LA NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO E LE SUE
IMPLICAZIONI SULL’ATTIVITÀ LAVORATIVA:
UNA LETTURA DALLA PARTE DEL BANCARIO
“Il riciclaggio è il reimpiego dei profitti, derivanti da attività delittuose, in attività
lecite di carattere commerciale e finanziario, che sfruttando la fungibilità e la
prolificità del denaro, turbano la concorrenza tra imprese e inquinano l'economia
mettendone a repentaglio la democraticità” (GAFI).
IL QUADRO NORMATIVO
La normativa antiriciclaggio è contenuta in un articolato sistema di fonti a livello
internazionale, comunitario e nazionale.
 A livello internazionale un contributo fondamentale nel processo di
armonizzazione normativa è stato fornito dal GAFI, organismo internazionale, in
seno all’OCSE, attore nel contrasto al riciclaggio, al finanziamento del terrorismo
e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa. Il GAFI ha emanato una
serie di regole standards, le "40 Raccomandazioni", alle quali nel 2001 si sono
sommate le 9 Raccomandazioni Speciali in materia di contrasto al finanziamento
del terrorismo internazionale. La materia è stata interamente rivista nel febbraio
2012, con l'adozione degli International Standards on Combating Money
Laundering and the Financing of Terrorism & Proliferation (le nuove "40
Raccomandazioni").
 La disciplina comunitaria in materia è contenuta nella Direttiva 2005/60/CE del
Parlamento e del Consiglio (Terza Direttiva antiriciclaggio), attuata dalla
Direttiva 2006/70/CE della Commissione Europea. Sono in corso
approfondimenti per aggiornare le disposizioni della Terza Direttiva in relazione
sia alle criticità emerse in sede applicativa sia alla luce dei nuovi standards GAFI.
 Decreto legge 143/1991 convertito con modificazioni dalla legge 197/1991:
introduzione delle misure di prevenzione del riciclaggio.
 Decreto legislativo 153/1997: rivisitazione del sistema delle operazioni sospette.
 Decreto legislativo 374/1999: estensione di taluni obblighi antiriciclaggio a
categorie economiche differenti dagli intermediari finanziari.
 Decreto legislativo 231/2001: la responsabilità amministrativa degli Enti
giuridici.
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 Decreto legislativo 56/2004: estensione degli obblighi ai professionisti dell’area
economico-contabile.
 Decreto legislativo 231/2007: rivisitazione completa dell’intero impianto
normativo, sul contenuto di questo decreto legislativo si fonda attualmente la
vigente normativa antiriciclaggio.
 Decreto legislativo 109/2007 : modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 21
novembre 2007, n. 231.
 Provvedimento Banca d’Italia 3 aprile 2013: disposizioni attuative in materia dì
adeguata verifica della clientela, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del decreto
legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
LA LEGGE N. 197/91
Introdusse nel lontano 1991 precise prescrizioni a carico degli intermediari
abilitati, in relazione all’osservanza della normativa antiriciclaggio. Si trattò, per la
prima volta, di richiedere alle aziende di credito l’esecuzione di precisi obblighi
d’identificazione, di rilevazione e di registrazione delle operazioni effettuate, ma anche
e soprattutto puntuali obblighi di segnalazione delle “operazioni sospette”, di qualunque
importo esse fossero e indipendentemente dal fatto che l’operatore desse o no corso
all’operazione stessa.
La legge aveva introdotto il principio della “collaborazione attiva”, per cui gli
intermediari, prima impegnati solo ad agevolare l'accesso alle informazioni da parte
dell’Autorità, erano da quel momento chiamati a partecipare direttamente alla lotta
contro il riciclaggio, avendo il dovere di fornire, tempestivamente, alle autorità
competenti informazioni utili ai fini di giustizia. Una vera rivoluzione copernicana.
IL DLGS 231/2007
Il Dlgs 231/2007, nel recepire le disposizioni comunitarie (Direttiva 2005/60/CE
26 ottobre 2005) in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del riciclaggio e
del finanziamento del terrorismo, ha riscritto la norma, confermando complessivamente
l’impianto legislativo precedente, con un aumento delle restrizioni e alcune novità, in
specie circa l’uso del contante e dei titoli al portatore.
IL CONTRASTO AL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO E DELLA
PROLIFERAZIONE DELLE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA
In conseguenza degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, a livello
internazionale e delle varie autorità nazionali, sono state adottate normative atte a
contrastare il terrorismo anche sul piano finanziario.
Già in precedenza, la Convenzione delle Nazioni Unite per la Soppressione del
Finanziamento del Terrorismo del dicembre 1999, aveva ampliato i dispositivi per il
contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo internazionale.
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Nell'ottobre 2001, il GAFI, al fine di estendere il proprio mandato al contrasto del
finanziamento del terrorismo, ha promulgato le 8 Raccomandazioni Speciali (poi ha
emanato la Raccomandazione Speciale 9).
Le normative internazionali, in Italia, sono state raccolte e articolate nel decreto
n.109/2007, emanato in recepimento della Direttiva 2005/60/CE.
Il decreto n. 109/2007 impone ai soggetti obbligati, riguardo a persone o entità sospettati
di finanziare il terrorismo e come tali inseriti nelle “black list ufficiali”, di:
 congelare i fondi e le risorse economiche di soggetti designati in regolamenti
comunitari;
 comunicare le relative misure di congelamento applicate alla UIF e anche al
Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza nel caso di risorse
economiche;
 segnalare all’UIF come sospette le operazioni, i rapporti e ogni altra informazione
disponibile, riconducibile ai soggetti contenuti nelle liste diffuse dalla UIF stessa;
 segnalare all’UIF operazioni sospette che, in base alle informazioni disponibili,
siano direttamente o indirettamente riconducibili ad attività di finanziamento del
terrorismo.
Quale strumento di ausilio per la rilevazione di operazioni sospette riconducibili al
fenomeno del finanziamento dei programmi di proliferazione di armi di distruzione di
massa, la Banca d'Italia, il 10 novembre 2009, ha emanato delle apposite indicazioni
operative.
L’UNITÀ DI INFORMAZIONE FINANZIARIA (U.I.F.)
Gli standards internazionali prevedono l'istituzione in ciascuna nazione di
un’unità d’informazione finanziaria incaricata di ricevere e approfondire segnalazioni di
operazioni sospette e altre informazioni inerenti il riciclaggio, i connessi reati
presupposto e il finanziamento del terrorismo, nonché di trasmettere i risultati di tali
approfondimenti agli organi competenti per le successive investigazioni.
L'Unità d’informazione finanziaria (UIF) è la Financial Intelligence Unit (FIU) per
l'Italia; essa è stata istituita presso la Banca d'Italia il 1° gennaio 2008. Fino a tale data,
le prerogative dell’U.I.F. erano svolte dall’U.I.C., disciolto contestualmente alla
creazione dell’UIF.
L’UIF esercita le proprie funzioni in piena autonomia e indipendenza, avvalendosi di
mezzi finanziari, risorse umane e tecniche attribuiti dalla Banca d'Italia.
L'organizzazione e il funzionamento della UIF sono disciplinate con regolamento della
Banca d'Italia.
L’UIF effettua l'analisi finanziaria delle operazioni sospette segnalate dai soggetti a ciò
obbligati dalla legge (intermediari finanziari, professionisti e altri operatori non
finanziari) e approfondisce ogni fatto che potrebbe essere correlato a riciclaggio o
finanziamento del terrorismo. A tal fine essa acquisisce ulteriori informazioni dai
predetti soggetti, anche attraverso accertamenti ispettivi; collabora con FIU estere e, in
ambito nazionale, scambia informazioni e collabora con le autorità di vigilanza di
settore, con l'autorità giudiziaria, con altre autorità e forze di polizia competenti.
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LA DEFINIZIONE DI RICICLAGGIO (Art. 2 - 231/2007)
Ai soli fini del presente decreto le seguenti azioni, se commesse
intenzionalmente, costituiscono riciclaggio:
a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi
provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di
occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia
coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
b) l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione,
disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a
conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a
tale attività;
c) l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento
della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una
partecipazione a tale attività;
d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l'associazione per
commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare
qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione.
Il riciclaggio è considerato tale, anche se le attività che hanno generato i beni da
riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato comunitario o di un Paese terzo.
La conoscenza, l'intenzione o la finalità, che devono costituire un elemento degli atti di
cui al comma 1, possono essere dedotte da circostanze di fatto obiettive.
La definizione di riciclaggio fornita dall’articolo 2 del decreto 231/2007 vale solo
nell’ambito di applicazione di tale decreto, perché in effetti contrasta con la definizione
che si evince dall’articolo 648 bis del codice penale, in quanto, mentre quest’ultimo
esclude il reato di auto riciclaggio (“fuori dei casi di concorso nel reato”), il decreto
231/2007 lo prevede espressamente. Per ovviare a questa contraddizione legislativa
giace una proposta di legge, presentata all’ufficio di presidenza del Senato l’11 marzo
del 2009.
LA RESPONSABILITÀ PERSONALE
L’art. 5 del c.p. sancisce che " nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza
della Legge Penale" Per cui i colleghi, in caso di dubbio operativo, hanno l'obbligo di
informarsi sulla liceità dell'operazione, astenendosi, nel frattempo, dall'effettuarla,
perché questo dispone la legge.
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IL REATO DÌ RICICLAGGIO
L’art. 648 bis Riciclaggio, Capo II, titolo XIII del secondo libro del codice penale
(dei delitti contro il patrimonio) così recita:
“fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o
altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre
operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, é
punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 1.032 euro a 15.493
euro. La pena è aumentata, quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività
professionale”.
In relazione all’incipit dell’articolo, relativo al concetto di auto riciclaggio, si veda
quanto scritto poco sopra.
LA RILEVANZA GIURIDICA DEI DELITTI TRIBUTARI
Evasione fiscale e riciclaggio sono fenomeni tra loro collegati. Tutti gli illeciti di
carattere fiscale (anche i cosiddetti "guadagni in nero") configuranti un delitto e non un
semplice illecito amministrativo, possono costituire reato-presupposto con la
conseguenza che sono ad essi applicabili le norme volte a combattere il riciclaggio,
norme che impongono l'obbligo di segnalazione.
Per troppo tempo si è sotto rubricato il problema, nonostante che il quadro normativo
fosse al riguardo già chiaro. Per fornire una serie di riflessioni e riferimenti utili giova
fare, di seguito, una panoramica degli stessi.
La Banca d’Italia nelle Istruzioni operative del 12/01/2001 scriveva che in relazione ad
imposte dirette ed Iva, le fattispecie di dichiarazione fraudolenta,dichiarazione infedele,
omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti,
sono strumento per precostituire fondi di provenienza illecita da reinserire nel circuito
economico.
La Circolare n. 81 del 18 agosto 2008 del Comando Generale della Guardia di Finanza
indica la dichiarazione infedele come reato presupposto. Il Generale della Guardia di
Finanza Umberto Fava, intervenuto al convegno "Antiriciclaggio e usura: la tutela del
sistema", dopo aver ricordato agli operatori bancari presenti che la mancata
segnalazione di operazioni anomale può comportare conseguenze penali, ha consigliato
loro di segnalare tutte le operazioni allo sportello che sanno essere originate da evasione
fiscale. In queste ipotesi è, infatti, necessario, potendo l'evasione fiscale configurare un
delitto, demandare agli organi competenti (effettuando la segnalazione alla funzione
antiriciclaggio della propria azienda di appartenenza) la valutazione di merito; viceversa
il lavoratore rischia di assumersi pesanti responsabilità, di carattere amministrativo ma
anche penale.
A proposito del c.d. Scudo fiscale Ter, l’emendamento Fleres al decreto legge 103/2009,
correttivo del decreto legge 78/2009, poi convertito in legge ottobre 2009, così recita:
"né comporta l’obbligo di segnalazione di cui all’articolo 41 del decreto legislativo 21
novembre 2007, n. 231, relativamente ai rimpatri ovvero alle regolarizzazioni per i
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quali si determinano gli effetti di cui al comma 4, secondo periodo”. In altri termini,
nell’attuazione del rientro di capitali dall’estero l’autorità, nel caso dello scudo fiscale
ter, ha rinunciato ai controlli sul riciclaggio di denaro, cancellando, infatti, l’obbligo per
gli intermediari finanziari di segnalare all’U.I.F. quando essi hanno dubbi che le
disponibilità finanziarie oggetto di regolarizzazione o di rimpatrio siano collegate ai
reati tributari.
Ciò vuol dire che tutti i capitali che provenivano da “evasione fiscale”, avrebbero
dovuto essere oggetto di segnalazione all’U.I.F. da parte degli intermediari, in assenza
di una disposizione di legge ad hoc che li avesse esonerati dall’obbligo di segnalazione.
Le circolari sull’operatività connessa con lo scudo fiscale dell’Agenzia delle Entrate
(10/10/2009) e del Ministero dell’Economia (12/10/2009) hanno chiarito che gli
intermediari coinvolti nel perfezionamento dello scudo fiscale, restano soggetti a tutti i
presidi antiriciclaggio previsti dal decreto 231/2007, in termini di obblighi di adeguata
verifica, di registrazione e di segnalazione di operazioni sospette. Di conseguenza gli
intermediari dello scudo fiscale avrebbero dovuto provvedere: all’adeguata verifica della
clientela, alla registrazione dei dati, all’obbligo di segnalazione ogni qual volta fossero
stati nella condizione di sapere, sospettare o avere motivi per sospettare che le attività
erano frutto di reati diversi da quelli fiscali “scudati”.
A Parigi, il 16 febbraio 2012, il GAFI, l'organismo internazionale che coordina la lotta
contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, ha aggiornato le proprie
"raccomandazioni" con la richiesta “dell’introduzione formale nella sfera dei reati
presupposto di riciclaggio dei reati fiscali in materia di imposte dirette ed indirette”.
Ancora più dirimente appare quanto scritto in una recente sentenza (2012) del Tribunale
di Firenze, dove si leggono le seguenti parole: ”l’orientamento secondo cui vi è
incompatibilità fra frode fiscale e riciclaggio deve ritenersi ormai superato in base
all’attuale formulazione dell’articolo 648 bis, la quale ammette quale delitto
presupposto in via generalizzata qualsiasi delitto non colposo, superando la pregressa
indicazione tassativa dei reati presupposti. Il superamento dell’elencazione nominativa
dei delitti presupposto comporta che il delitto di riciclaggio può presupporre come
reato principale non solo delitti funzionalmente orientati alla creazione di capitali
illeciti quali la corruzione, la concussione, i reati societari,i reati fallimentari, ma
anche delitti che, secondo la visione più rigorosa e tradizionalmente ricevuta del
fenomeno,vi erano esterni,come ad esempio i delitti fiscali e qualsiasi altro (cfr.
Cass.,Sez.1,n.1024/2009 in motivazione).”
Da riportare infine la Risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2013 sulla
criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro. Al punto AQ si legge:
“che il riciclaggio di denaro è collegato non solo ad attività tipicamente associate alla
criminalità organizzata, ma anche alla corruzione, alla frode fiscale e all'evasione
fiscale”.
GLI OBBLIGHI DEL CLIENTE (ART. 21 - 231/2007)
I clienti sono obbligati a fornire, sotto la propria responsabilità, tutte le
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informazioni necessarie ed aggiornate per consentire agli intermediari di adempiere agli
obblighi di adeguata verifica della clientela.
Ai fini dell’identificazione del titolare effettivo, i clienti forniscono per iscritto, sotto la
propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie ed aggiornate delle quali sono a
conoscenza.
GLI OBBLIGHI DELL’INTERMEDIARIO
1. Obbligo di adeguata verifica della clientela (artt. 15 e ss) e obbligo di astensione dal
compimento dell’operazione (art. 23).
2. Obbligo di registrazione (artt. 36 e ss).
3. Obbligo di segnalazione di operazioni sospette (art. 41).
1) L’OBBLIGO D’ADEGUATA VERIFICA (art. 15 e ss - 231/2007)
In premessa è bene ricordare che pur trattandosi di un vincolo organizzativo a
carico delle aziende, nondimeno, l’obbligo, sanzionabile penalmente, di eseguire
l’adempimento dell’adeguata verifica, è a carico del singolo lavoratore.
Il decreto 231/2007 prevede precise norme in tema d’identificazione della nuova
clientela ed in tema di controllo/adeguata verifica della clientela già acquisita, al fine di
poter correttamente individuare la “rischiosità riciclaggio e quindi di poter valutare
l’opportunità di procedere o non procedere all’apertura dei rapporti richiesti oppure di
mantenere o chiudere i rapporti in essere”.
Sulla Gazzetta Ufficiale 105 del 7 maggio 2013 è stato pubblicato il provvedimento 3
aprile 2013 di Banca d'Italia (d’intesa con Consob e Ivass), recante disposizioni
attuative in materia di adeguata verifica della clientela, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del
Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231. Le disposizioni si applicano a decorrere
dal 1° gennaio 2014 ai rapporti continuativi e alle operazioni poste in essere a partire da
tale data. Per quanto concerne i rapporti continuativi, esse si applicano a tutti quelli in
essere a tale data, anche se costituiti prima dell’entrata in vigore del decreto
antiriciclaggio.
Il combinato disposto di tale provvedimento, unitamente alla circolare MEF del 30
luglio 2013, offre un complesso perimetro normativo meritevole di attenta lettura e
studio.
 Il procedimento di adeguata verifica si estrinseca nelle seguenti fasi:
 l'identificazione del cliente e di colui per conto del quale eventualmente opera;
l’identificazione del titolare effettivo;
 la verifica delle identità di tali soggetti;
 l’acquisizione di informazioni su scopo e natura dei rapporti e delle operazioni; il
monitoraggio costante del rapporto continuativo.
I dipendenti degli intermediari non dovranno farsi carico di attività "investigative" ma
sarà loro cura provvedere in modo accurato all’articolato processo di adeguata verifica,
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allo scopo di costruire il "profilo di rischio di esposizione al riciclaggio”del cliente. È
bene ricordare, anche al pubblico, che non si tratta di una "schedatura", come testimonia
il fatto che in calce a ogni scheda dovrà esserci l'informativa specifica sul trattamento di
quei dati a soli fini antiriciclaggio. Al tempo stesso la compilazione e la sottoscrizione
da parte della clientela sono obbligatorie. Per l'indicazione falsa o mendace da parte del
cliente è prevista la sanzione penale.
I fattori per la valutazione del rischio dì riciclaggio
L’intensità e l’estensione degli obblighi di adeguata verifica della clientela vanno
modulati secondo il grado di rischio di riciclaggio (approccio basato sul rischio - art. 20
decreto 231/2007). Tale approccio non può comunque condurre a non adempiere gli
obblighi che le norme di legge impongono. Gli obblighi di adeguata verifica della
clientela sono assolti commisurandoli al rischio associato al tipo di cliente, rapporto
continuativo, prestazione professionale, operazione, prodotto o transazione di cui
trattasi. Gli enti e le persone soggetti al presente decreto devono essere in grado di
dimostrare alle autorità competenti che la portata delle misure adottate è adeguata
all'entità del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
I fattori per la valutazione del rischio di riciclaggio fanno riferimento:
 a) al cliente,
 b) al rapporto ed all’operazione.
Al riguardo la Banca d’Italia fornisce i seguenti criteri di valutazione da considerare per
ciascuno dei fattori stessi:
a) Criteri di valutazione concernenti il cliente (“il soggetto che instaura rapporti
continuativi o compie operazioni con i destinatari; in caso di rapporti o operazioni cointestati a più
soggetti, si considera cliente ciascuno dei cointestatari”):
1) la natura giuridica e le caratteristiche del cliente. Assumono rilievo:
 la sussistenza di eventuali procedimenti penali, procedimenti per danno erariale,
procedimenti per responsabilità amministrativa ai sensi del decreto legislativo 8
giugno 2001, n. 231, procedimenti per irrogazione di sanzioni amministrative a
seguito di violazione delle disposizioni antiriciclaggio a carico del cliente (quando
tale informazione sia notoria o comunque nota al destinatario e non coperta da
obblighi di segretezza che ne impediscano l’utilizzazione da parte del destinatario
stesso ai sensi del codice di procedura penale) o di precedenti segnalazioni
inoltrate alla UIF; tali informazioni rilevano anche con riguardo a soggetti
notoriamente legati al cliente (ad esempio in virtù di rapporti familiari o d’affari).
 In caso di cliente-persona fisica, le cariche ricoperte in ambito politicoistituzionale, societario, in associazioni o fondazioni, soprattutto se si tratta di
entità residenti in Stati extracomunitari diversi dai paesi terzi equivalenti (“ stati
extracomunitari il cui regime di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo è
ritenuto equivalente a quello previsto dalla terza direttiva antiriciclaggio”).
 Nel caso di cliente-non persona fisica, va posta attenzione alle finalità della sua
costituzione, agli scopi che persegue, alle modalità attraverso cui opera per
raggiungerli, nonché alla forma giuridica adottata, soprattutto là dove essa
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presenti particolari elementi di complessità od opacità che possano impedire o
ostacolare l’individuazione del titolare effettivo o dell’effettivo oggetto sociale o
ancora di eventuali collegamenti azionari o finanziari.
 Sempre nel caso di cliente-non persona fisica assume rilievo la connessione del
cliente-non persona fisica con entità residenti in ordinamenti non equivalenti sotto
il profilo della lotta al riciclaggio. A titolo esemplificativo, possono assumere
rilievo le connessioni commerciali, operative, finanziarie, partecipative; può
altresì rilevare la comunanza di componenti degli organi societari del cliente-non
persona fisica e di tali entità.
 Le situazioni di difficoltà o debolezza economica e finanziaria del cliente, che
possono esporre al rischio di infiltrazioni criminali.
 Le informazioni circa le caratteristiche dell’esecutore e dell’eventuale titolare
effettivo, quando tali informazioni siano notorie o comunque note al destinatario e
non coperte da obblighi di segretezza che ne impediscano l’utilizzazione da parte
del destinatario stesso.
2) Le attività svolte e gli interessi economici: rileva
 la riconducibilità delle attività economiche a quelle tipologie che per loro natura
presentano particolari rischi di riciclaggio e che, per questo, impongono
specifiche cautele (ad esempio, attività economiche caratterizzate dalla
movimentazione di elevati flussi finanziari, da un uso elevato di contante).
 L’operatività in settori economici interessati dall’erogazione di fondi pubblici,
anche di fonte comunitaria (ad esempio, appalti, sanità, raccolta e smaltimento dei
rifiuti, produzione di energie rinnovabili). Nota bene: gli esempi sono indicati
espressamente dalla Banca d’Italia: ne deriva che va posta particolare attenzione
ai rapporti, già in essere, o da aprire, di società operanti appunto nei settori degli
appalti, della sanità e nei comparti dei rifiuti e delle energie rinnovabili.
3) Il comportamento tenuto in occasione del compimento dell’operazione o
dell’instaurazione del rapporto continuativo: rilevano
 i comportamenti di natura dissimulatoria. A titolo esemplificativo, rilevano la
riluttanza del cliente o dell’eventuale esecutore nel fornire le informazioni
richieste ovvero l’incompletezza o l’erroneità delle stesse (ad esempio, le
informazioni necessarie per la sua identificazione o per l’individuazione
dell’eventuale titolare effettivo oppure relative a natura e scopo del rapporto o
dell’operazione).
4) L’area geografica d’interesse del cliente o della controparte: rilevano
 la residenza o sede, il luogo di localizzazione dell’attività svolta o comunque
degli affari, specie se ingiustificatamente distanti dalla sede/filiale del
destinatario.
 La presenza nel territorio di fenomeni di illiceità suscettibili di alimentare
condotte di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Sono considerati, per
quanto noti o conoscibili, il grado d’infiltrazione della criminalità economica, i
fattori di debolezza socio-economica o istituzionale, i fenomeni di “economia
sommersa” e, in generale, le informazioni utili a definire il profilo di rischio del
territorio.
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 Particolare attenzione va posta quando l’area d’interesse è all’estero; in tal caso
assumono rilievo gli elementi di rischio insiti nella situazione politico-economica
e nel quadro giuridico e istituzionale del paese di riferimento (soprattutto se si
tratta di uno Stato extracomunitario diverso da un paese terzo equivalente).
b) Criteri di valutazione concernenti i rapporti continuativi e le operazioni
occasionali:
1) la tipologia del rapporto continuativo (è un rapporto contrattuale di durata rientrante
nell’esercizio dell’attività istituzionale dei destinatari che possa dare luogo a più operazioni di
trasferimento o movimentazione di mezzi di pagamento e che non si esaurisce in una sola operazione;
ai fini della qualificazione come rapporto continuativo, si richiama l’art. 3, commi 2 e 4, del
Provvedimento recante disposizioni attuative per la tenuta dell’archivio unico informatico. Fermo
restando l’obbligo di registrazione dell’operazione, non costituisce rapporto continuativo: - la
sottoscrizione di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR);- l’investimento in
strumenti finanziari derivati; - l’investimento in pronti contro termine; - la sottoscrizione di certificati
di deposito, di buoni fruttiferi postali, di prestiti obbligazionari, di titoli del debito pubblico e di titoli
analoghi; - l’emissione di carte di debito e di credito da parte di banche e Poste Italiane S.p.A.
accessorie al conto corrente di cui il titolare della carta risulta intestatario o delegato; - l’accensione di
rapporti strumentali all’esecuzione della prestazione dei servizi di investimento di cui all’art. 1 del TUF;
- l’acquisto di crediti effettuato nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione da parte di società di cui
alla legge 30 aprile 1999, n. 130; - il deposito di titoli al portatore effettuati presso la sede sociale o le
banche indicate nell’avviso di convocazione, ai sensi dell’art. 2370 del codice civile, per consentire la
partecipazione alle assemblee sociali; - i pagamenti effettuati presso società che svolgono il servizio di
riscossione dei tributi; - il rapporto con il debitore ceduto nei contratti di factoring, ad eccezione del
caso in cui sia concessa una dilazione di pagamento. Si può non procedere all’apertura di un nuovo
rapporto continuativo nei casi di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, compresi mutui,
finanziamenti in valuta ovvero leasing finanziario, qualora effettuati a valere su un conto corrente
preesistente presso lo stesso soggetto erogante ed avente come intestatario il soggetto finanziato.) o
dell’operazione (“la trasmissione/movimentazione di mezzi di pagamento, indipendentemente
dalla riconducibilità o meno a un rapporto continuativo in essere”) : rileva
 la maggiore o minore possibilità di utilizzare il rapporto o l’operazione per fini
illeciti (es. operazioni per cassa; bonifici, specie se da o verso Stati
extracomunitari diversi dai paesi terzi equivalenti).
 Su altro piano, la tipologia dei rapporti e delle operazioni richieste costituisce un
elemento da considerare per definire l’attività e gli interessi economici del cliente.
2) Le modalità di instaurazione e svolgimento del rapporto continuativo o
dell’operazione: in via esemplificativa, rilevano
 le modalità di instaurazione e svolgimento del rapporto che non richiedono la
presenza fisica del cliente o non consentono la sua identificazione diretta da parte
del destinatario. Particolare attenzione va rivolta nei confronti di rapporti
instaurati e gestiti esclusivamente mediante l’interposizione di collaboratori
esterni.
 L’operatività realizzata in contanti e/o con risorse provenienti da o destinate verso
l’estero – specie se la movimentazione avviene con modalità o mezzi di
pagamento inusuali – o caratterizzata da un’ingiustificata complessità.
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Nota bene: tale punto, come il precedente, è di estrema rilevanza e si richiama
l’attenzione dei colleghi su come devono entrare in vigile attenzione ogni volta
che si trovino davanti alle fattispecie citate dalla Banca d’Italia.
3) L’ammontare: richiedono attenta valutazione
 i rapporti connessi all’offerta di servizi di private banking per la gestione
personalizzata di un ingente patrimonio del cliente,
 nonché, più in generale, le operazioni di cospicuo ammontare, in particolare se
incoerenti rispetto al profilo economico-patrimoniale del cliente. Nota bene: i
colleghi non devono abbassare la guardia, sottovalutando le valutazioni da
effettuare ai fini della legge antiriciclaggio, di fronte a investimenti, più o meno
cospicui, in prodotti finanziari, a causa delle esigenze di budget derivanti dalle fin
troppo aggressive politiche commerciali cui sono sottoposti.
 Le operazioni che possano essere ricondotte a un’ipotesi di frazionamento volto a
eludere gli obblighi antiriciclaggio.
4) La frequenza delle operazioni e la durata del rapporto continuativo:
 frequenza e durata vanno valutate in relazione ai bisogni economico-finanziari del
cliente e alla luce dello scopo e della natura del rapporto.
5) La ragionevolezza del rapporto continuativo o dell’operazione in rapporto all’attività
svolta dal cliente:
 la valutazione va effettuata con riferimento al complessivo profilo economico del
cliente, elaborato sulla base di tutte le informazioni disponibili (rilevano, ad
esempio, il fabbisogno di servizi finanziari e la capacità reddituale e
patrimoniale). Possono essere utili valutazioni comparative con l’operatività di
soggetti con similari caratteristiche dimensionali, di settore economico, di area
geografica. Nota bene: Banca d’Italia si riferisce al fondamentale principio della
congruità dell’operatività del cliente con la sua “identità economica”, che sempre
dobbiamo avere presente in ogni valutazione da fare in relazione all’esposizione
al rischio riciclaggio da parte del cliente.
6) L’area geografica di destinazione dei fondi o degli strumenti finanziari oggetto del
rapporto continuativo o dell’operazione: rileva
 la residenza o sede, il luogo di localizzazione dell’attività svolta o comunque
degli affari, specie se ingiustificatamente distanti dalla sede/filiale del
destinatario.
 La presenza nel territorio di fenomeni di illiceità suscettibili di alimentare
condotte di riciclaggio. Sono considerati, per quanto noti o conoscibili, il grado
d’infiltrazione della criminalità economica, i fattori di debolezza socio-economica
o istituzionale, i fenomeni di “economia sommersa” e, in generale, le
informazioni utili a definire il profilo di rischio del territorio.
 Particolare attenzione va posta quando l’area d’interesse è all’estero; in tal caso
assumono rilievo gli elementi di rischio insiti nella situazione politico-economica
e nel quadro giuridico e istituzionale del paese di riferimento (soprattutto se si
tratta di uno Stato extracomunitario diverso da un paese terzo equivalente). Nota
bene: il punto 6 è di estrema rilevanza e si richiama l’attenzione dei colleghi su
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come devono entrare in vigile attenzione ogni, qualvolta il cliente provenga da
territori geografici, nazionali o esteri, diversi da quelli di competenza dello
sportello presso il quale intende operare.
7) l’effettuazione dell’operazione in contanti,
 quando non vi siano ragioni giustificative alla luce della natura e delle
caratteristiche del cliente e anche in relazione all’utilizzo di banconote di taglio
elevato (200 e 500 euro). Nota bene: si ribadisce con forza l’importanza del tema
dell’utilizzo del contante (art. 49 decreto 231/2007) e si segnala la novità, che
approfondiremo più avanti, delle nuove disposizioni sull’utilizzo di banconote di
grosso taglio.
Gli obblighi dì adeguata verifica
Le attività di adeguata verifica di cui alle lettere A), B), C), D), di seguito illustrate,
vanno effettuate nei momenti e nei casi di seguito indicati (art. 15 decreto 231/2007):
1. quando si instaura un rapporto continuativo;
2. quando venga eseguita un’operazione occasionale (“operazione non riconducibile a un
rapporto continuativo in essere”) disposta dal cliente che comporti la trasmissione o la
movimentazione di mezzi di pagamento (“il denaro contante, gli assegni bancari e
postali, gli assegni circolari e gli altri assegni a essi assimilabili o equiparabili quali gli assegni di
traenza, i vaglia postali, gli ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le
altre carte di pagamento, le polizze assicurative trasferibili, le polizze di pegno e ogni altro
strumento che permetta di trasferire, movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi,
valori o disponibilità finanziarie”) di importo pari o superiore a 15.000 euro,
indipendentemente dal fatto che sia effettuata con un’operazione unica o con più
operazioni frazionate (“un’operazione unitaria sotto il profilo economico di importo pari o
superiore a 15.000 euro, posta in essere attraverso più operazioni singolarmente di importo
inferiore al predetto limite, effettuate in momenti diversi e in un circoscritto periodo di tempo
fissato in sette giorni, ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando
ricorrano elementi per ritenerla tale”);
3. quando vi è sospetto di riciclaggio, indipendentemente da qualsiasi deroga,
esenzione o soglia applicabile: a tal fine, i colleghi dovranno avvalersi degli
indicatori di anomalia di cui all’art. 41 del decreto antiriciclaggio, emanati con
provvedimento della Banca d’Italia su proposta della UIF, e degli schemi
rappresentativi di comportamenti anomali diffusi dalla UIF;
4. quando sorgano dubbi sulla completezza, attendibilità o veridicità delle
informazioni o della documentazione precedentemente acquisite dalla clientela (ad
esempio, nel caso di mancato recapito della corrispondenza all’indirizzo
comunicato; in caso di incongruenze tra documenti presentati dal cliente o
comunque acquisiti dal destinatario).
L’adeguata verifica della clientela consiste nelle seguenti attività:
A) Identificazione del cliente e dell’eventuale esecutore (Sezione III)
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Qualora il cliente sia una persona fisica, l’identificazione avviene mediante
acquisizione dei dati identificativi (“il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, l’indirizzo,
gli estremi del documento di identificazione e il codice fiscale. Nel caso di soggetti esteri, rientra tra i
dati identificativi il codice fiscale attribuito dall’Autorità italiana, ove rilasciato, o, nel caso di soggetti
diversi da persona fisica, la denominazione, la sede legale e il codice fiscale”) forniti
dall’interessato o tratti da un documento d’identità non scaduto tra quelli indicati
nell’allegato tecnico del decreto antiriciclaggio. Con le medesime modalità vanno altresì
identificati i cointestatari e l’esecutore. Nel caso dell’esecutore (per Banca d’Italia “è il
soggetto delegato ad operare in nome e per conto del cliente o a cui siano comunque conferiti poteri
di rappresentanza che gli consentano di operare in nome e per conto del cliente. I soggetti incaricati
da un’autorità pubblica dell’amministrazione dei beni e dei rapporti del cliente o della sua
rappresentanza,quali, ad esempio, i curatori fallimentari, sono considerati esecutori), devono essere
altresì acquisite le informazioni relative alla sussistenza del potere di rappresentanza.
Nel caso di cointestatari, le identificazioni e le verifiche possono avvenire in momenti
diversi, purché prima di rendere operativi la cointestazione o i poteri di delega o
comunque di rappresentanza.
Qualora il cliente sia un soggetto diverso da persona fisica, esso opera attraverso le
persone fisiche dotate del potere di rappresentarlo. Pertanto, in tali casi, l’identificazione
va fatta nei confronti:
- del cliente, attraverso l’acquisizione dei dati identificativi nonché di informazioni su
tipologia, forma giuridica, fini perseguiti e/o attività svolta e, se esistenti, gli estremi
dell’iscrizione nel registro delle imprese e negli albi tenuti dalle eventuali autorità di
vigilanza di settore. Nel caso di organizzazioni non profit, andrà acquisita anche
l’informazione circa la classe di beneficiari cui si rivolgono le attività svolte (ad es.
senza tetto, disabili, vittime di catastrofi naturali e di guerre, ecc.).
- dell’esecutore: oltre all’acquisizione dei dati identificativi, andranno acquisite
informazioni circa la sussistenza del potere di rappresentanza.
L’identificazione va effettuata in presenza del cliente o – quando questi sia un soggetto
diverso da una persona fisica – dell’esecutore.
Nota bene: si raccomanda ai colleghi di seguire con scrupolo questa disposizione.
B) Identificazione dell'eventuale titolare effettivo
Il titolare effettivo è “la persona fisica per conto della quale è realizzata
un'operazione o un'attività, ovvero, nel caso di entità giuridica, la persona o le persone
fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità, ovvero ne risultano
beneficiari secondo i criteri di cui all’Allegato tecnico al presente decreto” (Lettera u
dell’articolo 1 decreto 231, modificato dal decreto 18 settembre 2009).
Occorre premettere che i colleghi hanno incontrato ed incontrano tuttora molti problemi
(si pensi ad esempio come sia difficile individuare il titolare effettivo di una società
cooperativa) circa l’identificazione del titolare effettivo. Questo per due motivi: da una
parte la legge, a suo tempo, non previde una casistica riferibile alle varie tipologie di
clientela, mentre dall’altra si è assistito ad una mancata formazione da parte aziendale
anche e soprattutto su tale specifico tema. Il provvedimento della Banca d’Italia in
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oggetto cerca di porre rimedio, almeno in parte, a tali criticità. Vediamo di seguito in
che modo.
L’identificazione del titolare effettivo ha luogo, senza che sia necessaria la sua presenza
fisica, contestualmente all’identificazione del cliente
 sulla base dei dati identificativi da questi forniti ai sensi dell’art. 21 del decreto
231/2007,
 ovvero in altro modo, ad esempio facendo ricorso a pubblici registri, elenchi, atti
o documenti pubblicamente accessibili.
Nel caso di rapporto continuativo, all’atto dell’identificazione, il collega dovrà chiedere
al cliente diverso da persona fisica di fornire tutte le indicazioni necessarie
all’identificazione del titolare effettivo sub 2) (“nel caso in cui il cliente e/o il soggetto per
conto del quale il cliente realizza un’operazione siano entità diverse da una persona fisica, la persona
fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano l’entità ovvero ne risultano
beneficiari secondo i criteri di cui all’Allegato tecnico del decreto antiriciclaggio”).
Nel caso di operazione occasionale (“quando venga eseguita un’operazione occasionale,
disposta dal cliente che comporti la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di
importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che sia effettuata con
un’operazione unica o con più operazioni frazionate”),all’atto dell’identificazione, il collega
dovrà chiedere al cliente di dichiarare se l’operazione occasionale è effettuata per conto
di altro soggetto ed a fornire tutte le indicazioni necessarie all’identificazione
dell’eventuale titolare effettivo sub 1) (“la persona fisica o le persone fisiche per conto delle
quali il cliente realizza un'operazione”) o del titolare effettivo sub 2).
Le operazioni riconducibili a un rapporto continuativo, che soddisfino i citati requisiti di
importo, si presumono effettuate per conto del cliente-persona fisica intestatario del
rapporto o, nel caso di cliente diverso da persona fisica, del titolare effettivo sub 2) del
rapporto stesso; ciò salva diversa indicazione del cliente medesimo.
A tale ultimo riguardo, alla costituzione del rapporto continuativo, si dovrà chiedere al
cliente
 di indicare, nel corso del futuro svolgimento del rapporto, le operazioni tra quelle
che soddisfano i citati requisiti d’importo che siano effettuate per conto di terzi
(oppure di soggetti diversi dal cliente-persona fisica intestatario del rapporto o,
nel caso di cliente diverso da persona fisica, dal titolare effettivo sub 2) del
rapporto stesso)
 di fornire tutte le indicazioni necessarie all’identificazione del titolare effettivo
dell’operazione. Nel quadro del controllo costante, i destinatari valutano eventuali
elementi che inducono a ritenere che il cliente stia operando per conto di soggetti
diversi da quelli indicati.
Nota bene: nel caso in cui vi siano molteplici titolari effettivi; gli adempimenti vanno
espletati per ciascuno di essi.
C) verifica dell’identità del cliente, dell’eventuale esecutore e dell’eventuale titolare
effettivo sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte
affidabile e indipendente
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La verifica dei dati relativi al cliente, all’esecutore e al titolare effettivo sub 1)
avviene mediante il confronto con quelli desumibili da una fonte affidabile e
indipendente, di cui va acquisita e conservata copia, in formato cartaceo o elettronico.
Ai fini della verifica dei dati del cliente e dell’esecutore persone fisiche, i colleghi
devono effettuare il riscontro su un documento d’identità originale non scaduto (sono
considerati validi per l'identificazione i documenti d'identità e di riconoscimento di cui agli articoli 1 e
35 del D.P.R. 28.12.2000 n.445: sono equipollenti alla carta di identità il passaporto, la patente di
guida, la patente nautica, il libretto di pensione, il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti
termici, il porto d'armi, le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra
segnatura equivalente, rilasciate da un amministrazione dello Stato) e ne acquisiscono copia, in
formato cartaceo o elettronico.
Quando le persone di cui verificare i dati siano più di una – nel caso di cointestatari, di
più esecutori – le verifiche dei dati possono avvenire in momenti diversi, purché prima
di rendere operativi la cointestazione o i poteri di delega o comunque di rappresentanza.
I colleghi dovranno adottare misure ragionevolmente appropriate per la verifica dei dati
concernenti il titolare effettivo sub 2), alla luce del profilo di rischio del cliente, del
rapporto o dell’operazione. A tal fine, va effettuato il riscontro con le informazioni
desumibili da una fonte affidabile e indipendente, di cui va acquisita - in via autonoma o
dal cliente o per il suo tramite – e conservata copia in formato cartaceo o elettronico.
Quando sussiste un basso rischio di riciclaggio, la verifica relativa al titolare effettivo
sub 2) può essere effettuata acquisendo una dichiarazione di conferma dei dati relativi al
titolare effettivo sottoscritta dal cliente, sotto la propria responsabilità.
In tutti i casi sopra indicati il collega valuterà, in base all’approccio basato sul rischio, se
effettuare ulteriori riscontri, ricorrendo a soggetti che forniscono informazioni
economico – commerciali ovvero a più fonti affidabili e indipendenti. Tra queste
rientrano:
a) i documenti d’identità non scaduti tra quelli di cui sopra, diversi da quello utilizzato
per la verifica di cui sopra;
b) gli atti pubblici, le scritture private autenticate, i certificati qualificati utilizzati per la
generazione di una firma digitale associata a documenti informatici ai sensi dell’articolo
24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per quanto attiene ai contenuti assistiti da
efficacia probatoria legale;
c) la dichiarazione della rappresentanza diplomatica e dell’autorità consolare italiana,
così come indicata nell’articolo 6 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 153;
d) gli archivi camerali, gli albi ed elenchi di soggetti autorizzati, gli atti costitutivi, gli
statuti, i bilanci o documenti equivalenti, le comunicazioni rese al pubblico in
conformità alla normativa di settore (quali prospetti, comunicazioni di partecipazioni
rilevanti o informazioni privilegiate);
e) le informazioni provenienti da organismi e autorità pubbliche, ivi compresa la
pubblica amministrazione, anche di Stati esteri, purché paesi terzi equivalenti; tali
informazioni possono essere acquisite anche attraverso i siti web.
Nota bene: si dovranno adottare tutte le misure di diligenza professionale per verificare
l’autenticità dei documenti originali utilizzati.
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Se i documenti originali sono in lingua straniera, si dovrà accertare il reale contenuto
degli stessi (anche attraverso una traduzione giurata dell’originale, quando ritenuto
necessario).
Per i soggetti minori di età, i dati identificativi devono essere verificati, in mancanza di
un documento d’identità o di riconoscimento, attraverso il certificato di nascita o
l'eventuale provvedimento del giudice tutelare. La verifica può avvenire anche a mezzo
di una foto autenticata: in tal caso devono essere registrati gli estremi dell'atto di nascita
dell'interessato.
Per i soggetti non comunitari, si verificheranno i dati personali attraverso il passaporto,
il permesso di soggiorno, il titolo di viaggio per stranieri rilasciato dalla Questura o altro
documento da considerarsi equivalente ai sensi della normativa italiana (per gli apolidi e
per i titolari dello status di “rifugiato” o dello status di “protezione sussidiaria”, che non
risultino in possesso dei predetti documenti, i dati identificativi possono essere verificati
attraverso il titolo di viaggio ad hoc predisposti secondo le leggi in vigore).
La verifica dei dati sul titolare effettivo può avvenire successivamente all’instaurazione
del rapporto purché siano assunte adeguate misure per impedire che vengano effettuate
operazioni nelle more della verifica;
La verifica dei dati sul cliente, sull’esecutore e sul titolare effettivo può avvenire dopo
l’instaurazione del rapporto, allorché
 ciò sia necessario per non interrompere la normale conduzione degli
affari (ad esempio in caso di negoziazioni su strumenti finanziari,
quando la rapida esecuzione della transazione esige un differimento
del completamento della procedura di adeguata verifica)
 e risulti un basso rischio di riciclaggio.
In ogni caso la procedura deve essere completata il più presto possibile dopo il primo
contatto e comunque entro trenta giorni dall’instaurazione del rapporto. Oltre tale
termine si dovrà valutare se astenersi dalla prosecuzione del rapporto e se inviare una
segnalazione di operazione sospetta.
D) acquisizione di informazioni sullo scopo e sulla natura prevista del rapporto
continuativo e dell’operazione occasionale
Altro obbligo è quello di acquisire le informazioni sullo scopo e sulla natura
prevista del rapporto. Vanno acquisite le notizie concernenti:
 le finalità relative all’accensione del rapporto;
 le relazioni tra il cliente e gli esecutori;
 l’attività lavorativa ed economica svolta e, in generale, le relazioni
d’affari.
Ulteriori informazioni da acquisire, in relazione al profilo di rischio del cliente:
 l’origine dei fondi utilizzati nel rapporto;
 la relazione tra il cliente e il titolare effettivo del rapporto;
 le relazioni d’affari e i rapporti con altri destinatari;
 la situazione economica (fonti di reddito) e patrimoniale;
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 la situazione lavorativa, economica e patrimoniale di familiari e
conviventi.
Nota bene: le informazioni possono essere desunte dal corredo informativo del rapporto
già in possesso dei colleghi, oppure devono essere richieste al cliente. Oltre ai
documenti sopra indicati, possono essere acquisiti, a titolo esemplificativo, bilanci,
dichiarazioni IVA e dei redditi, documenti e dichiarazioni provenienti dal datore di
lavoro, da intermediari o altri soggetti.
In relazione a operazioni occasionali, se rilevino elementi che potrebbero configurare un
elevato rischio di riciclaggio, si dovrà valutare se acquisire anche su di esse le necessarie
informazioni sul loro scopo e sulla loro natura.
E) esercizio di un controllo costante nel corso del rapporto continuativo
Il controllo costante nel corso del rapporto continuativo risponde alla duplice
esigenza
 di mantenere aggiornato il profilo del cliente
 di individuare elementi di incongruenza che possono costituire anomalie rilevanti
ai fini di specifici adempimenti (adozione di misure rafforzate di adeguata
verifica, segnalazioni di operazioni sospette, astensione all’esecuzione
dell’operazione o dalla prosecuzione del rapporto).
Il controllo costante si esercita attraverso l’esame della complessiva operatività del
cliente, avendo riguardo
 sia ai rapporti continuativi in essere,
 che alle operazioni specifiche eventualmente disposte,
 nonché mediante l’acquisizione di informazioni in sede di verifica o
aggiornamento delle notizie ai fini dell’identificazione del cliente e del titolare
effettivo e dell’accertamento della natura e dello scopo del rapporto o
dell’operazione.
Nota bene: le aziende dovranno stabilire, in ragione del rischio specifico, la tempistica e
la frequenza dell’aggiornamento relativo ai dati e alle informazioni acquisite e alle
relative verifiche. Sarà cura dei colleghi, che dovranno essere adeguatamente informati e
formati dalle aziende, procedere ai controlli secondo tale tempistica.
F) Individuazione del titolare effettivo sub 2)
Nota bene: nel caso in cui il cliente sia una società, il titolare effettivo coincide
con la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o esercitano
il controllo diretto o indiretto sulla società cliente.
La nozione di controllo contenuta nell’Allegato tecnico del decreto 231/2007 deve
essere interpretata considerando tanto l’art. 2359 del codice civile (“Società controllate e
società collegate. Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone
della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società
dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società
che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con
essa. Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a
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società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per
conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza
notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un
quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa”) quanto l’art. 93 del
TUF (“Definizione di controllo.1. Nella presente parte sono considerate imprese controllate, oltre a
quelle indicate nell'articolo 2359, primo comma, numeri 1 e 2, del codice civile, anche: a) le imprese,
italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di
esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole; b) le
imprese, italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti
sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria. 2. Ai fini del comma 1 si
considerano anche i diritti spettanti a società controllate o esercitati per il tramite di fiduciari o di
interposte persone; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi”). Ne deriva che ai fini
dell’individuazione del titolare effettivo, possono pertanto rilevare situazioni ulteriori
rispetto all’interessenza detenuta nella società.
Banca d’Italia ribadisce, in coerenza con l’Allegato tecnico al decreto 231/2007, che il
controllo del titolare effettivo ricorre “comunque” per tutte le persone fisiche che hanno
il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale superiore al 25% del
capitale sociale o dei diritti di voto nella società-cliente. Nota bene: in altri termini se i
colleghi riscontrano che qualcuno (uno o più soggetti) controlla più del 25% di una
società, in questo caso dovranno “comunque” identificare la persona fisica titolare
effettivo. Va detto tuttavia che il superamento del 25% è un criterio residuale rispetto al
criterio di carattere generale prima enunciato e cioè che nel caso in cui il cliente sia una
società, il titolare effettivo coincide con la persona fisica o le persone fisiche che, in
ultima istanza, possiedono o esercitano il controllo diretto o indiretto sulla società
cliente. Non si può così affermare, come fanno taluni, che quando nessuno supera il
25%, allora non c’è titolare effettivo. Se così fosse sarebbe facile, per chi avesse intenti
fraudolenti, mantenendo le quote di controllo sotto il 25%, evitare l’identificazione del
titolare effettivo.
Inoltre, chiarisce sempre Banca d’Italia, se una percentuale superiore al 25% del capitale
o dei diritti di voto nella società-cliente è controllata da un soggetto-non persona fisica,
il titolare effettivo deve essere individuato – risalendo lungo la catena partecipativa –
nella persona fisica o nelle persone fisiche che, in ultima istanza, esercitano il controllo
su tale soggetto. Nell’ipotesi in cui più soggetti-non persone fisiche controllino una
partecipazione al capitale della società-cliente o una percentuale dei diritti di voto nella
società superiore al 25%, il predetto criterio d’individuazione del titolare effettivo del
cliente trova applicazione con riguardo a ciascuno dei citati soggetti .
Banca d’Italia spiega poi che il titolare effettivo può rinvenirsi in uno o più soggetti
preposti all’amministrazione della società, in considerazione dell’eventuale influenza da
questi esercitata sulle decisioni riservate ai soci, con riguardo, in particolare, alle
decisioni relative alla nomina degli amministratori. Nota bene: in altri termini si potrà
considerare titolare effettivo anche un amministratore di società, contrariamente a
quanto fino a oggi ritenuto, qualora non si individui un socio di riferimento e
l'amministratore in questione eserciti un'influenza dominante sulle decisioni societarie.
L’esempio paradigmatico, scrive Banca d’Italia, è quello delle società ad azionariato
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diffuso o delle società cooperative. Essendo quello delle società cooperative uno dei
nodi più difficili a sciogliere circa l’individuazione del titolare effettivo, questa
indicazione sarà di sicuro di aiuto, con l’invito però ad effettuare comunque tutte le
analisi e le valutazioni necessarie.
Altra indicazione della Banca d’Italia è che non si rende necessaria l’individuazione del
titolare effettivo per i soggetti che beneficiano dell’adeguata verifica semplificata (art.
25, commi 1 e 3, e art. 26 del decreto 231/2007). In altri termini ci si può astenere dal
proseguire nella ricerca del titolare effettivo quando, risalendo la catena di controllo,
s’individui come controllante un soggetto diverso da una persona fisica che, se fosse
cliente, sarebbe sottoposto al regime di adeguata verifica semplificata. In tali ipotesi, va
mantenuta evidenza di tale soggetto come controllante. È il caso, ad esempio, delle
società possedute da enti pubblici o intermediari finanziari. Nota bene: viene concessa
la possibilità, e questa è un'assoluta novità del provvedimento in esame, di astenersi
dalla ricerca del titolare effettivo quando venga individuato un soggetto controllante,
diverso da persona fisica, che beneficerebbe, se fosse cliente, del regime semplificato,
fermo restando il dovere di valutare l’opportunità ad eseguire in qualunque modo il
controllo. Si veda più avanti, per il dettaglio, il capitolo sul regime semplificato di
adeguata verifica.
Il cliente è una società fiduciaria
Nota bene: i colleghi dovranno avere particolare attenzione nel caso in cui
risalendo la catena partecipativa societaria vi sia una società fiduciaria di cui alla legge
23 novembre 1939 n. 1966 (sono società fiduciarie e di revisione e sono soggette alla presente
legge quelle che, comunque denominate, si propongono sotto forma di impresa, di assumere
l'amministrazione dei beni per conto di terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la
rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni). Ricordiamo che la ricerca del titolare
effettivo ha un obiettivo assai importante nella disciplina antiriciclaggio: individuare il
beneficiario effettivo di un rapporto, di un’operazione ovvero il soggetto che c’è dietro
una società o un ente. La domanda che ci dobbiamo porre sempre in presenza di società
fiduciarie, è quale sia il motivo dell’utilizzo di tale schermo. In presenza di una legittima
esigenza di riservatezza, è intuitivo che tutto è lineare e di più agevole applicazione,
mentre se ci sono elementi che inducano a ritenere plausibile un’esigenza di
occultamento per motivi fiscali e/o per comportamenti penalmente sanzionabili, allora si
dovrà procedere con la massima cautela, sino all’astensione dal rapporto continuativo ed
alla segnalazione di operazione sospetta.
Nota bene: al di là da ogni indicazione normativa si tenga presente che la ratio della
legge esige che, per identificare il titolare effettivo, si debba risalire fino
all’individuazione del’ultimo anello di comando che deve essere identificabile in una
persona fisica. Qualsiasi altra soluzione o artifizio sono contra legem. Ne deriva così
l’obbligo di chiedere alle società fiduciarie intestatarie di quote di società, di rivelare il
nominativo del soggetto per conto del quale operano. La società fiduciaria non può
rifiutarsi di rivelare il nominativo del soggetto per conto di cui opera, magari adducendo
a scusante il fatto che nessuna persona fisica detiene più del 25% del controllo. Se ci si
dovesse attenere solo a questa soglia numerica, come abbiamo visto appena sopra,
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sarebbe fin troppo facile nascondere sempre la persona fisica titolare effettivo, con il
banale escamotage di non attribuire mai a nessuno una quota di controllo superiore alla
soglia del 25%. L’eventuale rifiuto a indicare il titolare effettivo è considerato un indice,
da valutare insieme alle altre circostanze dell'operazione, ai fini della segnalazione di
operazione sospetta. Ricordiamo che le legge tutela, penalmente, le fiduciarie solo dal
pericolo che le banche utilizzino a fini commerciali i dati del titolare effettivo. Ma esse
hanno l’obbligo giuridico di fornire sempre tale indicazione.
Mentre in precedenza avevamo l’esclusione delle Società Fiduciarie dall’elencazione
degli Intermediari nei confronti dei quali è consentito fare assegnamento per
l’assolvimento degli obblighi di adeguata verifica, il Decreto Legislativo 141 del 13
agosto 2010, ha previsto che le società fiduciarie che svolgono attività di custodia ed
amministrazione ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966 vengano iscritte in una
sezione speciale dell’albo previsto dall’articolo 106 del Testo Unico Bancario (sono
quelle di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, che svolgono attività di custodia e
amministrazione di valori mobiliari e che, alternativamente, sono controllate direttamente o
indirettamente da una banca o da un intermediario finanziario o hanno adottato la forma di società
per azioni ed hanno capitale versato di ammontare non inferiore al doppio di quello richiesto
dall'articolo 2327 del codice civile, e che sono autorizzate e iscritte in una sezione separata dell'albo
previsto dall'articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, ma non possono esercitare
l’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma) e vengano sottoposte alla
vigilanza della Banca d’Italia, mentre prima era del Ministero dell’Industria.
Ne è derivato l’applicazione anche per le società fiduciarie della normativa
antiriciclaggio prevista per gli intermediari bancari e finanziari (art 11 comma 1 lettera
m bis e 2), con due conseguenze:
 l’obbligo dell’integrale osservanza degli obblighi antiriciclaggio (adeguata
verifica della clientela, registrazione dei dati nell’archivio unico informatico e
segnalazione delle eventuali operazioni sospette);
 l’applicazione dell’esenzione ex articoli 25 e ss del decreto 231/2007 dal quale
deriva che la fiduciaria non ha più l’obbligo di comunicare alla banca il
nominativo del titolare effettivo/fiduciante in quanto i relativi adempimenti sono
già stati assolti dalla stessa fiduciaria.
Permane, invece, la normativa precedente per le fiduciarie diverse da quelle iscritte nel
nuovo Albo. Vediamo di seguito, nel dettaglio, le indicazioni che in merito fornisce la
Banca d’Italia.
Quando i colleghi, risalendo la catena partecipativa societaria, trovino una società
fiduciaria di cui alla legge 23 novembre 1939 n. 1966, se questa
 non è iscritta, ai sensi dell’art. 199, comma 2, TUF, nella sezione separata
dell'albo di cui all’articolo 106 TUB,
 oppure anche se è iscritta a tale albo, i colleghi ritengano di “non poter applicare
le misure semplificate di adeguata verifica” perchè hanno dubbi sull’idoneità o la
veridicità delle informazioni acquisite ai fini della riconduzione del cliente alle
categorie che ammettono tali misure semplificate di adeguata verifica oppure
perché hanno comunque un sospetto di coinvolgimento in attività di riciclaggio,
i colleghi dovranno procedere, secondo le istruzioni della Banca d’Italia, come segue:
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a) se la fiduciaria agisce per conto dei fiducianti, allora:
a.1) la fiduciaria/cliente sarà tenuta ai sensi dell’art. 21 del decreto 231/2007 a fornire
per iscritto tutte le informazioni necessarie ed aggiornate di cui sia a conoscenza sui
fiducianti quali titolari effettivi sub 1) (“la persona fisica o le persone fisiche per conto
delle quali il cliente realizza un'operazione”) del rapporto o dell’operazione;
a.2) ove i fiducianti siano persone diverse dalle persone fisiche, vanno identificati e
verificati i dati del titolare o dei titolari effettivi sub 2) (“nel caso in cui il cliente e/o il
soggetto per conto del quale il cliente realizza un’operazione siano entità diverse da
una persona fisica, la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza,
possiedono o controllano l’entità ovvero ne risultano beneficiari secondo i criteri di cui
all’Allegato tecnico del decreto antiriciclaggio”);
b) se la fiduciaria agisce in nome e per conto proprio, vanno identificati e verificati i
dati del titolare o dei titolari effettivi sub 2) della fiduciaria, secondo le norme relative
alle società.
Nota bene: l’annoso problema dell’individuazione del titolare effettivo in presenza di
società fiduciarie viene risolto dalla Banca d’Italia individuando, in caso di mandato con
rappresentanza, come titolare effettivo i fiducianti, mentre se la fiduciaria agisce in
nome e per conto proprio, si dovranno fornire i dati dei titolari effettivi della fiduciaria
stessa.
In presenza invece di fondazioni (la disciplina giuridica delle fondazioni di diritto italiano è
contenuta principalmente nel Libro I, Titolo II, Capo II del Codice civile, insieme alle associazioni. La
fondazione è un’organizzazione stabile, privata e senza scopo di lucro, dotata di un patrimonio
vincolato al perseguimento dei suoi scopi statutari. La fondazione è creata dalla persona fisica o
giuridica, il fondatore, che destina il patrimonio allo scopo. Può anche essere costituita attraverso una
disposizione testamentaria: in tal caso sorge solo dopo la morte del fondatore e ha come patrimonio
un suo lascito. L'atto costitutivo e lo statuto devono contenere tutte le informazioni inerenti alla
fondazione, compresa l’indicazione dell’amministratore, che può essere anche il fondatore o i relativi
eredi) e trust (è un istituto che in Italia esiste dal 1989 con una legge entrata in vigore nel gennaio
del 1992. il Trust è un rapporto giuridico, in forza del quale il disponente, per realizzare un proprio
interesse meritevole, affida dei beni ad un’altra persona, fisica o giuridica (il Trustee), affinché questa
li impieghi, in base alle regole predeterminate dal Disponente nell’atto istitutivo del Trust, in favore di
uno o più beneficiari, oppure per il raggiungimento di un certo scopo ), il titolare effettivo va
individuato:
 nelle persone fisiche beneficiarie del 25% o più del patrimonio della fondazione o
del trust, qualora i futuri beneficiari siano già stati determinati; viceversa, qualora
i beneficiari non risultino ancora determinati, nella categoria di persone nel cui
interesse principale è istituita o agisce la fondazione o il trust
 e nella persona o persone fisiche che esercitano il controllo, anche di fatto, sul
25% o più del patrimonio della fondazione o del trust
 e, se diverso, in ciascun trustee (è il soggetto che riceve dal disponente le
posizioni soggettive, beni o diritti) del trust, se non già identificato.
Nota bene: il Trust è una sorta di cassaforte giuridica dentro la quale mettere beni che
dovranno essere gestiti in vista del perseguimento di un determinato scopo o per essere
attribuiti a determinati soggetti (i cosiddetti beneficiari). L’informazione
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sull’individuazione del beneficiario, che è fondamentale per l’individuazione del titolare
effettivo, dovrebbe essere scritta normalmente nell’atto istitutivo del trust (ed anche
della fondazione), ma spesso i beneficiari non sono indicati nominalmente, bensì sono
indicate le categorie dei beneficiari (ad esempio gli eredi in linea diretta), perché è
lasciata ampia discrezionalità al gestore (il trustee), oppure, nel caso delle fondazioni,
alla società che della fondazione è il gestore, in ordine all’individuazione dei beneficiari
finali. In tali ipotesi si raccomanda ai colleghi la massima attenzione.
Quando il cliente è un’organizzazione non profit, si applica quanto previsto per
fondazioni e trust e cioè il titolare effettivo va individuato
 nelle persone fisiche beneficiarie del 25% o più del patrimonio
dell’organizzazione non profit , qualora i futuri beneficiari siano già stati
determinati; viceversa, qualora i beneficiari non risultino ancora determinati,
nella categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce
l’organizzazione non profit;
 e nella persona o persone fisiche che esercitano il controllo, anche di fatto, sul
25% o più del patrimonio dell’organizzazione non profit.
Nei casi diversi da quelli appena visti, quando, ad esempio il cliente sia un consorzio o
altra organizzazione connotata da una struttura proprietaria analoga (rete di imprese,
gruppo cooperativo paritetico, gruppo economico di interesse europeo, ecc.) o altra
organizzazione o associazione di qualsiasi natura.) il titolare effettivo va individuato:
a) nei soggetti che detengano una quota superiore al 25% del fondo o patrimonio
dell’organizzazione;
b) e – se diversi – nei soggetti che, in forza del contratto costitutivo dell’organizzazione
(e successive modifiche e integrazioni) ovvero di altri atti o circostanze, siano titolari di
una percentuale dei voti all’interno dell’organo decisionale dell’organizzazione
superiore al 25% o del diritto di esprimere la maggioranza dei preposti
all’amministrazione.
Quando con riferimento al cliente non ricorrano le condizioni di cui alle precedenti
lettere a) e b), il titolare effettivo può rinvenirsi in uno o più soggetti preposti
all’amministrazione, in considerazione dell’eventuale influenza da questi esercitata sulle
decisioni riservate ai partecipanti all’organizzazione, con riguardo, in particolare, alle
decisioni relative alla nomina dei preposti all’amministrazione.
Nota bene: in tutti i casi sopra descritti, se uno o più dei soggetti individuati in base ai
predetti criteri non è una persona fisica, il titolare effettivo corrisponde alla persona
fisica o alle persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o esercitano il controllo
diretto o indiretto su tale soggetto.
G) Impossibilità di effettuare l’adeguata verifica: l’obbligo di astensione
Quando non si è in grado di rispettare gli obblighi di adeguata verifica della
clientela stabiliti dall'articolo 18, comma 1, lettere a), b) e c), non si possono instaurare
il rapporto continuativo né eseguire operazioni o prestazioni professionali( art. 23,
comma 1 decreto 231/2007). Se tale impossibilità si verifica per un rapporto
continuativo in essere o per un’operazione in corso di realizzazione, si deve porre fine al
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rapporto o all’esecuzione dell’operazione. In tal caso, devono essere restituiti al cliente i
fondi, gli strumenti e le altre disponibilità finanziarie di spettanza, liquidandone il
relativo importo tramite bonifico su un conto corrente bancario indicato dal cliente
stesso. Il trasferimento dei fondi è accompagnato da un messaggio che indica alla
controparte bancaria che le somme sono restituite al cliente per l'impossibilità di
rispettare gli obblighi di adeguata una segnalazione di operazione sospetta all’UIF.
È prevista (3 comma art. 23 decreto 231/2007) anche un’eccezione all’obbligo di
astensione: nei casi in cui questa non sia possibile, in quanto sussiste un obbligo di legge
di ricevere l’atto, l’esecuzione dell’operazione per sua natura non può essere rinviata
oppure l’astensione può ostacolare le indagini. È comunque obbligatorio subito dopo
aver eseguito l’operazione fare la segnalazione di operazione sospetta all’’U.I.F.
Per illustrare tale complessa procedura è necessario ripercorrerne le fasi temporali,
integrando questa nota sul provvedimento Banca d’Italia in oggetto, con un articolato
chiarimento sull’impossibilità di effettuare l’adeguata verifica e le sue conseguenze. Il
legislatore, con il decreto legislativo 19 settembre 2012, n. 169, pubblicato nella G.U.
del 2 ottobre 2012, ritenne necessario introdurre una specifica previsione per il caso in
cui le Banche non fossero state in grado di rispettare gli obblighi di adeguata verifica
stabiliti dall'articolo 18, comma 1, lettere a), b) e c) del decreto 231/2007 e fossero stati
in possesso di disponibilità finanziarie del cliente.
Venne così introdotto dopo il comma 1 dell’articolo 23 del decreto 231/2007, il
seguente comma 1-bis, che disciplina la procedura da seguire per restituire al cliente le
eventuali disponibilità finanziarie di sua spettanza: “Nel caso in cui non sia possibile
rispettare gli obblighi di adeguata verifica relativamente a rapporti continuativi già in
essere, operazioni o prestazioni professionali in corso di realizzazione, gli enti o le
persone soggetti al presente decreto restituiscono al cliente i fondi, gli strumenti e le
altre disponibilità finanziarie di spettanza, liquidandone il relativo importo tramite
bonifico su un conto corrente bancario indicato dal cliente stesso. Il trasferimento dei
fondi è accompagnato da un messaggio che indica alla controparte bancaria che le
somme sono restituite al cliente per l'impossibilità di rispettare gli obblighi di adeguata
verifica della clientela stabiliti dall'articolo 18, comma 1.”
In altri termini se le Banche non possono adempiere gli obblighi di adeguata verifica sui
rapporti continuativi sia in apertura che già in essere da tempo, devono non solo
astenersi dall’operatività ma devono anche restituire al cliente tutte le disponibilità
finanziarie, liquidando gli importi rivenienti con un bonifico ad hoc su un conto corrente
presso un altro istituto, indicato dal cliente. Il bonifico dovrà contenere una causale che
indichi espressamente che le somme sono bonificate stante l'impossibilità di rispettare
l'adeguata verifica.
Nello scorso ottobre l’attuazione operativa del decreto apparve subito di difficoltosa
esecuzione, tanto da costringere il MEF stesso a sospenderne l’attuazione, in attesa
dell’emanazione di suoi ulteriori chiarimenti.
Finalmente il 30 luglio 2013 il Ministero dell’Economia, sentito il Comitato di
Sicurezza Finanziaria-CSF e con la condivisione della Banca d’Italia, dell’UIF e della
Guardia di Finanza, ha emanato la circolare con le attese precisazioni sull’ambito
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applicativo della disposizione e sulle modalità operative idonee a dare attuazione alla
procedura di astensione e di restituzione dei fondi in caso di mancata adeguata verifica.
Il Ministero ha ritenuto innanzitutto opportuno fornire un’interpretazione sistematica del
combinato disposto degli articoli 22 e 23 del decreto 231/07.
Per la clientela già acquisita, l’articolo 22 prevede l’applicazione degli obblighi di
adeguata verifica al momento del primo contatto utile con il cliente, oppure, in base alle
informazioni disponibili, al rilievo che assume il profilo di rischio della clientela.
Per l’instaurazione di nuovi rapporti continuativi o per l’effettuazione di prestazioni
occasionali il primo comma dell’articolo 23 impedisce, nel caso in cui non sia possibile
procedere all’adeguata verifica della clientela, sia la costituzione ex novo del rapporto
continuativo, sia l’effettuazione dell’operazione occasionale, imponendo alla Banche un
preciso obbligo di astensione,
Dopo l’esegesi dei principi, il MEF prescrive l’obbligo di restituzione al cliente dei
fondi, degli strumenti e delle altre disponibilità finanziarie di sua spettanza. Dice infatti
il testo che “è necessario procedere all’applicazione del disposto dell’articolo 23,
comma 1-bis (cioè la restituzione) in occasione di:
a) operazioni occasionali e prestazioni professionali in corso di realizzazione, soltanto
nel caso in cui il destinatario degli obblighi abbia ricevuto disponibilità finanziarie di
spettanza del cliente;
b) rapporti nuovi non ancora perfezionati, solo nell’ipotesi in cui il destinatario degli
obblighi antiriciclaggio abbia ricevuto disponibilità finanziarie di spettanza del cliente,
scoprendo successivamente l’impossibilità di completare l’adeguata verifica;
c) rapporti già instaurati, al primo contatto utile, fatta salva la valutazione del rischio
presente, nel caso in cui il destinatario degli obblighi antiriciclaggio accerti di non
essere in grado di rispettare gli obblighi di adeguata verifica nei confronti
dell’intestatario o anche di uno solo dei cointestatari.”
Il MEF precisa inoltre che la procedura di restituzione può trovare applicazione
unicamente con riferimento ai rapporti che presentino saldi attivi.
Va inoltre sottolineato e si invitano le colleghe ed i colleghi a prestare massima
attenzione, quanto prescrive il Ministero in relazione alle segnalazioni di operazioni
sospette: “Sussistendo gli estremi per l’attivazione della procedura di restituzione di cui
al comma 1-bis del citato articolo 23, il destinatario degli obblighi valuterà, secondo i
criteri e le regole ordinariamente utilizzati, l’opportunità di effettuare una segnalazione
di operazione sospetta”.
Viene dal MEF escluso un automatismo di segnalazione: la Banca dovrà fare la
segnalazione all’UIF solo laddove sussistano gli elementi di cui all’articolo 41 del
decreto 231/2007. Quanto precede però non deve far abbassare la guardia in relazione
alle valutazioni che devono essere fatte dai colleghi al fine della eventuale segnalazione
all’UIF. In sintesi: no all’automatismo ma sì ad una seria valutazione circa l’esigenza di
segnalazione all’UIF. Se, infatti, si arriva a chiudere un rapporto continuativo oppure a
non iniziarlo in assenza di informazioni essenziali quali la natura e scopo del rapporto
e/o in ordine al titolare effettivo, si dovrà valutare con grande attenzione il dovere di
fare la segnalazione di operazione sospetta.
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Il Ministero passa poi a dettare le indicazioni operative alle quali le Banche dovranno
attenersi.
La prima novità è quella dell’interlocuzione preliminare con il cliente. Sin dalla fase
genetica del rapporto, scrive il MEF, al fine di fornire una compiuta informazione sui
doveri derivanti dal rispetto della legislazione antiriciclaggio, le Banche dovranno
ricordare al cliente le conseguenze derivanti dall’impossibilità di completare l’adeguata
verifica secondo quanto disposto dall’articolo 23 del decreto legislativo 231/2007.
Prima di avviare la procedura di restituzione le Banche dovranno contattare il cliente al
fine di accertare la possibilità di completare agevolmente l’adeguata verifica (ad es. per
mezzo di un’integrazione documentale) entro un ragionevole termine ovvero di prendere
atto dell’eventuale rifiuto del cliente di fornire le informazioni necessarie al medesimo
fine.
Nell’ambito di tale interlocuzione, la Banca ricorderà al cliente i suoi obblighi ex
articolo 21 del decreto 231/2007 (obblighi del cliente) e lo preavvertirà delle
conseguenze nel caso di mancato completamento dell’adeguata verifica (1-astensione,
2- restituzione delle disponibilità finanziarie secondo le modalità di cui al comma 1-bis,
3- revoca aziendale di eventuale convenzione di assegno, 4- chiusura del rapporto).
Il MEF introduce l’obbligo a carico della Banca di mantenere evidenza dei contatti
intercorsi con il cliente anche mediante tecniche di raccolta di informazioni a distanza
(ad esempio e-mail, questionari cartacei, comunicazioni inviate a mezzo del servizio
postale).
Una volta falliti tutti i tentativi, nel caso di definitiva impossibilità di effettuare o
completare l’adeguata verifica, la Banca invierà al cliente una comunicazione scritta con
la quale:
 farà presente il proprio obbligo di astensione e l’esigenza di ottenere entro 60
giorni dalla ricezione della comunicazione stessa l’indicazione delle coordinate di
un conto su cui effettuare la restituzione delle eventuali disponibilità finanziarie
di spettanza del cliente;
 informerà il cliente che, in attesa della ricezione delle coordinate del conto, sul
rapporto saranno consentite solo le operazioni necessarie all’adempimento di
obbligazioni assunte dal cliente o giunte a scadenza e gli addebiti/accrediti
disposti in via continuativa prima dell’invio della comunicazione (in tale ambito
rientrano gli accrediti e gli addebiti automatici precedentemente autorizzati come
per es. accredito di stipendio o pensione, di interessi, domiciliazione di utenze,
pagamenti di imposte, tasse e contributi);
 informerà il cliente che, trascorso il citato termine di 60 giorni dalla ricezione
della comunicazione scritta, non sarà possibile effettuare alcuna operazione e si
provvederà a comunicare ai terzi interessati che non si eseguiranno ulteriori
operazioni di addebito o accredito automatico a valere sul rapporto intestato al
cliente;
 informerà il cliente che, a decorrere dalla ricezione della comunicazione scritta,
gli eventuali moduli di assegno - consegnatigli nell’ambito del rapporto - ancora
in suo possesso dovranno essere restituiti, che l’eventuale convenzione di assegno
si intenderà revocata e il pagamento degli eventuali assegni tratti sul conto –
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successivamente a tale data – sarà rifiutato. Sarà inoltre specificamente indicato
che i dati relativi ai moduli di assegni eventualmente non restituiti formeranno
oggetto di segnalazione alla sezione centrale dell’archivio degli assegni bancari e
postali e delle carte di pagamento irregolari di cui all’articolo 10-bis della legge
15 dicembre 1990, n. 386;
 informerà, infine, il cliente che, ricevuta l’indicazione del conto, sarà disposta la
restituzione di fondi, strumenti, disponibilità finanziarie e liquidità di sua
spettanza e il rapporto si intenderà chiuso.
Con riferimento al conto corrente che dovrà essere indicato dal cliente, il Ministero
indica precise caratteristiche che esso deve avere:
 il conto corrente deve essere intestato e/o cointestato al cliente nei cui confronti si
dispone la restituzione delle disponibilità finanziarie;
 ove la Banca detenga strumenti finanziari di spettanza del cliente per il quale non
è stato possibile effettuare l’adeguata verifica, quest’ultimo potrà indicare gli
estremi di un conto titoli a sé intestato o cointestato su cui trasferire i predetti
strumenti. Questo punto è importante perché può risolvere il problema della
liquidazione degli strumenti finanziari detenuti dal cliente. Invece di liquidarli
con tutte le difficoltà del caso, si potrà provvedere al mero trasferimento.
 Il conto corrente e/o il conto titoli di cui all’articolo 23, comma 1-bis, deve essere
stato aperto presso un intermediario nazionale, comunitario o soggetto al regime
proprio dei paesi terzi equivalenti;
 nel caso in cui il rapporto con riferimento al quale si dispone la restituzione dei
beni sia cointestato, il conto di cui all’articolo 23, comma 1-bis, dovrà essere
individuato di comune accordo dai cointestatari nel termine di 60 giorni dalla
ricezione della comunicazione scritta del destinatario degli obblighi
antiriciclaggio. In caso di indicazioni divergenti, la Banca, fermo restando quanto
disposto in merito al blocco dell’operatività, attenderà che i cointestatari
indichino un unico conto sul quale effettuare la restituzione ovvero individuino
conti distinti per ciascuno di essi, specificando, di comune accordo, le modalità
secondo le quali dovranno essere ripartite le disponibilità finanziarie di loro
spettanza.
Se la Banca non riesce ad ottenere l’indicazione delle coordinate bancarie su cui
effettuare il bonifico di restituzione, provvederà a trattenere e a versare le suddette
disponibilità finanziarie su un conto infruttifero.
Un altro importante onere a carico delle banche è l’obbligo che conservino le
informazioni relative alle operazioni di restituzione effettuate, poiché queste
informazioni possono essere acquisite dall’UIF. In altri termini la Banca dovrà acquisire
e conservare le informazioni relative alle operazioni di restituzione effettuate mediante il
trasferimento delle disponibilità finanziarie presso un altro intermediario, con evidenza
delle controparti e dei rapporti di destinazione.
L’UIF potrà acquisire tali informazioni, con le modalità da essa stabilite e anche in via
periodica o sistematica, ai sensi dell'articolo 6, comma 6, lettera c) del decreto
231/2007.
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In relazione alla materia trattata dalla circolare MEF di cui ci stiamo occupando, il 6
agosto 2013 l’UIF ha emanato, a sua volta, un provvedimento che disciplina le
informazioni da acquisire e conservare in caso di operazioni di restituzione di cui all’art.
23, comma 1-bis, del d.lgs. n. 231 del 2007.
Più in particolare (art. 4), con riferimento a ciascuna operazione di restituzione, a
prescindere dal relativo importo, l’UIF prescrive che devono essere acquisite e
conservate le seguenti informazioni:
 la data, l’importo e la tipologia dell’operazione di restituzione;
 i dati identificativi: a) del cliente; b) degli eventuali cointestatari; c) se presente,
del soggetto esecutore; d) dei titolari effettivi, ove l’astensione non sia
determinata dall’impossibilità di identificare e verificare l’identità del titolare
effettivo;
 gli estremi del rapporto o dei rapporti in favore dei quali è effettuata l’operazione
di restituzione, con l’indicazione dell’intermediario finanziario presso il quale
sono aperti e l’eventuale indicazione del Paese di destinazione delle disponibilità
finanziarie;
 ove noti, i dati identificativi dei cointestatari del rapporto in favore del quale il
cliente ha chiesto di effettuare l’operazione di restituzione.
Misure semplificate dì adeguata verifica
E’ prevista la possibilità di applicare misure semplificate di adeguata verifica
della clientela nel caso di fattispecie a basso rischio di riciclaggio specificamente
individuate dalla legge:
1).sia nei confronti di intermediari ed altri soggetti,
2).sia nei confronti di determinati prodotti e transazioni.
Vediamo di seguito le due fattispecie:
1) Intermediari ed altri soggetti.
Le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela si applicano quando il
cliente rientra nelle seguenti categorie:
a) soggetti di cui all’art. 25, comma 1, del decreto 231/2007(“se il cliente è: a) uno dei
soggetti indicati all'articolo 11, commi 1 e 2, lettera b) 231/2007; b) un ente creditizio o finanziario
comunitario soggetto alla direttiva; c) un ente creditizio o finanziario situato in uno Stato
extracomunitario, che imponga obblighi equivalenti a quelli previsti dalla direttiva e preveda il
controllo del rispetto di tali obblighi;c-bis) una società o un altro organismo quotato i cui strumenti
finanziari sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato ai sensi della direttiva
2004/39/CE in uno o più Stati membri, ovvero una società o un altro organismo quotato di Stato estero
soggetto ad obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria”);
b) uffici della pubblica amministrazione ovvero istituzioni e organismi che svolgano
funzioni pubbliche conformemente al trattato sull’Unione europea, ai trattati sulle
Comunità europee o al diritto comunitario derivato;
c) soggetti per i quali il Ministero dell’economia e delle finanze con proprio decreto,
sentito il Comitato di sicurezza finanziaria, abbia autorizzato l’applicazione, in tutto o in
parte, di misure semplificate (art. 26 del decreto 231/2007).
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Nota bene: si dovranno raccogliere sufficienti informazioni sulla clientela per stabilire
se ricorrono le condizioni per l’applicazione di misure semplificate di adeguata verifica.
Si dovrà accertare l’identità del cliente, acquisendo i dati relativi a denominazione,
natura giuridica, sede legale, e, ove esistente, codice fiscale dello stesso. Saranno le
aziende che dovranno mettere a disposizione dei lavoratori affidabili meccanismi e
procedure proprie o di sistema per il riconoscimento dei clienti e del personale degli
stessi legittimato a rappresentarli nelle transazioni. Si ricorda ai colleghi che in ogni
modo dovranno valutare, al di là della prima risultanza formale, se applicare o meno la
procedura semplificata di adeguata verifica. Infatti non si applicano le misure
semplificate e si eseguono gli adempimenti ordinari o rafforzati di adeguata verifica,
oppure addirittura ci si deve astenere dall’effettuazione dell’operazione o dalla
costituzione del rapporto e si valuta se fare la segnalazione di operazione sospetta, nei
seguenti casi:
 vi siano dubbi sull’idoneità o la veridicità delle informazioni acquisite ai fini della
riconduzione del cliente alle categorie che ammettono misure semplificate di
adeguata verifica;
 non vi siano più le condizioni per la configurazione di un basso rischio di
riciclaggio che consenta misure semplificate di adeguata verifica;
 vi sia comunque il sospetto di riciclaggio;
 la Commissione europea adotti, con riferimento ad un Paese terzo, una decisione
di accertamento; in tal caso non si possono applicare misure semplificate di
adeguata verifica della clientela agli enti creditizi e finanziari o società quotate del
Paese terzo in questione.
2) Prodotti e transazioni.
I destinatari sono esentati dall’effettuazione dell’adeguata verifica nel caso di prodotti e
transazioni che rientrano nelle seguenti categorie (art. 25, comma 6, del decreto 231/2007):
a) contratti di assicurazione-vita, il cui premio annuale non ecceda i 1.000 euro o il cui
premio unico sia di importo non superiore a 2.500 euro;
b) forme pensionistiche complementari disciplinate dal decreto legislativo 5 dicembre
2005, n. 252, a condizione che esse non prevedano clausole di riscatto diverse da quelle
di cui all'articolo 14 del medesimo decreto e che non possano servire da garanzia per un
prestito al di fuori delle ipotesi previste dalla normativa vigente;
c) regimi di pensione obbligatoria e complementare o sistemi simili che versino
prestazioni di pensione, per i quali i contributi siano versati tramite deduzione dal
reddito e le cui regole non permettano ai beneficiari, se non dopo il decesso del titolare,
di trasferire i propri diritti;
d) moneta elettronica nel caso in cui, se il dispositivo non è ricaricabile, l'importo
massimo memorizzato sul dispositivo non ecceda 250 euro oppure nel caso in cui, se il
dispositivo è ricaricabile, sia imposto un limite di 2.500 euro sull'importo totale trattato
in un anno civile, fatta eccezione per i casi in cui un importo pari o superiore a 1.000
euro sia rimborsato al detentore nello stesso anno civile ovvero sia effettuata una
transazione superiore a 1.000 euro. Per le operazioni di pagamento nazionali, il limite di
250 euro di cui alla presente lettera è aumentato a 500 euro;
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e) qualunque altro prodotto o transazione caratterizzato da un basso rischio di
riciclaggio che soddisfi i criteri tecnici stabiliti dalla Commissione europea, se
autorizzato dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto.
Nota bene: non si applica l’esenzione e si eseguono gli adempimenti ordinari o
rafforzati di adeguata verifica quando vi sia comunque il sospetto del coinvolgimento in
attività di riciclaggio, indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia
applicabile.
Obblighi rafforzati dì adeguata verifica
Il principio ed i casi tipici
L’adeguata verifica rafforzata consiste nell’adozione di misure caratterizzate da
maggiore profondità, estensione e frequenza, nelle diverse aree dell’adeguata verifica.
A titolo esemplificativo
 possono essere acquisite informazioni ulteriori rispetto ai dati identificativi
ordinariamente previsti (ad esempio, quelli relativi a familiari / conviventi /
società / soggetti in affari con il cliente);
 possono essere acquisite ulteriori informazioni sull’esecutore e il titolare
effettivo; per le operazioni occasionali;
 possono essere acquisite informazioni sulla natura e lo scopo delle stesse;
 possono essere effettuate verifiche più incisive delle informazioni acquisite in
merito al cliente, all’esecutore e al titolare effettivo;
 possono essere svolte indagini più approfondite sulla natura e/o scopo del
rapporto;
 possono essere aumentate l’intensità e la frequenza del monitoraggio nel controllo
continuo.
Si devono applicare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela, quando
sussista un elevato rischio di riciclaggio, risultante da specifiche previsioni normative
ovvero dall’autonoma valutazione dell’azienda/dipendente.
I casi di misure rafforzate specificamente previsti dal decreto 231/2007 (art. 28) sono i
seguenti:
a) operatività a distanza;
b) persone politicamente esposte;
c) conti di corrispondenza (“conti tenuti dalle banche per il regolamento dei servizi
interbancari (rimesse di effetti, assegni circolari e bancari, ordini di versamento, giri di fondi,
rimesse documentate e altre operazioni”)) con enti corrispondenti di Stati extracomunitari
(vedi parte VI sezione I).
Inoltre, le misure rafforzate vanno assunte nei seguenti casi:
d) nel caso di operazioni di versamento di contanti o valori provenienti da altri Stati;
e) qualora sia inviata all’UIF la segnalazione di operazione sospetta: in tal caso, il
destinatario applica misure rafforzate fino a quando ritenga di poter escludere l’esistenza
di un elevato pericolo di riciclaggio;
f) in relazione al ricorso a prodotti, operazioni, tecnologie che possano aumentare il
rischio di riciclaggio.
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Operatività a distanza
Rientra in tale ambito l’operatività svolta dal cliente senza la sua presenza fisica
presso gli sportelli dell’azienda.
Nel caso in cui il cliente sia un soggetto diverso da una persona fisica, esso si considera
presente quando lo sia l’esecutore (“il soggetto delegato ad operare in nome e per conto del
cliente o a cui siano comunque conferiti poteri di rappresentanza che gli consentano di
operare in nome e per conto del cliente. I soggetti incaricati da un’autorità pubblica
dell’amministrazione dei beni e dei rapporti del cliente o della sua rappresentanza (quali, ad
esempio, i curatori fallimentari) sono considerati esecutori”).
L’operatività a distanza realizzata attraverso i sistemi di comunicazione telefonica o
informatica (ad esempio, Internet banking e phone banking) richiede una specifica
attenzione in considerazione dell’assenza di un contatto diretto sia con il cliente che con
i soggetti eventualmente incaricati dal medesimo.
Gli obblighi di adeguata verifica si intendono assolti, anche senza la presenza fisica del
cliente, nei seguenti casi:
a) quando l’identificazione e la verifica siano state già effettuate in relazione a un
rapporto in essere;
b) qualora il destinatario si avvalga dell’adeguata verifica effettuata da parte di terzi ai
sensi dell’art. 29 e segg. del decreto 231/2007;
c) per le operazioni effettuate con sistemi di cassa continua o di sportelli automatici, per
corrispondenza o attraverso soggetti che svolgono attività di trasporto di valori o
mediante carte di pagamento. Tali operazioni sono imputate al soggetto titolare del
rapporto al quale ineriscono;
d) qualora si acquisiscano uno o più dei seguenti documenti da cui risultino i dati
identificativi e le altre informazioni richieste ai fini dell’adeguata verifica: atti pubblici,
scritture private autenticate; certificati qualificati utilizzati per la generazione di una
firma digitale associata a documenti informatici; una dichiarazione della rappresentanza
e dell’autorità consolare italiana;
e) quando si effettui l’identificazione e la verifica dei dati relativi al cliente e
all’esecutore attraverso “affidabili meccanismi e procedure proprie o di sistema (quali
ad esempio il meccanismo di scambio di chiavi SWIFT) per il riconoscimento dei clienti
e del personale degli stessi legittimato a rappresentarli nelle transazioni”(3 paragrafo,
sezione I della Parte Terza del provvedimento in oggetto).
Nota bene: nei casi diversi da quelli or ora indicati, i colleghi hanno l’obbligo di
acquisire i dati identificativi e a effettuare il riscontro su una copia – acquisita tramite
fax, a mezzo posta, in formato elettronico o con modalità analoghe – di un documento di
identità non scaduto, tra quelli visti prima. In tale ipotesi i colleghi dovranno provvedere
ad un’ulteriore verifica dei dati acquisiti secondo le modalità ritenute più opportune, in
relazione al rischio specifico.
A titolo esemplificativo, si indicano le seguenti modalità:
 contatto telefonico su utenza fissa (welcome call);
 invio di comunicazioni a un domicilio fisico con ricevuta di ritorno;
 richiesta di invio di documentazione controfirmata;
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Mario Capocci
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 verifica su residenza, domicilio, attività svolta, tramite richieste di informazioni ai
competenti uffici ovvero mediante incontri in loco, effettuati avvalendosi di
personale proprio o di terzi.
Se il collega
 non è in grado di ottenere i dati e le informazioni indicate
 oppure non riesce a verificare l’attendibilità degli stessi
 oppure non riesce ad avere altrimenti certezza circa la coincidenza fra il cliente da
identificare e il soggetto cui si riferiscono i dati e le informazioni trasmesse
 oppure qualora, dalle verifiche effettuate e dalle misure adottate, emerga la falsità
o l’incoerenza delle informazioni fornite a distanza,
non dà corso all’operazione, non avvia il rapporto continuativo oppure pone fine al
rapporto già in essere e valuta se inviare una segnalazione di operazione sospetta .
Persone politicamente esposte (PEPs)
Le persone fisiche residenti in altri Stati comunitari o in Stati extracomunitari che
rivestono o hanno rivestito importanti cariche pubbliche sono considerati a più alto
rischio di riciclaggio in quanto maggiormente esposti a potenziali fenomeni di
corruzione, unitamente ai relativi familiari ed a coloro con i quali tali persone
intrattengono notoriamente stretti legami (ad esempio in virtù di rapporti d’affari). Il
controllo costante nel corso del rapporto va effettuato in misura più intensa e frequente
di quella applicata ai rapporti caratterizzati da più basso rischio di riciclaggio.
Qualora non si sia in grado di ottenere i dati e le informazioni indicate ovvero non riesca
a verificare l’attendibilità degli stessi, non dà corso all’operazione, non avvia il rapporto
continuativo ovvero pone fine al rapporto già in essere e valuta se inviare una
segnalazione di operazione sospetta.
Nota bene: la qualificazione come PEPs assume rilievo sia per il cliente sia per il
titolare effettivo.
Se il cliente o il titolare effettivo rientra nella definizione di PEPs, l’avvio o la
prosecuzione del rapporto continuativo sono autorizzati dal Direttore generale ovvero da
una persona che svolga una funzione equivalente ovvero da persona appartenente
all’alta direzione a ciò delegata. Gli stessi soggetti cui è demandata l’autorizzazione
all’instaurazione dei rapporti decidono in corso d’opera circa l’eventuale successiva
perdita dello status di PEPs ed alla conseguente applicazione di misure ordinarie di
adeguata verifica. Banca d’Italia però aggiunge che le aziende potranno anche valutare
se applicare misure rafforzate di adeguata verifica a quei soggetti che, originariamente
individuati come PEPs, abbiano cessato di rivestire le relative cariche pubbliche da oltre
un anno.
Nota bene: ciascuna azienda deve definire le procedure per verificare se il cliente o il
titolare effettivo rientri nella nozione di persona politicamente esposta. I dipendenti
dovranno essere informati e formati dalle aziende, sulle procedure da loro messe in atto,
al fine di individuare se un dato cliente o titolare effettivo rientri nella nozione di PEPs.
Alle aziende compete anche l’onere di adottare misure adeguate per stabilire l’origine
dei fondi impiegati nel rapporto o nell’operazione da parte dei PEPs. A tal fine, i
colleghi, seguendo le procedure messe in atto dalle aziende, devono acquisire una
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specifica attestazione del cliente e verificare le informazioni sulla base di documenti
pubblicamente disponibili e/o in base ad attestazioni di altri intermediari, ove rilasciate.
Persone residenti nel territorio nazionale che occupano o hanno occupato
importanti cariche pubbliche
Anche in questo caso le aziende devono definire le procedure per verificare se il
cliente o il titolare effettivo residenti sul territorio nazionale siano persone che occupano
o hanno occupato importanti cariche pubbliche sulla base dei criteri di cui all’allegato
tecnico del decreto231/2007 (1. Per persone fisiche che occupano o hanno occupato importanti
cariche pubbliche s'intendono:a) i capi di Stato, i capi di Governo, i Ministri e i Vice Ministri o
Sottosegretari; b) i parlamentari; c) i membri delle corti supreme, delle corti costituzionali e di altri
organi giudiziari di alto livello le cui decisioni non sono generalmente soggette a ulteriore appello,
salvo in circostanze eccezionali; d) i membri delle Corti dei conti e dei consigli di amministrazione
delle banche centrali; e) gli ambasciatori, gli incaricati d'affari e gli ufficiali di alto livello delle forze
armate; f) i membri degli organi di amministrazione, direzione o vigilanza delle imprese possedute
dallo Stato. In nessuna delle categorie sopra specificate rientrano i funzionari di livello medio o
inferiore. Le categorie di cui alle lettere da a) a e) comprendono, laddove applicabili, le posizioni a
livello europeo e internazionale. 2. Per familiari diretti s'intendono: a) il coniuge; b) i figli e i loro
coniugi; c) coloro che nell'ultimo quinquennio hanno convissuto con i soggetti di cui alle precedenti
lettere; d) i genitori. 3. Ai fini dell'individuazione dei soggetti con i quali le persone di cui al numero 1
intrattengono notoriamente stretti legami si fa riferimento a: a) qualsiasi persona fisica che ha
notoriamente la titolarità effettiva congiunta di entità giuridiche o qualsiasi altra stretta relazione
d'affari con una persona di cui al comma 1; b) qualsiasi persona fisica che sia unica titolare effettiva di
entità giuridiche o soggetti giuridici notoriamente creati di fatto a beneficio della persona di cui al
comma 1).
Nota bene: se l’operatività con tali persone presenta un elevato rischio di riciclaggio i
colleghi dovranno applicare obblighi rafforzati dì adeguata verifica anche con
riferimento ai familiari diretti di tali persone o a coloro con i quali esse intrattengono
notoriamente stretti legami.
Operazioni di versamento di contanti o valori provenienti da altri Stati
Nel caso in cui disponga di elementi informativi tali da ritenere che il cliente stia
effettuando un’operazione di versamento di contanti, strumenti finanziari o altri valori
mobiliari di importo complessivo pari o superiore al controvalore di 10.000 euro,
provenienti da uno Stato estero, comunitario o extracomunitario, il collega/azienda è
tenuto ad acquisire copia della dichiarazione di trasferimento di contante prevista
dall’articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 2008 n. 195.
Questo decreto, dedicato ai trasferimenti al seguito di denaro, titoli e valori mobiliari, prevede
all’articolo 3 l’obbligo di dichiarazione, nei seguenti termini. 1. Chiunque entra nel territorio
nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve
dichiarare tale somma all'Agenzia delle dogane. L'obbligo di dichiarazione non e' soddisfatto se le
informazioni fornite sono inesatte o incomplete. 2. La dichiarazione, redatta in conformità al modello
allegato al presente decreto può essere, in alternativa: a) trasmessa telematicamente, prima
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dell'attraversamento della frontiera, secondo le modalità e le specifiche pubblicate nel sito
dell'Agenzia delle dogane. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione e il numero
di registrazione attribuito dal sistema telematico doganale; b) consegnata in forma scritta, al momento
del passaggio, presso gli uffici doganali di confine o limitrofi, che ne rilasciano copia con attestazione
del ricevimento da parte dell'ufficio. Il dichiarante deve recare al seguito copia della dichiarazione
con attestazione del ricevimento. 3. Il comma 1 si applica anche a tutti i trasferimenti di denaro
contante, da e verso l'estero, effettuati mediante plico postale o equivalente. La dichiarazione, redatta
in conformità al modello allegato al presente decreto, e' consegnata a Poste italiane s.p.a. o ai fornitori
di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, all'atto della spedizione o nelle
48 ore successive al ricevimento. Nel computo dei termini non si tiene conto dei giorni festivi. 4. Gli
uffici postali e i fornitori di servizi postali ai sensi del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, che
ricevono la dichiarazione ne rilasciano ricevuta al dichiarante e provvedono alla trasmissione della
dichiarazione per via telematica all'Agenzia delle dogane entro sette giorni. 5. Le disposizioni del
presente decreto non si applicano ai trasferimenti di vaglia postali o cambiari, ovvero di assegni
postali, bancari o circolari, tratti su o emessi da banche o Poste italiane s.p.a. che rechino l'indicazione
del nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
Nota bene: nel caso in cui non sia stato possibile acquisire copia della predetta
dichiarazione, il collega non dà corso all’operazione e “valuta se inviare una
segnalazione di operazione sospetta”.
Operatività con banconote di grosso taglio
L'utilizzo del contante è di per sé un fattore di rischio che diventa sintomo di
irregolarità o addirittura strumento per la realizzazione di comportamenti penalmente
sanzionabili. Per questo la legge ha previsto nel tempo una serie di soglie che ne
limitino l'utilizzo. Con questo provvedimento la Banca d'Italia evidenzia quale possibile
elemento di criticità ai fini antiriciclaggio l'effettuazione di operazioni in contanti che
prevedono l'utilizzo di banconote di taglio elevato (200 e 500 euro) a prescindere dalla
soglia prevista dall’art. 49 decreto 231/2007 (attualmente 1000 euro). Infatti l’utilizzo di
banconote di grosso taglio presenta un indizio maggiore di riciclaggio in quanto agevola
il trasferimento di importi elevati di contante rispetto alle banconote di taglio minore,
favorendo le transazioni finanziarie non tracciabili.
Il ricorso frequente e per importi significativi a banconote di grosso taglio espone il
possessore a rischi di furto, smarrimento, deterioramento e quindi risulta oggettivamente
disincentivato, soprattutto quando il possessore stesso disponga di modalità alternative
di movimentazione finanziaria, più rapide e sicure (assegni, bonifici, carte di credito, di
pagamento, ecc.). Tali considerazioni risultano ancora più pertinenti nel caso di clienti
che presentano una movimentazione finanziaria rilevante per frequenza delle operazioni
e/o per importo delle stesse, ad esempio in ragione dello svolgimento di attività
imprenditoriali o professionali.
Nota bene: pertanto, in presenza di operazioni di deposito, di prelievo, di pagamento o
di qualsiasi altra operazione con utilizzo di banconote di grosso taglio (500 euro e 200
euro) per importi unitari superiori a 2.500 euro - indipendentemente dalla circostanza
che l’operazione preveda, oltre tale importo, l’utilizzo di altri tagli - i colleghi devono
effettuare specifici approfondimenti, anche con il cliente, al fine di verificare che le
ragioni alla base di tale operatività, alla luce delle considerazioni sopra indicate,
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consentano di escludere la connessione delle stesse con fenomeni di riciclaggio. Anche
in questo caso in mancanza di ragionevoli motivazioni, i colleghi “si astengono
dall’effettuazione dell’operazione e/o dalla prosecuzione del rapporto continuativo già
in essere e valutano se inviare una segnalazione di operazione sospetta”.
Esecuzione da parte di terzi degli obblighi dì adeguata verifica
L’assolvimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela può essere
demandato a soggetti terzi, ferma la piena responsabilità in capo all’azienda/lavoratore
tenuti all’osservanza degli obblighi di adeguata verifica.
Il ricorso ai terzi è consentito per tutte le fasi dell’adeguata verifica (identificazione del
cliente e del titolare effettivo, verifica dei dati relativi ai medesimi, acquisizione di informazioni sullo
scopo e la natura del rapporto e delle operazioni occasionali), ad eccezione del controllo costante
dell’operatività.
Ai fini dell’esecuzione da parte di terzi degli obblighi dì adeguata verifica, i soggetti
terzi sono:
a) soggetti che possono effettuare tutte le fasi consentite dell’adeguata verifica (art. 30,
comma 1 231/2007) e cioè:
 intermediari nazionali di cui all’art. 11, comma 1, del decreto 231/2007, nonché le
loro succursali insediate in paesi terzi equivalenti;
 enti creditizi e finanziari comunitari;
 banche aventi sede legale e amministrativa in paesi terzi equivalenti.
Nota bene: resta fermo che gli obblighi di adeguata verifica non possono essere assolti
da uno dei citati soggetti al quale il destinatario ritenga di non poter applicare le misure
semplificate di adeguata verifica di cui sopra.
b) soggetti che possono effettuare solo l’identificazione del cliente, dell’esecutore e del
titolare effettivo e l’acquisizione di copia dei documenti di identità originali e cioè:
 intermediari assicurativi operanti nel ramo vita, mediatori creditizi e agenti
richiamati nell’art. 30, comma 7, del decreto 231/2007;
 collaboratori esterni che, in virtù di apposita convenzione, operano in nome e per
conto di intermediari nel proporre alla clientela la sottoscrizione di contratti
riconducibili all’attività istituzionale degli intermediari medesimi. La
convenzione deve specificare gli obblighi da assolvere in materia
d’identificazione e le modalità e i tempi di adempimento, ivi inclusi i tempi di
trasmissione delle informazioni all’intermediario, nonché la responsabilità del
collaboratore per il non corretto svolgimento dell’attività assegnatagli. In
particolare, si tratta dei collaboratori esterni che propongono, in nome e per conto
d’intermediari, la sottoscrizione di contratti relativi al credito al consumo ovvero
di contratti di leasing o di factoring o di emissione di moneta elettronica. In
nessun caso gli obblighi di adeguata verifica possono essere demandati a soggetti
che non hanno insediamenti fisici in alcun paese.
Nei casi di rapporti di esternalizzazione o di agenzia, non si può applicare l’esecuzione
da parte di terzi degli obblighi dì adeguata verifica, al fornitore del servizio
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esternalizzato o all'agente che siano considerati, ai sensi del contratto, parte integrante
del destinatario e quindi equiparati, ai fini delle presenti istruzioni, ai dipendenti di
quest’ultimo. Analogamente anche i promotori finanziari sono equiparati ai dipendenti
degli intermediari per i quali prestano la propria attività.
Contenuto e modalità di esecuzione degli obblighi demandati a soggetti terzi
Gli obblighi di adeguata verifica si considerano soddisfatti attraverso un’idonea
attestazione rilasciata dal terzo che abbia provveduto ad adempierli in proprio in
presenza del cliente in relazione alla costituzione di un rapporto continuativo tuttora in
essere (art. 30, comma 1, del decreto 231/2007). L’attestazione deve essere riconducibile al
terzo attestante, attraverso accorgimenti idonei (sottoscrizione cartacea da parte del
personale a ciò autorizzato, invio con sistemi informatici, ecc.) e deve essere trasmessa
dal terzo attestante e non dal cliente.
Al fine di standardizzare il processo di acquisizione delle informazioni, l’intermediario
responsabile può predisporre una specifica modulistica per il rilascio delle attestazioni.
L’attestazione deve espressamente confermare il corretto adempimento degli obblighi
antiriciclaggio da parte dell’attestante, in relazione alle varie attività effettuate. Il
contenuto dell’attestazione varia a seconda dello specifico obbligo di adeguata verifica
cui essa è diretta; in base a tale criterio, essa deve contenere:
a) i dati identificativi del cliente, dell’esecutore e del titolare effettivo ai fini
dell’adempimento dell’obbligo di identificazione;
b) l’indicazione delle tipologie delle fonti utilizzate per l’accertamento e per la verifica
dell’identità;
c) le informazioni sulla natura e sullo scopo del rapporto da aprire e dell’operazione
occasionale da eseguire ai fini dell’adempimento del relativo obbligo.
Copia dei documenti e delle informazioni acquisite
 deve essere resa disponibile per l’intermediario responsabile ai fini dell’adeguata
verifica, dai soggetti che possono effettuare solo l’identificazione del cliente,
dell’esecutore e del titolare effettivo e l’acquisizione di copia dei documenti di
identità originali,
 oppure deve essere inviata tempestivamente da parte dei terzi su richiesta
dell’intermediario responsabile dell’adeguata verifica.
L’attestazione può essere resa in forma cartacea o informatica e in via autonoma ovvero
in connessione con specifiche operazioni.
Ai fini dell’identificazione del cliente, l’attestazione può essere resa attraverso:
a) la trasmissione di un bonifico che sia eseguito a valere su un conto per il quale cliente
è stato identificato di persona e che contenga il codice identificativo assegnato al cliente
dall’intermediario che deve effettuare l’identificazione a distanza. In tal caso, tale
intermediario riceve dal cliente comunicazione dei dati identificativi, assegna il codice
identificativo al cliente medesimo, che questi comunica alla banca presso la quale è
intrattenuto il rapporto che, a sua volta, verifica la corrispondenza dei dati identificativi
e riporta il codice nel bonifico inviato all’intermediario unitamente ai suddetti dati
identificativi;
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b) l’utilizzo di una carta di pagamento, emessa da un intermediario presso cui il titolare
è stato identificato di persona, secondo le modalità di seguito indicate:
 il cliente richiede l’instaurazione di un rapporto continuativo all’intermediario che
deve identificare a distanza, fornendo i propri dati identificativi e quelli della
propria carta di pagamento;
 l’intermediario addebita la carta di pagamento per un importo concordato con il
cliente, inviando all’emittente della carta di pagamento apposito ordine corredato
di un codice identificativo, nonché dei dati identificativi del cliente;
 l’emittente della carta di pagamento verifica la corrispondenza dei dati
identificativi e comunica al cliente il suddetto codice identificativo;
 il cliente comunica tale codice all’intermediario che deve identificare a distanza.
Spetta all’intermediario responsabile dell’adeguata verifica valutare se gli elementi
raccolti e le verifiche effettuate dai soggetti terzi siano idonei e sufficienti ai fini
dell’assolvimento degli obblighi previsti dalla legge; in caso contrario provvede, a
seconda dei casi e delle circostanze, a:
 informare il terzo attestante delle eventuali irregolarità o incongruenze riscontrate
nella documentazione ricevuta;
 apportare le necessarie rettifiche o integrazioni;
 adempiere in via diretta agli obblighi di adeguata verifica;
 astenersi dall’instaurare il rapporto continuativo o dall’eseguire l’operazione,
valutando se effettuare una segnalazione alla UIF, in particolare, qualora si trovi
nell’impossibilità di rispettare gli obblighi di adeguata verifica.
Nota bene: la Banca d’Italia richiede di “verificare, nei limiti della diligenza
professionale, la veridicità dei documenti ricevuti e la correttezza e attendibilità delle
informazioni desunte dagli stessi”e di acquisire, ove necessario, informazioni
supplementari, dai terzi stessi, dal cliente ovvero da altre fonti”.
Utenti Occasionali: particolare attenzione va in ogni caso riservata agli utenti
occasionali, con i quali l'operatore deve assumere un atteggiamento più prudente e
avvertito che può giungere fino a non accettare le operazioni richieste, quando queste
risultino di importo superiore ad una determinata soglia o non rendano evidenti le
motivazioni economiche sottostanti.
2) GLI OBBLIGHI DÌ REGISTRAZIONE-ARCHIVIO UNICO INFORMATICO
(A.U.I.) (ART. 36 E 37 - 231/2007)
Ogni intermediario deve istituire l’archivio unico informatico (AUI) per registrare
i dati identificativi e le altre informazioni relative ai rapporti continuativi e alle
operazioni.
Gli intermediari devono conservare i documenti e devono registrare le informazioni che
hanno acquisito per assolvere gli obblighi di adeguata verifica della clientela affinché
possano essere utilizzati per qualsiasi indagine su eventuali operazioni di riciclaggio o di
finanziamento del terrorismo o per corrispondenti analisi effettuate dall’UIF o da
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qualsiasi altra Autorità competente.
Al fine di prevenire e impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio, gli
intermediari devono istituire idonee misure di controllo interno in materia di tenuta
dell’archivio unico informatico e assicurare un’adeguata formazione dei dipendenti e dei
collaboratori per garantire gli adempimenti di cui al presente provvedimento.
Per quanto riguarda gli obblighi di adeguata verifica del cliente, conservano la copia o i
riferimenti dei documenti richiesti, per un periodo di dieci anni dalla fine del rapporto
continuativo o della prestazione professionale; per quanto riguarda le operazioni, i
rapporti continuativi e le prestazioni professionali, conservano le scritture e le
registrazioni, consistenti nei documenti originali o nelle copie aventi analoga efficacia
probatoria nei procedimenti giudiziari, per un periodo di dieci anni dall'esecuzione
dell'operazione o dalla cessazione del rapporto continuativo o della prestazione
professionale.
Il 3 aprile 2013 Banca d’Italia ha emanato un provvedimento recante disposizioni
attuative per la tenuta dell’archivio unico informatico (AUI), che sono applicate dal 1°
gennaio 2014 ai rapporti continuativi e alle operazioni poste in essere a partire da tale
data. Di seguito vediamo in particolare tali disposizioni.
I rapporti continuativi
Gli obblighi di registrazione sussistono in sede di accensione, variazione e
chiusura di rapporti continuativi sia nominativi sia al portatore.
Sono soggetti a registrazione i rapporti continuativi costituiti da “conti”, da “depositi” o
da “altri rapporti continuativi” e i rapporti continuativi che si instaurano in relazione
alla ricezione di un incarico o mandato rientranti nell’attività istituzionale dei
destinatari:
a) il termine “conti” include il conto corrente e conti analoghi. Sono esclusi i conti
transitori utilizzati in attesa dell’imputazione contabile definitiva delle operazioni e i
conti di natura analoga (ad esempio, i conti debitori e creditori diversi, su cui sono
registrate posizioni di debito o credito originate da transazioni occasionali);
b) il termine “depositi” comprende i depositi a risparmio bancari o postali, la custodia e
l’amministrazione di strumenti finanziari, anche in forma dematerializzata, i depositi
chiusi, i depositi vincolati e la locazione delle cassette di sicurezza;
c) l’espressione “altri rapporti continuativi” va riferita, a titolo esemplificativo, a:
 concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, compreso il leasing
finanziario;
 rilascio di garanzie e impegni di firma da parte dei destinatari;
 emissione e gestione di carte di pagamento. Il rapporto continuativo va riferito sia
ai titolari delle carte sia agli esercenti convenzionati;
 l’assunzione di partecipazioni nei confronti del pubblico come definita dall’art. 9,
comma 6, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 17 febbraio
2009, n. 29 (“L'attività di assunzione di partecipazioni e' esercitata nei confronti del pubblico
qualora sia svolta nei confronti dei terzi con carattere di professionalità e le assunzioni di
partecipazioni avvengano nell'ambito di un progetto che conduca alla alienazione delle
partecipazioni dopo interventi volti alla riorganizzazione aziendale, allo sviluppo produttivo o
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al soddisfacimento delle esigenze finanziarie delle imprese partecipate anche tramite il
reperimento del capitale di rischio” );
 la prestazione di servizi di investimento di cui agli artt. 1 e 33, comma 2, lettera ebis), del TUF;
 la sottoscrizione di polizze assicurative rientranti nei rami di cui all’articolo 2,
comma 1, del CAP;
 la sottoscrizione di polizze di pegno;
 l’amministrazione fiduciaria di beni di cui all’art. 1 della legge 23 novembre
1939, n. 1966;
 l’acquisto di moneta elettronica memorizzata su dispositivi ricaricabili su cui il
limite per l’importo trattato in un anno civile sia superiore a € 2.500.
La presenza di uno o più rapporti di delega a operare su un rapporto continuativo va
rilevata con una o più registrazioni autonome.
Fermo restando l’obbligo di registrazione dell’operazione, non costituisce rapporto
continuativo:
 la sottoscrizione di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio
(OICR);
 l’investimento in strumenti finanziari derivati;
 l’investimento in pronti contro termine;
 la sottoscrizione di certificati di deposito, di buoni fruttiferi postali, di prestiti
obbligazionari, di titoli del debito pubblico e di titoli analoghi;
 l’emissione di carte di debito e di credito da parte di banche, Poste Italiane S.p.A.,
IMEL e IP accessorie al conto di cui il titolare della carta risulta intestatario o
delegato;
 l’accensione di rapporti strumentali all’esecuzione della prestazione dei servizi di
investimento di cui all’art. 1 del TUF;
 l’acquisto di crediti effettuato nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione
disciplinate dalla legge 30 aprile 1999, n. 130;
 il deposito di titoli al portatore effettuati presso la sede sociale o le banche
indicate nell’avviso di convocazione, ai sensi dell’art. 2370 del codice civile, per
consentire la partecipazione alle assemblee sociali;
 i pagamenti effettuati presso società che svolgono il servizio di riscossione dei
tributi;
 il rapporto con il debitore ceduto nei contratti di factoring, ad eccezione del caso
in cui sia concessa una dilazione di pagamento.
Gli intermediari possono avvalersi della facoltà di non procedere all’apertura di un
nuovo rapporto continuativo nei casi di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi
forma, compresi mutui, finanziamenti in valuta ovvero leasing finanziario, qualora
effettuati a valere su un conto corrente preesistente presso lo stesso soggetto erogante ed
avente come intestatario il soggetto finanziato.
Le operazioni
Gli obblighi di registrazione sussistono per ogni operazione, anche frazionata,
disposta dal cliente che comporti la trasmissione o la movimentazione di mezzi di
pagamento d’importo pari o superiore a € 15.000.
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Gli obblighi di registrazione sussistono, altresì, per le banche, Poste Italiane S.p.A., IP e
IMEL quando intervengono nei trasferimenti di denaro contante e di titoli al portatore di
cui all’articolo 49 del decreto antiriciclaggio per importi pari o superiori a € 15.000.
Ai fini dell’individuazione dell’importo delle operazioni da registrare nell’archivio
unico informatico non è ammessa la compensazione di operazioni di segno contrario
poste in essere dallo stesso cliente.
Le operazioni frazionate
Le registrazioni delle operazioni frazionate includono tutte le operazioni di
importo unitario inferiore a € 15.000 effettuate nella stessa giornata anche
successivamente al raggiungimento della predetta soglia; gli intermediari, nell’ambito
della loro autonomia organizzativa, possono individuare classi di operazioni e di
importo non significative ai fini della rilevazione delle operazioni frazionate.
Gli intermediari devono adottare misure organizzative per conoscere le operazioni
eseguite dal cliente presso tutti i punti operativi, in un circoscritto periodo di tempo
fissato in sette giorni. Nel caso di ordini di pagamento o di accreditamento, ciascun
intermediario effettua le aggregazioni con riferimento al cliente per il quale interviene.
I criteri di registrazione
La registrazione di rapporti continuativi è effettuata dall’ intermediario presso la
quale il rapporto è incardinato, ancorché il rapporto sia stato instaurato per il tramite di
altri intermediari.
La registrazione di operazioni è effettuata dal soggetto presso il quale è
incardinato il relativo rapporto continuativo, ancorché l’operazione sia stata eseguita per
il tramite di altri intermediari.
La registrazione di operazioni occasionali è effettuata dall’intermediario che entra
in contatto con il cliente, ancorché l’operazione non intercorra con l’ intermediario
stesso, ma, per il tramite di quest’ultimo, con un altro intermediario.
Al di fuori dei casi ora visti, la registrazione dell’operazione è effettuata dal
destinatario che entra in contatto con il cliente.
Alla registrazione delle operazioni eseguite sulla base di ordini di pagamento o
accreditamento provvedono gli intermediari cui l’ordine del cliente è rivolto.
Qualora un’operazione venga disposta con un ordine di pagamento o di
accreditamento avvalendosi di conti, depositi o altri rapporti continuativi esistenti
all’estero, l’obbligo di registrazione grava sull’intermediario residente intervenuto
nell’operazione.
Dati e informazioni da acquisire e registrare
Ai fini dell’obbligo di registrazione sono da inserire nell’archivio unico
informatico i seguenti dati e informazioni:
a) con riferimento ai rapporti continuativi: la data, il punto operativo in cui è stato
instaurato, il numero del rapporto, l’attività economica, i dati identificativi del cliente
intestatario del rapporto;
b) con riferimento all’operazione: la data, il punto operativo in cui è stata disposta
(filiale, agenzia, ufficio postale ecc.), la causale che codifica la tipologia
dell’operazione, l’importo, il numero dell’eventuale rapporto continuativo movimentato,
i dati identificativi del cliente, i dati identificativi dell’eventuale soggetto esecutore, i
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dati identificativi di eventuali titolari effettivi sub 1);
c) con riferimento ai titolari effettivi di entità diverse da persone fisiche: la data, i dati
identificativi del cliente o del soggetto per conto del quale un’operazione è effettuata, i
dati identificativi dei titolari effettivi sub 2)
d) nelle operazioni eseguite sulla base di ordini di pagamento, le informazioni
aggiuntive da registrare sono: nome e cognome o denominazione sociale del
beneficiario e, ove noti, il numero del rapporto, l’indirizzo e la sede o il paese estero del
beneficiario nonché denominazione e paese estero o comune del punto operativo
dell’intermediario che effettua l’accredito dell’importo o il pagamento al soggetto
beneficiario.
e) nelle operazioni eseguite sulla base di ordini di accreditamento, le informazioni
aggiuntive da registrare sono: nome e cognome o denominazione sociale dell’ordinante
e, ove noti, il numero del rapporto, l’indirizzo e la sede o il paese estero dell’ordinante
nonché denominazione e paese estero o comune del punto operativo dell’intermediario
presso il quale l’ordine è stato disposto.
In tutti i casi prima visti,ai fini di quanto precede si intende:
a)per “data”,
 con riferimento ai rapporti continuativi, quella di apertura, variazione o
chiusura;
 con riferimento al titolare effettivo quella in cui il destinatario viene a
conoscenza del legame con il cliente intestatario del rapporto;
 con riferimento alle operazioni, quella di effettuazione della transazione
direttamente presso uno dei destinatari del provvedimento ovvero presso
altri soggetti di cui all’art. 11, comma 3 del decreto 231/2007;
b) per “causale”, la tipologia dell’operazione in base al codice “causale analitica”;
c) per “importo”, l’ammontare complessivo dei mezzi di pagamento utilizzati, con
evidenza della parte in contanti.
Le modalità di registrazione
Le aziende registrano le operazioni disposte dalla clientela secondo le causali
indicate nell’allegato n. 1 titolato causali analitiche,annesso al provvedimento di cui
stimo trattando.
Le informazioni acquisite ai fini dell’obbligo di registrazione devono essere
tempestivamente inserite nell’archivio unico informatico e, in ogni caso, non oltre il
trentesimo giorno successivo alla data di cui all’art. 7 comma 4, lettera a ) (per “data”,
con riferimento ai rapporti continuativi, quella di apertura, variazione o chiusura; con
riferimento al titolare effettivo quella in cui il destinatario viene a conoscenza del
legame con il cliente intestatario del rapporto; con riferimento alle operazioni, quella
di effettuazione della transazione direttamente presso uno dei destinatari del
provvedimento ovvero presso altri soggetti di cui all’art. 11, comma 3 del decreto
antiriciclaggio).
Ai fini della registrazione delle operazioni frazionate, il termine di cui al comma
precedente decorre dalla data dell’operazione che ha comportato il superamento della
soglia.
Qualora vi sia necessità di rettificare dati o informazioni già registrate
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nell’archivio unico informatico, a seguito della modifica di elementi di fatto o di
verifiche effettuate dopo la registrazione, occorre evidenziare con chiarezza i
cambiamenti apportati conservando evidenza dell’informazione precedente.
Per gli intermediari che si avvalgono di soggetti terzi, a loro volta destinatari
dell’obbligo di registrazione, il termine di trenta giorni decorre dal giorno in cui
ricevono i dati. Tali soggetti, a loro volta, devono inoltrare i dati entro trenta giorni dal
compimento dell’operazione ovvero dalla richiesta di apertura, variazione o chiusura del
rapporto continuativo.
Nella registrazione delle operazioni deve essere evidenziata, mediante apposita
valorizzazione di un campo specifico, la parte in contanti.
Le registrazioni degli importi espressi in valuta estera vanno effettuate nel
controvalore in euro al tasso di cambio di effettiva negoziazione ovvero, in assenza di
negoziazione, al tasso di cambio del giorno dell’operazione; in ogni caso, deve essere
conservata evidenza della valuta estera in cui l’operazione è espressa.
Le operazioni relative a rapporti continuativi intestati a più soggetti vanno riferite
a tutti gli intestatari.
Devono comunque essere registrati i dati identificativi di chi esegue l’operazione.
La protezione dei dati e delle informazioni
Agli obblighi di registrazione si applicano le disposizioni previste dall’articolo 11
del codice in materia di protezione dei dati personali. Gli intermediari devono rilasciare
ai clienti informativa idonea ad assolvere agli obblighi previsti dall’articolo 13 del
codice in materia di protezione dei dati personali.
L’adempimento degli obblighi di registrazione costituisce “trattamento dei dati”,
come definito nel primo comma lettera a) dell’articolo 4 del codice in materia di
protezione dei dati personali. Le operazioni di trattamento sono effettuate dagli
incaricati del trattamento che operano sotto la diretta autorità del titolare o del
responsabile, attenendosi alle istruzioni da questi impartite. L’individuazione degli
incaricati del trattamento è effettuata con le modalità di cui all’articolo 30 del codice in
materia di protezione dei dati personali.
Le variazioni di dati e di coordinate
Per variazione di dati deve intendersi il cambiamento delle informazioni nelle
registrazioni relative a rapporti continuativi, a deleghe e a legami che non comporti
modifica delle coordinate di riferimento degli stessi, come ad esempio la variazione
dell'indirizzo, della natura giuridica, del codice valuta del conto, l’aggiornamento degli
estremi del documento di identificazione nonché le variazioni relative all’intestazione di
conti, depositi o altri rapporti continuativi, nei casi in cui queste ultime non siano
effettuate tramite la chiusura del rapporto giuridico sottostante e la riapertura di uno
nuovo.
La variazione dà luogo a due registrazioni che evidenziano, rispettivamente, i dati
presenti prima e dopo la variazione, la tipologia della variazione intervenuta e la
connessione esistente tra le due registrazioni con le modalità previste nell’allegato n. 2
Standard tecnici.
Per variazione di coordinate deve intendersi il cambiamento delle coordinate di
riferimento di rapporti continuativi, deleghe o legami dovuto a motivi tecnici, quali la
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modifica dei sistemi informatici o dei criteri di attribuzione dei codici rapporto, in cui
rimangono inalterati gli elementi identificativi sia soggettivi che oggettivi.
Configura l’ipotesi di variazione di coordinate anche il trasferimento di un conto,
deposito o altro rapporto continuativo, con la stessa intestazione, da una dipendenza
all’altra di un medesimo intermediario.
In caso di variazione di coordinate, devono essere eseguite apposite registrazioni di
chiusura e di apertura del rapporto contraddistinte rispettivamente dalle vecchie e dalle
nuove coordinate nonché dalla codifica relativa alla variazione intervenuta con le
modalità previste nell’allegato n. 2 Standard tecnici.
GIANOS : Generatore di Indici di Anomalia per le Operazioni Sospette
È realizzato in ambito associativo interbancario e si basa sull’analisi delle
registrazioni dell’Archivio Unico Informatico (AUI). Non è obbligatorio e non è
esaustivo, ma alla verifica dei c.d. “esiti” deve essere prestata la massima attenzione,
apponendo le annotazioni che portino o no alle segnalazioni di operazione sospetta, solo
dopo attenta disamina operazione per operazione, senza cadere nella tentazione di esami
a campione o superficiali o peggio ancora dettati da esigenze di politica commerciale.
Giova ricordare che se gli algoritmi del “generatore” evidenziano delle operatività già di
per sé anomale, occorrerà prestare molta attenzione laddove gli elementi giustificativi
non siano prevalenti in modo chiaro e netto rispetto all’anomalia stessa. Se così non
fosse, in caso di omessa segnalazione a fronte di un’evidenza Gianos, nulle sarebbero le
giustificazioni di tale omissione, con le conseguenze sanzionatorie a carico del solo
lavoratore.
4) GLI OBBLIGHI DI SEGNALAZIONE ALL’U.I.F. (ART. 41 e ss 231/2007)
Gli intermediari inviano all’UIF, una segnalazione di operazione sospetta quando
sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che
siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del
terrorismo.
Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da qualsivoglia
altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della
capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi
a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a seguito
del conferimento di un incarico. È un elemento di sospetto il ricorso frequente o
ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti di cui
all'articolo 49, e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari
finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro.
Le segnalazioni sono effettuate senza ritardo, ove possibile prima di eseguire
l'operazione, appena il soggetto tenuto alla segnalazione viene a conoscenza degli
elementi di sospetto.
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Le segnalazioni di operazioni sospette, non costituiscono violazione degli obblighi di
segretezza, del segreto professionale o di eventuali restrizioni alla comunicazione
d’informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari
o amministrative e, se poste in essere per le finalità ivi previste e in buona fede, non
comportano responsabilità di alcun tipo.
I soggetti tenuti all'obbligo di segnalazione si astengono dal compiere l'operazione
finché non hanno effettuato la segnalazione, tranne che detta astensione non sia
possibile tenuto conto della normale operatività, o possa ostacolare le indagini. Si
rimanda al paragrafo “ 2) l’obbligo di astensione”.
L’art. 41 del decreto 231/2007 dispone inoltre che “al fine di agevolare l'individuazione
delle operazioni sospette, su proposta della UIF sono emanati e periodicamente
aggiornati indicatori di anomalia.
Indicatori di anomalia per la segnalazione di operazioni sospette : provvedimento
Banca d’Italia n. 616 del 24/8/2010
La Banca d’Italia ha deliberato, il 24 agosto 2010, i nuovi indicatori di anomalia
per gli intermediari, abrogando lo storico “c.d. decalogo del 2001". Si tratta di 21 ipotesi
di anomalie, riunite in 5 famiglie, a loro volta disaggregate in vari sub-indici, che
servono a esemplificare l’indicatore di riferimento e che devono essere valutati
congiuntamente al contenuto dello stesso.
Gli indicatori di anomalia vengono forniti al fine di agevolare la valutazione sugli
eventuali profili di sospetto di riciclaggio; ridurre i margini di incertezza connessi con
valutazioni soggettive o con comportamenti discrezionali; contribuire al contenimento
degli oneri.
L’elencazione degli indicatori di anomalia non è esaustiva, anche in considerazione
della continua evoluzione delle modalità di svolgimento delle operazioni. L’assenza
d’indicatori previsti nell’allegato può non essere sufficiente a escludere che l’operazione
sia sospetta. Gli intermediari valutano con la massima attenzione ulteriori
comportamenti che, sebbene non descritti negli indicatori, configurino in concreto
profili di sospetto.
La Banca d’Italia individua 5 famiglie di indicatori: indicatori di anomalia connessi al
cliente; indicatori di anomalia connessi alle operazioni o ai rapporti; indicatori di
anomalia connessi ai mezzi e alle modalità di pagamento; indicatori di anomalia relativi
alle operazioni in strumenti finanziari e ai contratti assicurativi; indicatori di anomalia
relativi al finanziamento del terrorismo.
Di seguito riportiamo, per una pronta consultazione quotidiana, tutti gli indici di
anomalia attualmente in vigore. La puntuale conoscenza degli stessi è utile e necessaria
per lavorare serenamente nella complessità operativa quotidiana. Tali indici sono anche
da utilizzare, nell’ipotesi di dover compilare una segnalazione di operazione sospetta,
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come migliore frase esemplificativa dell’anomalia oggetto della segnalazione stessa.
A) Indicatori di anomalia connessi al cliente
1. Il cliente si rifiuta o si mostra riluttante a fornire le informazioni richieste, ovvero fornisce informazioni
false o contraffatte ovvero varia ripetutamente e senza apparente giustificazione le informazioni fornite.
1.1. Il cliente fornisce informazioni false o contraffatte riguardo: la propria identità o quella del titolare effettivo;
lo scopo e la natura del rapporto; l’attività esercitata; la situazione economica, finanziaria e patrimoniale propria
o, in caso di persona giuridica, dell’eventuale gruppo di appartenenza; il potere di rappresentanza; l’identità dei
delegati alla firma; la struttura di proprietà o di controllo.
1. 2. Il cliente fornisce informazioni che risultano significativamente difformi da quelle tratte da fonti affidabili e
indipendenti, desumibili a titolo esemplificativo da: archivi camerali; albi ed elenchi di soggetti autorizzati;
comunicazioni rese al pubblico ai sensi della normativa di settore, quali prospetti, comunicazioni di
partecipazioni rilevanti o informazioni privilegiate; dati pubblicati in siti internet di organi o autorità pubbliche
nazionali o estere.
1. 3. Il cliente, a seguito della richiesta d’informazioni, rinuncia a eseguire l’operazione o ne chiede la
ristrutturazione ovvero rinuncia a instaurare il rapporto o chiede di interrompere quello in essere.
2. Il cliente, senza fornire alcuna plausibile giustificazione, adotta un comportamento del tutto inusuale
rispetto a quello comunemente tenuto dalla clientela. 2.1. Il cliente evita contatti diretti con l’intermediario
rilasciando deleghe o procure in modo frequente e del tutto incoerente con l’attività svolta. 2.2. Il cliente si
rivolge a un intermediario o a una sua dipendenza ovvero ad altro soggetto esercente attività finanziaria distanti
dalla zona di residenza o di attività ovvero varia frequentemente la dipendenza utilizzata. 2.3. Il cliente pone
ripetuti quesiti in ordine alle modalità di applicazione della normativa antiriciclaggio e antiterrorismo e cerca di
indurre il personale a eludere tali presidi, anche tentando di stabilire relazioni eccessivamente confidenziali. 2.4.
Il cliente dimostra di non avere adeguata conoscenza della natura, dell’oggetto, dell’ammontare o dello scopo
dell’operazione o del rapporto ovvero fornisce spiegazioni non realistiche, confuse o incoerenti, facendo sorgere
il sospetto che possa agire per conto di un terzo. 2.5. Il cliente –in occasione di contatti diretti con
l’intermediario –è costantemente accompagnato da altre persone che appaiono estremamente interessate
all’operatività. 2.6. Il cliente straniero, specie se persona politicamente esposta, utilizza rapporti accesi in Italia
esclusivamente per effettuare operazioni di trasferimento da e verso l’estero ovvero effettua operazioni in Italia
senza alcuna motivazione economica nonostante risulti più conveniente e più rapido effettuarle nel Paese di
provenienza. 2.7. Il cliente dispone che la corrispondenza non sia spedita alla residenza o al domicilio dichiarati
ovvero ne chiede la domiciliazione presso la dipendenza ove è incardinato il rapporto, senza procedere
personalmente e periodicamente al ritiro, ovvero non risulta rintracciabile ai recapiti indicati o utilizza indirizzi
di comodo.
3. Il cliente effettua operazioni in contanti di significativo ammontare ovvero con modalità inusuali
quando è noto per essere stato sottoposto a procedimento penale, a misure di prevenzione o a
provvedimenti di sequestro, ovvero quando è notoriamente contiguo (ad esempio familiare) a soggetti
sottoposti a misure della specie ovvero effettua tali operazioni con controparti note per le medesime
circostanze. 3.1. Richieste di mutui da parte di soggetti che fungono da prestanome di affiliati a organizzazioni
criminali, ai fini del reinvestimento dei proventi in beni immobili.
4. Il cliente risiede ovvero opera con controparti situate in Paesi o territori a rischio ed effettua operazioni
di significativo ammontare con modalità inusuali, in assenza di plausibili ragioni.
B) Indicatori di anomalia connessi alle operazioni o ai rapporti
5. Operazioni con configurazione illogica, soprattutto se economicamente o finanziariamente svantaggiose
per il cliente, che non risultano in alcun modo giustificate. 5.1. Richiesta di effettuare operazioni prive di
convenienza finanziaria a prescindere da qualsiasi valutazione connessa ai rischi dell’investimento, alle
commissioni applicate ovvero ad altri costi delle transazioni. 5.2. Operazioni di acquisto o di vendita d’importo
significativo effettuate a prezzi palesemente sproporzionati rispetto ai correnti valori di mercato o al loro
prevedibile valore di stima (ad es. beni immobili e mobili registrati; opere d’arte, gioielli, oro e altri beni di
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lusso; società; contratti; brevetti; partecipazioni; licenze o autorizzazioni all’esercizio di attività). 5.3.
Improvvisa estinzione anticipata di un rapporto contrattuale, specie se effettuata dopo poco tempo dalla stipula,
accompagnata dalla richiesta di liquidazione di significativo ammontare in contanti o a favore di un terzo o
all’estero. 5.4. Ripetute richieste di operazioni da parte di un’azienda sistematicamente in perdita, o comunque
in difficoltà finanziaria, e che continua a mantenere la medesima gestione aziendale nonostante numerosi
cambiamenti negli assetti proprietari. 5.5. Frequenti ricezioni di fondi provenienti da una pluralità d’intermediari
seguiti da trasferimenti disposti dal cliente su conti intestati a società fiduciarie. 5.6. Presenza di numerosi
rapporti presso il medesimo intermediario, specie se presso più dipendenze insediate in zone limitrofe, ovvero di
una pluralità di mandati fiduciari presso il medesimo intermediario da parte di uno stesso cliente. 5.7. Apertura
di rapporti utilizzati unicamente per porre in essere operazioni in un breve lasso temporale e successiva chiusura
dei rapporti stessi. 5.8. Richiesta da parte del cliente di non far transitare su rapporti allo stesso riconducibili
somme di propria pertinenza affluite su conti transitori o di attesa dell’intermediario, soprattutto se di importo
significativo o provenienti dall’estero. 5.9. Operazioni ripetute e di ammontare significativo effettuate in
contropartita con società che risultano create di recente e hanno un oggetto sociale generico o incompatibile con
l’attività del cliente.
6. Operazioni che risultano inusuali rispetto alla prassi corrente di mercato ovvero sono effettuate con
modalità e strumenti significativamente diversi da quelli utilizzati dagli altri operatori attivi nello stesso
comparto, soprattutto se caratterizzate da elevata complessità ovvero dal trasferimento di somme di
importo significativo, qualora non siano giustificate da specifiche esigenze. 6.1. Operatività, improvvisa e
circoscritta in un limitato periodo di tempo, effettuata con riferimento a rapporti con regolare andamento,
realizzata mediante cambio assegni propri in contanti, di elevato importo o a cifra tonda, o versamento di
assegni il cui importo è successivamente trasferito a terzi. 6.2. Rapporti intestati a persone fisiche o a imprese
con modesta operatività sui quali affluiscono ripetuti o significativi versamenti di contante ovvero accrediti da
parte di soggetti diversi, seguiti da disposizioni di pagamento per ammontari complessivi pressoché equivalenti,
soprattutto se indirizzati all’estero. 6.3. Ripetuti versamenti di somme, specie se in contanti, giustificati da
asserite vincite al gioco ovvero da donazioni o lasciti ereditari.
6.4. Versamento di anticipi, anche relativi a canoni di leasing, che risultano di entità notevolmente superiore a
quella normalmente richiesta. 6.5. Afflussi finanziari di significativo ammontare, soprattutto se provenienti
dall’estero, su rapporti per lungo tempo inattivi o poco movimentati, e successivo prelievo o trasferimento di tali
disponibilità con modalità, destinazioni o beneficiari non ricollegabili all’attività del cliente. 6.6. Afflussi
dall’estero, con operazioni frequenti o d’importo significativo, su rapporti incardinati in Italia che risultano
intestati a società partecipate da soggetti insediati in Paesi o territori a rischio ovvero che non presentano una
movimentazione tipica di un’attività commerciale o d’impresa e sono seguiti da prelievi in contanti o da
trasferimenti nei medesimi Paesi. 6.7. Ripetuti utilizzi di cassette di sicurezza o di servizi di custodia ovvero
frequenti depositi e ritiri di plichi sigillati, specie se effettuati per conto di un altro soggetto o con modalità tali
da far supporre di operare per un terzo. 6.8. Acquisto o vendita di rilevanti quantità di monete, di oro o di altri
metalli preziosi ovvero di altri valori, soprattutto se ripetute nel tempo. 6.9. Presentazione di libretti di deposito a
risparmio al portatore con saldo superiore al limite di legge ancora in circolazione. 6.10. Presentazione di titoli
d’importo significativo, specie se a limitata diffusione, e richiesta di liquidazione in contanti ovvero di deposito
a garanzia di affidamenti.
7. Operazioni che risultano non coerenti -anche per gli strumenti utilizzati -con l’attività svolta ovvero
con il profilo economico, patrimoniale o finanziario del cliente ovvero, in caso di persona giuridica, del
relativo gruppo di appartenenza, ove non siano adeguatamente giustificate dal cliente.
7.1. Utilizzo di conti intestati a imprese o enti da parte di soci, amministratori o dipendenti per effettuare
operazioni non riconducibili all’attività aziendale, soprattutto se in contanti o di importo significativo. 7.2.
Utilizzo di conti intestati a persone fisiche (soci, amministratori, dipendenti o clienti, ovvero a loro familiari),
per effettuare operazioni nell’interesse di imprese o di enti, specie se in contanti o di importo significativo. 7.3.
Operazioni d’importo significativo effettuate da soggetti che non risultano svolgere un’attività economicamente
rilevante ovvero che risultano in situazione di difficoltà economica o finanziaria. 7.4. Ripetuti pagamenti per
importi complessivi rilevanti, anche mediante il ricorso ad assegni, a favore di persone fisiche o giuridiche che
non appaiono avere relazione di alcun tipo con i titolari del rapporto addebitato. 7.5. Richieste di finanziamenti
di ammontare significativo assistiti da garanzie reali o personali rilasciate da soggetti insediati in Paesi o territori
a rischio ovvero assistiti da garanzie reali ubicate nei suddetti Paesi. 7.6. Ricorrenti richieste di prestiti effettuate
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dal medesimo soggetto ovvero da soggetti a questo collegati garantiti dall’offerta in pegno di beni di incerta
provenienza. 7.7. Intestazione fiduciaria di beni o strumenti finanziari seguita dopo un breve intervallo di tempo
da trasferimento degli stessi a terzi o da ritrasferimento al fiduciante. 7.8. Ripetuti pagamenti verso l’estero
effettuati da imprese che si presumono operanti nel commercio internazionale, ma che non effettuano altre
movimentazioni riconducibili a operazioni di carattere commerciale. 7.9. Operazioni di finanziamento
commerciale internazionale in cui la lettera di credito appare incoerente in termini d’importo o di tipologia di
beni o servizi forniti, in particolare quando non c’è relazione fra questi ultimi e il Paese indicato nella lettera.
7.10. Cessioni di crediti, specie se infragruppo, prive di rapporto commerciale o finanziario sottostante ovvero
basate su rapporti non coerenti con le attività svolte dai soggetti interessati.
8. Operazioni effettuate frequentemente o per importi significativi da un cliente in nome o a favore di
terzi ovvero da terzi in nome o a favore di un cliente qualora i rapporti personali, commerciali o
finanziari tra le parti non risultino giustificati, soprattutto se volte a dissimulare il collegamento con altre
operazioni. 8.1. Intervento inaspettato da parte di un terzo estraneo al rapporto al fine di estinguere
anticipatamente le obbligazioni o comunque di coprire l’esposizione del cliente ovvero di rilasciare garanzie per
la concessione di affidamenti. 8.2. Operatività posta in essere da uno o più delegati che, per le caratteristiche o le
finalità delle transazioni, non risulta ricollegabile all’attività economica svolta dal cliente. 8.3. Rilascio di
deleghe a operare su cassette di sicurezza a soggetti terzi, non legati da rapporti tali da giustificarne il rilascio.
8.4. Ripetute operazioni, specie se di rilevante ammontare, effettuate a valere su rapporti intestati a soggetti di
minore età o di età particolarmente elevata ovvero a soggetti incapaci. 8.5. Ricezione di garanzie, soprattutto se
provenienti dall’estero e per importi rilevanti, da parte di terzi non conosciuti relativamente ai quali non
vengono fornite dal cliente sufficienti indicazioni.
8.6. Stipula di rapporti contrattuali con vincoli o pegni a favore di terzi che non presentano alcun collegamento
con il cliente. 8.7. Ripetuta presentazione di polizze di pegno da parte di soggetti ricorrenti, diversi
dall’originario contraente. 8.8. Rivendicazioni effettuate con riferimento a rapporti qualificati come conti
dormienti ai sensi della disciplina vigente da parte di soggetti terzi, del tutto estranei all’originario titolare.
C) Indicatori di anomalia connessi ai mezzi e alle modalità di pagamento.
9. Utilizzo ripetuto e ingiustificato di denaro contante, specie se per importi rilevanti o qualora implichi il
ricorso a banconote di elevato taglio. 9.1. Versamento significativo di denaro contante, non riconducibile
all’attività svolta dal cliente, specie se sono incluse banconote contraffatte o logore ovvero di taglio elevato. 9.2.
Prelevamento di denaro contante per importi particolarmente significativi, salvo che il cliente rappresenti
particolari e specifiche esigenze. 9.3. Prelevamento di contante ed effettuazione, presso la stessa dipendenza da
parte di altro soggetto, di un versamento d’importo analogo che -per modalità, tempi e soggetti interessati lascia
supporre un possibile trasferimento di fondi tra le parti. 9.4. Operazioni di cambio, specie se per importi
significativi, con banconote di taglio diverso o con altra valuta, soprattutto se sono richieste banconote di taglio
elevato o se effettuate senza transito per il conto corrente. 9.5. Richieste d’informazioni in ordine alle procedure
di cambio in euro e presentazione al cambio in euro di banconote in lire (o in altre precedenti valute
comunitarie), soprattutto se ripetute o di importo elevato. 9.6. Versamenti di denaro contante con richieste
frequenti o d’importo significativo di assegni circolari, traveller’s cheques o, in generale, di titoli al portatore.
9.7. Pagamento in contanti, per importi significativi, del saldo della carta di credito, soprattutto se risulta che il
cliente ha effettuato frequenti o consistenti prelievi di contante. 9.8. Frequenti versamenti di denaro contante
accompagnati da frequenti prelievi eseguiti presso sportelli ATM o POS, specie se effettuati nella stessa
giornata.
10. Ricorso a tecniche di frazionamento dell’operazione con presumibili finalità elusive degli obblighi di
adeguata verifica o di registrazione, in assenza di giustificate esigenze rappresentate dal cliente,
soprattutto se volte a dissimulare il collegamento con altre operazioni. 10.1. Frequenti operazioni per
importi di poco inferiori ai limiti di legge, soprattutto se effettuate in contanti o presso diverse dipendenze.
10.2. Acquisto di più titoli al portatore (ad es. libretti di deposito a risparmio, certificati di deposito) di importo
unitario di poco inferiore ai limiti di legge e complessivamente consistente. 10.3. Frequenti operazioni di
versamento di assegni d’importo unitario di poco inferiore ai limiti di legge, soprattutto se con una pluralità di
girate da parte di terzi soggetti. 10.4. Prelevamento d’ingenti somme mediante richiesta di numerosi assegni
circolari di importo unitario di poco inferiore ai limiti di legge. 10.5. Richiesta frequente di assegni privi della
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clausola di non trasferibilità, specie qualora tali assegni risultino successivamente negoziati all’estero.
11. Utilizzo di strumenti di pagamento (carte di debito, carte di credito, carte prepagate, moneta
elettronica, nella loro evidenza fisica e virtuale ( tale nozione di strumenti di pagamento è valida solo ai
fini del presente provvedimento e in essa rientrano gli strumenti non fisici che comunque permettono
attività dispositive su conti di pagamento (ad esempio, tramite codici che consentono la movimentazione
di conti di pagamento). Resta ferma la definizione di strumento di pagamento di cui all’articolo 1, lett. s),
del d.lgs. n. 11 del 27 gennaio 2010)) che, per modalità, ricorrenza o rilevanza economica, non risulta
coerente con la normale operatività del cliente ovvero con l’operatività del distributore o dell’esercente
(c.d. merchant). 11.1. Accrediti di elevato importo su strumenti di pagamento da parte di alcune categorie di
merchant (ad es. case da gioco), specialmente se si verificano anche prelievi di contante di ammontare elevato.
11.2. Frequente utilizzo di strumenti di pagamento connesso a volumi di vendita anomali da parte di un singolo
merchant, soprattutto se per modalità e importi possa far supporre un’operatività anomala di anticipo di contanti
effettuate in favore del cliente. 11.3. Richieste di emissione di strumenti di pagamento eccessive, per ammontare
o frequenza, ovvero richieste di rimborso del valore non speso degli stessi effettuate tramite uno stesso
distributore. 11.4. Richieste di rimborso o di anticipo di contante frequenti o di elevato ammontare a valere su
strumenti di pagamento da parte della clientela. 11.5. Richiesta di trasferimento del saldo dello strumento di
pagamento a un soggetto terzo che non sembra aver legami con il cliente. 11.6. Frequenti accreditamenti di
strumenti di pagamento seguiti dall’immediato e integrale ritiro delle somme ovvero dall’inattesa modifica delle
modalità di utilizzo dello strumento da parte del titolare. 11.7. Accreditamento di somme di notevole ammontare
che rimangono inutilizzate per un certo lasso di tempo, con successiva richiesta di restituzione.
12. Utilizzo ripetuto e per importi complessivi rilevanti dei servizi di pagamento nella forma dell’incasso e
del trasferimento fondi (c.d. money transfer), laddove l’operatività risulti incoerente con le condizioni
economiche e finanziarie del cliente e non sia adeguatamente giustificata. 12.1. Ripetuti incassi o
trasferimenti di fondi d’importo complessivo rilevante effettuati dal cliente in un ristretto arco di tempo. 12.2.
Ripetuti incassi o trasferimenti di fondi d’importo complessivo rilevante da parte o in favore di numerose
controparti situate all’estero, specie se in Paesi diversi da quello di origine del cliente.
12.3. Incasso o trasferimento di fondi da parte o in favore di controparti dislocate in località geograficamente
non distanti fra loro. 12.4. Ripetuti incassi o trasferimenti di fondi da parte o in favore di se medesimo presso
altre località. 12.5. Incassi o trasferimenti di fondi tramite uno o più agenti in attività finanziaria dislocati in
località distanti dalla residenza o dal domicilio del cliente. 12.6. Ripetuti incassi o trasferimenti di fondi
effettuati da agenti in attività finanziaria a nome proprio o di soggetti contigui (ad es. familiari o conviventi).
12.7. Ripetuti trasferimenti di fondi per importi unitari inferiori alla soglia disposti a favore di un unico
beneficiario da parte di più ordinanti, specie se in un ristretto arco temporale, con modalità che rivelano tecniche
di frazionamento degli importi e ricorso a possibili prestanome.
D) Indicatori di anomalia relativi alle operazioni in strumenti finanziari e ai contratti assicurativi
13. Operazioni in strumenti finanziari incoerenti con il profilo economico, finanziario o patrimoniale del
cliente ovvero, nel caso di persone giuridiche, del gruppo di appartenenza, oppure effettuate con modalità
inusuali o illogiche, soprattutto se di ammontare complessivamente rilevante, non adeguatamente
giustificate da specifiche esigenze. 13.1. Acquisto di strumenti finanziari (soprattutto di quote di un fondo
comune d’investimento immobiliare) a prezzi sensibilmente superiori rispetto ai correnti valori di mercato. 13.2.
Frequenti operazioni in strumenti finanziari, anche in forma frazionata, per importi complessivamente
significativi effettuati con regolamento in contanti ovvero senza che l’operazione transiti sul rapporto. 13.3.
Operazioni d’investimento su strumenti finanziari, ripetute o d’importo significativo, regolate con provvista
proveniente da intermediari insediati in uno dei Paesi o territori a rischio. 13.4. Frequenti operazioni
d’investimento a lungo termine in strumenti finanziari immediatamente seguite dalla richiesta di liquidare la
posizione e di trasferire i relativi proventi. 13.5. Acquisto di un ingente ammontare di strumenti finanziari a
elevata liquidità seguito dalla richiesta di prestiti garantiti dagli stessi strumenti finanziari. 13.6. Speculari e
ripetute operazioni di acquisto e di vendita di strumenti finanziari effettuate da due o più soggetti diversi tali da
prefigurare un’operazione concertata al fine di trasferirsi disponibilità, soprattutto se avvengono a prezzi
sensibilmente diversi rispetto a quelli di mercato o sono aperte e chiuse in un breve arco di tempo o hanno a
oggetto strumenti scarsamente negoziati. 13.7. Negoziazione di strumenti finanziari a limitata diffusione,
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ripetuta o d’importo significativo, soprattutto se conclusa con controparti situate in Paesi o territori a rischio.
14. Operazioni aventi a oggetto strumenti finanziari che si caratterizzano per l’intestazione a favore di
terzi ovvero per l’intervento di soggetti diversi, qualora non siano in alcun modo giustificati dai rapporti
tra le parti. 14.1. Acquisto di rilevanti quantità di strumenti finanziari con successiva richiesta di intestazione
degli stessi a soggetti terzi, anche tra loro collegati. 14.2. Numerose e frequenti operazioni di sottoscrizione e di
rimborso di strumenti finanziari di pertinenza di soggetti differenti regolate su un unico rapporto intestato a una
società fiduciaria. 14.3. Disinvestimento totale o parziale di strumenti finanziari con trasferimento delle somme
in piazze diverse da quelle originariamente convenute o a favore di soggetti diversi dagli intestatari. 14.4.
Sottoscrizione di quote a nome di un medesimo cliente con regolamento della transazione in favore della stessa
società di gestione per il tramite di conti intestati a soggetti diversi.
14.5. Acquisti frequenti o d’importo significativo di strumenti finanziari effettuati in nome o per conto di
soggetti residenti in uno dei Paesi o territori a rischio.
15. Operazioni frequenti o d’importo significativo effettuate su strumenti finanziari non dematerializzati,
soprattutto se al portatore, in assenza di plausibili giustificazioni. 15.1. Acquisto di strumenti finanziari non
dematerializzati con contestuale richiesta di consegna fisica ovvero di trasferimento all’estero o a favore di altri
soggetti. 15.2. Richiesta di emissione di certificati al portatore rappresentativi di quote di fondi, specie se
immobiliari, con contestuale richiesta di consegna fisica o di trasferimento all’estero o a favore di altri soggetti.
15.3. Richiesta di restituzione di strumenti finanziari non dematerializzati offerti in garanzia previa costituzione
della provvista necessaria all’acquisto di altri strumenti finanziari da offrire in garanzia. 15.4. Presentazione di
strumenti finanziari non dematerializzati per l’incasso in contanti o per l’acquisto di altri strumenti finanziari
senza che l’operazione transiti sul conto del cliente, ovvero per il deposito con contestuale richiesta di rilascio
della relativa dichiarazione di ricevuta. 15.5. Dismissione di numerosi strumenti finanziari detenuti in
portafoglio con richiesta d’investimento della liquidità riveniente in un unico strumento finanziario non
dematerializzato.
16. Stipula di polizze assicurative vita o di rapporti di capitalizzazione che risultano incoerenti con il
profilo del cliente o che presentano modalità inusuali, specie se di ammontare rilevante, ove non
giustificate da specifiche esigenze rappresentate dal cliente. 16.1. Stipula di polizza assicurativa che prevede
la corresponsione di premi d’importo sproporzionato rispetto alla capacità economica o all’attività svolta dal
contraente. 16.2. Stipula di contratti di assicurazione sulla vita (ivi inclusi quelli con finalità previdenziali e di
fondi pensione aperti) o di contratti di capitalizzazione secondo tipologie non adeguate all’età o alle condizioni
di salute del contraente. 16.3. Stipula di più polizze assicurative, in un ristretto arco temporale, che prevedono il
pagamento di premi singolarmente inferiori alle soglie di legge ma complessivamente rilevanti, soprattutto se
effettuati presso numerosi intermediari assicurativi della stessa Compagnia. 16.4. Stipula di più polizze
assicurative sulla vita della medesima persona in un arco temporale ristretto presso la medesima Compagnia o
presso più Compagnie attraverso il medesimo intermediario assicurativo.
17. Operazioni attinenti a polizze assicurative vita o a rapporti di capitalizzazione effettuate
frequentemente o per importi rilevanti dal contraente in nome o a favore di terzi ovvero da terzi in nome
o a favore del contraente, qualora i rapporti personali, commerciali o finanziari tra le parti non risultino
giustificati. 17.1. Designazione di molteplici beneficiari per una medesima polizza, qualora la designazione non
sia avvenuta attraverso il riferimento agli eredi legittimi o testamentari, ovvero stipula di molteplici polizze con
beneficiari diversi. 17.2. Richiesta di pagamento da parte del contraente a favore di un terzo in assenza di
motivazioni giustificate dai rapporti fra le parti. 17.3. Richiesta di liquidazione di una polizza assicurativa al
portatore effettuata da un soggetto che non risulti collegabile al contraente originario.
17.4. Pagamento del premio effettuato da soggetti terzi privi di legame con il contraente. 17.5. Pagamento del
premio effettuato da un soggetto estero, specie se avente sede in uno dei Paesi o territori a rischio, a fronte di
una polizza con contraente persona fisica. 17.6. Polizze in cui i soggetti assumono di volta in volta posizioni
diverse, non giustificate da rapporti interpersonali (ad esempio, il contraente/assicurato di una polizza è il
beneficiario di un’altra in cui figura come contraente/assicurato il beneficiario della prima polizza). 17.7.
Richiesta di un prestito all’intermediario assicurativo in data prossima a quella di stipula di una polizza a premio
unico di importo rilevante, nella misura massima prevista dal contratto, da erogare a un soggetto terzo.
18. Pagamenti di premi relativi a polizze assicurative vita o a rapporti di capitalizzazione con modalità
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inusuali o illogiche, specie se di ingente ammontare, non giustificati da specifiche esigenze rappresentate
dal cliente. 18.1. Versamento del corrispettivo in contanti o a valere su un conto detenuto all’estero. 18.2.
Pagamento del premio per importo superiore al dovuto e successiva richiesta di rimborso per l’eccedenza a
favore di un terzo. 18.3. Versamenti aggiuntivi d’importo sproporzionato rispetto alla capacità economica o
all’attività svolta dal contraente.18.4. Cambi del contraente o del beneficiario di una polizza assicurativa poco
dopo la relativa stipula ovvero poco prima del pagamento della prestazione.
19. Riscatto o liquidazione di polizze assicurative vita o di rapporti con modalità inusuali o illogiche, non
giustificati da specifiche esigenze rappresentate dal cliente. 19.1. Richiesta di liquidazione (recesso o
riscatto) di una polizza assicurativa effettuata poco dopo che sia sorto il diritto alla medesima, specie se in
contanti e a condizioni sfavorevoli. 19.2. Liquidazione, in un breve arco temporale, di prestazioni relative a
molteplici polizze con medesimo beneficiario. 19.3. Frequenti o rilevanti riscatti o prestiti, soprattutto se
richiesti in contanti o effettuati su più polizze o che comportino l’accettazione di condizioni non convenienti.
19.4. Riscatto di un contratto a premi annui o ricorrenti, d’importo esiguo e successiva stipula di un nuovo
contratto a premio unico di importo elevato. 19.5. Richiesta di liquidazione delle prestazioni, in assenza di
specifica previsione contrattuale, in uno dei Paesi o territori a rischio. 19.6. Esercizio del diritto di revoca ovvero
del diritto di recesso su polizze assicurative a premio unico di rilevante importo ovvero per le quali è stato
pagato un primo premio di rilevante importo.
E) Indicatori di anomalia relativi al finanziamento del terrorismo
20. Operazioni che, per il profilo soggettivo di chi le richiede ovvero per le modalità inusuali della
movimentazione, appaiono riconducibili a fenomeni di finanziamento del terrorismo. 20.1. Operazioni
richieste da soggetto censito (qualora i soggetti riconducibili al finanziamento del terrorismo siano
specificamente designati all’interno di regolamenti comunitari ovvero in appositi decreti emanati dal Ministero
dell’economia e delle finanze dovranno essere applicati gli obblighi di congelamento, ai sensi del decreto
legislativo 22 giugno 2007, n. 109) o notoriamente contiguo (ad esempio familiare o convivente) a soggetti
censiti ovvero con controparti censite nelle liste delle persone o degli enti associati ad attività di finanziamento
del terrorismo ( Le liste pubbliche in materia di contrasto al finanziamento del terrorismo sono consultabili
mediante link sul sito: http://www.bancaditalia.it/UIF/terrorismo/liste). 20.2. Operazioni richieste da cliente
notoriamente sottoposto a indagini inerenti fatti di terrorismo, ovvero notoriamente contiguo (ad esempio
familiare o convivente) a soggetti sottoposti a tali indagini ovvero con controparti note per le medesime
circostanze. 20.3. Movimentazione caratterizzata da flussi d’importo significativo in un ristretto periodo di
tempo, incoerente con il profilo economico o con l’attività svolta dal cliente, caratterizzata da bonifici in entrata
e in uscita da e verso aree geografiche considerate a rischio di finanziamento del terrorismo ovvero sottoposte a
sanzioni economiche internazionali. 20.4. Operatività caratterizzata dall’invio di fondi verso gli stessi beneficiari
effettuata da soggetti che sembrano agire separatamente ovvero dall’invio di fondi da parte degli stessi ordinanti
a favore di più soggetti che sembrano agire separatamente, qualora tali soggetti presentano gli stessi dati
informativi (ad es. indirizzi, numeri di telefono).
21. Operazioni che, per le modalità inusuali della movimentazione o l’incoerenza con il profilo economico
di chi le richiede, appaiono riconducibili all’abuso di organizzazioni non profit a scopo di finanziamento
del terrorismo. 21.1. Transazioni effettuate da organizzazioni non profit ovvero da organizzazioni non
governative che, per le loro caratteristiche (ad es. tipologie di imprese beneficiarie o aree geografiche di
destinazione dei trasferimenti di fondi effettuati), risultano manifestamente incongruenti con l’attività dichiarata.
21.2. Movimentazione caratterizzata da flussi d’importo significativo in un ristretto periodo di tempo che
coinvolge più organizzazioni non profit che presentano tra loro connessioni non giustificate, quali ad esempio la
condivisione dell’indirizzo, dei rappresentanti o del personale, ovvero la titolarità di molteplici conti
riconducibili a nominativi ricorrenti. 21.3. Ripetuti accrediti su conti intestati ad associazioni e fondazioni, a
titolo di donazione, raccolte o simili, di ammontare complessivo consistente e non adeguatamente giustificato,
specie se effettuati prevalentemente in contanti, a cui fa seguito il trasferimento della maggior parte dei fondi
raccolti verso aree geografiche in cui vengono svolte abitualmente attività e iniziative di sviluppo o sostegno di
attività di finanziamento del terrorismo.
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Modalità di segnalazione (Art. 42 - 231/2007)
Il responsabile della dipendenza, dell'ufficio, di altro punto operativo, unità
organizzativa o struttura dell'intermediario cui compete l'amministrazione e la gestione
concreta dei rapporti con la clientela ha l'obbligo di segnalare senza ritardo al titolare
dell'attività o al legale rappresentante o a un suo delegato le operazioni di cui all'articolo
41. Il titolare dell'attività, il legale rappresentante o un suo delegato esamina le
segnalazioni pervenutegli e, qualora le ritenga fondate tenendo conto dell'insieme degli
elementi a sua disposizione, anche desumibili dall'archivio unico informatico, le
trasmette all’UIF prive del nominativo del segnalante. La valutazione circa
l'effettuazione o meno della segnalazione, è lasciata alla discrezionalità dei colleghi che
devono, peraltro, anche attenersi agli indicatori di anomalia della Banca d'Italia, potendo
comunque, sulla base della loro esperienza, integrare le fattispecie anomale elencate.
La norma richiede un coinvolgimento in termini di discrezionalità dell'operatore, il
cui ruolo è rimodellato coerentemente al principio della “collaborazione attiva”,
introdotto fin dal 1991.
Pur gravando l'obbligo di segnalazione "in prima istanza" solo in capo ai titolari
della dipendenza, tutti gli operatori sono comunque tenuti a dare comunicazione
scritta, secondo le modalità stabilite azienda per azienda dalle apposite circolari sul
tema, al proprio superiore gerarchico delle operazioni " sospette" di cui
eventualmente dovessero venire a conoscenza nello svolgimento del proprio lavoro.
È fondamentale conoscere, in materia di segnalazioni, la sentenza n. 23017 del 24
settembre 2009, emessa dalla Quinta Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione.
Vi si legge che la ratio della normativa antiriciclaggio è quella di contrastare i fenomeni
criminali, limitando l’uso del denaro contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e
prevenendo l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio. A tal fine il
legislatore vuole reprimere alcune condotte di pericolo fra le quali quelle operazioni che
per caratteristiche, entità, natura o per qualsivoglia altra circostanza inducano a ritenere
la possibile provenienza di denaro, beni o utilità, oggetto di dette operazioni, da taluno
dei reati contemplati dall’articolo 648 bis e 648 ter c.p. Strumento essenziale diventa
quindi la segnalazione di operazione sospetta: la cassazione sottolinea che è tenuto a
segnalare simili operazioni “il responsabile della dipendenza bancaria", il quale ne
riferisce al “titolare dell’attività“(l’organo direttivo della banca). Quest’ultimo, poi,
qualora ritenga le segnalazioni fondate, tenendo conto dell’insieme degli elementi a sua
disposizione, le trasmette all’autorità competente (l’UIF secondo l’attuale normativa,
prima l’UIC). Altrimenti le archivia.
Ne deriva che il potere di valutare le segnalazioni e di trasmetterle all’UIF solo se le
ritenga fondate, spetta solo all’organo direttivo della banca. Il responsabile della
dipendenza invece ha un margine di discrezionalità più ridotto, dovendo segnalare al
vertice aziendale ogni operazione che lo induca a ritenere che l’oggetto di essa possa
provenire da reati attinenti al riciclaggio. È pur vero, continua la cassazione, che il
direttore dell’agenzia possa operare una valutazione sugli elementi tali da far ritenere
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Mario Capocci
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sospetta e dunque meritevole di segnalazione l’operazione, ma questi elementi devono
essere essenzialmente oggettivi e sono quelli stabiliti dalla legge o specificati dalla
Banca d’Italia. Gli elementi riferibili al cliente sono pur sempre di carattere oggettivo,
cioè la capacità economica e l’attività svolta. Infatti, occorre sempre considerare la
congruità fra l’entità delle operazioni oggetto di valutazione e la capacità economica di
colui che richiede l’operazione. Una delle caratteristiche oggettive, menzionata dalla
legge e ricorrente nella fattispecie in esame, è quella dell’effettuazione di una pluralità
d’operazioni non giustificate dall’attività svolta da parte della stessa persona. In altri
termini una pluralità d’operazioni può non essere sospetta e quindi non dover essere
segnalata se il soggetto svolge notoriamente un’attività economica che per sua natura
comporta la necessità di ricorrere ad una pluralità d’operazioni, altrimenti la
segnalazione è obbligatoria.
Giova soffermare l’attenzione sul principio che il potere di valutare le segnalazioni al
fine di trasmetterle all’UIF solo se le ritenga fondate, spetta esclusivamente al vertice
aziendale. Questo passaggio è di estrema rilevanza: la Cassazione pone l’accento sulla
catena corta della modalità di segnalazione. I dipendenti segnalano l’operazione sospetta
all’organo direttivo della banca affinché questo, tenendo conto dell’insieme degli
elementi a sua disposizione, lo trasmetta all’UIF o lo archivi. Lo spazio di manovra del
dipendente è ridottissimo nella valutazione degli elementi che portano a definire
sospetta un’operazione, mentre, scrive la Suprema Corte, è l’organo direttivo della
banca ad avere la discrezionalità, potendo apprezzare tutto l’insieme degli elementi di
valutazione, di segnalare o no. E intuitivo allora che è assolutamente fuori luogo che i
colleghi si avventurino in equilibrismi interpretativi estensivi della norma e dello spirito
della legge, per evitare di fare le dovute segnalazioni al vertice aziendale. Ogni
qualvolta “sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in
corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio”(art. 41 Dlgs
231/2007) i colleghi devono segnalare , segnalare, segnalare. Lascino al vertice
aziendale il compito, la responsabilità della decisione circa la procedibilità o meno della
segnalazione, ricordando sempre che in caso di “accidente” le conseguenze della
violazione all’obbligo di segnalazione sono “personali”.
La riservatezza (art. 45 - 231/2007)
L’azienda deve adottare misure adeguate per assicurare la massima riservatezza
dell’identità dei soggetti che effettuano la segnalazione. Le generalità del segnalante
sono custodite sotto la diretta responsabilità del titolare dell’attività. UIF, Guardia
Finanza, Dia possono richiedere ulteriori informazioni ai fini dell’analisi e
dell’approfondimento investigativo della segnalazione al soggetto che ha effettuato la
segnalazione.
Il principio della rintracciabilità
Il completo iter valutativo deve sempre e comunque essere ricostruibile su base
documentale, anche ove il titolare dell'unità operativa giunga alla conclusione di non
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Mario Capocci
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inoltrare la segnalazione pervenutagli da un suo collaboratore. Lo stesso principio vale
anche per il successivo livello di analisi. In questo caso sarà il titolare della dipendenza
(o dell'ufficio o di altro punto operativo) a dover conservare la prova documentale
dell'inoltro della segnalazione al titolare dell'attività ( o al legale rappresentante o a un
suo delegato). La corretta applicazione di tale principio consente la corretta
delimitazione delle responsabilità di soggetti coinvolti nel processo di valutazione.
LIMITAZIONI ALL'USO DEL CONTANTE E DEI TITOLI AL PORTATORE
(ART. 49 - 231/2007)
Il decreto 231 del 2007 ha introdotto dal 30 aprile 2008 novità rilevanti per
contanti, assegni, titoli, libretti di risparmio al portatore, stabilendo il divieto di
trasferimento a qualsiasi titolo tra soggetti diversi di denaro contante, libretti di deposito
bancari, libretti postali al portatore, titoli al portatore in euro o valuta estera, quando il
valore dell’operazione oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a
1.000 euro. Il trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti
inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati.
Per “pochi attimi” la soglia era stata di 5.000 euro (30 aprile 2008). Fu elevata a 12.500
euro dal d.l. n. 112 del 25 giugno 2008; venne poi riportata a 5.000 euro dalla legge 122
del 30 luglio 2010 ed ancora abbassata a 2.500 euro dal decreto 138 del 13 agosto 2011.
Infine abbassata ulteriormente a 1.000 euro con il decreto-legge 6 dicembre 2011.
Recita poi sempre il 1° comma dell’art. 49 del decreto 231/2007, che il trasferimento
può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste
italiane Spa e istituti di pagamento (aggiornamento ex articolo 18 del decreto 169/2012,
pubblicato nella G.U. del 2 ottobre 2012), questi ultimi quando prestano servizi di
pagamento diversi (rimessa di denaro) da quelli di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b),
numero 6), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11.
Tale locuzione (per il tramite di banche) ha, nel corso degli anni, generato, nella
migliore delle ipotesi, una serie di equivoci e fraintendimenti che hanno portato i
lavoratori a pensare che a fronte di qualsiasi operazione di cassa superiore ai limiti di
soglia tempo per tempo in vigore, non si dovesse operare alcun tipo di vigilanza e/o di
segnalazione.
Giova subito dire che qualsiasi operazione in contanti sia richiesta allo sportello
abbiamo un obbligo civilistico di eseguirla. Contestualmente però si devono mettere in
atto tutte le valutazioni che conducano o meno ad ogni tipo d’intervento segnalatorio,
sia che esso si estrinsechi nella comunicazione al Mef ex art. 51 (“gli intermediari che
hanno notizia d’infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49 ed all’articolo 50 ne
riferiscono entra 30 giorni al Ministero dell’Economia”), sia che si concretizzi nella più
articolata segnalazione all’UIF ex art.41 decreto 231/2007.
Per fare la massima chiarezza sul significato della locuzione “per il tramite di banche”,
che spesso genera pericolose interpretazioni elusive del principio base della norma
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stessa, è utile riportare e leggere con attenzione il secondo comma dell’articolo 49 del
decreto 231/2007 che ne fornisce un’interpretazione autentica: il trasferimento per
contanti per il tramite dei soggetti di cui al comma 1 deve essere effettuato mediante
disposizione accettata per scritto dagli stessi, previa consegna ai medesimi della somma
in contanti. A decorrere dal terzo giorno lavorativo successivo a quello
dell’accettazione, il beneficiario ha diritto di ottenere il pagamento nella provincia del
proprio domicilio. È evidente che si tratta di un’operazione a se stante e che
“trasferimento” non sia sinonimo di prelevamento o di versamento.
Sempre ai fini di una migliore comprensione di questa specifica materia è utile riportare
alcuni dati normativi con la necessaria chiosa interpretativa.
Cominciando con l’art. 7 delibera banca d’Italia n. 616 del 24.08.2010. Esso così recita:
“Gli intermediari non devono segnalare fatti che attengono esclusivamente a violazioni
delle norme sull’uso del contante e dei titoli al portatore contenute nell’art. 49 del
decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, in assenza di profili di sospetto di
riciclaggio o finanziamento del terrorismo; tali violazioni vanno comunicate al
Ministero dell’economia e finanze.” Ne deriva che non si dovrà fare la segnalazione
all’UIF in assenza di profili di sospetto di riciclaggio, ma vuole anche letteralmente dire
che allora si dovrebbe comunque sempre fare l’apposita comunicazione al Ministero
dell’Economia (quella per intenderci che viene fatta quando un assegno è privo della
clausola NT o un LDR ha un saldo pari o superiore alla soglia). Si concretizzerebbe,
dicevano alcuni, in effetti, una sorta di automatismo di comunicazione al MEF con
effetti “devastanti” (ripetevano gli stessi) per il sistema.
Per sciogliere l’intricata matassa, il MEF ha emesso il 4 novembre 2011 un’importante
circolare, nella quale il Ministero non riconosce valore d’automaticità alla
comunicazione prescritta dall’articolo 51 del decreto 231/2007 (“le operazioni di
prelievo e/o di versamento di denaro contante richieste da un cliente non concretizzano
automaticamente una violazione dell'articolo 49 e, pertanto, non comportano l'obbligo
di effettuare la comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi
dell'articolo 51”) ma con altrettanta chiarezza afferma il principio che “tale
comunicazione è obbligatoria qualora concreti elementi inducano a ritenere violata la
disposizione normativa”.
Avremmo preferito, visto il combinato disposto degli articoli 41 e 51 del decreto
231/2007, dell’articolo 7 della delibera Banca d’Italia del 24 agosto 2010 e del principio
di tracciabilità, che fosse stata confermata l’automaticità della comunicazione, senza
lasciare ai lavoratori il gravoso compito di un’analisi sugli elementi concreti
dell’operazione, di non facile realizzazione, anche in relazione alle specifiche
caratteristiche del contesto economico e culturale di riferimento. Resta però la
soddisfazione che proprio l’azione, intrapresa da tempo dalla FIBA, di
“approfondimento insieme ai lavoratori” del tema dell’antiriciclaggio e più in
particolare della specifica materia dei mezzi di pagamento, abbia raggiunto il concreto
risultato di ottenere chiarezza su un punto che spesso veniva sottaciuto, fino addirittura a
disconoscere l’esistenza di un obbligo di comunicazione al Mef per le operazioni in
contanti sopra soglia.
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Si ricorda infine che non deve essere fatta la comunicazione in caso in cui si faccia la
segnalazione all’UIF. In precedenza la normativa richiedeva che fossero fatte entrambe,
oggi sarà l'UIF ad informare il MEF.
In sintesi: il lavoratore non è obbligato a comunicare automaticamente a fronte
d’ogni prelievo in contanti sopra la soglia tempo per tempo vigente, oggi 1.00 euro,
ma lo dovrà fare quando avrà elementi concreti che con quel prelievo avverrà una
violazione al divieto di trasferimento fra soggetti diversi di contante sopra soglia.
Rimane comunque ed è bene ribadirlo e sottolinearlo con forza, l’obbligo della
segnalazione all’UIF d’operazione sospetta allorché ci siano “profili di sospetto di
riciclaggio”.
ASSEGNI E LIBRETTI
I moduli di assegni bancari e postali sono rilasciati dalle Banche e da Poste
Italiane S.p.A. muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può richiedere però,
per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera. Per ciascun
modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ovvero per ciascun
assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera è dovuta dal
richiedente, a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 euro. Le autorità di vigilanza e
le amministrazioni interessate possono chiedere alla banca o a Poste Italiane S.p.A. i
dati identificativi e il codice fiscale dei soggetti ai quali siano stati rilasciati moduli di
assegni bancari o postali in forma libera ovvero che abbiano richiesto assegni circolari o
vaglia postali o cambiari in forma libera nonché di coloro che li abbiano presentati
all'incasso
Gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro devono
recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non
trasferibilità. Gli assegni bancari e postali emessi all'ordine del traente possono essere
girati unicamente per l'incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A.
Gli assegni circolari, vaglia postali e cambiari sono emessi con l'indicazione del nome o
della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Il rilascio di
assegni circolari, vaglia postali e cambiari d’importo inferiore a 1.000 euro può essere
richiesto, per iscritto, dal cliente senza la clausola di non trasferibilità. Il richiedente di
assegno circolare, vaglia cambiario o mezzo equivalente, intestato a terzi ed emesso con
la clausola di non trasferibilità, può chiedere il ritiro della provvista previa restituzione
del titolo all'emittente.
Il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o
superiore a 1.000 euro. Entro il 31 marzo 2012 i libretti di deposito bancari o postali al
portatore con saldo pari o superiore a mille euro avrebbero dovuto essere estinti ovvero
il loro saldo avrebbe dovuto essere ridotto a una somma non eccedente il predetto
importo. Le banche e Poste Italiane S.p.A. sono tenute a dare ampia diffusione e
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informazione a tale disposizione. Ogni qual volta si presentasse allo sportello un cliente
con libretti non regolarizzati, è fatto obbligo di operare la regolarizzazione e di
effettuare l’ apposita comunicazione al Mef (art.51 decreto 231/2007).
In caso di trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al portatore, il cedente
comunica, entro 30 giorni, alla banca o a Poste Italiane S.p.A., i dati identificativi del
cessionario, l’accettazione di questi e la data del trasferimento.
L'apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con
intestazione fittizia è vietata. L'utilizzo in qualunque forma di conti o libretti di
risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia, aperti presso Stati esteri è vietata
OBBLIGO DI COMUNICAZIONE AL MINISTERO DELL'ECONOMIA E
DELLE FINANZE (ART. 51 – 231/2007)
Gli intermediari che hanno notizia d’infrazioni alle disposizioni di cui all'articolo 50
(divieto di conti e libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia) ed all’ 49
(limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore) e più in particolari in relazione
ai seguenti commi dello stesso articolo 49:
 comma 1: divieto di trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito
bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera,
effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di
trasferimento è complessivamente pari o superiore a 1.000 euro;
 comma 5: gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 1.000
euro devono recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario
e la clausola di non trasferibilità;
 comma 6: gli assegni bancari e postali emessi all'ordine del traente possono essere
girati unicamente per l'incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A.;
 comma 7: gli assegni circolari, vaglia postali e cambiari sono emessi con
l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non
trasferibilità;
 comma 12: il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può
essere pari o superiore a 1.000 euro;
 comma 13: libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o
superiore a 1.000 euro122, esistenti alla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono estinti dal portatore ovvero il loro saldo deve essere ridotto a una
somma non eccedente il predetto importo entro il 31 marzo 2012;
 comma 14: In caso di trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al
portatore, il cedente comunica, entro 30 giorni, alla banca o a Poste Italiane
S.p.A., i dati identificativi del cessionario, l’accettazione di questi e la data del
trasferimento ;
ne riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze per la
contestazione e gli altri adempimenti previsti dall'articolo 14 della legge 24 novembre
1981, n. 689 e per la immediata comunicazione della infrazione anche alla Guardia di
Finanza la quale, ove ravvisi l’utilizzabilità di elementi ai fini dell’attività di
accertamento, ne dà tempestiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate. L’articolo 12
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Mario Capocci
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del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 coordinato con la legge di conversione 22
dicembre 2011, n. 214, aveva introdotto l’obbligo di estendere tale comunicazione
all’Agenzia delle Entrate. L‘art. 9 del decreto fiscale approvato dal CdM il 24 febbraio
2012 ha sostituito la Guardia di Finanza all‘Agenzia delle Entrate. Sarà la Gdf, se lo
riterrà opportuno, a dare comunicazione all‘Agenzia delle Entrate.
In caso d’infrazioni riguardanti assegni bancari, assegni circolari, libretti al portatore o
titoli similari, la comunicazione deve essere effettuata dalla banca o da Poste Italiane
S.p.A. che li accetta in versamento e dalla banca o da Poste Italiane S.p.A. che ne
effettua l'estinzione salvo che il soggetto tenuto alla comunicazione abbia certezza che
la stessa è stata già effettuata dall'altro soggetto obbligato.
Qualora oggetto dell'infrazione sia un'operazione di trasferimento segnalata ai sensi
dell'articolo 41,comma 1, il soggetto che ha effettuato la segnalazione di operazione
sospetta non è tenuto alla comunicazione al MEF.
OPERAZIONI FRAZIONATE
La legge, innovando rispetto al sistema precedente, definisce come operazione
frazionata “un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore
ai limiti stabiliti ... posta in essere attraverso più operazioni in momenti diversi e in un
circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza
dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale”.
Il divieto c’è indipendentemente dalla natura (lecita o illecita) dell’operazione alla quale
il trasferimento si riferisce. L’inosservanza del divieto non incide sull’operazione che
rimane salva ma produce un illecito amministrativo al quale si applica una sanzione
pecuniaria.
Si faccia attenzione al valore residuale della soglia temporale dei 7 giorni rispetto
al criterio sostanziale della riconducibilità delle singole operazioni ad
un’operazione unitaria.
PAGAMENTI, STIPENDI E PENSIONI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Una novità rilevante introdotta dall’articolo 12 del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201 coordinato con la legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214, è che a
partire dal 1 luglio 2012 i pagamenti delle spese delle P.A. centrali e locali e dei loro
enti e l'importo massimo degli emolumenti (stipendi e pensioni) corrisposti dalle P.A.
centrali e locali e dai loro enti, non potranno essere erogati in denaro contante per cifre
pari o superiori a 1.000 euro. Oltre tale limite dovranno essere pagati solo con strumenti
diversi dal denaro contante, mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali
dei creditori ovvero su altri strumenti di pagamento elettronici prescelti dal beneficiario,
ivi comprese le carte di pagamento prepagate. Ad oggi tutti i pensionati avranno dovuto
comunicare le modalità di riscossione della pensione con accredito o in conto corrente o
su libretto di risparmio oppure su carta elettronica ricaricabile
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ESONERO PER GLI STRANIERI
Gli acquisti di “beni” presso dettaglianti per importi pari o superiori a mille euro
potranno essere pagati in contanti dagli stranieri privati extracomunitari. Si tratta di beni
e non di servizi come ad esempio le prestazioni alberghiere.
Per evitare intuitivi fenomeni di riciclaggio criminale il negoziante dovrà:
 acquisire dallo straniero la fotocopia del passaporto e un’autocertificazione
attestante le condizioni di cittadinanza e di residenza;
 versare il contante in un suo conto corrente consegnando al bancario la fotocopia
del passaporto e dello scontrino emesso;
 inviare alle entrate un’apposita comunicazione entro 30 giorni dall’entrata in
vigore del decreto.
LA FORMAZIONE
La normativa antiriciclaggio, come si è visto, è materia complessa ed articolata,
con ricadute, in caso di non osservanza delle norme, assai gravi sulle spalle dei
lavoratori. Come tale deve essere trattata con modalità tali da offrire realmente la
necessaria istruzione e consapevolezza ai lavoratori, obiettivo che appare non
raggiungibile con modalità di formazione solo in e-learning, che difettano, anche nella
migliore delle ipotesi, della necessaria possibilità dell’interlocuzione fra discente e
docente, la sola che possa offrire garanzie di formazione organica.
Al tempo stesso, forti dell’univoca lettura delle istruzioni della Banca d’Italia sul tema
della formazione, nonché dell’art. 54 del decreto 231/2007, che riportiamo entrambi a
seguire, si auspica che le Aziende mettano in atto le dovute iniziative di formazione sul
tema dell’antiriciclaggio, con appositi corsi d’aula,che meglio si adeguano alle concrete
esigenze di istruzione dei colleghi tutti, anche nel loro precipuo interesse aziendale,
viste le ricadute in termini reputazionali e sanzionatori che le riguardano.
Art. 54. decreto 231/2007 (Formazione del personale)
1. I destinatari degli obblighi e gli ordini professionali adottano misure di adeguata
formazione del personale e dei collaboratori al fine della corretta applicazione delle
disposizioni del presente decreto.
2. Le misure di cui al comma 1 comprendono programmi di formazione finalizzati a
riconoscere attività potenzialmente connesse al riciclaggio o al finanziamento del
terrorismo.
3. Le autorità competenti, in particolare l’UIF, la Guardia di finanza e la DIA,
forniscono indicazioni aggiornate circa le prassi seguite dai riciclatori e dai
finanziatori del terrorismo.
Provvedimento Banca d’Italia 10 marzo 2011: la formazione del personale
I soggetti destinatari delle presenti disposizioni pongono in essere un’attenta opera di
addestramento e di formazione del personale sugli obblighi previsti dalla normativa
antiriciclaggio. Un'efficace applicazione della normativa antiriciclaggio presuppone la
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piena consapevolezza delle finalità e dei principi che ne sorreggono l'impianto. Il
personale deve essere portato a conoscenza degli obblighi e delle responsabilità
aziendali che possono derivare dal mancato adempimento dei medesimi.
L'addestramento e la formazione del personale devono riservare particolare cura allo
sviluppo di una specifica preparazione dei dipendenti e dei collaboratori che sono a più
diretto contatto con la clientela. Specifici programmi di formazione appaiono opportuni
per il personale appartenente alla funzione antiriciclaggio. A tali dipendenti si richiede
un continuo aggiornamento in merito all'evoluzione dei rischi di riciclaggio e agli
schemi tipici delle operazioni finanziarie criminali. L'attività di qualificazione del
personale deve rivestire carattere di continuità e di sistematicità e va svolta nell'ambito
di programmi organici. Annualmente deve essere sottoposta all’organo con funzione di
gestione una relazione in ordine all'attività di addestramento e formazione in materia di
normativa antiriciclaggio. Un supporto all'azione di formazione del personale e di
diffusione della complessiva disciplina può essere fornito dalle associazioni di
categoria o da altri organismi esterni, attraverso iniziative volte ad approfondire la
normativa, a studiarne le modalità di applicazione e a diffonderne la conoscenza in
modo chiaro ed efficace.
È importante altresì ricordare ai colleghi di non “regalare” la loro firma, cartacea
o elettronica, che certifichi la lettura e comprensione dei vari corsi in
autoformazione, laddove non abbiano avuto la possibilità temporale e logistica per
svolgere le necessarie e previste ore di corso e soprattutto non siano stati in grado
di comprendere in modo professionale i contenuti normativi oggetto del corso
stesso.
LE DISPOSIZIONI SANZIONATORIE
Capo I- Sanzioni penali
Art. 55 Sanzioni penali
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque contravviene alle disposizioni contenute nel
Titolo II, Capo I, concernenti l'obbligo di identificazione, è punito con la multa da 2.600 a 13.000 euro.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, l'esecutore dell'operazione che omette di indicare le
generalità del soggetto per conto del quale eventualmente esegue l'operazione o le indica false è punito
con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5.000 euro.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, l'esecutore dell'operazione che non fornisce
informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo o dalla prestazione
professionale o le fornisce false è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e con l'ammenda da 5.000 a
50.000 euro.
4. Chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la registrazione di cui all'articolo 36, ovvero la effettua in
modo tardivo o incompleto è punito con la multa da 2.600 a 13.000 euro.
5. Chi, essendovi tenuto, omette di effettuare la comunicazione di cui all'articolo 52, comma 2, è punito
con la reclusione fino a un anno e con la multa da 100 a 1.000 euro.
6. Qualora gli obblighi di identificazione e registrazione siano assolti avvalendosi di mezzi fraudolenti,
idonei ad ostacolare l'individuazione del soggetto che ha effettuato l'operazione, la sanzione di cui ai
commi 1, 2 e 4 è raddoppiata.
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7. Qualora i soggetti di cui all'articolo 11, commi 1, lettera h), e 3, lettere c) e d), omettano di eseguire
la comunicazione prevista dall'articolo 36, comma 4, o la eseguano tardivamente o in maniera
incompleta, si applica la sanzione di cui al comma 4.
8. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi, essendovi tenuto, viola i divieti di comunicazione
di cui agli articoli 46, comma 1, e 48, comma 4, è punito con l'arresto da sei mesi a un anno o con
l'ammenda da 5.000 a 50.000 euro.
9. Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare,
carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di
denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a
cinque anni e con la multa da 310 a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto
per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo
che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero
possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o
alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
9-bis. Per le violazioni delle disposizioni di cui all’articolo 131-ter del decreto legislativo 1° settembre
1993, n. 385, nonché per le gravi e reiterate violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 del
presente articolo è ordinata, nei confronti degli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di
pagamento attraverso il servizio di rimessa di denaro di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n), del
decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, la confisca degli strumenti che sono serviti a commettere il
reato.
9-ter. Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al comma 9-bis nel corso delle operazioni di
polizia giudiziaria, sono affidati dall’Autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano
richiesta.
Capo II - Sanzioni amministrative
Art. 56 Organizzazione amministrativa e procedure di controllo interno
1. Nei casi di inosservanza delle disposizioni richiamate o adottate ai sensi degli articoli 7, comma 2,
37,commi 7 e 8, 54 e 61 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 200.000
euro nei finanziari di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, lettere a) e c), degli altri soggetti esercenti attività
finanziaria di cui all'articolo 11, comma 3, lettera b), e delle società di revisione di cui all'articolo 13,
comma 1, lettera a).
2. Gli Organismi di cui agli articoli 112-bis, 113, comma 4, e 128-undecies del decreto legislativo 1°
settembre 1993, n. 385, attivano i procedimenti di cancellazione dai relativi elenchi per gravi violazioni
degli obblighi imposti dal presente decreto, sulla base degli esiti dei controlli indicati nell’articolo 53,
comma 2. Nei casi indicati nel periodo precedente, nei confronti dei soggetti iscritti nell’elenco di cui
all’articolo 111 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i procedimenti di cancellazione sono
attivati dalla Banca d’Italia fino alla costituzione dell’Organismo.
2-bis. Quando, a seguito dei controlli effettuati ai sensi dell’articolo 53, comma 2, nei confronti degli
agenti di cui all’articolo 128-quater, comma 7, del TUB, siano accertate gravi violazioni degli obblighi
imposti dal presente decreto si applica l’articolo 128-duodecies, comma 1- bis.
3. Salvo quanto previsto dai commi 4 e 5, all'irrogazione della sanzione prevista dal comma 1 provvede
la Banca d'Italia; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 145 del TUB.
4. Per gli intermediari finanziari di cui all'articolo 11, comma 1, lettera g), e gli altri soggetti esercenti
attività finanziaria di cui all'articolo 11, comma 3, lettera b), la procedura sanzionatoria applicata per
l'irrogazione della sanzione di cui al comma 1 è quella prevista dal Titolo XVIII, Capo VII, del CAP.
5. Nei confronti delle società di revisione di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), la sanzione è
applicata dalla CONSOB; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 195 del TUF.
5-bis. La sanzione prevista dal comma 1 è irrogata, con proprio decreto, dal Ministero dell’economia e
delle finanze per i soggetti di cui all’articolo 11, comma 1, lettera i), e comma 2, lettera c), dal
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Ministero dello sviluppo economico per i soggetti di cui all’articolo 11, comma 2, lettera a). Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Art. 57 Violazioni del Titolo I, Capo II e del Titolo II, Capi II e III
1. Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto del provvedimento di sospensione di cui
all'articolo 6, comma 7, lettera c), è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a
200.000 euro.
1-bis. La violazione della prescrizione di cui all’articolo 28, comma 6, è punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 10.000 a 200.000 euro.
1-ter. Alla violazione della disposizione di cui all'articolo 28, comma 7-ter, di importo fino ad euro
50.000 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 5.000 euro, mentre per quelle di
importo superiore a 50.000 euro si applica una sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al
40 per cento dell'importo dell'operazione. Nel caso in cui l'importo dell'operazione non sia determinato
o determinabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 250.000 euro.
2. L'omessa istituzione dell'archivio unico informatico di cui all'articolo 37 è punita con una sanzione
amministrativa pecuniaria da 50.000 a 500.000 euro. Nei casi più gravi, tenuto conto della gravità della
violazione desunta dalle circostanze della stessa e dalla sua durata nel tempo, con il provvedimento di
irrogazione della sanzione è ordinata al sanzionato la pubblicazione per estratto del decreto
sanzionatorio su almeno due quotidiani a diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del
sanzionato.
3. L'omessa istituzione del registro della clientela di cui all'articolo 38 ovvero la mancata adozione
delle modalità di registrazione di cui all'articolo 39 è punita con una sanzione amministrativa
pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
4. Salvo che il fatto costituisca reato, l'omessa segnalazione di operazioni sospette è punita con una
sanzione amministrativa pecuniaria dall'1 per cento al 40 per cento dell'importo dell'operazione non
segnalata. Nei casi più gravi, tenuto conto della gravità della violazione desunta dalle circostanze della
stessa e dall'importo dell'operazione sospetta non segnalata, con il provvedimento di irrogazione della
sanzione è ordinata la pubblicazione per estratto del decreto sanzionatorio su almeno due quotidiani a
diffusione nazionale di cui uno economico, a cura e spese del sanzionato.
5. Le violazioni degli obblighi informativi nei confronti della UIF sono punite con una sanzione
amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
Art. 58 Violazioni del Titolo III
1. Fatta salva l'efficacia degli atti, alle violazioni delle disposizioni di cui all'articolo 49, commi 1, 1bis, 5, 6 e 7, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria dall'1 per cento al 40 per cento
dell'importo trasferito.
2. La violazione della prescrizione di cui all'articolo 49, comma 12, è punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria dal 30 per cento al 40 per cento del saldo del libretto al portatore.
3. La violazione della prescrizione contenuta nell'articolo 49, commi 13 e 14, è punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria dal 30 al 40 per cento del saldo del libretto al portatore.
[4. La violazione delle prescrizioni contenute nell'articolo 49, commi 18 e 19, è punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria dal 20 per cento al 40 per cento dell'importo trasferito](abrogato)
5. La violazione del divieto di cui all'articolo 50, comma 1, è punita con una sanzione amministrativa
pecuniaria dal 20 per cento al 40 per cento del saldo.
6. La violazione del divieto di cui all'articolo 50, comma 2, è punita con una sanzione amministrativa
pecuniaria dal 10 per cento al 40 per cento del saldo.
7. La violazione dell'obbligo di cui all'articolo 51, comma 1, del presente decreto è punita con una
sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 per cento al 30 per cento dell'importo dell'operazione, del
saldo del libretto ovvero del conto.
7-bis. Per le violazioni previste dai commi 1, 1-bis, 2, 3, 5, 6 e 7, la sanzione amministrativa pecuniaria
non può comunque essere inferiore nel minimo all'importo di tremila euro. Per le violazioni di cui al
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comma 1 che riguardano importi superiori a cinquantamila euro la sanzione minima è aumentata di
cinque volte. Per le violazioni di cui ai commi 2 e 3 che riguardano importi superiori a cinquantamila
euro le sanzioni minima e massima sono aumentate del cinquanta per cento. Per le violazioni di cui al
comma 3 che riguardano libretti al portatore con saldo inferiore a 3.000 euro la sanzione è pari al saldo
del libretto stesso.
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