La satira: Persio e Giovenale
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La satira: Persio e Giovenale
LA SATIRA LA TRASFORMAZIONE DEL GENERE SATIRICO Persio e Giovenale mostrano importanti tratti comuni, nonostante il primo scrive sotto Nerone, il secondo sotto Nerva, Traiano e Adriano. Tutti e due dichiarano di ricollegarsi alla poesia satirica i Lucilio e Orazio; tuttavia i due poeti imprimono a questo genere letterario un cambiamento, soprattutto rispetto all’impostazione oraziana. Le satire di Lucilio e Orazio assumevano come riferimento la cerchia degli amici, mentre quelle di Persio e Giovenale sono dirette ad un pubblico generico di lettori-ascoltatori, di fronte al quale il poeta satirico si pone su un piano distaccato e più alto. Il modo che caratterizzava la satira oraziana scopare per far posto a un’invettiva, a una denuncia impietosa che abbassa e distrugge il bersaglio della critica. Il poeta si erge a castigatore degli uomini e fa sue quelle forme di moralismo arcigno di stampo cinico-stoico che Orazio aveva rifiutato come un eccesso da cui guardarsi. Al classicismo augusteo, si contrappone quindi un manierismo che fa ricorso ai procedimenti più appariscenti della retorica per far colpo sull’uditorio. Sono infatti mutate le modalità di fruizione del genere satirico: prima che alla lettura individuale, la satira di Persio e Giovenale è infatti destinata all’esecuzione orale attraverso la recitazione in pubblico. PERSIO: LA SATIRA COME ESIGENZA MORALE Persio, uno dei principali autori satirici latini, si impose all’attenzione dei contemporanei e dei posteri per la straordinaria tensione etica che seppe riversare nella sua opera. La sua ricerca morale e la sua passione filosofica, lo portarono a imprimere alla satira trasformazioni di grande rilievo, destinate a influenzare notevolmente la storia di questo genere letterario. VITA E OPERE Aulo Persio Flacco nacque nel 34d.C. a Volterra, in Etruria da una ricca famiglia di rango equestre. Intorno ai dodici anni si trasferì a Roma per formarsi presso le migliori scuole di grammatica e retorica. Su di lui esercitò una forte il filosofo stoico Anneo Cornuto, grazie al quale Persio da un lato si dedicò ad una vita ritirata e concentrata sullo studio e sulla famiglia, dall’altro, iniziò a frequentare gli ambienti della capitale di cui cresceva l’opposizione al regime neroniano. In questo modo Persio entrò in contatto con i maggiori filosofi, Seneca, Lucano e Trasea Peto. Persio visse con intensità la sua vita, che però fu segnata da una fine molto precoce: morì infatti nel 62. Persio non pubblicò nulla in vita: si prese cura dell’edizione delle sue opere l’amico Cesio Basso dopo una revisione di Cornuto, che approvò la pubblicazione del libro delle Satire, che fu accolto da immediato successo. Le sei satire in esametri, sono precedute da un prologo, in versi choliambi (trimetri giambici scazonti), in cui l’autore polemizza aspramente contro le mode letterarie del tempo. • • • • • • I SATIRA: critica alle mode della poesia contemporanea e la degenerazione morale ch le si accompagna, rivolta agli uomini liberi. II SATIRA: attacco alla religiosità ipocrita di chi chiede agli dei solo la ricchezza. III SATIRA: indirizzata ad un giovane signore, ricco e dissipato per esortarlo ad affrontare la filosofia stoica. IV SATIRA: esaltazione della norma filosofia “conosci te stesso” (Socrate) per chi abbia ambizioni di carriera politica. V SATIRA: svolge il tema della libertà secondo la dottrina stoica, esaltando la libertà del saggio. VI SATIRA: si deplora il vizio dell’avarizia, additando il saggio stoico che usa i propri beni con moderazione. IL NUOV PERCORSO DELLA SATIRA: DALL’INVETTIVA ALLA SAGGEZZA L’adesione al genere satirico, per il giovane poeta animato dalla forte tensione morale alimentata dallo stoicismo, era una scelta quasi obbligata. Il suo spirito polemico e l’entusiasta aspirazione alla verità ©Gianluigi Caruso 1 trovano nella satira lo strumento più idoneo a esprimere la sua poesia il sarcasmo e l’invettiva. La poesia di Persio è anzitutto ispirata da un’esigenza etica, dalla necessità di smascherare e combattere la corruzione e il vizio. Le modalità satiriche di Orazio non trovano riscontro in Persio: in lui il maestro che insegna non è in un rapporto di amichevole equilibrio o di parità con chi lo ascolta, ma deriva dal predicatore della diatriba (discorso di divulgazione filosofica,in uno stile orientato a cogliere l’interesse e l’attenzione degli ascoltatori. Si caratterizzava per lo spirito polemico nei confronti di costumi e abitudini della società): un maestro arrabbiato, a volte persino volgare, che aveva i suoi temi più caratteristici dell’invettiva, nella deprecazione del vizio e nell’accorato invito alla virtù, tutti animati da una forte ventura stoica. Spesso questo maestro però lo si vede deriso. Così il discorso educativo di Persio finisce per deprimersi in un’irosa monotonia che impressiona sfavorevolmente i lettori. Il sermo oraziano, viene sostituito da un atteggiamento aggressivo, necessario a superare l’indifferenza dei miseri in preda al vizio. Il discorso satirico si concentra su se stesso e diviene una sorta di monologo confessionale, un esame di coscienza. Si intravede allora lo schema di un itinerario personale verso la filosofia: l’intenzione di insegnare non è più proiettata sugli altri, ma su sé stesso. UNO STILE DIFFICILE: FRA REALISMO ED ESPRESSIONISMO L’opera di Persio si contrappone polemicamente alla poesia mercenaria e vana dell’epoca, in cui i suoi occhi di moralista vedono una degenerazione del gusto che è anche segno di indegnità morale: egli non esita a contrapporsi alla fatua eleganza della poesia e alla moda e ad assumersi il compito di aggredire violentemente le coscienze per tentare di redimerle. Nella descrizione delle molteplici forme in cui il vizio e la corruzione dell’uomo si manifestano, Persio ricorre con frequenza a un particolare campo lessicale, quello del corpo(soprattutto il ventre) e del sesso, sfruttandone il ricco patrimonio metaforico. I versi delle Satire sono animati da una forte esigenza realistica e da una notevole carica di deformazione surreale ed espressionista. L’esigenza di realismo è alla base della scelta del linguaggio spesso comune, e del rifiuo della retorica. Ma lo stile di Persio è tutt’altro che semplice e piano: la lingua è quotidiana, ma lo stile lo deforma con nessi contorti, quasi inesplicabili, associazioni di idee spesso volutamente sgradevoli e metafore difficili, che sono la caratteristica più vistosa dello stile di Persio. GIOVENALE: LA SATIRA TRAGICA Giovenale è l’ultimo grande rappresentante della tradizione satirica. Con la sua rabbiosa intransigenza riesce a infondere nella satira una nuova vitalità. I suoi violenti attacchi ad una società considerata degradata, si realizzano poeticamente attraverso l’elaborazione di tratti stilistici originali, destinati ad avvicinare la satira alla tragedia. La sua acclamata denuncia del vizio e della corruzione morale, la cupa grandiosità dei suoi toni drammatici, hanno segnato la fortuna della satira giovenaliana, celebrata in maniera grandiosa dalla tradizione moralistica occidentale. VITA E OPERE Decimo Giunio Giovenale nacque probabilmente ad Aquino, nel Lazio meridionale tra il 50 e il 60 d.C, da una famiglia benestante, giacché ebbe una buona educazione retorica. A Roma esercitò l’avvocatura, senza però ricavarne i guadagni sperati, si dedicò alle declamazioni allora di moda; all’attività poetica arrivò tuttavia in età adulta, attorno al 100, e seguitò a comporre fin sotto Adriano. Visse nella disagiata condizione di cliente, privo di autonomia economica. Riguardo alla sua morte non si hanno notizie certe, sicuramente posteriore al 127 d.C. ©Gianluigi Caruso 2 La produzione artistica di Giovenale è costituita da sedici satire in esametri suddivise in cinque libri, la cui composizione risale al periodo fra il 100 e il 127 d.C. • • • • • • • • • • • • • • • • I SATIRA: carattere proemiale: Giovenale polemizza contro le declamazioni alla moda e contro la corruzione morale dilagante che lo spinge a farsi poeta satirico. II SATIRA: aggredisce l’omosessualità. IIISATIRA: descrive un vecchio amico che abbandona la caotica Roma, dove la vita è diventata malsicura. IV SATIRA: narra del consiglio riunito da Domiziano per decidere come cucinare un gigantesco pesce offerto in dono all’imperatore. V SATIRA: descrive l’umiliante condizione dei clienti convitati al banchetto di un riccone. VI SATIRA: è una feroce requisitoria contro i vizi delle matrone romane: il componimento va inteso come un attacco alle nobildonne che Giovenale vedeva ormai decadute rispetto ai modelli virtuosi del passato. VII SATIRA: deplora la decadenza degli studi e la misera condizione dei lettori del tempo, rimpiangendo il mecenatismo augusteo. VIII SATIRA: oppone alla falsa nobiltà della nascita quella vera derivante dall’ingegno e dall’animo. IX SATIRA: riferisce le proteste di un omosessuale mal ricompensato per le sue prestazioni. X SATIRA: deplora l’insensatezza delle tante brame umane. XI SATIRA: il poeta contrappone al lusso dei banchetti dei ricchi la cena modesta che gli offre un amico. XII SATIRA: critica i cacciatori di eredità. XIII SATIRA: attacca gli imbroglioni. XIV SATIRA: si discute dell’educazione dei figli e della necessità di accompagnare i precetti con l’esempio. XV SATIRA: descrive un episodio di cannibalismo avvenuto in Egitto. XVI SATIRA: (incompleta), elenca i privilegi della vita militare. UNA POESIA NECESSARIA: LA SATIRA “INDIGNATA” Giovenale fonda la sua visione poetica su una sua convinzione precisa: la letteratura del tempo, con il suo fatuo dilettarsi di trite leggende mitologiche, è ridicolamente lontana dalla corruzione morale imperante. Il poeta trova la sua musa ispiratrice nell’indignazione e sceglie come genere letterario la satira, adatta ad esprimere la furia del suo disgusto. Nella satira I del I libro, Giovenale enuncia le ragioni della sua poetica e la centralità che in esse occupa l’indignatio, segnando con ciò uno scarto sensibile rispetto alla tradizione satirica latina. Giovenale non crede che la sua poesia possa influire sul comportamento degli uomini, giudicati prede irrimediabili della corruzione. La sua satira si limiterà a denunciare, a gridare la sua protesta astiosa. Giovenale non sa restare indifferente dinanzi al mondo delle cose concrete ed esteriori per guardarle con ironia e distacco, per tale motivo è molto distante dall’ apatheia (assenza di passioni) e dall’autarkeia (autosufficienza) del saggio. LA RABBIA DI UN CONSERVATORE Giovenale rigetta la morale consolatoria tradizionale con lo sguardo di chi vede il vizio e la colpa premiati e col rancore dell’emarginato che costretto nell’umiliante condizione del cliente, si vede escluso dai benefici che la società elargisce invece ai corrotti. L’astio sociale, è una componente importante della satira indignata di Giovenale, che nella vita quotidiana di Roma, vede continuamente mortificati i valori morali e ©Gianluigi Caruso 3 politici della tradizione repubblicana. La furia del poeta non risparmia nessuno e si accanisce soprattutto sulle figure più emblematiche della città: i nuovi ricchi arroganti, i liberti potentissimi, gli orientali imbroglioni, i letterati pitocchi. Bersaglio privilegiato sono le donne, troppo emancipate e libere, che personificano agli occhi del poeta lo scempio stesso del pudore, e gli ispirano la lunga satira VI: una critica spietata alle matrone. Queste, lontane dal modello ideale di donna virtuosa e pudica dell’antica tradizione romana, sono diventate sfrontate e dominatrici. L’esempio più evidente è quello di Messalina, moglie dell’imperatore Claudio. Questa rabbiosa protesta contro le ingiustizie, contro l’oppressione e la miseria in cui versano gli umili, ha fatto parlare di un atteggiamento democratico di Giovenale, ma si tratta di una prospettiva illusoria: il suo atteggiamento contro il volgo, verso i rozzi e gli indotti, verso chiunque eserciti attività manuali o commerciali, è di profondo disprezzo. La tendenza di Giovenale è verso l’idealizzazione nostalgica di un buon tempo antico governato da una sana moralità agricola, del tutto opposta al corrotto presente cittadino, e in cui la società non era inquinata da orientali, liberti, commercianti. Un cambiamento di toni si avverte negli ultimi due libri, in cui il poeta rinuncia alla indignatio e assume un atteggiamento più distaccato, mirante all’ apatheia degli stoici. Tuttavia si tratta solo di un aspetto superficiale, dal momento che in vari momenti si riaprono le crepe dell’antico furore. LO STILE SUBLIME DELLA SATIRA TRAGICA Nella prospettiva di Giovenale, il vizio ha popolato la realtà di monstra, di fatti assolutamente eccezionali che potrebbero costituire argomento di tragicità. Di conseguenza la satira dovrà comunque adottare toni nuovi: il suo stile mostrerà una grandiosità adeguata alla violenza dell’indignatio, avvicinandosi a quello di generi letterari alti come l’epica e la tragedia, tradizionalmente opposti alla satira. Un procedimento consueto di Giovenale è il ricorso alle solenni movenze epico- tragiche, in conciliazione con i contenuti più bassi e volgari, per far risalire l’abiezione della materia trattata. Il suo realismo si esplica nel tratteggiare immagini di violenta crudezza. La sua espressione è sempre pronta a esplodere nell’iperbole, e in essa si scontrano toni aulici e plebei, parole alte e oscene, frequenti inoltre sono le sentenze. ©Gianluigi Caruso 4