Fibre naturali e tinture no-toxic scegli l`abito sostenibile

Transcript

Fibre naturali e tinture no-toxic scegli l`abito sostenibile
FOTO: © ISTOCK
viveremeglio
Moda
Fibre naturali e tinture no-toxic
scegli l’abito sostenibile
di Cristina Montini
C
i fermiamo mai a pensare alla vita degli abiti che
indossiamo? Com’è stato confezionato e che impatto
avrà sull’ambiente? Vivere green ormai è una scelta
che abbraccia sempre più ambiti e anche la moda
oggi sceglie di produrre nel rispetto dell’ambiente.
Molti marchi internazionali hanno dedicato intere
collezioni al green style come Vivienne Westwood con
la sua “Climate revolution” o Stella McCartney. Ma anche in Italia
l’attenzione è alta: «Molte aziende di moda si stanno impegnando
per garantire tessuti controllati o riciclati, e la nostra federazione
pone particolare attenzione all’etichettatura dei prodotti con
certificazione green – afferma Massimo Torti, segretario generale
della Federazione moda italiana – vogliamo una moda sostenibile».
48
La nuova ecologia / MAGGIO 2015
Abiti realizzati
con tessuti naturali
e accessori
ricavati
da materiali
di scarto sono
i “must have”
di molte collezioni
Secondo il rapporto GreenItaly
di Unioncamere e Fondazione
Symbola quando si parla di
sostenibilità nel settore della
moda bisogna riferirsi ad almeno
tre ambiti: alle materie prime che
devono essere certificate, alla
creazione e alla produzione dei
filati e dei tessuti, alla tintura e
fissaggio del colore attività che
da sole, all’interno dell’intero ciclo
produttivo, possono arrivare a
consumare l’85% di tutta l’acqua
politica fur free – racconta Ariella
Martino, una delle fondatrici di
Stiletico – sempre più marchi diffusi
hanno delle linee di capi green, e
molti di loro si sono già impegnati a
non utilizzare ad esempio pellicce
vere per colli e cappucci. Dopo
la prima, Zara, hanno seguito
l’esempio Upim, Coin, Oviesse,
Guess, Stefanel, Carrefour, Sixty,
Diesel, Bennet, Auchan, Escada».
Nell’acquisto di prodotti di
abbigliamento, le parole “etico”,
“naturale” ed “ecologico” in realtà
indicano dei concetti astratti
difficilmente riconducibili a
standard precisi che ancora non
sono riconosciuti universalmente.
«Ci sono numerosi tentativi di
certificazione, sia nazionali che
internazionali, che aiutano a capire
che cosa si sta acquistando –
prosegue Torti – Ma nella maggior
parte dei casi garantiscono solo
alcune fasi del più complesso
ciclo di vita di un prodotto tessile».
Dalla produzione dei materiali
all’esposizione del prodotto nei
negozi, la strada è lunga e a
volte quello che nasce come
ecosostenibile può non esserlo più
FOTO: © ALAMY
necessaria, il 75% dell’energia e il
65% dei prodotti chimici.
Tuttavia, definire un capo
d’abbigliamento “ecosostenibile”
non è semplice e il consumatore
che voglia acquistare ecofriendly
non ha di certo vita facile
entrando nei più comuni negozi di
abbigliamento. Come sostiene Guido
Bottini, responsabile area ambiente
di Sistema moda italia, una delle
più grandi organizzazioni mondiali
di rappresentanza del settore tessile
«il termine green è generico e non
conferisce nessuna caratteristica
realmente qualificante al
prodotto». Invece, quello che viene
certificato come proveniente da
agricoltura biologica può già fornire
delle informazioni più definite. Ci si
potrebbe poi imbattere in collezioni
cruelty free o magari acquistare
una borsa vegana. In questo caso
l’attenzione si sposta sul rispetto
degli animali, perché si tratta di
oggetti realizzati senza l’uso di pelle
o altri tessuti di origine animale,
come la pelliccia spesso usata
come guarnizione dei cappucci
delle giacche. «In Italia sempre più
catene di negozi hanno adottato una
Decalogo responsabile
➽ Coltivazioni tracciabili, sostanze naturali,
produzione e distrubuzione senza sprechi. Sono i
principi affermati nel “Manifesto della sostenibilità
per la moda italiana”, promosso tre anni fa dalla
Camera nazionale della moda: l’associazione che
promuove il design del nostro paese. Le dieci
indicazioni sono distinte per ogni fase del processo
produttivo e tengono conto anche degli aspetti
sociali come criterio di sostenibilità.
1. DESIGN. Disegna prodotti di qualità che
possano durare a lungo e minimizzino gli impatti
sugli ecosistemi
2. SCELTA DELLE MATERIE PRIME. Utilizza
materie prime, materiali e tessuti ad alto valore
ambientale e sociale
Le aziende di moda s’impegnano
per garantire tessuti controllati
o riciclati, poniamo attenzione
all’etichettatura dei prodotti “green”
3. LAVORAZIONE DELLE MATERIE PRIME E
PRODUZIONE. Riduci gli impatti ambientali e
sociali delle attività e riconosci il contributo di
ognuno al valore del prodotto
4. DISTRIBUZIONE, MARKETING E VENDITA.
Includi criteri di sostenibilità lungo tutto il
percorso del tuo prodotto verso il cliente
5. SISTEMI DI GESTIONE. Impegnati verso
il miglioramento continuo delle prestazioni
aziendali
6. MODA E SISTEMA PAESE. Sostieni il territorio e
il Made in Italy
7. ETICA D’IMPRESA. Integra i valori universali nel
tuo marchio
FOTO: © FOTOLIA
8. TRASPARENZA. Comunica agli stakeholder
in modo trasparente il tuo impegno per la
sostenibilità
9. EDUCAZIONE. Promuovi l’etica e la sostenibilità
presso i consumatori e tutti gli altri interlocutori
10.FAI VIVERE IL DECALOGO
iwww.cameramoda.it
MAGGIO 2015 / La nuova ecologia
49
viveremeglio
SCEGLI L’ABITO SOSTENIBILE
Cinque creazioni verdi. E made in Italy
Silvia Massacesi
➽ Brand fondato da Silvia Massacesi e
Davide Mariani, due giovani che realizzano borse in sughero naturale e fibre
di cellulosa rigenerata. Gli accessori
sono lavorati interamente da maestri
artigiani italiani attraverso un sistema
innovativo che consente di arricchire le
borse con decori geometrici, anche personalizzabili. Vincitori, tra l’altro, del
concorso Vogue Eco-Talents e del premio
Prodotto ecosotenibile italiano dell’anno
2014 di WiGreen per la borsa Farfalla.
iwww.silviamassacesi.it
Cartina
➽ Start up nata nel 2014 da Maurizio
Colucci e Mirko Paladini per la produzione di scarpe realizzate esclusivamente con carta riciclata. Le tecniche di
lavorazione adottate dagli artigiani toscani consentono alla carta di diventare
un materiale simile alla pelle, ma senza
provocare gli stessi danni all’ambiente.
Le scarpe sono riciclabili al 100% e tutti i negozi Cartina seguono le specifiche “Leed (Leadership in energy and
environmental design) for commercial
interiors”.
Ecologina
➽ Il marchio Ecologina vede la giovane
stilista Giada Gaia Cicala impegnata in
abiti prodotti utilizzando principalmente tessuti nuovi e di qualità, ma scartati
dalle aziende tessili perché rimanenze,
stoffe con piccoli falli o metraggi troppo
limitati per essere utilizzati su larga
scala. Una piccola parte della sua collezione, invece, consiste in pezzi unici
patchwork confezionati con capi d’abbigliamento non più utilizzati.
iwww.ecologina.it
alla fine della lavorazione.
In Italia, un lodevole tentativo
di dare ordine a questa materia
così complessa è stato dato dal
“Manifesto della sostenibilità per
la moda italiana”, promosso dalla
Camera nazionale della moda
e pubblicato a giugno 2012. Si
tratta di un decalogo, dedicato alle
aziende, che traccia le linee guida
per una gestione responsabile di
tutta la catena di produzione del
comparto moda.
Un primo passo per un acquisto
consapevole è prestare attenzione ai
materiali con cui è fatto un prodotto.
Nella scelta si tende a prediligere
i tessuti naturali a quelli sintetici,
che se prodotti da polimeri derivati
dal petrolio attraverso processi
chimici hanno un forte impatto
ambientale. Ma la questione non
è così scontata. «Infatti – avverte
Guido Bottini – la sostenibilità di
un prodotto e il suo conseguente
50
La nuova ecologia / MAGGIO 2015
FOTO: © PROGETTO QUID
iwww.cartinapaperidea.com
Standard di qualità
➽ Sebbene non ci sia ancora
uno standard unico e universale,
è possibile far riferimento a
certificazioni sostenute da alcune
tra le principali organizzazioni che
promuovono nel mondo l’agricoltura
biologica.
Progetto Quid
➽ Progetto Quid è un’idea nata da un
gruppo di ragazzi per coniugare la sostenibilità ambientale col sostegno etico
a persone svantaggiate. Servendosi del
lavoro di donne con un passato di fragilità, dando loro uno stipendio e la possibilità di ricostruirsi una nuova vita, producono capi casual utilizzando materiali
di qualità recuperati da aziende locali.
I pezzi non sono replicabili e ad ognuno
viene applicata una targhetta che riporta il numero di esemplari prodotti.
Tie-ups
➽ Cinture riciclabili al 100%, concepite e realizzate interamente in Italia.
La fibbia è composta da policarbonato trasparente, mentre la cinghia è in
termoplastica elastomerica, materiali
entrambi ecologici. Le cinture Tie-ups,
assicurano i produttori, non lasciano residui nell’ambiente e grazie al particolare materiale con cui vengono realizzate
sono resistenti, impermeabili, flessibili,
anallergiche e antibatteriche.
iwww.tie-ups.it/
ihttp://progettoquid.it/
La colorazione è la fase che
comporta maggiore esposizione
chimica. Sempre meglio lavare
il capo prima d’indossarlo
acquisto non dipendono dal fatto
che sia naturale o sintetico». Anche
le fibre comunemente considerate
naturali possono presentare delle
insidie. La lana, che è una fibra
naturale ricavata da diverse tipologie
di animali (ovini, conigli o camelidi)
attraverso la tosatura, può essere
sottoposta a trattamenti chimici
nella sua lavorazione, ad esempio
per sbiancare o ammorbidire
le fibre, che potrebbero avere
conseguenze sul piano dell’impatto
ambientale.
«È pur vero – continua Bottini –
che una fibra, anche se subisce
un trattamento chimico, non
è detto che non sia ecologica;
applicando un Lca (Life cycle
analysis) si potrebbe arrivare a
degli ottimi risultati dal punto di
vista ecologico».
La seta è una fibra naturale, ma
è messa sotto accusa dal fronte
animalista perché l’estrazione
prevede d’immergere le larve in
acqua bollente provocandone
l’uccisione. Non tutti sanno, però,
che esiste un particolare tipo di
seta, la buretta, che viene ottenuta
aspettando che la farfalla fuoriesca
naturalmente dal bozzolo al termine
dello stadio larvale per poi lavorarne
solo i cascami.
GOTS (Global organic
textile standard) include
criteri sia ecologici che
sociali per assicurare la
qualità organica dei tessuti, dalla
coltivazione al consumatore finale. Lo
standard copre tutti i processi di
manifattura, packaging, etichettatura,
distribuzione e vendita dei prodotti
tessili fatti con almeno il 70% di fibre
naturali certificate come biologiche.
OEKO-TEX®,
garantisce che un
capo sia stato
analizzato per
valutarne l’innocuità umana. Un capo
certificato Oeko-Tex ha superato test
su sostanze vietate per legge, quelle
non proibite ma nocive per la salute
umana e i parametri come la solidità
del colore e il valore del Ph per non
irritare la pelle.
Accanto a queste fibre di origine
animale ci sono numerosi materiali
di origine vegetale. Il cotone è
senza dubbio quello più diffuso,
ma non sempre è sinonimo di
ecosostenibilità. Il cotone derivante
da coltivazioni convenzionali
necessita di grandi apporti di acqua,
grandi superfici di terreno e anche
numerosi interventi chimici come
insetticidi ed erbicidi. La lavorazione
per ottenere la fibra tessile prevede
l’utilizzo di agenti chimici per
schiarirlo, ammorbidirlo o colorarlo e
trattamenti anti muffa.
«Il cotone naturale non è bianco
– ricorda la dottoressa Pucci
Romano, specialista in Dermatologia
e presidente dell’Associazione
internazionale di ecodermatologia
Skineco – Però l’idea di pulito viene
associata al bianco. Per sbiancare
il cotone si usano perclorati,
formaldeide, una serie di sostanze
citotossiche in grado di rimanere sui
I tessuti sintetici
come acrilico,
poliammide
o poliestere
sono derivati del
petrolio attraverso
processi chimici
che comportano
un forte impatto
ambientale
MAGGIO 2015 / La nuova ecologia
51
viveremeglio
veganisbetter
SCEGLI L’ABITO SOSTENIBILE
di Lorenzo Lombardi
Rispetto vivente
L’
Il vestito diventa fair
➽ A maggio Milano diventa capitale della moda equo e solidale con il Fair &
ethical fashion show, la prima fiera internazionale della moda etica in Italia.
L’evento introduce la World fair trade week 2015 e nell’ambito di questo
evento di portata internazionale non poteva mancare uno sguardo sul mondo
della moda. Da anni il circuito mondiale del Fair Trade si è concentrato sulle
politiche di rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. Durante la fiera, aziende
e organizzazioni nazionali e internazionali si confronteranno per sviluppare
produzioni attente al destino di chi lavora e a quello dell’ambiente. Un modo
pratico per dimostrare che produrre e vestire in modo diverso si può e si deve.
iMilano, dal 22 al 24 maggio, spazio Ex-Ansaldo di via Tortona 54
www.fairtradeweek2015.org
tessuti anche “fino a 10 lavaggi”».
Ci si può orientare, quindi, verso il
cosiddetto cotone organico, cioè
quello proveniente da agricoltura
biologica. Di grande diffusione
è il lino, altra fibra naturale che
conta su una delle lavorazioni più
rispettose dell’ambiente, assieme
alla canapa. Meno conosciuto ma
molto simile al lino è il ramie, una
pianta della famiglia delle ortiche da
cui si ricava un tessuto.
Esistono ancora altre fibre di origine
vegetale, non più conosciute oggi
come un tempo, quali il bambù,
che ha proprietà antibatteriche,
antistatiche, protegge dai raggi Uv
e ha un maggior potere assorbente
rispetto al cotone, ma anche la rafia,
la ginestra e il cocco.
Qualunque sia la fibra naturale
utilizzata, se viene poi trattata
con sostanze chimiche inquinanti,
perde ovviamente le caratteristiche
di sostenibilità. «Tra le varie fasi
della lavorazione, sicuramente
la colorazione è quella che ha
52
La nuova ecologia / MAGGIO 2015
maggiore esposizione chimica –
afferma la dermatologa – ma anche
il confezionamento finale ha un
grande peso a causa dell’appretto
che viene utilizzato, per questo
sempre meglio lavare un prodotto
nuovo prima di indossarlo».
Oggi si posso usare con ottimi
risultati i coloranti di nuova
generazione, che sono chimici ma
completamente biodegradabili,
per ridurre del tutto il loro impatto
sull’ambiente. È molto importante
fare attenzione ai componenti
chimici presenti nei tessuti, poiché
alcune sostanze, come ftalati o
composti perfluoroclorurati, con
il contatto prolungato possono
portare all’insorgere di patologie.
I problemi più comuni sono le
dermatiti da contatto, le allergie,
gli eritemi. Il nostro organismo può
entrare in contatto con i composti
chimici per inalazione di vapori
causati dalla reazione del sudore
con il tessuto trattato oppure,
come nel caso dei nonilfenoli
abito non fa il monaco dice il proverbio,
ma l’abito fa o non fa invece il vegano? La scelta vegan è una scelta di rispetto
di ogni essere vivente, è una scelta di non
sfruttamento che viene considerata anche
nell’abbigliamento. Ma quindi un vegan come
si veste? È immediato il collegamento con lo
sfruttamento e la morte di animali nelle pellicce,
pellicciotti e bordature di giubbotti e la stessa
riflessione va fatta su animali allevati solo per
la loro pelle per fare accessori come coccodrilli
o serpenti. C’è poi il cuoio, una parola usata
per disconnettere dalla realtà, ovvero pelle di
animali morti, e noi preferiamo i vitelli con la
carne e... la pelle addosso!
Altro tessuto su cui far chiarezza è la lana: se
è vero che nella tosatura l’animale non viene
ucciso, purtroppo nelle moderne produzioni di
cui gli animali sono oggetti, quando la pecora,
verso i 4 o 5 anni inizia a “produrre meno” viene
mandata al macello. C’è poi da evitare la seta,
prodotta dalla morte dei bachi e i piumini in
vera piuma d’oca, che nascondono atrocità
documentate anche in un recente servizio di
Report. Allora davvero un vegan si veste di foglie
di fico? Tutt’altro. Oggi c’è una vasta scelta di
vestiario vegan sia di tessuti tecnici che naturali
che mi piacciono ancora di più perché meno
impattanti. Una soluzione che amo? L’utilizzo
di materiale riciclato. Dalla gomme di auto alle
bioplastiche, da vecchi abiti e tessuti si possono
ricavare tessuti eccellenti senza uccidere
nessun animale e senza creare ulteriore impatto
ambientale.
iwww.veganisbetter.it
etossilati, la sostanza viene dispersa
nell’ambiente con il lavaggio in
lavatrice dei capi. Ma Massimo Torti
rassicura che «i prodotti a marchio
Ce rispondono ai requisiti essenziali
indicati nei diversi provvedimenti
Ue in materia di sicurezza, sanità
pubblica, tutela del consumatore ».
Il problema più concreto,
dunque, deriva dal fatto che
alcuni paesi dell’Estremo oriente
non prevedono lo stesso tipo
di controllo. Di conseguenza, è
bene fare attenzione ai prodotti di
importazione, guardare sempre
l’etichetta e diffidare di un rapporto
qualità prezzo troppo vantaggioso.l