Allegato formato PDF - Liceo Artistico Brera
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Allegato formato PDF - Liceo Artistico Brera
Liceo Artistico StatalediBrera - Milano In collaborazione con Fondazione Cariplo - Progetto LAIV Mosaico Il Giornale del Progetto Tessere Numero Cinque - Gennaio 2011 Buon 2011! Editoriale… con riflessioni Per prima cosa… buon 2011 a tutti da parte della redazione di Mosaico! Le attività dei laboratori di teatro e musica proseguono, in vista degli spettacoli che aspettano i ragazzi nei mesi di marzo e maggio. Come sapete, il lavoro è incentrato sulla fantastica “Odissea”, un viaggio tra fantasia e realtà che continua a coinvolgere generazioni e generazioni di lettori. In un periodo delicato come questo, in cui la scuola sta affrontando problemi estremamente difficili, all’interno dei laboratori di Tessere è nata l’esigenza di avvicinarsi a queste tematiche, che il Liceo ha vissuto e vive in prima persona con esperienze di autogestione ed occupazione. A prescindere dalle convinzioni personali, è innegabile che la situazione stagnante nella quale si trova il mondo della cultura non sia accettabile in un Paese ricco di meraviglie come il nostro, un’Italia un tempo vicina alla Grecia di Ulisse. Per questo motivo gli operatori hanno proposto ai ragazzi lavori incentrati sul loro rapporto con la scuola, un luogo concreto e mentale nel quale trascorrono insieme ai docenti gran parte della loro giornata, con dispendio di energie e creatività da entrambe le parti. Una scuola che tanti vorrebbero diversa: più attrezzata, più sicura, più colorata… e voi cosa ne pensate di autogestione ed occupazione? Quali sono le cose che vorreste migliorare all’interno del Liceo sapendo di potervi impegnare in prima persona e tutti insieme per poterle realizzare? In questo quinto numero di Mosaico trovate le opinioni di ragazzi ed operatori LAIV: fateci arrivare le vostre! Buona lettura! La redazione di Mosaico ([email protected]) I precedenti numeri di Mosaico (http://lnx.liceoartisticodibrera.com/home2/page.php?63) E se l’autogestione del Liceo Artistico fosse visibile all’esterno? Le opinioni dei ragazzi e degli operatori del laboratorio di teatro “Se il mondo vedesse la nostra grinta nel fare autogestione inizierebbe a prenderci più sul serio, a pensare che forse la scuola ha DAVVERO dei problemi e che bisogna trovare fondi per le cose utili: sedie e sgabelli a sufficienza per tutti, aule più grandi, carta igienica nei bagni… una scuola più colorata, con più ore di disegno ed indirizzi senza tagli” “Io penso che la gente sarebbe estasiata ma anche un po’ delusa: ci sono numerosi collettivi che funzionano molto bene e che parlano di tematiche interessanti; altri sono organizzati veramente male, oppure sono gestiti da gruppi chiusi, composti da persone “che se la tirano”, escludendo gli altri dalle discussioni” “Se quello che succede nella scuola durante i giorni di autogestione fosse visibile, credo che Milano diventerebbe un corridoio infinitamente colorato, l’ordine delle strade lascerebbe spazio ad un labirinto di aule piene e vuote, di voci giovani che protestano, che si annoiano, che sorridono, che cercano una soluzione, tentando di fare i primi passi nella responsabilità. Ogni studente dovrebbe poter contribuire con un’azione al miglioramento della sua scuola; ogni professore dovrebbe dare un voto di merito ad ogni suo alunno che agisce per rendere migliore anche il suo lavoro, per rendere finalmente piacevole LA SUA SECONDA CASA” “Sarebbe uno scompiglio. Perché? Ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre quegli studenti che contribuiscono a diffondere un’idea negativa di questa ‘riunione’. Un’autogestione rende autonomi gli studenti, ma non mi è parso che sia riuscita al meglio. Non sarebbe male allora mostrare un momento di produzione, gestita dagli studenti con l’aiuto dei professori” “Per me l’autogestione è un’esperienza nuova, visto che ho iniziato il Liceo quest’anno. Secondo me se fosse visibile all’esterno, darebbe impressioni sia negative (ragazzi che sprecano l’occasione per perdere tempo) sia positive (gente che, anche senza conoscersi, si rimbocca le maniche e utilizza la sua creatività per fare qualcosa di concreto, come ad esempio dipingere le pareti delle aule per renderle più allegre e confortevoli)” “Sarebbe davvero una grande fortuna, sia per gli esterni sia per noi studenti: un regalo immenso da mostrare agli altri, magari ad un amico che vive in un’altra città, in una situazione diversa dalla mia. Essendo in quinta, sento di dover lasciare a questa scuola qualcosa di me e del mio percorso: l’autogestione dovrebbe migliorare sia per noi sia per i professori, che potrebbero utilizzarla per conoscerci meglio ed aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi” E voi cosa ne pensate? Scrivete a [email protected]. Le Lettere dalla Kirghisia di Silvano Agosti: i disegni dei ragazzi del laboratorio di teatro Riflessioni e pensieri di operatori e docenti LAIV Il teatro è incontro, se c'è azione Il percorso intrapreso insieme mette in luce il modo di fare il teatro a scuola, un modo che ha per me un nome di riferimento: teatro educazione. Il teatro che facciamo deve essere povero, cioè capace di lavorare sull’autenticità dell'esperienza, facendo a meno di tutto, tranne che di quello che è necessario. Grotowski dice che “il teatro è un incontro”: con un metodo, con se stessi, con l'altro, con il gruppo. Il percorso che si affronta in un laboratorio a scuola contiene le fondamentali azioni fisiche, che chiamiamo poi, a seconda del contesto del laboratorio in modi diversi: giochi, azioni collettive, individuali, azioni personali e guidate. Le azioni fisiche sono un mezzo: uno strumento per trovare qualcosa, che favorisce nei ragazzi che agiscono (attori) le potenzialità della scoperta. Esse contengono una minima, piccola, povera verità che genera l’incontro, una verità concreta che può emergere se lo spazio del laboratorio è sperimentato come un luogo in cui poter fare, perché in laboratorio il potere (come nell’accezione inglese del verbo “can”) è possibilità. Le azioni fisiche consentono di accedere a un’esperienza non quotidiana, dove il corpo e l’esperienza possono essere dei ponti utili per rendersi consapevoli dei propri spazi di resistenza - propri prima di tutto e poi dell’altro – che bisogna imparare a conoscere, attraverso una pratica riflessiva e con l’esperienza di gruppo. In questo spazio di resistenza psicologica, simbolica, materiale si genera la disponibilità di sé e dell’altro e qui, tra sé e l’altro, sta il paradosso dell'educazione e del teatro educazione in essa contenuto: per fare bisogna sentirsi liberi e per rendere più liberi se stessi e per rendere più libero l’altro è necessario rendersi disponibili alla “passività” (guardando, ascoltando, aspettando) e consentire all’altro di essere “passivo”. Bisogna imparare a creare uno spazio e un tempo in cui l’altro faccia volontariamente qualcosa, mettendo in atto le sue possibilità e questo spazio e questo tempo rappresentano la disponibilità che abbiamo perché l’incontro possa esserci. Fondamentale per me augurare a noi tutti buone azioni per il nuovo anno. Claudia Pastorini (Operatrice del gruppo di teatro pomeridiano di Papa Gregorio)