I Ci sono delle visioni che si imprimono nella mente

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I Ci sono delle visioni che si imprimono nella mente
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Ci sono delle visioni che si imprimono nella mente con
la forza travolgente di un ciclone. Ricordo, come fosse
adesso, la prima volta che ho incontrato Lorenzo: avanzava diritto davanti a sé, con un’aura di dignità nella
persona ch’era il frutto, come poi ebbi modo di verificare, della compassata indifferenza con cui svolgeva il rotolo dell’esistenza. Portava una benda nera sull’occhio destro e grosse
scarpe senza stringhe. una bandana rossa e la barba incolta gli nascondevano quasi interamente il resto del volto,
bruciato dal sole e dalla salsedine. Lo ingaggiammo per
un affascinante periplo del piccolo arcipelago delle Tremiti, attratti dalla magia delle coste e delle meravigliose
grotte.
Era stato un abitante del posto a consigliarcelo. “C’è la barca di Lorenzo. È matto, ma conosce ogni più
recondito anfratto di queste isole.”
Non era stato l’unico a giudicarlo in quel modo. Mentre attraversavamo l’angusto crocevia di mare, che separa tra loro quelle affascinanti e misteriose lingue di terra,
mi capitò di sentir gridare da uno dei tanti traghetti che
trasportavano i turisti sull’isola di San Nicola: “Attenti
al matto!” Lui, però, non si scomponeva. Filava diritto alla meta
con quel suo vecchio gozzo di legno, lento e sbuffante,
come se viaggiasse su immaginarie rotaie marine. La sua figura maestosa aveva qualcosa di energico e
romantico allo stesso tempo, come i riflessi accecanti
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Luigi D’Alesio
della fiamma solare spalmati sulla tela diafana del cielo
da un’enorme spatola invisibile.
Approdammo a Cala dei Turchi, sull’isolotto del Cretaccio. gli unici abitanti di quest’isola, poco più che uno
scoglio, sono i conigli selvatici, i gabbiani e le lucertole. Attraverso sentieri interni ci recammo in visita al
Faro, che volle ricambiare la cortesia regalandoci un panorama stupendo. Eravamo in quattro, io, Betty, Amedeo e Ivana. Betty era la mia fidanzata. Al ritorno dal Faro, però,
non lo era già più. A un certo punto, inciampò contro
una sporgenza sassosa e afferrò il braccio di Amedeo per
non cadere. Percorse tutto il ritorno abbarbicata a lui,
come un sarago allo scoglio. Qualche tempo dopo, quando mi diede il benservito, mi rivelò ch’era stato quello il
momento in cui aveva capito di amare Amedeo, e non me. Amedeo, il mio più caro amico, con il quale dividevo a quel tempo l’affitto di un piccolo monolocale alla
periferia di Roma. Aveva fatto il diavolo a quattro perché convincessi Betty a portare la sua amica Ivana in vacanza con noi.
“È che mi piace un casino. Capisci? Il vero amore
passa soltanto una volta nella vita. Sento che questo è il
momento giusto!”
Infatti, lo fu per davvero. Aveva solo sbagliato persona. Può capitare. Anche il destino a volte si confonde. Chi non aveva sbagliato neanche quella volta le sue
predizioni era stato Lorenzo, il barcaiolo. Quando, dopo
tre settimane, venne il momento di ripartire, fissando lo
sguardo su Amedeo, mi disse con chiara allusione: “Nella
vita, guardati dagli amici più fidati, ragazzo. Finiscono
quasi sempre per desiderare ciò che noi desideriamo e,
poi, per scoparselo.”
Ci rimasi un po’ male, ma non volevo rovinare il rapporto di forte amicizia e complicità che si era creato tra
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noi due in quei giorni. Così, preferii non replicare, persuaso che nessuno è infallibile a questo mondo; e che il
modo di percepire le cose spesso è viziato dalle nostre
esperienze precedenti; e che, anche se durante le tante
ore trascorse insieme si era rivelato un profondo conoscitore della vita e dei suoi mille trabocchetti, la mente
di Lorenzo non sembrava completamente a posto.
I suoi discorsi erano viziati, infatti, da incongruenze
e stranezze. Spesso, nel bel mezzo di un divertente aneddoto o di una interessante argomentazione, si interrompeva bruscamente. Borbottava qualche scusa, spiegando
che aveva dimenticato di applicare un cerottino sul mignolo sinistro, che rischiava così di bruciare per il troppo sole. “È il dito più esposto di tutti” spiegava con convinzione. Oppure, mentre eravamo in barca, ci chiedeva di spostarci tutti sul lato sinistro, per fare da contrappeso alle
idee nemiche che si erano aggrappate a quello di destra.
Ci abituammo, tuttavia, rapidamente al suo strampalato modo di pensare, aiutati dalla disinvoltura e dalla
spregiudicatezza tipica della gioventù. Dopodiché, almeno per quanto mi riguardava, mi predisposi a prendere
quanto di buono c’era invece nella sua conversazione; ed
era comunque tanto! Il nostro barcaiolo denotava una
saggezza e una consapevolezza umana estese e profonde.
Si capiva che aveva vissuto eccome! Più di ogni altra
cosa, però, fui colpito dalle sue straordinarie doti di chiaroveggente, tali da lasciarmi sbigottito e stupefatto. Forse
era solo mera intuizione, chissà!?, ma conosceva in anticipo ciò che stavi per dire o per fare, e tutto quello che
stava per accadere. Proprio come uno spettatore che ha
già visto il film e dalla fila accanto ti anticipa la descrizione di ogni scena. Mi ricordo, per esempio, una volta che ci immergemmo, io e Amedeo, per una battuta di pesca subac-
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Luigi D’Alesio
quea, lui, seduto in disparte, a prua di quel suo gozzo arrancante, con lo sguardo vagante nell’immensa macchia
di azzurro, commentava ogni cosa di ciò che facevamo
sott’acqua.
Ecco che, appena riemerso a prendere aria, lo sentii
commentare: “Che spettacolo le ricciole, vero!?”
“E tu come fai a saperlo?” E ancora, dopo che, penetrato in uno spacco di roccia a una profondità di almeno quindici metri, mi ero ritrovato nel bel mezzo di una danza di dentici al pascolo,
una volta fuori, lo sentii illustrare: “Sono dentici in caccia.
Quando hanno fame diventano diabolici, pronti a scattare
al minimo stimolo.”
“Hai visto anche che orate maestose c’erano?” gli chiesi, ancora diffidente.
“Sei stato fortunato a incontrarle. Di solito, è molto
difficile stanarle; quelle fenditure sono delle dimore quasi
inviolabili.” Non rispondeva alle nostre richieste di spiegazioni,
diventando improvvisamente distante e distratto. Sinché, una volta finalmente mi rivelò: “È stata la pallottola, sai. È entrata dall’occhio. Mi ha spaccato il cervello
in due. È come se avessi un motore a due tempi, uno per
il presente, uno per il futuro.” A Betty non stava per niente simpatico. “Quello lì, si è bevuto il cervello” continuava a ripetere. La cosa un po’ mi dispiaceva, perché io, invece, ero
attratto e affascinato dalle sue singolari bizzarrie. “In fondo, è un modo creativo di porsi nei confronti
della vita” ribattevo.
“Sicuro, è davvero molto cre...tino” sghignazzava lei.
Fatto sta che Lorenzo mi incuriosiva molto. Conosceva particolari privati della vita di un sacco di gente
famosa: vip, politici, gente dello spettacolo, star del cinema. 12
Punto d’attracco
“Julia Roberts impazzisce per la pasta, il baccalà e il
vino. Donald Sutherland ha la fobia del fumo. Nei suoi
contratti c’è scritto che nessuno può fumare a meno di
dieci metri da lui, con tanto di penale” raccontava.
Taceva come sempre, poi, quando gli chiedevamo come
facesse a conoscere quei dettagli così personali.
Era incapace di parlare di se stesso, del suo passato.
Come se il suo “io” non esistesse o non avesse comunque
più, per lui, alcuna importanza.
“Che vuoi che ti dica?” rispondeva. “Io non sono nulla.
Molti non sono più nulla. Il mondo è pieno di cose che
non valgono niente. Cosa importa chi siamo? I nostri
pensieri. I nostri desideri. Vuoi sapere chi sono? un fiore.
Cos’è un fiore? un seme che germoglia, cresce, sboccia,
appassisce, muore.” “un fiore non ha coscienza” insistevo io. “Noi abbiamo una coscienza, una storia personale.” Ecco che lui tira fuori una foto. Nella foto, un fucile da sub appoggiato sopra una bara.
“Questo è quanto rimane” dice. “Soltanto questo.”
gli occhi pieni di lacrime.
Per la prima volta, apre uno squarcio sul suo passato.
Comincia a parlare: “C’è una grotta, gli grido. Vai a vedere. Lui lascia il fucile di sopra e si tuffa. Di fronte a noi,
la costa garganica, dentro di noi l’avventura, il sogno...”
Il racconto si interrompe. Provo a rilanciare: “Chi c’è in quella bara?”
Lui riprende bruscamente senza ascoltare quello che
dico.
“...Venti miglia a bordo del nostro zodiac per raggiungere quel luogo di morte. Il nostro zodiac! Quante
immersioni, quante avventure vissute insieme!”
Estrae qualcosa da una borsa. È una foto, ingiallita
dal tempo, che ritrae un ragazzo con una tuta di gomma.
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Luigi D’Alesio
“La grotta era lì, in attesa da secoli, con la bocca socchiusa in un ingannevole sorriso. Invidiosa delle nostre
vite, della nostra felicità, pronta a tendere la sua trappola mortale...” “Quindi?” gli chiedo in un soffio, per spingerlo a
continuare.
“La grotta era un fiore carnivoro, dietro la bellezza
nascondeva il suo volto di assassina. A un tratto, ha serrato le mascelle...” 14