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Dieci…
di Barbara Cesarei
Il 16 maggio dell’anno 19**, nella cittadina di S***, Nicola Giusti di anni 13, frequentante la
terza media dell’istituto comprensivo Enrico Fermi, a seguito di infortunio subito da un
compagno titolare, ebbe la straordinaria possibilità di scendere in campo con la squadra di
calcio della scuola nella finalissima del T.R.S. (torneo regionale scuole) contro la rivale di
sempre, la Giuseppe Garibaldi di C***. Dopo un intero anno passato in panchina nessuno
dei suoi genitori era lì ad assistere a tanta gloria, avendo entrambi reputato fosse inutile
sciupare un giorno di permesso dal lavoro per veder giocare l’altrui prole.
Non bastasse un simile colpo di fortuna, la Enrico Fermi vinse il torneo con lo straordinario
ed inaudito risultato di 10 a 3, avendo proprio il nostro Nicola Giusti messo a segno, allo
scadere del tempo, la decima rete, assolutamente superflua ma che gli valse, comunque, il
giro trionfale, coppa in mano, sulle spalle dei compagni e l’appellativo di “Dieci” con cui fu,
da allora, soprannominato.
Il giorno dopo, accompagnando il figlio a scuola, l’ing. Paolo Enrico Giusti udì con sorpresa
che i compagni del ragazzo lo chiamavano, appunto, “Dieci” e, avendone chiesto a Nicola
il motivo, ebbe per tutta risposta un farfugliamento allundente alla partita del giorno prima.
L’ing. Paolo Enrico Giusti, risalito in macchina, elaborò mentalmente quanto sapeva della
finalissima (lo storico risultato di 10 a 3) con quanto intuito dalla confusa risposta del figlio,
giungendo ad una conclusione inaspettata. Appena arrivato in ufficio andò quindi al
telefono, sollevò la cornetta e compose il numero di casa: “Pronto” - rispose all’altro capo
del filo la moglie Clementina - “Sono io, devo dirti qualcosa di incredibile” - attaccò
l’ingegner Giusti - “Che è successo” - chiese la signora Clementina con un tono di voce già
leggermente allarmato - “il nostro Nicola, sai, la partita di ieri…” - proseguì l’ingegner Giusti
- “… che hanno vinto 10 a 3” - completò la signora Clementina - “ebbene, credo proprio
che quei dieci goal li abbia fatti tutti il nostro Nicola!” - concluse trionfalmente l’ingegnere
Giusti - “ma scherzi? Nicola? Ma chi te l’ha detto? E perché non ci avrebbe detto nulla?” lo investì la signora Clementina - “ma per modestia, no! vedessi oggi, quando gli amici lo
hanno chiamato Dieci e gliene ho chiesto il motivo, è diventato tutto rosso ed ha
abbassato la testa” - le rispose un po’ commosso l’ingegner Giusti - “Che sciocchino, gli
preparerò una torta per fargli capire quanto siamo orgogliosi di lui” - concluse la signora
Clementina che così troncò la conversazione perché era in ritardo per la seduta dal
parrucchiere.
Pochi minuti dopo, dolcemente rilassata sotto le mani esperte della sciampista, la signora
Clementina Grassi Forti in Giusti raccontava alla sua amica Elsa Palaforte le gloriose
imprese del suo Nicola: “Non solo i dieci goal della finalissima, ti dico, ma non so più
quante partite si sono risolte solo grazie all’intervento del mio caro bambino, senza di lui la
Enrico Fermi oggi non avrebbe quella coppa!”. La signora Elsa ascoltava con gli occhi
sgranati e la bocca aperta a mostrare sospresa, anche se dentro di sé pensava: “ Ma
figurati, se lo sanno tutti che suo figlio non sa giocare a calcio, non si aspetterà che le
creda!”. Terminata l’acconciatura, la signora Elsa uscì e si avviò verso il supermercato,
avendo saputo che la sua marca di pasta preferita godeva di una settimana di vendite
sottocosto, e lì incontrò il prof. Saverio Tarantola, istruttore di educazione motoria ed
allenatore della squadra della scuola Enrico Fermi. Pregustando l’occasione di
sbugiardare l’amica, la signora Elsa si avvicinò furbescamente all’insegnante e gli chiese
con malcelata indifferenza ragguagli sulla partita del giorno prima ed in particolare sul
comportamento in campo di quel caro ragazzo di Nicola Giusti. “Ah, il nostro grande Dieci”,
rispose con ampio sorriso il prof. Tarantola, che venne distolto dal seguito della
conversazione grazie al fatto che era giunto il suo turno alla cassa.
Ancora tramortita dalla lapidaria risposta, che sembrava confermare quanto affermato
dalla signora Clementina, la signora Elsa pensò bene di mutare atteggiamento e di
appropriarsi dell’onore di frequentare gente tanto in vista; corse pertanto dalla cognata,
nota pettegola del quartiere, a raccontare l’accaduto e, già che c’era, aggiunse alcuni
piccoli particolari di sua invenzione, del tipo che quel bravo ragazzo del Nicola, oltre ad
avere tutti dieci a scuola ed a segnare dieci goal a partita avrebbe fatto volontariato tutte le
settimane presso l’ospizio del capoluogo di provincia. E poiché la cognata pettegola non
voleva essere da meno, chiamò tutte le persone presenti sulla sua rubrica per magnificare
quella perla di ragazzo che, oltre ad avere tutti dieci a scuola, essere il campione della
squadra di calcio locale, fare volontariato e beneficienza a piene mani, l’anno precedente,
in vacanza a Cesenatico, avrebbe anche salvato due bambini da annegamento sicuro. E
poiché tra le persone contattate dalla cognata pettegola vi era anche un assessore
comunale, il Sindaco, informato di tutto, ed incapace di capire come potesse essere
passato sinora inosservato, nella cittadina da lui modestamente amministrata, un simile
fulgido esempio di sana gioventù, decise seduta stante di dare il suo nome al nuovo
campo di calcio della città.
Alle ore 16.30 in punto Nicola Giusti, noto come “Dieci”, uscì dal portone della scuola e
guardò stranito un vicino di casa, di cui ignorava persino il nome, rivolgergli ampi sorrisi e
ammiccamenti. Si avviò verso casa continuando a notare conoscenti e sconosciuti che lo
salutavano con vigorse strette di mano e pacche sulle spalle; rimase infine del tutto
costernato di fronte alla richiesta del fornaio, da cui si era recato per comprare i soliti due
euro di pizza bianca, di rilasciargli un autografo. Quando poi, giunto a casa, vi trovò un
capannello di gente che lo acclamava gridando: “Dieci, dieci…” si grattò la testa, concluse
che durante la mattinata dovevano aver sganciato una bomba chimica dagli strani effetti
sulla città e sorrise pensando che la celebrità è una bella cosa.
Questa è la storia di Dieci, eroe della cittadina di S**, esempio da allora sempre ricordato
nelle ramanzine materne per mostrare ai figli quanto valgano le soddisfazioni che derivano
da un successo guadagnato con il sudore della fronte e con le virtù morali.