Ilde Cicchinelli - Patologi Oltre Frontiera

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Ilde Cicchinelli - Patologi Oltre Frontiera
DIARIO DI VIAGGIO NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO SU PROGETTO DI
“PATOLOGI OLTRE FRONTIERA”
Ilde Cicchinelli (specializzanda Anatomia Patologica) ”La mia prima esperienza in Africa”
8 Gennaio 2013 partenza da Roma Fiumicino con destinazione Cairo e successivo volo per l'Uganda (Entebbe).
Al Cairo incontro i miei due compagni di viaggio Joseph, fratello comboniano, venuto a studiare in Italia e che
dopo due anni torna nel suo paese e Paolo un laico che ha deciso di fare un'esperienza in Congo.
Quasi a mezzanotte arriviamo all'aeroporto di Entebbe, dove ci vengono a prendere per portarci in una casa di
religiose, le sorelle ci aspettano sveglie a quell'ora della notte, conosciamo suor Luigina, ci offre the' con i
biscotti e ci conduce nelle nostre stanze, faccio una doccia e crollo.
L' indomani volo per il Congo.
Sveglia molto presto, con un taxi, dopo circa un'ora, percorrendo una strada trafficata piena di gente (lavoratori
e studenti) arriviamo a Entebbe, aeroporto di Kampala, dove un efficiente funzionario ci organizza il check-in e
avverte la compagnia aerea locale MAF per il successivo trasferimento aereo. La MAF è una piccola compagnia
aerea di ispirazione confessionale protestante, che con piccoli velivoli garantisce collegamenti in Uganda e tra
Uganda e Congo.
L'emozione è fortissima ancora di più quando vedo il "piccolo" aereo su cui dovrò salire, quattro posti compreso
il pilota; il comandante viene a prenderci per partire, un ragazzo alto longilineo giovane, o almeno a me sembra
molto giovane, si parte ma non prima di aver recitato la preghiera dell’aviatore.
Si vola tra le nuvole, c’è un po’ di vento, l'aereo non è molto rassicurante ma lo spettacolo è straordinario,
passiamo il lago Vittoria e poi una foresta fitta intervallata ogni tanto da fiumiciattoli rossi, bellissimo!!!
Si atterra dopo un'ora circa a Bunia, c’è qualche piccolo aereo, dei militari e camionette bianche ON, alcuni
rottami, una folla di gente comune e di addetti; visione decisamente diversa dall'aeroporto di Entebbe, diciamo
un po' più "rustico". Di nuovo si riparte, finalmente destinazione Mungbere.
Dopo un'altra ora di volo atterriamo su una pista erbosa senza particolari problemi, c’è molta gente,
soprattutto bambini che accorrono per vedere chi arriva. Per me è tutto così strano i bambini sono meravigliosi
ci salutano e, come noterò in seguito, vengono incontro per darti la mano.
Tra la folla Gianmaria Corbetta, missionario, medico plurispecialista e direttore dell’ospedale Anoalite in
Mungbere, Repubblica Democratica del Congo, che diventerà il mio punto di riferimento in questa esperienza, e
un altro comboniano, fratel Genesio, abbracci, saluti calorosi con Joseph e una bella accoglienza a me e Paolo
ancora un po' frastornati.
Ci portano con un fuoristrada in missione, dove conosco Padre Franco, altri confratelli e Irene, la citologa locale
che è stata in Italia all'ospedale di Desio per uno stage di 5 mesi, persona meravigliosa e con la quale nascerà
una bella amicizia.
Ci assegnano le camere, si trovano in due costruzioni allungate, staccate dalla missione sulla via dell’ospedale,
con un recinto, un cancello e tanto di custode notturno Simon un uomo gentilissimo. La costruzione di fronte ha
due stanze più piccole e una sorta di cucina/sala comune/lavanderia. Le stanze sono accoglienti, c’è l’elettricità
anche di notte e l’acqua corrente, secondo me sono anche arredate con gusto. Sistemo le mie cose e con Gian
maria si va subito a fare il giro dell’ospedale.
L’Ospedale Anoalite di Mungbere ha 120 letti, c’è la medicina, la chirurgia, l' ostetricia, la pediatria, la
neonatologia, l’oftalmologia, e l'audiologia; durante il mio soggiorno ho assistito anche alla
preparazione di una cabina per l'audiometria.
Irene e Gian maria mi mostrano il laboratorio di citologia, tutto è pulito e ben tenuto, c'è un
microscopio a due teste nel mezzo della stanza, su una penisola, e sei microscopi con relativi computer.
Conosco i ragazzi che dovrò seguire: Joseph, Vincent, Isaie, Bienfait e Aimeé, sono gentili educati e molto
sensibili al fatto che il mio francese è veramente scarso!!! (anche se devo dire che con il loro aiuto, i libri, Irene e
Gian maria sono migliorata molto).
Questi ragazzi sono a Mungbere già da molti mesi, hanno seguito delle lezioni da Docenti italiani, venuti in
Congo precedentemente (Sergio Arnaud, biologo e citopatologo da Torino, il Prof. Biagio Eugenio Leone
patologo dell’Ospedale di Desio e Daniela Fenocchio patologo da Perugia) sono qui per uno stage e finita la
loro formazione per la citologia cervico-vaginale, dovranno tornare nelle loro città, tranne Vincent che
rimarrà a Mungbere; si occupano del prelievo, della colorazione e della lettura del pap test, sono molto
preparati; quello che dovrò fare io è seguirli nella loro routine, fargli acquisire più manualità al microscopio e
aiutarli a non sovrastimare o sottostimare alcune lesioni.
Finito questo breve incontro, Irene mi porta a fare un giro al villaggio.
Le case sono capanne fatte di terra battuta su un telaio di legno; i tetti sono in foglie e paglia, talora lamiera;
porte e finestre a volte ci sono, a volte no; qualcosa in muratura esiste, ma si tratta di edifici con funzioni
collettive o di qualche notabile del posto, davanti a quasi tutte le case c'è una sorta di gazebo dove la gente si
riposa e parla all’ombra, ci sono molti bambini in giro, anziani e anziane. Gli adulti sono nei campi, che sono nei
dintorni e possono essere anche lontani alcuni chilometri, la cosa che mi colpisce di più è' la gente dagli adulti ai
bambini, educati e affettuosi, tutti vogliono stringerti la mano non sono invadenti e soprattutto non chiedono
niente, sembra quasi un mondo surreale.
L’economia qui si basa sull’autosostentamento: la gente coltiva (altrove, per non farsi mangiare il
coltivato dagli animali di allevamento come maiali e capre, che scorrazzano tra le capanne) e mangia
ciò che produce.
Paradossalmente ai tempi coloniali, la vita economica era molto più fiorente, ne restano tracce nelle
rovine della stazione ferroviaria e nei campi di caffè abbandonati e completamente divorati dalla
foresta. Breve giro per il mercato e si va cena.
Il dopocena trascorre intorno al tavolo del portico, con Irene, Gian maria, Joseph, Paolo e gli altri padri
comboniani, si scherza e ci si conosce un po' (io faccio tantissime domande sono incuriosita da questo
mondo così lontano dal mio).
Si va a dormire; ultima emozione di questa mia prima giornata è osservare il cielo stellato, che non è
mai stato così vicino, e le stelle non sono mai state così brillanti.
“Così ho trascorso il mio primo giorno a Mungbere”.
Nei giorni successivi sveglia presto, la campanella della missione si fa sentire, come sempre, prima delle 6;
messa, colazione alle sette e prima delle otto in ospedale.
I ragazzi mi seguono bene, sono volenterosi, e anche molto impegnati, mi fanno domande discutiamo
sui casi un po' dubbiosi e ci confrontiamo, cerco di trasmettere quello che so' ma sto imparando anche
io da loro, il tempo mi vola, si arriva all'ora di pranzo in un attimo; oggi abbiamo mangiato riso,
manioca, carne, una purea di verdura da foglie di manioca e frutta, mai mangiata una papaia così
buona!!!
Gian maria torna subito in ospedale, dopo un pò arriviamo anche io e Irene, si continua con il lavoro, a
turno chiamo uno dei ragazzi, in base anche ai loro impegni, e di nuovo si leggono pap test, alcuni dell'
ospedale ed altri portati nei precedenti viaggi da Sergio Arnaud, discutiamo sui casi e vedo che giorno
dopo giorno ci sono miglioramenti.
Laboratorio di citopatologia, Bienfait, Isaie, Vincent, Irene, Io, Gian maria.
Oggi pomeriggio Irene ci propone una passeggiata nella foresta e poi visita ad una famiglia di pigmei,
esperienza unica!!!
Domenica, colazione e poi con Padre Franco Irene e alcune suore comboniane si va in un villaggio a una
ventina di Km sulla strada per Isiru, dove Padre Franco deve celebrare la messa. Partiamo tutti con il fuoristrada
guida molto "sportiva", senza tanto riguardo per le sospensioni; qui altro grande problema sono le strade, per
niente praticabili, e continuamente distrutte dalle piogge, si preferisce infatti andare in moto. Arriviamo al
villaggio e assisto alla messa, due ore di canti danze e costumi colorati, semplicemente spettacolare!!!
I giorni passano veloci e io mi sono ambientata benissimo a questi ritmi, mattinata in ospedale, i ragazzi mi
fanno vedere prima il prelievo del pap test, poi la colorazione, e quindi la lettura al microscopio; pranzo, e di
nuovo in ospedale; ne approfitto anche per vedere patologie che fino ad ora ho visto solo sui libri (un uomo con
l’Elefantiasi).
Pomeriggio diverso perché Irene mi porta a vedere “le projet”: un allevamento di vacche e capre (per il latte,
quello delle capre per l’alimentazione dei neonati) in un posto ben tenuto, all’ombra di alte palme, con la parte
erbacea e arbustiva curata e tenuta bassa.
Qui si discute sulla prevenzione dell'AIDS, si distribuiscono farmaci e soprattutto si cerca di sensibilizzare la
gente verso questa malattia.
Si torna in missione, a cena stasera pesce in umido, fufu (farina di manioca bollita in acqua, che forma un
impasto grigiastro elastico che si deve staccare a pezzi con le mani per intingere nel sugo, insalata e ananas, c’è'
anche un piatto nuovo, mi dicono di assaggiare, io non rifiuto, il sapore non so ben definirlo comunque mi è
piaciuto, termiti, cucinate con una specie di impasto “giallastro”, rimango male quando mi dicono che sono
caloriche....anche le termiti!!!
Consuete chiacchiere in veranda, si racconta la giornata e poi a letto.
Sono quasi alla fine della mio viaggio, questa mattina ho fatto fare ai ragazzi un test che mi ha inviato
Daniela Fenocchio, i ragazzi sono stati molto bravi; tra qualche mese dovrebbe arrivare a Mungbere il
prof. Leone per fare un esame finale di citopatologia; anche per loro è tempo di bilanci e partenze; e a
proposito di partenze oggi per me è stata una vera emozione; festa a sorpresa: birra, sprite arachidi
biscotti e una torta fatta da Irene, buonissima; discorsi di ringraziamento, tante risate, foto, saluti e un po' di
malinconia.
Giorno di partenza.
Sveglia e preparazione dei bagagli. Dopo colazione un ultima volta in ospedale il volo MAF è previsto
per le nove, ci si muove quando si sente il velivolo avvicinarsi; si torna alla missione, si recuperano le
valigie e in fuoristrada si va alla pista dell’aeroporto. Saluti, abbracci e io che non “riesco a parlare”,
troppe emozioni, bellissime persone che rimarranno nei miei ricordi per sempre; salgo sul piccolo aereo
che questa volta non mi fa nemmeno così tanta impressione, si torna a casa.