La narrazione di un dramma con la musica dello
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La narrazione di un dramma con la musica dello
Sujôruri – Concerto di voci e suoni La narrazione di un dramma con la musica dello shamisen Nell’antica tradizione teatrale del teatro dei burattini (ningyô jôruri), nato alle soglie del XVII secolo e rinominato bunraku nel XIX secolo, si compie l’incontro di due arti indipendenti: la declamazione di un cantastorie (tayû) accompagnato dalla musica dello shamisen, e l’animazione di burattini (ningyô). Da questo incontro nasce una forma di spettacolo di elevato livello tecnico e artistico in cui le dimensioni uditiva e visiva si intrecciano. Il concerto in programma presenta la componente musicale-uditiva: come da lunga tradizione, in forma di concerto la voce del narratore e il suono dello shamisen fanno rivivere una storia di forti passioni, d’ideali e sacrifici, d’inganni e affetti, di straordinaria intensità drammatica. Il ruolo del tayû non è solo quello di recitare fornendo la propria voce ai vari personaggi, ma cercare di trasmettere, esaltandoli, i loro sentimenti. Lo shamisen non funge da semplice accompagnamento musicale, ma, in dialettica con la declamazione, esprime stati d’animo e sentimenti donando al dramma rappresentato ritmo, ricchezza d’emozioni e forza narrativa. Gli interpreti, celebri artisti del Teatro Nazionale di Bunraku di Osaka, fanno vivere in un affascinante connubio di voci e suoni un’atmosfera ricca di emozioni. Il concerto, sostenuto dal Bunkachô e la Japan Foudation, rilevanti ministero e fondazione nazionali giapponesi per la promozione culturale delle arti giapponesi nel mondo, è una delle tappe della tournee europea (Malta, Francia, Germania, Svizzera e Russia) di alcuni artisti (recitatori e suonatori) del teatro nazionale dei burattini di Osaka, il Ningyô jôruri Bunrakuza (3 tayû (recitatori) di primissimo piano: Takemoto Tsukomadayû, Takemoto Chitosedayû, Toyotake Mutsudayû, il capogruppo, il suonatore di shamisen Toyozawa Tomisuke, con altri 3 maestri dello strumento, e 3 persone dello staff). Dopo gli spettacoli a Malta (28 e 29 settembre), in Francia e Germania, gli artisti portano il concerto in Italia a Roma, presso l’Istituto Giapponese di Cultura il 16 ottobre, a Bologna mercoledi` 18 ottobre e a Venezia venerdi` 20 ottobre alle ore 17.00 (presso l’Auditorium S. Margherita, in collaborazione con l’Universita` Ca’ Foscari, Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale). Si tratta della seconda esibizione di artisti del teatro nazionale di Osaka a Venezia (gia` nel 2003 furono accolti con grande successo). Dopo il teatro nô, con i suoi 700 anni di storia, anche il teatro dei burattini giapponese, tramandato dagli artisti del Teatro nazionale di Osaka, è stato designato patrimonio universale dell’umanità. IL TEATRO DEI BURATTINI E LA RECITAZIONE Il teatro dei burattini (ningyôjôruri), oggi noto sotto il nome di bunraku, è uno dei teatri di figura più affascinanti e di insigne e antica tradizione al mondo. Esso nasce dalla magica combinazione di “tre pratiche” (sangyô) che, componendosi, danno vita a una forma del tutto originale di rappresentazione: la manipolazione dei burattini (ningyô); la recitazione del testo drammatico da parte di un narratore (tayû); l’accompagnamento alla narrazione da parte di una sorta di liuto a tre corde percosse da un grande plettro, lo shamisen. In realtà, questo è il risultato dell’incontro, avvenuto verso la fine del XVI secolo, di due arti di rappresentazione preesistenti e indipendenti che avevano già raggiunto un certo grado di sviluppo e maturazione: l’animazione di diversi tipi di burattini da parte di artisti itineranti; la recitazione di testi per lo più epico-narrativi (jôruri) da parte di cantastorie, accompagnati dal suono di un nuovo strumento musicale (lo shamisen). In tale distinzione tra visivo e uditivo e nell’autonomo sviluppo delle due dimensioni, è necessario precisare che sin dalle origini è il narratore la figura principale e gioca un ruolo portante nello spettacolo: nella fase antica, egli compone o commissiona e appone il suo nome sul testo drammatico di cui è garante, testo in seguito composto da scrittori professionisti a servizio esclusivo dei teatri. Egli è responsabile della compagnia e spesso titolare della gestione del teatro stesso, come dimostrano i nomi dei teatri presso cui operano i cantori più affermati. Assieme allo shamisen, il tayû conduce la recitazione del testo e dunque dello svolgimento scenico, tenendo conto naturalmente dei tempi di movimento dei burattini sulla scena ma senza che sia sentita la necessità di totale simultaneità e corrispondenza. Lo stile di recitazione attuale risale al cantore Takemoto Gidayû (1651-1714) che, nel 1684, inaugura a Ôsaka il teatro Takemoto, portando sulla scena i drammi composti da uno scrittore di particolare genio che consentirà un grande salto di qualità e conferirà un’impronta particolare alla scrittura drammatica: Chikamatsu Monzaemon (1653-1724). Dal connubio tra Gidayû e Chikamatsu Monzaemon nascono le basi del teatro oggi noto, che manterrà la sua sede a Osaka. Gidayû, cantore di straordinaria intensità espressiva, elabora uno stile di recitazione (gidayûbushi) moderno e altamente drammatico, in cui si fondono frammenti di melodie antiche e moderne, e in cui non conta tanto la bellezza della voce ma la capacità di caricarla di emozioni e sentimenti che si trasmettono con straordinaria intensità nel pubblico dando vita di passioni e affetti ai personaggi e alle azioni. Come scriveva Gidayû stesso (Jôkyô yonen Gidayû danmonoshû, 1687), il tayû è l’interprete unico dell’intero dramma (nelle epoche a lui successive di ciascun atto o di una singola scena): egli introduce le scene, narra gli eventi, descrive azioni, comportamenti e sentimenti dei personaggi e dà voce alle loro parole, ma non mima timbri di voce diversi bensì interpreta musicalmente e drammaticamente una voce che sia carica di emozioni, riversata ora con impeto ora con delicatezza inaudite, temprata nella fucina delle emozioni improntate a mille risonanze, ma fatta anche di silenzi e reticenze, esprimendo il ‘sentimento delle cose’, la miriade di passioni che muovono i personaggi. Lo shamisen, dal canto suo, che nel teatro dei burattini ha dimensioni maggiori, manico più robusto (futozao), suono più basso e profondo dello stesso strumento usato in altri generi musicali, con battiti secchi, profondi e percussivi sostiene la narrazione, scandendone il ritmo e dando il tono, talora giocando in interludi e interpunzioni con leggerezza di trame, introducendo con intensa tensione e anche sensualità, con una ricchezza di espressività che arriva talora al mimetismo e chiudendo atti e scene con impeto e velocità via via più sostenuti. In realtà, sul ritmo delle battute dello shamisen si conduce tutta la partitura non solo musicale ma anche scenica dello spettacolo, laddove anche i movimenti dei burattini sulla scena, pur nella loro autonomia, sembrano condotti sul ritmo dei battiti delle corde. In effetti, tra la narrazione partecipata ed estrema, fisica e materiale del tayû, il suono espressivo dello strumento e i movimenti dei burattini sulla scena vi è una sfasatura che evita la sincronia, disdegna l’anaforicità e la ripetitività, consente un gioco perenne di sfasamento tra le diverse percezioni, in genere prima uditiva, vocale e musicale, e poi visiva, distanza che permette una maggiore individuazione e valorizzazione di ciascun evento e percetto. Vi è così, a parte rispetto agli spettacoli con i burattini con allestimento complessivo di scenari, la consuetudine di eseguire brani in forma di concerto da parte dei soli recitatori e suonatori di shamisen: ossia di solo jôruri (sujôruri). Si tratta di una tradizione che risale alla presenza, su menzionata, di un grandissimo numero di praticanti anche dilettanti, a cui si è sempre accompagnata una vastissima produzione editoriale di testi del jôruri con le consuete annotazioni relative proprio alla pratica della recitazione. Come in parte accennato, il testo è articolato in più atti (dan), che a loro volta si possono scindere in scene (ba), di cui alcune, particolarmente note e apprezzate, vengono spesso eseguite singolarmente. Nel testo drammatico, oltre al testo verbale vero e proprio, in forma di narrazione con dialoghi, sono annotati dei caratteri che contrassegnano un certo tipo di statuto melodico. La narrazione, in effetti, si snoda in parti descrittivo-narrative (ji o jiai), e in dialoghi (kotoba), ossia alternandosi tra due statuti: la recitazione ritmica e modulata di atmosfere, azioni e sentimenti, e le parole dei diversi personaggi. Le parti di ji, ossia di narrazione vera e propria, sono modulate in qualche misura e sostenute dal suono dello shamisen che ne scandisce anche pause e accompagnamento. Le parole dei personaggi (kotoba) invece sono più vicine al linguaggio piano, e in genere non accompagnate dallo strumento che si limita a pochi tocchi di interpunzione. Ai due moduli espressivi, per maggiore varietà, si alternano frammenti più melodicamente modulati in forma quasi distesa in canto (fushi), spesso frammenti tratti da forme o generi diversi dal gidayûbushi vero e proprio, variazioni intermedie (iro, jiiro ecc.) e momenti di scansione che segnano apertura e chiusura di scene (oroshi, sanjû, ecc.). Vi sono anche momenti di più ampio respiro in cui la narrazione e i dialoghi si ammorbidiscono in passaggi lirico-descrittivi di musicalità più scandita e cantabile, e di distensione delle tensioni nella danza (michiyuki). In queste, in genere i narratori e i suonatori di shamisen sono in numero maggiore e l’effetto si fa più vivace. Le parti drammatiche, invece, salvo alcune scene in cui vi sono due narratori e strumentisti, vedono l’esecuzione da parte di un solo narratore affiancato da un solo suonatore di shamisen. La voce del narratore e il suono semplice ma espressivo dello shamisen riescono da soli a ricreare la magia di una storia e di un’azione in cui nodi conflittuali, turbamenti e passioni, ideali e sacrifici dei personaggi (in realtà burattini senza vita), coinvolgono in un irresistibile gorgo di commozione ed emozioni che solo la malìa del bunraku sa produrre. I brani che saranno eseguiti, scelti per il valore musicale melodico e soprattutto per la forte carica drammatica ed espressiva, sono due scene tratte dal celebre dramma Ichinotani futaba gunki (Racconto di guerrieri, giovani virgulti a Ichinotani), composto da Namiki Sôsuke e altri, rappresentato per la prima volta al teatro Toyotake di Osaka nel 1751). Saranno accompagnati da un programma con presentazione sullo sviluppo storico del teatro dei burattini, sulla recitazione e accompagnamento musicale e corredati dalla traduzione integrale dei testi. Durante il concerto, la narrazione sarà accompagnata dai sottotitoli in italiano.