Investire nei giovani Risparmio energetico Storia e arte locale Lode

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Investire nei giovani Risparmio energetico Storia e arte locale Lode
45
Periodico quadrimestrale
di informazione bancaria
e di cultura locale
della Banca della Marca
Credito Cooperativo
Società Cooperativa.
Poste Italiane spa · Spedizione in abbonamento postale, 70% · DCB TV.
Anno XVI · N. 45 · Gennaio 2008
Investire
nei giovani
Risparmio
energetico
Lode
al profitto
Storia e arte
locale
La Stella Cometa
Durante questo Natale, più del solito denso di giornate
festive, mi son trovato ripetutamente a riflettere sulla
diversità fra i «Natali» dei miei ricordi di gioventù
(una quarantina d’anni fa) e quelli di questi ultimi anni.
Più cercavo di riflettere sulle cose che caratterizzavano
il trascorrere dei giorni (la gente impegnata nelle
numerose spese per addobbi, panettoni, feste, regali...
alla ricerca concitata di una rumorosa «felicità») e più mi
assaliva una strana nostalgia delle giornate di Natale di
quand’ero giovane, in un ambiente meno illuminato ma
carico di un silenzio che filtrava un sottofondo di dolci e
care melodie natalizie, mentre la gente si cercava
fisicamente per scambiarsi un sorriso e dei sinceri
messaggi augurali di pace, fraternità e salute. Sentivo
un forte desiderio di rivivere quei momenti di tranquillità
ma venivo continuamente richiamato alla realtà da
frequenti messaggi del telefonino o da mia moglie che mi
sollecitava in quanto eravamo attesi in un posto, oppure
mi ricordava che dovevo preparare qualcosa perché
domani... Passavo i giorni a riflettere, gli stessi giorni in
cui la televisione ed i giornali ci hanno commentato
il sequestro di Castelfranco ed allora mi son detto...
«Questi sono chiari segnali che la nostra gente è proprio
in difficoltà. Siamo arrivati ad un punto dove non ci sono
più stranieri da demonizzare, non si trovano più misure
che possano attenuare le nostre paure e scarichino su
qualcuno la colpa dell’accaduto». Quando il nemico è fra
noi, è più difficile da affrontare. Con chi te la prendi?
Quali contromisure si possono prendere all’apparente
follia? Perché, in questo caso, colpevole è il nostro
modello di società: quello generale del paese ma in
particolare quello che abita nella ricca provincia veneta,
dove opulenza e apparenza sono le uniche stelle comete
da seguire. Quando a essere sotto accusa è il nostro
modello di vita, l’unica soluzione è un cambiamento di
indirizzo generale. Saremo capaci di farlo?
Io credo che, ora più che mai, la stella cometa per questo
cambiamento possa e debba essere la «nostra banca»,
nata più di cento anni fa in una società povera di «cose»
ma ricca di «valori», per combattere miseria e usura, che
oggi deve essere capace di aggregare sempre più
persone desiderose di cambiamento e lavorare insieme
per la ricostruzione di quei «vecchi valori» che
sicuramente ricreano la condizione migliore per costruire
il bene comune.
i MaGi
sommario
SOTTOVO C E
ANNO XVI · N. 45 · GENNAIO 2008
2
La Stella Cometa
3
Impegno nel mantenimento dell’identità
4
Notizie in breve
7
Volontariato in Ecuador
9
Credere e investire nei giovani
11
Un fenomeno in estinzione: il Graffiti Writing
13
Il risparmio energetico è possibile
15
Biodiversità: passato o futuro?
17
Pet Engineering apre a Mosca
18
Gli studenti premiati
21
La Festa dei Mamai
23
Profumi e colori della primavera
24
Quelli che i birilli
26
I nostri anziani raccontano
28
Auguste Rodin
31
La chiesa di San Giacomo
32
Papa Pio VI passa per la Marca
34
Marca Solidale: una società di servizi
In copertina. Chiesetta di San Bartolomeo a Bibano di Sotto.
Foto. Archivio Banca della Marca, Foto Viola, Giorgio Mies,
Norma Grafica, Silvio Vicenzi.
Quadrimestrale di informazione bancaria e di cultura locale della Banca della Marca
Direzione e redazione
Via Garibaldi, 46 · 31010 Orsago/Tv
Progetto
Janna/Pn
Direttore responsabile
Angelo Roman
Stampa
Tipolitografia Carlet Giuseppe s.r.l.
Orsago/Tv
In redazione
Claudio Bortolotto, Adriano Ceolin,
Giovanni Guizzo, Piergiovanni Mariano,
Giuseppe Maset, Mario Meneghetti,
Gianpiero Michielin, Vittorio Janna,
Gino Zanatta
Registrazione Tribunale
Treviso n. 911 del 27 maggio 1993
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Internet: www.bancadellamarca.it · e-mail: [email protected]
EDITORIALE
E proprio questo la mette oggi nelle
migliori condizioni per svolgere
nel prossimo futuro la sua attività che
la qualifica come punto di riferimento
per la sua gente e le piccole e medie
imprese, in un contesto di globalizzazione
che ha paradossalmente rilanciato
con forza l’economia territoriale.
L’inserimento profondo nel contesto sociale
ed economico nel suo ambito d’azione
inoltre, la mette nelle condizioni di avere
grandi opportunità come: un minor costo
rispetto alle altre Banche nella conoscenza
della clientela sia sotto l’aspetto della
rilevazione della soddisfazione del cliente
che sotto quello dell’analisi delle rischiosità,
un minor tasso di sofferenze essendo alta
la sensibilità dei suoi interlocutori
all’eventuale sanzione morale in cui
incappano gli insolventi, la familiarità del
rapporto con i propri clienti per non parlare
poi dell’apprezzamento ottenuto per
il sostegno alla dimensione sociale assicurato
alla zona di sua competenza.
Nonostante ciò non sarà comunque così
agevole e privo di ostacoli vincere le sfide
del futuro nella stagione della
globalizzazione; gli stravolgimenti repentini
di regole e di metodologie, le influenze
sempre più incisive di avvenimenti di
dimensione planetaria e la velocità delle
informazioni, impongo già da tempo
continui cambi di strategie e veloci
acquisizioni di sempre nuovi strumenti per
essere al passo con i tempi.
Per la Banca di Credito Cooperativo però,
oltre a tutto questo sarà di estrema
importanza mantenere una dimensione
idonea evitando il rischio che una crescita
non oculatamente equilibrata possa
annacquare la sua identità fino al punto da
perdere la fisionomia di azienda che
coniuga in maniera virtuosa e vincente
economia e socialità.
Di grande sostegno sarà comunque quello
spirito non privo di utopia che ha sempre
animato le donne e gli uomini del Credito
Cooperativo, la loro forza è stata l’amore
per un’azienda molto diversa dalle imprese
convenzionali, una azienda nata dalla
creatività dei suoi costitutori e di tutti
coloro che l’hanno fatta vivere fino ad oggi;
un’azienda amata proprio per questa sua
singolarità e differenza! ...come dice
la pubblicità è «differente per forza»...
la forza dell’unità d’intenti delle Persone
che la sostengono.
dell’identità
La cooperativa in sé è un soggetto socio
economico del tutto particolare ed originale
che incarna due distinte dimensioni le quali,
seppur non in contrasto sono comunque
difficili da coniugare per le loro diverse
peculiarità: la prima è la dimensione di
soggetto operante nel mercato del quale
adotta necessariamente le logiche,
la seconda di ente impegnato in una azione
sociale che lo porta a creare valore i cui
beneficiari sono i Soci e la loro collettività.
Infatti la doppia dimensione di questa
azienda è proprio la caratteristica che
la rende impegnativa da governare ancor
più che da spiegare e, per altro, tutto ciò è
un tratto distintivo irrinunciabile per
mantenere il quale ogni sforzo è doveroso.
La difficoltà sta nel fatto che le, così dette,
due dimensioni devono realizzarsi in una
sostenibile proporzionalità in quanto: se
dominasse prepotentemente il codice di
mercato, allora la cooperativa diventerebbe
indistinguibile dagli altri soggetti
economici; contrariamente se fosse
esageratamente preminente il codice della
socialità allora la cooperativa verrebbe
rapidamente emarginata dal mercato stesso.
E se proprie delle cooperative in generale, a
maggior ragione queste riflessioni valgono
per la Banca di Credito Cooperativo ente
inserito in un contesto in continua
evoluzione sia sotto l’aspetto delle esigenze
di mercato che per ciò che attiene
le continue mutevoli caratteristiche dei
bisogni sociali dei suoi soci e della
collettività.
La sua nascita a fine ottocento è stata
motivata dall’esigenza di consentire alle
classi più indigenti di disporre di quei mezzi
che hanno permesso loro un definitivo
riscatto sociale ed economico. La sua
presenza nella prima parte del novecento
ha accompagnato una crescita progressiva e
sempre più inarrestabile, sapendo
aggiornarsi nell’essere interlocutore del
territorio sempre più autorevole, affidabile
e prezioso.
Nell’ultima parte del secolo scorso il Credito
Cooperativo ha saputo evolversi sia
nell’attività squisitamente economica, sia
nella pratica di concorrere al miglioramento
del contesto sociale con risultati
estremamente lusinghieri.
Facendo questo la Banca Cooperativa ha
creato un grande capitale relazionale, una
stima invidiabile ed una fisionomia che
nessuno può contenderle, di unico soggetto
che possa fregiarsi del nome di «Banca del
Territorio».
IMPEGNO NEL MANTENIMENTO
di Gianpiero Michielin, presidente
PRIMO PIANO
in
N OT I Z I E
BREVE
PER IL NOSTRO PERSONALE
TUTTI I CORSI DI FORMAZIONE
Molto spesso la nostra clientela si complimenta con
l’interessato o esterna con gli amici sinceri
apprezzamenti per la professionalità dei nostri
collaboratori. È un fatto che francamente
inorgoglisce l’interessato ed anche premia l’impegno
della Direzione a fornire continui momenti
d’aggiornamento professionale. Per dare un’idea di
quale sia lo sforzo ed i costi aziendali per permettere
ai collaboratori costanti periodi di formazione, si
riporta appresso un sintetico rendiconto delle ore
d’aula degli ultimi quattro anni:
Area
2004
2005
2006
2007
ore
8.028
8.128
7.729
8.866
Direzione amministrativa ore
1.538
2.356
2.37
2.297
Totale
9.566
10.484
10.103
11.163
Rete commerciale
ore
È da evidenziare poi che, negli ultimi anni, sono
state stipulate convenzioni con associazioni culturali
della zona che hanno permesso di incrementare le
ore di formazione fuori orario di lavoro.
CARTOON
CENT’ANNI DI VITA
4
INSIEME
CON FIDUCIA
I cartoni animati nel 2007 hanno spento cento
candeline. Sono infatti trascorsi cento anni da
quando nel 1907 il francese Emile Cohl, il cui vero
nome era Emile Courtet, proiettò il primo cartone
animato «Fantoche», nato dalla sua matita e
realizzato con la sua regia. Il disegno animato in
questo secolo di vita ha avuto uno sviluppo enorme
ed è stato reso celebre, in particolare, da Walt
Disney, il creatore di Topolino, Paperino, Biancaneve,
Bambi ed un’infinità di altri personaggi. Il più celebre
film d’animazione di Walt Disney rimane
«Biancaneve e i sette nani», uscito sugli schermi il
21 dicembre 1937 dopo un triennio di lavoro, un
milione e mezzo di budget e 250 mila disegni sui
trasparenti rodoid. Questo cartone animato ha avuto
otto riedizioni. Con l’avvento del computer, ed
emarginato il metodo tradizionale del disegno delle
singole immagini, l’animazione ha trovato spazi
sempre maggiori ed apprezzati dal pubblico.
Con l’arte dell’animazione è oggi possibile creare
veri e straordinari effetti speciali che, a volte,
integrano anche il cinema tradizionale.
IN VIALE DELLA REPUBBLICA
LA NUOVA FILIALE DI TREVISO
Alla presenza del presidente della provincia
dott. Leonardo Muraro e del pro-sindaco di Treviso
dott. Giancarlo Gentilini, è stata inaugurata la filiale
di Treviso in viale della Repubblica al n. 129,
la ventinovesima di Banca della Marca. Un’apertura
importante perché la presenza nel capoluogo della
provincia conferma la volontà di essere
principalmente, come anche il nome lo testimonia,
la Banca di credito cooperativo della provincia di
Treviso. La filiale si distingue dalle altre presenze
bancarie in città per aver pensato e creato
all’interno, vicino agli uffici, uno spazio accogliente
per gli altri: una sala convegni attrezzata a
disposizione gratuita della comunità locale per
incontri e riunioni, uno spazio in più per
l’associazionismo ed il volontariato, motore delle
nostre comunità.
Inoltre dal 1° febbraio è attivo Bancomat «Drive-in»
che permette agli utenti di effettuare le operazioni
allo sportello automatico, direttamente
dall’automobile, favorendo così rapidità e comodità
del servizio.
SPONSORIZZAZIONI
LIBRARIE
RITORNO ALLE TRADIZIONI
GIMKANA TRATTORISTICA
In occasione della sagra paesana, si è svolta nello
scorso mese di agosto a Nogarè di Crocetta del
Montello la ormai tradizionale gimkana trattoristica.
Questa speciale gimkana ha riscosso un notevole
successo grazie anche la disponibilità della ditta
Bolzonello rappresentante di macchine agricole.
GIORNATA DEL RISPARMIO
INCONTRO CON IL PRESIDENTE
NAPOLITANO
Il 31 ottobre, ormai da anni, ricorre la giornata
mondiale del risparmio ed in questa occasione
il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha
incontrato al Quirinale una rappresentanza del
Credito Cooperativo. L’incontro con il presidente
Napolitano è stato il riconoscimento di un valore
etico delle banche, come la nostra, che sanno
reinvestire il risparmio dove viene prodotto.
SOCI PER SOCI
NUOVO CATALOGO AGGIORNATO
Sarà quanto prima a disposizione dei nostri Soci
la seconda edizione del catalogo Soci per Soci.
La nuova pubblicazione, licenziata con un formato
più pratico e agevole, comprende l’elenco
aggiornato sulle attività commerciali dei Soci
convenzionati.
Con l’immancabile aiuto economico della nostra
Banca, sono state date alla stampa, e presentate di
recente, due pubblicazioni di interesse locale.
La prima è una ricerca storica, curata da Innocente
Azzalini e Giorgio Visentin (De Bastiani Editore), sulla
realizzazione della ferrovia Sacile-Vittorio Veneto,
costruita dall’esercito tedesco durante il periodo
dell’occupazione, durata dal dicembre 1917
all’ottobre 1918. Il libro tratta anche di altre opere
ferroviarie realizzate durante lo stesso periodo.
Il secondo volume è una raccolta di simpatiche rime
dal titolo ...e il cuore parlò – pensieri in libertà,
scritte anche nel dialetto locale, da Deni Modolini di
Cordignano, per far rivivere quella cordialità
che da sempre ha contraddistinto
le nostre comunità.
Si ricorda, con l’occasione, che è
ancora reperibile presso
la parrocchia San Martino e
la libreria Quartiere Latino
di Conegliano
la pubblicazione del nostro
compianto vice direttore
Mario Boccato dal titolo Pensieri
in rima. Gli incassi dalla vendita di questo
libro saranno integralmente devoluti per metà
alle missioni ed il rimanente all’Associazione Italiana
Lotta contro i tumori.
PRIMO PIANO
PUBBLICAZIONI LOCALI
PROGETTO FAMIGLIA
RESPONSABILIZZARE I GIOVANI
NELLO SPORT
Lo scorso 15 novembre, presso la sala consigliare del
Comune di Orsago, è stato organizzato un
convegno di particolare interesse per le famiglie con
figli giovani e per il mondo dello sport, sul tema
«Il rispetto delle regole nella vita come nello sport».
Quest’iniziativa, promossa nell’ambito del Progetto
Famiglia in collaborazione con il Cavolano Calcio e
l’Associazione Calcio Orsago, mirava a creare un
patto tra la famiglia e le società sportive.
Gli argomenti affrontati dagli esperti volevano far
riflettere sulle «co-responsabilità» educative della
famiglia e delle società sportive: un impegno
comune per accompagnare i giovani a diventare
adulti responsabili, anche attraverso lo sport.
La serata, che ha avuto come ospiti Stefano Gallini,
responsabile settori giovanili società di calcio, Paolo
Marin, allenatore e Marcella Bounous, esperta in
psicologia dello sport, ha visto una presenza assai
numerosa.
INSIEME
CON FIDUCIA
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LOGOPEDIA A SCUOLA
IL LINGUAGGIO DEI SEGNI
CALENDARIO MARCONIANO
DEDICATO ALLA CULTURA
DI MARCA
È divenuta ormai una tradizione la presentazione del
calendario marconiano a cura dell’Associazione
Radiantistica Trevigiana G.R.I. A.T. La presentazione
dell’edizione 2008, centrata sul tema «Radio e
Cultura di Marca», ha avuto luogo a Cordignano
il 1° dicembre scorso. Il momento più emozionante
dell’evento è stato il collegamento in video
conferenza via satellite con la forza armata italiana –
il 7° Reggimento Trasmissioni di Sacile – presente in
Libano in missione di pace. Il collegamento ha
permesso lo scambio dei saluti da parte di un
sottoufficiale, attualmente a Hariss (Libano), alla
moglie ed ai figli presenti al Teatro Francesconi di
Cordignano. La pubblicazione e l’evento sono stati
sostenuti da Banca della Marca.
CON BANCA DELLA MARCA
La classe quinta della scuola primaria di Villa di Villa
– frazione di Cordignano – ha previsto per l’anno
scolastico in corso l’insegnamento della Lingua
Italiana dei Segni, coinvolgendo gli alunni ed il corpo
docente. Il progetto è motivato dal fatto che tra
i banchi è presente anche un bambino non udente.
Era forte la volontà di tutti di poter comunicare con
lui attraverso il linguaggio dei segni. Si tratta di
un’iniziativa che ha altri esempi, sia pur rari, sul
territorio veneto e che impone di non abbandonare
altri percorsi per insegnare a questi bambini a
parlare. Il linguaggio dei segni (logopedia) costringe
il non udente al silenzio, ma nello stesso tempo lo
aiuta a comunicare e a socializzare, e quindi a
crescere, con una vita sufficientemente normale.
In ogni caso è davvero ammirevole lo sforzo e
la sensibilità che questa piccola struttura scolastica
ha saputo in concreto dimostrare.
PERSONALITÀ DELLA MARCA
IN CROCIERA SUL MEDITERRANEO IL VENERABILE
Banca della Marca propone dal 16 al 26 ottobre
GIUSEPPE TONIOLO
2008 (7 giorni feriali) una crociera sul Mediterraneo
per Soci, clienti, amici. Con la nave Costa Atlantica si
toccherà Napoli, Messina per proseguire poi per
Alessandria d’Egitto, l’isola di Cipro, Marmaris sulle
coste turche e, infine Santorini e Olimpia in Grecia.
Informazioni più dettagliate sono a disposizione
presso le nostre filiali.
6
INSIEME
CON FIDUCIA
Una delle figure di spicco del mondo cattolico a
cavallo tra ‘800 e ‘900 fu senz’altro il pievigino
Giuseppe Toniolo, nato a Treviso nel 1845, morto nel
1918; le spoglie mortali riposano nel duomo di Pieve
di Soligo. Si laureò in Giurisprudenza a Padova ove,
quale libero docente, insegnò economia politica per
poi trasferirsi e divenire professore ordinario
all’Università di Pisa. Il Toniolo, uomo di Azione
Cattolica, si interessò attivamente all’Opera dei
Congressi e, molto stimato dal Pontefice Leone XIII,
divenne il grande apostolo della Rerum Novarum.
Paolo VI nel 1971, con decreto di eroicità delle virtù,
lo rese venerabile; nello scorso mese di settembre,
come previsto nell’iter di beatificazione, il tribunale
diocesano di Vittorio Veneto ha iniziato ad esaminare
e raccogliere testimonianze su una guarigione
attribuita alla sua intercessione.
SOCIETÀ OGGI
UNA VACANZA ALTERNATIVA
VOLONTARIATO
in Ecuador
Vivere le proprie ferie estive o
una vacanza in un Paese in via di
sviluppo, trovando anche il modo
di fare del volontariato sociale in
un campo missione, non è propriamente una maniera per sentirsi più fortunati rispetto ad altri,
semmai è porsi nella condizione
di capire il senso della vita nella
sua dimensione più umana e consapevole, nella sua realtà più sofferente e cruda ma aperta alla
luce della speranza e della solidarietà.
È quanto hanno fatto l’estate
scorsa un decina di ragazzi della
nostra provincia – due dei quali,
Francesca Granzotto e Alberto
Papa, impiegati della Banca della
Marca – scegliendo di fare una
vacanza alternativa in Ecuador, in
una scuola di bambini e ragazzi
gestita dai padri Missionari della
Consolata.
Dopo aver frequentato un apposito corso di preparazione tenuto
dai Missionari di Vittorio Veneto,
il gruppo è giunto in luglio a
Guyaquil, la città più importante
del Paese dopo la capitale Quito.
Attualmente Guyaquil conta oltre
tre milioni di abitanti e rappresenta la meta per moltissime persone che dalla montagna e dalla
foresta qui emigrano in cerca di
fortuna e lavoro. Il centro cittadino è ben tenuto, con giardini e
parchi dai mille colori, con quartieri pieni di case e palazzi che denotano interventi di ristrutturazione avvenuti in anni recenti.
Mezz’ora di autobus e il gruppo
“ „
TRA I RAGAZZI
DI SCUOLA
NELLA CITTÀ
DI GUYAQUIL
INSIEME
CON FIDUCIA
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SOCIETÀ OGGI
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INSIEME
CON FIDUCIA
raggiunge «El Fortin» il quartiere
di periferia dove i padri missionari
hanno eretto la chiesa e la scuola.
Il paesaggio qui assume una connotazione diversa: una grande
vallata con case di canne e mattoni formate in gran parte da
un’unica stanza in cui vivono anche otto o dieci persone; l’acqua
è tenuta all’esterno in un bidone
e il letto per lo più è costituito da
un’amaca; le strade sterrate sono
popolate da bambini e da cani.
«La nostra vacanza si è sviluppata
qui – ci racconta Francesca – in
questa scuola grande e accogliente, curata nei particolari, un posto
dignitoso per gli oltre seicento
bambini impegnati in giornate di
studio, gioco e svago. Noi abbiamo alloggiato all’interno della
scuola, avevamo un letto, una cucina, un bagno dove fare la doccia e ci siamo sentiti dei privilegiati rispetto a tante famiglie che
vivevano fuori».
«Ci siamo subito abituati, come
fossimo stati a casa nostra – ci
racconta Alberto –.
Al mattino eravamo a scuola dando una mano agli insegnanti nelle
classi, nelle ricreazioni, o adope-
randoci in qualche lavoretto manuale. I pomeriggi erano animati
con canti, danza, basket, giochi
divertenti. I bambini erano sempre
numerosissimi. La gioia dei loro
volti, la loro felicità di giocare con
noi, di avere una nostra parola e
la nostra attenzione non potrà essere facilmente dimenticata».
La presenza dei ragazzi trevigiani
è stata, per se stessa, una festa
felice non solo per i molti bambini locali, ma anche per i molti
ecuadoregni. «La gente per strada ci salutava con un sorriso anche se non ci conosceva: scoprivamo umiltà, amore e speranza
nelle persone che incontravamo,
sentivamo la loro gratitudine».
Una esperienza unica, che certamente gioverà a tutti i componenti del gruppo per affrontare
con rinnovata serenità le difficoltà della nostra quotidianità,
seppure così diversa e lontana da
quella vissuta in Ecuador.
CREDERE E INVESTIRE
nei giovani
Il 2008 vede l’ultima riforma del
sistema previdenziale: dal 1992 al
2007 il modo di andare in
pensione è cambiato di molto, e
molto cambierà ancora visto che
l’Unione Europea preme per altri
cambiamenti.
Questo appena iniziato è anche
l’anno in cui il Servizio sanitario
nazionale compie trent’anni.
L’attuale sistema ha avuto origine
nel 1978 ad opera della Legge
833 che sottraeva gli ospedali alle
Opere pie, chiudeva le mutue dei
lavoratori e dava vita all’attuale
mondo delle ULSS nel Veneto e
alle ASL in Friuli. Un sistema
sanitario che nel 2008 impegnerà
7.783 milioni di euro nel Veneto
e 2.084 milioni in Friuli per
erogare servizi considerati di
buona qualità in ambito europeo.
Ma, almeno per quanto riguarda
il territorio veneto, quest’anno ci
saranno delle grosse novità in
due importanti settori sociali:
quello delle opere definite IPAB
(Istituzioni Pubbliche di Assistenza
e Beneficenza) e quello delle
politiche giovanili.
Per la prima, il 2008 pone una
domanda reale: si passerà dalle
IPAB alle Aziende pubbliche di
servizi alla persona? La Legge
328/2000, nota come legge
quadro sulle politiche sociali,
stabiliva tra l’altro la fine degli
IPAB. Questi istituti, eredi delle
storiche Congregazioni di carità,
poggiavano le loro radici nel
1890, con la legge Crispi che
li aveva pubblicizzati e
regolamentati; il fascismo li aveva
adeguati ai tempi mentre la
nascita delle Regioni nel 1970
SOCIETÀ OGGI
NEL SETTORE SOCIALE SI PREANNUNCIA UN ANNO DI GRANDI CAMBIAMENTI
“
10
INSIEME
CON FIDUCIA
Nel 2008 anche
servizi per anziani
e persone
non autosufficienti
li aveva consegnati alle politiche
sociali nascenti.
Di chi stiamo parlando? Parliamo
del «Cesana Malanotti» di
Vittorio Veneto, di «Casa Fenzi»
e dell’asilo «Umberto I» a
Conegliano, della casa di riposo
«F.lli Mozzetti» a Vazzola, degli
ISRA (Istituti riuniti per anziani) di
Treviso, del «Turazza» di Treviso,
della casa per anziani «Umberto I»
di Pordenone, dell’asilo
«Giovanni Giol» di Vigonovo di
Fontanafredda, della casa di
riposo di Pieve di Soligo,
del «Bon Bozzolla» di Soligo, ecc.:
un patrimonio di storia, di attività
assistenziali anche qualificate,
una rete di professionalità
impegnate nei servizi.
La Legge 328/2000 prevedeva
la trasformazione di queste
strutture in Aziende di servizi alla
persona. Le Regioni dovevano
normare tale passaggio. Il Friuli
Venezia Giulia già con la L.R.
19/2003 aveva avviato la
trasformazione delle proprie IPAB
in Aziende pubbliche di servizi
alla persona. Il Veneto si appresta
a farlo in questo inizio del 2008 e
sarà una bella sfida. Perché in
Veneto le IPAB trasformate
potrebbero veramente diventare
un soggetto imprenditoriale
straordinario, capace di porsi tra
il Comune ed i cittadini per
fornire servizi a tutto campo alla
popolazione, dai minori per
i quali mancano i nidi integrati,
agli anziani ed ai non
autosufficienti. Da semplice
soggetto dei Piani di zona ad
attore sociale nel settore dei
servizi alla persona: è un dibattito
che inizia e vede protagonisti
i Comuni, le IPAB in
trasformazione e le comunità
locali di cui le IPAB sono
patrimonio.
Una seconda novità riguarda
le nuove politiche «con» i giovani.
Questo infatti sarà anche l’anno
di rilancio delle politiche giovanili
locali. Nel panorama degli Stati
dell’Unione Europea siamo
l’unica realtà nazionale che non
ha una politica con i giovani.
Le battaglie intraprese dai
Comuni negli anni ’80 per
arrivare ad una legge nazionale
per la gioventù non ha dato
alcun risultato. Tuttavia, a livello
locale, c’è ancora chi crede nei
giovani e investe in tale risorsa.
Il Coneglianese, il Vittoriese,
il Pordenonese sono realtà
territoriali che hanno fatto, e
stanno facendo, la storia delle
politiche giovanili.
In tale contesto il Veneto – prima
regione italiana a realizzare con
la L.R. 29/1988 una norma
regionale per avviare politiche
autentiche con i giovani – si
appresta vent’anni dopo a varare
la legge di riforma di quella
norma per rilanciare, anche con
finanziamenti adeguati, il servizio
ed il protagonismo dei giovani
veneti.
Nel nostro territorio, Conegliano
ha il vanto di aver svolto un ruolo
anticipatore in questo settore con
il Progetto adolescenti (1982) e
il Progetto giovani (1985);
il sistema coneglianese è tuttora
una delle realtà più significative
del panorama regionale e
nazionale.
Oggi, in Veneto e Friuli, una rete
straordinaria di Informagiovani,
centinaia di Centri di
aggregazione giovanile, mille
esperienze associative,
imprenditoriali, professionali,
nate dentro i tanti percorsi della
creatività giovanile, e tanti
amministratori giovani entrati nei
Comuni con entusiasmo e voglia
di fare, sono solo alcuni elementi
di una stagione che deve essere
ripresa per mano nelle sue
caratteristiche fondanti: una
cultura della fiducia e della
reciprocità tra i giovani,
la comunità e le istituzioni.
Una sfida per la democrazia
regionale, per il rinnovamento
della politica e per dare
protagonismo sociale ai cittadini
di domani.
SERGIO DUGONE
TERRITORIO
UN FENOMENO IN ESTINZIONE
Il Graffiti Writing
Tra
trasgressione
e
forme d’arte
Cosa dire di questo fenomeno apparso a partire dagli anni novanta
anche nel nostro territorio e che
ha portato all’imbrattamento e
«spegassamento» di muri, monumenti, pareti di cemento, cavalcavia, sottopassaggi e treni ad
opera solitamente di adolescenti
dai 14 ai 20 anni, indicati oggi
con il termine di writers?
C’è chi ha definito tale fenomeno (chiamato Writing) una manifestazione artistico-espressiva,
conseguenza della globalizza zione e della mancanza di spazi
di espressività giovanile, un rituale urbano riconducibile all’HipHop, una cultura nata nelle comunità afroamericane e latine del
Bronx negli anni settanta. Altri invece hanno sostenuto che si trattava semplicemente di atti di
vandalismo connessi alla caduta
di valori, all’assenza di responsabilità e alla mancanza di senso
civico.
La questione rimane tuttora aperta anche se va registrato che il
fenomeno sembra aver perduto
in questi ultimi tempi la sua forza.
Appare comunque utile interrogarci sul Writing e sui diversi significati che gli stessi ragazzi at-
tribuiscono alla loro espressione
artistica.
Il significato più evidente sembra
essere legato ad un bisogno di
appartenenza, far parte di una
crew (gruppo di amici, uniti da
stima e rispetto reciproco, legati
dalla cultura hip-hop ma non
esclusivamente writers). Per altri il
fenomeno rappresenta semplicemente una delle forme possibili di
trasgressione ed emulazione,
mentre per altri ancora esso è
una vera e propria forma d’arte.
Alcuni sociologi sostengono che
la diffusione del Writing sia stata
fortemente alimentata dagli effetti dei mass media i quali, nel
rendere visibile a tutti la firma e
la creatività dei singoli writers,
hanno contribuito a far esistere e
a definire profili sociali anche virtuali.
Ma il Graffiti Writing non ha interessato soltanto i sociologi: verso la fine degli anni novanta, in
provincia di Treviso, si è assistito a
interventi dei Comuni e del le
forze dell’ordine impegnate –
con grande risalto della stampa
locale – ad affrontare gli effetti
dell’utilizzo degli spray da parte
di gruppi più o meno numerosi di
ragazzi (soprattutto maschi), somministrando contravvenzioni e
provvedimenti come la pulizia dei
muri da parte dei ragazzi stessi.
Tuttavia in quel periodo sono stati anche realizzati alcuni progetti
educativi che hanno offerto alle
crew la possibilità di sperimentarsi in spazi opportunamente dedicati (esempio significativo a Conegliano nel parcheggio di Via
Pittoni vicino alla Stazione ferroviaria, spazio concesso dalla Zanussi in accordo con il Progetto
12
INSIEME
CON FIDUCIA
giovani); in alcuni casi i ragazzi
sono stati invitati da cittadini o
commerciati ad effettuare veri e
propri lavori di abbellimento sulle
proprie case e o negozi (i ragazzi
della Cremeria).
Nato sulla scia della pittura murale (murales), il Writing si manifestò a Philadelphia nei tardi anni
sessanta e si sviluppò a New York
negli anni successivi fino a raggiungere una prima maturità
stilistica a metà degli anni ottanta. Arte anarchica per eccellenza,
diffusa in tutto il mondo, è considerata una manifestazione sociale, culturale e artistica basata
sull’espressione della propria
creatività, opportunamente firmata (tag). Oggi il Writing viene
spesso associato ad atti di vandalismo poiché numerosi adepti
utilizzano, come supporti espressivi, mezzi pubblici o edifici di interesse storico e artistico. Generalmente però i writers più vicini
ad un serio lavoro di ricerca artistica considerano tali attività deprecabili, dimostrando anche nella scelta del supporto per la pittura una maggiore responsabilità
e consapevolezza. Oltre a questo,
la differenza tra atti di vandalismo e il Writing è da ricercarsi
nelle motivazioni che spingono a
dipingere. Il fenomeno arriva con
tale impatto allo spettatore da
non poter esser frainteso: basti
pensare all’evidenza delle allusioni, spesso politiche e di protesta sociale. Il senso espressivo del
dipinto dovrebbe comunque esser evidente a chiunque: dietro
alle forme e all’evoluzione delle
lettere c’è un lungo studio, fatto
di bozze pre paratorie ispirate
all’arte classica, come prevede il
lavoro in studio di un qualsiasi
artista canonico.
Concludendo, possiamo affermare che il Graffiti Writing è una
moda o una tendenza che culturalmente non ci appartiene e che
rimane comunque circoscritta alle
aree tipicamente urbane delle
grandi città. Questo non ci deve
impedire di interrogarci sui diversi
modi con quali oggi ragazzi e
adolescenti utilizzano per comunicare.
C’è chi sostiene che l’indebolimento del fenomeno writers sia
anche causato dallo sviluppo dei
nuovi sistemi tecnologici e di comunicazione (new media) quali
internet e i telefonini, che permettono forme e modalità di comunicazione innovative, ma che
evo cano i bisogni tra dizionali
degli adolescenti di appartenere,
esprimersi e stare in relazione. I
critici definiscono i new media
«protesi relazionali» che spesso
rischiano di rendere virtuali e non
reali le relazioni umane. E poiché
non è possibile fermare l’evoluzione tecnologica, diviene più che
mai necessario dedicare la massima attenzione allo sviluppo delle
capacità critiche degli adulti, alla
loro educazione e responsabilità,
quali modelli positivi di riferimento alle giovani generazioni.
WILLY MAZZER
operatore sociale
TERRITORIO
PROPOSTE ECONOMICHE L’ESEMPIO DELLA NOSTRA BANCA
IL RISPARMIO ENERGETICO
è possibile
Da oltre un anno Banca della
Marca offre a Soci e a clienti l’opportunità di una sinergia nel l’investire in tecnologie avanzate
per un effettivo risparmio energetico. Per essere ancora più concreta, la nostra Banca ha scelto di
mettere direttamente in pratica
quanto andava a proporre con
due scelte diverse.
La prima, attuata già qualche
mese addietro, è stata quella di
fondare a Fregona, unitamente a
dodici aziende agricole, la
«Cooperativa Energia e Ambiente», che si propone di difendere
l’ambiente e di produrre energie
alternative ed eco compatibili fornendo al Comune la materia prima per la centrale ivi esistente. In
pratica, utilizzando il materiale ricavato dalle potature, dalla
manutenzione degli argini e degli
alvei dei fiumi e dei torrenti, dalla
pu lizia dei boschi, la nuova
cooperativa mira alla produzione
ed alla commercializzazione
dell’energia da biomasse.
In questi giorni, ed è la seconda
iniziativa concreta, sono in corso
TERRITORIO
14
INSIEME
CON FIDUCIA
di installazione e di avvio due
impianti solari fotovoltaici, connessi alla rete, uno presso la sede
della nostra Banca a Orsago ed
uno presso la sede distaccata di
Santa Lucia di Piave. Un sistema
che garantisce il 100% di energia
pulita ed inesauribile.
Con questi impianti il contributo
al rispetto dell’ambiente è davvero consistente in quanto non
c’è emissione di anidride carbonica: il gas, che è il principale responsabile dell’effetto serra, viene associato a tutte le altre tipologie tradizionali di produzione di
energia.
L’installazione di fonti energetiche rinnovabili, che in questo
momento stanno vivendo una
stagione di grande sviluppo a livello mondiale, diviene un obiettivo primario a causa dell’esaurirsi
delle scorte di combustibili fossili
tradizionali ed al conseguente
sempre maggior peso che la voce
ha nella bilancia energetica.
Benché sia piuttosto arduo arrivare in tempi brevi alla sostituzione
degli impianti tradizionali, non si
deve tuttavia recedere dal promuovere un’integrazione attraverso le diverse fonti rinnovabili
per creare in tempi graduali una
reale alternativa. Con la Direttiva
Europea 2001/77/CE viene data
la possibilità alle imprese ed ai
cittadini di usufruire di finanziamenti in conto energia. Gli incentivi per la costruzione di impianti
fotovoltaici per produrre elettricità vengono erogati quindi non in
conto capitale, ma con una tariffa incentivante per kWh di energia elettrica prodotta dall’im pianto; tutto questo consente di
ammortizzare in breve tempo il
costo dell’installazione.
Con l’approvazione della nuova
versione del decreto legge 19
febbraio 2007 sono state modificate le taglie degli impianti e gli
incentivi. L’entità del contributo
varia a seconda dell’impatto ambientale dell’impianto, mirando a
premiare maggiormente quelli
che più si conciliano con la realtà
esistente e che sono così sintetizzabili:
Potenza
installata
Impianti
«non integrati»
Impianti
«parzialmente
integrati»
Impianti
«integrati»
Per quanto
tempo
Da 1 kWp a 3 kWp
0,40 euro per kWh
0,44 euro per kWh
0,49 euro per kWh
20 anni
Da 3 kWp a 20 kWp
0,38 euro per kWh
0,42 euro per kWh
0,46 euro per kWh
20 anni
Maggiore di 20 kWp
0,36 euro per kWh
0,40 euro per kWh
0,44 euro per kWh
20 anni
I moduli fotovoltaici hanno una
garanzia sull’efficienza del 90%
dopo 10 anni e dell’80% dopo
25 anni. Gli impianti sono a ridottissima manutenzione ed
hanno una «vita» superiore ai 30
anni.
Gli impianti scelti dalla nostra
Banca per le due sedi sono del
tipo in silicio policristallino; saranno installati ricercando, per
una resa maggiore, il giusto
orientamento (inclinazione ed assenza di ombreggiamento) sui
tetti degli edifici. Avranno le
seguenti dimensioni: per Orsago
circa 125 m2 con una potenza nominale di 18 kWp, e per Santa
Lucia di Piave 41 m2 con una potenza nominale di 5,98 kWp.
Prendendo come riferimento un
impianto da un kW di potenza
nominale è possibile stimare per
la nostra regione, che è a settentrione, una produzione media di
1.150 kWh/anno. L’investimento
è consistente in quanto, per entrambi gli impianti, il costo supera i 150.000 euro; si conta comunque in un rientro nei dieci/undici anni previsti.
MARIO MENEGHETTI
L’adesione alla «Cooperativa
Energia e Ambiente»
è sempre possibile.
Per avere le informazioni
contattare il presidente
sig. Costantino Dal Cin
(cell. 328.7140505)
o il segretario
dott. Marco Golfetto
(cell. 335.1093752).
TERRITORIO
Biodiversità
PASSATO O FUTURO?
UNA RICERCA
SUL TERRITORIO
PER IL RECUPERO DELLE
ANTICHE PRODUZIONI
AGRICOLE
Migliaia di anni di evoluzione
hanno portato non solo l’uomo
ma anche il mondo vegetale ed
animale a differenziarsi in
funzione del clima e delle
condizioni ambientali. Ma l’uomo
ha fatto di più, negli anni ha
selezionato sia le razze animali
ma soprattutto le varietà vegetali
(cereali, fruttiferi, etc..) che più
rispondevano alle sue esigenze
nutrizionali. La diversificazione
della specie quindi come difesa
per la sopravvivenza quotidiana.
Il mondo agricolo ha sempre
avuto come obiettivo primario la
lotta contro la fame, che doveva
essere combattuta e si sono
utilizzate, come in una qualsiasi
«guerra», tecniche di difesa e di
attacco. Di «difesa» escogitando
modi per conservare più a lungo
il cibo (sale, olio, ecc.) e di
«attacco» selezionando specie
per protrarre i tempi di
maturazione e raccolta delle
piante o frutti in modo da
dilazionare nel tempo la loro
presenza nell’alimentazione.
Nel Medioevo si coltivavano ad
esempio cereali diversi, centinaia
di specie orticole e decine di
specie animali, perché su questa
biodiversità si imperniava
il sistema di autodifesa delle civiltà
contadine. Ma quando l’ottica del
profitto ha sostituito gli interessi
delle economie locali si è passati a
produrre in massa solo
determinate colture,
concentrando quindi la
produzione agricola solo su pochi
prodotti destinati al mercato
internazionale.
Solo adesso ci accorgiamo che
il solo settore agricolo ha perso
più di 300.000 specie vegetali,
TERRITORIO
16
INSIEME
CON FIDUCIA
Valorizzare
i vitigni
autoctoni
>>
>>
praticamente i ¾ delle diversità
genetiche delle colture agricole, e
solo ora scopriamo che le
«vecchie» varietà, oltre ad essere
più resistenti agli eventi climatici,
hanno anche sistemi di «difesa»
naturale da malattie e parassiti
perfezionati in migliaia di anni di
evoluzione, nonché proprietà
nutrizionali importantissime per
la prevenzione di innumerevoli
malattie. Ma la biodiversità può
essere anche un valore
economico ed una marcia in più
per il territorio. Ecco allora che
già da alcuni anni, l’attenzione
delle istituzioni e di alcuni
produttori si è concentrata nella
valorizzazione e nel recupero
(nelle nostre zone pedemontane)
dei vecchi vitigni autoctoni come
risorsa per difendere la
produzione vitivinicola nazionale,
vista anche la forte concorrenza
che interessa nei mercati
mondiali il commercio dei vini
detti «internazionali».
Il Veneto è una regione viticola di
antiche tradizioni con un ricco
patrimonio di varietà
«autoctone» tipiche di diversi
territori regionali e che sono
tuttora la base anche di vini
famosi soprattutto nelle province
di Verona e Treviso.
A conferma di quanto esposto,
se analizziamo i dati che sono
riportati nella tabella «la vite e
il vino» nella provincia di Treviso
del 1874 (stesa allora dal dottor
Angelo Vianello e dal dottor
Antonio Carpenè), possiamo
vedere quali erano i vitigni
predominanti e la superficie
vitata del distretto di Conegliano
e quello di Vittorio Veneto.
Inoltre osservando la variabilità
della presenza della
valorizzazione dei vitigni
autoctoni nelle diverse province
del Veneto, possiamo chiederci se
la sostituzione delle varietà locali
sia dovuta al loro scarso valore
commerciale, oppure a
motivazioni di carattere sociale o
colturale.
Analizzando tutte queste
caratteristiche, Veneto
Agricoltura sta svolgendo un
progetto assieme al CRA (Centro
di ricerca per la Viticoltura) di
Conegliano per dare un ulteriore
impulso alla salvaguardia ed alla
valorizzazione dei vecchi vitigni di
interesse regionale. La nostra
Banca, da sempre sensibile su
questo fronte, sta collaborando
assieme alla dottoressa Severina
Cancellier dell'Istituto Sperimentale
della viticoltura, in una vasta
azione su nostro territorio volta a
individuare e a catalogare questi
antichi vitigni, nella speranza che
la ricerca possa portare alla
conservazione di vecchie varietà,
in modo che esse diventino
domani un valore non solo
territoriale ma anche economico.
LUCIANO SOLDAN E ALBERTO DE NARDI
PET ENGINEERING
apre a Mosca
Non è una novità il fatto che l’industria trevigiana sia apprezzata
da tempo anche all’estero. Eppure la notizia che la PET Engineering di San Vendemiano – società
leader per il design e l’ingegnerizzazione di contenitori – ha aperto
l’estate scorsa una nuova sede nei
pressi di Mosca ha dato nuovo
vigore a tutto il mondo del lavoro
italiano, sconfessando coloro che
davano per moribondo il Made in
Italy.
La nascita della PET Engineering
Vostok ha assunto una doppia
valenza: da un lato ha rafforzato
l’immagine che l’azienda veneta
si era costruita nel corso di questi
anni e, dall’altra, ha acquistato
ulteriore peso sul mercato mon-
TERRITORIO
SOLUZIONI
COMPLETE
PER CONTENITORI
IN PET
diale, in particolare quello russo.
«L’apertura della sede russa – ci
riferisce Gianfranco Zoccatelli direttore della filiale – è la naturale
concretizzazione della filosofia
aziendale: dare vita a un approccio customer oriented, con cui
l’azienda segue da vicino il cliente fin dalle prime fasi di ogni
progetto, dalla scelta dei macchinari, ai pezzi di ricambio, all’ottimizzazione della produzione».
Presente già dal 2000 sul mercato russo, l’azienda annovera proprio in questa parte d’Europa i
suoi più importanti successi, iniziati con il settore delle bottiglie
di birra in PET; un successo strepitoso al punto che oggi si stima
che il 70% dei contenitori di birra del Paese siano ingegnerizzati
dall’azienda veneta. La Vostok di
Mosca potrà dunque consentire
una maggiore penetrazione nei
mercati dell’est europeo, trovando nuove importanti partnership,
oltre quelle che già in atto quali
SEGUE A PAGINA 20 >
gli studen
e
di Stu
dio
Bors
Anche quest’anno, come è
ormai consuetudine, è
avvenuta la premiazione dei
figli dei nostri Soci che più
lodevolmente si sono distinti
nel corso dei vari iter
scolastici.
È una iniziativa che vuole
essere uno stimolo per i
giovani a ricercare una
formazione sempre migliore
e nello stesso tempo un
incentivo ad affrontare lo
studio con il massimo
impegno.
Questi i premiati raggruppati
per istituto e corsi di laurea.
> Andrea Bit
Liceo Scientifico
> Elena Zanetti
Ist. Tecnico per il Turismo
> Serena Bredariol
Liceo Scientifico
> Serena Maria Merotto
Ist. Tecnico per il Turismo
> Roberta Fantuz
Liceo Scientifico
> Luana Piccin
Ist. Tecnico per il Turismo
> Gianluca Bubola
Liceo Scientifico
> Arianna Giol
Liceo Scientifico
> Federica Mian
I.T.S.C.
> Stefano Speranzon
Liceo Scientifico
> Sara Durante
I.T.S.C.
> Alberto Miotto
Liceo Scientifico
> Giulia Posocco
I.T.S.C.
> Fabio Perin
Liceo Scientifico
> Mauro Piazza
I.T.I.S.
> Luca Drusian
Liceo Scientifico
> Luca Tesser
I.T.I.S.
> Lucia Dozza
Liceo Linguistico
> Francesco Brisotto
I.T.I.G.
> Arianna Da Rios
Liceo Linguistico
> Luca Verardo
I.T.G.
> Alice Piovesana
Liceo Linguistico
> Ilaria Pedron
I.T.C.G.
> Debora Tonini
Liceo Linguistico
> Francesca Zanusso
I.T.C.G.
> Mirko Chiaradia
Liceo Linguistico
> Martina Zamai
I.T.C.G.
> Caterina Durante
Liceo Linguistico
> Chiara Moretto
I.T.C.G.
> Federica Fornasier
Liceo Linguistico
> Alessandra Grillo
Liceo Linguistico
> Francesca Cauz
I.P.S.S.A.R.
> Giorgia Dardengo
Liceo delle Scienze Sociali
> Silvia Miotto
Liceo delle Scienze Sociali
> Chiara De Carlo
Liceo Classico
> Margherita Leo
Liceo Classico
> Federica Bardini
Liceo Classico
> Alessandra Conte
Liceo Classico
> Elena Drusian
Liceo Classico
> Vanna Piazza
Liceo Classico
> Elisa Ferrari
Istituto Tecnico Agrario
> Riccardo Soldan
Istituto Tecnico Agrario
> Mattia Soldan
Istituto Tecnico Agrario
> Marco Bubola
Istituto Magistrale
> Silvia Artuso
Istituto Magistrale
> Daniela Carlet
Istituto Magistrale
> Giulia De Marchi
Istituto Magistrale
> Giulia De Pin
Istituto Magistrale
> Sabrina Gava
Istituto d’Arte
> Cristina Rossi
Istituto d’Arte
> Martina Esposito
Istituto Alberghiero
ti premiati
> Francesca Grillo
Laurea triennale in Scienze
Psicologiche della Personalità
e delle Relazioni Interpersonali
> Elisa Pederiva
Laurea Specialistica in
Scienze Internazionali
e Diplomatiche – Relazioni
Internazionali
> Ylenia Dal Bianco
Laurea Specialistica in
Istituzioni e Politiche dei Diritti
Umani e della Pace
> Luca Santin
Laurea in Ingegneria
Meccanica
> Giulio Lovat
Laurea in Ingegneria
Elettronica
> Simone Cipolotti
Laurea in Ingegneria Civile
> Anna Manfrin
Laurea in Ingegneria Civile
> Elisa Biz
Laurea in Igiene Dentale
> Omar Posocco
Laurea in Fisioterapia
> Carla Piazza
Laurea in Farmacia
> Pierluigi Moretta
Laurea in Economia
Internazionale
> Andrea Piovesana
Laurea in Economia e Gestione
Aziendale
> Stefania Dal Mas
Laurea Scientifica in
Progettazione e Produzione
delle Arti Visive
> Davide Bonotto
Laurea Ingegneria Meccanica
> Matteo Pagot
Laurea in Tecnologie Chimiche
per l’industria e per l’ambiente
> Nicoletta Ceolin
Laurea in Economia Aziendale
> Elisa Pianca
Laurea in Economia Aziendale
> Giulia Papes
Laurea in Scienze Psicologiche,
Cognitive e Psicobiologiche
> Alberto Bortolotto
Laurea in Economia Aziendale
> Piero Furlan
Laurea in Scienze Politiche
> Riccardo Bortolotto
Laurea in Economia Aziendale
> Fabrizio Dorigo
Laurea in Scienze e Tecnologie
Viticole ed Enologiche
> Cristina Coan
Laurea in Consumi,
Distribuzione Commerciale e
Comunicazione d’Impresa
> Andrea Miotto
Laurea in Scienze e Tecnologie
Viticole ed Enologiche
> Alberta Zamuner
Laurea in Consulente del
Lavoro Scienze dei Servizi
> Cinzia Spinazzè
Laurea in Scienze e Tecniche
dell’Interculturalità
Indirizzo Accoglienza
Cooperazione Internazionale
> Chiara Botteon
Laurea in Conservazione
dei Beni Culturali
> Guido Roma
Laurea in Biotecnologie
Sanitarie
> Simona Turbian
Laurea in Biologia Marina
Laurea in Architettura
> Eleonora Da Rios
Laurea in Scienze
dell’Educazione
> Giulia Buffon
Laurea in Relazioni Pubbliche
e Pubblicità
> Federico Covre
> Federica Varago
Laurea in Architettura
> Laura Tonon
Laurea in Relazioni Pubbliche
e Pubblicità
> Alessandra Zanatta
Laurea in Architettura
> Diego Salvadori
Laurea in Scienze e Tecnologie
Zootecniche e delle Produzioni
Animali
> Mirco Battistella
Laurea in Relazioni Pubbliche
e Pubblicità
> Claudia Breda
Laurea in Relazioni Pubbliche
e Pubblicità
> Michele Mion
Laurea in Lettere e Filosofia
> Elena Miotto
Laurea in Lettere e Filosofia
> Gemma Tramarollo
Laurea in Psicologia Sociale
> Serena Posocco
Laurea in Lettere e Filosofia
> Flavio Camatta
Laurea in Pianificazione della
Città e del Territorio
> Pamela Dorigo
Laurea in Lingue e Lettere
Straniere
> Allison Garlant
Laurea in Lingue e Lettere
Straniere
> Valentina Rizzi
Laurea in Lingue e Letterature
Moderne e Contemporanee
Occidentali
>>
Ricerca e design
come fattore
di sviluppo
<<
20
INSIEME
CON FIDUCIA
> CONTINUA DA PAGINA 17
Pepsi Russia, Baltika, Suninterbrew e altri.
Ma se alla Vostok sarà lasciato il
compito di seguire gli aspetti
commerciali, al quartier generale
di via Olivera a San Vendemiano
rimarrà quello di curare in prima
istanza gli aspetti della ricerca e
dello sviluppo di nuovi prodotti.
Anzi, proprio per potenziare questo importante settore, si sta pro-
gettando – come ci ha confermato il presidente della società Moreno Barel – un nuovo Centro
Tecnologico, sempre in provincia
di Treviso ma localizzato in una
po sizione più centrale, dotato
delle migliori strumentazioni in
commercio, e che rappresenterà
una delle realtà più evolute sia
per la ricerca sui materiali sia per
il design e lo sviluppo tecnico dei
contenitori.
L’azienda dunque continuerà a
crescere e a essere un punto di
riferimento del mercato e per
l’economia del territorio.
Nata nel 1999, l’azienda trevigiana ha capitalizzato l’esperienza ultradecennale del suo fondatore, Moreno Barel, definendo un
proprio ambito di intervento innovativo. Se infatti in precedenza
l’attività di design era vista come
un’appendice del lavoro dello
stampista, PET Engineering ha intuito che questa doveva avere un
suo valore autonomo e ha lanciato la prima azienda di questo settore, focalizzata non sull’attività
produttiva, ma sulle attività di
ricerca e sviluppo, di design e di
ingegnerizzazione. La scelta è
risultata vincente: in pochi anni,
infatti, PET Engineering si è affermata come una delle realtà più
dinamiche del settore, caratterizzata dalla forte vocazione internazionale e dall’at tenzione a
un’attività di ricerca d’eccellenza.
Oggi l’azienda di San Vendemiano conta un organico di venticinque persone cui si aggiunge
un’ampia rete di collaboratori e
agenti. Il suo percorso decennale,
fatto di progetti e di bottiglie, ha
toccato l’anno scorso un altro
traguardo importante: il progetto
della millesima bottiglia. Si tratta
di un contenitore da litro, realizzato per la società San Pellegrino,
facente parte del Gruppo Nestlè,
leader mondiale nel settore delle
acque minerali; è stato utilizzato
per commerciare l’acqua alla
menta, l’ultimo prodotto della società Vera. «Un traguardo – ci dice il presidente Moreno Barel –
che rappresenta per l’azienda un
punto di partenza più che di arrivo. Intendiamo con tinuare su
questa strada, migliorarci ulteriormente, stringere nuove collaborazioni con clienti internazionali e
creare contenitori sempre più in-
TERRITORIO
novativi». La millesima bottiglia
ideata in casa PET Engineering lascia alle spalle tutta una serie di altre bottiglie originali che, con il
tempo, hanno finito con identificarsi nel prodotto in esse contenuto. È il caso della Rivella, bevanda
simbolo della Svizzera, a base di
erbe e siero di latte, per la quale si
è addirittura creato un set di quattro contenitori, (dai 33 cl. al litro e
mezzo); dell’acqua minerale Lilia
degli stabilimenti di Rionero in
Vulture, quattro bottiglie (mezzo
litro, litro, litro e mezzo, due litri);
della limonata Bibat Tomarchio
(un litro e mezzo); della minerale
Henniez (75 cl.); dei succhi Santal
della Parmalat (litro); e naturalmente della InBev, il contenitore di
birra da cinque litri, la più grande
bottiglia in PET mai realizzata, dal
design curato e dalle ottime performance tecniche.
LA FESTA
dei Mamai
A MORIAGO
DELLA BATTAGLIA
OMAGGIO A
UN FILO D’ERBA
CHIAMATO
«LINO DELLE FATE»
Il regno vegetale è
indiscutibilmente una fonte di
bellezza, che sa ispirare ed
evocare sentimenti e stati d’animo
che in molti casi s’imprimono
nella nostra memoria in modo
indelebile. La maestosità di un
albero secolare, il profumo di un
fiore, i colori di un bosco in
autunno: chi non si è lasciato
rapire da tanta magia? Non è
quindi strano o difficile da
comprendere come un’intera
comunità, quella di Moriago della
Battaglia, abbia scelto di tributare
una festa ad un «filo d’erba».
Il filo d’erba in questione è la
Stipa pennata, comunemente
chiamata anche «lino delle fate»,
che a Moriago, ma anche
nell’intero Quartier del Piave,
prende il nome di «Mamai», un
appellativo che trova origine nel
dialetto locale (mamao) per
indicare il gatto o il suo morbido
pelo. La Stipa pennata, infatti, ha
il caratteristico aspetto di una
soffice e sinuosa piuma che, se
raccolta in mazzetti, appare come
una setosa pelliccia; ma i più
esperti, per accentuare questa
peculiarità, bagnano il pennacchio
nel latte di calce e lo fanno poi
asciugare al sole, ottenendone
risultati davvero notevoli.
I pennacchi di questa pianta
costituiscono da sempre un
elemento di decorazione per
le case dei moriaghesi (e non
solo) i quali, oltre ad accentuarne
la morbidezza con il latte di calce,
spesso li tingono con colori
naturali per valorizzarne
maggiormente la bellezza.
Il luogo principe della raccolta di
Mamai è l’Isola dei Morti, sul
greto del fiume Piave, dove tra
maggio e luglio fioriscono dando
vita a candide e morbide distese
nelle praterie golenali.
L’attenzione per questa pianta è
tra le tradizioni più antiche del
TERRITORIO
22
INSIEME
CON FIDUCIA
paese, tant’è che da sempre
la gente del posto la raccoglie per
portare un po’ di grazia nelle
proprie case. Per questa ragione
dal 1982 la Pro loco e
l’Amministrazione comunale di
Moriago della Battaglia danno
vita ad un festa che si svolge
solitamente ai primi di giugno
nell’Isola dei Morti. L’evento
richiama ogni anno una
moltitudine di persone che
dimostrano di apprezzare non
solo le proposte enologiche,
gastronomiche e musicali degli
organizzatori, ma anche le
qualificate iniziative culturali della
manifestazione che solitamente si
protrae per due fine settimana.
Oltre a piatti tipici, vini locali e
serate danzanti infatti sono
particolarmente seguite le
escursioni guidate a carattere
naturalistico, botanico e storico:
non va infatti dimenticato che
questo luogo – oltre ad essere
stato teatro di importanti eventi
nel corso della Grande Guerra –
ospita anche un giardino
botanico (con numerose varietà
di orchidee autoctone) e vanta un
ambiente naturale ricco di fauna
e specie floristiche. Immancabile
un banchetto, allestito dalle
signore della Pro loco, per
la vendita di mazzetti di Mamai e
di composizioni che vedono
il «lino delle fate» come elemento
decorativo.
La Stipa pennata appartiene alla
famiglia delle graminacee di cui
fanno parte specie che
normalmente non attirano
l’attenzione, ma il «lino delle
fate» fa eccezione: la resta
(il pennacchio) lunghissima,
candida e piumosa che avvolge
i frutti e offre un meraviglioso
spettacolo soprattutto quando
ondeggia al vento. Il nome
scientifico di questa pianta viene
dal greco che attribuisce alla
parola «stipa» il significato di
«materia setosa o piumosa».
Il fusto dei Mamai raggiunge i 60
cm di altezza, 30 dei quali
composti dal pennacchio, è
un’erba tipica delle steppe che ha
sviluppato particolari adattamenti
per sopravvivere in questi
ambienti inospitali; proviene
infatti dal Caucaso e da noi ha
trovato il suo habitat ideale nei
prati sassosi e nella aride grave
dei fiumi.
Al genere stipa appartengono un
centinaio di specie di erbe
perenni e, per quanto concerne
la Stipa pennata, va detto che
la resta che la caratterizza ha
proprietà igroscopiche, vale a dire
che si arriccia in ambiente
asciutto e si distende in presenza
di umidità. Moriago della
Battaglia ha il merito di averle
tributato un evento come
l’annuale Festa dei Mamai, ma
questa pianta cresce anche in
altre zone dove prende diversi
nomi: «capelli di san Venanzio»
(in Abruzzo), «pennina»
(in Toscana), «piumetti»
(in Piemonte e Val d’Aosta) ma
anche «erba steppa» e «capelli
della Madonna» in varie altre
regioni italiane.
INGRID FELTRIN
TERRITORIO
PROFUMI E COLORI
della primavera
A FARRA DI SOLIGO
FESTA DELL’ASPARAGO E DELLA FRAGOLA
Ogni primavera Col San Martino,
la pittoresca località nel comune
di Farra di Soligo, da ben 37 anni
festeggia due prodotti della sua
terra, la fragola e l’asparago.
L’evento è una vera delizia per i
palati, grazie alla capacità della
Pro loco di proporre sempre golose e stuzzicanti novità gastronomiche per la gioia sia di quanti
amano le dolci specialità a base
di fragola, sia degli estimatori dei
sofisticati piatti con asparagi. Va
inoltre riconosciuto agli organizzatori la capacità di abbinare la
promozione della cultura locale
con la buona tavola, proponendo
escursioni ai luoghi più significativi della zona: le torri dell’antico
castello di Credazzo, la chiesa di
san Lorenzo e la Villa Carragiani
Badoer in stile palladiano.
«La Natura volle che gli asparagi
fossero selvatici perché ciascuno
potesse raccoglierne» scriveva Plinio il Vecchio, dato che nella Roma imperiale gli asparagi coltivati
erano una prelibatezza riservata
esclusivamente ai patrizi; viceversa la plebe si doveva acconten-
INSIEME
CON FIDUCIA
23
>>
Tra relax
e cultura culinaria
TERRITORIO
tare di raccogliere quelli selvatici.
Ma i Romani non erano estimatori solo degli asparagi, infatti,
apprezzavano molto anche le
fragole che grazie al suo profumo
intenso chiamarono «fragrans». Il
dolce frutto veniva anticamente
consumato soprattutto nel periodo delle festività in onore di Adone: la leggenda infatti vuole che
alla morte di Adone le lacrime di
Venere, cadute a terra, si trasfor-
Quelli che
massero in piccoli cuori rossi (le
fragole).
Il passare dei secoli ha fortunatamente accresciuto la diffusione di
questi due prodotti rendendoli
meno elitari. In Pedemontana la
coltivazione di fragole ed asparagi sembra aver trovato particolare
fortuna e non potrebbe essere altrimenti vista la loro vocazione a
sposarsi magnificamente con il
Prosecco. A Col San Martino la
tradizionale festa ha saputo ampliare le sue proposte ai numerosi
visitatori, con eventi sportivi di
rilievo ma anche con mostre
d’arte, manifestazioni di musica e
danza e, grazie ad una proficua
collaborazione con la biblioteca
comunale, anche di serate dedicate alla buona lettura. I motivi
quindi per visitare la oramai storica rassegna solighese sono
davvero molti e vale davvero la
pena di non perdere la prossima
edizione.
INGRID FELTRIN
TRE CAMPIONI
NAZIONALI
DELLA BIRILLISTICA
CASUT
i birilli
24
INSIEME
CON FIDUCIA
Se il gioco dei birilli, tradizionale
passatempo della gente popolare, ripone le sue incerte origini
nella notte dei tempi (tracce di
questo gioco sono state rivenute
persino nelle tombe egizie) una
data di nascita, almeno in terra
trevigiana, ce l’ha per certa: siamo nel 1901 quando La Gazzetta
di Treviso ufficializzava le prime
gare tra squadre di città diverse.
Da qui alla creazione della prima
Federazione birillistica trevigiana
(1946) e al primo campionato
provinciale (1949) passerà molta
acqua sotto i ponti, ma lo spirito
competitivo di questo gioco, divenuto un vero e proprio sport
con regole ben determinate, non
verrà mai meno e, anzi, conquiste rà sempre più adepti. Oggi
veri e propri campionati si svolgono in molte regioni italiane; nel
Tre vigiano esistono addirittura
due gironi di serie A, due di B e
tre di C.
>>
Gioco antico
ma avvolto
da un fascino
tutto moderno
«Sport popolare ma povero, che
non gode del gran pubblico degli
stadi e delle arene – ci dice Luigi Favret – ma sicuramente non è meno
brillante e avvincente degli altri
sport nazionali. Noi non abbiamo
le grandi levate annuali dei giovani,
perché ai birilli si ci arriva col tempo, direi dopo il matrimonio, quando anche la maturità ha più tempo
per dedicarsi a questo sport». Luigi
Favret non è soltanto il pre si dente dell’Associazione Birillistica
Casut, sorta nel 1982 seguendo
l’esempio della compagine birillistica di Francenigo (Gaiarine),
nata qualche tempo prima; Favret
è anche il gestore della Bar Mexico, una trattoria tutta speciale
in quanto, a onta del nome esotico, offre piatti tipici della cucina
friulana e, quel che più meraviglia, possiede un campo di gioco di birilli nel posto ove, solitamente, dovrebbe trovarsi un normale campo di bocce. Qui infatti,
sul retro della trattoria, si sono
consumate le grandi passioni di
una squadra che dalla prossima
primavera si troverà ad affrontare
il campionato cadetto dopo aver
militato a lungo nella serie maggiore. Ma non sarà una tragedia
– come spesso avviene per il gioco del calcio – perché il pubblico
appassionato non mancherà e
soprattutto potrà ritrovare ancora
i suoi campioni locali, assurti lo
scorso anno al vertice alla notorietà nazionale dopo un serie di
incontri di selezione per il campionato nazionale.
Infatti, la scoperta più eclatante
che ci riserva questo sport, praticato in un minuscolo campetto
dietro una trattoria di campagna
che si disperde tra i confini veneto
friulani, è trovarvi dei campioni
nazionali, modesti quanto bravi,
che corrispondono alle persone di
Giuseppe Borsoi, campione nazionale del singolo 2007, e la coppia Lauretto Pessotto/Lino Bressan
campioni nazionali per la coppia.
Ma dove e come si gioca ai birilli? Luigi Favret ci mostra il campo
di gioco, un rettangolo coperto
largo tre metri e mezzo per una
lunghezza di diciotto, al termine
del quale si trova un cavalletto di
ferro a forma di T rovesciata dove
vengono collocati nove birilli. Il
giocatore deve colpire con una
piastra di ferro temperato (dal
peso di 330 grammi) e da una
distanza di tredici metri, il maggior numero di birilli nei dieci tiri
che egli ha a sua disposizione.
I birilli sono di colore diverso: sette sono gialli di cui cinque posti
sul cavalletto in maniera frontale,
uno verde e un altro rosso collocati rispettivamente sul fondo del
INSIEME
CON FIDUCIA
anziani
I NOSTRI
in malga
R A C C O N T A N O
LE GITE E LE VACANZE
TERRITORIO
26
cavalletto. Il conteggio dei punti è
ovviamente determinato dal numero e colore di birilli abbattuti:
se buttati giù singolarmente i gialli
valgono un punto, il rosso nove e
il verde sei, ma il punteggio varia
a seconda quantità e del colore
dei birilli abbattuti. «Più difficile a
dire che a farsi – ci dice Favret –
perché basta assistere a una sola
delle nostre partite per entrare
nella dinamica di questo sport nel
quale molto spesso il risultato
dell’incontro rimane in sospeso
fino all’ultimo lancio, legato all’abilità ma anche alla presenza di
spi rito del giocatore. Questo
comporta nei nostri atleti – come
ci spiega meglio – anche un logorio atletico che viene superato
con un lungo allenamento in modo da ottenere una alta concentrazione anche in fase di stanchezza».
Le sue appassionate parole sembrano quasi rievocare la tensione
che pervade nel gioco del calcio
(nel tifoso come nel calciatore) al
momento di tirare i calci di rigore
alla fine di una estenuante partita; e, se non è la stessa, certamente è una sensazione del tutto
simile, perché unica è la passione
che muove lo sport quando viene
vissuto nella più autentica delle
sue molteplici espressioni. Ci informa ancora Fa vret che una
squadra birillistica si compone di
otto giocatori: sei scendono in
campo (per disputare la gara del
singolo, della coppia e della terna) e due sono di riserva e possono prendere il posto di un compagno che si infortuni o che decida che questa non è proprio la
giornata giusta». I due capitani
fungono anche da arbitri. Ora veramente non resta che trovare
l’occasione per incontrare questo
gioco, conoscerlo e praticarlo anche solo per svago e divertimento, scoprendo subito che non è
poi tanto facile abbattere dei
semplici birilli.
Siamo nella stagione della neve, delle settimane
bianche e con la memoria, per i non più giovanissimi,
è facile riandare alla fanciullezza quando le vacanze e
le gite erano spesso un sogno proibito, qualche volta
sopperito con alternative o soluzioni caserecce. Allora,
quelli che potevano dirsi più fortunati, si godevano
le vacanze estive, una settimana o poco più, su per
le nostre colline, quelle che dalla pianura portano in
Cansiglio o sul Pizzoc, a fianco del malgaro al quale si
rendevano utili aiutandolo a fare il formaggio al
mattino presto, accompagnando al pascolo le bestie,
coadiuvandolo per fare il fieno o la legna.
Questi montanari erano abituati, forse più per
mancanza di alternative che per virtù, ad essere
taciturni, silenziosi e divenivano loquaci solo di rado,
in particolare quando avevano da vicino un bimbo
curioso.
Il giovane vacanziere scopriva piano piano la fortuna e
la ricchezza di quella vacanza, la gioia di aver potuto
parlare con un personaggio saggio, ricco di sapienza
antica, conoscitore dei mille misteri e segreti della
montagna, uno che non era andato a scuola ma che
aveva un’infinità di esperienze da trasmettere.
I malgari erano persone che avevano vissuto in diretta
l’ultima guerra, visto con i loro occhi i rastrellamenti
tedeschi e convissuto con i partigiani. Uomini che ben
sapevano discernere le cose giuste da quelle non
buone e trasmettere i valori importanti della vita,
uomini che nonostante la vita grama sapevano
accontentarsi ed essere felici.
Su quelle montagne anch’io andavo in gita col papà, a
piedi, lungo i sentieri in primavera per accompagnare
le poche pecore di famiglia a monticare nel Follador ed
in autunno a riprenderle se tutto era andato bene.
Era sempre una festa salire alle malghe anche se
il percorso era lungo e faticoso. Gratificava
immensamente lo splendido panorama della pianura
che, man mano si saliva, si estendeva fino a
raggiungere, nelle giornate più limpide, il mare, i colli
Euganei, le montagne del Friuli e dell’Istria.
Sul sentiero si incontravano poche persone, a volte
conosciute ed altre no, il saluto non mancava mai e
c’era il tempo per prendere fiato ed anche per fare due
parole.
A seconda della stagione si raccoglievano lungo
il percorso i frutti di bosco: fragole, lamponi, more,
nocciole, noci, funghi, bacche ed altro ancora.
Il papà aveva sopra Val Boèr, vicino alla Malorìa,
il «conpare» Nadàlin Cibàn, scapolo incallito che da
sempre faceva il malgaro. All’arrivo, ci accoglieva con
tanta simpatia e gioia; ci era grati della visita che
interrompeva un lungo periodo di solitudine e
apprezzava molto fare una fumatina con tabacco
fresco ed il poter finalmente bere un buon bicchiere di
vino, vivanda che ormai da tempo mancava dalla sua
tavola. Il pranzo che ci offriva era sempre
molto frugale e il piatto fisso era la puina, la ricotta
affumicata di sua produzione.
All’inizio dell’autunno ritornavamo in collina per
la raccolta delle nocciole selvatiche dai cespugli che
fiancheggiavano i sentieri o i muretti a secco divisori
delle proprietà. Si andava con lo zaino e lo si riempiva
perché sapevamo che l’inverno era lungo.
Se si sbagliava sentiero e si attraversava un prato per
riprendere quello giusto si trovava sicuramente
qualcuno che ti gridava: «élo par là ‘l troi?» (è di lì che
si passa?) perché l’erba era una risorsa indispensabile e
sempre scarsa, come l’acqua. Era prassi per questi
eremiti, finito di falciare i prati, inginocchiarsi per terra,
ore e ore, e passare con il falcetto in mano attorno ai
sassi per raccogliere anche i pochi ciuffi d’erba rimasti.
Noi oggi guardiamo da lontano, indifferenti le nostre
colline, a volte ci passiamo di fretta, in autunno ci
addentriamo per andare a funghi e non ci accorgiamo
che anche questi lembi di storia locale hanno subito
negli ultimi decenni il logorio dei tempi moderni e, in
alcune zone, l’appetito di coloro che anche dalle pietre
ricavano denaro.
Il bosco ha cancellato i prati e le zone da pascolo, salvo
qualche piccola area tenuta pulita dai cacciatori, i rovi
nascono dappertutto, i muretti a secco franano e
scompaiono, sono spariti quasi tutti i sentieri e quei
pochi che sono rimasti percorribili devono ringraziare
qualche associazione di volontariato. Le casere sono
abbandonate e non ci sono più quei personaggi che
un tempo le popolavano, gente abituata agli stenti ed
al sacrificio, malgari con famiglia o, più spesso, scapoli,
che si adattavano per mesi ad avere per giaciglio
il fieno e per amici un cane, le mucche o il gregge di
pecore.
Sono figure che sembrano lontane ormai secoli e che
invece sono scomparse da poco e che con loro si sono
portate via uno spirito di adattamento, una saggezza,
un saper vivere anche in condizioni difficili e solitarie
che oggi non sappiamo più, non dico apprezzare,
nemmeno capire perché lo stordimento e la frenesia
dei tempi attuali ci hanno reso tutti bendati ed
attaccati solo a quello che non avevamo quando siamo
nati e che lasceremo comunque qui ad altri.
Che litigheranno per averlo.
Mario Meneghetti
INSIEME
CON FIDUCIA
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INSIEME
CON FIDUCIA
Auguste
Rodin
SCULTORE CONTESTATO
MA IMMORTALE
Augusto Rodin nasce nel 1840 in
rue Mouffetard (Faubourg Saint
Médard) a Parigi, muore, sempre
a Parigi, nel 1917. Il padre,
J. Baptiste impiegato di terzo ordine
alla prefettura di polizia, rimasto
vedovo sposa Marie Cheffer,
lorenese e ha due figli: Marie e
Auguste. La figlia avrà il talento
della scrittura, ma muore molto
giovane. Il maschio erediterà
dalla famiglia della madre quella
del disegno e della scultura.
La famiglia era povera, i pasti
erano frugali, il vestire modesto.
L’operaio e il piccolo impiegato
lavoravano dieci ore al giorno e
dodici mesi all’anno, con una
breve vacanza a Natale, a Pasqua
e a Ferragosto, e qualche gita al
Bois de Boulogne in estate.
Subito il ragazzo mostra una
spiccata propensione per
il disegno e la modellatura della
creta. Viene avviato alla Petite
Ecole, scuola d’arte parigina,
dotata di maestri di valore, che
accoglieva i giovani sprovvisti di
mezzi e li avviava verso un
artigianato di eccellenza: qui sul
versante della scultura il giovane
Rodin dimostrerà presto doti non
comuni.
A diciannove anni, al termine del
triennio, i suoi insegnanti lo
ritengono maturo a entrare nella
prestigiosa Ecole de Beaux Arts,
La Musa, 1896 circa, Londra, Tate Gallery
STORIA E ARTE
Il pensatore, 1880, Parigi, Musée Rodin
“
A 90 ANNI DALLA MORTE
riservata tramite concorso ai
giovani meritevoli. Ma a sorpresa,
Rodin viene respinto: «il suo
modo grossolano di modellare e
scolpire», le sue semplificazioni
vengono ritenute segni
d’ignoranza e di impotenza.
Gli aspetti del suo agire, bollati
dai maestri raffinati delle Belle
Arti, diventeranno, con il tempo,
le sue qualità, il suo marchio
distintivo.
Rifiutato e deluso dalla scuola,
Rodin si getta nel campo del
lavoro. Deve però rassegnarsi a
lavorare a giornata o a cottimo,
come scalpellino, al seguito di
architetti o scultori noti e ben
pagati. C’erano da rinnovare
facciate di palazzi, da decorare
portali e scalinate delle residenze
“ „
Questi lo considera un collega e
lo introduce nel rifacimento
monumentale della GrandPlace.
Nei momenti di pausa, egli riesce
anche a scolpire in proprio: affitta
uno stanzone che gli serve da
casa e da atelier. È il grande
momento del debutto in campo
artistico, con opere proprie. Qui
scolpisce: L’uomo dal naso rotto,
Mignon o la giovane dal cappello
a fiori, i busti del padre JeanBaptiste e di Père Eynard, un
sacerdote che lo ha aiutato nei
momenti difficili.
dei borghesi arricchiti, nonché
restaurare chiese, palazzi e
monumenti. Rodin viene assunto
da Carrière-Belleuse che ha
fiutato le sue capacità e se ne
serve per commissionargli
statuette, putti fregi ed altro, che
poi lui rivende agli antiquari
come proprie sculture, un vero e
proprio strozzinaggio. Durante
la guerra franco-prussiana, 187071, Rodin ha trent’anni, vive con
una donna semplice che lo aiuta,
gli fa da modella e gli dà anche
un figlio. Ridotto sul lastrico dalla
mancanza di commesse, fugge da
Parigi assediata e si rifugia, a
Bruxelles, dove per fortuna,
finisce il suo stato di miseria al
servizio altrui; perché trova
lo scultore Van Rasburg.
Il bacio, 1886, Parigi, Musée Rodin
Figura volante, 1890-1891, Parigi, Musée Rodin
Un’arte
percorsa
da un demone
creativo
E soprattutto scolpisce L’età del
bronzo, la sua prima grande
opera. La statua viene esposta a
Parigi, ma suscita l’invidia degli
artisti della capitale che lo
accusano di plagio, peggio
ancora di calco, fatto sul cadavere
di un giovane soldato morto.
Accusa feroce e vendicativa.
Ma il ministro dei beni culturali,
Antonin Proust, acquista la statua
per il Municipio di Parigi e
presenterà due altre statue che lo
scultore ha terminato nel
frattempo: il San Giovanni Battista
e l’Homme qui marche. Ormai
Rodin trova consensi presso
la gente; apre uno studio e ha
degli allievi, fra cui una giovane
donna, Camille Claudel: fra i due
nasce un amore tempestoso che
finirà male per la donna.
INSIEME
CON FIDUCIA
29
La mano di Dio, 1898 circa
STORIA E ARTE
30
INSIEME
CON FIDUCIA
In questo clima di fervore e di
ricerca della forma più consona
alla sua forte personalità,
lo scultore si rende conto che la
sua maturazione per tirare fuori
il meglio della sua arte, necessita
di un bagno nella grande scultura
rinascimentale italiana. Decide
allora di fare un viaggio di studio
in Italia: si reca prima a Firenze,
poi a Roma ed incontra le vestigia
dei grandi: su tutti predilige e si
ispira a Michelangelo.
Rientrando poi a Parigi, nel 1880
l’Accademia della Corte dei Conti
gli passa l’ordine di una porta
monumentale da realizzare in
bronzo. Rodin, ispirandosi alla
Porta del Paradiso di Ghiberti del
battistero fiorentino, agli affreschi
michelangioleschi della Cappella
Sistina, ma anche all’Inferno
dantesco e ad alcune poesie di
Baudelaire, intitola la sua:
La porta dell’Inferno. Vi lavora
per 20 anni, ma non la consegna,
perché l’opera rimane
incompiuta, pur essendo stata
una fucina creativa di alto
interesse per l’autore e per i suoi
allievi. Infatti, dalle figurine in
bassorilievo o altorilievo qui
scolpite egli trae ispirazione per
una serie di opere importanti che
avranno un successo duraturo.
Citiamo le note: Adamo ed Eva,
Le tre ombre, Il pensatore,
Il figliol prodigo, L’uomo che
cade, Il conte Ugolino, La bella
Elmiera, Il bacio, L’amore che
fugge, Paolo e Francesca, L’idolo
eterno.
A questo punto, siamo circa nel
1890, gli viene ordinato un
gruppo monumentale per la città
di Calais; esso avrebbe dovuto
ricordare l’assedio, la fame e
l’olocausto sacrificale di sei
volontari durante la Guerra dei
Cent’anni (1337-1453). La città,
in preda a una moria pestilenziale
per l’impossibilità dei cittadini di
rifornirsi di cibo ed acqua, ridotta
allo stremo dopo un anno di
assedio, fu salvata dal sacrificio di
sei borghesi, offertisi in ostaggio
al re inglese (1346-47), vincitore
e assediante, per essere sacrificati
al posto dei cittadini.
Il monumento si intitola infatti:
Les Bourgeois de Calais. Esso fu
inaugurato nel 1895, ma la
collocazione definitiva sulla
piazza avverrà solo nel 1924.
Infine il Balzac, statua che
anticipa nella forma possente e
drammatica i canoni
dell’espressionismo tedesco;
opera che, come tutti i lavori di
Rodin, avrà una storia travagliata
e sarà accompagnata da una
serie di laceranti dispute e
contestazioni perché rifiutata ed
esaltata da fazioni opposte della
cultura e della società.
Quest’opera, come tutte le altre,
sta a dimostrare la continua
mobilità dell’ispirazione rodiniana,
volta alla costante ricerca di nuovi
traguardi esecutivi e percorsa da
un dèmone creativo che spinge
avanti le forme e modifica
i canoni fissati dal gusto e dalla
storia dell’arte. In questa costante
effrazione delle regole, nella
contestazione del déjà vu, e nella
proiezione dell’artista verso
l’inconnu si situa la grande
lezione d’arte che Auguste Rodin
consegna al mondo al momento
della sua scomparsa, giusto
novant’anni fa.
LUIGI PIANCA
LA CHIESA
di San Giacomo
STORIA E ARTE
A BRUGNERA TRA STORIA, ARTE E FEDE
TRA DIVERSI BUONI LAVORI ANCHE UNA PALA DELL’ARNOSTI
La chiesa di San Giacomo maggiore a Brugnera, che
oggi si trova nel cimitero fuori le mura del vecchio
castello dei conti di Porcia e Brugnera (de extra oppidum), è stata la parrocchiale dal 1498, quando si
staccò dalla pieve di Francenigo, al 18 giugno 1840,
quando la parrocchiale fu trasferita nella chiesa di
San Nicolò (de intra oppidum), in origine cappella
gentilizia dello stesso maniero. La primitiva chiesa di
San Giacomo doveva esistere da prima del 1367 dal
momento che in quell’anno negli statuti di Brugnera
viene citata la «festa di San Giacomo»; la prima attestazione comunque risale al 17 agosto 1387,
quando in suo favore viene registrato un lascito di
dieci soldi.
L’edificio attuale è stato ricostruito tra il 1590 e il 28
settembre 1599 giorno della consacrazione da parte
del vescovo di Ceneda Leonardo Mocenigo (15991623); di quello precedente resta traccia nel notevole
affresco con San Bernardino benedicente che si staglia entro una cornice architettonica di ascendenza
ancora gotica, ma aperta alle nuove istanze rinascimentali date soprattutto dalla copia di angeli musicanti al vertice della finta archeggiatura; affresco
che richiama il San Vincenzo Ferreri dipinto nel 1481
per la chiesa di San Lorenzo a San Vito al Tagliamento da Andrea di Bertolotto, meglio conosciuto
come il Bellunello, dalla città di origine.
A parte questo affresco e una trecentesca acquasantiera, le numerose opere d’arte che abbelliscono la
chiesa sono testimonianza interessante delle tendenze e del gusto delle varie epoche che si sono
succedute.
La più importante è sicuramente la pala che in origine ornava l’altare maggiore, ma che ora è custodita
nella parrocchiale di San Nicolò; raffigura la Madonna col Bambino e i Santi Giacomo, Filippo e Cristoforo, dipinta all’inizio del terzo decennio del Cinquecento da Marcello Fogolino, certamente su commissione della potente famiglia dei Porcia.
La tardo cinquecentesca pala attuale dell’altare maggiore, raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi
Giovanni Battista, Bernardino da Siena e Francesco
d’Assisi, con tutta probabilità proviene dall’altare di
San Bernardino: infatti il santo che campeggia al
centro in abiti vescovili, identificato dubitativamente
come San Nicolò pur in assenza dell’attributo consueto delle tre sfere d’oro, presenta la mitria deposta
ai piedi a indicare il rifiuto della sede episcopale che
gli era stata proposta a più riprese, mentre il grande
STORIA E ARTE
libro che tiene con la destra vuol alludere alla regola
della Congregazione dei Fratelli dell’Osservanza, ispirata a quella primitiva di San Francesco.
Di notevole interesse la pala di San Carlo Borromeo e
i Santi Francesco d’Assisi e Lucia, presentata di recente come opera di un ignoto pittore veneto da
Stefano Aloisi; in realtà i caratteri tipologici con cui
vengono definite le figure dei santi, oltre alla data
del 1619 che si legge sul basamento sotto il piede di
San Carlo, accertano la paternità di Silvestro Arnosti
(Ceneda 1567-1636), che l’ha dipinta nella fase tarda
della sua produzione, dopo la grande tela con La
Messa di San Gregorio Magno della Pieve di Sant’Andrea di Bigonzo (1618) e la Madonna col Bambino e i
Santi Pietro e Paolo della chiesa di Marcador di Mel
(1620), ultima opera firmata e datata del pittore ce-
nedese che tra Piave e Livenza è stato un dignitoso
esponente della cultura figurativa tardo manierista,
particolarmente sensibile ai dettami controriformisti.
Altre opere custodite in chiesa, ma bisognose di un
restauro curativo, sono la settecentesca pala della
Madonna del Carmelo venerata dai Santi Giovanni
Battista, Francesco da Paola (?), Valentino, Caterina
d’Alessandria e Floriano, ma soprattutto le tele con
Sant’Antonio da Padova e la Madonna del rosario
dipinte intorno al 1870 da Amedeo Giuseppe De Lorenzi (Soligo 1816-1879), tutte opere di non trascurabile rilevanza artistica che concorrono a fare della
chiesa di San Giacomo un autentico sedimento di
storia, arte e fede.
GIORGIO MIES
IN VIAGGIO VERSO VIENNA
Papa Pio VI
PASSA PER LA MARCA
32
INSIEME
CON FIDUCIA
Vari documenti antichi
testimoniano il ruolo di strada di
grandi comunicazioni di massa
che l’Ongaresca venne
assumendo ancora prima del X
secolo e successivamente lungo
il corso di parecchi secoli, tanto
che neppure i «grandi» della
storia disdegnarono di tessere
talvolta le fila della loro
diplomazia internazionale lungo
il suo tracciato. Un nodo
importante della strada era
rappresentato dal famoso guado
sul Piave, detto di Lovadina, sul
quale confluiva da sempre
il traffico principale dal Nord al
Sud d’Italia. Solo con l’apertura
della settecentesca Règia strada
postale Maestra d’Italia (poi
denominata Pontebbana) fu
possibile evitare il guado grazie al
primo ponte stabile costruito in
legno sul Piave, ormai arginato,
in località Priula di Susegana.
Fino a quell’epoca, infatti,
risultava impossibile consolidare
ponti sul rabbioso fiume, quasi
privo di protezioni e spesso in
piena dilagante sulla pianura.
Durante il dominio veneto,
in occasione del transito di re o
importanti personaggi
il Governo di Venezia era solito
far allestire al passo di Lovadina
un «ponte di zatte» (zattere), con
parapetti abbastanza rialzati e
protetti. Quelle «zatte» altro non
erano che le barche recuperate
dai vari traghetti locali autorizzati,
fissate con le corde a distanza
ravvicinata per sostenere
il tavolato di calpestio. Su uno di
quei ponti improvvisati,
il pomeriggio del 12 marzo 1782
passò anche papa Pio VI (Angelo
Maria Braschi), protagonista di un
tempestoso pontificato (17751799), conclusosi tragicamente in
esilio. Era partito da Roma il 26
febbraio 1782 per incontrare a
Vienna l’imperatore Giuseppe II
(il cosiddetto «re Sagrestano»)
con lo scopo di convincere
il sovrano a desistere dal voler
distaccare il clero da Roma,
favorendo lo sviluppo della Chiesa
nazionale sul modello gallicano di
Luigi XIV.
Il percorso, da farsi naturalmente
in carrozza o in portantina, si
presentava pieno di difficoltà e di
incognite; per questo il papa
aveva pensato in un primo
momento di compierlo in
incognito sotto il nome di «abate
di San Giovanni in Laterano».
Ma poi non fu così. Lo storico
Angelo Marchesan scrive che
quel viaggio si tramutò in un
vasto e prolungato applauso al
papa da parte della popolazione,
accalcata dovunque, anche nei
nostri paesi, lungo le strade, sui
rami degli alberi e fino sopra
i tetti delle case, nelle piazze dove
transitava il corteo papale.
Ma anche nei punti di sosta per
il cambio dei cavalli o nelle chiese
dove era prevista una breve visita
del papa con adorazione
al «Santissimo esposto».
Da Treviso, dov’era stato accolto
dal vescovo Paolo Francesco
Giustiniani, il papa raggiunse
il guado di Lovadina verso
mezzogiorno scortato da due
compagnie di Dragoni a cavallo
con le sciabole sguainate.
Preceduto e seguito da varie
carrozze d’autorità, prelati e
procuratori pontifici, «passò
la Piave su un ponte di zatte»
appositamente costruito a
Lovadina dal governo di Venezia,
e «in mezzo ad un’enorme folla
di gente, fu ossequiato dal
vescovo di Ceneda Marco Zaguri.
Il papa appariva un «venerando
vecchio» di nobile aspetto,
affabile con tutti: «vestito di
bianco con la mozzetta rossa
sopra il rocchetto, croce d’oro al
petto, cappello rosso e zucchetto
bianco, bianche pure le calze ma
le scarpe rosse, listate al piede da
una croce d’oro ...».
Qui le Grave apparivano
letteralmente una immensa
marea di teste. Tra la folla
emozionata ed acclamante che
agitava «pezzuole» multicolori in
segno di saluto, è senza dubbio
presente anche il popolo di tante
nostre comunità cristiane da
Ponte Priula ad Orsago e Udine,
guidate dai loro parroci. Negli
archivi di alcune parrocchie sono
conservate larghe memorie che
riportano l’evento con
abbondanza di particolari,
incominciando da quella di Tezze
di Piave, la prima toccata dal
corteo papale, per non parlare di
Vazzola, San Vendemiano, ecc.
Tutto è poi diligentemente
segnato anche nel Libro delle
Parti dei Magnifici Consigli delle
Città di Conegliano e di Sacile.
L’archivio diocesano ne fa
memoria, per la verità, in forma
eccessivamente sobria, quasi
telegrafica.
Sulla via Ongaresca il papa
proseguì verso Conegliano dove
sostò circa un’ora «per mutar
cavalli». Qui Giacomo Contarini,
podestà e capitano di Conegliano,
colse l’occasione «per
complimentarlo e fargli ossequio,
davanti a grande folla di
popolani». Il corteo proseguì poi
per Sacile dove era predisposto
il riposo e la sosta notturna.
È ovvio che, per quanto
le cronache del tempo tacciano
sul particolare, per giungere a
Conegliano dovette passare per
Bocca di Strada nel territorio di
Santa Lucia e successivamente
per Orsago, essendo diretto a
Sacile e Udine prima di varcare
il confine.
Diverse lapidi commemorative
dell’avvenimento sono ancora
oggi presenti in chiese o sedi
civiche lungo il percorso da
Chioggia a Udine. Lo storico
Marchesan, riprendendo le note
del cancelliere del Comune di
Conegliano Francesco Maria
Malvolti (1725-1807), scrive che
i coneglianesi ne conservano
la memoria con questa epigrafe,
murata sul perduto arco di
San Sebastiano (del 1582) a
Monticella (sostituito dagli attuali
«piloni» dopo il 1918). Secondo il
Vital, la lapide venne invece posta
sull’arco di San Rocco (sec. XVII)
che esisteva in Borgo Madonna:
PIO VI PONT. MAX
VINDOBONAM Hac
TRANSUECTO IV Id. MARTIAS
CONEGLIANENSES Postere
MDCCLXXXII.
INNOCENTE SOLIGON
MUTUALITÀ
Marca Solidale
UNA SOCIETÀ DI SERVIZI
UN IMPEGNO
NEL MIGLIORARE
LE CONDIZIONI DEI SOCI
E CLIENTI
34
INSIEME
CON FIDUCIA
Come già ampiamente pubblicizzato, la Banca della Marca ha
promosso nello scorso aprile, con
propria iniziativa, la costituzione
di una Società di mutuo soccorso
denominata «Marca Solidale».
Questa nuova istituzione si configura come una Società senza finalità speculative e di lucro, con
un proprio bilancio e un proprio
Consiglio di amministrazione; essa è giuridicamente indipendente
dalla Banca della Marca, che risulta invece come Socio sostenitore. Il Consiglio di amministrazione ed il Comitato dei sindaci
di «Marca Solidale» sono costitui ti da persone facenti parte
delle strutture amministrative e
gestionali della Banca della Marca e da Soci esterni rappresentativi del territorio di riferimento.
Con questa iniziativa, la nostra
Ban ca dà organica attuazione
dell’articolo 2 del suo statuto dove è sancito l’impegno per il miglioramento delle condizioni dei
Soci e delle comunità in cui essi
risiedono. Infatti, il mutualismo
affiancato all’attività bancaria si
realizza nel rispondere concretamente alle esigenze dei Soci,
clienti, dipendenti della Banca
della Marca e alle loro famiglie,
fornendo loro un valido sostegno
“
MUTUALISMO
E ATTIVITÀ BANCARIE
PER RISOLVERE
„
CONCRETAMENTE
LE ESIGENZE
DELLE FAMIGLIE
nei momenti di difficoltà, quali la
malattia o l’infortunio, nonché
promuovendo l’aggregazione e la
crescita culturale e sociale.
La sua missione è pertanto quella
di perseguire l’eccellenza nella
gestione dell’erogazione dei servizi del Settore sanitario (in campo privatistico e come integrativo
al Servizio sanitario nazionale),
del Settore previdenziale e ricreativo, e nel dare piena soddisfazione ai propri Soci, ai collaboratori, ai dipendenti, alle istituzioni
ed alla comunità del territorio in
cui opera la nostra Banca.
A tutt’oggi, da un primo consuntivo, già si evidenzia un ottimo e
lusinghiero risultato. L’adesione a
«Marca Solidale» è stata massiccia ed immediata tanto da raggiungere in tre mesi oltre mille
ade sioni, grazie in gran parte
all’impegno profuso dalla Direzione e da tutta la struttura operativa della Banca che non si è risparmiata nel contattare e nel
coinvolgere tutta la clientela.
«Marca Solidale» opera infatti
usufruendo della struttura della
Banca e cioè gli sportelli delle sue
filiali che sono l’interfaccia principale con i Soci della nuova Società.
Visti i primi notevoli risultati delle
iscrizioni, il Consiglio di amministrazione di «Marca Solidale» ha
potuto promuovere immediatamente iniziative che vanno oltre
quelle previste formalmente dai
regolamenti della Società, come i
check up iniziali dell’analisi del
sangue gratuiti ed integrabili e lo
screening cardiologico a condizioni di estremo favore. Anche
queste iniziative sono state accolte subito con notevole interesse;
numerosissimi Soci hanno aderito
immediatamente. Sarà nostra cura, non appena avremo concluso
queste prime iniziative, promuoverne delle altre, in sintonia
soprattutto con le eventuali indicazioni e richieste dei Soci e delle
istituzioni.
Il Consiglio di amministrazione e
il Comitato dei sindaci di «Marca
Solidale», la Direzione ed il Personale della Banca della Marca,
sono tutti attivamente impegnati
con convinzione ed entusiasmo
nel promuovere e gestire le attività di questa nuova Società, ciascuno per le parti di propria competenza, assicurando un sicuro
futuro di iniziative e di interessante sviluppo.
È infatti nella mission di «Marca
Solidale» dare piena soddisfa zione ai propri «portatori di interesse» e cioè ai propri Soci, alla
Banca della Marca quale Socio
sostenitore, nonché alle istituzioni ed alla comunità di pertinenza promuovendo sempre
nuove iniziative coerenti con il
proprio statuto sociale.
ADRIANO CEOLIN
Presidente di «Marca Solidale»
Janna/Pn
tel. 0438.993212
[email protected]
La Società di Mutuo Soccorso nata
per favorire i propri iscritti in ambito
socio-sanitario · culturale
ricreativo · turistico
e di sostegno alla famiglia
Possono aderire Soci, clienti,
dipendenti di Banca della Marca
e relativi figli minorenni.
...e tu?
SOCIO
S O S T E NI TOR E
CHIEDI INFORMAZIONI
Il regolamento di adesione e l’elenco aggiornato delle strutture e delle prestazioni è disponibile presso le filiali di Banca della Marca. Il personale è a vostra disposizione per qualsiasi chiarimento ed informazione.
Io scelgo ‘solidale’