PON - Fondazione Ugo Bordoni

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Le reti Passive Optical Networks (PON)
La fibra ottica è già oggi ampiamente impiegata nella rete dorsale e nella MAN ma
nonostante i suoi indubbi vantaggi rispetto al doppino in rame stenta a diffondersi nella
rete di accesso. La ragione è dovuta al fatto che mentre la core network gode di un alto
livello di condivisione che permette di ottimizzare gli alti costi di installazione della fibra,
nell’Ultimo Miglio risulta più conveniente sfruttare l’ubiquità della rete in rame. Per questo
si tenta di trovare soluzioni che rendano economicamente sostenibile l’introduzione della
fibra in accesso su larga scala. Una soluzione interessante è l’introduzione delle PON,
che sono state ideate alla fine degli anni ‘80 nei BT Labs, ma che hanno trovato
applicazione solo oggi, a causa della maggior richiesta di banda dei servizi di nuova
generazione.
In questo capitolo si illustreranno i vati tipi di PON con particolare riferimento alle IEEE
EPON, alle FSAN/ITU-T GPON e alle WDM-PON.
1 Cos’è una PON
Una PON (Passive Optical Network) è una rete ottica, priva di elementi attivi nel
percorso da sorgente a destinazione e utilizzata di solito in configurazioni point-tomultipoint, . È costituita da un OLT (Optical Line Terminal) e da N ONU (Optical
Network Unit o ONT (Optical Network Termination) 1 . Il primo funziona da interfaccia
tra la PON e la rete di backbone, mentre le seconde da interfaccia con gli utenti. Rispetto
ad altre soluzioni la PON ha il vantaggio di minimizzare l’uso della fibra e il numero di
transceivers, senza utilizzare nessun switch attivo, ma solo uno splitter/accoppiatore
passivo, meno costoso e privo di esigenze di alimentazione. Questo elemento è in grado
di dividere la potenza di un segnale ottico proveniente da una fibra su più fibre e di
effettuare l’operazione inversa.
1
L’interfaccia tra rete e utenti prende il nome di ONT, quando si trova nella sede dell’utente, si chiama invece ONU
quando si trova in un armadio di distribuzione nelle vicinanze.
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In una PON la distanza tra Central Office (CO) e utenti può superare i 20 km. Sempre
nell’ottica di minimizzare i costi, è possibile impiegare un'unica fibra per la trasmissione
downstream e upstream utilizzando lunghezze d’onda distinte, per esempio si può usare la
seconda finestra in upstream e la terza in downstream. I valori usati di solito sono 1.310
nm in upstream e 1.490 nm in downstream..
La trasmissione bidirezionale è resa possibile dall’impiego di accoppiatori WWDM (Wide
WDM) 2 .
La fibra ottica utilizzata è di solito del tipo monomodale conforme allo Standard ITU-T
G.652. La massima distanza
raggiungibile è limitata dalle direttività dello splitter (in
genere 40-50 dB) e dalle sue perdite: Insertion Loss (tra 0.1 e 1dB) e Splitting Loss (per
il coupler 2x2 ideale 3dB).
Figura 1: PON che usano una singola fibraPer una PON sono possibili vari tipi di topologie point-to-multipoint
come per esempio, topologie ad albero, ad anello, a bus, o anche ad albero con ridondanza.
Figura 2: Topologie delle PON
2
Modulazione WDM con canali spaziati di più di 50nm.
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In una PON in direzione downstream i frame vengono distribuiti in modalità broadcast a
tutte le ONU. Ciascuna ONU prenderà solo i frame ad essa destinati. In direzione
upstream, invece, la condivisione del mezzo fisico viene realizzata con la multiplazione a
divisione di tempo (TDM). Ad ogni ONU viene associato un intervallo temporale per la
trasmissione, in base ad un algoritmo di allocazione. La suddivisione dei timeslot viene
effettuata dall’OLT.
La trasmissione nelle due direzioni è illustrata nelle figure che seguono.
Figura 3: trasmissione downstream
Figura 4: Trasmissione upstream
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Per il trasmettitore dell’OLT di solito si utilizza un laser DFB (Distributed Feedback)
mentre per le ONU dei più economici laser di Fabry-Perot. Il primo è caratterizzato da
uno spettro molto stretto, i secondi invece sono più economici ma emettono uno spettro a
larga banda.
2 Tipi di PON
Esistono principalmente tre standard di PON: BPON, GPON e EPON.
Le BPON (Broadband PON) sono state sviluppate attraverso il lavoro del consorzio
FSAN (Full-Service Access Network), nato nel 1995 su iniziativa di cinque centri di
ricerca dei maggiori operatori di telecomunicazioni (in particolare TILAB, all’epoca CSELT)
e di cui oggi fanno parte ben 15 operatori e 36 costruttori di apparati o chipset
(http://www.fsanweb.org).
Le BPON utilizzano ATM come protocollo di trasporto. Sono previsti bit-rate in upstream
compresi tra 155.52 Mbps e 622.08 Mbps e in downstream tra 155.52 Mbps e 1244.16, in
combinazioni simmetriche e asimmetriche.
In direzione downstream l’OLT trasmette, in modo continuo e in modalità broadcast, celle
ATM o celle PLOAMd (Physical Layer Operation Administration Maintenance
downstream). Una cella ATM ha una lunghezza fissa di 53 byte, 48 di payload e 5 di
header, che comprende:
virtual channel identifier (VCI)
virtual path identifier (VPI)
payload type (PT)
cell loss priority (CLP)
header error control (HEC)
Una cella PLOAMd contiene:
il PLOAM
l’allocazione dei timeslot alle ONU
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Viene inviata una cella PLOAM ogni 27 celle ATM.
In direzione upstream ogni ONU nel proprio timeslot invia una cella ATM o una cella
PLOAMu 3 con un overhead aggiuntivo di 3 byte contenente informazioni varie per l’OLT,
tra cui il tempo di guardia per evitare collisioni.
La situazione attuale delle code nelle ONU è riportata
nelle celle PLOAMu .
L’assegnazione dei timeslot da parte dell’ONU può anche essere dinamica sulla base
delle informazioni raccolte, per rispondere al meglio alle esigenze delle ONU.
Le BPON sono però oggi obsolete, in quanto nel frattempo ATM è stato superato da
Ethernet che è diventato uno standard universalmente accettato.
Inoltre l’utilizzo di ATM nelle PON creava una serie di problemi, tra cui:
l’invalidazione di un intero pacchetto IP a causa della corruzione di una cella ATM.
Le restanti celle che compongono il pacchetto inoltre continuano ad essere
trasmesse con il conseguente spreco di risorse
imposizione della cosiddetta “cell tax”. Le celle ATM hanno lunghezza fissa, invece
i pacchetti IP sono di lunghezza variabile: questo
comporta
un aumento
dell’overhead.
Parallelamente all’attività di FSAN, un gruppo di costruttori di apparati Ethernet
nel
Novembre del 2000 decise di istituire un gruppo di lavoro denominato EFM (Ethernet in
the First Mile), che si occupasse di creare in ambito IEEE uno Standard per l’utilizzo nelle
reti di accesso del protocollo Ethernet, fino ad allora diffuso solo nelle LAN (Local Area
Network). L’attività del gruppo EFM si è conclusa nel 2003 con la stesura dello Standard
IEEE 802.3ah, che definisce le EPON. Diversamente dalle BPON, le EPON trasportano
frame Ethernet di lunghezza variabile fino a 1518 byte.
3
Celle PLOAM upstream
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L’ultimo tipo di PON ad essere introdotto, sono state le GPON, ancora una volta ad opera
dell’ITU-T con la Raccomandazione G.984, che possono trasportare in modo nativo varie
tipologie di traffico (Ethernet, ma anche ATM o TDM) grazie al protocollo
di
incapsulamento GEM (Gigapon Encapsulation Method).
GPON e EPON saranno descritte in dettaglio nei paragrafi successivi.
Le BPON si sono molto diffuse
in Estremo Oriente in particolare Giappone, Corea,
Taiwan. In seguito in questi paesi sono stati fatti molti investimenti sulle EPON, come per
esempio a Taiwan, dove si sta svolgendo una vasta sperimentazione ad opera dell’ITRI
(Industrial Techonology Research Institute), un ente di ricerca finanziato dal governo.
In Nord America dopo la diffusione delle BPON, grande è ora l’interesse per le GPON. È
da osservare che la particolare topologia di rete di questi paesi minimizza i costi di
cablaggio rispetto alla situazione europea: infatti spesso è consentita la posa aerea dei
cavi e sono molto diffuse unità abitative mono o bi-familiari.
Per quanto riguarda l’Europa, sperimentazioni sono state fatte nell’ambito del progetto
GIANT (GPON Access Network ) finanziato dal programma IST (Information Society
Technology) dell’Unione Europea.
3 EPON
Ethernet appare essere la scelta migliore per una rete di accesso ottimizzata per il traffico
dati IP, soprattutto con l’aggiunta delle tecniche per l’introduzione della QoS, di recente
adottate, che la rendono in grado di supportare traffico Triple Play.
Lo Standard IEEE 802.3 definisce due configurazioni di base per Ethernet:
Shared-medium network
Full duplex point-to-point links
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Nel primo caso tutte le stazioni sono connesse ad un unico mezzo condiviso.
Una sola stazione per volta può trasmettere, mentre tutte possono ricevere
contemporaneamente.
Per evitare collisioni si utilizza il protocollo CSMA/CD (Carrier
Sense Multiple Access with Collision Detection).
Nel secondo caso le stazioni sono connesse da collegamenti point-to-point full duplex e
quindi ognuna di esse può trasmettere e ricevere contemporaneamente.
Le EPON
per le loro particolari caratteristiche, possono essere considerate una
combinazione di queste due configurazioni.
3.1 Funzionamento delle EPON
Il comportamento di una EPON in direzione downstream è simile a quello sharedmedium. Un OLT trasmette i frame in modo broadcast a tutte le ONU, queste ultime
estraggono i frame Ethernet a loro destinati sulla base dell’indirizzo MAC contenuto
nell’header del frame.
In direzione upstream, data la direttività del combiner, i frame trasmessi da ciascuna ONU
arrivano solo all’OLT e non alle altre ONU, e questo fa si che prima del combiner è come
se ONU e OLT fossero connesse con un collegamento point-to-point. Tuttavia dopo il
combiner, a causa della condivisione del mezzo fisico, potrebbero verificarsi delle
collisioni: è quindi necessario implementare un meccanismo di controllo.
Il protocollo CSMA/CD però non è adatto a tale scopo perché le ONU non possono
rilevare le collisioni all’OLT
a causa della direttività dello splitter/combiner. Un OLT
potrebbe rilevare una collisione e inviare un messaggio ma la lunghezza dei collegamenti,
che possono essere superiori ai 20 km, lo rendono un sistema inefficiente.
Tutte le ONU sono sincronizzate rispetto ad un comune riferimento temporale. Il time-slot
allocato a ciascuna ONU può contenere più di un frame Ethernet. Una ONU deve
bufferizzare i suoi frame fino all’inizio del suo timeslot, in quel momento emetterà il numero
di frame che entra nel suo timeslot ad una velocità che corrisponde ad uno degli standard
Ethernet. Un frame non può mai essere spezzato. È possibile prevedere code distinte per
implementare classi di servizio con diversi requisiti di QoS, in particolare sono state
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introdotte 8 classi che corrispondono ai tools per il controllo della qualità introdotti in
Ethernet bridging (IEEE802.1p e IEEE802.1Q).
È chiaro che proprio nel funzionamento upstream si riscontrano i maggiori limiti delle
EPON, dato che la banda che in downstream è a completa disposizione del OLT, va
suddivisa tra le N ONU in upstream .
L’allocazione dei timeslot può essere statica o dinamica. La prima è più facile da
implementare, la seconda consente un migliore sfruttamento della banda ma richiede un
meccanismo di controllo delle dimensioni delle code.
L’accesso al mezzo condiviso nelle EPON è regolato con il protocollo MPCP.
3.2 Il protocollo MPCP (Multipoint Control Protocol)
MPCP (Multipoint Control Protocol ) è un protocollo di segnalazione definito dall’IEEE
802.3ah Task Force. Prevede due modalità operative:
Autodiscovery mode
Normal mode
La prima è utilizzata per inizializzare le ONU appena connesse e usa tre messaggi di
controllo: REGISTER, REGISTER_REQUEST E REGISTER_ACK. L’OLT invia un
messaggio di inizializzazione (REGISTER ). In esso è indicato l’inizio e la durata dello
slot di inizializzazione che ha lunghezza di almeno
<transmission size> + < maximum round-trip time> - <minimum round-trip time>
dove <transmission size> è la lunghezza della finestra di trasmissione che una ONU non
inizializzata può utilizzare. A questo devono rispondere solo le ONU non ancora registrate
con un REGISTER_REQUEST. L’OLT risponde con il REGISTER_ACK che rende
effettiva la registrazione dell’ONU a cui è destinato.
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Il problema è che più di una ONU non registrata potrebbe rispondere allo stesso
REGISTER contemporaneamente: in questo caso i messaggi potrebbero collidere. Le
ONU, i cui REGISTER_REQ sono finiti in collisione, non vengono inizializzate. Non
ricevendo il REGISTER_ACK l’ONU dedurrà che è avvenuta una collisione e tenterà di
nuovo l’inizializzazione solo dopo aver saltato un numero casuale di messaggi
REGISTER, per evitare una nuova collisione.
In tutti i messaggi è presente un riferimento temporale e grazie ad essi l’OLT apprende
informazioni importanti sulle ONU appena connesse come il RTT (Round Trip Time) e il
MAC address.
Il Normal mode è usato per realizzare l’effettiva assegnazione dei time-slot alle ONU
inizializzate. Utilizza due tipi diversi di messaggi di controllo:
GATE
REPORT
MPCP riceve la richiesta di trasmettere un messaggio di gate ad una particolare ONU dal
livello superiore MAC CONTROL CLIENT; i messaggi GATE sono unicast. Nel messaggio
di GATE è specificata l’ora di inizio di trasmissione e la sua durata. Lo strato MPCP ha un
orologio (sia nell’OLT che in tutte le ONU) e nel passare il GATE al livello MAC, MPCP
inserisce un timestamp con il suo local time.
Quando l’ONU lo riceve verifica che il timestamp non sia molto lontano dall’istante di
arrivo del GATE. Se è troppo lontano, ovvero se la distanza dei due valori supera una
certa soglia, supporrà di aver perso la sincronizzazione e dovrà inizializzarsi di nuovo;
altrimenti aggiornerà il suo orologio locale con il timestamp e, arrivato l’istante di inizio
trasmissione, comincerà a trasmettere un certo numero di frame, che dipende dalla
grandezza del timeslot.
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Figura 5: Utilizzo del messaggio GATE
I messaggi di REPORT sono spediti insieme ai dati dalle ONU. I REPORT sono generati
nel MAC CONTROL CLIENT e il timestamp è posto nello strato MAC. Il REPORT contiene
la grandezza della banda richiesta dall’ONU sulla base dell’attuale coda di frame.
L’ONU nel richiedere la banda deve anche tenere conto dell’overhead (cioè 64 bit di
preamble e 96 bit di Inter Frame Gap IFG per ogni frame). Quando il REPORT arriva
all’OLT viene passato al MAC CONTROL CLIENT che in base ad un algoritmo
di
allocazione di banda anche dinamica (Dynamic Band Allocation DBA) decide quanta
banda allocare all’ONU che ha spedito il REPORT.
L’OLT verifica anche il RTT dell’ONU. Un piccolo cambiamento dal valore precedentemente
misurato può essere provocato da una variazione nell’indice di rifrazione dovuto ad un
innalzamento o abbassamento di temperatura. Un cambiamento troppo grande può essere una
perdita di sincronizzazione tra ONU e OLT e l’ONU deve essere re-inizializzata.
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Figura 6: Utilizzo del messaggio REPORT
3.3 Near-Far problem
A seconda della topologia impiegata varia la distanza delle varie ONU dall’OLT, che
possono quindi trovarsi a distanze molto diverse tra loro. Questo fatto crea il cosiddetto
Near-Far Problem, dovuto alle differenti attenuazioni che subiscono i segnali delle varie
ONU. Se il ricevitore dell’OLT è regolato per ricevere correttamente il segnale di una ONU
“vicina”, potrebbe non ricevere correttamente il segnale di una ONU lontana. Infatti,
essendo quest’ultimo maggiormente attenuato, l’OLT potrebbe leggere degli “uno” come
degli “zero”. Viceversa, se il ricevitore è regolato su una ONU “lontana, potrebbe
confondere degli “zero” con degli “uno”.
Per risolvere questo problema il ricevitore dell’OLT deve essere in grado di adattare
rapidamente la soglia zero-uno all’inizio di ogni time-slot e deve quindi operare in “burst
mode”, a differenza dei ricevitori delle ONU che invece ricevono continuamente.
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Un’altra possibile strategia è quella di aggiustare la potenza di trasmissione delle ONU in
modo tale che la potenza ricevuta sia la stessa per tutte le ONU, indipendentemente dalla
distanza. Questa soluzione però:
Richiede un Hardware molto più complicato per le ONU e uno speciale protocollo di
segnalazione per il feedback dall’OLT alle ONU.
Riduce le prestazioni di tutte le ONU ai livelli di quella più lontana.
Un altro fatto di cui bisogna tenere conto è che anche quando una ONU non sta
trasmettendo, il suo laser genera un rumore che, nel caso di ONU “vicine”, può facilmente
mascherare il segnale utile di una ONU “lontana” (Capture Effect). Quindi una ONU deve
spengere il suo laser nell’intervallo tra due timeslot ad essa assegnati. Dato che un laser si
raffredda quando viene spento e si riscalda quando viene acceso, la sua potenza di
emissione può fluttuare all’atto dell’accensione. Risulta quindi molto importante la scelta
di laser che si stabilizzino rapidamente.
3.4 Conformita’ delle EPON con l’architettura 802
L’architettura 802 prevede le due possibilità : shared medium e full duplex.
Ritenendo che le stazioni connesse alla stessa porta del bridge possono comunicare tra
loro senza l’intervento del bridge, è previsto che quest’ultimo non inoltri mai un frame alla
porta da cui l’ha ricevuto. Questo comporta che utenti connessi a ONU diverse della
stessa PON non possono comunicare senza che i dati vengano processati a livello 3 o
superiori.
Per risolvere questo problema e rendere semplice il collegamento con altre reti Ethernet,
si aggiunge un ulteriore sublayer ai dispositivi collegati alla EPON, che emula il
comportamento shared medium o point-to-point medium e prende il nome di Shared
Medium Emulation (SME) sublayer o Point-to-Point Emulation (PtPE) sublayer.
Questo sottolivello è posizionato sotto il MAC layer per preservare la compatibilità con lo
standard 802.3 e inserisce un tag ai frame Ethernet che si chiama Link ID.
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Il Link ID deve essere unico e viene assegnato al momento dell’inizializzazione.
Il Link ID come si vede dalla figura 2.7 è inserito nel preambolo.
Figura 7: Inserimento del Link ID nel preamble
.
Nel caso di PtPE, l’OLT deve avere N interfacce MAC, una per ogni ONU. Quando viene
inviato un frame downstream questo viene etichettato con il Link ID della porta da cui
proviene. In questo modo anche se il frame sarà ricevuto da tutte le ONU solo quella a cui
è destinato lo invierà a livello MAC dove ci sarà un ulteriore controllo.
In questo modo è come se il frame fosse stato inviato con un link poin-to-point solo
all’ONU a cui è effettivamente destinato.
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Figura 8: PtP Emulation, trasmissione downstream
In direzione upstream ciascuna ONU inserisce il suo Link ID nel preambolo dei suoi frame;
il PtPE sublayer invia i frame all’opportuna porta MAC sulla base del tag unico.
Figura 9: PtP Emulation, trasmissione upstream
Questa configurazione è compatibile con il bridging perché ogni ONU è connessa ad una
porta del bridge indipendente.
Figura 10: PtP Emulation, bridging tra ONU
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Nella configurazione SME i frame emessi da ogni nodo, che sia ONU o OLT, devono
essere ricevuti da tutti i nodi (OLT e ONU). Questo viene ottenuto facendo in modo che il
sottolivello SME inserisca un Link ID “broadcast”. L’OLT in questo caso necessita di
un'unica porta. Lo SME sublayer garantisce che le ONU possano comunicare tra loro a
livello fisico senza necessità di bridge.
Per evitare che ci sia duplicazione di frame ovvero, che un frame emesso da un nodo
venga ricevuto dal nodo stesso, il sottolivello SME di una ONU accetta un frame solo se
ha un Link ID diverso dal proprio.
Figura 11 SME Emulation: trasmissione downstream
Figura 12: SME emulation, trasmissione upstream
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La
soluzione
migliore
per
una
Subscriber
Access
Network
è
impiegare
contemporaneamente SME e PtPE, sfruttando i pregi di entrambe. Infatti se da un lato
SME è molto utile in trasmissioni
broadcast, come per esempio nel caso di Video
Broadcast, dall’altro far comunicare due ONU con SME comporta uno spreco di banda
molto maggiore di PtPE.
Figura 13: Combinazione di PtP emulation mode e di SME emulation mode
3.5 Sicurezza
Con l’introduzione di Ethernet nell’Ultimo Miglio ad opera dell’ IEEE 802.3ah Task Force,
nasce l’esigenza di prevedere meccanismi atti a garantirne la sicurezza. Poiché Ethernet
nasce per le LAN originariamente non prevedeva questi meccanismi.
I principali problemi da affrontare sono:
Subscriber privacy
Theft of Service
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Queste esigenze possono essere soddisfatte con l’aiuto della crittografia, che può essere
implementata:
Sopra il MAC sublayer
Sotto il MAC sublayer
La seconda opzione garantisce maggior sicurezza in quanto viene criptato l’intero bit
stream.
L’algoritmo di cifratura usato per le EPON è l’ Advanced Encryption Standard (AES),
che prevede chiavi di 128, 192 o 256 bit, diverse per ogni ONU.
Si utilizza il Link ID per identificare un tunnel tra OLT e ONU (PtPE). Un byte nell’header
viene utilizzato come key identifier e da questo campo è possibile capire se il frame è
criptato .
Ogni ONU ha una chiave valida per la sessione corrente. Il key identifier fa riferimento
proprio a questa chiave. Se il frame non è criptato assume un valore di default.
Figura 14: preambolo con Link ID e Key identifier
4 GPON
La GPON è un’evoluzione della BPON ed è definita dalle Raccomandazioni della serie
ITU-T G.984.
Le GPON, a differenza delle EPON, non trasportano in modo nativo frame Ethernet , ma,
tramite il protocollo di incapsulamento GEM (GPON Encapsulation Method), supportano
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varie tipologie di traffico, anche legacy. Come le BPON, le GPON possono utilizzare
anche ATM.
Il lavoro di FSAN si è focalizzato molto sulla necessità di consentire il trasporto di traffico
TDM e ATM e di fornire vari livelli di QoS, in modo da rispondere anche alle esigenze di
servizi con requisiti molto stringenti. Anche le GPON come tutte le PON per condividere le
risorse tra più ONU in upstream fanno ricorso al TDM.
Sono possibili varie combinazioni di velocità sia simmetriche che asimmetriche, comprese
tra 155.52 Mb/s e 2.48 Gb/s.
Inoltre la GPON
come la EPON consente di criptare i dati con l’AES ( Advanced
Encryption Standard).
4.1 Funzionamento delle GPON
Il formato per i due sensi di trasmissione è specificato dalla Raccomandazione G.984.3
del febbraio 2004, che definisce la GPON Transmission convergence layer
specification. I frame hanno una durata fissa di 125 μs sia in upstream che in
downstream e ciò consente la distribuzione di un clock sincrono a 8 kHz.
In assenza di traffico utile, la OLT genera traffico “Idle” per garantire la continuità
trasmissiva e consentire alle ONU di estrarre il clock dai dati Downstream. Anche il traffico
upstream è strutturato in frame di 125 μs.
La presenza del riferimento temporale a 125 μs, rende possibile il delivery di servizi legacy
TDM ( come per esempio, le virtual leased line per piccole e medie imprese). Per poter
trasportare anche servizi con requisiti molto stringenti, come quelli real-time, la strategia
scelta per le GPON
a differenza delle EPON, è quella di rendere possibile il
frazionamento dei pacchetti. In questo modo è possibile interrompere la trasmissione di
un frame Ethernet e riprenderla appena possibile.
Questo comporta che le GPON tramite GEM devono consentire la ricomposizione dei
pacchetti a partire da frame di lunghezza fissa.
Anche la OLT della GPON calcola la distanza delle varie ONU tramite il Round Trip Time
per sincronizzarle in modo opportuno. L’OLT comunica questa informazione alle varie
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ONU e queste al momento della trasmissione introducono un ritardo in modo da porsi
virtualmente alla stessa distanza per evitare sovrapposizioni dovute ai diversi percorsi.
Questa procedura nella terminologia GPON viene chiamata Ranging.
Bisogna anche tener conto delle variazioni con la temperatura delle velocità di
propagazione e delle variazioni delle caratteristiche dei componenti con il tempo, che
vanno compensate in modo dinamico (Dynamic Ranging). Questa procedura va ripetuta
periodicamente per consentire la connessione di nuove ONU.
Le ONU calcolano l’inizio dell’intervallo di trasmissione rispetto al riferimento temporale
periodico, trasmesso downstream.
Tramite MAC control viene garantita una adeguata assegnazione di banda che, come per
le EPON, può essere fatta con un Dynamic Band Allocation Algorithm (DBA).
4.2 Upstream e Downstream
La struttura dei downstream frame è mostrata in figura 2.15. Il traffico dati è preceduto dal
Physical Control Block (PCBd), che consta dei seguenti campi:
•
Psync usato per la sincronizzazione della trama Upstream
•
un identificatore di 4 byte che contiene un contatore di 30 bit, che viene
incrementato di uno per ogni frame
•
13 byte per i messaggi PLOAM (Physical Layer Operation Administration and
Maintenance);
•
1 byte per la Bit interleaved parity (BIP) per la stima della bit error rate.
•
Upstream Bandwith Map, che contiene le allocazioni degli intervalli temporali per
le varie ONU.
•
4 byte che indicano la lunghezza del payload, inseriti due volte per garantirne la
robustezza
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Figura 15: controllo di accesso al mezzo condiviso in una GPON
Ogni elemento della BW map, che nella terminologia FSAN è chiamato access
structure, specifica l’Alloc ID, l’istante di inizio e quello di fine dell’intervallo temporale
allocato per l’upstream ed è protetto tramite CRC (Cyclic Redundancy Check).
Nella BW map sono indicate le assegnazioni degli intervalli di trasmissione delle varie
ONU con l’istante di inizio e fine del burst. Il campo Alloc-Id può identificare una ONU,
oppure un T-CONT (TrafficContainer) per la gestione di diverse QoS.
Una GPON supporta fino a 4000 Alloc ID, ma i primi 254 sono riservati all’utilizzo come
ONU identifier (utili per esempio all’atto dell’attivazione di nuove ONU).
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All’inizio di ogni burst upstream è presente sempre una piccola guard band e naturalmente
il PLO (Physical layer overhead). Oltre a questo potrebbero esserci altri campi opzionali
come PLS (Power Leveling Sequence), PLOAM e DBR (Dynamic Bandwith Report).
La struttura dell’upstream è mostrata in figura 2.16 e 2.17.
Figura 16: Upstream frame
Il PLS è talvolta necessario alle ONU per effettuare delle misure per il controllo della
potenza e serve per l’aggiustamento della potenza del laser in modo da raggiungere il
dynamic range ottimale dall’OLT. Il DBR tramite il campo DBA permette all’ONU
di
informare l’OLT dello stato delle sue code, in modo da poter implementare un algoritmo di
allocazione dinamica di banda (DBA).
È sempre la BW map che permette alle ONU di sapere se possono inviare PLOAM, PLS,
DBR e FEC (Forward Error Correction ) insieme al payload. Se l’ONU è FEC enabled
aggiungerà ad ogni blocco di dati dei byte di parità, utilizzando la tecnica di codifica
RS(255,239).
Figura 17: struttura del payload upstream/downstream
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In attesa di poter essere trasmessi in un burst, i frame attenderanno in code.
Ogni burst payload è formato da un numero variabile di pacchetti GEM, che possono
trasportare vari tipi di traffico per es, Ethernet, TDM o anche ATM.
L’header dei pacchetti GEM è così composto:
•
PLI (Packet Lenght Indicator) indica la lunghezza del payload del pacchetto GEM
ed è utilizzato per la ricostruzione dei pacchetti frammentati
•
Port ID serve per la multiplazione dei flussi e si usa come i campi VCI/VPI di ATM.
•
PTI (Payload Type Indicator) indica se il frammento contiene dati o OAM e anche
se è l’ultimo di un user frame
•
HEC usato per la rilevazione e correzione degli errori e per la ricostruzione dei
pacchetti frammentati
Quando il traffico trasportato è Ethernet, il pacchetto GEM potrebbe contenere sia un
frame intero o un frammento, a seconda di quello che entra nello banda allocata.
La ricostruzione dei pacchetti viene effettuata andando a cercare il campo HEC con il
GFP (Generic Frame Procedure) delineation algorithm specificato in ITU-T G.7041 che è
una variazione dell’ATM delineation method.
Questo algoritmo utilizza il campo PLI per trovare la fine del frame GEM e riassembla il
frame originario sulla base del PTI e del Port ID.
4.3 Gestione della Qos
I T-CONT consentono di trasportare in modo efficiente servizi differenti con diversa
priorità:
•
Fixed Bandwidth;
•
Assured Bandwidth;
•
Non-assured Bandwidth;
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•
Best Effort Bandwidth.
Associare i Grant ai T-CONT consente di gestire al meglio la QoS (Quality of Service).
L’OLT può allocare più banda Upstream a quei T-CONT che hanno traffico a priorità più
elevata in attesa, utilizzando un algoritmo DBA.
Ci sono 5 tipi di T-cont :
Il T-CONT1, pensato per l’emulazione delle virtual leased line, supporta
applicazione a bit rate costante (CBR) con requisiti molto stringenti in termini di
throughput e ritardo. Viene fatta un allocazione periodica di durata fissa: in questo
modo si ha un’allocazione solo di tipo statico e la DBA non è consentita
Il T-CONT2, pensato per applicazioni con bit rate variabili (VBR), con requisiti di
throughput e ritardo, come i servizi video e voce. L’allocazione viene effettuata sulla
base di quanto garantito dallo SLA 4 , ma viene effettuata solo su richiesta, ovvero se
ci sono pacchetti in coda.
Il T-CONT3, pensato per servizi migliori del best effort, garantisce una bit-rate
minima. In base alla disponibilità può essere fornito un surplus di banda, ma solo su
richiesta.
Il T-CONT4 trasporta traffico Best Effort e quindi si fornisce banda solo se
disponibile fino ad una velocità massima.
Il T-CONT5 combina due o più dei quattro T-CONT precedenti ed è utilizzato per
modificare le specifiche per il MAC controller degli altri T-CONT.
2.4.4 Allocazione dinamica di banda
Per poter implementare un algoritmo DBA, le ONU devono informare L’OLT sullo stato
delle loro code, questo può essere fatto in due modi:
Utilizzando il campo DBA del DBR. Questa modalità è detta piggyback perché le
informazioni arrivano insieme ai dati
4
Service Level Agreement
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Utilizzando una partizione dedicata del payload. Questa modalità è usata per
permettere a qualsiasi numero di code di ONU, eventualmente tutte, di fare il report
del loro stato.
Nel primo caso sono possibili tre varianti:
Mode 0 usa un solo byte per il report, la lunghezza della coda è espressa in celle
ATM per il trasporto di ATM oppure in blocchi di 48 byte per GEM
Mode 1 usa 2 byte, il primo indica i dati con peak rate, il secondo quelli con
sustainable rate. Questo modo è utile per i T-CONT 3 e 5 ma presuppone l’utilizzo
di ONU che effettuino operazioni di policing.
Mode 2 usa 4 byte, il primo indica i T-CONT 2 con peak rate, il secondo i T-CONT
3 con sustainable rate, il terzo i T-CONT 3 con peak rate e il quarto la lunghezza
delle code T-CONT 4 (best effort). Questo modo è utile per il T-CONT 5, in quanto
permette di inviare con un singolo messaggio un reporting riassuntivo dei T-CONT
contenuti nel T-CONT 5.
Il reporting mode utilizzato è indicato da una flag dell’access structure della BW Map
relativa all’Alloc ID considerato.
Il MAC controller effettua l’assegnazione di banda, sia quella garantita che il surplus
in base ai report e alla qualità di servizio richiesta.
Le ONU sono servite secondo un prioritized weighted round-robin: l’ordine di priorità è
ovviamente T-CONT 2, 3, 4 e i pesi seguono i parametri degli SLA.
Ogni flusso è caratterizzato da due parametri SDI (Successive Data Interval) e TB
(Transmit Byte). Gli estremi inferiore e superiore di questi parametri sono fissati dallo
SLA. L’assegnazione della banda garantita si basa su min TB e max SDI, quella del
surplus può essere fatta dinamicamente fino al raggiungimento della peak rate definita da
max TB e min SDI.
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4.5 IST GIANT
Il progetto GIANT
del programma IST (Information Society Technology) dell’Unione
Europea, riguarda una FSAN GPON con velocità upstream/downstream simmetriche
1.244 GBps, per il reporting è previsto solo il mode 0. Per la simulazione è stato usato il
simulation tool di OPNET per costruire un modello che comprendeva 32 ONU, ciascuna
delle quali poteva avere fino a 6 code, ciascuna caratterizzata dal proprio Alloc ID.
Sono stati presi in considerazioni due scenari di traffico, entrambi costituiti da pacchetti di
tre dimensioni diverse: 64, 500 e 1500 byte generati con probabilità 0.6, 0.2 e 0.2
rispettivamente. L’inter-arrival time era esponenziale.
La net capacity della GPON non è di facile individuazione per la variabilità degli overhead,
però si è visto che in media è di 1 Gb/s.
Nel primo scenario è stato preso in considerazione un total offered load di 690 Mb/s
(quasi il 70% della net capacity).
Per ogni ONU una sorgente emette traffico T-CONT 2 alla velocità media di 7.1875 Mb/s e
un’altra traffico T-CONT 3 e 4 sempre alla stessa velocità.
In figura 2.18 è rappresentata la densità di probabilità.
Figura 18: funzione di densità di probabilità per lo scenario 1
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Con questo carico è stato trovato un valore medio molto basso del ritardo per tutte le
code, ma la probabilità di trovare valori alti si riduce drasticamente dal T-CONT 4 al 3 e 2.
Il secondo scenario prendeva invece in considerazione una situazione di overload, in cui
cioè l’offered load supera la net capacity.
Il carico era quindi di 1300 Mb/s (pari al 130 % della net capacity) e ogni ONU inviava 1.25
Mb/s di T-CONT 2, 1.25 Mb/s di T-CONT 3 e 15.625 Mb/s di T-CONT 4. Il risultato è
mostrato in figura 2.19
Figura 19: il sistema nel caso di overload
Come si può vedere, T-CONT 2 e 3 godono di una buona performance, infatti entrambi
sperimentano ritardi inferiori a 1 ms e quindi soddisfano il round trip delay budget richiesto
da FSAN per i servizi real-time; T-CONT 4 invece, soffre di maggior congestione e
instabilità.
In questo modello il ritardo per traffico T-CONT 4 cresce verso infinito, ma naturalmente
nella realtà interverrebbero i meccanismi di controllo del TCP, che rileverebbero la perdita
e, riducendo la velocità di trasmissione, ripristinerebbero la stabilità.
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Da questa simulazione si vede quindi che, mentre le prestazioni di T-CONT 2 e 3 non
dipendono dal total system offered load, come è necessario per offrire garanzie di QoS, lo
stesso non si può dire per il T-CONT 4, che infatti è traffico Best Effort .
Per quanto riguarda il jitter T-CONT 2 e 3 differiscono di poco e solo nel transitorio
iniziale.
È da notare come il jitter di T-CONT 2 si mantenga basso nonostante la grande variabilità
della lunghezza dei pacchetti, questa infatti viene compensata grazie alla variabilità della
durata dei Grant concessi dal MAC controller.
T-CONT1 non è stato incluso in questa simulazione perché il suo comportamento è
facilmente predicibile.
5 Confronto tra EPON e GPON
Per stabilire quale, tra EPON e GPON, sarà la tecnologia dominante, bisogna
considerarne sia le caratteristiche tecniche che, naturalmente, i costi, che sono il fattore
determinante per una grande diffusione.
Si riassumono in tabella 1 le caratteristiche tecniche delle due tecnologie.
Tabella 1:caratteristiche tecniche
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Come si può vedere dalla Tabella 2.1, in base alle caratteristiche tecniche, le GPON
sembrerebbero da preferire, dato che forniscono il necessario supporto per O&M,
interoperabilità e sicurezza, velocità superiori in downstream, miglior split ratio e miglior
efficienza.
Per effettuare una semplice comparazione dei costi, si farà l’ipotesi semplificativa di
considerare uguale l’Outside Plant (OSP) per le due tecnologie, sebbene naturalmente lo
split ratio sarà differente, si supporrà:
EPON OLT = GPON OLT = $1800 per interfaccia
EPON ONT = GPON ONT = $100 per subscriber
Fatte queste assunzioni, i costi totali e per subscriber sono mostrati nelle seguenti figure.
Figura 20 : GPON vs. EPON Total Network Equipment Cost
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Figura 21: GPON vs. EPON Cost per Subscriber
La riduzione di costo di cui gode la GPON rispetto alla EPON è dovuta al fatto che a causa
del miglior split ratio e bandwidth efficiency della prima, è necessario un numero inferiore
di OLT rispetto alla seconda a parità di numero di subscriber . Considerando 100 Mbps
per subscriber , GPON offre un vantaggio di 2.6 :1 OLT con un risparmio di circa $1.2 M.
Tabella 2 GPON & EPON Deployment
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Dato questo risparmio con una GPON a parità di impiego di denaro è possibile spendere
di più sulle ONU (anche se costassero il 120 % in più delle EPON ONU, la spesa totale
sarebbe la stessa).
Figura 22: GPON ONT Cost Sensitivity for Breakeven with EPON
Dato che il risparmio di cui si è parlato è dovuto alla riduzione del numero di OLT
impiegati, la cost sensitivity dell’OLT, è un fattore da considerare.
Figura 23: GPON OLT Cost Sensitivity for Breakeven with EPON
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In figura 24 infine, è riportato un confronto tra le due tecnologie a parità di split ratio, per
vedere l’impatto sui costi della GPON per subscriber della riduzione del suo split ratio al
valore di quello di EPON.
Figura 24 GPON vs. EPON Cost per Subscriber with Equal Split Ratio of 1:32
6 WDM-PON
Le TDM PON, di cui si è parlato finora sono, come si è visto, caratterizzate da forti limiti
nella larghezza di banda in upstream che risulta condivisa tra le varie ONU tramite TDM.
Per superare queste limitazioni è stato proposto un altro tipo di PON, la WDM PON che
ricorre alla multiplazione DWDM per trasportare molte lunghezze d’onda su un'unica fibra,
aumentando così enormemente la banda sia in upstream che in downstream. La WDM
PON non è ancora stata standardizzata.
6.1 Funzionamento di una WDM-PON
In una WDM-PON ad ogni utente viene assegnata una lunghezza d’onda. In direzione
downstream l’OLT utilizza una sorgente di lunghezze d’onda multiple che vengono
trasmesse su un'unica fibra sfruttando la multiplazione WDM fino al Remote Node RN.
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Questo elemento si occupa di smistare le lunghezze d’onda sulle varie fibre d’utente e
come si vedrà, può essere realizzato ancora con uno splitter passivo o con un AWG
router.
In direzione upstream viceversa, il RN accoppierà le varie lunghezze d’onda sulla fibra che
raggiunge
l’OLT,
dove
saranno
demultiplexate
attraverso
un
demultiplexer
e
raggiungeranno l’array di ricevitori di cui dispone l’OLT per ricevere i segnali delle varie
ONU. Ciascuna ONU è dotata di ricevitore e trasmettitore per ricevere e trasmettere le
proprie lunghezze d’onda.
Trasmissione upstream e downstream avvengono in finestre diverse e possono essere
separate utilizzando la multiplazione CWDM. All’interno di queste finestre le varie
lunghezze d’onda sfruttano invece la DWDM e ciò permette di minimizzare l’impiego di
fibra.
In figura 27 è rappresentata una WDM-PON.
RN
Figura 27: Schematizzazione di una WDM-PON
Una caratteristica della WDM-PON è la sua scalabilità in quanto supporta lunghezze
d’onda multiple sulla stessa fibra. Il fatto che ad ogni utente venga dedicata una lunghezza
d’onda crea dei collegamenti di tipo point-to-point tra il CO e ciascuna ONU con i vantaggi
che ne derivano, per esempio:
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Ogni ONU può sfruttare completamente la capacità messa a disposizione dalla sua
lunghezza d’onda senza doverla condividere con le altre come nel caso delle TDMPON
Ogni ONU può avere una bit-rate differente indipendentemente dalle altre.
6.2 Dispositivi per la realizzazione di una WDM-PON
Come trasmettitori è possibile usare quelli a lunghezza d’onda fissa o quelli tunabili, i
quali hanno il vantaggio di poter essere utilizzati su diversi canali WDM.
Volendo assegnare lunghezze d’onda distinte ad ogni ONU, è necessario che il
trasmettitore
dell’OLT
sia
in
grado
di
emettere
più
lunghezze
d’onda
contemporaneamente: per far questo è possibile utilizzare un array di DFB laser o
un
Multifrequency Laser (MFL).
MFL è un dispositivo che integra un AWG e un array di amplificatori e la cui struttura è
schematizzata in figura 2.26.
Figura 26: Struttura di un MFL
Per realizzare i ricevitori è possibile utilizzare dei fotodiodi Questi possono essere dei
semplici diodi PIN, molto facili da usare ed economici ma con una bassa sensibilità in
quanto non effettuano nessuna amplificazione. Proprio per questa ragione il loro uso è
limitato ai ricevitori delle ONU che devono ricevere il segnale dai trasmettori dell’ OLT che
sono sufficientemente potenti.
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Per il trasmettitore dell’ONU, per motivi economici, non si usano mai dispositivi di potenza
molto elevata, il ricevitore dell’OLT perciò non potrà essere realizzato con un diodo PIN
ma si potrà utilizzare un fotodiodo APD (Avalanche Photo Diode).
Quest’ultimo, sfruttando l’Effetto Valanga dei diodo, riesce ad amplificare il segnale
ricevuto. La sua sensibilità è di 10 dB più alta di quella del diodo PIN.
Per quanto riguarda le opzioni per la realizzazione del Remote Node, si hanno due
possibilità:
splitter ottico passivo (di cui si è parlato nelle TDM-PON)
AWG (Arrayed Wavelength Grating) Router.
Un AWG è un dispositivo passivo in grado di effettuare l’instradamento di ciascuna delle
lunghezze d’onda ricevute in ingresso su una specifica uscita.
Grazie alla proprietà di ciclicità, l’AWG può essere usato contemporaneamente da
multiplexer e demultiplexer. Nell’ipotesi che le lunghezze d’onda dei trasmettitori in
upstream distino da quelle in downstream di una quantità almeno pari alla gamma
spettrale libera (Free Spectral Range FSR) del dispositivo, ciascuna porta potrà essere
usata contemporaneamente in upstream e in downstream. Ogni ONU separa i due segnali
grazie ad un filtro CWDM .
Figura 27: AWG che sfrutta la proprietà di ciclicità
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L’AWG ha una perdita di inserzione pari a 4-5 dB e quindi inferiore a quella dello splitter,
tuttavia
ha il difetto che la sua lunghezza d’onda centrale subisce uno shift con la
temperatura di 0.1nm/C°. Per ovviare a questo problema si compensa questa variazione
aggiungendo un materiale con un coefficiente di temperatura diverso.
6.3 Architetture alternative per le WDM-PON
Dedicare un’intera lunghezza d’onda ad ogni utente potrebbe costituire uno spreco di
risorse, soprattutto nel caso in cui qualche subscriber abbia lunghi periodi di inattività. Per
ovviare a questo problema sono state proposte alcune architetture alternative a quella
vista precedentemente, alcune delle quali saranno descritte nel seguito.
La prima ad essere proposta è stata la Composite PON (CPON), illustrata in figura 2.28.
Figura 28: Schema di funzionamento della CPON
La CPON utilizza un insieme di lunghezze d’onda in terza finestra per la trasmissione
downstream e una sola lunghezza d’onda in seconda finestra in upstream, che viene
condivisa facendo ricorso alla multiplazione TDM.
Questa soluzione prevede la presenza di un Single-Wavelength burst-mode receiver nel
OLT, per poter ricevere correttamente i segnali dalle varie ONU, sincronizzandosi ai loro
clock, dato che le ONU potrebbero trovarsi a distanze diverse.
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Trasmettitori a singola lunghezza d’onda, come un DFB laser potrebbero essere troppo
costosi per essere impiegati nelle ONU, per questo motivo è stata proposta la LARNET.
LARNET, acronimo di
Local Access Router
Network, impiega infatti al posto dei
transceiver a singola lunghezza d’onda nelle ONU, molto più economiche sorgenti ad
ampio spettro come i LED. Le singole lunghezze d’onda sono riottenute facendo passare
lo spettro a banda larga per l’AWG. In base alla porta di input scelta la lunghezza d’onda
selezionata è diversa.
La sorgente per l’OLT è invece realizzata con un MFL. In questo caso il ricevitore non è
più a singola frequenza ma è un Broadband receiver. Essendoci però un solo ricevitore, il
canale deve essere ancora una volta condiviso in TDM.
La LARNET è mostrata in figura 29.
Figura 29: Schema di funzionamento della LARNET
Una soluzione che tende molto ad economizzare sulle ONU a scapito del costo dell’OLT è
la RITENET (Remote Interrogation of Terminal Network) che propone di eliminare i
trasmettitori dalle ONU. In questa architettura esse prelevano una piccola porzione del
segnale e, tramite un modulatore, modulano e rinviano il resto in upstream. Dal canto suo
l’OLT dovrà essere provvisto di un laser tunabile che però richiede la condivisione in TDM
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anche del segnale downstream, o di un array di trasmettitori e quindi diventa più
dispendioso.
In questo caso i costi aumentano anche perché l’uso della stessa lunghezza d’onda nelle
due direzioni, rende necessario il raddoppio delle fibre e l’utilizzo di un AWG 2x2N. Inoltre
un altro problema che comporta è la riduzione della distanza OLT-ONU a causa del
doppio tragitto effettuato dal segnale rispetto alle altre WDM-PON.
Figura 30: : Schema di funzionamento della RITENET
I vantaggi di questa soluzione sono la mancanza delle forti perdite dovute alla divisione
dello spettro che si ha in LARNET e la simmetria della banda.
Tutte le architetture viste finora sono poco scalabili nel numero di utenti.
Per ovviare a questo problema è stata proposta anche una soluzione multistadio che
sfrutta le proprietà dell’AWG: la Multistage AWG-Based WDM-PON Architecture. La
figura seguente mostra come è possibile passare da una 8-ONU WDM-PON a una 32ONU WDM-PON facendo uso di più AWG.
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Figura 31: Schema di funzionamento della Multistage AWG-Based WDM-PON
In figura l’apice indica la sorgente, laser 1 o laser 2, l’altro numero la lunghezza d’onda,
che grazie all’AWG è possibile utilizzare per più di un utente.
Nella tabella seguente sono riassunte le caratteristiche delle varie architetture.
Tabella: Confronto tra le varie architetture WDM-PON
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6.4 Protocolli per la WDM-PON
Se al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse si fa ricorso ad un’architettura in cui le
lunghezze d’onda risultano condivise tra più ONU è necessaria l’introduzione di un
protocollo adatto. L’architettura della WDM-PON non è stata ancora standardizzata e
quindi anche i protocolli proposti sono di vario tipo.
Uno di essi è un’estensione del MPCP delle EPON. Questa nuova versione del Multipoint
Control Protocol provvede alla assegnazione ottimale delle lunghezze d’onda tramite un
algoritmo. L’architettura di riferimento è un array di transceivers a lunghezza d’onda fissa
per l’OLT e un laser e ricevitori fissi o tunabili per le ONU.
Durante il processo di discovery , le ONU comunicano all’OLT tramite un messaggio
REGISTER_REQUEST il tipo di laser e ricevitore di cui sono provviste (fisso o tunabile),
il tuning time e le λ supportate. Sulla base di queste informazioni l’OLT controlla l’utilizzo
delle varie lunghezze d’onda e decide come assegnarle.
Il messaggio GATE, inviato come al solito dall’ONU all’OLT, contiene la configurazione per
il ricevitore dell’ONU e serve quindi per effettuare l’assegnazione delle lunghezze d’onda.
L’ONU riconoscerà questa assegnazione inviando un messaggio all’OLT.
7 Conclusioni
In questo documento si sono illustrati i tipi di PON che sono stati proposti in letteratura.
Nel capitolo successivo si illustrerà la sperimentazione effettuata in questa tesi che ha
riguardato il comportamento in upstream di una WDM-EPON. Nonostante in Europa
l’interesse si sia focalizzato sulla GPON per la maggior banda offerta e per il più elevato
split ratio, si è preferito utilizzare la EPON per i test, per la sua compatibilità con gli
standard Ethernet. Si è ovviato alla minor banda utilizzando il WDM.
Valeria Polidori (FUB)
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