Maria, testimone d`amore

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Maria, testimone d`amore
Maggio 2009 • Anno 2 • Numero 5
Maria, testimone d’amore
Maggio è il mese dedicato a Maria e quindi a tutte le madri,
testimoni viventi dell’amore di Dio. In ogni mamma, in effetti, c’è
qualcosa di Maria, di quel mistero gratuito che riesce a leggere
l’alfabeto della vita e della Bibbia. Per questo Dio ha voluto che
accanto alla croce, nel momento del più grande e sublime atto
di amore, ci fosse una madre. Tale scelta diventa indicativa del
ruolo che le mamme hanno nel destino dell’umanità: se la loro
figura si offusca, e diventano così più labili ed incerti i contorni
della maternità, il mondo precipita nell’inciviltà.
Un grande statista, tra l’altro non frequentatore di chiese, Georges
Clémenceau, ebbe a dire che i popoli vengono educati sulle
ginocchia delle madri, il cui sorriso è un passaggio necessario
per sapere che solo con gli altri si è e si hanno la vita, la felicità,
l’amore. Oggi più che mai, allora, è importante ricostruire il volto
di Maria ed offrirlo quale costante e luminoso punto di riferimento
alle giovani generazioni. Sarà così possibile scorgere in lei il tratto
della Serva del Signore, dedita al primato di Dio, e quello della
povertà, fiduciosa nell’opera di liberazione degli ultimi della terra.
Soprattutto, potremo ammirarne e farne nostra la dimensione
della fede, evidenziata dalla condivisione del sacrificio di Cristo
per il bene dell’uomo.
Non desti stupore, in questo contesto, il richiamo ad una celebre
frase di papa Giovanni Paolo I, poi ripresa dal suo successore,
Giovanni Paolo II: «Dio è anche madre». Da sempre il credente
consapevole della sua fede sa che il Datore di ogni vita è prima
e oltre ogni distinzione terrena: dunque, è tanto Padre quanto
Madre, «chioccia che riunisce i pulcini sotto le ali» (Mt. 23, 37),
perché, per usare proprio le parole pronunciate da Papa Luciani
all’Angelus del 10 settembre 1978, «noi siamo oggetti da parte di
Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi
aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più
ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene,
a tutti. I figlioli, se per caso sono malati, hanno un titolo di più per
essere amati dalla mamma. E anche noi se per caso siamo malati
di cattiveria, abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore».
Le ultime parole che si conoscono della Madonna furono quelle
pronunciate alle nozze di Cana: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,
3-5). Esse, rivolte ai servi della mensa, riguardano tutti e suonano
come conferma della certezza che Maggio ci regala: l’uomo gode
dell’infinito amore del Suo Creatore, ma spesso se ne dimentica o
lo rifiuta. Paradossalmente, un motivo in più, per la Chiesa e per i
cristiani, per continuare l’opera di evangelizzazione ed amare, con
rinnovato ardore, il prossimo.
X Vincenzo Bertolone
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1
La famiglia nel cuore di Maria
di Franco Oliva
Cari lettori,
in questo
numero abbracciamo la famiglia.A
maggio, mese di Maria, ci affidiamo
proprio al suo ruolo di Mamma
di tutte le mamme facendone
la lanterna che illumina queste
pagine. Raccontiamo la famiglia
guardandola pure con gli occhi
dei figli e di chi la vive ancora
più intensamente avendone fatto
il sale della propria vita, come
la giovane e coraggiosa coppia
della Casa famiglia che opera
a Castrovillari. Dedichiamo
meritato
spazio,
anzitutto
fotografico, al pellegrinaggio che
il 9 e il 10 maggio ha spostato
centinaia di fedeli tra due dei
santuari mariani più importanti
della diocesi: Santa Maria del
Castello, a Castrovillari, e Santa
Maria della Catena, a Cassano.
Iniziativa che ha piazzato una
bandierina difficile da divellere
sulla storia della Chiesa locale.
Diamo giusta ribalta al convegno
sugli esempi di santità e i
costruttori di pace svoltosi ad
Altomonte, e al film fotografico
delle festività pasquali nel Duomo
come nel resto del perimetro
diocesano, con
particolare
attenzione alla processione
delle “varette” del Venerdì santo
cassanese, della Passione vivente
di Montegiordano e di quella
inscenata all’ombra del santuario
di Maria delle Armi di Cerchiara
dagli studenti del liceo scientifico
di Trebisacce. Alle parole di
Benedetto XVI per la Giornata
mondiale delle comunicazioni
sociali seguono, ancora, foto e
testimonianze della Giornata
diocesana della gioventù ospitata
da Castrovillari. E infine una
sorpresa sistemata proprio al
cuore delle nostre tradizionali
sedici pagine. Non ve la
sveliamo, però, scopritela da soli.
Un grande Abbraccio, come
sempre.
D. M.
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La famiglia nel cuore di Dio, la famiglia nel
cuore di Maria, «Vergine Madre, figlia del Tuo
Figlio, umile ed alta più che creatura» (Dante).
La famiglia, comunità che nasce dal cuore
della madre.
Parlare di Maria è parlare della madre,
della famiglia, del Figlio suo. La madre è la
famiglia, colei che genera, accoglie, ama,
accompagna, sostiene, protegge, incoraggia.
Presente sempre ovunque, in ogni momento.
Se non la vedi, il suo cuore batte ugualmente.
Lei è l’amore, la gioia, la donna fedele, forte,
che lavora, col grembiule in casa e fuori,
laddove c’è bisogno. Segue il Figlio. Quando
parla, lo ascolta. Quando prega, prega con
Lui. Quando opera, non si estranea. «Fate
quello che vi dirà»: fiducia della madre nel
Figlio. «Non è ancora giunta la mia ora»: ora,
come in quella «ora», lei è presente. Né il suo
sguardo né il suo cuore l’abbandonano. Ha
creduto e continua a credere nel Figlio. È con
Lui ai piedi della croce: il suo volto di madre
«sul sangue versato», l’innocente Figlio, che
paga per tutti. È lì accanto a Lui, mentre
ripone ogni fiducia in Dio, «mio Salvatore». La
sua lacrima invisibile e lacerante è quella del
Figlio. Come puoi rimanere salda, mentre gli
amici del tuo Figlio fuggono, si disperdono, si
nascondono? Tu, Vergine fedele, continui a
credere, ad amare, a sperare. Nel tuo soffrire
continui ad essere madre e a generare la vita a
partire dalla croce. Né il tuo sacrificio né quello
del Figlio sono vani. Donna della speranza.
Se Lui ci ha amati ed ha dato se stesso, se il
Padre non ha risparmiato il tuo Figlio e lo ha
consegnato per noi, tu hai unito il tuo cuore
materno all’infinito Amore con la certezza
di una fecondità eterna. «Donna, ecco tuo
figlio». «Ecco la tua madre». E il discepolo la
prese con sé, nel suo cuore e nella sua casa.
Nasce un popolo nelle mani della madre, «una
moltitudine immensa, di ogni nazione, razza e
lingua”. Perché la madre Sua è la madre di
tutti, che continua ad essere con i suoi figli.
C’è la madre, c’è la famiglia, perché c’è
l’amore. Presente l’amore, v’è il servizio,
l’affetto, il cuore, l’intelligenza, l’unità, tutto.
Cuore di Madre, di te abbiamo bisogno. A
te guarda la famiglia, oggi, disorientata e
smarrita, in emergenza educativa. Tu, Madre
di ogni famiglia, continui ad indicare il cammino
della perseveranza «sino alla fine», della
pazienza dell’attesa, della fiducia, ricordando
che la famiglia, la sua unità, la responsabilità
dell’amore, la generazione alla vita, l’impegno
formativo si pagano a caro prezzo: il prezzo
dell’amore.
Spaccati di vita familiare
Io figlia
Casa famiglia
So di essere qualcosa di minuscolo nelle mani
di qualcuno troppo grande. Qualcuno che non
ho nemmeno la forza di immaginare, Dio, l’unico
artefice della mia linfa vitale. Quel Dio che al
solo pensarlo mi fa paura, paura di non farcela, di
cadere, di arrendermi. La mattina quando apro gli
occhi guardo il cielo, il sole, la vita che scorre e so
che vivere è il tesoro più grande che possediamo.
Troppo spesso lasciamo che ci scappi via, scivolando
come sabbia tra le mani. Abbiamo paura di quello
che la vita ci presenta, forse paura di sbagliare o
magari di non farcela. Ci copriamo di bugie, di
vigliaccheria, preferiamo scappare piuttosto che
sopportare il peso della responsabilità. Gesù non
ha fatto così. È vero, si potrebbe dire che non
possiamo paragonarci a lui, ma spesso ripensare
a quell’uomo che ha sopportato e affrontato con
coraggio una sofferenza così atroce mi dà forza. La
forza di andare avanti, di cercare di fare tutto con la
stesso spirito con cui Lui ha affrontato la croce.
Quante volte ci dimentichiamo o non ci
preoccupiamo dei nostri impegni,passiamo le nostre
giornate in modo svogliato. In questo modo, la vita
non ha più un senso, la responsabilità è qualcosa
di grande eppure così piccolo che renderebbe
tutto diverso. Saremmo più forti e vivremmo una
quotidianità fatta di cose forse anche pesanti, ma
cose che ci darebbero il senso di quella vita vera,
come ha fatto il Cireneo che nonostante tutto ha
aiutato Gesù a portare la croce rendendosi conto
della sofferenza che lo ha accompagnato. Non
lasciamo mai niente in sospeso, ma prendiamoci il
peso della vita sulle spalle.
Miriam Zupo
Ho la fortuna di avere una famiglia numerosa
che ha sempre avuto la porta aperta, a tutte
le ore in tutte le condizioni. Chi meglio di
me poteva immaginare di ritrovarsi a gestire
una casa famiglia come la “Paper moon”? Da
questa missione spontanea nella spirito della
solidarietà e dell’accoglienza nasce oltre
20 anni fa l’avventura e l’esperienza della
casa famiglia. Tempi tristi, dove regnavano
incontrastati gli “istituti” e dove l’idea nuova
di una struttura per minori in difficoltà,
gestita secondo i principi dell’ambiente
familiare, lasciava molte perplessità. Eppure
è nata, eppure tra la semplicità, l’anonimato,
gli errori (pochi) e la tutela dei minori,
esiste continuando a testimoniare che il
modello “famiglia” è la migliore soluzione
nell’educazione dei bambini e delle giovani
generazioni. Non ci sostituiamo ai papà e
ancor meno alle fondamentali mamme, ma
facciamo dell’amore che questi sanno dare ai
propri figli un modello ed un’azione concreta
che non lascia mai soli i bambini e le bambine.
Ma un insegnamento continua ad essere
sempre attuale: non ci si improvvisa genitori,
non si diventa mamme per professione, non
si può emulare l’amore della madre perché
è un servizio da erogare per il sostegno
dei minori in difficoltà. Si è mamma perché
si ama il prossimo, si è mamma perché si
crede nei propri figli, si è mamma perché si è
sempre vicini, si è mamma perché lo spirito di
sacrificio per i propri figli è gioia.
Maria Carrieri
Essere mamma
Essere mamma è stata la gioia più grande della mia vita. Ho scelto di esserlo in giovane età e ho
vissuto questa meravigliosa esperienza, che certamente cambia la vita, con l’energia dei miei 23 anni.
Si sente spesso dire che il “mestiere di genitore” è quello più difficile o che nessuno ha la ricetta
giusta per svolgere quest’arduo compito. Sicuramente, alla base di queste convinzioni c’è una grande
verità, tanto più se osserviamo quanto la società (…e tutto il resto) sia in continuo cambiamento.
Intanto diciamo che per una donna, diventare mamma, è la cosa più naturale di questo mondo. Poi
entrano in gioco altri fattori, come l’esempio ricevuto dalla famiglia ed il modo di rapportarsi con
i figli. Ho avuto la grande fortuna di provenire da una famiglia unita (cosa rara, di questi tempi),
numerosa e con una splendida mamma che senza bisogno di tanta cultura, ha sempre elargito lezioni
di vita semplicemente con la sua testimonianza e il continuo ascolto. Dico questo perché, con i miei
50 anni, penso di essere cresciuta insieme ai miei due figli nei momenti di gioia e soprattutto in quelli
di difficoltà, e grazie all’ascolto e al dialogo sono soddisfatta del mio rapporto con loro. Quest’estate
ho rivisto dopo 30 anni un mio caro compagno di liceo, l’ho trovato molto invecchiato, non solo
nell’aspetto, e la prima cosa che mi ha chiesto è stata: «Ma tu non hai paura di invecchiare?» Le
uniche parole che ho pronunciato in maniera spontanea sono state: «No, ho i miei figli!».
Rosanna La Polla
Tracce
di spiritualità
Fecondità
“Chi rimane in me, ed io in lui, fa
molto frutto” (Gv 15,5)
Il mese di maggio ha sapori
e suoni di rinnovamento. Da
ogni punto di vista. Assistiamo
ad una sorta di metamorfosi
generale che proietta mente
e cuore su orizzonti tanto
desiderati di gioia e di
libertà vera, che l’angusto
inverno aveva provveduto a
custodire. Va detto: l’uomo è
per la vita. Dio lo ha creato
così! Questa volta il filone
mensile del nostro giornale
si dipana, con tanti risvolti,
da un unico fulcro tematico
– Maria, la mamma, la donna
- che mi piace sintetizzare con
un solo termine: fecondità.
E’ una dimensione naturale
dell’essere donna che sfugge a
chi donna non è. Ma, se colta
nella sua accezione più figurata,
tale dimensione, invece, può
nascondere secreti e orizzonti
di una vita bella.Fecondità è
segno di desiderio e di dono;
di entusiasmo e di creatività;
di accoglienza e di generosità.
Se a tutto ciò facciamo
precedere la sorgente di
ogni fecondità – il Dio di
Gesù Cristo! - ci accorgiamo,
allora, che vivere implica
essere fecondi, naturalmente
e
ovviamente
fecondi,
intensamente fecondi.E qui
vanno verificati le nostre tante
chiusure o scoraggiamenti,
quelle latenti o vistose scelte
di non voler produrre o far
esplodere quanto ci portiamo
dentro, smascherando al
contrario pigrizie culturali
e accidie della volontà che
ci rendono, squallidamente,
infruttuosi. Infecondità è
morte. Essere fecondi, invece,
è vivere, generare speranza,
produrre, esplodere. Coma
Maria,
fecondata
dallo
Spirito. Come ogni donna
o madre, che vuole rivelare
tutta la potenza dei propri
desideri. Chi conosce Dio, sa
e vuole solo portare frutto.
Giovanni Maurello
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U n
p o p o l o
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c a m m i n
di Vincenzo Alvaro
L’orologio segna quasi le undici e mezza
quando il piazzale del santuario della
Madonna del Castello inizia a riempirsi di
rumori e figure insolite. Uomini e donne,
di tutte le età, giovani, famiglie, scout,
anziani signore, sacerdoti. Un popolo
di gente che cresce con il passare dei
minuti. Molti con uno zainetto sulle spalle,
quasi tutti con scarpe adatte alle lunghe
marce, attendono l’arrivo del vescovo
di Cassano, monsginor Vincenzo
Bertolone, che quando giunge, a bordo
di un furgone bianco, viene accolto da
un timido applauso. Quasi tutti sono
già entrati nel sommesso clima della
preghiera che li accompagnerà da li a
poco. Piccole istantanee dall’inizio del
pellegrinaggio voluto dal Pastore della
Chiesa cassanese e che nella notte tra
sabato 9 e domenica 10 maggio ha unito
in un unico abbraccio due tra i santuari
mariani più importanti del territorio
diocesano: la Madonna del Castello
e la Madonna della Catena. Un lungo
viaggio spirituale, con la compagnia
della preghiera, che ha coinvolto
oltre seicento persone. Un popolo in
cammino con il suo Pastore e guida che
dalla valle del Coscile, come gli antichi
pellegrini di un tempo, sono andati avanti
nel profondo della notte, alla ricerca
delle vera luce, Cristo, fino alla valle
dell’Eiano. Un incedere ritmato dai grani
del rosario, recitato senza sosta, con
una delicatezza che solo la notte ed il
cammino a piedi hanno saputo regalare.
Alla luce delle torce, amministrate con
gentile discrezione dagli scout dei
gruppi “Cassano 1” e “Trebisacce 1”,
il fiume di gente ha colorato le ombre
della sera con i suoi sorrisi, le sue
fatiche, le sue chiacchiere ai punti di
ristoro dove gli scout del “Castrovillari 2”
regalavano sorrisi e gesti di fraternità,
insieme alla continua assistenza
sanitaria dei gruppo della Misericordia
di Cassano e Trebisacce. Una prima,
riuscita esperienza, di un cammino che
ha coinvolto, appassionato, radunato e
attirato in tanti, molti di tutti le età, per
nulla spaventati dalla prova fisica.
All’arrivo, con le prime luci dell’alba,
allo splendido santuario della Madonna
della Catena, il vescovo ha officiato
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la santa messa sottolineando il forte
legame con l’evento e con la diocesi per
l’anniversario dei due anni di episcopato
in quel di Cassano. «Due anni intensi
– ha sottolineato monsignor Bertolone –
ricchi di tanta grazia». E come pellegrino
ha affidato alla Madonna il suo terzo anno
di Pastore della chiesa locale rinnovando
a tutti l’invito per rendere questo
pellegrinaggio una esperienza annuale
di grazia. «La strada è metafora della
vita – ha commentato entrando nei temi
dell’esperienza spirituale – cammino di
conversione che ciascuno compie nella
vita quotidiana. E’ Cristo la nostra meta.
Mettere Cristo al centro della nostra vita
significa coltivare l’amore vicendevole.
Impariamo a volare alto, la Madonna ci
renda capaci di essere costruttori del
bene comune».
Nella foto grande: il vescovo con i pellegrini alle prime luci
dell’alba. La meta è vicina.
Nella foto qui in alto: il vicario, don Franco Oliva, ad una
sosta ristoro con gli scout
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M a r i a
Nelle foto dall’alto, in senso orario: qualche momento prima della partenza davanti la Madonna
del Castello; l’arrivo alla Madonna della Catena;
alcuni momenti di marcia nella notte.
Il laico
La partenza
Il santuario della Madonna
del Castello
Il santuario della Madonna del
Castello sorge su una collina nella
parte vecchia di Castrovillari.
La Chiesa è nata dopo diversi
e vani tentativi, in tempi passati,
dei conquistatori che volevano
far sorgere un castello per avere
un migliore punto d’osservazione
sulla città. Immancabilmente e
misteriosamente però, i castelli, poco prima di essere completati, crollavano
senza apparente spiegazione. L’ultimo conquistatore, il Conte Ruggiero, con lo
stesso intento di costruire un castello, durante gli scavi per le fondamenta ritrovò
nel 1090 un quadro raffigurante una Madonna col bambino. Allora abbandonò
l’originaria intenzione e fece costruire l’attuale santuario facendone dono alla
città. Quel quadro è ora appeso all’altare con tutto il suo splendore dati anche
i recenti restauri. G. Z.
Il Santuario della Madonna della Catena
Il santuario della Madonna della Catena svetta da
un’altura nelle immediate vicinanze di Cassano nella
fertile valle attraversata dal fiume Eiano (vocabolo
greco che significa «sottile, piccolo fiume»). La
tradizione vuole racconta che il monastero, sorto
in prossimità della grotta dove alcuni anacoreti
greco-orientali custodivano l’effigie della Madonna
della Catena, si chiamasse originariamente
«Monastero del Follíno» (dal termine bizantino
follinon, sinonimo di grotta). Tale appellativo
rimase ad indicarlo, probabilmente, fino a quando
la miracolosa immagine della Vergine venerata
nella grotta non fu trasferita nel monastero,
che da allora prese la nuova denominazione di
«monastero della Santissima Madre di Dio». In tal
modo risulta citato nel Cartulary della Robinson,
che data l’anno 1059; ma già sul finire del secolo XI,
a questa denominazione principale il popolo aveva
cominciato ad unire quella più comune, «della
Catena», a motivo della catena pendente dalla
mano sinistra della Madonna. Da «Monastero della
Catena» si passò poi alla denominazione tuttora in
uso di «santuario della Madonna della Catena».
Il sacerdote
La meta
Gaetano Zaccato
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Convegno sugli esempi di santità in Diocesi
di Domenico Marino
«Quasi a dispetto di un generalizzato
e progressivo processo di desuetudine
all’ascolto della Parola e del Magistero
petrino, la voce della coscienza laica
esprime infatti, anche ai giorni nostri, il
grande desiderio di santità e di vedere
credenti che vivano la radicalità evangelica
in una società in cui la ricerca esagerata dei
valori terreni ha prodotto indifferentismo,
ateismo, relativismo etico e religioso.
Parlare di santità, invece, serve a dare una
riposta al perché della propria esistenza,
vista come un dono di Dio unico, irripetibile
e da vivere in pienezza».
Così monsignor Vincenzo Bertolone ha
motivato la scelta di dedicare agli “Esempi
di santità e costruttori di pace nella Diocesi
di Cassano all’Ionio” il convegno diocesano
svoltosi mercoledì 6 e giovedì 7 maggio
nella sala convegni del “Barbieri group”
di Altomonte. Due intense giornata di
discussione, approfondimento e confronto
su uomini e donne, religiosi e laici che
hanno dato lustro alla nostra Diocesi.
Ai lavori hanno preso parte, per ciascuna
delle due giornate, oltre trecento tra fedeli,
laici, religiosi e sacerdoti provenienti da
diverse diocesi calabresi. Presenti in sala
anche i sindaci di Altomonte e Cassano,
rispettivamente Giampiero Coppola e
Gianluca Gallo, nonché il presidente del
consiglio comunale cassanese, Rosella
Garofalo. La prima delle quattro sessioni
di lavoro, moderata da don Franco Oliva,
è stata aperta mercoledì pomeriggio con
l’introduzione di monsignor Bertolone,
cui è seguita la relazione di monsignor
Francesco Milito su “I Santi monaci italogreci del Nord-Calabria”. Quindi hanno
preso la parola il professor Franco Barletta
che ha parlato del “Beato Pietro Navarro
di Laino Borgo”, monsignor Domenico
Cirianni che ha relazionato su “Antonio
Perfetti di Saracena, dell’Ordine dei Frati
minori (1688-1749)”, e monsignor Antonio
Cavallo che ha approfondito il ricordo di
“Don Giuseppe Salerno di Roseto Capo
Spulico”. In serata la sessione è stata
conclusa da un dibattito tra pubblico e
relatori. Giovedì mattina alle 8 apertura della
seconda sessione, moderata da monsignor
Francesco Gimigliano, con la celebrazione
eucaristica. A seguire gli interventi di don
Franco Perrone su “Don Francesco Leone
di Mormanno”, di padre Antonino Timpano
su “Bernardino De Vita di Trebisacce”, di
don Antonio Morabito su “Rosaldo Bellavita
di Laino Borgo” e di padre Flavio Peloso
su “Padre Riccardo Gil Barcelòn martire
in Spagna”. Hanno completato la seconda
sessione il professor Leonardo Alario,
che ha svelato l’esistenza di “Suor Diana
De Filpo di Cassano allo Ionio, terziaria
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minima”, e il professor Enrico Cirianni, che
ha approfondito il tema “Suor Maria Umberta
di Gesù”. In coda, ancora un dialogo con i
convegnisti. Alle 15.30 di giovedì il via alla
terza e ultima sessione di lavoro, moderata
da don Joseph Vanson, che ha contato le
relazioni di Rosanna D’Agostino su “Suor
Semplice di Castrovillari. Monaca di casa,
al secolo Maria Berardi”, di monsignor
Francesco Gimigliano su “Elena Lamanna
di Amendolara”, di Clotilde Avolio su “Don
Francesco Maria Sarubbi di Mormanno”,
di monsignor Carmine Scaravaglione su
“Monsignor Raffaele Barbieri di San Marco
Argentano, vescovo di Cassano dal 1937
al 1968”, di monsignor Francesco Oliva su
“Don Carlo De Cardona” e di Italo Mastrolia
su “Monsignor Mariano Arciero”. Infine il
dialogo tra relatori e pubblico e le conclusioni
del vescovo. «E’ nostra intenzione – ha
chiosato il Presule – sottrarre all’oblio dei
tempi e della memoria diverse figure di
santità, per collegare il passato al futuro ed
offrire alla società contemporanea segni di
speranza e di impegno per l’affermazione
del bene comune».
Riflessioni e testimonianze/1
Padre Antonio della Saracena
Sintesi della relazione di don Domenico Cirianni
Il Venerabile padre Antonio della Saracena è una di quelle
personalità che si distinsero per la santità della vita. Nacque il
1688, figlio unico di Prospero Perfetto e di Virginia Viola. Aveva
uno zio arciprete, che gli insegnò la grammatica e la filosofìa;
quindi si recò a studiare legge a Napoli, ma non potè terminare
gli studi perché, dopo la morte del padre, dovette rientrare a
Saracena, decidendo ben presto di dedicarsi alla vita religiosa.
L’influenza della madre, donna «devotissima, molto conosciuta
e stimata per tutto il Paese», è decisiva nell’educazione del
figlio, abituato a penitenze e mortificazioni rigorosissime, quali il
portare una corona di spine sul capo o digiunare a pane e acqua
nelle sette Vigilie di Maria Vergine.
Il Venerabile padre Antonio della Saracena ha praticato in
modo eroico tutte le virtù, sostenendo le prove più dure: si
mortificava al punto da soffrire, come aveva sofferto lo stesso
Beato Umile.
Portava, inoltre, un cilicio robustissimo, fabbricato con grossi
ferri, e lo teneva addosso per molte ore del giorno e della notte.
Il manoscritto contenente la vita del Venerabile è pieno zeppo
di miracoli di ogni tipo, compiuti in tutti i paesi in cui è stato,
ma soprattutto a Bisignano: da quelli cosiddetti di curazione
alle profezie, dai miracoli di discrezione di spirito ai miracoli
prodigiosi, tra cui la resurrezione di un bambino morto, e la
manifestazione del dono dell’ubiquità.
Morì a San Marco il 18 settembre 1749.
Don Giuseppe Salerno
Sintesi della relazione di monsignor Antonio Cavallo
Don Giuseppe Salerno nacque a Roseto Capo Spulico il 26
aprile 1883. In famiglia respirò una sana e robusta educazione
civile, umana e cristiana. Sulle ginocchia materne apprese i primi
rudimenti di fede. Ebbe un’infanzia innocente: primo e migliore
dei chierichetti della parrocchia.
Fin dalla più tenera età sentì la chiamata di Dio, forse influenzato
anche dalla presenza dello zio paterno, l’arciprete don Prospero
Salerno. Dopo il corso elementare in Roseto Capo Spulico,
frequentò il Ginnasio nel Seminario di Bologna e compì gli studi
filosofici e teologici alla Facoltà Teologica di Napoli. Fu ordinato
sacerdote il 19 dicembre 1908 all’età di 25 anni. In seguito
esercitò il suo ministero in Roseto, dove era arciprete proprio
lo zio, don Prospero Salerno, guadagnandosi la stima di tutti.
Don Giuseppe ebbe un vivissimo amore per la sua Roseto. Per
Roseto egli visse, lavorò, studiò, soffrì, pregò, amò, morì. Roseto
egli ebbe nella mente, nel cuore, nelle sue preoccupazioni, nei
suoi progetti, nelle sue gioie e anche nei suoi dolori. Per Roseto
don Giuseppe fu uomo di cultura e di carità, di studio e di
organizzazione, di insegnamento e di preghiera. Per Roseto fu
sacerdote, santo, infaticabile confessore: per aiutare i confratelli
di Trebisacce, Amendolara, Montegiordano, Oriolo, a piedi
copriva le distanze che intercorrevano tra Roseto e questi
paesi. Fu consigliere esperto e discreto; educatore ingegnoso
e amico di tutti; delicato direttore di coscienze. A lui ricorsero
un po’ tutti: sacerdoti, religiosi, politici, professionisti vari, gente
semplice. Morì il 24 marzo 1962.
Don Francesco Maria Sarubbi
Sintesi della relazione di Clotilde Avolio
Don Sarubbi nasce nel 1878, anno in cui viene eletto Papa
Leone XIII, dopo l’unità d’ Italia, un periodo molto difficile per
la Chiesa. La sua figura si colloca, a pieno titolo, nel contesto
del Movimento cattolico calabrese. La sua opera si inquadra in
tre ambiti: gli studi e l’attività giornalistica, l’impegno educativo,
l’azione pastorale nel ministero ad Altomonte. Si forma nei
seminari di Cassano, prima, e di Cariati poi, dove insegna
lettere e, appena suddiacono, ne diventa rettore per volontà
del vescovo, monsignor Giuseppe Barillari. Prosegue gli studi
a Napoli presso l’Almo Collegio dei Teologi e qui si affaccia al
mondo del giornalismo. Entra nella redazione de “La Libertà”. La
collaborazione, come redattore ordinario, dal primo all’ultimo
numero, a “La Voce Cattolica” e a “L’Unione”, periodici fondati
a Cosenza da don Carlo De Cardona, lo vede impegnato a
battersi incessantemente in difesa della fede e della religione,
contro l’anticlericalismo socialista e la massoneria, a sostenere
e incoraggiare gli operai. E’ promosso all’Ordine del diaconato
e subito dopo, il 18 dicembre 1900, al presbiterato, con 18 mesi
di dispensa dall’età, a soli 22 anni, in titulum servitii ecclesiae.
Insegna a Mormanno, Altomonte e Castrovillari, convinto che
solo l’educazione e la cultura possono redimere dalla miseria
e dall’asservimento. Nel 1905 consegue, con il massimo dei
voti, il dottorato in Sacra Teologia. Lo stesso anno ha inizio
il suo impegno politico. Si candida a Mormanno alle elezioni
amministrative: è eletto e resta in carica solo due anni perché,
ormai parroco ad Altomonte, non riesce a conciliare i due
compiti. Nel 1907, il vescovo monsignor Pietro La Fontaine,
futuro patriarca di Venezia, lo nomina parroco di Santa Maria
della Consolazione ad Altomonte. Nel 1919, ispirandosi a don
Sturzo, fonda la locale sezione del Partito Popolare. La sua
vocazione adesso è completa: al sacerdote, al milite fedele
dell’azione cattolica, al giornalista, all’educatore, si aggiunge il
politico.
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7
Riflessioni e testimonianze/2
Don Mariano Arciero
Sintesi della relazione di Italo Mastrolia
Nella umile famiglia di Mattia Arciero – pastore - ed Autilia
Marmura –casalinga -, il 26 febbraio 1707 nacque a Contursi un
bambino a cui venne dato il nome di Mariano. All’età di 7 anni
Mariano venne condotto dal fratello maggiore in un altro paese
a pascolare il gregge di un parente; il padre, molto preoccupato,
andò a cercarlo e lo trovò mentre cantava in solitudine le sante
Litanie della Beata Vergine. Lo riportò a Contursi, dove però
Mariano rimase per poco tempo: all’età di otto anni, infatti,
venne scelto dalla nobile famiglia Parisi per recarsi a servizio
nella loro casa di Salerno. Nella famiglia c’era un giovane di
nome Emanuele che, avviato al sacerdozio, si prese cura di
Mariano e ne persuase la famiglia a farlo proseguire negli studi.
Diociottenne, Mariano, trasferitosi a Napoli con i Parise, si mise
a studiare Teologia. Il 22 dicembre del 1731 venne ordinato
sacerdote dal vescovo di Capri. Nel 1734, il vescovo di Cassano,
monsignor Gennaro Fortunato, lo chiamò ad affiancarlo nella sua
missione episcopale. Diede priorità al Catechismo dei piccoli.
Le conversioni non si contavano più e questa straordinaria
“rivoluzione” gli valse l’appellativo di “Apostolo delle Calabrie”.
Fu parroco ad Altomonte.A Castrovillari si occupò delle Clarisse
e del loro Monastero, impegno che proseguì anche quando fece
rientro a Napoli. Non perdeva mai tempo, pregava anche per
strada e non si soffermava mai per cose futili. Morì a Napoli il
16 febbraio 1788.
Suor Diana De Filpo
Sintesi della relazione di Leonardo R. Alario
Nata a Cassano il 28 agosto 1677, da Marcello e da Anna
Castellano, visse in casa con l’abito di terziaria dell’Ordine de
Minimi di san Francesco di Paola, distaccata dal mondo e dedita
solo a Cristo, a cui aveva dedicato la sua verginità. Praticò con
somma dedizione la carità, l’umiltà, la prudenza, la mortificazione
e la sottomissione. La rigorosa penitenza e l’eroismo, con
cui sopportò le afflizioni che segnarono la sua breve vita,
perfezionarono il suo cammino di purezza nella sequela di Gesù.
Morì il 22 (ma nei registri parrocchiali la sua morte è registrata
il 23) maggio 1722, a quarantacinque anni, consunta dall’aspra
pratica di mortificazione quotidiana e dall’ardente amore per il
Salvatore. Sepolta nella chiesa di san Francesco di Paola, sulla sua
tomba si ebbero molti prodigi tanto che subito si diffuse per lei
un’intensa devozione popolare. Di ciò tenne conto l’Ordine dei
Minimi, che, tramite il suo Procuratore, presentò domanda alla
Sacra Congregazione dei Riti, perché suor Diana fosse dichiarata
Venerabile, allegando a essa la testimonianza di alcuni miracoli
e grazie operati per sua intercessione. Monsignor Tedeschi,
arcivescovo di Apamea, Segretario della Sacra Congregazione,
respinse la richiesta per difetto di documentazione. Il padre
Procuratore, confuso e addolorato, si rivolse a suor Diana
perché intervenisse direttamente per superare la difficoltà. Ed
ella, senza por tempo in mezzo, apparendo in sogno a monsignor
Tedeschi, lo rimproverò di aver ostacolato la dichiarazione di
Venerabile e gli intimò di farlo. La mattina dopo, monsignor
Tedeschi si premurò di riferire della visione avuta durante la
notte al Prefetto della Congregazione stessa, il quale, a sentir
quelle parole, alzandosi in piedi e stringendo la mano al segretario,
gli chiese di dichiarare subito Venerabile la Serva di Dio Diana
de Filpo, avendo anch’egli quella notte ricevuto la stessa visione
8
• maggio 2009 •
Don Carlo De Cardona
Sintesi della relazione di don Franco Oliva
Don Carlo De Cardona nasce a Morano Calabro il 4 maggio
1871 da una famiglia, di antiche origini spagnole, formata dai
genitori, Rocco e Giovannina Ferraro, e da altri sei figli. Carlo,
dopo gli studi ginnasiali a Castrovillari, frequentò il Liceo
“Telesio” a Cosenza, ove conseguì la licenza liceale nell’ottobre
1889. Vinta una borsa di studio, andò a studiare a Roma,
ospite dell’almo Collegio Romano della Pontificia Università
Gregoriana. Dopo la laurea in filosofia nel 1891, ricevette gli
ordini minori dal cardinal Parocchi, ed il 22 settembre 1894
il suddiaconato a Cosenza dall’arcivescovo Camillo Sorgente.
Fu ordinato sacerdote il 7 luglio 1895 dal Vescovo di Cassano,
monsignor Evangelista Di Milia. Monsignor Camillo Sorgente,
arcivescovo di Cosenza dal 1874 al 1911, scelse don Carlo
quale suo segretario, volendo offrire l’immagine di una Chiesa
più impegnata in campo sociale e capace di entrare in empatia
con il mondo dei lavoratori, specie quello rurale. A Cosenza
don Carlo diede inizio a tantissime iniziative sociali: nel 1897,
la Società operaia di carità reciproca, con funzioni di mutua
assistenza fra i lavoratori, e l’anno successivo la Cassa cattolica
operaia, per facilitare l’accesso al piccolo credito fra i soci
operai; la Lega del Lavoro, nel 1901; la Cassa rurale cattolica,
nel 1902. Col favore dell’arcivescovo Sorgente, che fu tra i
soci, insieme ad altri quattro sacerdoti, costituì la Cooperativa
cattolica di credito fra gli operai, la Cassa rurale di depositi e
prestiti cattolica, nel 1904 la Cassa rurale cattolica di San Pietro
in Guarano, la Cassa rurale di Rende, Luzzi, Rose, Mendicino nel
1905. In provincia di Cosenza, le Casse Rurali nel 1927 divennero
in tutto 103. Nel 1914, al seguito di don Sturzo entrò a far
parte del Comitato per il Mezzogiorno dell’Unione Popolare
dei Cattolici Italiani. Successivamente, nel 1919, insieme a don
Luigi Nicoletti, fu tra i fondatori del Partito Popolare in Calabria.
Un anno insieme
Inserto speciale in occasione del secondo anniversario episcopaledi Mons. Vincenzo Bertolone
• maggio 2009 •
9I
Servire seguendo il modello di Cristo
Un Abbraccio a padre Vincenzo
E siamo a due anni, o se preferite
a
ventiquattro
mesi, oppure
a
settecentotrentuno giorni e quattro ore, o
ancora a... Contateli come volete, cambierà
il formato ma non l’intensità del tempo
trascorso dall’ordinazione episcopale di
monsignor Vincenzo Bertolone, nostro
pastore, faro spirituale, bussola umana
ed editore. Due anni e poco più da quel
3 maggio 2007 nella Basilica di San Pietro,
in Vaticano, quando una folla di fedeli pure
cassanesi riceveva il primo sorriso dal
neo vescovo. Settecentrotrentuno giorni
che racconteremo in queste quattro
pagine del “panino” interamente dedicato
al secondo anniversario. Che, come già
scelto per il primo, faremo raccontare
e commentare alla diocesi, a chi ne è
quotidiano protagonista attraverso le sue
mille sfaccettature: volontariato, preghiera,
liturgia e molto altro ancora. Partendo
dall’omelia con la quale monsignor
Bertolone ha salutato il popolo diocesano
domenica 3 maggio nel Duomo, scelto per
accogliere la celebrazione eucaristica che
ha solennizzato i due anni dall’ordinazione,
scivoleremo indietro nei giorni e nei mesi
recuperando dal forziere della memoria i
momenti più importanti del secondo anno
di episcopato, condendoli con le riflessioni,
le frasi e gli spunti culturali maggiormente
significativi, e facendoli scortare da decine
di fotografie testimonianza visiva di dodici
mesi tanto intensi quanto ricchi. Non
poteva mancare, e infatti non mancherà,
un ricordo di mamma Carmela, tornata
alla casa del padre proprio nel secondo
autunno cassanese di padre Vincenzo. Che,
in coda, ringraziamo per essere sempre
nostro attento compagno di strada e che
salutiamo come ci ha insegnato a fare: con
un sorriso.
Domenico Marino
II10
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Il suo secondo compleanno da vescovo
monsignor Vincenzo Bertolone l’ha
festeggiato alla sua maniera: in
preghiera, nella Cattedrale gremita,
attorniato dal suo popolo e dai suoi
confratelli, richiamando i doveri del
Buon Pastore e dei sacerdoti. Gioia
e felicità per l’evento, dunque, ma
anche consapevolezza di non poter
trascurare, neppure per un solo istante,
la missione di evangelizzazione
intrapresa dalla Chiesa cassanese,
con particolare e rinnovato vigore,
proprio all’indomani dell’insediamento
in Diocesi di monsignor Bertolone.
«Solo Cristo, Buon Pastore, venuto
non per essere servito, ma per servire
– ha affermato il Presule nell’omelia
offerta alla riflessione del Clero e dei
fedeli nel corso della solenne messa
officiata in Cattedrale nella serata
del 3 maggio - può insegnarci come
amare e servire la Chiesa. Dal suo
esempio ogni vescovo, nella cura
quotidiana del gregge, è stimolato a
farsi tutto a tutti, proponendo la verità
della fede, celebrando i sacramenti
della santificazione, testimoniando la
carità del Signore. Tale sollecitudine
il vescovo deve avere anzitutto nei
confronti dei sacerdoti: accogliendoli,
ascoltandoli,
confortandoli
e,
se
necessario,
correggendoli:
ricercandone sempre la collaborazione
e restando loro vicino, specialmente
nei momenti più significativi della loro
vita e del loro ministero. Ecco, tutto
ciò io spero d’essere stato, almeno in
parte, e di poter continuare ad essere,
o diventare, anche col vostro aiuto,
seguendo l’insegnamento di Cristo». A
seguire, un appello ai sacerdoti: «Non
vi chiudete nella rassegnazione e non
vi confondete nello stordimento della
contemporaneità, perché Cristo vi
ama, vi chiama per nome, vi porta alla
libertà e alla salvezza. A lui conformate
il vostro operato: solo seguendo il Suo
esempio, potremo dilatare tanto i nostri
cuori da non perdere nessuna delle
pecore affidateci; potremo allargare i
nostri orizzonti al punto da vedere solo
il bene, anche in chi si presenta come
peccatore incallito; potremo contare
su un coraggio che ci farà fuggire il
rischio dell’abbandono e la tentazione
della chiusura; potremo ereditare
la forza di donare ad oltranza, non
avendo paura di perdere anche la vita
per questo».
Quindi, in coda, un pensiero alle
vocazioni ed al seminario: «Il
seminario è di tutti ed a tutti, non
solo al vescovo, deve stare a cuore
che ci siano tanti seminaristi. Esso
è il cardine di tutti i problemi della
diocesi, è la mia speranza e la mia
più grande preoccupazione, perchè
se il seminario sarà fiorente, avremo
allora sacerdoti formati ad assistere
la gioventù di domani, a guidare
le aggregazioni laicali cattoliche, a
trasmettere le buone e sante tradizioni
che favoriranno la testimonianza della
vita cristiana».
Pensieri e parole di Vincenzo
Bertolone, da due anni monsignore e
vescovo e luce che brilla nei cieli della
Calabria citra.
Gianpaolo Iacobini
Vescovo di una Chiesa che cambia
Un anno da vescovo. Un altro, il secondo,
vissuto tra la gente, con il solo obiettivo di
portare avanti, senza soste, il progetto di
rinnovamento pastorale, e in alcuni casi di
ricostruzione, della Chiesa cassanese.
Non ha tradito le premesse, monsignor
Vincenzo Bertolone: la svolta di cui
erano state poste le basi nei primi dodici
mesi di episcopato, ha trovato conferme
nell’operato successivo, quello più
recente. Caratterizzato da un lento ma
costante ed unitario procedere
della Diocesi, tutta intera,
verso il futuro.
Oggettivamente impossibile
negarlo: col Presule di origini
siciliane - che Cassano
ha adottato facendone
un suo figlio, ricambiata
di tanto amore - il volto
della Chiesa nostrana
è cambiato. Il Palazzo
vescovile non è più
una torre d’avorio, ma
il luogo di nuovi inizi,
la sede di un costante
dialogo tra il Presule
e i suoi confratelli
e
la
comunità
diocesana in ogni
sua articolazione
ed espressione. La
Curia, riorganizzata, cammina ora
con passo più spedito. Le associazioni
e i movimenti ecclesiali, molti dei quali
nati proprio su impulso di monsignor
Bertolone, iniziano a radicarsi pian piano
nel tessuto sociale. Le risorse, umane
e materiali, sono finalmente impiegate
con discernimento, cognizione di causa
e profitto pastorale,
al punto
d a
f a r
esclamare a più d’uno che sono finiti i
tempi in cui Berta filava.
Traguardi certo importanti, eppure solo
strumentali al perseguimento di altri
ancor più rilevanti obiettivi. Due su tutti:
la formazione dei sacerdoti e dei laici; la
cura e la crescita della persona umana.
Ovviamente, nel nome di Cristo, seguendo
il suo insegnamento. A testimonianza di
ciò, non solo i messaggi racchiusi nella
seconda Lettera pastorale data alle
stampe, ma anche i convegni diocesani
(ben due) promossi nell’arco
di
un
anno,
dedicati
alla
figura del Cristo
ed agli esempi
di santità di cui è
storicamente ricca
la Diocesi, e le
decine di iniziative
culturali e spirituali,
sostenute
con
energia e convinzione
in ogni paese della
Calabria citra. Col
Presule
impegnato,
finanche alla vigilia del
Ferragosto, a discutere
delle ragioni della vita
in mezzo ai vacanzieri
stupiti, ed ammirati, da
così tanto fervore e zelo.
Non
è mancata, in questo
quadro luminoso e variegato, la chiamata
alle pacifiche armi dell’impegno civile e
sociale, ben esplicata nel convegno
novembrino sulla legalità. Neppure s’è
mai spezzato il filo di comunicazione
con l’universo giovanile, anzi ispessito
e ben annodato, come evidenziato dalla
Giornata diocesana dei giovani. E poi
l’avvio della causa di beatificazione di
monsignor Raffaele Barbieri; il restauro di
diverse chiese, e tra queste la Cattedrale;
il sostegno al seminario diocesano,
dedicato alla figura di Giovanni Paolo
I, ed ancora i nuovi libri pubblicati, le
innumerevoli riflessioni offerte ai lettori
dei quotidiani locali e nazionali, oltre
che dell’“Abbraccio”, ed avanti così,
all’infinito, con la tenacia e l’umiltà di un
pellegrino che sa di avere ancora molta
via da percorrere e tanti compagni da
incontrare e coinvolgere nel viaggio che
porta a Cristo.
Buona strada, monsignor Bertolone.
G. I.
Il ricordo di mamma Carmela
Lo sguardo si gira ansioso. Resta sospeso,
come la voce, strozzata in gola. Cerca,
ma non trova, il volto su cui era solito
adagiarsi sicuro con la delicatezza di una
carezza. Poi il silenzio, che attutisce i
rumori della lotta tra il dolore e la voglia,
e la necessità, di ricominciare, per non
tradire gli insegnamenti mutuati da Cristo
ed impartiti con ferma saggezza proprio
da chi non c’è più.
Nel suo secondo anno da vescovo,
monsignor Bertolone ha perso il suo
tesoro più grande, mamma Carmela,
salita al Cielo il 19 novembre del 2008.
La morte ha separato madre e figlio.
Neppure la morte, però, è riuscita a
spezzare un legame indissolubile, che si
rinsalda nel ricordo degli anni passati
insieme e nella cura dei valori trasmessi
con l’esempio quotidiano.
Il silenzio. Dura un attimo, ma per chi lo
vive è lungo un’eternità. Lo sguardo, ora,
sembra aver trovato ciò che cercava.
La voce è di nuovo sicura. Sembra
quasi di sentirla, mamma Carmela,
mentre affettuosa borbotta parole di
incoraggiamento al figlio, che le risponde
sfiorandole il capo con le mani e
baciandola sulla fronte.
Io c’ero, io ho visto. È accaduto, come
molte altre volte prima, il 3 di maggio del
2009: mentre la Diocesi festeggiava il suo
Pastore, monsignor Bertolone stringeva
a
sé mamma Carmela.
G. I.
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11
III
Le testimonianze
Ritrarre il nostro vescovo in
poche righe è impresa ardua, se
non impossibile. Avete presente
quando da piccoli si avverte il
bisogno di stringere la mano
al proprio padre, in cerca di
sicurezza e riparo? Ecco cosa
è stato monsignor Bertolone in questi due anni
per me, ma credo per tutti: un padre forte, tenace,
autorevole,dolce, che non ha mai lasciato la mano
alla sua diocesi. E come un padre, è andato in cerca
dei suoi figli più piccoli, facendo lui il primo passo e
mostrando la sua disponibilità a parlare il nostro
linguaggio, a rispondere alle nostre domande, e tutto
questo con la melodia di quel sorriso che lo ha sempre
accompagnato. Padre Vincenzo sta dando alla nostra
diocesi un volto giovane ed autentico, ricordando a noi
giovani che prima di essere il futuro, dobbiamo essere
il presente, ovvero protagonisti della nostra vita. È
un vescovo capace di emozionarsi o di commuoversi
durante le omelie, di saper scrutare attraverso gli occhi
della gente e di leggerne lo stato d’animo, di essere
giovane tra i giovani e di guardare tutto con gli occhi
del cuore. Ecco perché credo che la sua testimonianza
di vita sia un’esplicitazione del segreto che la volpe
confida al “Piccolo Principe”: «Non si vede bene che
con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi».
Delia Lanzillotta
Coro diocesano
Monsignor Bertolone, per noi
scout, è stato non solo il vescovo,
ma un fratello scout. Come
se fosse sempre stato uno di
noi, infatti, ci è stato al fianco
nella marcia e nei campi, nella
preghiera e nel divertimento. Lo
ricordo presente, ad esempio, ai nostri campi estivi a
Colle Marcione. E ricordo pure che ci ha sempre voluti
al suo fianco, coinvolgendoci in percorsi di fede e negli
appuntamenti liturgici e culturali più importanti, come
in quelli apparentemente secondari. Ci ha sostenuti
nelle nostre iniziative di volontariato, offrendoci
anche la possibilità di poter realizzare il nostro sogno
d’essere vicini ai sofferenti. E noi lo abbiamo ripagato
con ammirazione e stima, perché abbiamo toccato
con mano la vicinanza della Chiesa alla quale pure
apparteniamo ma che spesso viviamo come distante
ed impalpabile.
Grazie, dunque, monsignore, per la sua vicinanza e,
soprattutto, per aver scelto, e ricevuto dal Signore, la
grazia d’essere un vescovo dalla dimensione umana.
Francesco Spezzano
Clan “Ruah” - Gruppo scout “Cassano 1”
12
IV
• maggio 2009 •
Da vescovo, monsignor Vincenzo
Bertolone ha conservato la sua
indole da educatore, negli ultimi
due anni palesata non più sotto
le vesti d’insegnante, bensì da
maestro di vita per i numerosi
giovani della diocesi, instaurando
un bel rapporto con tutti, entrando a far parte di
ogni attività proposta da noi ragazzi e permettendoci
di realizzare ogni nostra iniziativa. Ad esempio, nel
corso dell’ultimo convegno diocesano svoltosi in
concomitanza con la giornata mondiale della gioventù,
tenutosi a Castrovillari il 4 aprile 2009, noi ragazzi
abbiamo posto al vescovo delle domande inerenti
il tema proposto, ovvero la ricerca della grande
speranza. Lui ha risposto in modo esauriente a tutti
i nostri interrogativi, spronandoci ad essere sempre
sereni, anche nella sofferenza, e riprendendo, in questo
modo, una frase di sua Santità Papa Benedetto XVI.
Aggiungiamo: siamo stati molte volte onorati della sua
presenza. Saremo sempre lieti di ospitarlo tra noi, per
ampliare la nostra cultura spirituale e morale.
Ida Barletta, Lia Bruno, Chiara Miceli
Ac Morano
«Il m o n d o h a b i s o g n o d i santi»
Ecco di seguito alcuni stralci
della riflessione offerta
da monsignor Vincenzo
Bertolone ai partecipanti
al convegno sugli esempi
di santità della Diocesi di
Cassano. Ha affermato il
Presule: «La nostra Diocesi,
nel corso della storia è stata
colmata di doni dallo Spirito
Santo.
Reputo
perciò
opportuno
che
questo
convegno abbia illustrato i
profili di alcune figure nate o
vissute nel territorio proprio
in Diocesi, distintesi distinte
per santità, studio ed opere
e divenute fulgidi esempi per
il popolo di Dio. (…) Viene
spontaneo
domandarsi:
ha senso parlare hic et
nunc di santità, essendo
oltre
tutto
l’argomento
non di sintetica e facile
esposizione e sapendo che
gli addetti ai lavori sono
compresi a fatica dal largo
pubblico quando, attraverso
i media, si esprimono su
termini quali beatificazione
e
canonizzazione?
La
risposta più logica e
immediata sarebbe: no! Ma la voce della
coscienza laica esprime il grande desiderio
di santità. Per questa ragione, allora,
non solo è possibile, ma è necessario
affrontare il tema della santità. C’è anche
una ulteriore motivazione molto delicata
e, quindi, da non sottovalutare. Si tratta
della constatazione, amara purtroppo,
che l’indifferentismo e il relativismo non
sono soltanto punti di approdo di un
lungo processo di scristianizzazione,
ma costituiscono anche la piattaforma
intellettuale ed etica di un altro fenomeno:
la labilità della memoria, cioè la facilità
a dimenticare. (…) Parlare di santità,
dunque, serve a dare una riposta al perché
della propria esistenza, vista come un
dono di Dio unico, irripetibile e da vivere
in pienezza. (…) La santità è l’incontro
fra la chiamata di Dio, che si dona, e la
generosa e costante risposta dell’uomo.
La Sua chiamata è rivolta a tutti ed è
universale, come universale è la salvezza
operata da Cristo e continuata nel tempo
dalla Chiesa, suo Corpo mistico. Noi
entriamo a far parte della Chiesa mediante
il Battesimo, che ci unisce a Cristo, per
cui il battezzato diventa oggettivamente
un santo, un consacrato della Trinità.
Ma se si entra a far parte della Chiesa
santa mediante il Battesimo, non basta
ricevere questo sacramento per essere
automaticamente e personalmente santi.
È la storia della chiesa casta meretrix
intuita dal genio di Agostino: “La Chiesa è
santa nelle sue strutture, ma può essere
peccatrice nelle membra umane in cui si
realizza: è santa in cerca di santità”. (…)
La santità non è un lusso, o un ideale
facoltativo, o un privilegio di qualcuno, ma
un’intrinseca esigenza della vita cristiana.
L’invito di Gesù alla santità è rivolto a tutti
i cristiani, i quali costituiscono insieme
il prolungamento del Cristo attraverso
il mistero della Chiesa: “Tutti i fedeli di
qualsiasi stato o grado sono chiamati
alla pienezza della vita cristiana e alla
perfezione della carità” (LG 40), “ognuno
secondo i propri doni e uffici” (LG 41). Al
riguardo, sant’Efrem Siro aveva scritto:
“Se vuoi fare un viaggio verso un’altra
terra, una terra lontana, verso la tua
patria, non puoi lasciarti dietro tutta
l’estensione della strada in un istante, ma
fai un certo numero di passi, e giungi così,
a poco a poco e con fatica, alla terra che
brami. Così avviene anche per il regno
dei cieli, per il paradiso di delizia. Vi si
giunge attraverso il digiuno, l’astinenza
e la veglia. L’astinenza, le lacrime e la
preghiera, la veglia e l’amore sono le
tappe che conducono al cielo”.
(…) Lungo il tragitto, i santi sono dei
compagni, che fanno pesare di meno i
passi anche perché diffondono il buon profumo
della perfezione. Ma di quali santi ha bisogno
il fedele, cioè il comune mortale? Di quelli
che stanno sugli altari, ovviamente. Ma non
basta: probabilmente, quelli che più incidono
sui comportamenti e le credenze del popolo di
Dio sono i santi di tutti i giorni: i buoni padri
di famiglia, le mamme pronte a sacrificarsi a
favore dei figli e dei nipoti, dei bravi maestri (non
ce n’è un gran numero in giro, ma qualcuno
buono è rimasto) e di religiosi. Soprattutto, i
santi a cui guarda il popolo dei fedeli sono i
consacrati. Sono essi che li aiutano nella
difficile traversata dall’immanente (cioè le
storie di tutti i giorni) al trascendente (e, quindi,
offrendo un sostegno per meglio comprendere
i problemi del male, dell’ingiustizia, della
sofferenza spesso inspiegabile perché gratuita,
dell’abisso di malvagità che periodicamente ed
inopinatamente travolge l’umanità).
(…) I credenti, e non soltanto essi, hanno
estrema necessità dei santi per continuare
a credere nella vita che, di per sé, non ci
presenta credenziali convincenti per farsi
accettare e per farci accettare delle verità che
vadano al di là della banalità e dell’ovvietà
del tran-tran quotidiano. Bisogna coltivare
l’aspirazione, anche latente, di essere santi
con ferma convinzione perché, come scriveva
sant’Agostino, “la vita di un buon cristiano è
tutta un santo desiderio”».
G. I.
• maggio 2009 •
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La Pasqua nella Calabria citra
Cronache di Pasqua. Si comincia da
Cassano, dove nella mattinata del
Giovedì Santo, si è assistito alla Santa
Messa Crismale con la benedizione degli
oli santi. A seguire, in serata, la predica
della Passione di Cristo, con il rituale
della “Chiamata della Madonna”, affidata
a don Francesco De Marco, e l’ingresso
in Cattedrale della statua della Vergine
Maria con al seguito flagellanti, cantori
del “Jesu”, tromba, troccola e tamburi. Il
Venerdì Santo, invece,, ha avuto luogo per
le vie cittadine la storica processione dei
Misteri, comunemente detta Processione
del Venerdì Santo. Da segnalare ancora la
Veglia del sabato santo e la celebrazione
della santa messa della Domenica di
Pasqua, officiata dal vescovo monsignor
Vincenzo Bertolone.
Da segnalare anche l’iniziativa promossa
da un gruppo di studenti del liceo scientifico
“Galileo Galilei” di Trebisacce, che d’intesa
col gruppo di preghiera “Santa Maria delle
Armi” di Cerchiara e la collaborazione
della professoressa Rosanna De Gaudio
e dell’associazione culturale “Setea”, nel
suggestivo teatro naturale del santuario
cerchiarese hanno messo in scena la
Passione di Cristo.
In coda, doverosa citazione per la
seconda edizione della Passione vivente
di Cristo, rappresentata dalla comunità
di Montegiordano Marina, guidata dal
parroco, don Pasquale Zipparri, e dal
diacono Gabriel Aind. La sera della
domenica delle Palme, in uno scenario
naturale particolarmente suggestivo, la
colonia delle suore di Montegiordano,
la Passione di Cristo ha permesso a
tutti di immedesimarsi e vivere vicende
accadute duemila anni fa. Le luci, i vestiti,
le scenografie, le emozioni: nulla è mancato.
E sicuramente dal Cielo qualcuno avrà gradito
questo nuovo modo di far arrivare a tutti il Suo
messaggio, efficace e suggestivo quanto le
tradizionali forme di manifestazione della fede
e della devozione al Cristo morto e Risorto.
(Hanno collaborato Gaetano Zaccato e
Salvatore Di Gesù)
Foto gallery
Nelle foto: da sinistra a destra, la Messa Crismale, il Giovedì e il Venerdì santo a Cassano.
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Nelle foto: da sinistra a destra, la Passione vivente di Montegiordano e quella inscenata a Cerchiara dagli studenti di Trebisacce.
• maggio 2009 •
Giornata delle Comunicazioni sociali
di Roberto Fittipaldi
“Nuove tecnologie, nuove relazioni.
Promuovere una cultura di rispetto, di
dialogo, di amicizia”.
È questo il tema della quarantatreesima
giornata mondiale delle Comunicazioni
Sociali per la quale, come di consueto,
il Papa Benedetto XVI ha diffuso un
messaggio al centro del quale vi è il
cambiamento imposto dalle nuove
tecnologie digitali nei modelli di
comunicazione e nei rapporti umani.
Cambiamenti particolarmente evidenti
tra i giovani», rileva Benedetto XVI, «che
sono cresciuti in stretto contatto con
queste nuove tecniche di comunicazione,
i cui vantaggi devono essere messi al
servizio di tutti gli esseri umani e di tutte le
comunità, soprattutto di chi è bisognoso e
vulnerabile».
Il Papa esalta i benefici che «derivano da
questa nuova cultura della comunicazione:
le famiglie possono restare in contatto
anche se divise da enormi distanze, gli
studenti e i ricercatori hanno un accesso
più facile e immediato ai documenti,
alle fonti e alle scoperte scientifiche».
Un’evoluzione veloce dei nuovi media ed
un’altrettanto immediata loro popolarità
è frutto, fa notare il Santo Padre, del
«desiderio di comunicazione e amicizia»
che «è radicato nella nostra stessa natura
di essere umani». Aprendo così lo scenario
alla «chiamata di Dio» che fa nascere
nell’uomo «il bisogno di avvicinarci
ad altre persone». «E’ una chiamata spiega Papa Ratzinger - che è impressa
nella nostra natura di esseri creati a
immagine e somiglianza di Dio, il Dio
della comunicazione e della comunione».
Il Santo Padre mette in luce, poi, anche
l’importanza della «qualità dei contenuti»
che le persone sono chiamate a mettere
in circolazione, incoraggiandole «perché
si impegnino nel promuovere una cultura
del rispetto, del dialogo, dell’amicizia».
Se questo è ciò che va fatto, ciò che si
deve evitare, per Papa Benedetto XIV
è «la condivisione di parole e immagini
degradanti per l’essere umano, ed
escludere quindi ciò che alimenta l’odio
e l’intolleranza, svilisce la bellezza e
l’intimità della sessualità umana, sfrutta i
deboli e gli indifesi».
In ogni caso, il Papa mette in guardia dagli
eccessi che possono portare la persona ad
isolarsi o ad essere condizionati da modelli
consumistici. Per il Sommo Pontefice «è
gratificante vedere l’emergere di nuove
reti digitali che cercano di promuovere la
solidarietà umana, la pace e la giustizia,
i diritti umani e il rispetto per la vita e il
bene della creazione». Ma al contempo
«sarebbe un grave danno per il futuro
dell’umanità, se i nuovi strumenti della
comunicazione non fossero resi accessibili
a coloro che sono già economicamente e
socialmente emarginati o se contribuissero
solo a incrementare il divario che separa i
poveri dalle nuove reti».
In conclusione, il Santo Padre si rivolge ai
giovani cattolici «per esortarli a portare nel
mondo digitale la testimonianza della loro
fede».
Presentato il libro di Vincenzo Conso
Presentato nel corso di una manifestazione,
presso il Teatro di Cassano, il volume di
Vincenzo Conso su “L’azione internazionale
dei cattolici nel mondo rurale. L’esperienza
dell’Icra”. L’iniziativa, è stata promossa dal
rispetto ai problemi e alle prospettive del
mondo agricolo. Dal canto suo, monsignor
Bertolone ha rilevato la ricchezza di notizie
e di dati oggettivi del volume, nonché la sua
compiutezza espositiva, adeguata cornice di
centro studi “Giorgio La Pira”, presieduto
da Francesco Garofalo. Alla manifestazione
hanno preso parte, tra gli altri, il vescovo,
monsignor Vincenzo Bertolone; Albino
Gorini, vice presidente della Commissione
internazionale del Cnel; don Franco Appi,
direttore della collana “Cristiani nel Mondo”;
il sindaco di Cassano Gianluca Gallo. Il lavoro
di Vincenzo Conso sull’Icra (International
catholic rural association) è collocato
nella collana “Testimoni”. La storia dell’Icra,
come osserva l’autore, è storia di persone
che hanno elaborato strategie possibili
una materia che è interprete dello spirito
di un cattolico militante, che incarna quelle
che Giovanni XXIII definiva «vocazione
speciale dei cattolici laici, che non perdono
occasione di ribadire l’esigenza della
promozione integrale e solidale dei popoli,
privilegiando i più poveri e gli ultimi».
Vincenzo Conso,cassanese,da anni residente
a Roma, attualmente ricopre l’incarico di
segretario generale dell’Icra e di segretario
nazionale di “ReteinOpera”, organismo che
riunisce i maggiori gruppi, associazioni e
movimenti cattolici a livello nazionale.
• maggio 2009 •
15
11
Terremoto: vicini ai fratelli d’Abruzzo
Il dramma del terremoto che nelle settimane
passate ha devastato l’Abruzzo, seminando
morte e distruzione, non ha lasciato indifferenti
la Chiesa e le genti di Calabria citra. Molto
hanno fatto, e tanto si sono adoperati, in
singoli, le varie comunità parrocchiali e la
Caritas diocesana, sotto il coordinamento
della Diocesi, nonché diverse associazioni di
volontariato (quali, ad esempio, le Misericordie
di Cassano, Castrovillari e Trebisacce). Il
vescovo, monsignor Vincenzo Bertolone,
ha inoltre scritto al suo confratello vescovo
dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari: «Le
immagini che e le notizie che i media rilanciano
da settimane sulle condizioni della gente e
della terra d’Abruzzo continuano a fare breccia
nei cuori di ogni cristiano, instillando sentimenti
di dolore e solidarietà, anche adesso che la
fase dell’emergenza può dirsi tecnicamente
in via di superamento. I crolli di strutture ed
infrastrutture sono cose gravissime, ma il
cuore di un Padre-Pastore come il Suo, ha
vibrato - chi non l’ha percepito? – per gli uomini
colpiti nella propria famiglia, nella comunità».
Ha aggiunto il Presule cassanese nella sua
missiva: «Unisco il mio grido a quello di coloro
che invocano aiuto e chiedono di non essere
abbandonati da chi ha il dovere di intervenire.
Al contempo, rinnovo l’impegno per offrire
sostegno, materiale e spirituale, affinché
possano non venire mai meno la speranza e
la fiducia».
In coda, l’auspicio: «L’augurio è che insieme
alle esigenze del corpo, si trovino il modo e la
forza per rispettare anche quelle dello spirito,
pure in questi giorni densi di inquietudini,
paure, terrore. In molti, probabilmente, c’è la
comprensibile sensazione di trovarsi come
nell’occhio di una tempesta, col cuore che trema
e la mente che vacilla. È importante, perciò,
ritrovare la sicurezza, in sé e nel prossimo.
Essa, però, può essere donata solo da una
fede genuina, che ci conduca fuori da noi
stessi, ancorandoci a Dio. E’ a Lui, al Signore
Dio nostro, che in queste ore tristi dobbiamo
stendere le mani oranti perché ci porti al largo
e ci liberi perché ci vuole bene». G. I.
L’impegno della Caritas
Molto s’è spesa, per i fratelli e le sorelle
d’Abruzzo, anche la Caritas diocesana. Che
oltre a stanziare, per volere del suo direttore,
don Pierfrancesco Diego, una somma di 5.000
euro, d’intesa con Caritas Italiana ha sollecitato
le parrocchie ad indicare i nominativi di
volontari, singoli o associati, pronti a recarsi nei
luoghi del terremoto, per svolgere attività di
ascolto, di animazione dei giovani e dei bambini,
di sostegno nelle attività delle tendopoli. Molte
ed entusiastiche le risposte e le adesioni, tanti i
gruppi partiti alla volta dell’Aquila.
G. I.
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• maggio 2009 •
Il contributo delle Parrocchie
Nome parrocchia
Santa Maria della Consolazione
Giacomo Apostolo
Natività B.V.M.
San Francesco d’Assisi
Santa Maria di Loreto
Rettoria Santa Domenica
San Domenico
Sacri Cuori di Gesù e di Maria
Presentazione del Signore
San Giuseppe
San Raffaele Arcangelo
Ss.Trinità
Sacri Cuori di Gesù e di Maria
San Francesco di Paola
San Girolamo
Auxilium Christianorum
Chiesa Nostra Signore di Lourdes
Santo Spirito
San Teodoro
Santa Maria del Colle
Santa Maria Goretti
Ss.Pietro e Paolo
Santa Maria Maddalena
San Nicola di Bari
Convento Frati Cappuccini
San Leone Vescovo
Santa Maria del Gamio
Santa Margherita V.M.
Madonna della Salute
Immacolata Concezione
Sant’Antonio di Padova
B. V. Maria del Rosario
San Nicola di Bari
San Giorgio Martire
Assunzione B. V. Maria
Visitazione B. V. Maria
San Nicola di Bari
San Michele Arcangelo
Alessandro Martire
San Giacomo Apostolo
San Pietro Apostolo
San Francesco di Paola
Annunciazione del Signore
Santa Rita da Cascia
San Lorenzo Martire
San Nicola di Mira
Madonna della Pietà
Cuore Immacolato B.V.M.
Santa Maria del Piano
Stella Maris
Santuario Madonna del Castello
Città
Altomonte
Altomonte
Cassano
Cassano
Cassano
Cassano
Doria
Lauropoli
Lauropoli
Sibari
Sibari
Castrovillari
Castrovillari
Castrovillari
Castrovillari
Vigne di Castrovillari
Cammarata
Laino Borgo
Laino Castello
Mormanno
Mormanno
Morano Calabro
Morano Calabro
Morano Calabro
Morano Calabro
Saracena
Saracena
Amendolara
Amendolara
Canna
Montegiordano Paese
Montegiordano
Nocara
Oriolo
Rocca Imperiale
Rocca Imperiale
Roseto Capo Spulico
Albidona
Alessandria del Carretto
Cerchiara di Calabria
Cerchiara di Calabria
Piana di Francavilla
Francavilla
Silva di Francavilla
San Lorenzo Bellizzi
Trebisacce
Trebisacce
Trebisacce
Villapiana
Villapiana
Castrovillari
Totale
Caritas Diocesana
Totale
Importo
colletta
€
100,00
€
300,00
€
400,00
€
401,93
€
250,00
€
150,00
€
500,00
€
300,00
€
650,00
€
900,00
€
50,00
€
820,00
€ 1.621,11
€ 3.000,00
€ 2.600,00
€
51,00
€
210,00
€
260,00
€
50,00
€
300,00
€
120,00
€
660,00
€
400,00
€
600,00
€
400,00
€
249,00
€
530,00
€
85,00
€
180,00
€
70,00
€
850,00
€
600,00
€
85,00
€ 2.700,00
€
700,00
€
600,00
€
700,00
€
200,00
€
250,00
€
120,00
€ 1.200,00
€ 1.200,00
€
400,00
€
430,00
€
160,00
€ 1.000,00
€ 2.200,00
€
500,00
€
200,00
€
450,00
€
167,18
€ 30.920,22
€ 5.000,00
€ 36.920,22
Viva voce
[ il disco ] [ il film ]
Leonardo R. Alario,
demo-antropologo,
fondatore dell’Istituto
di ricerca e di
studi di demologia
e di dialettologia,
attualmente membro
del
Comitato
scientifico del Centro
interdipartimentale
di documentazione
demo-antropologica
dell’Università della
Calabria, ci fa avere
ancora, non essendo
nuovo a proposte del
genere, un Cd Book
sul canto di tradizione
orale, edito, questa
volta, da “Squilibri” di
Roma. Si tratta di “Per
voce sola. Le forme del canto in Calabria”. Un Cd musicale contenente
17 brani rappresentativi non solo del patrimonio canoro delle comunità
calabresi, ma anche della loro diversa tipologia e del loro diverso modo di
atteggiarsi nei luoghi in cui sono ancora funzionali al complesso orizzonte
culturale delle singole comunità. Abbiamo, così, canti religiosi, rituali, epicolirici, lirico-monostrofici, satirici, all’aria, nuziali, tra i quali ultimi si distinguono
quelli delle comunità alloglotte.
Preceduti da un denso saggio e da brevi introduzioni, che aiutano a
comprenderne genesi, funzione e struttura, i brani proposti attestano la
perdurante presenza del canto tra le comunità calabresi, dove la parola
cantata anima un immenso repertorio, che accompagna tutta la vita dell’uomo,
e veicola messaggi tra individui e gruppi, cementando il senso di una comune
appartenenza.
Nel tempo dell’inarrestabile prevalenza delle immagini sulla parola, la voce
continua, dunque, a levarsi per farsi strumento di denuncia, modalità di
preghiera, comunicazione d’amore, incitazione alla lotta, canale di trasmissione
di saperi e veicolo privilegiato per l’espressione di sentimenti condivisi.
Giuseppe Roseti
[ l’idea ]
Capita molto spesso di essere presi da notizie che giungono da ogni parte del mondo. Il più delle
volte si tratta di annunci televisivi, radiofonici o, semplicemente, di informazioni ricevute da amici, che
però, ascoltate una dopo l’altra e con una certa frequenza, finiscono per essere cestinate nella nostra
memoria, pur trattandosi magari di episodi tragici, di omicidi, di guerre.
Per fortuna, in questo nostro mondo ci sono anche novità meno rilevanti, forse, dei soliti annunci dei
Tg, ma che lasciano riflettere e soprattutto ben sperare.
È il caso sicuramente di una notizia che giunge da Treviso dove
un edificio è stato realizzato interamente riciclando rifiuti. E’stato
costruito dalla “Savno”, azienda di smaltimento di Conegliano. La
costruzione - che è sede della “Savno” stessa - ha vinto l’Energy
globe award, consegnato il 13 aprile a Praga. «Quando abbiamo
costruito la nostra eco-sede con materiali provenienti da raccolta
differenziata - dice il presidente di “Savno”, Szumski - abbiamo voluto
fare una scommessa: dare il buon esempio e dimostrare che riciclare
è utile».
Oggi sembra difficile dare il buon esempio, ma non sappiamo che
sono proprio i piccoli gesti, come in questo caso, che rendono il
nostro mondo più bello e sorridente. A volte aspettiamo che qualcuno ci indichi come si debba fare.
Beh, ora qualcuno l’ha fatto, però adesso tocca a noi essere di buon esempio per tutti: difendiamo il
nostro mondo.
Salvatore Di Gesù
È nel freddo e buio collegio
di Welton che si incrociano
le strade di alcuni ragazzi
diciassettenni, già predestinati
a un futuro scritto dai propri
genitori. Ma il destino riserverà
loro una sorpresa che segnerà
la svolta della loro vita. Sarà
Mr. Keating l’artefice di questo
inaspettato, ma voluto (almeno
per i ragazzi) cambiamento. È
tra calci ad un pallone, recitando
versi di Withman e lezioni in
cortile che il professore riuscirà
ad infondere quell’interesse
e amore per la poesia. La loro
crescente curiosità e passione
per l’arte del comporre troverà
riscontro nella setta dei “poeti
estinti”.Grazie
alle lezioni di
Mr. Keating,
i
ragazzi
impareranno
qualcosa di più
profondo di
una semplice
pagina
di
un
libro,
riunendosi di
notte in una caverna, rivivendo e
riascoltando parola dopo parola
ogni battito della loro anima. Al
grido “Carpe diem” risponderà
Neil: ancora incerto sul suo
futuro, già dottore per il padre,
egli scoprirà il suo fuoco nella
recitazione, nel teatro; scoprirà
la vera essenza del suo essere
su un palcoscenico, ma la sua
scelta, così tanto sognata, sarà
distrutta da una famiglia che si
accorgerà troppo tardi del suo
errore. Le colpe ricadranno
ingiustamente sul professore. La
direzione del collegio manderà
via il povero Keating, credendo
di poter risolvere il problema;
ma presto gli atteggiamenti dei
ragazzi dimostreranno che l’
insegnamento del loro professore
non è andato perduto. La scena
finale ci ha lasciati senza parole,
e consigliamo ai nostri coetanei
di sedersi comodi e riscoprire
questa interessante pellicola del
1989: «Qualunque cosa si dica
in giro, parole e idee possono
cambiare il mondo».
A cura di Antonella
Atene-Ramona BrunettiSalvatore Di Gesù-Dario
Gioia-Marco Paternello
• maggio 2009 •
13
17
La grande speranza dei giovani
Una giornata particolare. Questo è stata
la giornata mondiale dei giovani in chiave
diocesana, vissuta al fianco del vescovo,
monsignor Vincenzo Bertolone.
Cronache dell’evento: è la vigilia della
Domenica delle Palme. Il cielo è nuvoloso,
ma i suoi colori non rispecchiano lo spirito
di gioia che circonda il piazzale della
chiesa di san Girolamo a Castrovillari.
Sono circa 500 i ragazzi che giungono
da ogni angolo della Diocesi, in risposta
all’invito
di
monsignor
Vincenzo
Bertolone, divenuto ormai il vescovo dei
giovani. Il lungo pomeriggio, organizzato
dall’ufficio diocesano della Pastorale
Giovanile, ha per tema quello scelto da
Papa Benedetto XVI quale riferimento
biblico della giornata: “Abbiamo posto la
nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm
4,10). E come Simone di Cirene, i giovani
prendono sulle spalle la Croce della
GMG, attraversando le vie principali del
centro di Castrovillari.
Una preghiera viva in cammino, i
volti dei ragazzi dietro il loro vescovo
rappresentano l’immagine della nostra
diocesi: una Chiesa che ha bisogno di
giovani protagonisti del loro tempo. Il
lungo corteo, giunto in piazza Municipio,
si raccoglie per ascoltare la voce di
monsignor Bertolone. Il suo messaggio,
forte e intenso, è un monito vibrante non
solo ai presenti, ma all’intera comunità
cristiana ad investire in energie e progetti,
dentro e fuori lo spazio sacro, per favorire
l’incontro delle nuove generazioni con la
verità e la bellezza del Vangelo di Gesù
Cristo.
Piazza Municipio è stata la tappa finale di
una giornata intensa, memorabile. Sotto
la Croce della Gmg
i giovani si salutano,
ricchi delle parole
raccolte,
delle
testimonianze
messe
nello
zaino della loro
quotidianità,
riportando
tutto
a casa con la
consapevolezza di
incontrarsi presto
ancora una volta,
con
la
stessa
Speranza
che
contraddistingue la
loro fede. G.R.
Don Nicola De Luca dottore in sacra teologia
Il 2009 sembra davvero un annus mirabilis per don Nicola De
Luca (nella foto), parroco della parrocchia san Giorgio Martire
di Oriolo: il 21 febbraio scorso ricorreva il suo decimo
anniversario di sacerdozio, un avvenimento ricordato con una
celebrazione eucaristica presieduta dall’amatissimo vescovo,
monsignor Vincenzo Bertolone. A distanza di soli due mesi,
ecco presentarsi un’altra data che lascerà un segno negli annali:
il 21 aprile, don De Luca ha conseguito - con votazione lodevole
- il dottorato in Sacra Teologia presso la Pontificia Università
Lateranense in Roma, presso la quale già nel 2004 aveva conseguito la specializzazione
in Cristologia. La commissione esaminatrice è stata presieduta dal monsignor Renzo
Gerardi; relatore della tesi (sviluppata sul tema: “L’idea di felicità nel De Vita Beata di
Seneca e nel De Beata Vita di Sant’Agostino. Comparazione, comprensione, attualità”)
è stato il professor Giovanni Ancona, dottore in Teologia dogmatica, docente presso
la Pontificia Università Lateranense; correlatori i professori Mauro Cozzoli e Robert
Dodaro; infine, i controrelatori, nelle persone dei professori Achim Schütz e Antonio
Sabetta. Auguri, don Nicola, e grazie per aver fatto dono, a noi tutti e alla Chiesa, di
questa preziosa perla teologica. Chissà che essa non possa fornirci le coordinate nel
nostro personale cammino cristiano personale verso la felicità!
Domenico Carelli
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18
• maggio 2009 •
L’agenda del Vescovo
17 maggio: h. 10, amministrazione
sacramento
della
Confermazione,
parrocchia Sacri Cuori a Lauropoli; h.
18, solenne pontificale in occasione
del 34°anniversario di ordinazione
sacerdotale del Vescovo e ordinazione
sacerdotale del diacono Nunzio Veltri, in
Cattedrale;
22 maggio: h. 16.30, tavola rotonda
sul tema “Ambiente e salute”, a
Castrovillari;
23 maggio: h. 18, amministrazione
sacramento
della
Confermazione,
parrocchia san Francesco, Altomonte;
24 maggio: h. 11.30, amministrazione
sacramento
della
Confermazione,
parrocchia san Francesco di Paola,
Castrovillari; h.17.30, amministrazione
sacramento
della
Confermazione,
parrocchia san Nicola di Bari, Morano;
dal 25 al 29 maggio: partecipa ai lavori
della Conferenza episcopale italiana, a
Roma;
30 maggio: h. 16.30, benedizione della
biblioteca diocesana con S.E. Rev.ma il
cardinale Urbano Navarrete, a Cassano;
h. 18: Teatro comunale, consegna del
premio letterario “Troccoli” a S.E. Rev.
ma il cardinale Urbano Navarrete, a
Cassano;
31 maggio: h.11, amministrazione
sacramento della Confermazione, in
Cattedrale; h. 18, amministrazione
sacramento
della
Confermazione,
parrocchia Sacri Cuori a Castrovillari;
1 giugno: h. 10,30, celebrazione messa
in occasione della festa patronale, presso
la parrocchia di san Domenico a Doria;
h. 18, amministrazione sacramento della
Confermazione, parrocchia Madonna del
Rosario, a Montegiordano marina;
2 giugno: h. 11, amministrazione
sacramento
della
Confermazione,
parrocchia Visitazione B.V. Maria, a Rocca
Imperiale.
Lettere in redazione
Cara redazione/1
Cara redazione/2
L’immagine giornaliera di persone che
calpestano con noncuranza il terreno di
piazza XV Agosto diventa ogni volta che
la si osserva sempre più suggestiva.
Il nome della piazza, prospiciente la
stazione, non è certo stato dato a caso:
il 15 Agosto del 1943 dal cielo caddero le
bombe che causarono la morte di decine
di persone, le stesse che negli anni ’40
edificarono un rifugio sotterraneo proprio
nella piazza che prende il nome del
fatidico giorno. I sibariti, cercando riparo
dai bombardamenti, non sapevano che
proprio nel rifugio, costruito con tanta
devozione, sarebbero morti tragicamente.
Il problema è che a distanza di 66 anni
nulla è cambiato: i corpi delle persone
morte nel bunker sono ancora lì, in attesa
che qualcuno si possa accorgere di loro
(pochi infatti sono a conoscenza della
triste realtà), costretti a sopportare il triste
peso delle ruspe che freneticamente
compiono il proprio lavoro e il peso ancora
più grave dell’indifferenza omertosa dei
loro posteri.
Restituire dignità ai nostri avi donando loro
una rispettabile sepoltura credo sia indice
di una società culturalmente avanzata,
forse quella che ancora non siamo. Voglio
sperare che i miei coetanei, che come
me passano tutti i giorni da questo triste
luogo per tornare a casa, quando per
l’ennesima volta calpesteranno piazza XV
Agosto rivolgeranno almeno un pensiero,
guardando la statua della Madonna che
si erge pietosa su questi corpi, ai caduti
del 15 Agosto e che pensino almeno per
un attimo di cambiare questo comune e
oppressivo modo di pensare emulando
l’unico vero idolo di sempre, quel Gesù
che sicuramente non la pensava come
quelli del suo tempo.
Atene Antonella - Sibari
Il sacerdote Luigi Villa, di Brescia,
contesta financo la santità del già beato
Giovanni XXIII, di Paolo VI e di Giovanni
Paolo II. Allora questo prete è eretico?
Deve essere cacciato dalla Chiesa?
Secondo me, le critiche e le contestazioni
fanno crescere la Chiesa. Chi pensa
sempre che tutto vada bene, si contenta
del poco o del nulla. E col passare del
tempo s’immiserisce e s’inaridisce.
Eppure, come scrive Carlo Carretto,
quello del vero cristiano è un cammino
senza fine, perché non finisce mai la
sua missione nella Chiesa e nel mondo.
Dunque, una Chiesa in perenne cammino
ed in perenne missione. Chi si ferma è
perduto, ma per non fermarsi bisogna
sempre mantenere la mente e il cuore
aperti e solo lo Spirito Santo può operare
in simile prodigio: l’opera umana è fallace
e caduca, mentre l’opera di Dio è infallibile
ed eterna.
V’è in giro tanta miseria materiale e
spirituale, per cui se un credente non
chiude gli occhi e non si tappa le orecchie
si avvedrà di questo stato di cose e, di
conseguenza, verrà interpellato dalla sua
coscienza a non tacere. Cristo ci inchioda
alla nostra missione: «Avevo fame e mi
avete dato da mangiare, avevo sete e mi
avete dato da bere, ero nudo e mi avete
vestito, ero pellegrino e mi avete accolto,
ero ammalato e mi avete visitato». Però,
non una sola volta, ma sempre.
Mi chiedo: quanti cristiani invitano a
pranzo un estraneo? Quanti vestono
un profugo? Quanti fanno dormire un
pellegrino a casa loro?
Cara redazione/3
IL MONDO CHE VORREI…
Mi guardo intorno e vedo
un mondo che non mi appartiene.
Vorrei abitare in una casa
di nuvole, svegliarmi al mattino
e poter vedere il vero sole.
Vorrei che ci fosse la pace in eterno
che dominasse sull’inferno.
Non voglio la guerra
perché toglie la tranquillità,
l’armonia, la libertà e
uccide ogni vita.
Non importa se siamo
uomini o donne,
ricchi o poveri;
la cosa più importante
per l’umanità è sempre
la pace.
Aquilina Sulla – Classe I sez. A – Itc
“Luca Pacioli” - Cassano
Registrazione
presso
il
Tribunale
strovillari n° 1/08 del 10 gennaio 2008
~
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di
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Ca~
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L’Abbraccio è iscritto alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici
Silvio Galizia – Cassano
E’ venuto a mancare il caro fratello del nostro collega e amico don Carmine
Scaravaglione. Attorno a lui si stringono, formulando sentite condoglianze
e sentimenti di affetto e vicinanza, l’editore, il direttore e la redazione tutta.
CAMPAGNA ABBONAMENTI
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Direttore responsabile: Domenico Marino
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Segreteria di redazione:Giuseppe Malomo
Redazione: S.E. Vincenzo Bertolone, Vincenzo Alvaro, Mariella
Aridiacono, don Francesco Candia, Roberto Fittipaldi, don Giovanni Maurello, Giuseppe Roseti, don Carmine Scaravaglione,
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Hanno collaborato a questo numero: Leonardo R. Alario,
Antonella Atene, Clotilde Avolio, Ida Barletta, Ramona Brunetti, Domenico Carelli, Maria Carrieri, monsignor Antonio
Cavallo, don Domenico Cirianni, Salvatore Di Gesù, Dario
Gioia, Delia Lanzillotta, Rosanna La Polla, Italo Mastrolia, Marco Paternello, Francesco Spezzano, Miriam Zupo.
Impaginazione: Vincenzo Alvaro
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L’Abbraccio è anche sul sito diocesano
http://www.diocesicassanoalloionio.it
• maggio 2009 •
15
19
AVVISO
AVVISO
La Diocesi di Cassano Ionio intende
La Diocesi di Cassano Ionio intende
affidare ad imprese aventi i requisiti di
legge incarichi di esecuzione di lavori
su beni culturali ecclesiali (chiese,
edifici sacri, edifici di culto).
Per la predisposizione dei relativi
elenchi annuali, ai quali attingere
per l’assegnazione degli eventuali
incarichi, gli interessati sono invitati
a far pervenire il curriculum della
propria impresa, entro e non oltre il
30 giugno 2009, a mezzo di lettera
raccomandata (con ricevuta di
ritorno) da indirizzare a:
affidare a tecnici abilitati incarichi
di progettazione per lavori su beni
culturali ecclesiali (chiese, edifici sacri,
edifici di culto).
Per la predisposizione dei relativi
Diocesi di Cassano Ionio
Ufficio Tecnico-Amministrativo
Piazza sant’Eusebio, 1
87011 Cassano Ionio (CS)
elenchi annuali, ai quali attingere
per l’assegnazione degli eventuali
incarichi, gli interessati sono invitati
a far pervenire il proprio curriculum
formativo e professionale, entro e non
oltre il 30 maggio 2009, a mezzo di
lettera raccomandata (con ricevuta di
ritorno) da indirizzare a:
Diocesi di Cassano Ionio
Ufficio Tecnico-Amministrativo
Piazza Sant’Eusebio, 1
87011 Cassano Ionio (CS)
Per maggiori informazioni, contattare
il responsabile dell’Ufficio tecnicoamministrativo diocesano, geometra
Raffaele Bloise, alle utenze telefoniche
16
20
0981-71048/340-5131368.
• maggio 2009 •
Per maggiori informazioni, contattare
il responsabile dell’Ufficio tecnicoamministrativo diocesano, geometra
Raffaele Bloise, alle utenze telefoniche
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