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SENTENZE IN SANITÀ – CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA – Sentenza del 26 aprile 2006
Nel caso di reperibilità attiva, l'attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata con recupero orario; nel caso di reperibilità passiva, coincidente con giorno festivo, spetta un riposo
compensativo senza riduzione del debito orario settimanale. La norma contrattuale fonda il diverso trattamento fra le due ipotesi (reperibilità attiva e passiva) attribuendo rilievo alla circostanza che, in caso
di reperibilità seguita da chiamata in servizio, il dipendente rende effettivamente una prestazione di lavoro durante una giornata festiva che determina, nell'ambito della settimana di riferimento, il superamento
dell'orario di lavoro settimanale di 36 ore e che dà, quindi, luogo a lavoro straordinario da remunerare
secondo le modalità previste dal contratto o da compensare con un giorno di riposo. Nell'altra ipotesi, di
reperibilità non seguita da chiamata in servizio, il lavoratore non rende una prestazione di lavoro ma ha,
soltanto, l'obbligo di rimanere a disposizione. La reperibilità passiva nei giorni festivi, quindi, non comportando una prestazione di lavoro eccedente il debito orario settimanale, non può di per sé attribuire il
diritto ad un riposo compensativo ma soltanto ad un compenso, il cui ammontare non può comunque essere pari a quello erogato in caso di svolgimento dell'attività di lavoro, ma che deve essere proporzionato
al disagio subito.
Con ricorso depositato il 10 dicembre 2001, xxx e gli altri 24 lavoratori in epigrafe nominativamente elencati, infermieri o tecnici di radiologia presso l'Azienda Ospedaliera di ..., impiegati
nella sala operatoria di Ortopedia, di Otorinolaringoiatria, nel comparto operatorio del quinto
piano ed in radiodiagnostica, hanno esposto di essere tutti "diurnisti", il cui debito di orario di
35 ore settimanali, era articolato su sei giorni lavorativi di sei ore ciascuno e che, in considerazione del ruolo professionale ricoperto, erano tenuti al servizio di pronta disponibilità previsto
dall'art. 18 del d.p.r. n. 270 del 1987, poi sostituito dall'art. 7 del C.C.N.L. integrativo del contratto nazionale di lavoro del personale del comparto sanità stipulato il 7 aprile 1999. I ricorrenti, quindi, lamentando che gli era stato negato da tempo il diritto a fruire effettivamente del riposo compensativo previsto dall'art. 18 del d.p.r. n. 270 del 1987, hanno convenuto in giudizio, dinanzi al locale Tribunale, la predetta Azienda Ospedaliera, chiedendo a fare data dall'1 luglio
1998, limitatamente cioè al periodo rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, l'accertamento del loro diritto ad un giorno di riposo settimanale compensativo, concesso per un giorno intero dalle ore 0,00 alle ore 24,00, ogni qual volta fossero stati tenuti alla pronta disponibilità in giornata festiva, sia che a questa fosse seguita effettiva chiamata in servizio sia che tale
chiamata non fosse intervenuta, e la condanna della azienda convenuta, in primo luogo, a corrispondere, in loro favore, a titolo di risarcimento del danno per omessa concessione del predetto
riposo compensativo una somma pari alla loro retribuzione giornaliera determinata in misura di
1/26 della retribuzione individuale mensile o in via equitativa, oltre accessori; e, in secondo
luogo, a corrispondere, in loro favore, le indennità di cui ai commi 6 e 8 dell'art. 44 del
C.C.N.L. sanità 1 settembre 1995, per ciascun giorno di riposo compensativo dovuto, oltre accessori.
Radicatosi il contraddittorio, il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza n. 1920 del 19 novembre 2003, depositata il 29 dicembre 2003, ha rigettato le domande. Il percorso logico argomenta-
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tivo seguito dal primo giudice può essere sintetizzato nei seguenti passaggi: - La reperibilità
passiva festiva, non seguita cioè da chiamata in servizio, non può essere assimilata alla prestazione lavorativa contrattuale ma trattasi di prestazione con carattere strumentale ed accessorio
alla prima, anche da questa qualitativamente differente, così che la mancata fruizione del riposo
compensativo non si traduce nella violazione del precetto costituzionale che attribuisce al lavoratore un diritto irrinunciabile e dunque indisponibile al riposo, anche se lo stato di reperibilità
incide sulla possibilità di pieno godimento del giorno festivo provocando un sacrificio che deve
comunque essere compensato; - L'art. 18, comma 5, del d.p.r. n. 270 del 1987, nel prevedere che
la reperibilità passiva festiva dia diritto ad un giorno di riposo compensativo, precisa che l'attribuzione dello stesso non determina una riduzione del debito orario settimanale, con la conseguenza che, globalmente immutata la prestazione oraria della settimana, ove sia fruito del riposo
compensativo deve aumentare nei restanti giorni lavorativi la prestazione oraria giornaliera; Poiché, però, tale effetto non rappresenta una sicura utilità per il lavoratore, la previsione del riposo compensativo, lungi dal costituire una fonte di obbligo per il datore di lavoro corrispettivo
di un altrui diritto indisponibile, attribuisce la facoltà al lavoratore in reperibilità passiva festiva
di scegliere tra il mantenere l'assolvimento del proprio debito settimanale secondo la normale
configurazione oraria o di fruire del riposo compensativo al contempo accettando di assolvere il
proprio debito settimanale secondo una più ampia articolazione oraria;
- Tale conclusione trova, poi, conferma nella ben diversa disciplina dettata per l'ipotesi della reperibilità attiva, cioè con chiamata in servizio festivo, per la quale, essendo richiesta una prestazione di lavoro, l'obbligo datoriale a concedere il riposo compensativo appare non solo innegabile ma corrispettivo di un diritto non rinunciabile, come avvalorato dalla previsione di retribuzione del lavoro prestato a titolo di straordinario o mediante recupero orario. Avverso la detta
decisione, non notificata, i lavoratori litisconsorti, con ricorso depositato il 24 settembre 2004,
hanno proposto appello, affidato ad un unico complesso motivo, cui resiste l'Azienda Ospedaliera yyy, chiedendo il rigetto del gravame. All'udienza del 12 gennaio 2006, i procuratori delle
parti hanno concluso come in epigrafe e la causa, dopo la discussione orale, è stata decisa come
da dispositivo, di cui è stata data lettura.
Motivi della decisione
1. Con l'unico complesso motivo, i litisconsorzi lavoratori appellanti censura l'impugnata sentenza, sostenendo che: - la decisione del Tribunale di Reggio Emilia è erronea ed illegittima nella parte in cui ritiene che, dovendo essere salvaguardato il debito orario settimanale e importando al contrario, la fruizione del riposo compensativo, una rideterminazione degli orari lavorativi
settimanali, detta fruizione, non essendo di sicura utilità per il lavoratore, non possa costituire
un obbligo per il datore di lavoro, dovendosi al contrario ritenere che la norma richiamata attribuisca, espressamente, un diritto al lavoratore, stante la sua chiara ed inequivoca formulazione
letterale; da ciò consegue che il datore di lavoro ha l'obbligo di consentire ed agevolare l'esercizio del diritto senza frapporre difficoltà tecniche o organizzative; - se la disponibilità rimane tale, spetta il riposo compensativo; se la disponibilità si traduce in prestazione lavorativa effettiva,
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che deve essere svolta in periodo festivo, questa va retribuita secondo le maggiorazioni previste
per il lavoro straordinario le quali, tuttavia, possono essere costituite anche dal recupero della
prestazione lavorativa svolta mediante riposo, da intendersi come riposo compensativo, cui deve
seguire la corresponsione della indennità prevista dalli art. 44 del C.C.N.L. del 23 agosto 1995;
- poiché la reperibilità passiva limita, comunque, anche senza escluderlo del tutto, il diritto al
godimento del riposo, il semplice riconoscimento di una indennità nel caso potrebbe consentire
al lavoratore di compensare il tempo perduto e soprattutto di ricostituire le energie biopsichiche
perdute; - la mancata concessione del riposo compensativo è poi illecita, contrastando con l'art.
36 Cost., e pertanto l'attribuzione spettante al lavoratore per la definitiva perdita del riposo non
ha natura retributiva ma risarcitoria di un danno correlato ad un inadempimento del datore di lavoro. - la sentenza impugnata va, poi, riformata per non avere pronunciato sulla domanda di
condanna della convenuta a corrispondere le indennità previste dai commi 6 e 8 dell'art. 44 del
C.C.N.L. sanità 1 settembre 1995 per ciascun giorno di riposo compensativo. Gli appellanti sollevano, infine, questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, coma 2, del C.C.N.L. del comparto sanità 26 luglio 1995 per contrasto con l'art. 36 della Costituzione e chiedono le sospensione del procedimenti e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per l'incidente di costituzionalità.
2. Il motivo non è fondato.
Va premesso, in fatto (come per altro non è in contestazione fra le parti), che gli attuali appellanti, infermieri o tecnici di radiologia dipendenti della appellata Azienda Ospedaliera ed impiegati nella sala operatoria di Ortopedia, di Otorinolaringoiatria, nel comparto operatorio del quinto piano e in radiodiagnostica, sono tutti diurnisti, il cui debito di orario di 36 ore è articolato su
sei giorni lavorativi con impegno orario di sei ore ciascuno. Gli stessi, in considerazione del
ruolo professionale ricoperto, sono tenuti al servizio di pronta disponibilità, previsto dall'art. 18
del d.p.r. n. 270 del 1987, poi sostituito dall'art. 7 del contratto integrativo dei c.c.n.l. del personale del comparto sanità stipulato il 7 aprile 1999. Con l'atto introduttivo del presente giudizio,
gli attuali appellanti hanno chiesto, a fare tempo dall'1 luglio 1998, limitatamente cioè al periodo rientrante nella giurisdizione ordinaria, che l'adito Tribunale di Reggio Emilia, sulla base delle richiamate norme contrattuali, accertasse il loro diritto ad un giorno intero di riposo compensativo - dalle ore 0,00 alle ore 24,00 - per ogni pronta disponibilità in giornata estiva da loro resa, indipendentemente dalla effettiva chiamata in servizio, e, quindi, condannasse l'Azienda Ospedaliera convenuta a risarcire, a ciascuno di loro, il danno conseguente alla mancata concessione del riposo compensativo ed la pagamento delle indennità previste ai commi 6 e 8 dell'art.
44 del contratto collettivo per ciascun giorno di riposo dovuto.
Ciò posto, va, in primo luogo, evidenziato che la Corte di Cassazione (v., Cass. n. 5245/95, n.
3419/98) ha più volte affermato che il mero obbligo di reperibilità non equivale ad una prestazione lavorativa e, quindi, impone il riconoscimento al lavoratore non di un giorno di riposo
compensativo, ma solo di un corrispettivo del sacrificio, minore di quello di un'effettiva e piena
prestazione, inerente a tale obbligo. Infatti, secondo il supremo Collegio (v., Cass. n. 6400/95 e
n. 4394/98), la reperibilità è una prestazione prevista dalla disciplina contrattuale collettiva che
ha carattere strumentale ed accessorio e differisce qualitativamente dalla prestazione di lavoro,
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consistendo nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato,
fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa, di raggiungere
in breve lasso di tempo il luogo di lavoro per eseguirvi la prestazione richiesta. Pertanto, non
equivalendo all'effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo, del tutto, il godimento del riposo
stesso e quindi comporta il diritto non ad un trattamento economico uguale a quello spettante
per l'ipotesi di effettiva prestazione di lavoro in quel medesimo giorno, bensì ad un trattamento
inferiore, proporzionato alla minore restrizione della libertà del lavoratore.
3. Così delineati i principi di carattere generali desumibili, in materia, dalla giurisprudenza del
giudice di legittimità, si può procedere all'esame delle norme contrattuali che disciplinano il
servizio di pronta disponibilità. L'art. 18, comma 1, del d.p.r. 20 maggio 1987, n. 270 (doc. 4
appellanti), definisce il sistema di pronta disponibilità come caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall'obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio nel più breve tempo
possibile dalla chiamata, secondo intese da definirsi in sede locale; il comma 3 del citato articolo 18 precisa, altresì, che sono tenuti al servizio di pronta disponibilità esclusivamente i dipendenti in servizio presso unità operative con attività continua; il comma 5 stabilisce, poi, che nel
caso in cui la pronta disponibilità cada in giorno festivo spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale; ancora i commi 6, 7 e 11, rispettivamente, prevedono che
il servizio di pronta disponibilità deve di norma limitato ai periodi notturni e festivi, ha durata di
12 ore e dà diritto ad una indennità nella misura di Lire 33.600 per ogni 12 ore, che due turni di
pronta disponibilità sono prevedibili solo per le giornate festive e che di regola non potranno essere previste per ciascun dipendente più di 6 pronte disponibilità nel mese. Particolarmente significativa, infine, è la disposizione contenuta nel comma 10 del citato articolo 18, secondo cui
in caso di chiamata l'attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata
come recupero orario.
L'art. 44, primo comma, 1 settembre 1995 per i dipendenti del comparto sanità (doc. 1 appellanti) conferma la disciplina dell'istituto mediante espresso richiamo all'art. 18 del d.p.r. n. 270/87,
pur elevando a Lire 40.000 lorde l'indennità di pronta disponibilità. La stessa norma prevede,
poi, ai commi 6 ed 8 l'attribuzione di speciali indennità per ogni giornata di effettivo servizio
prestato (comma 6) dal personale infermieristico a) nelle terapie intensive e nelle sale operatorie, nelle terapie sub - intensive individuate ai sensi delle disposizioni regionali e nei servizi di
nefrologia e dialisi e c) nei servizi di malattie infettive e (comma 8) dal personale appartenente
alle posizioni funzionali di III e IV livello retributivo ausiliario specializzato ed operatore tecnico addetto all'assistenza - assegnato ai reparti indicati nel comma 6 lettera c). Il comma 10 esclude, infine, che le predette indennità siano erogate nei giorni di assenza, fatta salva l'ipotesi
dei riposi compensativi. Ancora, l'art. 38, comma 2, del C.C.N.L. di comparto del 7 aprile 1999
(doc. 2 appellanti) rinvia, per la disciplina dell'istituto in esame all'articolo 44 del precedente
c.c.n.l. del 1995. Successivamente l'articolo 7 del contratto integrativo del C.C.N.L. 7 aprile
1999, sottoscritto il 20 settembre 2001 (doc. 3 appellanti), nel disporre, al comma 15, la disapplicazione dell'art. 18 del d.p.r. n. 270/87, ripropone per il servizio di pronta disponibilità una
disciplina contrattuale sostanzialmente sovrapponibile a quella pregressa (v., in particolare,
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commi 1, 4, 6, 9 e 10), introducendo, però, nel comma 9, contenente la regolamentazione dell'ipotesi in cui il dipendente in pronta disponibilità venga effettivamente chiamato in servizio, un
rinvio all'articolo 40 istitutivo della banca ore, con un conto individuale per ciascun lavoratore,
volta a mettere gli interessati in condizione di fruire delle prestazioni di lavoro straordinario o
supplementare, in modo retribuito o come permessi compensativi.
4. L'esame della normativa contrattuale disciplinante il servizio di pronta disponibilità consente,
in primo luogo, di distinguere l'ipotesi nella quale il dipendente, durante il turno, non è chiamato
in servizio (c.d. reperibilità passiva) e quella nella quale lo stesso dipendente sia dovuto intervenire raggiungendo la struttura nel tempo e con le modalità previste (c.d. reperibilità attiva) Nel
caso di reperibilità attiva, l'attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata con recupero orario; nel caso di reperibilità passiva, coincidente con giorno festivo,
spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale. La norma contrattuale fonda il diverso trattamento fra le due ipotesi (reperibilità attiva e passiva) attribuendo rilievo alla circostanza che, in caso di reperibilità seguita da chiamata in servizio, il dipendente
rende effettivamente una prestazione di lavoro durante una giornata festiva che determina,
nell'ambito della settimana di riferimento, il superamento dell'orario di lavoro settimanale di 36
ore e che dà, quindi, luogo a lavoro straordinario da remunerare secondo le modalità previste dal
contratto o da compensare con un giorno di riposo. Nell'altra ipotesi, di reperibilità non seguita
da chiamata in servizio, il lavoratore non rende una prestazione di lavoro ma ha, soltanto, l'obbligo di rimanere a disposizione. La reperibilità passiva nei giorni festivi, quindi, non comportando una prestazione di lavoro eccedente il debito orario settimanale, non può di per sé attribuire il diritto ad un riposo compensativo ma soltanto ad un compenso, il cui ammontare non può
comunque essere pari a quello erogato in caso di svolgimento dell'attività di lavoro, ma che deve essere proporzionato al disagio subito.
Ponendosi, quindi, nell'ambito del consolidato indirizzo della giurisprudenza della suprema Corte, deve ritenersi che il turno di pronta disponibilità, coincidente con il giorno festivo destinato
al riposo settimanale, non equivalendo all'effettiva prestazione di lavoro, limiti ma non escluda
la fruizione del detto riposo e, quindi, comporti il diritto ad un trattamento inferiore proporzionato alla minore restrizione della libertà del lavoratore senza che ciò si ponga in violazione del
precetto costituzionale, sancito dall'art. 36, comma 3, che attribuisce al lavoratore un diritto irrinunciabile e, quindi, non disponibile al giorno di riposo. Il servizio di disponibilità, infatti, pur
determinando una limitazione della libertà del lavoratore, perché incide sulle concrete modalità
di godimento del giorno di riposo, produce un sacrificio che deve essere, comunque, compensato, sia pure in modo differente da quello derivante dalla esecuzione della prestazione lavorativa
perché, soltanto in questo ultimo caso, viene ad essere definitivamente soppressa la fruizione del
giorno di riposo. Le richiamate norme contrattuali collettive prevedono, innanzi tutto, che il servizio di pronta disponibilità venga compensato con una indennità di Lire 33.600 lorde, poi elevate a Lire 40.000, per ogni 12 ore e, quindi, nel caso di coincidenza con un giorno festivo, che
il dipendente possa chiedere un giorno di riposo compensativo senza riduzione del debito orario
settimanale. Una corretta ermeneutica delle varie disposizioni contrattuali succedutesi nel tempo, fondata sulla formulazione letterale delle norme, non può, quindi, prescindere dall'assorben-
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te rilievo che, nel caso di disponibilità non seguita da chiamata in servizio, la prestazione oraria
settimanale del lavoratore rimane immutata.
Da ciò consegue, quindi, che le norme contrattuali non attribuiscono al lavoratore un diritto assoluto al riposo compensativo - non essendovi stata nel giorno festivo una prestazione di lavoro
in eccedenza all'orario settimanale - ma gli consentono la facoltà di chiedere un riposo compensativo fermo, però, restando il debito orario settimanale. In altri termini, l'Azienda Ospedaliera
appellata non è obbligata dalle disposizioni contrattuali ad attribuire il riposo compensativo al
personale in pronta disponibilità in giorno festivo non chiamato in servizio, bensì a consentire qualora ne sia fatta richiesta - la fruizione del riposo senza però variare l'orario di lavoro settimanale. Ciò significa - come si desume dalla circostanza che in caso di fruizione del riposo
compensativo deve rimanere fermo il debito orario settimanale di 36 ore - che le norme contrattuali collettive riconoscono al dipendente, che sia stato in giorno festivo in pronta disponibilità
non seguita da chiamata in servizio, in aggiunta al compenso economico anche la facoltà di scegliere se fruire del riposo compensativo prestando un'attività lavorativa quantitativamente più
ampia nei restanti giorni della settimana - dovendo il totale complessivo delle ore di lavoro settimanali rimanere eguale a 36 nonostante il godimento dei giorno di riposo -, con la conseguenza, in ordine agli obblighi contrattuali gravanti su entrambe le parti del rapporto interpretati secondo il fondamentale canone della buona fede e correttezza, che il lavoratore è, comunque, tenuto a manifestare al datare di lavoro la sua volontà di usufruire del riposo compensativo perché
ciò comporta una sostanziale variazione del suo orario di lavoro settimanale e che, sinallagmaticamente, l'Amministrazione appellata, in mancanza di questa specifica manifestazione di volontà, non è obbligata a chiedere o ad imporre d'ufficio la fruizione del riposo compensativo ma
deve consentire che la prestazione venga resa secondo le modalità ordinarie.
Del resto, proprio perché la fruizione del riposo compensativo non comporta la riduzione dell'orario di lavoro nella settimana in cui interviene, non può che essere riconosciuta alla sola volontà del lavoratore l'attivazione della richiesta di avvalersi di questo particolare beneficio, dovendosi per contro escludere ogni possibile intervento autoritativo da parte del datore di lavoro
pubblico. In altri termini, il contratto collettivo riconosce al lavoratore il diritto potestativo di
eseguire la sua prestazione lavorativa con modalità diverse sotto il profilo della articolazione oraria settimanale, obbligando l'Amministrazione appellata - in caso di esercizio - a riconoscere il
giorno di riposo ed a modificare l'orario settimanale del dipendente, coordinando, comunque, le
modalità di fruizione dei diritto con le specifiche esigenze di servizio. Nella specie, quindi, poiché gli attuali appellanti non hanno dedotto e, tanto meno, dimostrato di avere richiesto all'Amministrazione appellata, in relazione ai turni di pronta disponibilità non seguiti da chiamata in
servizio effettuati in giorni festivi, di fruire nell'arco temporale cui si riferisce la domanda - di
un giorno di riposo compensativo con diversa articolazione dell'orario settimanale e con salvaguardia delle esigenze di servizio - non sussistono le condizioni per rivendicare, ora per allora, il
diritto a riposi compensativi concernenti turni di reperibilità pregressi ovvero il pagamento di
una indennità risarcitoria. Infatti, poiché il riposo compensativo va fruito senza riduzione del
debito orario settimanale, l'attuale distribuzione delle 36 ore settimanali di debito orario su sei
giorni non è - di per sé - compatibile con la fruizione del giorno di riposo, postulando, da parte
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dell'Azienda appellata, una modificazione dell'organizzazione del servizio e, soprattutto, da parte dei dipendenti l'accettazione - nella settimana successiva alla pronta disponibilità della modificazione dell'orario di lavoro con distribuzione delle 36 ore su cinque anziché su sei giorni.
Pertanto, come correttamente statuito dal giudice di primo grado, la domanda proposta con il
ricorso del 10 dicembre 2001 è infondata a va rigettata. 5. Da ultimo va precisato che la domanda di condanna dell'Amministrazione appellata alla corresponsione delle indennità previste dai
commi 6 e 8 del già citato articolo 44 del C.C.N.L. del 1995 non può trovare accoglimento, non
avendo gli appellanti - che ne sono onerati - dimostrato la ricorrenza nella specie dei requisiti
soggettivi ed oggettivi - previsti dalla disposizione contrattuale in esame per ottenere le rivendicate indennità, che competono, soltanto, a favore del personale infermieristica operante nelle terapie intensive, nelle sale operatorie, nelle terapie sub - intensive, nei servizi di nefrologia e dialisi e nei servizi di malattie infettive. Quanto, infine, alla questione di legittimità costituzionale
dell'art. 20, comma 2, del C.C.N.L. di comparto del 1995, sollevata dagli appellanti, se ne deve
rilevare la manifesta inammissibilità dal momento che la norma sospettata di incostituzionalità
non è contenuta in una legge o in un atto avente forza di legge, ma in un contratto collettivo.
Infatti, la natura della disposizione In esame preclude, per mancanza dei necessari presupposti,
la possibilità di rimettere la questione alla Corte Costituzionale, quale, come previsto dall'art.
134 Cost., giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle legge e degli
atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni (cfr. Cass. n. 11258/04, n. 11170/03, n.
5914/02, rese in materia di accordi collettivi recepiti con d.p.r.). Va, pertanto, rigettato l'appello
proposto da xxx e altri 24 lavoratori litisconsorti avverso la sentenza del Tribunale di Reggio
Emilia del 19 novembre 2003. La novità e complessità della questione trattata giustificano la
compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
La Corte, ogni contraria istanza disattesa e respinta, definitivamente decidendo, rigetta l'appello
proposto da xxx e altri lavoratori litisconsorti avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 19 novembre 2003, n. 1920; compensa le spese del presente grado del giudizio.
Così deciso in Bologna il 12 gennaio 2006.
Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2006.
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