Storia, trama e analisi del film "I due evasi di Sing Sing"

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Storia, trama e analisi del film "I due evasi di Sing Sing"
Storia, trama e analisi del film "I due evasi di Sing Sing"
Scritto da Mario Mangione
Venerdì 29 Agosto 2008 10:22 - Ultimo aggiornamento Lunedì 22 Settembre 2008 22:10
La storia
Il film nasce da un soggetto originale di Marcello Ciorciolini, che dirigerà in seguito quattro film
con Franchi e Ingrassia fra il 1967 e il 1969 (I barbieri di Sicilia (1967); Ciccio perdona…io no (
1968)
; Franco e Ciccio…ladro e guardia
(1969)
e
Indovina chi viene a merenda
del 1969). La sceneggiatura venne scritta dallo stesso Ciorciolini, insieme al regista romano. Si
iniziò a girare a Roma il 25 maggio del 1964. Il film uscì in prima visione all’arena Moulin Rouge
di Alassio (Savona) e riscosse un enorme successo, con un incasso di £. 1.043.842.000,
addirittura una cifra dieci volte superiore alle spese di produzione.
La trama
La vicenda vede Franco e Ciccio interpretare la parte dei cugini Bacalone, condannati alla pena
di morte nel carcere di Sing Sing, a causa di un inconsapevole coinvolgimento in affari mafiosi e
di un tentativo di evasione. Il giorno della condanna a morte, però, l’uovo di cianuro che
avrebbe dovuto rompersi per uccidere i due pregiudicati resta intatto. Così Franco e Ciccio
vengono riportati in cella, dopo aver quasi provocato la morte del direttore del penitenziario. Gli
eventi che hanno portato il duo alla condanna, vengono raccontati da Franco, che in cella scrive
un memoriale dallo sgrammaticato titolo «Le mie priggioni (e quele di mio cuggino)». Secondo il
racconto, essi emigrati in America dalla Sicilia, avevano trovato lavoro, grazie a un boss
mafioso, tale Attanasia, come pugile e come allenatore (il primo è Franco, il secondo Ciccio). Il
boss, però, aveva truccato tutti gli incontri di Franco/Frankie la Belva per divenire importante
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all’interno del mondo della boxe ma, prima della finale per il titolo mondiale, si era alleato con il
suo rivale e aveva deciso di far uccidere sul ring il suo pugile. Inconsapevolmente, però, Franco
era riuscito a sconfiggere il suo avversario e aveva così scatenato una guerra di mafia fra band
e rivali. I due erano stati arrestati una prima volta e condannati a novantanove anni di
reclusione, anche grazie ad un avvocato incompetente. Ma essi erano riusciti ad evadere grazie
allo scoppio di cariche di nitroglicerina, appostate da alcuni pregiudicati nelle fondamenta di
Sing Sing. Così avevano cercato di venire in contatto con i successori di Attanasio, tali Pastrano
e Agnello, affinché potessero testimoniare a loro favore nel processo a loro carico. Franco e
Ciccio, però, avevano provocato una lotta armata fra i due che si erano uccisi a vicenda.
Arrestati nuovamente erano stati
condannati a morte. Al termine del lungo flashback vediamo i due che, per paura di essere
nuovamente condannati a morte, decidono di barricarsi nella loro cella, dalla quale non escono
neanche quando, dopo un certo periodo di tempo, il direttore annunzia loro che sono stati
scagionati da ogni accusa. La fine del film vede Franco e Ciccio restare indifferenti anche a una
telefonata del Pentagono e all’annunzio di liberazione del nuovo direttore, ai quali rispondono
con delle pernacchie.
Analisi critica
Fulci elabora una struttura narrativa semplice ma molto efficace. Molto spazio è lasciato
all’improvvisazione di Franchi e Ingrassia che dimostrano una grande capacità inventiva e un
eccezionale gusto per la gag visiva. Il regista lodava molto queste capacità dei due comici,
tanto da dichiarare: «Con tutto il rispetto per Totò, con Franchi e Ingrassia usavamo lo stesso
sistema [di costruzione del film, n.d.a.], solo che loro non erano eccezionali come Totò. Però
avevano qualcosa che Totò non aveva: il gusto della gag visiva. Avevano molta inventiva, c’era
la scuola dell’avanspettacolo». [1] E ancora, in un’altra dichiarazione rimarcò il concetto
dicendo: «Erano due ottimi comici atellani. Due comici che riproponevano il tema del “comico di
gag”, in quanto loro leggevano le gag. A differenza di Totò, che era un genio, un grande
parlatore, ma lui le gag non le leggeva»
[2] . E di certo Fulci,
con la propria fine tecnica di regia, e il suo spirito “artigiano”, esaltava la comicità del duo in
quegli anni più di chiunque altro.
Egli era consapevole di dover dar spazio maggiormente agli attori e ai loro sketch, più che i
propri intenti estetici, poiché erano loro i perni del film comico.
Nel film sono poche le gag verbali. La mimica esplosiva del duo, specie quella di Franco, è,
però, sempre tenuta sapientemente sotto controllo dal regista che evita grossolani movimenti e
riesce a rendere tutte le gag funzionali alla storia.
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Tanti i memorabili sketch che restano nella memoria: da quello della mancata uccisione nella
camera a gas, allo sketch con il duo che lavora in un impianto termale, dalle varie scene con la
particolare slot-machine di Attanasia, agli spassosi incontri di boxe di Franco (ripresi ne I due
assi del guantone
(1971) di Mariano Laurenti). E poi lo scontro armato delle bande rivali all’interno di uno studio
cinematografico, i non riusciti tentativi di evasione dal carcere, il travestimento da africani per
trovare Pastrano e Agnello, fino alle loro ripetute rinunzie ad uscire dalla cella, mentre
diventano sempre più anziani. Un film veramente unico in cui la coppia è in stato di grazia. Tanti
gli sketch ma la ricetta non risulta mai insipida e non vengono fuori sintomi di logoramento nei
tempi comici della coppia, come avverrà nei film successivi.
Degne di nota e indici di una grande inventiva, alcune scelte tecniche di Lucio Fulci. Innanzitutto
i titoli di testa si avvantaggiano di una trovata a tema (procedura amata dal regista e già
utilizzata fin dai suoi primi film): tutto il cast è presentato attraverso schede segnaletiche
contenenti nomi, impronte digitali e foto degli attori. Ben girate le scene di combattimenti a
fuoco, come quella all’inizio del film all’interno di alcune terme e, soprattutto, quella all’interno
degli studios di Attanasia, che si contraddistingue per l’originale idea di un combattimento
complicato dall’attivazione inconsapevole dei macchinari per gli effetti speciali cinematografici
da parte di Franco e Ciccio.
Anche le scene dei combattimenti di boxe hanno un buon ritmo. Efficace l’idea di far
comprendere il sempre maggiore successo di Franco nella boxe attraverso lo scorrimento di
titoli di giornali che parlano degli scontri sempre più importanti vinti dal pugile. L’ultima
sequenza, poi, vede l’affissione del cartellone del confronto per il titolo mondiale.
Vengono riprodotte con perizia anche le scene dell’ evasione dei due fra fumo, crolli e
confusione.
Azzeccate le musiche, realizzate e dirette da un giovane Ennio Morricone, che proprio in
quell’anno otterrà un grande successo con la colonna sonora del celebre film di Leone Per un
pugno di dollari
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Il film vede la presenza dei tre fidi “elettrodomestici": Nino Terzo, nella parte di guardia
carceraria; Enzo Andronico, “picciotto” di Attanasia che muore in uno scontro a fuoco; e Lino
Banfi, qui alla sua prima apparizione con il duo palermitano, nella parte di tifoso di Franco,
piangente perché sa che dovrà morire nell’ultimo combattimento.
Film drammatici prodotti sul duro penitenziario americano di Sing Sing, ne erano stati prodotti
tre: 20000 anni a Sing Sing (1933) di Michael Curtiz, tratto dal romanzo omonimo di Lewis A.
Lewas;
Il castello sull’Hudson (1940), di A. Litvak, remake del film
precedente; e
Gli ammutinati
di Sing Sing
(1
945) di
Bruce H. Humberstone. Ma il film di Fulci non è parodia di nessuno di questi tre film. Piuttosto
sembra riprendere il tema della comica fuga dal carcere di
Noi siamo due evasi
(1959) di Giorgio Simonelli, con la coppia Tognazzi – Vianello. Ma le gag al suo interno
risultano più efficaci ed esilaranti di quelle del duo lombardo che esibisce gag datate.
Anche questo ottimo prodotto di Fulci ebbe critiche spietate e ingiustificate. Fra le tante
Castellano e Nucci, nella loro monografia, riportano la seguente [3] :
«(…) I due imperterriti attori insistono a propinarci l’intera gamma di un repertorio comico che,
attraverso la deformazione mimica e il coraggio di chi ne sostiene la validità spettacolare tocca
le vette eccelse della balordaggine (…)».
Anonimo, Il cittadino, 28 agosto 1964.
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[1]
M. Giusti, Continuavano a chiamarli Franco e Ciccio, Arnoldo Mondadori Editore,
Milano 2004, pp. 124-125.
[2]
Ivi, p. 123.
[3]
A. Castellano, V. Nucci, Vita e spettacolo di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia,
Liguori Editore, Napoli 1982, p. 140.
5/5