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le medicine integrate
Rivista di
medicina
Spedizione in abbonamento postale – Allegato B Tipo B – (Tassa riscossa) – Autorizzazione n. 998 del 15.04.09 della Direzione Generale PP.TT. della Repubblica di S. Marino
omeopatia
fitoterapia
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Rivista quadrimestrale di informazione. Anno IX - n° 2 - Aprile 2013 - € 1.50
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le medicine integrate
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Diletta Vaselli
Capo Redazione
Maurizio Petix
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fax 0549 956700
sommario
Editoriale
05
Sarcopenia: un corretto apporto alimentare può aiutare
07
a prevenirla e combatterla
Dott. ssa Barbara Ostan, Dott.ssa Giovanna Perrone
La terapia marina come tecnica di nutrizione cellulare utilizzata in diverse patologie
Dr. Juan Alberola
Necessità di un corretto equilibrio idroelettrolitico nell’anziano
Dott. Roberto Lacava, Dott. Pietro Gareri, Dott. Alberto Castagna, Dott. Antonino Maria Cotroneo
Il fumo? Più che un’abitudine, una tossicodipendenza!
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Dr. Salvatore Corrado
Mustard (Senape selvatica)
Maurizio Di Leo I funghi orientali medicinali
Dott. Luca Avoledo
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Il regime alimentare oloproteico come prevenzione ed educazione alla salute
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Dr. Alessandro Maria Vinci
Novità, Recensioni WEB, Eventi
Notiziario corsi
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AVVISO IMPORTANTE
È in corso il riordino del database degli indirizzi per la spedizione della
rivista: tutti coloro che desiderano comunicare delle variazioni all’indirizzo
di spedizione o vogliono disdire il servizio possono inviare una e-mail a
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editoriale
Astenia primaverile? No, grazie.
Ma come? Tutti i nostri buoni propositi di inizio anno
sembrano già spariti? Ci eravamo lasciati con le parole propositive di Lucio Dalla, che parlavano del nuovo
anno, del come ci preparavamo per affrontarlo al meglio
ed invece i versi più adatti per descrivere questo nostro
periodo sembrano quelli tratti da un vecchio brano dei
Pooh:
pronto buongiorno è la sveglia
ma di muoversi manca la voglia...
“DRIIIIIIN!!!” Forza, è ora di svegliarsi, la primavera è
ormai inoltrata e, nonostante il maltempo sembri non
accenni a cessare, è il momento di prepararsi all’estate.
È primavera, la stagione della rinascita, del sole, dell’attività all’aria aperta. L’arrivo della bella stagione coincide
infatti con il rifiorire della natura, la maturazione della
frutta più prelibata, il risplendere del cielo, il progressivo
allungamento delle giornate. Un momento positivo che
sostiene l’animo e predispone all’azione. Eppure, può
sembrare paradossale, ma proprio nella stagione in cui
si celebra il risveglio della natura, molti di noi iniziano
a sentirsi sopraffatti dalla stanchezza. E non ci riferiamo
soltanto al proverbio “aprile, dolce dormire”, anzi non di
rado il nostro sonno è disturbato e sentiamo un diffuso
senso di apatia, spossatezza, difficoltà di concentrazione.
Clinicamente, tale condizione si definisce con il termine
di astenia (dal greco “a-sténos” ovvero “privo di forza”).
Ma tranquilli, l’astenia, questa forma di “stanchezza
tipica prevalentemente della primavera”, è tuttavia un
fenomeno normalissimo che colpisce quasi tutti. La primavera è un periodo difficile poiché spesso il nostro organismo è reduce dai vari attacchi virali subiti in inverno, dalla classica influenza alle sindromi parainfluenzali,
per non parlare delle micidiali gastroenteriti sempre in
agguato. Visto che il periodo delle ferie è ancora lontano
e, di solito, il lavoro non è un hobby ma una necessità,
bisogna correre ai ripari, aiutandoci, ed il nostro consiglio non poteva essere diverso, con rimedi naturali, una
giusta alimentazione ed alcune terapie complementari.
Combattere la stanchezza primaverile in modo naturale
ed appropriato, aiuterà il nostro corpo a rifiorire in tutto
il suo benessere.
Proviamo ad entrare un po’ più nel dettaglio: molti avvertono un calo di energie sia fisiche che mentali ed è for-
te la tendenza a voler dormire continuamente. I capelli
si indeboliscono e cadono più facilmente, mentre i reni
sono sovraccaricati e lavorano di più. Tutto ciò sfianca il
sistema nervoso e il benessere psicofisico sembra venir
meno. In realtà, come da sempre suggeriscono gli esperti di medicina tradizionale cinese, questo nervosismo è
paradossalmente frutto di un eccessivo livello di energia, che colpisce l’organismo e che raggiunge proprio in
primavera il suo picco. Fondamentale e assolutamente
necessario risulta quindi innescare un adeguato processo
di disintossicazione e drenaggio che faccia sì che gli organi più sollecitati vengano messi in condizioni ottimali.
Ecco perchè si rende indispensabile depurare i reni che,
filtrando i liquidi del nostro corpo, eliminano le scorie
attraverso l’urina. Inoltre, dovremmo depurare il sistema linfatico e sanguigno, specialmente per controllare i
livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue. Per quanto
appena detto, non è difficile intuire che il fattore che più
di tutti può influire sulla risoluzione di questo stato è
l’alimentazione, e come potrebbe essere altrimenti, con
l’eventuale aiuto di integratori: utilissimi per raggiungere il giusto apporto di quei micronutrienti, vitamine
e sali minerali, che aiutano l’organismo ad adattarsi ai
sottili cambiamenti metabolici. In ultimo, non dimentichiamo i benefici dati dall’esercizio fisico che – oltre ad
assicurare il miglioramento del sistema energetico della
muscolatura – è un toccasana anche per lo stress (grazie
alla produzione delle endorfine) e per il cervello (stimolando la circolazione sanguigna, rende più attenti e lucidi in tutto ciò che si fa). Insomma i Romani avevano
proprio ragione…“mens sana in corpore sano!”
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Sarcopenia:
un corretto apporto alimentare può
aiutare a prevenirla e combatterla
Dott. ssa Barbara Ostan (*) - Dott.ssa Giovanna Perrone (**)
(*)Medico chirurgo, Esperto e consulente in Medicina ad Indirizzo estetico, Esperto in Omeopatia, Omotossicologia e Discipline
Integrate
(**)Medico chirurgo, Specialista in Scienza dell’alimentazione, Esperto in Medicina naturale, Esperto in Omeopatia, Omotossicologia
e Medicine Integrate
Abstract: La sarcopenia è una condizione associata all’invecchiamento e/o a patologie croniche soprattutto nei soggetti anziani in cui si verifica
una progressiva riduzione del numero e della dimensione delle fibre muscolari. Quando è particolarmente accentuata è la principale causa di
invalidità e debolezza nell’anziano, con compromissione della qualità della vita. Nei casi di sarcopenia si può intervenire con attività fisica (aumento della massa muscolare, della potenza e della forza muscolare) e con un corretto apporto nutrizionale (apporto proteico corrispondente a
1,2-1,5 g/kg/die, oltre all’assunzione di amminoacidi essenziali).
Abstract: The sarcopenia is a condition associated with aging and/or chronic diseases, especially in elderly subjects in which occurs a progressive reduction
in the number and size of muscle fibers. When is particularly pronounced is the leading cause of disability and weakness in the elderly with impaired
quality of life. In cases of sarcopenia is possible to act with physical activity (increase in muscle mass, power and muscular strength) and with a proper
nutritional intake (protein corresponding 1,2-1,5 g/kg/day, and the additional intake of essential amino acids).
Parole chiave: sarcopenia, massa magra, invecchiamento, forza muscolare
Il termine sarcopenia, deriva dal greco sarx (carne) e penia
(perdita) e fu coniato da Irwin Rosenberg nel 1988. Essa colpisce 1 anziano su 5 sotto i 70 anni di età ed 1 su 3 oltre gli
80 anni di età.
È la condizione di riduzione progressiva del numero e della
dimensione delle fibre muscolari associata all’invecchiamento e/o a patologie croniche. La definizione della EWGSOP
(European Working Group on Sarcopenia in Order People)
riporta: la sarcopenia è una condizione caratterizzata da una
perdita progressiva e generalizzata di massa muscolare e di
forza muscolare accompagnata da un aumentato rischio di
esiti sfavorevoli come disabilità fisica e ridotta qualità di vita.
Dato che in tale situazione vi è una perdita della massa magra,
dobbiamo definire cosa si intende per “massa magra”: è l’insieme di tutti i componenti dell’organismo (circa il 75% del
peso corporeo) tranne il tessuto adiposo ovvero organi, ossa
e muscoli; questi ultimi sono la componente principale della
massa magra.
Il primo campanello d’allarme è rappresentato dalla difficoltà nel compiere un’azione abituale, come salire e scendere le
scale, caricare i bagagli in macchina, portare i sacchetti della
spesa o le confezioni di acqua minerale. Quando queste azioni
di tutti i giorni divengono sempre più difficili da effettuare, è
possibile che il nostro organismo sia affetto da sarcopenia. Ci
sentiamo più deboli e non più in grado di portare a termine
ciò che, fino a pochi mesi prima, facevamo senza alcun problema. Questa malattia può, indirettamente, creare problemi
psicologici: il non riuscire più a svolgere azioni del tutto abituali causa spesso depressione, soprattutto in quelle persone
che non accettano l’avanzare dell’età e l’inevitabile deteriora-
Keywords: sarcopenia, lean body mass, aging, muscle strength
mento delle condizioni fisiche. Bisogna aggiungere che con
l’età declina in modo continuo ed irreversibile il numero e la
funzione dei motoneuroni del midollo spinale. I motoneuroni sono responsabili dell’invio di segnali dal cervello ai muscoli per poter iniziare il movimento. La perdita di fibre muscolari inizia con la perdita di neuroni motori. I motoneuroni
muoiono con l’avanzare dell’età, con conseguente denervazione delle fibre muscolari all’interno del blocco motore; questo
provoca denervazione delle fibre muscolari, atrofia ed infine
morte, portando ad una diminuzione della massa muscolare.
Quando un motoneurone muore può essere sostituito da uno
adiacente, di solito a contrazione lenta; esso può reinnervare
le fibre muscolari e prevenire l’atrofia. Questo processo è chiamato unità di rimodellamento motore. Rispetto ai precedenti
motoneuroni essi sono più lenti, più piccoli e producono una
forza muscolare inferiore, ovvero l’unità di rimodellamento
del motoneurone conduce ad unità motorie meno efficienti.
Il rinnovato gruppo di motoneuroni avrà un controllo meno
preciso dei movimenti, con minor produzione di forza e rallentamento della meccanica muscolare. Questo può aiutare a
spiegare la perdita di equilibrio e di velocità del movimento
che si evidenzia con l’avanzare dell’età. Inoltre, la quantità
di denervazione delle fibre muscolari può superare quelle di
reinnervazione, che spiega l’atrofia delle fibre muscolari negli
anziani.
Un altro fattore che influenza la sarcopenia è il tasso di sintesi
delle proteine muscolari. La qualità e la quantità di proteina
nel corpo sono mantenute costanti da un processo continuo
di riparazione, che comporta sia la disgregazione proteica che
la sintesi; l’equilibrio di sintesi proteica e ripartizione deter7
®
mina il contenuto proteico del corpo. Con l’avanzare dell’età
si hanno cambiamenti nel turnover proteico, soprattutto una
diminuzione del tasso di sintesi piuttosto che un aumento del
tasso catabolico, che conduce alla perdita di massa muscolare.
In realtà, quindi, la perdita fisiologica della massa magra (muscolare) inizia a 20 anni, ma diventa molto rapida solo dopo i
50 anni; tra i 70-79 anni, negli anziani, in entrambi i sessi, si
ha una riduzione della massa magra dell’1% all’anno.
La sarcopenia è ovviamente una condizione associata all’invecchiamento e/o a patologie croniche soprattutto dei soggetti anziani, in cui si verifica una progressiva riduzione del
numero e della dimensione delle fibre muscolari.
Altre cause di sarcopenia sono: patologie croniche, neoplasie,
traumi, anoressia (per aumento della proteolisi), diete eccessivamente ipocaloriche, invecchiamento, allettamento o inattività fisica (per riduzione della sintesi proteica).
Invecchiamento e riduzione ormoni sessuali
Anoressia, cachessia
Sarcopenia
Sarcopenia
Nutrizione inadeguata, diete ipocaloriche,
Sarcopenia
malassorbimento
Inattività, immobilità, sedentarietà,
Sarcopenia
assenza di gravità
Variazioni ormonali
(corticosteroidi, GH, IGF-1, Tiroide)
Sarcopenia
Malattie neurodegenerative,
Sarcopenia
perdita di motoneuroni
Come si può notare i fattori che concorrono a tale processo
sono diversi: il grado di attività fisica, le modificazioni ormonali, in particolare la diminuzione del testosterone nei maschi
e degli estrogeni nelle donne, la malnutrizione e diverse malattie croniche.
L’invecchiamento è associato a diversi cambiamenti nei livelli
ormonali, compresa una diminuzione delle concentrazioni di
ormone della crescita (GH), testosterone e insulin-like growth
factor (IGF-1). Una diminuzione delle concentrazioni di questi ormoni può essere collegata allo sviluppo della sarcopenia.
GH e IGF-1 giocano un ruolo dominante nella regolazione
del metabolismo delle proteine: GH e Testosterone sono necessari per il mantenimento delle proteine e i livelli di IGF1 sono correlati positivamente con i tassi di sintesi proteica
muscolare, in particolare proteina miofibrillare (filamenti di
actina e miosina). Una riduzione di questi ormoni è legata ad
una diminuzione della massa muscolare e ad un aumento del
grasso corporeo.
Nelle donne l’abbassamento della concentrazione estrogenica
dovuto alla menopausa è un fattore che aumenta la perdita di
massa muscolare di circa 3 kg ed aumenta la massa grassa di
circa 2,5 kg che può essere molto limitata o addirittura eliminata dalla terapia ormonale sostitutiva.
Gli uomini tendono a perdere maggior massa muscolare rispetto alle donne. Queste ultime sono a loro volta maggiormente soggette a quella che invece si definisce “obesità sarco8
penica”, dove il grasso in eccesso maschera masse muscolari
ridotte.
La sarcopenia va distinta dalla cachessia, che è caratterizzata
da perdita sia di massa grassa che di massa muscolare ed ha
come principale causa uno stato di infiammazione cronica od
un tumore, e dalla perdita di peso conseguente a malnutrizione calorico-proteica.
Sulla base delle definizioni elencate possiamo classificare la
sarcopenia in: pre-sarcopenia (perdita della massa muscolare
senza variazione della forza fisica e della performance), sarcopenia (perdita della massa muscolare e della forza muscolare
o della performance) e sarcopenia severa (perdita della massa
muscolare, della forza muscolare e della performance).
Le conseguenze sono: diminuzione della forza, potenza e resistenza muscolare e di conseguenza dell’equilibrio; diminuzione della massa ossea e di acqua dell’organismo con aumentato
rischio di cadute e quindi di fratture; diminuzione del metabolismo basale e conseguente alterazione della termoregolazione.
Va ricordato che mantenere o aumentare la massa muscolare
non è sufficiente a prevenire il declino della forza muscolare
associata all’invecchiamento, però la sarcopenia è significativamente inferiore nei soggetti che svolgono un’attività fisica
regolare.
Uno studio italiano pubblicato su Gerolontology ha evidenziato che la prevalenza di sviluppare sarcopenia tra i pazienti
istituzionalizzati con età superiore ai 70 anni è elevata e corrisponde al 68% negli uomini e al 21% nelle donne.
È bene evidenziare che i fattori di rischio per la sarcopenia
nell’anziano comprendono sia fattori costituzionali che lo stile di vita, ma in particolare l’alimentazione, la vita sedentaria,
le patologie croniche e la condizione di vita.
La sarcopenia, quando è particolarmente accentuata, è la
principale causa di invalidità e debolezza nell’anziano con
compromissione della qualità della vita, infatti, come accennavamo all’inizio, comporta equilibrio instabile, incapacità di
salire o scendere le scale o portare a casa la spesa; aumenta
il rischio di cadute e la loro gravità, si aggrava l’osteoporosi
per la riduzione della tensione muscolare sulla struttura scheletrica e per la riduzione dell’effetto cuscinetto del muscolo
sull’osso.
La nutrizione influenza il processo di invecchiamento dato
che un apporto inadeguato in genere aggrava la composizione
corporea, con conseguente riduzione delle riserve energetiche.
La prevalenza della malnutrizione (stato di nutrizione nel
quale una carenza o un eccesso di energia, proteine e altri nutrienti provoca eventi avversi misurabili sulla forma dei tessuti
e dell’organismo, sulla funzione e sulla prognosi - Definizione
ESPEN European Society for Clinical Nutrition and Metabolism) è pari al 22,8%; gli anziani ricoverati presso ospedali,
case di riposo e strutture di riabilitazione hanno mostrato un
rischio maggiore di malnutrizione rispetto ai soggetti che vivono in comunità.
Indagini eseguite in molti paesi hanno evidenziato un introito
inadeguato di uno o più nutrienti nel 24% degli uomini e nel
47% delle donne tra i 74 e i 79 anni.
®
Fattori di rischio e cause della sarcopenia
FATTORI
PROCESSO DI INVECCHIAMENTO
PATOLOGIE CRONICHE
Costituzionali
Sesso femminile
Basso peso alla nascita
Sensibilità genetica
Aumentato turnover muscolare
Aumento degli stimoli catabolici (degradazione proteica)
Riduzione degli stimoli anabolici (ridotta sintesi proteica)
Alterazioni cognitive
Disturbi dell’umore
Diabete mellito
Scompenso cardiaco
Insufficienza epatica
Insufficienza renale
Insufficienza respiratoria
Osteoartrosi
Dolore cronico
Ridotto numero di miociti
Aumento miostatina e apoptosi
Stile di vita
Malnutrizione
Basso introito proteico
Abuso di alcol
Fumo
Inattività fisica
Variazione regolazione ormonale
Ridotta produzione di testosterone, DHEA
Ridotta produzione di estrogeni
Riduzione 1,25-(OH)2-Vitamina D
Ridotta funzionalità tiroidea
Riduzione ormone della crescita, IGF-1
Riduzione della resistenza all’insulina
Condizioni di vita
Digiuno
Allettamento, immobilità
Variazione nel sistema neuromuscolare
Obesità
Effetti catabolici dei farmaci
Patologie infiamm. croniche
Neoplasie
Disfunzione mitocondriale
Sarcopenia nelle patologie croniche
centuazione della perdita di massa e forza muscolare, infatti:
diminuzione dell’appetito
sedentarietà
sarcopenia
aumento della perdita di massa e forza
deficit nutrizionale
In queste situazioni è accelerato il processo di degradazione
riduzione della mobilità.
muscolare
proteica nel muscolo. Le citochine pro-infiammatorie ed i
Molti studi evidenziano come una riduzione di massa muscofattori derivanti da neoplasie (fattore inducente la proteolisi)
lare e quindi della forza muscolare si associano al rischio di
possono direttamente aumentare l’attività dei sistemi protecadute. È dimostrato che un livello inferiore di massa magra
olitici intercellulari, come il sistema ubiquitina-proteasoma
e un livello elevato di massa grassa contribuiscono in modo
ATP-dipendente. La malnutrizione, la resistenza periferica
indipendente a bassi livelli di densità minerale ossea; nell’anall’insulina e la conseguente riduzione dell’utilizzo periferico
ziano, mantenere o aumentare la massa magra può preservare
del glucosio sono alterazioni frequenti in patologie che possola densità minerale ossea. Inoltre la perdita di massa magra
no indurre sarcopenia. Inoltre, a livello del tessuto muscolare,
per riduzione delle riserve azotate indebolisce il sistema imla ridotta disponibilità di glucosio induce un aumento della
munitario, riducendo la resistenza alle malattie e alle infezioni
degradazione delle miofibrille con consumo di aminoacidi
e compromette la capacità di cicatrizzazione delle ferite e la
essenziali a catena ramificata che, venendo usati a scopo ossiripresa dopo interventi chirurgici o patologie acute.
dativo nel muscolo stesso, risultano ridotti in concentrazione
Il SIRENTE Study ha permesso di osservare come nei grannel plasma.
di anziani (età superiore ad 80 anni), la
massa muscolare, valutata attraverso la
Sarcopenia secondaria
circonferenza del braccio, possa essere
Associata ad una
Grave insufficienza di un organo (polmone,
positivamente associata alla performance
patologia
cuore, fegato, rene, encefalo)
funzionale ed alla sopravvivenza, e che la
Associata all’attività
Allettamento
velocità del cammino, indice della perforStile di vita sedentario
mance muscolare, è un indicatore dello
Assenza di gravità
stato di salute e della sopravvivenza negli
Associata a problemi
Inadeguato introito di alimenti (spt. proteine)
anziani.
di nutrizione
Malassorbimento
Disordini gastrointestinali
Utilizzo di farmaci che provocano anoressia
La perdita di massa magra debilita il paziente perché ne compromette la forza fisica e l’energia, aumentando l’affaticamento e riducendo la mobilità e la capacità di attività complesse,
con perdita di autonomia personale.
Gli effetti negativi della sarcopenia creano un circolo vizioso
e, nella maggior parte dei casi, determinano un’ulteriore ac-
La diagnosi si basa su 2 dei 3 punti seguenti:
1. ridotta massa muscolare, valutabile
mediante
-densitometria con tecnica ad assorbimento a raggi X/DEXA
(T-score v.n. 7,23 a 7,26 Kg/m2 per gli uomini e da 5,5 a
5,67 kg/m2 per le donne)
-BIA (8,87 kg/m2 per gli uomini e 6,45 kg/m2 per le donne
-misure antropometriche (plicometria, circonferenza del
9
®
braccio, spt. del polpaccio in cui un valore < a 31 corrisponde a disabilità)
-dosaggio del potassio
-TAC o RMN
2. ridotta forza muscolare, si valuta con
-la forza di contrazione della stretta di mano mediante un
dinamometro
-la forza flessoria/estensoria del ginocchio
-il picco di flusso espiratorio che indica la forza dei muscoli
respiratori
3. ridotta performance fisica, valutabile mediante
-test del cammino (valore soglia 0,8 m/sec)
-timed up and go test (misura in secondi il tempo necessario
a un pz. per alzarsi dalla sedia, camminare per 3 metri, girarsi e tornare a sedersi)
-short physical performance battery che consiste di 3 test:
1.equilibrio (consiste in 3 esercizi a piedi uniti, in semi
tandem e in posizione tandem)
2.capacità di camminare per una breve distanza (es. 4m)
3.forza ed equilibrio, mediante il “test della sedia” (il paziente deve alzarsi e risedersi fino a 5 volte consecutive
da una sedia senza braccioli)
Ad ogni esame eseguito si attribuisce un punteggio che
va da 0 a 4, la cui somma darà come valore massimo 12.
Dieta e sarcopenia
Durante la fase del dimagrimento si assiste inevitabilmente anche ad una certa perdita di massa magra oltre a quella
grassa. Nel giovane e nell’adulto questo effetto negativo è ricompensato dagli effetti positivi di un’attività fisica regolare.
Nell’anziano, invece, il recupero di massa muscolare non si
verifica, sia a causa del minor impegno fisico, sia per la diminuita efficienza anabolica dovuta all’età.
Occorre quindi prestare molta attenzione prima di sottoporre
un ultra 70enne (anche se obeso) a una dieta ipocalorica. In
assenza di indici di rischio clinici o metabolici è più opportuno mirare verso altri aspetti di outcome di salute come la
qualità più che la quantità dell’alimentazione e naturalmente
sull’attività fisica.
Uno dei maggiori inconvenienti delle diete ipocaloriche è infatti la perdita di massa magra, cosa tanto più grave quanto
più anziana è la persona e quindi già potenzialmente sarcopenica. L’attività fisica durante il periodo del calo di peso è
un’importante pratica per contenere questa perdita.
Un recente studio ha evidenziato che un programma dietetico consistente in un moderato deficit calorico con apporto
di proteine (1 g/kg di peso ideale/die) associato ad esercizio
fisico consistente in sessioni di 90 minuti tre volte/sett. di
esercizi aerobici associati ad esercizi di resistenza, flessibilità
ed equilibrio consente una soddisfacente perdita di peso senza che si verifichino conseguenze negative sulla performance
fisica globale, che invece viene migliorata.
Interventi nel paziente sarcopenico
I soggetti sarcopenici hanno inevitabilmente una difficoltà
nello svolgere delle normali attività della vita quotidiana, con
un aumento del rischio di cadute e fratture, questo si traduce
in disabilità e perdita dell’indipendenza.
Come intervenire:
10
1. Attività fisica
È un presidio efficace nel prevenire o nel trattare la sarcopenia, con il risultato di un aumento della massa muscolare,
della potenza e della forza muscolare. Gli esercizi più opportuni sono quelli di resistenza e aerobici. Studi dimostrano che
l’esercizio fisico per avere efficacia deve essere eseguito in aumento di resistenza affinché si possa raggiungere una risposta
muscolare ottimale.
2. Intervento nutrizionale
Nell’alimentazione dell’anziano non è importante solo l’apporto calorico, ma soprattutto l’apporto proteico; nei pazienti
giovani e sani tale apporto corrisponde a 0,8-1 g/Kg/die di
peso ideale, mentre negli anziani il fabbisogno sale a 1,2-1,5
g/Kg/die (vedi tabella 1). Fondamentale è l’assunzione degli
aminoacidi essenziali. Va ricordata l’importanza di suddividere su 3 pasti l’apporto proteico e la supplementazione è ancora
più importante se viene somministrata subito dopo l’esercizio
fisico. Uno studio del 2006 ha dimostrato che, nell’anziano,
la ridotta risposta alla sintesi proteica dopo l’ingestione di piccole quantità di aminoacidi essenziali può essere aumentata
dall’ingestione di una miscela con una maggior quantità di
Leucina (aminoacido ramificato essenziale). Sempre più evidenze confermano l’importanza della supplementazione di
idrossi-metilbutirrato (HMB), un metabolità della Leucina:
esso favorisce la sintesi proteica prevenendo il catabolismo
proteico. La migliore fonte di proteine nobili e facili da digerire sono la carne, il pesce ma anche il formaggio (ad esempio
grana e prosciutto crudo). Si pensi che una bistecca di 120 gr
contiene circa 25 g di proteine e 6 gr di aminoacidi essenziali
di cui 2,5 gr di Leucina, capace di aumentare la sintesi proteica del 50% negli anziani. In questi pazienti si può considerare
l’opportunità di introdurre a scopo preventivo integratori dietetici di vitamina B6, B12, D, oltre al calcio.
Condizione del paziente
Normale
Fabbisogno proteico
giornaliero g/Kg/die
0,8-1
Anziani
1,2-1,5
Presenza di ferite-traumi,
infezioni, interventi chirurgici,
gravi patologie
1,5-2,0
Patologie croniche
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arginina, ornitina, citrullina e taurina, di vitamina B6 e zinco induce la massima
secrezione di GH. L’increzione di GH determina una inibizione della transcriptasi per l’adipogenesi, stimolata viceversa dall’insulina e dagli estrogeni, con
conseguente mobilizzazione del grasso dalle zone ormonodipendenti. È un
supporto nutrizionale proteico ad alto contenuto di cisteina (3,3%), che stimola
la sintesi del glutatione, il più potente antiossidante naturale. Integra opportunamente la dieta di pazienti immunocompromessi e malnutriti. Preserva l’elasticità
e l’idratazione del collagene presente nel tessuto connettivo sottocutaneo. La
presenza di carnitina, coenzima Q10 ed acido alfa linolenico ottimizzano il metabolismo lipidico ed il catabolismo degli acidi grassi a livello mitocondriale.
Come integratore per migliorare il tono muscolare e del connettivo sottocutaneo
è preferibile utilizzare ciclicamente una bustina di GHAMIN® sciolta in una tazza
di acqua o latte scremato ogni sera, prima di andare a dormire, per ottimizzare
lo stimolo alla sintesi di GH, che si verifica prevalentemente nelle ore notturne.
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La terapia marina come tecnica di
nutrizione cellulare utilizzata
in diverse patologie
Dr. Juan Alberola
Laureato in Farmacia. Direttore scientifico Laboratori Quinton.
Abstract: Dopo aver sottolineato la somiglianza tra l’acqua di mare e il sangue umano, l’autore prende in esame le possibili applicazioni dell’acqua di mare (detta anche plasma di Quinton) come coadiuvante nel trattamento di diverse patologie: Alzheimer, obesità e diabete, arteriosclerosi, infertilità, apparato respiratorio e sistema immunitario. Tutti i casi riportati sono supportati da studi clinici, in cui risulta evidente la proprietà
dell’acqua di mare di nutrire e ossigenare le cellule del corpo umano.
Abstract: After pointing out the similarity between seawater and human blood, the author examines the possible applications of seawater (also known
as plasma Quinton) as an adjuvant in the treatment of various diseases: Alzheimer’s disease, obesity and diabetes, atherosclerosis, infertility, respiratory
system and immune system. All reported cases are supported by clinical studies, where it evident the properties of seawater to feed and oxygenate the cells
of the human body.
Parole chiave: acqua di mare, nutrizione cellulare, ipertonia, isotonia
Keywords: sea water, cellular nutrition, hypertonic, isotonic
L’acqua di mare possiede delle qualità terapeutiche molto benefiche per il corpo umano, conosciute già dall’antica civiltà greca, la
cui conoscenza scientifica fu ripresa già dal secolo XIX dal biologo
francese René Quinton.
Questo scienziato ha dimostrato le virtù terapeutiche dell’acqua di
mare, partendo dalla teoria che qualunque essere vivente è una specie di acquario marino, le cui cellule nascono e vivono nelle stesse
condizioni acquatiche nelle quali ebbe origine la cellula primitiva.
La ragione sulla quale si appoggia questa affermazione risiede nel
fatto che il sangue umano ha una composizione similare all’acqua
di mare.
Nel 1904, Quinton pubblicò il libro “L’acqua di mare, mezzo organico”, dove indicava le virtù dell’acqua di mare nelle iniezioni
sottocutanee, intradermiche e per via orale, sia come soluzione
salina che come soluzione isotonica; quest’ultima soluzione, che
presenta la stessa concentrazione di sali del sangue, fu quella che
Quinton utilizzò per salvare la vita di diversi bambini che soffrivano di malnutrizione e forte disidratazione causata da diarrea.
Collocandoci nei nostri tempi, dobbiamo ricordare che esistono
diversi studi realizzati da Università pubbliche e private, a carattere
nazionale e internazionale, che hanno dimostrato le proprietà ed i
vantaggi dell’acqua di mare sull’organismo umano. Per mantenere
un buon stato di salute è necessario monitorare l’equilibrio minerale. L’acqua di mare possiede tutti i minerali necessari per il corretto funzionamento delle cellule e grazie alla biodisponibilità di ioni
di questi elementi si possono ripristinare le carenze di minerali.
Per questo, la terapia marina è una tecnica di nutrizione cellulare
che si utilizza in molteplici patologie.
ramento della qualità di vita dei malati di Alzheimer, iniziò nel
2007 un importante studio con la possibilità di utilizzare l’acqua di
mare ridotta a isotonia nei pazienti facenti parte dell’Associazione
malati di Alzheimer. Il dottore, a seguito della somministrazione di
acqua di mare per un periodo di 16 mesi, ha potuto osservare che
una buona parte del gruppo di pazienti ha risposto, dopo tre mesi
di trattamento, con una stabilità degli stati di ansia e nervosismo.
Inoltre, nella quasi totalità dei pazienti che hanno bevuto acqua
di mare isotonica, non sono comparsi raffreddori né sintomi influenzali.
Partendo dalla premessa che l’acqua di mare non è il metodo curativo della malattia Alzheimer, è stato comunque visto che non ha
controindicazioni, né effetti collaterali, inoltre aiuta a ripristinare
l’equilibrio nutrizionale delle cellule. Anche se la sua applicazione
nei malati di Alzheimer è qualcosa di nuovo, da molto tempo si
osserva il suo utilizzo in altre patologie come l’obesità e il diabete.
L’acqua di mare come aiuto nel trattamento dell’Alzheimer
Il dott. Manuel Antonio Ballester, responsabile dell’Istituto dello
Sport dell’Ospedale USP San Jaime Torrevieja (Alicante), in collaborazione con l’Associazione AFA Torrevieja (Alicante), nell’ambito della sua costante e continua attività di ricerca per il miglio12
L’acqua di mare nel trattamento dell’obesità del diabete
Lo studio “Antiobesity and antidiabetic Effects of Deep Sea on ob/
ob Mice”, realizzato dal dottore sudcoreano Hwang in collaborazione con la sua equipe di ricercatori del Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Daegu (Corea del Sud), ha posto le basi
per l’implementazione dell’utilizzo della terapia con acqua di mare
per il trattamento del diabete mellito di tipo 2, l’obesità e le disfunzioni correlate.
Lo studio si è basato su una metodologia che iniziò con la somministrazione di acqua di mare ad un gruppo di topi, in confronto
con un altro gruppo al quale fu somministrata acqua di rubinetto.
Dopo 84 giorni, il gruppo di topi che assumevano acqua di mare
presentò una diminuzione del peso pari al 7%, una diminuzione
dei livelli di glucosio del 35%, così come un miglioramento nel
test di tolleranza al glucosio, rispetto al gruppo che assumeva acqua
di rubinetto.
Si è visto che l’azione dell’acqua di mare e dei suoi componenti è
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correlata ai livelli dei diversi indicatori legati all’obesità e al diabete
mellito di tipo 2 (adiponectina, AMPK, GLUT4, resistina, FABP,
PPARY). L’evoluzione di tali indicatori indica un’azione multifattoriale dell’acqua di mare sul metabolismo di zuccheri e grassi.
Alternativa complementare all’arteriosclerosi
Uno studio, realizzato dal dott. Geethalakshmi Radhakrishnan del
Dipartimento di Chirurgia II della Facoltà di Medicina dell’Università di Kochi (Giappone), ha dimostrato che nell’acqua di mare
sono disciolte molecole organiche con azione farmacologica. Lo
studio mostra come una frazione di acqua di mare estratta con etanolo, nota come C18-DOM, è in grado di inibire l’aggregazione
piastrinica (con azione simile a quella dell’aspirina) e di arrestare
la progressione dell’arteriosclerosi (accumulo di depositi adiposi
all’interno delle pareti delle arterie).
Il problema dell’infertilità
Grazie alle molteplici proprietà dell’acqua di mare, il suo impiego si è dimostrato positivo anche per il trattamento dell’infertilità. Questo problema sta acquisendo sempre più importanza nelle
società industrializzate, in quanto si è visto che il numero delle
persone colpite è sempre più in aumento. Si stima che nei paesi industrializzati, circa il 16% delle coppie ha delle difficoltà nel
concepimento.
A causa di questo continuo aumento, un’equipe di medici in collaborazione con i Laboratori Quinton ha realizzato una ricerca
sull’efficacia dell’acqua di mare come coadiuvante nel trattamento
dell’infertilità. Lo studio, condotto fra il 2006 e il 2011, ha preso
in esame 40 donne di età compresa fra i 30 e i 41 anni, che presentavano problemi legati alla fertilità. Furono divise in 4 gruppi e
trattate con terapie di riproduzione assistita, tecniche di medicina
cinese e assunzione di acqua di mare.
I risultati hanno dimostrato che il trattamento combinato con acqua di mare è efficace nel conseguimento della gravidanze in donne con problemi di fertilità, oltre che in grado di ridurre i tempi di
trattamento.
Pulizia nasale con acqua di mare per il mantenimento della
salute delle mucose
Altre patologie che hanno visto un aumento nelle società avanzate
sono le patologie collegate all’apparato respiratorio e all’apparato
uditivo, sia nei bambini che negli adulti; questo fattore è dovuto
alla presenza di sempre più alti livelli di inquinamento ambientale,
che producono un effetto irritante diretto sulle mucose delle vie
respiratorie. L’acqua di mare facilita il drenaggio del muco e allo
stesso tempo nutre le mucose, stimolandone il corretto funzionamento.
Uno studio condotto dal dott. Miguel Pros, medico naturopata di
Balneari Respiratori, realizzato con pazienti affetti da malattie correlate alle vie respiratorie e all’udito, ha dimostrato come la pulizia
nasale con acqua di mare presentava una percentuale di miglioramento dei pazienti pari al 93%, dei quali il 50% non hanno più
fatto ricorso alle cure farmacologiche convenzionali.
Carattere immunologico e supplementare dell’acqua di
mare
Fattori come lo stress, una cattiva alimentazione, la scarsa
qualità nutrizionale degli alimenti che assumiamo, l’inquinamento acustico e lo stile di vita sedentario, contribuiscono
all’indebolimento del sistema immunitario, rendendolo quindi più sensibile alle infezioni, provocato anche da una eccessiva assunzione di farmaci. In questo senso, l’utilizzo dell’acqua
di mare è in grado di stimolare il sistema immunitario, oltre
ad avere proprietà antiossidanti e cicatrizzanti.
Uno studio condotto dai Laboratori Quinton, in collaborazione
con l’Università di Alicante, ha dimostrato che l’assunzione giornaliera di acqua di mare ipertonica non produce alterazioni della
pressione sanguigna, oltre ad essere ben tollerata.
L’acqua di mare isotonica ha una composizione qualitativamente e quantitativamente identica al liquido extracellulare e quindi
può essere uno dei mezzi più naturali per aiutare la regolazione
del nostro organismo; è infatti in grado di nutrire e ossigenare le
cellule oltre che partecipare al ripristino della funzionalità del corpo. Il suo impiego è consigliato anche in menopausa, così come
raccomandato dalla Società di Ginecologia e Ostetricia (SEGO).
In conclusione, ci piacerebbe sottolineare la somiglianza tra il sangue umano e l’acqua di mare che è in grado di permettere una
rigenerazione cellulare completa. L’utilizzo di acqua di mare nel
trattamento di queste e molte altre patologie, non è rivolto tanto a
curare, quanto a ristabilire l’omeostasi dell’organismo, visto che il
suo utilizzo ha effetti positivi su innumerevoli patologie.
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Necessità di un corretto equilibrio
idroelettrolitico nell’anziano
Dott. Roberto Lacava (*) - Dott. Pietro Gareri (*)(**) - Dott. Alberto Castagna (***) - Dott. Antonino Maria Cotroneo (****)
(*) UO Tutela Salute Anziani – Centro Demenze ASP Catanzaro
(**) Cattedra di Farmacologia – Dipartimento di Scienze della Salute, Facoltà di Medicina, Università “Magna Græcia” di Catanzaro, Servizio
di Farmacologia Clinica e di Farmacovigilanza, Catanzaro
(***) Centro Esperto Demenze - Distretto di Pavullo nel Frignano – AUSL di Modena
(****)ASL2 Torino
Abstract: Uno squilibrio idroelettrolitico può compromettere le capacità sia fisiche che mentali soprattutto nelle persone anziane. Spesso nella
pratica clinica quotidiana si ricorre all’utilizzo della soluzione fisiologica, per via parenterale, al fine di prevenire o trattare la disidratazione.
Un’ottima soluzione, sicuramente più semplice e meno invasiva, è la terapia via orale con plasma marino o acqua di mare, che presenta una
composizione qualitativamente e quantitativamente identica a quella del liquido extracellulare.
Abstract: An electrolyte imbalance can affect the physical and mental capacity especially in elderly. Often in daily clinical practice is used the saline solution, parenterally, in order to prevent or treat dehydration. An optimum solution, certainly more simple and less invasive, is the oral therapy with marine
plasma or sea water, which has a composition qualitatively and quantitatively identical to that of the extracellular fluid.
Parole chiave: persone anziane, equilibrio idroelettrolitico, plasma marino.
Il nostro organismo è costituito principalmente da acqua, presente
in tutti i tessuti, compreso lo smalto dei denti; il suo fabbisogno
varia con il tipo di attività fisica, con l’età, la temperatura corporea
e quella ambientale. Il fabbisogno idrico in un individuo normale
è di circa 1500 ml/m2 in 24 ore, pari a 2000-2500 ml/die, mentre
la perdita idrica giornaliera è di circa 2000-2500 ml/die.
L’apporto è assicurato in genere dall’acqua bevuta (1000 ml, frazione variabile in funzione della sete), dall’acqua contenuta negli
alimenti (1000 ml) e dall’acqua endogena (300 ml circa) derivante
dal catabolismo dei substrati glicidici, proteici e lipidici; le perdite avvengono con le urine (1400-1500 ml/die), le feci (100-200
ml), la perspiratio insensibilis ed il sudore (circa 800 ml). In genere
nell’anziano, come dimostrato nello studio SENECA, accanto ad
un ridotto apporto dietetico, si registra uno scarso apporto di liquidi e le donne sono maggiormente esposte al rischio di disidratazione rispetto agli uomini. Diversi studi hanno inoltre dimostrato
che, se il paziente è istituzionalizzato, il rischio di disidratazione è
più elevato allorquando il personale addetto all’assistenza non sia
sufficientemente preparato, o per mancanza di un adeguato controllo, o per presenza di pazienti con disfagia di grado moderato severo, “impairment” cognitivo, afasia. Si è visto inoltre, che il
basso apporto di liquidi, in genere inferiore a 1500 ml giornalieri,
è correlato al deterioramento cognitivo e ad una riduzione della
capacità di svolgere le attività della vita quotidiana. Un altro motivo che nell’anziano aumenta il rischio di disidratazione è il ridotto
senso della sete, causato dall’influenza inibitoria dell’espansione del
volume centrale, dalla minore stimolazione dei barocettori arteriosi
e da una serie di modificazioni biochimiche. La terapia idroponica,
in auge dal secolo scorso fino agli anni 60, ha trovato un razionale
nelle presunte proprietà curative delle acque (diuretiche, purgative,
epatoprotettive, antidispeptiche); anche se tale aspetto salutistico
ha incontrato sempre maggiori perplessità, oggi c’è la tendenza a
classificare le acque minerali in base al residuo fisso, che esprime
Keywords: elderly, fluid balance, plasma marine.
la quantità di sali minerali disciolta nell’acqua che residua dopo la
sua evaporizzazione (riferita ad 1 litro). Le acque medio-minerali,
ad esempio, sono quelle che presentano un residuo fisso tra 500 e
1500 mg/l, sono ricche di calcio (sono anche dette bicarbonatocalciche), per cui costituiscono una fonte di calcio particolarmente
vantaggiosa nel paziente anziano; esse favoriscono la digestione
incrementando la secrezione gastrica, ridotta nell’anziano per la
frequente presenza di gastrite atrofica di tipo B ed aumentano l’assorbimento dei grassi. L’acloridria e l’ipocloridria riducono inoltre
la solubilità del calcio e la sua biodisponibilità, pur in presenza di
normali livelli di vitamina D. Le acque oligominerali sono invece
quelle che hanno un residuo fisso inferiore a 500 mg/l, mentre
quelle ricche di sali minerali hanno un residuo fisso superiore a
1500 mg/l. Le prime sono quelle che trovano una ragione di impiego nella popolazione anziana qualora esistano patologie dell’apparato urinario (ad es. calcolosi) o patologie metaboliche (ad es.
gotta). Infatti, possiedono un maggiore effetto di potenziamento
quantitativo della diuresi rispetto ad acque a concentrazione salina
più elevata; l’idratazione consente una emodiluizione che determina una mobilizzazione dell’acido urico dai tessuti, favorendo il
convogliamento e l’escrezione renale. Le proprietà diuretiche stimolano l’urodiluizione che impedisce la sovra saturazione e comporta un innalzamento del pH urinario, con conseguente incremento della frazione dissociata dell’acido urico, più idrosolubile e
più facilmente eliminabile. È chiaro che l’apporto idrico dovrà essere contenuto nelle persone anziane affette da insufficienza renale,
scompenso cardiaco; le acque minerali ricche in sodio non sono
indicate nella dieta dei soggetti ipertesi, così come quelle ferruginose, contenenti un tenore di ferro superiore ad 1 mg/l o quelle
“gassate” sono sconsigliate nei soggetti affetti da gastroduodenite,
ulcera gastrica o semplicemente iperacidità, per i disturbi irritativi
che possono provocare e perché l’anidride carbonica stimola la secrezione gastrica.
15
®
Tutto ciò per ribadire che tra i fattori tipici, e spesso trascurati, proprio nell’anziano vi è quello di mantenere un corretto equilibrio
idro-elettrolitico.
Se pertanto le persone anziane hanno una ridotta sensazione di
sete e la loro risposta ormonale alla disidratazione (liberazione di
ormone antidiuretico) è insufficiente, immaginiamo quanto questi
cambiamenti possano essere pronunciati nei soggetti con demenza, quanto hanno un rischio più alto gli anziani allettati rispetto a
quelli non allettati e gli anziani solo in parte dipendenti, quelli cioè
che sembrano capaci di assumere liquidi ma che in realtà non lo
sono.
Altro fattore predisponente alla disidratazione concerne una classe
di farmaci piuttosto frequente in geriatria come i diuretici, utilizzati sia per controbilanciare l’insufficienza di pompa e di edemi
agli arti inferiori, sia nel trattamento dell’ipertensione. Gli stessi
possono provocare squilibri idro-elettrolitici (ipo/ipernatriemie o
ipo/iperkaliemie).
Si può andare incontro a disidratazione cellulare non solo per perdita totale di acqua, ma anche per un eccessivo contenuto di sodio
extracellulare, che richiamando acqua dal compartimento intracellulare ne provoca la disidratazione; oppure a iperidratazione cellulare diminuendo la concentrazione ionica extracellulare.
Negli anziani uno dei primi sintomi della disidratazione è la secchezza della bocca. In seguito è sempre più interessata la pelle e
le mucose (comprese quelle dell’occhio) che appaiono secche e
asciutte, compaiono sintomi quali senso di affaticamento, cefalea,
crampi muscolari, inappetenza, apatia. In casi più gravi si possono
avere vertigini, nausea e vomito, tachicardia, stati confusionali con
disorientamento, in alcuni casi allucinazioni e stati di agitazione
con delirium fino a perdita di conoscenza e rischio di coma.
La disidratazione negli anziani è una delle cause più frequenti di
ospedalizzazione e contribuisce notevolmente ad aumentare sia la
morbilità che la mortalità.
È da considerare quindi che il persistere di un scorretto bilancio
idroelettrolitico può compromettere sia le capacità fisiche sia quelle
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mentali aumentando inoltre il rischio di calcolosi renale, il rischio
di contrarre tumori del colon e dell’apparato urinario (vescica, prostata, reni) oltre al rischio di prolasso della valvola mitrale.
Sarà compito del sanitario, e del geriatra in particolare, al fine di
prevenire la disidratazione spiegare all’anziano ed anche ai familiari
l’importanza di una corretta assunzione di acqua cercando di identificare i primi segni di una carenza e di un alterato bilancio idroelettrolitico, adeguando il quantitativo in modo regolare specie in
quei soggetti che soffrendo di incontinenza evitano spesso di bere
per evitarne le fisiologiche conseguenze.
Al fine di controllare la quantità di liquidi assunti nel corso della
giornata è necessaria una valutazione costante e documentata della
quantità assunta. Spesso, nella pratica clinica quotidiana si ricorre
all’utilizzo della terapia infusionale per via parenterale (soluzione
fisiologica) al fine di prevenire o trattare la disidratazione, in particolare nei pazienti anziani in regime di ADI (assistenza domiciliare
integrata). Un’ottima soluzione in tal senso, già utilizzata e sicuramente più semplice e meno invasiva, si è dimostrata la terapia per
via orale con “plasma marino” completa di sali minerali ed oligoelementi.
L’acqua di mare isotonica, presentando una composizione qualitativamente e quantitativamente identica al liquido extracellulare,
può determinare favorevolmente i meccanismi regolatori negli
scambi tra settore plasmatico, interstiziale ed intracellulare, partecipando al ripristino della stessa funzionalità cellulare. Un impiego costante ed appropriato di plasma marino, nel paziente anziano, può pertanto contribuire a ristabilire una corretta omeostasi
dell’organismo.
Riferimenti bibliografici
- Hoffman NB Dehydration in the elderly: insidious and manageable. Geriatrics 1991 Jun;
46(6): 35-8.
- Weinberg AD, Minaker KL Evaluation and management in older adults. JAMA, 1995
Nov; 274 (19): 1552-6.
- P.Gareri La malnutrizione nell’anziano, Urgenze Mediche nell’Anziano CESI Casa Editrice Scientifica Internazionale 2004.
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tabacco
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Il fumo? Più che un’abitudine,
una tossicodipendenza!
Dr. Salvatore Corrado
Esperto in botanica, fitoterapia ed omeo-bioterapie. Dal 1979, Accademico al merito dell’Accademia Internazionale di Psicobiofisica di Bergamo, Ateneo di Scienze per lo studio dei fenomeni Fisici, biologici e psichici. Dal 1981 Accademico associato al merito dell’Accademia Tiberina
in Roma, Istituto di cultura Universitaria per lo studio lo sviluppo e l’esaltazione delle scienze.
Abstract: La problematica della dipendenza da fumo di tabacco è un’abitudine (tossicodipendenza) ancora molto radicata, le cui vittime sono in
continuo aumento, non solo tra i giovani. Per smettere di fumare ci vuole volontà e determinazione; inoltre, visto che l’organismo è diventato
nicotina dipendente, è necessario intervenire con dei supporti che siano in grado di disabituarci gradualmente da questo fabbisogno, facendolo
soffrire il meno possibile. In questo caso un valido aiuto ci è dato dalla natura che è in grado di fornirci fitoterapici e rimedi omeopatici che
contribuiscono a smettere di fumare e ad affrontare in maniera serena questo momento.
Parole chiave: fumo, sigaretta, tumore, fitoterapici e rimedi omeopatici.
Abstract: The problem tobacco dependence (drug addiction) is a still very rooted habit, whose victims are increasing, not only among young people. To
stop smoking will and determination is needed; in addition, since the body has become nicotine-dependent, it is necessary to act with helps that are able
to gradually wean the body itself from this requirement, making him suffer as little as possible. In this case, a great help is given to us by nature, that is
able to provide herbal and homeopathic remedies that help to stop smoking and deal with calm this moment.
Keywords: smoking, cigarette, cancer, herbal and homeopathic remedies.
L’argomento è di tale importanza che meriterebbe la stesura di un
intero trattato, ma il nostro intento è quello di sensibilizzare i lettori circa il pericolo del fumo e informarli che comunque la possibilità di smettere di fumare esiste, e la natura come sempre offre il
suo valido contributo.
Per meglio comprendere l’argomento è utile prendere in esame
qualche dato.
I numeri
Nonostante la legge che a partire dal 2004 ha bandito il fumo
dai locali pubblici e aperti al pubblico abbia portato l’Italia all’avanguardia nel mondo nella battaglia contro il fumo, secondo il
“Rapporto sul fumo in Italia 2009” dell’Osservatorio sul Fumo
Alcool e Droghe (OSSFAD) dell’Istituto Superiore di Sanità, oggi
nel nostro paese si contano circa 13 milioni di fumatori, di cui 7,1
milioni (pari al 54,6%) sono uomini e 5,9 milioni (pari al 45,4%)
sono donne.
Secondo un’indagine Doxa, commissionata dall’OSSFAD, negli
ultimi 2 anni la percentuale dei consumatori di tabacco è diminuita di circa 2 punti, ma il numero dei fumatori rimane comunque
molto alto: circa 10,8 milioni.
Al mondo si contano oltre 1 miliardo e 20 milioni di fumatori,
un terzo della popolazione con più di 15 anni, che fumano circa 6
mila miliardi di sigarette all’anno.
Possiamo quindi affermare che quella del fumo è sicuramente un’abitudine (o meglio una tossicodipendenza) ancora molto radicata.
L’età media alla quale si accende la prima sigaretta è al di sotto dei
18 anni e anche per questo motivo la diffusione del fumo resta
maggiore tra i giovani: tra i 15 e i 24 anni un maschio su tre e una
femmina su cinque fumano e la percentuale sale nella fascia di età
tra i 25 e i 44 anni. Oltre i 45 anni, evidentemente per la maggiore
18
responsabilità, presa di coscienza e quindi preoccupazione per la
salute, la percentuale dei fumatori scende fino a dimezzarsi oltre
i 65 anni.
Vittime del fumo
In Italia, il fumo fa una vittima ogni 7 minuti, un numero di morti
circa 10 volte superiore a quello di tutti gli incidenti stradali. Esso è
responsabile di 1/3 di tutte le morti per cancro e del 15% di tutte
le cause di morte. In breve, nel nostro paese il fumo causa la morte
di 80-90.000 persone l’anno.
Il fumo passivo si calcola sia responsabile di circa 1.000 morti l’anno.
Nel mondo, attualmente il fumo uccide circa quattro milioni di
persone ogni anno, e nel 2030 secondo le stime dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ne ucciderà 10 milioni.
Cause di morte
Le diverse cause di morte legate al fumo sono: tumori al polmone,
alla laringe, al faringe, alla vescica, al pancreas, all’utero, gravi patologie cardiovascolari, enfisema polmonare, bronchite cronica ecc.
“Opinioni comuni” relative al fumo
Molti fumatori sono convinti del fatto che la sigaretta scarica la
tensione, rilassa, aiuta a trovare la concentrazione o addirittura che
il desiderio della sigaretta non svanirà nemmeno dopo anni dall’ultima boccata. Nulla di più falso!
Perché si inizia e perché si continua a fumare
Normalmente il nostro organismo non ha bisogno di nicotina, e
chi non ha mai fumato non avverte il bisogno di farlo: il suo organismo non ha alcun bisogno di fare i conti con una dose massiccia
di veleni alla quale non è abituato.
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Piantaggine
•Induce ripugnanza al tabacco
nei fumatori incalliti
•Funzionalità delle prime vie
respiratorie e delle mucose
dell’apparato respiratorio
Marrubio
•Azione espettorante
•Fluidità delle secrezioni
bronchiali
Grindelia
•Azione emolliente e lenitiva
(mucosa orofaringea)
•Tono della voce
Rosa canina
•Stimola le difese immunitarie
grazie al suo elevato
contenuto di vitamina C
Griffonia
•Normale tono dell’umore
•Rilassamento e benessere
mentale
Uncaria
• Naturali difese dell’organismo
• Azione modulante
Quando si cade in tentazione (magari per sentirsi alla pari del
compagno di scuola o per imitare il professore o il grande attore o
peggio ancora perché convinto di scaricare attraverso il fumo chissà
quale problema, tensione o delusione) si inizia a fumare e per un
certo periodo il fumo crea disgusto e nausea. Siamo noi che obblighiamo il nostro organismo a “farselo piacere”, costringendolo ad
assumere nicotina a tal punto da renderlo dipendente da questa
sostanza.
È possibile liberarsi da questa dipendenza
È possibile smettere di fumare se si è consapevoli che i motivi che
un tempo hanno spinto a cadere nella trappola oggi non sono più
validi, non c’è più bisogno di sentirsi grandi o alla pari di chicchessia, tantomeno dimostrare niente a nessuno. Si è adulti, maturi e
in grado di assumersi le proprie responsabilità, con al primo posto
quella di tutelare la propria salute per l’appunto “smettendo di fumare”.
È vero, ci vuole volontà e determinazione, ma proprio perché
l’organismo è diventato nicotina dipendente, è necessario anche
l’intervento con qualcosa che lo aiuti a disabituarsi gradualmente a
tale bisogno facendolo soffrire il meno possibile.
Questo qualcosa esiste e la natura come premesso offre il suo valido contributo, basta cercare tra i tanti rimedi che essa mette a
disposizione.
Fitoterapici e rimedi omeopatici possono sicuramente aiutare il
soggetto che ha finalmente deciso di smettere di fumare ad affrontare in maniera più serena il momento difficile d’inizio (che può
sembrare traumatico) ed accompagnarlo lungo il percorso, fino a
quando il fumo non diverrà che un solo lontano ricordo.
Tra i fitoterapici consigliati
• La Piantagine (Plantago major) che ha la caratteristica di indurre ripugnanza al tabacco nei fumatori incalliti e di contribuire
alla fisiologica funzionalità delle prime vie respiratorie e delle mucose dell’apparato respiratorio.
• Il Marrubio (Marrubium vulgare) ha azione espettorante e
contribuisce a fluidificare le secrezioni bronchiali.
• La Grindelia (Grindelia humilis) ha azione emolliente e lenitiva sulla mucosa orofaringea e migliora il tono della voce.
• La Griffonia (Griffonia simplicifolia) agisce sul tono dell’umore, rilassa e procura benessere mentale.
• L’Uncaria (Uncaria tomentosa) ha azione modulante sulle naturali difese dell’organismo.
L’omeopata può aiutare con successo tutti coloro che desiderano
smettere di fumare, sia intervenendo sui sintomi di astinenza in
maniera dolce (cioè senza mai apportare ulteriori effetti collaterali)
ma sempre efficace, sia agendo su quegli individui che non arrivano neanche a desiderare di smettere, magari perché convinti che
tale abitudine possa conferire loro un valore in più.
Tra i rimedi omeopatici consigliati
Tabacum 9-15-30-60 DH, Tabacum 15-30-200 CH, Nicotinum
4-6-15 DH e Nicotinum 15-30-200 CH che drenano dai residui
tossici derivanti dal fumo di tabacco, disintossicano e aiutano alla
disuassefazione da nicotina. Durante il trattamento essi agiscono a
livello profondo limitando considerevolmente il bisogno di fumare.
Alcuni organoterapici, come Bronchi 4CH, Polmone 4CH, Fegato
4CH, Rene 4CH, Surrene 4CH, agiscono sul loro omologo per
riequilibrarne il funzionamento alterato dagli effetti del fumo.
Ed ancora: Acido alfa chetoglutarico 8DH, Ignatia amara 9-15-30
DH, Kreosotum 4DH, Sticta pulmonaria 4-6-15DH, Mezereum
4-6-15DH, tutti rimedi che sicuramente aiutano a dire addio alla
sigaretta.
Riferimenti bibliografici
- A. Bruni. Farmacognosia generale e applicata. I farmaci naturali. Piccin 1999.
- Le Monografie Tedesche – Schede Fitoterapiche del Ministero della Sanità Tedesco – Versione Italiana tradotta e commentata da Rocco Longo, Ed. Studio Edizioni 1994.
- L’uomo, la fitoterapia, la gemmoterapia - Seconda edizione - Bruno Brigo – Tecniche Nuove – 2003.
- Piante Officinali per infusi e tisane – Manuale per Farmacisti e Medici – Edizione Italiana del manuale Teedrogen di Max Wichtl a cura di Roberto Della Loggia – Edizione italiana OEMF spa.
- La materia Medica Omeopatica clinica e associazioni bioterapiche – Max Tétau seconda ristampa –
IPSA Editore 1988.
- Organoterapia Nuovi studi clinici – Max Tétau – Ed.Italiana a cura di Claudio Mazza – IPSA Editore
– 1988.
- La Nuova Enciclopedia Medica Garzanti - Robert E. Rothenberg, M.D., F.A.C.S – VI edizione
aggiornata - 1987
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Mustard (Senape selvatica)
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Maurizio Di Leo
Erborista, ricercatore e fondatore del Laboratorio Erboristico Di Leo nel 1981, conduce vari corsi di aggiornamento per erboristi e farmacisti. Relatore a diversi congressi nazionali ed internazionali nel campo
della Fitoterapia, scrive libri ed articoli su varie riviste. Ha portato per primo i Fiori di Bach in Italia, all’inizio degli anni ’80.
Abstract: Sinapis arvensis, Senape selvatica. La senape selvatica è una pianta infestante, molto comune nei campi di cereali dove compare all’improvviso,
invadendo intere coltivazioni. È in grado di crescere in condizioni avverse, sui cumuli di macerie o ai bordi delle strade. Fiorisce tra aprile e settembre con
fiori giallo intenso. Mustard è ottenuto con il metodo della bollitura.
Abstract: Sinapis arvensis, wild mustard. The wild mustard is a weed, very common in cereal fields where it appears suddenly invading entire crops. It can grow
in adverse conditions, the piles of rubble or along roadsides. It blooms between April and September with bright yellow flowers. Mustard is obtained by the boiling
method.
Parole chiave: tristezza, profonda malinconia, depressione nera. Il soggetto Mustard vive momenti della propria vita in uno stato di malinconia
profonda o totale disperazione, senza avere un motivo apparente. Improvvisamente tutto perde di significato, nell’animo si insinua un senso di vuoto e di
dolore sordo tale da far perdere la voglia di vivere.
Si può essere Mustard in uno stato transitorio per cui il soggetto non ha voglia
di alzarsi al mattino; si sveglia già di pessimo umore e si sente un forte nodo alla
gola; ma si può essere Mustard anche in una forma più cronicizzata, quando il
soggetto prova una profonda tristezza tipica della “depressione endogena” che
gli viene da dentro senza una causa oggettiva. È dunque molto importante, in
questi casi, occuparsi della persona che si trova in questo stato e non solo della
malattia in quanto tale.
Ci sono persone che sono Mustard a livello costituzionale in quanto sono portate a vedere il lato ombroso delle cose. Questi individui non si lamentano
tanto dello stato d’animo in cui si trovano, perché sono coscienti di essere giù di
corda, ma, pur continuando a fare le cose di sempre, mostrano un viso sempre
triste e privo di sorriso.
A peggiorare la situazione in cui si trova il soggetto Mustard è una sorta di
disagio che egli prova verso le persone che gli stanno accanto. Infatti, viene
continuamente spronato dagli amici a reagire, ma non gli riesce in quanto il
suo non è uno stato reattivo. E peggio ancora si sente rimproverare perché non
considera positive tutte le cose che possiede quali una bella casa, un bel lavoro,
un marito e dei figli adorabili; per cui oltre alla tristezza si aggiunge anche il
senso di colpa (Pine)! Bisogna immaginare che su questi individui si abbatte
una nuvola nera e pesante che li avvolge e li isola dal resto del mondo e sembra
non esistere soluzione, né con la distrazione né con argomenti ragionevoli che
possa sciogliere questo stato. Poi improvvisamente così come è arrivata, la nube
scompare.
Mustard è un soggetto introverso, triste, che si può angosciare per le catastrofi
del mondo, ma, più semplicemente, anche perché ha dovuto abbandonare una
strada sicura e all’improvviso viene assalito dal senso di vuoto che può portare
un cambiamento o l’abbandono di una cosa bella.
Fisicamente ci si sente rallentati, si ha poco appetito, si fa fatica a prendere sonno per la troppa stanchezza e lo stress, cala il desiderio sessuale, compare spesso
una sorta di cefalea e sempre a livello fisico si può manifestare perdita di capelli,
nevralgie al viso, tachicardie, dolori vaghi e persistenti e un abbassamento delle
difese immunitarie.
Lo stato Mustard negativo lo ritroviamo negli anziani che spesso nelle loro
lunghe giornate sono accompagnati da un velo di tristezza e malinconia.
Mustard è un fiore legato a fasi tipiche della donna come la “depressione” postpartum nella quale gli ormoni giocano un ruolo fondamentale assieme alle
paure e ansie per la nuova situazione, o nel periodo premestruale nel quale
i cambiamenti di umore, il pianto facile, la tristezza sono molto frequenti .
Anche nella donna in menopausa si riconosce facilmente lo stato Mustard:
essa infatti è soggetta a repentini sbalzi di umore, perde il suo smalto nel fare le
cose ed è sempre accompagnata da un velo di tristezza che la fa apparire anche
più curva nell’aspetto come se sentisse sulle spalle tutto il peso della propria
Keywords: sadness, melancholy deep, black depression.
esistenza.
Mustard è un fiore da utilizzare nelle crisi di tutte le età: già nei bambini piccoli
quando si imbronciano o diventano tristi perché inizia la fase dei no e capiscono che la loro prepotenza ha dei limiti; nella fase della pubertà e nell’adolescenza dove le tempeste ormonali sono all’ordine del giorno creando umori altalenanti nel giro di poche ore: euforia a mille e subito dopo la tristezza più nera!
Nei bambini, in generale, la malinconia è uno stato passeggero e di breve durata per cui l’uso di Mustard è necessario solo quando si presentano situazioni
molto delicate in cui troviamo bambini molto tristi, cupi e con una gran voglia
di piangere, per situazioni molto gravi quali una forte disarmonia familiare,
negli affidi, o nei maltrattamenti.
Nello stato positivo aiuta ad affrontare la vita con gioia; ci fa vedere i cambiamenti come una rinascita dalla quale si può ricominciare.
Mustard porta forza interiore, luce ed equilibrio nell’affrontare le diverse situazioni della vita.
Ricordiamo che la senape contiene zolfo che è un minerale associato al fuoco,
al calore e alla luce.
È proprio l’energia sulfurea che tiene l’anima lontana dalle tenebre.
STATO NEGATIVO
STATO POSITIVO
Alternanza improvvisa dell’umore
Accettazione
Ansia
Allegria
Assenza di appetito
Armonia
Assenza di desiderio
Capacità di accettare l’umore nero
Calo degli stimoli
Creatività
Calo delle percezioni
Equilibrio interiore
Calo delle forze fisiche e intellettuali
Felicità
Cefalea cronica
Gioia di vivere
Depressione con causa sconosciuta
Lungimiranza
Depressione endogena
Non lasciarsi opprimere
Disinteresse
Risveglio dal buio
Insonnia
Serenità
Mal di testa
Spensieratezza
Malinconia
Mestruazioni con instabilità
Nausea
Periodi di abbattimento
Pianto disperato
Tristezza senza causa
Tristezza senza motivo
Vertigini
Vomito
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I N T E G R AT O R I N U T R I Z I O N A L I
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I funghi orientali medicinali
Dott. Luca Avoledo
Naturopata ed esperto di ecologia del corpo, nutrizione e salute naturale. Si è laureato in Scienze Naturali all’Università degli Studi di Milano
e ha conseguito un Master in Naturopatia con lode presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Sapienza Università di Roma. Svolge la libera
professione presso il suo Studio di Naturopatia a Milano.
www.lucaavoledo.it
Abstract: L’Autore prende in esame alcuni tra i più comuni funghi orientali medicinali. Per ciascuno sono riportate proprietà, considerazioni,
controindicazioni e modalità d’uso. Le proprietà di questi funghi, note fin dalla tradizione della medicina orientale, sono confermate da numerosi studi condotti e ancora in corso presso prestigiosi centri. I principi attivi contenuti all’interno conferiscono ai funghi proprietà immunomodulanti e immunostimolanti, oltre che diverse altre proprietà.
Abstract: The author examines some of the most common mushrooms of oriental medicines. For each one are shown property, considerations, contraindications and instructions for use. The properties of these mushrooms, known since the tradition of Oriental medicine, are confirmed by numerous studies
already done and ongoing in prestigious centers. The active ingredients contained gave to the mushrooms immunomodulatory and immunostimulant
properties, as well as several other properties.
Parole chiave: funghi medicinali, proprietà immunomodulante, proprietà immunostimolante.
Keywords: medicinal mushrooms, immunomodulatory properties, immunostimulating properties.
Sono ormai moltissimi gli studi scientifici che dimostrano ciò che la
medicina tradizionale orientale, in particolare quella cinese, conosce da
millenni, ovvero che diversi funghi - maitake (Grifola frondosa), shiitake
(Lentinus edodes), reishi o ling-zhi (Ganoderma lucidum), ma anche altri
meno noti, come innanzitutto Cordyceps sinensis, Coriolus versicolor e
Tremella fuciformis - hanno importanti proprietà immunostimolanti
e permettono quindi di incrementare naturalmente la resistenza alle
malattie o di farvi fronte con maggior efficacia.
In Cina e Giappone, molti di questi miceti sono un ingrediente tipico di
zuppe e minestre e oggi vengono persino utilizzati come complemento ai
classici trattamenti medici e chirurgici di diversi tipi di cancro. Da alcuni
anni, inoltre, sono oggetto di ricerche anche negli Stati Uniti (come nel
prestigioso Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York).
Si è visto infatti che questi funghi, grazie ai principi attivi in essi contenuti (in particolare, polisaccaridi come i betaglucani), stimolano, in varia
misura, la produzione di molecole e cellule implicate nella risposta immunitaria, quali interleuchine, interferoni, linfociti T, cellule natural killer,
macrofagi.
Molti di essi hanno anche diverse altre proprietà (toniche, antiossidanti,
antalgiche, ipocolesterolemizzanti, ipotensive, ipoglicemizzanti, epatoprotettrici ecc.).
Vediamo di analizzarne alcuni più approfonditamente.
Reishi (Ganoderma lucidum)
Il reishi o Ganoderma lucidum è uno dei funghi medicinali più noti e apprezzati al mondo. Le proprietà di questo fungo orientale sono davvero
tante e significative. In Cina e Giappone era venerato come una divinità
per i suoi effetti terapeutici, oggi confermati dalla ricerca.
Reishi, ling zhi (o anche lin zi o ling chi), fungo dell’immortalità: sono
diversi i nomi di questo fungo medicinale, conosciuto fin dall’antichità
e addirittura venerato per le sue proprietà in Cina e Giappone (tanto che
spesso, per il reishi e altri funghi “terapeutici” - shiitake, maitake ecc. -, si
parla collettivamente di funghi giapponesi o funghi cinesi).
Ganoderma lucidum è oggi particolarmente studiato perché, come altri
funghi medicinali, è in grado di rinforzare le difese dell’organismo,
migliorando la funzione immune (è, in altri termini, un rimedio immu-
nostimolante/immunomodulante). Le ricerche scientifiche mostrano che
il reishi può persino aiutare a prevenire e contrastare alcuni tipi di tumore, sembra anche per meccanismi di inibizione dell’angiogenesi e di
induzione dell’apoptosi (morte programmata) delle cellule tumorali.
Le proprietà del reishi però non finiscono qui, tanto che non è azzardato
affermare che questo fungo orientale sia il rimedio naturale dalle mille
virtù, come sostengono gli esperti di micoterapia. I suoi principi attivi,
quali innanzitutto polisaccaridi come i betaglucani e triterpeni come gli
acidi ganoderici, conferiscono al reishi significativa attività nei seguenti
ambiti: antinfiammatorio; adattogeno, contro stress, fatica, debolezza e
stanchezza; protezione del fegato; regolazione del colesterolo; riequilibrio
della pressione sanguigna; inibizione dell’aggregazione piastrinica; riduzione della glicemia; diminuzione dell’anomala reattività dell’organismo nelle
allergie e nelle malattie autoimmuni; antiossidante; antiaging; antibatterico e antifungino (nei confronti, tra gli altri, di Candida albicans ed Escherichia coli); antivirale (ad esempio verso il virus dell’influenza e dell’herpes).
Sembra non esista praticamente circostanza in cui Ganoderma lucidum
non può risultare di aiuto. E il nome di “fungo dell’immortalità”, seppur
eccessivo, non pare in conclusione così fuori luogo.
Effetti collaterali del reishi non sono mai stati ravvisati. Il fungo reishi è un
rimedio naturale sicuro, oltre che efficace.
Le controindicazioni del reishi sono le stesse, generiche, di tutti gli altri
funghi medicinali: Ganoderma lucidum non è adatto a chi sia allergico ai
funghi o abbia subito recentemente un trapianto d’organo.
Le possibili interazioni tra reishi e farmaci riguardano i medicinali anticoagulanti e antipiastrinici, di cui Ganoderma lucidum può rinforzare gli
effetti, aumentando il rischio di sanguinamenti ed emorragie, e i farmaci
immunosoppressori.
Come si assume il reishi? Benché possa essere acquistato secco e consumato sotto forma di tisana, come avviene in Oriente (il sapore però non è dei
migliori), il modo più pratico per sfruttarne le virtù è assumere il reishi in
capsule, come integratore, spesso venduto anche in abbinamento ad altri
utili funghi medicinali.
In ogni caso, è necessario accertarsi che il reishi, così come ogni altro fungo
terapeutico, provenga da coltivazioni biologiche e da ambienti protetti da
contaminazioni di qualsiasi genere. Suggeriamo di assumere Ganoderma
23
®
lucidum per almeno un paio di mesi, il tempo necessario per apprezzarne
gli effetti.
Maitake (Grifola frondosa)
Fungo che danza: è il significato del nome giapponese del fungo medicinale maitake (Grifola frondosa), conosciuto anche in Occidente per le
proprietà immunostimolanti e la capacità di contrastare la sindrome metabolica (o sindrome X o da insulinoresistenza).
Come gli altri funghi medicinali, quali reishi (Ganoderma lucidum) e shiitake (Lentinula edodes), anche il maitake possiede principi attivi - rappresentati soprattutto dai betaglucani - capaci di rinforzare le difese dell’organismo. Più precisamente, l’assunzione di Grifola frondosa stimola l’attività
di particolari globuli bianchi, quali macrofagi, linfociti T e cellule NK
(natural killer), potenziando la reazione immunitaria.
Negli ultimi anni, la scienza ha indagato gli effetti protettivi che
Grifola frondosa può esercitare anche nei confronti di alcune patologie
neoplastiche a tendenza metastatica o ad alto tasso di recidiva. Ancora
più recentemente, alcune ricerche hanno provato l’efficacia di estratti di
maitake nell’indurre l’apoptosi (morte programmata) delle cellule del
tumore alla prostata e del cancro al seno. È stato inoltre evidenziato il
contributo del maitake nell’alleviare alcune conseguenze indesiderate della
chemioterapia, come riporta tra gli altri uno studio del 2009.
Al di là delle proprietà immunomodulanti e immunostimolanti, decisamente specifica del maitake è la capacità di ridurre una serie di fattori di rischio che possono convergere nella pericolosa e sempre più diffusa sindrome metabolica, un quadro caratterizzato dalla compresenza di condizioni
tra cui glicemia e trigliceridi elevati, basso colesterolo “buono” (HDL),
ipertensione, obesità “a mela” (ovvero quella in cui il grasso è concentrato
soprattutto su addome e torace), alti valori di acidi urici.
In dettaglio, i costituenti di Grifola frondosa aiutano a: prevenire il diabete,
migliorando la sensibilità all’insulina e ottimizzando il metabolismo del
glucosio; riequilibrare la dislipidemia (l’alterata concentrazione di lipidi
nel sangue), regolando il colesterolo HDL e arginando l’accumulo di grasso nel fegato (steatosi epatica); abbassare la pressione arteriosa; mantenere il peso corporeo, favorendo la conversione degli alimenti introdotti in
energia e riducendo quindi la formazione di adipe.
Sotto il profilo nutrizionale, il maitake – fungo commestibile e di sapore
delicato - contiene ergosterolo (precursore della vitamina D), vitamine del
gruppo B, magnesio, potassio, calcio e acidi grassi polinsaturi.
Sebbene il maitake sia in vendita come alimento in negozi e supermercati
biologici, per scopi salutistici è sicuramente più pratico assumerlo in capsule, sotto forma di integratore.
La posologia del maitake, in un ambito riconducibile alla sindrome metabolica, è di 2-3 capsule al giorno di estratto o di fungo intero, preferibilmente prima dei pasti. A scopo preventivo (anche, ad esempio, per
migliorare le performance immunitarie in vista dell’inverno), può essere
sufficiente una capsula al giorno.
Come per tutti i funghi medicinali, l’assunzione contemporanea di vitamina C (alla dose di 300-500 mg) migliora l’assorbimento e intensifica
significativamente i benefici di Grifola frondosa.
Per ciò che riguarda le controindicazioni del maitake, vale quanto già detto
per gli altri funghi terapeutici: il maitake non deve essere assunto da chi
sia allergico ai funghi o chi abbia subito un trapianto d’organo. Cautela
va osservata anche qualora si sia in cura con ipoglicemizzanti orali, la cui
azione può essere acuita.
Shiitake (Lentinula edodes)
Lo shiitake (Lentinula edodes) è un fungo medicinale commestibile tanto
noto in Oriente quanto poco conosciuto in Italia. È molto ricercato per i
suoi effetti terapeutici, soprattutto sul sistema immunitario. Esaminiamo
tutte le proprietà e le modalità di utilizzo dello shiitake.
Il nome “shiitake” deriva dalla congiunzione della parola giapponese
“shii”, che indica la quercia (uno degli alberi su cui questo micete cresce
24
preferenzialmente), con il termine “take”, che significa fungo. Lo shiitake è diffuso soprattutto in Giappone e in Cina, regioni nelle quali gioca
una parte tutt’altro che secondaria nell’alimentazione quotidiana. E non a
torto: numerosi studi scientifici hanno avvalorato il ruolo preventivo e ausiliario dello shiitake nei confronti di svariate patologie, anche importanti,
tra cui malattie cardiovascolari e diversi tipi di cancro.
Con gli altri funghi medicinali lo shiitake (Lentinula edodes) condivide
proprietà immunostimolanti e immunomodulanti: i suoi componenti
agiscono cioè riequilibrando e rafforzando l’attività del sistema immunitario. In particolare, dallo shiitake è stato isolato il lentinano, un betaglucano
(carboidrato ad alto peso molecolare, costituito dall’aggregazione di zuccheri semplici), in grado di sollecitare i macrofagi, i linfociti T e le cellule
Natural Killer, cioè quei tipi di globuli bianchi deputati a riconoscere e
distruggere elementi potenzialmente dannosi per l’organismo.
Questo processo, collegato ad un’aumentata produzione di anticorpi, agisce da barriera contro infezioni sia batteriche che virali e, secondo numerosi studi, contribuisce ad inibire la proliferazione delle cellule cancerose
in alcune neoplasie.
Le proprietà dello shiitake non finiscono qui. Questo fungo “terapeutico”
orientale: è utile nell’abbassare il colesterolo e nel prevenire l’aterosclerosi;
esplica un’attività protettiva del fegato e promuove la formazione di anticorpi contro l’epatite B; oltre a virus e batteri, combatte alcune infezioni
fungine, come quelle provocate da Candida albicans; ha effetto prebiotico,
cioè promuove la formazione della flora batterica “buona” per l’intestino;
contrasta la carie, grazie all’azione germicida nei confronti di molte specie
di streptococco che si annidano nella placca dentaria; aiuta nelle situazioni
di sovraffaticamento fisico e psichico.
La fama che lo shiitake si sta conquistando anche in Occidente è legata
alle numerose ricerche di istituzioni come il prestigioso Memorial SloanKettering Cancer Center di New York.
Queste hanno documentato che i principi attivi dello shiitake, migliorando la risposta immune, possono essere un valido complemento naturale
alle terapie tradizionali contro il cancro. In particolare, risale al 2002 uno
studio che dimostra come il lentinano agevoli la regressione del cancro al
colon. Sperimentazioni ancora più recenti (2009) collegano la sua somministrazione a un’aumentata sopravvivenza di pazienti affetti da neoplasie
gastriche e tumore del pancreas in stadio avanzato. È inoltre considerata
significativa la concomitante riduzione degli effetti collaterali delle cure
chemioterapiche.
Anche dal punto di vista nutrizionale, lo shiitake è assai prezioso: possiede
amminoacidi essenziali, minerali (potassio, calcio, magnesio, manganese,
ferro, rame e zinco), vitamine del gruppo B ed ergosterolo, precursore della vitamina D. A differenza del reishi (Ganoderma lucidum), non commestibile perché di consistenza legnosa e sapore amaro, Lentinula edodes ha
un gusto che ricorda la carne e che lo rende adatto ad accompagnare numerosi cibi. Si trova in vendita in genere essiccato: il nostro suggerimento
è di acquistarlo solo se sia certa la provenienza da coltivazioni biologiche,
per evitare che il fungo apporti sostanze nocive invece che benefiche, quali
inquinanti ambientali, tossine e fitofarmaci.
La modalità d’assunzione più pratica e funzionale di questo efficacissimo
propulsore delle difese naturali dell’organismo è tuttavia rappresentata
dalle capsule, di estratto, di fungo intero o di sue parti. La posologia dello
shiitake è in genere di 1-2 capsule al giorno, anche per alcuni mesi (ad
esempio, come prevenzione delle malattie invernali). L’utilizzo dello shiitake come integratore, alle dosi raccomandate in micoterapia, è sicuro,
ottimamente tollerato e compatibile con altri trattamenti. Solo il consumo prolungato e massiccio del fungo, in rari casi, può dar luogo a effetti
collaterali quali fenomeni di fotosensibilizzazione, dermatiti e disturbi gastrointestinali. Assicuratevi, comunque, che anche le capsule provengano
da colture biologiche rigorosamente controllate.
Le controindicazioni dello shiitake riguardano, come per gli altri funghi
medicinali, i soggetti allergici ai funghi e coloro che hanno subito un trapianto d’organo.
REISHI
SHIITAKE
CORDYCEPS
Funghi: Energia e Benessere
Sono oramai moltissimi gli studi scientifici che
dimostrano ciò che la tradizione orientale, in
particolare quella cinese, conosce da millenni
ovvero che i funghi hanno importanti capacità
salutistiche.
Si è visto infatti che, grazie ai principi attivi in
essi contenuti (in particolare, polisaccaridi come
i betaglucani) stimolano, in varia misura, la
produzione di molecole e cellule implicate nella
risposta immunitaria, quali interleuchine, interferoni,
linfociti T, cellule natural killer, macrofagi.
Molti di essi hanno anche diverse altre
proprietà (toniche, antiossidanti, antalgiche,
ipocolesterolemizzanti, ipotensive, ipoglicemizzanti,
epatoprotettrici ecc.).
MAITAKE
Caratteristiche
principali dei
funghi:
Rafforzano le difese
Immunitarie
Contribuiscono
alla depurazione
dell’organismo
Rafforzano il cuore
Aiutano a dimagrire
ed a ridurre eccessi di
Colesterolo e Glicemia
Aumentano le energie
psico-fisiche
Purificano la pelle
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Il regime alimentare oloproteico
come prevenzione
ed educazione alla salute
Dr. Alessandro Maria Vinci
Medico nutrizionista - Perfezionato in regolazione biologica e medicine complementari
Abstract: Con l’avvicinarsi della bella stagione arriva l’esigenza di ritrovare la forma fisica e l’aspetto perduti durante i mesi invernali. Per un
corretto approccio diventa fondamentale fissare l’obiettivo da raggiungere, in maniera tale da tracciare il percorso migliore. Il regime oloproteico
è un piano nutrizionale molto efficace per poter raggiungere gli obiettivi prefissati nei dovuti tempi e senza fatica, considerando l’elevata qualità
fornita dal nuovo apporto nutrizionale. In questo modo si svolge anche un importantissimo ruolo di prevenzione e di educazione alla salute.
Abstract: With the coming of summer there is the need to get back into shape and appearance lost during the winter months. For a correct approach
becomes fundamental to establish a target to be reached. The oloproteic regime is a very effective nutritional plan to achieve the fixed goals in due time
and without effort, considering the high quality provided by the new nutritional intake. In this way it also plays an important role in prevention and
health education.
Parole chiave: forma fisica, regime oloproteico, obiettivo
La bella stagione è alle porte e come tutti gli anni in questo periodo
si rinnova la richiesta di “miracoli” da parte di coloro i quali desiderano ritrovare la forma e l’aspetto perduti durante i mesi invernali.
Molti si limitano, in prima battuta, a seguire i consigli degli ormai
innumerevoli periodici che gremiscono le edicole, quasi sempre
senza risultati apprezzabili. Altre fonti “fai da te” sono in genere i
consigli di persone amiche, con fotocopie di diete tratte da siti web
piuttosto che dal libro del guru di turno. Una volta constatata la
scarsezza dei risultati anche gran parte di queste persone decidono
di rivolgersi a professionisti qualificati.
A questo punto la richiesta che ci viene fatta è di “dimagrire” nel
minor tempo possibile, con il minor impegno possibile, ovviamente perdendo centimetri proprio “nei posti giusti” per poi mantenere il beneficio a lungo. Tutto ciò può essere possibile attuando una
strategia nutrizionale che preveda alcuni passi metodologici fondamentali e l’impiego adeguato di piani nutrizionali oloproteici integrati. Il primo passo per poter stringere quell’alleanza terapeutapaziente necessaria al successo del piano nutrizionale è la selezione
del paziente attraverso un’accurata valutazione sia della situazione
clinica che delle motivazioni personali.
È molto importante oltre alla raccolta dei dati somatici e clinici di
routine, porre l’attenzione attraverso domande aperte – che lascino
cioè modo all’interlocutore di rispondere esaurientemente – alla
eventuale presenza di situazioni di stress (familiare, affettivo o da
lavoro) che spesso inducono comportamenti alimentari compulsivi compensatori. È comunque utile far compilare preventivamente
un diario alimentare, della durata anche di pochi giorni, quanto
possibile esauriente e “sincero”; questo strumento è utile sia per
il professionista che può rendersi conto delle abitudini alimentari
che per il paziente, il quale spesso rimane sorpreso dalla quantità
di alimenti che assume quasi senza rendersene conto, in genere
fuori pasto.
Nell’ambito dell’analisi del diario alimentare è necessario evidenziare l’importanza dell’apporto di acqua, che quasi sempre è insuf26
Keywords: fitness, oloproteic regime, target
ficiente anche per le sole esigenze di base dell’organismo. A questo
punto, selezionato ed esaminato il paziente, potremo definire insieme l’obbiettivo desiderato in termini di perdita di massa grassa
e di tempo disponibile.
è fondamentale definire con precisione l’obbiettivo da raggiungere perché non si può partire se non si sa dove si vuole arrivare.
Individuati partenza e traguardo si può tracciare il miglior percorso nutrizionale, facilitati in questo dalla grande versatilità dei
piani oloproteici disponibili. Il poter disporre di piani nutrizionali
che, in prima battuta vanno dai sette ai ventuno giorni, ci mette
in grado di offrire al paziente un ventaglio di scelte adeguate all’impegno possibile, utilizzando proprio il termine impegno perché
il/la paziente, da questo momento in poi, sarà il soggetto attivo
dell’alleanza terapeutica dovendo osservare scrupolosamente le indicazioni fornite dal professionista per ottenere così il successo del
piano nutrizionale.
Quale che sia il percorso oloproteico concordato, la fase iniziale
della durata di circa 48 – 72 ore, più delicata visto il deciso cambiamento di abitudini alimentari, viene superata sia perché supportata
dall’energia della motivazione sia perchè l’elevata qualità dei componenti fornisce l’apporto nutrizionale necessario.
Con il passare delle ore il/la paziente si rende conto che invece di
“soffrire” della carenza alimentare tipica delle diete da privazione
che si manifesta con sensazione di fame e conseguente situazione
psicologica caratterizzata da spiccata irritabilità e stanchezza, gode
di ottimo umore e di disponibilità di energia.
Questo perché, in regime oloproteico, il messaggio che arriva ai
recettori ipotalamici è di apporto alimentare abbondante e qualitativamente ottimo. Un’ulteriore pulsione positiva viene dall’evidenza del risultato già dai primi giorni, evidenza dimostrata non
tanto dal “dato bilancia” quanto dalla riduzione della massa grassa
in genere stimata dal poter indossare abiti abbandonati da tempo
perché rimasti stretti.
Dalla mia esperienza clinica ritengo utile informare i pazienti che
®
hanno l’abitudine a pesarsi di frequente, a volte troppo di frequente, che il regime nutrizionale oloproteico agisce prevalentemente a
spese della massa grassa che occupa molto volume ma non ha un
peso elevato; perciò consiglio di lasciare da parte la bilancia e confrontarsi con lo specchio e gli abiti, apprezzando il risultato in termini di centimetri persi e di tonicità acquisita. Una volta raggiunto
l’obbiettivo concordato arriva il momento del mantenimento che
si otterrà educando il/la paziente ad un regime alimentare di tipo
mediterraneo ideale sia in termini di qualità che di quantità.
I complementi necessari alla supplementazione proteica sono:
-un drenante per veicolare il maggior carico di cataboliti e di
tossine (a questo proposito è indispensabile assicurarsi sia della
buona funzionalità emunoriale che va altrimenti supportata che
dell’adeguato apporto quotidiano di acqua)
-un alcalinizzante per la funzione tampone
- un preparato multivitaminico sia per integrare eventuali carenze che per agire da substrato per il rinnovamento metabolico.
Per il buon successo del programma nutrizionale è necessario un
esercizio fisico moderato, per esempio venti minuti al giorno di
camminata veloce con una frequenza di passo doppia rispetto alla
normale; si tratta di un esercizio efficace che non implica partico-
lare impegno di tempo come per esempio prepararsi e cambiarsi in
entrata ed uscita per andare in palestra.
Schematizziamo ora i diversi momenti del piano nutrizionale
oloproteico:
- Accoglienza e selezione del paziente Valutazione clinica -
Analisi delle necessità Esame e risoluzione delle abitudini viziate
- Controllo dell’adeguato apporto di acqua
- Definizione della strategia nutrizionale oloproteica
- Conferma dell’alleanza terapeutica
- Effettuazione del piano nutrizionale concordato
- Drenaggio ed integrazione
- Educazione all’esercizio fisico moderato e quotidiano
-Educazione all’alimentazione di tipo mediterrano personalizzata
in termini qualitativi e quantitativi
è evidente che la risposta che siamo in grado di dare alle persone
che si rivolgono a noi inizialmente “per dimagrire” è un metodo
efficace che indubbiamente riduce rapidamente la massa grassa
facendo perdere volume dove desiderato migliorando il tono cutaneo, ma nello stesso tempo svolgiamo un importantissimo ruolo
di prevenzione e di educazione alla salute assolvendo così anche ad
una fondamentale necessità sociale.
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e il miglioramento continuo, grazie all’impegno a raccogliere e soddisfare le
esigenze dei clienti.
Recensioni WEB
Il sito ufficiale dell’innovativo metodo dimagrante, drenante e tonificante DIMA BIODIET®. Tanti consigli e suggerimenti per ritrovare il benessere e la forma perduti.
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eventi
Congresso SIME
XXXIV Congresso Nazionale della Società Italiana
di Medicina Estetica
VII Congresso Nazionale dell’Accademia Italiana
di Medicina Anti-Aging
Roma, 10-12 maggio 2013 - Stand 31
PARMA, 16-18 MAGGIO 2013
Pad 7 - Stand C079
L’appuntamento, tra i principali momenti di aggiornamento e formazione nel campo degli integratori e della corretta nutrizione, attrae
ogni anno medici, farmacisti, nutrizionisti, buyer nazionali ed internazionali. La sua visibilità è rapidamente cresciuta nel corso delle precedenti edizioni grazie all’ampia offerta di seminari, corsi e workshop
che ha fatto registrare, tra il 2010 e il 2012, un incremento del 150%
in termini di aziende espositrici e dell’80% in termini di partecipanti.
Pianeta Nutrizione e Integrazione ha l’obiettivo di diventare l’evento
di riferimento in Italia nel campo degli integratori e della corretta
nutrizione sia per buyer nazionali ed internazionali che per medici,
farmacisti, nutrizionisti ed operatori del settore.
La Medicina Estetica nasce dall’intuizione che l’uomo è sano quando
è in armonia con le differenti fasi della vita, con il proprio inserimento
sociale ed ambientale. L’intuizione nasce da una concezione filosofica
di un uomo integrale la cui globalità va promossa, difesa e valorizzata.
Questa filosofia deve permeare sempre più la medicina, che, così ispirata, può garantire la salute dell’individuo nella sua globalità sia grazie
al coordinamento ed all’integrazione delle più diverse attività specialistiche, sia attraverso la promozione di un’articolata ed aggiornata ricerca
scientifica.
La Medicina Estetica interpreta questa necessità coniugando i due principi che sono propri della sua stessa denominazione: Medicina ed Estetica, per un preciso programma di benessere fisico, psichico e sociale. La
Medicina Estetica ha sì per obiettivo la soluzione degli inestetismi, ma il
suo ultimo scopo è di più ampio respiro in quanto tende a promuovere
e stimolare la costruzione e la ricostruzione di una armonia e di un equilibrio individuale attraverso l’attivazione di un programma di medicina
educativa, sociale, preventiva e correttiva, curativa e riabilitativa.
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notiziario corsi
CORSO DI TECNICA SEMEIOTICA E DIAGNOSTICA
DINAMICA MEDICA: IL METODO RESET
Nozioni di tecniche collaudate utilizzate in sinergia per il check
ed il reset del paziente nella valutazione delle funzioni automatiche.
Programma 20-21 aprile 2013
Programma 18-19 maggio 2013
IL METODO RESET COME TERAPIA E PREVENZIONE
LA DIAGNOSI DINAMICA
Sabato 20 aprile
Ore 9,00-11,30 - Relatore Dott. C. Mangini
Introduzione.
Il METODO RESET: storia ed obiettivi, salute e malattia, basi epistemiologiche, il ruolo del medico.
Il METODO RESET: basi teoriche, i tre livelli del reset (alimentare,
respiratorio, posturale).
Esempi clinici.
La diagnosi dinamica nel METODO RESET: introduzione, concetti teorici di kinesiologia e microscopia in campo scuro.
Sabato 18 maggio
Ore 9,00–13,00 - Relatore Dott. F. Tonello
La kinesiologia applicata: storia e concetti teorici.
Applicazioni del metodo: le principali manovre kinesiologiche.
Dimostrazioni ed esercitazioni.
Ore 11,30–13,00 - Relatore Dott. F. Tonello
Introduzione alla kinesiologia applicata ed il reset posturale.
Ore 14,30-18,30 - Istruttore G. Girotto
Il reset del respiratorio, il metodo Buteyco.
Storia dello studio dell’iperventilazione nella pratica medica.
L’importanza del controllo dell’iperventilazione. Esperienza del
Dott. Buteyco.
Relazione tra iperventilazione e malattie. La valutazione dell’iperventilazione.
Funzione dei gas nella respirazione e importanza del loro equilibrio percentuale.
Applicazione pratica attraverso l’esperienza personale.
Come rendere efficace la ventilazione in rapporto all’ossigenazione cellulare.
Esercizi pratici: spiegazione, dimostrazione ed applicazione.
Come controllare l’iperventilazione e ottenere immediate risposte
positive sulla vitalità.
Piccoli consigli pratici per delle grandi risposte fisiologiche.
L’applicazione dei principi del metodo nell’attività fisica e sportiva.
Domenica 21 aprile
Ore 9,00-9,30 - Relatore Dott. C. Mangini
Il reset della funzione alimentare.
Concetti teorici.
Ore 9,30-11,30 - Relatore Dott. P. Mainardi
Aspetti di fisiologia del digerente: l’importanza della mucosa intestinale: la leaky gut syndrome.
Ore 11,45-12,30 - Relatore Dott.ssa L. Sacchetti
Le intolleranze alimentari: definizione e metodi diagnostici.
Ore 12,30 -13,00 Rel. Dott. C. Mangini
I test kinesiologici nella valutazione delle intolleranze alimentari
Ore 14,30-16,00 - Relatore Dott.ssa L. Sacchetti
I regimi alimentari del reset.
La dieta KOUSMINE.
La dieta ipotossica.
Ore 16,00-18,30 - Relatore Dott. C. Mangini
Il protocollo reset: il protocollo oloproteico, casi clinici.
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Ore 14,30-18,30 - Relatore Dott. F. Tonello
La Kinesiologia nelle valutazioni diagnostiche dei vari distretti
funzionali.
Il reset kinesiologico dell’alterazione funzionale.
Dimostrazioni ed esercitazioni.
Domenica 19 maggio
Ore 9.00–13,00 - Relatore Dssa C. Marzetti
Introduzione.
Il significato della microscopia in campo scuro nel metodo reset.
La microscopia in campo oscuro, la microscopia in vivo.
La nano microscopia.
L’immagine in campo scuro, il significato diagnostico e la ricaduta terapeutica.
Istruzioni per la comprensione del referto.
Esami correlati, il test olistico delle urine, lo screening intestinale.
Ore 14,30-18,00 - Relatore Dott.ssa C. Marzetti
Salute ed equilibrio microbiologico: nuove teorie. Simbiotismo e
parassitismo.
Procarioti ed eucarioti: concetto di evoluzione protozoi, batteri e
funghi.
Le immagini microscopiche nello stato di squilibrio microbiologico.
L’interpretazione dei dati di laboratorio: presentazioni di casi clinici con valutazioni crociate e verifiche di controllo.
Discussione e conclusioni.
Ore 18,00 - Quiz ECM
TITOLO DI STUDIO
Il Corso è riservato a:
laureati in Medicina
laureati in Biologia, Psicologia, Fisioterapia, Osteopatia, Odontoiatria, Farmacia
COSTI
Associati Dulcamara: euro 140 + iva
Non Associati Dulcamara: euro 240 + iva
SEDE DEL CORSO
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Via Antonio Cantore 8/c (uscita autostrada Genova ovest)
16126 GENOVA
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INFORMAZIONI
Segreteria Dulcamara
Tel. 010 5531067
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