malformazioni e malattie congenite

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malformazioni e malattie congenite
MALFORMAZIONI E MALATTIE
CONGENITE



Displasia Congenita dell‟Anca
Piede torto
congenito
Varietà:
 Equino-cavo-varo-addotto-supinato
 Piede talo-valgo pronato
 Valgo convesso
 Metatarso addotto
Torcicollo miogeno congenito
DISPLASIA CONGENITA DELL’ANCA (DCA)
Definizione
È la più frequente malformazione congenita dell‟apparato muscolo-scheletrico.
Genericamente possiamo definirla come un’anomalia congenita dello sviluppo delle componenti
dell‟articolazione dell‟anca, ovvero dell‟articolazione coxo-femorale (formata dall‟acetabolo da
una parte e dalla testa del femore dall‟altra).
Dell‟alterato sviluppo dell‟articolazione coxo-femorale sono coinvolte schematicamente 2
componenti:
1. Componente cartilaginea: nel feto e nel neonato gran parte delle ossa, ma in particolare
l‟articolazione coxo- femorale, è composta prevalentemente da cartilagine, perché non è
ancora ossificata.
2. Apparato capsulo-legamentoso, ovvero i tessuti molli che si associano alla cartilagine;
lassità capsulo- legamentosa: quindi anche i legamenti e la capsula, che dovrebbero
mantenere in sede l‟articolazione, sono alterati.
Epidemiologia
Esiste una distribuzione razziale e una distribuzione geografica: i bianchi sono più colpiti, con
un‟incidenza tra 0,7- 2,5‰. Tra le popolazioni vengono storicamente riconosciute alcune aree
endemiche, una delle quali è l‟Italia del Nord. Quindi noi ci troviamo in un‟area dove c‟è
un‟elevata incidenza di questa patologia.
Esiste poi una distribuzione per sesso: il sesso femminile è più colpito di quello maschile con
un rapporto : di 1:6. Spesso è bilaterale (45%).
Ha carattere eredo-familiare: chi ha una familiarità per questa patologia avrà maggiori probabilità
di esserne affetto. Può presentarsi in forma sporadica come malformazione isolata, oppure essere
associata ad altre malformazioni dell‟apparato muscolo-scheletrico, oppure può essere inquadrata in
vere e proprie “sindromi malformative”, alcune associate ad alterazioni cromosomiche, che sono in
genere le forme più gravi e vengono definite forme teratologiche.
Eziopatogenesi
Studi epidemiologici hanno dimostrato che la DCA è una patologia ereditaria di tipo poligenico in
cui svolgono un ruolo importante nel determinare l'insorgenza della patologia anche fattori
ambientali.
FATTORI AMBIENTALI
Si possono ricondurre a tutte quelle situazioni che causano un ridotto volume a disposizione del feto
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nella vita intrauterina.
Quindi esiste una maggiore incidenza:
 nei PRIMOGENITI, perché è la prima volta che l‟utero si dilata, quindi ha minori capacità
volumetriche;
 nelle gravidanze e nei parti con PRESENTAZIONE PODALICA: il feto è rimasto con il
podice (bacino e arti inferiori) verso la pelvi della madre, quindi dove c‟era poco spazio.
Ha avuto poca possibilità di muovere le gambe; gli arti inferiori sono rimasti a lungo
addotti e retratti (che vedremo poi essere un problema per lo sviluppo). La posizione
fisiologica è quella con la testa in basso e ciò vuol dire che il bacino e gli arti inferiori
hanno più spazio, più possibilità di muoversi e di abdursi, di allargarsi;
 PARTO GEMELLARE
 nei casi di OLIGOIDRAMNIOS: patologia della gravidanza per cui c‟è un deficit di
liquido amniotico, per cui l‟utero si dilata meno e il feto ha poco spazio;
 SPROPORZIONE FETO-PELVICA (feti macrosomici o utero di ridotte dimensioni);
 FATTORI POST-NASCITA: l‟approccio terapeutico è quello di mantenere le anche
abdotte e flesse e se qualcuno ha invece l‟abitudine di mantenere le anche addotte ed
estese questo potrebbe aumentare l‟incidenza. Una delle popolazioni maggiormente
affette da questa patologia è la popolazione degli esquimesi. Le popolazioni
dell‟estremo Nord hanno infatti l‟abitudine di fasciare stretti i neonati, verosimilmente
per motivi di omeostasi termica, per tenerli più caldi. Questo porta a un‟adduzione delle
cosce e quindi delle anche, che, in una situazione predisponente, può aumentare
l‟incidenza di questa patologia.
FATTORI GENETICI
Sono responsabili:
 del carattere di FAMILIARITA‟ di questa patologia;
 della maggior incidenza nel SESSO FEMMINILE: un‟ipotesi che si trova storicamente
sui libri è quella che il feto femmina sia maggiormente sensibile a quegli ormoni
gravidici che portano, verso la fine della gravidanza, a un aumento di elasticità dei
tessuti connettivi (collagene) nella madre per preparare i tessuti al parto.
 dell‟elevata frequenza di displasia in GEMELLI OMOZIGOTI.
PATOGENESI
La patogenesi vede 2 possibili ipotesi:
1. Teoria della displasia acetabolare: l'alterazione primaria a carico dell'acetabolo
determinerebbe la fuoriuscita della testa del femore dalla sede articolare e questo
provocherebbe il cedimento delle strutture capsulo- legamentose circostanti.
2. Teoria della lassità capsulo-legamentosa: la componente capsulo-legamentosa troppo
lassa non sarebbe sufficiente a mantenere in sede la testa del femore nell'acetabolo e questo
determinerebbe l'alterazione della morfologia della testa del femore
La sostanza è: o per una lassità legamentosa, o per un‟anomalia della morfologia cartilagineoscheletrica, o per entrambi, si sviluppa in modo anomalo l‟articolazione. La vera e propria
patogenesi è ipotetica.
Classificazione
Dal punto di vista della gravità di presentazione anatomo-patologica, si possono
scolasticamente distinguere 3 forme, che sono progressivamente più gravi:
I GRADO: DISPLASIA
La testa del femore è al suo posto, i rapporti articolari sono pressoché normali,
però vi è una morfologia alterata del complesso articolare.
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II GRADO: SUBLUSSAZIONE o più propriamente INSTABILITA‟
Vi è un‟anomalia morfologica, ma i rapporti articolari tra la testa del femore e
l‟acetabolo si modificano sulla base della posizione dell‟arto. Questa è la forma
più frequente.
Qui entra in gioco quel concetto secondo cui nel determinismo
dell‟insorgenza della patologia sono legati sia i fattori meccanici intrauterini
sia i fattori legati allo sviluppo: se un‟anca è instabile e si sposta a seconda
delle posizioni, in base a come quell‟anca verrà mantenuta prevalentemente,
potrà evolvere verso una guarigione spontanea oppure verso una vera e
propria lussazione congenita dell‟anca.
In genere, l’anca flessa e abdotta sta ridotta; l’anca addotta ed estesa si lussa.
Quindi, se il feto ha la possibilità di stare con le cosce larghe, abdotte e flesse, anche un‟instabilità
va verso la guarigione o un miglioramento del quadro. Se il feto è costretto a stare con le gambe
addotte o se un neonato viene fasciato con le
gambe strette, una certa instabilità può evolvere verso la franca patologia.
Questo è importante anche per la terapia.
III GRADO: LUSSAZIONE FRANCA O INVETERATA
La testa del femore è sempre stata fuori dall'acetabolo e non rientra (le anomalie morfologiche sono
le maggiori e non c‟è la possibilità di ridurre la testa del femore nella sua sede con manovre
esterne).
Questa è la forma più grave, irriducibile, ed è quella che spesso si associa a sindromi malformative,
ad altre malformazioni scheletriche; è la forma detta teratologica. E‟ la più rara.
Alla base di queste malformazioni si distiguono sia delle alterazioni osteo-cartilaginee, sia alterazioni
muscolo-scheletriche, sia dei tessuti circostanti (adipose ead esempio) ed infine alterazioni capsulelegamentose.
Quadro clinico
Schematicamente viene distinto nel neonato e nel bambino di circa 1 anno, perché a questa età inizia la
deambulazione spontanea.
NEL NEONATO
Non possiamo ancora vedere se il neonato cammina, ma possiamo visitarlo.
Ortolani, che era un pediatra di Ferrara agli inizi del „900, ha descritto un segno che è noto in
tutto il mondo come SEGNO DI ORTOLANI o SEGNO DELLO SCATTO: il neonato è
sdraiato sul fasciatoio con le anche flesse a 90° e addotte, impugnando le gambe come nella
figura si esegue una abduzione delle anche e nel fare questo movimento si avverte uno scatto;
non si ascolta con l‟orecchio, ma è una sensazione che si avverte con le mani.
L‟interpretazione che si dà al segno di Ortolani è che facendo questa manovra la testa del
femore si riduce, scavalcando il cercine acetabolare, rientrando nella propria sede; questo
movimento dà origine allo scatto.
Siccome gli americani volevano avere un proprio segno, hanno inventato il SEGNO DI
BARLOW, che è semplicemente il contrario, ovvero dalla posizione in riduzione, adducendo
l‟articolazione e premendo con il pollice all‟interno della coscia, portando le gambe verso
l‟esterno, si sente uno scatto analogo che verosimilmente è la testa del femore che esce
dall'acetabolo. Il segno di Ortolani è altamente specifico, cioè quando c‟è è fortemente
suggestivo di una displasia congenita dell‟anca, ma può avere dei falsi negativi.
In una semplice displasia il segno di Ortolani è negativo, perché l‟anca è malformata ma sta
sempre al suo posto. In una lussazione franca la testa non rientra e quindi non dà il segno dello
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scatto.
Con il passare del tempo, il segno di Ortolani tende a negativizzarsi, tanto che si dice che è
significativo in genere nel I mese di vita. Questo perché l‟anca instabile tende o a migliorare
spontaneamente o a peggiorare verso la lussazione franca. Quindi il segno di Ortolani si fa alla
nascita, è indicativo in genere nel I mese di vita, poi tende a perdere di significato.
Esistono poi una serie di altri segni, non così specifici, ma che possono porre il sospetto di DCA:
 LIMITAZIONE DELL’ABDUZIONE-EXTRAROTAZIONE altrimenti detto
BACINO ASIMMETRICO Con il bambino sdraiato, si fa la manovra di Ortolani,
si abducono le gambe (i neonati sono molto elastici, si arriva a toccare il fasciatoio
con entrambe le cosce). Si nota che una gamba riesce ad arrivare al piano, l‟altra
no. Quindi c‟è un‟abduzione asimmetrica (ad esempio, da un lato si arriva a 80-90°,
dall‟altro a 45°).
Questo può voler dire o che l‟anca è lussata, quindi non ha il normale movimento,
oppure che quell‟anca sia stata mantenuta addotta durante la vita intrauterina
(fattore di rischio per la displasia congenita dell‟anca) e quindi gli adduttori sono
retratti e non si riesce ad allargarla completamente. Questo non vuol dire che sia per
forza patologica, ma un‟anca mantenuta addotta ha la possibilità di svilupparsi
meno di una mantenuta abdotta, quindi è a rischio: nel 25% dei casi può essere
patologica.
 ASIMMETRIA DELLE PLICHE CUTANEE
Ad esempio, 3 pliche da una parte e 1 sola dall‟altra. Questo perché se c‟è una vera
e propria lussazione il femore è più corto, quindi il neonato, che di solito ha un
pannicolo adiposo ben rappresentato, ha delle pliche cutanee asimmetriche.
NEL BAMBINO
Nel bambino verso l‟anno di età, la mamma o il pediatra chiedono la consulenza dell‟ortopedico per
2 motivi: il RITARDO DELLA DEAMBULAZIONE SPONTANEA (il bambino non cammina, fa
fatica), oppure il bimbo riesce a camminare ma ZOPPICA.
Il segno DI GALEAZZI è positivo: nel flettere le cosce con il bambino sdraiato, e con i piedi allo
stesso livello, si nota che l‟altezza delle ginocchia è asimmetrica: un ginocchio sta più in alto e uno
più in basso. Questo può derivare da un femore più breve, una tibia più breve, oppure un femore
lungo uguale ma con la testa fuori dall'acetabolo, quindi meccanicamente più breve.
Questi bambini inoltre avranno un medio gluteo che funziona male (anca dislocata, quindi inserzione
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più vicina al punto di lavoro, quindi minore resa). Per qeusto risultano positive il SEGNO DI
TRENDELEMBURG, cioè il paziente non è in grado di mantenere la posizione di appoggio
monopodalico in equilibrio. Se il medio gluteo non funziona o funziona meno c‟è l‟impossibilità a
mantenere questa posizione, allora il bacino cade dalla parte dell‟arto sollevato.
Inoltre questi bambini possono avere una camminata con ZOPPIA DI CADUTA, proprio perchè il
bacino cade da una parte.
Se l‟insufficienza del medio gluteo è bilaterale (DCA bilaterale), compare la cosiddetta
ANDATURA ANSERINA (che si chiama così perché ricorda la camminata delle papere).
Diagnostica per immagini
Arrivare a fare la diagnosi a un anno è tardi, quello che è essenziale è la diagnosi precoce: un
neonato in cui si sono valutati i fattori di rischio (familiarità, primogenito, podalici, femmine, etc.),
che ha dei segni positivi, va indagato dal punto di vista strumentale.
L‟esame attualmente più diffuso per valutare la morfologia dell‟anca in un neonato è
l‟ECOGRAFIA, perché alla nascita l‟anca è prevalentemente cartilaginea, il nucleo di
accrescimento è completamente cartilagineo, quindi all‟RX si vedrebbe poco. L‟ecografia dell‟anca
è diventato l‟esame di screening che si fa obbligatoriamente prima dei 3 mesi di vita (ma,
soprattutto nei soggetti a rischio, prima si fa, meglio è).
La RADIOGRAFIA serve a poco nel neonato perché le strutture sono per la maggior parte
cartilaginee, ma diventa significativa oltre i 3-4 mesi, perché comincia a calcificare il nucleo, e
quindi si vede dalla lastra.
Questo è un bambino che ha già almeno sei mesi, perché
nell‟anca sana è già comparso, si vede, il nucleo di
accrescimento. Non è propriamente comparso, c‟è
sempre stato, ma ha cominciato a calcificare e quindi
nella radiografia si vede. Quello patologico, dall‟altra
parte, non si vede perché è in ritardo di ossificazione.
Le caratteristiche radiologiche di un‟anca displasica sono rappresentate dalla Triade di Putti
(ortopedico bolognese):
1. Il tetto acetabolare è sfuggente: Si misura un angolo detto indice acetabolare compreso tra
l’acetablo e l’ileo (è più complesso di così, sono delle line che vengono idealmente tracciate
secondo alcuni punti di riferimento sull’RX). Se l’angolo formato è superiore ai 30-35 gradi
è onsiderato un acetabolo displasico L‟indice acetabolare è importante per monitorare il
trattamento: si fa una radiografia ogni mese o ogni 2 mesi e si va a misurare tale indice per
capire quanto sta migliorando quell‟anca e quando, ad un certo punto, si dovrà smettere il
trattamento.
2. L’ipoplasia o assenza del nucleo di ossificazione epifisario
3. L’innalzamento e lateralizzazione del nucleo (interruzione di ogiva di Shenton):
Non necessariamente sono presenti tutti i segni della triade, se si ha solo la displasia acetabolare
si ha una semplice displasia, ma la testa è a posto.
Quindi, riassumendo, da un punto di vista clinico diagnostico i punti importanti sono:
 Nascita: segno di Ortolani ed ecografia integrativa
 5-6 mesi: diagnosi radiografica
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 1 anno: deambulazione spontanea e zoppia.
Però non si vuole arrivare a fare diagnosi a 6 mesi con l‟RX, ma a 6 giorni! Perché prima si fa
diagnosi, prima si tratta, maggiori sono le possibilità di guarire. Quindi è fondamentale lo
screening ecografico che attualmente si fa a tutti i bambini.
Trattamento
Il trattamento della DCA prevede l‟utilizzo di DIVARICATORI che mantengono le anche
abdotte e flesse, perché in questa posizione la testa del femore sta al suo posto e si ha lo stimolo
a uno sviluppo fisiologico dell‟articolazione
Esistono vari modelli e vari sistemi.
Quello più diffuso da noi è il divaricatore di Milgram.
Il concetto rispetto al passato è quello di un mantenimento
della posizione e una riduzione della patologia in modo progressivo,
senza manovre cruente, energiche, che si facevano una volta. Inoltre si
cerca di evitare posizioni estreme soprattutto di abduzione, perché possono, portando a una
sofferenza della vascolarizzazione della testa del femore, creare un‟ischemia.
La testa del femore ha infatti una vascolarizzazione terminale, quindi particolarmente delicata. Non
esistono circoli collaterali efficaci come ci sono quasi da tutte le altre parti.
Quando ci si trova di fronte a una vera lussazione, irriducibile, il metodo classico è quello della
TRAZIONE: fare una trazione elastica che nel giro di 1-4 settimane portasse la testa del femore al
suo livello e poi con apparecchi gessati e tutori si cerca di mantenerla al suo posto.
Sia con l‟ecografia, sia con l‟RX in bambini più grandi, o con artrografie, si cerca di mantenere
sotto controllo l‟evoluzione in positivo di questa patologia. Lo screening e la diagnosi precoce con
l‟ecografia hanno ridotto di molto i casi in cui ci si trova a far diagnosi di un‟anca francamente
lussata.
In casi particolari, rari, ovvero il fallimento di un trattamento incruento di una lussazione, si deve
ricorrere alla terapia chirurgica che prevede:
1. Capsulotomia
2. Rimozione degli ostacoli
3. Riduzione
Intervento delicato, possibile danneggiamento delle strutture e danno al trofismo dei capi articolari.
Risultati migliori entro il 3°-4° anno di età, oltre il 5° anno più indicati altri interventi che agiscono
sullo scheletro.
Individuo adulto con gli esiti di una lussazione bilaterale
d‟anca: la testa del femore è a livello iliaco e i due
acetaboli sono vuoti. Sarà un paziente che cammina, ma
con un‟andatura anserina.
Al di là del mal di schiena e della camminata oscillante, è
un quadro clinico che si porta avanti con gli anni.
Sicuramente molte persone in passato hanno fatto una vita
normale con questa patologia.
L‟evoluzione è verso l‟artrosi, quindi la degenerazione.
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PIEDE TORTO CONGENITO
Definizione
Si definisce con questo termina una deviazione permanente del piede che si sviluppa
durante il periodo fetale. È la seconda malformazione congenita più frequente
dell‟apparato muscolo scheletrico.
Il piede torto congenito ha come definizione diverse varietà, la più frequente è il PIEDE
EQUINO-CAVO-VARO- ADDOTTO-SUPINATO. Quando a livello clinico si parla di un
bambino che ha il piede torto, in genere si intende questa varietà.
Meno frequenti (in ordine decrescente di frequenza):
Piede talo-valgo pronato
Valgo convesso (o astragalo verticale)
Metatarso addotto
PIEDE EQUINO-CAVO-VARO-ADDOTTO-SUPINATO
Caratteristiche
 Flessione plantare del piede = EQUINISMO (perché ricorda il cavallo)
 Aumento della volta plantare = CAVISMO (nel neonato di solito non c‟è la volta
plantare, si sviluppa più tardi)
 Calcagno deviato medialmente = VARISMO (tra l‟asse tibiale e il calcagno c‟è un
angolo aperto all‟interno, con vertice quindi all‟esterno)
 Avampiede deviato all‟interno = ADDUZIONE
 Tutto il piede guarda medialmente all‟interno = SUPINAZIONE
Epidemiologia
 E‟ meno frequente della displasia dell‟anca: 1‰ dei neonati
 Predilige il sesso maschile: ♂:♀=2:1
 Bilaterale nel 55% dei casi
 Anche il piede torto, come la DCA, può presentarsi in forma isolata o associato ad altre
malformazioni, ad esempio insieme alla DCA. Se si vede un neonato con il piede torto, si
vanno subito a valutare le anche. Può essere quindi associato a sindromi malformative o
genetiche.
Eziopatogenesi
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Ci sono vari fattori chiamati in causa:
 EREDITARIETA‟ anche se meno pronunciata rispetto alla DCA
 E'probabile che entrino in gioco FATTORI MECCANICI INTRAUTERINI, quindi
posture intrauterine In alcuni casi, soprattutto i più gravi, rientrano:
 FATTORI NEUROMUSCOLARI
 FIBROSI MUSCOLO-LEGAMENTOSA
 ARRESTO DELLO SVILUPPO FETALE, nel senso che nella evoluzione del piede nel
feto c‟è una fase in cui assume fisiologicamente questa posizione ma poi col proseguire
dello sviluppo questa dovrebbe modificarsi.
E‟ probabile che i casi più lievi abbiano una eziopatogenesi lievemente diversa dai casi più gravi: le
forme più lievi dovute alla postura; le forme più gravi dovute a fenomeni di retrazione
neuromuscolare o fibrosi.
Classificazione
Dal punto di vista clinico si possono dividere in modo semplicistico in 3 gradi; è una classificazione
grossolana ma ha una sua utilità.
L‟esaminatore prende in mano il piede del neonato e prova a correggerne la postura:
 I GRADO: facilmente correggibile; verosimilmente è da postura intrauterina; aiutando il
bimbo, o anche durante i movimenti spontanei, può tornare in posizione; quando però si
rilassa torna nella posizione patologica.
 II GRADO: difficilmente correggibile; si riesce a mettere il piede in una posizione normale
ma ci vuole più forza.
 III GRADO: non correggibile.
Anche qui alla base abbiamo fattori muscolo-tendinei, alterazioni capsule-legamentose e osteocartilaginee.
Esami strumentali
In realtà la radiografia serve a poco, perché le ossa sono prevalentemente cartilaginee quindi l‟RX
ha significato solo documentativo, per valutare l‟efficacia dei trattamenti. Non c‟è bisogno di altro,
un piede torto si vede al momento della nascita.
Terapia
Il trattamento si è modificato negli ultimi anni e si è ritornati al passato prediligendo manipolazione,
stretching e apparecchi gessati alla chirurgia massiva.
La sequenza terapeutica oggi più utilizzata è quella del metodo Ponseti che prevede un trattamento
in più fasi:
 Correzione con una serie di gessi modellati che prima correggono l‟adduzione, poi la
supinazione, poi la flessione plantare, fino ad arrivare alla posizione di correzione.
 A questo punto spesso è necessario fare un allungamento percutaneo del tendine d‟Achille,
poi ancora gesso per 3 settimane (intorno ai 3-6 mesi)
 Tutore per l'abduzione del piede (fino a circa 3 anni)
Negli apparecchi gessati, come sempre, è importante controllare il circolo e la motilità periferica: le
dita devono essere belle rosa, vascolarizzate, calde.
Il risultato non è comunque mai come un piede normale, soprattutto nel piede torto vero (III grado).
Permane l‟ipoplasia del polpaccio, del calcagno, però si arriva ad avere un appoggio plantare e una
funzione soddisfacente.
Il piede torto non trattato, che può capitare ancora di vedere in Paesi in via di sviluppo, portava al
cammino sul dorso del piede, che però non è fatto per camminare, con conseguenti ulcerazioni e
problemi di vario tipo.
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PIEDE TALO-VALGO PRONATO
Talo è il contrario di equino, quindi il piede è flesso dorsalmente, verso l‟alto.
Valgo è il contrario di varo, quindi il calcagno guarda all'esterno invece che
all'interno, formando un angolo con vertice mediale e aperto lateralmente.
Pronato è il contrario di supinato: il piede pronato è quello che, in appoggio,
cade all‟interno, quindi la pianta del piede guarda all‟esterno.
Solitamente è posturale (immaginatevi il feto nell‟utero con i piedi appoggiati
così alla parete). Per questo motivo risponde bene a un trattamento
manipolativo, o al massimo a qualche settimana di tutori.
METATARSO ADDOTTO
Forma incompleta del piede equino-varo-supinato. Il piede
appoggia plantarmente, ma la parte anteriore del piede guarda verso
l‟interno, è addotto. Dal punto di vista funzionale questo piede non
dà nessun problema.
Nell‟85% dei casi si corregge spontaneamente. Quelli un po‟ più
gravi, più strutturati, non si correggono spontaneamente.
La cosa più evidente è la salienza del 5° metatarso: se a questo
livello c‟è una sporgenza è un piede che conviene trattare, anche se
rimane una questione più estetica che funzionale. Sebbene non dia
deficit spesso viene trattato perché viene considerato una deformità.
Spesso bastano 2 o 3 docce gessate o delle calzature che sono dei
tutori (Bebax) in cui la parte anteriore si sposta rispetto alla
posteriore; sotto hanno uno snodo, una doppia brugola, che
permette di metterle in ipercorrezione, quindi si mette tutto
l‟avampiede all‟esterno. Per correggere un piede torto vero non
sono sufficienti, ma per correggere un avampiede addotto sì: in
genere, con un paio di mesi di trattamento, consente la correzione.
Non capita praticamente mai di doverli operare.
PIEDE REFLESSO-VALGO-PRONATO-CONVESSO = ASTRAGALO VERTICALE
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Forma più grave del piede torto, vera e propria malformazione congenita.
E‟ caratterizzato da una convessità della pianta, valgismo del retropiede e pronazione e
abduzione dell‟avampiede.
 L‟equinismo del retropiede è mascherato dall‟abbondante pannicolo adiposo presente sotto il
calcagno.
Ho delle alterazioni ossee, tendinee, muscolari, legamentose molto gravi.
Da tutto ciò deducete che la terapia manipolativa ha poca efficacia e quindi spesso e volentieri
richiede delle correzioni chirurgiche, anche se poi i risultati non sono comunque eccezionali.
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TORCICOLLO MIOGENO CONGENITO
Malformazione dovuta ad una alterazione del muscolo sterno-cleido-mastoideo (SCM), costituito da
un viziato atteggiamento del capo, che si presenta flesso, ruotato e inclinato lateralmente. Lo SCM
congiunge la mastoide allo sterno e alla clavicola, inclina il capo ipsilateralmente e lo ruota
controlateralmente.
E' una problematica rara, con incidenza di 1/150.000 nati.
Eziopatogenesi
Il vero e proprio TMC è presente già alla nascita con una retrazione fibrosa a carico dello SCM. La
retrazione del muscolo provoca l‟inclinazione omolaterale e la rotazione controlaterale.
Ci sono varie teorie che cercano di spiegare l'eziologia del TMC che rimane però ancora
sconosciuta, secondo quella più accreditata, la fibrosi dello SCM potrebbe essere conseguenza di
un ematoma del muscolo (tumor) verificatosi durante il parto (questo vale però soprattutto per le
forme che insorgono dopo la nascita
Diagnosi
Una volta riscontrata la clinica caratteristica si esegue l‟ECOGRAFIA, che mostra uno SCM
aumentato di volume, con un ematoma al suo interno, che magari ha già delle alterazioni fibrose,
soprattutto a carico del capo sternale e clavicolare, raramente di quello mastoideo.
Diagnosi Differenziale
Ci sono altri motivi per cui un neonato può avere il torcicollo; bisogna fare una radiografia per poter
escludere torcicolli scheletrici, dovuti a malformazioni vertebrali, come per esempio l‟emispondilo
(mezza vertebra è formata, mezza no) o fusioni asimmetriche del rachide cervicale. L‟RX va fatto
nel bambino un po‟ più grande, non al neonato.
Vanno poi escluse altre patologie che possono causare atteggiamenti viziati del capo: ascessi,
linfoadeniti, nevriti, miositi. Esistono poi, soprattutto nel bambino più grande, atteggiamenti viziati
del capo che possiamo genericamente chiamare torcicolli dovuti a miopia, a problematiche
otologiche, a patologie più gravi come neoplasie cerebrali (fortunatamente più rare).
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Evoluzione
Una volta fatta la diagnosi di TMC, il bambino, crescendo, sviluppa
un‟asimmetria facciale, ovvero la linea iso-oculare e la linea labiale
convergono dal lato della retrazione dello SCM, ed è molto accentuata
soprattutto nel bambino che non è stato trattato.
L‟asimmetria si sviluppa per diversi motivi:
 per l‟atteggiamento scorretto;
 per la retrazione del muscolo;
 perché il bambino tende a dormire sempre dalla stessa parte.
Terapia
L‟obiettivo è trattare subito il bambino per evitare che si sviluppi asimmetria.
Il trattamento almeno all‟inizio è fisioterapico, riabilitativo: si stira lo SCM, si invita la mamma ad
allattare il bambino dalla parte opposta alla retrazione, a stimolarlo sempre da quella parte (ad
esempio, tendendo a parlargli dal lato sano). Con questi accorgimenti si cerca di prevenire la
retrazione e in genere si ottiene un miglioramento. Questo, in casi trattati precocemente, in cui a
prevalere è l‟ematoma o il trauma da parto, può essere sufficiente.
Nel caso invece sia già presente, o si sviluppi nel tempo, una vera e propria retrazione fissa nei
bambini di età maggiore e inizi a comparire asimmetria facciale, si arriva all‟intervento chirurgico
di miotenotomia, cioè si va a disinserire lo SCM in genere dalla sua inserzione costale-sternale e
poi con la fisioterapia, ed eventualmente con tutori, si mantiene il capo in correzione.
PARALISI OSTETRICHE
Lesione del plesso brachiale al momento del disimpegno del parto.
I traumi da parto possono causare la frattura di clavicola (che di per sé guarisce da sola e non crea
problemi), che è uno dei traumi da parto più frequenti, a cui si può associare uno stiramento del
plesso brachiale.
La lesione del plesso può presentarsi anche in modo isolato, senza frattura di clavicola.
L‟incidenza attualmente è bassa, perché tanto più migliorano le tecniche ostetriche quanto più si
riduce questo tipo di patologia: 0,4-2,5/1.000 nati vivi. C‟è una prevalenza a destra per questioni di
presentazione.
Il meccanismo è uno stiramento nervoso.
E‟ più frequente in madri che hanno anomalie del canale del parto, oppure in caso di macrosomia
fetale, oppure se vengono utilizzati strumenti per l‟estrazione del feto.
Il danno neurologico può essere classificato in 4 gradi:
 NEUROAPRASSIA: nervo integro, ma non funzionale. Può essere dovuto a un trauma
contusivo, o da stiramento, o da compressione. Con il tempo la funzione viene recuperata.
 ASSONOTMESI: è un nervo in cui gli assoni sono stati interrotti ma la guaina è integra. Se
voi prendete un nervo e lo tirate, le guaine hanno una maggiore resistenza rispetto alla fibra
che è un tessuto più nobile e più debole. Anche in questo caso, bisogna attendere la
rigenerazione nervosa per poter recuperare la funzione.
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 NEUROTMESI: lesione sia dell‟assone che della guaina. Il nervo è
anatomicamente interrotto.
 AVULSIONE: forma più grave in cui la radice nervosa è stata strappata dal
midollo.
Questa classificazione è importante perché, siccome il neurone mediante
sprouting tenta di riparare il danno facendo partire un nuovo assone che
sostituisca quello vecchio, chirurgicamente è possibile intervenire in qualche
modo in caso di neurotmesi, cioè si sutura il nervo e lo si riavvicina in modo
che la rigenerazione dello sprouting ritrovi, ovviamente con una certa
approssimazione, la sua strada.
Nella neuroaprassia possiamo solo fare danni, perché le capacità di ripresa
funzionale del nervo sono sicuramente migliori di quelle che possiamo dare noi
con la chirurgia.
Anche nella assonotmesi, per quanto noi siamo precisi con la microchirurgia e
visto che la guaina è integra, è inutile che si vada a danneggiare il nervo.
Il problema è che non esistono validi strumenti per dimostrare precocemente
quale sia il tipo di danno a carico del nervo. L‟avulsione è difficilmente
riparabile.
Quadro Clinico
Il plesso brachiale è complesso. Esistono diversi tipi di paralisi:
PARALISI DEL PLESSO SUPERIORE o DI ERB-DUCHENNE (C5C6-[C7])
Colpisce i muscoli più prossimali dell‟arto superiore, quindi deltoide ed
extrarotatori, tanto che l‟arto viene mantenuto addotto e intraruotato.
Cosa che diventa poi, con il passare degli anni, una deformità
strutturale, soprattutto se non si fa una fisioterapia. Vi sarà capitato di
vedere delle persone che hanno il braccio addotto ed intraruotato. Nelle
paralisi superiori la flessione del braccio è ridotta o compromessa,
viceversa la mano funziona perché le radici distali sono buone, quindi
flessori ed estensori delle dita funzionano.
PARALISI DEL PLESSO INFERIORE o DI DEJERINE-KLUMPKE
(C8-T1)
Coinvolge i muscoli più distali, quindi i muscoli dell‟avambraccio e i
muscoli che permettono la presa della mano.
PARALISI TOTALE (C5-C6-C7-C8-T1)
La paralisi totale comprende entrambi le precedenti paralisi. Siccome
può essere associato il simpatico cervicale ci può essere il segno di
Claude Bernarde-Horner, più visibile nel bambino rispetto al neonato.
Ipotonicità dell‟arto → valutazione dei movimenti con alcuni automatismi
motori: riflesso di Moro (lasciar cadere brevemente il bambino che allarga le
braccia), riflesso di prensione che hanno i bambini (per le paralisi inferiori).
Diagnosi
L‟esame clinico è fondamentale; nel bambino più grande possono essere utili
esami strumentali come la Mielo-TC o la RMN, soprattutto nel dubbio di
avulsione radicolare per uno studio centrale del midollo, ed esami di
neurofisiologia come EMG (elettromiografia, positiva dopo 3-4 settimane) ed
ENG (elettroneurografia).
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Terapia
L‟approccio terapeutico è di osservazione e di
fisioterapia. Per 3-6 mesi si osserva e si valuta il
recupero spontaneo. Nella maggior parte dei casi
infatti si tratta di neuroaprassie o assonotmesi,
che quindi recuperano spontaneamente.
L‟importante è prevenire le eventuali retrazioni
muscolari, perché i muscoli che funzionano
tendono ad andare incontro a ipertrofia e possono
dare deformità.
In genere si mantiene l‟arto nella posizione “dello
schermidore”, ovvero abdotto ed extraruotato, in
modo da prevenire le retrazioni e le intrarotazioni
che in genere si verificano. Lo scopo è di
prevenire quindi le retrazioni nell‟attesa che si
abbia il recupero spontaneo.
Segno prognostico positivo è il recupero del
deltoide. Quindi se entro 3 mesi il neonato ha
recuperato il deltoide vuol dire che sta
recuperando tutto.
Quando la risoluzione spontanea tarda, o è solo parziale, si valuta la necessità
di interventi chirurgici, come ad esempio innesti nervosi e trasposizione
nervosa, un campo molto complesso in cui non scendiamo nei particolari.
Esiste poi una chirurgia palliativa degli esiti: osteotomia di derotazione,
trasposizione muscolare, ma anche qui non scendiamo eccessivamente nei
particolari. Il problema è l‟intrarotazione, quindi o si fanno delle osteotomie di
derotazione-extrarotazione dell‟omero o trasposizione dei muscoli intrarotatori
per farli diventare extrarotatori. Il sottoscapolare è un intrarotatore, quindi,
avendo un problema in intrarotazione, può essere sezionato.
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