ArteSella l`architettura della meraviglia

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ArteSella l`architettura della meraviglia
ArteSella l’architettura della meraviglia
Scritto da Maurizio Signorini
Giovedì 30 Gennaio 2014 16:00
Luogo dello stupore dove tutto torna alla natura. Aspetto, con trepidazione che esca quel po’ di
sole caldo autunnale, tra grigi di nuvole e biancori di luce. Alle spalle, la sontuosità della
Cattedrale che Mauri, adesso, sembra aver imperlato della doratura dei larici.
Il silenzio si è impossessato di Malga Costa, quassù.
Tra boschi che aspettano la neve per riposare. Per preparare nuove gemme.
Accanto, Il sole di François Lelong. Gli chiedo: splendi! Così potrei divorare rami, foglie, illuminate e riscaldate. Lelong rappresenta il tragitto del sole assemblando in cerchio, delle
sezioni di tronchi di pino Douglas scortecciati, su ognuno dei quali un solo ramo è stato
conservato, per richiamare i raggi del benefico astro.
E’un distendersi del cerchio che diventa ruota, che innesca un movimento. Attraverso cui
guardare all’infinito.
Cammino su letti di foglie, anch’essi mari colorati. Osservo il cielo, attendo la schiarita. Penso a
Steiner: “I colori nascono dalla lotta tra Luce e Tenebre”. Attendo che nasca il colore chiaro che
rianimi queste opere, un po’ assopite. Geometrical wood, il Bosco geometrico di Urs
Twellmann, scultore dalla valle dell’Emmental svizzero: stupore aggredito dalla prima umidità
pomeridiana. I tronchi sono come vivisezionati ma non è violenza, non è aggressione, non è
prevaricazione! Mi avvicino, ecco che un sole ancora pallido scava tra le rughe del legno. Le
fibre si stirano, si allargano, respirano. C’è come una tensione tra caos e ordine. Il legno viene
tagliato a pezzi e poi riassemblato, per formare una nuova unità. C’è una trasformazione in atto.
La luce ora è calda, sa di arancio e infiamma quegli antri dove gli elfi potrebbero uscire
improvvisamente. Annuso il legno che odora di vero, vorrei entrare per essere nella materia, per
giocare, per sentirmi vivo.
Per sentirmi rassicurato.
Da una parte le scomposizioni sembrano quasi formare entità condominiali dove tutti si parlano,
si guardano. Ci sono relazioni, fronteggiamenti, incontri impensati.
La deformazione crea nuove forme. Disorientamento ma poi ritrovo, fastidio creativo ma poi
certezza.
Tagli verticali scompongono ma poi unificano, scoprendo l’intimità legnosa.
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Scritto da Maurizio Signorini
Giovedì 30 Gennaio 2014 16:00
Poco più in là una costruzione all’apparenza noiosa, poi dentro l’ovalità geometrica, tu, Aeneas
Wilder hai creato la trasparenza tra legni e contesto naturale. Che forma è mai questa? Quasi
un igloo dilatato. Si, ecco, dilatazione, espansione, contenimento di umani e di tutto. Ci
potrebbe stare un mondo e vedere fuori, tra pezzo e pezzo. Sopra, in alto, lo spazio di cielo è
selezionato da un esagono. Come si percepiranno le stelle da qui, immersi nel buio?
Untitled 169. Non c’è titolo. Non ce n’è bisogno.
Poco più in là, un tronco, spoglio, con pochi rami, scortecciato, sembra riposare, tra i fogliami
che lo avvolgono con affetto, che lo proteggono come madri. Skin deep, A fior di pelle, di Stuart
Jan Frost.
Quello che non ti aspetti: tanti buchi a forma di croce romana, arrotondati, dove il legno viene
scavato di qualche centimetro….per contenere l’acqua piovana oppure semplicemente per
creare dei vuoti all’interno del pieno materico. Come i loggiati di ville o i rientri nelle superfici
elaborate delle architetture palladiane.
Vuoti che si riempiono di polvere boschiva, mista a minuscole particelle di foglie, di piccoli rami.
Magari anche di un po’ di muschio staccatosi forse per sfuggire ai saccheggi pre-natalizi. Antri
asciutti per pollini gialli, minuzie floreali, piccole vite di insetti. Un microcosmo di corpi
apparentemente inermi, in realtà organismi viventi perché nel bosco tutto ha un’anima, una
dimensione spirituale, un senso profondo.
Poi arriva una pioggia improvvisa e riempie tutti gli invasi facendo trasbordare la piccola
comunità: l’acqua lava, pulisce. Leviga, arrotonda, lavora un po’ dentro. Così, adesso, ci sono
tanti piccoli vasi d’acqua dove immagino vivere fiori sgargianti: fiori vivi su un tronco morto! Qui
Jan hai inciso, bruciato la corteccia di un tronco senza più respiro.
Il peccio ritorna a nuova vita, cesellato di fino. Questo abete rosso donato dalla Foresta di
Paneveggio, materiale pregiato utilizzato per costruire violini.
Più in là, un oggetto strano, dalla forma che incuriosisce. Qui Frost riafferma l’idea di luogo, che
è la centralità dell’esperienza. Non solo, ma quali sono le qualità caratteristiche non rivelate
degli elementi naturali in rapporto al luogo d’origine? Qui sembra indagare Frost, artista errante,
instancabile nella ricerca di vari materiali. Capsula, moltitudine di cerchi, texture esterna fatta di
rami tagliati di testa, quasi una veste di Missoni, giocata sul bianco.
Percorro la Galleria di salice, del collettivo tedesco Sanfte Strukturen guidato da Marcel
Kalberer. Salici viventi, con archi che si abbracciano, e che dispensano felicità nel penetrarvi
dentro con leggerezza, quasi sospesi, nel godimento della geometria pura. Rami che
cresceranno, diventeranno piante adulte, a maturazione inventeranno un nuovo bosco di alberi
che si metteranno in dialogo tra loro.
Desideravo rincontrare Patrick Dougherty e la sua Tana libera tutti.
Sono torri di rami intrecciati, “fassinaro su fassinaro” come diremmo noi veneti.
Il titolo dell’opera nasce immaginando queste torri come se si trattasse di alcuni bambini che
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Scritto da Maurizio Signorini
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giocano a “nascondino”, intenti a chinarsi e ad appoggiare la testa sull’albero per contare prima
di trovare i bambini nascosti nelle vicinanze.
Le sculture sembrano appoggiarsi infatti agli alberi, che sono da sempre, nella nostra cultura,
luoghi dove ripararsi.
Così, un bambino corre verso l’albero-casa per liberare tutti quelli che sono stati catturati.
Cammino e a un tratto scorgo un guscio dorato di lumaca, che sembra aver già smesso il suo
lento cammino. Ora, questa abitante del bosco, riposa nello splendore degli ori autunnali.
E’ Snail, la chiocciola di Alfio Bonanno di Milo, vicino a Catania, padre dell’Art Nature.
E cosa dire del Living village, il Villaggio vegetale dell’architetto belga Luc Schuiten?
Architettura e mondo vegetale possono fondersi fino a creare vere e proprie Città Vegetali? Il
Living Village è un progetto iniziato e che continuerà negli anni prossimi.
E ancora Mood, Stato d’animo di Bob Verschueren, scultura indescrivibile come impossibile è
raccontare talvolta del proprio sentire.
Arte Sella, un “contenitore per sguardi” che sappiano interrogarsi sul mondo e su sè stessi.
Così come l’ha definita Roberto Conte.
Un bosco dove la Natura fa Arte. Qui, i legni caduti, le pietre, gli alberi viventi, si trasformano col
passare del tempo, in un processo naturale, in opera d’arte.
Il tramonto spegne a poco a poco le mie emozioni. Lascio il sentiero e tante altre opere, e
questa scenografia, incredibile, resta sola incurante dell’oscurità che verrà.
Poco più in là, la Cattedrale
E mi sembra di sentire il violoncello di Mario Brunello far vibrare, sommessamente, i giovani
carpini neri che salgono su, fino a sfiorare il cielo.
E Marco Paolini recitare le sue storie nel teatro vegetale, per scongiurare la paura del buio.
Arte Sella. Quassù, in val di Sella, appena sopra Borgo Valsugana.
Biolcalenda febbraio 2014
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